Guerra E Memoria Dell'esperienza Bellica Nel Basso Lazio

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Guerra E Memoria Dell'esperienza Bellica Nel Basso Lazio PERCORSO DI STORIA LOCALE Guerra e memoria PERCORSO dell’esperienza bellica DI STORIA LOCALE nel Basso Lazio Al centro del sistema difensivo tedesco Nell’autunno del 1943, Frosinone e la sua provincia si trovarono improvvisamente sca- raventate nell’occhio del ciclone. Fino ad allora, la guerra mondiale aveva toccato gli abi- PERCORSO DI STORIA LOCALE tanti di quella zona del Lazio solo di striscio, con la partenza dei giovani chiamati alle armi o il razionamento dei generi alimentari. Dopo l’8 settembre, invece, i tedeschi trasformarono la regione di Frosinone nel centro nevralgico dell’efficace sistema difensivo (chiama- to linea Gustav) che in poco tempo riuscirono a contrapporre agli Alleati. Bloccati per mesi, gli anglo-americani ricorsero in modo sistematico al bombardamento delle retro- vie nemiche, con una serie di azioni che, però, investivano anche le città, i borghi con- tadini e persino gli agricoltori al lavoro nei campi; quando poi, finalmente, gli Alleati riu- scirono a sfondare il fronte, il primo impatto della popolazione con i liberatori fu trau- matico, dal momento che le truppe marocchine inquadrate nell’esercito francese agiro- no in modo feroce e brutale, stuprando un altissimo numero di donne: un tragico epi- UNITÀ 8 sodio che l’intero Paese conobbe molti anni più tardi, grazie al romanzo La ciociara, di Alberto Moravia (1957) e all’omonimo film di Vittorio De Sica, del 1960. 1 L’ occupazione tedesca fu rapida, quasi fulminea, in quanto reparti della Wehrmacht erano già presenti nell’area fin dal giugno 1943. Tra settembre e ottobre, apposite dispo- IL FRUSINATE Roma Anagni Frosinone Montecassino Latina Vallecorsa Cassino Pontecorvo Collelungo Caserta Guerra e memoria dell’esperienza bellica nel Basso Lazio F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 PERCORSO DI STORIA LOCALE sizioni di Hitler autorizzarono il generale Kesselring (comandante supremo delle truppe tedesche in Italia) a emanare ordinanze vincolanti per la popolazione italiana e a punire con la pena di morte qualsiasi atto di sabotaggio o di ostilità. Di fatto, in tutta la zona in cui si svolgevano le operazioni militari, la sovranità della Repubblica sociale italiana fu com- pletamente soppressa e la sua autorità sostituita da un’onnipotente amministrazione mi- litare germanica. La principale richiesta tedesca riguardava la manodopera per comple- Retate per tare e rafforzare il sistema di fortificazioni: a partire dal 20 settembre, alla popolazione ma- catturare schile fu ordinato di presentarsi ai centri di reclutamento per il lavoro obbligatorio. Tut- manodopera tavia, poiché al 6 ottobre – su 6960 operai previsti – si erano presentati solo 765 uomi- ni, i tedeschi procedettero a grandi retate in città e a rastrellamenti nelle campagne. Du- rante queste operazioni, chiunque fosse stato scoperto in un nascondiglio o avesse ten- tato la fuga era spesso ucciso sul posto, con uno stillicidio di esecuzioni sommarie diffi- cile da quantificare. Nel giro di poco tempo, il comportamento dei tedeschi nei confronti dei civili si fece sempre più spietato e, soprattutto, più gratuito. Alle eliminazioni occasionali di maschi adulti (militari sbandati dopo l’8 settembre, renitenti al lavoro obbligatorio o alla chia- PERCORSO DI STORIA LOCALE mata alle armi della RSI) si aggiunsero le stragi di gruppi interi, composti anche da don- ne, anziani e bambini. Uno degli episodi più gravi, verificatosi a Collelungo, il 27 dicembre 1943, causò la morte di 42 persone. A volte queste stragi (che nell’insieme provocarono 334 vittime) erano provocate dal rifiuto di una famiglia o di un villaggio di consegnare il bestiame o altre risorse alimentari, indispensabili per sopravvivere durante l’inverno. In molte occasioni, tuttavia, si ha l’impressione che la violenza sui civili nascesse da un sen- so di frustrazione dei soldati, consapevoli dell’imminente sconfitta: sui contadini inermi, sfogavano la rabbia che non potevano scaricare contro gli Alleati, e da quella dimostra- zione di potenza ottenevano per compensazione una profonda gratificazione emotiva. UNITÀ 8 2 Bombardamenti e memorie individuali Intervistati a distanza di vari decenni dalla fine della guerra, molti abitanti della provincia di Frosinone hanno rilasciato dichiarazioni molto interessanti, ai fini della comprensione di come le persone comuni hanno vissuto, in Italia, l’esperienza bellica. Il primo dato sin- golare è che – nella memoria di numerose persone – la guerra iniziava davvero nell’autunno del 1943. «A settembre degli ’43 scoppia la guerra… e i tedeschi arrivano a Cassino e se fermano», raccontò un uomo al ricercatore che lo interrogava negli anni Novanta. Per lui, e per molti altri, tutto quello che precedette l’avvicinarsi del fronte alle case e ai villaggi dei soggetti intervistati era una specie di rombo confuso e lontano, con l’ovvia eccezione di co- loro che avevano personalmente partecipato alle campagne d’Africa, di Grecia o di Rus- sia. «La (g)uerra comincette – aggiunse però una donna – quando iniziettero a butta’ le bom- be, la notte quando comincettero a ittare (gettare) chigli razzi che facevano la luce, e tan- ne (allora) cominciarono a dirci che la (g)uerra veniva, che passavano a Cassino». Giustamente questa persona (e, come lei, tante altre) percepì nella prassi del bombardamento una cesura formidabile, un’esperienza del tutto nuova, che in Italia nessuno aveva speri- mentato nel precedente conflitto e che invece faceva ora prepotentemente irruzione nel- la vita quotidiana di tutti. Tra i bombardamenti più gravi, ricordiamo quelli di Pontecorvo (1o novembre 1943, 500 morti circa), Vallecorsa (15 marzo 1944, 91 morti) e Anagni (19 marzo 1944, 130 morti). Le memorie dei sopravvissuti a questi disastri conservavano an- L’ITALIA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE cora a distanza di vari decenni l’eco di un trauma, su cui le persone avevano riflettuto per Una esperienza moltissimo tempo. Alcuni ricordavano un terrore paralizzante, oppure un assoluto pre- traumatica valere dell’istinto di sopravvivenza: con evidente senso di colpa, avevano ben presente che, per un tempo più o meno lungo, avevano dimenticato i più forti legami di solidarietà (ver- so i genitori, i figli, la moglie ecc.), non avevano trovato l’energia per prestare tempesti- vo soccorso a familiari in difficoltà o si erano dati a un’irrefrenabile fuga, in cerca di sal- vezza. In varie memorie, poi, affiorava che l’unico rimedio allo sgomento e all’angoscia era stato fornito dalla religione, che poteva offrire alcune categorie utili a sostenere l’in- dividuo: mentre si chiedeva la protezione della Madonna o di qualche santo, si pote- F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 PERCORSO DI STORIA LOCALE L’abbazia di Montecassino completamente distrutta dopo il bombardamento aereo delle forze alleate il 15 febbraio 1944. PERCORSO DI STORIA LOCALE va pensare al bombardamento come a una terribile prova mandata da Dio, in vista della UNITÀ 8 purificazione e della conquista del paradiso. A livello collettivo, uno dei ricordi più forti era costituito dalla distruzione dell’abbazia 3 di Montecassino (15 febbraio 1944), che provocò 296 morti civili; ancora più grave, però, fu l’attacco sulla città di Cassino, il giorno seguente, con i suoi 1912 morti accertati. Distruzioni e morti non sempre trovano adeguata spiegazione a livello di strategia mili- tare. L’impressione è che gli anglo-americani, impossibilitati ad avanzare, abbiano trat- tato le retrovie della Wehrmacht come terra tedesca, da bombardare a tappeto, tralasciando Incapacità di il fatto che i civili non erano dei tedeschi di cui poteva essere vantaggioso tentare di fiac- capire care il morale e la volontà di continuare a combattere, ma contadini di un Paese che, dal- l’ottobre 1943, era formalmente amico e alleato. Agli occhi di chi subiva i bombardamenti, essi risultavano semplicemente privi di qualsiasi logica. Ed era una ben misera consola- zione l’osservazione di quegli ex soldati italiani che – memori degli assalti frontali lanciati senza troppi scrupoli dai generali del regio esercito – notavano che «gli ammericani ce te- nevano ai surdati loro. Pecciò con gli aerei bumbardavano tutti gli paesi addò ce stavano gli tedeschi». In realtà, in quei paesi, in prevalenza stavano dei civili indifesi, e non trup- pe tedesche. Solo nel dopoguerra il trauma dei bombardamenti sarebbe stato almeno in parte e gradualmente assorbito, grazie ai massicci aiuti economici e alimentari che avreb- bero alleviato le gravi sofferenze della popolazione, dopo il disastro della guerra mondiale. In effetti, per molti abitanti del Frusinate, l’esperienza più traumatica fu quella di essere im- Indigenza assoluta provvisamente catapultati in una situazione di indigenza assoluta, che investiva i più elementari bisogni dell’esistenza. La necessità di sfuggire ai bombardamenti portò un gran numero di persone a rifugiarsi fra le montagne, in zone isolate. La relativa sicurezza era pagata al prez- Guerra e memoria dell’esperienza bellica nel Basso Lazio zo di un vero ritorno allo stato di natura, con l’assenza di case, letti, stoviglie o posate: di tut- ti quegli oggetti, cioè, capaci di distinguere, per così dire, la civiltà dalla situazione selvag- gia. La fame, inoltre, era un problema assillante per tutti gli sfollati: e poiché i maschi do- vevano restare nascosti, o comunque erano più esposti al rischio di essere catturati o ucci- si, spettava alle donne scendere a valle, presso i contadini, e acquistare al mercato nero i vi- veri di prima necessità. Nelle memorie di molte persone, l’esperienza della guerra a ridos- so della linea Gustav, si riassume in questa coppia di elementi: fame e bombe dal cielo. F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 PERCORSO DI STORIA LOCALE Sfondamento del fronte e violenza contro le donne Kesselring sfruttò nel modo migliore il terreno su cui doveva difendersi. Poiché la catena de- gli Appennini, al centro della Penisola, era un territorio su cui sarebbe stato molto diffici- le far avanzare un esercito e, ancor più, usare in modo efficace i mezzi corazzati, il coman- dante in capo tedesco concentrò le proprie forze nelle zone più prossime al mar Tirreno e al mar Adriatico.
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