Società Sportive E Modelli Di Organizzazione E Gestione a Confronto: Verso Un Modello “Integrato” 07 Giugno 2021 Roberto Compostella
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Tribunale Bologna 24.07.2007, n.7770 - ISSN 2239-7752 Direttore responsabile: Antonio Zama Società sportive e modelli di organizzazione e gestione a confronto: verso un modello “integrato” 07 Giugno 2021 Roberto Compostella *Contributo sottoposto a referaggio secondo le regole della rivista Abstract Il contributo si propone di analizzare le specificità del modello di organizzazione, gestione e controllo nelle società sportive. In particolare, l’obbiettivo principale sarà quello di comprendere se il modello disciplinato dalla normativa sportiva ed in particolare dal nuovo Codice di Giustizia Sportiva e dallo Statuto della F.I.G.C. corrisponda al modello disciplinato dal d.lgs. n. 231/01 ovvero se non sia un modello differente. In ultimo, ritenendo che tali modelli siano tra loro differenti, si prenderà in considerazione la possibilità di redazione, da parte delle società sportive, di un unico modello integrato che tenga conto di entrambe le discipline. Abstract This work’s purpose consists of analyzing the specific hallmarks of the sports associations’ OM. Specifically, the main issue that the author will take on is whether the OM as regulated by sport law for the sports associations matches with the OM as disciplined by Legislative Decree no. 231/01, or if the two are different from each other. Finally, assuming that the OMs are different, the author will attempt to weigh on whether it may be a feasible option to draft a model that includes both disciplines. Sommario 1. Il modello di organizzazione e gestione nelle società sportive; il caso della F.I.G.C. 2. Il modello di organizzazione e gestione “sportivo” ed il modello ex d.lgs. n. 231/01: quali le differenze? 2.1. Le differenze tra la responsabilità amministrativa degli enti e la responsabilità sportiva. 2.2. Il modello di organizzazione e gestione nella prassi delle società calcistiche italiane. 2.3. Una prima parziale conclusione: modelli a confronto. 3. La costruzione del modello “sportivo”. 4. L’unificazione dei modelli 231 e sportivo: verso un modello integrato. 5. L’introduzione del reato di frode nelle competizioni sportive ed esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa nel novero dei reati presupposto ex d.lgs. n. 231/01. Ricadute in tema di avvicinamento tra modelli. 6. Conclusioni Summary 1. The organization model in sports clubs; the case of F.I.G.C. 2. The “sports” organization model and the model ex Legislative Decree no. 231/01: which differences? 2.1. The differences between the administrative liability of the companies and the sporting liability. 2.2. The organization and management model in the Italian football clubs’ practice. 2.3. A first partial conclusion: models compared. 3. The construction of the “sportive” model. 4. The unification of the 231 and sports models: towards an integrated model. 5. The introduction of the crime of fraud in sports competitions and the abusive exercise of gambling or betting activities in the category of predicate offenses pursuant to Legislative Decree no. 231/01. Effects in terms of rapprochement between models. 6. Conclusions 1. Il modello di organizzazione e gestione nelle società sportive; il caso della F.I.G.C. d.lgs. n. 231/01 sono applicabili, ai sensi dell’art. 1, a tutti gli enti forniti di personalità giuridica, alle società e associazioni, quand’anche prive di personalità giuridica; in tale elenco rientrano, pacificamente, anche le società sportive[1]. Rispetto a tali società, tuttavia, occorre osservare preliminarmente che il complesso di norme di cui al d.lgs. n. 231/01 va necessariamente integrato con la normativa di settore[2], al fine di comprendere la corretta operatività del modello, sia con riferimento alla funzione esimente / attenuante, sia con riferimento alla disciplina applicabile; tale normativa, peraltro, è stata oggetto di recenti interventi, volti proprio a valorizzare il ruolo del modello in caso di sanzioni derivanti dalla commissione di illeciti sportivi[3]. Il riconoscimento in termini di esimente / attenuante dell’adozione da parte delle società calcistiche di un modello di organizzazione e gestione era disciplinata, sia pur in una forma molto attenuata, già dal previgente Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. In particolare, l’art. 13 prevedeva una circostanza attenuante o una esimente (a seconda dei casi) limitata invero alle sole ipotesi di fatti violenti posti in essere dai propri sostenitori o di comportamenti discriminatori, applicabile nel caso in cui ricorressero almeno tre delle seguenti circostanze: a) l’aver adottato ed efficacemente attuato, prima del fatto, un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatosi, avendo impiegato a tal fine risorse finanziarie ed umane adeguate; b) l’aver cooperato con le forze dell’ordine e le altre autorità competenti; c) l’aver, al momento del fatto, immediatamente agito per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione; d) l’aver, altri sostenitori, manifestato la propria dissociazione da tali comportamenti; e) non aver omesso o prestato insufficiente prevenzione e vigilanza[4]. Risulta evidente, già dalla semplice lettura della norma, che tali effetti “benefici” derivanti dell’adozione di un modello di organizzazione e gestione da parte di una società calcistica erano troppo limitati[5] per poter realmente fungere da incentivo: da un lato, infatti, erano circoscritti solo ad alcuni tipi di condotte (solo fatti violenti posti in essere dai propri sostenitori o comportamenti discriminatori) e dall’altro necessitavano di ulteriori requisiti. Al contrario, tali restrizioni non erano e non sono presenti nella disciplina del d.lgs. n. 231/01, ove è previsto che l’ente non risponda nel caso in cui abbia efficacemente adottato, prima della commissione di un reato (qualunque esso sia, senza limitazioni derivanti dal tipo di illecito) un modello di organizzazione e gestione[6], senza che siano richiesti ulteriori requisiti estranei alla corretta adozione del modello stesso[7]. La corretta implementazione del modello, peraltro, nel d.lgs. n. 231/01, è valorizzata anche in una prospettiva riparatoria post factum; l’art. 12 prevede infatti una circostanza attenuante applicabile a condizione che l’ente, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, abbia risarcito integralmente il danno, abbia eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ed abbia adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi[8]. Proprio la distanza normativa tra le previsioni contenute nel Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. e nel d.lgs. n. 231/01 aveva reso necessario, al fine di incentivare l’adozione dei modelli nelle società calcistiche, una revisione del Codice; ciò anche e soprattutto alla luce della giurisprudenza sportiva che sul tema si era espressa nel senso dell’impossibilità di estendere, nella vigenza di tali norme, le disposizioni di maggior favore contenute nel decreto ai casi di violazioni sportive, attraverso un’operazione analogica[9]. In particolare, si discuteva della possibilità, nel caso in cui la società calcistica avesse effettivamente adottato ed implementato il modello organizzativo prima della commissione dell’illecito sportivo, di applicare analogicamente la disciplina contenuta nel d.lgs. n. 231/01, in luogo della disciplina più restrittiva prevista dall’art. 13 del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. La giurisprudenza sportiva, tuttavia, non ha mai aderito in tal senso rilevando che: «l’art. 7, comma 2, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 non può fungere da scriminante nella fattispecie, in quanto la sua applicazione andrebbe a delineare, in senso negativo, la responsabilità oggettiva del club secondo parametri che, oltre ad essere del tutto estranei rispetto a quelli dell’ordinamento sportivo, ne stravolgerebbero la ratio»[10]. Tale disciplina, anche e soprattutto sulla scorta di sollecitazioni dottrinali[11], è stata di recente aggiornata ad opera del Nuovo Codice di Giustizia Sportiva approvato dalla Giunta Nazionale del CONI con deliberazione dell’11 giugno 2019, n. 258, che ha innovato in maniera sostanziale l’assetto relativo all’efficacia dell’adozione del modello nei procedimenti sportivi. Nello specifico, l’art. 7 ha introdotto una circostanza attenuante o una scriminante applicabili alla società la quale abbia efficacemente adottato il modello di organizzazione, gestione e controllo, così come definito dal comma quinto dell’art. 7 dello Statuto della F.I.G.C. Secondo tale norma, il modello di organizzazione, gestione e controllo deve prevedere, tenuto conto della dimensione della società e del livello agonistico in cui si colloca: «a) misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività sportiva nel rispetto della legge e dell’ordinamento sportivo, nonché a rilevare tempestivamente situazioni di rischio; b) l’adozione di un codice etico, di specifiche procedure per le fasi decisionali sia di tipo amministrativo che di tipo tecnico-sportivo, nonché di adeguati meccanismi di controllo; c) l’adozione di un incisivo sistema disciplinare interno idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello; d) la nomina di un organismo di garanzia, composto di persone di massima indipendenza e professionalità e dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, incaricato di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento»[12]. 2. Il modello di organizzazione e gestione “sportivo” ed il modello ex d.lgs. n. 231/01: quali le differenze? La normativa contenuta nel Nuovo Codice di Giustizia Sportiva nonché nello Statuto della F.I.G.C., pur attribuendo valenza attenuante / escludente della responsabilità alla corretta previa adozione ed implementazione del modello organizzativo da parte della società calcistica, non dedica norme di dettaglio atte a comprendere i caratteri fondamentali di tale modello. Occorre preliminarmente osservare che nel silenzio delle norme e già nella vigenza della precedente normativa di giustizia sportiva, si sarebbe potuto ritenere che il modello di organizzazione e gestione al quale faceva riferimento l’art.