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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TRE Dottorato di Ricerca in Storia e Conservazione dell’Oggetto d’Arte e d’Architettura a/a 2008 Il libro di bottega segnato “A” di Bernardo di Stefano Rosselli (15 giugno 1475 – 3 marzo 1500) Pittura a Firenze nel secondo Quattrocento DOTTORANDA: TUTOR: Margherita Ciampaglia prof. Alessandro Guidotti INDICE Introduzione Capitolo 1: I libri di bottega: lo stato degli studi e le diverse angolazioni di lettura 1.1. Nella Storia dell’Economia 1.2. Nella Storia della Lingua 1.3. Nella Storia dell’Arte 1.4. Conclusioni Capitolo 2: Il contesto storico-economico: l’ordinamento comunale 2.1. Le Arti fiorentine 2.2. Le Arti maggiori 2.3. L’Arte dei Medici e Speziali 2.4. Le matricole Capitolo 3: I Libri di commercio 3.1. Libri di commercio o libri contabili 3.2. Caratteristiche e tipologie 3.3. L’alfabetizzazione di mercanti e artigiani 3.4. La partita doppia 3.5. Gli artefici fiorentini e i loro libri contabili Capitolo 4: Vita in bottega 4.1. Di maestro in discepolo: Le Ricordanze di Neri di Bicci ed il Libro A di Bernardo di Stefano Rosselli 4.2. I rapporti tra maestro e discepoli 4.3. La bottega come luogo fisico 4.4. L’arredamento della bottega 4.5. Le collaborazioni tra artefici e le compagnie di pittori 4.5.1. Marco del Buono: un enigma 4.6. L’approvvigionamento delle materie prime 4.7. Vita privata: vicende familiari di Neri e di Bernardo Capitolo 5: La produzione della bottega di Bernardo: spoglio dei dati 5.1. Conservato e perduto attraverso il Libro A 5.2. Tabella del perduto 5.3. Tabella del conservato 5.4. Tabella dei nomi di persona e dei mestieri 5.5. Tabella dei nomi dei luoghi 5.6. Conclusioni Bibliografia generale (per autore) Appendice documentaria : L’inedito Libro debitori et chreditori segnato ‘A’ di Bernardo di Stefano Rosselli (15 giugno 1475 - 3 marzo 1500) con note critiche INTRODUZIONE Questa ricerca vuole offrire al lettore una ricostruzione, quanto più possibile diretta e dettagliata, della pratica quotidiana dell’operare artistico così come ebbe luogo, nella Firenze della seconda metà del XV secolo, all’interno di una bottega di pittura; nel nostro caso, di due botteghe di pittori, che il caso volle maestro e discepolo: Neri di Bicci (Firenze, 1418/20-1492/93) e Bernardo di Stefano Rosselli (Firenze, 1450-1526). La nostra ricostruzione trae le proprie fondamenta dallo spoglio sistematico dei dati contenuti all’interno di due manoscritti, che vennero redatti rispettivamente da Neri dal 1453 al 1475 e da Bernardo dal 1475 al 1500, e che sono giunti pressochè intatti fino ai nostri giorni. Questi due manoscritti appartengono ad una molto particolare e ben definita tipologia di fonte, quella del libro contabile o libro di bottega ; espressione, quest’ultima, che trasmette ancora più vividamente l’idea del luogo all’interno del quale e per il quale questo tipo di manoscritto fu sostanzialmente creato; per questa ragione, nel corso di queste pagine useremo indistintamente entrambe queste definizioni, intendendole sostanzialmente come veri e propri sinonimi. Il libro di bottega può essere senza alcun dubbio considerato uno degli strumenti più preziosi per la Storia dell’Arte, tanto ambito poiché raro documento materiale, soggetto alla precarietà del tempo ed alle oscure ed incerte dinamiche determinate dal caso nella sua conservazione, forse maggiormente che le opere d’arte di cui esso registra i costi e l’esistenza. Rubando per un attimo le parole a Gertrud Bing, riteniamo doveroso per qualsivoglia tipo di storico tenere bene a mente che “trattando del passato, egli si trova di fronte una realtà tanto ardente e sconcertante per coloro che la vissero, quanto la nostra realtà è per noi. Lo storico non deve considerare alcuna sfera d’esistenza tanto bassa, tanto oscura o tanto effimera da non poter fornire testimonianze. I resti privi di vita che sono l’unico materiale di lavoro dello storico, dovrebbero essere interpretati come residui di reazioni umane, cioè reazioni di uomini e di donne vivi a quella realtà mutevole ed evanescente. (…) Le idee non nascono e non procreano per partenogenesi.” E come le idee, anche i dati oggettivi e reali non nascono e non procreano per partenogenesi: la consapevolezza dell’importanza fondamentale della documentazione d’archivio in generale - e del libro dei conti o di bottega in particolare - nel campo della ricerca storica ed artistica, ci ha permesso di dar voce, attraverso i loro documenti superstiti, a due uomini che, in vita, furono due pittori e che per questo vissero le loro intere e longeve vite all’interno di quel complesso ed articolato microcosmo che fu la bottega artigiana di pittura in piena età rinascimentale. E proprio la bottega artigiana, vero paradigma della vita economica cittadina medievale e rinascimentale, viene posta in primo piano attraverso la viva voce dei proprietari e redattori dei libri contabili, avvezzi a registrarvi le entrate e uscite di somme di denaro, ma anche a descrivervi, a volte solo ‘fra le righe’ ed a volte invece molto dettagliatamente (soprattutto nel caso di Neri di Bicci) i rapporti di lavoro così come quelli umani, rapporti che erano poi pressochè coincidenti, narrando, ognuno a suo modo, le proprie vicende quotidiane, con tutto il vasto corredo di casi ed accidenti che ogni vita umana porta con sé. Per questa ragione il libro di bottega è, prima di tutto, un documento umano estremamente coinvolgente e che si presta, di volta in volta, ad essere osservato da molteplici angolazioni. I libri contabili vennero in massima parte redatti secondo precisi schemi compositivi e canoni linguistici imposti dall’epoca che li vide mezzi privilegiati per il controllo legale diretto, da parte degli organi governativi, su ogni singola attività commerciale; essi tuttavia possiedono quella pur minima variabile soggettiva che rende ogni manoscritto un vero e proprio unicum , e che deve per questo comunque farci rifuggire dall’inserimento all’interno di classificazioni tipologiche ed ideologiche troppo rigide e per questo riduttive. Questo tipo di manoscritto é soprattutto, per noi lettori contemporanei, la testimonianza concreta di quella consuetudine alla scrittura e, conseguentemente, all’estrinsecazione della personalità dell’individuo, che lasciava consapevolmente memoria di sé e del proprio tempo, che ebbe la sua fioritura durante il XV secolo. Consuetudine che ci permette oggi, a distanza di secoli, di impiegare questi documenti per aggiungere tasselli-chiave nel difficile processo di ricostruzione della memoria storica, ed in particolare storico- artistica. Alla luce di un rinato -seppur lento- interesse scientifico, è auspicabile che la messe di libri contabili degli artigiani della Firenze non solo quattrocentesca ma anche cinquecentesca e che ancora a migliaia si conservano in gran parte all’interno dei depositi dell’Archivio di Stato di Firenze, e non solo, uscisse dal silenzio per essere scandagliata soprattutto dagli storici dell’arte. Ogni manoscritto è in grado di comunicarci una serie ricchissima di notizie di prima mano, attraverso la voce stessa del suo proprietario-redattore, restituendocene un’immagine viva e mobile, immerso nel proprio habitat quotidiano -la sua bottega-, nelle sue giornate lavorative, con i suoi ritmi, i suoi doveri, attraverso i piccoli e grandi accadimenti che lo videro protagonista insieme alla sua città, durante le tappe fondamentali del suo cammino esistenziale, con la freschezza della lingua mercantesca fiorentina parlata, ancora oggi per noi fluida e pienamente godibile, spesso accattivante anche per un lettore contemporaneo non strettamente ‘addetto ai lavori’. Il mondo della bottega è complesso e affascinante, soggetto a specifiche dinamiche interne e strutturato, fin dall’alba della società capitalistica moderna, come un vero e proprio organismo polifunzionale, capace di rispondere, attraverso i canali più vari e specialistici, ad una vasta domanda di manufatti, estremamente differenziati. Possiamo considerare l’ampiezza della domanda di beni voluttuari, diffusa in tutti gli strati della popolazione, che si manifestò a Firenze durante la metà del XV secolo e che toccò il suo apice nel secolo successivo, come l’espressione più tangibile e diretta di quel complesso fenomeno, di portata europea, che fu la nascita della cultura materiale, che fece la sua comparsa in Italia, e specificamente proprio a Firenze, durante il momento storico che qui definiremo, per comodità, con il termine convenzionale di Rinascimento . Le botteghe artigiane fiorentine, quelle di pittura così come quelle di scultura, di oreficeria, di tessitura, etc., contribuirono a diffondere su vasta scala, non solo cittadina, fino ad espandersi su scala europea, il binomio di domanda-offerta, incrementando nel pubblico coevo il desiderio di possesso, nei più diversi strati della popolazione. Dall’esponente di una ricca e potente famiglia aristocratica al piccolo artigiano, si manifestava l’esigenza e la disponibilità all’acquisto di manufatti che oggi, secondo i nostri criteri culturali, non esitiamo a definire artistici , siano essi un colmo da camera, un desco da parto, un broccato finemente lavorato, un pendente da collo o un cassone dipinto. Più estesamente, possiamo affermare che proprio questo desiderio di possesso diede origine di fatto a quella che oggi definiamo la moderna cultura del consumo, intesa nell’accezione, molto contemporanea, del desiderio di spendere per possedere un determinato oggetto, la cui ‘necessità’ andava oltre la mera funzione, essendo in grado di appagare l’acquirente sotto molteplici aspetti: devozione religiosa, valenza estetica e culturale, dimostrazione dello status sociale. Per molti aspetti la società della Firenze del XV secolo, nell’acquisto e fruizione di beni voluttuari, presenta connotazioni molto simili a quelli della società odierna. Questa nuova storia sociale dell’arte si dimostra più che mai attuale e di vasto interesse, poiché molto vicina alla nostra sensibilità di contemporanei. Il primo capitolo è una necessaria disamina iniziale della struttura dell’amministrazione corporativa della Firenze quattrocentesca di cui il Libro di commercio è una diretta emanazione.