Editoria del Consorzio Francesco Stefanini: "L'appalto dei beni camerali dello Stato di Castro e (1651-1791)

GIOVANNI BATTISTA MARIA MARCOALDI

rancesco Stefanini si laureò in Ffilosofia all’Università “La Sapienza” di Roma a metà degli anni Settanta, discutendo una tesi sull’Appalto dei beni camerali dello Stato di Castro e Ronciglione (1651- 1791)1: lo scorso anno quella tesi è stata pubblicata come volume nella collana Biblioteca di Studi Viterbesi, in un’edizione curata con la consueta attenzione e precisione filologica da Giuseppe Giontella. Chi scrive questa nota conobbe Francesco Stefanini al liceo classico di – il Mariano Buratti, per intendersi – che entrambi frequen- tammo come studenti e nel quale conseguimmo la nostra maturità liceale, lui nel 1971, ed io un anno dopo, nel 1972. Quindi, preso il diploma, prose- guimmo i nostri studi universitari in Patrimonio di S. Pietro - Incisione all’acquaforte nell’edizione del 1745, tratta dall’edizione del modo completanente analogo, iscri- 1696 pubblicata da Domenico de Rossi su progetto cartografico di giacomo Filippo Ameti. vendoci ambedue al corso di laurea La carta riveste singolare importanza perché evidenzia, con colorazioni diverse, vari territori. (Vedi copertina). in filosofia presso l’Ateneo romano. Per questi motivi, con vivo piace- Ronciglione è un testo impegnativo E così, in forma del tutto naturale, il re ho scritto una breve recensione ed impegnato: impegnativo perché ha nostro rapporto, che era già molto alla sua tesi di laurea ora che è stata richiesto l’attenta consultazione di un cordiale al liceo, poté svilupparsi col vasto e difficile materiale d’archivio, tempo fino a diventare una sincera e pubblicata; un piacere, il mio, che si reciproca amicizia. confonde ancora con un leggero, ma presente per lo più negli Archivi di 2 Del resto, Francesco era una per- non sopito senso di tristezza, perché Stato di Roma e di Viterbo , nonché sona naturalmente simpatica, serena, parlare di Francesco Stefanini mi la lettura dei volumi e delle mono- equilibrata e molto disponibile al dia- porta a ricordare l’estate del 1989, grafie dei più qualificati storici, quali logo: con lui si parlava volentieri quando una malattia implacabile lo ad es. Carabelli, De Dominicis, degli argomenti più disparati, e le sue portò via ai suoi familiari in qualche Pastor, Carocci, De Felice, valutazioni, i suoi punti di vista, non mese, lasciando tutti noi sgomenti Delumeau, Petrocchi, Revel e risultavano mai superflui o approssi- prima che addolorati. Venturi3, che hanno studiato la storia mativi, ma, al contrario, erano spesso All’epoca non avevo letto il lavo- del Patrimonio di San Pietro, dello tanto stimolanti da promuovere nel- ro di Francesco, che me ne aveva par- Stato della Chiesa e dell’Italia tra il l’interlocutore – lo ricordo bene! – lato più di una volta, ma di cui non XVI e il XVIII sec.. un invito ad ulteriori approfondimen- ricordavo con esattezza l’argomento; Ma il lavoro di Francesco ti e riflessioni, anche quando l’incon- ora posso dire che L’appalto dei beni Stefanini, che è molto più di una tro o il colloquio erano terminati. camerali dello Stato di Castro e semplice tesi di laurea, risulta anche

1 Francesco Stefanini, L’appalto dei beni gestione delle Biblioteche comunale puntualmente citate dall’Autore si dell’op. cit.. camerali dello Stato di Castro e degli “Ardenti” e provinciale “A. veda pag. 150 dell’op. cit.. Ronciglione (1651-1791), (a cura di Anselmi”, Viterbo, 2009. 3 A conferma di quanto detto si veda la Giuseppe Giontella), Consorzio per la 2 Per le Fonti archivistiche consultate e ricca Bibliografia alle pagg. 153-155

19 Granducato di Toscana e della Chiesa. Acquaforte. Da: Carta di Jilles Robert de Vaugondy, 1750. Francesco Stefanini: “L’appalto dei beni camerali dello Stato di Castro e Ronciglione (1651-1791).

Senza dilungarci ora sulla storia del Ducato sotto il dominio farnesia- no, ricordiamo soltanto che, nel 1649, con la cosiddetta guerra di Castro e la conseguente distruzione dell’omonima cittadella fortificata, Innocenzo X si riappropriò comple- tamente del suddetto Ducato, che peraltro risultava all’epoca fortemen- te indebitato con la banca ipotecaria romana. Al termine del breve ma intenso conflitto, la Reverenda Camera Apostolica, cioè lo Stato della Chiesa, si accollò l’onere di risolvere quell’indebitamento, diventando, però, la legittima proprietaria dei ter- reni e di tutti i beni appartenuti in precedenza ai Farnese5. In effetti, nel 1650 la Camera Apostolica cominciò ad esercitare i propri diritti e diede in appalto a Giacomo e Leone Betti, per nove territorio situato nel Patrimonio di un testo impegnato, perché intende anni rinnovabili, l’uso e i conseguen- San Pietro, dando vita ad uno Stato mostrare – e lo fa con documentata ti guadagni dei beni già farnesiani, autonomo interno allo Stato della precisione – che l’arretratezza eco- con un contratto che impegnava gli Chiesa, il Ducato di Castro con l’an- nomico-sociale dei territori del appaltatori al versamento di una nesso territorio di Ronciglione e quota annua alla proprietà, la quale, a Ducato di Castro e Ronciglione, nel . Tale Ducato era diviso in sua volta, si riservava, a determinate periodo che va dal 1650 al 1790 due parti ben distinte geografica- e complesse condizioni6, di poter circa, può essere compresa valutando mente, di cui la prima e più vasta si acquistare innanzitutto grano a prez- con attenzione il modo in cui il legit- sviluppava in una larga striscia di zi sostanzialmente predefiniti e in timo proprietario amministrò i propri terre comprese tra il mar Tirreno, quantità stabilite nello stesso contrat- beni nel secolo e mezzo preso in l’Arrone, buona parte del Lago di to, per le esigenze alimentari di esame. e i terreni a nord della foce Roma. Ora, come osserva più volte Francesco Stefanini inizia il suo del Fiora, per una superficie com- Stefanini, una simile amministrazio- lavoro ricordando brevemente plessiva di oltre 43.000 ettari; la ne dei beni era stata già realizzata in nell’Introduzione4 la storia dei seconda parte, invece, si snodava tra sostanza dai Duchi Farnese e si basa- Farnese, cioè della famiglia d’origine il lago di Vico, Ronciglione, va su criteri che non potevano per- altolaziale, che, innanzitutto grazie a Caprarola, e arrivava fino a mettere un’adeguata valorizzazione Paolo III, anch’egli un Farnese, e Fabrica, estendendosi dei terreni agricoli appaltati. governò tra il 1537 e il 1649 un vasto per oltre 22.000 ettari. In realtà, oltre al fatto che la pro-

4 Op. cit., pagg. 15-18. 5Cfr. ivi, pagg. 17-18. 6Cfr. ivi, pagg. 82-84.

20 duzione agricola allora più di oggi ra l’aratro a versoio8–, sia per diversi- andava incontro a sensibili variazioni ficare le colture in modo più ampio e quantitative e qualitative per l’inter- vantaggioso anche per il territorio, vento, ad es., dei più disparati agenti dal momento che nel Ducato prevale- atmosferici (grandine, neve, piogge, va la coltivazione di cereali: è ovvio, ecc.), era proprio il sistema dell’affit- però, che soltanto un proprietario to mediante appalto che non permet- può avere interesse ad impegnarsi in teva un adeguato sviluppo delle quei gravosi investimenti che avreb- potenzialità del territorio coltivato. bero potuto dare i loro frutti soltanto Con un simile procedimento, in un arco di tempo medio o medio infatti, i proprietari, sia i Farnese e lungo. sia lo Stato pontificio, non ammini- Tenendo presente quanto abbia- strarono mai in prima persona i loro mo ricordato ora e che Francesco possedimenti ducali, limitandosi a Stefanini sostiene a più riprese nella concederli ad altri, per riceverne in Parte II del suo lavoro9, è facilmente cambio un canone di appalto e, a comprensibile perchè gli appaltatori condizioni di favore, altri beni e ser- del Ducato siano più volte falliti10: in vizi, quali ad es. grano, olio, carne, fondo, poté dirsi veramente fortunata legname o i minerali lavorati tra soltanto l’amministrazione di Canino e Ronciglione. Francesco Lelmi, il quale ebbe l’ap- A loro volta, gli appaltatori dove- palto tra il 1697 e il 1706, e poté pro- vano pagare il canone, dare alle con- porre la sua candidatura forte della dizioni già ricordate i beni previsti società avviata con il marchese Città di Castro, pianta sssonometrica. Biblioteca sempre nelle clausole contrattuali e Pallavicini, che a sua volta garantì a Apostolica Vaticana, ms. Barb. Lat. 9901. provvedere alle esigenze e alle spese Lelmi un prestito gratuito, e cioè Restituzione ipotetica del prospetto della Zecca di che si rendevano necessarie ogni senza interessi, di 300.000 scudi da Castro, di R. Clementi (Il Banditore, VII, 5, 1992). anno, a cominciare dal pagamento parte del Banco di S. Spirito11. dei salari agli operai, che venivano Per definire meglio il quadro di numerosi a lavorare la terra durante grave dissesto amministrativo e finan- la semina autunnale o il raccolto esti- ziario, possiamo ricordare, insieme a vo7. Inoltre, vista la complessità Francesco Stefanini, sia le forti diffi- anche geografica del Ducato scisso coltà incontrate dalla Camera in due parti ben distinte e relativa- Apostolica a reperire eventuali appal- mente distanti l’una dall’altra, gli tatori che dessero sufficienti garanzie affittuari davano in subappalto ora di buona amministrazione12, e sia la questo, ora quel territorio: in tal conseguente tendenza dello Stato modo, però, aumentava il numero di pontificio ad accogliere offerte sem- chi doveva trarre comunque un gua- pre meno vantaggiose, pur di affittare dagno dalle attività effettuate nel i terreni del Ducato13; ma possiamo Ducato. pure ricordare le varie cause per insol- Si può capire, allora, perché venza tra appaltatori e Camera bastasse avere un cattivo raccolto del Apostolica, fra le quali rimane triste- grano per due anni consecutivi, per mente celebre quella intentata contro compromettere almeno buona parte Muzio Orfini, che scontò 14 mesi di del guadagno previsto dall’appaltato- carcere tra il 1661 e il 1662, in quanto re; non solo, ma a tali condizioni gli “debitore di somme rilevanti, tanto Castro e Ronciglione; e pensare che appaltatori non ebbero mai né inte- per affitti decorsi non pagati quanto il Settecento fu il secolo della resse, né la concreta possibilità di per mancata assicurazione”14 di dena- Rivoluzione americana e della fare quei cospicui investimenti che ri avuti in prestito. Rivoluzione francese, in quanto fu in erano purtroppo necessari sia per Eppure, nonostante tutto questo, primo luogo il secolo di quella rivo- bonificare terreni ancora paludosi e fu necessario attendere la fine del luzione industriale che mutò radical- malsani - si pensi alla maremma di sec. XVIII, o meglio il 1791, per mente i rapporti sociali di produzio- Montalto -, sia per migliorare le tec- avviare una seria riforma organica ne a livello internazionale. niche di produzione – a Montalto, del modo di gestire ed amministrare i Ebbene, se le “Ricerche sulla nel XVIII sec. non si utilizzava anco- beni camerali presenti nel Ducato di natura e le cause della ricchezza

7Cfr. ivi, pagg. 45-46. 100/106. 13 Cfr. ivi, pagg. 89-90, pag. 96, pagg. nistrazione di Orfini e cfr. casi analo- 8Cfr. ivi, pagg. 43-44. 11 Cfr. ivi, pag. 95. 100-101 e pag. 102. ghi alle pagg. 99-100 e alle pagg. 101- 9Cfr. ivi, pagg. 67-109. 12 Cfr. ivi, pagg. 88-89, pag. 100 e pagg. 14 Ivi, pag.. 88; ma cfr. pagg. 87-/89 per 106. 10 Cfr. ivi, pagg. 88-89, pag. 91, e pagg. 109-110. l’analisi dettagliata dell’intera ammi-

21 Veduta di Ronciglione. Acquaforte, fine sec. XVIII.

Veduta di Caprarola. Incisione, seconda metà sec. XVII, di Jean Pillemente e Marie Alexander Du Park.

Francesco Stefanini: “L’appalto dei beni camerali dello Stato di Castro e Ronciglione (1651-1791).

forma estensiva, dal momento che risultava suddiviso al proprio interno in vasti, se non vastissimi, latifondi. Nel sec. XVIII le conseguenze di una simile economia erano evidenti: innanzitutto, venivano mantenute a livelli di mera sussistenza fisica le condizioni di vita della maggior parte dei sudditi, per lo più contadini vessati da imposizioni e gravami di vario genere; in secondo luogo, esso era uno stato fortemente indebitato con l’estero, perché era costretto ad importare da altri paesi le materie prime di cui era privo, ma di cui aveva comunque bisogno: basti pen- sare, restando alla tesi di laurea di Francesco Stefanini, al caso del ferro importato dal Granducato di Toscana e poi lavorato a Canino e Ronciglione18; infine, produceva delle nazioni”, considerate la “bibbia In altre parole, mentre in Europa si manufatti in quantità modeste e in del liberalismo e della moderna indu- stava assistendo in modo del tutto maniera sempre meno concorrenziale, strializzazione”, furono pubblicate consapevole ad un profondo, e anche sia per la qualità e sia per i prezzi19. da Adam Smith nel 1776, in quegli traumatico, rivolgimento dei rapporti In breve, lo Stato della Chiesa era stessi anni, e cioè nel 1779, la sociali di produzione, lo Stato della di fatto destinato a morire come enti- Camera Apostolica confermò l’appal- Chiesa riusciva a stento ad appaltare tà autonoma, per integrarsi in un to dei propri beni presenti nel Ducato alcuni suoi territori a persone di fidu- organismo statale ben più articolato, di Castro e Ronciglione a Filippo cia ed a condizioni sempre più vantag- ed entrare così a far parte di un mer- Stampa, che lo aveva avuto già dal giose per queste ultime16, perché vi cato interno molto più ampio; ma 1770 al 1779 e che “aveva avuto il mantenessero un’economia agricola soprattutto era destinato a sviluppare merito, durante la sua oculata gestio- per nulla innnovativa e redditizia. le proprie potenzialità, rinnovando in ne, di aver salvato la reputazione di In effetti, è a tutti noto che quel- modo radicale i rapporti sociali di uno degli appalti più screditati della lo ecclesiastico era uno stato regiona- produzione in senso capitalistico, Camera Apostolica”15, come viene le e signorile, il quale si basava come è sostanzialmente accaduto a dichiarato nel verbale che accompa- sostanzialmente sul pascolo stagio- partire dal nostro Risorgimento, e gnò il contratto d’appalto. nale17 e su un’agricoltura praticata in cioè dal 1860 in poi.

15 Ivi, pag. 115 e nota n° 286. l’età moderna e contemporanea, Parte metà del sec. XVIII, a parte “qualche disponibilità delle merci agricole, 16 Cfr. ivi, pagg. 77-79. II, L’età contemporanea, IV ediz., singolo caso positivo”, “nell’insieme le restava irrisolto quel problema della 17 Scrive Gino Luzzatto che nel Settecento, CEDAM, Padova, 1958, pag. 172). industrie nazionali [cioè dello Stato bilancia commerciale con l’estero che sul versante tirrenico dello Stato della Considerazioni del tutto analoghe riferi- della Chiesa] erano crescentemente e già nei primi decenni del Settecento si Chiesa, “tolta Roma” e “tolta te al Seicento, ma sostanzialmente vali- sistematicamente battute da quelle era posto drammaticamente. Con sé Civitavecchia”, “si estendeva una vasta de anche per il Settecento, le sviluppa straniere. Mancavano capitali, manca- trascinava aggravati i problemi del zona di scarsissima popolazione”, nella Enrico Stumpo, in La Storia, vol. 8, Il vano maestranze e tecnici, mancava debito pubblico, del sistema finanzia- quale predominava “la grande e gran- Seicento: l’età dell’Assolutismo, De un’abbondante domanda di beni che rio, della conservazione della moneta” dissima proprietà, accentrata per lo più Agostini, Novara, 2004, pag. 478. non fossero quelli di lusso. L’ambiente (M. Caravale, A. Caracciole, Lo Stato nelle mani dei patrizi romani, che rica- 18 Cfr.L’apppalto dei ben cameralii ecc, intero respingeva gli isolati tentativi pontificio da Martino V a Pio IX, va[va]no la maggior parte delle loro cit., pagg. 133-150. imprenditoriali […]. Così, senza un UTET, Torino, ristampa 1986, pagg. rendite dal fitto di pascoli ai pastori” 19 Scrivono ad es. Mario Caravale e progresso nell’industrializzazione e 514-515). (Gino Luzzatto, Storia economica del- Alberto Caracciolo che nella seconda con un moderatissimo progresso nella

22 Tornando ora al lavoro di In altre parole, dopo il fallimento Francesco Stefanini, a noi sembra del sistema degli appalti pluriennali e che il suo principale merito consista per cercare una soluzione alle diffi- nell’aver mostrato e documentato coltà di bilancio, lo Stato della con chiarezza e precisione che dare Chiesa concesse in enfiteusi i propri in appalto alcuni territori per qualche beni del Ducato di Castro, affinché anno non era redditizio e non permet- gli enfiteuti potessero operare sui ter- teva di sviluppare in modo adeguato ritori da loro amministrati come se l’economia di quegli stessi terreni. fossero loro, dal momento che ne In fondo, i primi a rendersene avevano ricevuto l’amministrazione conto furono proprio i responsabili secolare; ovviamente, trascorsi i dell’amministrazione dello Stato cento anni previsti dal contratto, pontificio, perché un memoriale “tutte le enfiteusi stipulate tra il 1790 opportunamente citato da Stefanini20 e il 1791 […] dovevano essere devo- 25 e scritto da persona vicina all’allora lute alla Camera” . tesoriere generale della Camera apo- Di più non si poteva chiedere stolica, card. Fabrizio Ruffo, dimo- all’interno di uno stato signorile stra che gli appaltatori, anche i più come quello pontificio, né ad un oculati ed onesti, trovavano difficoltà Papa nepotista come Pio VI Braschi: ad avere un minimo guadagno nel- l’iniziativa diede comunque qualche l’arco dell’intero periodo dell’appal- buon risultato, se è vero che il conte to21, perché dovevano comunque di Bisenzo, enfiteuta di , sostenere le ingenti spese su cui il e prosciugò “40 rubbi di paludi (ha 43) spenden- memoriale si sofferma analiticamen- dovi oltre 12.000 scudi”, mentre tal te e non potevano di fatto apportare Candelori, enfiteuta della tenuta quelle migliorie delle quali le campa- Campo Scala a Montalto, “ridusse a gne del Ducato avevano oltre modo coltura 488 rubbi di terreno mac- bisogno. Da qui l’esigenza di operare chioso (ha 898) con una spesa di una “riforma strutturale” dell’intera l’avidità dei vincitori francesi apri- scudi 40.000”26 gestione economico-produttiva del rono un’epoca alquanto difficile, Eppure, dopo aver ricordato que- che finì col franare [quel] processo territorio di Castro e Ronciglione, ed sti avvenimenti, a noi sembra quanto di rinnovamento”28 rappresentato, avviare quella nuova forma di con- meno opportuno porre una domanda: nel nostro caso, in primo luogo dal- trattazione tra proprietà ed usufrut- l’enfiteusi secolare era sufficiente a l’introduzione dell’enfiteusi nel tuari che venne individuata nell’enfi- far uscire l’economia dello Stato Ducato di Castro. teusi secolare22: scrive giustamente della Chiesa dalla crisi in cui era Ma se è stato giusto per Francesco Stefanini che “si giunse caduta? Francesco fermarsi allora agli anni infine alla deliberazione di dare in Per la verità, noi abbiamo già dato delle riforme di card. Ruffo, visto enfiteusi perpetua per linea mascoli- la nostra risposta forti delle argomen- l’orizzonte cronologico che egli na progressiva i beni di Castro e tazioni di alcuni dei più qualificati aveva dato alla sua tesi di laurea, a Ronciglione, formando in luogo del studiosi27 che hanno analizzato la noi resta il rimpianto generato non vecchio appalto 7 enfiteusi nello fase finale della storia dello Stato solo dalla perdita di un carissimo Stato di Castro e 11 in quello di pontificio. Francesco Stefanini si amico, ma anche dal fatto che, visti i 23 Ronciglione” , con l’evidente fine di dimostra molto scrupoloso a non risultati di questo suo primo e pur- “creare un ceto di imprenditori che oltrepassare i limiti della sua indagi- troppo unico impegno storiografico, alla passiva fruizione di rendite certe ne documentale ed osserva che, egli avrebbe potuto sviluppare i pro- o ai guadagni speculativi sostituisse pochi anni dopo il 1791, “il precipi- pri interessi di studio in modo ben lo spirito di iniziativa, l’interesse ad tare della situazione politica a segui- più approfondito, se solo ne avesse investire per migliorare i fondi ed to dei successi dell’armata napoleo- avuto la possibilità e il tempo. accrescerne la redditività”24. nica in Italia, la crisi economica e

20 Cfr L’apppalto dei beni camerali ecc, Settecento, mirando “soprattutto a “meschina stazionarietà”, dal momen- cit., pag. 116. mantenere la quiete e la tranquillità to che di fronte, ad una popolazione 21 Cfr. ivi, pag. 117. della popolazione dipendente, [e] ad complessiva di circa 2.500.000 di abi- 22 Cfr. ivi, pag. 119. evitare ogni novità pericolosa, [fosse] tanti, vi erano 50.000 religiosi e 23 Ivi, pag. 118. indotta, più che a stimolare e a rinno- “400.000 persone che non lavoravano 24 Ivi, pag. 119. vare l’attività economica, a tacitare il e vivevano di beneficenza”, come men- 25 Ivi, pag. 119. malcontento ed a provvedere ai bisogni dicanti e accattoni. 26 Ivi, pag. 120; ma cfr. sempre ivi per più urgenti della parte più povera della 28 L’appalto dei beni camerali ecc., cit. altri casi analoghi. popolazione con larghe distribuzioni 27 Oltre ai già citati Caravale e Caracciolo di viveri e di sussidi”: ne derivava che (v. sopra, nota 19), ricordiamo ancora “il carattere predominante della vita Gino Luzzatto che, in op. cit., pag 174, economica e sociale” dello Stato della osserva come la Chiesa, in pieno Chiesa era di “grande isolamento” e di

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