Intervista a Anja Harteros Di Ingrid Haas Traduzione in Italiano a Cura Di Bruno Tredicine
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Intervista a Anja Harteros di Ingrid Haas traduzione in italiano a cura di Bruno Tredicine Durante l’Opera Festival di Monaco di Baviera del 2010 ho avuto modo di intervistare Anja Harteros, uno dei soprani più importanti dell’attuale scena lirica. Qui a Monaco si è esibita come Donn’Anna in “Don Giovanni”, Elsa in “Lohengrin”, e in un recital con Lieder di Schubert, Wolf, Brahms e Strauss. Nata a Bergneustadt il 23 luglio 1972, Anja Harteros è divenuta ben presto uno dei soprani più significativi della sua generazione. Dopo aver vinto nel 1999 il Concorso Singer of the World a Cardiff, è apparsa sulle scene più importanti, come la Bayerische Staatsoper, il Metropolitan di New York, la Scala di Milano, la Staatsoper di Vienna, la Royal Opera House di Londra, la Deutsche Oper di Berlino, la Semperoper di Dresda, e i teatri di Amburgo, Lione, Ginevra, Amsterdam, Firenze più il Festival di Salisburgo. Ascoltare la Harteros per la prima volta è un’esperienza magica: la sua voce è grande, con un colore caldo, acuti squillanti e centri pieni e ricchi. Ha una presenza scenica imponente con un carisma naturale che cattura l’attenzione, e ha la capacità di fare suoi i ruoli che interpreta: la sua Violetta è una delle migliori degli ultimi anni, in Elsa è magnetica ed è perfetta come Donn’Anna. Come Contessa nelle “Nozze di Figaro” è considerata una delle migliori della scena operistica odierna. E’ meravigliosa in Mozart come in Verdi, o Strauss, Wagner, e anche Händel (che ha cantato a Monaco, alla Scala e a Vienna, in Alcina). Per la nostra intervista ci siamo incontrate alla Bayerische Staatsoper. Aveva appena cantato in una delle due repliche di “Lohengrin”, in un allestimento di Richard Jones che aveva già interpretato l’anno precedente con grande successo, ora disponibile in DVD. E’ una donna affascinante, alta, con grandi occhi, uno sguardo delicato e una personalità radiosa. Abbiamo cominciato a parlare di fronte al grande specchio del suo camerino, e ci ha parlato dei suoi inizi, dei ruoli che ha interpretato e della sua visione della musica e dei personaggi che affronta. Quando è stato il suo primo incontro con l’opera? Fu quando ero a scuola e andai in gita coi miei compagni fino a Colonia, per vedere il “Flauto magico” per bambini. Fu un’esperienza emozionante, e poi andammo a vedere “Hänsel e Gretel”, “Idomeneo”, “La Bohéme” e molte opere che si davano sempre a Colonia. Quale fu la sua prima impressione? La trovò piacevole e nulla di più, o immaginò che un giorno avrebbe potuto far parte di quel mondo? La trovai una cosa bellissima, e pensai che sarebbe stato emozionante trovarsi sul palcoscenico, ma non fu allora che decisi di diventare una cantante. Suona qualche strumento? Suonavo il flauto dolce, e poi, quando mi feci più grande, il violino. Facevo parte dell’orchestra e del Coro della scuola e a 15 anni decisi di prendere lezioni di canto. Per me cantare era una cosa tanto meravigliosa, che decisi di sostenere l’esame per essere ammessa al Conservatorio di Colonia, cosa per cui era necessario saper suonare il pianoforte, così presi lezioni anche di questo strumento. Quando canto la sua prima opera? Fu al liceo, in una versione da concerto di “Don Giovanni”, come Zerlina. Avevo 13 anni e fu solo per divertimento, ancor prima che iniziassi a studiare canto. Da professionista ho debuttato come Servilia nella “Clemenza di Tito” a 23 anni, poi fui Gretel in “Hänsel e Gretel”. Dopo due anni, quando andai all’Opera di Bonn, cambiai verso un repertorio più pesante e a 25 anni cantai la Contessa, Fiordiligi, Mimì, Agathe… Quando passò a questi ruoli più impegnativi, lo fece perché pensò che fosse la cosa più giusta per come era maturata la sua voce? Fu il suo insegnante di canto a dirle che era il passo giusto? A questo tipo di ruoli, la mia voce è arrivata naturalmente. Per compiere i primi passi da professionista, prima sono dovuta tornare verso un repertorio più leggero, una cosa che ha fatto bene alla mia voce, che all’inizio non era pronta per ruoli più pesanti. Nei due anni che ho passato al teatro di Gelsenkirchen presi lezioni di canto nel liceo musicale di quella città e anche a Colonia, dove mi recavo il lunedì, giorno libero per il teatro. In queste lezioni che ho imparato a cantare la Contessa, Fiordiligi e tutto il resto. Questo ha segnato l’inizio del suo rapporto con un compositore che è stato, è e sarà (ci auguriamo) nel suo repertorio ancora a lungo: Wolfgang Amadeus Mozart. Ha cominciato cantando Servilia e Zerlina, ruoli più leggeri, poi la sua voce si è evoluta e ora canta Donn’Anna, Fiordiligi, la Contessa. Secondo lei Mozart è un elemento chiave sia i cantanti più giovani che per quelli in carriera? Per me Mozart è alla base di tutto. Se sono capace di cantare la Contessa nel modo giusto, la mia voce può lavorare con i colori, con la chiarezza e la precisione di uno strumento, ma con emozioni e sentimenti. Questa è la difficoltà di Mozart, bisogna essere precisi come uno strumento dal bel suono. A proposito della Contessa, secondo lei è un personaggio che cambia da quando canta ‘Porgi amor’ rispetto a ‘Dove sono i bei momenti’? C’è un’evoluzione anche nel suo aspetto vocale o è sempre un lirico? No, per me il suo carattere cambia molto. In un dato momento è triste, subito dopo appare felice e sorride perché non deve mostrare la sua tristezza davanti agli altri dato che è la Contessa! Deve controllarsi sempre . E’ bellissimo vederla nei vivaci intrighi con Cherubino, perché in quel momento perde un po’ del suo rango di Contessa e in “Porgi, amor”ci apre anche il suo cuore e ci mostra la sua malinconia. Per il pubblico è coinvolgente vedere una Contessa in un tale stato d’animo. C’è stato un cambiamento nel modo in cui le opere di Mozart vengono messe in scena e cantate negli ultimi cinquant’anni? Sì, c’è stato un grande cambiamento. Basta osservare il ruolo di Pamina, ad esempio. Non l’ho mai cantata ma penso che se avessi vissuto negli anni ’50 avrei avuto la voce giusta, mentre oggi non sarebbe possibile per me cantarla senza essere criticata. Lei ascolta molto cantanti come Elizabeth Schwarzkopf o Lisa della Casa. Partendo da quel tipo di tradizione, la sua interpretazione degli stessi ruoli ci pare più moderna, specialmente dopo avere ascoltato la sua Donn’Anna. Lei ha l’intensità lirica e la nobiltà per ‘Or sai chi l’onore’ e l’eleganza, i suoni leggeri e la coloratura per ‘Non mi dir’. Ci sono cantanti che riescono bene in un’aria e non tanto nell’altra, lei le fa entrambe in modo perfetto. Come interpreta un personaggio così ambiguo? Penso che i personaggi più ‘lirici’ di Mozart abbiano una personalità molto mutevole, hanno più di un aspetto, sono umani. Possono cambiare, come la Contessa o Fiordiligi. Noi cantanti dobbiamo essere capaci di esprimere questa mutevolezza di comportamenti non solo nella recitazione ma anche nel canto. Le due arie di Donn’Anna sono completamente differenti fra loro: ‘Non mi dir’ è divisa in due parti che possono sembrare due arie diverse. Prima bisogna risolvere questi problemi tecnici, poi bisogna lavorare sull’estetica del ruolo, ed è necessario avere una certa elasticità mentale per eseguirlo. Non ho mai cantato Donn’Anna come l’ho fatto qui a Monaco, questa produzione mi ha aiutato a sviluppare il personaggio. A New York, o in altri posti, l’ho fatto in modo diverso. Prima di affrontare un allestimento penso sempre a cosa voglio fare con il mio ruolo, quali sono i momenti fondamentali, qual è l’aspetto più importante del personaggio, e poi quando inizio le prove, a volte, devo cambiare idea. Qui a Monaco ad esempio ho dovuto rivedere tutto: non avrei mai potuto immaginare che Donn’Anna potesse baciare Don Ottavio in modo così erotico dopo aver cantato ‘Non mi dir’. Per me è stato un po’ sconvolgente e credo che non lo farò mai più, comunque è stata un’esperienza. Un altro ruolo mozartiano che per lungo tempo è stato associato a lei, grazie alla sua splendida esecuzione, è Fiordiligi, un altro personaggio con molti cambiamenti emotivi, da “Come scoglio” a “Per pietà”. Cosa ci dice in proposito? La cosa più importante di Fiordiligi la si capisce quando si è un artista maturo, non quando si è un giovane soprano. Le piace essere giocosa, essere una ragazza e di avere queste esperienze con gli uomini insieme a sua sorella. E’ il personaggio dal carattere più profondo di tutta l’opera, c’è una differenza fra lei e Dorabella, che è più infantile. Dorabella gioca un po’ coi suoi pensieri tenebrosi, e in “Ah scostati” si mette in mostra e dice che questo è il SUO momento, per lei è anche un gioco. Quante volte ha cantato Fiordiligi? Molte volte a Monaco, Lione, Bonn, Francoforte… più o meno 50 volte o più. Così fan tutte è un lavoro di squadra? Certo! Che accadrà alla fine, a Fiordiligi? Nel duetto con Ferrando si vede che si è innamorata di lui. Credo che alla fine dell’opera tutti siano diventati più adulti, più maturi. Con tutti gli scherzi e il divertimento, Mozart ha la grande capacità di essere tragico, e forse la tragedia più grande di tutta la storia è che Fiordiligi ama Ferrando. La storia fra Dorabella e Guglielmo è solo un gioco, ma Fiordiligi e Ferrando avranno grandi problemi da risolvere dopo l’opera.