Il Palazzo Ubaldini Di Apecchio
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Stefano Lancioni Il Palazzo Ubaldini di Apecchio A Maria Chiara e a Matteo 1 2 INTRODUZIONE Chi giunge in Apecchio non può non ammirare Palazzo Ubaldini, senza ombra di dubbio il più importante palazzo storico del Comune, risalente nella sua prima fase al secolo XV, quindi rimaneggiato più volte nei secoli successivi. Ho provato, con l’aiuto di documenti reperito nell’Archivio di Stato di Pesaro (in cui è confluito l’archivio della Legazione di Urbino e, in parte - attraverso copie autenticate da notai -, quello dei conti Ubaldini, poi spostato a Roma), a delineare una storia più precisa di questo importante palazzo, con la speranza di fare cosa gradita agli appassionati di storia apecchiese. Un doveroso ringraziamento al signor Bei, al sindaco Stefano Cristini e al personale dell’Archivio di Stato di Pesaro (fondamentali, in particolare, l’aiuto ed i consigli del signor Emma). Fano, 1 giugno 2009 Stefano Lancioni P.S. Per rendere maggiormente comprensibili i documenti dell’epoca, ho sciolto tutte le abbreviazioni e normalizzato, secondo gli usi moderni, punteggiatura, maiuscole, accenti. Sono anche intervenuto, dove lo richiedono le attuali regole ortografiche, su: doppie (aggiunte o tolte secondo quanto stabilisce l’odierna pronuncia); uso di scie/sce; uso dell’ “h”; congiuntivo presente (es: succedino > succedano; vadino > vadano). 3 4 Capitolo I La residenza dei primi conti di Apecchio Alcune carte processuali del 1568 (riguardanti un contrasto tra gli Ubaldini di Apecchio e quelli di Monte Vicino sulla giurisdizione di alcune famiglie di Apecchio che, ab immemorabili, erano attribuite alla seconda famiglia comitale, benché i primi avessero ottenuto nel 1514 regolare investitura di quella terra dal duca Francesco Maria I)1 presentano interessanti informazioni sulla residenza dei conti di Apecchio. A tutti i testimoni (due abitanti della Carda, Guido di Bartolomeo Lanci e Cesare di Cante, e cinque ex commissari di Apecchio: ser Giovanni Nicola del fu ser Giovanni Matteo Ambrogini dei Piccini di Fossombrone, ser Francesco Borganuzio di Cantiano, ser Ranieri Neri di S. Angelo, ser Girolamo Scianchino di Casteldurante, ser Ventura Venanzi di Casteldurante)2 fu infatti chiesto cosa conoscessero su tale argomento e tutti costoro concordarono su un punto: i conti di Apecchio non avevano avuto mai residenza stabile, né (secondo due testimoni) avevano mai posseduto un’abitazione in quel luogo. • Guido di Bartolomeo Lanci disse non aver visto da trent’anni in qua il conte Guidantonio con sua famiglia abitare nel detto castello d’Apecchio, ma ha inteso che sempre è stato facile assai, o sia Pietragialla o in Ugubbio et quando veniva in Apecchio alloggiava la casa or d’uno or dell’altro perché non ci aveva casa, et ci stava una sera o due, e poi se n’andava3; • ser Giovanni Nicola Ambrogini di Fossombrone disse esser vero che il conte Gentile è morto et si trovò presente nella città d’Ugubbio al suo funerale4; • ser Francesco Borganuzio disse che al tempo che esso testimonio stette in ofitio nel castel d’Apecchio il detto conte Guidantonio non abitò mai familiarmente in detto castello5; • ser Ranerio Neri disse che per il tempo ch’esso testimonio ha praticato in Apecchio non ha mai visto il conte Guidantonio abitar familiarmente se non per pochi giorni nel castello d’Apecchio, eccetto l’anno passato che vi s’è fermato familiarmente et prima se reduceva in Petra Gialla et Ugubbio6; 1ASP, Leg., Feudi, b. 11, LIV (2 maggio – 3 luglio 1568), Depositiones et esamina nonnullorum testium examinatorum nella causa presso gli Uditori Ducali tra Guidantonio e Gentile figlio di Guidantonio, degli Ubaldini ex una e il conte Antonio Maria degli Ubaldini ei suoi figli ex altera. 2Tutti i testimoni conoscevano la realtà apecchiese essendo di una località contigua (la Carda) o avendo esercitato l’incarico di commissario (ducale) in Apecchio negli anni precedenti: né, essendo sudditi ducali, potevano essere sospettati di favorire una delle due parti in contrasto. 3ASP, Leg., Feudi, b. 11, LIV, testimonianza di Guido di Bartolomeo Lanci, 2 maggio 1568, n. 25. 4ASP, Leg., Feudi, b. 11, LIV, testimonianza di Ser Giovanni Nicola del fu ser Giovanni di Matteo Ambrogini dei Piccini di Fossombrone, 13 maggio 1568, n. 3. 5ASP, Leg., Feudi, b. 11, LIV, testimonianza di ser Francesco Borganuzio di Cantiano, 12 maggio 1568, n. 25 6ASP, Leg., Feudi, b. 11, LIV, testimonianza di ser Ranerio Neri di Sant’Angelo in Vado, 24 maggio 1568, n. 25. 5 • ser Girolamo Scianchino disse che per il tempo ch’esso testimone è stato nel castello d’Apecchi non ha mai visto il conte Guidantonio abitare in quello francamente ma venirci la mattina e partirsi il giorno, ovvero al più stare la sera7; • ser Ventura Venanzi da Casteldurante: disse che per il tempo ch’esso testimonio ha praticato in detto castello di Apecchio non ha mai visto che il conte Guidantonio sia stato familiarmente nel castel d’Apecchio ma a Petra Gialla et in Ugubbio qualche volta perché non aveva abitatione alcuna8. In effetti, la sovranità su un luogo non implicava un obbligo di residenza: semplicemente una serie di magistrature facevano capo al feudatario, investito di sovranità dal Duca di Urbino: in pratica i commissari (che avevano funzioni organizzative, giudiziarie e criminali) ed altri eventuali funzionari minori venivano nominati dal conte; i bandi venivano emanati in suo nome; le entrate “camerali” venivano ai suoi funzionari pagate, ecc. Anche se il feudatario si interessava di una molteplicità di vicende del feudo (dalla giustizia, alle grazie, ai bandi, ecc.), nessuno lo obbligava a risiedervi. Era di fatto la regola, nel Ducato di Urbino, che le famiglie dei feudatari non risiedessero nel feudo (situato generalmente in zone di montagna, spesso povere e disagiate), ma in località più vive, dal punto di vista politico, economico, sociale, culturale, del luogo di cui erano stati investiti. Si poteva addirittura presentare il caso che alcuni feudatari ducali abitassero di fuori del Ducato, a Città di Castello, Arezzo, Ancona o addirittura Mantova (Castiglione di Isola del Piano). E, per fare un esempio più vicino alla realtà apecchiese, i conti di Montefiore e Monte Vicino (feudi territorialmente contigui ad Apecchio ma del tutto indipendenti da questa terra) avevano la residenza proprio ad Apecchio, non nei loro feudi. Non è pertanto strano che i due fratelli Girolamo (1514-1558) e Gentile (1514-1532), primi conti di Apecchio, non vissero nel loro feudo, ma conservarono “gelosamente il domicilio e molti beni” a Gubbio, dove abitavano prima dell’infeudazione (e dove avrebbero continuato ad abitare successivamente)9. E, nel caso fosse stata necessaria la loro presenza in zona, potevano alloggiare provvisoriamente a Pietragialla (castello da loro controllato ben prima di Apecchio), dove esisteva il “Palazzo” e diverse proprietà terriere, e da dove agevolmente si poteva raggiungere, con un viaggio di poche ore, la terra di Apecchio. Ciò è stato per altro già individuato da monsignor Berliocchi, in riferimento al conte Girolamo (che “preferiva la quiete di Pietragialla dove aveva casa et lì abitava maggior parte del tempo con la sua famiglia”)10. 7ASP, Leg., Feudi, b. 11, LIV, testimonianza di ser Girolamo Scianchino di Casteldurante, 9 giugno 1568, n. 25. 8ASP, Leg., Feudi, b. 11, LIV, testimonianza di ser entura Venanzi da Casteldurante, 9 giugno 1568, n. 25. 9 Berliocchi, Apecchio, p. 169. 10Berliocchi, Apecchio, p. 170. Il passo citato è stato letto in un documento dell’Archivio Ubaldini, conservato nell’Archivio Segreto Vaticano. 6 Ugualmente non vi risiederono i conti Guidantonio, figlio di Girolamo, (1558-1583) e Giulio, figlio di Gentile, (1532-1536): residenza abituale della famiglia del conte Girolamo fu infatti Gubbio, mentre il conte Giulio (come aveva fatto probabilmente anche suo padre, abitava a Rocca Contrada o ad Arcevia11 . Ad ulteriore conferma possiamo notare che i quattro primi conti di Apecchio non sono mai ricordati in questo centro in occasione delle principali vicende di cronaca “nera” cinquecentesca12: nelle varie vicende (spesso sanguinosi delitti) furono coinvolti gli esponenti degli Ubaldini di Monte Fiore e di Montevicino, che furono poi puniti dai funzionari ducali (nel periodo in cui il Duca di Urbino avocò l’amministrazione del feudo) o da quelli comitali. Mai comunque in tali vicende sono menzionati i conti di Apecchio, ma solo i loro commissari o rappresentanti. Propongo infine due lettere ducali che confermano quanto detto. Nella prima (9 ottobre 1545) il conte Guidantonio (detto anche il Contazzo o il Contaccio)13 viene ricordato a Pietragialla: Al conte Girolamo Ubaldini da Gubbio, che non senza dispiacere Sua Eccellenza presenta che ‘l Contaccio suo figlio dà ricetto a molti banditi a Petragialla indifferentemente et in quei contorni; però che ‘l provveda che quelli che vi sono siano discacciati, et li altri non siano ricettati…14. Nella seconda, del 1555, il Duca di Urbino così si rivolge al Commissario di Massa: Avendo noi inteso che a questi dì passati, volendo Noi che quelli de Ottaviano della Carda, et gli Ubaldini di Apecchi, et il Contaccio dessero segurtà da non offendersi, il che hanno fatto sotto la fede loro, che lo Arcipretino della Pieve di detto Castello la dette per suo fratello bandito, non intedevamo, né vogliamo che ella vagli (scil. “valga”) in modo nisciuno (scil. “in nessun modo”), però (scil. “perciò”) la revocamo, e dichiaramo che si intenda revocata. Il che intimerete al medesimo Arcipretino, et parmenti al Contaccio facendone approvare