Il Ruolo Di Papa Giovanni Nel Concilio Vaticano II

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Il Ruolo Di Papa Giovanni Nel Concilio Vaticano II L’ala critica del Concilio Vaticano II Giuseppe Siri Alfredo Ottaviani (1906-1989) (1890-1979) Giuseppe Siri nasce a Genova il 20 maggio 1906. Dopo aver frequentato il Seminario diocesano, nel 1926 diventa alunno della Pontificia Università Gregoriana e del Pontificio Seminario Lombardo in Roma. Ordinato prete nel 1928, l’anno seguente consegue la laurea in Sacra Teologia. Rientrato a Genova, diventa cappellano nella parrocchia di S. Zita e presso l’Opera “Giosuè Signori”. Dal 1931 al 1946 insegna teologia e sacra eloquenza nel Seminario di Genova, e religione presso i Licei “D’Oria” e “Mazzini”. In questi anni svolge anche un’intensa attività di conferenziere e predicatore, collabora con l’Azione Cattolica, è vice-assistente della FUCI genovese, docente nella Scuola di Apostolato per la GIAC e relatore alle “Settimane di Camaldoli”. Fra le pubblicazioni di quegli anni i due volumi “La Rivelazione” (1941) e “La Chiesa” (1938) del “Corso di teologia per laici” e lo studio “La ricostruzione della vita sociale” (1944). L’11 marzo 1944 viene eletto da papa Pio XII vescovo ausiliare del card. Pietro Boetto e, dopo la morte di questi nel 1946, diventa arcivescovo di Genova. Inizia subito la sua prima visita pastorale. Nello stesso anno diventa Consulente dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti. Nel 1947 erige il Centro diocesano per gli Studi religiosi “Didascaleion”. Elevato alla porpora cardinalizia nel concistoro del 1953, prende parte al Conclave che elegge Giovanni XXIII, il quale l’anno dopo lo nomina Presidente della C.E.I. Gli incarichi nazionali e all’estero non distolgono Siri dall’attenzione per la sua diocesi. Dal 1953 al 1960 il cardinale compie la 2ª visita pastorale diocesana e nel 1962 inizia la 3ª. Nel 1956 tiene il Sinodo diocesano. Dal 1960 è membro della Commissione preparatoria centrale del Vaticano II. Nel 1962 Giovanni XXIII lo conferma Presidente della CEI. Il nuovo papa Paolo VI lo nomina membro del Consiglio di Presidenza del Concilio. Durante le 4 sessioni del Concilio interviene 11 volte nelle Congregazioni generali. Nel 1965 lascia la presidenza della CEI. Nel 1968 è fra i componenti della Commissione per la revisione del Codice di Diritto Canonico. Negli anni ‘70 compie alcuni viaggi all’estero: Senegal (1973), Polonia (1973), Unione Sovietica (1974), Turchia (1975), Venezuela (1976), Austria e Ungheria (1977). Nel 1978 partecipa ai conclavi che eleggono Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Continua le visite all’estero: Irlanda (1979), Germania Orientale e Cecoslovacchia (1980), Francia (1981 e 1984), Polonia (1985) e Spagna (1986). Nel 1985 accoglie Giovanni Paolo II in visita a Genova. Nel 1987 sono accolte le sue dimissioni. Muore il 2 maggio 1989. Disposizioni dell’animo nell’iniziare il Concilio «Sono arrivato a Roma stasera alle 16,41. Vengo con poche idee semplici. In questo Concilio temo si sentirà – non in modo venefico – il peso di una abitudine attivistica, la quale fa pensare poco, studiare meno, gettare in una zona oscura i grandi problemi dell’ortodossia e della verità. Il pastoralismo pare una necessità, mentre è, prima che un metodo deteriore, una posizione mentale erronea. In secondo luogo la croce – se così si può dire – verrà come di solito dalle aree francesi-tedesche e rispettivo sottobosco, perché non hanno mai eliminato del tutto la pressione protestantica e la Prammativa Sanzione. Bravissima gente, ma non sanno di essere i portatori di una storia sbagliata. Credo pertanto che la parte degli italiani – dei latini – con quella della Curia debba essere dirimente, sia per colmare dei vuoti, sia per correggere errori di rotta. La calma romana servirà. Mi sono subito recato in ufficio e ho parlato a lungo con mons. Castelli. Egli teme molta pressione contro la Curia. Ho detto: si offra il consulto rato a molti esteri. Quanto al resto si interroghi l’esperienza: è quella che conta, che indica e che convince» (10.10.1962) Il giorno dell’apertura e il discorso del Papa «Non c’era troppa gente, probabilmente perché con molto zelo avevano fatto molti blocchi stradali. La cerimonia è stata solenne veramente e credo abbia impressionato assai. Entrando in San Pietro mi pareva di dover fare una grande preparazione spirituale, farmi piccolo davanti a Dio, umiliarmi peccatore, essere come un bambino, avere carità per tutti ad onta dello zelo […]. Ho guardato poco e nulla, perché mi pareva essere mio dovere pregare assai […]. Ho capito poco del discorso del Papa: in quel poco ho subito avuto modo di fare grande atto di obbedienza mentale. Credo ci sia stata abbondante disorganizzazione a quel che ho visto e a quello che ho sentito dai miei segretari […]. Taluni non hanno un’idea molto elevata di un concilio ecumenico e questo mi fa pena. Noi non dobbiamo guardare al mondo per offrirgli qualche emozione gradita, ma solo a Nostro Signore. Speriamo che la solenne esposizione del Santo Vangelo fatta durante la cerimonia abbia suggerito appropriati pensieri […]. Questa sera ho analizzato bene il discorso del Papa per poter uniformare il mio modo di pensare a quello del Vicario di Cristo. Di due punti ho timore qualcuno possa usare male. Forse è questo pensiero che mi impedisce di dormire per del tempo» (11.10.1962) Giudizi sulla prima sessione del Concilio «Il Concilio ha rivelato: -) che si va delineando una conduzione vaga della Chiesa, rappresentata dal gruppo di lingua tedesca e affini o vicini. Ciò aliquatenus organizzato. Ciò è un tentativo parzialissimo e del quale non si può affermare con certezza che qualcuno l’abbia in mente come un piano chiaro e voluto, ma è nei fatti; -) che ci sono rabbie contro la ragione, la teologia e il diritto. Si vede il fine del kerigmatismo, che è spesso quello di eliminare la Tradizione, Ecclesia, ecc. Ciò è più inconscio che conscio, ma è aiutato dalla mancanza di intuizione di coloro che vogliono assolutamente adattare tutto il più possibile ai protestanti, agli ortodossi, ecc.; -) che in moltissimi prevale la letteratura sulla teologia. Molte dissertazioni belle e anche vere appartengono alle considerazioni letterarie sul dogma, non per sé al medesimo; -) che si parla di una Theologia nova e che il concetto di questa, nonché lo scopo, appaiono assai oscuri e forse pericolosi. Il termine Theologia nova è stato coniato da un vescovo belga in Concilio» (07.12.1962) Sui rapporti tra papato ed episcopato «Questa sessione in cui io per ragioni di salute sto piuttosto ai margini mi pare avere alcune caratteristiche. Anzitutto l’Episcopato italiano non è unito come lo scorso anno: alcuni sono entrati nei punti di vista dei transalpini e non ne fanno mistero. In secondo luogo è abbastanza probabile che in sostanza il Papa aiuti o lasci fare. La iniziativa dei 20 (o 22) cardinali che gli hanno scritto contro la collegialità è stata da lui criticata con il cardinale Traglia […]. Insomma si sente una mano e una volontà che entra a scegliere qualcosa in Concilio. Altra caratteristica è la fretta. Stiamo per finire le votazioni sul punto più controverso in Concilio. Quasi tutti, forse tutti, hanno voglia di tornare a casa: si dice che il Papa voglia ora la fine del concilio e tutto rende più probabile sia proprio così […]. La mano di Dio mi appare evidente, perché il capo III De Ecclesia, nonostante la prevalenza dei transalpini e l’imperio dei loro periti, forse contro voglia di taluni di loro è iuxta veritatem. Dice qua e là, ma, mettendo insieme le parti distaccate diventa corretto ed equilibrato tutto e il primato del Papa è salvo. Quelli che hanno creduto di aver messo dei limiti, hanno un pugno di mosche in mano e questo è accaduto proprio imperando quelle forze che in me e in molti avevano suscitato tante ansietà. Ne concludo: lasciate fare, è Dio che guida. Appare evidente la posizione preminente in campo dottrinale che ha mons. Carlo Colombo presso il Papa. Il prelato è tutto con i transalpini e non ha mai manifestato interesse ad avere contatti con noi. Finora tutto si è aggiustato sufficientemente: credo sarà ancora così» (27.09.1964) «Il giorno 6 [ottobre] sono stato dal Papa. Timori di deragliamento La chiamata di udienza l’ho avuta solo poche ore prima. Il Papa è stato molto buono con me. del Concilio Si è interessato della mia salute e mi ha donato una medaglia. Si è parlato di Genova, gli ho detto del seminario nuovo e delle nuove parrocchie e chiese. Soprattutto si è parlato del Concilio. Ho capito che farà ritoccare gli schemi De Ecclesia, De Revelatione e che non gli piace quello sulla libertà religiosa. Mi ha chiesto se finire. Ho risposto: se possibile subito perché l’aria del Concilio fa male. Ha pienamente annuito. Il Papa è veramente informato e impressionato di quello che succede attorno e fuori del Concilio. Mi ha chiesto che cosa suggerivo. “Un messaggio al clero – ho risposto – ma non intellettualistico, sibbene concreto e in cui si parli di umiltà, di obbedienza soprattutto e cose del genere”. La cosa è piaciuta e forse si farà. Mi confidava che in Francia non pochi sacerdoti non vogliono più obbedire ai propri vescovi» (09.10.1964) Critiche ai periti teologi del Concilio «La stanca del concilio è sempre più evidente e meglio appare come esso sia in mano alle sottocommissioni e alla fisionomia delle medesime. Ciò è tanto vero che si è sparsa notizia stamane aver il Papa nominata una commissione apposita e averci messo dentro Lefebvre, ecc. Martedì il Papa mi aveva detto chiaro che quello schema non gli andava. E aveva ragione. Ma tutto dipende dagli uomini che sono nelle commissioni e dal quanto siano o meno succubi dei periti. La storia di questo concilio è in parte notevole la storia dei periti perché si è rivelata una grande anemia di conoscenza teologica sia nell’episcopato che nel Sacro Collegio.
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