Guarigione Mu Shin con le Foglie di Nespolo

derivata dal Maestro Kawaguchi Ekai dal Maestro Mumon Yamada e dal Maestro Engaku Taino

Annotata da Leonardo Anfolsi Reiyo Ekai

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Possiamo fare cinque illazioni a riguardo del potere guaritivo che si sprigiona attraverso l’uso della foglia di nespolo: - l’intenzione del guaritore estroiettata (Placche del Callegaris / Prana) - l’apertura del paziente: una superstizione contemporanea vuole credere che le medicine debbano prescindere dal paziente che le assume. In tal senso, le ricerche nel campo della psicosomatica (Groddeck, Dethlefsen), e delle vicariazioni nella omotossicologia (Reckeweg), hanno dato risultati precisi, che vanno nello stesso senso delle scoperte relative al Junk-DNA come possibile materiale potenziale e di già inter-attivo. Queste intuizioni riguardanti il rapporto fra psiche e soma sembrano sempre più attenere all’Epigenetica in quanto studio di ogni effetto che circonda “esternamente” il DNA, che si è riconosciuto sensibile alle influenze esterne come lo è a pensieri e credenze. Nella direzione opposta va il concetto di “effetto placebo”, che viene osservato nella bolla di una passiva mancanza di coscienza – anche si vestisse di una convinzione che produce un effetto - mentre non viene ravvisato il resto dell’iceberg, che riguarderebbe le potenzialità umane in qualche misura comunque accese e attive, e quindi finanche la capacità immunitaria individuale, intendendo anche quella accresciuta consapevolmente. - la proiezione energetica (Qi) nell’atto di strofinare il corpo del querente - un assorbimento attraverso la pelle di principi agenti contenuti nella foglia come anche nel carbone che compone l’inchiostro - la somma di tutto ciò: quindi la mediazione creata dallo sfregamento delle foglie di nespolo fra il chimismo, la vitalità della foglia e l’energia proiettata, più l’intenzione delle due persone co-agenti. 1 Ingresso del Tempio di Ryutakuji, Mishima, fondato da , che trasmise la pratica del Naikan, ovvero dell’Alchimia Interna. Si noti l’imponente e vivida presenza del drago. 2 L’Inchiostro e la Foglia di Nespolo Giapponese

L’inchiostro

Quando consideriamo degli aspetti della tradizione culturale giapponese dobbiamo riferirci quasi sempre alla Cina, e questo vale anche per la composizione dell’inchiostro per la scrittura e per la calligrafia. Nell’antichità cinese l’inchiostro era composto principalmente di grafite, ma sempre più è invalso sia in Cina che in Giappone l’uso del carbone vegetale nero, talvolta ottenuto con la calcinazione anossica di vari tipi di olio o semplicemente con la carbonizzazione di legna. In genere veniva dato all’inchiostro in polvere una forma a mattoncino stretto e lungo, se non forme più simboliche; la polvere veniva setacciata e compressa, la forma era mantenuta grazie a un collante animale derivato sovente dal pesce, che noi potremo agilmente sostituire con della chiara d’uovo. Altre sostanze erano talvolta aggiunte, ma solo in Cina, quindi non ci riguardano: - gommalacca in solvente ammoniacale - fiele di bue o succhi di erbe per rendere l’inchiostro più o meno bagnante - olio essenziale di chiodo di garofano come antibatterico

Abbiamo anche il caso di inchiostro medicamentoso dove al carbone di legna selezionata veniva aggiunta qualche essenza vegetale; in questo caso l’inchiostro poteva essere anche grattato e quindi bevuto come té. peraltro il carbone di per sé già contiene principi nutritivi come potassio, fosforo, magnesio, calcio, sodio. In occidente abbiamo l’esempio del Carbone Belloc, ancora oggi in vendita, usato in passato soprattutto nel far west per tamponare i sintomi della dispepsia dovuta alla indegna dieta del tempo. Ultimamente si è scoperto che ogni cibo carbonizzato è potenzialmente cancerogeno; questo, almeno, è valido per l’umanità del nostro tempo, già sottoposta a ogni ordine di intossicazione.

2 Il sigillo della scuola rinzai con visibili le stilizzazioni del crisantemo e del glicine La Foglia di Nespolo Giapponese

La foglia di nespolo giapponese, nell’erboristeria tradizionale cinese e giapponese viene assunta come té, dando molto beneficio alla salute grazie al suo alto contenuto di antiossidanti; viene anche aggiunta a cosmetici e alimenti agendo grazie ai suoi antiossidanti naturali e agli acidi triterpenici che proteggono il corpo neutralizzando le tossine nocive e i radicali liberi. Infatti la foglia di nespolo può anche aiutare il fegato grazie all’antiossidante Amygdalin o B-17, acido linoleico e steroli vegetali, che favoriscono la funzione del fegato e promuovere dei normali livelli di zucchero nel sangue, dato che gli acidi triterpenici, in particolare l’acido tormentic, aiutano il corpo a produrre polisaccaridi, che a loro volta incoraggiano la produzione di insulina. 3 Ma è il supporto per il sistema respiratorio che è il primo uso tradizionale della foglia di nespolo. È stata utilizzata come rimedio per la congestione, per la tosse, la sensibilità a sostanze irritanti e anche per l’irritazione dei polmoni. La ricerca clinica ha confermato la sua efficacia. Uno studio del 2009 presso la Scuola Nazionale di Medicina dell’Università di Kyungpook, ha scoperto che la foglia di nespolo del Giappone, ha rallentato le reazioni allergiche nella maggiore percentuale delle cavie, mentre in tutte le rimanenti ha ridotto gli starnuti e gli effetti delle istamine. Quando viene utilizzata in una crema topica, la foglia di nespolo può essere un ottimo rimedio per il rossore e pelle irritata. Ciò è particolarmente vero quando l’irritazione è il risultato di intossicazione da istamine, come è anche utile per lenire gengive gonfie in caso di malattia parodontale.

Il danno ossidativo causato da radicali liberi, è una delle cause principali di malattie neurodegenerative. Nel 2011 è stata sperimentalmente dimostrata in laboratorio la capacità della foglia di nespolo di supportare il funzionamento normale del cervello e di proteggere contro lo stress ossidativo sia il cervello che tutto il sistema. La foglia va scelta verde, spessa e turgida.

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3 Il Guardiano del Fudo (snsc Achala) dal Tempio Ryutakuji (sn) e da Manpukuji (ds), dove ancora, in quest’ultimo, accanto allo si pratica il culto di Buddha Amitabha. La scuola obaku a cui appartiene Manpukuji è ospitata e organizzata oggi all’interno della scuola rinzai. 4 Si può usare, come nell’immagine, una ruvida terracotta e un pezzetto di carbone vegetale da grattuggiarci sopra Preparazione dell’Inchiostro in Forma già Liquida

Siccome non è possibile conoscere gl’ingredienti degli inchiostri compressi che ci giungono da Cina o Giappone, ci conviene senza indugio fare il nostro inchiostro, dato che ci vuole davvero poco. Ciò che ci serve è

- carbone vegetale nero da bosco - acqua qb per inumidire - chiara d’uovo qb a legare

Il carbone può semplicemente essere preso da carbonella già pronta, per sicurezza sono andato sul sito web del produttore a controllare che non avesse aggiunte di sorta, scoprendo che era stato ottenuto in Sudamerica da un bosco ceduo, cioè sistematicamente coltivato. Faccio notare che la legna di frutteto è molto velenosa – molto - per ovvie ragioni.

Si mescolano assieme la polvere di carbone, qualche goccia d’acqua e qualche goccia di chiara d’uovo. Poi con un contagocce si aggiunge la successiva quantità d’acqua. Per tracciare gl’ideogrammi basta poco inchiostro per preparare tre foglie, ognuna per una delle zone usuali di trattamento: spalle, petto, pancia.

Si strofinano le foglie con moto circolare, spingendo, con volontà ispirata e intensità.

Mu Shin La Magia/alchimia nello Zen

Per la persona comune “magia” significa prestidigitazione, se non satanismo, culti esoterici e superstizione o, al meglio, qualcosa di romantico cioè sentimentale. Chi è colto sa bene come la maggioranza sia superficiale e segua le mode di pensiero, ovvero le superstizioni del proprio tempo; poco importa se si tratta di temere il diavolo, il malocchio, l’inconscio o un contagio inesistente. Etimologicamente la parola “magia” pare derivare dalle antiche lingue della Persia dove la radice “mag” designava “concentrazione e magnetismo estrinsecati”. Cosa c’entra una pratica simile con lo Zen? Storicamente c’entra. Eccome. Hakuin scrisse due manuali di Alchimia Interna, lo Yasenkanna e l’Orategama, che vertevano proprio sul rinvenimento, prima, e sull’estrinsecazione, dopo, della famosa energia.

Chi ha esperienza di questo fattore, l’energia, sa bene che non ne esiste solo un livello, non si tratta soltanto di ciò che scorre e non ha forma tangibile; piuttosto i greci, colla etimogenesi di questa parola, consideravano che “sorge dal di dentro”, captando così un fattore tipico del vivente, se non una concausa d’esso. Senza scendere troppo nei particolari ci basta ricordare come in Asia le due principali suddivisioni dell’energia riguardino a) uno scorrimento bio-magnetico e quindi legato alla circolazione che si muove nel corpo attraverso i meridiani e i punti segnalati dall’Agopuntura nella Medicina Cinese e, l’altra, b) l’energia emotivo-funzionale che accende sensazioni e emozioni, ma anche muove le palpebre, fa parlare o respirare: un’energia chiamata prana che si lega a canali, cursori, chakra e anche al respiro, perciò al sistema nervoso oltre che a quello endocrino. La regolazione del sistema endocrino (ajna-ipotalamo-jindan) e il sistema nervoso enterico (swadistana-dantien), sono le cerniere che connettono questi due livelli dell’energia, mentre il plesso cardiaco costituisce il centro interiore dell’esperienza, di cui il volto ne è l’interfaccia scomparsa nel tutto. 5 C’è qualcosa di importante da conoscere sul potere taumaturgico dei Maestri zen, in particolare quando ancora era considerato doveroso per un prelato buddhista di qualunque scuola svolgere tale funzione nei confronti della popolazione; il potere magico dei maestri zen non è mai stato marginale o di second’ordine, al contrario, e questo proprio perché nello zen ogni attività deve essere estrinsecata immediatamente, quindi, senza mediazione: Mu Shin, Non Mente. Per secoli chi praticava l’Illuminazione Improvvisa, era formato assieme ai monaci di altre tradizioni, segnatamente i monaci della tradizione universitaria indiana, della quale prese il posto la scuola Tientai in Cina, oppure i monaci della scuola Lankavatara, Leng-Kia- tsung, di cui fu patriarca anche Huike, o della scuola Lu Tsung che seguivano il , con i quali pare che furono lungamente condivisi i monasteri. In Giappone sia che Dogen furono innanzitutto monaci , quindi conoscitori di tutti i riti tantrici con annessi e connessi, ritualità che espletarono anche pubblicamente. Nell’epoca Kamakura si annoverano vari sulla natura della “magia Zen”, dove parte rilevante ce l’ha il “Kuatsu”; uno di questi riguarda un famoso miracolo realizzato dal maestro Yakkoku che esorcizzò con un rituale alquanto scarno ma potente un gatto diventato una sorta di golem che stava terrorizzando un’intera prefettura6. Peraltro i canti rituali praticati nello zen ogni mattina, o-kyo, contengono una caterva di evocazioni tantriche spesso, a loro volta, contenute nei . Prendiamo ad esempio il Daihishu, il Dhâranî del grande misericordioso secondo il Prof. Bonola: Dhâranî del grande misericordioso «Lode [Namu] al triplice tesoro! Lode ad Avalokiteshvara, il nobile mahâsattva che è il grande misericordioso! OM a colui che oltrepassa tutte le paure! …»34. [Questa dhâranî contiene soprattutto invocazioni, appellativi onorifici, esortazioni, ma anche suoni privi (ora?) di significato ed esclamazioni, in funzione apotropaica ed esorcistica.]7

Come non bastasse, ciò che viene detto durante i pasti è una offerta palesata con le stesse frasi identiche dei rituali tantrici definiti ganachakra. Infatti, come nei suddetti rituali, l’intendimento è uguale, ed è di creare grazie alla condivisione del cibo un legame fra i mondi. A questo scopo cito una parte dei testi che recitiamo durante le nostre , in particolare durante il pasto: “Esseri del mondo spirituale: vi offro questo cibo affinche riempia le dieci direzioni e tutti gli esseri ne gioiscano; possiate essere tutti soddisfatti Om Makula Sai Swaha”. Mi provo a translitterare il suddetto in Om Maha Kula Sa Swaha e mi provo a tradurlo come Om la Grande Fratellanza Procura Tutto Ciò: Così Sia! 8 Se la mia traduzione è esatta il sarebbe qui chiamato kula, cioè fratellanza tantrica, il che non sarebbe strano se, già prendendo un rituale tantrico ganapuja, non vi trovassimo 5 Fonte ignota, un monaco recita dharani davanti al tempietto di un guardiano 6 Trevor Legget, Samurai Zen, London 2002 – Lo Zen dei Samurai, Roma 2004 7 Gianfranco Bonola, Fogli Conpostrini, Rivista online della Fondazione Centro Studi Campostrini Vol. 5, Numero 1, 2013, Verona 8 Ibidem, 5 scritta la stessa identica offerta con la formazione - in Tibet con la farina d’orzo abbrustolita – di un pugnetto compresso di cibo da offrire agli invitati del mondo spirituale, mentre nel monastero zen ogni monaco lascia qualche chicco di riso in offerta, che verrà ammonticchiato cogli altri. Del resto, la figura iconografica di parlerebbe fin troppo chiaro. Ritornando al periodo kamakura e ai suoi koan, riporto riassunto un caso per molti versi interessante riguardante Eisai: Quando a Eisai chiesero di intervenire in un parto difficile quegli, siccome era un monaco tendai e perciò sapeva praticare rituali magici come il “Goma”, fece accendere il fuoco sacro e compì tutto il “rito del fuoco/Goma” per filo e per segno avendo il risultato di facilitare il parto della consorte del nobile Wada Shogen. Un nipote del nobile che praticava zen si presentò un giorno a Kenchoji dal Maestro zen Kyorin - un discendente di Eisai - e gli chiese di fare la stessa cosa. Allorché Kyorin disse che lui non aveva la formazione di Eisai e che, perciò, avrebbe fatto comunque il rito, ma in modo del tutto “zen”. Fece accendere la piastra, inalò il fumo dei legnetti di sandalo e dell’incenso gridando “Parto facile, parto facile, parto assolutamente facile!” In quel preciso istante nacque velocemente il bambino, che sembrò uscire in tuffo dalla pancia della madre e si parlò di miracolo. Su questo caso si fanno diverse domande: 1 - Che cosa è veramente il Goma? 2 - Tralasciando il caso del parto dimmi: il Goma dello Zen e quello Tendai-Shingon sono due cose diverse o sono la stessa cosa? Parla! 9 3 - Se “la stessa cosa” è errato e “due cose diverse” è pure sbagliato vieni avanti e dimmi cosa è giusto. 4 - Se proprio in questo istante qualcuno ti chiede di praticare qualcosa per un parto felice tu cosa fai? Parla! Ci riporta il praticante laico Kido, che il Maestro Shunno di Nanzenji nel porre questo caso si mettesse lungo steso, che si massaggiasse la pancia come fosse in preda alle doglie e che chiedesse l’intervento immediato dell’allievo per partorire bene: se l’allievo non fosse stato tempestivo avrebbe ricevuto una bastonata10.

Questa “magia dell’inchiostro e delle foglie di nespolo giapponese” ci deriva da Kawaguchi Ekai 11, che guarì il Maestro Yamada Mumon. Viaggiatore instancabile, Kawaguchi lasciò il Giappone per andare in Tibet, India e Nepal, dove si fermò lungamente vivendo come aiuto del famoso tibetologo Rai Bahadur Sarat Chandra Das, un nobile indiano molto colto. In questo modo ebbe tempo di studiarsi quei sutra originali che gli sembravano storpiati nella sua terra d’origine, se non tanto nella lettera, quanto nell’intendimento. Kawaguchi frequentò i tibetani e i guaritori locali cercando di comprendere quanto facevano per la salute altrui e vedendone dei chiari risultati; sovente, proprio le persone che vivono nei boschi e nei campi hanno sogni, intuizioni, premonizioni a riguardo dell’uso di minerali, erbe e intenzioni.

Tornato dal suo viaggio si prese cura del giovane Yamada Mumon che era in mal arnese a causa di una tubercolosi che sembrava inguaribile. Come sovente accade, le malattie del qi non sono facilmente curabili dai medici dato che sono delle somatizzazioni di vecchia data, oramai cristallizzate e infine potenziate dalla pratica spirituale; su questo tema ci sono pagine e pagine di Hakuin che spiegano tutto il dramma di chi, praticando meditazione intensivamente, entra nel circolo vizioso del “non è mai abbastanza” essendo attratto dall’assorbimento meditativo in modo morboso. Roba di altri tempi, ormai.

9 Tamonten – Bishamonten (snscr Kuvera) il guardiano del Nord e delle ricchezze protegge un tempio zen 10 Koan Zen - La Chiave di Puro Cielo, Reiyo Zenji, Editrice Venexia, Roma 11 Three Years in Tibet, Ekai Kawaguchi, Theosophical Pubblishing Society, Benares and London, 1909 Fatto sta che dai giorni della cura che ricevette da Kawaguchi, Mumon, che aveva di base una salute cagionevole, e che ebbe asportato un polmone, prese forza sempre più e conservò un’energia instancabile per tutta la sua vita. Questo c’è stato anche raccontato dal nostro Maestro che fu per un lungo periodo il suo inji, ovvero gentiluomo di stanza. Più volte gli fu richiesto dal Maestro Mumon di preparare le foglie sulle quali egli stesso avrebbe scritto i caratteri “Mu Shin”, più o meno come si vedono nei tre esempi di calligrafie in fondo al testo, o anche sull’altare a Zenshinji.

Uno dei sistemi guaritivi usati da Kawaguchi fu questo della foglia di nespolo, al quale aggiunse tecniche respiratorie e le stesse esortazioni di Hakuin sulla meditazione concentrata nel dantien. In molti ritratti di Yamada Mumon può intravvedersi12 nella zona della bocca la sua attenzione continua nel mantenere il kechari , cioè la lingua ripiegata contro il palato molle, per stimolare una migliore secrezione endocrina. Sul perché non abbia mai fatto parola, di questo e altro, basta considerare la mentalità del suo tempo e del popolo giapponese, dove un monaco deve uniformarsi totalmente a un insegnamento privo di fronzoli e che evidenzia dello zen proprio la mancanza di un contenuto esoterico-a-parte-dalla- mente-stessa. Il Maestro Engaku Taino ci ha raccontato di come perfino a , fosse stato vietato l’apprendimento del kendo, in quanto un monaco zen doveva sentirsi votato soltanto a e koan. A parte un giustissimo riferimento all’approccio essenziale dello zen, mi pare però che queste, come altre, siano tipiche esagerazioni giapponesi, anche considerando che permane nei templi zen un aspetto cultuale da svolgere di fronte a Butsudan o a immagini di guardiani-protettori. 13 È pur vero che l’esoterismo zen consterebbe - nella sua essenza - di una nuda esperienza della mente, ma il punto è che di questi tempi ciò può diventare molto equivocabile, visto il disastro procurato da un approccio materialista sempre più invadente e chiesastico; e questo ragionanento mi pare valga ancor più in Occidente, dove l’afflato sacerdotale che permea tutta la civiltà giapponese non solo manca, ma è esecrato. In Giappone l’autista del bus o il bigliettaio del treno sono sacerdoti, con movenze sacerdotali, modi di porsi verso il “fedele” che sono ancora sacerdotali e usando un tono di voce che è anch’esso sacerdotale; ricordo con simpatia il gesto ampio e ieratico usato da questi funzionari per dire che la loro corsa aveva - in quell’istante prezioso - spaccato il secondo, corrispondendo così sacralmente alla tabella di marcia.

A mio modesto parere è giunto il tempo di riattivare l’insegnamento di Bodhidharma, di Puhua (Fuke), di Hakuin e di Kawaguchi Ekai sull’energia e la forza vitale, dato che anche ci ha già avvisati di come la meditazione attiva sia dieci volte più potente dello zazen, ripetendo così un’esortazione che fu nei secoli di tutti i kalyanamitra buddhisti che da sempre considerarono vipasyana un inevitabile passaggio ulteriore, se non superiore, rispetto a che è praticata da seduti e in cui la mente è vincolata a un silenzio programmato. Invece il silenzio innato, rinvenuto con vipasyana, è dinamico e in relazione col pensiero, come succede nella scuola rinzai con la pratica del koan.

Della stessa idea sono il Maestro Teja Bell, che è Maestro della scuola rinzai attivo negli USA, e quei Maestri chan che in Cina istruiscono vieppiù i Discepoli in una meditazione dinamica, simile

12 Diversamente da altre fondate questioni storiche qui annotate, in questa riga presento una mia, personale illazione 13 Kawaguchi Ekai in Nepal, mentre suona le campane giapponesi durante un rituale, indossando un cappello tibetano per alcuni versi al qi gong, dove la meditazione seduta viene comunque praticata, ma meno massicciamente e più individualmente. Ed è anche evidente di come l’energia sia fondamentale nella pratica zen – ancor più in quella rinzai con il kensho koan - quantomeno per evitare quella circostanza appiattente che riesce a fare di un tempio votato alla pratica un dormitorio, se non un rifugio per esotisti esterofili con qualche inspiegabile mania ritualistica estremo-orientale; e magari anche con una ingestibile, democratica e razionalissima reattività verso la presenza di un Maestro.

Forse ci vorrebbe da parte di chi pratica anche un minimo studio storico, filosofico e culturale del Buddhismo eppure, più importante, promuoverei un lavoro tutto occidentale di riappropriazione delle più umane capacità di intuire, di intendere e di percepire nitidamente il vivente; un passo essenziale per chi volesse realizzare la comunione col tutto, possibilmente non intesa come una girandola momentanea, ma come una nuova percezione ben radicata nel nostro mondo fatto di quotidiane esperienze del tutto particolari, di cascate di informazioni, di tesi/antitesi in chiave sempre più binaria, di stimoli sempre più invadenti e mai prima visti nella storia, a memoria d’uomo.

Proprietà Letteraria Riservata di Leonardo Anfolsi: citare la fonte