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Stanno tutti bene di K. Jones

Everybody’s Fine - Usa, 2009 -- commedia -- 1h e 39' cast , , Kate Beckinsale,Beckinsale, SaSamm Rockwell

L’originale di Tornatore è rivisitato con rispetto e il cast impreziosisce un film emozionante.

Frank Goode (Robert DeNiro) è un pensionato dal cuore d’oro che da pochi mesi ha perso la moglie, l’amore della sua vita. Ora quindi vive solo, in una grande casa. Ha imparato a cucinare e a pulire. Ma gli mancano i suoi quattro figli, che vivono sparsi per gli Stati Uniti e che non riesce mai a riunire sotto lo stesso tetto. Decide così, seppur malato di cuore e di nascosto dal suo medico, di partire e di raggiungere uno alla volta i propri “bambini”, ormai adulti, attraversando l’America in pullman e in treno e pensando così di far loro una gradita sorpresa. Dovrà però scontrarsi con il carattere algido e distaccato di Amy (Kate Beckinsale), donna in carriera, con la sbrigatività di Robert (), maestro di percussioni, e con la solo superficiale solarità di Rosie (Drew Barrymore). Mentre di David, il quarto figlio, nessuna traccia… Robert DeNiro rifà Marcello Mastroianni. Remake dell’omonimo film italiano di Giuseppe Tornatore (datato 1990), Stanno tutti bene è – solo all’apparenza – un classico dramma familiare con una solida base di buoni sentimenti e che inevitabilmente non può non indirizzarsi verso un finale piuttosto scontato. Ma il film di Kirk Jones è anche intimista e malinconico, intriso del profondo senso di inadeguatezza che persone come Frank Goode provano attraversando un mondo che non li rappresenta, mostrando troppa fiducia nel prossimo e quindi sbattendo inesorabilmente la testa contro la triste realtà dei fatti: stanno tutti bene, sì, ma quasi sempre è tutto fumo negli occhi. Grazie all’abile stratagemma secondo il quale lo spettatore è a conoscenza di tutti i segreti che i figli nascondono al padre, che resta così l’unico (su schermo e in sala) a rimanere all’oscuro di tutto, viene a crearsi un forte senso di tenerezza, di protezione, finanche di pietà nei confronti di quello che rischia di essere visto ormai come un peso, più che come un genitore. A sorpresa invece Frank si dimostrerà ben più accorto e determinato di quanto la sua famiglia possa credere, e riuscirà ad ottenere le risposte che merita. Alla fine, con la nuova famiglia allargata riunita intorno al tavolo natalizio con il pensiero serenamente rivolto alle assenze e con la conquistata consapevolezza che le nuove e forse precarie presenze vanno accolte come un dono, la morale è che i vincoli d’amore si sottraggono alla misurazione del successo o dell’insuccesso. E “Stanno tutti bene” non è solo una formula ipocrita per coprire le infelicità ma un modo saggio per accettarsi l’un l’altro. Se c’è un ottimo motivo per godersi questo film in sala, perfetto per le feste di Natale, è ritrovare finalmente un gigantesco Robert DeNiro: la sua performance è a dir poco strepitosa, sottratta a qualsiasi eccesso. Dopo anni durante i quali è stato costretto a vestire panni decisi o a farlo sembrare ciò che non è più o a sminuirlo in produzioni totalmente non alla sua altezza, DeNiro ha ritrovato probabilmente in Stanno tutti bene la voglia di recitare e di fare cinema. Le sue posture, la sua totale estraneità al mondo che lo circonda: tutto contribuisce ad una fortissima empatia nei suoi confronti. E gli interpreti di supporto, pur notevoli (segnalo soprattutto la Melissa Leo candidata all’Oscar per Frozen River in un piccolo ma significativo ruolo) non possono che soccombere al suo cospetto. Paolo Bassani

I due presidenti di Richard Loncraine, con , Dennis Quaid Gran Bretagna 2010; biografico - durata 1h e 33’ 1996. La relazione speciale tra Stati Uniti e Inghilterra, individuata e auspicata da Churchill, vive un momento d'oro con Clinton e Blair, entrambi di centrosinistra, entrambi mossi da una reale volontà di cambiare le cose e da una visione comune. L'uomo più potente del mondo prende il primo ministro britannico sotto la propria ala, inaugurando un idillio non solo diplomatico ma soprattutto personale e amicale, che scricchiola sotto il peso dello scandalo Lewinsky e tramonta definitivamente, poco dopo, alle prese con la strategia bellica da adottare in Kosovo.

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