REGIONE

COMUNE DI MALO

Progetto: NY GREEN

Oggetto: RICHIESTA PERMESSO DI COSTRUIRE UNA LOTTIZZAZIONE

PEREQUAZIONE C2.3/5 localizzazione: via Bassano ind. catastale: foglio 12 n.m. 65

per conto del sig.r

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Andrea Maule

PROFESSIONISTA INCARICATO:

NEA archeologia Soc. Coop.

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Elaborato: Relazione archeologica DATA: COD. ELAB. 20.05.2015 ARCHEO.001

REVISIONE SCALA V1 1/

1.INDICE

1.INDICE PAG.1

2.INQUADRAMENTO STORICO PAG.2

3.SINTESI GEOGRAFICA, IDROLOGICA E GEOMORFOLOGICA DELL’AREA PAG.4

4.SITI ARCHEOLOGICI PAG.5

5.CONCLUSIONI E VALUTAZIONE DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO PAG.7

6.BIBLIOGRAFIA PAG.9

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2. INQUADRAMENTO STORICO

Preistoria e antichità Il territorio alto-vicentino, in generale, e di Malo, più nello specifico, venne abitato, in pianta più o meno stabile fin dell'antichità. Degli stanziamenti umani non rimangono che poche tracce; molto più importante doveva essere invece quest'area per il passaggio di genti, materiali e idee, vista la facilità d'accesso agli sbocchi verso i valichi del Nord-Italia e, di conseguenza, al Centro- Nord-Europa. E' documentata una rete stradale, conosciuta come pista dei veneti. Questa strada collegava tutti gli sbocchi delle valli costeggiando la linea pedemontana, salendo da e , costeggiando le colline fino a , e da qui per , fino a e oltre. Probabilmente lungo tale tracciato erano presenti insediamenti; tracce di frequentazione sono state riscontrate anche nelle colline di Malo e di , presso il colle della Sisilla e il Monte Palazzo, vicino alla frazione di S.Tomio, oppure presso Priabona e il Buso della Rana. In queste località sono stati ritrovati manufatti, frammenti ceramici, selci, che comprovano la presenza umana. Inoltre asce in selce, risalenti a 4000-3000 anni a.C., sono state rinvenute nel centro storico. In epoca romana la zona di pianura dell'alto vicentino fu interessata da centuriazione, di cui rimangono ancora alcune tracce. Sempre di epoca romana, sono state rinvenute alcune tombe in di Malo e S.Tomio, oltre che un mosaico pavimentale , ancora nei pressi di S. Tomio.

Medioevo Il municipium romano di era diviso anticamente in pagi, ovvero distretti; uno di questi era quello di Maladum, la pieve di Santa Maria, chiesa del Castello, oggi anche detta S.Libera. L'antico territorio pievano comprendeva anche gli attuali comuni di , Monte di Malo e . Con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e le invasioni di popolazioni cosiddette "barbare", anche il territorio maladense venne interessato dall'insediamento di queste genti. Nei pressi di Malo, nelle vicinanze di Priabona, esiste ancora oggi un'antica chiesa dedicata a San Giorgio, Santo patrono degli eserciti longobardi; il rinvenimento di una spada e di alcuni elementi costruttivi di origine longobarda fanno pensare ad una forma di stanziamento, anche se non effettivamente stabile. In epoca successiva, per far fronte alle incursioni degli ungari, Berengario I, re d'Italia, nel 917 dona al vescovo di Padova i territori montani tra l'Astico e il Brenta, al vescovo di Vicenza rimangono i territori sulla destra orografica dell'Astico, quindi anche quelli di Malo. Nel 1026 l'imperatore Corrado II il Salico conferma alla chiesa vicentina i diritti e i possedimenti, facendo riferimento ad un castello "et castellum in eodem loco de Malado"; probabilmente il castello menzionato era già una curtis longobarda e poi carolingia. Si può far risalire l'origine del comune di Malo al periodo successivo alla sollevazione del 1110 dei cittadini di Vicenza contro il vescovo Torengo. Negli anni successivi forte sarà la contrapposizione tra i vescovi di Vicenza e i conti di Schio, della famiglia Maltraversi, per il possesso dei feudi sulla destra Leogra, tra cui Malo, feudi vescovili. La contrapposizione arriverà al tentativo di usurpazione dei feudi fino all'uccisione, nel 1184, del vescovo di Vicenza Giovanni Cacciafronte da parte di un sicario di Malo, di nome Pietro, probabilmente su mandato del conte Uguccione Maltraversi. Le dispute si riproposero con il successivo vescovo Pistore ucciso nel 1200 presso il castello di Pievebelvicino in uno scontro con il conte Uguccione che aveva occupato il feudo vescovile. I pesanti debiti contratti dei vescovi di Vicenza presso usurai li costrinsero ad alienare alcuni beni della chiesa, nel 1213 l'amministratore apostolico imposto a papa Innocenzo III vescovo Nicolò Maltraversi sospese le vendite e con una saggia amministrazione riuscì a ridurre il grosso debito,

2 il successore vescovo Zilberto fu comunque costretto nel 1222 a vendere a un certo Savino i castelli di Malo e di Priabona con il consenso dei legati pontifici Giordano, vescovo di Padova, e Frà Giordano Forzatè, priore del monastero di S.Benedetto di Padova. Nel 1230 Savino fu nominato conte di Malo dall'imperatore Federico II. Savino del fu Giovanni da Faenza fu presentato con esplicita raccomandazione ecclesiastica di papa Onorio III. Il conte Savino aveva come vicecomes un certo Bartolomeo Pagani di Malo,usuraio; questi nel 1225 comperava dal comune di Malo, pesantemente indebitato a causa dei suoi stessi prestiti, beni situati in Leguzzano e altre località del monte. Savino aveva due figlie, Ziborga andò sposa a Guido Maltraversi, figlio di Emilia da Romano, il fratello di Guido, Uguccione sposò Anselice sorella di Ziborga. Sembra che il conte Savino, passato dalla parte ghibellina, parteggiando con Federico II e il suo vicario Ezzelino, alla parte guelfa, sia morto nel 1241 a San Bonifacio contro Ezzelino III. Probabilmente il castello di Malo, congiuntamente a quello di Priabona, di cui non si avrà più notizia, è stato distrutto dallo stesso Ezzelino in quegli anni o comunque poco dopo durante le guerre con i padovani in seguito al patto di custodia, infatti già nel 1311 del castello di Malo non si fa più menzione. Successivamente alla morte di Beroardo Maltraversi, figlio di Ziborga, come nobili possidenti si farà menzione prima di Enrico Scrovegni, 1298, e poi di Vitaliano dei Lemici, entrambe le famiglie erano di potenti usurai padovani. Con una congiura di nobili vicentini, accordatisi con Enrico VII di Lussemburgo e Cangrande della Scala, nel 1311 Vicenza e il territorio si liberano ad dominio padovano. Dopo questi avvenimenti la vita pubblica, in mancanza di signori feudali, verrà amministrata dal Comune, che si appresterà a definire i confini della circoscrizione comunale. I confini a quel tempo erano più estesi di quelli attuali, e comprendevano anche l'attuale comune di Monte di Malo, mentre erano in contestazione i confini presso Leguzzano. Le contestazioni dei confini fra comuni portarono a ripetuti interventi dei Signori della Scala. Ben presto però si videro segni di frattura da il piano e il monte per motivi prettamente etnici, il piano era abitato da genti latine mentre il monte da genti di origine e lingua tedesca. Infatti nel 1322 Bailardino Nogarola concedeva ai tedeschi che abitavano oltre il torrente Giara o Livergon la possibilità di unirsi in comune, fatti salvi gli oneri verso in comune di Vicenza. Nel 1388 le genti e il sacerdote del monte chiesero al vescovo di Vicenza Pietro Filargo, e successivamente a Roma per conferma apostolica, di poter essere separati dalla pieve matrice e retti in parrocchia autonoma. La conferma apostolico di papa Innocenzo VII fu ricevuta ed eseguita dal vescovo Giovanni Castiglione; le motivazioni della separazione furono: l'uso della lingua tedesca, la distanza dalla pieve, l'amministrazione dei sacramenti riservata all'arciprete della pieve per cui molti morivano senza sacramenti. Comunque, almeno dal punto di vista simbolico, con sentenza del 1407 venivano confermati i diritti della pieve. La separazione dell'amministrazione religiosa e poi civile portò durante la dominazione scaligera all'istituzione dei vicariati, Malo fu sede di uno degli 11 vicariati maggiori nel territorio vicentino; la sua giurisdizione comprendeva i comuni di: Malo, Castelnovo, Isola di Malo, Ignago, Monte di Malo, Priabona e Torreselle. Nel 1437 il piano e il monte fanno parte dello stesso comune ma è evidente dalle fonti una certa autonomia del monte che allora comprendeva le terre oltre il torrente: Santomio, Priabona, Campipiani, Faedo fino a dei mansi in Leguzzano. Da documenti sembra comunque chiaro che già era in atto la separazione del piano dal monte fin dal 1456. Nel 1468 si decide la separazioni degli estimi comunali, mentre con decreto del 1496, peraltro andato perduto, si sancirà la definitiva separazione tra il comune di Malo e quello di Monte di Malo.

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3. SINTESI GEOGRAFICA, IDROLOGICA E GEOMORFOLOGICA DELL’AREA Il Comune di Malo confina a sud con il Comune di , a sud-est con Isola Vicentina, a est con e , a nord con Marano Vicentino e , ad ovest con Monte di Malo e a sud-ovest con . Il sottosuolo delle aree collinari in tale porzione dell’Alta Provincia di Vicenza è formato da una successione di rocce calcaree e calcareo-marnose, con l’inserimento di una estesa varietà di altre formazioni di origine vulcanica (tufi, tufiti, jaloclastiti e basalti) , provenienti dagli affioramenti delle colline ai margini della pianura, e rari elementi di porfido, provenienti dalla erosione delle morene depositate dal ghiacciaio dell’Astico. Tali morene hanno probabilmente causato un cambiamento del corso fluviale dell’Astico per cui sono stati riconosciuti tre diversi antichi percorsi nella piana di Villaverla convergenti su Vicenza, il più recente dei quali passava in epoca Romana attraverso l'attuale centro abitato. L'Astico ha presentato nell'evolversi del suo percorso una tendenza a spostare l'alveo verso est portando il suo sbocco di Piovene, nella piana di Villaverla, sempre più verso oriente, dapprima tra le Colline di e , poi scendendo a sud delle colline di Montecchio, fino ad assumere recentemente la posizione dell'attuale alveo. Le aree collinari e pedecollinari sono caratterizzate dalla presenza di colluvi a matrici argillose (con inclusi litoidi di diversa natura, in relazione alla natura litologica delle formazioni in degrado), di spessore variabile e di bassa pendenza. Le colline sono anche caratterizzate dalla presenza di nicchie e corpi di frana di colamento, di crollo e superfici dissestate da creep1. Le aree pianeggianti sono formate da matrici argillose e limose, con ghiaie, di origine alluvionale, che si possono anche alternare in senso sia orizzontale che verticale. Per quanto attiene i litotipi superficiali si osserva una differenziazione alquanto significativa fra il settore occidentale, che presenta una coltre limoso – argillosa di spessore variabile da 1,5 a 5,0 m (i valori più elevati a ridosso dell’asta fluviale del Leogra) ed il settore orientale dove tale copertura non supera normalmente il metro di spessore (tali stratificazioni sono riconoscibili nel territorio di Marano Vicentino anche nell'area a destra del Timonchio).

Fig. 1: Idrografia del Comune di Malo

1 Processi di modellazione dei versanti dovuti a movimenti lenti di materiale incoerente o argilloso. 4

A livello idrogeologico, il territorio fa parte del sistema idrografico del Leogra-Bacchiglione. Detto bacino prende origine da torrenti montani e rogge di risorgiva presenti nell’alta pianura vicentina. Nello specifico, il territorio del Comune di Malo è caratterizzato da un sistema idrografico composto da torrenti con andamento N-S, con canali irrigui di collegamento, che vede nel torrente Leogra-Timonchio il principale soggetto idrografico (Fig. 1). Il Leogra e il Timonchio confluiscono in un’unica asta fluvilale, nota con il nome di Timonchio, poco a sud di via Braglio fino alla confluenza con il torrente Igna, a sud del “Bosco” di , dove prende il nome di Bacchiglione. La zona di via Braglio, è soggetta a periodiche inondazioni dato che negli ultimi 250 metri circa del suo corso prima della confluenza con il Leogra, il Timonchio è sprovvisto dell’argine destro e la sponda fluviale corrisponde al piano campagna. Altri torrenti degni di segnalazione sono l’Orolo, il Rostone, lo Scolo Trozzo Marano, il Proa e il Leogretta. I corsi d’acqua presentano un regime idrico piuttosto variabile, arrivando ad avere il letto in secca nei momenti di maggiore siccità. Il torrente Giara risulta essere il principale collettore delle acque in deflusso dalla dorsale del sistema collinare ad oriente del quale si sviluppa il territorio di Malo. A detto corso d’acqua fa capo un reticolo idrografico composto da numerosi torrenti perenni a regime torrentizio (il t. Rana, il Rio Valdissera, il Roggia Molina). L’idrografia è completata dalle acque sotterranee, il cui drenaggio sotterraneo ha una direzione prevalentemente da NW verso SE, resa più complessa dai fenomeni carsici, testimoniati soprattutto dalla presenza di doline nella zona orientale del sistema collinare che si sviluppa ad occidente di Malo. Nei depositi alluvionali grossolani di fondovalle è presente una potente falda freatica. Acquiferi locali possono poi originarsi in prossimità del limite delle risorgive per la presenza di lenti di terreni fini, impermeabili, diversamente potenti ed estese. Il territorio è stato modificato, ovviamente, anche dall’uomo. Per quanto riguarda le strutture storiche la più importante è la divisione agraria romana, le cui centurie sono ancora ben visibili. Tra le trasformazioni moderne, sono piuttosto evidenti le cave (attive e abbandonate) per l’estrazione dell’argilla, i terrazzamenti per lo sfruttamento dei terreni collinari, le opere di difesa fluviale, le strade rilevate, le opere relative alla regimentazione del torrente Proa. Le cave di ghiaia e sabbia nel territorio comunale di Marano Vicentino sono a cielo aperto e la profondità di coltivazione varia da circa 12 m a circa 26 m. Queste aree sono ubicate nel settore nord orientale. L'attività estrattiva dell'argilla coinvolge gran parte del territorio di pianura attraverso lo sfruttamento dei depositi alluvionali sabbioso-limosi e limo-argillosi. Tali formazioni sono comprese a meridione dalla linea che va da Villafranca a S. Bonifacio e che risale poi alla base dei Colli Berici occidentali, spostandosi a nord verso Malo e quindi con andamento est-ovest procede fino a Treviso per poi piegare verso nord-est fino ad Orsago al limite della Regione. Nella fascia di territorio sotto i depositi argilloso-limosi, potenti fino a 4-5 metri, sono presenti localmente potenti depositi ghiaioso-sabbiosi.

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4. SITI ARCHEOLOGICI L'area in esame, compresa tra le vie Canova a N, Bassano a N/E e la SP 46 del Pasubio a S/W interessa un'ampia zona, attualmente destinata a prato, limitrofa ad area vincolata archeologicamente per via del rinvenimento, tra Febbraio e Marzo del 2008 di una serie di tombe di epoca romana. I lavori per la posa di una nuova condotta fognaria hanno infatti messo in luce 5 sepolture, 4 ad incinerizione e 1 ad inumazione, poste ca. all'altezza dei numeri civici 21 e 23 di via Bassano [Fig. 2] e ad una profondità media di ca. 0,4/0,5 m dal piano di calpestio attuale.

Fig. 2: Posizionamento delle sepolture.

Come già documentato in altre zone dell'altovicentino, in particolare a Schio, nell'areale del Campo Romano e via Maestri del Lavoro, i sepolcreti di epoca romana sembrano caratterizzarsi per la presenza di spazi limitati e circoscritti all'interno dei quali venivano poste le tombe, spesso con rito incineritorio, in rari casi ad inumazione. Successivi interventi di assistenza archeologica e scavo preventivo in prossimità dei rinvenimenti, come quelli svolti a fine 2014 a ridosso dei lotti 7, 8 e 9 e nelle aree private della Fam. Grolla Paola e Manuela hanno avuto esito negativo, visto probabilmente la lontananza di queste dagli antichi spazi sacri. Tuttavia, uno scavo assistito risalente a Marzo 2009 ha messo in luce, nuovamente durante la posa di una condotta fognaria, elementi utili a ritenere che l'area fosse ben antropizzata in epoca antica: nelle zone immediatamente limitrofe a via Canova e via Martinè sono stati rinvenuti, infatti, un frammento di macina in trachite di epoca romana ed altri elementi in laterizio e ceramica grezza, sicuramente pertinenti alla medesima epoca e probabilmente portati in superficie dalle arature. Limitatamente a quest'area sono state messe in luce, nella medesima campagna di scavo e assistenza, alcune strutture di epoca recente, probabilmente rinascimentale, oltre a livelli di arativo antico, probabilmente romano, a cui potrebbero corrispondere elementi strutturali non ancora identificati e associabili alla necropoli di via Bassano.

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5. CONCLUSIONI E VALUTAZIONE DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO Ai fini della valutazione del rischio archeologico di un determinato territorio è necessaria la conoscenza del tessuto insediativo antico, inteso come sistema diacronico, nel quale sono compresi le reti viarie, empori commerciali, centri religiosi, impianti produttivi e centri minori, tutti inseriti in un contesto di riferimento. I fattori di valutazione per la definizione del rischio si basano sull'analisi di: siti noti e loro distribuzione spazio-temporale, riconoscimento di eventuali persistenze abitative, grado di ricostruzione dell'ambiente antico, ambito geomorfologico e toponomastico. Per tale processo si deve tener conto anche della capacita del ricercatore di riunire e valutare le notizie e del livello di precisione delle informazioni che possono far ritenere un territorio antropizzato. Inoltre, l'assenza di informazioni archeologiche non può far propendere per un’interpretazione di assenza insediativa. Occorre tenere in considerazione anche l'utilizzo odierno del territorio, la presenza di nuclei storici o la presenza di molte aree edificate e dei fenomeni che in età moderna hanno inciso il territorio stesso alterando le possibili preesistenze. Informazioni di rischio possono essere costituite da siti estrapolati dalle fonti bibliografiche, dalla presenza di viabilità e dalla distanza di queste evidenze e l'opera in progetto. I livelli di rischio sono condizionati inoltre dalla tipologia dell'opera, in modo particolare dalla profondità di scavo prevista dal progetto. Il grado di rischio archeologico è definito su tre livelli differenti: BASSO - aree con scarsa presenza di rinvenimenti archeologici, assenza di toponimi significativi, con situazione paleoambientale difficile, aree ad alta densità abitativa moderna. MEDIO - aree con scarsità di rinvenimenti archeologici, ma che hanno goduto di una condizione paleoambientale e geomorfologica favorevole all'insediamento antico, presenza di toponimi significativi, eventualmente in zone a bassa densità abitativa moderna. ALTO - aree con presenza attestata di siti archeologici con un buffer di 150 metri intorno al contesto archeologico, aree incluse in un contesto paleoambientale favorevole all'insediamento antico con significativa presenza di toponimi e relitti/preesistenze viari. Limitatamente all'area in esame, riguardante la lottizzazione compresa tra le vie Canova e Bassano, i rinvenimenti archeologici, di natura sia sporadica sia di assistenza e scavo, hanno delineato la persistenza un paesaggio antropizzato di epoca romana piuttosto interessante. La presenza di elementi occasionali legati alla sfera degli edifici strutturati (come ad es. il frammento di macina e la ceramica) cronologicamente riferibili ad epoca romana e la presenza di un sepolcreto lungo via Canova, immediatamente a ridosso del Lotto 17, pongono il progetto di lottizzazione in un'ottica abbastanza delicata sotto il profilo di rischio archeologico. Il fatto poi che su tutta l'area interessata insista già un vincolo di natura archeologica fa certamente aumentare l'attenzione in tal senso. Tuttavia, le limitate estensioni delle necropoli del medesimo periodo già scavate in altri contesti dell'areale alto-vicentino, come già detto, possono attenuare in qualche modo la soglia di rischio, concentrando lo stesso nelle vicinanze dei succitati rinvenimenti. Per la lottizzazione in esame, data l'effettiva consistenza del progetto che comporterà un sicuro impatto dal punto di vista delle escavazioni (ad es. per i sottoservizi), la ricerca bibliografica e d'archivio, legata ad un'analisi spaziale dei siti [Tav.2], ha determinato un rischio archeologico medio-alto per la zona interessata dal progetto che, come già menzionato, si trova in un contesto di antropizzazione antica. Bisogna specificare, in ogni caso, che non tutta l'area sembra coinvolta da tale livello di rischio, ma solamente quella a ridosso di via Bassano, limitando l'attenzione maggiore alle immediate vicinanze della necropoli.

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L'analisi spaziale, definita attraverso piattaforma GIS, è stata costruita posizionando in carta (CTR del Veneto 1:5000) sottoforma di shape file puntuali, i rinvenimenti principali lungo via Bassano, costituiti essenzialmente dal sepolcreto con le relative sepolture. Una volta inseriti i dati noti nella tabella degli attributi di ogni record, si è provveduto a creare un buffer di rischio alto a 50 m (colore rosso), medio, a 100 m (colore arancio) e basso a 200 m (quest'ultimo in virtù anche degli interventi di assistenza archeologica con esito negativo già sopra descritti) che hanno determinato una concentrazione di maggiore attenzione limitatamente alla zona a N/E, a ridosso dei lotti che si affacciano su via Bassano [Tav. 2]. Il risultato, come già riportato sopra, e come visibile nella Tavola 2, ha messo in evidenza un'alta probabilità di rinvenimento nell'area di ingresso della lottizzazione che va via via scemando verso i lotti a S/W.

Per NEA archeologia Soc. Coop.

Dott. Riccardo Mantoan

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6. BIBLIOGRAFIA

AA.VV., Carta archeologica del Veneto. Vol. I. Franco Cosimo Panini, Modena, 1988.

AA.VV., Carta archeologica del Veneto. Vol. II. Franco Cosimo Panini, Modena, 1990.

AA.VV. Malo e il suo monte - Storia e vita di due comunità, edito dalle Amministrazioni Comunali di Malo e Monte di Malo 1979

A. Canova, G. Mantese I castelli medioevali del vicentino, Accademia Olimpica di Vicenza, 1979

C.Fumian e A.Ventura (a cura di), Storia del Veneto, Laterza, 2004.

E. Franzina, Vicenza, Storia di una città, Neri Pozza editore, Vicenza, 1980.

Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto, Archivio, Malo, 1980 - 2015.

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