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ATTORI: Andrea Carpenzano, Matteo Olivetti, Milena Mancini, di Michael Noer Max Tortora, Luca Zingaretti SCENEGGIATURA: PRESENTAZIONE E CRITICA Damiano D'Innocenzo, Fabio D'Innocenzo FOTOGRAFIA: Paolo Basato sull'autobiografico best-seller internazionale di Henri Carnera Charrière, nonché remake del celebre film diretto nel 1973 da Franklin J. MONTAGGIO: Marco Schaffner e sceneggiato da Donald Trumbo, con protagonisti Steve McQueen Spoletini e , , diretto da Michael Noer, segue l'epica storia di MUSICHE: Toni Bruna Henri "Papillon" Charrière, uno scassinatore della malavita parigina che viene PRODUZIONE: Pepito incastrato per omicidio che non ha commesso e condannato a scontare la Produzioni pena nella famigerata colonia penale francese sull'Isola del Diavolo. DISTRIBUZIONE: Adler Determinato a riconquistare la libertà, Papillon crea un'improbabile alleanza Entertainment con un altro condannato, l'eccentrico contraffattore Louis Dega, che in cambio PAESE: Italia di protezione, accetta di finanziare la fuga di Papillon, creando con questo un DURATA: 96 min. legame di amicizia duratura. PAPILLON è un film sulla "fuga di prigione" di due uomini che inizialmente creano un accordo di protezione in cambio di denaro, ma finiscono per essere attaccati insieme dal sangue, dal sudore e dalla paura dell'isolamento. Papillon non è indistruttibile: impara presto che la sua amicizia con il compagno Dega, è un motivo per rimanere in vita. Attraverso Dega, Papillon scopre che la solitudine e l'essere soli sono due entità separate e che la vera lealtà tra gli uomini non si trova nel denaro, ma nell'amore, nel rispetto e nell'onestà. (…)

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(…) Se il Papillon del 1973 venne girato in Spagna e in Giamaica, questo remake ha usato come location "controfigure" della Guyana francese la Serbia, la sua capitale Belgrado, il Montenegro e l'isola di Malta. Se questo di Noer è il primo vero remake di quel film di Schaffner, impossibile non ricordare come già nel 1974 gli scatenati e attivissimi Franco Franchi e Ciccio Ingrassia furono protagonisti di una scatenata parodia intitolata Farfallon, scritta e diretta da Riccardo Pazzaglia, che rimane ancora oggi uno dei film più noti e apprezzati del duo comico siciliano, con Franco nei panni di un improbabile seduttore e Ciccio in quelli di un barone truffaldino che s'incontrano in prigione. 1968. Un anno cruciale di cui molto si parla di questi tempi, a 50 anni di distanza. Fra gli effetti dirompenti di quell’anno in Francia non risultano particolari riflessioni sulla storia del regime carcerario. A quello ci pensò, un anno dopo, l’uscita di un libro di memorie che ebbe un successo enorme, scatenando grandi polemiche per la veridicità dei fatti raccontati, ma anche per le durissime condizioni in cui galeotti e condannati per reati gravi trascorsero la loro pena nei campi di lavoro forzato della Guyana francese. Papillon è il titolo di quel libro scritto da Henri Charrière, diventato già un film nel 1973 per la regia di Franklin J. Schaffner, con le interpretazioni memorabili di Steve McQueen e Dustin Hoffman. Arriva ora nelle sale un remake con a indossare i (pochi) panni dell’ergastolano, e a confrontarsi con un’icona come lo spericolato attore con la passione per le corse. Ingiustamente incastrato per un delitto non commesso, Papillon, soprannome legato a una farfalla tatuata sul torace, ma anche nel corso del film simbolo dell’ostinata ricerca della libertà, fu sbattuto insieme a molti altri in una delle realtà carceraria più brutali, la Guyana francese, il cui cuore disumano era l’isolamento nella celeberrima Isola del Diavolo. Una realtà che negli anni ’30, proprio mentre Papillon si spaccava la schiena picconando sulle pietre, iniziava a essere messa in discussione, tanto che nel 1937 furono abolite le condanne ai lavori forzati e nel 1946 fu chiusa l’Isola del Diavolo. Una realtà sperimentata da altri celebri detenuti come, qualche decennio prima, Alfred Dreyfus, ebreo condannato per spionaggio altrettanto ingiustamente dai vertici antisemiti dell’esercito.

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di Michael Noer

La protagonista del cortile centrale del carcere era lei, la ghigliottina, macchina per la decapitazione diventata di gran moda durante la Rivoluzione francese. Appena si tentava la fuga, resa quasi impossibile dal mare popolato di squali e dalla foresta tropicale, in caso di cattura si finiva lì, con la testa mozzata di netto. L’originale Papillon rientrava in un genere allora molto popolare, quello del cinema carcerario, concentrato soprattutto sui tentativi di evasione. Quell’istinto di libertà che il malcapitato protagonista manterrà sempre, più forte di ogni tentativo fallito di evasione, di ogni condanna ad anni di isolamento alienanti. L’unico alleato, all’interno di un contesto ostile anche fra i suoi compagni di sventura, è il falsario Louis Dega, nell’originale Dustin Hoffman e nel remake il Remi Malek di Mr. Robot. La ragione iniziale è legata al grosso conto in banca, o meglio ben nascosto, del suo compagno di sventura, che lo spinge a proteggerlo in cambio della promessa di un futuro sontuoso conguaglio utile per progettare una fuga e un futuro, ma sempre più evidente è come il loro rapporto serva a entrambi a non cedere alla condizione avversa e senza speranze che li circonda.

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(…) Il trionfo, la fortuna e la rivincita di un vecchio galeotto. E poco importa se le storie raccontate non sono documentate, se il suo autore si è concesso qualche libertà con la verità, il suo viaggio immobile attira l'attenzione di Hollywood che produce nel 1973 un film con Steve McQueen e Dustin Hoffman. È con questa eredità, un classico della letteratura e del cinema, che deve vedersela Michael Noer, replicando sullo schermo le avventure di un innocente rinchiuso e per tre volte evaso. Come il classico di Franklin J. Schaffner, il PAPILLON di Noer affronta il tema delle condizioni disumane di detenzione dei prigionieri e la parabola di un uomo più forte del suo destino, un destino implacabile che lo condanna al buio e alla solitudine di una colonia penale. Ma più del dramma sociale e la denuncia degli orrori penitenziari, è l'amicizia il motore del film e la ragione che muove il protagonista tra i personaggi e i luoghi comuni del genere: il direttore sadico, il carcerato brutale, quello che cerca scampo nell'arte o quello che lo cerca negli affetti, la minaccia della violenza omosessuale, la cella di isolamento... Più interessato a descrivere che interrogare le verità sociali, il regista appoggia il film sulla fraternità e su cosa sia la vera libertà per i suoi protagonisti. Charlie Hunnam e Rami Malek raccolgono rispettivamente il testimone di McQueen e Hoffman impostando il racconto a partire dall'energia della speranza e attraverso uno stile (recitativo) di forte fisicità, che oppone alla prigionia il movimento continuo all'interno della cella. I cinque passi di Papillon, incessantemente ripetuti in una direzione e nell'altra, disegnano per due anni una traiettoria immota che nutre (e annuncia) l'evasione nell'opera letteraria. La pazienza o piuttosto l'ostinazione del Papillon di Hunnam servono (a) un solo scopo: la fuga. Tutta la suspense riposa allora su un progressivo montare della tensione che opprime lo spettatore consumando il protagonista tra violenze e mezze razioni. Sisifo in potenza, Papillon è condannato allo scacco almeno fino al giorno in cui il suo piccolo amico non gli offre con una visita l'antidoto alla fatalità. Come la versione originale, Papillon soffre la perdita di intensità dell'insieme e una maniera passiva di gestire le scene in cattività. Come il romanzo di Charrière gioca la carta dell'avventura fuori dalla cella accumulando peripezie. Come il forzato redento dei "Miserabili", il suo eroe denuncia le ingiustizie giudiziarie e abita un film di sopravvivenza oltre ogni previsione.

(www.mymovies.it).it)

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