8798 An.So. 09 Van Wonterghem

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8798 An.So. 09 Van Wonterghem IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI* Il poeta sulmonese Ovidio fu il primo a vantare in molti dei suoi versi la ricchezza di acque della sua terra natale1. Uno sguardo alla carta delle sorgenti dell’ Abruzzo2 dimostra che le asserzioni di Ovidio, e di molti altri autori dopo di lui, non sono per nulla esagerate. La ricchezza idrica del territorio peligno ha senz’ altro avuto ripercusioni in molti aspetti della vita dei suoi abitanti, innanzi tutto nella vita religiosa, come nella scelta di luoghi di culto3. Infatti, sia nella vallata centrale che nelle valli laterali, in prossimità di molte sorgenti sorsero santuari più o meno grandi: Castelvecchio Subequo, Secinaro, Molina Aterno, Corfinio, Popoli, Sulmona, Cocullo, Scanno4. Eccetto uno, tutti questi santuari erano dedicati ad Ercole, noto protettore delle sorgenti, soprattutto di quelle salutifere; Ercole aveva un successo particolare in tutta la regio IV, e questo a partire dal VI-V secolo a. C5. L’unico santuario fontile di tutto il territorio peligno a non aver restituito alcuna testimonianza ercu- lea è quello di Popoli, a nord di Corfinium, presso la sorgente Capo Pescara6. Se tutto il territorio dei Peligni merita l’epiteto di aquosus, ciò risulta particolarmente appropriato per la zona intorno a Popoli7. Particolar- mente copiosa è proprio la sorgente Capo Pescara, che ha una tale por- tata che dal Medioevo in poi ha dato il suo nome all’ ultimo tratto del fiume che prima si chiamava Aternus. Nella stessa zona, troviamo altri * Ringrazio vivamente della loro collaborazione gli amici Ezio Mattiocco e Franco Musarra. La ricerca è stata eseguita con il contributo del «Center for Interdisciplinary Archaeology» (IUAP/PIA 28). 1 Ovid., Amores II 1.1; II 16 (passim); III 15.11; Fasti IV 685-686; Tristia IV 10.3. 2 Ministero dei Lavori Pubblici, Le sorgenti Italiane. Elenco e descrizione, vol. IX. Abruzzo. Sezione idrografica di Pescara, Roma 1964, p. 157 ss. e carta allegata. 3 I.E.M. EDLUND, The Gods and the Place, Stockholm 1987, p. 54 ss. 4 Cf. F. VAN WONTERGHEM, Superaequum, Corfinium, Sulmo (Forma Italiae, Reg. IV 1), Firenze 1984, nn. 1.5, 14, 20, 51, 102, 140, 231.3b, 246.2, 248.2; E. MATTIOCCO – F. VAN WONTERGHEM, La fortuna di Ercole tra i Peligni, in Dalla villa di Ovidio al santua- rio di Ercole (ed. E. MATTIOCCO), Sulmona 1989, p. 47 ss. 5 J. BAYET, Les origines de l’Hercule romain, Paris 1926, p. 374 ss.; F. MUTHMANN, Mutter und Quelle, Basel 1975, p. 37 e nota 47; G. MOITRIEUX, Hercules salutaris, Nancy 1992, p. 122 ss.; F. VAN WONTERGHEM, Il culto di Ercole fra i popoli osco-sabellici, in Héraclès: d’une rive à l’autre de la Méditerranée (edd. C. BONNET – C. JOURDAIN-ANNE- QUIN), Bruxelles–Roma 1992, p. 319 ss. 6 Forma Italiae (not. 4), p. 205-207, n. 102. 178 F. VAN WONTERGHEM affluenti dell’ Aterno/Pescara, il Giardino e il S. Callisto, meno impor- tani ma pur sempre ricchi d’acqua, nonchè numerose sorgenti tra le quali alcune si distinguono per il carattere solfureo. La sorgente Capo Pescara comporta varie polle, che sgorgano ai piedi del colle omonimo, e insieme, prima di immettersi in un canale naturale che le convoglia al fiume, formano un piccolo lago (fig. 1)8. Ad ovest della polla più meridionale il fianco del Colle Capo Pescara presenta un piccolo rialzo, una decina di metri al di sopra delle sorgenti (fig. 2). Su questo terrazzamento furono riportati alla luce, in varie riprese, i resti di un santuario antico, costituito da diversi nuclei di costruzioni (fig. 3). La terrazza è tenuta da alcuni massi rocciosi ma in antico questi erano indubbiamente completati da muri di terrazzamento ora scomparsi, pro- babilmente a causa di frane o cedimenti di terreno. Questo causò la disgregazione della terrazza e la distruzione della parte orientale del complesso cultuale. Ad ovest una parte del complesso risulta probabil- mente ancora coperta dalla terra franata dal colle. Così la pianta finora ricostruibile risulta ancora estremamente frammentaria (fig. 4). Fra il 1966 e il 1971 furono riportati alla luce i resti di due costruzioni distinte, ora di nuovo ricoperti, che presentavano lo stesso allineamento nord-sud. Del primo edificio (A) venne sgomberato un ambiente quasi quadrato di m 6,40 per 6,65. Dei muri, spessi m 0,45–0,50, rimane per lo più uno zoccolo formato di uno o due filari di blocchi di calcare sboz- zati di diversa grandezza (lunghi fino a più di 1 metro). Più in alto i muri erano probabilmente fatti di mattoni crudi come il sacello del tempio di Ercole di Sulmona9. All’ interno questi muri sono ricoperti da tegole, sulle quali venne applicato un doppio strato di malta. L’ingresso si tro- vava probabilmente sul lato meridionale le cui strutture murarie presen- tano un’ interruzione di alcuni metri. Il pavimento in battuto ha nel mezzo un campo ornato da un reticolato di losanghe in tessere nere su fondo bianco. Simili pavimenti, in tessere bianche su fondo rosso o in tessere nere su fondo bianco, s’incontrano spesso dal III al I secolo a.C.10 e sono probabilmente identificabili con i pavimenta scutulata menzionati da Plinio11. 7 Le sorgenti italiane (not. 2), p. 178-184. 8 Ibid., p. 179-180. 9 Forma Italiae (not. 4), p. 246. Cf. Plinio, Nat. Hist. XXX 63: crudis laterculis. 10 M.L. MORRICONE MATINI, Pavimenti di signino repubblicani di Roma e dintorni (Mosaici antichi in Italia), Roma 1971, pp. 24 ss. e 30 n. 8. 11 Plin., Nat. Hist. XXXVI 185; M. DONDERER, Die antiken Pavimenttypen und ihre Benennungen, JDAI 102 (1987), p. 373. IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI 179 Fig. 1 — Popoli: localizzazione del santuario (▲) presso le sorgenti del fiume Pescara (in base ad una carta topografica della S.C.A.ME.). 180 F. VAN WONTERGHEM Fig. 2 — Popoli, Capo Pescara: veduta generale delle sorgenti del fiume e del luogo ove sorgeva il santuario. Fig. 3 — Popoli, Capo Pescara: resti del santuario (1971). IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI 181 Fig. 4 — Popoli, Capo Pescara: pianta dei resti del santuario (1971). 182 F. VAN WONTERGHEM Il proseguimento verso est del muro settentrionale dell’ ambiente A sembra indicare che almeno in questa direzione era affiancato da un altro ambiente, quasi interamente scomparso. A m 3,5 a nord di questo primo nucleo di ambienti furono trovati i resti di un’ altra costruzione (B) della quale rimangono soltanto quelli della facciata con la soglia dell’ ingresso, rivolto verso ovest, e di una parte dei muri laterali e di un muro interno. I muri, spessi m 0,45, sono in opera cementizia con paramenti in opera incerta; gli spigoli e gli stipiti di porta sono rifiniti molto accura- tamente in opera quadrata. È difficile ricostruire l’estensione originaria del complesso. Probabil- mente gli edifici erano disposti su una terrazza allungata, larga m 15-20 e lunga m 50-60, paragonabile alla prima fase del santuario di Ercole Curino12. Non è impossibile che una parte del santuario si estendesse anche ad un livello inferiore, vicino alle sorgenti stesse. I saggi eseguiti in varie occasioni (in particolare nel 1966 e nel 1971) portarono alla luce un materiale molto vario13. Tra le macerie dell’ ambiente A furono trovati un frammento di colonnina ed alcune basi modanate in pietra. Ad ovest dello stesso ambiente vennero scoperti molti frammenti fittili provenienti da statue votive. Di questi soltanto pochi sono identificabili o ricomponibili: una testa femminile, fram- menti di statue drapeggiate e frammenti di statue virili nude, originaria- mente alte più di un metro (fig. 5). Inoltre vengono segnalati come pro- venienti da scavi a Capo Pescara della ceramica a vernice nera del III-II secolo a.C., un fornello di terracotta (alt. cm 15,5), lucerne del I-II secolo d.C. e un serpentello votivo in bronzo (lungh. cm 18) (fig. 10). Se il carattere votivo di molti dei reperti non lascia dubbi sulla desti- nazione sacrale del complesso in esame, l’identificazione del culto non risulta altrettanto evidente. Sono completamente assenti documenti epi- grafici o rappresentazioni di divinità direttamente identificabili. Il mate- riale votivo è per lo più assai generico ad eccezione, però, del già men- zionato serpente votivo in bronzo. A prima vista questo potrebbe far pensare a un culto delle serpi ed essere messo in rapporto con Angitia, divinità dei Marsi e non sconosciuta tra i Peligni14. Ma è anche possibile, e forse più probabile, che il serpente votivo rimandi al culto di Ascle- pio/Esculapio. Infatti, in questo culto il serpente occupa una posizione di 12 Forma Italiae (not. 4), p. 240 ss., n. 140. 13 Archivio Sopr. Arch. Abruzzo, Chieti (PE 33 I.D. 1). 14 Cf. Forma Italiae (not. 4), p. 294 (con bibl.). IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI 183 Fig. 5 — Popoli, Capo Pescara: Fig. 6 statua votiva frammentaria. Fig. 6-8 — Corfinio, museo: terrecotte votive della donazione De Petris. Fig. 7 Fig. 8 184 F. VAN WONTERGHEM rilievo e serpenti votivi in bronzo sono presenti anche in Asklepieia, come p.e. a Pergamo15. Questo primo indizio può essere confortato da altri che permettono di individuare anche a Popoli un luogo di culto dedicato ad Asclepio/Esculapio. Secondo i consigli di Vitruvio, la terrazza sovrastante le sorgenti del Pescara si prestava indubbiamente ad ospitare un luogo di culto salutare come quello di Esculapio: «Il decoro naturale si avrà, se si sceglieranno regioni saluberrime e fonti di acqua idonee in quei luoghi ove il tempio si costruirà, spe- cialmente se si tratti di Esculapio e di Salus, e degli altri dei per le cui medicine molti malati sembrano essere curati; infatti, quando il corpo infermo vien trasportato da un luogo malsano in uno salubre e vengon sommistrate acque salubri, più presto guariranno; così accadrà che dalla natura del luogo consegua lode e dignità maggiori la divinità stessa»16 Oltre alle caratteristiche ambientali, anche nei dintorni sono ravvisabili ulteriori indizi che, senza essere probanti, rendono però sempre più verosimile l’identificazione proposta.
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