TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIEMONTE Ricorso del di (P.Iva 00384600060) con sede in Tortona (AL), Corso n. 62, del COMUNE di ALLUVIONI CAMBIO’ (P.Iva 00251300067) con sede in

Alluvioni Cambiò (AL), Via Roma n. 67 - Loc. Montariolo, del COMUNE di (P.Iva 00377080064) con sede in Alzano Scrivia (AL), Piazza Pietro Bassi n. 23, del COMUNE di (P.Iva 00433810066) con sede in Avolasca (AL), Via Municipio n. 4, del COMUNE di (C.F. 85000230061) con sede in Berzano di Tortona (AL), Piazza Caduti della Libertà 5, del COMUNE di BRIGNANO FRASCATA (P.Iva

00437920069) con sede in Brignano Frascata (AL), Via Mulino n. 1, del COMUNE di (P.Iva 00465350064) con sede in Carbonara Scrivia (AL), Piazza Mons. Goggi, del COMUNE di (P.Iva 00412460065) con sede in Carezzano (AL), Piazza Municipio n. 1, del COMUNE di (P.Iva 00435090063) con sede in Casalnoceto

(AL), Piazza Dante Alighieri n. 1, del COMUNE di

(P.Iva 00465840064) con sede in Casasco (AL), Via Roma n. 1, del COMUNE di CASTELLANIA (C.F. 00495770067) con sede in Castellania (AL), Piazza Candido Cannavò n. 2, del COMUNE di (P.Iva 00457850063) con sede in Castellar Guidobono (AL), Piazza S. Tomaso, del COMUNE di (C.F. 00371880063) con sede in

1 Castelnuovo Scrivia (AL), Via Garibaldi 43, del COMUNE di (P.Iva 00465330066) con sede in Cerreto Grue (AL), Via Roma n. 11, del COMUNE di (C.F. 00460490063) con sede in Costa Vescovato (AL), Piazza Aldo Moro n. 1, del COMUNE di (P.Iva 00474230067) con sede in Dernice (AL), Via Roma n. 17, del COMUNE di

FABBRICA CURONE (P.Iva 01077200069) con sede in (AL), Località Garadassi n. 7, del COMUNE di GARBAGNA (P.Iva 00433800067) con sede in Garbagna (AL), Piazza della Chiesa n. 4, del COMUNE di (C.F. 00437910060) con sede in Gremiasco (AL), Piazza Vittorio Veneto, del COMUNE di (P.Iva 00901940064) con sede in Guazzora (AL), Piazza XXV Aprile n. 12, del COMUNE di ISOLA

S. ANTONIO (P.Iva 00505090068) con sede in Isola S. Antonio (AL), Piazza Garibaldi n. 1, del COMUNE di (P.Iva 00443150065) con sede in Molino dei Torti (AL), Via Roma n. 81, del COMUNE di (P.Iva 00498460062) con sede in Momperone (AL), Piazza I Maggio n. 2, del COMUNE di (C.F. 00435100060) con sede in

Monleale (AL), Piazza IV Novembre n. 2, del COMUNE di

MONTACUTO (C.F. 85000890062) con sede in (AL), Via Capoluogo n. 1, del COMUNE di (C.F. 00460500069) con sede in Montegioco (AL), Frazione Palazzo n. 20, del COMUNE di (C.F. 00460510068) con sede in Montemarzino (AL), Via IV Novembre n. 9, del COMUNE di (P.Iva 00444590061) con sede in

2 Paderna (AL), Piazza Castello n. 1, del COMUNE di (P.Iva 00374620060) con sede in Pontecurone (AL), Corso Togliatti n. 50, del COMUNE di (P.Iva 00502410061) con sede in Pozzol Groppo (AL), Via San Lorenzo n. 1, del COMUNE di SALE (P.Iva 00409960069) con sede in Sale (AL), Via Manzoni n. 1, del COMUNE di SAN

SEBASTIANO CURONE (P.Iva 00438190068) con sede in (AL), Piazza Roma n. 7, del COMUNE di (P.Iva 00433920063) con sede in Sarezzano (AL), Piazza Sarzano n. 1, del COMUNE di (P.Iva 00444580062) con sede in Spineto Scrivia (AL), Piazza IV Novembre n. 1, del COMUNE di (P.Iva 00430330068) con sede in Viguzzolo (AL), Via Roma n. 9, del

COMUNE di (P.Iva 00397670068) con sede in Villalvernia (AL), Via Roma n. 12, del COMUNE di (P.Iva 00465340065) con sede in Villaromagnano (AL), Piazza XXV Aprile n.1, del COMUNE di (P.Iva 00451230064) con sede in Volpedo (AL), Piazza Libertà n. 26, del COMUNE di (P.Iva

00411690068) con sede in Volpeglino (AL), Via Stazione n. 6 in persona dei rispettivi Sindaci e del COMITATO UNITI PER TORTONA in persona dei legali rappresentanti signora Elena Fausta Piccinini (C.F: PCCLFS74A41L304B) e signor Antonio Lace (C.F: LCANTN77T15H383S) con sede in Tortona (AL), Strada Bertarino n. 23, tutti rappresentati e difesi, anche disgiuntamente dall’avv. prof. Paolo Scaparone (C.F. SCPPLA41C27A479D),

3 dall’avv. Cinzia Picco (C.F. PCCCNZ63L62A518T) e dall’avv. Jacopo Gendre (C.F. GNDJCP78R27A479X) del Foro di Torino – i quali difensori dichiarano ex art. 136 cod. proc. amm. di voler ricevere le comunicazioni inerenti il presente processo al numero di fax 011/540250 o all’indirizzo di posta elettronica [email protected] e, [email protected] e [email protected] – ed elettivamente domiciliati presso lo studio dei medesimi in Torino, Via San Francesco d’Assisi n. 14 per deleghe ed elezioni di domicilio a margine del presente atto contro la Regione Piemonte in persona del Presidente

per l’annullamento previa concessione di idonea misura cautelare della deliberazione della Giunta regionale 19.11.2014 n. 1-600 recante “Adeguamento della rete ospedaliera agli standard della legge 135/2012 e del Patto per la Salute 2014/2016 e linee di indirizzo per lo sviluppo della rete territoriale”, pubblicata sul

Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 48 in data 27.11.2014

(Supplemento n. 1); di tutti gli atti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del procedimento rilevante e, occorrendo, del Patto per la Salute 2014/2016, sancito con intesa tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano in data 10.7.2014 e della schema di Regolamento recante “Definizione degli standard qualitativi,

4 strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, in attuazione dell’articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell’articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135”, oggetto di apposita intesa sancita dalla Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome.

_____*****_____ FATTO I.1 La Regione Piemonte è una delle regioni sottoposte al c.d. piano di rientro, vale a dire allo strumento di pianificazione e programmazione definito in accordo con lo Stato e mirato al risanamento del pesante deficit finanziario del servizio sanitario regionale attraverso la riorganizzazione di questo nella sua interezza. Il Piano di Rientro concordato tra il Ministero della Salute e la Regione Piemonte è stato sottoscritto in data 29.7.2010. È stato approvato dalla Regione con deliberazione della Giunta regionale 2.8.2010 n. 1-415 e integrato dal c.d. Addendum recepito con le deliberazioni giuntali 28.2.2011 n. 44-1616 e 29.4.2011 n. 49-

1985.

2. In attuazione del Piano di Rientro la Regione Piemonte ha approvato, con deliberazione del Consiglio regionale 3.4.2012 n. 167-14087, il Piano Socio-Sanitario regionale 2012/2015. In esso la Regione, per quanto d’interesse, ha suddiviso il territorio regionale in sei aree sovrazonali, ha definito il numero massimo di posti letto per le singole discipline

5 specialistiche in ciascuna area sovrazonale e ha classificato i presidi ospedalieri in tre categorie di importanza crescente: 1) ospedale di territorio; 2) ospedale cardine; 3) ospedale di riferimento, a cui corrispondono tre tipologie di pronto soccorso differenziate in base alla complessità del caso da fronteggiare: a) Pronto soccorso semplice; b) Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) di primo livello; c) Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) di secondo livello. L’ospedale di territorio o di primo livello è il presidio in cui vengono effettuate prestazioni diagnostiche e terapeutiche di specialità di base, diffuse e di bassa intensità, e di riabilitazione. E’ sede di pronto soccorso semplice, di area disagiata o punto di primo intervento.

Nell’ospedale cardine o di secondo livello, anche in quanto sede di DEA di primo livello, vengono effettuate, oltre alle prestazioni dell’ospedale di territorio, pure prestazioni relative a diverse specialità mediche e chirurgiche che necessitano di ricovero ordinario. Tale ospedale è nodo fondamentale dell’offerta per malati acuti a media ed alta gravità clinica.

L’ospedale di riferimento o di terzo livello è un presidio in cui vengono svolte, oltre alle prestazioni proprie degli ospedali cardine e di territorio, prestazioni mediche e chirurgiche di alta specialità e trattati casi ad elevata gravità clinica. Può essere sede di attività didattica e di ricerca, anche attraverso l'apporto dell’università. E’ sede di DEA di secondo livello.

6 II. In attuazione delle previsioni del Piano socio-sanitario relative alla rete ospedaliera e della sopravvenuta normativa statale (art. 15, co. 13, lett. c), d. l. n. 95/2012), che stabilisce in 3,7 per 1000 abitanti il numero massimo di posti letto a carico del servizio sanitario regionale (incluse anche le strutture private convenzionate), la Regione Piemonte, tramite la Giunta, ha adottato le seguenti deliberazioni: a) 14.3.2013 n. 6-5519, recante “Programmazione sanitaria regionale. Interventi di revisione della rete ospedaliera piemontese, in applicazione della D.C.R. n. 167-14087 del 03.04.2012 (P.S.S.R. 2012-2015) …”; b) 30.12.2013 n. 26-6992 di approvazione dei Programmi Operativi 2013 predisposti in attuazione dell’art. 15, co. 20, d. g. n.

95/2014; c) 12.5.2014 n. 28-7588, recante “Azione 14.1.1 “Ridefinizione della rete ospedaliera per acuti e per post-acuti” di cui ai Programmi Operativi 2013-2015 approvati con D.G.R. 25- 6992 del 30 novembre 2013: modificazioni e integrazioni alla D.G.R. 6-5519 del 14 marzo 2013”, con la quale la Regione ha completato il disegno riorganizzativo individuando, per ciascun presidio ospedaliero pubblico, le discipline specialistiche e i relativi posti letti (in ricovero e in c.d. day-hospital). Tali deliberazioni, unitamente a quella di approvazione del Piano socio- sanitario, sono note nell’ambiente degli addetti ai lavori come ‘Piano Monferino’ dal nome dell’Assessore regionale che ne ha curato la predisposizione.

7 Nel ‘Piano Monferino’ l’ospedale di Tortona, facente parte dell’Area Sovrazonale Piemonte sud-est, era classificato come ospedale cardine, con DEA di primo livello, dotato di 173 posti letti e delle seguenti discipline specialistiche corrispondenti a distinti reparti: Anestesia-Rianimazione/Terapia intensiva; Cardiologia; Chirurgia generale; Chirurgia maxillo; Medicina e

Chirurgia d’accettazione e urgenza; Neurologia; Oculistica; Oncologia; Otorinolaringoiatria; Ortopedia; Pneumologia e Unità di Terapia intensiva cardiologica. Gli atti regionali comportavano un ridimensionamento dell’ospedale di Tortona, derivante, in particolare, dalla chiusura del “punto nascita”, disposta con la citata deliberazione della Giunta regionale n. 6-5519/2013. Tali atti non sono stati contestati dai

Comuni tortonesi – la cui popolazione rappresenta il principale bacino di utenza dell’ospedale – nella consapevolezza della necessità di concorrere alle misure di riduzione del deficit della sanità piemontese. III. Peraltro, la riorganizzazione deliberata non è stata integralmente attuata: la deliberazione n. 28-7588/2014, anche alla luce di alcuni rilievi sollevati dal tavolo tecnico che vigila sull’attuazione del Piano di Rientro della Regione Piemonte, è stata sospesa dalla Giunta regionale, con deliberazione 4.8.2014 n. 46-233, “fino al 31.12.2014 - o alla ridefinizione delle rete ospedaliera in coerenza con le indicazioni ed i parametri definiti a livello nazionale (Art. 3 Nuovo Patto della salute 2014-2016) che

8 assume la di atto di alta programmazione sanitaria a livello regionale”. IV. Frattanto, in data 10.7.2014 è stato sancito il Patto della salute 2014/2016 con intesa tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome. Nel

Patto (art. 3) “Si conviene sull’adozione del regolamento di definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, previa intesa con la Conferenza Stato Regioni, in attuazione dell’articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135”. Lo schema di regolamento, intitolato “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, in attuazione dell’articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell’articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135” — d’ora in avanti, per brevità, schema di Regolamento – è stato predisposto dal

Ministero della Salute e sottoposto alla Conferenza Stato Regioni, la quale ha espresso “l’Intesa con [diverse] proposte emendative, di cui alcune ritenute irrinunciabili ed altre migliorative del testo” (Allegato B, Rep. Atti n. 98/CSR del 5 agosto 2014). Lo schema è stato inviato al Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, che ha reso un parere interlocutorio (6.11.2014 n. 3453) rimettendo l’atto al Ministero della Salute

9 affinché: 1) il testo venga emendato da errori di forma: “Sul piano generale va rilevato come l’intero provvedimento (ivi compreso l’allegato) si caratterizzi per una scrittura assai lontana dai buoni canoni di un periodare piano, comprensibile a prima lettura ed elegante e per un uso assai frequente di acronimi e di espressioni in lingua straniera, il cui ricorrere – secondo le regole della redazione dei testi legislativi – andrebbe vietato. Si raccomanda pertanto all’Amministrazione una rilettura e riscrittura dell’intero testo”; 2) sia verificato il raggiungimento effettivo dell’intesa con le regioni, cui il Consiglio di Stato subordina il parere favorevole. Ad oggi non risulta che il Ministero della Sanità abbia revisionato lo schema di Regolamento secondo le indicazioni del Consiglio di Stato né che sia stata raggiunta l’intesa. V. La Giunta regionale del Piemonte, qualificando le considerazioni critiche del Consiglio di Stato come “rilievi formali” e a distanza di appena 13 giorni dalla pubblicazione del parere appena citato, ha adottato, in dichiarata applicazione dello schema di Regolamento, la deliberazione 19.11.2014 n 1-600, recante “Adeguamento della rete ospedaliera agli standard della legge 135/2012 e del Patto per la Salute 2014/2016 e linee di indirizzo per lo sviluppo della rete territoriale”. La decisione regionale, pensata e studiata nel ‘chiuso’ degli uffici regionali e senza alcun confronto preventivo con i Comuni interessati e con le realtà sociali toccate dalla riorganizzazione della

10 rete ospedaliera, declassa l’ospedale di Tortona da ospedale cardine con DEA di I livello (denominazione che nel Piano socio-sanitario regionale 2012/2015, tuttora vigente, individua gli ospedali corrispondenti alla categoria presidio di I livello di cui allo schema di Regolamento) a ospedale di base, sede di pronto soccorso semplice.

Ciò significa, in termini concreti, una marcata riduzione delle discipline specialistiche operative. Invero, attualmente il presidio tortonese - la cui organizzazione interna, salva la disattivazione del punto nascite, non è stata conformata alle previsioni del ‘Piano Monferino’ - ha 172 posti letti per ricovero ordinario e 26 per day hospital. Le strutture operative sono: Anatomia Patologia; Anestesia e Rianimazione; Cardiologia; Day Surgery multispecialistico;

Diabetologia; Epatologia e Ecografia Interventistica; Farmacia Ospedaliera, Gastroenterologia/Endoscopia digestiva; Immunoematologia e Trasfusionale; Laboratorio Analisi e Microbiologia; Medicina interna; Medicina e Chirurgia d’Accettazione e Urgenza; Neurologia; Oculistica; Oncologia; Ortopedia; Ostetrica e Ginecologia; Otorinolaringoiatria; Pediatria;

Pneumologia; Radiologia; Recupero e Rieducazione funzionale,

Senologia, Terapia del Dolore e Urologia. Per contro, nella deliberazione regionale n. 1-600/2014 le uniche discipline che saranno mantenute presso il presidio di Tortona sono: Medicina generale, Chirurgia generale, Ortopedia, Terapia intensiva e Radiologia. Chiudono discipline all’avanguardia come Cardiologia, Ginecologia e Senologia.

11 Da tale declassamento non sembra conseguire né un risparmio finanziario né un miglioramento del servizio. I residenti nei Comuni dell’area tortonese, anche in ragione della collocazione geografica, non si rivolgeranno probabilmente all’ospedale di né al presidio ospedaliero di Alessandria, bensì si recheranno presso le strutture ospedaliere lombarde che sono, anche a livello geografico, più facilmente raggiungibili e assicurano una elevata qualità terapeutica. Il che darebbe luogo all’incremento della mobilità sanitaria extraregionale con inevitabile aggravio di spesa sul già deficitario bilancio della Regione Piemonte, tenuta al rimborso delle prestazioni rese ai cittadini piemontesi a favore della regione erogante. Pertanto, i 39 Comuni del tortonese subiscono un’importante riduzione dell’offerta sanitaria sul loro territorio e sono costretti a reagire in sede giudiziaria mediante l’impugnazione della deliberazione regionale di riorganizzazione della rete ospedaliera avanti il TAR Piemonte con richiesta incidentale della sospensione della sua efficacia per i seguenti motivi di DIRITTO

I. INESISTENZA DEL REGOLAMENTO CHE LA REGIONE PIEMONTE

HA DICHIARATO DI ATTUARE E DI APPLICARE CON LA

DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA 19.11.2014 N. 1-600: violazione di legge in relazione all’art. 15, co. 13, lett. c), d. l. 6.7.2012 n. 95, convertito, con modificazioni, in l. 7.8.2012 n. 135 e al principio di legalità dell’azione amministrativa.

12 1. La deliberazione regionale n. 1-600/2014 è dichiaratamente attuativa dell’art. 15, co. 13, lett. c), d. l. n. 95/2012, del Patto della Salute 2014/2016 nonché dello schema di Regolamento. Più precisamente, la Regione Piemonte ha adottato la deliberazione gravata esercitando il potere ad essa conferito da tale disposizione legislativa secondo cui “sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera fissati, entro il 31 ottobre 2012, con regolamento approvato ai sensi dell'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché tenendo conto della mobilità interregionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, nel rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle cure primarie finalizzate all'assistenza 24 ore su 24 sul territorio adeguandoli agli standard europei, entro il 31 dicembre 2012, provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni. La

13 riduzione dei posti letto è a carico dei presidi ospedalieri pubblici per una quota non inferiore al 50 per cento del totale dei posti letto da ridurre ed è conseguita esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative complesse”. Merita precisare che la norma appena riportata impone a tutte le Regioni e non solo a quelle sottoposte al piano di rientro di adottare atti di riordino della rete ospedaliera sulla base del regolamento al fine di conseguire l’obiettivo di un numero massimo di posti letto a carico del servizio sanitario regionale pari a 3,7 per 1000 abitanti. 2. La deliberazione regionale impugnata ridisegna la rete ospedaliera e ridefinisce le strutture organizzative, cioè i reparti dei singoli presidi ospedalieri e i relativi posti letti in espressa applicazione dei criteri stabiliti dal Regolamento.

Nel testo della deliberazione si legge: “ … in coerenza con il quadro normativo nazionale e regionale ... si è dato seguito … alla …. rideterminazione delle strutture organizzative e dei relativi posti letti definendo un nuovo programma di revisione della rete ospedaliera regionale basato sui seguenti criteri: - classificazione delle strutture ospedaliere piemontesi in tre livelli a complessità crescente (presidi ospedalieri di base, con bacino di utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, prevedendo il mantenimento di presidi con funzioni ridotte di pronto soccorso per zone particolarmente disagiate ovvero distanti più di 90 minuti dai centri hub o spoke di riferimento o 60 minuti dai presidi di pronto soccorso; presidi ospedalieri di I livello, con bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti; presidi

14 ospedalieri di II livello, con bacino di utenza compreso tra 600.000 strutture organizzative pubbliche e private per disciplina, in relazione ai bacini di utenza ed all’organizzazione della rete dell’emergenza/urgenza, secondo gli standard per singola disciplina e per le alte specialità previste dalla CSR [Conferenza

Stato Regioni] n. 98 del 5/08/2014 [che identifica il documento contenente lo schema di Regolamento] , nonché nel rispetto degli standard previsti dall’ex art. 12, comma 1, lett. b), Patto per la salute 2010-2012, approvati, in data 26.03.2012, dal “Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di appropriatezza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse di cui all’intesa Stato –Regioni del 23.03.2005 [c.d

Comitato LEA]”. La suddivisione degli ospedali in presidi di II livello, presidi di I livello e ospedali di base è stabilita dallo schema di Regolamento, così come è lo schema di Regolamento, cui si riferisce esplicitamente la deliberazione regionale quando richiama la CSR 98 del 05/08/2014, a fissare il bacino di utenza per ciascuna disciplina o specialità diagnostica.

Inoltre, nell’allegato A alla deliberazione censurata è ancor meglio esplicitata la volontà regionale di riorganizzare la rete ospedaliera in applicazione dei criteri stabiliti da Regolamento: “Con il Patto per la Salute 2014-2016 siglato in data 10 luglio 2014, si è convenuto, all’art. 3, sull’adozione del Regolamento di definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi

15 all’assistenza ospedaliera, in attuazione dell’articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell’articolo 15, comma 13, lettera c) del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (di seguito “Regolamento”). Il Regolamento è stato approvato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e

Province autonome di Trento e Bolzano in data 5 agosto 2014 e impegna le Regioni ad adottare entro il 31 dicembre 2014 “il provvedimento generale di programmazione di riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri accreditati (omissis...) garantendo il progressivo adeguamento agli standard ospedalieri di cui al presente Decreto nel corso del triennio 2014-2016”. Il Regolamento definisce più puntualmente per la parte ospedaliera gli standard stabiliti in sede di Comitato Lea per l’individuazione di strutture semplici e complesse (ex art. 12, comma 1, lett. b), Patto per la Salute 2010-2012 di seguito evidenziati: . una Struttura Complessa ospedaliera ogni 17,5 pl; . 1,31 Strutture Semplici per ogni Struttura Complessa. Il Regolamento stabilisce le modalità di calcolo del numero di posti letto regionali al netto della mobilità passiva prendendo come riferimento la popolazione residente.

Inoltre, il Regolamento definisce che i posti di residenzialità territoriali, con un costo giornaliero pari o superiore al valore della tariffa regionale giornaliera per la lungodegenza ospedaliera, sono da considerarsi equivalenti ai posti letto ospedalieri; fanno eccezione i posti letto disciplinati dall’art. 1, comme 3, lettera c, del Regolamento. Infine, l’art. 5 del Patto per la

16 Salute delinea il modello di riorganizzazione dell’Assistenza territoriale articolando un modello organizzativo unitario supportato dall’integrazione tra il sistema di emergenza urgenza e i servizi di continuità assistenziale (CSR 36 del 7 febbraio 2013 e 20 febbraio 2014). Alla luce del perimetro normativo sopra descritto, la metodologia di rimodulazione delle reti assistenziali prevista dal

Regolamento indica quale punto di partenza la definizione della Rete di emergenza ospedaliera, secondo il modello di Hub e Spoke, articolato per bacino di utenza, adeguatamente integrata con il 118 territoriale e con la rete ospedaliera per l’elezione, definita anche attraverso la valutazione dei volumi di attività e degli esiti ....”. 3. Ora, lo schema di Regolamento, che costituisce il parametro normativo a cui la decisione regionale dichiara di conformarsi, è un atto inesistente: esso consiste in una mera bozza, non solo e non tanto perché non è stato ancora né firmato dal Ministro della Salute né pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, ma soprattutto perché il procedimento per la sua formazione risulta ancora in fieri. Invero, sullo schema di Regolamento il Consiglio di Stato ha reso un parere interlocutorio invitando il

Ministero della Salute, oltre che ad emendarlo dei numerosi difetti formali, a chiarire se sulla bozza esaminata è stata effettivamente raggiunta l’intesa con le Regioni, elemento imprescindibile per la valida formazione dell’atto normativo in questione (Corte Cost. n. 134/2006). Puntualmente, il Consiglio di Stato, nel parere n. 3453/2014, osserva: “Resta, inoltre, il dubbio sul fatto che l’intesa con la Conferenza Stato Regioni – prevista come obbligatoria dal

17 suddetto art. 15, co. 13 lett. c), in seguito alla sentenza n. 134 del 2006 della Corte costituzionale – sia stata raggiunta. Infatti, nel corso della seduta del 5 agosto 2013, nella quale è stata adottata la deliberazione n. 98/CSR, le Regioni hanno consegnato un documento, classificato allegato B, cui la deliberazione stessa fa specifico riferimento e contenente proposte emendative alla bozza di regolamento presentato dal Governo. Tali proposte, alcune delle quali espressamente indicate come “irrinunciabili”, o non risultavano accolte (emendamenti 2, 3, 5, 6, 8, 9, 11 e 12) o non è chiaro se lo siano state (4, 7 e 10). In tale situazione la Sezione non può che invitare l’Amministrazione a chiarire la sussistenza o no dell’Intesa e subordinare a tale sussistenza il proprio parere favorevole”. Del resto, l’art. 15, co. 13, lett. c), d. l. n. 95/2012 è inequivoco: le regioni adottano i provvedimenti di riordino della rete ospedaliera “sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera fissati …. con regolamento …, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”.

4. Insomma, la Regione Piemonte, con la deliberazione impugnata, ha inteso esercitare uno specifico potere attribuitole da una puntuale previsione legislativa (art. 15, co. 13, lett. c), d. l. n. 95/2012) in difetto dell’imprescindibile presupposto da questa richiesto per l’esercizio del potere stesso, cioè dell’adozione del regolamento su intesa della Conferenza Stato Regioni. Intesa che – si ribadisce –, come rilevato dal Consiglio di Stato in sede

18 consultiva, non risulta essere stata raggiunta. La palese violazione del principio costituzionale di legalità – presidio fondamentale contro gli abusi del potere pubblico – è ancor più grave se sol si considera che siffatta violazione sembra essere stata consapevolmente realizzata dall’Amministrazione regionale. In proposito, è significativo che la Regione Piemonte abbia reagito alle osservazioni assai pregnanti del Consiglio di Stato derubricandole a “rilievi formali”. Ma la mancata intesa tra Stato e Regioni sullo schema di Regolamento, oltre a costituire una violazione del precetto dell’art. 15, co. 13, lett. c), d. l. n. 95/2012, non è affatto un vizio di mera forma. Tale carenza integra una lesione del principio di leale collaborazione e del modello denominato ‘governo condiviso del sistema sanitario’ che informa la pertinente legislazione: il Patto per la Salute, il Piano di rientro, il Comitato LEA altro non sono che espressioni di siffatto modello, che, nell’attuale assetto costituzionale, trova un fondamento anche nell’inclusione della materia sanitaria nelle materie di legislazione concorrente (art. 117 Cost.). 5. Né vale a confutare la censura il rilievo che la Regione è comunque titolare del potere di programmazione della rete ospedaliera e, nell’esercizio di tale potere, può stabilire criteri cui conformare il disegno programmatorio. Prima di tutto va osservato che la Regione Piemonte non ha fatto uso del potere di programmazione disciplinato, in parte, dal d. lgs. n. 502/1992 e, in parte, dalla l. r. Piemonte n. 18/2007. Detti provvedimenti legislativi e, in specie, la legge regionale individuano,

19 in applicazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, gli strumenti di programmazione sanitaria. In particolare, lo strumento della programmazione regionale è il piano socio-sanitario. Ad esso non è però riconducibile, almeno per il procedimento seguito, l’atto impugnato. 6. Neppure il richiamo formulato nel provvedimento gravato al

Piano di rientro e ai Programmi operativi attuativi dello stesso fa venir meno il vizio di legittimità denunciato. Anzi, la circostanza che la deliberazione impugnata dichiari di essere stata adottata anche in attuazione del Piano di rientro e dei programmi operativi dà luogo ad un ulteriore profilo di illegittimità consistente nella violazione dei precetti contenuti nel Piano socio- sanitario e nel pertinente Programma operativo attuato, cioè il

“Programma 14: Riequilibrio Ospedale-Territorio” – d’ora in avanti Programma 14 –. L’attuazione di quest’ultimo era stata disposta dalla deliberazione della Giunta regionale 12.5.2014 n. 28- 7588, sospesa e, in parte, superata, per stessa ammissione regionale, dal Patto della salute 2014/2016. In tale Patto si rimanda (art. 3) la ridefinizione degli standard per l'assistenza ospedaliera ad un regolamento, il quale, nella versione illegittimamente applicata dalla Regione Piemonte, non è pienamente allineato al Programma 14. Questo Programma ridisegnava la dotazione dei posti letto e delle strutture organizzative dei presidi ospedalieri sulla base del disegno della rete ospedaliera delineato dal Piano socio-sanitario 2012/2015, direttamente attuativo proprio del Piano di Rientro. Per contro, la deliberazione impugnata incide profondamente su detto

20 disegno, modificando prima di tutto la classificazione della rete ospedaliera in applicazione dello schema di Regolamento (non ancora – si ribadisce – in vigore). Al riguardo, è sufficiente ricordare che, secondo il Piano socio-sanitario e il Programma 14, il presidio di Tortona era ospedale cardine con DEA di I livello, mentre la deliberazione della Giunta impugnata lo declassa a ospedale di base, sede di pronto soccorso semplice. La diversa classificazione non è meramente nominalistica: le due tipologie di presidio ospedaliero offrono servizi sanitari ben diversi. Basti pensare che, sulla scorta della deliberazione 12.5.2014 n. 28-7588 – realmente applicativa del Programma 14 – l’ospedale di Tortona – ci si permette di ripetere per comodità di lettura - era dotato di 173 posti letto e delle seguenti discipline specialistiche (reparti): Anestesia-Rianimazione/Terapia intensiva; Cardiologia; Chirurgia generale; Chirurgia maxillo; Medicina e Chirurgia d’accettazione e urgenza; Neurologia; Oculistica; Oncologia; Otorinolaringoiatria; Ortopedia; Pneumologia, Unità intensiva Terapia cardiologica. Per contro, la deliberazione impugnata assegna a tale presidio solo cinque discipline specialistiche: Medicina generale, Chirurgia generale,

Ortopedia, Terapia intensiva e Radiologia, senza peraltro specificare il numero di posti letto per il medesimo.

II. INCOMPETENZA DELLA GIUNTA REGIONALE AD ADOTTARE LA

DELIBERAZIONE IMPUGNATA: violazione di legge in relazione agli artt. 28 e 62 dello Statuto della Regione Piemonte, 2 d. lgs. 30.12.1992 n. 502 e 3, l. r. Piemonte 6.8.2007 n. 18.

21 1. La deliberazione censurata è viziata da incompetenza in quanto avrebbe dovuto essere adottata dal Consiglio e non dalla Giunta in ragione della sua particolare natura programmatoria. La competenza del Consiglio regionale sugli atti di programmazione è sancita dall’art. 28 dello Statuto della Regione Piemonte secondo cui “Il Consiglio regionale inoltre esercita le funzioni relative: a) alla programmazione….” e, più specificamene, dall’art. 62 dello Statuto medesimo che definisce la programmazione come metodo dell’azione regionale volto all’individuazione degli obiettivi, alla selezione delle priorità, all’indicazione delle scelte e alla determinazione delle risorse e delle modalità del loro reperimento (co. 2) e statuisce che “i documenti di programmazione sono predisposti dalla Giunta regionale … e sono approvati dal Consiglio regionale” (co. 3). La competenza consiliare trova la sua ratio nel fatto che, in un ordinamento democratico, la programmazione del governo di una materia comporta scelte fondamentali circa gli interessi sociali coinvolti che implicano decisioni di carattere politico e quindi vanno compiute attraverso il confronto tra tutte le forze rappresentative che può avvenire esclusivamente nelle assemblee elettive.

2. E’ poi la stessa legislazione regionale che, in attuazione di tali precetti statutari, attribuisce alla competenza consiliare l’adozione di atti di programmazione in materia sanitaria. La l. r. Piemonte 6.8.2007 n. 18, recante “Norme per la programmazione socio-sanitaria e il riassetto del servizio sanitario regionale”, individua nel piano socio-sanitario lo

22 strumento primario della programmazione regionale sanitaria (art. 2 e 11) e ne attribuisce la competenza al Consiglio regionale: “il Consiglio regionale approva con deliberazione il piano socio- sanitario regionale …” (art. 3, co. 1); “il piano socio-sanitario regionale è approvato dal Consiglio regionale …” (art. 11, co. 2). Coerentemente, la stessa legge regionale attribuisce alla Giunta regionale il compito di predisporre la proposta di piano socio- sanitario da sottoporre all’approvazione del Consiglio regionale (art. 11, co. 2) e di informare il Consiglio dello stato di attuazione del piano medesimo: “la Giunta regionale presenta ogni tre anni la relazione socio-sanitaria e la trasmette al Consiglio regionale ….” (art. 13, co. 2); “la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale ogni anno un documento di monitoraggio e valutazione relativo allo stato di attuazione della programmazione regionale …” (art. 13, co. 3). Gli altri strumenti di programmazione sanitaria previsti dalla l. r. Piemonte n. 18/2007 - piani di salute, piani attuativi delle Aziende sanitarie locali e piani attuativi delle Aziende ospedaliere - sono attribuiti rispettivamente alla competenza del Comitato dei Sindaci

(artt. 2 e 14) e delle ASL o ASO (art. 2, 15 e 16). Nessuna funzione programmatoria è attribuita alla Giunta regionale né dallo Statuto né dalla legislazione sanitaria piemontese. 3. D’altra parte, la competenza del Consiglio in ordine alla funzione di programmazione, specie in materia sanitaria, si desume dalle finalità e dall’oggetto della funzione stessa. Se il piano socio- sanitario regionale costituisce lo strumento principale della politica

23 sanitaria regionale perché definisce gli “obiettivi generali di salute e di benessere” (art. 12, co. 1, l.r. n. 18/2007), fissa “i criteri per il dimensionamento ottimale, per la distribuzione territoriale e per l’articolazione in rete dei servizi …” nonché “i criteri generali per l’organizzazione dei servizi e delle aziende sanitarie regionali”, l’approvazione di esso non può essere demandata che alla competenza del Consiglio regionale a motivo dell’investitura popolare diretta di tale organo e dell’attribuzione al medesimo della funzione legislativa. Il Consiglio regionale, proprio per la sua natura per Costituzione necessariamente rappresentativa, è l’organo che definisce le ‘politiche’ regionali, la cui attuazione è demandata al Presidente della Giunta regionale e alla Giunta stessa. Da qui la competenza dell’organo consiliare in materia di programmazione sanitaria. La competenza del Consiglio regionale è ulteriormente avvalorata dal fatto che il piano socio-sanitario regionale non è più meramente attuativo del piano sanitario nazionale secondo la configurazione delineata dalla l. n. 833/1978 e dall’originaria versione del d. lgs. n. 502/1992, ma, alla stregua delle modifiche di quest’ultimo introdotte dal d. lgs. n. 517/1993, è anche strumento di definizione di distinte politiche sanitarie regionali, autonome rispetto a quelle nazionali, e integranti un vero e proprio piano strategico con proprie finalità nell’ambito delle scelte politiche generali della Regione. In sintesi, si tratta di un piano attuativo-integrativo.

24 4. Per altro verso, che la deliberazione regionale sia riconducibile alla figura dell’atto di programmazione lo si trae da vari elementi. Prima di tutto è la Regione a qualificare l’atto impugnato come programmatorio. Nella già citata deliberazione della Giunta regionale 4.8.2014 n. 46-

233, cioè nel provvedimento con cui è stata sospesa l’efficacia della deliberazione n. 28-7588/2014 di attuazione del Programma 14, si legge, nella parte dispositiva, “delibera 1. fino al 31.12.2014 - o alla ridefinizione delle rete ospedaliera in coerenza con le indicazioni ed i parametri definiti a livello nazionale (Art. 3 del Nuovo Patto della salute 2014-2016) che assume la valenza di atto di alta programmazione sanitaria a livello regionale - sono sospesi ….”. L’atto definito dalla Regione di alta programmazione sanitaria è proprio la deliberazione qui impugnata. Lo conferma lo schema di Regolamento dichiaratamente attuato dal provvedimento stesso: l’art. 1 di detto schema, al co. 2, prescrive: “Le regioni provvedono, entro il 31 dicembre 2014, ad adottare il provvedimento generale di programmazione di riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri …..”. Inoltre, è il contenuto del provvedimento impugnato a manifestarne la natura di atto di programmazione. La deliberazione impugnata conforma l’organizzazione territoriale della rete ospedaliera pubblica e privata piemontese e, più in generale, dell’offerta delle prestazioni sanitarie nel territorio: la

25 classificazione degli ospedali nelle tre tipologie previste dallo schema di Regolamento, l’individuazione della speciale tipologia degli ospedali di area disagiata, la suddivisione del territorio in sei aree sovrazonali, la riorganizzazione della rete dell’emergenza- urgenza forniscono le linee fondamentali del disegno dell’organizzazione territoriale dei presidi ospedalieri piemontesi.

Ma se, come si è appena dimostrato, la deliberazione regionale è un atto di programmazione, la sua adozione rientra nella competenza del Consiglio regionale e non della Giunta. Insomma, la Regione ha deciso di esercitare il potere previsto dall’art. 15, co. 13, lett. c), d. l. n. 95/2012. Detto potere si esprime con l’adozione di un provvedimento di carattere programmatorio di competenza del Consiglio regionale. Di qui il vizio di competenza che affligge il provvedimento impugnato. 5. Né la dichiarazione contenuta nell’atto impugnato che questo “è adottato in attuazione del Piano di rientro e dei Programmi Operativi 2013-2015” consente di escludere la denunciata incompetenza della Giunta regionale. La forza derogante a provvedimenti regionali “normativi e amministrativi”, riconosciuta alle determinazioni del Piano di

Rientro (art. 1, co. 796, lett. b), l. n. 296/2006), non vale a rendere possibile la variazione del riparto statutario di competenze tra Consiglio e Giunta. Invero, per un verso, è la stessa disposizione appena menzionata che circoscrive gli “effetti di variazione” delle “determinazioni … previste” nel Piano di Rientro “ai provvedimenti normativi e amministrativi già adottati dalla medesima regione in

26 materia di programmazione sanitaria”, cosicché è da escludere la riconducibilità delle previsioni statutarie riguardanti la competenza consiliare sugli atti di programmazione al novero dei “provvedimenti normativi e amministrativi” appena citati. E ciò per tre ragioni: per un verso, la locuzione “provvedimenti normativi” in rapporto a quella “amministrativi” fa riferimento alle sole norme poste dall’Amministrazione, volutamente distinte, per chiarezza, dagli atti ad oggetto puntuale della medesima; per altro verso e in aggiunta, i “provvedimenti normativi e amministrativi” derogabili debbono risultare “già adottati dalla medesima regione in materia di programmazione sanitaria” e sembrano riferibili soltanto alle misure in essi contenute e non anche alle regole che presiedono alla formazione dei relativi atti; per altro verso ancora, la forza statutaria della regola sulla competenza del Consiglio sugli atti di programmazione non tollera deroghe da parte di atti regionali di rango inferiore. 6. Neppure risulterebbero invocabili ragioni di urgenza a giustificazione dell’intervento della Giunta. Prima di tutto, l’urgenza non è mai richiamata nel provvedimento impugnato e quindi non è spendibile come presupposto dell’esercizio del potere tramite un’integrazione postuma della motivazione. Costituisce insegnamento giurisprudenziale pacifico che le ragioni d’urgenza devono essere puntualmente illustrate nel provvedimento adottato. Inoltre, l’urgenza che giustifica la surrogazione della Giunta al Consiglio secondo l’art. 57 dello Statuto prevede una ratifica

27 consiliare nella prima seduta successiva all’adozione dell’atto e comunque non oltre sessanta giorni. Dell’eventualità di una tale ratifica il provvedimento impugnato non fa alcun cenno e, in ogni caso, il tempo per l’ipotizzata ratifica è ormai scaduto: la deliberazione regionale è stata assunta il 19 novembre e, ad oggi, non vi è alcuna ratifica.

7. La denunciata incompetenza sarebbe ancor più marcata là dove, anche per anticipare possibili obiezioni difensive regionali, la Regione escludesse di aver esercitato lo specifico potere di cui al citato art. 15. Invero, la legge regionale che disciplina la funzione di programmazione sanitaria (l.r. n. 18/2007) ne attribuisce la competenza sicuramente al Consiglio regionale e non alla Giunta.

III. LA TOTALE MANCANZA DI PARTECIPAZIONE DEI COMUNI

INTERESSATI ALLA DECISIONE REGIONALE: violazione di legge in relazione ai principi di sussidiarietà e leale collaborazione nonché agli artt. 97, Cost., 3 e 4 Statuto della Regione Piemonte, 2 l. n. 419/1998, 1 e 2, d. lgs. n. 502/1992, 1 e 11 l. r. 6.8.2007 n. 18. 1. La deliberazione regionale è altresì gravemente viziata per essere stata assunta senza la partecipazione dei Comuni ricorrenti.

L’obbligo di coinvolgere i Comuni deriva da vari precetti. In linea generale, è lo Statuto della Regione Piemonte ad imporre la partecipazione delle Amministrazioni comunali all’attività di programmazione regionale. L’art. 3 dello Statuto dispone: “La Regione, ispirandosi al principio di sussidiarietà, pone a fondamento della propria attività

28 legislativa, amministrativa e di programmazione la collaborazione con le Province, i Comuni e le Comunità montane nonché con le autonomie funzionali e con le rappresentanze delle imprese e dell'associazionismo per realizzare un coordinato sistema delle autonomie”. Il successivo art. 4, rubricato “Programmazione”, statuisce: “La Regione, nel realizzare le proprie finalità, assume il metodo della programmazione e della collaborazione istituzionale, perseguendo il raccordo tra gli strumenti di programmazione della Regione, delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane, delle unioni di Comuni collinari”. 2. Con specifico riferimento alla materia della “tutela della salute”, sia la legge statale sia la legge regionale assegnano un ruolo decisivo alla partecipazione dei Comuni alla programmazione sanitaria. L’art. 2, co. 1, l. n. 419/1998, cioè la legge delega, che è stata poi attuata con d. lgs. n. 229/1999, ha sancito il principio del potenziamento del “ruolo dei comuni nei procedimenti di programmazione sanitaria e sociosanitaria a livello regionale e locale”. Tale principio si è tradotto in puntuali disposizioni del d. lgs. n. 502/1992, risultanti dalle modifiche apportate dal citato d. lgs. n. 229/1999: l’art. 1, co. 13, impone alla regione di prevedere “forme di partecipazione delle autonomie locali” alla redazione del piano socio-sanitario; l’art. 2, co. 2 quinquies, demanda alla legge regionale le “modalità di partecipazione” alla programmazione sanitaria “degli enti locali interessati”.

29 La l. r. Piemonte 6.8.2007 n. 18, recante “Norme per la programmazione socio-sanitaria e il riassetto del servizio sanitario regionale”, fissa come principio della programmazione socio-sanitaria la “partecipazione degli enti locali … alla definizione delle linee programmatiche” (art. 1, co. 3, lett. e). Detta partecipazione è concretamente assicurata, da un lato, dal parere preventivo che deve rendere sul piano socio-sanitario la Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria (art. 11, co. 2), che è definito come “l’organo attraverso cui gli enti locali territoriali concorrono alla definizione e alla valutazione delle politiche regionali in materia sanitaria e socio-sanitaria” 3. Che gli enti locali rappresentativi del territorio, cioè i Comuni, debbano partecipare alla programmazione sanitaria è un dato che non può essere messo in discussione. Così come non può essere contestato che la Regione Piemonte abbia predisposto la deliberazione impugnata senza coinvolgere in alcun modo le Amministrazioni locali. La deliberazione – si ripete – è stata pensata ed elaborata nel ‘chiuso’ degli uffici regionali e romani, senza che i Comuni fossero chiamati ad interloquire: solo dopo la pubblicazione di essa sul

Bollettino Ufficiale le Amministrazioni locali ne sono venute a conoscenza. Nessun confronto con le realtà territoriali colpite dal provvedimento censurato è avvenuto. Né la Regione ha ritenuto di promuovere incontri illustrativi del provvedimento, anche solo nel tentativo di convincere i Comuni della bontà della propria scelta. Il

30 provvedimento regionale è stato calato dall’alto come un diktat non discutibile e, addirittura, doveroso. 3. Il risultato di tale procedimento ‘riservato’ non è solo una palese violazione delle numerose disposizioni di legge, statali e regionali, che impongono la partecipazione dei Comuni alle decisioni programmatiche della Regione in materia di organizzazione sanitaria e un grave vulnus alle prerogative costituzionali dei Comuni, ma è anche, e soprattutto, una decisione amministrativa ‘parziale’ perché assunta, stante il mancato coinvolgimento delle Amministrazioni locali, in assenza di una compiuta ricostruzione dell’effettiva realtà del presidio ospedaliero di Tortona e dell’acquisizione degli interessi dei principali soggetti coinvolti. I Comuni ricorrenti non hanno potuto rappresentare all’Amministrazione regionale la specificità della realtà ospedaliera tortonese e, in particolare, da un lato, il corposo finanziamento alle attività ospedaliere da parte della Fondazione della Cassa di Risparmio di Tortona: fino ad oggi, la Fondazione ha investito circa 7 milioni di euro nell’ospedale finanziando la realizzazione, in tutto o in parte, di nuovi locali, e l’acquisto di apparecchiature mediche nonché elargendo contributi a sostegno di borse di studio che consentissero il mantenimento o l’incremento di personale medico e infermieristico. Ora, posto che l’operazione di riorganizzazione della rete ospedaliera muove dall’esigenza di riduzione della spesa sanitaria, la circostanza che il presidio ospedaliero di Tortona sia in parte finanziato da privati avrebbe certamente rappresentato un elemento di valutazione da non

31 trascurare. Al proposito va rilevato che i Comuni avrebbero potuto adeguatamente illustrare alla Regione gli effetti del declassamento dell’ospedale di Tortona e, in specie, il probabile spostamento degli utenti tortonesi sulle strutture sanitarie della Regione Lombardia con un aggravio di costi per la sanità piemontese. E’ significativo che nel tortonese sia partito un discorso politico di aggregazione a tale Regione. Riluce come la mancata partecipazione dei Comuni alla decisione regionale ha dato luogo ad un provvedimento parziale, assunto in difetto di una puntuale e concreta valutazione dei suoi effetti: non è sufficiente ridurre i posti letto o chiudere strutture complesse per ottenere risparmi di spesa. Essi si raggiungono attraverso una riorganizzazione meditata dei presidi ospedalieri che tenga conto delle specificità territoriali in cui gli stessi sono inseriti e della qualità del servizio complessivamente offerto! Ma una siffatta decisione postula un’attenta ricostruzione della realtà, anche con il contributo decisivo delle Amministrazioni locali.

IV. INDECIFRABILITÀ DELLA DECISIONE REGIONALE DI

DECLASSAMENTO DEL PRESIDIO DI TORTONA: eccesso di potere in rapporto allo schema di Regolamento e violazione dei principi di imparzialità, trasparenza e ragionevolezza. 1. La deliberazione impugnata, come già illustrato, dichiara di applicare alla rete ospedaliera piemontese i criteri stabiliti dallo schema di Regolamento per la classificazione degli ospedali, per la

32 definizione della rete dell’emergenza-urgenza e per l’istituzione delle discipline diagnostiche nei singoli presidi. In applicazione dei richiamati criteri, la deliberazione della Giunta regionale disegna la nuova rete ospedaliera piemontese e, per quanto d’interesse, qualifica i presidi ospedalieri insistenti sul territorio alessandrino nei seguenti termini: l’AO SS. Antonio e

Biagio e C. Arrigo di Alessandria come presidio di II livello con DEA di II livello (Hub); i presidi di e Novi Ligure come presidi di I livello con DEA di I livello (Spoke); i presidi di e di Tortona come ospedali di base con sede di pronto soccorso semplice; il presidio di come presidio di base di zona particolarmente disagiata. 2. La descritta classificazione degli ospedali della Provincia di

Alessandria non è conforme allo schema di Regolamento che la Regione dichiara di utilizzare come esclusivo parametro di riferimento. In particolare, la difformità riluce confrontando sia la diversa classificazione attribuita all’Ospedale di Tortona e all’Ospedale di Novi – il primo è (de)classificato come Presidio ospedaliero di base con sede di Pronto Soccorso, il secondo è inquadrato come Presidio ospedaliero di I livello con sede di DEA di

I livello (Spoke) – sia le discipline specialistiche o reparti previsti per l’ospedale di Tortona. Le differenze non sono giustificate dall’applicazione dei criteri del Regolamento, come si passa a dimostrare. 3. Quanto alla diversa classificazione dell’ospedale di Tortona e dell’ospedale di Novi, va rilevato che lo schema di

33 Regolamento prevede tre tipologie di presidi ospedalieri – 1) presidio ospedaliero di base; 2) presidio ospedaliero di I livello; 3) presidio ospedaliero di II livello – e ne definisce e descrive le caratteristiche nel modo seguente: “2.2 I presidi ospedalieri di base, con bacino di utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, ….. sono strutture dotate di sede di Pronto Soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale: Medicina interna, Chirurgia generale, Ortopedia, Anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva e/o in regime di pronta disponibilità H24 di Radiologia, Laboratorio, Emoteca. Devono essere dotati, inoltre, di letti “Osservazione Breve Intensiva”. 2.3 I presidi ospedalieri di I livello, con bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti sono strutture sede di DEA di I livello, dotate delle seguenti specialità: Medicina Interna, Chirurgia Generale, Anestesia e Rianimazione, Ortopedia e Traumatologia, Ostetrica e Ginecologia (se prevista per n. di parti/anno), Pediatria, Cardiologia con U.T.I.C., Neurologia, Psichiatria, Oncologia, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Urologia, con servizio medico di guarda attiva e/o di reperibilità oppure in rete per le patologie che lo prevedono. Devono essere presenti o disponibili in rete h. 24 i Servizi di Radiologia almeno con T.A.C. ed Ecografia, Laboratorio, Servizio Emotrasfusionale. Per le patologie complesse (quali i traumi, quelle cardiovascolari, lo stroke) devono essere previste forme di consultazione, di trasferimento delle immagini e protocolli concordati di trasferimento dei pazienti presso i Centri di II livello. Devono

34 essere dotati, inoltre, di letti “Osservazione Breve Intensiva” e di letti per la Terapia Subintensiva (anche a carattere multidisciplinare). 2.4 I presidi ospedalieri di II livello con bacino di utenza compreso tra 600.000 e 1.200.000 abitanti sono strutture dotate di DEA di II livello. Tali presidi sono istituzionalmente riferibili alle Aziende Ospedaliere, alle Aziende

Ospedaliero universitarie, a taluni IRCCS e a Presidi di grandi dimensioni della ASL. Tali presidi sono dotati di tutte le strutture previste per l’Ospedale di I livello, nonché di strutture che attengono alle discipline più complesse non previste nell’Ospedale di I livello, quali a titolo indicativo, nel rispetto del criterio prevalente dei bacini di utenza di cui al successivo punto 3.: Cardiologia con emodinamica interventistica h.24,

Neurochirurgia, Cardiochirurgia e Rianimazione cardiochirurgica, Chirurgia Vascolare, Chirurgia Toracica, Chirurgia Maxillo-facciale, Chirurgia plastica, Endoscopia digestiva ad elevata complessità, Broncoscopia interventistica, Radiologia interventistica, Rianimazione pediatrica e neonatale, Medicina Nucleare e altre eventuali discipline di alta specialità; devono essere presenti h.24 i Servizi di Radiologia con almeno

T.A.C. ed Ecografia (con presenza medica), Laboratorio, Servizio Immunotrasfusionale ….”. Lo schema di Regolamento definisce altresì l’organizzazione della rete dell’emergenza-urgenza. Essa è costruita su “quattro livelli di operatività” (paragrafo 9.2): “Ospedale sede di Pronto Soccorso” (paragrafo 9.2.1); “Presidi ospedalieri in zone particolarmente

35 disagiate” (paragrafo 9.2.2); “Ospedale sede di D.E.A. di I livello (Spoke)” (paragrafo 9.2.3); “Ospedale D.E.A. di II livello (hub)” (paragrafo 9.2.4). I requisiti dell’Ospedale sede di Pronto Soccorso sono: “un bacino di utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti”; “un tempo di percorrenza maggiore di un’ora dal centro abitato al DEA di riferimento”: “un numero di accessi annuo appropriati superiore a 20.000 unità”. L’Ospedale sede di D.E.A. di I livello (Spoke) deve avere: “un bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti” e un “numero di accessi annui appropriati” al pronto soccorso superiore a 45.000. L’Ospedale sede di D.E.A. di II livello (Hub) ha “un bacino di utenza compreso tra 600.000 e 1.200.000 abitanti con un numero di accessi [al pronto soccorso] appropriati superiore a 70.000 …”. 4. Ora, i presidi ospedalieri di Tortona e Novi, secondo i dati risultanti dal Programma Nazionale Esiti 2013 dell’AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali), risultano avere avuto nell’anno 2013 un numero di accessi appropriati al pronto soccorso rispettivamente di 23.200 (Tortona) e di 24.766 (Novi

Ligure). Il tempo di percorrenza dal presidio di Tortona all’ospedale di Alessandria – sede del D.E.A. di II livello di riferimento – è calcolabile in 25 minuti (dato ricavato da Google maps con traffico normale); il tempo di percorrenza dall’ospedale di Novi Ligure allo stesso ospedale è stimato in 29 minuti (dato ricavato da Google maps con traffico normale). Il bacino di utenza dell’ospedale di Tortona, calcolando gli abitanti dei 40 Comuni tortonesi, è di

36 60.000, mentre il bacino di utenza dell’ospedale di Novi Liguri è stimabile in 70.000. I dati appena illustrati provano la sostanziale omogeneità delle due strutture ospedaliere quanto ai criteri previsti dallo schema di Regolamento per l’individuazione del tipo di ospedale della rete dell’emergenza-urgenza: i due presidi possiedono i requisiti per la classificazione come Ospedale di base con sede di Pronto Soccorso. Ma tale classificazione è attribuita solo al presidio di Tortona. L’Ospedale di Novi Ligure è qualificato come Ospedale di I livello con sede di DEA di I livello, senza però averne minimamente i requisiti. Questi - si insiste - sono individuati nello schema di Regolamento applicato dalla Regione in: 1) accessi annui al pronto soccorso superiori a 45.000 e 2) bacino di utenza compreso tra

150.000 e 300.000 abitanti. Ma se così è, non si comprende perché la Regione abbia derogato ai criteri previsti dallo schema di Regolamento esclusivamente a favore dell’Ospedale di Novi Ligure e non anche a favore del presidio di Tortona. Se la Regione ritiene che ci siano valide ragioni per riconoscere l’ospedale di Novi Ligure come sede di DEA di I livello, avrebbe dovuto esplicitarle nella deliberazione impugnata. Diversamente, la scelta regionale si atteggia come arbitraria e irragionevole. Se il principio di ragionevolezza esprime l’esigenza che la decisione amministrativa sia giustificabile in relazione agli interessi, pubblici e privati, coinvolti non si può non rilevare come la scelta di qualificare l’ospedale di Novi Ligure come presidio ospedaliero con sede di DEA di I livello risulti ingiustificabile e perciò irragionevole.

37 5. La denunciata irragionevolezza emerge altresì confrontando i dati forniti dall’AGENAS su volumi ed esiti delle prestazioni sanitarie, i quali costituiscono un criterio previsto dallo schema del Regolamento per la riorganizzazione della rete ospedaliera (paragrafo 4). Invero, raffrontando la tabella contenuto nel paragrafo 4 dello schema di Regolamento con i dati AGENAS relativi agli ospedali di Novi Ligure e di Tortona, emerge che, a parte il numero di casi di infarto miocardico acuto (IMA) per l’anno 2013, superiore a Novi Ligure (225) rispetto a Tortona (127), tutti gli altri volumi di attività vedono prevalere il secondo sul primo: gli interventi su casi di tumore alla mammella risultano essere 175 a Tortona e solo 10 a Novi; gli interventi di colecistectomia laparoscopia sono 166 a Tortona e 134 a Novi. Inoltre, gli interventi per frattura di femore realizzati presso l’ospedale di Tortona entro due giorni superano il 60% degli interventi eseguiti. Alla luce dei dati illustrati, ad esempio, la prevista chiusura dei reparti di Ginecologia e Senologia – strutture competenti per gli interventi di rimozione di tumori alla mammella – presso l’Ospedale di Tortona, a fronte del mantenimento delle stesse nell’Ospedale di Novi Ligure, costituisce una misura che compromette gravemente la qualità del servizio reso all’utenza. Identiche considerazioni valgono per la struttura di Anestesia. Siffatta struttura è fondamentale presso un presidio, come Tortona, che, nel 2013, ha compiuto numerosi interventi per tumori alla mammella (n. 175), al colon (n. 25), allo stomaco (n. 10), nonché molte colecistectomie laparoscopiche (n. 166). In proposito, vale la

38 pena rappresentare che, dal punto di vista della qualità dell’erogazione della prestazione, un conto è avere un reparto di Anestesia, altro è assicurare il relativo servizio mediante personale qualificato, ma non inquadrato in un’apposita struttura. 6. Quanto alle discipline o specialità cliniche – ovvero i reparti

–, l’ospedale di Tortona conserva solo, oltre al Pronto Soccorso (attivo 24 su 24), Medicina generale, Chirurgia generale, Ortopedia, Terapia intensiva e Radiologia. Di tutti gli altri reparti ad oggi operativi è prevista la soppressione. Ma una tale decisione risulta profondamente illogica per diversi motivi. Prima di tutto, l’ospedale di Tortona è stato recentemente interessato da interventi di ammodernamento e ristrutturazione che hanno coinvolto discipline di cui la deliberazione impugnata prevede la soppressione, quali, ad esempio, la Cardiologia, la Rianimazione e il Dipartimento di Emergenza e di Accettazione (DEA). Addirittura, i lavori di rifacimento del DEA sono appena stati avviati: la chiusura di tale struttura non si atteggia certo come misura che assicura un risparmio di spesa.

A ciò si deve aggiungere l’importante contributo finanziario che nel corso degli anni la Fondazione della Cassa di Risparmio di Tortona ha impegnato nel presidio ospedaliero di Tortona: che vantaggio economico si trae dalla riduzione delle discipline diagnostiche di un presidio ospedaliero co-finanziato in modo significativo da un soggetto privato a favore di un altro presidio i cui

39 costi sono interamente a carico del bilancio regionale? Insomma, il presidio di Tortona, nonostante garantisca ottimi risultati diagnostici e ottenga importanti sovvenzioni da parte della Fondazione della Cassa di Risparmio di Tortona, viene colpito dall’arbitrario provvedimento regionale. Il che è la dimostrazione che la decisione regionale non è stata assunta tenendo conto della reale offerta sanitaria dei presidi ospedalieri piemontesi e quindi della qualità del servizio, bensì nell’ottica meramente finanziaria di tentare di ‘fare quadrare i conti’. Una riduzione dei posti letto realizzata mediante una riorganizzazione della rete ospedaliera non meditata, cioè senza un’attenta considerazione della realtà locale destinataria dell’offerta del servizio sanitario, non assicura veri risparmi di spesa.

V. CONCLUSIONE I denunciati vizi che inficiano il declassamento dell’ospedale di Tortona dimostrano come la Regione Piemonte, mossa dal movente finanziario, abbia guardato più ai bilanci pubblici che alla salute dei cittadini. Non è la disponibilità finanziaria a conformare l’erogazione del servizio sanitario, ma è la qualità del servizio a dover influenzare la spesa. Detto in altri termini, la variabile indipendente è la qualità del servizio erogato, cioè il diritto alla salute di cui sono titolari i cittadini e le collettività locali. Ma se così è, il punto di partenza del processo decisionale non è l’importo da risparmiare, ma la valutazione del servizio offerto da singole strutture ospedaliere. Il che impone un ribaltamento del metodo: prima si valuta l’offerta che fornisce ciascuna struttura ospedaliera,

40 poi si individuano i fattori della spesa c.d. improduttiva e, solo dopo, si decide con quali misure incidere su tali fattori nell’obiettivo di ottenere il risparmio di spesa auspicato. Diversamente, si sacrificano sull’altare delle esigenze finanziarie diritti fondamentali costituzionalmente protetti: l’amministrazione della salute non può risolversi in una decisione contabile. Un siffatto metodo decisorio risponde alla medesima logica dei c.d. tagli lineari che, poi, altro non è che la logica del ‘pollo di Trilussa’. Governare non è semplicemente ridurre i costi! Istanza cautelare Il ricorso è fondato e, quanto alla componente cautelare, è assistito anche dal c.d. periculum in mora. L’attuazione della nuova rete ospedaliera comporterà la chiusura di molti reparti dell’ospedale di Tortona con la conseguenza immediata di una grave riduzione di un’adeguata e completa offerta sanitaria sul territorio. Per altro verso, i processi di riorganizzazione, specie se interessanti organizzazioni complesse, non sono reversibili: essi vanno ‘bloccati’ prima del loro avvio. In tale prospettiva si impone la concessione della misura cautelare nella forma della sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato e del contestuale ordine alla Regione di riesaminarlo alla luce degli elementi di criticità sollevati dai Comuni ricorrenti. Per tutti i suesposti motivi il Comune di Tortona e gli altri Comuni ricorrenti in persona dei rispettivi Sindaci, come sopra rappresentati e difesi chiedono che il Tribunale adito, voglia:

41 in via cautelare: concedere la misura cautelare richiesta; nel merito: accogliere il ricorso e, per l’effetto, annullare i provvedimenti impugnati. Con vittorie di spese e del compenso professionale nonché con rimborso del contributo unificato. _____*****_____

Ai sensi dell’art. 13, co. 6 bis d.p.r. n. 115/2002 si dichiara che il presente procedimento è assoggettato al contributo unificato di € 650,00. Torino, 12 gennaio 2015 avv. prof. Paolo Scaparone avv. Cinzia Picco avv. Jacopo Gendre

_____*****_____ Relazione di notificazione: Io sottoscritto Ufficiale Giudiziario addetto all’Ufficio Notifiche presso la Corte d’Appello di Torino, a richiesta del Comune di Tortona e degli altri Comuni ricorrenti in persona dei rispettivi Sindaci, e, per essi, dell’avv. prof. Paolo Scaparone, dell’avv. Cinzia

Picco e dell’avv. Jacopo Gendre, ho notificato il suesteso ricorso giurisdizionale consegnandone copia conforme all’originale, unitamente a copia di questa mia relazione, a: la Regione Piemonte in persona del Presidente, presso la sede legale in piazza Castello n. 165 e, ivi, a mani di:

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il Ministero della Sanità in persona del Ministro, nel domicilio eletto ex lege presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, in Corso Stati Unti n. 45 e, ivi, a mani di:

il Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro, nel domicilio eletto ex lege presso l’Avvocatura distrettuale dello

Stato di Torino, in Corso Stati Unti n. 45 e, ivi, a mani di:

l’Azienda Sanitaria Locale AL in persona del Direttore generale presso la sede legale in Casale Monferrato, Via Giolitti n. 2 e, ivi, a mezzo del servizio postale (CAP 15033)

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