Musicisti D'oggi
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
MUSICA E MUSICISTI 2 LEONARDO PINZALIl MUSICISTI D’OGGI VENTI COLLOQUI MUSICA E MUSICISTI 2 C 1978 ERI / Edizioni Rai radiotelevisione italiana, via Arsenale 41 Torino Stampato in Italia - Printed in Italy progetto grafico: Paolo Bargis Leonardo Pinzauti MUSICISTI D’OGGI VENTI COLLOQUI ERI Introduzione È più difficile conoscere i nostri contemporanei, si sa, che gli uomi ni del passato, e basta leggere una qualsiasi delle storie della musica pubblicate negli ultimi cento anni per accorgersi, man mano che esse diventano libri di antiquariato, di quante prospettive siano mutate e di come tanti nomi siano ormai dimenticati o trascurati, fra altri che il tempo ha reso invece più importanti, rispetto ai giudizi che ne furono dati. Eppure, conoscere i propri contemporanei, più ancora che una curiosità necessaria al viver quotidiano, è anche un dovere di cultura: non foss’altro per prendersi la responsabilità di un giudi zio, e lasciar così dati di costume, annotazioni di idee e di umori di tutti coloro che, in vario modo, ci passano accanto provocando as sensi, avversioni e perplessità. Nel caso dei musicisti, e in genere di tutti coloro che non fanno mestiere di scrittore (anche quando amano scrivere e parlare di sé) la curiosità di conoscere le loro poetiche, il loro modo di orientarsi nelle polemiche contingenti e nel mondo della cultura, e in sostanza di mettere in evidenza le loro contraddizioni apparenti e reali, provoca (e non certo da oggi, basti pensare a Edmònd Michotte e al Carpani) una vasta letteratura che può illu minare la comprensione, e offrire vere e proprie chiavi di lettura, delle loro composizioni. È per questo che già durante le prime riunioni per la riesumazione della gloriosa « Rivista Musicale Italiana » (l’attuale NRMI) si pensò di mettere in atto una serie di « colloqui » con musicisti di particolare risonanza artistica, o di più evidente rilievo polemico e documentario; e questo, dunqùe, non per stabilire a priori una graduatoria di valori, ma per offrire una documentazione, aperta alla conoscenza dei più e non soltanto degli addetti ai lavori, dei compositi e contrastanti orientamenti della musica contemporanea. Certo, le interviste con i musicisti di oggi, da Gian Francesco Ma- lipiero a Sciarrino, non nascondono i miei gusti e le mie personali perplessità, adesioni e divergenze su molti argomenti particolari e generali; ma l’intento di fotografare (e quindi anche d’interpretare) 7 un gruppo di protagonisti della vita musicale, incontrati negli anni fra il 1967 e il 1977 (un periodo a mio avviso cruciale nei destini della musica contemporanea, e in particolare di quella che ama definirsi di avanguardia), ha in realtà fatto nascere un panorama delle poetiche musicali novecentesche, riprese dal vivo, e a volte anche « datate », ma non per questo di minor interesse culturale ed umano. Ho perciò conservato la stessa successione dei colloqui, così come apparvero sul la « Nuova Rivista Musicale Italiana », perché accadde spesso che gli intervistati stabilissero anche un dialogo, più o meno allusivo, con coloro che li avevano preceduti. E se una certa casualità, originata tal volta anche da ragioni pratiche, sembra determinare bruschi salti di generazione o marcata diversità di orientamenti fra l'uno e Valtro dei musicisti intervistati, di fatto uno stesso filo conduttóre, e potremmo dire una stessa curiosità di documentazione, ha guidato la scelta e il succedersi dei profili, tracciati appunto nella prospettiva di offrire un quadro organico (ma non precostituito, o con la presunzione di poter distinguere i buoni dai cattivi, i destinati al futuro e i condannati al l’oblio) della vita musicale, in rapporto con quella culturale e con il costume del Novecento. Può essere accaduto, nel frattempo, che alcuni dei musicisti inter vistati abbiano cambiato parere su problemi particolari e generali; tre di essi — Malipiero, Dallapiccola e Moderna — sono purtroppo scom parsi; ma di ogni colloquio ho indicato la data e le circostanze in modo da consentirne una giusta collocazione. Perché, in fondo, quel che ri tengo utile, in questa raccolta, è l’aver offerto una serie di ritratti tracciati dal vivo, così come mi accade di dover sintetizzare, subito dopo una esecuzione, le impressioni e il giudizio su un avvenimento musicale; facendomi in sostanza mediatore — così com’è compito di un critico che scrive su giornali e periodici, e non soltanto su riviste specializzate — fra le mie personali curiosità e quelle di un pubblico più vasto, che poi è quello che dà un senso, con la propria partecipa zione o con le sue ripulse, al vasto mondo della vita musicale. E se ho un rammarico, non è di essere stato « giornalista » (preferisco la mo ralità di chi sa la musica, e scrive in modo da farsi leggere e capire, a chi evita i pericoli del giornalismo ammucchiando parole di colore oscuro), ma dir non aver potuto comprendere, in questa galleria di musicisti contemporanei, un ritratto di Benjamin Britten, che per cir costanze avverse non ho fatto in tempo ad incontrare per un colloquio che pur era stato progettato. Se poi manca un’intervista con John Cage, il cui nome è tuttavia tante volte presente nelle pagine di questo libro, non me ne rammari co: ognuno ha i propri interessi, e Cage ha scritto tanto e tanto fatto parlare di sé, dentro e fuori il mondo musicale, da non aver bisogno 8 di intermediari. Per quel che riguarda il mio archivio personale mi son limitato, tanti anni fa, a scattargli qualche fotografia quando so norizzava piazza San Marco, durante un festival di musica contempo ranea, muovendo una sedia sul selciato e ampliandone mostruosa mente i rumori innocenti attraverso un' microfono che vi aveva ap poggiato sopra. Ma non sono né un esperto di alta fedeltà né un co struttore di seggiole; soltanto un critico musicale. L. P. 9 GIAN FRANCESCO MALIPIERO Domandare a Malipiero della sua musica, delle sue « ragioni poe tiche » è difficile; più facile è ascoltare da lui (a sprazzi, in quel suo tipico modo di aprir parentesi e digressioni) una catena di giudizi inquieti, estrosi, bizzarri sulle sue avventure di compositore: ma per Malipiero il momento dell’analisi sistematica di se stesso non è ancora venuto, né può venire. Perché Malipiero è così; lui il più conosciuto dei musicisti italiani del Novecento, non riesce a parlar di sé altro che con la sua musica: ha scritto molti libri, che son poi raccolte di aforsimi e di immagini, più che teorie (anche quando si occupano di Zarlino o di Monteverdi); e la sua organizzazione di pensiero, che tanto fedelmente si riflette nei suoi scritti e più ancora nel suo modo di « far musica », sembra non credere allo « sviluppo » di un tema. La forma-sonata, il sistema, per Malipiero sono finiti nella musica e in tutto quanto c’è di umano nella vita che ci circonda. Ed ecco che, alle domande che gli abbiamo rivolto, risponde con un « tema », che poi lascia andare, affidandolo alla nostra e alla sua fantasia di un momento dopo, quando esso non sarà più lo stesso di prima, e si « svilupperà » in un’altra cosa, lontana e diversa. « Scrivo la musica — comincia — perché non faccio nessuno sforzo a scriverla... E se volete sapere perché ho scritto una nuova opera, che si chiamerà Don Tartufo Bacchettone 1, dal ” Tartufe ” di Molière, io rispondo così: è l’opera che viene dopo la precedente; come là mia ultima sinfonia è quella che vien dopo la precedente; così, per continuare a lavorare. Anche perché è l’unica cosa che so fare, l’ultimo mezzo che ho per comunicare con me stesso e col móndo. Vede: l’ultima sinfonia che ho scritto è dedicata a Scher- chen: la sua morte, a cui ho avuto la disgrazia di esser si può dire presente (quella volta a Firenze — si ricorda? — e ho parlato con lui per telefonò poco prima che morisse, lì in quell’albergo del centro), mi ha molto turbato 2. Ci penso da mesi, e continuo a pensarci molto: e allora ho scritto la mia decima sinfonia — s’intende, quella che vien dopo la ” nona ” — nella quale le ultime quattro battute son quelle 13 déll’Orfeide, le ultime che Scherchen diresse; e le ho messe lì, al l’improvviso, proprio in memoria di lui ». — Ma allora — domando — si potrebbe dire che in lei agiscono ancora delle spinte « romantiche »... « Ah, io sono un pessimo soggetto per far teorie... Direi che le mie composizioni hanno bisogno di un ” trampolino questa volta il trampolino è stato il ricordo di Scherchen, con cui avevo avuto una discussione pochi mesi prima, a Venezia, un giorno che lui era irrita to. E siccome di fronte ai grandi avvenimenti si rimane perplessi, mi son messo alla prova; ed è nata la decima sinfonia, che ho chiamata Atropo e che dedico a Herman Scherchen ». — Ma della sua attività, che cos’altro può dirmi? A Roma si era sentito dire che avrebbero fatto YOrjeide, quella dell’edizione fioren tina... « Senta, a me accadono sempre delle cose straordinarie (come la morte di Scherchen, anche quella è stata una cosa esagerata, non le sembra?): ed ora sa che cosa mi sta succedendo? Se un’opera mia va bene e piace al pubblico, allora non la danno più; se invece non ha successo, allora entra di mezzo l’ipocrisia e la rappresentano in altri teatri. Bonaventura, che andò bene, è rimasto inedito *; ora ho cam biato scenicamente una piccolissima parte del secondo atto, per stabi lire una continuità che a Venezia non fu colta, e la correzione facilita la regìa, perciò il regista in questo caso, non avrà più il diritto di accusarmi, mentre io... ». L ’argomento dei registi è ricorrente, e in modo abbastanza scot tante, nelle conversazioni di Malipiero.