2.2.3. Area Pedemontana- Ionica

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2.2.3. Area Pedemontana- Ionica Piano Territoriale Provinciale di Catania (ex art.12 L.R.9/86) RELAZIONE GENERALE DELLO SCHEMA DI MASSINA. 2.2.3. AREA PEDEMONTANA- IONICA. Comprende 16 comuni che, dal punto di vista della ricerca delle fonti, si possono distinguere in due gruppi: 1. i comuni appartenenti alla Diocesi di Acireale (Calatabiano, Castiglione, Fiumefreddo, Giarre, Linguaglossa, Mascali, Riposto e S. Alfio) che in antico fecero parte della contea di Mascali o furono possesso di altri feudatari, come il principe di Palagonia Fonti per la loro storia si trovano presso l'Archivio Storico di Acireale, della Diocesi di Acireale e nell'Archivio Palagonia conservato presso l'Archivio di Stato di Palermo. 2. I comuni appartenenti alla diocesi di Catania (Adrano, Biancavilla, Bronte, Maletto, Maniace) che appartennero ai Moncada o al demanio regio (Bronte, Maniace, Maletto) e poi ceduti come contea a Nelson. Fonti per la loro storia sono rappresentati dagli Archivi Moncada e Nelson conservati presso l'Archivio di Stato di Palermo e dall'Archivio della Diocesi di Catania. Fonte d'elezione per il territorio e` sempre il Fondo dell’intendenza dell'Archivio di Stato di Catania, nonché Milo, Piedimonte Etneo e Randazzo. 2.2.3.1. ADRANO. Diodoro Siculo (I secolo a. C.) fa risalire la prima origine di Adrano all'epoca di Dionisio il Vecchio, il quale, intorno al 400 a. C., fece erigere un castello in località prossima all'antico tempio consacrato alla divinità "Adranos". Il rinvenimento di considerevoli testimonianze archeologiche in differenti zone dell'attuale territorio adranita attesta, peraltro, la presenza di insediamenti risalenti all'VIII secolo a. C. Secondo V. Amico, Adernò ebbe una certa fioritura durante il periodo normanno, quando pare sia stata edificata l'imponente torre del maniero, che fu successivamente ampliato. Nel 1286 Adernò passò, per concessione regia, a Luca Pellegrino e da questi, come parte della dote della figlia Margherita, ad Antonio Sclafani. Il suo successore, Matteo Sclafani, fu nominato da Federico II d'Aragona primo conte di Adernò e Centorbi. La conseguente lite fra la famiglia di quest'ultimo e quella dei Peralta, i quali, in virtù dei legami parentali con gli Sclafani, avanzarono pretese sulla contea, fu appianata nel 1397. In quell'anno si giunse ad un accordo, poi ratificato da re Martino, fra Antonio Moncada e Nicolò Peralta Aragona, conte di Caltabellotta, il quale rinunziò ad ogni diritto su Adernò, sancendo, di fatto, il definitivo passaggio di Adernò ai Moncada. Durante il XVI secolo il paese conobbe una notevole crescita urbanistica parallela al progressivo incremento demografico corrispondente ai generali trends del periodo, passando dai 5118 abitanti censiti nel 1569 ai 6714 del 1603. Nel corso del secolo successivo l'epidemia di peste del 1623 e, soprattutto, il disastroso terremoto del 1693, che arrecò notevoli danni all'abitato, CAPITOLO SECONDO 44 Piano Territoriale Provinciale di Catania (ex art.12 L.R.9/86) RELAZIONE GENERALE DELLO SCHEMA DI MASSINA. impedirono, invece, un ulteriore incremento della popolazione, che nel 1714 contava ancora 5181 unità e che riprese la sua crescita a partire dai successivi decenni (5433 abitanti nel 1747, 6623 nel 1798 e 7325 intorno alla metà dell'Ottocento). Dalla fine del XVI secolo, inoltre, la decisa affermazione di alcune famiglie (i Ciancio, gli Spitaleri ed i Guzzardi) nella lotta per il controllo del potere decisionale al livello cittadino conferma il prevalere di alcuni gruppi di interesse nella gestione delle risorse della comunità ed il conseguente consolidarsi degli equilibri interni alla società cittadina. Con le riforme amministrative borboniche del 1816-19 Adernò divenne Comune autonomo, capoluogo del circondario comprendente anche Biancavilla. L'attuale denominazione di Adrano fu sancita, per decreto dell'allora governo in carica, nel 1929. 2.2.3.2. BIANCAVILLA. Il rinvenimento di numerosi reperti archeologici attesta la presenza di insediamenti umani nel territorio comunale a partire dal neolitico, ma le prime notizie documentate storicamente risalgono soltanto alla seconda metà del XV secolo. E', infatti, del 23 gennaio 1488 l'atto di concessione delle zone di Callicari e Poggio Rosso nel territorio della contea di Adernò ad un gruppo di greci-albanesi, che la conquista dell'Albania da parte dei turchi (1479) e le ripetute incursioni di questi ultimi in Epiro avevano indotto all'emigrazione in Sicilia. Il conte Giovanni Antonio Montecatena consentì ai profughi di creare una comunità autonoma, ma le competenze giurisdizionali del nuovo insediamento, del quale vennero definiti i confini territoriali all'interno dello stato di Adernò, non furono esplicitamente e rigidamente fissate. Soltanto dal 1680 si avviò in parte quel processo di caratterizzazione istituzionale al cui interno i naturali conflitti di competenza sorti con i centri limitrofi provvisti di una già consolidata fisionomia amministrativa furono progressivamente risolti delineando in modo chiaro le pertinenze decisionali biancavillesi. Parallelamente, i dati demografici registrano un considerevole incremento della popolazione (dai 712 abitanti censiti nel 1593 ai 1234 del 1651 ed ai 5645 del 1783), al quale corrispose un deciso sviluppo urbanistico, che si accompagnò a provvedimenti di risistemazione dell'assetto viario del paese. A seguito delle riforme amministrative borboniche del 1816-19, le quali decretarono l'istituzione di Biancavilla a Comune autonomo soggetto all'Intendenza di Catania, la configurazione prettamente borghese che l'élite dirigente locale era andata assumendo nei decenni precedenti si accrebbe ulteriormente, avviando un processo di parziale consolidamento degli equilibri interni alla società biancavillese. L'esistenza di schieramenti fazionari contrapposti ed in lotta per assicurarsi la gestione del potere decisionale al livello cittadino si palesò, tuttavia, in occasione delle crisi politiche del 1820-21, del 1837, del 1848 e del 1860. Gravissime per l'economia della comunità si rivelarono, in particolare, le conseguenze dei moti del 1820-21. Negli anni precedenti, difatti, il crollo del prezzo del grano, congiunto con l'altrettanto rilevante ribasso di quello dei salari, aveva indotto a concentrare gli CAPITOLO SECONDO 45 Piano Territoriale Provinciale di Catania (ex art.12 L.R.9/86) RELAZIONE GENERALE DELLO SCHEMA DI MASSINA. investimenti sulla coltura del cotone. Nel corso della rivoluzione, però, le vicende militari e politiche impedirono la commercializzazione del prodotto nei mercati dell'Italia meridionale che, successivamente, incrementeranno notevolmente la loro produzione interna. Gli effetti maggiormente significativi di tutto questo si videro nella crisi della piccola proprietà e nella bracciantizzazione dei contadini. In questo contesto recessivo la questione della quotizzazione delle terre demaniali e della reintegra di quelle usurpate assunse una particolare pregnanza nel dibattito politico cittadino. La notevole esiguità del territorio comunale, peraltro, spingeva verso una politica di scioglimento dei diritti promiscui su tali terre, che provocò una serie di liti fra l'amministrazione locale e, principalmente, gli eredi del principe di Paternò, che si conclusero, nel 1845, con il definitivo riconoscimento del demanio comunale. Quest'ultimo venne successivamente suddiviso in lotti ed assegnato, previo pagamento di un censo, secondo modalità che contraddicevano in gran parte l'espresso dettato della legge al riguardo del 1839, che prevedeva la quotizzazione delle terre demaniali in favore dei meno abbienti. Ne derivò una forte conflittualità sociale, che perdurò fino agli anni cinquanta del XX secolo, quando le continue rivendicazioni contadine si conclusero con l'assegnazione di alcune terre rimaste, fino ad allora, al demanio. 2.2.3.3. BRONTE. Il toponimo si lega alla tradizione mitologica della storiografia classica, che voleva l’isola abitata dai Ciclopi, di cui uno rispondeva appunto al nome di Bronte. I numerosi rinvenimenti archeologici nel territorio testimoniano, comunque, l’antichità dell’insediamento probabilmente dovuto ai Siculi e poi passato ai greci. Diversi pure i reperti d’epoca romana. Agli Arabi si deve l’importazione della coltivazione del pistacchio. Dall’epoca normanna la località, ricadente nel Valdemone, fu soggetta a Messina per l’esercizio della giustizia e successivamente a Castrogiovanni. almeno dal 1348 dipese poi da Randazzo come si evince dal testo del privilegio di Federico III che ordina "quod omnes concives ... Brontis in causis criminalis ... conveniri debeant in nostra curia ... Terrae Randacii". Un documento a firma di re Ruggero II del 1094 attesta per la prima volta l’esistenza del casale (agglomerato rurale) col nome "Brontimene". La successiva testimonianza ad oggi ritrovata risale però solo al 1345, quando si menziona il "loci de Bronte" al riguardo di un feudo concesso da re Ludovico a Manfredi Lancia. è comunque dopo quest’ultima data che le citazioni di Bronte appaiono in modo frequente. Divenuto possedimento del monastero di S. Maria di Maniace tra il 1471 ed il 1472, poi, in ragione dell’aggregazione di S. Maria all’Ospedale Grande di Palermo, il casale (agglomerato rurale) ne seguì la sorte. Bronte divenne università (città) demaniale per la riunione di 24 casali concessa con un privilegio di Carlo V probabilmente intorno al 1535 (come attesterebbe la differenza di popolazione riscontrata tra il 1535 ed il rivelo - censimento - del 1548). Essa però rimase dipendente da CAPITOLO SECONDO 46 Piano Territoriale
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