Vittorio De Seta (1923- 2011)

… Bisogna raccontare storie semplici e fare un film povero, con gente presa dalla vita …

\ (Vittorio De Seta)

Appartenente ad una nobile famiglia calabrese, Vittorio De Seta nasce a il 15 ottobre 1923, in uno dei palazzi dello storico quartiere della Kalsa che porta il nome della sua famiglia. Durante la seconda guerra mondiale è allievo ufficiale dell'Accademia Navale di Livorno, dopo l'8 settembre del 1943 vive l‟esperienza della prigionia in un campo di concentramento tedesco nei pressi di Salisburgo (da cui tenta di evadere ben tre volte), poiché rifiuta di firmare l'atto di fedeltà alla Repubblica Sociale di Salò, verrà liberato nel '45 dai russi giunti a Vienna. Frequenta la facoltà di architettura a Roma ma interrompe gli studi universitari per dedicarsi al cinema. La prima esperienza nel campo cinematografico è quella di aiuto regista nell‟episodio Epoca fascista del film Amori di mezzo secolo (1954) di Mario Chiari. In seguito collabora come aiuto regista e co- sceneggiatore in Le village magique (Vacanze d‟amore, 1954) di Jean-Paul le Chanois. Nella seconda metà degli anni Cinquanta tra il 1954 e il 1959 costituirà una propria troupe di cui farà parte anche la moglie Vera Gherarducci e realizzerà, autofinanziandosi, dieci brevi documentari fortemente innovativi nello stile e nei contenuti, che lo renderanno uno dei maggiori registi italiani. De Seta racconta con delicate e appassionanti immagini la vita e la fatica del proletariato meridionale: contadini, pescatori, zolfatari, pastori, immortalando quelle forme di cultura arcaica, che in quel periodo stavano per essere cancellate dallo “sviluppo senza progresso”, responsabile della trasformazione dell‟intera nazione negli anni Sessanta. E‟ il primo regista italiano ad avere usato il colore ed il formato in Cinemascope nel documentario, ad avere eliminato l‟uso della voce fuori campo per dare spazio ad un commento sonoro che registrava in loco, con voci, suoni e musiche autentiche, legate alle azioni dei protagonisti. Può essere considerato una delle prime figure di film-maker totale del cinema italiano poiché curava personalmente la fotografia, il montaggio e la colonna sonora dei suoi prodotti cinematografici. Nel 1961 realizza in Barbagia il suo primo lungometraggio, Banditi a Orgosolo ispirato al saggio di Franco Cagnetta Inchiesta ad Orgosolo (in Nuovi argomenti, sett.-ott. 1954, 10) che vinse il premio per la migliore Opera Prima al Festival del Cinema di Venezia, considerato uno dei testi cinematografici italiani più rappresentativi del nuovo cinema degli anni Sessanta. Il film successivo, Un uomo a metà (1966) è il primo film italiano che tratta l‟argomento della psicoanalisi, ispirato alle teorie junghiane, molto apprezzato da Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini, che lo sostennero contro le resistenze di una certa critica all‟epoca non ancora in grado di apprezzarne il coraggio e la modernità. Il film vinse a Venezia la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Jacques Perrin e nel 2006 il Moma di New York lo consacra tra i film più importanti del cinema italiano. Nel 1969, dirige L'invitée (L'invitata) una coproduzione italo-francese su sceneggiatura di Tonino Guerra. Nei primi anni Settanta inizia un lungo periodo di collaborazione con la RAI per la quale realizzerà prodotti televisivi “rivoluzionari”: Diario di un maestro (1973), celebre sceneggiato in quattro puntate tratto dal libro: Un anno a Pietralata di Albino Bernardini e interpretato da Bruno Cirino; Quando la scuola cambia (1978), inchiesta televisiva in quattro puntate dedicate alla realtà scolastica italiana di quegli anni; nel 1980 La Sicilia rivisitata, quattro puntate dedicate ai luoghi in cui De Seta venticinque anni prima aveva realizzato i suoi primi documentari; Hong Kong città di profughi, documentario d‟inchiesta in tre puntate sui profughi del Vietnam; Un carnevale per Venezia. Dopo una pausa di dieci anni torna al genere documentaristico, dedicando alla sua terra d'origine In (1993), mediometraggio per il piccolo schermo. Nel 2000 partecipa come attore nella parte di se stesso al mediometraggio Melissa 49/99 di Eugenio Attanasio e Giovanni Scarfò. Nel 2002 realizza, insieme al fotografo Angelo Franco Aschei, il cortometraggio Mano. Il video diviso idealmente in due parti (una video-intervista e un videoclip musicale), è stato realizzato da Leandro Manuel Emede e vede Vittorio De Seta in veste di attore. Del 2003 è Dedicato ad Antonino Uccello, documentario che il regista dedica allo studioso siciliano, fondatore del Museo Etnoantropologico di Palazzolo Acreide (SR). Nel 2006 esce il lungometraggio Lettere dal Sahara, film sull‟immigrazione nel nostro paese, girato tra la Sicilia, Torino ed il Senegal. Nel 2008 la serie dei dieci documentari realizzati negli annni Cinquanta è stata restaurata dalla Cineteca di Bologna e pubblicata dalla Feltrinelli in un DVD intitolato Il mondo perduto insieme a un libro che contiene i commenti di , Roberto Saviano, Vincenzo Consolo, Goffredo Fofi e Alberto Farassino. In quello stesso anno Vittorio De Seta realizza il cortometraggio Articolo 23 che fa parte del film collettivo All Human Rights for All, in cui trenta grandi autori del cinema italiano danno la loro interpretazione dei 30 articoli della Dichiarazione dei Diritti Umani stipulati nel 1948 dalle Nazioni Unite. De Seta, muore il 28 novembre 2011 a Sellia Marina (Catanzaro). L‟interesse della sua opera va oltre il cinema e si riallaccia idealmente a quella dei grandi meridionalisti del dopoguerra, di cui fu spesso amico, come Gaetano Salvemini e Carlo Levi, Manlio Rossi Doria e Rocco Scotellaro, Ignazio Silone e Tommaso Fiore, Angela Zucconi e Danilo Dolci. (Goffredo Fofi)

L‟opera cinematografica di Vittorio De Seta è stata riscoperta grazie ad una retrospettiva integrale dal titolo Il cinema di Vittorio De Seta, che la Filmoteca Regionale Siciliana nel 1995 ha dedicato all‟autore. In occasione dell‟evento sono stati realizzati la prima monografia sul regista siciliano, in italiano e in inglese ed un documentario dal titolo Lo sguardo in ascolto per la regia di Franco Maresco e Daniele Ciprì . Il primo effetto di questa operazione culturale è stato l‟omaggio che il Museo del Cinema di Mosca ha dedicato a Vittorio De Seta nel dicembre del 1996. Da qui sono seguiti gli interventi di restauro dei dieci documentari degli anni Cinquanta e del lungometraggio Un uomo a metà. La retrospettiva ha soprattutto risvegliato l‟interesse per l‟opera cinematografica di De Seta da parte di decine di festival, associazioni, cinema d‟éssai e cinecircoli, italiani e stranieri che hanno richiesto e continuano a richiedere in prestito le opere dell‟autore, custodite presso la Filmoteca Regionale Siciliana. Grazie ai fondi P.O.R. Sicilia 2000-2006 assegnati al CRICD, la Filmoteca Regionale Siciliana ha realizzato nel 2004, un documentario della durata di 58 minuti dal titolo Détour De Seta, per la regia di Salvo Cuccia. Nel 2005 il Full Frame Documentary Film Festival (Durham, North Carolina) ed il Tribeca Film Festival promosso da Robert De Niro e Martin Scorsese nella zona meridionale di Manhattan, hanno dedicato un omaggio a De Seta, l‟uno per la produzione documentaristica, l‟altro con maggiore attenzione ai lungometraggi. Il 14 aprile del 2005 il MOMA (Museum of Modern Art) di New York rende omaggio al cinema di De Seta con la proiezione del suo primo lungometraggio, Banditi a Orgosolo (1961), che fungerà da anticipazione alla retrospettiva completa del regista siciliano e che sempre il MOMA in collaborazione con la Filmoteca Regionale realizzerà nel 2006. A queste, si aggiungono altre importanti circuitazioni internazionali dei film di De Seta quali l‟International Short Film Festival di Berlino, il Museo di Arte Contemporanea Jeu de Paume di Parigi e alcuni tra i festival cinematografici internazionali più importanti.

Filmografia

 1954 Lu tempu de li pisci spata (11 min.)

 1954 Isole di fuoco (11 min.)

 1955 Sulfarara (10 min.)

 1955 Pasqua in Sicilia (11 min.)

 1955 Contadini del mare (10 min.)

 1955 Parabola d'oro (10 min.)

 1958 Pescherecci (10 min.)

 1958 Pastori di Orgosolo (11 min.)

 1958 Un giorno in Barbagia (14 min.)

 1959 I dimenticati (20 min.)

 1961 Banditi a Orgosolo (98 min.)

 1966 Un uomo a metà (93 min.)

 1969 L‟invitata/L‟invitée (90 min.)

 1973 Diario di un maestro (versione televisiva) (270 min.)

 1973 Diario di un maestro (versione ridotta) (135 min.)

 1977 Quando la scuola cambia, (226 min.)

 1980 La Sicilia rivisitata, (210 min.)

 1980 Hong Kong, città di profughi, (135 min.)

 1983 Un carnevale per Venezia.

 1993 In Calabria, (85 min.)

 2003 Dedicato ad Dedicato ad Antonino Uccello (30 min.)

 2006 Lettere dal Sahara (123 min.)

 2008 Il mondo perduto ( versione restaurata dei primi dieci documentari) (120 min.)

 2008 Articolo 23 in All Human Rights for (5 min.)

Film su Vittorio De Seta

 Lo sguardo in ascolto: dialogo con Vittorio De Seta e Goffredo Fofi regia di Franco Maresco e Daniele Ciprì, 1995

 Tornare a Orgosolo, un film studio di Paolo Isaja, Maria Pia Melandri con Vittorio De Seta, 1997

 Paesaggi della memoria, un film studio di Paolo Isaja, Maria Pia Melandri con Vittorio De Seta, 2002

 Il placido corso degli eventi, un film studio di Paolo Isaja, Maria Pia Melandri con Vittorio De Seta, 2003

 Detour De Seta, documentario di Salvo Cuccia, 2004

 Il cinema della realtà secondo Vittorio De Seta, Alessandro Aiello e Sebastiano Pennisi, 2008

 Di me cosa ne sai, documentario di Valerio Jalongo, 2009

 Sodankylä ikuisesti, documentario di Peter Von Bagh, 2010.

 Le cineaste est un athlete. Conversations avec Vittorio De Seta, di Barbara Vey e Vincent Sorrel, 2010

Bibliografia essenziale

 Il cinema di Vittorio De Seta,a cura di Alessandro Rais, 1995

 Il mondo perduto, Goffredo Fofi e Gianni Volpi, Torino 1999

 La fatica delle mani: Scritti su Vittorio De Seta, (allegato al DVD Il mondo perduto). Milano, 2008

 Il cinema documentario di Alliata e De Seta, di Alessandro De Filippo, in La Sicilia tra schermo e storia a cura di Sebastiano Di Gesù, Catania 2008

 Il maestro impaziente, a cura di Sergio Toffetti (allegato al DVD Diario di un maestro). Milano, 2012.

Viaggio nella Guinea-Bissau. Appunti per un film di Vittorio De Seta

(Per una lettura integrale si rimanda al sito www.bellatodesign.it/viaggionellaguineabissau)

Nell‟agosto del 1970 Vittorio De Seta parte per l‟Africa. La sua meta è la Guinea-Bissau, allora colonia portoghese in cui era in atto la guerra d‟indipendenza (1963-1974). A spingerlo sarà il suo bisogno di sempre: raccontare attraverso il cinema la realtà degli ultimi, dei dimenticati, siano essi pastori sardi o indipendentisti africani. Tutto, la capanna, il fuoco, i panchetti bassi, mi fa pensare a Orgosolo. Durante il viaggio scrive un diario da cui trarre un soggetto per un film che invece non realizzerà. Rimangono circa 160 pagine di appunti, con le quali testimonia la durissima e sanguinosa lotta di liberazione nazionale di questo paese, regalandoci un reportage alla sua maniera con uno sguardo attento e delicato.

De Seta spiega come Marcella Glisenti, che dirigeva la libreria Paesi Nuovi a Roma, lo avesse invitato nel 1970 a un congresso dei Movimenti per la liberazione delle colonie portoghesi. Lì il regista conosce Amilcar Cabral, leader del Partito per l‟indipendenza della Guinea-Bissau e delle isole Capo Verde: Non alto di statura – così lo descrive - esprimeva autorità, risolutezza e quella fusione di pensiero ed azione, che dovrebb„essere patrimonio d‟ogni buon politico. Parlammo un po‟, gli dissi della mia intenzione di realizzare un documentario, un film, sulla loro lotta. M‟invitò ad andare. Era un‟estate torrida.

De Seta parte per l‟Africa, senza preparativi e con una sola macchina fotografica. Raggiunge la città di Bokè a bordo di un piccolo camion insieme a Fernando Cabral, medico chirurgo fratello minore di Amilcar, diretto all‟ospedale di Bokè e ad altri otto militanti, tra i quali Barry il suo accompagnatore e una donna portoghese della Guinea-Bissau.

Dalle pagine del diario apprendiamo che De Seta cerca di ottenere da Barry quante più informazioni possibili sulla situazione politica, soprattutto sulle cause della lotta armata: I Portoghesi avevano diviso la Guinea in regioni e in distretti; ogni distretto era affidato a uno chef de poste, cioè un funzionario amministrativo, che aveva alle sue dipendenze i cypaios, una milizia armata composta di africani, con sottufficiali e ufficiali però Portoghesi; lo chef de poste poteva essere anche un meticcio. Una scena tipica era la riscossione delle imposte. Lo chef de poste si recava in un villaggio con la truppa, s‟insediava nella casa del capo villaggio, metteva una tavola all‟aperto e poi faceva l‟appello. I capofamiglia, gli homen grandes, venivano tassati in proporzione al numero delle mogli (forse anche a quello dei figli). La moneta era quella portoghese, oppure pagavano in natura, con olio di palma o d‟arachidi. Le variazioni dello stato di famiglia erano denunciate dal capo del villaggio. Gli insolventi spesso venivano percossi sul posto. Potevano essere condannati ai lavori forzati (spesso li inviavano a São Tomé). I lavori forzati consistevano nella costruzione e nella manutenzione delle strade e venivano eseguiti sotto la sorveglianza delle forze armate.

I Portoghesi naturalmente sfruttano le differenze di razza e di religione, la fame e la miseria, in tal modo si verificano continui soprusi, razzie e violenze. La Guinea portoghese diventa un grande campo di concentramento. De Seta spiega come i Portoghesi siano un popolo sottosviluppato che ne sfruttava un altro, ancor più sottosviluppato, con un sistema coloniale di rapina. Le tappe fondamentali del Movimento di Liberazione nazionale sono: Settembre 1956: fondazione del Partito. 3 Agosto 1959: massacro di Pidgiguiti (la polizia sparò sui dockers di Bissau che rivendicavano miglioramenti salariali. 50 morti e molti feriti). 3 Agosto 1961: passaggio all‟azione diretta (sabotaggi alle strade, ai telefoni, alle poche ferrovie). Gennaio 1963: passaggio alla lotta armata. Il ‟60, ‟61, ‟62 furono gli anni dell‟incubazione rivoluzionaria. Intanto era cominciata la repressione. I Portoghesi ritennero di poter soffocare il movimento sul nascere col terrore. Arrestarono, deportarono, torturarono. Non sono riuscito a raccogliere molto materiale in proposito, ma pare che si attuassero le peggiori efferatezze. I corpi squartati erano esposti per giorni come monito.

Nel corso del viaggio visita la scuola del villaggio di „Ntchulba, dove conosce un maestro che ha adottato un ragazzo orfano rimasto disperso nel corso di un attacco militare. L‟episodio sollecita in lui nuove idee:

… mi sento sempre più stimolato dall‟idea d‟introdurre nel film la storia di un ragazzino che rimane disperso nel corso di un attacco a un villaggio, che poi viene raccolto da un gruppo di guerriglieri, segue il trasporto di un ferito, arriva a un ospedale l‟operazione chirurgica di notte) …

Nella stessa giornata accenna ad Abilio Duarte, esponente della rivoluzione capoverdiana, lo schema di soggetto per il documentario che ha intenzione di girare.

Con molto garbo mi esprime delle riserve sull‟idea del ragazzo: evidentemente teme le sdolcinature, ma poi conclude subito che la decisione spetterebbe a me. Capisco che mi servirebbe proprio un tipo come lui per realizzare il film. Una mente organizzata. A Conakry mi diranno che è un artista, compone musica, e l‟inno nazionale l‟ha scritto lui. Mi sembra di intuire anche che loro, coinvolti in una lotta immane, avrebbero bisogno di qualcosa di eroico, di semplice, quasi di retorico. Hanno bisogno di essere incoraggiati. Che senso ha, quindi, che un regista europeo venga qui a girare un film? Per quanto mi riguarda, sento che l‟operazione può avere un senso solo come comporre una marcetta trionfale, semplicistica, corroborante per loro; mi piacerebbe invece dare un contributo per riempire il fossato d‟incomprensioni e pregiudizi che ci divide. Spiegare al mondo occidentale che è gente come noi, che vive, ama, soffre, canta come noi, meglio di noi.

Al ritorno infieriva il colera. Voci sinistre di contagi. Ululati d‟ambulanze che raggiungevano ospedali spaventevoli. L‟idea di restare contagiato mi ossessionava. Riuscii ad avere, dalla ditta Astaldi – che ringrazio ancora – medicinali, acqua minerale,una fiala di vaccino. Cabral era tornato. Lo raggiunsi alla sede del PAIGC. Era stato informato del mio viaggio. Parlammo di tutto, della situazione in Guinea-Bissau, di Basil Davidson, uno storico inglese suo amico, autore di “Madre nera”, un saggio sullo schiavismo. Pensavo soprattutto al film e non annotai quella conversazione, non gli feci un‟intervista, nemmeno una fotografia. Tre anni dopo sicari inviati dai portoghesi l‟avrebbero ucciso, proprio in quei luoghi – poco prima che la Guinea-Bissau guadagnasse l‟indipendenza – infliggendo un colpo mortale alla costruzione (non ri-costruzione) di un Paese martoriato da quattro secoli di schiavismo e colonialismo.

Fortunosamente riuscii ad arrampicarmi su un aereo cecoslovacco che atterrò a Zurigo. L‟aeroporto, asettico, ultramoderno, d‟acciaio, cristallo e plastica, popolato di manichini silenti, contrastava intensamente col mondo di fango, sangue, napalm, fame, indigenza ed umanità sofferente, che mi ero appena lasciato alle spalle. Nel 2004 Vittorio De Seta torna in Africa, in Senegal, per girare il suo ultimo film Lettere dal Sahara e ripensando al viaggio nella Guinea-Bissau fatto trent‟anni prima dichiara:

Non ho fatto in tempo a tornare nella Guinea-Bissau. Ho sentito che se la passano male. Niente risorse, neanche un goccio di petrolio. Mi piacerebbe rivisitare quei luoghi, comprendere come un popolo – che con le unghie e i denti è riuscito a liberarsi dalla dominazione coloniale di un Paese tecnologicamente evoluto, dotato di carri armati, cannoniere, aerei – sia stato poi battuto sul piano dello sviluppo economico e sociale. Cabral sarebbe riuscito a salvarlo? Con tutto il rispetto, temo di no.