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CLUB ALPINO ITALIANO Sezione di Giaveno Piazza Colombatti, 14 - 10094 Giaveno (TO) Cell. 339.5755995 - [email protected] di Martoglio Livio Apertura sede: Tetti impermeabili tutti i venerdì non festivi ore 21 - 23 e tutti i sabati dell’anno non festivi Rasamenti ore 10,30 - 12 Asfalti - Strade Gruppo Speleologico: tutti i giovedì ore 21- 23

Per essere sempre aggiornati, visita: bacheca CAI di piazza S. Lorenzo e piazza Colombatti Via U. Scaletta, 21 • GIAVENO (To) Tel. 011.9376256 - 330.494963 Sito: www.caigiaveno.com 3 Editoriale 5 Segreteria Sommario 9 Vita sociale in cronaca 20 Sui sentieri della Grande Guerra (Soggiorno nelle Dolomiti) 29 Trekking - Il tour del Tenibres 34 Gruppo Alpinismo Giovanile - Tra portali magici e cunicoli 36 Gruppo MTB - Quelli di Piazza Rosaz 39 Gruppo Speleo - Campo Speleologico 2018 42 Scuola ‘Carlo Giorda’ - Corsi 2018: tagli, ritagli e frattaglie 45 Gruppo Arrampicata: una ‘Palestra’ aperta a tutti 46 Gruppo Sentieristica - Il convegno in sede sulla Sentieristica in Piemonte 50 Gruppo Sentieristica - Bentornato ‘Sentiero Monti’ 52 Museo Geologico Sperimentale – Un geologo all’Inferno: Dante e le Scienze della Terra 56 Il Museo Geologico Sperimentale… in rete 58 Gruppo Intaglio - Ciao, Gino… 59 Ciao, Maddalena… 61 Sentieri e cammini… - L’arte del patchwork e del camminare in una mostra ai Batù 64 In montagna con la Scuola 66 Taccuino Serate 2018 71 Nevicate di oggi e di ieri 74 Dove ci sono pietre c’erano persone 83 Frammenti di poesia e di tempi andati - Conversazione con Marisa Savoia 87 Dopo le ultime mine 93 Il Pasché di Giaveno negli anni ’50-’60 del Novecento: le tre scuole del borgo

2018

Anno 27 - N. 1 - Annuario 2018

La realizzazione di questo Bollettino è frutto della collaborazione di numerose persone: degli autori dei testi, di quanti hanno gentilmente concesso l’utilizzo di foto e documenti d’archivio, di coloro che han- no messo a disposizione le immagini a corredo degli articoli (per alcuni non è stato possibile risalire ai nomi), di chi ha dato sistemazione al materiale raccolto, infine degli inserzionisti che contribuiscono alla stampa e confezionamento di questa pubblicazione. A tutti va il ringraziamento della Presidenza e del Consiglio Direttivo della Sezione. In copertina: Gruppi “Alpinismo Giovanile” e “Sentieristica” – Giornata di Manutenzione Sentieri (uscita sociale 27 maggio 2018 - foto di Rossana Pavanello) In retrocopertina: Campo Speleo 2018 (Archivio Gruppo Speleo), Corso di Arrampicata Libera (Scuola “Carlo Gior- da”), Sui sentieri con il Gruppo MTB (archivio Gruppo MTB), Verso il Bec del Pio Merlo, sullo sfondo il Cervino (Gruppo Escursionistico, gita sociale 22 luglio 2018 - foto di Rita Maritano)

Grafica,Pubblicazione impaginazione a cura del e C.A.I.stampa: - Sezione Tipografia di Giaveno. Commerciale s.n.c. - Giaveno Distribuito gratuitamente ai soci, alle sezioni C.A.I. e ai simpatizzanti. Vietata la vendita. Tutti i diritti sono riservati al C.A.I. Giaveno. Non è consentita la riproduzione di articoli, foto e disegni senza la preventiva autorizzazione del Direttivo. www.mobilinino.it - [email protected] Studio e arredamento d’interni

Aperti la 4a Domenica 15.30-19.00 GIAVENO (TO) 2° Show Room GIAVENO (TO) Fraz.Ponte Pietra,98 Tel. 011.9363889 Via M.Ausiliatrice, 16

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Sono strane le lettere anonime. Sono strane perché ci si aspetta che siano negative, critiche, minacciose, misteriose o inquietanti. A volte però sono stimolanti, confortanti, consolanti… E’ questo il caso di un messaggio ritrovato poco tempo fa nella nostra buca delle lettere. Su una busta intestata “CLUB ALPINO ITALIANO – SEZIONE DI GIAVENO”, riporta i pensieri di uncarta misterioso a quadretti, giovane scritto a proposito a mano e del in bellaCAI e grafiadella nostra(come sezione.si faceva una volta) all’interno di Spero di non essere indelicata a riportare di seguito il testo integrale; penso che sia impor- tante condividerlo con tutti i soci perché colgano l’invito riportato e con tutti coloro che confortati e incoraggiati (come è successo a me, leggendo l’originale) a continuare, insiste- re,s’impegnano credere in all’internoquello che dellasi fa … sezione insieme. o che sono più assidui frequentatori, affinché siano

“CAI … CLUB ALPINO ITALIANO Un nome, forse importante perché passato e perpetrato nel tempo, conosciuto da molti … ma non da me … Sembra siano passati 50 anni dalla costituzione della Sezione del CAI di Giaveno, e qualcuno propone di scrivere qualcosa, qualche riga, riguardo questo gruppo di persone che si incon- trano per condividere qualcosa che piace: i grandi spazi aperti (ma non solo!), la fatica, in una parola, la Natura. Ho colto l’occasione per fare qualche riflessione al riguardo. Il fatto è che non so “cosa” sia veramente il CAI. Sinceramente, ho 24 anni, e non so precisamente quale sia lo scopo che si prefiggono di per- seguire … ma per motivi che esulano dal contesto, ho potuto dare, come dire, una sbirciatina all’interno della sezione del CAI. Ho potuto passare del tempo a parlare con alcuni membri, e quello che ho visto, quello che ho sentito, mi è piaciuto. Ho visto disponibilità, apertura al dialogo, condivisione. E, lo ripeto, mi è piaciuto. Allora è questo il famigerato CAI? Se è questo, perché non ne ero a conoscenza? Consideravo questo gruppo come qualcosa di istituzionale, irraggiungibile e con cui fosse im- possibile comunicare; troppo impegnato e “distante” per ascoltare. Ma non solo, anche troppo antiquato, e quindi incapace di rispondere alle mie necessità! Non saprei dire con precisione se questo mio ribaltamento di “visione” sia dovuto a un cam- biamento avvenuto in me, ma sicuramente è stato favorito dall’energia, vitalità e voglia di condividere, fare, rinnovare e Ascoltare dei suoi membri. Ammetto, in tutta sincerità, di non aver mai preso parte troppo spesso alle numerose iniziative proposte negli anni, … e non saprei come spiegarne il motivo, ma se è veramente questo il gruppo CAI, che venga gridato a gran voce, che venga nominato più spesso e che le genti ne parlino, perché forse proprio di questo si ha più bisogno … di condividere, sì, ma CON-DIVIDERE in modo sano, bello e buono, stare insieme, parlare e ascoltare sinceramente, e coloro che più ne han bisogno di tutto questo, in quanto privi di bagaglio esperienziale, sono i giovani.

3 Giovani che con le proprie insicurezze e difficoltà, con i propri dubbi e domande, forse, fan più fatica ad adattarsi, no, a posizionarsi, in un sistema folle che cambia sempre più velocemente e con sempre più frenesia ingiustificata, nel quale, per quanto sembri tutto più facile, non è per nulla semplice, sicuramente per alcuni aspetti, e forse proprio i più importanti. Questo è il mio più caro invito affinché chi tenta di avvicinare i giovani a questo gruppo di soci chiamato CAI, continui, nonostante le difficoltà! Ed è un invito anche a tutti Voi, che avete avuto voglia di leggere questa semplice riflessione fino a questo punto, un invito ad incontrare questo gruppo, un invito a fare un giro, senza pregiudizi, almeno una volta. A.

P.S.: avevo 24 anni quando scrissi questi pensieri. Rimasero lì, su pezzi di carta trovati alla veloce in “preda al momento”; e solo ora a 28 anni, ho deciso, dopo aver riscritto il tutto dando ordine e scorrevolezza, di consegnarle a Voi, affinché non rimangano muti segni di inchiostro su pezzi di carta pizzicati in un angolo della mia scrivania.”

E’ doveroso ed è un piacere ringraziare “A” per quanto scritto. Ma poiché le lettere anonime

sono misteriose per definizione e io sono un’inguaribile curiosa… caro “A” svelati! Ti aspettiamo (lo sai)! Rossana

4 Segreteria News

CHI SIAMO Nel 2018 i soci iscritti alla nostra Sezione sono stati 622 di cui: 379 ORDINARI 25 ORDINARI JUNIORES (tra i 18 e i 25 anni) 141 FAMIGLIARI 77 GIOVANI (minori di anni 18)

MODALITA’ TESSERAMENTO 2019 • Iscrizioni e rinnovi dal 1° gennaio al 31 marzo 2019.

• I nuovi soci e coloro che devono ottenere il duplicato della tessera smarrita dovranno con- un contributo aggiuntivo di € 4,00. segnare in segreteria i dati personali, una foto recente, la propria e-mail, il codice fiscale e •

• PerAl momento i minori di del 18 rinnovo anni la odomanda durante devel’anno, essere è necessario firmata dacomunicare chi esercita alla la segreteriapotestà. even- tuali variazioni di indirizzo, recapito telefonico o e-mail per assicurare la regolare consegna di corrispondenza, pubblicazioni e comunicazioni.

• Le quote Sociali per l’anno 2019 sono le minime deliberate dall’Assemblea dei Delegati svoltasi a Trieste il 26 e 27 maggio 2018 (non sono state apportate variazioni rispetto al 2018) ORDINARIO € 43,00 ORDINARIO JUNIORES tra i 18 e i 25 anni € 22,00 (nati(tutti tracoloro il 1994 che ehanno il 2001) oltre 18 anni di età) FAMILIARE € 22,00 GIOVANE € 16,00 (minori di anni 18 nati nel 2002 e seguenti) DAL 2° GIOVANE € 9,00 (se(maggiorenne convivente con un ordinario)convivente già iscritto al CAI)

• È possibile iscriversi o rinnovare presso: SEDE SOCIALE Piazza Colombatti, 14 - Giaveno tutti i venerdì non festivi dalle ore 21,00 alle ore 23,00 e tutti i sabati dell’anno non festivi dalle ore 10,30 alle ore 12,00

TREKKING SPORT Corso Torino, 6 - Avigliana

5 I VANTAGGI DI ESSERE SOCI L’iscrizione o il rinnovo danno diritto a: - distintivo CAI (per i nuovi soci) - bollettino annuale della Sezione; - rivista Intersezionale “Muntagne Noste” Val Susa-Val Sangone; - rivista mensile “MONTAGNE 360” del Club Alpino Italiano - coperture assicurative (come riportato al paragrafo “Assicurazioni”); - condizioni agevolate presso i Rifugi CAI nazionali ed esteri; - partecipazione a escursioni ed eventi organizzati da tutte le Sezioni del CAI; - sconti sulle pubblicazioni CAI; - sconti sugli impianti di risalita delle stazioni convenzionate (vedere sito CAI Giaveno alla pagina convenzioni e sconti)

convenzioni e sconti) - sconti sull’Abbonamento su prestazioni mediche Musei Torino e fisioterapiche Piemonte (vedere sito CAI Giaveno alla pagina - prestito di libri che fanno parte della nostra ricca biblioteca; - partecipazione ai corsi sulle varie discipline montane organizzati dalla Scuola Intersezionale “Carlo Giorda”; - partecipazione al Corso di Cicloerscursionismo per Alpinismo Giovanile per i ragazzi dai 7 ai 15 anni; - partecipazione al Corso di Arrampicata libera per i ragazzi dai 9 ai 15 anni.

in particolare i soci della sezione di Giaveno, al momento dell’iscrizione o del rinnovo, riceveranno: - un buono pernottamento per il Rifugio Balma, in Val Sangone; - un buono pernottamento per il Rifugio “I Re Magi” in Valle Stretta

- calendarietto delle attività sezionali. ASSICURAZIONI Modalita’ di attivazione coperture assicurative PER I SOCI Con l’iscrizione al CAI sono comprese nella quota associativa le seguenti coperture:

- Infortunio in attività istituzionale - Responsabilità civile in attività istituzionale - Soccorso alpino in Europa in attività istituzionale e personale -A Tutela richiesta legale del inSocio attività è anche istituzionale possibile:

massimali- Aumentare scelti) i massimali della copertura infortunio in attività istituzionale (€ 3,40) - Attivare le coperture infortunio in attività personale (€ 90,00 o 180,00 a seconda dei

- Attivare le coperture responsabilità civile in attività personale (€ 10,00) (sezionali). Particolari coperture automatiche o attivabili sono previste per i Soci titolati o qualificati

6 PER I NON SOCI

- Le coperture infortunio e soccorso alpino sono attivate a seguito di versamento di € 8,57 e comunicazioneIn caso di partecipazione alla segreteria alle attività al momento istituzionali: dell’iscrizione di cognome, nome, data di nascita

Ie SOCIcodice VENTICINQUENNALI fiscale. E CINQUANTENNALI Coloro che si sono iscritti nel 1995, se hanno sempre rinnovato senza interruzione, hanno diritto a ricevere l’aquilotto venticinquennale; gli iscritti nel 1970, quello cinquantennale. E’ però necessario che comunichino il loro nominativo in segreteria entro ottobre 2019.

ORARI - SEDI - CONTATTI La segreteria è a disposizione per ulteriori informazioni o chiarimenti in merito ad ogni aspetto dell’adesione al CAI. In Piazza San Lorenzo e Piazza Colombatti (fuori della Sede) è possibile visionare le bacheche. La Sezione è aperta ai soci, agli amici e ai simpatizzanti

tutti i venerdì non festivi dalle ore 21,00 alle ore 23,00 e tutti i sabati dell’anno non festivi dalle ore 10,30 alle ore 12,00

cellulare 339.5755995 e-mail: [email protected] – sito: www.caigiaveno.com

Gruppo Alpinismo Giovanile: si riunisce nelle serate di apertura della sede. Per informazioni: Rossana 339.8260223 - Franco 338.1593404 e-mail: [email protected] - Facebook: Alpinismo Giovanile CAI Giaveno Gruppo Arrampicata: la Palestra presso il Palazzetto dello Sport di Via Colpastore, è a disposizione degli appassionati tutti i martedì e giovedì dalle ore 20,00 alle 22,30. Per informazioni e per conoscere le condizioni facilitate di ingresso riservate ai soci CAI, rivolgetevi direttamente in palestra oppure contattate il numero telefonico 340-9628164 o su Facebook: Palestra arrampicata giaveno GARP (vedi pagina dedicata nel presente bol- lettino). Museo Geologico Sperimentale: è visitabile gratuitamente tutti i giorni su appuntamen- to. Orario: 9-12/14-17 - e-mail: [email protected] . Per la didattica contattare Vittorio Pane: [email protected] Gruppo Mountain Bike: si riunisce nelle serate di apertura della sede. Per informazioni: Danilo 347.2122397 - Franco 338.1593404 e-mail: [email protected] - Facebook: Mtb Cai Giaveno Gruppo Speleologico Giavenese “Eraldo Saracco”: si riunisce presso la sede tutti i giove- dì dalle ore 21,00 alle 23,00. Per informazioni: web: www.sites.google.com/site/gruppospeleologicogiavenese - e-mail: [email protected] – Facebook: Gruppo Speleo Giavenese “Eraldo Saracco”

Gruppo Protezione Civile e sentieristica: per informazioni: Michele 335.5292715 e-mail: [email protected]

7 Biblioteca La biblioteca è aperta per la consultazione e per il prestito nelle serate di apertura della sede.

Per essere sempre informato visita il sito: www.caigiaveno.com E-mail: [email protected]

raggruppamento “INTERSEZIONALE” Val Susa-Val Sangone collegandoti a: www.caivalsusavalsangone.itInoltre potrai trovare notizie sull’attività di tutte le Sezioni che come noi fanno parte del

Rossana Pavanello e Rita Maritano

Materiale promozionale in vendita presso la Sede Sociale

In segreteria • Adesivi e vetrofanie • Portachiavi smaltati • Portachiavi San Bernardo • Distintivi (aquilotti) argentati • Magliette con logo CAI Giaveno

Piccola Edicola • “50 Anni insieme” Pubblicazione e DVD • “Giaveno e i suoi (fino protagonisti” a esaurimento scorte) • “Sentieri di Neve”, di Gianni Ballor • Cartine della serie “Alpi senza frontiere” • I quaderni dell’Intersezionale ... e altre pubblicazioni

Sono inoltre disponibili diversi titoli della collana: • Manuali del CAI • Guide dei Monti d’Italia

8 9 Vita Sociale- in cronaca- (m.u.) 11 febbraio Rifugio Laval (Brianzonese - Val Clarée) - Val 11 febbraio Rifugio Laval (Brianzonese per programmata il 21 L’escursione, gennaio è differi ta, causa maltempo, all’11 febbraio. all’11 febbraio. ta, causa maltempo, Dal parcheggio di Névache, calzate le ciaspole, imboc- chiamo la strada innevata che in estate consente alle auto di arrivare fino al Rifugio Laval. La salita è age- vole e si svolge in bell’ambiente alpino, in un - conte neve, dalla semisommerse baite di e lariceti folti di sto quasi sempre costeggiando l’ameno torrente Clarée. Raggiungiamo la nostra mèta in circa tre ore e trenta 4 febbraio Rifugio Le Fonts de Cervières (Queyras - Brianzonese) - (Queyras Cervières de Fonts Le Rifugio febbraio 4 Partiti alle 7 da Giaveno, arriviamo al parcheggio di Cerviè borgo grazioso questo Da monti. dai sbuca che sole il con res di montagna possiamo scegliere due percorsi per Lombard, avviarci Pic del piedi ai sorge che Fonts, Les rifugio il verso primo Il ‘700. fine a risalente borgo piccolo un di nell’abitato percorso si snoda sulla carrozzabile estiva lungo il lato - oro i piedi del il secondo del segue vallone, invece destro grafico versante opposto, che al mattino però è in ombra. Il freddo sottile della giornata e il la vedere pista ben battuta e soleg- la prima alternativa. ci consigliano sinistra giata alla nostra l’innevamento e ampio molto panorama il agevole, è salita La di pianoro sul Bourget,buono. neve vasto troviamo Arrivati piacevoli in dilungarci manna per una vera farinosa: e fresca fuori divagazioni le e fotografiche soste molte Le pista’. ‘fuori

Oltre Oltre che nelle uscite descritte con i flash che seguono, la vita associativa della visto Sezione i ha soci ritrovarsi negli altri abituali e sempre importanti momenti di gna cauda’ il dei 10 Soci incontro: febbraio in primaverile il sede, 14 l’Assemblea marzo, le la Giornate di ‘Ba- Manutenzione Sentieri il 20 maggio e il 16 settembre, la Festa d’autunno con Castagnata il 28 ottobre (in sede, causa maltempo), il Pranzo Sociale con la consegna degli l’inizio e Aquilotti Natale di festa il la per Auguri degli 9 Serata la infine specifica), cronaca (vedi dicembre il 21 dicembre. Nuovo dell’Anno Anche quest’anno alla stesura di questa carrellata di gite sociali, e al relativo corredo - foto grafico, hanno collaborato più soci, ognuno con la propria sensibilità nel effettuate. dare camminate conto delle sentiero sentiero ci fanno perdere tempo, così decidiamo di rinunciare di arrivare fino al approfittando grangia, una pressi nei rifugio, pranzo il per fermiamo ci e lontano, piuttosto ancora della presenza di un e tavolino qualche panca. ritorno Facciamo seguendo l’altro sentiero, che nel è nel frattempo entrato cono di luce e di calore del sole. Mèta - mancata, ma diverti nulla! mancare non ci siamo fatti assicurato: mento Vita sociale in cronaca 2018 cronaca in sociale Vita 10

na sopra ilpaese,da dove lavista spazia sullagoel’abitato. L’itinerario inizia a Colonno: lasciata la statale, una breve ma ripida stradina ci porta appe- Como. di lago del occidentale ramo sul km 10 circa di passeggiata questa Vitaprevista è dario calen in così innevati,parzialmente ancora sono alpini percorsi i e maggio inizio a Siamo 6 maggio tiero delritorno. sen- affrontareil per carica la dato ha ci graditoe molto stato è preparatoloco hanno in ci che successiva.caffè settimana Il svoltasarebbela si che festa della vista in manutenzione far a luogo sul era volontari di numero nutrito un quanto in dell’abbazia, l’interno anche visitare poter di fortuna la avuto hanno partecipanti I contemporaneamente. quasi cima Toirano)di Giogo dal secondo il e Boissano in da partitogiunti primo sono (il gruppi due I sempre molto successo. Socialel’invernotrascorso.appena Forse motivimare”dei questo uno“al è l’escursione ha cui per dimenticare far a contribuiscono mare dal proviene che brezza la e selvatiche erbe delle na, è bello trascorrere una giornata sui monti della Liguria, dove il clima tiepido, il profumo ancorafrizzanti primaveranostravallerisulta la nella l’aria Quando notarefarsie tarda a 22 aprileSanPietro deiMonti(daBoissano-Savona) costruzioni dell’uomo.Per lacronaca: sonostaticirca 22ikmpercorsi apiedi... realizzatoè molteplicisi le trasecoli l’elementoi naturalee intreccio lungo dell’acqua che sapiente del costatazione nella appaganti, e interessanti meno questo per non ma ampie, steggiato due tratti di fiumi dal carattere fortemente urbanizzato, con scorci e vedute meno Nella parte iniziale del tragitto in Borgo Dora e in quella finale lungo i Murazzi abbiamo co- Monumentale diTorino) alponte sulPo aSanMauro. Cimitero del pressi (nei Colletta della Parco dal va che quella percorso, del parte seconda prese d’acqua, canali, impianti idroelettrici. Elementi, questi ultimi, notati soprattutto nella tra città e fiume, che nel tempo ha prodotto manufatti importanti come ponti, sbarramenti, hanno trovato casa tra l’abbondante vegetazione spondale, ma anche la stretta connessione che anatidi e volatili di leggerezza la solo osservarenon di modo avuto abbiamo percorso inmisuratoritmo al il camminareLungo del piedi. a dell’acqua fluire lento il costeggiando riva, della quello è che visuale angolo particolare dal vare osser di occasioni scarse abbiamo che ma liari, fami- certamente d’acqua corsi due Dora: e della Po del sponde le lungo camminata lunga una Torino,per di Reali Giardini ai quarantina buona cronacauna ritrovarein fanno ci proposta della consueto in- po’ un carattere il (forse) e primaverile gione sta- nella scarpinare a riprendere di desiderio Il 8 aprile al pullmanneltardo pomeriggio. ripercorrendoconclude si spirito.gita lo La e corpo stessoil lo dano percorso giungendo e accogliente e i gestori sono gentili. Una grande stufa e una buona zuppa di verdura ci riscal- Lavalè Rifugio Il sole). e (nuvole,nevischiovariabilissime climatiche condizioni in minuti (m.p.) (d.g.) - Trekking urbano(daTorino aSanMauro) Greenway delLagodiComo (b.v.) - -

Proseguiamo in quota seguendo l’Antica Via Regina sul tracciato a mezza costa, entran- do nel comune di Sala Comacina. Si prosegue tra appezzamenti terrazzati, piccoli coltivi,Vita Sociale in cronaca uliveti con bella vista sul lago e sul centro storico sottostante, per poi scendere sulla riva nei pressi della piccola chiesa romanica dei Santi Giacomo e Filippo con le fondamenta sul dell’itinerario. Proseguiamolago. Qui incontriamo in riva al Lucia, lago, visitiamoappassionata la chiesa di storia, romanica che ci faràdi Santa da guida Maria nella Maddalena restante conparte il suggestivo campanile romanico nella parte bassa, gotico nella parte superiore. Superiamo Lenno con le sue belle ville d’epoca e l’imbarcadero in stile liberty e risaliamo a Mezzegra presso la chiesa di Sant’Abbondio, dal cui sagrato si gode una splendida vista sul lago e sulla sponda opposta, con il promontorio di Bellagio in evidenza. Da questa terrazza, con- sumato il pranzo al sacco, proseguiamo visitando il settecentesco Palazzo Brentano. Una variante ci porta a visitare l’interessante centro storico di Bonzanigo, dal quale scendiamo sul lungolago dove ci aspetta il pullman. Siamo del tutto soddisfatti, per aver condiviso in compagnia una gita diversa per panorami e contenuti. (b.g.)

3 giugno Vallone del Roc (Parco del Gran Paradiso) 38 partecipanti. Partiti poco a monte di Noasca (mt 1100), abbiamo percorso un giro ad anello nel suggestivo ambiente del Parco Nazionale del Gran Paradiso, attraversando storiche borgate in quota nel Vallone del Roc: Balmarossa, Varda, Maison, Mola, Cappelle, Potes, Borgovecchio e Pianchette. Quota massima raggiunta: mt 1600. Oltre ai villaggi tipici, un tempo abitati tutto l’an- no e impreziositi da resti di autentici affreschi, abbiamo visitato la chiesa e il museo della scuola una leggera pioggia, che però ci ha consentito di fermarci sull’altura di Borgovecchio ad am- miraredi Maison la cascata (attiva sinodel Roc. alla Piacevolemetà degli conclusione anni ’60 del della secolo giornata scorso), in dove trattoria ha iniziato a Noasca-Frera a cadere con ottima merenda sinoira. (g.o.g.)

17 giugno Sulle orme dei Walser (Valle del Lys) Prendiamo parte in 35 a questa gita che ci porta a percorrere un tratto dell’itinerario noto e Gressoney-la-Trinitè, il sentiero si inerpica ripido in un bosco di larici maestosi, per poi distendersicome il Sentiero in radure dei Walser. dalla pendenza Dai prati dipiù Chemonal, dolce che apreannunciano metà strada tra Alpenzù Gressoney-Saint Grande. Il Jean vil- laggio è ottimamente conservato. La chiesetta dedicata a Sant’Anna e le tipiche architet- ture, gli stadel, frutto di un sapiente uso del legno e della pietra (una delle quali ospita un accogliente rifugio), ci parlano della cultura e della storia di un popolo che ha saputo mantenere fede all’alleanza stretta con l’ambiente che tra il XII e il XIV secolo gli diede rifu- gio, al tempo della diaspora dal Vallese. Il sentiero esce da Alpenzù Grande nei pressi di un boschetto di notevoli esemplari di sorbo montano e si inoltra con una serie di saliscendi a mezzacosta nella balconata sospesa sulla valle del Lys, da cui si godono splendidi scorci sul fondovalle e sui versanti opposti.

11 Nonostante ampie schiarite si siano aperte sul nostro sentiero, una cortina di nuvole ostinate indugia sulla testata della valle e ci nega la vista delle vette del Monte Rosa: solo a tratti si aprono squarci fugaci sulle morene e sulle rughe dei suoi ghiacciai. Per la pausa pranzo sostiamo a Alpen- zù Piccolo, villaggio-alpeggio disteso tra pascoli aperti; il nostro arrivo disturba una piccola man- dria intenta al suo placido ruminare. La discesa nel lariceto ci riporta nel fondovalle per una breve sosta a Gressoney-la-Trinitè. Attraversato il Lys,

ill’itinerario suo antico prosegue ponte gettato in discesa sul Lys. sulla A Chemonal sua sponda chiudiamo orografica un sinistra, anello ricco toccando di testimonianze i villaggi di Ekko, agglomerato di edifici di pregio, tra cui spicca la secentesca cappella, e Norvesch con- (l.l.) legate dalla pacifica e feconda convivenza di culture di diversa estrazione, accomunate dal 30la necessità giugno - 5 di luglio r(esistere) nel severoSui sentieri ambiente della Grande montano. Guerra (Dolomiti Cadorine e Ampezzane) La cronaca del soggiorno si trova alla p. 20 ss.

8 luglio Cascate del Rutor - Rifugio Deffeys (da La Joux – La Thouile) 13 partecipanti. Dopo aver valicato il torrente Rutor su un ponte di legno, siamo saliti per comoda mulattiera addentrandoci in pineta e raggiungendo quindi la prima cascata. Superato un ulteriore tratto di pini, su terreno aperto abbiamo raggiunto la seconda e quindi la terza cascata. Le tre cascate ci hanno regalato un grandioso spettacolo, coinvolgente e anche un po’ umido… Giunti poi alle sponde di un laghetto con una bella baita in un ambiente bucolico, siamo saliti ripidamente ad un pic- colo colle che precede di poco il rifugio, dove abbiamo attraversato un piccolo nevaio. Dal rifugio e dalla vicina chiesetta abbiamo potuto godere di panorami da sogno:

del Rutor, con alle spalle il massiccio del Monte Bianco. (g.o.g.)dai laghi di varie tonalità di blu ai grandiosi ghiacciai

22 luglio Bec del Pio Merlo e Motta di Pleté (da Cervinia – Valle d’Aosta) La mèta di oggi è un dente roccioso posto al margine sud della conca di Cervinia. Nel con- - si sconosciuto, poco frequentato e fuori dai grandi itinerari escursionistici, ma per la sua posizionetesto delle centrale grandi cime alla testatache contornano della Valtournenche la località, in è primismolto panoramico;il Cervino, questo merita dente dunque è qua la nostra salita.

Dal Sociale in cronaca Vita parcheggio ci incamminiamo sulla strada che porta a Cielo Alto, imboccando ben presto il nostro sentiero.

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Per un buon tratto attraversiamo un bel lariceto, - Vita Sociale in cronaca raro,nel cui non sottobosco facile da osservare.sono in piena fioritura numero Doposi e splendidi questa bellaesemplari sorpresa di Aquilegia botanica, Alpina, il sentiero fiore esce allo scoperto; contorniamo per un breve trat- to una pista inerbita di sci, per poi raggiungere con una corta ma ripida salita il piano della ferrovia a scartamento ridotto Decauville, realizzata a parti- re dal 1939 per trasportare i materiali necessari alla costruzione della diga del lago Goillet. Conti- nuiamo sul sedime pianeggiante, raggiungendo il suggestivo poggio panoramico su cui sor- ge la piccola edicola religiosa in vetro di Notre Dame de la Garde e di Sant’Anna, che Papa Giovanni Paolo II visitò il 19 luglio 2000 sostando in meditazione. Riprendiamo il cammino salendo con tornanti e traversi i pascoli del versante sud, pervenendo alla croce di vetta po- sta alla base dello spuntone di roccia. Di fronte a noi la mole imponente del Cervino occupa la scena centrale, a sinistra la distesa di vette che formano le Grandes Murailles, a destra la si ferma a questa prima meta. Con gli altri si continua, intenzionati a raggiungere la vetta dellavista siMotta perde di nei Pletè. ghiacciai Arriviamo dei Breithorn, alla dorsale sotto sovrastante, di noi la conca ma in del considerazione Breuil. Metà del del gruppo meteo in netto peggioramento, dopo un pasto frugale decidiamo di far ritorno a Cervinia lungo la medesima via di salita. Vi giungiamo appena in tempo per evitare il sopraggiungere del (b.g.) temporale pomeridiano! 29 luglio Monte Roisetta (da Cheneil – Valtournenche) L’escursione verso il Monte Roisetta ci riserva subito una sorpresa. Il tanto atteso ascensore che porta a Cheneil facendo risparmiare cento metri di dislivello è fuori servizio. Così i 17 partecipanti (di cui tre del CAI , uno del CAI e uno del CAI Torino) inizia-

Cervino si staglia limpido in tutta la sua imponenza. In breve giungiamo alla bella conca che abbracciano l’ascesa Cheneil ‘a unghie’ e presto dal parcheggio al guado del di torrente,Barmaz. Lache giornata si presenta è molto ben menobella earduo fin da di subito quanto il prospettato. Tutti risalgono vigorosamente il ripido sentiero che porta al ripiano erboso a quota 3050. Dopo una breve sosta ripartiamo per affrontare l’ultimo tratto di sentiero che si snoda tra i detriti e porta faticosamente sul crestone e in breve alla vetta della Roisetta. La giornata tersa ci consente di godere dello spettacolare panorama del gruppo del Monte Rosa, che ci fa immediatamente dimenticare la fatica da poco sostenuta. La discesa avviene at- traverso lo stesso tracciato e, dopo il pediluvio di alcune ‘ragazze’ nel torrente, la gita si conclu- de con una bella birra in una ‘piola’ di Cheneil. P.S. Al rientro, l’ascensore funziona. (l.b.)

13 1 – 4 agosto Tour del Monte Tenibres (Trekking nelle Alpi Marittime) Si veda il relativo articolo alla p. 29 ss.

12 agosto Lago e Colle d’Albergian (da Laux – Val Chisonone) Al bar del grazioso Lago di Laux ci si trova in una ventina per il consueto caffè con brioche. Attraversato il piccolo borgo omonimo ancora dormiente, ci inoltriamo nel bel vallone che dapprima ci offre la frescura di piacevoli boschi di conifere ai piedi delle Rocce di Laux, poi si apre sempre più largo, con sulla sinistra l’insellatura dove si eleva l’enorme caserma a pochi metri dal Lago Albergian, e sullo sfondo, come un’ampia quinta teatrale, il Colle Albergian. La lunga salita viene premiata dal panorama che al Colle spazia verso vette lon- tane del Brianzonese e, più vicino, verso il Colle del Pis, il Monte Ruetas e la Fea Nera. Dal

un secondo ricovero militare, che richiama alla memoria esperienze vissute di affanni e di faticheColle scendiamo che si perdono sul versante nel tempo. destro orografico, opposto a quello della salita, costeggiando

Arriviamo sul Lago con una bella visione dall’alto: qui incontriamo il gruppo che vi è giun- to un po’ prima tagliando di traverso il vallone, e che ha avuto modo di godere più a lungo

stelle alpine. L’attraversamento in discesa di due successivi alpeggi racconta della frequen- tazionedell’amenità e dello di sfruttamento questo angolo della di montagna, montagna dipunteggiato un tempo, dadivenuta una straordinaria oggi luogo di fioritura passaggio di per lo più frettoloso di escursionisti del giorno come noi. Più in basso sul sentiero, curiose - sta volta sembrano salutarci con un simpatico ‘arrivederci’. (b.v.) sculture in legno continuano ad occhieggiare, come già al mattino, dai tronchi di pino: que 26 agosto Punta Tre Chiosis (Valle Varaita) In una bella giornata di sole, insieme agli amici del CAI di , ci rechiamo in Val Va- raita per la gita annuale che le due sezioni effettuano in collaborazione l’ultima domenica di agosto.

- gioviaA Castello che dadi PontechianalePontechianale iporta partecipanti al Rifugio si Helios,dividono dimezzando in due gruppi: in tal il modo primo il effettuerà dislivello dila Vita Sociale in cronaca Vita salita.salita di oltre 1400 mt totalmente a piedi, l’altro si servirà nella parte iniziale della seg

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Dopo il tratto iniziale sul sentiero che sale al rifugio Vallanta, il primo gruppo raggiunVita Sociale in cronaca - ge il Colle Le Conce proseguendo poi sul sentiero di cresta Savaresh, dalla quale si scorgono in basso sempre più piccoli il rifu-

2429 mt delle Conce, l’escursione si svolge pergio eentrambi il vicino ilaghetto gruppi in artificiale. uno splendido Da quota am- biente, con alle spalle le cime del versante opposto della Val Varaita: dal Pelvo d’Elva al Mongioia, mentre a destra la vista spazia sulla parete ovest del Monviso con il cubo nome alla vetta (vi si riuniscono tre chiot o ‘valli’) e da lì si tocca la cima con croce (3080 mt):imponente panorama del Viso stupendo di Vallanta. sul Vallone Dopo circadella 2Losetta ore e 30’ e sul si arriva Colle alladell’Agnello conca pietrosa con Pic che d’Asti dà ile - lios, dove chiudiamo la giornata con un bel brindisi a base di bevande rinfrescanti. (a.b.) Pan di Zucchero. Foto di rito al gruppo ormai ricompattato, poi discesa fino al Rifugio He 2 settembre Becca di Nona (da Pila - Aosta) 11 partecipanti, di cui 8 in cima alla Becca di Nona e 3 saliti al colle di Chamolè e succes- sivamente al Rifugio e al Lago Arbolle. Al mattino giornata limpidissima con splendidi pa-

Siamo saliti in seggiovia da Pila al lago di Chamolè per ridurre il dislivello, che comunque connorami, la discesa poi il cielo a Comboè si è progressivamente rimane discreto velato,(1340 lasciandometri). Saliti comunque sul sentiero un buona che ascende visibilità. a sinistra, in discesa siamo passati al colle Carrel presso il bivacco Federigo Zullo, punto di a raggiungere il sentiero iniziale. Molto bella l’area vetta con la Madonna bianca rivolta su Aosta.partenza Splendidi della ferrata panorami per l’Emilius. a 360° sul Di vicino qui ripidamente Emilius, la Tersiva,ci siamo il immessi Gran Paradiso, nel canalone la Grivola, fino il massiccio del Bianco, il Gran Combin, il Cervino e il gruppo del Rosa. (g.o.g.)

9 settembre Monte Meidassa e Buco di Viso () Partiti da Giaveno alle 6,30 con autobus Cavourese, giungiamo a in perfetto orario per la colazione e la coincidenza con la navetta privata per il trasporto al Pian del Re (mt 2020). Un gruppo di quindici soci parte con Franco alla volta della Meidassa, mentre altri cinque, guidati da Rita e seguendo per un lungo tratto lo stesso sen- tiero, hanno come mèta il Buco di Viso. Dopo aver attraversato anche due piccoli nevai, il primo grup- po arriva in cima al Monte Meidassa (mt 3105), dal quale si gode di una vista bellissima a 360°: in primo piano il Re di Pietra con attorno altre maestose vette a corollario, poi il Monte Granero - che sembra invi- tarci a salire ancora - con ai piedi il Rifugio Granero, il vicino lago e a seguire l’intera Val Pellice; la pianura invece è nascosta da una leggera foschia.

15 Dopo il pranzo consumato sull’ampio pianoro della cima, scendiamo sino alla caserma e - nando. Dopo aver attraversato la galleria e ammirato il versante francese sgombro di nubi, risaliamoprendiamo al la Buco via deldi Viso, ritorno dove facendo incontriamo una deviazione l’altro gruppo panoramica della comitiva e arriviamo che sta al già Pian ritor del Re. -

ancheResta ilquesta tempo è per stata la unavisita gita alla molto Sorgente apprezzata del Po e e per gradita una birra,dai partecipanti. ed ecco arrivate (f.r.) le 16,30 fis sate per il ritorno a Crissolo con la navetta. Grazie al bel tempo e alla grandiosità dei luoghi, 23 settembre Gros Peyron (dal Rifugio Scarfiotti) 18 partecipanti, di cui 14 in cima e 4 al Colle d’Etiache. In una splendida giornata siamo

sentiero siamo saliti sul ripido versante alla destra orogra- partiti a valle del laghetto che precede il Rifugio Scarfiotti, attraversando il torrente. Su bel d’Etiache (mt 2488), la pendenza diminuisce. Abbiamo rag- giuntofica del quindi vallone l’ampio di Rochemolles. Colle d’Etiache Giunti (mt alle 2806), grange da diroccate dove ab-

Peyron, segnalata da un grande ometto. Splendido il panora- mabiamo visibile seguito dalla il versante cima, collocata nord-ovest in un fino ambiente alla vetta molto del Grossug- gestivo, tra la Pierre Menue e la Rognosa d’Etiache. Ottima merenda sinoira a Rochemolles presso il Ristorante ‘Fouie’. (g.o.g.)

30 settembre Festa Intersezionale all’Alpe Combe () Per l’annuale Festa Intersezionale, che quest’anno è stata rimandata a settembre per il mal- tempo, ci siamo ritrovati in circa 160 partecipanti all’Alpe Combe (1602 mt), sopra Chia- nocco. Le escursioni previste sono state al Colle delle Coupe (2345 mt) o, in alternativa, alla Bergeria Balmafol (1928 mt); i ciclisti che hanno partecipato all’escursione in MTB sono partiti dalla piazza del Comune di Chianocco (1100 mt) e ci hanno raggiunto all’Alpe. All’escursione al Colle delle Coupe hanno partecipato anche numerosi bambini, che hanno tenuto molto bene il passo in salita e rallegrato con canti la discesa. Arrivati al Colle, siamo Vita Sociale in cronaca Vita

16 riusciti a godere della vista del Lago di Malciaussia e della Cima del Rocciamelone e a fare l’immancabile foto ricordo della giornata prima che le nuvole, che salivano dalla Val di Susa,Vita Sociale in cronaca coprissero il panorama e ci invitassero a scendere per il pranzo. Al ritorno dalla gita è stato un piacere rivedere tanti amici attorno all’enorme paiolo fu- mante con la polenta quasi pronta. Assieme alla polenta, salsiccia in umido e formaggio dell’alpeggio, e per concludere anche un ottimo budino preparato sempre all’alpeggio: il tutto accompagnato dall’immancabile ‘pintone’ di vino per scaldarci. Nel pomeriggio, pri- ma dei saluti, la consueta estrazione a premi, rallegrata da battute sulla man bassa da parte - quest’anno - della sezione di Rivoli. (a.g.)

21 ottobre Col du Chardonnet Oggi andiamo in Francia passando per il Mongine- vro, salito recentemente alle cronache per i contra- sti sui migranti tra Fran- cia e Italia. Ci fermiamo a Clavière per il solito caffè - tiamo, c’è un insolito via vaidi rito.di gendarmi: Al confine guardano rallen e ci fanno segno di anda- re. Scendendo verso la Val Clarée notiamo i larici che cominciano a prendere i colori dell’autunno; siamo

Arriviamo con le vetture a Fontcouverte alle 9, fa freddo e il trip dell’auto segna -2°; infatti laqui brina anche luccica per questo: sull’erba, il giallo, mentre il rossiccio intorno il e panorama il marrone della si mescolano valle e dei in larici tutte è le notevole, tonalità. gra- zie anche alla limpidezza dell’aria e al cielo terso. In breve arriviamo al Rifugio Chardonnet, ormai chiuso, e ci fermiamo per la consueta ‘pausa-banana’. Saliamo su prati bellissimi, ormai colorati con i toni della stagione autunnale e lo sguardo si apre in un respiro, ampio come il vasto orizzonte. Quando poi arriviamo al Colle, la vista sulla Barre des Écrins è moz-

Nel corso della salita non mancano scherzi e sorprese: dapprima un sacchetto-viveri di- menticatozafiato: grande nella vista ‘pausa-banana’, sulle Alpi Francesi! raccolto con nonchalance da un burlone del gruppo, poi fatto ritrovare ‘a sorpresa’ dal ‘dimenticone’ (o dalla ‘dimenticona’?) di turno; più avanti, la raccolta tra le pietre di un palloncino color fucsia con scritte in tedesco, giunto in terra

Dopo screzi e battute, scendiamo a valle con ancora un po’ di sole, con l’aria che ci rinfresca efrancese i colori dache chissà pian pianodove… scuriscono. Mentre il sole spegne piano piano la luce e la sera si china a raccogliere gli ultimi colori del giorno, guardiamo le montagne intorno e ci sentia- - nonmo felici. sappiamo Per chiudere, resistere… a Névache(m.u.) ci aspettano tome, cevrin francesi e altre specialità su perstagionate, splendidamente illustrate da una simpatica e florida ragazzotta: ovviamente

17 4 novembre Gita tra le vigne e le colline di Costigliole d’Asti (Monferrato)

Arriviamo a Costigliole d’Asti che non piove, ma la guida ci informa subito circa le varianti del percorso: causa la pioggia abbondante dei giorni prima, non si può andare per sterrati e - veremo su antiche strade medievali e rurali, oggi quasi sempre asfaltate. causagne (capezzagne, cioè i tracciati su terreno tra una proprietà e l’altra), quindi ci muo viandanti dai vendemmiatori, e istruiti dalla guida sui trascorsi storici di questo angolo delAttraversando Monferrato, vigneti in circa dai tre colori ore esmaglianti, mezza percorriamo piluccando un qua anello e là piccolidi circa grappoli 12 km, lasciatitoccando ai cappelle votive e punti panoramici formidabili. Ritornati a Costigliole, il mio contapassi ne segna per l’esattezza 17.451, pari al consumo di ben 1.000 calorie, ragion per cui … nessu- no disdegna di ‘mettere le gambe sotto il tavolo’ e rendere i giusti onori a quanto ci portano presso il ristorante ‘La Piazza’. Scampata la pioggia scesa durante la pausa-pranzo, ci dedichiamo da subito agli aspetti enologici della gita, degustando un buon Barbera presso un’azienda del luogo, poi a quelli culturali, con la visita al Museo d’Arte Sacra presso la Confraternita di San Gerolamo e al Castello di Costigliole. Torniamo al pullman che ormai è buio. Una giornata rilassante: un percorso molto sugge- stivo, una manciata di storia, un po’ di cultura e un buon bicchiere. E non ci siamo neanche bagnati … cosa vuoi di più? (m.u.)

11 novembre Anello di San Lorenzo al Mare (Imperia) - Gita Intersezionale Il tempo è stato clemente, l’ombrello l’abbiamo aperto per pochi minuti, poi il sole ci ha

Lingueglietta,riscaldati e accompagnati uno tra i più finobelli al d’Italia. ritorno. Si Dopopresenta l’accoglienza arroccato asulla San cimaLorenzo, di una la collina,guida ci con ha lecondotto case strette all’inizio le une lungo alle stradealtre a asfaltatestrapiombo poi sullasu sentieri valle. immersi negli ulivi, fino al borgo di Il paese si è sviluppato attorno al castello, di cui sono rimasti solo ruderi, e alla chiesa me- dioevale che abbiamo potuto visitare. Vita Sociale in cronaca Vita

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Questa chiesa, trasformata in fortezza a navata unica, ha sulla cima un cammino con veduta sulla valle (una volta era il cammino di ronda). Dopo esserci fermati tra i carruggi di LingueVita Sociale in cronaca - glietta e aver osservato intatte le misure in pietra per olio, vino e grano e quelle lineari della “canna”, abbiamo pranzato e quindi proseguito verso il comune di Cipressa. La guida ci ha fatto osservare la chiesa parrocchiale della Visitazione di Maria Vergine, situata al limite estremo della grande piazza. Pochi chilometri sotto il borgo di Cipressa, abbiamo visitato un bellissimo parco con una villa con un’ampia veduta sul mare e sulla Fortezza “del Gallinaro”, testimonianza delle vicende legate alle incursioni turco-barbare - che flagellarono i borghi della zona. Lungo il percorso, oltre ai tantissimi ulivi lungo le stra- tieri,de sterrate, siamo tornatiabbiamo a Sannotato Lorenzo, una grande terminando varietà così di flora la nostra e anche interessante di erbe aromatiche, gita organizzata tra cui dall’Intersezionaleil finocchietto, l’erba Valsusa cipollina - Valsangone, e la malva. cuiIn conclusione, hanno partecipato sempre oltre scendendo settanta su soci. stretti (f.r.) sen

9 dicembre Pranzo Sociale e ‘Aquilotti’ Dopo la partecipazione alla S. Messa delle 11,15 nella chiesa parrocchiale, durante la quale sono stati ricordati gli appassionati della montagna che non sono più con noi, ci si è ritrova-

2018. Al termine dell’incontro, cui hanno partecipato come sempre alcuni ospiti rappre- sentantiti presso diil Ristoranteenti e associazioni “La Pace” con per cui il lapranzo nostra sociale, sede collabora, che segna è la stato chiusura consegnato delle attività il distinti del- vo dell’aquilotto dei primi 25 anni di iscrizione al Sodalizio ai seguenti soci: Bechis Michele, Boccardo Roberto, Cerminara Gian Luca, Portigliatti Cordola Giacomo, Rolando Gabriella, Rolando Pierluigi, Rosso Roberto, Suppo Marcello, Tizzani Matteo; il socio Lusardi Giorgio ha ricevuto invece l’aquilotto dei 50 anni di iscrizione. (b.v.)

Hanno collaborato alla stesura dei testi: Angela Bruno, Luigi Bernardi, Bruno Gallardi, Daniela Guglielmone, Anna Gugole, Mirella Portigliatti, Livio Lussiana, Giovanni Orso Giacone, Franca Raimondo, Franco Ruffinatti, Maurizio Urbinati, Bartolo Vanzetti.

Fotografie di: Luigi Bernardi, Bruno Gallardi, Giovanni Orso Giacone, Rita Maritano, Franco Ruffinatti, Enrico Scagliotti (CAI Almese), Maurizio Urbinati, Bartolo Vanzetti. 19 Sui sentieri della Grande Guerra nelle Dolomiti Cadorine e Ampezzane 30 giugno - 5 luglio

Tutti avevano la faccia del Cristo Nella livida aureola dell’elmetto. Tutti portavano l’insegna del supplizio nella croce della baionetta. E nelle tasche il pane dell’ultima cena. E nella gola il pianto dell’ultimo addio.

Il messaggio inciso sulla targa murata all’ingresso della galleria del Castelletto in memoria di uno dei tanti tragici episodi della “guerra di mine” è commovente. Nelle parole dell’auto- re sconosciuto non vi è traccia di retorica celebrativa: anche in guerra si può morire nel se- gno della Passione di Cristo, con il richiamo alla croce, al pane dell’ultima cena, all’angoscia dell’attesa di un’agonia annunciata in una specie di Getsemani di rocce.

anacronistiche le celebrazioni di una vittoria lontana nel tempo e nella memoria collettiva, Ricorre quest’anno il centenario della fine del primo conflitto mondiale. Divenute ormai

L’olocaustola ricorrenza di si una trasforma generazione in un di invito giovani a riflettere caduti in suuna una guerra lezione per tragicamolti di non loro assimilata, incompren a- sibile,giudicare sembra dalle essere guerre stato che dainutile. allora hanno segnato la storia del mondo fino ai giorni nostri.

correva in gran parte sulle creste delle Alpi Orientali. Per forza di cose fu subito guerra di montagna,Quando nel caratterizzata 1915 l’Italia dichiarò da un numero guerra diall’impero caduti assurdamente austro-ungarico sproporzionato il confine tra allei due picco Stati- le conquiste subito rese vane dalle relative controffensive, altrettanto sanguinose. Il fronte che si estendeva dal Passo dello Stelvio al Carso triestino può apparire ora come una cor- tina astrusa e surreale nel cuore dell’Europa, impossibile da espugnare o da difendere; ep- pure vi si combatté per quarantatré mesi, affrontando i rigori eccezionali di tre inverni, con

- ria”.il sacrificio Scrive indi propositooltre seicentomila Enrico Camanni: vittime. Questa“Sulle Dolomiti “grande muragliasi incontrano naturale”, musei oggi ovunque: costellata nei forti,da sacrari nelle egallerie, musei, èsulle divenuta cenge, meta in parete, di quello in ogni che siluogo. potrebbe Oggi definirei Monti Pallidi“turismo sono della un memomuseo diffuso della Grande Guerra con millecinquecento chilometri di sentieri, trincee, cammina- menti, vie ferrate… Un’inesauribile offerta culturale e ricreativa.” 1 -

di muoversi in un ambiente di singolare bellezza con lo spirito del Con pellegrino questa realtàche segue ciascu un suono di itinerario noi può scegliere alla riscoperta di confrontarsi di un passato secondo che cila interpellapropria sensibilità, ancora. coniugando il piacere

1 E. Camanni, Il fuoco e il gelo. La Grande Guerra sulle montagne, Editori Laterza, 2014, pag. 72 20 Osserva sempre Camanni: “Comunque camminare fa bene e la fatica allarga la mente. Sen- za la presunzione di confrontare il sudore degli alpini con quello degli escursionisti, o dei pellegrini di guerra, sui sentieri delle Dolomiti orientali si percepisce quasi ovunque la pre- senza di un dramma sospeso, come se cent’anni non fossero bastati a cancellarlo”. 2 Nel redigere i programmi delle escursioni sociali il CAI Giaveno non ha trascurato neppure in passato scelte ispirate al “turismo della memoria” sui luoghi della Grande Guerra. L’elen- co comprende le Alpi Giulie, con sullo sfondo il monte Nero e il Monte Canino; Il Pasubio, con il cratere dell’esplosione e la spettacolare Strada delle Gallerie; gli altipiani di Folgaria e Lavarone; a più riprese l’altopiano di Asiago, con le cupole corazzate dei suoi forti, la so- dallennità sangue del suodi tante Sacrario inutili sulla battaglie; collina ee naturalmentela desolazione Caporetto, del campo con di battaglia il dramma dell’Ortigara; della disfatta la evalle dell’esodo dell’Isonzo, dei civili il fiume e l’eco dalle della acque rivolta cristalline, dei “fanti che contadini”. oggi si stenta a immaginare arrossate Molti sono naturalmente i tasselli mancanti al mosaico della memoria. Quest’anno si è col- mata una delle lacune, organizzando un soggiorno nelle Dolomiti cadorine e ampezzane, a cui hanno partecipato 43 soci. Come base di partenza per le escursioni si è scelta Borca di Cadore, villaggio della Valle del Boite disteso in un mare di abeti ai piedi del Pelmo e dell’Antelao, lungo la Strada d’Alemagna. Particolarmente preziosa si è rivelata la collabo- razione degli amici della Sezioni CAI di Auronzo, Cortina e San Vito di Cadore, sia nella fase organizzativa sia durante lo svolgimento delle escursioni. di Longarone. La discussione sull’esistenza al suo interno di subregioni (Comelico, Corde- vole,Dal punto Ampezzano…), di vista geografico caratterizzate il Cadore da connotatisi può definire etnici come diversi l’alto e da bacino destini del storici Piave differen a monte- ziati, esula dagli intenti di questo scritto.

Sabato 30 giugno - Il nostro breve viaggio nella me- moria inizia proprio dal paese di Longarone, porta del Cadore, divenuto tragicamente sinonimo di Va- jont, a partire dalla sera del 9 ottobre 1963, quan- do una massa di 270 milioni di metri cubi di terra e roccia si staccò dal monte Toc e precipitò nell’invaso montagneartificiale creatodella Carnia.dalla diga La cadutache imbrigliava della frana le acquesolle- vòdel un’ondaVajont, undi duecento affluente metridel Piave che chescavalcò sgorga la diga.sulle 50 milioni di metri cubi d’acqua si riversarono su Longarone causando circa 2000 morti. Il “Museo del Vajont”, situato nel cuore dell’abitato ricostruito, è costituto da un percorso scandito da 1910 lamel- le verticali di metallo ritorto, tante quante furono le vittime ritrovate. Un interessante esposizione di fo- com’era prima della tragedia e nei giorni immedia- tamentetografie d’epocasuccessivi, ci con rende la desolazione l’immagine didel Longarone mare di fango e il fervore dei soccorsi. Una rac- colta di documenti, reperti e di modellini in scala racconta la storia travagliata della diga, miracolo dell’ingegneria sopravvissuta intatta all’apocalisse. La guida ci fa notare come manchi del tutto una sezione dedicata alle vicende giudiziarie interminabili che seguirono la tragedia, con il suo carico di errori umani e interessi colpe- voli: una sorta di muta protesta e nello stesso tempo il tentativo di rimuovere la zavorra di un passato che avrebbe rallentato la ricostruzione. 2 Ibidem, pag 73 21 A poca distanza dal museo si trova la chiesa ricostruita in stile moderno sul sito dell’an- tica parrocchiale settecentesca dedicata a Santa Maria Immacolata. Autore del pro- getto fu l’architetto Giovanni Michelucci, pistoiese (progettista di altre sette chiese, benché ateo, come sottolinea con enfasi la guida che ci accompagna nella visita). Per le sue caratteristiche fortemente avveniri- stiche, la sua realizzazione ebbe una storia travagliata, connotata dalla forte avversio- ne dei superstiti e del clero: dal progetto stilato nel 1966 trascorsero 11 anni prima dell’inizio dei lavori e 18 prima della loro conclusione.

la pianta a forma di falsa ellisse. La struttura consiste in due ambienti sovrapposti, colle- gatiL’edificio da una è costituito rampa che da costituisce un’unica massa l’elemento di calcestruzzo dominante armato della facciata dalle sfumature e su cui sonorosate, poste con

la visione incombente della diga maledetta, nell’intenzione del le tappe della Via Crucis. L’ambienteMichelucci superiore, intendeva rappresentareun anfiteatro aperto l’espressione verso il civilecielo e di verso una

comunitario, della piazza singolarmente dimenticata nei proget- ticomunità di ricostruzione che voleva di ritrovare Longarone. se stessa: L’ambiente il surrogato inferiore dello ospita spazio la

circondato da spalti, avvolge in un abbraccio l’altare posto in po- sizionechiesa vera centrale. e propria. L’aspetto Anch’esso disadorno a forma delle paretidi anfiteatro, e la luce in soffusa parte nell’intenzione dell’architetto vogliono essere un richiamo al si- - ze legate all’antica chiesa sono le statue lignee sbrecciate della Verginelenzio e eall’intimità del Bambino del delsepolcro Presepe, di Cristo. miracolosamente Uniche testimonian ritrovate a valle tra i detriti. Altri pochi reperti, tra cui una campana, sono ospitati in un ambiente ricavato, nel basamento di quest’opera monumentale. A conclusione di una giornata, che per essere considerata di tra- sferimento, si è rivelata particolarmente ricca di spunti, ci trasfe- riamo a Codissago, 2 chilometri a monte di Longarone, sulla riva “Museo degli Zattieri del Piave”. Il museo è gestito da un sinistragruppo deldi volontari fiume, per orgogliosi una breve di visita considerarsi al gli ultimi custodi

mezzo alle foreste. A partire dal XIII secolo, con l’affermarsi della dominazione veneziana, ledella foreste memoria e i giacimenti di un mestiere minerari un dell’Alto tempo diffuso Bellunese ovunque divennero vi fosse oggetto un fiume di sfruttamento che scorre siin- stematico. - - Il bacino del Piave (o della Piave, come il fiume si chiamò fino all’inizio della Grande Guer Protagonistara) divenne una di viaquesta commerciale rivoluzione verso fu la Venezia, “zattera”, lungo che la oltre quale a costituirefiorivano i un traffici modo di sicuromateria di assemblaggioli da costruzione e trasferimento per la città lagunare del legname, e nascevano si prestava attività anche artigianali al trasporto (segherie, di altre fucine..). merci. Il più antico documento che attesta il mestiere di conduttori di zattere da parte degli abi- tanti di Codissago risale al XV secolo.

22 Domenica 1 luglio - Si lasciano di buon’ora i confortevoli alberghi ‘Villa Ines’ e ‘San Leo’ e ci si avvia lungo la strada di Alemagna. Dal pullman possiamo godere di panorami fanta- stici attraversando la conca di Cortina d’Am- pezzo con la sua corona di giganti dolomitici e percorrendo parte del giro del Monte Cri- stallo alla volta del Passo Tre Croci, di Misu- rina e del Rifugio Auronzo. La prima cammi- nata è dedicata a una delle più classiche mete dell’escursionismo nei Monti Pallidi: l’anello delle Tre Cime di Lavaredo. Le tappe sono note: partenza dal rifugio Auronzo (m 2320) per toccare in successione il Rifugio Lavaredo (m 2344), la Forcella Lavaredo (m 2454), il Rifugio Locatelli (m 2405) e la Forcella Col di Mezzo (m 2315). La giornata è stupenda e il colpo d’occhio sul- le vette simbolo delle Dolomiti è davvero no- tevole. Una moltitudine di escursionisti affol- la i sentieri e la coda al Locatelli per un piatto di pasta alla carbonara non è propriamente

della memoria”. Tuttavia alcuni segni, se col- ti,favorevole richiamano alle alla riflessioni percezione di un di “viaggiatorequel dram- ma sospeso di cui parla Camanni: saranno le gallerie che conducono alla ferrata del Monte

- sto)Paterno, che oggi spicca, ingolfata accanto di aescursionisti, quello di Antonio sarà il Alle spalle del gruppo il Paterno Locatellinome di (intrepido Sepp Innerkofler, aviatore, (originario alpinista, politi di Se- co, caduto in Etiopia) sulla parete del rifugio rivolta verso la Val Fiscalina. Forcella Lava- redo, oggi nota soprattutto per la suggestiva

Nord delle Tre Cime, si rivela allora in tutta la suavista importanza d’infilata che strategica di qui esi l’accanimento apre sulle pareti dei combattimenti che si svolsero attorno a quel-

nottela spianata del 4 brulla luglio acquista 1915, a un pochi suo metrisignificato. dalla vettaPer la del sua Paterno, difesa cadde ucciso anche a colpi Innerkofler di pietra dala un alpino, o forse vittima del fuoco amico. La guida di Sesto, autore di salite che segnaro- no la storia dell’alpinismo, gestore fra l’altro

- battevadella Dreizinnenhϋtte contro gli Italiani sulle invasori cui rovine alla testaè sorto di unl’attuale gruppo rifugio, di cacciatori all’età di di cinquant’anni camosci, in difesa com Scendendo da Forcella Lavaredo della sua famiglia e della sua Heimat.

23 - gliaia di caduti in quella guerra assurda, ma la sua storiaInnerkofler è divenuta non fuemblematica che uno delle soprattutto centinaia per di l’atmi-

trevigiano Angelo Brioschi, in compagnia di un al- pinoto di pietàne recuperò che ne funottetempo l’epilogo. Il il giovane corpo dal portaferiti camino in cui era rimasto incastrato, a rischio della propria

dargli degna sepoltura sulla vetta del Paterno, che eravita “casa sotto sua”. le raffiche della fucileria austriaca, per

Lunedì 2 luglio - In sostituzione dell’anello del Lagazuoi previsto dal programma, la guida An- tonella Fornari, appassionata conoscitrice delle Dolomiti, nonché scrittrice e storica, ci propone

Mentre un gruppetto di partecipanti raggiunge la vettaun itinerario del piccolo che Lagazuoi si rivelerà lungo davvero il percorso interessante. storico del Kaiserjägerweg , il del gruppo partendo dalla strada di Passo Falzarego percorre un’agevo- le carrareccia militare che porta alla Forcella Col dei Bòss. L’itinerario si svolge al cospetto dell’im- ponente parete sud-ovest della Tofana di Rozes, al cui centro spicca un grande camino. La fenditura, verticale e buia, fu salita in sedici giorni nella pri- Il Paterno dalla terrazza del Rifugio Locatelli Vallepiana. La via, attrezzata con scale, impalcaturemavera del e 1916 funi dalladoveva guida permettere del Cervino agli alpini Joseph di Gaspard e dal conte fiorentino Ugo Ottolenghi di

colpire d’infilata l’imprendibile posizione austriaca del Castelletto. L’impresa è narrata da Camanni ne “La guerra di Joseph”.

In prossimità del Col dei Bos

24 La Forcella del Col dei Bòs si apre tra la Tofana di Rozes a sud e le ultime propag- gini della cresta frastagliata che scende dal Piccolo Lagazuoi a nord. Alla Tofana di Rozes si appoggia il Castelletto, la cui luglio 1916 dallo scoppio della mina ita- liana.fisionomia Un dedalo fu sconvolta di rocce all’alba bianchissime, dell’11 - riopinta, si apre come un balcone sulle cresteingentilite del da Grande una fioritura Lagazuoi discreta e del Grup e va- occidentale delle Tofane. Dal valico, la Valpo diTravenanzes Fanes e sui (la dirupi valle deldelle fianco fate nelle sud- leggende dei Monti Pallidi) si incanala in un lungo corridoio di calcare verso la Val di Fanes, Carbonin e la Val Pusteria: Alle falde del Piccolo Lagazuoi verso il Passo Falzarego l’esercito italiano aprirsi la strada verso Dobbiacoimpadronirsene e l’Austria. avrebbe Per significatoquesto gli Auper- ultima propaggine della Tofana di Dentro, torreggiante sul tratto medio della valle. Quistriaci ogni si eranosasso arroccatiha un storia, a difesa ci dice su asperitàla guida, inespugnabili e i canali e le come cenge il rimandanoCastelletto el’eco la Nèmesis, di altre ben chiarite a Forcella Fontanegra (invisibile, ma non lontana da qui), certo non accompa- gnatostorie, dal come rimpianto quella della dei suoi controversa sottoposti. figura Lasciati del generale i Bòs, il sentieroCantore, dopocaduto una in brevecircostanze discesa mai si inerpica verso Forcella Travenanzes, per poi costeggiare, nuovamente in discesa, le piste da sci provenienti da Forcella Lagazuoi e snodarsi ben tracciato lungo i ghiaioni che con- tornano la base del Piccolo Lagazuoi e raggiungono Passo Falzarego. Alzando lo sguardo, si scorgono tratti della Cengia Martini, la successione sinuosa di anfratti e canali su cui il vano)comandante di cacciare marchigiano gli Austriaci del Battaglione dalla vetta alpino del Piccolo Val Chisone Lagazuoi. fece costruireDella guerra una piccolasotterranea città fortificata a presidio di una galleria elicoidale diascendente, mine che scavatane seguì con fecero l’intento le spese (rivelatosi anche gli alpini del Monte Granero. La cengia, oggi messa in sicurezza, è diventata un frequen- tatissimo museo a cielo aperto, simbolo

posizione consumatasi tra le pareti delle Do- lomiti.dell’assurdità e dell’inutilità della guerra di

Martedì 3 luglio - Oggi ci allontaniamo dalla linea calda del fronte, senza però lasciare il Cadore ampezzano, per salire il Monte Rite

strada(m 2181). stretta Le difficoltàe sospesa maggiori di Forcella le incontraCibiana, traRoberto, cantieri il nostroe incroci autista con automobiliste (applausi!) sulla ine- sperte. Il gruppo sul Monte Rite

25 Dal passo (m 1530) si può an- che salire sul Rite con una co- moda navetta. Chi opta per il sentiero, percorre un bel bosco dapprima di latifoglie poi di abeti, toccando il Col d’Orlan- do (m.1853) e Forcella Deona (m.2053). La vetta del monte è occupata in gran parte da un forte, una struttura di retro- - battimenti, che ospita oggi un rifugio-alberghettovia neppure sfiorata e il dai Messer com Mountain Museum Dolomi- tes, il “Museo delle Nuvole”, uno dei tanti della catena cre- ata dal celebre alpinista, con la testimonianza delle sue impre- In visita a Cibiana se e reperti di provenienza hi- malaiana. Di origine himalaia- na è pure la mandria di yak, che pascola in una radura poco più a valle: attenzione, avverte un

uncartello, panorama sono di a indole 360° lunatica! davvero diDalla prim’ordine. sommità del Da forte un mare si gode di nubi, che aggiunge suggestio- ne al quadro, emergono il Pel- mo, il Civetta, la Marmolada, le cime della conca ampezza- na, con le Tofane in bella evi- denza, il Cristallo, l’Antelao… Sulla via del ritorno ci fer- miamo a Cibiana di Ca- dore, per immergerci nel fascino triste dei suoi ol- tre cinquanta murales, che fanno rivivere la storia del paese reinterpretata da artisti provenienti anche da luoghi lontani dalla valle, alcuni di origine extraeuropea. Come con- clusione della giornata, sotto una pioggia sottile ci concediamo una fermata, per forza di cose troppo breve, a Pieve di Cadore, patria del pittore Tiziano Vecellio, uno dei grandi interpreti del fervore artistico del Cinquecento italiano. Il notevole centro storico merite- rebbe una visita più approfondita.

Mercoledì 4 luglio - L’ambizioso programma della giornata che prevedeva la traversata - gio Palmieri, deve essere drasticamente ridimensionato a causa di previsioni meteo poco rassicuranti.dal Passo Falzarego al Passo Giau, per proseguire attorno alla Croda da Lago fino al Rifu Si parte così da Passo Giau (m 2336), considerato legittimamente tra i più belli delle Do- lomiti.

26 Si raggiunge con una serie di saliscendi il Col Piombin (m 2315), da cui si gode una ma- nostri ricordi di gioventù. Una salita più decisa ci porta in breve a Forcella Giau (m 2373) dovegnifica protagoniste vista sulla Marmolada, del paesaggio con diventano il suo ghiacciaio le Tofane. malinconicamente Di qui un gruppetto in ritirata raggiunge rispetto in di ai- scesa il pianoro di Mondeval, aperto su scorci suggestivi del Pelmo e del Civetta. A malincuore rinunciamo alla visita del sito mesolitico, ancora troppo lontano, dove sono stati ritrovati i resti dell’Uomo di Mondeval con il suo corredo funerario, ora raccolti nel

Pianoro di Mondeval. Sullo sfondo il Pelmo museo di Selva di Cadore. Ritorniamo sui nostri passi e, percorrendo un sentiero che divalla velocemente, raggiungiamo Malga Giau, dove durante il pranzo ci rallegriamo di essere delle previsioni. scampati appena in tempo all’acquazzone scoppiato con puntualità teutonica nel rispetto

Scendendo verso Malga Giau 27 Sulla strada del ritorno è d’obbligo la visita del Sacrario Militare di Pocol, che custodisce i resti di quasi 10.000 caduti provenienti da vari cimiteri di guerra del Cadore e dell’Am- pezzano. Lo stesso complesso monumentale comprende nel suo perimetro la chiesetta costruita dagli alpini nel 1916 come cappella del cimitero di guerra localizzato in quel luogo. Chiude la giornata una rapidissima visita al centro di Cortina, per permettere a chi lo desidera l’acquisto dei tradizionali souvenir.

Giovedì 5 luglio - Si torna a casa. La mattina è dedicata alla visita di

dellaFeltre, Val piccola Belluna. città Il d’artesuo centro arroccata sto- ricosu un conserva colle all’estremità il ricordo occidentale della sua ricostruzione in epoca cinque-sei- centesca, voluta dalla Serenissima

daiRepubblica primi anni di Venezia,del 1400. di Nel cui sobbor la città- gosi era di Pedavéna dimostrata visitiamo fedele alleata la locale fin omonima birreria, fondata verso la - partenenti alla famiglia di origine agordina,fine dell’800 da cui da nel imprenditori 1915 nacque ap Albino Luciani, il futuro papa Gio- vanni Paolo I, che nel 1978 successe Feltre - Il Castello di Alboino a Paolo VI. Papa Luciani fu destina-

lato a sua diventare morte improvvisafamoso per la dopo brevità ap- penadel suo trentatré pontificato, giorni conclusosi dall’elezione. con Un pranzo luculliano, memorabile anche per le abbondanti libagioni a base appunto di squisita birra Pe- davena, mette il sigillo in allegria all’uscita cadorina del CAI Giaveno.

Testo di Livio Lussiana Foto di Bruno Gallardi e Claudio Dalmasso Gros

Feltre - Piazza Maggiore

28 Il tour del Tenibres Trekking nelle Alpi Marittime (1- 4 agosto 2018)

1996 - Valle Stura) a Nord, al Colle di Tenda (mt 1871 - Valle Vermegnana) a Sud, fungen- Dal punto di vista geografico le Alpi Marittime si sviluppano dal Colle della Maddalena (mt sonodo da molteplici spartiacque e variegate: e da confine cime tra impervie, l’Italia (provincia ex circhi glaciali, di Cuneo) ripidi e lacanaloni, Francia estese (dipartimento pietraie, delle Alpi Marittime). Le caratteristiche orografiche che contraddistinguono questa catena- merosi e bellissimi laghi contraddistinti da forme e dimensioni varie. Numeroselunghi valloni sono fluviali le vette ma che anche superano ripiani i pascolivi,3.000 metri, il tutto raggiungendo impreziosito la quotadalla presenzapiù elevata di connu i 3297 mt della cima Sud dell’Argentera. Sul versante francese buona parte delle Marittime sono comprese nel Parc National du Mercantour, creato nel 1979, uno dei nove parchi nazionali francesi. Sul lato italiano è sta- to creato nel 1995 il Parco Naturale delle Alpi Marittime, in seguito alla fusione del Parco Naturale dell’Argentera con la Riserva del Bosco e dei Laghi di Palanfré. I due parchi sono anello,gemellati con fin partenza dal 1987 e earrivo hanno nel un villaggio confine comunedi Ferrere di (mt35 km. 1869), a monte di Bersezio, nella ValleAttorno Stura ad unadi Demonte. di queste Siamo cime, inil Monte quattordici. Tenibres (mt 3031) si svolgerà il nostro trekking ad

1ˆ tappa: da Ferrere al Refuge de Vens Guidati da Gianni, attraversiamo le strette vie del grazioso villaggio di Ferrere e con percorso a saliscendi ci inoltriamo nel val- lone del rio Forneris, tralasciando la devia- di ritorno l’ultimo giorno) e con un ultimo strappozione per raggiungiamo il Colle di Stau il (sarà Colle il del sentiero Ferro (mt 2586 – foto 1) affacciato sulla Vallée de la Tinée. Dopo la breve pausa per il pranzo, ripren- diamo il sentiero in lieve salita al Collet e in breve raggiungiamo le Aiguilles de Tortis- se, costituite da un insieme di caratteristi- che guglie rocciose calcaree. Dal sito è ben visibile la parte restante del dove è previsto il pernottamento, ubicato 300percorso metri di più discesa in basso fino (foto al Refuge 2). de Vens, Intanto nubi dense e nere, raggrumate sul- le cime sovrastanti, consigliano di scende- re velocemente per raggiungere la nostra meta.

29 al celeberrimo arco naturale della Tortis- A metà discesa é d’obbligo una breve sosta calcarea che troviamo proprio sul percor- sose, (fotospettacolare 3). In breve e scenografica raggiungiamo formazione il pic- colo ma confortevole Refuge de Vens con il tetto in scandole di legno. Collocato su una balza rocciosa in un pregevole conte- sto ambientale, il rifugio domina il grande Lago di Vens e altri più piccoli, disposti in sequenza e separati da balze rocciose.

2ˆ tappa: dal Refuge de Vens al Refuge de Rabuons Con questa tappa di trasferimento, che si - ca nella Valle della Tinée, andremo a per- correresvolge interamente lo spettacolare sulla “Chemin sinistra de orografi l’Ener- gie”, un sentiero che si sviluppa per circa 8 km a una quota di circa 2300/2400 mt, tagliando pressoché in piano i ripidi pendii e le creste del massiccio del Tenibres e do- minando il fondovalle posto a circa 1.300 metri più in basso. La strada, costruita nel periodo fra le due guerre dalla compagnia “Energie Electri- que du Littoral du Meditterranéen” era stata concepita in vista della costruzione di una centrale idroelettrica nel fondovalle della Tinée, per sfruttare le acque dei nu- merosi laghi posti a monte. Il suo sviluppo doveva consentire il colle- gamento tra i vari bacini e fare da supporto alle maestranze per il trasporto dei ma- teriali per la costruzione di una condotta forzata, che però non venne mai realizzata. Il disegno progettuale venne abbandonato durante la seconda guerra e mai più ripreso. Lasciato il Refuge de Vens (foto 4), il sen-

grande lago e lo contorna, pervenendo ai laghitiero scendeinferiori alla (foto riva 5) destra tra laghetti, orografica cascate del e ripiani erbosi (foto 6) in un ambiente di rara bellezza paesaggistica valorizzata dai - tutina. riflessi sull’acqua e dalla soffusa luce mat

30 Si cammina in scioltezza in un paesaggio incontaminato che cambia continuamente, offrendo ogni volta nuovi e splendidi scor- ci. Poi il sentiero risale il versan- conca dove incontriamo il lago di Babarotteste opposto, efino il colletto a guadagnare omonimo; la di qui il sentiero scende nel ver- la piccola stradina che costituisce l’iniziosante opposto, del “Chemin fino ade intercettare l’Energie”. Percorriamo questo agevole e

7) con splendide vedute e pano- magnifico sentiero-balcone (foto - rami sulla Valle della Tinèe fino al Plan de Tenibres, dove sono ancora presenti alcuni edi sulfici ormaiChemin, diruti, allo scopoutilizzati di evitareall’epoca un della tratto costruzione interdetto dell’opera. a causa di Dauna qui piccola in avanti frana seguiamo di sassi chela variante occupava alta, parte che del raggiunge sedime del il magnifico sentiero. LacDi qui du in Fer avanti e ridiscende il tragitto poi diventa da lato ancora opposto più spettacolare: tagliando a picco ripidi versanti e percorrendo corte gallerie, arriviamo in vista del Refuge de Rabuons, che raggiungiamo con un’ultima corta salita, appena in tempo per evitare la pioggia che sopraggiunge pochi minuti dopo l’entrata nel rifugio. I giovani gestori ci informano che il Passo Alto d’Ischiator, il colle che domani dovremo valicare, non è transitabile causa la molta neve ancora presente nel versante nord di salita. Con nostra sorpresa ci suggeriscono un percorso alternativo passando direttamente per la cima del Becco Alto d’Ischiator, che sulle carte francesi è denominato Gran Cimon de Rabuons (mt 2996). Vedremo…

3ˆ tappa: dal Refuge de Rabuons al Rifugio Zanotti

Lasciamo il rifugio posto sul vasto lago omonimo, il più grande bacino naturale delle Alpi Marittime (foto 8). Davanti a noi si staglia la vetta slanciata del Becco Alto d’Ischiator, no- stra prossima meta e nodo cruciale per la discesa sul versante italiano al Rifugio Zanotti.

31 Compiuta la prima parte del per- corso, comune con la salita al Monte Tenibres, dopo circa un’ora abbandoniamo il sentiero e inizia- mo a risalirne il versante ovest tra balze rocciose, cenge ascendenti, brevi canalini con un percorso più impegnativo di quello che aveva-

9). L’itinerario non è segnalato, ma èmo abbastanza previsto, ma intuitivo, mai difficile con qual(foto- che breve passo di arrampicata facile. Ultimi passi e sbuchiamo di- rettamente sulla vetta a mt 2996, il punto più alto toccato nel corso del trekking (foto 10). Breve sosta per ammirare lo splendido pa- norama, in special modo sul lato del versante appena salito, con la miriade di laghi giù in basso (foto 11). Anche oggi il cielo da sereno si è rapidamente rannuvolato. Iniziamo la discesa su terreno più facile seguendo tracce di sentiero e perdiamo rapidamente quota. Arrivati nei pressi del Colle Laris, anziché valicarlo per scendere verso il Rifugio Migliorero come da programma, ci abbassiamo su una pietraia, raccordandoci al sen- tiero che proviene dal Tenibres e riduce notevolmente il percorso. Dopo una veloce pausa pranzo, in breve arriviamo al rifugio Zanotti (mt 2200) ubicato su un promon- torio roccioso nell’alto vallone del

sezione CAI di Genova. Anche qui, comePiz, di ieri, proprietà abbiamo e appena gestito il dallatem- po di entrare nel rifugio e arriva la

il pomeriggio a brevi schiarite. Trascorriamopioggia, che si alternerà l’ultima serataper tutto in rifugio (a nostra completa dispo- sizione, essendo gli unici ospiti), rilassati e in allegria, allietati dal-

dalla genuina simpatia del gestore Gianfranco,la disponibilità, che dalci ha buonumore reso il sog e- giorno molto piacevole.

32 4ˆ tappa: dal Rifugio Zanotti a Ferrere Lasciato il rifugio (foto 12), con un breve traverso discendente andiamo a raccor- darci all’ex rotabile proveniente dal fondo- valle e con una corta risalita perveniamo al Passo Sottano delle Scolettas (mt 2223). Dal Colle é ben visibile di fronte a noi il Colle di Stau (mt 2498) che dobbiamo at- traversare (foto 13: il Colle di Stau sullo sfondo al centro della foto), ma in mezzo ci separa il vallone di Pontebernardo di cui non scorgiamo il fondo. La cartina ci dice che dovremo perdere oltre 500 metri di quota per poi risalirne oltre 800 per arri- vare al colle, ultimo ostacolo per poi dival- lare verso Ferrere. Dopo aver traguardato la parte visibile del percorso, ci avviamo sul sentiero che scende inizialmente molto dolcemente tra verdi pascoli in posizione aperta, per poi abbassarsi ripidamente nel - gio Talarico. Toccato il punto più basso, ini- ziamobosco finola salita alle Grangedi circa deldue Vallone ore che e ci al porta Rifu poco oltre mezzogiorno alla larga insella- tura del Colle di Stau (foto 14). Dal colle è visibile il percorso di discesa, ma non l’abi- tato di Ferrere nascosto da un costone roc- cioso. Dopo la pausa pranzo ci avviamo a chiudere l’anello. Giunti alle auto nella pic- colapercorrere frazione la lungadi Argentera discesa (foto che ci 15), porterà rima a- ne ancora il tempo per una piacevole birra in compagnia presso il Rifugio dei Becchi Rossi: un breve momento per stemperare la stanchezza e rivivere insieme i momenti salienti del trekking appena concluso.

Testo di Bruno Gallardi Foto di Luigi Bernardi e Bruno Gallardi

33 Gruppo Alpinismo Giovanile Tra portali magici e cunicoli, alla scoperta dello spazio

Giornate più corte, tempo più instabile, temperature in calo… Arriva l’autunno, l’anno volge al termine ed è tempo di bilanci. Anche per l’Alpinismo Giovanile si chiude il cerchio e la festa di ottobre a conclusione del corso di mountain

ricco e gioioso. E’bike il pomeriggio dà abbastanza del l’idea:7 ottobre, è stato e la anchesede del questo CAI in un piazza anno Colombatti è piena di ragazzi e bambini che aspetta-

Certo, dopo una bella pedalata conclusiva la merenda èno più impazienti che meritata. il loro E nondiploma sono finale certo lee bancarelle… la merenda! del-

stessila fiera bambini del paese e ragazzia distogliere che solo l’attenzione la settimana dei ciclisti prima hannoin erba, affrontato, la bici è una pedalando, cosa seria! il colle D’altra dell’Assietta parte sono a mtgli - sietta Franco, Rossana e gli altri organizzatori del corso di2472 MTB, s.l.m. hanno : non pensato si scherza che mica! sarebbe Per stato andare meglio fino all’Asparti- re il giorno prima, quindi, si dorme tutti in montagna

di convivenza fanno davvero bene allo spirito di grup- po:nella si casa mangia, alpina si didorme, Pian dell’Alpe:si gioca, siche ride, bello! si lavora Due giorni tutti insieme e poi … si pedala per 600, 800, 1100 metri di

casa sporchi e felici, con la montagna negli occhi e nuo- vedislivello, amicizie a nelseconda cuore. dei gruppi. E’ fantastico! Si torna a I ragazzi sono esuberanti, grintosi, a volte un po’ scon- siderati, ma il loro sguardo si riempie di bellezza ogni volta che hanno la fortuna di salire verso una cima. Bisogna saperlo fare, però: prima di tutto ci vuole rispetto. Così gli istrutto- ri delle varie sezioni che si rendono disponibili per realizzare il progetto del corso MTB e gli

tecniche, un valore fondamentale, in montagna come nella vita. Non importa se si sale in biciaccompagnatori o a piedi, l’importante delle varie è attività, salire nel trasmettono, modo giusto oltre per chepoter le provareloro importanti quell’emozione conoscenze che solo la montagna può dare. E non è necessario salire a quote altissime: tra Borgata Mattonera e Borgata Tonda c’è una bella passeggiata da fare, ma occorre segnare il sentiero: Michele ci fa vedere come si fa e i ragazzi, armati di pennelli e vernice bianca e rossa, si danno da fare. Ecco, ora il percorso è sicuramente più fruibile, e la prossima volta che passeranno di lì potranno dire: “Questo

- ologicol’ho fatto si io!”. presta a fare da guida nell’esplorazione della Grotta del Pugnetto, mentre con gli amiciSalire delva benissimoCAI di , ma, l’Alpinismo i ragazzi, quasiGiovanile increduli, è capace si ritrovano anche di neiscendere! cunicoli Il sotterraneiGruppo Spele del rifugio antiaereo.

34 tombino non sembrerebbe affatto un portale magico Che emozione! A vederlo da sopra quella specie di spazio che mai percorriamo e nel tempo che a volte ci… sfugge,eppure, senza è così che che riusciamo si trasforma! davvero Un viaggio a viverlo nello e a coglierne il senso profondo. Se parliamo di spazio e tempo, poi, che ne dite di fare un viaggio nel passato, tra gli esploratori che scopro- no mondi fantastici lontani dal loro paese? Manuela è un’amica dell’Alpinismo Giovanile ed è grazie a lei che scopriamo quanti viveri dovevano imbarcare esploratori come Magellano, quando salpavano per una nuova avventura, per scoprire nuovi mondi, nuo- la montagna”: è così che si chiama il ciclo di incontri organizzatovi popoli, nuove a cura montagne!… del gruppo Alpinismo“Una pizza, Giovanile, un libro e che è ormai diventato una tradizione. La montagna in- tesa, questa volta, come luogo d’avventura, di cultura, di storie e di storia. E soprattutto luogo d’incontro: tra chi ama la monta- gna e la conosce bene, tra chi vorrebbe scoprirla, tra chi è alla ricerca di amici per condividere le emozioni sull’impronta dello scarpone di chi ti precede e chi in- veceche essa non ti sa dà, ancora per chi come sa come approcciarsi è bello mettere a quella il piedeche è un po’ la cornice del mondo. Ecco, credo sia un po’ di tutto questo che i ragazzi dell’Alpinismo Giovanile sperimentano ogni volta che dicono di sì ad una proposta pensata per loro e deci- dono, quindi, di mettersi in gioco. E allora, al prossimo anno, con nuove proposte e la grinta e la curiosità di sempre! Elisabetta Rosati

35 Gruppo MTB Quelli di Piazza Rosaz

Anche quest’anno arriva l’autunno, si avvicina l’inverno e i componenti del gruppo MTB CAI Gia- veno si preparano ad un po’ di sano letargo. Serve un po’ di riposo dopo l’ultima annata. Riposo… sì, ma facendo attenzione: si possono ancora trova- re, in questa stagione, gli irriducibili dello sterra- to, i “collezionatori” di dislivello, addentrarsi per i sentieri della vallata. Non importa che le tempe- rature stiano calando, non importa che le giorna- te siano più corte o che la neve ricopra i sentieri; qualcuno lo si trova sempre. Gli irriducibili non fermano mai la propria “biga” in garage. C’è sem- pre una buona occasione per uscire.

Questa annata di attività volge ormai al termine Piazzae “quelli Rosaz… di piazza il luogo Rosaz” di pensano ritrovo digià tante ai prossimi dome- nicheappuntamenti del 2018, ufficialiil ritrovo dell’anno di sempre. che verrà. Già: Ad ogni appuntamento, il solito rito: arrivo alla spicciolata, qualche ritardatario non manca mai, si scaricano le auto, si montano le ruote, si in- dossano scarpe e caschetto; non mancano i com- menti su quale sia la bici più bella e le battute per scaldare il gruppo. Ognuno ha il suo cavallo di battaglia per far ridere gli altri. Prima del “clack” dello scarpino sul pedale, caffè e cornetto al bar e poi tocca partire sul serio e il gioco si fa duro. E’ ora di iniziare una nuova avventura… un’avven- tura sempre diversa. Non sempre però il gruppo gioca in casa, ovve- ro nella nostra vallata. Ogni tanto il gruppo mi- gra. Molte sono state le trasferte organizzate per poter vedere nuovi posti, scoprire altri sentieri, scovare panorami differenti da quelli presenti in valle. Il tutto condito dal solito buonumore. Quest’an- no sono stati diversi gli “avvistamenti di bikers” in Val di Susa, Val Sangone, Val Chisone, Val Maira,

nelle zone di Briançon. IlValle calendario d’Aosta, ogni ma ancheanno è oltre sempre il confine vario. LeItaliano, uscite programmate sono alla portata di tutti e si cer- ca il giusto compromesso tra coloro a cui piace inerpicarsi in salite impegnative e chi si sente il “numero uno” in discesa.

36 Ogni uscita poi non lascia mai a bocca asciutta; infatti, il gruppo è solito salutarsi con la

Un grande gruppo, quello di Piazza Rosaz: tutti un po’ diversi ma con tanta voglia di diver- tirsi.birrata finale durante la quale ci si scambia le ultime battute prima di rincasare. Ci puoi trovare quello a cui piace pedalare e ci mette tutto il suo impegno e quello che… - riantina” per rendere il percorso più divertente (ma ormai è noto che la variantina è sem- pre“meglio più faticosa)non pedalare e c’è quellotroppo!”; che c’èti descrive quello che la gita è sempre dicendo alla che ricerca in fondo estenuante è solo un della“munta “va e cala”, ma ormai non ci casca più nessuno. Ci sono poi anche i ragazzi dell’alpinismo giovanile che pian piano si avvicinano al gruppo - rienza degli istruttori e alla formazione che ricevono durante le uscite dedicate al loro gruppo.dei veterani e qualcuno già li teme. Sì, perché stanno crescendo bene grazie anche all’espe Anche nel 2018 non è mancata la clas- sicissima “tre giorni”: quest’anno l’ap- puntamento è stato in alta Val Maira. L’evento, attesissimo, ci ha portati a percorrere un tracciato ad anello, at- tentamente studiato, che ci ha permes- so di ammirare i panorami dei laghi di Roburent e del laghi dell’Oronaye; la vi- sta è stata appagata, mentre le gambe e le spalle hanno sofferto sulle salite del passo Peroni e del Colle dell’Oserot. Anche questa è stata una grande av- ventura in un posto ancora sconosciu- to al nostro gruppo: una collezione di immagini nuove, la scoperta di nuovi rifugi in cui passare la notte. Queste sono le occasioni in cui si crea più coesione: si inizia a pedalare al mattino presto, si pranza insieme, si arriva alla meta e si conclude con il classicissimo aperitivo e con la cena

C’è chi continua a passare il dito indice sulla cartina per studiarsi, metro dopo metro, la tap- pensando già al giorno successivo. e pensa a riposarsi e c’è chi prega perchépa che seguirà, non vi sia c’è troppo invece dislivello.chi si fida Ci sono poi i temerari, gli irriduci- bili, quelli che passano l’inverno, mentre sono in letargo, a studiare il giro impossibile per l’anno che

Quest’annoverrà; per loro, hanno fare portato dislivello a ter è- minequasi una il tour religione! del Gran Paradiso in tre giorni. Non possiamo dire che siano stati tre giorni di pedalata, perché sono state diverse le ore passate con la bici in spalla, ma i ragazzi di Piazza Rosaz … sono an-

che questo!

37 Parlando dei freddi numeri, - - varequest’anno, ad ottobre per conle sole il ritrovo gite ufficia per la castagnata,li, iniziate a sifebbraio sono percorsi fino ad circaarri 250 km e 10.000 metri di dislivel- lo in 9 uscite. Le cifre aumentano

organizzate all’ultimo momento, perchése si considerano, non esiste solo poi, il le calenda attività-

Neancherio ufficiale: per mangiareil gruppo si MTB sta mai CAI Giaveno non sta mai fermo! non mancano mai. Quest’ultima è l’occasionefermi; aperitivi per e scambiarsi cena di fine gli anno au- guri, ma anche per scoprire chi sono stati i più caparbi dell’anno che riceveranno gli ambiti riconoscimenti al “valore cicli- stico”: i famosi “Rocco” e “Rocchino”. Per concludere questo racconto, voglio ringraziare personalmente il gruppo che circa 5

nuova vita, mi hanno portato un giorno a scrivere una mail al gruppo MTB del CAI Giaveno peranni avere fa mi informazioni ha accolto. Pedalavo e un certo già Franco da anni, mi hama subito la necessità risposto, di invitandominuove esperienze a presentarmi e di una la domenica in quel di piazza Rosaz. Così, sono entrato a far parte dell’MTB CAI Giaveno.

Cinque mesi dopo, avevo già l’onore di organizzare personalmente la “tre giorni”... e portare sulle Dolomiti questi ragazzacci è stato un piacere!

Ciao ragazzi, buon letargo a tutti! Riccardo Assandri

38 Gruppo Speleologico Campo Speleologico 2018

Ai primi di agosto 2018 il Gruppo Speleologico Giave- nese ha ripreso una sua vec- chia e gloriosa tradizione: è stato infatti organizzato un campo esplorativo di alcuni giorni nel Piemonte meri- dionale. L’obiettivo è stato quello di rimetter piede nel- le grotte esplorate negli anni passati, cercando però anche di individuare qualche nuova

Nelle righe seguenti viene presentatocavità degna il resoconto di attenzione. del- interessata è stata quella neile attività pressi compiute. del Mondolè La zona e il campo base è stato allestito presso il solito margaro, subito dietro al Rifugio La Balma. L’anziano “patelavache” e il suo simpatico e giovane socio ci hanno accolti a braccia aperte, aiutati da una bottiglia di rosso del Monferrato che hanno gradito volentieri. Il gruppo era inizialmente composto da sei sono aggiunti anche Ugo, Daniele, Daniela e il Fungo, per un totale di 10 abili esploratori prontipartecipanti: a tutto, John pur Wayne,di lasciare Peppo, una Monica,traccia indelebile Niccolò, Tont nella e storiaLauro. della Nella speleologia serata di venerdì (proprio si

GSGcosì!). porta Le grotte a casa solleticate una nuova dal grotta nostro con tocco cui arricchire esperto sonoil proprio state portfolio:“Il giavenese la “Grotta volante” del e Ser “La- Manza”.gente”. Il C’è pertugio stato un è stato tentativo individuato infruttuoso grazie di al entrare fortunato in Altavista. quanto provvidenziale Infine, dulcis inintervento fundo, il di Peppo, il quale ha poi provveduto a battezzare la nuova arrivata.

ALTAVISTA compatta. L’ingresso in comune con “Il giavenese volante” non è stato percorso invece per - L’ingresso principale è ostruito da una grande quantità di neve ancora molto si trovi oggi la grotta. mancanza di tempo, nonostante ci fosse comunque la curiosità di capire in quali condizioni IL GIAVENESE VOLANTE

- Siamo arrivati fino in fondo, aggiungendo un ancoraggio alla ilfine passaggio. del toboga Occorrerebbe per facilitare rimuoverle la progressione. una per unaMonica per ecapire Tont sehanno e come provato la grotta a proseguire prosegue. Abbiamodove è stato anche lasciato fatto un un armo tentativo con una di esplorazione corda fissa, ma nel purtroppo punto in cui un Michele cumulo sidi è pietre quasi chiude tumu- lato, rischiando in effetti che si ripetesse l’esperienza. Il Fungo ha dimostrato prontezza - no l’arrivo delle pietre sovrastanti. Anche in questo caso la grotta potrebbe proseguire: di riflessi nel tirar via Monica per i piedi ogni volta che i rumori di frana preannunciava

39 di detriti da asportare rende quasi impossibile l’impresa. non solo verso l’alto, ma sembra anche in basso verso sinistra, tuttavia l’immane quantità LA MANZA - Salutata “Il giavenese volante”con un pizzico di rammarico, ci siamo diretti a “La manza”. L’idea iniziale del gruppo, prima che Peppo scoprisse la nuova grotta, era quella

subito sopra al pozzo che si trova nello stanzino dopo la strettoia. Il sabato pomeriggio è statodi portare impiegato avanti quasi l’attività tutto di per esplorazione capire come cercando superare di ilsuperare punto critico, lo stretto con passaggiouna rapida situato alter- nanza dei giovani speleologi giavenesi nel dare l’assalto allo stretto condotto. Nonostante l’entusiasmo, l’energia e le numerose idee messe in campo per affrontare il passaggio, il

Abbiamo perciò deciso di lasciare il materiale all’ingresso per poi tornarci la mattina dopo, ingruppo modo non da spostarciè riuscito scarichi ad avanzare, ed arrivare il tempo belli è passato freschi sule il camposole infine di battaglia. è calato Iall’orizzonte. nostri piani sono però stati stravolti dalla scoperta della “Grotta del Sergente”.

LA GROTTA DEL SERGENTE - Peppo ha deci- so di dedicare il sabato a perlustrare la zona

esplorare. Nonostante tutti credessero che fossecircostante, un “barbatrucco” alla ricerca per di tornare nuove cavità al campo da base a sonnecchiare, bere e mangiare a spese - vero lanciato in una campagna esplorativa cul- minatadel gruppo, con lain scopertarealtà il nostrodella nuova uomo grotta. si è dav Un cumulo di pietre in un luogo ameno e distante dai sentieri battuti presentava una forte cor-

era tale da agitare l’erba che cresceva attorno allerente pietre. d’aria Spostati in ingresso. quindi La i primi portata sassi, del è flussoparso subito chiaro che si trattava di un ingresso in -

diversiuna cavità metri. sotterranea. Appresa quindi Il lancio la lietadi alcune novella pie e tre ha poi confermato che la profondità era di- dotta da Peppo, abbiamo dirottato la nostra at- tenzionevisionata sulla la documentazione nuova grotta. Domenica fotografica mattina pro siamo corsi a “La manza”, abbiamo preso tutta l’attrezzatura e ci siamo quindi spostati al nuo- vo ingresso. Abbiamo approcciato l’apertura con un po’ di emozione: l’ingresso era ostico, ma non così tanto. Un po’ di pazienza e molta esperienza ci hanno aiutati ad avere la meglio su quelle pietre: Monica è riuscita ad entrare

tratta di un ambiente abbastanza grande, fatto died rocciaha visionato imposta, la grazieparte inizialealla quale della è stato cavità. pos Si-

e sembra diventare verticale: potrebbe essere l’iniziosibile armare di un vero con efacilità. proprio Il pozzo.percorso prosegue

40 La prima volta nella Grotta del Sergente

Certamente occorre pulire l’ambiente da tutte le pietre presenti, in modo da evitare di farle - ta e, con il campo da smontare e i nuvoloni grigi e minacciosi che andavano accumulandosi cadere su chi si troverà poi più in basso durante l’esplorazione. Il tempo si è esaurito in fret - all’orizzonte, abbiamo optato per la ritirata. Certamente però la cavità ha del potenziale dell’ingresso,e merita di essere che è esplorataservito come e rilevata ancoraggio come per si deve. Monica. John Adesso Wayne non ha resta segnato che leorganizzare coordina te GPS dell’ingresso e abbiamo lasciato un fix piantato sulle rocce esterne nelle vicinanze la prossima spedizione!

Un saluto a tutti! Niccolò Solaro

41 Scuola “Carlo Giorda” Corsi 2018: tagli, ritagli e frattaglie

Corso di cascate, corso di scialpinismo, corso di arrampicata libera, corso di alpinismo, cor- - dere, rifugi da prenotare, lezioni da preparare, telefonate da fare e da ricevere, persone da coinvolgere,so di roccia, aggiornamenti,nuovi istruttori riunioni, da formare, files allievi da compilare, da rimproverare mail da inviare, e allievi iscrizioni da elogiare, da pren neve da pestare, roccia da accarezzare, chilometri da percorrere. Tutto archiviato, almeno per il 2018. Anche quest’anno e senza squilli di trombe, siamo riusciti, tutta la squadra intendo,

cecon lo sacrifici, diciamo ore da rubatesoli, a confermarceloal sonno, alle famiglie sono i sorrisi e al lavoro di tutti a portare gli allievi a termine e le allieve tutti che i corsi ogni e annotutte lesi attivitàiscrivono in aiprogramma corsi della della nostra Scuola scuola. “Carlo Giorda”. Direi che siamo stati bravi, e non La nostra è una scuola, e a scuola si impara. Ma non solo: a scuola ci si confronta, si cresce, ci si in- namora, si sogna. Quando si parla di montagna, di alpinismo, di ar- rampicata, ai giornalisti - ma non solo - piace usare parole come:

storico, trionfo, coraggio, soffe- renza,eroe, leggenda, gelo, dolore, sacrificio, conquista, epico, morte. Se anche voi usate queste parole con disinvoltura, come se niente fosse, e le preferite ad al- tre parole come: passione, com- pagno, amico, gioia, aiuto, paura, tentativo, rinuncia, attesa, allena- mento, gioia, amore, vita… beh, la scuola non è il posto che fa per voi, o meglio potrebbe essere una buona occasione per cambiare il vostro paroliere alpinistico. Se scrivete su Google ‘belle foto’, cosa vi aspettate di vedere? Quali sono i risultati della -

‘arrampicata’,ricerca? Tramonti? a me iPaesaggi risultati dafanno togliere gelare il ilfiato? sangue: Mercati? da una Persone? parte cronache No, niente di incidenti, di tutto que che sto, escono fuori foto di gattini. Fa riflettere, credo. Se scrivete sempre su Google la parola ti fan venire voglia di giocare a calcio o a ping-pong. Quest’annodi fatto sono abbiamo molto rari, fatto, dall’altro sempre tutta noi unadella serie “Giorda”, di definizioni il corso asettichedi arrampicata che solo libera, a leggerle e ora

l’arrampicata, insomma: tagli ritagli e frattaglie. Vi perderete qualche pezzo, perché lì non c’eravate.provo a spiegarvi Se però conalmeno un piccolo mezzo resocontosorriso, se semiserio un po’ di inviatoluce negli agli occhiallievi si a sta fine accendendo, corso cos’è vuol dire che la “Giorda” è il posto che fa per voi, altrimenti… boh, altrimenti non fa nulla.

42 “Intanto speriamo, noi istruttori, di essere stati all’altezza delle vostre aspettative, e di avervi fatto soprattutto sorridere, oltre che avervi insegnato nodi, nodini, passi al centro, pliè e tutte ste cose qui che ruotano intorno all’arrampicata. Sicuramente non siamo i più belli e neppure i più bravi, ma in fin dei conti oggi nessuno lo è, tutto e tutti siamo un po’ come una casa. In ogni casa ci sono giardino curato, bagno luccicante, salotto buono, cucina all’ultima moda, ma anche il ripostiglio polveroso, la cantina con la muffa e il solaio con i topastri, insomma tutto questo per dire che sicuramente non è stato tutto perfetto, ma sappiate che ce l’abbia- mo messa tutta. L’arrampicata non è arte facile da spiegare, certe volte ci abbiamo messo la calma, altre volte pazienza e ironia, in altri casi ancora un po’ di psicologia e in alcuni casi, ogni tanto, all’ennesimo passo, al centro sbagliato, anche un ‘porcozio’, ma sempre con affetto e amore. Intanto il corso è partito con 21 allievi e con 21 allievi è terminato, direi che già questo è un ottimo risultato. Ma, partiamo dalla fine, che è meglio. Il 12 e 13 maggio si è svolta l’ultima uscita di due giorni, l’attesa uscita a Finale Ligure, roccia da sogno, paesaggi bucolici e sole splendente (su quest’ultimo punto posso capire le vo- stre perplessità), insomma un posto per l’arrampicata decisamente figo. Primo giorno, ritrovo antelucano, ma tutti o quasi sono in pista, e tra stomaci che digeriscono salsicce crude (sì, lo so che state pensando che si dice ‘salcicce’, ma a me piace più così), e occhi ancora troppo sottili che controvoglia lottano per riempirsi di luce, ci siamo diretti nella bella falesia di Pian Marino, dove tra placche e strapiombi, buchetti e buconi e qualche fessu- ra abbiamo gonfiato, qualcuno troppo, bicipiti e avam- bracci, alcuni allievi addirittura, inebriati dall’aurea mistica del luogo, partono riscaldandosi su un tipico 6b finaleros. Rapido rientro, solita merenda “morige- rata”, auto che fagocitano chiavi, sangue e vetri rotti, e in breve tutti pronti per l’ultima cena. Tra l’arrivo degli antipasti e quello del dolce ci giunge la notizia dell’arri- vo della Tesla su Marte, ma poco importa a istruttori e allievi che si intrattengono con discussioni di alto con- tenuto intellettuale, teoremi verticali circonferenziali sulla disamina della giuggiola coccolona, algoritmi filo- sofici sulla defecazione del giaguaro asiatico, e in breve, dopo aver elargito le più belle t-shirt dell’universo come ricordo dell’esperienza, mezzi discorsi - poco fluenti causa qualche bicchiere di troppo - la cena giunge al termine. Qualche allievo (uno) con spirito scolaresco e goliardi- co propone un bagno collettivo al mare in notturna, ma prudentemente allievi e istruttori fedeli alla loro coerenza etica e morale non lo seguono nella brillante idea, e demoralizzato si accontenta di seguire il gruppo Unitre nella passeggiata di Finale Marina per prendere un gelato e tornare poi mestamente nelle brande. Il giorno dopo passa rapidamente, le poche ore di sonno, e un’arietta temporalesca non aiutano il morale, ma la positività riesce a scacciare o almeno ad allontanare le nuvole il tempo necessario per macinare una manciata di tiri, e tra un bicchiere di Vodka e una fetta di salame dichiarare concluso il corso di arrampicata libera 2018.

43 Ovviamente il corso non è stato solo la bella uscita di Finale. Senza andare a elencare e descrivere uscita per uscita di questo corso, che ho avuto il piace- re di dirigere con Massimo ed Enrico, penso che ricorderemo sicuramente gli Alberti, tutti quanti, anche quelli che son diventati Angelo, le merende che definire ‘stratosferichecifissimissime’ è poco, i sorrisi, l’autoironia, il saper non prendersi troppo sul serio, le canzoni di Edit Piaf sotto le stelle, incompren- sioni geografiche sulla collocazione degli autogrill, allievi troppo buoni e istruttori troppo smemorati, allievi in difficoltà e istruttori pronti a motivarli, ritardi, inchinuse, carne salada, piccoli e grandi miglioramenti, rapporti con sederi complessi, corde a chiocciola, corde incastrate, tiri troppo fisici (vero Ombretta?), tiri troppo placcosi, allievi instancabili (potete immaginare chi), pioggia, sole, caldo, freddo, istruttori che hanno rubato tempo alle proprie famiglie per permettere lo svolgimento delle uscite, paesaggi unici (Mot- tarone) e altri meno unici (Cava di Avigliana), scarpette consumate scivolando ripetutamente su belle placche di granito rosa (vero Andrea? e credo tanti altri), lezioni utili e lezioni - forse - noiose, foto dritte e foto storte, lunghe telefonate con il “poco” prolisso segretario, avvicina- menti giusti e avvicinamenti sbagliati, insomma dentro al corso in questi mesi tra , il Mottarone, Avigliana, la palestra di Giaveno e Finale Ligure ci ho visto tante cose belle, e le cose belle sono importanti. Quindi vi volevo dire grazie, solo questo, tutto lì. Istruttori, allievi e affiancati.”

Alex Ostorero

44 Palestra di Arrampicata

La palestra di arrampicata è gestita da un gruppo di ragazzi della sezione del CAI di Giaveno. La struttura indoor per l’arrampicata è stata realizza- ta da Sint Rock ed è omologata anche per l’arrampica- ta da primo di cordata.

su pareti verticali e strapiombanti che permettono ai climberPresenta più di dieci itinerari di differente difficoltà-

già esperti di cimentarsi in itinerari più dif giovanificili e allo e chiunque stesso tempo ne abbia alcune voglia. vie facili consentono All’interno della sala d’arrampicata è l’avvicinamentopresente anche un’areaa questa boulder. attività sportiva a ragazzini,

Orari La palestra, sita in via Colpastore (all’interno del Palazzetto dello Sport di Giaveno) è aperta da ottobre a dicembre e da gennaio a marzo (ampliamenti dell’apertura saranno legati al tempo primaverile) tutti i martedì e i giovedì dalle ore 20,00 alle 22,30.

Costi 3,50 € per soci CAI e minori di 12 anni 5,00 € per i non soci

1,00 € affitto corda Per maggiori informazioni sulle iniziative: Griotto Enrico: tel. 340.9628164 Facebook: Palestra arrampicata Giaveno GARP

45 Gruppo Sentieristica Patrimonio Escursionistico Regionale, bene comune da tutelare e valorizzare. La centralità della collaborazione tra Enti pubblici e volontariato CAI Sabato 10 novembre 2018 Convegno presso la sede CAI - via Colombatti 14 GIAVENO

La Regione Piemonte, con la legge 12 del 2010, si è dotata, tra le prime in Italia, di uno stru- mento volto al recupero e alla valorizzazione del suo “patrimonio escursionistico”, costitu- ito dall’insieme dei sentieri, delle vie ferrate e dei siti di arrampicata. Per la sua attuazione

- sono chiamati in causa gli Enti Pubblici (Regione, Province o Città Metropolitane, Comuni Glio Unioni interventi di comuni, approvati Enti di di progettazione, gestione delle posa Aree in Protette, opera e ciascunomanutenzione con specifiche della segnaletica compe tenze) con la finalità di individuare e definire gli interventi in modo capillare e organico.- no stipulare convenzioni per la loro realizzazione con associazionisono di specifica di volontariato competenza o soggettidei Comuni, di promozione che posso sociale. Tra le associazioni un ruolo di interlocutore privilegiato è rivestito dal CAI regionale che coordina le sezioni locali competenti per territorio. Organizzando il convegno dal titolo Patrimonio Escursionistico Regionale, bene comune da tutelare e valorizzare. La centralità della collaborazione tra Enti pubblici e volontariato CAI, tenutosi in sede sabato 10 novembre, il CAI Giaveno ha riunito attorno allo stes- so tavolo i soggetti che in Piemonte collaborano alla creazione della rete escursionistica regionale, nell’in- tento di tracciare un bilancio sul suo grado di attua- - re l’esame e le proposte di possibili perfezionamenti. Lazione concessione e analizzarne del aspettipatrocinio positivi da parte e criticità del Consiglio e favori

Regionale del Piemonte, della Città Metropolitana di- Torino, della Città di Giaveno e dei Comuni di Coazze dellae Val Sangone ha conferito e della all’evento Val di Susa un incarattere materia. di uffi Incialità apertura e di riconoscimento dei lavori la nostra dell’impegno Presidente delle Rossana sezioni Pavanello, nel fare gli onori di casa, ha sottolineato l’importanza del ruolo della collaborazione tra le Isti- tuzioni e il mondo del volontariato: in particolare del volontariato CAI che, per il suo essere composto di fruitori dei sentieri e conoscitori del territorio, si propone per un ruolo di sensibilizzazione e di stimolo nei confronti degli Amministratori, oltre a costituire una risorsa operativa do-

tata di competenza e volontà di fare.

46 - tiLa iniziative presidente rivolte ha inoltre ai nostri rimarcato giovani socila necessità e al mondo di operare della scuola. sui giovani per formare nuove Asensibilità nome del nella CAI frequentazione regionale, il suo responsabile vicepresidente del territorio, Bruno Migliorati richiamandosi ha elogiato ad alcune la nostrarecen istituzioni, Carlo Giacone, sindaco di Giaveno e presidente dell’Unione Val Sangone, ha confermatosezione per la l’interesse vitalità e deglila ricchezza Enti rappresentati delle iniziative. per Nel le porgere reti sentieristiche ai convenuti come il saluto volano delle di uno sviluppo turistico sostenibile. L’on. Daniela Ruffino, nel ringraziare gli organizzatori dell’evento Michele Giovale e Livio Lussiana, ha ricordato il tradizionale impegno del CAI Giaveno nella didattica ambientale e nella promozione del territorio, citando anche l’antico progetto della mappatura delle fontane giavenesi, caro al socio Dante Plano. Paolo Caligaris, intervenuto in rappresentanza della Regione Piemonte, ha ricordato l’im- portanza del Catasto Regionale dei Sentieri, istituito nel 2009, come strumento deputato a dare “un nome, un cognome e dei genitori” ai percorsi escursionistici. Il turismo pie- montese sta vivendo un momento positivo; tra i dati raccolti merita ricordare che il 43% dei visitatori della nostra regione dimostrano un alto interesse per la montagna e per le pratiche outdoor a essa connesse. La valutazione dell’impatto di questo trend sulle scelte da effettuare in tema di promozione del territorio passa anche attraverso il monitoraggio del Monviso (itinerario transfrontaliero) rilevati da appositi eco-contatori: 35.000 passaggi della frequentazione dei grandi itinerari. Un dato significativo ci viene dai numeri del tour

Fabioda luglio Giannetti, a ottobre rappresentate nel 2017! Tra dell’IPLAle competenze (Istituto della per Regione le piante rientra da legno anche e l’ambiente) la formazione ha illustratodi operatori le linee qualificati guida perche ilregolamentano rilevamento e l’inserimentola manutenzione dei sentieridei tracciati. nel Catasto Regionale: una procedura complessa che va dal rilevamento dei tracciati con tecniche GPS, alla pro- gettazione, alla posa in opera della segnaletica, alla valutazione periodica della loro percor- tipo “genitoriale”, per riprendere una metafora utilizzata dal relatore che l’ha preceduto. ribilità e ai conseguenti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria: una cura di

47 I dati attuali indicano che l’80% della rete escursionistica piemontese è stato rilevato, per uno sviluppo di 20.000 chilometri; il 30% è entrato a far parte effettiva del Catasto, avendo completato l’iter attuativo in ogni suo aspetto. Paradossalmente la piena attuazione del progetto potrebbe portare a una pletora di per- corsi tale da rendere problematico il suo mantenimento. La tendenza attuale è quindi quel- la di concentrare gli sforzi sui grandi itinerari come il GTA (Grande Traversata delle Alpi)

Trekking, per portare esempi che si riferiscono alla nostra Valle. e su alcune realtà locali, come il Sentiero Quota 1000,Alberto il SentieroPierbattisti Monti, illustrando o il Val Sangone il ruolo dell’Ente, che, seppure con prerogative non perfettamente coincidenti, ha sostituito l’istitu- toPer della la Città Provincia. Metropolitana Sopravvissuta di Torino alla è rivoluzione intervenuto istituzionale, la Consulta Provinciale man- tiene inalterato il suo ruolo determinante nella scelta degli interventi da proporre all’inse- rimento nel Piano Biennale di attuazione predisposto dalla Consulta Regionale. Il relatore ha preannunciato l’istituzione di un tavolo permanente, allo scopo di armoniz-

attori coinvolti. Lazare seconda la varietà parte delle del iniziative convegno e assicuraresi proponeva la coesione di presentare negli interventi “esempi di da sinergie parte dei positive” diversi tra Enti Pubblici e volontariato CAI”. Con un intervento appassionato quanto documentato, Manuela Juvenal, in rappresentanza del Parco Alpi Cozie, ha sottolineato che nell’ambito della sentieristica nulla sarebbe possibile senza una stretta interrelazione tra la fase pro- gettuale (di competenza dei vari Enti) e la fase di realizzazione degli interventi sul campo, di cui nella maggior parte dei casi

al mondo del volontariato, tra cui spiccanosi fanno carico le sezioni figure locali appartenenti del CAI. Ne sono un esempio gli interventi di manutenzione del tracciato del Giro dell’Orsiera, 63 chilometri di - zioni di Giaveno, Coazze, Bussoleno esentieri . affidati alle cure delle se Michele Giovale, responsabile del Gruppo Sentieri del CAI Giaveno e membro della Consulta Provinciale, ha tracciato la storia degli interven- ti in Val Sangone. Al 1986 risale il “Sentiero Quota 1000”, voluto dalla

realizzato grazie alla determina- zioneComunità del suo Montana dipendente Val Sangone Roberto e Mosso (per gli amici, Bob). Sono poi seguite nel tempo le realizzazioni del CAI Giaveno: i quattro anelli del progetto “I monti di Giaveno” nelle valli del Romarolo e del Tauneri (2002) e il “Sentiero Augusto Mon- ti”, ancora nella valle del Romarolo (2006). Allo stato attuale risulta inserita nel Catasto Re-

locali sezioni, che si avvalgono per l’iter burocratico della collaborazione del comune di gionale dei sentieri la quasi totalità della rete sentieristica della Val Sangone ad opera delle di Elisa Giacone e Federico Elia. Da segnalare lo stato di avanzamento dei lavori di ripristino delleCoazze, passerelle designato divelte come dall’esondazione “ente capofila”, e deldell’Ecomuseo torrente nell’autunno dell’Alta Valsangone, 2017 sul Sentiero nelle persone Monti, da parte di una ditta specializzata.

48 Il presidente dell’Intersezionale CAI Valsusa-Valsan- gone Piero Scaglia ha relazionato sulla convezione stipulata tra il CAI Piemonte e l’Unione Montana Val Susa, che impegna l’Intersezionale nelle procedure di e di alcune possibili connessioni con i percorsi storici rilevamento del percorso ufficiale della Via Francigena esistenti (oltre alla citata Via Francigena, il Sentiero deidi valle. Franchi, Nel sottolineare il Sentiero Balcone, la varietà il delle Giro dell’Orsiera),proposte già Scaglia ha preannunciato che è in fase di studio il Tour del Thabor, itinerario transfrontaliero di grande ri- chiamo.dello Chaberton, che verrebbe ad affiancarsi al Tour Gino Geninatti, responsabile del SOSECP (Struttura rilevato l’importanza di una tale struttura nella pia- operativa sentieri e cartografia del CAI Piemonte) ha nellanificazione fornitura e nel dei coordinamento materiali necessari di interventi per la posa relativi e l’adeguamento della segnaletica. Ilad convegno ambiti territoriali si è chiuso estesi con (come un momento la già citata di dibattito. GTA), e Gli interventi del pubblico si sono - agro-silvo-pastorali.concentrati essenzialmente Le risposte sulle dei difficoltà relatori di sono percorrenza state unanimi che a nel volte riconoscere si incontrano l’esigenza su al cuni sentieri, causate da incuria, carenza di segnaletica o impedimenti legati ad attività- di periodici controlli della percorribilità dei sentieri registrati nel Catasto, pur sottoline diando gradimento le difficoltà da legateparte deiall’estensione fruitori. della rete regionale. Si delinea un futuro nel quale si renderanno inevitabili provvedimenti di ridimensionamento, basati su criteri di qualità e Livio Lussiana

49 Gruppo Sentieristica Bentornato “Sentiero Monti” Qualcosa si è mosso sulla strada del recupero del “Sentiero Monti”. In due giorni di piogge torrenziali, il 24 e 25 ottobre 2016 la piena rovinosa dell’Armirolo ne aveva cancellato lun- ghi tratti, spazzando via quasi completamente le passerelle in legno che ne caratterizzava- no la parte iniziale a monte del “Punt ‘d la Balueri”. A dieci anni dalla sua inaugurazione il

sé lunghe sequenze di roccia viva, scoscesa e scivolosa, e il letto del torrente si era sostituito asentiero quella cheera diventatoera stata l’anticapressoché mulattiera impercorribile: che collegava refluendo, la Gentina la piena a Canaveva Galet. lasciato Si disperava dietro di davvero di poter porre rimedio a tanto disastro: impresa non certo affrontabile con le sole forze dei volontari del CAI Giaveno, che nel 2006 avevano allestito l’itinerario, costruendo le prime passerelle e provvedendo alla posa dei pannelli esplicativi e della segnaletica.1 Nella primavera del 2017, nell’ambito degli interventi inseriti nel PSR (Piano di Sviluppo

2. Rurale) 2014-2019 7.5.1 per la Val Sangone, la Val Susa e la Val Chisone è stato pianificato- eno finanziato 2017, sono anche iniziati il recupero nell’ottobre del “Sentiero di quest’anno Monti” e al momento di andare in stampa con il Inostro lavori Bollettinosono stati affidatihanno permesso a una ditta la specializzata. costruzione diPrevisti tre passerelle in un primo (v. latempo documentazione per l’autun allegata). Anche la posa della segnaletica (ancora da realizzare) è competenza della ditta appaltatrice. Molto rimane comunque da fare. Nonostante la ricostruzione delle passerelle, un tratto del sentiero rimane impercorribile: il problema si potrebbe risolvere in via provvisoria siste- mando e ampliando una traccia esistente, che con un dislivello di circa 200 metri in salita e altrettanti in discesa permette di bypassare il punto critico. Questo e i rimanenti interven- ti di sistemazione del tracciato danneggiato dalla piena (compresa la ricostruzione di un ponticello) dovranno essere affrontati dalla nostra sezione in regime di volon- tariato. L’impegno che ci attende è davvero gravoso ed è auspicabile che attorno a esso si ricompatti un gruppo di persone motivate, come quello che in un passato recente ha contribuito in modo determinante alla creazione della rete sentieristica di questo angolo di Val Sangone. Per completezza occorre segnalare un altro intervento migliorativo effettuato sul sentiero 406. La posa di staccionate e la sistemazione del piano di cal- pestio hanno reso più facilmente percorribile il tratto in ripida discesa che unisce il sentiero proveniente da bor- gata Budin al fondovalle dell’Armirolo in direzione della

- tieroMerlera 406 (v. sono documentazione stati assegnati fotografica). dalla Regione Piemonte, a I finanziamenti per gli interventi effettuati anche sul sen- lizzati all’ordinaria manutenzione di infrastrutture per la seguito del Riparto Fondi anno 2018 per interventi fina Comuni della Val Sangone ammontano a € 26.174,54. pratica di attività outdoor. I fondi riservati all’Unione dei Livio Lussiana

1 Cfr. B. Vanzetti, C’era il “Sentiero Monti”…, Bollettino n. 25, 2015-2016, pp. 98-99 2 50 Cfr. L. Lussiana, Gruppo Sentieristica, Bollettino n. 26, 2016-2017, pp. 43-45 Rifacimento passerelle sul “Sentiero Monti”

Messa in sicurezza sul sentiero 406, tra le borgate Budin e Merlera

Documentazione fotografica di Michele Giovale

51 Museo Geologico Sperimentale Un geologo all’Inferno: Dante e le scienze della Terra

La concezione aristotelico-tolemaica dell’Universo diffusa al tempo di Dante collocava la Terra al centro dell’universo. Totalmente immobile, essa era circondata dalle sfere dei pia- neti: Luna, Mercurio, Venere, Sole (considerato un pianeta), Marte, Giove, Saturno, sfere a

all’impulso datogli dal Primo mobile ossia il nono cielo, velocissimo, cristallino e privo di loro volta racchiuse dal cielo delle Stelle fisse. Questo cielo, come gli altri, ruotava grazie Dante nella Divina Commedia abbraccia la teoria aristotelica-tolemaica arricchendola di stelle. Il movimento era una diretta conseguenza della volontà divina. legata all’azione divina in particolare al “defenestramento” di Lucifero (letteralmente “por- tatorealcuni diaspetti luce”) davvero dal Paradiso, interessanti a causa e della sorprendenti. sua ribellione La geografia a Dio. dantesca è intimamente La caduta sul nostro Pianeta di questo angelo (che nel frattempo si era trasformato in una creatura orribile), causò profonde mutazioni strutturali alla morfologia terrestre. La Terra,

- inorridita da tanta arroganza, si ritrasse rifiutando il contatto diretto con Lucifero che andò- a conficcarsi proprio al centro del Pianeta. Lo “smarino” formatosi in seguito alla genera zione di questa enorme voragine finì dal lato opposto generando la montagna del Purgato rio. Altro che movimenti tettonici!

Esempio di Inferno dantesco:

la Mir Mine, enorme scavo a cielo aperto per l’estrazione di diamanti nei pressi di Mirny, nella Siberia Orientale . (fonte Internet)

A questo punto conviene spiegare che il mondo allora conosciuto prevedeva la suddivisione

- rodella abitato. Terra All’opposto in due emisferi. vi era Quello l’emisfero boreale, australe, con al costituito centro Gerusalemme, esclusivamente aveva dalle come acque, confini con l’eccezioneda un lato le della Colonne montagna d’Ercole del e Purgatorio,dall’altro il fiumee, altrettanto Gange; ovviamenteovviamente, si non trattava era abitato. dell’emisfe Nel Canto XXVI dell’Inferno -

d’Ercole: Dante ci fornisce una chiave interpretativa dei confini geogra fici del mondo conosciuto attraversoO frati, dissi le parole che per di cento Ulisse milia che osò oltrepassare le Colonne perigli siete giunti all’occidente, a questa tanto picciola vigilia de’ nostri sensi ch’è del rimanente, non vogliate negar l’esperienza, di retro al sol, del mondo sanza gente.

52 È chiaro che il “mondo sanza gente” corrisponde all’emisfero australe disabitato. questa voragine e andarsene per i fatti suoi? Impossibile poiché il demone dalle tre teste conNel frattempotre facce è qualcunoincastrato, di dalla voi avràcintola pensato: in giù, manel Luciferolago perennemente non poteva ghiacciato risalire all’esterno dell’ultimo di girone infernale (IX cerchio) detto Cocito. E’ interessante il fatto che sia Lucifero stesso, con il perenne movimento delle sue ali da ma questa è un’altra storia. pipistrello, a determinare il congelamento del lago. Chissà se con il riscaldamento globale… la maggior parte) le vecchie concezioni aristoteliche che, se da un lato rappresentavano laTornando somma adi Dante, ogni sapere, va detto dall’altro, che le conoscenze spesso, fornivano dell’epoca indicazioni riflettevano fuorvianti ancora (non o totalmente tutte, ma errate. Come nel caso dei concetti legati alla geologia. Da ricordare che la “geologia” (termine coniato solamente nel 1603 da Ulisse Aldovrandi) al tempo di Dante ancora non esisteva come scienza e ci vollero almeno altri cento anni pri- ma che un tale Leonardo da Vinci iniziasse a enunciare, correttamente, alcune teorie legate alle Scienze della Terra.

Sicuramente uno dei problemi che Dante dovette affrontare fu quello di rendere credibili, Divina Commedia. Lo risolse bril- lantemente facendo ricorso alle sue conoscenze sia paesaggistiche sia geomorfologiche in termini geografici e geologici, i luoghi descritti nella - ne sempre spunto per ammaliare il lettore attraverso dipinti immaginari con contorni vi- vidi(abissi, e realistici. cavità sotterranee, fenomeni franosi, aspetti idrogeologici, tipi litologici), traendo - mo) e dimensioni pari a quelle di una sfera perfetta con una circonferenza di 20.000 miglia eLa raggio Terra didantesca, 3250 (neanche in relazione troppo ai testi lontano sacri, dal ha vero). un’età prossima ai 6500 anni (dato erratissi il poeta ci presenta immagini particolarmente evocative come nel Canto I dell’Inferno: Anche i già citati aspetti geomorfologici non sono trascurati e attraverso sapienti metafore Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto, là dove terminava quella valle che m’avea di paura il cor compunto, esprimendo il taglio netto tra l’attaccatura del monte e il termine vallivo. Scendendo nuovamente al fondo dell’Inferno (Canto XXXII) e quindi sulle rive del Lago Co- gito, scopriamo che Dante fa riferimento al Danubio e al Don e riferendosi al lago narra testualmente che il ghiaccio era così spesso e tenace che non avrebbe ceduto neanche se un intera montagna vi fosse crollata sopra:

Per ch’io mi volsi, e vidimi davante e sotto i piedi un lago che per gelo avea di vetro e non d’acqua sembiante. Non fece al corso suo sí grosso velo di verno la Danoia in Osterlicchi, né Tanaí là sotto il freddo cielo, com’era quivi; che se Tambernicchi vi fosse su caduto, o Pietrapana, non avría pur dall’orlo fatto cricchi.

53 Diversi commentatori della Divina Commedia associano il “Tambernicchi” al Monte Tam- bura nelle Alpi Apuane (conosciuto nei testi storici con il nome di “Stamberlicchi”), mentre “Pietra Pana” rappresenterebbe l’attuale Pania della Croce, appartenente, da un punto di vista strutturale, alla medesima catena montuosa. Il concetto di lago perennemente ghiacciato richiama anche alla mente i territori del “per- mafrost”, costituiti, nel Nord Europa, da suoli perennemente congelati. Crolli e frane sono più volte menzionate nella Divina Commedia e sicuramente una delle

Nel Canto XII dell’Inferno troviamo Dante e Virgilio alle prese con un cammino piuttosto più significative è quella che chiama in causa i Lavini di Marco tra Rovereto e Serravalle.

difficoltoso sui “ciaplè” infernali:Era lo loco ov’a scender la riva venimmo, alpestro e, per quel che v’er’anco, tal, ch’ogni vista ne sarebbe schiva. Qualè quella ruina che nel fianco di qua da Trento l’Adige percosse, o per tremoto o per sostegno manco, che da cima del monte, onde si mosse, al piano è sí la roccia discoscesa, ch’alcuna via darebbe a chi su fosse; cotal di quel burrato era la scesa.

Bellissima l’interpretazione della gigantesca frana avvenuta, secondo Dante, o a causa di un

del versante (per sostegno manco). Èfenomeno interessante sismico sottolineare (per tremoto), che le o franedovuta dei a fenomeniLavini di erosiviMarco, che risalenti hanno all’Olocene, minato la stabilità hanno - sico inferiore. portato in luce una significativa associazione di impronte di dinosauri risalenti al Giuras

Dante e Virgilio sulla frana petrosa (i “ciaplè” infernali) del Canto XII, in una miniatura lombarda

sec. XV (Imola,della prima Biblioteca metà del Comunale, man. 32, foglio 12 r – foto da La Divina Commedia. Inferno, I, Fratelli Fabbri Editori, 1963, p. 188)

54 Non mancano, poi, riferimenti ad aree desolate e desertiche, come nel Canto XIV dell’Inferno nel quale Dante e Vir- gilio attraversano un deserto sabbio- so (rena arida e spessa) camminando

che si diparte dal Flegetonte: lungo gli argini di un fiume ribollente Tacendo divenimmo là ’ve spiccia fuor della selva un picciol fiumicello, lo cui rossore ancor mi raccapriccia. Quale del Bulicame esce ruscello che parton poi tra lor le pettatrici, tal per la rena giú sen giva quello. Lo fondo suo ed ambo le pendici fatt’era ’n pietra, e’ margini da lato; per ch’io m’accorsi che ’passo era lici.

Molti lettori dell’epoca avevano sicu-

acqua sulfurea di Bullicame nei pressi diramente Viterbo; familiarità ecco quindi con le che sorgenti il Poeta, di ancora una volta, fa ricorso ad una manifestazione reale per illustrare un passo della sua opera. Vanno poi ricordati, come esempio, i numerosi ruscelletti che sovente fuo- riescono da antiche e abbandonate miniere di ferro dove i sali, portati in soluzione, colorano l’acqua di un caratteristico rosso sangue. Vi potrebbero essere molti altri esempi del Dante geologo: a voi scoprirli rileggendo, ma- gari sotto una nuova veste, questa splendida opera che molte volte ha disturbato il nostro

Concludo abbracciando le considerazioni riportate dal geologo Marco Romano nel suo splendidosonno di studenti lavoro Peralla tremoto vigilia di o unaper interrogazione!sostegno manco, che riporta, al riguardo, il pensiero di Quintino Sella quando si trovava al cospetto delle nostre Alpi: “Ma egli è inutile che io tenti di adimbrarti spettacoli di tal fatta. Una sola penna avrebbe potuto dipingerli: quella di Dante! Gran peccato che il Poeta fiorenti- no, invece delle microscopiche accidentalità degli Appennini, non abbia conosciuto i colossali e sublimi orrori delle Alpi! Che immagini e che pennellate ne avrebbe tratto quel finissimo os- servatore della natura, il quale così profondamente ne sentiva tutte le più recondite bellezze”.

A cura di Vittorio Pane

Bibliografia Romano M. 2016, Per tremoto o per sostegno manco: The Geology of Dante Alighieri’s Inferno.

Italian Journal of Geosciences, 135(1), 95 108. doi: 10.3301/IJG.2015.21.

55 Il Museo Geologico Sperimentale... in rete

56 Dal mese di novembre 2018 il nostro Museo Geologico Sperimentale è inserito nella rete di

Questa bacheca virtuale, denomina- tamusei “Una naturalistici Vetrina per mineraliche ha come e rocce” capofila il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. (si veda l’home page del sito nella pagina a lato), permette al pubblico di entrare in contatto con le collezio- ni ascrivibili alle Scienze della Terra che numerose istituzioni possiedo- no, comprese quelle che non sempre possono essere mostrate ai visitato- - no quindi il fulcro per la diffusione diri. Le conoscenze, diverse realtà luoghi museali dinamici diventa di confronto su svariati aspetti scien- latifici “Vetrina”, e centri l’occhiodi documentazione del visitatore di puòdiversità cogliere naturalistiche. direttamente Attraverso o trasver - Pirossenite – – Valchiusella – TO salmente contenuti museologici, condotte sul territorio da musei e scoprire reperti e conoscere attività- - giche.realtà Laecomuseali “Vetrina” nelleè periodicamente materie mi arricchitaneralogiche, con petrografiche nuove sedi, ordinatee geolo in elenco per provincia di apparte- nenza, nuove immagini e nuovi testi di approfondimento. Le informazioni fornite riguardano metodologie ostensive, presenza di bibliotecatipologia ed specialistica, entità delle collezioni,laboratori - ti sia alle scuole sia al pubblico ed scientifici, percorsi didattici offer- dio e ricerca che si effettuano in mu- Siderite – Miniera di – Valchiusella – TO eventi correlabili alle attività di stu visitatore, di comprendere quali siano le collaborazioni e le sinergie che il museo ha costru- itoseo. nel Una corso sezione della specifica propria esistenza.consente, al A corredo delle informazioni precedenti è possibile effettuare il download di documenti inerenti la vita stessa del museo che, di volta in volta, vengono resi disponibili in un’appo- sita sezione della pagina web. Per chi lo desiderasse l’area web riservata al nostro museo può essere consultata al seguente link: http://www.mrsntorino.it/cms/sistema-naturalistico-museale/item/456-museo-geologico- sperimentale-%7C-vetrina-minerali.

A cura di Vittorio Pane

57 Gruppo Intaglio Ciao Gino…

Te ne sei andato in punta di piedi, con discrezione quasi, come hai sempre vissuto. Da tempo stanchezza e malattia, ti avevano poco a poco allontanato da noi, ma se torniamo con il pensiero ai tempi belli della storia del Gruppo è inevitabile fare riferimento alla tua

a essere preziosi i tuoi modi gentili, la tua voce sommessa ascoltata da tutti, il tuo modo figura e al tuo carattere mite e accomodante. Ci accorgiamo allora di come continuerebbero profonda. Perdi vedere come leti abbiamocose, e farcele conosciuto, vedere, l’essenza attraverso del il tuo filtro vissuto di una era saggezza una serena mansueta armonia, e tuttavia che si

dalle opere che ci hai lasciato come esempio, o meglio come insegnamento. nutriva del tuo saper gioire delle cose semplici. Serenità e armonia che traspaiono anche

La tua confidenza con il legno e con l’arte di plasmarlo ci ha regalato la bellezza di panorami contadino,intrisi di luce, con di il quietecampo, e l’orto,di quadretti la vigna, di trasognatail frutteto, ilquotidianità bosco. Se di contadina. questo parlavi, Pura ricercale tue pa di- rolearmonia erano era un anche distillato il tuo di rapportosapere e dicon esperienza. la natura, da te identificata, con concreto realismo Siamo consapevoli di conoscere poco dell’altra tua passione, quella per la montagna. Ne sappiamo poco perché nel raccontarne eri schivo e parco. Sappiamo però di poter col-

come quella di tutti i giorni della vostra unione. A lei e alla vostra bella famiglia ci sentiamo vicinimare qualchenel tuo ricordo. lacuna in proposito: Michelina ha condiviso con te l’intensità di quei giorni,

Gli amici del Gruppo Intaglio

Il Gruppo ai tempi del Corso d’Intaglio. Gino Daghero, in basso a sinistra

58 Ciao, Maddalena ...

Se apriamo un numero qualunque del nostro Bollettino ormai pluridecennale, o se scor- riamo le foto scattate durante una delle gite sociali o liberamente organizzate cui abbiamo

Maddalena c’era sempre. La sua voglia di montagna e di aria aperta era nota a tutti, quasi contagiosa.partecipato, Così è ben come difficile trasparenti che non erano troviamo il suo Maddalena. sorriso, il suo parlare appassionato e schiet- meta, magari in silenzio, ma con passo sicuro e regolare. Sempre. Cito, ha la lasciatosua facilità in fretta, di creare sorprendendoci legami con tutti.chiunque, E lasciando la sua intenacia tutti un nell’arrivare gran senso sempredi vuoto… alla Senza aggiungere altre parole (che forse neppure Maddalena vorrebbe sentire), a nome dei tanti amici, amiche e soci della nostra sezione - che pure potrebbero scrivere e raccontare di lei - la vogliamo ricordare con una testimonianza che è stata scritta a poche ore dalla triste notizia della sua scomparsa, anzi della sua partenza “su nel Paradiso, … per le Tue (e sue) Montagne…”. (b.v.)

Per anni non ho saputo spiegarmi come mai il 29 settembre 2010 ho accettato l’invito di un gruppo di cinque “buoni camminatori” del CAI Giaveno per salire sul monte Thabor a quota mt. 3178 (dislivello di 1400 mt circa) io, che quell’estate non avevo neppure fatto “due passi” in montagna. Era ancora buio quando abbiamo lasciato l’auto e ci siamo messi in marcia, da subito ho capito che per me sarebbe stata dura e forse anche impossibile (il cartello indicava 5h30’ di marcia), però ho deciso che avrei provato ad andare fin dove mi portavano le gambe. Il gruppetto si è subito diviso in due e dopo una mezz’oretta avevo già perso di vista i più velo- ci (Domenico, Elio, Maddalena), impossibile per me seguire il loro “buon passo”; sono rimasta con Mirella e Felicina e piano piano siamo salite lungo la strada sterrata fino a 2200 mt al ponte delle Planche, convinta che sarebbe terminata presto la mia camminata. Giunte su un bellissimo pianoro ci siamo ritrovati al completo… i “velocisti” gentilmente ci avevano aspettato, però per non “bloccare” la loro ascesa alla vetta li abbiamo lasciati liberi di proseguire senz’altro fermarsi ad aspettarci.

59 In quell’istante è iniziata la mia sfida con quella montagna che mi “toglieva il fiato” e con un passo poco più veloce di Mirella e Felicina mi sono ritrovata a camminare da sola con i miei pensieri. Non ce la facevo più, il cuore mi bombardava il petto, la testa mi pulsava fortissimo e quasi non riuscivo più a respirare, era arrivato il momento di mollare! Forse ho pensato di avere una visione, ma proprio in quel momento si è materializzata accanto a me Maddalena… si era fermata ad aspettarmi… dal suo zaino di esperta scalatrice ha tirato fuori qualcosa che mi ha dato da sgranocchiare e mi ha detto: “… tranquilla, vedrai che ce la faremo, la vetta è ormai vicina…”. Entrambe sapevamo che era una “bugia” incredibile… svettava magnifico il Grand Seru ma la vetta era tutt’altro che vicina. Io, che non avevo più neppure un alito di fiato sono rimasta senza parole (e per mancare le parole a me, ero davvero in difficoltà) ma ho comunque cercato di spiegarle che non poteva rinunciare a quella meravigliosa salita, solo perché io non ero all’altezza della situazione e avrei dovuto restare a casa. Non ha voluto sentire ragioni… quell’angelo biondo si è incollato al mio fianco e non mi ha più mollata; passo dopo passo, mentre io cercavo di coordinare respiro e battito car- diaco, Maddalena con la sua dolcezza parla- va, parlava, parlava … e tra noi è stata subito complicità. Non sapevamo nulla di noi, ma sono bastati pochi minuti e stavamo già condividendo i momenti più intensi delle nostre vite. Quando ho alzato gli occhi (credo circa tre ore dopo) la vetta era lì, la semplice croce di legno e la Cappella della Nostra Signora dei Sette Dolori svettavano maestose in uno spettacolare cielo blu… ce l’avevo fatta… avevo raggiunto la cima del Monte Thabor, intorno a me c’era un’energia palpabile… Maddalena mi ha sorriso, ci siamo abbracciate mentre le nostre lacrime scendevano a sigillare un momento magico. Poi la frenesia della vita quotidiana mi ha fatto perdere di vista quella straordinaria signora che non avevo però dimenticato, a tutti parlavo di Lei e della fantastica esperienza vissuta con il suo sostegno. Un paio di anni dopo mi sono iscritta al Corso Patchwork dell’U3 di Giaveno e lì, in un ambien- te totalmente diverso, con nostra immensa sorpresa ci siamo ritrovate. E’ stato sufficiente un silenzioso ma intenso abbraccio per capire che non ci eravamo mai realmente perse e da allora abbiamo camminato insieme condividendo una grande passione che ci ha permesso di raggiungere “vette diverse” ma con lo stesso entusiasmo e complicità della salita al Monte Thabor. Poi all’improvviso quella strana sensazione del tempo che sfugge… In poco più di sessanta giorni, gli esami, il ricovero in ospedale, l’inizio della terapia … e quel messaggio che annuncia la sua scomparsa. Oggi ho pianto … Lei ha intrapreso quell’ultima scalata e ha raggiunto la vetta più alta. La sua positività nel saper guardare sempre avanti rimarrà per me un grande insegnamento… Allora provo ad asciugare le lacrime e calmare la rabbia pensando al suo dolcissimo sorriso. Ciao Maddalena… continuerai a vivere per sempre nel mio cuore! Antonella Grossi

60 Sentieri e cammini… L’arte del patchwork e del camminare in una mostra ai Batù di Giaveno

Storie di viandanti che hanno percorso migliaia di km non su sentieri di montagna ma su pezzi di stoffa. Un connubio un po’ inconsueto: patchwork e CAI l’8 e 9 settembre 2018 si sono incontrati sul cammino di Quilt Italia. Per la prima volta, la nostra Sezione si è ritrovata coinvolta in un’iniziativa al di fuori del solito contesto montano che caratterizza le molteplici attività.

Proposta dal Gruppo Toc. tuchet…tuchetin… dell’Unitre Gia- veno-Valsangone, si è svolta nella spettacolare cornice della chiesa dei Batù la mostra dal titolo: “L’arte del Patchwork lungo le Vie Francigena e Romee”, che ha visto esposte le opere del Contest di Quilt Italia, Associazione Nazionale di Patchwork e Quilting. L’associazione nel 2017 ha coinvolto le socie per creare una collezione di opere tessili che ha ripercorso dal punto di vi- sta storico, paesaggistico, culturale e spirituale il cammino degli antichi pellegrini. Sulle loro orme ventisette quilter italiane hanno trasformato un tratto di cammino, una chiesa, un labirinto, un ricordo…

tecniche particolari e soprattutto tanta passione: una forma diin artepreziosi che nullamanufatti ha da interamenteinvidiare a quelle realizzati più note con e stoffe, classiche, fili, un modo insolito per ammirare i tesori d’arte e di cultura che caratterizzano la Via Francigena e le Vie Romee. Il gruppo dell’Unitre Giaveno-Valsangone ha partecipato al concorso di Quilt Italia realizzando due manufatti rappre- sentanti la Sacra di S. Michele (foto nella pagina successiva), spunto anche per la conferenza dal titolo: “La perla del Piemonte sulla via Francigena”, che si è svolta nel pomeriggio di sabato 8 settembre nel suggestivo spazio del coro della settecentesca chiesa dei Batù. Dopo i saluti del sindaco di S. Ambrogio e del delegato alla Cultura del Comune di Giaveno, di ), dopodiché il Prof. Barto- loè intervenutaVanzetti, appassionato la dott.ssa diAlessandra storia dei Maritano (Presidente del Museo Civico Etnografico cammini e camminatore-pellegrino, ha affascinato il numeroso pubblico presente raccontando la sua esperien- za di oltre 3000 km, traendo spunto dalle opere del contest di Quilt Italia, del cammino. Laper conferenza spiegare lesi è curiosità conclusa e con i simboli la pre- - bastonesentazione del ufficiale pellegrino”. da parte dei pani ficatori di Giaveno dei “biscotti e del 61 Italia Patrizia Girlanda e la delegata del Piemonte Luisa Bonamin, è stata visitata comples- sivamenteLa mostra ada cui oltre hanno 2500 presenziato, persone, affascinate oltre a numerose da ciò che autorità, quest’antica anche la“arte presidente delle pezze”, di Quilt at- traverso mani esperte, ha saputo mettere in risalto; ventisette opere, differenti tra loro per

mai attuale: il cammino dell’Uomo. forma, dimensioni e tecnica, ma legate da un unico filo conduttore emozionanteAntonella e quanto Grossi

I temi del pellegrinaggio nelle opere presentate in mostra

Pétaso (copricapo a tese larghe rialzato sul davanti), schiavina (veste lunga, di tessuto ruvido e robusto), sanrocchino (mantellina incerata), bordone con zuc- chetta dell’acqua, bisaccia e conchiglia sono gli elementi che caratterizzavano l’abbigliamento del pellegrino dei secoli passati (dal Medioevo al sec. XVIII); gli stessi con cui venivano ritratti i pellegrini jacobei o romei nelle incisioni dei primi libri a stampa; i medesimi con cui ve- diamo rappresentato san Giacomo Maggiore nelle chie- se a lui dedicate (ad esempio, nella chiesa parrocchiale - mo indossare dal pellegrinodell’Indiritto di della Coazze); gli stessi, infine, che vedia splendida opera riprodotta qui a lato, a sua volta inserito col suo com- pagno di viaggio in un avvolgente ambiente boscoso attraversato da un tratto di antico basolato romano. Il territorio percorso dai pellegrini, con tutto il suo ca- rico di storia, di natura e di paesaggio, è stato un altro tema magistralmente realizzato da alcune quilter (un

l’arte del camminare – escursionista, camminatore o pellegrinoesempio qui che a lato).sia – Chisa quanto pratica sia con vero una il certa fatto assiduità che solo il procedere lentamente a piedi, per tratti di una certa ampiezza, consente di conoscere nel profondo le carat- teristiche di un territorio, con le sue forme e i suoi co- lori, i boschi e le coltivazioni, gli insediamenti sparsi e gli agglomerati più consistenti, gli angoli caratteristici e gli scorci panoramici.

62 -

Traesecutiva questi di elementi una miriade del paesaggio di artigiani spiccano hanno edifici dato neio siti, secoli spes il megliose volte di religiosi, sé. Tra i inluoghi cui larappresentati creatività artistica nei lavori e la presentati maestria alla mostra con la tecnica del patchwork, non poteva mancare la Sacra di San Michele (vedi foto nella pagina precedente), non solo per la sua straordinaria bellezza e per il fascino che suscita, ma perché esempio straordinario di quelle numero- se strutture religiose antiche che costituivano per i pellegrini punti di riferimento sicuri: sia per la correttezza dell’itine- rario da seguire procedendo a piedi verso la meta, sia come luoghi di sosta o di cura lungo un viaggio che durava mesi, se non anni interi. Oltre alle tematiche più concrete, che si riferiscono agli aspetti materiali del pellegrinare (come quelle appunto dell’abbiglia- mento del pellegrino, del paesaggio attraversato, dei luoghi incontrati), alcune quilter hanno affrontato con il patchwork la tematica più ampia del viaggio, che è metafora di quel ‘viag- gio interiore’ che ogni pellegrino compie nel silenzio dei gior- ni di cammino, richiamo – a sua volta – a quel desiderio di senso che ognuno è interpellato a dare al ‘viaggio’ della pro- pria esistenza. E’ il tema sviluppato nel quadro tessile della foto a lato, per il quale l’autrice ha scelto l’orma di un piedone attraversato dalla linea gialla che rappresenta la traccia del cammino (fondamentalmente ricalca il tra- gitto della Via Francigena dal Colle del Gran San Bernardo a Roma): pianta del piede che richiama ai camminatori non solo il fascino dell’esperienza vissuta, ma anche i momenti di fatica che - come nella vita - si accompagnano all’atto del mettere ritmicamente piede dopo piede per migliaia di volte al giorno. Il senso di ricerca interiore, se non addirittura d’inquietudine, legato al viaggio era ben rappresentato un tempo dalla forma-disegno del Labirinto, simbolo – ancora una volta - del epellegrinaggio lungo la Francigena, e della comevita, intesi quello come scolpito percorso su una spesso lastra tortuosodi arenaria alla nella ricerca chiesa della di SanVerità Pie e- dellatro a Pontremoli,Felicità. Di questi o quello labirinti su un silastrone incontrano di pietra realizzazioni davanti straordinarie lungo le vie romee al duomo di San Martino a Lucca. Il labirinto realizzato dall’opera di quilt riportata nella foto qui a lato e presente alla mostra, riproduce il Labi- rinto del presbiterio di San Vitale a Ravenna (sul percor- so che portava i pellegrini dai Paesi germanici a Roma attraverso il Brennero). Un lavoro che coniuga insieme una delle forme più antiche del patchwork, il korak (dif- fuso nei Paesi dell’antica Via della seta, quali l’Afghani- stan) e il tema del viaggio-pellegrinaggio: una pratica comune un tempo verso importanti mete religiose come Roma, Santiago e Gerusalemme, oggi riscoperto con for- me e modalità diverse, ma sempre alla ricerca di senso e significato. Bartolo Vanzetti

63 In montagna con la Scuola

Che c’è di meglio per i bambini che terminare l’anno scolastico con una bella gita in mez- zo alla natura? Ecco cosa hanno pensato i docenti che anche durante l’anno scolastico 2017/18 hanno scelto di aderire al progetto “In montagna con la Scuola” proposto dalla nostra sezione.

PerLa passeggiata i bambini è naturalmenteun’esperienza non non è da fine poco a se potersi stessa, avvicinarema rappresenta ad uno la stagno, parte conclusiva sentir gracida di un- reprogramma le rane, odorare ben definito le erbe che aromatiche, gli insegnanti osservare approfondiscono la struttura durante delle abitazioni il periodo di scolastico. montagna e rendersi conto di quanta strada dovessero fare i nonni per raggiungere la scuola o vedere da vicino il punto in cui sgorga la sorgente del torrente che passa vicino a casa. Molti bambini sono poco abituati a questo tipo di uscite sul territorio e ogni volta è bello as- - gliono conoscere i dettagli, manifestano l’intenzione di accompagnare sul posto i genitori. E’sistere una veraal loro soddisfazione stupore, alla poi loro che incredulità alcune classi e al loroci mandino interesse: in visioneti subissano i lavoretti di domande, che hanno vo svolto a conclusione del progetto. E’ uno stimolo anche per noi a continuare cercando di portare avanti la collaborazione con le scuole nel miglior modo possibile.

Mirella Portigliatti

64 65 Taccuino Serate 2017

Al tema della sicurezza in montagna è dedicata la prima serata in sede del 2018: Ales- sandro Griva presenta il Progetto Rete Radio Montana, che si propone di promuovere la sicurezza di escursionisti e alpinisti attraverso la creazione di una rete di radioamatori interconnessi per ovviare alla mancata copertura di gran parte del territorio montano da parte delle reti di telefonia mobile. Nei primi mesi dell’anno si è concentrata una serie di presenta- zioni di libri, inaugurata il 17 gennaio da Emanuela Genre. La giovane antropologa ha presentato il libro Chi va al mulino: acque, mulini e mugnai delle valli piemontesi, frutto di una ricerca

Alla presentazione erano presenti i conduttori dei mulini sto- riciiniziata giavenesi fin dai ancora tempi dellain funzione, sua tesi i sul“mulin mulino d’la di Bernardina . e du Detu”. Dall’incontro con Emanuela è nata una collaborazione, che si preannuncia fruttuosa, sulle cave di pietra per macine in Val San- gone. Il 26 gennaio il giornalista Guido Andruetto, introdotto da Ales- sandra Maritano, ha presentato il libro Bertone. La montagna come rifugio in cui racconta la vita breve ma intensa di Giorgio Bertone, alpinista e guida alpina di Courmayeur, morto nel 1977 in un incidente aereo sul Mont Blanc du Tacul. Il 2 febbraio è stata la vota di Paola Giacomini con il suo Sentieri da lupi. A cavallo attraver- so le Alpi sulle tracce del lupo, il racconto di un viaggio di 79 giorni in sella alla fedele Isotta Raminga lungo i segreti percorsi che hanno portato il lupo appenninico a incontrarsi con il lupo sloveno sui monti della Lessinia. Al racconto di viaggio si intrecciano storie di pastori, cacciatori, bracconieri e guardaparco che si schierano sui fronti opposti di chi difende e di chi combatte il predatore che si sta riappropriando del suo tradizionale habitat. Fedeli a un appuntamento che sta diventando tradizionale, Michele Rege e Giorgetta Usseglio, il 14 febbraio hanno pre- sentato il secondo volume dei Racconti e ricordi della Val San- gone, frutto di testimonianze e memorie condivise in un gruppo Facebook, che nei loro racconti rivivono con un che di singolar- mente attuale e vivido. Barbara Rizzioli, Gianni Boschis e Franz Ferrini sono gli autori di Sui sentieri della Sacra di San Michele, che ci hanno illustrato nel corso della serata del 7 marzo. Il volumetto propone una serie di itinerari che ci conducono alla scoperta di piccoli tesori di storia e natura nascosti tra le pieghe della corona verde che avvolge il monumento simbolo del Piemonte. Il 4 aprile Roberto Guasco ha presentato L’artigliere dello Chaberton, vol.3°, Dal trattato di pace ai giorni nostri. Si tratta della parte conclusiva di una corposa ricerca condotta dall’autore sulla base di documenti d’archivio e di testi- monianze dirette, che ripercorre la storia del forte più alto d’Europa. Dei due preceden- ti volumi il primo è dedicato alla sua costruzione (1898-1910), il secondo agli anni del

quale l’inesorabile cannoneggiamento da parte delle batterie francesi dell’Infernet ridusse loconflitto Chaberton e in particolareall’impotenza alla nel “battaglia giro di poche dello ore.Chaberton” (21 giugno 1943), nel corso della

66 Durante la serata è stato presentato il documentario La demoli- zione dello Chaberton, con le interviste al personale dell’impresa che eseguì i lavori nel 1957. Il 18 aprile Candido Bergeretti Cavion ha presentato la sua ope- ra Alta Val Sangone B/W cui l’autore ci accompagna, una alla raccolta scoperta di displendide un mondo fotografie di boschi, in dibianconero, cime innevate pubblicate o avvolte in un di volumenuvole, didalla laghi grafica solitari, ricercata, di borgate con abbandonate e deserte, di atmosfere misteriose e senza tempo. Andrea Bes, Gabriele Giacone, Roberta Giai Via, Anna Gu- glielmino, Patrizia Lussiana, Andrea Maritano, Mariangela Pivotto e Elena Claudia Tilic, cioè il gruppo “Noi della mostra”. Dal loro impegno è nata nel 2017 la mostra Giaveno…c’era una volta, allestita nella Chiesa dei Batù, che ha riscosso un lusinghie- ro successo di pubblico. Nel 2018 il materiale è stato raccolto in un libro, che alcuni degli Autori hanno voluto pre- - toline d’antan, cui hanno collaborato un gran numero di persone facenti capo all’omonimo grupposentare Facebook.nella nostra sede il 27 giugno. Si tratta di una corposa raccolta di fotografie e car

Oltre alla presentazione di libri, le serate in sede sono state occasione di altri incontri dallo spiccatoDella presentazione carattere culturale. di altri due libri si parlerà nella sezione dedicata ai viaggi in bicicletta. Il 28 febbraio Anita Zolfini e Beppe Gioana hanno presentato Una piccola Lourdes tra i monti della Val Sangone - ticato parroco di Forno di Coazze. Alla presenza di testimoni e con la proiezione di video inediti, è stata ripercorsa, un la storiadelicato del omaggio carismatico alla sacerdote,figura di don dalla Giuseppe sua guarigione Viotti, l’indimen miracolo- sa, alla fondazione della Casa Gesù Maestro, alla costruzione del santuario mariano a Forno di Coazze. Puntuali al consueto appuntamento con la lingua piemontese, con la poesia e con la musi- ca, gli amici Alessandra Maritano, Michele Bonavero, Beppe Novaira e Fabrizio Livio Pignatelli , il 23 marzo ci hanno rallegrato con le loro Dismore d’antan , un richiamo un po’ mezzi. nostalgico ai tempi in cui ci si divertivaBartolo con Vanzetti poco eil la23 fantasia maggio sopperivaci ha accompagnati alla povertà Da Cadei- maldoli ad Assisi lungo un itinerario di 300 chilometri, da percorrere a piedi, che unisce due “cammini” dedicati ri- spettivamente ai santi Vicinio (la cui devozione è ancora viva nella zona di Cesena) e Francesco d’Assisi. Attraver- sate le Foreste Casentinesi, lungo i sentieri appenninici s’incontrano luoghi di pace (come l’Eremo di Camaldoli e gli eremi francescani immersi nel dolce paesaggio to- scano e umbro) e testimonianze della stagione artistica

Piero della Francesca, Luca e Andrea della Robbia… Il vi- deoraccontoe culturale, di è cuiimpreziosito furono protagonisti da una scelta figure di brani come musica Giotto,- li in parte tratti dalla tradizione francescana. L’altra medicina: érbe, ampiàst e meisinùr è stato l’argo- mento dell’incontro del 13 giugno, presentato con l’ul- timo numero di “I chi amun” da Alfio Usseglio, Guido Ostorero, Elio Ruffino e Bruno Tessa. La medicina popolare è l’insieme delle pratiche e

67 problemi di salute. Il ricorso a rimedi naturali e a rituali, in cui si mescolavano elementi ma- gicidelle e conoscenzereligiosi, costituiva empiriche il nucleo a cui disi affidavanoun sapere tramandatoi nostri avi diper generazione affrontare piccoliin generazione, e grandi

Il tema del viaggio si arricchisce di spunti storici e culturali nel- in parte diffuso, in parte affidatola videoproiezione a persone che che ne eranoci è stata i custodi presentata riconosciuti il 23 novembre e stimati. da Piera Martinetto e Giovanni Orso Giacone. L’Uzbekistan odierno è la sintesi di una storia plurimillenaria in -

lungocui si sonola Via stratificate della seta civiltà, incarnano religioni, una sintesilingue edi culture. fasti passati Scopri e re che la leggendaria Samarcanda e le altre antiche città sparse mondo inconsueta per noi occidentali. Brossodi aspirazioni e Traversella. alla modernità Storie di ègallerie, come aprirsiuomini a e unaminerali visione è l’ar del- gomento propostoci il 30 novembre da Vittorio Pane, direttore del nostro Museo Geologico Sperimentale. Le due miniere delle Val Chiusella rivestono un’importanza particolare nella storia mineraria della nostra Regione. La loro visita virtuale sotto la guida di Vittorio ha rappresentato l’occasione per approfondire gli aspetti storici, mineralogici e di archeologia industriale rela-

Il 21 marzo Alberto Taverna ha presentato Nascita e sviluppo del Trail-running visto dal fondotivi all’attività. L’autore, estrattiva, psicologo le di cui professione, radici si perdono pratica nella a livello notte agonistico dei tempi. la disciplina sportiva che lo ha portato a partecipare a numerose competizioni nel mondo delle Sky-race World Series. Nel corso dell’incontro, a cui erano presenti alcuni dei compagni della squadra di atletica giavenese “Des Amis”, Alberto ha raccontato di esperienze vissute con lo sguardo attento più alle notazioni di colore e di ambiente, che al risultato del suo impegno agoni- stico. Per la rassegna Cinema in verticale organizzata in collaborazione con il “Gruppo 33” di , il 29 marzo Francesco Torre, ingegnere e alpinista valsusino, ha presentato Il silenzio dell’Himlung Himal, il racconto della salita alla vetta di 7126 metri posta tra Nepal e Tibet a nord-est della montagna sacra dell’Annapurna. Il 5 aprile è stata la volta di una selezione di cortometraggi messi gentilmente a disposizione dal Valsusa Filmfest. Gli argomenti riguardavano prevalentemente aspetti della vita quotidiana della gente di montagna, spesso divisa tra l’attaccamento al luogo d’origine e le seduzioni di una vita

diversa, più ricca di opportunità e prospettive. Serate Museomontagna, organizzata dalla nostra sezione CAILa prima in collaborazione edizione della con rassegna il Museo di della film Montagna storici denominata “Duca de-

è stata dedicata all’opera di Luis Trenker. Figura poliedrica digli attore,Abruzzi” sceneggiatore di Torino, con e regista il patrocinio di origini della gardenesi, Città di Giaveno, con un passato di alpinista di buon livello, Trenker è considerato il maggior esponente del cinema di montagna dagli anni ’30 agli anni ’50 del secolo scorso. Nel corso della rassegna sono state proiettate tre opere appartenenti a quella che è considerata l’epoca d’oro della sua carriera.

68 Il 22 giugno la rassegna si apre con Montagne in Fiamme (1931), la prima opera che vide ispirazione da un episodio della Grande Guerra realmente accaduto nel 1916 sulle Dolomiti diTrenker Cortina nella e tenta veste di di coniugare attore e regista i valori contemporaneamente. dell’appartenenza alla La terra sceneggiatura natia con deluna film sincera trae condanna della guerra. Il 6 luglio è la volta de Il figliol prodigo, realizzato nel 1934 e premiato alla Biennale di Ve- nezia del 1935. La trama si snoda attorno alle disavventure di un giovane , che vive l’esperienza dell’emigrazione forzata in una New York in preda alla sofferenza sociale degli anni della Grande Depressione. - smo bollato dai critici e accolto con indiscusso favore dal pubblico del tempo. La rassegna Ilsi lietochiude fine, il 20 con luglio il ritorno (con replicadel protagonista il 22) con aiLa suoi grande monti, conquista è impregnato, opera deldi un 1937: sentimentali insieme a Il figliol prodigo è considerato il capolavoro del regista e attore gardenese e la più compiuta espressione del Bergfilm la vicenda, in parte romanzata, della conquista del Cervino, avvenuta il 14 luglio1965 da parte di una cordata anglo-svizzera, il cinema di guidata montagna da Edwarddi lingua Whymper. tedesca. La Il tramatema conduttore del film ricalca è la cordata rivale, mentre stava per portare a termine la salita dal versante italiano. Trenker interpretasfida tra l’inglese il ruolo e di la Carrel, guida valdostanail montanaro Antoine caparbio, Carrel, dal precedutocarattere spigoloso, di poco in geloso vetta delladalla sua montagna e del suo campanile, alla ricerca di un riscatto da una condizione di sofferta subalternità. sezionali. Sull’ondaUna parte del significativa successo ottenutodelle serate nel è 2017, stata la dedicata presidente alle attivitàRossa- na Pavanello, nella veste di responsabile del Gruppo Alpinismo Giovanile, ha riproposto il ciclo di incontri Una pizza, un libro e la montagna, potendo contare ancora sulla collaborazione di Ma- nuela Masserano, titolare della libreria l’”Isola del Libro”, che nel corso del 2018 purtroppo ha chiuso i battenti. Gli incontri si sono tenuti il venerdì sera nei giorni 23 febbraio, 30 marzo, 13 aprile e 18 maggio. Lo schema collaudato, che proponeva l’abbinamento di letture tratte da libri di varia natura adatti a studenti del primo ciclo scolastico con un momento conviviale che coinvolge ragazzi - timo viatico per le escursioni della domenica (si veda la relazione dele genitori, Gruppo ha di confermato AG alla pag. la 34 sua ss.). validità e ha rappresentato un ot L’11 aprile, Franco Ruffinatti ha presentato In montagna con il CAI Giaveno La scelta delle escursioni comprende il soggiorno a , il tratto di Via Francigena che si svolge in mezzo, sintesi alle filmata risaie tra di Saluggiaalcune gite e Lamporo, sociali del con 2017. la visita alla Cascina Colombara e al Museo delle Mondine, le salite alla Tête di Viraysse e all’Alta Luce e l’uscita autunnale tra le vigne da Castelnuovo Don Bosco a Vezzolano. Il 9 maggio Luigi Bernardi ha presentato Il Tour delle 4 Sorgenti, videoracconto del trek- king sociale effettuato tra il 31 luglio e il 4 agosto. L’itinerario ad anello si svolge nel mas- siccio del San Gottardo, tra i Cantoni di Uri, Vallese, Grigioni e Ticino e tocca le sorgenti di il Ticino. Il sentiero conduce alla scoperta di paesaggi unici, collegando rifugi di alta mon- tagnaquattro con dei lindi maggiori paesi difiumi fondovalle. che scorrono in territorio elvetico: il Rodano, il Reno, la Reuss e

69 Suggestioni mediterranee venerdì 16 novembre con Elisa Caudera e Erminio Camerano e il loro Cammino Elbano, resoconto fotogra-

i rilievi metalliferi della costa orientale con i graniti del Monte Ca- panne.fico di un Si trekking cammina sui nella sentieri fragranza dell’ Isola della d’Elba. macchia L’itinerario mediterranea unisce e all’ombra dei castagneti, si toccano paesini e spiagge remote, si per- corrono crinali da cui lo sguardo spazia sul mare e sulle altre isole

veterani di questo tipo di esperienza, avendo portato a termine an- chedell’arcipelago, il “Corfù Trail” fino e ala spingersi “Mare e Monti”sulla Corsica. in Corsica. Elisa ed Erminio sono Il 7 febbraio serata dedicata allo sci alpinismo: Gianni Ballor pre- senta Scivagando in Scandinavia attraverso l’inverno sulle montagne e tra le foreste del Circolo Pola- , reportage fotografico di un viaggio

Tromso, paradiso degli resciatori. Artico. Protagonista sono gli spazi infiniti della Finlandia e le Alpi di Linden, il tratto della dorsale alpina norvegese che si affaccia sul blu intenso del fiordo di- gamati: la bicicletta, il viaggio e l’avventura. IlDecisamente filo conduttore impegnativo di alcune l’argomento serate era costituito affrontato dai il seguenti24 gennaio ingredienti da Domenico variamente Di Lorenzo amal presentando il suo Esercizi Spirituali in Bicicletta-14000 Km-Avventure-Ricerca-Incanto. Nel libro, ricco di immagini suggestive, corredate di mappe e itinerari, l’Autore de- scrive vent’anni di viaggi in bicicletta sulle strade d’Italia e d’Europa (Scandinavia, Irlanda, Scozia, Islanda, Terre Baltiche…), “viaggi verso se stesso” seguendo l’esi- - nante che spinge verso modelli di sostanziale omologazione delle scelte individuali. Ilgenza viaggio di esploraree la ricerca un di altroveesperienze alternativo arricchenti alle sul “road piano maps” delle dettaterelazioni da e unadella società conoscenza alie reciproca tra le persone che a diverse latitudini e in diversi contesti culturali abitano que- sto nostro pianeta sono ancora il tema di Errare è umano: il giro del mondo in bicicletta, il libro che Marco Invernizzi ha presentato in sede il 4 maggio. Il 7 settembre con Il Tour del Monte Rosa Franco Tonda Roc ha rac- contato a distanza di un anno la fantastica avventura in MTB vissuta con l’amico Riccardo… Attraverso la voce dei protagonisti, intervistati da Rossana, e a una

parso di essere un po’ partecipi delle soddisfazioni e delle sofferenze riservateserie di fotografie da un’impresa e riprese durata spettacolari, quattro intensi agli spettatori giorni, con presenti 120 km è percorsi e 8000 metri di dislivello superati. Cycling in the rain Rossana Pavanello ha presentato il 26 ottobre. Si tratta del racconto del viaggio in Irlanda compiuto in bicicletta è il dallatitolo nostradel filmato Presidente che nell’agosto 2017 con

Samuele. Tour di oltre 450 km in 11 tappe, svoltosi secondo il classi- coil marito collaudato Franco, clichè il figlio di ogni Samuele viaggio e in gli terra amici irlandese Maurizio, che Elisabetta si rispetti: e pochi inopportuni giorni dry, tutto il resto è all’insegna della classica atlantica rain. Il tem- po piovoso, si sa, è un ingrediente essenziale dell’atmosfera isolana e non ha potuto certo intaccare le suggestioni offerte dalle coste di N-W: la splendida Galway, le Cliff of Moher, le Isole Aran, il Connemara. Anche nel 2018 la programmazione si è chiusa con il tradizionale atteso appuntamento con Giovanni Ughetto Piampaschet con Un anno di gite, antologia delle più belle escursioni del suo simpatico gruppo, esposte in modo scanzonato e informale.

A cura di Livio Lussiana 70

Nevicate di oggi e di ieri

Rispetto a quella precedente, la stagione invernale 2017-’18 è stata caratterizzata da un numero considerevolmente più abbondante di eventi nevosi: ben 19 contro i soli 8 della

- stagione precedente! A questo dato va aggiunto quello delle basse temperature, con punte tardadi -8°/-10° primavera. a fine Come febbraio. sempre, Neve, i dati dunque, in dettaglio, più abbondante nella tabella nell’abitato sottostante. di Giaveno, ma so Ilprattutto pensiero in corre quota, ancora dove siuna sono volta registrati alle copiose accumuli nevicate notevoli, raccontate che hanno dai nostri resistito anziani, fino allama anche vissute dai più attempati di noi negli anni ’60 e primi anni ’70 del secolo scorso. Abbiamo raccolto un’avventura vissuta da due giovani del CAI di allora, nell’intento di com- piere una salita invernale su una delle punte della Valle del Sangonetto.

Stagione invernale 2017-2018

DATA TEMP. IN °C DESCRIZIONE EVENTI ALTEZZA IN CM

2017 Nevica dalle ore 11 a tratti sino a sera, poi nevicata intensa fino Venerdì 1 -1/0° 1,5 / 15 dicembre a mezzanotte.

Sabato 2 Nevica dalla mezzanotte fino alle 17, la più copiosa della -1/0° 35 dicembre stagione.

Lunedì 11 -2° mattino Neve fine dalle 8 alle 18, poi più abbondante fino alle 22. 4 dicembre -1/0° pome.

Mercoledì 27 Nevicata non consistente dalle prime luci del giorno fino al 0°/+1° 1 dicembre primo pomeriggio.

Sabato 30 Nevischio nella notte. Imbiancati solo tetti e prati fino 0°/+1° 0,5 dicembre alle 9, poi la neve si muta in pioggia.

2018 Nevischio dalle 11 alle 14 con vento e tormenta, ma non Mercoledì 17 +3°/+4° - gennaio si ferma al suolo (fiocchi svolazzanti).

Lunedì Nevica dal mattino alla sera. Strade pulite. Si ferma solo su tetti 0°/+1° 10 5 febbraio e prati.

Martedì Neve fine e bagnata dalle 9 alle 15, poi neve mista a pioggia 0°/+1° 14 6 febbraio fino a notte.

Mercoledì 0° Nevica dalle 2 alle 6 del mattino. Si ferma solo su tetti e prati. 1 21 febbraio

Giovedì Nevica dalle 2 della notte fino alle 13 a larghe falde, poi neve -1/0° 1 22 febbraio bagnata che si scioglie presto.

71 Venerdì Nevicata fitta dalla notte alle 13, poi si muta in pioggia fino alle 0° 5 23 febbraio 21.

Domenica 25 Nevicata non molto fitta ma costante sino alle 20, temperatura -5° 5 febbraio molto bassa e vento siberiano (buriàn)

Lunedì 26 -6° Nevica dal mattino fino alle 12 (tutto è gelato, fa molto freddo). 0,5 / 1 febbraio Altra nevicata in tarda serata.

Martedì 27 Neve farinosa e abbondante dalla notte fino alle prime ore del -8° 17 febbraio mattino. Ancora aria siberiana.

Mercoledì 28 -10° Al mattino cielo velato con temperatura di -10°, poi nevi- 4 febbraio -4° schio dalle 16 alle 21, quindi neve intensa fino alle 24.

Giovedì 1 Nevica da mezzanotte alle 3 del mattino, poi nevischio dalle -4° 4 marzo 8,30 alle 12.

Venerdì 2 marzo -2°/-1° Nevicata intensa dalle 8 alle 13. 4

Sabato 3 -1/0° Nevica dalle 9 alle 13, a tratti molto intensamente. 4 marzo

Martedì 20 0° Nevica dalle 9,30 a mezzanotte. Si ferma solo su tetti e prati. 0,5 marzo

(dati raccolti a cura di Dante Plano)

Sogno di una salita “nord invernale”in Val Sangone

Una copiosa nevicata ferma la nostra salita alla parete nord in invernale del Monte Pian Real (mt 2.617) nella Valle del Sangonetto: un salto di oltre 400 metri di dislivello dallo zoccolo alla cima. Siamo ai primi di marzo del 1969, quindi rientriamo nel periodo inver- nale. Aggiungere “un’invernale” al nostro seppur casereccio curriculum alpinistico sarebbe

Le condizioni della parete si presentano buone: non c’è troppa neve e le giornate in setti- manamotivo sono di orgoglio. belle. Allora Così ledecidiamo previsioni di meteo tentare non la salita erano a precise fine settimana. come adesso, i cellulari non c’erano… Nella tarda mattinata di un sabato l’amico Bruno Gallardi ed io partiamo con la mia 500 verso l’Indiritto (allora si saliva dalla borgata Prietto per raggiungere il Palé, a quo- ta 1350), previa assicurazione ai nostri genitori riguardo al pernottamento in una baita con tanto di sacco a pelo, la buona attrezzatura e il rientro entro il pomeriggio della domenica. Al Palé, nei pressi dei caratteristici larici, troviamo la baita adatta, ma il tempo si guasta in fretta. Di tornare a casa in giornata non ci passa neppure lontanamente per la testa: ormai siamo entrati nell’ordine di idee che questo deve essere uno dei nostri primi bivacchi nella nostra valle. Nella baita ci sono due tavoloni che fanno proprio al nostro caso.

72 - ma sui rami dei larici come la galaverna e Fuoriil freddo nevica aumenta sempre sempre più fitto, più. la Siamo neve dotatisi fer di due termometri, uno per l’esterno, l’al- tro per l’interno. Accendiamo un focherel- lo per attutire un po’ il gelo, mangiamo un po’ di cioccolato diventato nel frattempo duro come la pietra. Prepariamo i sacchi a pelo, spegniamo il fuoco per paura delle esalazioni, poi usciamo a controllare la pre- cipitazione: è diventata una bufera di neve. Siamo ormai al mezzo metro di altezza e la temperatura è -10°. Dentro, con la porta

Durante la notte i pensieri si accavallano, vanno dalla consapevolezza che l’itinerario non è chiusa, siamo a …0°! manto nevoso tiene (più che ai giorni nostri) e le slavine sono quasi assenti anche con neve abbondante.dei più facili, Cominciamoal dubbio di nona pensare essere che sufficientemente il nostro sogno preparati…anche stia sfumando… se sappiamo che il impressionante. Chiudiamo la baita e ci organizziamo per la discesa a valle. Dobbiamo per forzaAlle prime desistere… luci del giorno (si fa per dire, perché il cielo è plumbeo!) nevica ancora in modo Anche la traccia per scendere è quasi impossibile da vedere. Prima uno poi l’altro, ci alter- niamo a battere la neve e con gran fatica riusciamo a scendere al Prietto. La povera 500 è quasi sparita sotto un copioso manto di neve, che intanto continua ad aumentare sempre più, anche nei brevi momenti in cui riusciamo a dissotterrarla. Fortunatamente l’auto va subito in moto e riusciamo a prendere il via. La discesa verso Sangonetto è tutta un’avventura: di spartineve passati a liberare la strada neanche l’ombra; con qualche spintarella l’amico Bruno d’uomo, metro dopo metro, raggiungiamo la bor- gata,ogni tantodove lail mantorimette di in neve carreggiata, è decisamente finché, minore.a passo

Porto a casa Bruno, dove suo padre Nino ci riser- Siamo salvi! - strava un avventura. ‘cazziatone’ Arrivo coi fiocchi.a casa e Era … trovo appena il resto: passato al- trada lui‘bevuta’ mio papà solenne. Felice, Abbiamo per avere evitato notizie le botte sulla solo no siamo preso tutto: epiteti, imprecazioni, ‘una roba daperché matti’, già ‘irresponsabili’, abbastanza adulti, ‘senza ma testa’ il ‘contorno’ e via dicen ce lo- do. In casa non ci siamo più parlati per tre giorni… era mancato poco che mobilitassero il ‘Soccorso Alpino’. escursioni e ascensioni anche più dure. Quella volta no, non potevamo proprio prosegui- re…Tutto La bene nostra quel “nord che invernale”finisce bene, al Pianma … Reale da non la dobbiamo ripetere. Inancora seguito salire abbiamo oggi, a fatto quasi tante cin- quant’anni di distanza! Dante Plano

73 Dove ci sono pietre c’erano persone

Gli appassionati del CAI e gli alpinisti in genere guardano alla montagna in una prospettiva

dadi ascesa:montanari vette in aguzze cerca di e condizionipanorami sconfinati di lavoro esono di vita le loromeno mete impegnative. predilette. Lo spopolamento Ma da oltre un secolo la montagna è stata soprattutto percorsa in discesa, e in via definitiva,- lentamenti, solo dai primi del Novecento1, invertendo la tendenza medievale a popolare la montagna,montano è astato quei un tempi fenomeno più difendibile demografico e salubre di segno della costante, pianura. pur tra accelerazioni e ral

La civiltà romana, agricola, commerciale e in grado di garantire condizioni di sostanziale

sicurezza, aveva privilegiato le pianure. Con le invasioni barbariche e il venir meno della manutenzione agricola, queste si erano spesso trasformate in acquitrini malarici aperti alle scorrerie. Le alture, colline o montagne che fossero, offrivano migliori garanzie. A Giaveno, reperti romani sono stati rinvenuti presso il ponte sul Tortorello e nella zona di Villa, presso vie di comunicazione e fertili pianure. Ma il borgo medievale si è sviluppato in - cra di San Michele, suoi feudatari dal 1103. Gli stessi che, a fronte della cosiddetta “rinascita dell’Annoalto, al termine Mille”, della che portòdorsale al dellamiglioramento Buffa, e si èdelle fortificato tecniche sotto agricole l’impulso e a un degli forte abati incremento della Sa

CAIdemografico, Giaveno 1998/99,favorirono “di la talicolonizzazione intese permane delle il pendici ricordo della in alcuni nostra toponimi valle, concedendo riscontrabili a nellavolte vallefranchigie del Romarolo alle nuove … comunità.borgata Mollar Come dei hanno Franchi scritto e borgata Sciolotti Franza”. e Giai Via nel Bollettino Nel Medioevo la ricchezza era data dalla terra, non in sé ma per i prodotti che forniva, ed era interesse dei possessori avere contadini che la lavorassero. Trasformare l’incolto mon- tano in pascoli irrigui e terrazzamenti coltivabili voleva dire non solo avere nuove risorse per sfamare una popolazione in crescita, ma anche incamerare nuove decime e maggiori introiti.

1 Per una più ampia visione dell’andamento demografico nelle regioni alpine del Nord Italia nella seconda metà del secolo scorso, si veda la cartina riportata nella pag. seguente. E’ interessante notare come sia stato il Piemonte, oltre al Friuli, la regione maggiormente interessata allo spopolamento montano. 74 75 Nel corso del tardo medioevo la popolazione alpina continuò a crescere. Il censimento vo- luto da Emanuele Filiberto nel 1560 rilevava 1.639 abitanti a Coazze, 3.884 a Giaveno.

IlTorino, periodo che ditre pace, anni dopo che seguìdiventerà il Trattato capitale di del Aquisgrana Ducato di Savoia, del 1748, ne contava favorì un’acceleraziosolo 20.000! Si- stabilizzerà solo tra Sei e Settecento, anche per i contraccolpi della terribile peste del 1629.

ne demografica che nel corso del 1800 determinò un sovrappopolamento; esso non si- neridusse va annoverato in modo significativo tra le cause condell’inversione il fenomeno di dell’emigrazione tendenza che - comestagionale detto (e - aper partire qualche dal 1900emigrante, avvia definitiva)lo spopolamento dei primi della decenni montagna. del ‘900, per cui il suddetto aumento di popolazio Lo si può vedere a livello comunale, confrontando Giaveno e Coazze.

Coazze Nel 1911 Coazze ha circa 4.000 abitanti e Giaveno quasi 12.000; attualmente Coazze è scesa a poco più di 3.000 e Giaveno è salita a 16.500. Ma è scorporando i dati a livello altimetrico che il fenomeno dell’abbandono delle quote alte balza evidente. A Coazze le vallate di Forno e dell’Indiritto, che all’inizio del Novecento contavano insieme circa 1.500 abitanti, ne ospitano oggi poche decine.

FRAZIONI COAZZE ALTITUDINE 1800 1900 1936 1951 1971 1981

Forno 950 m.slm. 800 400 300 215 60

Indiritto 950 m.slm. 600 700 535 413 55 15

Dati ricavati da G. Ostorero, Coazze … ognuno a suo modo, Edinfolio, 1980

Per le altre borgate montane di Coazze, non essendo sedi parrocchiali, è difficile avere dati- pletamente,storici, ma un bisogna raffronto scendere basato all’isoipsa sui censimenti di 800 del metri 1951 slm e perdel trovare1971, che uno fissano spopolamento uno dei menomomenti drastico, di maggior ma comunque esodo, dà consistente. esiti inappellabili. Una parte Le degliborgate abitanti più alte delle si borgate spopolano si sposta com nel capoluogo, che incrementa del 60 % la popolazione. Sono questi gli anni in cui la spinta

sparse nel panoramico falsopiano che, ai piedi della collina del Castello, s’affaccia sul San- gone.demografica All’inizio e lo degli sviluppo Anni edilizioSessanta, cementano Villa, Garola, in un Vacchieri unico agglomerato e Villaretto urbanocessano le di borgate essere borgate distinte e il capoluogo assume una veste urbanistica omogenea e moderna. Viale

seconde case per i villeggianti estivi, e commerciale, vi si trasferiscono la posta e la banca. NuoveItalia ’61, scuole da poco elementari aperto ale medietraffico, e diventail nuovo un Municipio nuovo polo accentuano di sviluppo il ruoloedilizio, del con capoluo molte- go come fulcro della vita comunale. Sono anche gli anni della progressiva chiusura delle industrie tessili e qualche scricchiolìo si avverte anche nella Cartiera Sertorio, che infatti - zione con 2526 residenti. Infatti il capoluogo assorbe solo in parte l’esodo dalle borgate, nonchiuderà poche all’inizio persone degli scendono Anni Ottanta,a Giaveno, quando che nello Coazze stesso toccherà periodo il livellovede un minimo forte aumento di popola di popolazione.

76 BORGATE COAZZE ALTITUDINE 1951 1971 DIFF. %

Re 1060 m.slm. 44 0 - 100 Giaconera 990 m.slm. 32 0 - 100 Brando 990 m.slm. 31 0 - 100 Botta 940 m.slm. 26 0 - 100 Valsinera 940 m.slm. 63 0 - 100 Carrà 900 m.slm. 22 0 - 100 Giovalera 900 m.slm. 60 30 - 50,2 Rosa 900 m.slm. 19 7 - 63,2 Carbonero 890 m.slm. 22 0 - 100 Ostorera 890 m.slm. 18 3 - 83,3 Marini 870 m.slm. 42 17 - 59,5 Tiglietto 830 m.slm. 23 16 - 30,4 Freinetto 810 m.slm. 104 88 - 15,4 Ruffinera 800 m.slm. 83 56 - 32,5 Ruadavalle 790 m.slm. 31 23 - 25,8 Ruadamonte 770 m.slm. 123 99 - 19,5 Gianmartini 750 m.slm. 22 6 - 72,7 Sangonetto 710 m.slm. 85 59 - 30,6 Selvaggio Sopra 690 m.slm. 79 55 - 30,4 Combacalda 617 m.slm. 73 82 + 8,9 Forno 950 m.slm. 300 215 - 28,3 Indiritto 950 m.slm. 413 55 -86,7 Capoluogo 750 m.slm. 818 1329 + 61,5 Comune di Coazze 3480 2819 - 19,0 Comune di Giaveno 8835 10641 + 20,4

Dati ricavati da G. Ostorero, Coazze … ognuno a suo modo, Edinfolio, 1980

77 Giaveno La ricerca di Paola Vai sulle valli del Romarolo e del Tauneri di Giaveno, da cui ho desunto i dati della tabella sottostante, confermano per le borgate alte la stessa tendenza di quelle di

di quelle intermedie. Coazze, spopolamento totale di quelle a quota più elevata, drastica riduzione demografica BORGATE GIAVENO ALTITUDINE 1901 1936 1951 1986 2006 Fusero 906 m.slm. 89 51 35 0 11 Prese Viretto 900 m.slm. 146 57 35 0 7 Chiarmetta 900 m.slm. 191 92 75 12 16 Merlera 850 m.slm. 57 21 11 1 0 Provonda 800 m.slm. 56 36 32 12 18 Mollar Cordola 800 m.slm. 73 36 28 1 5 Arietti 770 m.slm. 62 22 26 15 Maddalena 770 m.slm. 32 16 17 15 7 Franza 750 m.slm. 125 40 27 11 18 Baronera 684 m.slm. 60 28 23 21 37

Dati ricavati da P. Vai, Le borgate montane di Giaveno. Un viaggio nella storia, Alzani Editore, 2013

montana, sia quella in cerca di un sito residenziale migliore rispetto a Torino e ai suoi sob- Come già accennato, vi è però una forte capacità del capoluogo di attrarre sia la migrazione-

borghi.presente Il nelComune giorno di deiGiaveno vari censimenti.vede una costante Mentre crescita prima erademografica sempre inferiore e oggi ha a unaquella popola resi- dente,zione doppia segno rispettodi pendolarismo al 1951. Unlavorativo dato significativo ed emigrazione, del periodo dal 1951 è quello essa della è costantemente popolazione 2.

Causesuperiore, e prospettive a conferma della vivacità economica della cittadina, che attrae lavoratori Sui fogli di censimento di oltre un secolo fa si leggono cifre che alla luce attuale sembrano incredibili. Nel 1901 i commessi per il censimento Giai Brueri Secondo e Prever Giovanni attestano che nel territorio della Maddalena vivono 2.768 abitanti, la borgata più popolosa è Roccette con 244 presenze, quasi 200 persone vivono alla Chiarmetta e all’Ughettera. La Comba di Fronteglio, oggi spopolata, contava circa 400 residenti. Don Garino nella sua relazione per la visita pastorale del 1894 annota che nella valle dell’In- diritto di Coazze - che oggi meriterebbe veramente il nome di “deserto di Coazze”, attribu-

parrocchiani; Prietto (67 abitanti), Rocco ( 66), Sartorera (49) e Tonda (129) le borgate più popolose.itogli a fine Ma Settecento Piano Stefano, dal suo Picco, primo Canalera, parroco, Aletti, il trappista Rosseria Carlo e Merlo De Meulder superavano - vivevano comunque 608 i 30 abitanti. Anche sfogliare vecchi registri scolastici riserva sorprese. Borgate come Mad- dalena e Provonda, oggi semispopolate, avevano la loro scuola. Nel 1915 vi erano a Giaveno una trentina di plessi scolastici, molti in montagna, voluti dagli abitanti sobbarcandosi cor- vée e mantenimento delle maestre. Chiudono nel dopoguerra uno ad uno, l’ultimo a cedere

inimmaginabile. Dieci anni prima era stata chiusa anche la scuola di Forno, ultima delle borgateè stato il coazzesi: plesso di due Maddalena aule e alloggi nel 1985: per le un maestre. edificio imponente per una frotta di alunni ora

2 78 Si veda la tabella “Serie storica della popolazione dei Comuni di Coazze e Giaveno”, riportata a pag. 82 A Coazze vi erano scuole di borgata a Rosa, Valsinera, Chianalotto, Indiritto, Cervelli e For- no, frequentate da circa 200 alunni. La tabella sottostante mostra sia il calo degli alunni complessivi, sia il crollo degli alunni di borgata, con progressiva chiusura dei plessi, com- pletatasi negli Anni Settanta.

ANNO TOT. CAPOLUOGO BORGATE VALSINERA ROSA CHIANALOTTO INDIRITTO CERVELLI FORNO 1935 401 188 213 16 32 13 63 26 63 1951 257 160 97 12 9 + 1941 23 12 41 + 23 1961 178 113 65 4 5 25 12 19 + 12 1966 161 129 32 5 + 1964 6 9 12 + 7 1971 159 150 9 + 1968 + 1968 3 6 + 12 1976 143 143 0 + 1974 + 1976

I dati sono stati ricavati da una mia ricerca svolta nel 1977, in preparazione del libro Coazze… ognu- no a suo modo, consultando i registri della Direzione Didattica di Giaveno. La croce con la data indica l’anno di chiusura della relativa scuola. La scuola di Forno era frequentata anche dagli alunni del “Villaggio del fanciullo” di Don Giuseppe Viotti.

I dati sono “gonfiati” dalle ripetenze, che in passato incidevano notevolmente. Nel 1951 nella prima elementare di Coazze capoluogo vi fu il record del 41% di bocciati!

Scolaresca della borgata Indiritto a.s. 1921-22 (foto fornita da Renato Rege)

Il confronto tra le due scolare-

39 alunni per un’unica mae- sche dell’Indiritto è significativo: nell’a.s. 1921-’22; 17stra alunni (al centro nell’a.s. in seconda 1957-’58. fila)

chiusa nel 1968. (FotoLa scuola in basso, dell’Indiritto per gentile sarà concessione della Pro Loco Coazze)

79 pastoraliL’entità delle non facilmentecifre censuali incrementabili? e scolastiche ci fa porre delle domande. Dove e come poteva Cercandovivere tanta un gente rapporto in agglomerati simbiotico piccoli, e non parassitarioin un ambiente con avaro l’ambiente e difficile, circostante. con risorse Insedia agro- menti chiusi, a protezione da belve e malintenzionati, su terreni poco appetibili per l’agri- coltura, privilegiando la fascia altimetrica tra gli 800 e i 1000 metri, dove campi, boschi e

- pascolimenti temporanei montani si estiviincontravano nelle “prese” favorendo e negli il alpeggi.sistema misto agro-silvo-pastorale, efficiente nelloForte sfruttareattenzione le allarisorse manutenzione e la verticalità idraulica dello spaziodei pendii, montano, bealere sfruttato e fossi per anche l’irrigazione con insedia e il

e portare le coltivazioni di cereali e patate oltre i 1.000 metri. Tagliodeflusso regolare delle acque dei boschi, in eccesso, carbonaie, capolavori raccolta di muri scrupolosa a secco delle per terrazzarefoglie, “escursioni” i versanti con solatii ba- sciòla e msùri -

di qualche vià (sacco. dell’erba e falcetto) su per i “bricchi”, alla ricerca di ciuffi d’erba sparu Famiglieti tra le rocce. patriarcali D’inverno ammassate filatura ein tessitura poche stanze, nelle stalle, con gestione preparazione reciproca, di attrezzi dai neonati e lo svago agli

anziani non autosufficienti. COMPONENTI DEL LOCALITÀ DATA FAMIGLIE ABITANTI NUCLEO FAMILIARE MEDIO Maddalena 1901 499 2768 5,55 Giaveno 2016 8083 16483 2,04 Coazze 2016 1631 3202 1,97

- chero considerati generi di lusso: il primo indispensabile per i formaggi, il secondo riser- Ricercavato alle dell’autarchia grandi occasioni. alimentare, Qualche gli etto acquisti di caffè ridotti o di zuccheroa generi di era prima il regalo necessità, per le salepuerpere, e zuc quasi un invito a rimettersi in forze. Mio nonno raccontava che quando si smielava l’alveare della Giovalera si divideva tra i consorziati, oltre al miele, anche l’éva dusa, l’acqua dolci- tas-ci usata per spremere i favi. Sempre mio nonno, panettiere a Sangonetto dal 1920, diceva che in autunno con l’arrivo delle castagne la vendita di pane scendevaficata dalla del pulizia 30%. della Ma contenere i consumi e sfruttare al massimo le risorse non bastava, e l’equilibrio de-

Aimografico primi del si Novecento reggeva soprattutto questo precario sulla emigrazione equilibrio però stagionale, si rompe. che riduceva le bocche da Ilsfamare, forte impiego portava di qualche manodopera soldo, frenava femminile matrimoni riduce lee natalità.nascite, ma intacca il sistema misto

quando tutti i componenti attivi della famiglia sono impegnati in fabbrica diventa impossi- bile.agricolo-industriale L’industria occupa che i fondovalle, dà benessere. il pendolarismo Accudire casa, giornaliero prole, anziani, a piedi campi è pesante, e bestiame, soprat- tutto perché abbinato a giornate di 10/12 ore lavorative. Il montanaro confronta il reddito agrosilvopastorale con quello industriale e trae le logiche conclusioni. -

Per la prima metà del Novecento si delinea una fase di lento spopolamento della nostra val le, con tendenza all’emigrazione definitiva in città o all’estero. La politica demografica del regime fascista scoraggia l’emigrazione stagionale e molti optano per quella definitiva.

80 Nel 1932 viene pubblicato dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria uno studio sul feno- meno dello spopolamento montano. È interessante leggerne alcune conclusioni, anche se ci appaiono quasi lapalissiane: “Ma al di sopra di queste singole cause: disordini idraulici, frane, disboscamenti, politica vincolistica, gravezza di tributi, mancanza di strade, cattive condizioni edilizie e molte altre, una … domina tutte le altre e quasi le investe e comprende e cioè la causa economica, il dislivello fra l’economia di monte e quella del piano.… - allaQuesta fatica causa che primordialesi richiede a puòconseguirlo, essere qualificata ma anche dalla questa sua espressione più evidente assoluta e immediata può essere ma nifestazione e cioè dalla eccessiva scarsità del reddito del lavoro in montagna di fronte reddito e dell’eccesso di fatica è sorto nel montanaro dal confronto che egli ha potuto fare conricondotta altro lavoro alla forma e con relativaaltri redditi.” dianzi accennata quando si rifletta che il senso di scarsità del Insomma, in montagna si fatica di più e si guadagna di meno e quando il montanaro ha potuto avere una alternativa e confrontare il reddito da industria con quello precedente, ha fatto la scelta a prima vista più logica, ma non priva di conseguenze negative, come denun- ceranno importanti autori qualche decennio dopo, quando l’abbandono della montagna è al culmine. Nuto Revelli, ne Il mondo dei vinti (Einaudi, 1977), osserva come il montanaro diventato operaio ha perso le sue competenze eclettiche e la sua autonomia lavorativa, trasforman- dosi in operaio senza qualifiche in balia delle ciclicità dell’industria, e brutalmente chiosa viene“Volete rinnegata. il figlio in Si fabbrica? abbandonano Beccatevi non ilsolo veleno”. le proprie case, gli attrezzi della fatica montana- Un veleno che non è solo inquinamento materiale, ma anche morale. La montagna sconfitta rubato dapprima alla montagna l’energia idraulica per i propri stabilimenti e poi le persone ra, ma anche il patuà e le proprie tradizioni culturali. Non ci si accorge che l’industria ha Giuseppe Dematteis in Città per le Alpi (“Rivista della montagna”, n. 9, 1972) denuncia la per azionare le proprie macchine e infine ha svilito il sapere contadino. - cessarie per uno sviluppo autonomo moderno. Si va in montagna, si osservano gli ultimi relittimistificazione dell’economia di “un’economia agricolo-allevatrice alpina alla tradizionale quale la natura e si conclude: avrebbe ecconegato a che le risorsevita grama ne la natura avara ha ridotto questa povera gente: per fortuna che oggi c’è il turismo e la Fiat a portata di mano. Il resto è folclore, è storia … Ebbene è proprio la storia che contraddice questa banale interpretazione, dimostrando che il sottosviluppo della montagna è dovuto agli uomini e non alla natura. Nel medioevo le popolazioni alpine non erano certo più po- vere di quelle della pianura”. Possiamo quindi dire che lo spopolamento montano inizia ai primi del Novecento e prose-

Tra il 1950 e il 1980 si impenna e diviene fuga inarrestabile. Poi rallenta di nuovo e sembra essercigue in modo un’inversione costante dima tendenza. contenuto fino agli anni del boom economico. Ma il dato, se analizzato nei particolari, non induce all’ottimismo. Ad esempio, in un ar- ticolo dei “Quaderni della Regione Piemonte”, n. 38 del 2004, l’assessore alla montagna Roberto Vaglio titola: “Fermato lo spopolamento – Residenti in montagna a +1,5%”. Ma di fondovalle a determinare l’aumento. Ad esempio, l’incremento in Val Sangone è dovuto soprattuttol’incremento, allo seppur slancio minimo, di Giaveno è riferito e se la alle popolazione comunità coazzesemontane nel e sono 1985 soprattutto riprende a icresce centri- re (dopo essersi quasi dimezzata nei decenni precedenti), è solo perché ormai le borgate si sono spopolate e il capoluogo offre condizioni accettabili di occupazione, di abitazione e di pendolarismo verso Giaveno e le industrie della pianura.

81 La crisi economica di questo inizio secolo ha poi indotto qualche giovane a riscoprire le ri- sorse della montagna, accendendo qualche bagliore produttivo nel buio di un popolamento

perdi anziani Giaveno senza e i “Piccoli prospettive. frutti” Ma dalla se Maddalenal’attività ha sonosuccesso migrati e c’è ad la Avigliana. prospettiva di ingrandirsi, Recentementeci si sposta dove il metereologole condizioni Luca sono Mercalli più favorevoli: ha ipotizzato il birrificio che l’aumento “Aleghe” hadelle lasciato temperature Coazze

verso altitudini più fresche, paventando un collasso dell’ecosistema alpino. potrebbe indurre la popolazione delle pianure e delle città, soffocate dall’afa, a spostarsi

dovePersonalmente, ci sono baite, credo non che troveremo un eventuale persone controesodo residenti difficilmentein permanenza, risalirà capaci le dorsalidi custodire alpine. e regimentarePotrà forse creare il territorio, sconvolgimenti ma piuttosto urbanistici escursionisti nei centri venuti inferiori; a godersi ma “lassù “boschi sulle e valli montagne”, d’or”.

Serie storica della popolazione dei Comuni di Coazze e Giaveno, in Val Sangone

COAZZE popolazione GIAVENO popolazione DATA RESIDENTE PRESENTE RESIDENTE PRESENTE FONTE 1560 1639 3884 Prato 1906 1612 1678 4122 Prato 1906 1734 2732 5778 Prato 1906 1774 3430 7342 Prato 1906 1861 4066 9409 9003 ISTAT 1871 4109 9758 9633 ISTAT 1881 4206 4021 10735 10117 ISTAT 1901 3917 3854 11618 10795 INEA 1932 1911 4046 3912 11756 10502 INEA 1932 1921 3816 3655 10503 9850 INEA 1932 1936 3686 8652 8754 ISTAT 1951 3480 3458 8835 9405 ISTAT 1961 3025 2959 8526 8898 ISTAT 1971 2819 2767 10641 10847 ISTAT 1981 2526 11530 11684 ISTAT 1991 2547 12864 ISTAT 2001 2889 14554 ISTAT 2016 3202 16483 Regione Piemonte

I dati anteriori al 1861 sono disomogenei e hanno solo valore indicativo. Fonti: G. Prato, Censimenti e popolazione in Piemonte nei secoli XVI-XVII-XVIII, in “Rivista italiana di sociologia”, 1906; AA.VV., Lo spopolamento montano in Italia, vol. 1° Le Alpi liguri-piemontesi, a cura dell’INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria), Roma 1932. I dati più recenti sono stati ricavati dai siti dell’ISTAT (Istituto Centrale di Statistica) e della Regione Piemonte.

A cura di Guido Ostorero

82 Frammenti di poesia e di tempi andati Conversazione con Marisa Usseglio Savoia

“Ho cominciato a scrivere per cercare di sopportare il dolore per la perdita precoce di mio marito”. “L’esigenza di ricordare la storia nostra, quella della nostra borgata, la Viretta; e ricordarla nella nostra lingua, sempre più pochi a parlarla”. non“Poi tesi èli ammalatoleggo più - anche gli dicevo. papà, Ma dieci li voleva, anni immobilizzato li ascoltava con ma partecipazione, lucido; gli leggevo erano le miela vita storie sua eper dei accompagnarlo suoi”. nelle sue giornate senza fine. Tante volte piangeva ai ricordi. - Allora “Poi sono venute le prime poesie”. “Sempre su quella vita, sulla nostra terra”. “Poi è venuto il Rifugio, nelle ex scuole; ci ritrovavamo lì, un pugno di amici, a combinare piccole recite, testi nostri, spesso frutto di lavoro in comune, in occasione della festa della Maddalena all’inizio, ad allestire il carnevale e i nostri carri, a combinare altre iniziative e scrivere il dovuto”. “Tutto nel nostro dialetto” . legge qualche brano a esempio, sicura la voce, non ombra di affettazione, senti che riper- Lacorre signora vissuto, Marisa austera. estrae un quadernetto: sa di tempo e pulito, una grafia limpida, slanciata; Squarci di vita nel tempo: il parto di una mucca, uno dei momenti più impegnativi e impor- tanti non solo per la famiglia interessata ma per la borgata per la partecipazione allargata

degli arredi, degli attrezzi. venuta ad aiutare; la prima scuola. Ambienti di allora: la stalla, il fienile, la cucina, l’elenco “Vicende tramandate dai vecchi di generazione in ge- nerazione: la peste, quella ricordata dal Manzoni, aveva spopolato tutte le borgate. Alla Viretta erano rimasti due fratelli: uno muore, l’altro non può portarlo al ci- mitero giù a Giaveno, glielo lasciano cremare lassù, e lo crema su un sasso, ricordato per tradizione. Nostro padre ancora ce lo indicava”. “Poi vennero tre fratelli da fuori a riabitare la vallata, Usseglio si chiamavano (forse venivano da quel paese delle valli di Lanzo). Nel tempo le loro famiglie si spar- sero per le varie borgate e per distinguersi aggiunsero il nome di queste al loro cognome e nacquero gli Usse- glio Viretta, gli Usseglio Savoia, gli Usseglio Gros, gli Us-

“Sonoseglio Verna..... arrivati altriuna delle amici ramificazioni poi, a suggerirci, più importanti darci una manoalla Maddalena nelle recite, gli Usseglio,soprattutto; fino e a ho oggi”. continuato a scri- vere, con gli altri, racconti animati, rappresentazioni di momenti di vita di allora, in forma di dialogo spesso; sempre alla nostra moda, quella dei nostri”.

83 “E sono continuate le poesie, una spinta ‘dentro’. Qualche volta a trovare una rima giusta ci metto giorni e giorni a pensare”

- dalenesi“Sempre ”. tutto in patois, un linguaggio di confine: conserva rimandi della lingua doc in nomi, desinenze e all’accento francese, eredità della diffusa emigrazione oltralpe dei mad Maddalenese integrale, radicata, una vita vissuta piena tra le prove che il destino sa riserva- re, una apertura d’animo che trasmette coinvolgimento pacato ma profondo, orizzonti di respiro: quelli che sa offrire la storia e suoi sentimenti; storia non come esperienza imbal- samata o rimpianto, ma vita provata, rivissuta con l’anima: Marisa Usseglio Savoia.

La roci

La roccia è piantata su un pendio dal tempo della glaciazione ansemLa roci a antin daute rϋspi iè scurü ie piantà insieme ad altre era scivolata eda su cant bec a né iere r-sta tut spursü. gialà, ed è rimasta piantata con il becco esposto. Il posto desolato non è cambiato e la roccia si è rassegnata, laLo piovi post idesulà la lave u e é lu pà sulei cambià u la suvagne, la pioggia la lava e il sole la riscalda, e la roci ie lì rasegnà, il vento la schiaffeggia e la neve la ricopre. Per un corvo stanco di volare, Pr in curbas cu vole bas la roci lu van u la sgiafele e la fioca i la crüsele. la roccia grigia è un comodo punto di sosta. grisa a lè na comuda arposa. Per il serpente che vuole godere del calore Per la serp chi vö arpiatèse del sole e lu giari cu la travese e il topo che rapidamente l’attraversa la roci is preste sansa pruteste. la roccia si presta senza proteste.

Sulla roccia dal tempo consumata tra cielo e terra dimenticata Sü la roci dau tans cunsümà ci sono anche i segni impressi dagli uomini tra ciel e tera ds-mantià che sopra sono passati. a ie co li segn carcà d’iom che ansima a sun pasà.

84 Lu gial

Il gallo sulla staccionata fiero si rizza, e anti arpiun u’l sare, stringe le sbarre negli arpioni, pöiLu giali na sülpiota bare u stire fier e us tu tind’in dret öi u b ü che bas poi allunga una zampa e guarda con un mentre la testa u vire. occhio in basso, flettendo la testa.

La cresta, cum i na curuna sü la testa La cresta è come una corona sulla testa, el mang-lie a sun ‘l cucarde i bargigli sono il fiocco du mantel d’ piüme cu lu ambarde, del mantello di piume che lo avvolge, da la cu-a ‘d piüme lunghe a pandu dalla coda pendono lunghe piume cum da in ciapel per fèlu pi bel. come l’ornamento di un cappello per farlo più bello.

La pulenta

Lu pijrö u ie ge sü lu fö, Il paiolo è già sul fuoco, l’acqua che bolle è già salata e la melia i vò. e vuole la farina. l’eva chi büie salà ie cò Lu tuirul u la tuire an po’, Il bastone la mescola un po’, pr pa fé li galot avai tuiré per non fare i grumi bisogna mescolare suvan e dasiot. con costanza ma adagino.

Lasciate pure che si formi un po’ di crosta sul fondo del paiolo, ma senza farla bruciare. Lisè püra fè an po’ d’rümà, ma chi sis pa brüsà. La polenta cotta, rovesciata sul tagliere di legno, è tutta avvolta da una nuvola bianca cheLa pulenta i spande coita, l’udur, ambusà su la pulenteri di vapore, che ne diffonde il profumo, ie anvanà da i na bianca fümeri d’vapur, ma pöi sut a la crusta legera ma poi sotto la crosta leggera (la polenta) resta prigioniera. i reste prisugnera. La pulenta a tut is cumpagne La polenta si accompagna a tutto ogni gula i s’argale per la delizia di ogni palato, e si c’a l’han fala e quelli che l’hanno preparata la mingiu co bela tala. possono mangiarla anche senza companatico.

85 La roccia impiantata in uno sbreco nero, dalla glaciazione, schiaffeggiata dalle intempe- rie; il gallo impettito nel suo ruolo di re del pollaio e la pentola in agguato a ghermirlo; il profumo della polenta che emerge, appena sversata, tra i vapori, a rapprendersi nella sua

crosticina: il quotidiano colto e riportato nella sua quotidianità più ordinaria. IlUn quotidiano filo di voce colto e di ricordo.con uno sguardo disarmante per quanto è spontaneo, essenziale, senza peso,Mai superficiale, neppure di mairicordo, banale: di nostalgia. ci scorre dentro il tempo, ci pulsa la vita. Trasparenza, come l’aria tersa che respiriamo e neanche ci accorgiamo che c’è. Uno sguardo che va oltre le cose, sa di esistenza, sperimentata, pagata. - chezza quieta ma autentica, che scende “dentro”, ravviva memorie sperimentate e forse Edimenticate. proprio per questo sa cogliere della ordinarietà la ricchezza che essa sa dare, una ric Contribuisce coerente la lingua: quella di casa, di tutti i giorni e “del posto”, lontana da richiami dotti di parlate studiate; trasparente nel suo carattere feriale, come un sorso d’ac-

qua di fontana ‘dl’anvers che fila tranquilla da una losa, nel mondo di sempre.Bruno Rolando 86 Dopo le ultime mine

Alle spalle dell’abitato alto di Selvaggio, quello amministrativamente sotto il Comune di Co- azze, una carraia infossata tra due rive, alte a tratti una ventina di metri, si snoda tortuosa à la Bioûnë o Tèra Roûsa. Coltivati un tempo come giardini, quei terreni, ora in desolato abbandono, producevano grano,tra i poderi segale, e prosegue patate e frutta oltre iper coltivi il sostentamento in direzione dei autarchico boschi fino dei cristiani e uve destinate a mutarsi in vino per il loro piacere, mentre dalle aree prative e dai boschi prossimi alle case veniva il sostentamento per gli animali. Le prime centinaia di metri di quella carraia, solcata ai lati dai segni profondi delle ruote dei carri, nelle estati d’allora divenivano rifugio ombreggiato e fresco per i ragazzotti del borgo, i quali, per evitare i rimbrotti degli adulti ai loro schiamazzi nei cortili, le percorrevano col gioco delle bocce, lontani dagli occhi dei grandi, ai quali per darsi tono rubavano linguaggio e movenze.

Dopo il primo tratto di salita più erta, la carraia si dipanava in piano per un po’ fino a un borgateincrocio. di Di Valgioie, là, la strada dove sulla si arrivava destra pers’inoltrava, sentieri orabattuti pianeggiante, e mulattiere. ora in lieve pendenza, in Sullauna zona sinistra, di vigneti invece, e laproseguiva carraia proseguiva fino a interrompersi erta per un nei centinaio boschi diin metridirezione tra altri delle vigneti, prime - bati e robusti come rami d’albero. Finofino a all’inizio un capanno del insecolo muratura scorso, sulla sul destra, pianoro occultato antistante da ammassi alla costruzione, di rovi, cresciuti una villetta indistur con qualche pretesa di eleganza sorgeva in luogo del capanno e dominava quello scorcio di vallata. come, quando e perché. LaA farla donna, tirar della su aquale suo temponessuno era più stata conosce una forestiera il nome, doveva benestante, provenire arrivata dalla là Francia non si sao averebene legami con quel paese, poiché per la gente d’allora era semplicemente “la Franséza”, “la Francese”. Essa era proprietaria di una vasta area di terreni circostanti, i quali, in virtù di un accordo stipulato quando era in vita, alla sua morte furono ereditati dal patriarca di una famiglia del luogo. Prima di esser frammentati dalle successioni testamentarie, sopravvenute con le generazioni, i terreni di quella zona passavano sotto il nome di Boûsoûlëinc; poi, per più d’uno dei nuovi possessori mutarono poco a poco denominazione e divennero prà, tchëmp e aoûtíņ da Franséza, prati, campi e vigne della Francese.

87 Un centinaio di metri dopo il capanno, al termine di un tratto dapprima più dolce e poi più ripido, sulla sinistra di un pianoro avvolto da castagni secolari, sorgeva una costruzione in muratura coperta con lastre di pietra, al lóze.

Suddiviso in due parti, il fabbricato era costituito da un’ampia tettoia poggiante ai lati su muri di pietra e sorretta al centro da una colonna con capitello, anch’essi di pietra, sulla quale insisteva la trave maestra del tetto.

a fuoco gli attrezzi da lavoro. AddossatoUn casotto allapiù bassotettoia affiancato sulla destra, alla un tettoia locale sulla con sinistra,un uscio era di castagno,il luogo in chiuso cui si rigeneravanoda una robu- sta serratura, serviva come deposito degli attrezzi e dell’esplosivo con il quale si prepara- vano le mine per far esplodere la roccia. Sullo spiazzo antistante al fabbricato, una grande buca simile a una voragine sprofondava per una dozzina di metri e imprimeva a quel luogo un alone di mistero. Non c’era tuttavia nulla di misterioso in quella buca scura, in fondo alla quale si arrivava con una scalinata di pietra.

dell’Ottocento, quando in quei boschi s’iniziò a scrivere un pezzo di storia di Selvaggio. AccaddeTutto là, compresaquando i Mollar, la buca cavatori che prima di Cumiana,d’allora non si stabilirono esisteva, ebbe nella inizio parte nella alta secondadella borgata metà

iper nuovi iniziare venuti, l’attività che inizialmente estrattiva di alloggiavano pietre da costruzione. à la quë da Franséza (nella casa della France- Conse), contribuironouna concessione a mutaremineraria il nome su un disito quel di proprietà sito, il quale di una negli famiglia anni divenne del luogo, la iPradéra Rosa Clot,, il luogo in cui si cavano le pietre.

sorgiveNon esistevano del circondario. acquedotti al tempo nella borgata; non senza difficoltà, ognuno per i propri fabbisogni si avvaleva di pozzi privati, a volte di dubbia igienicità, e di fontane ricavate dalle

AllaIn quella Pradéra realtà isolata e marginale, insieme all’abilità nell’estrazione e lavorazione della dellapietra, montagna; i Mollar portarono con alcune capacità centinaia imprenditoriali di metri di tubazioni, e lungimiranza insieme di vedute.agli uomini del luogo realizzarono ili cavatoriprimo acquedotto intercettarono consortile sorgenti per d’acquaportare l’acquabuona chein ogni emergevano casa della dalparte fianco alta

Una delle sorgenti a poche decine di metri dal capanno, e a un centinaio dalla cava, fu imbri- gliatadi Selvaggio anch’essa e un e tocco dotata di di modernità rubinetto, al per paese. essere utilizzata dai lavoranti.

fu avvolta dal pietrisco di scarto. All’origine la sorgente affiorava lungo il profilo della montagna; poi, col lavoro dei cavatori,

88 La scala che scende alla fontana La cavità sotterranea della fontana Per proteggerla e mantenerla fruibile man mano che il materiale tendeva a sovrastarla, intorno a essa furono erette pareti con pietre estratte dalla cava e modellate al bisogno. della montagna fu sconvolto, per dare origine all’attuale pianoro che avvolge da tre lati il capanno.L’accesso fu reso possibile da una scalinata, anch’essa di pietra, fin che il profilo originale Per tre generazioni i Mollar praticarono l’estrazione delle pietre; le modellavano e le vende-

Il Santuario di Nostra Signora di Lourdes a Selvaggio, l’Ospizio Richelmy a esso adiacente, l’Asilovano oltre Maria i limiti Zappata, della la vallata Casa eMissionaria, verso la pianura ville signorilipiemontese e case fino più a Torino. modeste erette in Val - tiva alla Pradéra, con la prestazione d’opera per lavori di particolare pregio alla Sacra di SangoneSan Michele. e altrove testimoniano l’opera degli scalpellini, i quali alternavano l’attività estrat Nell’immediato dopoguerra e con i primi segnali di uno sviluppo industriale che in anni successivi avrebbe portato allo spopolamento delle montagne, iniziarono le defezioni. Tra gli scalpellini della terza generazione della Pradéra, li píca pëire, alcuni emigrarono in Fran- fabbriche. cia o a Torino, qualcuno buttò la spugna perché ammalato di silicosi e altri finirono nelle- no feriale alla “sua” cava. ConA lavorare la giacca lassù di vellutorimase scoloritobuon ultimo su una Pasqualíņ, spalla e il la quale bricolla continuò del pranzo solitario sull’altra, a salire continuò ogni gior a frantumare rocce e modellare pietre, come aveva fatto per il resto della vita. Alla Pradéra con Pasqualíņ erano soliti fare arpósa, e incatramarsi i polmoni fumando, con- - gne. Neltadini loro e boscaioligirovagare che tra scendevano vigne e boschi, di là perdalla gioco montagna o per darecon carichiin casa diun legna, contributo foglie precoceo casta con piccoli lavori, i ragazzi d’allora trovavano in Pasqualíņ un ascoltatore attento alle loro fantasticherie. Alla Pradéra -

, e fino alla cerchia un po’ più alta delle montagne, non c’era neve il 7 febbra fenditureio del 1955. delle Era rocce. una giornataQuel giorno mite Pasqualíņ di metà inverno;stava lavorando il vento nella di scirocco gola. aveva allentato il freddo pungente dei giorni precedenti e sciolto il ghiaccio incuneato a fior di terra e tra le

89 Di rimbalzo sulle pareti a strapiombo di roccia, si diffondeva nei boschi l’eco dei colpi di mazze e martelli da cavatore su punte e scalpelli, all’opera per sezionare i massi rovinati con le mine alla base della cava. Pasqualíņ si avvide troppo tardi del pericolo incombente e la frana di massi, che all’improv- viso si staccò dalla parte alta della parete di roccia, lo seppellì. Non ci fu scampo per Pasqualíņ e solo dopo ore interminabili di lavoro, il suo corpo strazia- to fu estratto dalle rocce. - guamento il minatore Giacomo Dovis e qualche giorno prima gli aveva dato un avviso col distaccoQuella montagna di pietrisco, che eragià neltornata lontano a colpire 1921 unaveva suo condannato ultimo minatore, a una morteil quale lenta sorrideva per dissan a chi gli diceva che era maledetta. Tra gli abitanti del luogo sopravvissuti ai molti anni passati, di quella giornata è rimasto nel ricordo il crescere concitato delle voci che diffondevano la notizia, l’arrivo dei soccorsi,

portare aiuto sperando in un miracolo impossibile, gli atti- lemi fiaccole in cui si deglisparse uomini la voce che del ritrovamentoal calare della del sera corpo salivano e l’ulu a- lare del vento che dalle cime degli alberi pareva diffondere nella valle la voce della tragedia. Il giorno del funerale, al quale ci fu la partecipazione delle grandi occasioni, avvenne un fatto curioso. Sulla strada per Coazze, dopo le case di sëņ Boeroû, a un paio di centinaia di metri dalla chiesa, una colomba bianca si posò sulla bara portata a spalle dai giovani della borgata, e poiché Pasqualíņ era da tutti considerato un uomo mite e buono, ci fu chi vol- le vedere in quell’episodio un segno soprannaturale. Alla Pradéra dopo quella tragedia cessarono i botti delle mine e il tintinnio più gentile degli scalpelli sulla pietra;

passavano via veloci oltre quel luogo immerso in un silenzio sinistro.contadini e boscaioli che scendevano di là dalla montagna, Lassù, oltre il capanno, di quella storia rimase per decenni una croce di pietra incompiuta, che nessuno mai aveva osa- to toccare: a chi conosceva il passato, sarebbe parsa una profanazione. Poi a Selvaggio arrivò gente nuova che nulla sapeva della sua storia; qualche nuovo venuto

portò via. Aipensò residenti che quella quella croce violazione di pietra fu stilizzata vissuta avrebbe come ben figurato nel giardino di casa e se la una sorta di sacrilegio; qualcuno fece arrivare la voce del malcontento agli autori, i quali riporta-

Un giorno di quell’estate, uomini e giovani sali- rono ladal croce paese dov’era alla Pradéra stata fino con allora. un trattore per spostarla e darle una sistemazione dignitosa, af-

La croce fu sistemata su uno spuntone di roccia finché fatti simili non potessero ripetersi. ottone sulla quale era stata incisa una dedica: “aEl fianco djëņ doûdel capannoSërvádjoû, e murataan arcórd con doû una Pasqualíņ targa di e d tut li píca pëire”.

90 Il versante di cava, alle spalle del pianoro

Da quel giorno molto tempo è passato. Alla Pradéra sono tornato per ricordare o per rac- ”La gente di Selvaggio, in ricordo di Pasqualíņ e di tutti gli scalpellini”. Ora non tornerò più. Non tornerò più da che una nevicata neppure troppo abbondante, ma ancorcontare più un l’indifferenza, po’ di storia di ha quel mandato luogo aiin mieirovina figli il ecapanno a scolaresche e cancellato delle nuove le testimonianze generazioni. di quel refolo di storia nostra. A nulla sono valsi negli anni i tentativi di coinvolgere le amministrazioni per evitarne il degrado, conservare la memoria e creare un percorso di cultura locale da collegare alla costruzione del Santuario di Selvaggio. Lassù ora sono rimasti solo mucchi di pietre, alberi cresciuti alti alla ricerca di luce e lo spi- rito di Pasqualíņ, che dalla sua cava senza tempo, veglia sconsolato sulle rovine, sulla croce incompiuta e sulle inutili parole di quella targa.

Testo di Ennio Baronetto Fotografie di Elio Pallard

Particolari della costruzione: mensola angolare in lastre di pietra e lettere iniziali ML (Mollar L...)

91 La cava della Pradera e il Santuario di Selvaggio

Com’è noto, l’attuale santuario di Nostra Signora di Lourdes al Selvaggio, aperto al culto il 22 agosto 1926, è il frutto di un importante ampliamento (avvenuto nel corso di una decina d’anni) della chiesa precedente. Questa chiesa (il cui impianto è ancora possibile vedere nel disegno a calco col- locato in fondo alla loggia dell’Ospizio Card. Richelmy andata a sua volta a sostituire una pre- di fianco al Santuario) era 1608, ma divenuta fatiscente) e fu rea- lizzatacedente nel cappella giro di pochi (documentata mesi con grande fin dal concorso della popolazione locale tra il 1908 e il 1909, avendo come catalizza- tore il teologo Carlo Bovero (insegnan- te presso l’allora seminario minore di Giaveno), al quale era stata assegnata la cura pastorale di quella porzione di ter- ritorio giavenese. Ancora oggi è vivo tra i borghigiani del Selvaggio il ricordo di quanto udito in

- seroetà giovanile: nel letto chedell’Ollasio uomini per e donne ricavare di pietreogni età, e sabbia come inda processione, portare nel cantiere.si recas Dalla cava della Pradera giunsero in quei mesi le pietre squadrate che ancora oggi ornano la parte esterna del santuario, grazie all’opera di cesellatura degli scal- pellini che lavoravano sotto la guida dei fratelli Mollar. Testimonianza preziosa di quel genero- so concorso di popolo, che rese possibile l’erezione della chiesa nel giro di pochi mesi, sono due quaderni di cui si ripor- tano qui due foto: il frontespizio di uno dei due, che reca in etichetta il contenuto (Registro delle offerte ricevute dall’intera frazione del Selvaggio e da privati – Spese fatte per la erigenda cappella nel 1908) e una pagina con le spese suddivise per quindicine, relative ai materiali impiega- ti e alle maestranze impegnate, suddivise in muratori, manovali, garzoni, carrettieri…

A cura di Bartolo Vanzetti Foto di Ennio Baronetto

92 Il Pasché di Giaveno negli anni ’50-’60 del Novecento Le tre scuole del borgo: allievi, insegnanti e scampoli di vita vissuta

A completamento di quanto descritto nel numero precedente del Bollettino1 a proposito del caratterizzava (e ancora caratterizza) questa zona di Giaveno, vale a dire gli istituti scolasti- ciPasché situati negli nel anniborgo: ’50-’60 una scuola del secolo elementare scorso, vorreistatale, qui l’Istituto trattare Pacchiotti di una realtà (con importante la 5a classe, che la scuola media e la scuola di avviamento commerciale) e il “Ritiro dell’Addolorata”, un istituto

I locali utilizzati allora per la scuola elementare sono oggi compresi nel più ampio comples- sogestito scolastico da suore dell’Istituto per ragazze ‘Blaise orfane Pascal’ o con (che difficoltà attualmente familiari. offre quattro indirizzi di scuola superiore), mentre i locali di quello che era allora il Pacchiotti sono attualmente occupati e Mestieri’ di Torino (che offre corsi di avviamento al lavoro). Laal primo scuola piano elementare da classi (oggi del denominataPascal e al piano Scuola rialzato Primaria) dalle era attività costituita della dalle‘Casa cinquedi Carità classi, Arti dalla prima alla quinta, cui si aggiunse per qualche anno (a partire dal 1955 con l’emana- zione di nuovi programmi) la classe sesta, nell’attesa che entrasse il nuovo ordinamento scolastico della Scuola Media Unica (iniziata dall’a.s. 1963-’64). Ho frequentato anch’io le cinque classi della scuola elementare del Pasché, quando – come si è detto - queste si svolgevano nell’attuale complesso del Pascal. Partendo da via Tara- vellera dove abitavo, dovevo solo costeggiare il campo di meliga della cascina di Gepu e attraversare il campo sportivo. Nella classe prima mi fu maestra una brava signora di , mentre dalla seconda alla quinta ebbi il maestro Santachiara, anch’egli di Trana.

In terza elementare, con il maestro Santachiara. Da notare l’abbondante nevicata fuori dalla finestra (le scuole non rimanevano mai chiuse per neve …)

1 Bollettino 2017-2018, Il Pasché di Giaveno negli anni ’50-’60 del Novecento. La gente del borgo: “personaggi” e scampoli di vita vissuta, pp. 87-92 93 Bella presenza, molto serio, gran fumatore, arrivava a scuola con la sua 1100 FIAT grigia che ricordo con larghi paraurti sagomati.

miaCi ha miopia, ‘allevati’ ed bene, è doveroso con serietà, che ancora a volte oggi anche lo ringrazi. con una In certa quegli durezza, anni, quando ma sono si contentoera ragazzi, di portareaverlo avuto gli occhiali come insegnante!era un calvario. E’ lui Anche che con allora la provac’erano della i bulletti mosca (spesso sul muro erano ha scopertoi ripetenti) la che denigravano il povero portatore di lenti con epiteti vari: baricula, (in dialetto le baricule erano gli occhiali), occhialuto, darbun (talpa, in dialetto). Un giorno, disperato, al momento di entrare in classe sono fuggito da scuola con i miei occhiali con la stanghetta a molla col ricciolo dietro e sono andato alle ‘Case Fanfani’, che

raggiunto il maestro Santachiara, che ‘con le buone’ è riuscito a farmi rientrare a scuola. Da quelavevano momento finito daho pococominciato di costruire, a portare nascondendomi gli occhiali con nell’anfratto orgoglio, e dii miei un muretto. compagni Lì hannomi ha smesso gli atteggiamenti offensivi di prima. Certo, ci vedevo molto meglio con gli occhiali, non li toglievo più neppure a giocare a pallone e spesso me li dimenticavo addosso anche

Dei quattro anni passati con quel bravo maestro di Trana conservo un bel ricordo. Mi sono rimastiquando impressiandavo a alcuni dormire! episodi curiosi o comunque un po’ intriganti per un ragazzino delle elementari quale ero, episodi avvenuti in classe o nell’ambito della scuola. Come quella volta - era un mattino – in cui ho visto un conciliabolo prolungato tra i quattro maestri di allora: il maestro Pallard (in quegli anni sindaco di Giaveno), il maestro D’Addio, il maestro Brigato e il mio Santachiara. Discutevano su come si chiama in italiano la pianta che in dia- letto chiamavamo (e tuttora è chiamata) la verna, una pianta che cresce di frequente lungo le bealere e il cui legno assume un colore rossastro quando viene tagliata. A mezzogiorno la discussione proseguiva ancora, e non ho mai capito se i maestri siano poi arrivati a una soluzione… Ancora oggi, tutte le volte che si nomina questo tipo di essenza mi ritorna alla mente la disquisizione dei maestri di allora. Più tardi negli anni ho scoperto che il termine italiano della verna è l’ontano… Un altro episodio che mi strappa ora il sorriso avvenne in classe nel primo banco, dove io ero seduto con il mio compagno Valerio. Nell’udire qualche parola pronunciata dal maestro in un modo che allora ci era sembrato particolarmente strano, il mio compagno ed io ini- ziammo a ridere di gran gusto senza più fermarci. Naturalmente dopo un po’ il maestro si spazientì, ci chiamò alla cattedra e apostrofandoci con l’epiteto di mugne quacie, ci sbattè

Un’altra volta due allievi si scambiano un foglietto tra un banco e l’altro. Il maestro si accor- uno fuori dalla classe e l’altro dietro alla lavagna! sulla pelle nuda due colpi secchi: roba da mettersi a piangere… E invece, tutti zitti e guai a ge, fa mettere loro le mani sul banco e con una bacchetta di mezzo metro squadrata rifila Sempre in classe, un giorno l’amico Valerio acchiappa delle mosche e le butta nel calamaio. lamentarsi a casa: le avresti prese un’altra volta!

Queste non possono più volare, ma camminare sì! Al che, sui quaderni aperti e sul banco si vanno disegnando lunghe scie di inchiostro che sembranoPusaté, unautentici giorno geroglifici. si mette ad Anche armeg in- questo caso, arrivano immancabili le bacchettate sulle dita! - Amaio. proposito Ad un trattodi inchiostro… la penna gliUn si certo spacca Ruffinatti, tra le dita, detto il povero Pusaté si passa la mano sul viso giare lo stantuffo della sua stilografica a pompetta per ricaricarla con l’inchiostro del cala la classe, Pusaté viene mandato con decisione dal maestro in bagno a lavarsi e subito dopo concome altrettanta per schiarirsi decisione le idee viene e invece spedito … si nel imbratta corridoio il viso fuori di nero!della porta,Risultato: dove ilarità deve direstare tutta

sino a fine lezione! 94 Per i lettori più giovani, vale la pena ricordare che in quegli anni alla scuola elementare si andava in divisa: grembiulino nero, colletto bianco e coccarda blu dalla prima alla terza classe; in quarta e quinta solo più con una camicetta nera. Le lezioni si svolgevano il matti- no dalle 9 alle 12, il pomeriggio dalle 14 alle 16; si andava anche il sabato, ma il giovedì si facevaAltra scuola festa! importante situata nel territorio del Pasché era L’Istituto Pacchiotti, gestito in quegli anni dai Fratelli delle Scuole Cristiane (Congregazione dei Lasalliani, fondata da G.B. de La Salle), che personalmente sono orgoglioso di aver frequentato. In quegli anni nell’Isti- tuto era attivata anche la quinta elementare, per chi avrebbe scelto di proseguire con la scuola media per poi accedere al liceo; le medie statali (intese come Scuola Media Unica) non c’erano ancora. Io ho frequentato la Scuola di Avviamento Commerciale, scelta generalmente da famiglie meno abbienti (ricordo che la retta scolasti- ca di quei tre anni me la pagò la nonna paterna). La mia bestia nera era la ma- tematica, mentre me la cavavo molto meglio con l’italiano, le scienze e soprat- - fessore di matematica, fratel Decoroso (altutto secolo la geografia. Michele Eppure Giorda) proprio era quello il pro a

fratel Decoroso ci portava in montagna acui piedi ero più partendo legato! dalNei Pacchiotti;pomeriggi liberi mete abituali erano il Colle Braida, Provonda, il Truc, il Colletto del Forno, … In quegli anni aveva costituito il ‘Gruppo Aquilot- ti’ sulla falsariga di quello degli Scouts, con tanto di fazzolettone, stemmi, cappellino e bandiera. A seconda della lunghezza e della -

Arcotadifficoltà avrebbero del percorso fondato effettuato, la sottosezione ci assegnava del CAI dei Giaveno punti che (divenuta venivano sezione riportati autonoma su un tes nel 1966).serino, così i ‘gradi’ aumentavano! Qualche anno dopo, fratel Decoroso e Gianfranco Giai Dopo il maestro unico delle elementari, all’Avviamento avevamo numerosi professori, ai

Agapito di Francese, detto Papëtta, perché scandiva la parole con la bocca un po’ impastata, moltoquali era serio, quasi un naturale uomo tutto per d’unnoi ragazzi pezzo; buontemponi poi ricordo fratel affibbiare Francesco, dei soprannomi: detto Cech, c’erache amava fratel molto i lavori pratici dell’orto e della campagna, nel tempo libero lo trovavi quasi sempre a - ti ai muri perimetrali dell’istituto). Il mio prof di matematica, fratel Decoroso, da noi detto Decudar da mangiare alle galline o ai maiali (che i Fratelli allevavano negli edifici bassi, addossa in cancelleria (a vendere quaderni, matite e altro) c’era fratel Alberto: aveva grandi orec- chie ,a lo sventola, facevamo e traammattire, di noi – unapprofittando po’ cattivelli spesso – lo chiamavamo della sua grande Lapin bontà!(in dialetto, In segreteria coniglio). e Ricordo ancora fratel Edmondo, l’economo, che in tutte le stagioni usava portare scarpe di pezza, delle pantofole, e ovviamente per noi era … Pantufla. L’unico professore che non aveva soprannome (o non eravamo riusciti a inventarlo) era il professore di Musica, fratel perLuciano. moltissimi Altra figuraanni al caratteristica Pacchiotti. Arrivava era l’insegnante ogni giorno di daGinnastica, Torino con il prof. la sua Musso, Lambretta un laico, e ci raccontavanon appartenente di essere alla stato congregazione portiere del dei Toro; Fratelli. era Conosciuto piuttosto autoritario,già piuttosto un anziano, insegnamento insegnò

95 quasi da caserma… Per alcuni anni organizzò il saggio ginnico molto spettacolare con tanto di musiche: si usavano clave, clavette, appoggi, bastoni, cavallo, parallele, corde, pertiche. Ricordo in particolare la caduta che ci faceva fare con gli appoggi di legno: uno dopo l’altro si doveva cadere a terra in modo da simulare una cascata d’acqua, un esercizio che produ- ceva un effetto particolare, molto suggestivo. Nella palestra del sottochiesa questo insegnante di ginnastica amava farci esercitare nella marcia. Ricordo i suoi comandi secchi, decisi: fianco sinist, fianco dest… A volte il primo della aaa-ttenti! e l’imprecazione

filacon sbagliava,il cicles in ebocca subito subito arrivava sbottava: il comando “Cosa come vedono una le frustata: mie fosche pupille? Mastichi? In un più blanda era un bel ‘somaro!’ all’indirizzo del povero capofila… Se poi beccava qualcuno-

secondo vai in fondo alla palestra, c’è un buco, sputa quella roba lì!”. Davvero belli e indi menticabiliPer concludere i tre anni la carrellata trascorsi delleal Pacchiotti, scuole ormai ragazzo, già grandicello… del Pasché non va dimenticato il cosiddet- to “Ritiro dell’Addolorata”, gestito da suore provenienti da una Congregazione di Susa, che ospitava ragazze orfane o di famiglie disagiate o meno abbienti. Frequentavano le scuole elementari ‘femminili’. Nel tempo libero, soprattutto le più grandicelle, impa- ravano a cucire e a ricamare. L’istituto era ubicato tra Via Baronera e via Pacchiotti e comprendeva il tempietto gotico del “Riti- ro”. In occasione di funerali, era tradizio- ne in quegli anni chiamare le ragazze del

più partecipate e solenni le esequie con preghiere“Ritiro” affinché e canti, contribuissero che si prolungavano a rendere per tutta la cerimonia religiosa (probabilmente, le offerte dei committenti contribuivano al sostentamento dell’istituto). Portavano un lungo vestito nero con sopra un enorme scialle blu, calzettoni di lana e scar- poncini o pedule; erano denominate in dialetto le retiroire. Se necessario, facevano lunghi

Una persona legata all’Istituto dell’Addolorata era il canonico Tessa, che viveva in un allog- gettopercorsi, annesso anche e finoche allasvolgeva cascina le mansioniCoccorda dia piedi responsabile (5/6 km). e amministratore della Casa; un personaggio simpatico, bonario, sempre sorridente. Noi ragazzi non potevamo non notare - roco di allora don Crosetto ci portava nella chiesetta del Ritiro per i Vespri della domenica il grosso naso di cui era dotato, da cui venivano ovviamente sonore soffiate. Talvolta il par il naso, anche perché aveva l’abitudine di ‘prendere la presa’, la cosiddetta ‘giustina (cioè, il pomeriggio. Durante la funzione il simpatico canonico non poteva fare a meno di soffiarsi un enorme fazzolettone che sembrava mezzo lenzuolo. L’austero don Crosetto non manca- vatabacco di mandargli da naso), qualche cosa che occhiataccia richiedeva semprefulminante soffiate di rimbrotto, rumorosissime, e noi ragazzi per le quali - di norma utilizzava più attenti a quanto si svolgeva intorno a noi, piuttosto che alle preghiere in latino - ci lasciava-

Un’istituzione come questa del “Ritiro” sarebbe oggi anacronistica e fuori dal tempo. Tutta- viamo meritasubito andaredi essere a risatericordata, furtive perché, guardandoci pur nei suoil’un l’altro!limiti, ha contribuito alla formazione di tante ragazze meno fortunate, che hanno trovato tra quelle mura un’occasione per crescere

Dante Plano e acquisire se non proprio una professione, almeno delle utili abilità.

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