dal precedente Colotblind: We Walk This Rood è un lavoro maturo ed af­ fascinante, dove , gospel, OR.)OHN soul e rock si confrontano con il Tribal passato, con la storia della mJsica Proper/fRD moderna, che trapela dai suoni ••••0 vintage, dalle suggestive atmo­ sfere e dagli scricchiolanti interludi che introducono molte dellecan­ zoni. La strada percorsa da Ro­ bert Randolph lungo i bra ni di questo nuovo , intende ce­ lebrare la musica afroamericana degli ultimi 100 anni, come sotto­ lineano le note del booklet, con un repertorio che alterna canzoni ori­ ginali, composizioni di rettamente Ispirate a traditionals o pubJic do­ Medeski ed ai North Mississippi AI­ main ed una particolare sceka di Istars, ma quando è il momento di covers: la splendida e polverosa entrare in studio, il pur pregevole Trave/ing Shoes, con que ll 'intro Unc!assified e soprattutto il suc­ che evoca il Sud più profondo e re­ cessivo e funkeggiante C%rb/ind moto, è un gospel dall'atmosfera non riflettono l'esplosiva energia southem e rurale, dove percussioni e l'inebriante fantasia delle prove e cori accompagnano il lirico scor­ precedenti, nonostante la com­ rere della barra sulle corde della parsa di un fuoriclasse come Eric chitarra; più o meno la stessa gio­ Clapton. Dopo quel disco, che in iosa ed elettrizzante epifania rit­ parte deluse le aspettative, Ran­ mica e vocale che ammanta rmnot dolph sembra aver capito che per 1i5tening e la bellissima 1(/ had my scrivere una buona canzone non Way, con uno strepitoso Ben Har­ basta saper suonare la pedal ste­ per alla voce ed alla seconda chi­ el come fosse una stratocaster, tarra_ Un approccio sanguigllo e avere alle spalle una sezione rit­ back-to-the-roots caratterizza an­ mica solida e dinamica come la Fa­ che un blues scuro e potente mily Band (i cugini Marcu$ Ran ­ come Don'! Change o Dry Bones, dolph alla batteria e Danyel Mor­ che con un attaceo da brividi, in­ gan al basso) e nemmeno invita­ treceia chitarre slide, voci soul ed re ospiti di lusso, ma awerte il bi­ un beat rhythm'n'blues, comesuc­ sogno di costruirsi un background cedeva nei dischi del Ry Cooder e di una crescita sul piano artisti­ degli esordi. Non meno riuscite ed co. E' a questo punto che salta fuo­ originali ris ultano covers come ri il nome del re mida delle pro­ ShotofLove, che trasforma la sban­ duzioni, T-Bone Burnett, non solo data religiosa di Bob Oylan in un musicista e produttore di immen­ torrido rock-blues, dove la chitar­ sa classe, ma un uomo di musica ra ed il piano fanno faville; I don't dalla cultura sterminata, e grazie wanna be a soldier Mama di John alla sua lezione, R/lndolph scopre Lennon, trasfigurata in una t,iba­ il passato, le radici della black­ le e neworleanslana sarabanda music, bluesmen degli anni '30 e psichedelica e la solare e gioiosa gospel-singers degli anni '20, 81ind Walk don'! wa/k di , dove, Willie Johnson e la Chess Records: senza glamour o lustrini, semb'a di per questo la genesi del nuovo sor­ ascoltare un canto africano. Quan­ prendente We Walk This Road è do i ritmi rallentano la chitarra di piuttosto intricata e per scegliere Randolph si fa più lirica ed awol­ le canzoni, ritrovarvl un'identità, gente come nella morbida /stiJ be­ scriverne di nuove e registrare il long toJesus, scritta da tutto, Randolph impiega almeno ed Intrisa di soul e calde sugge­ un paio d'anni. Con la passione e stioni roots o in Sa/varion, con il la competenza che lo contraddi­ plano di e la chitar­ stingue, T-Bone Burnett ha cali­ ra di Doyle 8ramhall come ospi­ brato i suoni, conferito respiro ed ti: We Watk This Road è il disco ca­ equilibriO alle melodie, ha affian­ pace di trasformare definitiva­ cato alla Family Band I propri mu­ mente quel ragazzino stregato sicisti (Patrick Warren al piano, Jay dagli assolo di Stevie Ray Vau­ Belhl!rose e aUa bat­ ghan in un musicista ispirato ema­ terial e strappato Randolph alla di­ turo. rezione funky ed hip-hop segnata Luca Salmini