Retabloid Fiction Issue, #1
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fiction issue #1 Senza titolo-1 1 07/02/18 08:35 retabloid fiction issue #1 retabloid_fi1_web_13feb19.indd 1 13/02/2018 21:42:27 federico nicola laura armani cordeschi fusconi Intrusi Le olandesi volanti Il carnevale delle cimici 126 38 6 Federico Armani (Verona, Nicola Cordeschi Laura Fusconi (Castel 1992) si è laureato in (Roma, 1978) è dottore San Giovanni, Piacenza, Filosofia all’università di ricerca in Ingegneria 1990) lavora come grafica Cattolica di Milano con dell’informazione e editoriale. I suoi racconti una tesi su Max Stirner. della comunicazione. sono stati pubblicati su È autore di racconti, alcuni Vive e lavora fra Roma «effe», «Verde», «retabloid». tradotti negli Stati Uniti, e Milano e scrive Il suo primo romanzo e di programmi radio. racconti. è in fase di pubblicazione. retabloid_fi1_web_13feb19.indd 2 13/02/2018 21:42:27 dante jacopo elisa impieri la forgia leoni Dark Room Congedo Berta 92 54 114 Dante Impieri (Torino, Jacopo La Forgia (Roma, Elisa Leoni (Bergamo, 1987) si è laureato a Roma 1990) si è laureato in 1988) è cresciuta a in Lettere moderne. Filosofia estetica con una Ambivere, un paesino Dopo un’esperienza da tesi magistrale su Infinite di duemila anime. Voland, ora è redattore Jest. Lavora come fotografo. Si è laureata in Filologia per minimum fax. Ha pubblicato racconti e moderna a Pavia. un reportage sul Kashmir È redattrice per indiano per Effequ. «Bergamopost». retabloid_fi1_web_13feb19.indd 3 13/02/2018 21:42:27 elvis ivan l. filippo malaj polidoro santaniello Legna per l’inverno Cane Trojan 32 140 76 Elvis Malaj (Malësi e Ivan Polidoro (Napoli, L. Filippo Santaniello Madhe, Albania, 1990) 1964), attore e regista, (Lugano, 1983) ha ha pubblicato racconti ha al suo attivo due pubblicato racconti per su varie riviste («effe», lungometraggi, Basta un «Playboy», «Verde» e Nero «retabloid») e nel 2017 niente (2006) e La sorpresa Press. Con la sceneggiatura la raccolta Dal tuo terrazzo (2015). Come scrittore ha di The Slider ha ottenuto si vede casa mia per pubblicato, nel 2011, Le una menzione ai California Racconti edizioni. coincidenze per 66thand2nd. Film Awards. retabloid_fi1_web_13feb19.indd 4 13/02/2018 21:42:27 Pensavo che la cosa più bella al mondo fosse l’ombra, tutte le forme che si movevano a milioni e i vicoli ciechi d’ombra. —Sylvia Plath retabloid_fi1_web_13feb19.indd 5 13/02/2018 21:42:27 «Devi decidere i nomi.» «Li so già.» «Come si chiamano?» «Arianna, mamma e papà.» Il primo a morire fu papà: un mattino lo trovammo rovesciato in superficie. Arianna non pianse, rimase a picchiettare il vetro come se il pesce si potesse risvegliare. «È morto papà» mi disse. «Siamo rimaste solo io e te.» 6 retabloid_fi1_web_13feb19.indd 6 13/02/2018 21:42:27 Arianna entra di corsa in camera e si lancia sul lettone. Ha imparato a salirci da sola, e guai se provo ad aiutarla. Si tiene ag- grappata alle coperte e si agita come un animaletto nell’acqua di una fontana. La maglietta del pigiama si arrotola fino a lasciarle scoperta la pancia; mi devo trat- tenere per non allungare le braccia e strin- germela addosso. «Mamma!» retabloid_fi1_web_13feb19.indd 7 13/02/2018 21:42:27 laura fusconi Riesce a tirarsi su e si siede davanti a me, i piedi neri e i capelli scom- pigliati. Il letto è un tappeto volante. «Non devi camminare scalza qui, non è come a casa.» La mia bambina si nasconde i piedi nelle mani e gonfia le guance prima di avvicinare il viso al mio. Mi soffia l’aria in faccia e io ar- riccio il naso e tengo aperto un occhio solo; sto per farle il solletico, come al solito, ma lei mi richiama all’ordine. «Mamma, è vero che dentro la mia bocca c’è un po’ di buio?» mi chiede, spalancandomela davanti. Tira fuori la lingua come avrebbe dovuto fare dalla pediatra la scorsa settimana. Non aveva ceduto per nessuna caramella o lecca-lecca, neanche per il Chupa Chups originale alla Coca-Cola con la carta a righe blu e azzurre. Guardo i suoi dentini, le gengive, la gola. «Sì, è proprio vero» le dico. Lei chiude la bocca e vedo i suoi occhi piantarsi nei miei, trion- fanti. «Allora non ho paura del buio perché ce l’ho anche dentro» dice, e in un attimo è già scesa dal letto. «Gioco ancora un po’ coi miei piccoli» mi fa, prima di sparire in corridoio. Dovremmo essere su un aereo per New York e invece siamo a Campremoldo Sopra, nella casa dei miei genitori. Prima che nascessi, i miei vivevano a Piacenza, nella via che dal- lo stadio porta al parco della Galleana. Mia madre era una donna piccolina, coi capelli sempre raccolti e le guance tonde. Si affacciava alla finestra ogni volta che sentiva un’ambulanza. Si sono trasferiti a Campremoldo Sopra perché in città ne passavano troppe, di am- bulanze. Chissà a che ha pensato quando è arrivata quella per mio padre. La deve aver sentita da lontano, perché Campremoldo Sopra è solo un mucchietto di case, buttate alla rinfusa in mezzo ai campi, tra Piacenza e le valli. Le dissi di venire a stare da noi, a Milano. Riccardo era sempre in teatro o in giro per l’Europa a tenere master class e concerti. 8 retabloid_fi1_web_13feb19.indd 8 13/02/2018 21:42:27 il carnevale delle cimici Alla proposta mia madre s’era messa a ridere. «Mi ci vedi me in una casa dove le luci si accendono da sole?» Rimase con la sua bicicletta a Campremoldo Sopra, nella casa do- ve ho imparato a camminare e da cui uscivo ogni giorno alle sei e venticinque per prendere l’autobus. La andavo a trovare tutti i weekend che potevo, con Arianna che scalciava prima nel pancione e poi dal seggiolino più costoso di Angel Baby. Mia madre mi raccontava del mercato di Agazzano e di certi suoi vicini che le portavano le uova e le crostate di more. «Tu la fai meglio la crostata di more.» «Non c’è più nessuno che me lo dice, non ho più gusto a farla.» «Ma ci sono io mamma, c’è Arianna.» «Vedi di tirarla su bene; se non le piacciono le more vuol dire che hai sbagliato tutto.» E se la prendeva sulle ginocchia, le cacciava in testa quelle sue cuffiette di lana dai colori pastello; ogni settimana ne faceva una nuova. «L’ho comprata dalla Mariuccia questa lana, senti com’è mor- bida!» 9 retabloid_fi1_web_13feb19.indd 9 13/02/2018 21:42:28 laura fusconi «Ma è estate, mamma.» «Che importa? Bisogna stare pronti.» Era una delle sue frasi preferite: bisogna stare pronti. Non ero neanche sicura che fosse corretta grammaticalmente. La diceva in continuazione: quando per andare in paese si portava l’ombrello an- che se in cielo non c’era una nuvola, quando insisteva per farsi gon- fiare le ruote già gonfie della bicicletta, quando leggeva sui giornali che lassù in Groenlandia morivano gli orsi polari. E, soprattutto, quando a luglio cacciava in testa ad Arianna le cuffiette di lana. Arianna le scagliava a terra con le sue dita minuscole tutte arricciate e mia madre le raccoglieva e gliele infilava sui piedi e Arianna rideva e faceva ridere anche noi. Mia madre è morta una mattina d’agosto mentre stava nell’orto. La trovò il postino, l’ometto grasso che ogni giorno si fermava con lei a fare due chiacchiere. «Mi fa la corte!» rideva mia madre. «Mica si accorge che non sono più una signorina!» La trovò con gli stivali da lavoro e la faccia nella terra. In mano stringeva una pianta di patate. Bisogna stare pronti. Accanto alla poltrona della sala c’era la cesta dove teneva le cuffiette di lana. Ho potuto contare i weekend che non sono andata a trovarla. «Cosa ti ricordi della nonna Giovanna?» «Niente» mi ha sempre risposto Arianna. Ma la settimana scorsa, durante il solito teatrino per convincerla a mangiare la carota, mi ha gridato addosso: «Voglio quelle della nonna Giovanna, erano molto più buone». «Mamma, è vero che dentro la mia bocca c’è u n p o’ di buio?» 10 retabloid_fi1_web_13feb19.indd 10 13/02/2018 21:42:28 il carnevale delle cimici Cercavi sempre le più piccole, avrei voluto dirle. E volevi tenerle tutte tu, guai se la nonna provava ad aiutarti. Ti piaceva tirar fuori dalla terra quelle contorte, che coi loro nodi sembravano vive. Ma non le ho detto niente, ho preso la carota che le avevo pelato e l’ho mangiata io. Ho pulito la casa come meglio potevo. Dopo aver aperto le finestre ho lavato il pavimento, cambiato le lenzuola, spolverato i mobili e gli scaffali. Arianna si è fatta legare i capelli e mi ha seguito per tutto il tempo. «Che cosa puliamo adesso, mamma?» Un gioco che non avevamo mai fatto. Non le pareva vero di stare con le mani nella polvere, di potersi sporcare i vestiti senza che io mi arrabbiassi. «Perché non lo facciamo anche a casa?» «Lo fa Luisa a casa.» «Non chiamarla più, voglio farle io le pulizie.» Il mocio è un cagnolino che scivola sulle piastrelle, gli specchi sono lavagne su cui disegnare con le dita. «Questa era la nonna Giovanna?» «Sì.» «Perché sorride così tanto?» «Non riusciva mai a stare seria quando le facevano le foto.» «E questo è nonno Enrico?» «Proprio lui.» «Non l’ho mai visto perché è andato in cielo, vero? Chi è quella bambina?» Io, sono io quella bambina grassa con le orecchie a sventola. Non guardarla, è brutta. Tu sei molto più bella, sei così bella che non ci volevo credere all’inizio che eri proprio mia.