L’ala critica del Concilio Vaticano II

Giuseppe Siri (1906-1989) (1890-1979) Giuseppe Siri nasce a Genova il 20 maggio 1906. Dopo aver frequentato il Seminario diocesano, nel 1926 diventa alunno della Pontificia Università Gregoriana e del Pontificio Seminario Lombardo in Roma. Ordinato prete nel 1928, l’anno seguente consegue la laurea in Sacra Teologia. Rientrato a Genova, diventa cappellano nella parrocchia di S. Zita e presso l’Opera “Giosuè Signori”. Dal 1931 al 1946 insegna teologia e sacra eloquenza nel Seminario di Genova, e religione presso i Licei “D’Oria” e “Mazzini”. In questi anni svolge anche un’intensa attività di conferenziere e predicatore, collabora con l’Azione Cattolica, è vice-assistente della FUCI genovese, docente nella Scuola di Apostolato per la GIAC e relatore alle “Settimane di Camaldoli”. Fra le pubblicazioni di quegli anni i due volumi “La Rivelazione” (1941) e “La Chiesa” (1938) del “Corso di teologia per laici” e lo studio “La ricostruzione della vita sociale” (1944). L’11 marzo 1944 viene eletto da papa Pio XII vescovo ausiliare del card. Pietro Boetto e, dopo la morte di questi nel 1946, diventa arcivescovo di Genova. Inizia subito la sua prima visita pastorale. Nello stesso anno diventa Consulente dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti. Nel 1947 erige il Centro diocesano per gli Studi religiosi “Didascaleion”. Elevato alla porpora cardinalizia nel concistoro del 1953, prende parte al Conclave che elegge Giovanni XXIII, il quale l’anno dopo lo nomina Presidente della C.E.I. Gli incarichi nazionali e all’estero non distolgono Siri dall’attenzione per la sua diocesi. Dal 1953 al 1960 il cardinale compie la 2ª visita pastorale diocesana e nel 1962 inizia la 3ª. Nel 1956 tiene il Sinodo diocesano. Dal 1960 è membro della Commissione preparatoria centrale del Vaticano II. Nel 1962 Giovanni XXIII lo conferma Presidente della CEI. Il nuovo papa Paolo VI lo nomina membro del Consiglio di Presidenza del Concilio. Durante le 4 sessioni del Concilio interviene 11 volte nelle Congregazioni generali. Nel 1965 lascia la presidenza della CEI. Nel 1968 è fra i componenti della Commissione per la revisione del Codice di Diritto Canonico. Negli anni ‘70 compie alcuni viaggi all’estero: Senegal (1973), Polonia (1973), Unione Sovietica (1974), Turchia (1975), Venezuela (1976), Austria e Ungheria (1977). Nel 1978 partecipa ai conclavi che eleggono Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Continua le visite all’estero: Irlanda (1979), Germania Orientale e Cecoslovacchia (1980), Francia (1981 e 1984), Polonia (1985) e Spagna (1986). Nel 1985 accoglie Giovanni Paolo II in visita a Genova. Nel 1987 sono accolte le sue dimissioni. Muore il 2 maggio 1989. Disposizioni dell’animo nell’iniziare il Concilio

«Sono arrivato a Roma stasera alle 16,41. Vengo con poche idee semplici. In questo Concilio temo si sentirà – non in modo venefico – il peso di una abitudine attivistica, la quale fa pensare poco, studiare meno, gettare in una zona oscura i grandi problemi dell’ortodossia e della verità. Il pastoralismo pare una necessità, mentre è, prima che un metodo deteriore, una posizione mentale erronea. In secondo luogo la croce – se così si può dire – verrà come di solito dalle aree francesi-tedesche e rispettivo sottobosco, perché non hanno mai eliminato del tutto la pressione protestantica e la Prammativa Sanzione. Bravissima gente, ma non sanno di essere i portatori di una storia sbagliata. Credo pertanto che la parte degli italiani – dei latini – con quella della debba essere dirimente, sia per colmare dei vuoti, sia per correggere errori di rotta. La calma romana servirà. Mi sono subito recato in ufficio e ho parlato a lungo con mons. Castelli. Egli teme molta pressione contro la Curia. Ho detto: si offra il consulto rato a molti esteri. Quanto al resto si interroghi l’esperienza: è quella che conta, che indica e che convince» (10.10.1962) Il giorno dell’apertura e il discorso del Papa

«Non c’era troppa gente, probabilmente perché con molto zelo avevano fatto molti blocchi stradali. La cerimonia è stata solenne veramente e credo abbia impressionato assai. Entrando in San Pietro mi pareva di dover fare una grande preparazione spirituale, farmi piccolo davanti a Dio, umiliarmi peccatore, essere come un bambino, avere carità per tutti ad onta dello zelo […]. Ho guardato poco e nulla, perché mi pareva essere mio dovere pregare assai […]. Ho capito poco del discorso del Papa: in quel poco ho subito avuto modo di fare grande atto di obbedienza mentale. Credo ci sia stata abbondante disorganizzazione a quel che ho visto e a quello che ho sentito dai miei segretari […]. Taluni non hanno un’idea molto elevata di un concilio ecumenico e questo mi fa pena. Noi non dobbiamo guardare al mondo per offrirgli qualche emozione gradita, ma solo a Nostro Signore. Speriamo che la solenne esposizione del Santo Vangelo fatta durante la cerimonia abbia suggerito appropriati pensieri […]. Questa sera ho analizzato bene il discorso del Papa per poter uniformare il mio modo di pensare a quello del Vicario di Cristo. Di due punti ho timore qualcuno possa usare male. Forse è questo pensiero che mi impedisce di dormire per del tempo» (11.10.1962) Giudizi sulla prima sessione del Concilio

«Il Concilio ha rivelato: -) che si va delineando una conduzione vaga della Chiesa, rappresentata dal gruppo di lingua tedesca e affini o vicini. Ciò aliquatenus organizzato. Ciò è un tentativo parzialissimo e del quale non si può affermare con certezza che qualcuno l’abbia in mente come un piano chiaro e voluto, ma è nei fatti; -) che ci sono rabbie contro la ragione, la teologia e il diritto. Si vede il fine del kerigmatismo, che è spesso quello di eliminare la Tradizione, Ecclesia, ecc. Ciò è più inconscio che conscio, ma è aiutato dalla mancanza di intuizione di coloro che vogliono assolutamente adattare tutto il più possibile ai protestanti, agli ortodossi, ecc.; -) che in moltissimi prevale la letteratura sulla teologia. Molte dissertazioni belle e anche vere appartengono alle considerazioni letterarie sul dogma, non per sé al medesimo; -) che si parla di una Theologia nova e che il concetto di questa, nonché lo scopo, appaiono assai oscuri e forse pericolosi. Il termine Theologia nova è stato coniato da un vescovo belga in Concilio» (07.12.1962) Sui rapporti tra papato ed episcopato

«Questa sessione in cui io per ragioni di salute sto piuttosto ai margini mi pare avere alcune caratteristiche. Anzitutto l’Episcopato italiano non è unito come lo scorso anno: alcuni sono entrati nei punti di vista dei transalpini e non ne fanno mistero. In secondo luogo è abbastanza probabile che in sostanza il Papa aiuti o lasci fare. La iniziativa dei 20 (o 22) cardinali che gli hanno scritto contro la collegialità è stata da lui criticata con il cardinale Traglia […]. Insomma si sente una mano e una volontà che entra a scegliere qualcosa in Concilio. Altra caratteristica è la fretta. Stiamo per finire le votazioni sul punto più controverso in Concilio. Quasi tutti, forse tutti, hanno voglia di tornare a casa: si dice che il Papa voglia ora la fine del concilio e tutto rende più probabile sia proprio così […]. La mano di Dio mi appare evidente, perché il capo III De Ecclesia, nonostante la prevalenza dei transalpini e l’imperio dei loro periti, forse contro voglia di taluni di loro è iuxta veritatem. Dice qua e là, ma, mettendo insieme le parti distaccate diventa corretto ed equilibrato tutto e il primato del Papa è salvo. Quelli che hanno creduto di aver messo dei limiti, hanno un pugno di mosche in mano e questo è accaduto proprio imperando quelle forze che in me e in molti avevano suscitato tante ansietà. Ne concludo: lasciate fare, è Dio che guida. Appare evidente la posizione preminente in campo dottrinale che ha mons. Carlo Colombo presso il Papa. Il prelato è tutto con i transalpini e non ha mai manifestato interesse ad avere contatti con noi. Finora tutto si è aggiustato sufficientemente: credo sarà ancora così» (27.09.1964) «Il giorno 6 [ottobre] sono stato dal Papa. Timori di deragliamento La chiamata di udienza l’ho avuta solo poche ore prima. Il Papa è stato molto buono con me. del Concilio Si è interessato della mia salute e mi ha donato una medaglia. Si è parlato di Genova, gli ho detto del seminario nuovo e delle nuove parrocchie e chiese. Soprattutto si è parlato del Concilio. Ho capito che farà ritoccare gli schemi De Ecclesia, De Revelatione e che non gli piace quello sulla libertà religiosa. Mi ha chiesto se finire. Ho risposto: se possibile subito perché l’aria del Concilio fa male. Ha pienamente annuito. Il Papa è veramente informato e impressionato di quello che succede attorno e fuori del Concilio. Mi ha chiesto che cosa suggerivo. “Un messaggio al clero – ho risposto – ma non intellettualistico, sibbene concreto e in cui si parli di umiltà, di obbedienza soprattutto e cose del genere”. La cosa è piaciuta e forse si farà. Mi confidava che in Francia non pochi sacerdoti non vogliono più obbedire ai propri vescovi» (09.10.1964) Critiche ai periti teologi del Concilio

«La stanca del concilio è sempre più evidente e meglio appare come esso sia in mano alle sottocommissioni e alla fisionomia delle medesime. Ciò è tanto vero che si è sparsa notizia stamane aver il Papa nominata una commissione apposita e averci messo dentro Lefebvre, ecc. Martedì il Papa mi aveva detto chiaro che quello schema non gli andava. E aveva ragione. Ma tutto dipende dagli uomini che sono nelle commissioni e dal quanto siano o meno succubi dei periti. La storia di questo concilio è in parte notevole la storia dei periti perché si è rivelata una grande anemia di conoscenza teologica sia nell’episcopato che nel Sacro Collegio. Padri solenni sono alla mercé di qualche perito, di qualche professorello che essi si sono tirati dietro. Dopo ci sarà da ripulire molto nelle scuole, nei seminari e non solo lì» (12.10.1964) «Mi sto preoccupando di Preoccupazioni per il post-concilio organizzare la ripresa cattolica dopo il Concilio, cercando di creare un fronte, il quale sia molto netto contro i difetti rivelatisi in Concilio e dal Concilio. Dio ha permesso che tutte le rughe venissero fuori: sia lodato! […]. Due punti cardinali nei quali deve orientarsi l’azione sono gli Ordini religiosi e le università, cominciando da quelle romane. Gli Ordini religiosi questa volta hanno risposto sì e no. Migliori di tutti, a mio umile avviso, si sono rivelati i Minori, deboli nel disorientamento dei membri i Gesuiti. Le difficoltà al Concilio sono venute da università e gruppi intellettuali. È su quella linea che bisogna portare la difesa» (20.10.1964) Sulla povertà della Chiesa

«Mi si riferisce che stamane il Papa ha deciso di dare ai poveri la sua tiara, quella donatagli dai milanesi. Mi auguro sinceramente che questo gesto venga ben interpretato dalla pubblica opinione e che non se ne traggano dagli esagerati, conseguenze improprie e demagogiche. Speriamo anche che i milanesi ci rimangano male per avergliela regalata, questa tiara. Ora qualcuno dirà che noi dovremmo regalare qualche nostra mitra! Ma chi la compra, se non un altro vescovo, per mettersela lui! In genere le nostre mitre non hanno perle. Io ne ho una con pietre preziose vere, ma prima di darla penso che potrei dare dell’altro. Se fosse necessario, il cuore attaccato proprio non ce l’ho e posso dare tutto» (13.11.1964) «Il protrarsi del Concilio logora Ancora giudizi sul Concilio qualcosa, non soltanto le finanze della Santa Sede. E temo che quel logorio sia voluto da taluni ambienti. È un errore, forse grave e che potrebbe domandare sacrifici alla Chiesa. Ho detto chiaro che “l’aria di Concilio” doveva finire, perché è aria che ab extrinseco si è avvelenata […]. Taluni girano per Roma e fanno conferenze per ogni dove con una libertà di iniziativa e di tono, che non può non suscitare almeno qualche sorpresa […]. Ormai il Concilio è pubblico e taluni forse non si sottraggono alla tentazione di farsi sentire più fuori che dentro. Si sente la umanità della Chiesa, con il peso grave di questa umanità: il senso della fede fa incrollabilmente credere nel piano divino e nella divina assistenza, sicuri ed efficaci ad onta di tutti i difetti degli uomini. Perché i difetti sono saltati fuori tutti» (13.11.1964) «Ieri è scoppiata la bomba. Il Sulla “nota explicativa praevia” segretario generale nomine Superioris ha annunciato le modifiche apportate al capo III De Ecclesia e spiegate in una Nota, che sarebbe stata distribuita. Tutto a posto! Lo Spirito Santo è entrato in Concilio. Subito è stata maretta negli ultramontani. Essi hanno fatto un’adunanza nel pomeriggio e si temeva una reazione […]. Così il crinale del Concilio è stato passato: il Papa ha puntato i piedi e solo lui poteva farlo. Dio è con la sua Chiesa. Ora si comincia a vedere chiaro e la portata del voto di stamane è da reputarsi storica» (17.11.1964)

«Se la Chiesa non fosse divina questo Concilio l’avrebbe seppellita. Noi abbiamo una prova di più. Infatti tutte le condizioni per far andare male le cose ci sono state in notevole misura e non ci sono riuscite. Deo gratias!» (19.11.1964) Alfredo Ottaviani nasce a Roma, nel quartiere di Trastevere, nel 1890, penultimo di dodici figli. Il padre Alfredo Ottaviani fa il fornaio. Cresciuto in una famiglia molto cattolica, frequenta le classi primarie presso i Fratelli delle Scuole cristiane, in quartiere con forte presenza anticlericale Ottimo studente, è dotato di una memoria prodigiosa. Semplice, ben fondato sui canoni postridentini, vive una fede dal tratto devozionale. Rivela fin da giovane uno spirito intransigente. Compie gli studi superiori nel seminario romano dell’Apollinare, retto da mons. Spolverini, sotto la guida spirituale di mons. Borgia e di p. Pitocchi. Consegue le lauree in teologia, filosofia e utroque iure, sviluppando un interesse per le discipline giuridiche. Stringe amicizie di lungo corso: Pietro Parente, Domenico Tardini, Francesco Borgongini Duca e Paolo Marella. Viene ordinato prete il 18 marzo 1916. Canonico della basilica di S. Maria in Cosmedin, è destinato all’insegnamento: tiene il corso di diritto ecclesiastico presso l’Apollinare e di filosofia al Collegio Urbaniano di Propaganda Fide. Nel 1919 fa il suo ingresso nella Curia romana come minutante alla congregazione di Propaganda Fide. Nel 1921 passa alla Segreteria di Stato. A queste mansioni affianca l’impegno pastorale rivolto ai giovani del quartiere Aurelio che frequentano l’Oratorio di S. Pietro. In seguito promuove e sostiene l’Oasi di S. Rita a Frascati, un istituto che accoglie ed educa bambine indigenti. In queste mansioni non ufficiali si fa molto apprezzare: pure introdotto nella curia papale, non dissimula le proprie origini popolari e mostra sempre piena sottomissione ai superiori. Nel 1926 è designato rettore del Pontificio Collegio Nepomuceno. Nel 1928 Pio XI lo nomina sottosegretario della congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari. Ha modo di seguire da vicino le trattative tra la S. Sede e il regime fascista per risolvere la “questione romana”. All’indomani della stipula dei Patti Lateranensi il papa lo promuove sostituto della segreteria di Stato. Assessore del S. Uffizio dal 1935, nel 1939 trasmette alla Segreteria di Stato grosse riserve circa il testo su “La difesa della razza” e contribuisce alla stesura del Decretum del 1940 che condanna la soppressione dei malati psichici in Germania. Nella Seconda guerra mondiale offre rifugio nel proprio appartamento a ebrei in fuga dalla persecuzione nazifascista. Si mostra contrario all’esperienza dei preti-operai promossa dall’arcivescovo di Parigi Emmanuel Suhard. Con la fine della guerra, Ottaviani vigila sulle modalità concrete di impegno politico dei cattolici, preoccupato di contrastare l’azione dei partiti di ispirazione marxista. A differenza di Montini, che sostiene un impegno unitario dei cattolici nella Democrazia Cristiana, Ottaviani è per la nascita di un secondo partito cattolico, dove far confluire l’elettorato minoritario cattolico più vicino alle sinistre. Forte anticomunista, svolge un ruolo di primo piano nell’elaborare il decreto di scomunica del 1° luglio 1949, benché lo attenui nella sua attuazione pratica. Deciso animatori della solidarietà verso i cattolici di Oltrecortina, partecipa alla organizzazione di strutture cattoliche clandestine. In piena consonanza con Pio XII, nel 1948 viene da lui incaricato di promuovere una commissione che esamini le materie da discutere nell’eventualità di una ripresa e conclusione del Concilio Vaticano I, progetto poi accantonato dal papa nel 1951. In questa occasione Ottaviani segnala l’urgenza di rimediare alla diffusione degli “errori” che si vanno diffondendo in campo teologico, morale e sociale, così come occorre fronteggiare i problemi posti dalla diffusione del comunismo nonché considerare le implicazioni poste dall’impiego delle nuove armi nucleari nell’eventualità di un nuovo conflitto. È membro della commissione di studio istituita per giungere alla proclamazione del dogma dell’assunzione di Maria (1950). Presidente Il comitato centrale per l’Anno Santo 1950. Nel concistoro del 1953 è creato cardinale e pro-segretario del S. Uffizio. Dalla metà degli anni Cinquanta, cresce l’interventismo di Ottaviani nella politica italiana. Condanna il processo di apertura a sinistra che si sta avviando. Non cambia linea neppure con l’avvento al pontificato di Giovanni XXIII. Nel 1960 è protagonista di una clamorosa contestazione pubblica al presidente della Repubblica Gronchi per il viaggio in Unione Sovietica. L’elezione di Roncalli nel 1958 determina un ridimensionamento del suo spazio d’azione. Nel novembre 1962 Ottaviani è consacrato vescovo da papa Giovanni XXIII. Del 1962 è il un Monitum che rileva “ambiguità” e “gravi errori” nelle opere di Teilhard de Chardin (1881-1955), qualificato da Ottaviani più come un «poeta che fa teologia e talvolta un panteista». Come presidente della Commissione teologica preparatoria, Ottaviani, di concerto con il gesuita Tromp (già estensore di alcune encicliche di Pio XII), progetta un concilio che solennizzi la linea teologica della Curia romana. Il suo progetto di una preparazione lunga e meticolosa che avrebbe dovuto concludersi non prima del 1967 si scontra con la determinazione del papa a procedere con più celerità. Già con l’allocuzione dell’11 ottobre 1962, con cui si qualifica il Vaticano II come “concilio ‘pastorale”, viene respinta l’ipotesi di sancire nuove condanne. Lo schema De Ecclesia, redatto sotto la presidenza di Ottaviani (soprannominato “il carabiniere di Dio” per la sua inflessibile Il “carabiniere di Dio” opposizione al comunismo, alla Théologie Nouvelle e ai “preti operai”), viene aspramente criticato perché privo di prospettiva cristologica, freddamente giuridico, completamente chiuso verso i laici e la collegialità episcopale. Ottaviani, che in qualità di capo del S. Uffizio pensava di poter essere il dominus del Concilio, si trova invece da subito a dover giocare in difesa: tanto degli schemi preparatori predisposti dalla Commissione teologica quanto dello stesso S. Uffizio, sono oggetto di critiche e di richieste di riforma. I dibattimenti conciliari mettono in evidenza la sua impreparazione teologica e culturale, rispetto alle profonde evoluzioni intervenute nel cattolicesimo negli ultimi decenni, tanto sul fronte esegetico quanto su quello liturgico ed ecumenico. Ancora più tenace è la sua opposizione al riconoscimento della libertà religiosa. Anche nel pontificato di Paolo VI, Ottaviani rimane fedele alla propria linea teologica. Difende a oltranza le tesi che hanno ispirato il lavoro della Commissione teologica preparatoria. Soffre per la costituzione della Commissione teologica internazionale: la considera un’ulteriore spogliazione di autorità del S. Uffizio, che nel 1965 viene ridenominato Congregazione per la Dottrina della fede. Leader della minoranza conciliare, nel postconcilio Ottaviani rimarrà uno dei punti di riferimento di quegli ambienti che si opporranno alla recezione del Vaticano II, fino a contestare apertamente le decisioni ufficiali della S. Sede. Per esempio, giudica il novus ordo liturgico un allontanamento dalla teologia cattolica della Messa e perora il mantenimento della liturgia tridentina. Nel 1972 incoraggia il Lefebvre a istituire un centro di azione anche a Roma. Si pronuncia ripetutamente contro il dialogo ecumenico e contro l’Ostpolitik vaticana. Muore a Roma nel 1979. Eugène Tisserant (1884-1972)

Alfredo Ottaviani (1890-1979)

Ernesto Ruffini (1888-1967)

Marcel Lefebvre (1905-1991)

Michael Browne (1887-1971) Esponenti del Coetus Arcadio María Larraona Saralegui Internationalis Patrum (1887-1973) I punti di contrasto nella 1ª sessione

1) La composizione delle commissioni nelle prime sedute del Concilio

2) l’impostazione del Messale nel senso di una sua traduzione nelle lingue nazionali: Ottaviani protesta, ma nella congregazione generale del 30 ottobre gli viene tolta la parola

3) La maggioranza dei Padri respinge lo schema presentato da Ottaviani sulle “Fonti della Rivelazione”, appoggiato da Siri, Ruffini e Quiroga. Esso sottolinea che “il dovere di ogni pastore d’anime è di insegnare la verità che rimane sempre e ovunque immutabile”

4) La maggioranza rifiuta lo schema di Ottaviani su “l’unità della Chiesa”, giudicato troppo “conservatore”

5) Tra la 1ª e la 2ª sessione viene istituita una commissione per coordinare la redazione dei nuovi schemi. In essa la maggioranza dei Padri ottiene metà dei membri rispetto a quelli indicati dalla Curia romana. I punti di contrasto nella 2ª sessione

1) Si discute sull’opportunità dello schema dedicato alla Vergine Maria: secondo la maggioranza dei Padri, così come è stato concepito dalla Curia è sarebbe nocivo per l’ecumenismo. Meglio inglobarlo nello schema sulla Chiesa.

2) Sulla proposta di p. Rahner di ristabilire il diaconato permanente, insorgono Spellman e Bacci, del Coetus: vi vedono un pericolo per il celibato ecclesiastico e le vocazioni sacerdotali

3) Alla proposta di Suenens di introdurre l’espressione “popolo di Dio” per designare la Chiesa, Siri si oppone: la nuova dizione potrebbe compromettere l’idea che sia necessaria la gerarchia ecclesiastica.

4) Circa il tema della collegialità episcopale, gli esponenti del Coetus temono che si costituisca una specie di “concilio permanente” con centri decisionali locali staccati da Roma, compromettendo l’autorità del papa.

5) Paolo VI modifica il regolamento conciliare: chiunque voglia prendere la parola in aula deve comunicare una sintesi del suo intervento almeno 5 giorni prima al segretario generale; perché una richiesta sia ammessa occorrono 65 firme di Padri conciliari (non più 5 come prima): così si riducono gli interventi minoritari. I punti di contrasto nella 3ª sessione

1) Un vero e proprio scontro si apre sulla questione della libertà religiosa: i cardinali Cushing di Boston, Ritter di Saint Louis, Meyer di Chicago e Silva Henriquez di Santiago del Cile appoggiano il progetto redatto dal cardinal Bea: la libertà religiosa è un diritto naturale dell’uomo. Ottaviani ritiene esagerato affermare chi obbedisce alla sua coscienza sia “degno di rispetto”; allo stesso modo non accetta che ogni tipo di religione sia libera di diffondersi. Ruffini accusa il testo di incoraggiare l’indifferentismo religioso

2) È in questo dibattito che il Coetus sceglie un’azione più incisiva. Il cardinal Santos, vescovo di Manila, accetta il compito di portavoce del gruppo, che si organizza in forma più strutturata, con uffici, personale, materiale per la stampa e riunioni settimanali.

3) Un’altra questione grave riguarda lo schema su “la Chiesa nel mondo” ispirato da Suenens. Uno dei punti più delicati è quello su “la santità del matrimonio e la famiglia”: la maggioranza chiede che il documento non parli dell’amore coniugale solo in funzione della procreazione e si apra un dibattito sulla contraccezione. Questo suscita la dura reazione del Coetus. I punti di contrasto nella 4ª sessione

1) Sul tema dell’ateismo, dentro lo schema sui rapporti “Chiesa-mondo”, nonostante le richieste di molti Padri, non c’è nessuna condanna degli errori del marxismo, del socialismo e del comunismo. I leader del Coetus redigono una lettera-petizione dove elencano 10 ragioni per condannare il comunismo. La lettera ottiene l’appoggio di 450 padri conciliari, ma senza che possa cambiare la sostanza delle cose.

2) Sulla libertà religiosa il Coetus presenta centinaia di emendamenti che costringono a modificare il testo dello schema, che però non li soddisfa del tutto.

3) Quando viene presentato lo schema sulla divina Rivelazione, i membri del Coetus esprimono riserve per la visione troppo “ecumenica” sui rapporti tra Scrittura e Tradizione, l’inerranza delle Scritture e la storicità dei Vangeli. Il Papa riceve numerose proteste e rinvia il testo al quale vengono apportate alcune modifiche non essenziali. Già da vescovo-missionario di Dakar (Senegal) non approva l’idea di Roncalli di convocare un Concilio. Al Concilio interviene 14 volte, in modo assai critico sull’ecumenismo, la collegialità e la libertà religiosa. Alla fine e accuserà Paolo VI di aver stabilito un “nuovo dogma” cioè “la dignità della persona umana”, che profila il “primato dell’uomo su Dio” e la “detronizzazione di Cristo”. Nel 1970 fonda a Roma la sua Fraternità , ma poi ripara a Econe, in Svizzera, perché teme che i suoi preti possano essere esposti al vento delle novità conciliari. Paolo VI lo richiama più volte, alla Fraternità viene revocata l’autorizzazione, ma Lefebvre ordina alcuni sacerdoti e nel 1976 viene sospeso a divinis. Montini cerca di ricucire e dieci giorni dopo convoca Lefebvre a Castelgandolfo. Il colloquio è drammatico, la rottura totale. Per quattro anni non ci sono contatti. Poi nel 1982 Wojtyla incarica il cardinale Ratzinger di trovare una soluzione. Il futuro papa va ad Econe. Passano cinque anni, ma Lefebvre non cede, anzi nel 1987 annuncia di voler entro un anno consacrare alcuni vescovi. La spaccatura si consuma infatti l’anno dopo, quando vengono consacrati dei vescovi senza l’autorizzazione del Vaticano. Ciò provoca la sua (1905-1991) scomunica e l’inizio dello scisma. Bibliografia di approfondimento

P. Gheda, Siri, la Chiesa, l’Italia, Marietti 1820, 2009

M. Doldi, Il cardinale Giuseppe Siri e il Vaticano II. L’impegno per il rinnovamento della Chiesa, Cantagalli, 2016

A. Scavo – B. Lai, Giuseppe Siri: le sue immagini, le sue parole, De Ferrari, 2008

B. Lai, Il papa non eletto: Giuseppe Siri, cardinale di Santa Romana Chiesa, Laterza, 1993 N. Buonasorte, Siri. Tradizione e Novecento, Il Mulino 2006.

E. Cavaterra, Il prefetto del Sant’Offizio. Le opere e i giorni del cardinale Ottaviani, Mursia 1990

F. Leoni, Il cardinale Alfredo Ottaviani, carabiniere della Chiesa, Roma 2002

N. Buonasorte, Tra Roma e Lefebvre. Il tradizionalismo cattolico italiano e il Concilio Vaticano II, Studium 2003