IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI*

Il poeta sulmonese Ovidio fu il primo a vantare in molti dei suoi versi la ricchezza di acque della sua terra natale1. Uno sguardo alla carta delle sorgenti dell’ Abruzzo2 dimostra che le asserzioni di Ovidio, e di molti altri autori dopo di lui, non sono per nulla esagerate. La ricchezza idrica del territorio peligno ha senz’ altro avuto ripercusioni in molti aspetti della vita dei suoi abitanti, innanzi tutto nella vita religiosa, come nella scelta di luoghi di culto3. Infatti, sia nella vallata centrale che nelle valli laterali, in prossimità di molte sorgenti sorsero santuari più o meno grandi: , , , , Popoli, , , Scanno4. Eccetto uno, tutti questi santuari erano dedicati ad Ercole, noto protettore delle sorgenti, soprattutto di quelle salutifere; Ercole aveva un successo particolare in tutta la regio IV, e questo a partire dal VI-V secolo a. C5. L’unico santuario fontile di tutto il territorio peligno a non aver restituito alcuna testimonianza ercu- lea è quello di Popoli, a nord di , presso la sorgente Capo Pescara6. Se tutto il territorio dei Peligni merita l’epiteto di aquosus, ciò risulta particolarmente appropriato per la zona intorno a Popoli7. Particolar- mente copiosa è proprio la sorgente Capo Pescara, che ha una tale por- tata che dal Medioevo in poi ha dato il suo nome all’ ultimo tratto del fiume che prima si chiamava Aternus. Nella stessa zona, troviamo altri

* Ringrazio vivamente della loro collaborazione gli amici Ezio Mattiocco e Franco Musarra. La ricerca è stata eseguita con il contributo del «Center for Interdisciplinary Archaeology» (IUAP/PIA 28). 1 ., Amores II 1.1; II 16 (passim); III 15.11; Fasti IV 685-686; Tristia IV 10.3. 2 Ministero dei Lavori Pubblici, Le sorgenti Italiane. Elenco e descrizione, vol. IX. . Sezione idrografica di Pescara, Roma 1964, p. 157 ss. e carta allegata. 3 I.E.M. EDLUND, The Gods and the Place, Stockholm 1987, p. 54 ss. 4 Cf. F. VAN WONTERGHEM, Superaequum, Corfinium, Sulmo (Forma Italiae, Reg. IV 1), Firenze 1984, nn. 1.5, 14, 20, 51, 102, 140, 231.3b, 246.2, 248.2; E. MATTIOCCO – F. VAN WONTERGHEM, La fortuna di Ercole tra i Peligni, in Dalla villa di Ovidio al santua- rio di Ercole (ed. E. MATTIOCCO), Sulmona 1989, p. 47 ss. 5 J. BAYET, Les origines de l’Hercule romain, Paris 1926, p. 374 ss.; F. MUTHMANN, Mutter und Quelle, Basel 1975, p. 37 e nota 47; G. MOITRIEUX, Hercules salutaris, Nancy 1992, p. 122 ss.; F. VAN WONTERGHEM, Il culto di Ercole fra i popoli osco-sabellici, in Héraclès: d’une rive à l’autre de la Méditerranée (edd. C. BONNET – C. JOURDAIN-ANNE- QUIN), Bruxelles–Roma 1992, p. 319 ss. 6 Forma Italiae (not. 4), p. 205-207, n. 102. 178 F. VAN WONTERGHEM affluenti dell’ Aterno/Pescara, il Giardino e il S. Callisto, meno impor- tani ma pur sempre ricchi d’acqua, nonchè numerose sorgenti tra le quali alcune si distinguono per il carattere solfureo. La sorgente Capo Pescara comporta varie polle, che sgorgano ai piedi del colle omonimo, e insieme, prima di immettersi in un canale naturale che le convoglia al fiume, formano un piccolo lago (fig. 1)8. Ad ovest della polla più meridionale il fianco del Colle Capo Pescara presenta un piccolo rialzo, una decina di metri al di sopra delle sorgenti (fig. 2). Su questo terrazzamento furono riportati alla luce, in varie riprese, i resti di un santuario antico, costituito da diversi nuclei di costruzioni (fig. 3). La terrazza è tenuta da alcuni massi rocciosi ma in antico questi erano indubbiamente completati da muri di terrazzamento ora scomparsi, pro- babilmente a causa di frane o cedimenti di terreno. Questo causò la disgregazione della terrazza e la distruzione della parte orientale del complesso cultuale. Ad ovest una parte del complesso risulta probabil- mente ancora coperta dalla terra franata dal colle. Così la pianta finora ricostruibile risulta ancora estremamente frammentaria (fig. 4). Fra il 1966 e il 1971 furono riportati alla luce i resti di due costruzioni distinte, ora di nuovo ricoperti, che presentavano lo stesso allineamento nord-sud. Del primo edificio (A) venne sgomberato un ambiente quasi quadrato di m 6,40 per 6,65. Dei muri, spessi m 0,45–0,50, rimane per lo più uno zoccolo formato di uno o due filari di blocchi di calcare sboz- zati di diversa grandezza (lunghi fino a più di 1 metro). Più in alto i muri erano probabilmente fatti di mattoni crudi come il sacello del tempio di Ercole di Sulmona9. All’ interno questi muri sono ricoperti da tegole, sulle quali venne applicato un doppio strato di malta. L’ingresso si tro- vava probabilmente sul lato meridionale le cui strutture murarie presen- tano un’ interruzione di alcuni metri. Il pavimento in battuto ha nel mezzo un campo ornato da un reticolato di losanghe in tessere nere su fondo bianco. Simili pavimenti, in tessere bianche su fondo rosso o in tessere nere su fondo bianco, s’incontrano spesso dal III al I secolo a.C.10 e sono probabilmente identificabili con i pavimenta scutulata menzionati da Plinio11.

7 Le sorgenti italiane (not. 2), p. 178-184. 8 Ibid., p. 179-180. 9 Forma Italiae (not. 4), p. 246. Cf. Plinio, Nat. Hist. XXX 63: crudis laterculis. 10 M.L. MORRICONE MATINI, Pavimenti di signino repubblicani di Roma e dintorni (Mosaici antichi in Italia), Roma 1971, pp. 24 ss. e 30 n. 8. 11 Plin., Nat. Hist. XXXVI 185; M. DONDERER, Die antiken Pavimenttypen und ihre Benennungen, JDAI 102 (1987), p. 373. IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI 179

Fig. 1 — Popoli: localizzazione del santuario (▲) presso le sorgenti del fiume Pescara (in base ad una carta topografica della S.C.A.ME.). 180 F. VAN WONTERGHEM

Fig. 2 — Popoli, Capo Pescara: veduta generale delle sorgenti del fiume e del luogo ove sorgeva il santuario.

Fig. 3 — Popoli, Capo Pescara: resti del santuario (1971). IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI 181

Fig. 4 — Popoli, Capo Pescara: pianta dei resti del santuario (1971). 182 F. VAN WONTERGHEM

Il proseguimento verso est del muro settentrionale dell’ ambiente A sembra indicare che almeno in questa direzione era affiancato da un altro ambiente, quasi interamente scomparso. A m 3,5 a nord di questo primo nucleo di ambienti furono trovati i resti di un’ altra costruzione (B) della quale rimangono soltanto quelli della facciata con la soglia dell’ ingresso, rivolto verso ovest, e di una parte dei muri laterali e di un muro interno. I muri, spessi m 0,45, sono in opera cementizia con paramenti in opera incerta; gli spigoli e gli stipiti di porta sono rifiniti molto accura- tamente in opera quadrata. È difficile ricostruire l’estensione originaria del complesso. Probabil- mente gli edifici erano disposti su una terrazza allungata, larga m 15-20 e lunga m 50-60, paragonabile alla prima fase del santuario di Ercole Curino12. Non è impossibile che una parte del santuario si estendesse anche ad un livello inferiore, vicino alle sorgenti stesse. I saggi eseguiti in varie occasioni (in particolare nel 1966 e nel 1971) portarono alla luce un materiale molto vario13. Tra le macerie dell’ ambiente A furono trovati un frammento di colonnina ed alcune basi modanate in pietra. Ad ovest dello stesso ambiente vennero scoperti molti frammenti fittili provenienti da statue votive. Di questi soltanto pochi sono identificabili o ricomponibili: una testa femminile, fram- menti di statue drapeggiate e frammenti di statue virili nude, originaria- mente alte più di un metro (fig. 5). Inoltre vengono segnalati come pro- venienti da scavi a Capo Pescara della ceramica a vernice nera del III-II secolo a.C., un fornello di terracotta (alt. cm 15,5), lucerne del I-II secolo d.C. e un serpentello votivo in bronzo (lungh. cm 18) (fig. 10). Se il carattere votivo di molti dei reperti non lascia dubbi desti- nazione sacrale del complesso in esame, l’identificazione del culto non risulta altrettanto evidente. Sono completamente assenti documenti epi- grafici o rappresentazioni di divinità direttamente identificabili. Il mate- riale votivo è per lo più assai generico ad eccezione, però, del già men- zionato serpente votivo in bronzo. A prima vista questo potrebbe far pensare a un culto delle serpi ed essere messo in rapporto con Angitia, divinità dei Marsi e non sconosciuta tra i Peligni14. Ma è anche possibile, e forse più probabile, che il serpente votivo rimandi al culto di Ascle- pio/Esculapio. Infatti, in questo culto il serpente occupa una posizione di

12 Forma Italiae (not. 4), p. 240 ss., n. 140. 13 Archivio Sopr. Arch. Abruzzo, Chieti (PE 33 I.D. 1). 14 Cf. Forma Italiae (not. 4), p. 294 (con bibl.). IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI 183

Fig. 5 — Popoli, Capo Pescara: Fig. 6 statua votiva frammentaria.

Fig. 6-8 — Corfinio, museo: terrecotte votive della donazione De Petris.

Fig. 7 Fig. 8 184 F. VAN WONTERGHEM rilievo e serpenti votivi in bronzo sono presenti anche in Asklepieia, come p.e. a Pergamo15. Questo primo indizio può essere confortato da altri che permettono di individuare anche a Popoli un luogo di culto dedicato ad Asclepio/Esculapio. Secondo i consigli di Vitruvio, la terrazza sovrastante le sorgenti del Pescara si prestava indubbiamente ad ospitare un luogo di culto salutare come quello di Esculapio: «Il decoro naturale si avrà, se si sceglieranno regioni saluberrime e fonti di acqua idonee in quei luoghi ove il tempio si costruirà, spe- cialmente se si tratti di Esculapio e di Salus, e degli altri dei per le cui medicine molti malati sembrano essere curati; infatti, quando il corpo infermo vien trasportato da un luogo malsano in uno salubre e vengon sommistrate acque salubri, più presto guariranno; così accadrà che dalla natura del luogo consegua lode e dignità maggiori la divinità stessa»16 Oltre alle caratteristiche ambientali, anche nei dintorni sono ravvisabili ulteriori indizi che, senza essere probanti, rendono però sempre più verosimile l’identificazione proposta. Nell’ abitato di Popoli, sopra un portale nel cortile del Palazzo Cantelmo, è murata una testa virile in marmo di grandezza maggiore del naturale (altezza conservata cm 50 ca) (fig. 9). L’esecuzione è assai buona e per i ricci dei capelli e della barba è stato fatto largo uso del trapano. La posizione attuale non permette di accertarsi della presenza di qualche copricapo tipico (p.e. diadema o polos), ma una delle possibili identificazioni di questa testa barbuta — oltre a Giove, Poseidone o Serapide17 — è precisamente Asclepio o Esculapio18. Se la divinità era rappresentata in posizione eretta, la statua poteva raggiungere un’ altezza di m 2,60–2,70 ca. Un elemento caratteristico degli Asklepieia, tanto in Grecia che in Ita- lia, è il costume di dedicare non solo statue o statuine ma soprattutto ex

15 A. WALTON, The Cult of Asklepios, New York 1894, p. 13 ss., 65, 91; L. BODSON, Les Grecs et leurs serpents, AC 50 (1981), p. 57-78, part. p. 61 n. 12 e tav. I, fig. 2. 16 Vitr., De arch. I 2.7; traduzione: S. FERRI, Vitruvio, Architettura (dai libri I-VII), Roma 1960, p. 61. 17 Nessuno di questi è finora attestato a Corfinio: v. la lista di divinità in M. BUONO- CORE, Apollo nella dedica di un veterano abruzzese della settima coorte pretoria, RPAA 62 (1989-90), p. 218-229. La mancanza di testimonianze di Giove può essere soltanto casuale, vista la larga diffusione, anche fra i Peligni. Culti orientali, con i quali andrebbe bene Serapide, erano ben rappresentati a Corfinio. Alle dediche a divinità egizie e orien- tali potrebbe forse essere aggiunto un complesso attualmente in corso di scavo presso S. Giacomo (1994). 18 Cf. B. HOLTZMAN, Asklepios, in L.I.M.C., p. 865 ss. IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI 185

Fig. 9 — Popoli, Palazzo Cantelmo: testa virile marmorea (Asclepio?).

Fig. 10 — Popoli, Capo Pescara: serpente votivo in bronzo (foto Sopr. Arch. Abruzzo). 186 F. VAN WONTERGHEM voto anatomici: teste, maschere, braccia, mani, gambe, piedi e genitali19. A Capo Pescara sono segnalate finora soltanto statue fittili e una testa (v. sopra). Però, nella raccolta archeologica corfiniese sono presenti anche ex voto anatomici, teste femminili, maschere, mani, piedi e genitali maschili, di cui purtroppo la provenienza precisa rimane sconosciuta, ma non è improbabile che provengano da Popoli. Alcuni di questi ex voto anatomici (figg. 6-8) furono donati nel 1886 dal Conte L. De Petris al museo appena costituito, insieme a statuine fittili di animali, un fram- mento di antepagmentum in terracotta (con testa di Acheloo?) e altro materiale in marmo, osso e ferro20. Un’ altra usanza tipica degli Asklepieia, in Grecia e in Italia, era il rito dell’ incubatio21. Il pernottamento di infermi e pelegrini nel santuario, per conoscere nel sogno i rimedi per ottenere la guarigione, sopravvisse anche dopo l’Antichità, e questo soprattutto in Abruzzo e più particolar- mente nella Conca Peligna. Nella parte settentrionale della valle, in terri- torio corfiniese, l’incubatio è attestata non lontano da Popoli, tra e , nei santuari di S. Maria Ottaviani (o de Contra) e di S. Venan- zio, nonchè in quello della Madonna della Libera a Pratola Peligna22. Forse non direttamente collegabile con il probabile santuario di Escu- lapio, ma comunque sempre nella sfera ‘medica’, va menzionata ancora l’iscrizione funeraria corfiniese di un Epictetio ‘medi(cus)’23. Le testimonianze del culto di Asclepio/Esculapio in Italia centrale sono molto scarse, soprattutto per il periodo repubblicano24. A Roma il culto sembra essere stato introdotto agli inizi del III secolo a.C.25 Fuori Roma è nota dalla tradizione letteraria l’esistenza di un santuario di Esculapio ad Anzio26, mentre un altro fu ritrovato a

19 A. COMELLA, Riflessi del culto di Asclepio sulla religiosità popolare etrusco-laziale e campana di epoca medio- e tardo-repubblicana, AFLPer 20, N.S. 6 (1982-1983), p. 215 ss; F. COARELLI e.a., Fregellae. 2. Il santuario di Esculapio, Roma 1986, p. 89 ss. 20 Archivio Centrale dello Stato, Min. Pubbl. Istr., Dir. Gen. AA.& BB.AA., 2° vers., busta 15 (Pentima): lettera di A. De Nino a G. Fiorelli del 30-8-1886. 21 A. COMELLA, art. cit. (not. 19), p. 244. 22 G. PANSA, Miti, leggende e superstizioni dell’ Abruzzo, Sulmona 1924, p. 112-117; C. ALICANDRI CIUFELLI, Incubatio nella , in Atti del VII Congresso Naz. delle tradizioni popolari (Chieti, sett. 1957), Firenze 1959, p. 263-266. 23 M. BUONOCORE, Corfinium, in Supplementa Italica, N.S. 3, Roma 1987, p. 157, n. 19 (con bibl.). 24 A. COMELLA, op.cit. (not. 19), p. 229 ss. 25 D. DEGRASSI, Il Culto di Esculapio in Italia centrale durante il periodo repubbli- cano, in F. COARELLI e.a., op. cit. (not. 19), p. 145 ss. 26 Ibid., p. 149 ss. IL CULTO DI ESCULAPIO FRA I PELIGNI 187

Fregellae27. Qui il santuario portato alla luce risale al II secolo, ma in base al materiale votivo il culto a carattere salutare vi giunge fino al pieno III secolo a.C.28 Finora gli elementi che si riferiscono ad Esculapio, venuti alla luce a Popoli, sono ancora molto scarsi e potrebbe anche benissimo trattarsi di atti di devozione isolati verso il dio della medicina in un santuario dedi- cato a una divinità locale con qualità guaritrici, legata alle sorgenti del Pescara. Talvolta Asclepio/Esculapio è anche associato ad Eracle/Ercole, finora non attestato presso le sorgenti del Pescara ma altrimenti onnipre- sente nel territorio peligno29. Se si tratta veramente di un culto di Escu- lapio, si possono congetturare diversi modi di arrivo. Il santuario di Popoli e il materiale votivo ivi ritrovato o riferibile ad esso sono molto simili alla situazione e al materiale dei santuari nella Valle del Liri30, e non è impossibile che il culto di Esculapio sia giunto nel territorio di Corfinium da Fregellae attraverso la Valle del Liri31. Però, considerato il legame innegabile tra la transumanza e la diffusione di culti e pratiche religiose32, potrebbe essere altrettanto ipotizzabile che il culto di Ascle- pio/Esculapio raggiunse la Valle Peligna dalla Puglia settentrionale dove esisteva un’ antica tradizione di un culto salutare di Podalirio, figlio di Asclepio, che nel Gargano veniva invocato in modo particolare dai pastori33. Infine non deve esser escluso un arrivo diretto dalla Grecia.

27 Si veda F. COARELLI e.a., op. cit. (not. 19); F. COARELLI, I santuari del Lazio in età repubblicana, Roma 1987, p. 23-33. 28 D. DEGRASSI, op. cit. (not. 25), p. 151. 29 V. sopra note 4 & 5. Particolarmente significativo a questo riguardo è il santuario, manifestamente dedicato ad Ercole, che la Soprintendenza Archeologica dell’ Abruzzo (Dott.ssa A. Campanelli) sta portando alla luce ad est di Corfinio presso la Fonte S. Ippo- lito, delle cui acque vengono tuttora vantate le virtù salutari (cf. Forma Italiae [not. 4], p. 178, n. 51). 30 Se veda M. RIZZELLO, I santuari della media Valle del Liri IV-I sec. a.C., Sora 1980, passim, e anche A.M. REGGIANI MASSARINI, Santuari degli Equicoli a Corvaro, Roma 1988, p. 63 ss. 31 La colonia latina di Fregellae non era sconosciuta ai Peligni. Livio (XLI 8.8) ci racconta che prima del 177 a.C. 4000 famiglie peligne e sannite emigrarono verso Fregellae. Ma a Roma fu decretato il loro ritorno, in conseguenza di una querela mossa dalla popolazione rimasta in patria (XLI 9.9). La presenza di Peligni a Fregellae risulta anche epigraficamente documentata. Ct. F. COARELLI, I culti sannitici nel Lazio meridio- nale, in Comunità indigene e problemi della romanizzazione nell’ Italia centro-meridio- nale (IV°–III° sec. av.C.) (Actes coll. Acad. Belg. 1990), Brussel–Roma 1991, p. 179 ss., 189 ss. 32 A.M. REGGIANI MASSARINI, op. cit. (not. 29), p. 66 ss.; E. MATTIOCCO – F. VAN WONTERGHEM, op. cit. (not. 4), p. 48 ss.; F. VAN WONTERGHEM, op. cit. (not. 5), p. 321 ss. 33 A. COMELLA, op. cit. (not. 19), p. 232. 188 F. VAN WONTERGHEM

Infatti fra i negotiatores italici in oriente nel II e I secolo risultano pre- senti anche personaggi peligni34. Dal materiale archeologico rinvenuto si può dedurre che la frequenta- zione del santuario di Capo Pescara sia continuata in età imperiale fino al I-II secolo d.C. (v. sopra). In questo periodo il culto di Esculapio rimane sempre relativamento raro nell’ Italia centrale interna. A nord dei Peligni troviamo attestato il culto di Esculapio nell’ agro amiternino, dove incontriamo anche la dea Salus, generalmente interpretata qui come equivalente di Igea (Hygieia)35. Nell’ alto Medioevo il santuario presso le sorgenti del Pescara è sosti- tuito da una chiesa cristiana, ‘S. Liberatore a Capo Pescara’, ora scom- parsa, segnalata fin dall’ 816, quando fu donata ai monaci dell’ abbazia di S. Vincenzo al Volturno36. Recentemente la zona di Capo Pescara è stata sistemata come riserva naturale. Peccato che non si sia approfittata dell’ occasione per mettere in evidenza in questo parco i resti dell’ antico santuario, tanto legato alla natura del luogo e di un’ importanza non trascurabile.

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34 F. VAN WONTERGHEM, Antiche genti peligne, Sulmona 1975, p. 25-27. 35 CIL IX 4512, da (seconda metà II sec. d.C.), e 4460, da Preturo (I sec. d.C.); cf. S. SEGENNI, Amiternum-Ager Amiterninus, in Supplementa Italica, N.S. 9, Roma 1992, p. 53, 57. Per Salus — Hygieia si veda K. LATTE, Römische Religionsgeschichte, Mün- chen 1960, p. 227 nota 3 e M.A. MARWOOD, The Roman Cult of Salus, Oxford 1988, p. 13-14, 92, 124, 128, 131, 150-151. 36 V. FEDERICI (ed.), Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, Roma, vol. I (1925), p. 229/13 e vol. III (1940), p. 28-30; G. CELIDONIO, La diocesi di Valva e Sul- mona I, Casalbordino 1909, p. 181.