Ho Avuto Fortuna: Ero Nei Paraggi

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Ho Avuto Fortuna: Ero Nei Paraggi Interviste TIM HERBERT ALAN WAKEMAN Ho avuto fortuna: ero nei paraggi di Claudio Bonomi ■ I principali progetti cui oggi stai la- vorando sono molto diversi: hai i tuoi Rockin’ Hams, che rendono omaggio al sound degli anni Cinquanta, e gli Interplay, un gruppo fusion. Comincio dai Rockin’ Hams, il cui nome deriva da un gioco di parole a proposito dei Lord Rockingham’s IX, che erano l’at- trazione fissa diOh Boy!, il primo rock’n’roll show apparso sulla televisione commercia- le britannica, nel 1957. La band registrò anche alcune cose, arrivando in cima alle classifiche conHoots Mon, rivisitazione del famoso tradizionale scozzese A Hundred Pipers. Quello che mi ha sempre attratto è che la band schierasse come strumen- ■ E gli Interplay? ■ Sei molto attivo nell’area di Nort- ti principali quattro sassofoni (due tenori Il leader è il bassista Adrian Litvi- hampton, dove vivi? e due baritoni), una vera novità per quei noff, che conoscevo da anni ma con Suono con Richard Baker, il tromboni- tempi. Uno dei sassofonisti originali era cui ci eravamo persi di vista per mol- sta degli Interplay, in diverse formazio- Benny Green, noto critico jazz, e uno dei to tempo, finché non ci siamo ritro- ni. Una è il Royal Civil’s Swing Circus, due tenori era Red Price, jazzista ed ex vati in occasione di un mio concerto quintetto che interpreta standard pop e membro della Ted Heath Band. Ho dun- a Northampton. In quell’occasione jazz. Inoltre accompagno diversi musi- que trascritto per i miei Rockin’ Hams mi ha raccontato che stava formando cisti: una pianista che si chiama Rachel brani strumentali che vanno dagli anni una band e che gli sarebbe piaciuto Johnson, la cantante statunitense Susan Quaranta fino agli inizi degli anni Settan- coinvolgermi. Gli Interplay suonano Valliant-Speer e un duo formato da un’al- ta. Come i Lord Rockingham’s IX, anche una fusion molto eclettica. Abbiamo tra cantante, Elaine Hatton, e dal piani- noi suoniano di tutto, comprese sigle di un percussionista, David Balen, che sta Neil Riches. Ho anche lavorato con il telefilm o di film inglesi e statunitensi: è interessato come me al free jazz; pianista Ian Riley e insieme a Baker ho insomma, tutto ciò che riesco ad arrangia- la varietà di percussioni etniche che fondato un quartetto centrato sul reper- re per quattro sassofoni, una tastiera, un lui suona dà forza all’idea di global torio di Gerry Mulligan e Bob Brookme- basso e una batteria, e che sappia riflettere jazz fusion che sta alla base di tutto yer. E fino alla triste e recente scomparsa l’era del jive, del rock e del twist. il progetto. di John Dankworth mi capitava occasio- wakeman.indd 14 16-04-2014 16:01:08 15 Alan Wakeman (1947) emerge dalle ■ Quando incominiciasti a interes- cronache per addetti ai lavori quando sati al jazz? entra nei Soft Machine al crepuscolo di Verso i tredici-quattordici anni, a fine «Softs» (1976). L’esperienza, durata meno anni Cinquanta: in pieno boom dei tra- di sei mesi, certo non rende giustizia a dizionalisti. Insieme a mio cugino Rick, un sassofonista, sempre diviso tra tenore pianista di formazione classica, comin- e soprano (e talvolta clarinetto), che ha ciai a suonare il clarinetto, per poi pas- vissuto in prima fila gli anni più creativi del sare al sax contralto. Trovai un lavoro British Jazz, a partire dagli esordi con Paul da Sainsbury’s per pagarmi le lezioni di Lytton (1968) per arrivare ai Gilgamesh sax che prendevo da Charles Champ- (1972-73), a Johnny Dankworth (1973-74) e man, che aveva avuto tra i suoi allievi ai lavori con Mike Westbrook. Chi lo volesse Joe Harriott. Al secondo anno di college conoscere meglio può iniziare dai suoi musicale, sempre insieme a mio cugi- contributi del 1970 ai collettivi di Graham no, trovai lavoro in un dopolavoro ma- Collier in «Song For My Father» e «Mosaics». schile dove suonai tutti i fine settimana Sempre Collier, sotto l’ombrello della per diciotto mesi. Mi feci le ossa e riu- sua Mosaic, dà alle stampe nel 1978 scii a entrare nella London Youth Jazz «Wilderness Of Glass» dei Triton, ovvero Orchestra. Wakeman, Nigel Morris e Paul Bridge. Ristampata su cd nel 2012, è una delle ■ Come arrivasti al primo gruppo prove più brillanti e imperiose del Wakeman professionale? solista. Infine, non si possono non citare i Rispondendo a un annuncio del Melody suoi interventi in alcuni lavori centrali della Maker: cercavano giovani musicisti da discografia westbrookiana, da «Citadel/ inserire nella formazione B della Lon- Room 315» (1974) a «Love/Dream and don Jazz Association. Conobbi così il Variations» (1976), da «Bright As Fire» leader, Pat Evans, che mi prese in sim- (1980) a «Glad Day» (1997), da «Paris patia e mi aiutò a entrare in contatto Album» (1981) a «Off Abbey Road» (1989) con altri jazzisti dalla mente aperta. Evans era molto diverso dall’altro fon- datore della London Jazz Association, Bill Ashton, il quale non considerava nalmente di suonare con la sua big band to. Mike entrò anche a far parte del grup- degno d’ascolto nessun disco jazz pub- nel suo Stables Theatre, che è a due passi po studentesco di jazz di cui facevo parte: blicato dopo il 1950! Alla fine mi fe- da casa mia. suonava il trombone a pistoni. Divenni cero entrare nella formazione A dell’or- presto un fan del suo gruppo, che all’epo- chestra ed è lì che conobbi Paul Lytton. ■ A inizio carriera, nei tardi anni Ses- ca comprendeva John Surman, altro mio Quando ottenni il posto di secondo te- santa, entrasti subito nelle grazie di grande ispiratore. Quando avevo ventun nore, Paul mi chiese se volessi entrare Mike Westbrook. anni, Alan Skidmore mi invitò a suona- a far parte del suo quartetto con Sam Ci conoscemmo quando arrivai a Londra: re come esordiente nella band e fu allora Fendrich, il bassista dell’orchestra, e il insegnava arte nella mia scuola e fu dav- che Mike cominciò a prendermi sul serio. trombonista Paul Nieman. vero un fatto che dette una svolta alla mia Da allora ho suonato nella sua big band, vita. Lui mi fece scoprire i musicisti che nella Brass Band, in «The Westbrook Blake ■ E come andò? stavano innovando il jazz: Charles Min- / Bright As Fire» e in «Off Abbey Road». Be’, accettai, e alla fine mi trovai a suo- gus, Eric Dolphy, Archie Shepp, Ornet- Recentemente non ci sono state più occa- nare con Paul in diversi gruppi. Il no- te Coleman e il sensazionale Coltrane di sioni, tranne la sporadica ripresa del pro- stro primo concerto trasmesso dalla Bbc «New Thing At Newport». Tutto questo getto Off Abbey Road; ma qualche volta fu quello del quartetto di Dave Holds- succcedeva nell’aula d’arte, che durante la sono stato da lui, nel Devon, a dare una worth con Harry Miller al basso. Era il pausa pranzo si trasformava in sala d’ascol- mano alla sua big band del posto. 1968 e ne ho ancora la registrazione... Musica Jazz maggio 2014 wakeman.indd 15 16-04-2014 16:01:11 Interviste 16 Graham Collier tarrista, ad accompagnarmi a una pro- Music nella va. Alan Gowen mi colpì subito molto formazione come persona, compositore e pianista. di «Mosaics» (1970): Harry Nella prima formazione c’erano anche Beckett, Alan Jeff Clyne al basso e Mike Travis alla bat- Wakeman, Bob teria. Ricordo un concerto al Common- Sydor, Geoff Castle, il leader wealth Institute di Londra: il volume era e John Webb. incredibilmente elevato e credo che fu per quello che lasciai la band. ■ Che fine hanno fatto i nastri che hai registrato con diverse band dell’epo- ca? Penso, per esempio, agli Impul- se di Brian Miller o ai Quaternity di Parte di una tarda edizione Henry Lowther. C’è speranza che dei Soft qualcosa emerga dagli archivi? Machine (quella Ci sono un po’ di cose interessanti. Ho di «Softs», 1976): John suonato in un disco di Stan Tracey inti- Etheridge, Roy tolato «The Crompton Suite» in sestetto Babbington, con tre tenori in front line: Tony Coe, Art John Marshall, Wakeman. Themen e il sottoscritto. Una compagnia davvero speciale. Ebbene, non è mai sta- to pubblicato perché Stan non è mai riu- scito ad avere accesso ai nastri. Una storia molto frequente. Qualche anno fa sono riuscito a ristampare su cd, a mie spese, il disco dei Triton «Wilderness Of Glass». Delle band di cui mi chiedi non so se qualche registrazione sia sopravvissuta, I Triton di ma è anche vero che tutte hanno suona- «Wilderness Of to alla radio e quindi qualche nastro do- Glass» (1978): Alan Wakeman, vrà pur esistere. Tuttavia, finché non si Nigel Morris e trova un’etichetta disposta a perdere un Paul Bridge. po’ di soldi, dubito che venga ristampato qualcosa. A meno di non essere un gran- de nome, oggi è davvero difficile guada- gnare o andare in pareggio.«Softs» dei Soft Machine vende abbastanza bene, ma quella è la musica di Karl Jenkins. ■ Oltre a Westbrook, anche Graham band e mi scritturò per un tour che oggi Collier figura tra i tuoi maestri: negli farebbe morire di invidia qualsiasi jazzi- ■ Tenore o soprano? Quale sassofono anni Settanta hai suonato con diverse sta. Con me c’erano Harry Beckett, Bob ti porteresti sull’isola deserta? figure centrali della scena jazz britan- Sydor, John Taylor e, agli inizi, John Mar- Be’, il soprano è più leggero, ma con il nica. Come ti sentivi? shall. All’epoca, davo tutto per scontato! tenore si possono fare molte più cose, Ho avuto la grande fortuna di essere nei Penso che alla fine sceglierei untenprano , paraggi mentre succedevano così tante ■ Suonasti anche con i Gilgamesh.
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