BLUES La Colonna Sonora Della Mia Anima … Ain’T Nothin’ but the Blues
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http://scrivi.10righedailibri.it/ leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it GRANDI OPERE Salvatore Amara UN SALTO NEL BLUES La colonna sonora della mia Anima … ain’t nothin’ but the Blues CUEC Salvatore Amara Un salto nel Blues La colonna sonora della mia Anima … ain’t nothin’ but the Blues ISBN: 978-88-8467-960-4 © CUEC Editrice 2015 prima edizione dicembre 2015 Realizzazione editoriale CUEC Editrice by Sardegna Novamedia Soc. Coop. via Basilicata 57/59 09127 Cagliari www.cuec.eu [email protected] [email protected] Questo libro è realizzato in coproduzione CUEC Editrice/Salvatore Amara Senza il permesso scritto dell’Editore è vietata la riproduzione anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico Realizzazione grafica Antonello De Cicco Stampa e legatura Arti Grafiche CDC Srl Città di Castello (PG) “Tutto il pensare che fate prima di iniziare un lavoro abbrevia il tempo che dovete spendere per eseguirlo” R.C. SMITH Dedico questo libro a Barbara Derosas, moglie, amica e amante, il Sole che illumina il mio mondo e riscalda il mio Cuore. Che occhi avrà Railgac Blues Che occhi avrà, il futuro, ora? “Le mie viscere sono marce. Che occhi avrà, ora, la storia? Viaggio in un treno verso il fiume. Avrà quegli occhi che aveva il vento, Nessuno sa gli accordi della mia chitarra. quel vento caldo che dall’Africa saliva Anch’io li ho dimenticati nel viaggio. nel canto degli schiavi, nel gospel, nel blues Sparsi nelle rotaie della città di Railgac. che dalle navi volava alle stelle Percorsi Quel Che Restava Delle Strade. coprendo l’urlo feroce della frusta, Avevo Un Vecchio Furgone Con Il Motore Stanco. che dalla bocca dei negrieri schioccava Nel Suo Cassone Un Cane Sdentato, mentre solcava il mare oscuro dell’esilio Pochi Stracci La Mia Vita.” all’abbagliare di sole che sorgeva tra vele squarciate ancora da raffiche di morte Alberto Lecca mentre suonava il mantra della diaspora. Estratto da “L’immaginario del Blues” Che occhi avrà, ora, il soffio del destino, mentre riecheggia il ritmo dei tamburi che da savane approdano a altri lidi? Avrà quegli occhi ardenti di quell’uragano che dal profondo sguardo di anime violate, da volti riaccesi dal vorticare delle ore che segneranno il tempo al finir di tirannie, arriverà a quel giorno che placherà la sete, la fame di giustizia, di campi a seminare di suoni di rivolta di folle tumultuose, che in batter d’occhi al tempo da venire soffocherà i singhiozzi di quelle mille labbra che adesso vanno ancora concordia a ricercare con quelle vecchie barche cariche di dolore, con quelle vecchie barche dolore ad annegare. Gianni Mascia “Io nacqui di proprietà di Benjamin Turner, ma di costui ri- cordo ben poco. Dopo la sua morte improvvisa, quando io avevo otto o nove anni, passai per eredità a suo fratello, Sa- muel Turner, nella cui proprietà rimasi dieci o undici anni. … In seguito, le fortune di Samuel Turner declinarono, e sorse- ro altri problemi; comunque, non fu più in grado di continua- re a gestire la segheria che aveva ereditata da suo fratello, e, per la prima volta, fui venduto al signor Thomas Moore e questa vendita, ironia della sorte, ebbe luogo proprio nel momento in cui raggiungevo la maggiore età, nel mio ven- tunesimo anno di vita. …Dopo la morte del signor Moore di- venni proprietà di suo figlio Putnam, che aveva allora quin- dici anni. …anche se legalmente appartenevo a Putnam, ap- partenevo anche a Travis, che esercitava ogni diritto di pro- prietà su di me finché Putnam non avesse raggiunto la mag- giore età. Pertanto, quando miss Sarah sposò Joseph Travis e andò a vivere sotto il suo tetto, io divenni oggetto di una duplice proprietà, cosa non particolarmente insolita, ma ul- teriormente spiacevole per uno già abbastanza infelice d’es- sere proprietà di uno solo.” William Styron The confessions of Nat Turner, 1967, traduz. italiana Le confessioni di Nat Turner, Mondadori 1996 Da quel giorno la mia vita cambiò: avevo avuto consapevo- lezza di me stesso!! 1. Ero entrato in contatto profondo e diretto con la mia ani- ma ed avevo tracciato una linea di demarcazione, che an- Piacere, cora oggi è rimasta inalterata, tra cosa fosse per me il be- ne ed il male. Capiamoci, come ho già detto non è che abbia avuto un’in- sono il Blues! fanzia difficile né, tantomeno, un’adolescenza più complica- ta rispetto a quella di tanti altri, ma per la prima volta riuscii ad avere un dialogo sincero con me stesso ed a sfogare tut- ta la rabbia che avevo represso dentro di me per tutto ciò che consideravo ingiusto. La rabbia folle di chi si sente impotente davanti ai soprusi e davanti a qualunque forma di limitazione della libertà, pro- pria ed altrui. Ricordo come fosse ora che sentivo il fortissimo desiderio di tornare indietro nel tempo, in veste di invincibile supere- roe, per soccorrere il povero Kunta Kinte, braccato, cattu- rato, legato, frustato e buttato dentro un barcone, ivi acca- tastato come un sacco, in compagnia di tanti altri come lui, tutti strappati alle loro famiglie ed alla loro terra, privati del- la loro dignità di esseri umani e trasportati in un posto sco- rmai stavano finendo le vacanze estive del 1978, an- nosciuto e lontano, dove avrebbero patito indicibili pene e cora qualche mese ed avrei compiuto dodici anni. sofferenze. ORicordo bene che fu proprio allora, durante quel set- Insomma, il peggiore degli incubi che si concretizza. tembre, che per la prima volta provai quella strana quanto sgradevole sensazione. KUNTA KINTE – ROOTS (“RADICI”) Un dolore sordo che mi rimbombava dentro il petto e pian Kunta Kinte è il protagonista del romanzo Roots (“Radici”) di Alex piano dava corpo ad una rabbia senza fine, apparentemen- Haley, dal quale è stata tratta l’omonima miniserie televisiva rea- te ingiustificata, che mi faceva quasi esplodere la testa, co- lizzata negli U.S.A. nel 1977 e trasmessa per la prima volta in Ita- lorando di rosso il mio volto. lia su Rai 2 in otto puntate, ogni venerdì dalle ore 20:40, a par- Dall’intensità sembrava proprio che quella sensazione di di- tire dal giorno 8 settembre sagio non potesse appartenere soltanto a me. 1978. Secondo il racconto di Era una sofferenza che, come detto, in un primo momen- Haley, Kunta Kinte nacque in to giudicai incomprensibile, del resto ero un ragazzino feli- Gambia nel 1750 nel villaggio ce, mi trovavo comodamente sdraiato sul divano ed ero pu- mandinka di Juffure. Divenuto re in vacanza dalla scuola ... e che diamine … non aveva pro- guerriero, dopo una rigida di- prio alcun senso!! sciplina formativa culminata Pertanto, non riuscivo a capire il perché di un tormento così con l’iniziazione e la circonci- profondo e così antico, tale da sfociare in un pianto solitario sione, a 17 anni venne aggre- e strozzato, silenzioso e per tale motivo ancora più doloro- dito, catturato e fatto prigio- so, perché inevitabilmente soffocarne il rumore comporta- niero dai mercanti di schiavi. va la contrazione di tutti i muscoli facciali, pettorali e addo- Dopo esser stato marchiato minali, tanto che il dolore, alla fine del suo percorso, rincu- a fuoco, venne stipato in una lava dentro la mia testa, squassandola. nave, incatenato con più di Questo perché in realtà mi vergognavo di me stesso, per cento altri africani e traspor- quella scena che ritenevo assolutamente infantile, certo tato in America. Sbarcato ad non degna di quell’uomo che all’epoca volevo diventare, Annapolis, in Maryland, dopo tre mesi di viaggio, durante il qua- “l’uomo che non deve chiedere mai”. le morì un terzo dei prigionieri, fu venduto ad un proprietario ter- Insomma, alla fine non trattenni più le lacrime e piansi a di- riero della contea di Spotsylvania, in Virginia, che gli cambiò il no- rotto, e più piangevo più la rabbia si trasformava in felicità, me in Toby. Orgoglioso e audace, pagò a caro prezzo, con severe come se finalmente avessi avuto la forza di rompere gli ar- punizioni e con la mutilazione di una parte del piede, i suoi ripetuti gini dell’adolescenza, di lasciarmi andare per la prima volta tentativi di fuga, ma la volontà di ritornare libero non l’abbandonò alle mie emozioni, finalmente sentivo di essere onesto con mai. I personaggi e le loro vicissitudini sono presentati come real- me stesso e di prendere contatto con la mia vera persona- mente esistiti, ed in effetti la ricostruzione dell’autore è supporta- lità, di sfogare tutte le frustrazioni, più o meno grandi e più ta dalle sue ricerche e dall’esame dei documenti rinvenuti in varie o meno comuni a tutti gli adolescenti, che fino ad allora mi biblioteche ed archivi storici, anche se si ritiene che molte circo- avevano tormentato e che avevo in ogni modo cercato di stanze siano state romanzate per esigenze letterarie, prima, e ci- controllare, negandole. nematografiche, poi. 9 Quando iniziai a guardarlo in TV, pensavo che Radici fosse e quella speranza che, nonostante l’indicibile tragedia che la storia di un giovane ragazzo nero con il lieto fine, come l’aveva colpito, non lo abbandonava mai. quelle che fino ad allora avevo visto, ma la sceneggiatura di Mi addormentavo e mi svegliavo con in testa la musica tri- quel teleromanzo a puntate non somigliava affatto a quello ste della colonna sonora, che rappresentava il filo d’unione trasmesso qualche anno prima, che raccontava le gesta fan- tra Kunta e me, ed ancora oggi la ricordo, nonostante siano tastiche della Tigre della Malesia.