UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA

DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA

XXVII CICLO

TITOLO DELLA TESI DI RICERCA

COMUNICARE LO SPAZIO, COLLOCARE LA STORIA

GEOGRAFIA TEDESCA E DISCORSO POLITICO NEL XIX SECOLO

Realizzata in cotutela con l'Università di Innsbruck, all'interno del Dottorato Internazionale in «Comunicazione politica dall'Antichità al XX secolo»

SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE: M-GGR/01

CANDIDATA: Isabella Consolati

TUTOR COORDINATRICE

Prof.ssa Marica Milanesi prof.ssa Marina Tesoro

Prof.ssa Brigitte Mazohl

INDICE

Introduzione 1

Capitolo I

IL CONTESTO STORICO, BIOGRAFICO E ISTITUZIONALE

DELLA ERDKUNDE DI CARL RITTER

1. Interpretazioni dell'opera di Ritter 15

2. Ricostruzione biografica 27

3. I luoghi dell'attività scientifica a Berlino 33

4. Il retroterra della Erdkunde: il dibattito sui confini 42

Capitolo II

IL LABORATORIO DI UNA GEOGRAFIA DEL MOVIMENTO

STORICO

1. La Terra come totalità: filosofia naturale, teologia e

pedagogia 59

2. L'elemento storico della Erdkunde 67

3. La rilettura della «teoria dei climi» 75

4. Gli «individui» geografici 81

5. La preistoria dell'umanità 89

6. Hegel lettore di Ritter 93

7. Lo spazio del futuro 106

8. Una geografia storica dei prodotti 109

9. L'India Welt an sich e Ländersystem 115

i

Capitolo III

ERNST KAPP: LA ERDKUNDE FILOSOFICA

1. Ricostruzione biografica 132

2. Kapp lettore di Hegel e Ritter 141

3. Geografia e storia 151

4. Geografia fisica e geografia politica 159

5. Geografia e politica 172

6. Dispotismo costituito e libertà costituzionale 190

7. Geografia della cultura 203

Capitolo IV

JOHANN GEORG KOHL: LA GEOGRAFIA DEL TRAFFICO E

DEGLI INSEDIAMENTI

1. Ricostruzione biografica 214

2. La geografia del traffico 234

3. La geografia degli insediamenti 252

4. Il significato politico della geografia dei fiumi 266

5. La geografia politica del fiume Reno 276

6. I confini mobili dello spazio tedesco 284

Conclusione

UNA GEOGRAFIA POLITICA DEL MOVIMENTO STORICO 293

ii

BIBLIOGRAFIA

1. Fonti principali 315

2. Altre fonti 319

3. Letteratura secondaria 325

iii

Introduzione

Uno dei tratti che più comunemente si attribuiscono alla globalizzazione è la

«compressione spazio-temporale»1, cioè l'estensione, l'intensificazione e l'accelerazione delle relazioni su scala mondiale2. Dal punto di vista geografico, ciò significa che «per numerose relazioni sociali, luoghi, distanze e confini non giocano più alcun ruolo»3. A ciò si accompagna la «deterritorializzazione»4 dello spazio globale, a partire dalla messa in discussione della sovranità territoriale a favore di dinamiche sovranazionali. «La globalizzazione», infatti, «è essenzialmente sconfinamento, sfondamento di confini, deformazione di geometrie politiche»5. Di fronte a questi processi, una parte degli studi sulla globalizzazione pone l'accento sul superamento dello spazio e del tempo a favore di una sincronizzazione e di una omogeneizzazione del globo. In quest'ottica, nell'era globale non si consuma solo la fine della storia, ma anche la fine della geografia6. Se, come sostiene Marshall Berman citando Marx, «all that is solid melts into air», la misura e la scienza dello spazio non sono più geografiche7.

1 Il termine è stato coniato dal geografo marxista David Harvey. Si veda D. Harvey, La crisi della modernità. Alle origini dei mutamenti culturali, Milano, Il Saggiatore, 1997, pp. 319 ss. 2 J. Osterhammel e N. P. Petersson, Storia della globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2003. In particolare si veda il capitolo I «Globalizzazione»: delimitazione di un concetto, pp. 7-16. 3 J. Osterhammel e N. P. Petersson, Storia della globalizzazione, cit., p. 12. 4 J. A. Scholte, Globalization. A Critical Introduction, New York, Basigstoke, 2000, pp. 46-50. «Social space can no longer be wholly mapped in terms of territorial places, territorial distances and territorial borders» (ivi, p. 17). 5 C. Galli, Spazi politici, Bologna, Il Mulino, 2001, p. 133. Sulla globalizzazione si veda pp. 131 ss. 6 P. Virilio, La velocità di liberazione, Eterotopia, Milano, 2000; Z. Baumann, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Roma-Bari, Laterza, 2010; R. O'Brein, Global Financial Intergration: The End of , London, Chathman House/Pinter, 1992. In Sette tesi sulla storia globale, Franco Farinelli, rifacendosi alle teorie della «società in rete» di Manuel Castells, sostiene che la globalizzazione ha per la prima volta creato le possibilità affinché l'economia-mondo funzioni all'unisono come unica entità e che «proprio su tale istantaneità e complessità si fonda il carattere inedito e oggettivamente rivoluzionario della globalizzazione» (F. Farinelli, Sette tesi sulla storia globale, in «Equilibri», n. 3, 2013, pp. 513-530, p. 515). 7 M. Berman, All That is Solid Melts into Air: The Experience of Modernity, New York, Penguin Books, 1982, p. 123. 1

Nell'ultimo decennio, tuttavia, ha preso forza una lettura differente della globalizzazione, che non la considera come un processo di unificazione, di annullamento spaziale, ma piuttosto come nuova combinazione di elementi già esistenti e come articolazione di differenze e gerarchie all'interno dello spazio globale8. In questa prospettiva, «far from an end to history, we may be witnessing the

"beginning of geography"»9: la frammentazione e la riconfigurazione di luoghi ed eventi su ogni scala spaziale in seguito alla fine della Guerra Fredda ha una tale portata da porre lo spazio e la natura, i temi principali della scienza geografica, al centro dell'indagine sulle dinamiche globali. A questo proposito si è parlato di uno

«spatial turn» e di una «reassertion of space» nella teoria politica e sociale10, che

8 N. Smith, Uneven Development. , Capital and The Production of Space, Athens, University of Georgia Press, 2008, p. xii. Tra gli esponenti più importanti di questa prospettiva vi sono S. Sassen, Territorio, autorità e diritti, Milano, Mondadori, 2008: «la trasformazione epocale che chiamiamo globalizzazione sta accadendo nell'ambito nazionale molto più di quanto normalmente si riconosca. È qui che si costituiscono i significati più complessi della sfera globale; inoltre l'ambito nazionale è spesso anche uno dei catalizzatori e degli agenti dell'emergente scala globale» (ivi, p. 3). Di Sassen si veda anche Une nouvelle géographie politique, in «Multitudes», n. 3, 2000,pp. 79-96. Inoltre, si consideri David Harvey, The limits to Capital, London-New York, Verso, 2006. Per Harvey, «the annihilation of space by time» non indica la produzione di uno spazio omogeneo, ma la tendenza del capitale a superare ogni barriera spaziale in modo tale da poter sfruttare più intensivamente le differenze tra gli spazi (cfr. D. Harvey, Spaces of Hope, Edinburgh, Edinburgh University Press, 2000, pp. 59 ss). Si consideri anche S. Mezzadra, B. Neilson, Border as Method, or, the multiplication of labour, London- Durham, Duke University Press, 2013: «the focus on the deep heterogeneity of the global is one of the distinguishing point we make» (ivi, p. ix); inoltre gli autori lontani dall'affermare il superamento dei confini, riconoscono una «proliferation of borders» nell'era globale (ibidem). Su questo si veda anche N. Oke, Globalizing Time and Space: Temporal and Spatial Considerations in Discourses of Globalization, in «Intarnational Plitical Sociology», n. 3, 2009, pp. 310-326, pp. 313 ss.). Questi contributi sono accomunati dal fatto di superare il dibattito sulla sopravvivenza o decadenza dello Stato nell'era globale a favore dell'analisi delle sue trasformazioni interne e del ruolo giocato dallo Stato nel promuovere i processi di globalizzazione (per un esempio precoce di questa tendenza si veda P. Taylor, Political Geography. World Economy, Nation-State and Locality, London, Longman, 1993). 9 Ivi, p. 234. Parlando di fine della storia, bisogna considerare il fatto che spesso la geografia è utilizzata, in particolare a partire dall'opera di Michel Foucault, come disciplina alternativa rispetto alla storia e capace di superare il carico di teleologia e necessità che questa porta con sé. La giustapposizione cartografica riuscirebbe, in quest'ottica, a conservare la contingenza dell'evento nella sua singolarità, senza inglobarlo in una narrazione complessiva o in un progetto. Su questo si veda il numero Geografie del potere. Spazio ed eterotopie a partire da Michel Foucault di «Materiali Foucaultiani», n. 1, 2012 e J. Crampton, S. Elden, Space, Knowledge and Power. Foucault and Geography, Burlington, Ashgate Publishing Company, 2007. Per una storia invece che pone al centro la dimensione spaziale si veda ovviamente F. Braudel, Spazio e storia, Milano, Il Saggiatore, 1988. 10 Cfr. E. Soja, Postmodern . The Reassertion of Space in Critical Theory, London and New York, Verso, 1989. Ma si consideri anche l'opera di Martin Albrow, secondo cui la globalizzazione indica una nuova epoca policentrica in cui le relazioni non sono più fondate sulla territorialità dello Stato-nazione 2 indicano una svolta epistemica in cui la geografia è diventata un sapere capace di fornire metodi e concetti a una serie di discipline differenti impegnate a studiare l'articolazione dello spazio globale11.

Alcuni degli studi che pongono l'accento sulle differenziazioni interne piuttosto che sull'omogeneizzazione dello spazio globale mettono in discussione l'idea che il processo di globalizzazione implichi il superamento del ruolo dello Stato, ponendo l'accento, piuttosto, sulla sua trasformazione. Si è aperto, così, un campo di indagine che considera la consistenza attuale della statalità alla luce di processi molteplici, complessi e parziali di deterritorializzazione che operano mettendo in tensione e riconfigurando il nesso moderno tra sovranità e territorio12. Lo studio dei processi di deterritorializzazione, inoltre, ha agito a ritroso sul modo di concepire la storia stessa dello Stato moderno13, poiché, registrando la persistenza della statalità pur all'interno di processi di deterritorializzazione, ha prodotto una critica della naturalizzazione del nesso tra lo Stato e il suo territorio e del diritto come scienza fondamentale dello

Stato14. Prima di ciò, il sistema interstatale uscito dalla Pace di Westfalia del 1648  in cui veniva sancito il legame giuridico tra sovranità e territorio15  era assunto come forma dominante dell'organizzazione dello spazio politico, da quella data fino al XX secolo. Questa interpretazione, tuttavia, cade in quella che il geografo John Agnew ha

e la spazialità sostituisce la temporalità come referente principale della teoria sociale. Cfr. M. Albrow, The Global Age. State and Society Beyond Modernity, Stanford, Standfort University Press, 1997. 11 «The important claim that "space matters" and that concerns of locality, territory and scale provide a privileged angle for understanding capital in the era of globalization has been a distinctive feature of the so-called spatial turn in humanities and social sciences» (S. Mezzadra, B. Nielson, Border as Method, cit., p. 131). Si veda anche C. Whiters, Place and the "spatial turn" in Geography and in History, in «Journal of the History of Ideas», vol. 70, n. 4, Oct. 2009, pp. 637-658. 12 «The contributions to this anthology indicate convincingly the need to move beyond the prevalent notion of state space as a pre-given, static container within which social relations happen to occur» (N. Brenner, B. Jessop, M. Jones, G. MacLeod, State/space. A reader, Malden, Blackwell, 2003, p. 6). 13 Cfr. M. Ricciardi, Dallo Stato moderno allo Stato globale. Storia e trasformazione di un concetto, in «Scienza & Politica», vol. XXV, n. 48, 2013, pp. 75-93. 14 Come già Otto Hintze aveva capito, cfr. O. Hintze, Machtpolitik und Regierungsverfassung, in Staat und Verfassung, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1970, pp. 424-456. 15 Cfr. J. Ruggie, Territoriality and beyond: problematizing modernity in international relations, in «International Organization», n. 47,pp. 139-174. Sullo ius publicum europaeum si veda C. Schmitt, Il Nomos della Terra, Milano, Adelphi, 1991, pp. 261 ss. 3 definito territorial trap16, cioè una «trappola» che comprende una serie di assunti geografici che favoriscono la naturalizzazione dello spazio dello Stato e che considera il territorio come un dato naturale e lo Stato come un contenitore senza tempo che ospita processi economici e politici. Lo studio delle dinamiche di deterritorializzazione contribuisce, così, a portare alla luce come campo di indagine i moderni processi di territorializzazione che, in modi differenti, oltrepassano la nozione giuridica della sovranità territoriale. Da questo nuovo interesse hanno preso avvio alcune linee di ricerca. Innanzitutto, la storia dello Stato viene inserita fin dall'origine in un orizzonte mondiale e il rapporto tra Stato e territorio viene considerato alla luce del colonialismo e della dominazione imperiale, producendo uno spiazzamento della storia eurocentrica della sovranità17. In secondo luogo, vengono messe in luce quelle mediazioni amministrative che sono un necessario complemento della sovranità affinché si produca e mantenga quel dominio sul territorio18 che viene erroneamente considerato come un presupposto della sovranità.

In quest'ottica, si tratta di studiare quell'insieme di istituzioni giuridico-politiche e di governo che hanno come obiettivo la territorializzazione19 del potere politico e che producono e conservano con ciò l'organizzazione territoriale dello Stato. In terzo luogo, si è prodotta un'autoriflessione critica della geografia stessa come la disciplina che ha fornito gli strumenti ideologici  oltre a tecniche quali il survey e la rappresentazione cartografica20  per produrre la naturalizzazione del nesso tra Stato e territorio21. La geografia ripensa, così, la sua storia, come la storia di una disciplina

16 J. Agnew, Mastering space. Hegemony, territory and international political economy, London-New York, Routledge, 1995. 17 Si veda in particolare D. Chakrabarty, Provincializzare l'Europa, Roma, Meltemi, 2004; G. C. Spivak, Critica della ragione postcoloniale. Verso una storia del presente in dissolvenza, Roma, Meltemi, 2004. Sugli studi postcoloniali si veda S. Mezzadra, La condizione postcoloniale, Verona, Ombre Corte, 2008. 18 Cfr. S. Elden, The Birth of Territory, Chicago-London, The University of Chicago Press, 2013. 19 Cfr. U. Jureit, Das Ordnen von Räumen. Territorium und Lebensraum im 19. und 20. Jahrhundert, Hamburg, Hamburger Edition, 2012. 20 Cfr. J. Pickles, A history of spaces: cartographic reason, mapping and the geo-coded world, London-New York, Routledge, 2004. 21 Cfr. E. Dell'Agnese, Geografia politica critica, Milano, Edizioni Angelo Guerini e Associati, 2005. «Political geography» scrive Edwar Soja nel 1971 «has traditionally focused upon the sovereign state [...] more so than most other subfields within the discipline, political geography remains firmly locked 4 che ha contribuito storicamente a fornire alla comunicazione politica concetti, narrazioni e tecniche capaci di oscurare l'artificialità della sovranità territoriale.

Il presente lavoro considera la geografia di Carl Ritter e di Ernst Kapp e Johann

Georg Kohl, due geografi che a lui si sono ispirati, nel periodo che va dalle cosiddette

«Befreiungskriege» (1813-15) alla fondazione del Reich (1871). L'ipotesi che muove questo lavoro è che, in questo tornante storico, abbia avuto luogo una riflessione interna alla geografia e una ridefinizione del nesso tra geografia e politica capaci di offrire un contributo tanto importante quanto sottovalutato all'attuale dibattito sulla geografia come disciplina e sulla critica della naturalizzazione delle categorie geografiche alla luce dello spazio globale. Il presente lavoro vuole essere, innanzitutto, la ricostruzione storica dell'incerta istituzionalizzazione della geografia come disciplina. Si tratta di un momento di transizione nella storia della geografia in cui è rilevabile un'intensificazione delle riflessioni sui presupposti e sui fini della scienza e sulla sua sovrapposizione, distinzione o contiguità rispetto ad altre discipline. In questo contesto, cambia anche il rapporto tra geografia e discorso politico, a partire dalla critica della precedente geografia statistica e della sua diretta funzionalità pratica. Considerato in questa prospettiva, Ritter non può essere semplicemente etichettato come il «fondatore» della geografia moderna, così come

Kapp e Kohl non sono semplicemente «anticipatori» di un percorso che approda necessariamente all'istituzionalizzazione della geografia e al suo decollo geopolitico di fine secolo22. L'analisi storica, infatti, consente di cogliere la ricchezza delle possibilità interpretative e dei problemi concettuali che emergono nelle loro opere, in un momento in cui la geografia non è più e non è ancora saldata alla dimensione

into the "statist" tradition within geography with its emphasis on areal differentiation and description of unique characteristics, on the collection of data about countries and regions, and the attempt to derive the best set of categories by which they could be characterized. As a result, many political geography textbooks appear to be little more than catalogues of states and their characteristics (political or otherwise), with incidental notes about current events» (E. Soja, The political organization of space, Washington, Association of America Geographers, 1971, p.1). 22 Cfr. D. Livingstone, The Geographical Tradition. Episodes in the History of a Contested Enterprise, Oxford and Cambridge, Blackwell, 1993; e C. Whiters, Placing the Enlightenment. Thinking Geographically About the Age of Reason, London, The University of Chicago Press, 2007.

5 dello Stato come ciò che, nelle sue differenti forme, ha il monopolio della capacità di ordinare lo spazio. Così, e questo costituisce il secondo caposaldo del presente lavoro, della geografia di Ritter, Kapp e Kohl viene valorizzato soprattutto il ripensamento del nesso tra geografia e politica a partire dalla rivoluzione spaziale che investe i territori tedeschi con l'occupazione napoleonica. Il XIX secolo è il secolo della nazionalizzazione dello Stato in Europa, per cui «con la Rivoluzione Francese entra in vita effettivamente lo Stato moderno, caratterizzato da unità di territorio, popolo e potere statale, con sovranità interna ed esterna»23. Assumere la territorializzazione come un processo e non come un dato consente di mostrare le complesse dinamiche spaziali implicate in questa nazionalizzazione, che prevede un rapporto con il territorio differente rispetto a quello dello Stato assolutistico e cetuale del secolo precedente, tanto dal punto di vista della legittimità quanto dell'efficienza.

In questo contesto, il caso tedesco risulta emblematico se si vuole considerare la storia dello Stato a partire dalla critica della sua forma. Come scrive Fernand

Braudel, «lo spazio, fonte di spiegazione, mette in discussione in una volta tutte le realtà della storia, tutte le parti pregnanti della sua estensione: gli Stati, le società, le culture, le economie. E a seconda che si scelga l'uno o l'altro di questi "insiemi", il significato e il ruolo dello spazio si modificheranno»24. Lo «spazio tedesco» è costituito da differenti spazi, in parte sovrapposti, in parte non coincidenti. Una volta esploso l'assetto territoriale dell'antica società per ceti, si presenta, innanzitutto, lo spazio confederale del Deutscher Bund e dei singoli Stati che lo compongono. Vi è poi lo spazio della nazione come Kulturnation, di cui viene indagata la storia, rintracciata la provenienza, criticata la frammentazione e che viene costruita, per quanto in maniere differenti, come la base presente di una futura unificazione. Infine, c'è lo spazio dello Zollverein, l'unione doganale instaurata nel 1834, all'interno della quale è

23 W. Reinhard, Geschichte der Staatsgewalt. Eine vergleichende Verfassungsgechichte Europas von den Anfängen biz zur Gegenwart, München, C. H. Beck Verlag, 202, p. 407. [«Mit der Französischen Revolution trat der moderne Staat endgültig ins Leben, mit Einheitlichkeit von Territorium, Staatsvolk und Staatsgewalt, mit Souveränität nach innen und auβen»]. 24 F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. XV-XVIII secolo, III. I tempi del mondo, Torino, Einaudi, 1982, p. 3. 6 attivo un processo di unificazione della politica economica che comincia ora a essere pensata nella sua dimensione mondiale. Sono così rilevabili differenti spazi storici di unificazione e, contemporaneamente, di differenziazione costituzionale, nazionale ed economica, che pongono il problema dei loro reciproci rapporti. Si tratta di rapporti non consolidati che consentono di vedere la mediazione amministrativa emergere in primo piano proprio là dove questi differenti spazi si incrociano, cioè tra i confini economici dello Zollverein, quelli politici dei singoli Stati e del Deutscher Bund, quelli globali del traffico mondiale e infine i confini storici e culturali di una nazione tedesca che si presenta come unità già data eppure ancora da realizzare. Ciò che le geografie di Ritter, Kapp e Kohl consentono di mostrare è, così, il modo complesso in cui la geografia immagina e definisce il rapporto tra un assetto politico e le caratteristiche geografiche di un spazio non compiutamente territorializzato e la sua organizzazione storica, economica e sociale. A partire da una critica del confine lineare come dispositivo sia politico sia epistemico capace di ordinare lo spazio, quest'ultimo deve essere definito attraverso le relazioni tra gli oggetti che in esso si muovono e si consolidano. Si tratta di un'organizzazione tutt'altro che stabile, il cui ordine e la cui disposizione materiale devono essere pensati attraverso un complesso percorso di ricostruzione storica e morfologica, servendosi degli strumenti discorsivi di molte discipline, con il fine di ricostruire un'oggettività intrinseca alle dinamiche spaziali, di individuare una direzione in movimenti apparentemente casuali che avvengono nello spazio e una logica nel consolidamento dei rapporti tra ciò che lo riempie. Grazie a questa nuova concettualizzazione dello spazio, la geografia introduce nella comunicazione politica termini, concetti e ambiti semantici che prima le erano estranei: essa non fornisce più dati e conoscenze quantitative, essa non è ancora una scienza geopolitica normativa, ma si presenta come l'antefatto obbligato di una politica che non sia artificiale e che sia capace di adeguarsi al movimento storico, la cui oggettività la geografia contribuisce a costruire. Dal punto di vista della comunicazione politica, essa può essere considerata dunque non solo come un laboratorio in cui vengono pensati i concetti, le metafore e le analogie attraverso cui

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«comunicare lo spazio», ma anche come il terreno in cui si contribuisce a «collocare la storia», cioè individuare la logica spaziale delle configurazioni storiche a cui la politica deve adeguarsi se vuole avere un legame più che artificiale con il territorio.

I primi due capitoli sono interamente dedicati a Carl Ritter, in quanto fondatore di un nuovo modo di pensare la geografia che tematizza direttamente il rapporto tra uomo e natura, tra popoli, Stati e ambiente geografico. Il primo capitolo contiene una contestualizzazione dell'opera di Ritter che comprende una biografia intellettuale, un'indagine sulle istituzioni in cui egli è stato attivo a Berlino e una ricostruzione dei dibattiti interni alla geografia dalla metà del Settecento, con l'obiettivo di fornire la base a partire da cui la sua opera può essere compresa. La ricostruzione della vicenda biografica e, soprattutto, del ruolo che Ritter ricopre nella Allgemeine Kriegsschule, nella Friedrich-Wilhlem-Universität, nella Akademie der Wissenschaften e nella

Gesellschaft für Erdkunde zu consentono di valorizzare sia la funzione che egli ha svolto per promuovere la geografia, sia l'eccezionalità di questo assetto storico e istituzionale che non significa tanto l'inizio di una progressiva istituzionalizzazione quanto un momento unico nella storia della disciplina. Inoltre, l'opera di Ritter è interpretata come ciò che offre una via d'uscita all'impasse in cui si trovano i dibattiti geografici dei primi due decenni dell'Ottocento tra «geografi statistici» e «geografi puri», i quali criticano la legittimità dei confini politici esistenti e affermano nuovi confini naturali in vista di una riorganizzazione politica, sull'onda della politica della

Francia rivoluzionaria e di Napoleone. Si tratta di un dibattito che, accanto a un esplicito contenuto politico, dovuto alla vera e propria rivoluzione spaziale che investe i territori tedeschi, avvia una rielaborazione concettuale del metodo e della natura della geografia stessa come disciplina. Per completare il percorso di contestualizzazione, l'opera di Ritter è infine messa in comunicazione con il discorso nazionale e la valorizzazione di quello che viene definito da Fichte il «confine interno», cioè quello linguistico.

Nel secondo capitolo, entriamo in quello che abbiamo definito «il laboratorio di una geografia del movimento storico». Qui viene proposta una lettura dell'opera

8 principale di Ritter, cioè la Erdkunde im Verhältnis zur Natur und Geschichte des

Menschen che valorizza la funzione centrale in essa del concetto di rapporto, in quanto ciò che permette di pensare lo spazio non a partire dai confini ma dalle connessioni, più o meno intense, che ne costruiscono l'infrastruttura e che tolgono la superficie terrestre e le sue forme dallo statuto di assetti interamente casuali e privi di significato etico. Innanzitutto, si analizza il sostrato filosofico della geografia dei rapporti, soffermandosi sulla componente teologica della Erdkunde e sui debiti nei confronti della Naturphilosophie di Friedrich Schelling e del metodo pedagogico di

Heinrich Pestalozzi. A partire dall'idea, costruita filosoficamente, della Terra come individuo organico, Ritter muove la sua battaglia contro l'artificialità delle classificazioni geografiche a lui contemporanee che ignorano il movimento interno e la costante interazione, visibile e invisibile, fisica e spirituale, tra gli elementi che riempiono lo spazio. In secondo luogo, si considera la funzione dell'elemento storico nella Erdkunde come ciò che consente a Ritter di tradurre l'idea dei rapporti tra gli spazi in un processo storico di individualizzazione che ha come esito la differenziazione dello spazio mondiale in regioni storico-naturali. L'elemento storico della Erdkunde viene indagato sia stabilendo un parallelo con la contemporanea ridefinizione delle discipline storiche sia analizzando l'effetto che la storicizzazione dell'oggetto della geografia ha sulla teoria dello spazio contenuta nella Erdkunde.

L'importanza dell'elemento storico viene inoltre messa in luce mostrando la rilettura ritteriana della teoria dei climi e il suo debito rispetto all'interpretazione herderiana di Montesquieu. Emerge così un nuovo modo, non meccanico-causale, di pensare il rapporto tra uomini e condizioni geografiche. Il clima e la conformazione naturale non determinano direttamente le caratteristiche fisiche e morali degli uomini e la collocazione assoluta di un popolo nello spazio non è sufficiente per comprendere le cause della sua differenziazione rispetto ai popoli limitrofi. Affrontando più direttamente il metodo descrittivo della Erdkunde, si mostra poi che la combinazione tra fattori naturali e umani, implicata in una considerazione storica dello spazio geografico, offre un principio di organizzazione del materiale e una cornice al cui

9 interno vengono descritti i diversi processi storico-culturali. Questa descrizione viene posta in seguito in relazione con altre due aspetti dell'importanza dell'elemento storico nella Erdkunde, cioè l'inserimento di ogni regione all'interno di un processo storico-universale, che viene considerato attraverso un'analisi della specifica lettura che ne dà Hegel, attento lettore di Ritter, nella Weltgeschichte, e nel movimento progressivo in direzione di un'unificazione tecnica, economica e culturale del mondo.

Infine, si conclude con due esempi che permettono di considerare il rapporto tra le intenzioni programmatiche e l'effettiva descrizione geografica, cioè un'analisi le monografie di Produktenkunde, la scienza dei prodotti e la descrizione di una parte dell'India, cioè la penisola del Deccan.

Il terzo capitolo è dedicato all'opera di Ernst Kapp che, pur non avendo un ruolo di rilievo nell'organizzazione istituzionale avviata da Ritter, continua in maniera particolarmente originale la prospettiva da lui per la prima volta formulata. La proposta che Kapp formula nella sua Philosophische Erdkunde è considerata, innanzitutto, alla luce della peculiare combinazione tra quelle che definisce le sue fonti principali, cioè Ritter e Hegel. Il risultato di questa duplice affiliazione è una dottrina dei rapporti che ha al centro lo Stato, non tanto come principio d'ordine dello spazio geografico, ma come creazione di una seconda natura nel processo di trasformazione della natura in spirito che costituisce la Weltgeschichte. Utilizzando gli strumenti forniti da Ritter, Kapp si dedica allo studio della componente spaziale dello Stato e, in generale, del rapporto tra uomo e mondo, contribuendo a definire l'oggetto della geografia come lo spazio terrestre in relazione ai bisogni e ai fini degli uomini. Dopo aver indagato le premesse metodologiche della Philosophische

Erdkunde, che producono un originale ripensamento del rapporto tra geografia fisica e geografia politica, esse vengono messe alla prova considerando la sua descrizione della Germania. Qui si concentra l'attenzione, in particolare, sulla sua definizione come Mitte dell'Europa, una qualificazione non nuova ma che ora non viene pensata più in base alla logica dell'equilibrio dello jus publicum europaeum, ma in senso geografico, come spazio di transito, di progresso, come spazio localmente

10 cosmopolitico e orientato tanto verso l'unificazione nazionale quanto verso lo sviluppo di una politica mondiale. A partire dalla Philosophische Erdkunde viene inoltre analizzato il saggio che Kapp scrive a ridosso del 1848 Der constituirte

Despotismus und die constitutionelle Freiheit, intervenendo nel dibattito costituzionale.

Qui egli formula, sulla base della prospettiva geografica, una critica a una politica artificiale, che caratterizza tanto l'antica società per ceti, quanto il centralismo amministrativo dello Stato francese. Il discorso politico reso possibile dalla prospettiva geografica non è dunque solo lo sfondo «ideologico» che legittima il movimento verso l'unità nazionale, ma fornisce anche un sapere sull'organizzazione istituzionale dello Stato. Infine, si analizza la Kulturgeographie di Kapp in cui egli considera il progressivo superamento delle distanze grazie ai trasporti, alla comunicazione e alla cultura, in direzione di una completa trasfigurazione della natura che porterà a un orizzonte autenticamente globale.

Il quarto capitolo, infine, è dedicato alla «geografia del traffico» di Johann Georg

Kohl, che assume e sviluppa le innovazioni ritteriane per formulare la prima geografia dei trasporti e degli insediamenti. La geografia del traffico viene studiata, innanzitutto, facendo attenzione a come l'armamentario concettuale apprestato da

Ritter viene piegato per indicare le tipologie di superficie terrestre e la loro differenziazione in relazione al traffico. L'idea di regione storico-naturale come organismo individuale viene utilizzata per indicare un sistema con una certa omogeneità caratterizzato da un determinato rapporto tra Verkehr-Ansiedelung-

Gestaltung der Erdoberfläche, con un centro che attrae tutte le parti del sistema e agisce in continuazione per rendere efficaci i confini dell'insieme che funzionano come confini solo nella misura in cui impongono una barriera naturale al traffico umano.

Dall'analisi della geografia del traffico e degli insediamenti emerge la compresenza di una ricostruzione storica del modo in cui nella lunga durata si sono costruiti i sistemi di trasporto e di insediamento e delle modalità in cui una disposizione consolidatasi nel tempo, ad esempio una città, può funzionare come centro e dunque organizzare intorno a sé il circondario, secondo un principio di integrazione

11 funzionale che produce uno spazio artificiale. In questo modo, si insiste nel mettere in luce il modo in cui, nei testi di Kohl, emerge l'idea di una logica organizzativa spaziale che non corrisponde a un piano, che non è sempre evidente ma che è l'unica ad avere possibilità di resistere nella durata. In questo contesto, il traffico è ciò che produce uno spazio di unificazione che tendenzialmente si espande, grazie alla riduzione delle distanze attraverso i trasporti. Contemporaneamente, però, come dimostra lo studio di Kohl delle vie di comunicazione in generale e, in particolare, dei fiumi, egli mette in rilievo il fatto che il miglioramento delle comunicazioni produce una specifica organizzazione spaziale differenziata al suo interno. D'altra parte, dallo studio geografico del traffico si mostra la necessità di una serie di misure amministrative che superano i confini dei singoli Stati, seguendo i canali che sono forniti dalla natura per il movimento di individui e merci, adeguandosi ad essi, piuttosto che a una misura politica artificiale quale quella che considera il sovrano proprietario del territorio e responsabile del suo ordine interno. Nella contrapposizione tra politica artificiale e politica adeguata al movimento storico viene riconosciuta la base della particolare geografia politica di Kohl. L'assetto spaziale delle società umane ha una sua necessaria configurazione dovuta al rapporto con determinate differenze naturali in riferimento al traffico. Rispetto a queste, la politica artificiale è arbitraria proprio perché non sa leggere l'ordine geografico degli spazi iscritto nella superficie terrestre e risultato di un lunghissimo movimento storico dei popoli. La combinazione di queste differenti logiche organizzative dello spazio viene messa alla prova attraverso un'analisi dei testi di

Kohl sulle città di Francoforte e Berlino e del suo scritto sul fiume Reno, che consente, in aggiunta, di considerare la sua posizione in merito al dibattito sui confini artificiali e naturali. La soluzione di Kohl, come quella di Ritter, spiazza i termini dell'alternativa: dal punto di vista del traffico i sistemi fluviali più che confini sono centri di organizzazione della vita nazionale e, contemporaneamente, obiettivi centrali dell'attività amministrativa. La critica di Kohl ai confini lineari, infine, viene

12 considerata alla luce della sua descrizione dei confini della Germania, in cui emerge in primo piano la mobilità di questi ultimi e il loro carattere «conteso».

In conclusione, l'analisi delle opere di Ritter, Kohl e Kapp viene considerata in relazione all'opera di Ratzel che, in seguito all'unità nazionale, pone le basi per una nuova e potente saldatura tra geografia e politica. Ciò consente innanzitutto di mostrare le vicissitudini di concetti e termini che per la prima volta vengono formulati o utilizzati in senso geografico dagli autori presi in considerazione in questo lavoro. Quest'operazione, inoltre, permette di mostrare l'irriducibile complessità e ricchezza della riflessione di questi autori rispetto alla prospettiva geografico-politica di Ratzel. Attraverso il protagonismo indiscusso della dimensione statale, la geografia ratzeliana elimina una serie di possibilità interpretative e fa retrocedere una serie di problemi concettuali, problemi e possibilità che risultano di particolare rilievo oggi, nel contesto di una ridefinizione dello spazio globale in quanto irriducibile a logiche organizzative territoriali e di una riscrittura della storia stessa della moderna territorializzazione.

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Capitolo I

IL CONTESTO STORICO, BIOGRAFICO E ISTITUZIONALE DELLA

ERDKUNDE DI CARL RITTER

1. Interpretazioni dell'opera di Ritter

Già nel 1833, nelle sue Reisenovellen, lo scrittore tedesco Heinrich Laube descrive l'attività di Ritter di invenzione e promozione della geografia con queste parole1:

«egli ha inventato la geografia. È Carl Ritter. Prima di lui era una conoscenza basata su tabelle [Tabellenkenntnis], attraverso di lui è diventata una scienza, e anzi probabilmente la più interessante del mondo. La Terra ha acquisito nelle sue mani una vita spirituale ricchissima. [...] Ritter rendeva vivente la Terra di fronte al suo uditorio in maniera tanto interessante, quanto non è mai riuscito alla più lussureggiante idealistica»2. Alfred von Cronsaz nella sua Geschichte des Königlich

1 Tutte le traduzioni delle citazioni da testi non tradotti in italiano sono mie e vengono sempre accompagnate dal testo originale in tedesco. Nel caso in cui, invece, sia stata pubblicata una traduzione italiana si utilizza quella esistente. 2 H. Laube, Reisenovellen, Leipzig, Wigand, 1834, p. 314. [«Vor ihm war sie eine Tabellenkenntnis, durch ihn ist sie eine Wissenschaft geworden, und zwar vielleicht die interessanteste der Welt. Die Erde hat in seinen Händen tausendfaches geistiges Leben gewonnen. [...] Ritter belebt die Erde vor seinem Auditorium so interessant, wie es die üppigste Idealistik nicht vermöchte»]. Come si vedrà il tema della vitalità che Ritter si prefigge di infondere nella materia della Erdkunde è un elemento fondante della sua impresa. Questo aspetto è inseparabile dalla straordinaria capacità pedagogica sulla quale si tornerà in seguito, ma che è utile in via introduttiva riportare attraverso le stesse parole di Laube. Durante le lezioni di Ritter «der Baum spricht, das Blatt lehrt, der Stein, das fremde Tier, das Meer und die fremden Völkerschaften erwecken Gedanken und helfen der Forschung. Jeder, der just nachmittags über den Opernplatz geht, kann den hochgewachsenen Mann mit schwarzem Frack in die Universität schreiten sehen. [...] Er handhabt sie wie eine leichte Kugel auf dem Katheder. Mit einem Stückchen Kreide zeichnet er ferne Länderstriche rasch und charakteristisch an die Tafel, während die Quellen aus der ältesten und der neuesten Literatur, aus indischen, griechischen und englischen Schriftstellern zitiert werden. Die Kriegs- und Völkerzüge, die den Landstrich hier belebten, hört man vorüberrauschen, man sieht die Tiere jene Gegenden vorüberschreiten, die Menschen treten in ihrer Besonderheit auf, die Sternenwelt, Nebel und Winde geben der Landschaft ihr Gepräge, eine farbige, lebendige, schattierte Welt wird innerhalb einer Viertelstunde neu geboren. 15

Preuβischen Kadetten-Corps, parlando in generale dell'influsso positivo che Ritter ha esercitato sull'organizzazione didattica della Kadettenschule, scrive che «egli è senz'altro il creatore della geografia scientifica, egli ha, inoltre, infuso vita e spirito alle lezioni del Corpo dei Cadetti»3. Nel 1848, nel suo Conversations-Lexicon, Hermann

Julius Mayer alla voce «Geographie» parla dell'«impatto epocale»4 esercitato dall'opera di Ritter. Wilhelm von Humboldt scrive in una lettera del 1830 a Charlotte

Diede a proposito di uno studio della Terra che riesca a risultare piacevole perché capace di considerare la relazione tra essa e il genere umano, «conosco un libro che soddisfa interamente queste condizioni. È l'Erdkunde di Ritter. È uno dei libri più geniali e ricchi di spirito che sono comparsi da tempo»5. Questi sono solo alcuni esempi dell'entusiasmo con cui l'opera e l'attività didattica di Ritter vengono accolti dai suoi contemporanei, un riconoscimento attestato anche dal riferimento alla sua opera nell'introduzione della maggior parte delle opere geografiche dei decenni centrali del XIX secolo. Ritter diventa il punto di riferimento obbligato per chiunque voglia occuparsi di geografia negli Stati tedeschi e non solo6.

Ein Schwamm fährt darüber hin, der Weg geht weiter, ein neuer Erdteil zieht an unseren Augen vorüber» (H. Laube, Reise, cit., pp. 314-315). 3 A. von Cronsaz, Geschichte des Königlich Preußischen Kadetten-Corps nach seiner Entstehung, seinem Entwicklungsgange und seinen Resultaten, Berlin, Heinrich Schmücker, 1857, p. 303. [«Wie er überhaupt als Schöpfer der wissenschaftlichen Geographie ist, so hat er auch speziell im Kadetten-Corps den geographischen Unterricht belebt und durchgeistigt»]. 4 H. J. Meyer, Das grosse Conversations-Lexicon fur die gebildeten Stande : In Verbindung mit Staatsmannern, Gelehrten, Kunstlern und Technikern herausgegeben, Amsterdam, Paris und Philadelphia, Hildburghausen, Druck und Verlag des Bibliographischen Instituts, 1848, p. 495. [«Epochenmachenden Nachwirkung»] 5 W. von Humboldt, Briefe an eine Freundin, Brief vom 7. 9. 1830, 2 voll., Leipzig, Insel, 1909, p. 139. [«hier weiβ ich ein Buch welches diese Bedingungen ganz erfüllt. Das ist Ritters Erdkunde. Es ist eines der geistesvollsten und genialsten Bücher, die seit langem erschienen sind»]. Humboldt prosegue scrivendo che «Ritter behandelt die Erdkunde oder Geographie auf eine ganz neue Weise, theilt die Erde in ihre natürlichen Gebiete von Gebirgen, Thälern und Strömen ab, und bringt überall das aus der Geschichte bei, was den allgemeinen Zustand des Menschengeschlechts schildert, ohne die einzelnen kleinlichen politischen Händel einzugehen» (ibidem). 6 Tra i più importanti esempi della fama internazionale di Ritter, nonché fautori della diffusione delle opere di Ritter all'estero, vi è innanzitutto il geografo anarchico francese Eliseé Reclus, il quale frequenta le lezioni di Ritter a Berlino nel 1851 e nel 1859. La sua opera principale è La nouvelle géographie universelle: la terre et les hommes (Paris, Hachette, 1876-94), un'opera monumentale in 19 volumi. A diffondere l'opera di Ritter negli Stati Uniti è il geologo svizzero Arnold Guyot che, trasferitosi oltre Oceano, pubblica nel 1852 in inglese una raccolta di scritti di Ritter: Geographical Studies, by Late Professor Carl Ritter of Berlin, Cincinnati, Van Antwerp, Bragg&Co, 1852. Guyot è anche 16

Al di là dell'unanime riconoscimento del genio ritteriano e forse proprio per l'eccezionalità che caratterizza la sua opera, non sono da ignorare le difficoltà che la sua ricezione presenta anche per i suoi contemporanei. Si crea, infatti, una situazione

contesa è l'individuazione di quali siano gli elementi effettivamente nuovi da lui introdotti. Ad esempio, Johann Gottfried Lüdde, autore di una delle prime Geschichte der Erdkunde (1841) che, non a caso, viene scritta proprio in questo periodo, sostiene che

raramente è capitato che un singolo uomo abbia in così poco tempo, nel tempo della sua vita, esercitato una tale influenza, un tale impatto, e perciò non può nemmeno sorprendere se troviamo nella letteratura geografica il nome di Carl Ritter sempre di nuovo citato7.

Subito dopo, però, aggiunge che, nonostante tutti i riferimenti all'opera di Ritter, essa «è davvero letta e conosciuta da pochissimi»8. Nella recensione a Die Vorhalle europäischer Völkergeschichten vor Herodotus, um den Kaukasus und an dem Gestaden des

autore di un'opera che indaga la relazione tra uomo e terra e risente della forte influenza delle idee di Ritter: The Earth and Man. Lectures on Comparative Physical Geography in its Relation to the History of Mankind (1849), New York, Arno, 1970. Dal 1854 al 1880 è professore di geografia fisica e di geologia a Princeton, occupando così la prima cattedra di geografia degli Stati Uniti. Solo nel 1867 è disponibile in lingua inglese una completa biografia di Ritter. Cfr. W. L. Gage, The Life of Carl Ritter, New York, Charles Scribner & Co., 1867. Importante per la diffusione di Ritter negli Stati Uniti è anche Daniel Coit Gilman, suo studente a Berlino, il quale sia come professore alla Yale University sia come preside della Johns Hopkins University si occupa della promozione della Erdkunde e in particolare della necessaria combinazione tra geografia e storia (cfr. J. K. Wright, Daniel Coit Gilman: Geographer and Historian, in «Geographical Review», vol. 51, n. 3, 1961, pp. 381-399). 7 J. G. Ludde, Die Geschichte der Erdkunde: Eine Abhandlung über ihr Wesen und ihre Literatur. Mit einem beurtheilenden, ausführlichen Verzeichniss der methodologischen Schriften über die Erdkunde, Berlin, Reimer, 1841. p. 102. Si tratta di un'opera particolarmente importante perché consente di fare una valutazione d'insieme della produzione geografica del periodo. [«Selten mag es wohl der Fall gewesen sein, daβ ein einziger Mann in so kurzer Zeit, bei seinen Lebzeiten, solche Einwirkung, solchen Einfluß geübt hat, und daher kann es auch nicht befremden, wenn wir in der geographischen Literatur immer wieder den Namen Carl Ritter [...] aufgestellt antreffen»]. 8 Ibidem. [«von so unglaublich Wenigen wirklich gelesen und gekannt wird»]. 17

Pontus9, l'opera a maggiore contenuto storico scritta da Ritter, l'orientalista Johann

Gottfried Eichhorn scrive: «bisogna ora occuparsi con diligenza di ciò che il genio ha solo adocchiato e tratteggiato a grandi linee, metterlo alla prova nei suoi singoli elementi, ripulirlo, emendarlo, completarlo, spiegarlo, dimostrarlo e confutarlo»10.

Un'analoga difficoltà ermeneutica si incontra nei lettori di Ritter della generazione a lui successiva, impegnati in un dibattito in merito alla natura della disciplina e alle strade in direzione della sua istituzionalizzazione scolastica e accademica11. Nel contesto di una crescente distinzione tra Natur- e Geisteswissenschaften, la geografia

all porsi come mediatrice e garante dell'unità della scienza, in quanto capace di unire storia e natura. In questo contesto, Ritter viene riconosciuto come colui che ha avviato la geografia verso l'indagine dei rapporti tra l'uomo e la Terra, con un deciso orientamento in direzione delle Geisteswissenschaften. Ciò non risolve, tuttavia, il problema ermeneutico che riguarda i singoli contenuti nell'innovazione ritteriana. Si consideri, ad esempio, l'articolo di − che pure si dichiara erede di una tradizione di pensiero circa il rapporto tra uomo e natura che da Herder attraverso Ritter arriverebbe a lui −, scritto in occasione del centenario della nascita di

Ritter. Ratzel registra, innanzitutto, la distanza tra gli elogi entusiastici al fondatore della geografia e la scarsa conoscenza dell'opera di Ritter, che rendono quegli elogi simili a vuote formule piuttosto che ad autentiche attestazioni di un debito intellettuale12

9 C. Ritter, Die Vorhalle europäischer Völkergeschichten vor Herodotus, um den Kaukasus und an dem Gestaden des Pontus. Eine Abhandlung zur Alterthumskunde, Berlin, Reimer, 1820. 10 J. G. Eichhorn, Besprechung von Carl Ritters Vorhalle, in «Göttingische gelehrte Anzeigen», vol. 1, 1820, pp. 289-304, p. 292. [«Was Genie erspäht und in großen Umrissen dargestellt hat, dem muss nun der Fleiß nachgehen, es einzeln prüfen, läutern, berichtigen, ergänzen, erklären, bestätigen und widerlegen»]. 11 Su questo si veda H. D. Schultz, Die Geographie als Bildungsfach im Kaiserreich: zugleich ein Beitrag zu ihrem Kampf um die preussische höhere Schule von 1870-1914 nebst dessen Vorgeschichte und teilweiser Berucksichtigung anderer deutscher Staaten, Osnabruck , Selbstverlag des Fachgebietes Geographie im Fachbereich Kultur- und Geowissenschaften der Universitat Osnabruck, 1989. 12 F. Ratzel, Zu Carl Ritters hundertjährigem Geburtstage. Abdruck aus der Beilage zur Allgemeinen Zeitung, Augsburg, (19 August 1879) in Id., Kleine Schriften, vol. I, Berlin, Verlag R. Oldenbourg, pp. 377-428. 18 quanto egli valorizzi l'impresa complessiva di Ritter e il suo ésprit de system, nonché

limitato a indicare «ciò che bisognerebbe fare e tutt'al più a dare indicazioni sul

"come?" o anche a introdurre alcuni propri risultati provvisori, piuttosto che lasciare davvero del lavoro di prima mano e approfondito»13. Il geografo Hermann Wagner, professore presso l'Università di Königsberg prima e di Göttingen poi, scrive nel 1910 che, nonostante il suo notevole talento come insegnante, Ritter non ha inventato nessuna nuova geografia. Infatti, egli ha certamente innovato il modo in cui complessivamente vengono concepiti i compiti della Erdkunde, ma, anche a causa del suo metodo espositivo che offre ampie panoramiche piuttosto che esempi dettagliati

«solo raramente [Ritter] si è soffermato sul metodo di ricerca o ha fatto riferimento ai punti in cui la conoscenza era ancora lacunosa»14.

Un aspetto del problema ermeneutico a cui si sta facendo riferimento riguarda certamente la divaricazione crescente tra scienze naturali e scienze dello spirito a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. Il maggiore problema nella ricezione dell'opera di Ritter riguarda l'individuazione dei singoli elementi di novità che essa introduce nella descrizione della Terra, per quanto riguarda sia il metodo sia il contenuto. Tendenzialmente unanime è, invece, il riconoscimento di una complessiva ridefinizione dei compiti e dello statuto della Erdkunde che, da sapere compendiaristico e solo ausiliario rispetto ad altre discipline, mira ad acquisire una

Qui scrive, riguardo alla contraddittorietà del grande riconoscimento ricevuto da Ritter: «es gibt in der modernen Wissenschaft überhaupt wenige Verdienste, denen solche absolut höchste Ruhmestitel beigelegt werden können, und diese hier klingen in ihrer Allgemeinheit etwas hohl. [...] Daß es sich aber gerade in diesem Fall um Übertreibung aus mangelnder Sachkenntnis handelt, das erkennt man aus den näheren Ausführungen, die solchen Trompetenstößen zu folgen pflegen» (Ivi, p. 380). 13 Ivi, p. 395. [«Was zu thun wäre, und höchstens Andeutungen über das "Wie?" oder auch einige eigene vorläufige Ergebnisse hinzuzufügen, die eigentliche tiefgrabende Frischearbeit die Ausschälung des Wahrheitskerns aber der Zukunft zu überlassen»]. 14 H. Wagner, Die Pflege der Geographie an der Berliner Universität im ersten Jahrhundert ihres Bestehens, 1810-1910, in «Petermanns Geographische Mitteilungen», n. 56, vol. II, 1910, pp. 169-176, p. 170. [«Nur selten führte er in die Methode der Forschung ein oder wies er auf die Lücken der Erkenntnisse hin»]. È utile fin da subito notare che si tratta di un giudizio non pienamente giustificato. In molti casi, non da ultimo nel dibattito con Julius Fröbel di cui si parlerà in seguito, Ritter definisce la Erdkunde una scienza in costruzione, che dovrà essere portata a completamente nel futuro, proprio perché ha un oggetto storico che quindi cambia nel tempo. 19 sua autonoma scientificità. La complessità dell'interpretazione dell'opera di Ritter è del resto riconducibile ad alcuni caratteri della sua produzione. La seconda edizione della sua opera principale Die Erdkunde im Verhältnis zur Natur und Geschichte des

Menschen con i suoi 21 volumi consta di più di 20. 000 pagine. Pur nella sua ampiezza

progetto complessivo che, benché dovesse essere composto solo da 12 volumi, non doveva essere costituito solo dalle descrizioni di e Asia da lui effettivamente pubblicate, ma comprendere tutti i continenti. Considerato il grado di approfondimento con cui si avvia la seconda edizione, il progetto della Erdkunde è talmente ambizioso da non poter essere portato a termine nello spazio di una vita.

Inoltre, la già menzionata Vorhalle europäischer Völkergeschichten, che si concentra sulla storia e la geografia della regione del Mar Nero, doveva condurre Ritter alle soglie dell'Europa, secondo un percorso conoscitivo ma anche storico-geografico. Anch'essa

è, tuttavia, un'opera incompiuta, che consta solo del primo di due volumi. Il carattere eccessivo della geografia ritteriana produce un effetto di spaesamento in chiunque si lasci guidare da una concezione progressiva e unilineare della storia della scienza e dei concetti. Come attribuire a Ritter lo scettro di fondatore di una disciplina se la sua opera è stata trattata come una sorta di enigma anche da coloro che si sono dichiarati suoi allievi? Del resto, come è possibile considerare ciò che Ritter ha complessivamente introdotto nella geografia senza poter selezionare le sue singole innovazioni teoriche?

In sede introduttiva è utile segnalare altri due elementi che contribuiscono a delineare il carattere enigmatico dell'opera ritteriana. Nonostante fosse nei suoi progetti iniziali, Ritter non è mai arrivato a pubblicare un'opera sull'Europa15. In una

15 Come si vedrà, abbiamo un frammento di un'opera pubblicata negli anni di Göttingen esclusivamente a uso dei suoi allievi e le lezioni tenute all'Università di Berlino in merito alle quali, tuttavia, sorgono numerosi problemi interpretativi perché è non è accertata la fedeltà del resoconto alle effettive lezioni ritteriane. ci sono molteplici problemi ermeneutici che riguardano la fedeltà della riproduzione alle effettive lezioni ritteriane. Nella prima metà dell'Ottocento, la geografia dell'Europa, per quanto riguarda sia i suoi confini interni sia i suoi confini esterni era molto controversa e non era un caso che si trovassero più di frequente opere geografiche su altri continenti. Cfr. I. Schröder, Das Wissen von der ganzen Welt. Globale Geographien und räumliche Ordnungen Afrikas und Europas 1790-1870, 20 lettera al geologo Johann Gottfried Ebel del 1818 Ritter scrive: «tutta la mia forza è diretta nel presente alla patria tedesca [das deutsche Vaterland], la cui trattazione mi promette la più grande ricompensa»16. Alla fine, però, non arriverà mai a darne una completa e compiuta descrizione. Insistendo sul fatto che l'essenza degli spazi sta nel rapporto con ciò che li circonda ed è riconoscibile, come vedremo, solo procedendo per comparazioni che consentono di mettere il luce differenze e analogie, non è un caso probabilmente che Ritter finisca per dedicarsi tutta la vita a regioni esterne all'Europa, incapace così di individuare e descrivere l'essenza della patria tedesca.

Non per questo, tuttavia, dovrà essere sottovalutata l'importanza degli strumenti che la Erdkunde mette a disposizione del discorso politico, anche se in maniera indiretta.

La collocazione della produzione geografica di Ritter nei dibattiti teorico-politici del suo tempo, all'interno e oltre la disciplina geografica, non può essere ricostruita in maniera lineare ma esige un lavoro di ricostruzione del contesto biografico e culturale nonché la ricerca di alcuni elementi chiave nella sua immensa produzione che investono temi, come quello dei confini o della descrizione naturale o politica dello spazio, che se pure non hanno un diretto significato politico, si spiegano però solo a partire dall'esigenza di ripensare lo spazio geografico indipendentemente dalla cornice dello Stato territoriale, esigenza che interpella la geografia in maniera nuova e in relazione a nuove forme di legittimazione del potere dello Stato e delle sue pratiche amministrative.

Il secondo elemento di difficoltà, legato a quelli già enunciati, è che non si può parlare propriamente di una scuola ritteriana, nonostante il gran numero di geografi che dichiarano di averlo come principale riferimento intellettuale. Significativo è, a questo proposito, quanto succede dopo la sua morte, avvenuta nel 1859, quando viene avviata la selezione per sostituirlo alla Friedrich-Wilhelm Universität di

Berlino. Otto sono i candidati proposti per prendere il suo posto, tre berlinesi e

Paderborn, Schöningh, 2011. In particolare si veda su questo il capitolo V, Globale Geographien Europas, pp. 199-259. 16 Pubblicata su «Die Erde», Berlino, n. 90, 1959, p. 25. [«Meine ganze Kraft ist gegenwärtig auf das deutsche Vaterland gerichtet, dessen Bearbeitung mir die allergrößte Belohnung verspricht»]. 21 cinque esterni17. La commissione non riesce, però, a decidersi per nessuno dei candidati e la cattedra di Ritter rimane scoperta per quindici anni, finché viene affidata a uno dei candidati, il cartografo antico Heinrich Kiepert, nel 1874. Una scelta che non solo è evidentemente tardiva, ma che sembra significare un arretramento verso un'idea ancora ausiliaria di geografia18. Anche alla Kriegsakademie, in cui Ritter insegna per trentatré anni Allgemeine Geographie, alla sua morte l'insegnamento, già affiancato da qualche anno da una sempre più progredita geografia fisica, viene convertito in Staatenkunde. Come si vedrà nell'analisi delle opere di Ernst Kapp e di Johann Georg Kohl, i suoi interpreti più originali presentano delle profonde differenze rispetto all'impostazione di Ritter, tanto da collocare anche l'innegabile ripresa di temi, problemi e concetti ritteriani in un orizzonte comunque laboratoriale di riflessione sulla geografia e sul suo rapporto con la storia e con la politica.

Alla difficoltosa valutazione dei contemporanei o immediati successori di Ritter si accompagna un'analoga ambivalenza nelle interpretazioni degli studiosi

17 Il primo candidato è Ferdinand Müller (che Ritter durante il suo viaggio estivo aveva designato come suo Vertreter), studente di Ritter alla Allgemeine Kriegsschule. Il secondo è , la cui candidatura a una cattedra universitaria, dopo il suo ritorno dal Nord Africa, viene sostenuta senza successo da Ritter. Fallirà anche il suo tentativo di introdurlo come membro dell'Accademia delle scienze di Berlino, mentre diventerà uno dei membri più attivi della Gesellschaft für Erdkunde di Berlino. Heinrich Kiepert, un importante cartografo storico che Ritter riesce a far rimanere a Berlino nonostante fosse stato chiamato a insegnare a Monaco. È colui che si occupa della parte cartografica della Römische Geschichte di Theodor Mommsen. A questi tre nomi da Berlino se ne aggiungono altri cinque da fuori. Heinrich Wilhelm Dove, a quel tempo rettore all'Università, era l'unico dell'idea che bisognasse cercare qualcuno da fuori Berlino. Il primo è uno dei primi allievi di Ritter, cioè Carl Eduard Meinicke, direttore del Ginnasio di Prenzlau. Le sue monografie geografiche sull'Australia e sulle isole del Pacifico si rifanno alla Erdkunde. Negli anni '40 Meinicke punta a una cattedra a Berlino ma non riesce a ottenerla. Svolge la sua attività matura presso il Verein für Erdkunde di Dresda. Il secondo è Johann Eduard Wappäus, dal 1845 professore straordinario e dal 1854 professore straordinario di «Geographie und Statistik» a Göttingen. Il suo successo dipende soprattutto dagli scritti statistici più che geografici e, in particolare, dagli scritti sulla colonizzazione. Il terzo è Hermann Adalbert Daniel: allievo di Ritter non godeva, in particolare dopo la pubblicazione imprecisa e parziale delle lezioni di Ritter, di particolare fama. Un altro candidato esterno era Carl Neumann, geografo storico e studioso della colonizzazione greca del Mar Nero, nonché grande ammiratore di e professore straordinario a Breslau dal 1863. Infine, il famoso August Petermann, allievo di Berghaus a Potsdam e collaboratore del Geographische-kartographische Anstalt di Justus Perthes a Gotha. Grazie alla sua attività, Gotha diventa un centro di produzione del sapere geografico. 18 Su Heinrich Kiepert si veda J. Partsch, Heinrich Kiepert. Ein Bild seines Lebens und seiner Arbeit, Leipzig, Druck und Verlag von B. G. Reubner, 1901. 22 contemporanei. Da una parte, soprattutto nelle opere di storia della geografia tradizionale, egli è considerato come il «genio della geografia», secondo il sottotitolo della sua più importante biografia19. Insieme ad Alexander von Humboldt egli sarebbe l'indiscusso protagonista della cosiddetta «epoca classica» della geografia.

Pur rimanendo all'interno di questo schema, alcuni interpreti accentuano maggiormente la componente filosofica della sua opera20, quella di storia culturale ed etnologica21 o gli aspetti propriamente geografici22. Se si entra nel merito di quelle che sarebbero le effettive novità della proposta ritteriana, anche in quegli studi che sono più interni alla storia della geografia non c'è un giudizio unanime. Si riscontra, inoltre, una certa difficoltà interpretativa di fronte alle componenti spiritualistiche e religiose dell'opera di Ritter che non si conciliano immediatamente con il ruolo che gli viene ascritto di fondatore di una moderna disciplina scientifica. A uno sguardo più approfondito la stessa definizione di epoca «classica» della geografia risulta enigmatica. Se con «classico» si intende un modello e una misura, l'opera fuori misura di Ritter lo rende fin dall'inizio inimitabile e non emblematico. Se «classico» significa che ha gettato le fondamenta di una nuova concezione della scienza geografica questo è certamente vero, come si vedrà, perché la sua opera costituisce un ricco laboratorio di nuove nozioni. Non si comprenderà però l'opera di Ritter se si cercherà in essa un'opera scientifica in senso contemporaneo, perché l'idea di scienza a cui essa si ispira è quella di una Wissenschaft a cavallo tra enciclopedismo illuministico e idealismo. In quest'ottica, un problema della letteratura contemporanea su Ritter è la sua collocazione piuttosto in un contesto ancora illuministico o romantico o già orientato verso un tendenziale positivismo. Nella sua opera sono presenti, infatti, tanto elementi della tradizione storico-naturale dello studio sei e settecentesco della Natura quanto una prospettiva scientifica basata sulla

19 Cfr. H. Beck, Ritter Genius der Geographie. Zu seinem Leben und Werk, Berlin, Reimer Verlag, 1979. 20 A. Schach, Carl Ritter (1779-1859). Naturphilosophie und Geographie: Erkenntnistheoretische Uberlegungen, Reform der Geographie und mögliche heutige Implikationen, Munster, Lit Verlag, 1996. 21 H. Schmitthenner, Studien über Carl Ritter. a. M, W. Kramer, 1951. 22 M. Buttner, Carl Ritter. Zur europaisch -amerikanischen Geographie an der Wende vom 18. zum 19. Jahrhundert, Paderborn, Schoningh, 1980. 23 storicizzazione del sistema naturale e sulla necessità di affiancare a una prospettiva naturalistica una storico-antropologica. Non è dunque possibile affrontare l'opera di

Ritter applicando una rigida griglia interpretativa che separa i differenti paradigmi o correnti di pensiero, nonché ciò che è moderno da ciò che è premoderno. Rimane dunque aperto il problema di comprendere il rapporto tra la portata globale della

Erdkunde come Wissenschaft, e il suo oggetto globale per eccellenza, cioè la Terra nel suo complesso e le singole innovazioni concettuali e metodologiche che avranno una loro evoluzione successiva indipendente dall'opera dello stesso Ritter. «Classico», infine, non significa nemmeno un momento iniziale da cui poi ci si sarebbe distanziati per opposizione o accrescimento. Ritter introduce alcuni elementi nella

Erdkunde i quali, ad esempio, riceveranno una potente risignificazine da parte di

Ratzel in quanto saranno piegati all'orizzonte esclusivo dello Stato post-unitario; oppure, alcuni aspetti della sua opera si presentano ora come attuali, cioè nel momento in cui la geografia è tornata a parlare a più discipline differenti impegnate nella comprensione delle dinamiche interne e delle articolazioni dello spazio globale.

Negli ultimi anni, proprio sull'onda di questo rinnovato interesse al problema dello spazio, la anodina classicità di questo periodo della sua storia è stata guardata da prospettive differenti e meno schematiche. Uno dei più originali interpreti odierni

è Hans-Dietrich Schultz che in Die Ordnung der Dinge23 considera la combinazione, nell'opera ritteriana, di rifrazioni di una società agraria, pre-moderna e di una società in via di trasformazione verso l'industrializzazione e, in generale, il progresso scientifico. Egli individua così la tensione costitutiva della geografia ritteriana cioè quella tra un'affermazione delle specificità locali e una contemporanea insistenza sul movimento storico, economico e tecnico come componente essenziale del rapporto moderno tra uomo e mondo. Eppure l'interpretazione di Schultz non entra nel

23 H. D. Schultz, Die Ordnung der Dinge in der deutschen Geographie des 19. Jahrhunderts, in «Die Erde», n. 131, 2000, pp. 221-240. Schultz in un altro articolo conferma la difficoltà con cui venne accolta l'opera ritteriana: non è mai mancato chi mettesse radicalmente in discussione che Ritter abbia esercitato la funzione di fondatore di una nuova direzione della disciplina. Cfr. H. D. Schultz, Carl Ritter. Ein Gründer ohne Gründerleistung? in Carl Ritter - Geltung und Deutung. Beitrag des Symposiums anläßlich der Wiederkehr des 200. Geburtstages von Carl Ritter, November 1979 in Berlin (West), Berlin, Dietrich Reimer Verlag, 1981, pp. 55 ss. 24 laboratorio ritteriano e fa leva, così, su un'interpretazione piuttosto semplicistica del nesso foucaultiano tra sapere e potere, nonché del concetto di ideologia nel momento in cui la scienza dovrebbe «rispecchiare» una o l'altra forma di società o una loro peculiare combinazione24.

Iris Schröder, invece, offre una lettura dell'opera di Ritter a partire dall'odierna storia globale. Nel suo Das Wissen von der ganzen Welt25, Schröder considera parallelamente la geografia tedesca, inglese e francese del XIX secolo con lo sguardo rivolto alla costruzione e diffusione di modi di pensare lo spazio nella sua globalità.

Schröder analizza in maniera comparativa le geografie di Carl Ritter, di Conrade

Malte-Brun e di John Pinkerton individuando in esse il segno di un rinnovamento complessivo della geografia in direzione di una sistematica geografica che organizzi in maniera nuova e più scientifica il materiale. Si tratta di tentativi che sarebbero ancora caratterizzati da una mescolanza asistematica di elementi moderni e pre- moderni, anticipazioni e resti del passato. Anche le analisi del geografo italiano

Franco Farinelli26 hanno contribuito a portare l'attenzione di studiosi non specialisti sulla figura di Carl Ritter e a considerarne in maniera innovativa l'apporto. Egli rimane fedele all'idea di un'epoca della geografia classica in cui spiccherebbero le opere di Alexander von Humboldt e Carl Ritter, caratterizzate dall'aspirazione a costruire un'intuizione complessiva della natura, cioè una rappresentazione unitaria

24 Sul rapporto tra sapere e potere si veda M. Foucault, La volontà di sapere, Milano, Feltrinelli, 1988. Sul concetto di ideologia si veda P. Schiera, Discorso politico e ideologia, in «Scienza & Politica», vol. 24, n. 47, 2012, pp. 11-30. 25 I. Schröder, Das Wissen von der ganzen Welt: Globale Geographien und räumliche Ordnungen Afrikas und Europas 1790-1870, Paderborn, Schoningh, 2011. 26 F. Farinelli, I segni del mondo. Immagine cartografica e discorso geografico in età moderna, Scandicci, La Nuova Italia, 1992. Farinelli definisce come «geografia borghese» l'insieme di tendenze che rimettono in discussione il modo tradizionale di classificare le singole porzioni dello spazio terrestre. La consapevolezza dell’impossibilità di superare la geografia aristocratico-feudale dello spazio senza la critica della riduzione della geografia a semplice misurazione costituisce, secondo Farinelli, l’eredità che la «geografia pura» trasmette alla successiva Erdkunde di Ritter e Humboldt. Farinelli insiste, in particolare, sul carattere fortemente teoretico della loro geografia, soprattutto quella ritteriana in cui solo un'ipotesi pre-scientifica riesce a garantire l'unità dell'oggetto d'indagine. Alla centralità della problematica epistemologica, Farinelli lega il messaggio più proprio della Erdkunde che consisterebbe «nella presa d’atto dell’impossibilità per qualsiasi nuovo soggetto sociale d’imporsi nel campo del sapere senza preliminarmente garantirsi sul piano gnoseologico, senza dimostrare innanzitutto la propria legalità di soggetto conoscente» (ivi, p. 131). Di Farinelli si veda anche La crisi della ragione cartografica: un'introduzione alla geografia della globalizzazione, Torino, Einaudi, 2008. 25 di tutti gli aspetti del mondo naturale. A differenza del successivo trionfo del positivismo, inoltre, essi proporrebbero una forma di scienza costitutivamente provvisoria perché connessa alla limitatezza del soggetto conoscente27 e in quanto dotata di un profondo contenuto teorico. Entrambi si installerebbero come eccezioni all'interno di una corrente di riduzione della Terra a spazio geometrico cartografabile.

Queste nuove interpretazioni si collocano nell'ambito del rinnovato interesse per il sapere geografico che caratterizza il cosiddetto spatial turn. Benché costituiscano i contributi più originali tra gli studi recenti dell'opera ritteriana, in quanto cercano di dare una spiegazione dell'enigmaticità ed eccentricità della Erdkunde nello scenario tanto della storia della scienza quanto della storia dei concetti, essi non considerano in maniera abbastanza approfondita e nel suo contesto storico il laboratorio ritteriano, per discernere quali siano le innovazioni lessicali e concettuali che egli lascerà in eredità ai geografi della generazione successiva. Inoltre, solo attraverso un'analisi di questo tipo sarà possibile, nei capitoli successivi, analizzare come l'innovazione concettuale contenuta nella Erdkunde contribuisca a produrre nuove modalità di pensare e comunicare lo spazio nel discorso politico sullo Stato e sulla società.

La considerazione della produzione di Carl Ritter dovrà, dunque, necessariamente seguire due binari. L'analisi del contenuto della sua opera non potrà prescindere da una sua puntuale collocazione nel contesto biografico, istituzionale e storico in cui è inserito. Di seguito sarà quindi tracciata una biografia, con particolare attenzione agli incontri che furono intellettualmente rilevanti per la formazione e l'attività di ricerca di Ritter. Particolare attenzione sarà prestata alla considerazione dei luoghi in cui la sua attività si è svolta a Berlino, cioè la Allgemeine Kriegsschule, la Friedrich-Wilhelm-

Universität di Berlino, nonché della Akademie der Wissenschaften e della Gesellschaft für

27 Anche J. Osterhammel nel suo Die Entzauberung Asiens. Europa und die asiatischen Reiche im 18. Jahrhundert (München, Verlag C. H. Beck, 2010) parla di Ritter come una propaggine dell'Aufklärung nel XIX secolo. Se non lo facesse, difficilmente funzionerebbe la sua netta scansione tra un Settecento cosmopolitico e un Ottocento eurocentrico. 26

Erdkunde zu Berlin. Come vedremo, gran parte della sua fama è dovuta non solo alla sua attività di insegnante, ma anche alla sua funzione di nodo centrale di una enorme rete di corrispondenza e di promozione scientifica del sapere geografico.

2. Ricostruzione biografica

a. Gli anni della formazione e dell'insegnamento a Francoforte e Göttingen

Ritter nasce il 6 agosto 1779 a Quendlinburg, una città che dal 1803 fa parte del territorio prussiano28. Dopo la morte del padre medico quando Ritter è ancora un bambino, nel 1784, la madre decide di mandare lui e il fratello Johann alla scuola di

Schnepfenthal diretta dal pedagogo Christian Gotthilf Salzmann, che accoglie gratuitamente i due giovani e il loro educatore Johann Christoph Friedrich

GuthsMuths29. Ritter rimane undici anni a Schnepfenthal, dove viene educato secondo il metodo formulato da Salzmann formula ispirandosi alle teorie pedagogiche di Rousseau, fondato sul contatto diretto con la natura, anche per mezzo di attività pratiche, e sulla partecipazione attiva dello studente al processo di apprendimento. Nel 1796 Ritter si trasferisce a Halle per studiare

Kameralwissenschaften30, ospite di August Hermann Niemeyer, un lontano parente di

28 La fonte principale da cui si è tratta questa biografia è H. Beck, Carl Ritter Genius der Geographie, cit. Inoltre di enorme rilevanza è la biografia che raccoglie frammenti di lettere e racconti di contemporanei scritta da Gustav Kramer, Carl Ritter. Ein Lebensbild nach seinem handschriftlichen Nachlass, Halle, Verlag der Buchhandlung des Waisenhauses, 1875. Inoltre, si sono presi come riferimento H. Richter, a cura di, Carl Ritter. Werk und Wirkungen. Beiträge eines Symposiums im 200. Geburtsjahr des Gelehrten, Gotha, 1983 e K. Lenz, a cura di, Carl Ritter. Geltung und Deutung. Beiträge des Symposiums anläßlich der Wiederkehr des 200. Geburtstages von Carl Ritter, November 1979 in Berlin (West), Berlin, Dietrich Reimer Verlag, 1981. Particolarmente importante per la collocazione di Ritter nel suo contesto intellettuale e storico è L. Zögner, a cura di, Carl Ritter in seiner Zeit, Berlin, Staatsbibliothek Preussischer Kulturbesitz, 1979. 29 Educatore e pedagogo, noto per aver teorizzato l'inserimento dell'educazione fisica nel percorso di studi. Scrive alcune opere di geografia tra cui la più importante è Handbuch der Geographie (1810), si distingue, inoltre, tra i più accesi critici della geografia pura. Probabilmente gioca un ruolo determinante nello stimolare Ritter allo studio della geografia. 30 Sulle scienze camerali si veda P. Schiera, Il cameralismo e l'assolutismo tedesco. Dall'arte di governo alle scienze dello Stato, Milano, Giuffré, 1968. Prima l'educazione relativa all'amministrazione dello Stato comprendeva uno studio di quella letteratura politica volta a istruire il Principe nell'arte di migliorare 27 sua madre e professore di teologia. I suoi studi universitari vengono finanziati da

Johann Jacob Bethmann-Hollweg, un banchiere e commerciante francofortese, in cambio dell'impegno a diventare precettore dei suoi figli una volta terminati gli studi. Tra i corsi universitari che segue, è di particolare rilievo per la sua formazione il corso di statistica di Matthias Christian Sprengel, il principale esperto tedesco dell'India, allievo di Schlözer e Achenwall a Göttingen, e collaboratore di Friedrich

Büsching, con cui lavora per completare i volumi della Erdbeschreibung sulla penisola indiana, nonché cognato e collaboratore di Johann Reinhold Forster31. A Halle

Sprengel dà avvio a uno dei primi «Geographisch-historisches Seminar», che Ritter frequenta.

Dal 1798 al 1813, a parte alcuni soggiorni in Svizzera e in Italia, Ritter rimane a

Francoforte come precettore in casa Bethmann-Hollweg. Il rapporto con uno dei suoi due allievi, August Bethmann-Hollweg, diventa presto molto stretto e tale resterà per tutta la vita, con importanti risvolti professionali per Ritter. La carriera di August sarà, infatti, brillante: laureatosi in diritto civile prima a Göttingen, poi a Berlino, diventa qui allievo di Carl von Savigny nell'alveo della scuola storica del diritto. Nel

1819 ottiene a Berlino l'abilitazione in diritto civile e nel 1823 diventa professore ordinario32, poco dopo la nomina dello stesso Ritter. Come si vedrà, la sua

il suo stato in riferimento a tutti gli aspetti di esso, in quanto unificati funzionalmente nella persona del Principe. A partire dalla fine del Settecento, l'obiettivo diventa quello di fondare in modo chiaro e sistematico i principi o anche solo le tecniche, gli ambiti di interesse e di attività dello Stato, i quali esistono di per sé, obiettivamente in rapporto all'esistenza di uno Stato concreto e non al servizio dell'interesse di un principe. «Lo Stato non indica più come un tempo, genericamente, la situazione politica, in senso ampio, del Principe, ma si va trasformando in un ente dotato di vita propria, e a tal fine organizzato ed operante concretamente» (Ivi, p. 129). La cameralistica costituisce, secondo Schiera, il punto di passaggio da una concezione all'altra, che contiene elementi antichi ed elementi nuovi. 31 Insieme scrivono dal 1781 al 1799 i Beiträge zur Länder- und Völkerkunde (14 voll.), dal 1790 al 1794 i Neue Beiträge e dal 1794 al 1800 Auswahl der besten Ausländischen Geographischen und Statistischen Nachrichten zur Aufklärung der Länder- und Völkerkunde (14 voll). Inoltre, egli è revisore e in gran parte autore della sezione dedicata alla Geographie von Indostan und Dekan della Erdbeschreibung di Friedrich Büsching. Si parlerà ancora di Sprengel alla fine del secondo capitolo quando si tratterà la descrizione ritteriana del Deccan. 32 Nel 1848 è uno dei co-fondatori del partito conservatore e diventa presidente del «Central- Ausschuss für soziale Reform in Berlin». È tra i fondatori del «Preußisches Wochenblatt» e dal 1852 al 1855 diventa il leader del «Wochenblattpartei». Dal 1858 al 1862 è Kultusminister nel Gabinetto della «Neue Ära». 28 mediazione sarà importante per la chiamata di Ritter alla Allgemeine Kriegsschule di

Berlino.

La casa Bethmann-Hollweg e in generale i circoli scientifici di Francoforte offrono a Ritter la possibilità di fare conoscenze importanti per la sua formazione e per indirizzare i suoi interessi verso la Erdkunde33. Nel 1807 conosce Alexander von

Humboldt, poco dopo i geologi Johann Gottfried Ebel e Leopold von Buch.

Particolarmente fruttuoso è l'incontro con Samuel Thomas Sömmering, riconosciuto come iniziatore, insieme a Johann Friedrich Blumenbach, dell'anatomia comparata34.

Il figlio di Sömmering, Wilhelm, diventa allievo di Ritter insieme ad August e il contatto tra lui e il padre continua negli anni tanto che, ad esempio, Ritter si impegnerà personalmente nella promozione di una nuova invenzione di Sömmering, cioè una forma rudimentale di telegrafo elettrico, nel 180935.

Grazie a questo entourage ma anche per un talento particolare per il disegno e l'insegnamento, Ritter si orienta in maniera sempre più decisa verso la geografia, fin da subito con una certa originalità. Per le lezioni a casa, egli elabora dei metodi propri e, in particolare, alcune carte tematiche che raffigurano l'Europa e sono pensate come strumenti ausiliari per l'insegnamento. Tra queste vi è una delle prime carte a rilievo, particolarmente apprezzata dai suoi giovani allievi. Tra il 1804 e il

1807 pubblica un'operetta, rimasta incompleta, sull'Europa che già rivela la sua tendenza a oltrepassare il carattere meramente compendiaristico della geografia e il suo impegno a completare la descrizione con spiegazioni storiche che possano

33 In particolare, Ritter è membro della «Museums-Gesellschaft» di Francoforte di cui è anche segretario e dove tiene numerose conferenze, che toccavano i temi più vari: ad esempio parla del pittore francofortese Prestel, della vita di Raffaello o dei monumenti antichi di Köln. Cfr. F. Ratzel, Zu Karl Ritter hundertjährigem Geburtstage, cit., p. 321. 34 Cfr. S. T. Sömmering, Vom Bau des menschlichen Körpers, Frankfurt am Main, 17991-96; e J. F. Blumenbach, Handbuch der vergleichenden Anatomie, Heinrich Dieterich, Göttingen 1805. Come si avrà modo di dire più diffusamente in seguito, l'anatomia comparata di Sömmering è un riferimento importante per una Erdkunde che si vuole, appunto, vergleichend, comparata. 35 Si tratta di un telegrafo che funziona attraverso la decomposizione elettrochimica dell'acqua, un invenzione che precede quella del telegrafo elettrico da parte di Samuel Morse nel 1837. Tutto questo si collega anche a quanto verrà detto in seguito circa lo spazio del futuro che la Erdkunde vuole programmaticamente inserire nella trattazione geografica: uno spazio fatto di trasporti e comunicazioni sempre più agili che trasformano le distanze e, così, la configurazione stessa dello spazio. 29 restituire la vita [Lebendigkeit] al materiale trattato36. La produzione più originale di questo periodo sono, però, le Sechs Karten von Europa pubblicate nel 180637. Questa raccolta costituisce il primo esempio di un insieme di carte tematiche dedicate a un intero continente. Quattro carte riguardano la distribuzione dei prodotti, delle terre coltivate, della flora, della fauna e altre due  che oggi definiremmo di «geografia economica»  rappresentano la distribuzione e la densità della popolazione in

Europa38. Essa si rifà alle mappe sulla distribuzione delle razze elaborate da Buffon e da Blumenbach. Si tratta di una serie molto originale, che si rifà alle mappe sulla distribuzione delle razze elaborate da Buffon e da Blumenbach e prefigura la crescente importanza che le carte tematiche acquisiranno nel corso del XIX secolo, per la loro capacità di fornire in un piano di rappresentazione sincronico la diacronia di certi processi, siano essi di diffusione o di differenziazione39.

Sempre nel 1806 Ritter pubblica un breve scritto a proposito dell'insegnamento della geografia, cioè Einige Bemerkungen über den methodischen Unterricht in der

Geographie, in cui afferma che essa è una scienza basata sull'esperienza, che descrive la situazione presente della terra secondo tre punti di vista: la geografia matematica, la geografia fisica o natürliche Erdbeschreibung e la geografia economica o bürgerliche

Erdbeschreibung, ovvero Erdkunde. Alla base di questo scritto, così come della raccolta di carte tematiche, c'è quella preoccupazione pedagogica che resterà centrale in tutta la sua successiva produzione geografica. Per tre volte nel 1807, nel 1809 e nel 1811/12

Ritter fa visita al pedagogo svizzero Johann Heinrich Pestalozzi nella sua scuola di

Iferten e, fino alla sua morte, i due intrattengono un fitto scambio epistolare. Le teorie

36 Si tratta in generale di una produzione piuttosto classica, che ancora si basa quasi esclusivamente sui confini naturali. 37 Su queste si veda G. Engelmann, Carl Ritters «Sechs Karten von Europa», in «Erdkunde», vol. 20, n. 2, Giugno, 1966, pp. 104-110. 38 Su questa si veda I. Schröder, Carl Ritters Sozialgeographie Europas um 1800, in R. Hohls, I. Schröder, H. Siegrist, a cura di, Europa und die Europäer: Quellen und Essays zur modernen europäischen Geschichte, Stuttgart, Steiner, 2005, pp. 175-181. 39 Le carte di Ritter anticipano infatti quello che è il primo Atlante tematico, cioè il Physikalischer Atlas di Heinrich Berghaus pubblicato tra il 1838 e il 1848 su richiesta di Alexander von Humboldt come illustrazione del suo Kosmos. Sull'Atlante di Berghaus si veda J. R. Camerini, The physical atlas of Heinrich Berghaus. Distribution maps as scientific knowledge, in R. Mazzolini, a cura di, Non-verbal Communication in Science Prior to 1900, Firenze, L. S. Olschki, 1993, pp. 479-512. 30 pedagogiche di Pestalozzi hanno un'importanza fondamentale sia per la formazione dell'apparato discorsivo del patriottismo tedesco, sia nella delineazione dei principi che dovevano stare alla base della nuova istruzione universitaria, inaugurata con la fondazione dell'Università di Berlino. Al centro del metodo pestalozziano vi è l'idea che l'educatore debba conoscere le leggi della natura, in modo tale da svolgere una funzione di guida per gli allievi che devono comunque scoprire autonomamente le forze naturali affinché avvenga una conciliazione tra esse e la propria natura interiore. Il metodo di insegnamento consiste, dunque, nel riconoscere e nel seguire il corso della natura [der Gang der Natur]40. Come si vedrà, le teorie di Pestalozzi avranno un'importanza determinante per Ritter, in particolare per la sua elaborazione di una Erdkunde come forma di scoperta ed esposizione del corso della natura e come strumento della conciliazione tra uomo e mondo.

Dal 1813 al 1819, Ritter vive a Göttingen, dove si trasferisce con gli allievi August

Bethmann-Hollweg e Wilhelm Sömmering perché questi vi frequentino l'Università.

Qui segue a sua volta numerosi corsi universitari: approfondisce, in particolare, la conoscenza delle lingue classiche e legge Fichte, Jean Paul, Schleiermacher, Schlegel,

Creuzer e Herder, tutti autori che saranno determinanti per la formulazione della base storico-filosofica della Erdkunde. Negli anni che precedono il Congresso di

Vienna non si impegna direttamente nelle Freiheitskriege anche se scrive in una lettera che avrebbe voluto farlo, ma che il suo dovere di educatore e la fedeltà verso la famiglia Bethmann-Hollweg lo avevano spinto a rimanere con i suoi allievi. A

Göttingen lavora alla sua prima edizione della Erdkunde che, dopo lunghe ricerche, riesce a pubblicare presso la Reimer Verlag di Berlino, in due volumi, il primo nel

1817 sull'Africa e il secondo, nel 1818, sull'Asia.

Nel 1818 viene accettata la sua domanda per insegnare al ginnasio di Francoforte, anche grazie alla mediazione del suo editore Reimer. Ritter diventa, così, a fine aprile

40 Cfr. H. Pestalozzi, Meine Nachforschung über den Gang der Natur in der Entwicklung des Menschengeschlechts, Zürich, Geßner, 1797. Sul legame tra Ritter e Pestalozzi cfr. E. Deutsch, Das Verhältnis Carl Ritters zu Pestalozzi und seinen Jüngern, Inaugural-Dissertation von Ernst Deutsch, Leipzig, A. Mehnert, 1893. 31 del 1819 professore straordinario di geografia e storia al ginnasio di Francoforte. In questo periodo scrive la sua unica opera interamente storica cioè Die Vorhalle europäischer Völkergeschichten vor Herodotus, um den Kaukasus und an den Gestaden des

Pontus. Eine Abhandlung zur Alterthumskunde, che viene pubblicata a Berlino nel 1820.

Si tratta di un'opera che contiene una serie di ricerche storico-antiquarie sul periodo pre-erodoteo nel Caucaso e sulla costa settentrionale del Mar Nero. Dopo la stesura dei due volumi sull'Africa e sull'Asia il Vorhalle è inteso come uno studio delle connessioni antropologiche, storiche e geografiche che legano l'Asia all'Europa e dunque come preparazione della trattazione della geografia e della storia europee.

Come sappiamo, questo progetto non viene mai portato a termine.

A Francoforte, Ritter riprende contatto con le sue vecchie conoscenze. Tra queste vi è il Generalmajor Ludwig von Wolzogen che, molto interessato alle carte tematiche pubblicate di Ritter, gli propone di farle ridisegnare dagli Ingenieur-

Offiziere di Berlino. A casa Wolzogen ha l'occasione di conoscere e frequentare anche

Wilhelm von Humboldt. Nel 1820, su richiesta del colonnello Adolf Wilhelm von

Lützow e di August Christian Stützer, professore di Kriegsgeschichte, e grazie alla mediazione di August Bethmann-Hollweg e del fratello Johannes Ritter che dirigeva la Nicolaische Buchhandlung di Berlino, gli viene offerta una cattedra alla Allgemeine

Kriegsschule a Berlino. Particolare risonanza aveva avuto, infatti, negli ambienti militari il primo volume della Erdkunde, l'organizzazione storico-naturale dello spazio in essa contenuta e, in particolare, lo studio accurato delle catene montuose.

Nella proposta fatta a Ritter, egli avrebbe dovuto insegnare solo due o tre lezioni alla settimana: ciò significava poco impegno ma anche un basso stipendio. Per questo motivo, il Kriegsministerium gli offre una parallela occupazione all'Università, che gli avrebbe garantito un compenso superiore rispetto a quello ottenuto al ginnasio di

Francoforte, a fronte di un minore carico di lavoro. Alla fine del 1819, la chiamata all'Università di Berlino venne formalizzata e gli viene ufficialmente offerto di diventare professore di «Erd-, Völker-, Länder- und Staatenkunde».

32

3. I luoghi dell'attività scientifica a Berlino

Dal 1820 al 1859, Ritter trascorre quasi ininterrottamente a Berlino quasi quarant'anni di intensa attività scientifica, sia di ricerca sia di diffusione e promozione della Erdkunde. In particolare, sono quattro gli ambienti istituzionali in cui è attivo: la Allgemeine Kriegschule, la Friedrich-Wilhelm-Universität, la Preuβische

Akademie der Wissenschaften e la Gesellschaft für Erdkunde zu Berlin.

Allgemeine Kriegsschule

Ritter insegna alla Allgemeine Kriegsschule per 33 anni, dal 1820 al 185341. La chiamata di Ritter alla scuola militare si inserisce all'interno di una trasformazione complessiva dell'istruzione del corpo ufficiale che è una componente decisiva della riforma dell'esercito in Prussia dopo la caduta dell'Impero nel 1806 e la disfatta dell'esercito prussiano. Questo movimento ha le sue radici nella critica illuministica alla disciplina militare, considerata come parte integrante dell'assolutismo, e contro i privilegi che separavano i militari come ceto dal resto della società, anche ai danni dell'efficienza dell'esercito. Le rivoluzioni americana e francese, nonché le guerre napoleoniche, avevano messo in luce la superiorità di soldati che combattevano per convincimento personale piuttosto che per mestiere42 e i vantaggi tattici di eserciti in cui veniva lasciato grande spazio all'azione e alla responsabilità individuale. Lo spirito di riforma dell'esercito investe anche la formazione del corpo ufficiale, per cui non viene più considerato sufficiente un addestramento puramente mnemonico o meccanico, ma si tratta piuttosto di provvedere all'innalzamento del livello culturale e morale, per sviluppare l'intelletto e la capacità di giudizio43. Alle tradizionali

41 Su questo cfr. C. Ludecke, Carl Ritters Lehrtätigkeit an der Allgemeinen Kriegsschule in Berlin (1820- 1853), Berlin, Verlag fur Wissenschafts- und Regionalgeschichte Engel, 2002. 42 Nel 1814 viene introdotta in Prussia la coscrizione generale obbligatoria. 43 Cfr. quanto afferma Massimo Mori: «il riconoscimento della dipendenza della guerra e delle sue forme di conduzione tecnica da elementi non strettamente militari comportava anche la rivalutazione di qualità del combattente che la tradizione aveva trascurato, quando non espressamente escluso, 33

Kadettenschulen vengono così affiancate, nel 1810, tre Kriegsschulen a Berlino,

Königsberg e Breslau. A partire dal 1816 queste si distinguono anche formalmente dalle scuole superiori e assumono lo statuto di vere e proprie università che possono perciò essere frequentate solo da quegli studenti che hanno già conoscenze sufficienti e la cui ulteriore formazione doveva servire per ricoprire funzioni superiori di servizio. A ciò corrisponde una trasformazione delle materie di insegnamento: accanto alle scienze militari [Militärwissenschaften] l'accento ora era posto su una formazione scientifica generale44. Nel caso della geografia, non è più sufficiente una conoscenza a priori, semplicemente meccanica dei tipi di terreno e delle strategie da applicare di volta in volta, secondo uno schema tipologico. Si deve invece favorire lo sviluppo della capacità di ragionare e di adeguare le azioni a una serie complessa di condizioni naturali e contingenti. Nelle istruzioni decise dalla commissione di studi nel 181645 la geografia, così come la statistica e la storia, non avrebbero più dovute essere un elenco di fatti ma un'indagine delle loro connessioni causali. La valorizzazione della Erdkunde di Ritter rispetto alla tradizionale Terrainlehre e alla

Militärgeographie in quanto separate dalla Kriegsgeschichte, come prospettiva capace di combinare lo studio dell'ambiente geografico con l'elemento storico, inserendosi così in questa generale trasformazione dell'educazione militare. Nelle lezioni di geografia46 alla Kriegsschule, Ritter considera, infatti, il rapporto tra la natura e gli uomini e la reciproca influenza tra la conformazione fisica dei luoghi e lo sviluppo

ritenendole poco consone con la figura del soldato» (M. Mori, La ragione delle armi. Guerra e conflitto nella filosofia classica tedesca 1770-1830, Milano, Il Saggiatore, p. 111). Com'è noto il vero artefice della trasformazione complessiva del modo di organizzare e pensare la guerra è stato Carl von Clausewitz, amministratore capo della Kriegsschule fino all'anno della sua morte nel 1831. Cfr. C. von Clausewitz, Della guerra, Milano, Rizzoli, 2009. Su Clausewitz si veda C. Galli, Guerra, Roma-Bari, Laterza, 2004. 44 Cfr. C. Ludecke, (2002), Carl Ritters Lehrtätigkeit an der Allgemeinen Kriegsschule in Berlin, cit., pp. 53 ss. 45 Capo della commissione era Rühle von Lilienstern (1780-1847), uno degli allievi prediletti di Scharnhorst e autore di un'opera di geografia nonché feroce critico della geografia pura. Cfr. L. J. J. O. A. Rühle, Hieroglyphen oder Blicke aus dem Gebiete der Wissenschaft in die Geschichte des Tages, Dresden und Leipzig, 1811. Dal 1818 al 1820 le materie matematiche vengono innalzate fino a 10 ore settimanali, mentre le materie militari vengono innalzate solo di un'ora. Si hanno dunque 4 ore di Encyclopedie o Wissenschaftskunde; ma nel 1818/1819 vengono già eliminate. Il secondo anno si hanno 12 ore di materie matematiche, 4 di storia della letteratura tedesca e 5 ore per le materie militari. 46 Ritter insegna geografia inizialmente per 5 ore settimanali e, a partire dal 1828, per 4 ore. 34 dei popoli e degli Stati. Egli si preoccupa sia di dare spiegazioni generali sui principali problemi fisici, storici e politici sia di descrivere il particolare utilizzo che si può fare degli elementi naturali a scopi militari. Alle lezioni di geografia si affiancano, dal 1823 al 1825 per 8 ore settimanali, lezioni di storie. In queste, Ritter dopo un'introduzione alle fonti, mostra la stretta connessione tra i popoli e gli Stati e la configurazione locale dei rapporti naturali sotto il cui influsso essi si sono evoluti.

In particolare, presta grande attenzione alla storia antica e al rapporto tra Oriente e

Occidente.

La stima di cui gode Ritter in ambiente militare è dimostrata anche dall'offerta del generale Müfflich di finanziare la produzione delle carte che dovevano accompagnare l'Erdkunde. Tra il 1825 e il 1831 viene pubblicato così l'Atlante dell'Africa stampato dall'Istituto Litografico Reale [Königlichen Lithographischen

Institut], sottoposto al ministero della guerra, e realizzato da Franz August O'Etzel, il capo dell'Ufficio Trigonometrico [Trigonometrischen Bureaus] e professore di

Terrainlehre alla Kriegsschule47.

Friedrich-Wilhelm-Universität

Nel 1820, Ritter diventa anche professore straordinario di «Erd-, Völker-, Länder- und Staatenkunde» alla Friedrich-Wilhelm Universität di Berlino. Egli è il primo professore a dedicarsi interamente all'insegnamento della geografia in ambito tedesco48. L'Università di Berlino viene fondata nel 1810 come risposta alla soppressione delle università di Jena e di Francoforte sull'Oder da parte degli

47 C. Ritter e F. A. O'Etzel, Hand-Atlas von Afrika zur allgemeinen Erdkunde herausgegeben von Carl Ritter und F. A. O'Etzel, Berlin, G. Reimer, 1831. 48 Anche all'Università di Bonn, fondata nel 1818, viene chiamato nel 1828 Georg Benjamin Mendelssohn, in stretto contatto con August von Bethmann-Hollweg, lo studente di Ritter, che successivamente diventa Kurator dell'Università di Bonn. Le lezioni di Mendelssohn sono, però, frequentate da pochissimi studenti. 35 occupanti francesi49. Essa si ispira a un quadro riformatore, fondato sull'ideale humboldtiano dell'unificazione di insegnamento e ricerca in un unico istituto in vista di una formazione non direttamente professionale ma nemmeno slegata dai bisogni del tempo50. La riflessione ritteriana sulla scienza e sulla sua fondazione deve certamente essere letta alla luce del problema della specificità della geografia come disciplina nel sistema delle scienze, ma anche in relazione alla particolare configurazione scientifica che caratterizza l'università tedesca nel Vormärz.

L'insegnamento di geografia viene introdotto già nel 1810 e affidato inizialmente ad

August Zeune51, di cui parleremo a breve, che insegnava sia geografia sia germanistica. Nel 1825 Ritter diventa professore straordinario e viene incaricato quindi di tenere una lezione principale [Hauptvorlesung] più un seminario [Praktikum] di due ore. Mentre le lezioni alla Kriegsschule erano ristrette agli iscritti, le lezioni all'università erano aperte al pubblico. Inizialmente la frequenza ai corsi di Ritter era molto scarsa: al corso del semestre invernale del 1820/21 non partecipa nessuno, un fatto piuttosto indicativo dello scarso interesse che la geografia attirava all'epoca, in particolare per la suo frequente carattere compendiaristico. Successivamente, anche grazie alla partecipazione dei suoi studenti della Kriegsschule e alla crescente celebrità dello stesso Ritter, le lezioni vengono frequentate sempre di più. Ai corsi partecipano anche studenti stranieri e professori di ginnasio mandati dal ministero austriaco per il miglioramento delle lezioni di geografia in Austria. Nel corso del semestre invernale 1833/34 tra gli ascoltatori c'è persino Alexander von Humboldt. Tale

49 Su questa si veda R. vom Bruch, Die Berliner Universität im Kontext der deutschen Universitätslandschaft, Herausgegeben von Rüdiger vom Bruch, Schriften des Historischen Kollegs Kolloquien 76, München Oldenbourg Wissenschaftsverlag GmbH, 2010. 50 Su questo cfr. B. Nitz, a cura di, 1810-2010. 200 Jahre Geographie in Berlin: An der Universität zu Berlin (ab 1810), Friedrich-Wilhelms-Universitat zu Berlin (ab 1828), Universitat Berlin (ab 1946), Humboldt- Universitat zu Berlin (ab 1949), Berlin, Geographisches Institut, 2010 e P. Schiera, Il laboratorio borghese: scienza e politica nella Germania dell'Ottocento, Bologna, Il Mulino, 1987. Sul concetto di Bildung si veda: R. Vierhaus, Bildung, in Geschichtliche Grundbegriffe, vol. I., 1972, pp. 508-511. 51 August Zeune aveva studiato teologia all'Università di Wittenberg, nei primi decenni dell'Ottocento fu uno dei principali sostenitori della geografia «pura», poi dopo l'incontro con Ritter la sua opera abbandonerà i tratti più naturalistici per dedicarsi all'interazione tra popoli e conformazione naturale del territorio. Si vedano su questo le tre differenti edizioni della sua opera principale: Gea. Versuch einer wissenschaftlichen Erdbeschreibung, Berlin, Wittich, 1808, 1811, 1830. 36 crescita di interesse per le lezioni di Ritter si inserisce anche nel contesto del definitivo decollo dell'Università di Berlino che si può registrare negli anni Trenta, per il numero di immatricolazioni, per l'ampiezza e la varietà del corpo docente, «per l'avvio della poderosa opera di riorganizzazione della ricerca e dell'insegnamento attraverso gli istituti e i seminari di nuova creazione, rispettivamente per le scienze naturali e per quelle dello Stato»52.

Per quanto riguarda il contenuto delle lezioni, le Hauptvorlesungen hanno come oggetto in particolare l'Asia e l'Europa e, solo nel semestre estivo del 1844, l'Africa.

Nei seminari Ritter tratta temi differenti come la formazione delle singole parti della terra, la geografia antica della Grecia, dell'Italia e della Palestina, la storia della geografia, dei viaggi e della spedizione al Polo.

Akademie der Wissenschaften

Nel 1822 Ritter diventa membro ordinario della classe storico-filosofica della

Akademie der Wissenschaften53 di Berlino. Nella classe di scienze naturali, Alexander von Humboldt ricopriva un ruolo centrale. Oltre a questo vi è la classe storico- filologica che è uno degli organi in cui si esprimono non solo esponenti della scuola storica del diritto (quali Barthold Georg Niebuhr e Carl von Savigny), ma anche i filologi e gli orientalisti (Friedrich Schlegel e Franz Bopp). Dal numero di relazioni che tiene negli anni in cui è membro dell'Accademia, si può concludere che ha al suo interno una posizione di rilievo54. Nell'ambito della Akademie der Wissenschaften

52 P. Schiera, Il laboratorio borghese, cit., p. 34. 53 Cfr. A. von Harnack, Geschichte der Königlich Preussischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin, Berlin, Reichsdruckerei, 1900. 54 Unidici Vorträge di Ritter vengono pubblicati nelle Abhandlungen della Preußische Akademie der Wissenschaften: nel 1824: Über die Geschichte des Peträischen Arabiens und seiner Bewohner; nel 1826: Über geographische Stellung und horizontale Ausbreitung der Erdtheile; nel 1828: Bemerkungen über Veranschaulichungsmittel räumlicher Verhältnisse bei graphischen Darstellungen durch Form und Zahl; nel 1829, Über Alexander des Großen Feldzug am Indischen Kaukasus; nel 1833, Über das historische Element in der geographischen Wissenschaft; nel 1836, Der tellurische Zusammenhang der Natur und Geschichte in den Productionen der drei Naturreiche, oder: Über eine geographische Produktenkunde; nel 1837, Über die architectonischen Denkmale an der großen Königsstraße zwischen Indien, Persien und Bactrien; nel 1838, Über Seren, Sericum und die Serica der Alten; nel 1839, Über die Verbreitung des Zuckerrohrs in der Alten Welt vor 37 collabora con Georg Heinrich Pertz, Jakob Grimm, Karl Konrad Friedrich Wilhelm

Lachmann e Leopold von Ranke al progetto della collana Die Geschichtsschreiber der deutschen Vorzeit in deutscher Bearbeitung, che prende avvio nel 1843, su iniziativa di

Pertz, il curatore dei «Monumenta Germaniae Historica». Si tratta di un progetto di pubblicazione delle fonti latine medievali in traduzione tedesca che dal 1843 al 1859 porta alla pubblicazione di 37 volumi. Per comprendere l'ampiezza della rete di influenze che si muovono attorno alla figura di Ritter è utile fare riferimento all'articolo che scrive sugli Annalen di Heinrich Berghaus per difendersi dalle accuse mossegli da Fröbel sulla mancanza di originalità della Erdkunde. A ciò Ritter risponde elencando gli autori che, all'interno e all'esterno della disciplina geografica, hanno un debito nei confronti della sua opera55. Di particolare interesse, qui, sono i riferimenti agli autori di altri ambiti disciplinari. Il primo insieme di autori si collocano in un ambito che si può definire di orientalistica, in generale, e orientalistica storica in particolare. Ritter rivendica, innanzitutto, un'influenza su «alcuni capitoli» dell'opera

Symbolik und Mythologie (1810) di Friedrich Creuzer; sull'opera dello storico Johann

Joseph Görres, Das Heldenbuch von Iran aus dem Schah Nameh des Firdussi (1820) per lo studio della scena in cui si svolge la Schah Nameh; nonché sull'Etymologische Versuche für Alterthumwissenschaft und Sprachkunde (1824), di Ludwig F. Heyd, per quanto riguarda lo studio dei «Namenverhältnisse», cioè la storia genetica di alcune denominazioni. Inoltre Ritter rivendica un'influenza anche su Petr von Koeppen,

Alterthümer am Nordgestade des Pontus (1823). Passando all'ambito dell'antropologia,

Ritter afferma che Rudolph Wagner ha attinto dalla sua Erdkunde nella stesura della

Naturgeschichte des Menschen: Handbuch der populären Anthropologie für Vorlesungen und zum Selbstunterricht (1831), così come Adriano Balbi, che significativamente non viene dessen Verpflanzung in die Neue Welt; nel 1843, Über das Land de Zeugma's am Euphrat von Samosata bis Thapsacus; nel 1850, Über räumliche Anordnungen auf der Außenseite des Erdballs und ihre Functionen im Entwicklungsgange der Geschichten. Alcune di queste relazioni, vengono pubblicate dallo stesso Ritter nel 1852 in un libro dal titolo Einleitung zur allgemeinen vergleichenden Geographie und Abhandlungen zur Begründung einer mehr wissenschaftlichen Behandlung der Erdkunde (Berlin, G. Reimer, 1852) che oltre alle lezioni tenute alla Akademie der Wissenschaften contiene due testi del 1818, cioè Einleitung zu dem Versuche einer allgemeinen vergleichenden Geographie e Allgemeine Bemerkungen über die festen Formen der Erdrinde. 55 Si parlerà di questo dibattito nel prossimo capitolo. 38 annoverato tra i geografi, nella composizione dell'Atlas ethnographique du Globe (1826).

Ignaz Paul Vitalis Troxler, nella sua Naturlehre des menschlichen Erkennens, oder,

Metaphysik, (1828), dimostra di attingere alle basi filosofiche della Erdkunde. Così fa anche Georg Friedrich Wilhelm Hegel, nella sua Lezioni sulla filosofia della storia, aspetto che si approfondirà nel prossimo capitolo. Gli ultimi nomi che Ritter menziona fanno parte dell'ambiente militare: il Generale Friedrich Maximilian

Klinger introduce nelle istituzioni militari russe delle novità per quanto riguarda la

Terreinlehre che attinge in particolare dallo studio dei terrazzamenti presente nella

Erdkunde in base alle latitudini e lo stesso fa il già menzionato O'Etzel, cioè il cartografo della Erdkunde che introduce nel suo insegnamento di Terreinlehre i risultati della Erdkunde. Si mostra così una forte rivendicazione del proprio peso specifico e dei carattere innovatori della propria opera riconosciuti in un contesto intellettuale ampio e, soprattutto, multidisciplinare: non è un caso, infatti, che Ritter affianchi alla menzione delle sue influenze nello specifico campo geografico, l'accentuazione dell'ampiezza dell'effetto della sua opera anche oltre la geografia stessa.

Gesellschaft für Erdkunde zu Berlin

Il 18 aprile 1828 viene fondata la Gesellschaft für Erdkunde zu Berlin a partire da una già esistente ma alquanto debole Vereinigung geographisch Interessierter, fondato nel

1809. Ritter viene scelto come direttore e il professor di ginnasio Gottfried Daniel

Stein come segretario. Nel bilancio del primo anno di attività, Ritter espone quali siano secondo lui gli obiettivi della società: la «formazione dell'uomo attraverso il pianeta, e la formazione del pianeta attraverso il genere umano»56. Fino al 1833 egli è praticamente il solo a contribuire costantemente con le sue relazioni alla crescita della

56 C. Ritter, Erste Jährliche Übersicht der Thätigkeit der Gesellschaft für Erdkunde zu Berlin, in «Jährliche Übersicht der Thätigkeit der Gesellschaft für Erdkunde in Berlin» vol. 1, 1833, p. 3-8, p. 3. [«Ausbildung des Menschen durch den Planeten, Ausbildung des Planeten durch das Menschengeschlecht»]. 39 società. Di particolare importanza per essa, ma anche per comprendere la centralità di Ritter nella produzione geografica del periodo, sono le moltissime corrispondenze che egli riceve e pubblica nei resoconti prima annuali e poi mensili del'attività della società57. Inoltre, grazie al suo particolare ascendente, riesce a ottenere l'autorizzazione per pubblicare i resoconti degli ambasciatori tedeschi che riguardano descrizioni che possono contribuire ad ampliare gli orizzonti della

Erdkunde. I membri della società geografica erano alcuni professori dell'Università, ma anche responsabili di importanti istituzioni scientifiche della città: il direttore del giardino botanico, dell'osservatorio astronomico, del museo zoologico, del museo etnografico reale, del museo mineralogico, dell'appena fondato ufficio statistico

[Statistisches Büro], il segretario della Akademie der Wissenschaften, ma anche ufficiali come il Generalmajor e il capo del Generalstab (cioè anche presidente dell'Istituto

Geodetico, che comprendeva anche il «Central-Bureau der europäischen

Gradmessung»). Altrettanto variegato era lo spettro dei temi trattati58.

Se si considera, ad esempio, la composizione interna della Gesellschaft für

Erdkunde zu Berlin fondata nel 1828 e presieduta da Carl Ritter fino al 1854, collaborano attivamente quelli che secondo la vulgata sarebbero geografi fisici e storici, si pensi che i membri più attivi sono il geologo Taddäus Eduard Gumprecht, il fisico e metereologo Heinrich Wilhelm Dove, il cartografo antico Heinrich Kiepert, che succederà a Ritter nella cattedra di geografia all'Università di Berlino e uno dei primi esploratori del continente africano tedesco e allievo prediletto di Ritter,

Heinrich Barth. Si tratta, come è già evidente da questi brevi accenni, di una composizione molto eterogenea che corrisponde alle aspirazioni di raccolta e sistematizzazione complessiva del sapere geografico che anima la Gesellschaft.

57 Se si osserva la pubblicazione dei resoconti dell'attività della società geografica di Berlino si nota una crescita esponenziale sia della produzione, sia delle collaborazioni che la investono. Basti pensare che nel corso degli anni '40 i resoconti da annuali diventano mensili. 58 Non è possibile individuare una posizione politica particolare della Gesellschaft für Erdkunde, ma si può riconoscere un generale moderatismo, come si dimostra nell'opposizione, particolarmente sentita dallo stesso Ritter, all'ammissione come membro nel 1854 di Benno Joachim von Elsner che, dopo il 1848, si era attestato su posizioni conservatrici. 40

Per completare il quadro dei luoghi in cui Ritter svolge la sua attività scientifica non si può non menzionare la sua funzione di istitutore privato del principe Albrecht von Preuβen a cui tiene lezioni di geografia generale e storia. Comincia, inoltre, alla fine del 1825 a tenere lezioni per il principe ereditario Friedrich Wilhelm e sua moglie, la principessa di Baviera, sulla storia della geografia e delle scoperte geografiche. A queste lezioni partecipavano spesso il fratello del re e sua moglie, il generale Karl Friedrich von Knesebeck, il Maggiore von Röder e altri. Nel novembre

1830 Ritter comincia a insegnare storia delle scoperte geografiche al principe ereditario di Baviera in soggiorno a Berlino e nel 1841 al principe ereditario del

Württemberg.

Per quanto riguarda la pubblicazione delle sue opere a Berlino, dopo aver pubblicato il primo volume della seconda edizione sull'Africa (1822) con il titolo completo Die Erdkunde im Verhältniss zur Natur und zur Geschichte des Menschen: oder allgemeine vergleichende Geographie, als sichere Grundlage des Studiums und Unterrichts in physikalischen und historischen Wissenschaften59 trascorrono circa 10 anni prima che venga pubblicato il secondo volume sull'Asia (1832)60. Essa consiste in 19 parti per un totale di 21 volumi: come già anticipato, con più di 20000 pagine la Erdkunde è l'opera geografica più vasta mai scritta fino ad allora.

59 C. Ritter, Die Erdkunde im Verhältniss zur Natur und zur Geschichte des Menschen: oder allgemeine vergleichende Geographie, als sichere Grundlage des Studiums und Unterrichts in physikalischen und historischen Wissenschaften, Berlin, G. Reimer, 1 ed., 1817-1818, 2 ed. 1822-1859. Poco dopo la morte di Ritter vengono pubblicate Die Allgemeine Erdkunde. Vorlesungen an der Universität zu Berlin, Berlin, G. Reimer, 1862 e Europa. Vorlesungen an der Universität zu Berlin gehalten, Berlin, G. Reimer, 1863, tratte dagli appunti presi da alcuni allievi durante le lezioni. 60 Id., Ein Blick in den Zwiespalt der Welt und den Kampf des Menschen, im Blick auf ihren Zusammenhang und auf die Versöhnung, a cura di H. -D. Schultz, Berlin, Arbeitsberichte des Geographischen Instituts Humboldt-Universität zu Berlin, 2004. Id., Europa, ein geographisch-historisch statistisches Gemählde für Freunde und Lehrer der Geographie, für Jünglinge, die ihren geographischen Kursus vollendeten, bei jedem Lehrbuch zu gebrauchen. Nach den neuesten und besten Quellen bearbeitet, Frankfurt am Main, 1804-1807, (2 voll.), Vorrede, pp. V ss.

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4. La geografia settecentesca e il dibattito sui confini

L'interrogativo che sottende la produzione geografica ritteriana è come sia possibile elaborare una scienza geografica del mondo che sia in grado di riprodurne la ricchezza materiale e spirituale e, nel contempo, non abbandoni il terreno dell'indagine empirica. Si tratta di una preoccupazione che lo colloca in quello spazio intermedio tra scienza illuministica, idealismo romantico e positivismo che costituisce tuttora un terreno di scontro interpretativo tra gli storici della scienza61. In questo paragrafo, per completare la contestualizzazione dell'opera ritteriana, si tratteggeranno le linee fondamentali del dibattito interno alla scienza geografica che si sviluppa in maniera particolarmente accesa all'inizio dell'Ottocento e a cui Ritter dà una svolta decisiva. L'ipotesi interpretativa che qui si sostiene relativamente alla novità dell'opera di Ritter è che egli elabori una via d'uscita dall'impasse tra una descrizione fisica del mondo e una sua descrizione politico-statistica in cui il sapere geografico si trova nei primi due decenni dell'Ottocento62. Se sia geografia pura sia

61 Cfr. O. Breidbach, Schelling und die Erfahrungswissenschaften, in «Sudhoffs Archiv», vol. 8, n. 2, 2004, pp. 153-174. Una difficoltà interpretativa per molto versi analoga è, infatti, quella che investe la Naturphilosophie di Schelling. Si veda ad esempio H. Eichner, The Rise of Modern Science and the Genesis of Romanticism (in «PMLA», vol. 97, n. 1, 1982, pp. 8-30) il quale afferma che «in spite of its grandiose claims and the novelty of its deductive procedures, his Naturphilosophie is, in decisive way, a throwback to earlier, prescientific modes of thought» (ivi, p. 21) o ancora: «thus, as far as our knowledge of nature is concerned, the Romantic epistemology was at best a brief episode in the history of Western thought» (ivi, p. 24). Di opinione molto diversa sono tanto Arthur Lovejoy (The Great Chain of Being, Cambridge and London, Harvard University Press, 2001) quanto Michel Foucault, (Le parole e le cose. Un archeologia delle scienze umane, Torino, BUR, 1998). Entrambi sostengono che, intorno al 1800, è individuabile un punto di cesura nella storia della scienza e della filosofia. Secondo il primo, in questo momento si abbandona l'idea plurisecolare della grande catena dell'essere presente nella filosofia, nella scienza e nella teologia da Platone in poi in favore di una storicizzazione della natura. Proprio Schelling e la sua filosofia naturale giocano in questa svolta un ruolo centrale. Secondo Foucault, in questo tornante storico si verifica un passaggio dall'episteme classica a un tipo completamente diverso di episteme, caratterizzato da una nuova modalità di organizzare il materiale che poggia più che sulla classificazione topografica sulla storicità dei suoi contenuti. Come si vedrà, questa storicizzazione emerge potentemente nell'opera di Ritter come vero elemento di novità. Sia per Lovejoy sia per Foucault il movimento romantico è al centro di quest'epoca di transizione. 62 Si tratta di una disputa che ha la sua origine all'inizio del Settecento. Su questo si veda F. Farinelli, I segni del mondo. Immagine cartografica e discorso geografico in età moderna, Scandicci, La Nuova Italia, 1992. Quest'impasse occupa i geografi in ambito non solo tedesco, ma anche europeo. Si veda, ad esempio, l'introduzione al diffusissimo Abrégé de géographie di Adriano Balbi, la cui prima edizione viene pubblicata nel 1833 a Parigi. Qui il geografo italiano affronta nello specifico la possibile 42 geografia statistica definiscono lo spazio a partire dai confini, considerandolo in ultima analisi come un contenitore di oggetti, Ritter si pone per la prima volta il problema di pensare lo spazio a partire non dalla fissità ma dai movimenti degli oggetti che lo riempiono. Per la prima volta, emerge così il problema dello spazio in quanto tale, non perché si fa astrazione dagli oggetti rimanendo con una pura quantità, ma perché l'intensità e il tipo dei rapporti tra gli oggetti in movimento possono essere valutati solo da uno sapere che ne studia le reciproche posizioni.

La prospettiva aperta da Ritter pone le basi per una maggiore autonomia della scienza geografica, in quanto comincia a essere definita una sua specifica oggettività, in particolare grazie alla formulazione del concetto di regione [Naturgebiet] come sistema interconnesso di fenomeni naturali e umani63. Questa specificità tuttavia è evidentemente ancora in costruzione e non raggiunge la qualificazione di fatto geografico [geographische Tatsache] come sarà ad esempio lo Sato per Ratzel. In tale

relazione tra un ordinamento dello spazio basato sulla conformazione naturale e uno rivolta maggiormente ai rapporti politici. A differenza dei contemporanei sostenitori della «geografia pura», Balbi sostiene che i confini politici non possono essere interamente ignorati. La sua descrizione mostra anzi che la prima suddivisione dello spazio, precedente a una sua descrizione fisica, viene dalle distinzioni politiche. Egli, del resto, statistico di formazione, non dà un gran peso alla distinzione tra statistica e geografia che era alla base dei discorsi dei geografi puri e di chiunque volesse innovare il campo della scienza geografica conferendole una certa autonomia. Anche l'opera del geografo francese Conrade Malte-Brun è animata dallo stesso problema di partenza, a cui dà una soluzione che fa affidamento più sulla tecnica di esposizione e composizione letteraria della descrizione che su una ridefinizione concettuale di che cosa sia lo spazio geografico e le sue determinazioni. Nel suo Précis de la géographie egli auspica che la geografia come scienza debba fare riferimento alla natura, intesa come immutabile. Su questo si veda I. Schröder, Das Wissen von der ganzen Welt, cit. 63 L'«invenzione» scientifica del concetto di regione si data a partire dall'opera di Vidal de la Blache (1845-1918), il quale «considered it necessary for geographers to attain a scientific understanding of how the localized phenomena they study are, in fact, interrelated. According to Vidal, the adoption of the biological method would render geography an explanatory, experimental science instead of one that was simply descriptive, based on unspecified organicist metaphors associated with the work of Ritter and Humboldt» (K. Archer, Regions as Social Organisms: The Lamarckian Characteristics of Vidal de la Blache's Regional Geography, in «Annals of the Association of American Geographers», vol. 83, n. 3, Sept. 1993, pp. 498-514, p. 501). Vidal considerava però la geografia come una scienza naturale a tutti gli effetti e il suo organicismo aveva un'ispirazione biologica più che filosofica, come in Ritter. Nondimeno, permane in Vidal de la Blache l'accento sui rapporti: «his holistic approach entails attempting to determine how individual phenomena become unified in these greater wholes. The general process by which this unification takes place, according to Vidal, involves the growth of interrelationships among phenomena» (ivi, p. 501). Sulla storia del concetto di regione si veda M. G. Grillotti Di Giacomo, La regione della geografia. Verso la cultura del territorio, Milano, Franco Angeli, 2011. 43 costruzione la geografia si serve del sapere di altre discipline quali la storia, la filologia, l'anatomia comparata e la biologia.

Per comprendere l'operazione compiuta da Ritter è necessario fare un passo indietro e soffermarsi sui dibattiti che hanno investito la geografia a partire dall'inizio dell'Ottocento. Nelle lezioni di geografia fisica che tiene all'Università di

Königsberg dal 1756 al 179664, Kant sostiene che la conoscenza della Terra è il primo e indispensabile momento dell'educazione del cittadino del mondo. La geografia è quella scienza che si deve occupare della terra come sistema unitario e non come mero aggregato di oggetti. Pur rimanendo, per quanto riguarda i contenuti, nei confini della tradizionale geografia enciclopedica65, la Physische Geographie di Kant introduce un elemento determinante nella geografia successiva: cioè l'elemento del sistema, che riguarda tanto il metodo quanto il contenuto della scienza. Proprio perché pensa la Terra come sistema, la geografia può aspirare a diventare una scienza sistematica e non un mero aggregato di oggetti.

Nei primi due decenni dell'Ottocento si fa particolarmente acceso il dibattito tra due modi radicalmente differenti di pensare le differenziazioni interne allo spazio terrestre e, di conseguenza, la geografia. A ciò bisogna premettere che nel corso del

Settecento la geografia tedesca non esisteva come disciplina autonoma e non era insegnata come tale nelle università66. Le conoscenze geografiche costituivano una parte delle scienze matematiche e fisiche o delle scienze cameralistiche. In questo secondo caso, la geografia fisica era considerata come uno studio propedeutico alla misurazione e classificazione delle risorse e degli abitanti di un determinato Stato. Si trattava di una descrizione prevalentemente quantitativa del territorio che doveva

64 I. Kant, Physische Geographie, a cura di F. Rink, Königsberg, Goebbels und Unzer, 1802, trad. it., Geografia fisica, Milano, Tipografia di Giovanni Silvestri, 1807. Sulle vicende editoriali delle lezioni si veda E. Adickes, Untersuchungen zu Kants physischer Geographie, Tübingen, Mohr, 1911. 65 Il principale modello della geografia di Kant è, infatti, la Geographie Generalis di Bernhard Varenius (1650). Sulla geografia kantiana si veda S. Elden, Reassessing Kant's geography, in «Journal of Historical Geography», 2009, vol. 3, pp. 3-25; S. Elden, E. Mandieta a cura di, Reading Kant's geography, Albany, State University of New York Press, 2011. 66 Kant è uno dei primi a proporre un insegnamento di geografia fisica autonomo rispetto ad altre discipline. E' indicativo il fatto che non ci fossero libri di testo a sua disposizione, tanto che dovette ottenere un permesso speciale per insegnare sulla base dei suoi appunti. 44 servire come preparazione allo studio della storia e del governo67. Queste componenti geografiche erano particolarmente valorizzate negli insegnamenti delle

Accademie militari e delle Handlungsakademie, sempre in direzione della loro diretta funzionalità pratica. Dal punto di vista dell'organizzazione delle scienze e dell'insegnamento essa era inserita, infatti, tra i Realien, cioè i saperi di carattere tecnico-pratico, che hanno a che fare in generale con il mondo empirico e si contrappongono alle scienze umanistiche68.

All'inizio dell'Ottocento, è rilevabile una tendenza diffusa a ripensare l'oggetto della geografia al fine di costruire una scienza che non sia immediatamente utile e che non resti in una posizione ancillare rispetto ad altre discipline. Il primo problema che si pone è quello di trovare un principio di organizzazione dello spazio e della mole crescente di informazioni, resoconti e misurazioni che sono stati raccolti con sempre maggiore intensità durante la seconda metà del Settecento. Come sottolinea

Wolf Lepenies69, a proposito della storia naturale, l'enorme mole di dati che viene accumulata finisce per mandare in frantumi l'idea di un loro possibile ordinamento topografico. Questo problema è uno dei motori del ripensamento delle scienze geografiche, che porta all'elaborazione di un insieme di metodi e discorsi che devono essere in grado di comprendere tanto l'unitarietà del suo oggetto quanto le sue differenziazioni interne.

Tentativi isolati di riforma della geografia in direzione di una sua maggiore unitarietà sono rilevabili già a partire dalla metà del Settecento. Uno dei contributi più importanti in questa direzione viene dall'esterno del mondo accademico: la

Cosmographische Gesellschaft fondata nel 1746 a Nürnberg dalla Hommanischen

Landkarten-Officin cerca di unificare le differenti linee di ricerca in campo geografico.

67 Si veda a questo proposito P. Schiera, Il cameralismo e l'assolutismo tedesco, Milano, Giuffré, 1968. 68 Cfr. H. D. Schultz, Geographie oder Geographien, in «Berichte zur deutschen Landeskunde», vol. 85, n. 4, 2011, pp. 397-412. 69 W. Lepenies, Das Ende der Naturgeschichte. Wandel kultureller Selbstverständlichkeit in der Wissenschaft des 18. und 19. Jahrhundert, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1978. 45

I suoi fondatori sono Johann Michael Franz70, Georg Moritz Lowitz e Tobias Mayer: mentre gli ultimi due si concentrarono sugli aspetti cartografici e astronomici, il primo elabora i lineamenti di una specifica scienza geografica fondata sull'unione di una prospettiva cosmologica, astronomica e geografica. La specificità del punto di vista geografico è la delineazione delle fattezze naturali e del modo di abitare assunto dagli uomini in un determinato paese. Nel 1755, quando Franz viene chiamato a insegnare all'Università di Göttingen, la Cosmographisce Gesellschaft viene trasferita a

Göttingen e nei decenni successivi vi assume un ruolo di grande rilievo Friedrich

Büsching71, uno degli allievi di Franz. Büsching fa di Göttingen il centro del sapere geografico della seconda metà del Settecento. La sua Neue Erdbeschreibung, pubblicata per la prima volta nel 175472, è uno dei libri di geografia più diffusi del periodo. Il contributo di Büsching è importante non tanto per la sua originalità ma per l'enorme lavoro di verifica e raccolta delle fonti compiuto da lui direttamente73 e dai geografi e dagli statistici che fanno parte della sua scuola74. Dal punto di vista teorico, Büsching

70 J. M. Franz, Johann Michael Franz Abhandlung von den Grenzen der bekannten und unbekannten Welt alter und neuer Zeit: Als eine kurze Einleitung zu einer parallelen Erdbeschreibung; nebst einer Landkarte. Nürnberg, Monath, 1762. Michael Franz è anche famoso per aver proposto di istituire un ministero per la misurazione della terra sul modello dei cosiddetti "geografi di Stato francesi": si veda a questo proposito J. M. Franz, Der deutsche Staatsgeographus mit allen seinen Verrichtungen höchsten und hohen Herren Fürsten und Ständen im deutschen Reiche nach den Grundsätzen der Kosmographischen Gesellschaft vorgeschlagen von den dirigierenden Mitgliedern der Kosmographischen Gesellschaft, Frankfurt, Krauss in Wienn, 1753. Si veda anche J. M. Franz, Homannische Vorschläge von den nöthigen Verbesserungen der Weltbeschreibungs-Wissenschaft und einer disfalls bey der Homannischen Handlung zu errichtenden neuen Academie. Nürnberg, Verlag der Homannischen Erben, 1747. 71 Su Büsching si veda P. Hoffmann, Anton Friedrich Büsching (1724-1793) : Ein Leben im Zeitalter der Aufklarung . Berlin: Berlin Verlag, Spitz, 2000. 72 A. F. Büsching, Neue Erdbeschreibung, Hamburg, C. E. Bohn, 1754. 73 Importanti in questo senso sono i giornali fondati da Büsching: «Anton Friedrich Büschings Magazin für die neue Historie und Geographie» (1767-93); «Anton Friedrich Büschings Wöchentliche Nachrichten von neuen Landkarten, geographischen, statistischen und historischen Büchern und Sachen» (1773-1787). Da considerare è anche la rivista fondata da Friedrich Gottlieb Canzler a Leipzig nel 1790 in continuità, come rivela il titolo, con l'opera di Büsching: «Neues Magazin für die neuere Geschichte, Erd- und Völkerkunde als eine Fortsetzung des Büschingischen» a Leipzig nel 1790. 74 Tra i più rilevanti collaboratori di Büsching c'è Cristoph Daniel Ebeling che scrisse un'opera in sette volumi, pubblicati tra il 1793 e il 1816, sugli Stati Uniti: Erdbeschreibung und Geschichte von Amerika. Die Vereinigten Staaten, 7 v., Hamburg, Carl Ernst Bohn, 1793-1816. Il primo volume viene pubblicato da Büsching stesso come aggiunta alla sua Erdbeschreibung. Ebeling è il più importante storico degli Stati Uniti nel periodo che segue l'indipendenza ed è importante anche perché raccoglie nella sua Amerikanische Bibliothek (Leipzig, Weygandschen Handlung, 1777), tutte le opere scritte sugli Stati Uniti. Anche l'opera di Friedrich Wilhelm Taube viene incoraggiata da Büsching: Tableau historique et 46 propone un collegamento tra geografia e statistica che accentua l'importanza della descrizione geografica nell'analisi dello Stato. Nonostante sia stata molto criticata nei decenni successivi, questa impostazione continuerà a essere sostenuta da molti geografi politici, statistici ed economisti nel corso della prima metà del XIX secolo75.

Il dibattito in questione vede contrapposti i «geografi statistici», che basano le loro descrizioni sui confini politici tra gli Stati, e i cosiddetti «geografi puri», che suddividono lo spazio attraverso confini naturali. A fronte del continuo mutamento dei confini statuali nel periodo napoleonico, la geografia pura cerca, ispirandosi alla geografia francese76, nella natura una salda base di appoggio per l'organizzazione e la descrizione dello spazio. Mentre Napoleone è salutato come colui che ha il compito storico-universale di conformare l'assetto europeo a un ordinamento naturale e dunque razionale, i confini naturali sono considerati la chiave per realizzare la pace perpetua. La novità principale introdotta dai geografi «puri» è l'intenzione di eliminare dalla geografia qualsiasi contributo che appartenga ad altre discipline in direzione di una pura descrizione fisica dello spazio. Il principio organizzativo di tale nuova geografia non avrebbero più dovuto essere i confini degli Stati ma esclusivamente i confini naturali77. L'insistenza sui confini naturali viene affermata in particolare durante il periodo delle guerre napoleoniche e lo sconvolgimento che provocarono negli Stati tedeschi. Alla critica delle distinzione politiche dello spazio politique du commerce d'Angleterre tel qu'il fut en 1772, viene pubblicata in «Magazin für die neue Historie und Geographie», n. 7, pp. 573-580, 1773. Inoltre l'Erdbeschreibung di Büsching di cui riuscì a scrivere solo l'Europa e l'Asia fu completata da Mathias Christian Sprengel, e Samuel Friedrich Günther Wahl e Johann Melchior Hartmann. Anche Sprengel, come Ebeling, è di grande importanza perché cominciò la Bibliothek der neuesten und wichtigsten Reisebeschreibungen di cui curò i primi 7 volumi, fino al 1803. La Bibliothek fu poi curata da Friedrich Ehrmann e Friedrich Justin Bertuch, il fondatore del «Geographisches Institut» di Weimar nel 1804. 75 Si veda ad esempio A. Ch. Gaspari, Vollständiges Handbuch der neuesten Erdbeschreibung, Weimar, 1797-1801. Il suo contributo è importante anche perché nel 1800 diventa direttore dell'Allgemeine Geographische Ephemeriden insieme a Bertuch a Weimar. Significativamente, a partire dal 1822 il giornale cambia il titolo e diventa Neue Allgemeine Geographische und Statistische Ephemeriden. 76 Cfr. in particolare Philippe Buache (1700-1773), il quale compone una serie di carte in cui presenta la suddivisione del globo secondo i bacini fluviali e i mari. Sulla geografia pura si veda E. Wisotzki, Zeitströmungen in der Geographie, Leipzig, Duncker & Humblot, 1897, in particolare il capitolo Die reine Geographie, pp. 200-266; F. Farinelli, I segni del mondo, cit., pp. 117-18. 77 Si tratta di una novità in senso relativo: essa si ispira soprattutto dalla scuola della geografia francese di Philippe Buache (1700-1773). L'originalità della reine Geographie riguarda però gli obiettivi polemici e la particolarità del contesto tedesco. 47 in quanto instabili e arbitrarie, si affianca quella della riduzione della geografia a disciplina al servizio dell'amministrazione. In questo contesto si inserisce l'insistenza sul carattere disinteressato della geografia che deve servire solo all'umanità intera.

Il primo a porre il problema dei confini naturali e della purificazione della geografia in vista di una sua fondazione come scienza è Johann Cristoph Gatterer78, professore di statistica all'Università di Göttingen, a cui seguono Schulze79,

Hüllmann80, Stein81, Zeune82, Hommeyer83, Miltenberg84, Bucher85, Krause86. Il rifiuto delle suddivisioni dello spazio in base ai confini degli Stati (che spesso, in realtà, significa solo sostituire al nome di uno Stato il nome di una regione, come fa, ad esempio, Gatterer) impone di considerare le differenze tra i popoli come differenze pre-politiche. Significativamente, Gatterer è anche colui che introduce il termine etnografia come considerazione delle differenze del genere umano in base a «confini» naturali e non politici87. Da una parte, la geografia pura studia i Länder indipendentemente dagli Stati, dall'altra, l'etnografia pura studia i Völker indipendentemente dagli Stati.

Già a partire dal primo decennio dell'Ottocento, la reine Geographie viene investita da critiche di vario genere. Ad esempio, Rühle von Lilienstern88 nel 1811 mette in discussione la possibilità di stabilire dei confini naturali. Altre critiche giungono da

78 J. C. Gatterer, Abriß der Geographie, Göttingen, Dieterich, 1775. 79 J. M. F. Schulze, Kleines Lehrbuch der natürlichen Gränz- und Länderkunde, Halle, P. F. Shum, 1787. 80 H. D. Hüllmann, Europa, Lehrbuch der Erdbeschreibung für den dritten und letzten Lehrgang, Braunschweig, 1793. 81 C. G. D. Stein, Geographie für Real und Bürger Schulen nach Naturgrenzen, Leipzig, 1811. 82 J. A. Zeune, Gea: Versuch einer wissenschaftlichen Erdbeschreibung. Berlin, Wittich, 1808-1811. 83 H. G. Hommeyer, Reine Geographie von Europa, oder allgemeine Terrain-Beschreibung der Europäischen Erdfläche, Königsberg, 1810. 84 W. A. Miltenberg, Die Höhen der Erde oder systematisches Verzeichniss der gemessenen Berghöhen und Beschreibung der bekanntesten Berge der Erde (nebst einem Anhange, enthaltend die Höhen von vielen Städten, Thälern, Seen etc.; Ein Beitrag zur physischen Erdkunde), Frankfurt am Main, 1815. 85 A. L. Bucher, Betrachtungen über die Geographie und über ihr Verhältnis zur Geschichte und Statistik, Leipzig, 1812. 86 K. Ch. F. Krause, Die Erde als Wohnort der Menschheit in ihrer Naturabtheilung betrachtet, in «Tagblatt des Menschheitslebens», n. 1, pp. 24-30, Dresden, 1811. 87 Si veda J. C. Gatterer, Abriß der Geographie, cit. 88 L. J. J. O. A. Rühle, Hieroglyphen oder Blicke aus dem Gebiete der Wissenschaft in die Geschichte des Tages, cit. 48

Ferdinand Wilhelmi89 e Friedrich Christian Selten90, secondo i quali è impossibile stabilire un'unica tipologia di confini naturali in grado di organizzare lo spazio. Se si considerano diverse tipi di confine, difficilmente essi coincidono. Lo stesso Bucher, che era stato un sostenitore della prospettiva della geografia pura, nel 1827 scrive un'opera in cui esamina una serie di scritti geografici del primo quarto del XIX secolo, criticando tanto la necessità di individuare dei «veri» confini naturali, quanto le soluzioni di volte in volta proposte91. Questa problematicità emerge in maniera evidente anche all'interno delle dispute tra gli stessi geografi «puri» su quale sia il principio (orografico, geologico, climatico; se si debbano privilegiare i confini

«asciutti» o «bagnati» ecc. ) che possa funzionare da base per la classificazione: confrontati tra loro, tutti i principi diventano ugualmente arbitrari.

Particolarmente lucida è l'analisi di Julius Fröbel92 il quale riflette sull'analogia, sostenuta dai geografi «puri», tra la critica che Buffon muove all'artificialità del sistema classificatorio linneiano e la loro critica alla divisione dello spazio attraverso i confini arbitrari e instabili degli Stati. Questa analogia però, continua Fröbel, non è sostenibile. Mentre nella geografia la natura fornisce il tutto e l'uomo divide la terra secondo scale di volta in volta stabilite artificialmente, nella storia naturale la natura determina le qualità specifiche degli individui, la cui classificazione in ordini e classi esiste solo nell'astrazione. La pretesa che i confini naturali siano portatori di una stabilità maggiore e di una legittimità superiore è illusoria, innanzitutto perché bisogna selezionare artificialmente un tipo di confine naturale. In secondo luogo, non

è sufficiente cambiare lo strumento attraverso cui si tracciano le divisioni della superficie terrestre. Il passo da fare è quello di abbandonare il principio di

89 F. Wilhelmi, Versuch eines methodischen Leitfadens beim Unterrichte in der Elementar-Geographie fur Land- Schulen. Berlin, Krause, 1829. 90 F. C. Selten, Grundlage beim Unterrichte in der Erdbeschreibung, Halle, 1820. 91 A. L. Bucher, Von den Hindernissen, welche der Einführung eines bessern Ganges beym Vortrage der Erdkunde auf Schulen im Wege stehen, Cöslin, Hendeß, 1827. 92 In J. Fröbel, & O. In Heer, Mittheilungen aus dem Gebiete der theoretischen Erdkunde, Zürich, Orel Füssli, 1834. Come anticipato, si tornerà a parlare di Fröbel nel prossimo capitolo relativamente al dibattito tra lui e Ritter sul metodo e il contenuto della Erdkunde. 49 classificazione topografico e muoversi in direzione di una considerazione dinamica dello spazio terrestre.

La maggiore stabilità dei confini naturali si dimostra inoltre inconsistente dal punto di vista del discorso politico con l'occupazione napoleonica. L'attraversamento del Reno da parte di Napoleone rivela che il discorso su pace e confini naturali è solo l'altra faccia della pax napoleonica. L'occupazione napoleonica comporta una potente messa in discussione politica della geografia dei confini naturali che investe anche il discorso del nazionalismo tedesco. La geografia pura viene criticata da più parti e abbandonata nella sua forma più semplicistica93. Dopo la fine delle guerre napoleoniche e il riordinamento territoriale successivo al Congresso di Vienna, una parte dei critici della reine Geographie ritorna al principio della geografia «statistica», cioè basata sugli Stati, continuando nello specifico la tradizione inaugurata da

Büsching a Göttingen. Tra questi c'è, ad esempio, Guts-muths, il professore di geografia di Ritter a Schnepfenthal, che critica la geografia pura proprio perché portatrice di «una fredda forma cosmopolitica di descrizione della Terra»94. Per Guts- muths i Länder non sono entità pre-politiche, etniche o fisico-geografiche, ma sono determinati solo dall'autorità dei principi. Forse sulla luna potrebbe essere applicata la geografia pura, ma non sulla terra, dove ogni uomo è cittadino di uno Stato.

Nondimeno, la tensione verso la liberazione dello spazio da una misura tutta

«artificiale» permane e si salda parzialmente con il nuovo corso del discorso nazionalista e storicista, senza però coincidere con esso. Alcuni critici della reine

Geographie, infatti, affrontano in maniera più radicale il problema dell'abbandono della descrizione sistematica a favore di una considerazione dinamica dello spazio terrestre. Una tale considerazione non può che mettere in discussione il parallelo tra etnografia e geografia in favore di una loro maggiore interazione. Nel momento in

93 L'idea della normatività dei confini naturali riceverà, come vedremo nel quarto capitolo, il definitivo colpo di grazia in Germania con la Rheinkrise del 1840. 94 J. C. F. Guts-Muths, Was müssen Aeltern thun, in «Neue Bibliothek für Pädagogik, Schulwesen u. die gesamte neueste pädagogische Literatur Deutschlands» (1814/15), vol. l, s. 116, citato in H. D. Schultz, Deutschlands «natürliche» Grenzen. «Mittellage» und «Mitteleuropa» in der Diskussion der Geographen seit dem Beginn des 19. Jahrhunderts, in «Geschichte und Gesellschaft», vol. 15, n. 2, Politische Sozialgeschichte 1867-1945, 1989, pp. 248-281, p. 249. 50 cui Land e Volk cominciano a essere considerati indipendentemente dallo Stato e dalla sua storia, si inizia a porre il problema dei loro reciproci rapporti. Particolarmente significativa, in questo senso, è l'evoluzione del pensiero di Alfred Zeune, il geografo che insegna geografia alla neonata Università di Berlino (1810-1820) prima di Ritter e fu uno dei fondatori della Gesellschaft für Erdkunde zu Berlin (1828). Inizialmente

Zeune sostiene accesamente la causa della reine Geographie: nelle prime due edizioni della sua opera principale, Gea95, Zeune esclude completamente qualsiasi considerazione che riguardasse gli Stati. Egli individua nel territorio tedesco delle

Urmarken delineate dai confini naturali quali l'Oder e il Reno, che non potevano essere modificate da nessuna mano umana ed erano, perciò, eterne. Il parallelismo con gli Urvolker del movimento patriottico tedesco è evidente, senza che tuttavia

Zeune tematizzi direttamente il rapporto tra le Urmarken e gli Urvolker. Al contrario, nella terza e nella quarta edizione di Gea, rispettivamente del 1830 e del 1833, Zeune presta molta più attenzione alla Völkerkunde e al rapporto che intercorre tra queste e i singoli paesi96. Nel frattempo esce la prima edizione della Erdkunde di Ritter da cui

Zeune viene con molta probabilità influenzato e che lo conduce, oltre la teoria dei confini naturali, in direzione di un ripensamento del rapporto tra i popoli e i loro territori.

Infine, la tensione verso una comprensione non artificiale dello spazio e in direzione di una comprensione del Land indipendentemente dallo Stato, riscontrabile anche nei tentativi di riforma della geografia in Inghilterra e in Francia97, deve essere considerata nella sua specificità tedesca. Questa specificità non è data solo dalla determinata organizzazione della scienza e dell'insegnamento, ma anche dalla peculiare situazione politica e spaziale nella quale difficilmente può essere dato per

95 Vedi H. Preuß, Johann August Zeune der Hauptvertreter der deutschen Geographie, in «Erdkunde», vol. 12, n. 4, 1958, pp. 277-284. 96 A. Zeune, Gea. Versuch die Erdrinde sowohl im Land- als Seeboden mit Bezug auf Natur- und Völkerleben zu schildern, Berlin, Nauck, 1830; 1833. Significativamente il sottotitolo è cambiato rispetto all'edizione precedente. 97 Cfr. A. Godlewska, Geography unbound. French geographic science from Cassini to Humboldt, Chicago, Chicago University Press, 1999; I. Schröder, Das Wissen von der ganzen Welt, cit.; D. Livingstone, The Geographical Tradition. Episodes in the History of a Contested Enterprise, Oxford and Cambridge, Blackwell, 1993. 51 assodato uno spazio nazionale unitario delimitato da confini netti. Nei decenni in cui

è attivo Ritter l'assetto territoriale, economico e storico-culturale degli Stati tedeschi comporta una sovrapposizione ma anche una tensione tra diversi tipi di spazialità, che segue alla rivoluzione spaziale seguita al Congresso di Vienna. C'è, in primo luogo, lo spazio economico unitario dello Zollverein che, in vigore dal 1834, contribuisce, oltre che a stabilire l'egemonia economica della Prussia, a legare gli Stati tedeschi attraverso il libero commercio e politiche economiche condivise98. In secondo luogo, la nazione tedesca viene costruita dal punto di vista culturale come unitaria, al di là e al di sopra della frammentazione politica. Si tratta di una consapevolezza culturale che, dopo aver preso uno slancio inaudito durante le

«Befreiungskriege», viene perseguita come esplicita politica culturale da parte del

Bildungsbürgertum99. A ciò si affianca, dal punto di vista politico, lo spazio della

Confederazione germanica [Deutscher Bund], in essere dal Congresso di Vienna, nel

98 Sullo Zollverein si veda: H. W. Hahn, M. Kreutzmann, a cura di, Der deutsche Zollverein. Ökonomie und Nation im 19. Jahrhundert, Köln, Böhlau, 2012. Sugli aspetti propriamente spaziali dell'unificazione economica si veda C. H. Shiue, From Political Fragmentation towards a Customs Union: Border Effects of the German Zollverein, 1815 to 1855, in «European Review of Economic History», vol. 9, n. 2, August 2005, pp. 129-162. Si tornerà a parlare dello Zollverein a proposito di Ernst Kapp nel terzo capitolo. 99 R. Vierhaus, Bildung, in Geschichtliche Grundbegriffe. Historisches Lexikon zur politisch-sozialen Sprache in Deutschland, Vol. I, A-D, Stuttgart, Klett-Cotta, 1997. Su questo si veda anche J. Kocka, Das europäische Muster und der deutsche Fall, in Bürgertum im 19. Jahrhundert, Band I: Einheit und Vielfalt Europas, Göttingen, V&R, 1995. Kocka individua una prima fase dell'ascesa della borghesia che andrebbe dagli ultimi decenni del XVIII secolo agli anni '40 del XIX, nel contesto dell'erosione della struttura sociale e giuridica dell'ordine cetuale. Preparata dagli attacchi anti-cetuali dell'assolutismo illuminato dell'epoca pre-rivoluzionaria, attivato attraverso le «riforme dall'alto» all'inizio del secolo (anche se con enormi differenze tra il territorio a ovest del Reno, i terreni riformati  i Reformbereichen  della lega renana e della Prussia e quelli austriaci) e ancora timidi nel Vormärz. In questa fase si ha una rivoluzione culturale: l'Illuminismo del XVIII secolo, la secolarizzazione crescente e la riforma dell'istruzione neo-umanistica dell'inizio del secolo, che diventa efficace su una larga scala con nuove università e nuovi ginnasi. A ciò si aggiunge il fatto che trasformazione costituzionale e giuridica dell'assolutismo faceva progressi limitati ma importanti: la grande codificazione giuridica della fine dell'assolutismo, il primo costituzionalismo in Germania del Sud e anche del centro nel primo terzo del XIX secolo, attraverso l'emancipazione della burocrazia ai costi dell'autocrazia in Prussia. Se in questa fase domina la Bildungsbürgertum e i funzionari statali. Su questo si veda anche R. Koselleck, La Prussia tra riforma e rivoluzione. 1791-1848, Bologna, Il Mulino, 1988. 52 quale si incontrano spinte localistiche e istanze di centralizzazione e modernizzazione amministrativa100.

La formazione del discorso nazionale nei suoi aspetti culturali, politici ed economici è stato ampiamente trattato dalla storiografia101. Il concetto di nazione è centrale, a partire dalla Rivoluzione Francese, per fondare un principio di legittimità dello Stato di tipo nuovo, né naturale, né divino, né basato su una superiorità politica o giuridica, ma su una corrispondenza di tipo nuovo tra la forma di governo e il carattere della nazione e sulla possibilità dunque che questa vi esprima il suo consenso. In generale, esso comporta una trasformazione radicale dei concetti necessari alla comprensione delle forme di legittimità dello Stato e della prassi amministrativa. Una minore attenzione è stata posta su ciò che queste trasformazioni comportano dal punto di vista della concettualizzazione dello spazio nella produzione storica e geografica successiva al Congresso di Vienna. Una concettualizzazione non certo semplice, che dà origine ad accesi dibattiti che porteranno, grazie all'opera di Ritter, alla fondazione della moderna scienza geografica. La difficoltà di fronte a cui si trova una trattazione geografica del carattere della nazione e che assume una specifica drammaticità in Germania è l'impossibilità di fare affidamento sulla stabilità dei confini per definire lo spazio geografico e le sue suddivisioni politiche e l'esigenza di riconoscere un ordine dei fenomeni naturali e umano nell'instabilità dei confini e nel movimento di merci e persone.

100 Cfr. su questo P. Schiera, M. Meriggi, Dalla città alla nazione: borghesie ottocentesche in Italia e in Germania, Bologna, Il Mulino, 1993. Sul Deutscher Bund si veda W. D. Gruner, Der Deutsche Bund. 1815- 1866, München, Beck C. H., 2010. 101 Cfr. G. Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1815-1833), Bologna, Il Mulino, 1982; B. Mazohl, Nationalgeschichte als Artefakt. Zum Paradigma «Nationalstaat» in den Historiographien Deutschlands, Italiens und Österreichs, Wien, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, 2009; E. Fehrenbach, Verfassungsstaat und Nationsbildung 1815-1872, München, 1972; E. Hobsbawm, Nationen und Nationalismus. Mythos und Realität seit 1780, Frankfurt, 1991. 53

In aggiunta, la tendenza verso una nuova considerazione dinamica del rapporto tra Land e Volk ha un parallelo nel movimento nazionale102, il cui centro ideologico si sposta dall'insistenza sui confini naturali alle considerazioni sui popoli che li abitano.

Questo si può vedere con grande evidenza in Fichte, colui che getta le basi politiche e filosofiche del concetto tedesco di nazione. In Der geschloβne Handelsstaat103 egli sostiene che certe parti della superficie terrestre sono destinate a formare i propri confini politici sulla base dei confini naturali. Otto anni più tardi, invece, nei Rede an die deutsche Nation104, il discorso sui confini naturali retrocede in secondo piano in favore del linguaggio come categoria chiave della specificità nazionale: il confine da esterno diventa interno. L'idealizzazione del popolo tedesco si fonda così sulla continuità del suo sviluppo linguistico (mentre il principale bersaglio polemico, i francesi, sono germani romanizzati). Questa insistenza sulla lingua, piuttosto che sul confine naturale, a partire dalla quale si costruisce il discorso sulla cultura, è di grande importanza non solo perché determina la specificità del movimento nazionale tedesco: essa è centrale anche nella nuova direzione della geografia che comincia a rivolgere un'attenzione sempre maggiore alle relazioni che legano i popoli ai loro ambienti. Nell'opera di Ritter vediamo costituirsi il problema geografico del rapporto tra la conformazione morfologica e plastica di una determinata regione e lo sviluppo del popolo che attualmente la abita, o che l'ha abitata un tempo. Pur abbracciando la critica all'artificialità dei confini politici, che tracciano delle linee arbitrarie sulla superficie terrestre, Ritter sostiene che non è possibile considerare i confini naturali se non in relazione all'uomo e ai movimenti che attraversano tali confini. Il problema che si pone allora per pensare a quest'insieme di suddivisioni è come esse abbiano effetto sul carattere, la preistoria e la storia dei differenti popoli e come, a loro volta,

102 Su questo un contributo interessante anche se limitato al problema del confine occidentale e più che altro al periodo che dalla geopolitica si veda T. Müller, Imaginierter Westen. Das Konzept des "deutschen Westraums" im völkischen Diskurs zwischen Politischer Romantik und Nationalsozialismus, Bielefeld, Transcript Verlag, 2009. 103 J. G. Fichte, Der geschloßne Handelsstaat: ein philosophischer Entwurf als Anhang zur Rechtslehre, und Probe einer künftig zu liefernden Politik, Tübingen, Cotta, 1800, trad. it., Lo Stato secondo ragione, o, lo Stato commerciale chiuso, a cura di F. Bocca, Milano, 1909. 104 Id., Rede an die deutsche Nation, Berlin, Realschulbuchhandlung, 1808, trad. it., Discorsi alla nazione tedesca, a cura di G. Rametta, Roma-Bari, Laterza, 2003. 54 come questi contribuiscano a modificare lo spazio che si trovano ad attraversare e su cui si stabiliscono.

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Capitolo II

IL LABORATORIO DI UNA GEOGRAFIA DEL MOVIMENTO

STORICO

L'intenzione di superare l'impasse tra descrizione politica e descrizione naturale dello spazio è riconoscibile già nella prima opera geografica incompleta di Ritter, scritta durante il soggiorno a Francoforte come strumento per le sue lezioni in casa

Bethmann-Hollweg e recentemente pubblicata1. Nella dichiarazione di intenti presente nella prefazione, è riconoscibile quella spinta riformatrice che può essere definita come il leit-motiv dell'intera produzione ritteriana. L'obiettivo è quello di costruire per il lettore un quadro vivente [lebendig] di tutto il paese in questione e di rappresentare come una totalità coerente tutti i prodotti lì presenti, artificiali e naturali, prestando particolare attenzione ai rapporti tra l'uomo e la natura2.

Nella recensione all'opera, scritta da uno dei maestri di Ritter a Schenpfenthal nonché convinto detrattore della geografia pura, il già menzionato Guths-Muths, si afferma chiaramente che l'esecuzione non corrisponde alle intenzioni dichiarate. Se si cambiasse il titolo dell'opera, quel che resterebbe non sarebbe che una classica descrizione geografico-statistica basata sui confini politici degli Stati, che comunque il recensore elogia per la sua ricchezza e profondità3. Al di là dell'effetto che questo giudizio può aver esercitato su Ritter, possiamo a ragione leggere tutta la riflessione filosofica e metodologica dell'autore della Erdkunde come il tentativo di colmare lo scarto tra intenzioni programmatiche ed effettiva descrizione geografica. Il nocciolo di questa impresa sta nel mettere in discussione la possibilità di considerare lo spazio geografico nella sua pienezza a partire da una serie di confini lineari, di qualsiasi tipo

1 C. Ritter, Ein Blick in den Zwiespalt der Welt und den Kampf des Menschen, im Blick auf ihren Zusammenhang und auf die Versöhnung, cit. 2 Id., Europa, ein geographisch-historisch statistisches Gemahlde für Freunde und Lehrer der Geographie, cit. 3 J. C. F. Guths-Muths, Besprechung in seiner Bibliothek der pädagogischen Literatur, vol. 1, 1805, p. 246. 57 essi siano. Tanto i confini naturali quanto quelli artificiali sono delle forme di ordinamento dello spazio geografico estrinseche e, dunque, arbitrarie. L'Erdkunde, al contrario, mira al riconoscimento di un'oggettività geografica di tipo differente, che si fonda su rapporti interni tra le porzioni della superficie terrestre, collocando idealmente ogni spazio all'interno della totalità terrestre. Della geografia pura la

Erdkunde abbraccia la prospettiva universalistica, cioè la pretesa di costruire un sapere che abbia la Terra nel suo complesso come oggetto. Per Ritter, tuttavia, le distinzioni interne a questo spazio universale non dipendono esclusivamente da fattori naturali. Per essere comprese, devono essere riconosciuti quei processi di differenziazione e unificazione che sono storici, perché si dispiegano nel tempo e perché l'uomo nel suo rapporto con la natura vi gioca un ruolo decisivo. L'indagine della Erdkunde mira, dunque, a individuare quelle unità geografiche, di scale differenti, che sono tali in quanto caratterizzate da un insieme di relazioni interne che legano gli elementi che le riempiono conferendo loro specifiche caratteristiche. Di conseguenza, l'oggetto della Erdkunde è uno spazio sì universale ma non vuoto. Essa, infatti, è innanzitutto una «dottrina dei rapporti [Verhältnislehre]» tra lo spazio naturale e ciò che lo riempie, la vegetazione, gli animali e, soprattutto, l'uomo, cioè lo studio del «rapporto tra natura e storia, tra patria e popolo e, in generale, tra il singolo uomo e la totalità terrestre»4.

In questa prospettiva, le suddivisioni statali non solo sono uno tra i molteplici fattori che producono differenziazioni nello spazio, ma sono anche valutate e considerate non a partire dal confine ma a partire dal rapporto tra gli elementi dell'individualità in questione. La costruzione di questa dottrina dei rapporti si scontra con una serie di problemi teorici relativi alla dimostrazione dell'individualità di determinati assetti storico-geografici, pur partendo da una prospettiva globale che potenzialmente mette in scacco le stabili differenziazioni interne allo spazio e pur considerando non solo la stabilità di ciò che riempie lo spazio ma soprattutto i suoi

4 C. Ritter, Die Erdkunde, vol. I, cit., p. 21. [«Das Verhältnis der Natur zur Geschichte, des Vaterlandes zum Volke, und überhaupt des einzelnen Menschen zum Erdganzen»]. 58 movimenti. Lo spazio terrestre che ne risulta può a ragione essere definito uno

«spazio dinamico» perché è sì il «contenitore» all'interno di cui si dispongono i popoli, gli insediamenti, i prodotti naturali, ma è, nello stesso tempo, soggetto alle trasformazioni esercitate da questi. Non considerando lo spazio indipendentemente dai movimenti di ciò che lo riempie, cioè che ne risulta è sia, visto il punto di partenza universalistico e l'aspirazione sistematica, una concezione universale dello spazio terrestre; sia una dinamicità dello spazio, nella misura in cui questo è definito, delimitato ma anche unificato dagli elementi che lo attraversano.

In ciò che segue, entreremo nel laboratorio concettuale ritteriano, considerando in particolare le sue premesse filosofiche riguardo all'unità di spirito e natura nel mondo come totalità e riguardo al rapporto tra uomo e ambiente geografico. In secondo luogo, analizzeremo il modo in cui emerge il concetto di individualità di una regione storico-naturale. Inoltre, il contenuto della Erdkunde sarà analizzato considerando la definizione di «spazio dinamico» nella sua connessione con la ridefinizione dei confini disciplinari della storia stessa, con la Weltgeschichte di Hegel, attento lettore di Ritter e con la delineazione di uno spazio futuro di trasformazione tecnica ed economica del mondo. Infine, concluderemo con due esempi che permettono di considerare il rapporto tra le intenzioni programmatiche e l'effettiva descrizione geografica, cioè un'analisi della Produktenkunde, la scienza dei prodotti, e la descrizione di una parte dell'India, cioè la penisola del Deccan.

1. La Terra come totalità: filosofia naturale, teologia e pedagogia

Il primo elemento su cui soffermarsi per comprendere in cosa consista la «dottrina dei rapporti» è l'idea della Terra come totalità che sta alla sua base. Nell'introduzione alle lezioni di Geografia fisica, Kant aveva posto questa cognizione come condizione di una scienza geografica che sia sistematica: «tutta la descrizione del mondo e della

Terra, quando deve essere sistema, deve cominciare con il globo, l'idea dell'insieme e

59 riportarsi sempre a questo»5. Sottolineare questo ineliminabile punto di partenza significa, per Kant, superare le descrizioni topografiche, come il Systema naturae

(1735) di Linneo6, che non si fondano su un'idea di intero da cui derivare i singoli elementi, ma propongono un accostamento di singolarità che non considera le loro relazioni, siano esse causali o teleologiche. In realtà, scrive Kant, un vero e proprio sistema della natura non è stato ancora elaborato.

L'opera ritteriana è caratterizzata da un simile spirito sistematico animato dall'analogia tra la scientificità della Erdkunde e l'unità globale del suo oggetto. L'idea della Terra come totalità acquista, però, un significato differente in Ritter rispetto a

Kant. Mentre in quest'ultimo la finitezza terrestre indica il contesto non trascendibile in cui si esplica l'agire dell'uomo, nonché la conoscenza del mondo stesso, l'unità della Terra è data per Ritter dalla compenetrazione sostanziale di natura e spirito in una totalità organica. La Erdkunde deve riprodurre questa unità che non è solo propria della scienza in quanto sistema razionale ma è intrinseca alla natura.

Ritter vede nel pianeta un grande organismo creato da Dio la cui intima essenza è, dunque, divina. Il nocciolo teologico della Terra non implica, però, una rinuncia all'empiricità della scienza: l'obiettivo della conoscenza è quello di schiudere il segreto della natura, comprendendone le leggi, e ricucire quella separazione

[Trennung] tra uomo e natura che ha reso quest'ultima un «essere misterioso

[geheimnisvolles Wesen]»7. L'orizzonte all'interno del quale si colloca la Erdkunde ritteriana è, dunque, teologico: tutte le scienze, scrive Ritter, per quanto si possano

5 I. Kant, Geografia fisica, cit., p. XXIV. [«alle Welt- oder Erdbeschreibung, sofern sie System sein soll, muss von Globus, der Idee des Ganzen, anfangen und darauf stets Beziehung haben» (I. Kant, Physische Geographie, cit., p. 23)]. 6 Significativo è che Linneo descriveva il suo sistema della natura anche come una «geographia naturae» in quanto consiste nella costruzione di un grafico sistematico delle specie e dei generi che egli definì una mappa. La classificazione di Linneo viene sottoposta a critica in particolare da Buffon che presta più attenzione alla diversità e alla natura come forza creativa piuttosto che come creazione perfetta di Dio. Anche Alexander von Humboldt (come peraltro per ragioni epistemologiche Kant) critica Linneo e si concentra sulle relazioni dinamiche tra le piante, piuttosto che sulla loro classificazione statistica. Su questo si veda C. Whiters, Placing the Enlightenment. Thinking Geographically About the Age of Reason, cit. Come si vedrà, la critica a una descrizione topografica sarà centrale anche nella Erdkunde di Ritter. 7 Cfr. C. Ritter, Einleitung, cit., p. 45. 60 delimitare reciprocamente, sono nel loro senso più profondo una sola. È innanzitutto in quanto creazione divina che la Terra è una totalità in cui tutti gli elementi sono connessi da relazioni, causali e teleologiche, che sfuggono all'esperienza immediata del mondo e necessitano dunque di essere ripercorse ed esposte attraverso la scienza geografica.

Il Dio di Ritter non è perciò quello dell'argomento teleologico che prevede l'avvio divino del mondo come meccanismo, un ragionamento che comprovava l'esistenza di Dio e nello stesso tempo rischiava di renderlo distante e inutile nel presente8.

L'impianto teologico è ciò che rende la Terra analoga a un organismo vivente i cui luoghi non possono essere considerati isolatamente perché stanno tra loro in un rapporto naturale e spirituale. In questo senso, Ritter abbraccia la critica romantica tanto al meccanicismo illuministico9, quanto all'idealismo di Kant e Fichte, i quali rimangono fermi a una scissione insuperabile tra il soggetto e il mondo. Contro questi, Ritter propone, dunque, un'idea organicistica del cosmo in cui la natura non è meccanismo ma un complesso di forze vitali.

In questo contesto, particolarmente rilevante è la lettura da parte di Ritter delle opere di Friedrich Schelling. Si consideri il System der Naturphilosophie10 in cui la

Trennung tra soggetto e mondo è il punto di partenza di un filosofare che ha come fine proprio il superamento di questa separazione. A questo proposito, Schelling sostiene che l'uomo non ha di fronte il mondo come qualcosa di esterno, ma che essi si influenzano reciprocamente ed è solo in questo processo che l'uomo diventa

8 Si veda a questo proposito la definizione che Robert Boyle dà della scienza nuova: «God, indeed, gave motion to matter; he [...] established those rules of motion, and that order amongst things corporial, which we call the laws of nature. Thus, the universe being once fram'd by God, and the laws of motion settled, and all upheld by his perpetual concourse, and general previdence; the [mechanical] philosophy teaches, that the phenomena of the world are physically produced by the mechanical properties of the parts of matter, and that they operate upon one another according to mechanical laws» (R. Boyle, The Excellence and Grounds of the Mechanical Philosophy, in Id., Philosophical Works, London, 1725, vol. I, p. 187). Su questo si veda anche: The Rise of Modern Science and the Genesis of Romanticism, cit., pp. 10 ss. 9 Cfr. R. Welleck, The Concept of Romanticism in Literary History. The Term Romantic and its derivatives, in «Comparative Literature», Vol. 1, N. 1, 1949, pp. 1-23. 10 F. Schelling, Erster Entwurf eines System der Naturphilosophie, Jena und Leipzig, C. E. Gabler, 1799. 61 uomo11. In quest'ottica, il mondo è un organismo-mondo [Weltorganismus] in cui le componenti organiche e inorganiche sono unificate da un'anima del mondo

[Weltseele] unitaria12. Non a caso dunque Ritter scrive che la Terra è come il corpo di un'anima del mondo che lo abita e gli dà vita: «che ci sia una vita della natura

[Naturleben] in senso lato, che attraversa anche l'insieme della cosiddetta natura inorganica, e la innalza fino a diventare un grande sistema naturale, è fuori di dubbio»13. È, in ultima analisi, la vita del pianeta, intesa come superamento della distinzione tra materia animata e inanimata a costituire la base tanto della dottrina dei rapporti quanto dell'idea di organismo che la sottende. Ciò che la scienza deve fare è scoprire le molteplici combinazioni di natura e spirito nella loro necessità e rivelare nella sua connessione ciò che all'intelletto ancora imperfetto appare casuale e isolato.

L'attenzione tanto all'unità della Terra quanto alla possibilità di comprendere la

Natura conciliandosi con essa informa, inoltre, la preoccupazione pedagogica che attraversa tutta la produzione e l'attività di Ritter. L'idea che l'oggetto della Erdkunde sia l'unità di natura e spirito nel mondo le conferisce la funzione essenziale di contribuire all'educazione del genere umano14. La preoccupazione pedagogica che è al centro dell'opera di Ritter deve essere sì intesa come attenzione all'insegnamento concreto della geografia all'Università e all'Accademia militare, cioè dal punto di vista delle strategie che egli elabora per rendere il materiale «vivente [lebendig]» e

11 «Der Mensch ist nicht geboren, um die Kampf gegen das Hirngespinst einer eingebildeten Welt seine Geisteskraft zu verschwenden; sondern einer Welt gegenüber, die auf ihn Einfluss hat, ihre Macht ihn empfinden lässt, und auf die er zurückwirken kann, alle seine Kräfte zu üben; zwischen ihn und der Welt also muss keine Kluft befestigt, zwischen beiden muss Berührung und Wechselwirkung möglich sein, denn so nur wird der Mensch zum Menschen» (F. Schelling, Ideen zu einer Philosophie der Natur (1797), Manfred Durner, Walter Schieche, a cura di, Stuttgart, Frommann- Holzboog, 1994, p. 6). 12 Si veda anche, a questo proposito, F. Schelling, Von der Weltseele (1798), Leipzig, Felix Meiner, 1911, in cui scrive che uno degli elementi fondanti della sua filosofia della natura è che «ein und dasselbe Prinzip die anorganische und die organische Natur verbindet» (ivi, p. XI). Sul rapporto tra Ritter e la Naturphilosophie irrinunciabile è il contributo di A. Schach, Carl Ritter: Naturphilosophie und Geographie. Erkenntnistheoretische Überlegungen, Reform der Geographie und mögliche heutige Implikationen, Münster, Lit Verlag, 1996. 13 C. Ritter, Europa. Vorlesungen an der Universität Berlin gehaltene, cit. p. 5. 14 Testi di riferimento dell'epoca sul tema sono, oltre alle opere di Herder di cui si parlerà in seguito, anche ovviamente G. E. Lessing, Die Erziehung des Menschengeschlechts, Berlin, Voss und Sohn, 1780. 62 favorire così l'apprendimento. In gioco c'è, però, anche la legittimazione della funzione universale della geografia come scienza che, ponendosi come strumento necessario alla conciliazione tra uomo e natura, si colloca in una posizione centrale nel sistema delle scienze. Come è stato già accennato, a questo riguardo è fondamentale per Ritter la figura del pedagogo svizzero Johann Heinrich Pestalozzi.

Egli, attingendo da Rousseau, propone una teoria pedagogica basata sull'estrinsecazione delle attitudini connaturate negli individui e sulla conseguente attenzione alla conciliazione tra spirito e natura grazie alla guida di insegnanti e di metodi adeguati15. Nel 1815 scrive al fratello «il mio intero lavoro geografico è un'esposizione del metodo pestalozziano»16. L'insistenza sull'unitarietà del sistema della Erdkunde e sulla vitalità [Lebendigkeit] che deve contribuire a rendere la trattazione sistematica, piuttosto che fornire un insieme sconnesso di nozioni, contribuisce alla conciliazione tra natura e spirito che costituisce il suo fine principale17. Secondo Pestalozzi, l'insegnamento corretto deve far sì che la confusione che caratterizza inizialmente l'intuizione [Anschauung], su cui l'educazione si deve fondare, sia superata connettendo gli elementi simili e separando i dissimili, eliminando il superfluo, fino alla formulazione di concetti chiari. Ritter trasferisce

15 Sull'influenza del metodo pestalozziano sull'insegnamento della geografia si veda C. A. Philips, The Developement of Methods in Teaching Modern Elementary Geography, in «The Elementary School Teacher», vol. 10, n. 9, Maggio 1910, pp. 427-439, pp. 430 ss. Nella biografia di Pestalozzi scritta da James Guillaume (1844-1916), anarchico svizzero molto vicino al già nominato Elisée Reclus e attento alle teorie pedagogiche libertarie, è presente un'utile descrizione di come veniva insegnata la geografia a Yverdon: «i primi elementi di geografia ci venivano insegnati sul terreno. Si cominciava dirigendo la nostra passeggiata verso una valle stretta attorno a Yverdon, quella dove scorre il Buron. Ci veniva fatta contemplare nell'insieme e nei dettagli, finché non avessimo l'intuizione completa. Allora venivamo invitati a fare ognuno la propria provvista di un'argilla che giaceva in strati su uno dei fianchi del vallone, della quale riempivamo dei grandi cesti che avevamo portato appositamente. Di ritorno, venivamo messi a delle lunghe tavole, e venivamo lasciati, ognuno sulla parte che gli era stata riservata, riprodurre in rilievo il vallone che avevamo studiato. Nei giorni successivi, nuove passeggiate, nuove escursioni, fatte da un punto di vista sempre più elevato e, ogni giorno, nuova estensione data al nostro lavoro. Proseguimmo così fino a terminare lo studio del bacino di Yverdon; finché dall'alto del monte che lo domina non l'avemmo abbracciato nel suo complesso, e terminato il nostro rilievo. Non ci arrivammo che dopo averne acquisito la comprensione» (J. Guillaume, Pestalozzi, étude biographique, Paris, Hachette, 1890, pp. 227-228). 16 In G. Kramer, Carl Ritter. Ein Lebensbild nach seinem handschriftlichen Nachlass, Halle, Buchhandlung des Weisenhauses, vol. I, 1864-1870, p. 67. [«Meine ganze geographische Arbeit ist Darstellung der Pestalozzischen Methode»]. 17 Su questo si veda H. Beck, Carl Ritter. Genius der Geographie, cit., pp. 15-22 e pp. 25 ss. 63 questo procedimento nelle sue opere geografiche. Una prima forma di conoscenza geografica ha per oggetto i particolari: le singole componenti della superficie terrestre e la definizione e denominazione dei confini. Questa geografia elementare, però, non esaurisce i compiti della Erdkunde che altrimenti sarebbe un aggregato privo di coerenza interna e verrebbe così meno la possibilità di riprodurre la complessa relazione tra natura organica e inorganica nel mondo. All'elencazione degli elementi in senso quantitativo e topografico deve seguire l'esposizione della loro connessione interna, attraverso la ricostruzione dei processi che hanno prodotto le attuali configurazioni naturali e della «violenza muta [stille Gewalt]»18 che la natura esercita sui popoli e la storia affinché quello che sembra solo casuale − e che ricorda i contenuti in eccesso delle intuizioni nella cui purificazione consisteva, secondo

Pestalozzi, lo scopo dell'educazione − si mostri nella sua necessità.

L'Erdkunde ha dunque per oggetto la Terra come unità di natura e spirito, ha una funzione pedagogica essenziale e, per riprodurre tale unità e svolgere questa funzione, deve diventare «dottrina dei rapporti», non di luoghi isolati. La natura nella «dottrina dei rapporti» non è la natura meccanica ma la natura vivente, abitata dallo spirito e che non si lascia incanalare in classificazioni estrinseche ma di cui devono essere svelate le interne connessioni. A ciò si collega il passaggio da una

Erdbeschreibung, cioè descrizione della Terra secondo il modello già menzionato di

Friedrich Büsching, alla Erdkunde, cioè una scienza della Terra19. Non si tratta più di

18 C. Ritter, Über das historische Element in der geographischen Wissenschaft, in Id., Einleitung, cit., pp. 152-181, p. 164. Il carattere topografico delle descrizioni naturalistiche e geografiche viene messo in seria crisi già nel corso del Settecento non tanto consapevolmente quanto per la crescita esponenziale dei dati e del materiale trattato. Su questo cfr. W. Lepenies, Das Ende der Naturgeschichte. Wandel kultureller Selbstverständlichkeit in den Wissenschaften des 18. und 19. Jahrhunderts, cit. 19 Sia il precedente riferimento all'unità della scienza in quanto scienza di Dio, sia il riferimento qui menzionato al carattere filosofico della Erdkunde solo rivelatori di una prospettiva non insensibile rispetto al dibattito intorno alla Wissenschaft proprio dell'idealismo trascendentale che «fondò la prospettiva "scientifica" come quella capace di unificare le istanze razionali sviluppate durante il settecento dal pensiero di ragione con il persistente bisogno di verità, cioè di adesione culturale complessiva, quasi religiosa, che il mondo tedesco manteneva come specifico rispetto alla variante utilitaristica e positiva del post-illuminismo» (P. Schiera, Il laboratorio borghese. Scienza e politica nella Germania dell'Ottocento, cit., p. 13). Sul passaggio della geografia moderna dalla descrizione alla spiegazione in merito in particolare alla geografia francese si veda A. Godlewska, Geography unbound, cit. 64 descrivere gli elementi visibili, naturali e politici, accostandoli secondo un ordine estrinseco. Si tratta, piuttosto di costruire una scienza della Terra che sia filosofica, che muova, cioè, dalle relazioni visibili tra i fenomeni e ricostruisca quelle invisibili20.

A partire da ciò, dunque, la Erdkunde dovrà avere due grandi obiettivi nello studio della Terra come organismo, come «individualità cosmica [kosmische Individualität]»: essa dovrà innanzitutto studiare «la sua necessaria coesione [nothwendigen

Zusammenhalten]» e, in secondo luogo, «la sua evoluzione progressiva

[fortschreitenden Entwicklung]»21.

C'è un'ulteriore ragione per cui la Terra come totalità sta alla base della Erdkunde che qui è di particolare interesse perché rivela un tratto originale dell'approccio ritteriano su cui torneremo in seguito. In passato, scrive Ritter, la scienza geografica era legittimata a comprendere solo delle «singolarità locali isolate [isolierte örtliche

Einzelnheiten]»22 nella loro relazione con «momenti temporali altrettanto isolati di persone storiche»23. Il punto di svolta che pone le fondamenta della costruzione di una Erdkunde interamente consapevole del proprio compito storico è la conclusione dell'esplorazione del pianeta e la definitiva scoperta della sua completezza, in seguito all'esplorazione dell'Oceania e alla definizione almeno parziale delle caratteristiche delle regioni polari. La Erdkunde si definisce così come la scienza della terra come

20 Cfr. C. Ritter, Das historische Element in der geographischen Wissenschaft, cit., pp. 160 ss. A proposito di quanto detto circa la vicinanza tra Ritter e Schelling si consideri quanto quest'ultimo dice nell'opera Von der Weltseele, cioè che il merito dell'idealismo è quello di aver introdotto la filosofia in tutte le scienze e, a questo proposito, fa un esempio significativo per il discorso che qui si sta facendo perché relativo allo spazio: «der Begriff einer Wirkung in die Ferne z. B., an welcher noch viele sich stoβen, beruht ganz auf der idealistischen Vorstellung des Raums: denn nach dieser können zweien Körper in der groβten Entfernung von einander als sich berührend, und umgekehrt, Körper die sich (nach der gemeinen Vorstellung) wirklich berühren, als aus der Entfernung auf einander wirkend vorgestellt werden» (ivi, pp. XV-XVI). Relativamente al passaggio dal visibile all'invisibile non si può non menzionare il fatto che Michel Foucault individua proprio qui il segno della nuova moderna episteme che si afferma all'inizio dell'Ottocento: «classificare non sarà dunque riferire il visibile a se stesso, incaricando uno dei suoi elementi di rappresentare gli altri; classificare sarà, attraverso un movimento che fa ruotare l'analisi su stessa, riferire il visibile all'invisibile, come alla sua ragione profonda, poi risalire da quest'architettura segreta verso i segni manifesti che ne sono offerti alla superficie dei corpi» (M. Foucault, Le parole e le cose, Milano, Bur, 1998, p. 248). 21 C. Ritter, Europa, cit., p. 5. 22 Ivi, p. 156. 23 Ibidem. 65 totalità in quanto scienza moderna per eccellenza24, dal momento che la Terra è fattualmente diventata unitaria. Essa si definisce, inoltre, non solo come scienza del presente ma, data il suo interesse per l'evoluzione progressiva del pianeta, che Ritter interpreta come finalizzata a una sempre più stretta unità, essa è anche la scienza del futuro.

Da quanto detto si può già rilevare che Ritter si inserisce interamente, per quanto con il suo specifico anacronismo, in quell'unico movimento spirituale che combina tardo illuminismo, romanticismo e classicismo a partire dagli ultimi due decenni del

Settecento e che ha il problema della «definizione del particolare e dell'individuale

[...] in sé e nel rapporto con gli altri particolari, con gli altri individui insondabili nella profondità della loro specificità e tuttavia non sganciabili in un universo anarchico di determinatezze senza rapporti e senza freni»25. Più che considerare quest'insieme di aspetti filosofico-teologici come un'ipoteca sulla scientificità della Erdkunde è necessario innanzitutto sottolinearne la funzione costituzionale, cioè la capacità di affermare il ruolo storico-universale della scienza come parte di un progetto pedagogico e politico di educazione dell'uomo26. Inoltre, è importante sottolineare che questa combinazione è indispensabile per superare quell'impasse tra confini naturali e confini artificiali: l'idea della Terra come totalità organica produce una rottura rispetto alla tradizione geografica aprendo la strada a un nuovo modo di pensare l'organizzazione storico-naturale dello spazio27. Porre l'accento

24 Cfr. il già citato A. Schach, Naturphilosphie und Geographie, cit., in cui si afferma che «in letzter Konsequenz [...] ist Geographie eine erkenntnistheoretische Variante des Versuchs einer universellen Welterklärung» (ivi, p. 24). 25 F. Tessitore, Il senso della storia universale, Milano, Garzanti, 1987, p. 28. 26 Sulla nozione di funzione costituzionale della scienza si veda P. Schiera, Il laboratorio borghese: scienza e politica nella Germania dell'Ottocento, cit. Per Schiera non si tratta di considerare la «Scienza Tedesca dal punto di vista della storia delle istituzioni (né di quelle universitarie o di ricerca, né, tanto meno, di quelle statali), ma neppure da quello della storia della mentalità» (ivi, p. 8). Si tratta, piuttosto, di accertare «la consistenza del fenomeno all'interno dello sviluppo costituzionale tedesco, in tutte le sue componenti (sia istituzionali, che di mentalità, che sociali)» (ibidem). Questa prospettiva consente di combinare uno sguardo alla costruzione scientifica della disciplina con l'attenzione alla sua capacità di cogliere e indirizzare una serie di trasformazioni oggettive in atto. 27 A differenza di quanto sostiene Schach nel suo libro su Ritter e la Naturphilosophie qui non si parte da una contrapposizione tra la corologia, cioè la geografia delle regioni, e la filosofia naturale con le 66 sull'universalità delle parti in quanto connesse al tutto e sulla possibilità di elaborare una teoria dei rapporti tra gli elementi che riempiono lo spazio significa, infatti, mostrare l'insufficienza di descrizioni puramente naturali o che poggino esclusivamente sugli ordinamenti politico-artificiali e, come vedremo, della stessa idea di confine lineare. La commistione di elementi filosofici, scientifici e storici deve essere così intesa nel contesto dello sforzo di pensare in maniera nuova l'oggettività di uno spazio che non coincide solo con una porzione del mondo, ma pretende di dimostrare i rapporti interni allo spazio globale, con tutto la difficoltà e il carico di disorientamento che ciò comporta.

2. L'elemento storico della Erdkunde

È frequente leggere nella letteratura secondaria su Ritter la convinzione che egli sarebbe il fondatore della geografia storica mentre Alexander von Humboldt il fondatore della geografia fisica. Si tratta di una distinzione in realtà schematica che non tiene conto della vicinanza dei due geografi e ne cristallizza le differenze, producendo un quadro parziale della complessa genealogia della scienza geografica.

Come si è già detto, inoltre, che Ritter possa essere considerato il fondatore di una disciplina o di una sua branca non è fuori discussione. È innegabile, tuttavia, che la

Erdkunde si distingue dall'opera di Humboldt, oltre che per lo spirito teologico e teleologico che la informa e che è completamente assente dall'opera humboldtiana28,

sue componenti teologiche: in realtà quest'ultima è la condizione dell'altra ed esse non sono separabili. 28 Wilhelm von Humboldt in una lettera moglie Carolina dichiara che il fratello completamente incapace di comprendere la natura come manifestazione del divino: «circa la religione non si vede né che ne abbia una né che gli manchi. [...] La sua testa e la sua sensibilità non sembrano arrivare fino al confine in cui ciò viene deciso» (cit., in H. Blumenberg, La leggibilità del mondo, Bologna, Il Mulino, 1984, p. 300) Anche per questo la geografia di Humboldt rimarrà sempre maggiormente legata ai fenomeni empirici e fisici e oltrepasserà la dimensione fisica o statistica piuttosto in direzione di un'estetica del passaggio che di una teleologia come ordine dei luoghi nello spazio. Benché anche Humboldt ponga l'accento sulla interrelazione tra i fenomeni e sul superamento di una scienza geografica meramente compendiaristica, il concetto guida della geognosia humboldtiana è piuttosto quello di armonia che non di organismo, in cui il legame tra le parti è più di equilibrio che non di funzionalità o legame teleologico, come in Ritter. Su questo si veda M. Milanesi, Introduzione a A. von 67 anche per il particolare ruolo che l'elemento storico vi gioca nel pensare e descrivere l'organizzazione dello spazio di un mondo sia naturale sia umano. In questo paragrafo tratteremo il problema del ruolo dell'elemento storico nella Erdkunde, sia stabilendo un parallelo con il contemporaneo ripensamento delle discipline storiche sia analizzando nel dettaglio l'effetto che la storicizzazione dell'oggetto della geografia ha sulla teoria dello «spazio dinamico».

Si è visto che la Erdkunde, scienza moderna per eccellenza, non può trattare luoghi isolati ma deve comprendere la Terra come totalità e la connessione globale della modernità dispiegata. Se la Erdkunde vuole essere la scienza della Terra come totalità

è indispensabile che consideri l'evoluzione storica tanto della natura quanto dell'uomo e delle sue istituzioni: «se la geografia deve essere formulata, cioè, se la superficie terrestre deve essere compresa nella sua totalità, allora è necessario comprenderne innanzitutto l'evoluzione [Entwicklung] storica»29. I rapporti spaziali, intesi come rapporti visibili e invisibili insieme, non potranno limitarsi a ciò che è a disposizione nel presente, perché nel presente come dato non si può andare oltre la semplice descrizione di una contiguità nello spazio. Per individuare i rapporti la

Erdkunde dovrà percorrere distanze sia temporali sia spaziali. Si tratta, infatti, di indagare lo spessore storico delle configurazioni geografiche del presente, i rapporti reciproci che consentono di togliere i luoghi dal loro carattere puntiforme inserendoli in un insieme di connessioni. Segmentando in maniera artificiale qualcosa che è organicamente connesso si compie non solo l'errore di ritrovarsi con dei frammenti indifferenti e «morti», come se si stesse dissezionando una cadavere le cui parti possono poi essere accostate secondo un ordine artificiale. Così facendo, mentre ci si affida alla denominazione singolare di un luogo non si riconosce il suo tratto

Humboldt, La geografia, i viaggi: antologia degli scritti, Milano, Angeli, 1975; P. Werner, Himmel und Erde. Alexander von Humboldt und sein Kosmos, Berlin, Oldenbourg Akademie Verlag, 2004; A. Daum, Alexander von Humboldt. Die Natur als Kosmos und die Suche nach Einheit. Zur Geschichte von Wissen und seiner Wirkung als Raumgeschichte, in «Berichte zur Wissenschaftsgeschichte», vol. 23, 2006, pp. 243- 268. 29 C. Ritter, Über das historische Element in der geographischen Wissenschaft, cit., p. 129. [«Soll Geographie formuliert, d. h., die Erdoberfläche in ihrer Gesamtheit verstanden werden, dann sei es nötig, zuerst die historische Entwicklung zu verstehen»]. 68 individuale che questo ottiene solo nella sua connessione con l'insieme di cui è membro, un insieme che è sia storico sia geografico. Lo spazio geografico, infatti, non

è semplicemente un contenitore in cui gli oggetti sono inseriti, né una griglia di localizzazione geometrica ma è un ordine storico dei fenomeni naturali e umani.

In termini generali, si può dire perciò che la storia offre a Ritter la possibilità di tracciare tra i singoli punti dello spazio una connessione nel contesto unitario dell'organismo terrestre. Per fare questo egli si confronta con i temi e i concetti che, nel periodo della stesura della seconda edizione della Erdkunde, vengono formulati nell'ambito di quello che si può definire storicismo30 e nel contesto del ripensamento del concetto di storia che lo caratterizza. Come dimostra in particolare l'opera di

Leopold von Ranke, con il quale, come si è visto, Ritter collabora a Berlino, la storia a sua volta è impegnata in un percorso di ridefinizione disciplinare che ha al centro una nuova definizione di cosa sia l'oggettività storica31. Se si riconosce che tanto la storia quanto la Erdkunde fronteggiano in questo tornante storico un problema comune di definizione, pur con metodi e obiettivi differenti, è possibile andare oltre una trattazione del problema che prende le mosse dalla distinzione tra spazio e tempo, come se essi non fossero a loro volta dei concetti storici ma, kantianamente, delle condizioni a priori dell'esperienza. Indicativa è, in questo senso, la risemantizzazione del concetto di «epoca» nel discorso storico a partire dalla fine del

Settecento perché è possibile tracciare una linea che la collega all'esortazione ritteriana ad andare oltre la giustapposizione di luoghi isolati in direzione di una

«dottrina dei rapporti». Così come la Erdkunde, anche la storia non si limita più, a

30 Per alcuni importanti contributi al problema del rapporto tra geografia e storia si vedano L. Febvre, La terre et l'évolution humaine. Introduction geographique à l'histoire, Prais, A. Michel, 1949; R. Koselleck, Raum und Geschichte, in Id., Zeitschichten. Studien zur Historik, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 2000; J. Osterhammel, Die Verwandlung der Welt. Eine Geschichte des 19. Jahrhunderts, München, Beck, 2009. Sullo storicismo si veda G. G. Iggers, Deutsche Geschichtswissenschaften. Eine Kritik der traditionellen Geschichtsauffassung von Herder bis zum Gegenwart, Münche, D. Taschenbuch, 1971; F. Tessitore, Il senso della storia universale, Milano, Garzanti, 1987; S. Caianiello, Scienza e tempo alle origini dello storicismo tedesco, Napoli, Liguori Editori, 2005. 31 Sul concetto di oggettività in Leopold von Ranke si veda R. Vierhaus, Rankes Begriff der historischen Objektivität, in R. Koselleck, W. J. Mommsen, J. Rüsen, a cura di, Objekivität und Parteilichkeit in der Geschichtswissenschaft, München, Deutscher Taschenbuch Verlag, 1977, pp. 63-76.

69 partire dalla fine del Settecento, a considerare gli eventi isolatamente. Fino a quel momento il termine «epoca» indica un evento determinato che è isolabile rispetto agli altri e può essere considerato come un limite tra un periodo e l'altro per un suo particolare carattere storico-universale. Si tratta dell'oggetto studiato da una delle ancelle della storia, cioè la cronologia e costituisce l'unità di riferimento delle storie universali settecentesche: esse sono storie mondiali nella misura in cui vengono selezionati quegli eventi che hanno, non importa quale sia la loro collocazione geografica, una rilevanza storico-universale per la civilizzazione del genere umano.

A partire dalla fine del Settecento, il termine «epoca» comincia a cambiare significato in linea con un ripensamento generale della storia come disciplina e a una nuova semantica della storia come Geschichte32. Esso comincia a indicare non più degli eventi particolari, ma dei periodi di tempo di cui la storia deve indagare il carattere e l'individualità. In questo modo, le epoche non sono in primo luogo definite a partire dal limite cronologico che le separa, ma da una loro individualità che le rende comparabili e rende pensabile la loro differenza, cosa altrimenti impossibile se collocate su una linea cronologica. Un analogo passaggio è, a nostro avviso, riscontrabile nella relativizzazione dell'importanza dei confini nell'organizzazione dello spazio e nella sua descrizione, a favore di individualità storico-geografiche, sia regionali sia continentali. Servendoci in particolare del saggio Das historische Element in der geographischen Wissenschaft33, prenderemo ora in considerazione come si configuri questa storicizzazione nella definizione dei compiti e dell'oggetto della

Erdkunde.

Il saggio in questione comincia, non a caso, con una distinzione tra geografia e storia. Mentre la prima considera la «giustapposizione dei luoghi [Nebeneinander der

Örtlichkeiten]» nello spazio, la seconda considera la «successione degli avvenimenti

[Nacheinander der Begebenheiten]» nel tempo34. La novità dell'approccio ritteriano emerge se si confronta questa distinzione preliminare tra geografia e storia e quella

32 Cfr. R. Koselleck, Passato Futuro. Per una semantica dei tempi storici, Genova, Marietti, 1996. 33 Presentato all'Akademie der Wissenschaften nel 1833. 34 C. Ritter, Über das historische Element, cit., p. 152. 70 proposta da Kant nell'introduzione alle sue lezioni di geografia fisica. Secondo Kant, la storia ha a che fare con la «successione di avvenimenti» [Nacheinander der

Begebenheiten] e la geografia con gli «avvenimenti» che avvengono sincronicamente35.

La «successione degli avvenimenti» come oggetto della storia si ripropone in Kant come in Ritter. Per Kant, tuttavia, la geografia ha a che fare, come la storia, con

«avvenimenti [Begebenheiten]», considerati sincronicamente e non diacronicamente. Il tipo di oggetto che le due trattano è lo stesso, tanto che Kant può affermare subito dopo che «la storia [...] non è altro che una geografia continuativa»36. Tuttavia, l'oggetto dell'una e dell'altra viene ancora riconosciuto come lo stesso: cioè gli avvenimenti e non i luoghi37. Per Ritter, invece, mentre la storia ha a che fare con avvenimenti, la geografia studia i luoghi [Örtlichkeit] di cui considera i rapporti spaziali. Questo non indica semplicemente un modo differente di pensare le relazioni tra eventi temporali su un piano sincronico piuttosto che diacronico. Il rapporto di vicinanza tra geografia e storia si presenta più complesso di quello che appare in

Kant, dove il modello storico predomina su quello geografico. Tale rapporto si configura come un'affinità di procedimento verso un'oggettività che consiste nel legare il singolo fenomeno a un insieme più ampio in cui esso ottiene il suo senso.

Entrambe, infatti, come Ritter scrive nel saggio Das historische Element prendono le mosse dalle singolarità, nello spazio e nel tempo, cioè da luoghi particolari e da eventi per come essi si presentano all'esperienza immediata. Da essi, però, entrambe le scienze procedono e indagano le relazioni  non immediatamente «percepibili» nella successione temporale o nella contiguità spaziale  che intercorrono tra luoghi ed eventi. Questo movimento che, come si è visto, costituisce il contenuto propriamente filosofico della geografia, si scandisce in differenti passaggi. Il rapporto

35 Cfr. I. Kant, Physische Geographie, cit.: «die Geschichte betrifft die Begebenheiten, die, in Ansehung der Zeit, sich nacheinander zugetragen haben. Die Geographie diejenigen, die sich, in Ansehung des Raums, zu gleicher Zeit ereignen» (p. 161). 36 [«Die Geschichte [...] ist nichts anders als eine continuierliche Geographie»] (Ibidem). 37 Questa definizione si colloca, inoltre, nell'orizzonte della filosofia della storia kantiana in cui le differenze geografiche che solcano il pianeta sono comunque considerate del tutto superabili attraverso il progresso del genere umano. Su questo cfr. Y. Yovel, Kant and the philosophy of history, Princeton, Princeton University Press, 1980; F. Gonnelli, La filosofia politica di Kant, Roma, Laterza, 1996. 71 che in un primo momento viene definito è di natura quantitativa: riguarda, cioè, la distanza spaziale e temporale, determinabile attraverso la geometria e la cronologia.

Questa misurazione non produce altro che un ordinamento artificiale dei luoghi e degli eventi, secondo un metro che non è interno a essi ma esteriore e, dunque, artificiale. Oltre a questi rapporti estrinseci, entrambe le scienze hanno il compito di studiare i rapporti causali e di analogia che legano tra loro intrinsecamente luoghi ed eventi collocandoli gli uni nel loro sistema regionale o continentale e gli altri in una determinata epoca38. Con la Erdkunde di Ritter viene definitivamente superata l'idea che la geografia sia per il presente ciò che la storia è per il passato. L'oggettività a cui si rivolgono, la sintesi che propongono è differente. Eppure, il modo di procedere e di collocare i singoli fenomeni, spaziali o temporali, in un insieme che dà loro individualità mostra che storia e geografia hanno a che fare, in questo tornante storico, con un analogo problema teorico e metodologico.

In questo contesto, Ritter afferma sia l'autonomia della Erdkunde rispetto alla storia, sia la crescente connessione tra le due. La filosofia della storia, scrive Ritter facendo un esplicito riferimento alle Idee per una filosofia della storia dell'umanità

Herder, presta sempre maggiore attenzione ai rapporti geografici39. In Herder la componente geografica non è, come in Kant, il campo potenzialmente omogeneo in cui si dispiega l'azione dell'uomo e il progresso unitario del genere umano. La storia universale deve considerare piuttosto le molteplici determinazioni locali che caratterizzano il genere umano nei suoi diversi caratteri nazionali. L'accento che la storia pone sulle differenze locali, chiama in causa la geografia come scienza che studia l'influenza dell'ambiente sulla storia umana40. La geografia, d'altra parte, si appropria dell'«elemento storico» perché l'accostamento sincronico degli oggetti non

38 La critica alla misurabilità dello spazio come tratto originario della geografia moderna in particolare è sottolineata da F. Farinelli, I segni del mondo, cit. 39 J. G. Herder, Ideen zur Philosophie der Geschichte der Menschheit, Stuttgart, Cotta, 1784. 40 Questa trasformazione, che ha evidentemente a che fare con lo sviluppo dello storicismo, si colloca anche nell'orizzonte del superamento della separazione tra una Staatslehre e una Statistik. Si veda P. Schiera, Il cameralismo e l'assolutismo tedesco, cit. Come vedremo più approfonditamente analizzando l'opera di Ernst Kapp questa nuova comprensione del rapporto tra geografia e storia ha a che fare con una nuova concezione dello Stato e del suo compito storico-mondiale. 72 assume concretezza se non si considera anche la loro successione temporale, di cui la contiguità spaziale è un segno esteriore. A questo proposito, è utile precisare che con

«elemento storico» Ritter intende certamente qualcosa che ha a che fare con il passato. Rivolgendosi al passato si possono innanzitutto tracciare le linee di provenienza di popoli e prodotti, ricostruendo relazioni tra spazi apparentemente separati; in secondo luogo, così facendo è possibile individuare il processo di

Einbürgerung che lega un popolo a una regione e che si è sviluppato nel tempo. Ciò ha a che fare anche con la critica alla geografia pura. Ad esempio, come vedremo, mentre a prima vista sembra che una catena montuosa come le Alpi debba costituire un confine naturale che separa la parte meridionale da quella settentrionale, la praticabilità del loro attraversamento le rende storicamente un punto di passaggio e di connessione più che di separazione. Oppure, una volta individuato attraverso un attento studio filologico il luogo originario di coltivazione della pianta del cotone è possibile sia immaginarsi la dotazione floristica di tale luogo, che nel frattempo si è modificata, sia registrare e descrivere le trasformazioni introdotte in un assetto geografico dalle migrazioni, dal traffico e dalla colonizzazione.

Con «elemento storico», però, Ritter intende anche qualcosa che ha a che fare con il futuro: lo spazio geografico, infatti, è continuamente modificato dall'agire dell'uomo, dai suoi movimenti e dallo sviluppo tecnologico. Ad esempio, nel suo scritto sulla colonizzazione inglese della Nuova Zelanda egli afferma che questa ha collegato un punto altrimenti isolato nello spazio alla più ampia rete di commercio e cultura del mondo. Il rapporto tra i luoghi, dunque, è visto come qualcosa che non solo cambia ma si intensifica nel corso della storia. Vediamo così, ma ci torneremo in seguito, che con storicizzazione della geografia si intende sia che questa include una prospettiva temporale per superare la semplice contiguità degli spazi o la loro classificazione estrinseca; sia che essa comprende inevitabilmente una teoria sul rapporto tra uomo e ambiente esterno, che prevede tanto un'influenza di quest'ultimo sui popoli, quanto una sua trasformabilità da parte degli uomini.

73

Il presente di cui la Erdkunde indaga i nessi si configura, così, come lo spazio tra passato e futuro, tra natura e storia41. Essa si inserisce, dunque, a pieno titolo nel contesto della trasformazione concettuale indicata dalla Sattelzeit koselleckiana, relativamente al rapporto tra natura e storia, per cui la storia si smarca da una misura naturale, si dota di una misura autoreferenziale e si apre al futuro. In questo senso, nel passaggio indicato da Koselleck dalle Historien alla Geschichte è individuabile un ulteriore passaggio dalla storia come conoscenza del particolare alla storia come conoscenza dell'universale in quanto processo che coinvolge qualsiasi azione ed evento umano, ponendoli perciò tutti in rapporto tra loro, sulla scena mondiale. In questo passaggio, tanto la storia quanto la Erdkunde possono essere considerate come

«dottrine dei rapporti», perché non indagano più i punti isolati nel tempo o nello spazio sullo sfondo di una misura temporale o geografica quantificabile, ma indagano epoche e regioni, cioè individualità, che sono comparabili proprio perché non sono definibili solo a partire dal confine che le delimita.

Per concludere, l'unico modo per pensare la geografia come scienza sistematica è fare entrare la storia al suo interno e dunque sottrarre le relazioni geografiche alla loro descrizione topografica ma anche al loro statuto di condizioni a priori del rapporto tra uomo e mondo. Si apre così uno scenario di problemi nuovi per indagare il quale il punto non sarà tanto l'analisi in astratto del rapporto tra tempo e spazio, quanto lo studio del nuovo rapporto che si instaura tra uno spazio relativo perché dinamico e un tempo che non si riduce più al susseguirsi cronologico di eventi ma che diventa epoca come porzione individuale di tempo nella storia universale.

41 Cfr. Koselleck, Futuro passato, cit., in particolare la sezione dal titolo Sul rapporto tra passato e futuro nella storia moderna, pp. 11-29. 74

3. La rilettura della «teoria dei climi»

L'importanza che l'«elemento storico» ha nella geografia è connessa a un ripensamento del condizionamento che il clima e la natura esercitano sulla differenziazione e l'evoluzione dei popoli. In questo paragrafo, tratteremo della rilettura che Ritter, attraverso Herder, compie della plurisecolare «teoria dei climi».

Questo permette di approfondire sia la nuova concezione della spazialità contenuta nella Erdkunde sia il problema del rapporto tra geografia e storia. In Ritter, infatti, è riconoscibile un nuovo modo, non meccanico-causale, di pensare il rapporto tra uomini e condizioni geografiche. L'indagine di questo rapporto contribuisce a proseguire l'analisi della Erdkunde e del suo modo di procedere da punti isolati e localizzabili in senso topografico a configurazioni complesse di caratteri naturali e spirituali in un'individualità storico-geografica.

I popoli, scrive Ritter, «sono condizionati [bedingt] nel loro dispiegamento fisico e spirituale in maniera molteplice dalla terra [Scholle]»42. Questo condizionamento sugli uomini non è inteso in senso meccanicistico, come una determinazione che, attraverso processi fisiologici, si possa dire data una volta per tutte in termini naturalistici. Egli si distanzia, così, dalla teoria dei climi che, anche se ha assunto nella storia diverse forme, produce in generale una suddivisione della superficie terrestre in zone climatiche [Zonen], ognuna della quali è caratterizzata da una determinata temperatura e composizione dell'aria. Gli individui vegetali, animali o umani subiscono l'influenza del clima a livello fisiologico e assumono determinate caratteristiche sulla base della collocazione in una di queste zone. A questo proposito, Ritter accoglie la rilettura critica di Herder della teoria dei climi di

Montesquieu43, il quale già introduce un cambiamento determinante nel modo

42 C. Ritter, Über das historische Element, cit., p. 171. 43 Cfr. Montesquieu, De l'esprit de lois, Paris, Gernier, 1973, trad. it., Lo spirito delle leggi, Milano, Bur, 2011, libri XIV-XVII. Sulla ricezione di Montesquieu in ambito tedesco si veda E. Mass e P. -L. Weinacht, Montesquieu-Traditionen in Deutschland. Beitrage zur Erforschung eines Klassikers, Berlin, Duncker & Humblot, 2005 e R. Vierhaus, Montesquieu in Deutschland - Zur Geschichte seiner Wirkung als politischer Schriftsteller im 18. Jahrhundert, in Deutschland im 18. Jahrhundert, Göttingen, 75 tradizionale di pensare l'influenza del clima44. La novità introdotta da Montesquieu è l'estensione al carattere di un popolo di un'influenza climatica che era tradizionalmente considerata per gli effetti che essa aveva sulla conformazione fisica e morale di ogni singolo uomo45. Da una considerazione antropologica del condizionamento climatico si passa, così, a una sua trattazione storica e sociologica.

Nell'enorme querelle che si sviluppa a partire dalla pubblicazione dello Spirito delle leggi, Montesquieu verrà identificato come il sostenitore dell'influenza delle cause naturali sul carattere del popolo, contro la teoria di David Hume secondo il quale sarebbe la forma di governa la principale responsabile del carattere di un popolo. In questo dibattito, la posizione di Montesquieu viene in realtà semplificata in quanto egli non distingue in maniera netta tra cause naturali e cause morali proprio grazie al concetto di rapporto come necessaria connessione tra gli elementi che determinano il carattere specifico di un popolo, a cui la forma di governo deve cercare di adattarsi46.

Vandenhoeck und Ruprecht, 1987. Su Montesquieu si veda L. Althusser, Montesquieu. La politica e la storia, Roma, Manifestolibri, 1995. 44 Pierre Bourdieu definisce, analizzandone la ricezione, la teoria dei climi di Montesquieu una «mitologia scientifica» capace di presentarsi come risposta globale e coerente a un problema sociale. Cfr. P. Bourdieu, Le Nord et le Midi: contribution a une analyse de l'effet Montesquieu, in «Actes de la recherche en sciences sociales», Vol. 35, novembre 1980, pp. 21-25. 45 Non che non ci sia in Montesquieu una teoria dell'influenza sull'organismo e dunque sul temperamento e dunque sul genere di vita del clima, ma questa preoccupazione è tutta piegata a comprendere il carattere del popolo e non si ferma perciò al singolo essere umano. Su questo si veda N. Broc, - ?, Paris, Colin, 1969. Ma per il passaggio dal temperamento come caratteristica individuale al temperamento come attributo sociale si veda anche I. Kant, Anthropologie in pragmatischer Hinsicht (1798), Hamburg, Meiner, 1980, trad. it, Antropologia pragmatica, a cura di M. Bertani e G. Garelli, Torino, Einaudi, 2010. Sul dibattito sei- settecentesco sui caratteri nazionali nonché sulla querelle che si scatena con la pubblicazione dello Spirito delle leggi tra difensori di Montesquieu e chi, come Hume, considera il governo la causa principale della differenziazione dei popoli si veda L. Cobbe, Nation, Sympathy and Opinion: Hume e i prolegomeni per una scienza sociale, in L. Scuccimarra, G. Ruocco, a cura di, Il governo del popolo, Roma, Viella, 2001, pp. 187-201. 46 Significativa per l'analisi che qui si sta facendo dell'opera di Ritter è anche la rilevanza difficilmente sottovalutabile del concetto di «rapporto» nel pensiero montesquieuviano. Si pensi alla stessa definizione di legge presente nello Spirito delle leggi come insieme dei «rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose» (I, p. 147). L'oggetto dell'indagine storico-sociologica delle istituzioni che Montesquieu introduce sono «fatti» intesi come relazioni tra elementi naturali e morali, come strutture interconnesse e non come aggregati. Su questo si veda F. Venturi, Utopia e riforma nell'Illuminismo, Torino, Einaudi, 1970, pp. 73 ss. Sulla semantica del termine Verhältnis - rapport - relation nel contesto della scoperta dei rapporti sociali, a partire dalla sesta tesi su Feuerbach di Karl Marx si veda E. Balibar, Dall'antropologia filosofica all'ontologia sociale: che fare con la sesta tesi su 76

Anche per Herder le condizioni geografiche contribuiscono a costituire l'individualità di un popolo e non solo il carattere dei singoli che ne fanno parte.

Inoltre, come già Montesquieu, Herder rifiuta la riduzione degli elementi rilevanti dell'ambiente a quello di temperatura e di composizione dell'aria47, che costituivano, invece, il punto di appoggio di tutto l'apparato concettuale della scienza fisiologica.

Herder, però, sostituisce a quella combinazione di cause fisiche e morali in una struttura storico-sociale che Montesquieu per la prima volta teorizza, con una concezione organicistica del popolo e della sua crescita ed evoluzione storica, in un ordine discorsivo in cui la natura è un insieme di forze e di configurazioni locali e infinitamente variabili di queste forze48. L'influenza della natura sull'evoluzione umana non si configura, così, come una causalità meccanica, cioè come un movimento unidirezionale che dalla natura si riversa sull'uomo e sulle forme della

Feuerbach di Karl Marx?, in E. Balibar, V. Morfino, a cura di, Il Transindividuale. Soggetti, relazioni, mutazioni, Milano, Mimesis, 2014. 47 «Die Natur mit den Bergreihen, die sie zog, wie mit den Strömen, die sie herunter rinnen lieβ, gleichsam den rohen, aber festen Grundriβ aller Menschengeschichte und ihrer Revolutionen entworfen» (J. G. Herder, Ideen zur Philosophie der Geschichte der Menschheit (1784), Frankfurt a. M., Deutscher Klassiker Verlag, p. 18). Nella Schulrede über die Geographie (1784) Herder afferma che la «Geographie ist von der Naturgeschichte und der Historie der Völker unabtrennlich und gewährt zu beiden die wahren Grundlinien» (Pubblicato in M. Gerlach, Herders Schulrede: "Von der Annehmlichkeit, Nützlichkeit und Notwendigkeit der Geographie" und unser erdkundlicher Unterricht: eine methodische Studie, Langensalza, H. Beyer, 1914) 48 «Oh se un altro Montesquieu ci facesse comprendere lo spirito delle leggi e dei governi che si trovano sulla nostra terra soltanto attraverso i secoli più conosciuti! Non con i vuoti nomi di tre o quattro forme di governo che poi non sono né rimangono mai le stesse in nessun luogo; e neppure secondo principi fantastici dello Stato, perché nessuno Stato è costruito su un principio puramente verbale, senza contare che non l'avrebbe certo mantenuto immutabile in tutti i suoi stadi e tempi; e neppure mediante esempi smozzicati, tratti da tutte le nazioni, da tutti i tempi e da tutte le contrade del mondo in una confusione da cui neppure il genio della nostra terra potrebbe trarre un vero tutto, ma soltanto mediante la descrizione filosofica vivente della storia civile, nella quale, per quanto possa sembrare uniforme, non ricorre mai due volte la stessa scena e che, secondo il tempo e il luogo, muta sempre il quadro dei vizi e delle virtù del genere umano e dei suoi governanti, e realizza sempre lo stesso quadro in modo terribile e istruttivo» (Herder, Idee, cit., pp. 184-185). Un'ulteriore critica che Herder muove a Montesquieu e che qui è meno pertinente ma merita di essere menzionata è quella secondo cui egli sarebbe stato troppo cittadino e troppo poco uomo: egli avrebbe, cioè, considerato più le leggi civili che le leggi non scritte del costume e dell'abitudine. Si consideri, a questo proposito, l'importanza che il concetto di tradizione gioca in Herder come concetto-ponte tra storia e natura, anello centrale della catena che rende il mondo insieme naturale e spirituale. Su questo cfr. R. Vierhaus, Montesquieu in Deutschland, cit. 77 sua associazione. Si tratta, piuttosto, di una reciproca influenza49, di un'evoluzione comune che porta alla formazione di differenti individualità storico-naturali, cioè i popoli50. Non è possibile, secondo questo principio, proporre una teoria delle forme di governo, e dei principi a esse associati, vista l'estrema variabilità delle configurazioni individuali di natura e storia51. La relazione reciproca che si instaura

è, dunque, singolare, cioè autenticamente locale in quanto unica di una determinata configurazione spaziale. Ciò rende impossibile la determinazione di forme o tipi a cui far risalire la varietà empirica: «il clima è» infatti «soggetto a infinite variazioni locali»52. Se è vero, dunque, che siamo «come argilla duttile» rispetto al clima, le sue

«dita plasmano in modo infinitamente vario e multiforme»53. Oltre a questa grande variabilità, bisogna considerare che «il genere umano, a sua volta, con le sue attività ha ulteriormente contribuito a mutare le condizioni climatiche»54. È proprio questa varietà che motiva, secondo Herder, l'importanza della geografia per la storia, come garanzia del riconoscimento delle differenti individualità storiche, come testimone della loro irriducibilità a modelli teorici che ne sintetizzino la varietà55.

La novità che Herder introduce è, insomma, quella dell'unità dinamica di uomo e

Terra che Ritter accoglie come punto di partenza della sua Erdkunde56. In sintonia con il pensiero di Herder, la «dottrina dei rapporti» ritteriana non contiene un

49 Si tratta del concetto centrale in Herder così come in tutto il filone di pensiero circa la continuità tra la natura e la storia di Wechselwirkung. Cfr. a questo proposito anche l'opera di Schelling. 50 La rilettura herderiana di Montesquieu si inserisce in generale nell'orizzonte del grande successo che Montesquieu ebbe in ambito tedesco, così come europeo in generale. 51 Si tratta di un elemento che caratterizza anche la lettura tedesca delle forme di governo a partire dalla grande molteplicità dei Länder. 52 Herder, Idee, cit., pp. 113-114. 53 Ibidem. 54 Ibidem. Sulla centralità dell'idea della pienezza della natura e della sua variabilità si veda A. Lovejoy, La grande catena dell'essere, cit.. 55 Bisogna menzionare nel contesto della rilettura herderiana della teoria montesquieuviana del condizionamento climatico un altro problema che riguarda il contesto intellettuale dell'opera ritteriana e cioè la critica che Herder compie, in particolare nella Metacritica della ragion pura, a concetto kantiano di spazio. 56 Sull'influenza della concezione herderiana dell'unità tra uomo e terra rispetto al modello kantiano e fichtiano sulla costituzione di una prospettiva geografica moderna si veda Chenxi Tang, The Geographic Imagination of Modernity. Geography, Literature, and Philosophy in German Romanticism, Stanford, Stanford University Press, 2008. 78 determinismo climatico57. Avendo superato, come si è visto, l'opposizione tra natura e spirito, tra materia inorganica ed organica non è più possibile separare nettamente attività e passività, causa ed effetto. Del concetto di «interazione [Wechselwirkung]» che da ciò deriva, Ritter approfondisce gli aspetti propriamente geografici: si tratta di indagare il modo in cui le caratteristiche di una regione giocano un ruolo nella costituzione della specifica individualità di un popolo. Il clima e la conformazione naturale non determinano perciò direttamente le caratteristiche fisiche e morali degli uomini. Popoli molto differenti abitano le stesse latitudini, mettendo in discussione empiricamente la teoria delle zone climatiche. La collocazione assoluta di un popolo nello spazio non è sufficiente per comprendere le cause della sua differenziazione rispetto ai popoli limitrofi. Inoltre, se si considera la configurazione attuale dei popoli insieme alla loro storia, si può rilevare che non tutti i popoli si adattano [einbürgern] a tutti i luoghi e che ciò dipende da fattori di volta in volta differenti per cui non è possibile isolarne alcuni a sfavore di altri, se la Erdkunde vuole essere la dottrina complessiva dei rapporti visibili e invisibili della superficie terrestre. Dunque non è possibile

attribuire solo al clima, come prima accadeva, un influsso così importante, oppure ammettere come unica causa di questo fenomeno la differente capacità [Befähigung] originaria dei popoli [Völkerstämme] - inoltre l'intero fenomeno ci si presenterebbe come troppo variegato. In ogni caso, per la realizzazione di questo fenomeno, che appartiene a quelli più importanti per l'intera umanità, la scena [Schauplatz], sui cui si dispiega la storia evolutiva, non può restare senza influsso [Einfluβ] ed esercitare questo in maniera più o meno formativa58.

57 Contro la distinzione netta tra natura organica e inorganica, si tratta di considerare «solo indicazioni di rapporti relativi, non opposizioni assolute, [...], non solo influenza [Wirkung] e assenza di influenza [Wirkungslosigkeit]» [«nur Bezeichnung relativer Verhältnisse, nicht absolute Gegensätze, [...], nicht Wirkung und Wirkungslosigkeit» (C. Ritter, Europa, cit., p. 5)]. 58 C. Ritter, Europa, cit., p. 19. [«Bloβ dem Klima, wie dies wohl früher geschah, so wichtigen Einfluβ einzuräumen, oder bloβ die ungleiche ursprüngliche Befähigung der Völkerstämme für die einzige nigfaltig vorkommen. Jedenfalls konnte zur Realisierung dieser Erscheinung, die zu den wichtigsten für die ganze Menschengeschichte gehören, der Schauplatz, auf welchem die Entwicklungsgeschichte sich entfaltete, nicht ohne Einfluβ bleiben und diesen mehr oder weniger gestaltend ausüben»]. 79

Le cause della differenziazione sono, così, molteplici: «disposizioni originarie

[ursprüngliche Anlagen], luogo dove abitano, clima, rapporti religiosi, politici, situazione culturale bellicosa, confinante, particolari ostacoli [Hemmungen], incentivi

[Förderungen], particolare destini del popoli [Völkerschicksale]»59. A questo proposito,

Ritter è particolarmente critico nei confronti dello storico di Göttingen Arnold

Hermann Ludwig Heeren il quale sosteneva, secondo le parole di Ritter, che «l'uomo può diventare solo ciò che le circostanze e la conformazione della terra lo rendono»60.

Secondo Ritter, ogni popolo ha una componente fisica passiva e una spirituale che è attiva rispetto alle condizioni esterne. Di conseguenza, il discorso che Ritter propone non si inserisce nel contesto di un'antropologia fisica: non c'è una iniziale differente

«capacità [Befähigung]» dei popoli. Tuttavia, è innegabile che ci sia uno «sviluppo ineguale [eine ungleiche Entwicklung]»61 sulla base delle caratteristiche della «scena» su cui la vita di un popolo si dispiega, vale a dire delle condizioni che non tutti incontrano identiche62.

La rilettura della «teoria dei climi» da parte di Ritter attraverso Herder ha, così, una funzione decisiva per la comprensione della nuova oggettività geografica a cui la

Erdkunde mira. Essa contribuisce a determinare la connessione storica tra un popolo e il luogo dove ha avuto origine o dove si è ambientato, costituendo uno dei tasselli a partire da cui pensare all'individualità geografica senza appellarsi a suddivisioni estrinseche ma a un processo di sviluppo. Inoltre, la rilettura della «teoria dei climi» mentre riconosce un nesso storico tra il popolo e il luogo che esso abita, non può che affermarne l'essenziale mobilità e implicare l'attiva produzione dello spazio da parte

59 Ivi, p. 19. [«Die Ursachen dieser höchst eigenthümlichen Erscheinung können mancherlei sein, innerer und äuβerer Art; es würde schwer sein, sie alle zu ergründen. Ursprüngliche Anlagen, Wohnort, Klima, religiöse, politische Verhältnisse, kriegerische, nachbarliche Culturzustände, besondere Hemmungen, Förderungen, besondere Völkerschicksale»] 60 Ibidem. Per quanto riguarda Heeren, l'opera più importante che affronta questo tema è Ideen über Politik, den Verkehr, und den Handel der vornehmsten Völker der alten Welt (2 voll., Gottinga, 1793–1796; IV ed., 6 voll., 1824–1826). Su Heeren si veda G. Marino, I maestri della Germania, Torino, Einaudi, 1975. 61 Espressione che, com'è noto, ha una storia e ha avuto un successo notevole per descrivere lo sviluppo globale del capitalismo. Si veda ad esempio N. Smith, Uneven Development. Nature, Capital and the Production of Space, cit. 62 Ibidem. 80 degli uomini. Le tradizionali zone climatiche costituivano una localizzazione che corrispondeva a una predestinazione naturale dotata della ferrea necessità di una causalità meccanica. Dall'impostazione ritteriana del problema consegue, piuttosto, il movimento dei popoli sia passato sia futuro e la possibilità di comprendere la varietà delle trasformazioni dovute alla mobilità delle migrazioni, ma anche dei trasporti, del commercio e della colonizzazione.

La Erdkunde come scienza filosofica, quindi, non riduce l'infinita varietà della natura ma pretende di riproporla nella complessità delle sue manifestazioni.

L'influenza reciproca tra uomo e ambiente costituisce un oggetto di studio non fuori dal tempo, ma che riguarda tutti i tempi, il passato, il presente e il futuro. Essa, inoltre, non essendo principalmente un'influenza riconoscibile a livello fisiologico e non essendo riconducibile a una disposizione originaria, considera tanto la specificità locale quanto la trasformazione e il movimento nello spazio.

4. Gli «individui» geografici

Si è visto che lo spazio geografico nel suo rapporto con l'elemento storico costituisce l'oggetto della geografia di Ritter. Il significato e la portata dell'elemento storico si è sottolineata finora sia ponendola in relazione all'idea di una «dottrina dei rapporti» e al ripensamento del concetto di storia che è contemporaneo all'opera di

Ritter; sia per le conseguenze che esso ha sulla rilettura della teoria dei climi che

Ritter abbraccia ispirandosi a Herder, a sua volta critico lettore di Montesquieu. Ora, per avvicinarsi alla comprensione dell'idea di «spazio dinamico» che emerge nella

Erdkunde, è necessario indagare le conseguenze che l'inserimento dell'elemento storico ha sulla specifica comprensione dello spazio. In questo modo sarà possibile vedere come la geografia da descrizione del presente diventa dottrina che utilizza, nei modi che si vedranno, la dimensione del passato e del futuro per descrivere un presente in movimento e pensare alle articolazioni spaziali al suo interno. Nel prossimo paragrafo si considererà il modo in cui Ritter giunge a proporre una

81 strutturazione [Gliederung] basata su regioni storico-naturali, cioè regioni che si differenziano da quelle limitrofe per una serie di ragioni, fisiche e culturali, e i cui elementi interni costituiscono un'unità63. La combinazione tra fattori naturali e umani, inserita in una considerazione storica, offre un principio di organizzazione del materiale e una cornice al cui interno vengono descritti i diversi processi storico- culturali.

Procedendo dal tutto alle parti il primo gradino della descrizione è la posizione della Terra nel sistema solare, quindi la sua considerazione cosmologica. In secondo luogo, è necessario indagare le suddivisioni generali del pianeta: Ritter distingue in prima battuta tra un mondo delle terre [Landwelt] a Nord-Ovest e un mondo delle acque [Wasserwelt] a Sud-Est. Nell'emisfero terrestre si individuano, in base alla loro posizione due masse terrestri indipendenti, il Vecchio e il Nuovo Mondo. In questo modo viene delineata in prima battuta la Weltstellung di un luogo, cioè non solo la posizione astronomica (generalmente denominata Lage) ma anche la situazione geografica più generale, che comprende i rapporti interni ed esterni del luogo in questione rispetto alla totalità terrestre64. Si noti che, mentre Lage indica la misurazione della puntualità dei luoghi in base alle coordinate della latitudine e della longitudine, la Stellung indica piuttosto la posizione all'interno di un sistema complessivo. La descrizione della posizione in quanto Lage non è sufficiente per comprendere le individualità locali. È piuttosto la delineazione della posizione in quanto Stellung a essere l'obiettivo della Erdkunde.

Prendendo in considerazione i contorni delle masse solide della superficie terrestre si tratta di delineare innanzitutto la loro forma ed estensione. Tra le due,

Ritter dà una precedenza alla prima proprio perché la seconda ha una importanza che dipende solo dal progresso culturale e tecnologico, in quanto le distanze sono

63 E. Hözel, Das geographiche Individuum bei Karl Ritter und seine Bedeutung für den Begriff des Naturgebietes und der Naturgrenze, in «Geographische Zeitschrift», n. 7 (1896), pp. 378-396. 64 «Con posizione nel mondo [Weltstellung] intendiamo il rapporto della posizione [Lage] di uno spazio terrestre con la superficie complessiva della sfera terrestre, dunque la collocazione locale [locale Stellung], cioè che è propriamente tellurico [das eigentliche Tellurische], in relazione al pianeta in generale e all'immediato circondario» (C. Ritter, Europa, cit., p. 30). 82 superabili, come vedremo parlando dello spazio del futuro. La morfologia dei continenti permette di fare confronti e distinzioni tra le estensioni delle masse terrestri, di analizzare la suddivisione e il contrasto tra forme continentali e forme peninsulari e insulari e la relazione tra i territori pianeggianti e la conformazione delle coste. Quest'insieme di rapporti si combinano tra loro in maniera differente nelle diverse regioni e formano quella che Ritter definisce la dimensione

«orizzontale» che costituisce la prima parte della descrizione geografica. Dopo aver analizzato i loro contorni esterni, bisogna considerare ciò che riempie lo spazio e, innanzitutto, il contrasto tra l'altezza e profondità e, in relazione a queste, l'elevazione assoluta rispetto al mare e quella relativa rispetto a ciò che sta loro intorno, cioè la regione di passaggio [Vermittlung o] tra le prime due. Questo secondo momento dell'analisi, relativo ai rilievi, è definito da Ritter come dimensione

«verticale»65. L'altitudine assoluta porta alla suddivisione della superficie terrestre in zona montuosa, zona pianeggiante con i suoi sistemi idrici e zona costiera, con le relative zone di passaggio [Vermittlung o Übergang]. Relativamente a questa tripartizione bisogna sottolineare che Ritter definisce in particolare le pianure fluviali e le catene montuose Strömsysteme e Gebirgssysteme. Questi costituiscono le unità base per l'analisi regionale e danno vita a una visione del tutto differente rispetto a un'organizzazione dello spazio fondata sui confini naturali, che erano individuati proprio o in fiumi o in montagne. I fiumi, in particolare,  ma anche le zone montuose spesso perché pongono ostacoli all'attraversamento  sono il centro più che il confine di una regione perché qualificano lo spazio e perché attorno a loro si

65 «Wenn es sich aus diesen Bemerkung über die Vertheilung der wesentlichsten horizontalen Formen der Erdräume ergeben sollte, daβ auch in diesen eigenthümliche Entwicklung, Fortschritt, Stigerung der Verhältnisse und Individualisirung jeder Planetenstelle sich zeigt, und ein gewisses natürliches System der Anordnung dieser räumlichen Verhältnisse nicht zu verkennen ist, so wird auch die Entwicklung aller übrigen Erscheinungen auf dieser räumlichen tellurischen Grundlage nicht ganz diesem widerstrebend, zufällig oder willkürlich, sondern durch sie bedingt, jedesmal nur stattfinden können. Aber die volle Wirkung solcher räumlichen Verhältnisse auf das Besondere und Allgemeine kann nicht aus einer einseitigen Ansicht derselben hervorgehen. Die horizontale Dimension, die geographische, ist nur diese eine Seite räumlicher Verhältnisse, unter welcher die Länderstrecken erscheinen. Zur vollständigen Anschauung ihrer Gestaltung und deren Einwirkung gehört nothwendig die vertikale Dimension der Räume» (C. Ritter, Über geographische Stellung und horizontale Ausbreitung der Erdtheile, in Id., Einleitung, cit., pp. 103-128, p. 127) 83 raccolgono specifiche attività umane. Inoltre, bisogna sottolineare che non si tratta tanto di una tipologia fissa a cui corrisponde la delineazione di una determinata serie di caratteristiche valide su tutta la Terra. Altopiano, pianura e zona costiera sono sì le tre forme principali [Hauptformen] ma si associano in maniera molteplice e varia nei diversi continenti66. Le forme principali devono dunque essere studiate in modo da comprendere le loro configurazioni locali. Le due dimensioni, orizzontale e verticale, vanno a formare la plastica [Plastik] spaziale.

Queste forme e questi rapporti si presentano nelle più diverse combinazioni e gradazioni. Per conoscere la loro essenza nelle diverse manifestazioni a livello locale non è solo necessario compararle [Vergleichen] con la configurazione delle stesse forme in altre configurazioni spaziali, ma è anche necessario considerarle nell'unificazione sincronica con i restanti rapporti in un determinato luogo. Solo in seguito a questa duplice operazione è possibile individuare ciò che è caratteristico e individuale in una regione. Per approfondire il concetto di individualità di una regione è utile fare riferimento a una delle rarissime dispute a cui Ritter, la cui autorità scientifica era ufficialmente pressoché incontestata, prende parte durante la sua carriera. La causa scatenante è la dura critica contro il metodo e il contenuto della

Erdkunde formulata da Julius Fröbel sugli Annalen der Erd-, Völker- und Staatenkunde diretto da Heinrich Berghaus67. In questo saggio, Fröbel dipinge innanzitutto un quadro a tinte fosche dello sviluppo della geografia. La geografia, anche a causa della

66 Cfr. C. Ritter, Erdkunde, 2 ed., I vol., pp. 15 ss. 67 J. Fröbel, Blicke auf den jetzigen formellen Zustand der Erdkunde (1831), in «Annalen der Erd-, Völker- und Staatenkunde», n. 4, 1831, pp. 493-506. Julius Fröbel studia a Jena con Carl Andree; poi a Weimar lavora con Friedrich Justin Bertuch al Geographisches Institut. È uno dei pochi a criticare la Erdkunde di Carl Ritter e prorpio il suo nucleo centrale, cioè l'idea dei rapporti che legano i fenomeni terrestri a favore, invece, dell'analisi di fatti isolati. Una volta arrivato a Berlino, Fröbel entra in contatto con Ritter e Humboldt e collabora Carl Wilhelm v. Oesfeld per la stesura delle carte che illustrano la Erdkunde. Nel 1833 comincia a insegnare in Svizzera, prima alla Industrieschule e poi dal 1836 all'Università. Nel 1863 scrive il suo sistema delle scienze geografiche, nel 1846 con lo pseudonimo C. Junius scrive Neue Politik, e nel 1847 System der sozialen Politik. Partecipa alla Nationalversammlung posizionandosi tra i sostenitori di una repubblica federale. Scappa in America e vi rimane dal 1849 al 1857 come «Begleiter von Warentransporten in den "Fernen Westen" im Dienste von Handelshäusern». Torna come politico prima a Vienna e poi nel Konsulardienst des Deutschen Reiches. Su J. Fröbel si veda S. Mezzadra, Lo specchio americano. La guerra civile nel giudizio della pubblicistica tedesca, in C. Galli, T. Bonazzi, a cura di, La guerra civile americana vista dall'Europa, Bologna, Il Mulino, 2004, pp. 337-410. 84 grande varietà del suo oggetto, ha particolarmente bisogno di una delimitazione dei suoi metodi e limiti disciplinari, mentre ogni geografo sembra averne un'idea differente68. La via d'uscita da queste dispute non si può, secondo Fröbel, trovare nella Erdkunde perché la geografia non può che essere una scienza interamente naturale e non storica. L'uomo deve essere considerato un fenomeno naturale al pari di piante e animali. Analogamente, nessuno schema teleologico può essere utilizzato per la descrizione e spiegazione della natura: le parti sono legate all'insieme da nessi puramente causali e funzionali. La geografia, dunque, deve studiare il modo in cui, nel contesto terrestre, si danno le parti secondo i «rapporti della diffusione geografica

[Verhältnisse der geographischen Verbreitung]»69. Dopo aver delineato la sua proposta,

Fröbel comincia una serrata critica della «geografia comparata [vergleichende

Geographie]» di Ritter e, in particolare, della concezione ritteriana dell'individualità dei continenti e delle regioni. Solo la terra nel suo complesso può essere definita un'individualità in senso proprio, mentre i continenti e le regioni possono essere considerati solo parti di questo intero. Secondo Fröbel, invece, Ritter propone una nozione arbitraria di individualità geografica: ad esempio, nulla impedisce di considerare il continente americano come formato da due individui differenti invece che da uno. Inoltre, si chiede Fröbel, il fatto che il confine costiero tra superficie asciutta e bagnata abbia questa o quella conformazione, sia qui più frastagliato e vario, lì più lineare e uniforme, può valere di per sé come principio di individuazione? Il massimo che si possa fare è individuare, nei rapporti interni di luogo delimitato da certe caratteristiche naturali, qualcosa di specifico e di

68 «Keine Wissenschaft hat bei der vollkommensten Einheit ihres Gegensandes ein gröβeres Feld, und vereinigt verschiedenartiger Lehren, als die Erdkunde. Bei keiner kann deshalb das Bedürfnis einer klaren und scharfen Bestimmung ihres Inhaltes und Umfanges und einer nothwendig geregelten Methode sichtbarer sein, als bei dieser; und dennoch ist ihre Behandlung noch immer fasta gänzlich der Willkür überlassen» (Ivi, p. 494). «Wollen wir vollends Völker- und Staatenkunde und ihr Verhältnis höchstens gelegentlich berührt worden, und fast jeder Geograph hat darüber eine andere Meinung. Daher der Streit zwischen den sogenannten politischen und physischen Geographen oder die Frage: ob in der Geographie die Erde nur als der Boden anzusehen ist, auf dem das Menschenleben sich entwickelt, oder umgekehrt der Mensch (abgesehen von den Ansprüchen der rein geistigen Welt) nur als eine Erscheinung des irdischen Naturlebens?» (Ibidem). Fröbel fa riferimento, a questo proposito, alla disputa tra geografi puri e geografi politici. 69 J. Fröbel, Einige Blicke, cit., p. 495. 85 caratteristico. Questo, però, non significa conferirgli un'individualità e si tratta di determinazioni che riguardano la componente estetica del paesaggio [Landschaft], più che la scienza. Che la vita locale vi assuma un tratto caratteristico non è sufficiente per conferire a un luogo la designazione di «individuo». Tanto più che, mentre all'idea di individuo pertiene la possibilità di modificarsi solo a partire da un impulso interno, i luoghi possono modificarsi anche per impulsi esterni. Proprio la possibilità che si diano trasferimenti da un luogo all'altro quali le migrazioni dei popoli oppure la tratta degli schiavi verso le Americhe impone che si consideri come individuo solo la Terra nel suo complesso. Ciò mette in discussione la possibilità di confrontare tra loro le regioni: comparare un paese con un altro sarebbe come confrontare un braccio e una gamba. Avrebbe senso, piuttosto, mettere a confronto la

Terra con altri pianeti o singoli fenomeni sulla superficie terrestre come le catene montuose o i bacini idrici. Fröbel propone, in sintesi, di considerare gli elementi della

Terra (monti, corsi d'acqua, fenomeni atmosferici e climatici, mondo vegetale, animale e umano) separatamente e di considerare come questi singoli elementi si configurano sull'intera superficie terrestre. Non si tratta dunque di costruire una geografia generale, ma geografie speciali, come una «scienza delle altezze»

[Höhenkunde], una «scienza delle acque» [Gewässer], una «atmosferologia»

[Atmosphärologie] ecc. Per la Terra nel suo complesso non rimane che una «Erdkunde matematica» che ha come oggetto «la conformazione e l'estensione della terra, la sua posizione nello spazio e i suoi movimenti»70. La cosiddetta geografia fisica, una volta che le siano contrapposte le varie geografie speciali, acquisirebbe solo il carattere di una terminologia, di un'introduzione.

Evidentemente irritato dalla presunzione del giovane Fröbel, Ritter risponde elencando, innanzitutto, l'ampio circolo di intellettuali che, all'interno e all'esterno delle scienze geografiche, hanno attinto alla sua opera e riconosciuto la sua

70 Ivi, p. 497. [«Der Gestalt und Gröβe der Erde, ihre Stellung im Raume und ihrer Bewegung]. 86 originalità71. In secondo luogo, Ritter rivendica come propria innovazione nel campo della Erdkunde proprio ciò che Fröbel propone in alternativa alla vergleichende

Erdkunde, cioè uno studio della connessione complessiva dei fenomeni parziali all'interno della Terra come totalità72. D'altra parte, però, egli non può dirsi d'accordo con la riduzione della Erdkunde a scienza naturale. Il mondo è abitato da una forza spirituale così come il corpo è abitato dall'anima73. Considerare la terra come un'organizzazione di parti legate da relazioni funzionali significa precludersi la possibilità di comprendere la sua determinazione etica e l'organizzazione superiore che ne risulta.

Per quanto riguarda il concetto di individuo geografico, Ritter ammette di non esserne interamente soddisfatto, ma lamenta l'assenza di altre espressioni adeguate e la necessità, per adempiere al compito pedagogico della geografia, di utilizzare espressioni chiare capaci di fornire allo Jederman la possibilità di afferrare intuitivamente la natura esterna74. C'è bisogno di un termine che indichi sì una parte della superficie terrestre, ma non una semplice sezione quantitativa. Si tratta di indicare un sistema di terre [Ländersystem] accomunato da rapporti naturali particolari e non delimitati arbitrariamente, ma caratterizzati da una combinazione

71 Risposta dell'anno successivo sugli Annalen: Schreiben an Heinrich Berghaus, in Beziehung auf den vorstehenden Aufsatz des Hern. Julius Fröbel, in «Annalen der Erd-, Völker- und Staatenkunde», n. 5, 1832, pp. 506-520. 72 «Daβ die Systeme jener sogenannten irdischen Organe nur erschöpfend nach ihrem Wesen, nach äuβerm und innerm Zusammenhang dargestellt werden, ist die Hauptsache, und hierin muβ ich Hrn. Fröbel darauf hinweisen, daβ ich eben diesen Organismus der genannten Elemente, nach dem innern Zusammenhange ganz, und nach dem äuβern zum Theil, als das wahre Resultat meiner Vorträge in Anspruch nehme» (Ivi, p. 515). 73 «Mir ist ferner die Erdkunde nicht reine Naturwissenschaft wie dem Verfasser, so wenig wie mir Anthropologie blos die Physik des Menschen begreift: denn auch dem Erdplaneten wohnt eine geistige Kraft bei, das Menschengeschlecht, wie dem Leibe die Seele» (Ivi, p. 517). 74 «Hinsichtlich der geographischen Lehrbücher können wir eine längere Reihe nennen, auf deren Umgestaltung oder neue Erscheinung die allgemeine vergleichende Erdkunde nicht auf eine unfruchtbare und nutzlose Weise zurückgewirkt hat, und eben die Verschiedenartigkeit der Auffassung des durch sie Dargebrachten entspricht vollkommen dem Zweck, der mir bei ihrer Ausarbeitung vorschwebte, nicht eine einzige Art der Form aufzudringen, sondern die Wahrheit frei und ungebunden gleich dem Leben selbst in der Wissenschaft mitzutheilen, damit Jedermann dieselbe seiner für gut befundenen Form, nach seiner Einsicht, aneignen möge» (C. Ritter, Schreiben an Heinrich Berghaus, cit., p. 509). 87 peculiare di conformazione orizzontale e verticale, posizione, caratteristiche climatiche e vita organica.

Come Ritter stesso ammette in risposta a Fröbel, egli usa la nozione di individualità in senso ampio, per indicare delle «specificità» o «tratti caratteristici»75.

L'utilizzo del concetto di individuo è particolarmente indicativo del problema che

Ritter ha di fronte e che risolve in maniera solo parziale. Il problema delle unità spaziali rimane in parte irrisolto e dunque Fröbel coglie uno dei punti centrali del laboratorio ritteriano. Da un lato, infatti, Ritter cerca di risolvere la differenziazione degli spazi presupponendo le individualità dei popoli che si svilupperebbero seguendo spinte endogene, in base a un'idea di evoluzione che non è certo indipendente dall'ambiente, ma comprende herderianamente uno movimento che è sia naturale sia storico di crescita quasi organica. Dall'altro, però, questa unità sfugge continuamente nella concreta descrizione geografica: con la particolare sensibilità al movimento dei popoli e alla storicità delle relazioni tra uomo e ambiente, nonostante l'attenzione sia rivolta alla ricerca di tendenze oggettive nel movimento, Ritter non può ignorare le forze esogene che investono le configurazioni locali dei rapporti.

L'utilizzo parallelo del termine System ma anche Organisation rispetto a quello di

Individuum sembra indicare l'oscillazione tra questi due modelli di unificazione spaziale, dove nel secondo caso l'accento viene posto maggiormente sulle forze che rendono possibile l'intensificazione dei rapporti verso un centro, un'intensificazione che deve essere spiegata perché non è già data come unità individuale.

L'insufficienza dell'individualità, inoltre, è anche ciò che permette di vedere la funzione sistematica dell'attribuzione di funzioni storico-universali ai singoli continenti, che forniscono un sovrappiù teleologico di unità, rispetto a quella che è individuabile nelle frammentarie e instabili unificazioni regionali.

75 D'altra parte, si può dire che Ritter faccia riferimento a un concetto di individualità che non è limitato all'autoreferenzialità. 88

5. La preistoria dell'umanità

Un primo passaggio per dare una qualificazione storica allo spazio naturale è l'indagine sulla storia che in esso ha sedimentato le sue tracce. Come dimostra l'attenzione di Ritter per le fonti antiche, non è sufficiente descrivere la configurazione storico-naturale presente di determinati popoli. Ciò che la Erdkunde vuole fare è anche studiare le loro trasformazioni nel tempo e la storia della loro reciproca differenziazione. Si tratta di ricostruire la preistoria delle configurazioni attuali e di compararle tra loro, mettendole in relazione in uno scenario geografico- universale. Come già detto, l'attenzione di Ritter si dirige verso i movimenti dei popoli che hanno portato alle configurazioni attuali e ciò contribuisce a sfondare i confini della tradizionale teoria dei climi, rendendola del tutto insufficiente per la comprensione dei reali processi storici. Il movimento delle popolazioni sulla superficie terrestre e le relazioni tra queste e lo spazio nel tempo risulta centrale per determinare in che cosa consista l'elemento storico della Erdkunde. Il nucleo di tale comprensione del rapporto tra popoli e natura è l'idea che ogni «associazione umana

[menschlicher Verein]», «ogni popolo [jedes Volk]» debba conoscere la sua posizione

[Stellung] e le sue forze [Kräfte]: in questo modo potrà conoscere la sua specificità

[Eigentümlichkeit]. Questa specificità illumina «il passato e il futuro non secondo una misura temporale o spaziale, ma secondo la sua misura spirituale [...] e fa agire i suoi raggi luminosi attraverso l'intero perimetro della vita presente del popolo e della storia futura»76. Questa «specificità [Eigenthümlichkeit]» è sì una «misura spirituale»,

76 Id., Erdkunde, I edizione, vol. I, cit., p. 2. [«In der vollendeten Ausbildung dieser Eigenthümlichkeit liegt die sittliche und mit ihr jede andere Gröβe des Menschen, wie die Volksthümlichkeit und Nationalgröβe der Völker. Sie erwärmt und erleuchtet die Gegenwart, wie die Zukunft, nicht nach ihrer zeitlich und räumlichen, sondern nach ihrer geistigen Gröβe, und wirkft ihre glänzenden Strahlen weithin durch das ganze Gebiet des gegenwärtigen Völkerlebens und der kommenden Geschichte»]. Si delinea così evidentemente con questo richiamo al futuro una visione completamente diversa rispetto a quella kantiana di una geografia come scienza del futuro: non tanto come anticipazione delle condizioni di ogni esperienza e del suo spazio oggettivo, ma come «destino» che può essere conosciuto indagando la specificità di un'individualità storico-naturale. La predeterminazione del futuro attraverso una disposizione originaria, tuttavia, non costituisce, come si vedrà, il tratto dominante della posizione ritteriana sul progresso storico: lo spazio del futuro è soprattutto uno spazio di trasformazione. 89 ma è comprensibile non solo come un rapporto autoreferenziale con se stessa ma anche, in maniera essenziale, in relazione al suo «ambiente [Umgebung]»77.

Per comprendere tale specificità nel suo spessore storico, alle informazioni relative alla situazione presente Ritter affianca lo studio di fonti antiche. In questo modo è possibile, attraverso una comparazione tra lo stato presente e quello passato, riconoscere le differenze rispetto al presente e, a partire da qui, dedurre i possibili passaggi (migrazioni, stratificazioni, trasformazioni politiche, esempi di acculturazione ecc.) che hanno portato a un determinato assetto storico-naturale. In questa operazione, gli elementi geografici vengono considerati sia dal punto di vista strettamente naturale sia nel loro possibile utilizzo da parte dell'uomo e nella funzione che essi hanno potuto ricoprire nell'evoluzione di una determinata cultura.

Nell'analisi e nell'esposizione bisogna seguire quello che egli definisce la

«traiettoria geografica [geographische Bahn]» che va dalle montagne alle pianure. In questo senso non scorrono, infatti, solo le acque, ma anche le «i percorsi di evoluzione delle popolazioni [Entwicklungsgänge der Völkerschaften]»78 perché i popoli montani sono caratterizzati da insediamenti più antichi e meno evoluti dei popoli che abitano le pianure. In generale, Ritter propone una geografia diffusionista delle migrazioni secondo cui le zone di cultura elevata funzionano come centri a partire dai quali, ondata dopo ondata, si diffonderebbero le popolazioni. Di conseguenza, tracce di tempi passati si trovano più facilmente nelle periferie che non nel centro dove, grazie alla vivacità della vita culturale, si ha un maggiore cambiamento. Nello specifico la Vorderasien sarebbe il luogo di origine di ogni cultura, perciò bisogna seguire i grandi percorsi delle migrazioni dall'Asia verso l'Europa per scoprire la preistoria dei popoli europei79. Per studiare questo insieme di relazioni e di trasformazioni storiche e geografiche è necessario

77 Ibidem. 78 C. Ritter, Erdkunde, vol. 10, cit., p. 285. 79 Cfr. il dibattito sul diffusionismo acceso soprattutto in Inghilterra. 90

lo studio dei più antichi annali della storia e dei viaggiatori più antichi, di ciò che è originario e di ciò che è straniero, ma altrettanto necessario dello studio del presente, della parte più sconosciuta e del tutto inosservata della letteratura doveva essere presentata, per rendere disponibili i dati in base alle fonti a quella critica più lontana80.

In una lettera del 1818, Ritter scrive che la geografia rende accessibile la preistoria dell'umanità81. L'idea di indagare «i più antichi Annali della storia [ältesten Annalen der Geschichte]» si inserisce nella più ampia ricerca che si diffonde in ambito tedesco nei primi decenni dell'Ottocento sulla preistoria dei popoli a cui danno contribuiti fondamentali, tra gli altri, Niebuhr, Savigny e i fratelli Grimm, con cui Ritter collabora nell'ambito della Akademie der Wissenschaften82. Si pensi ad esempio all'opera di Thomsen che formulò la prima cronologia scientifica non basata su fonti scritte o alla grande diffusione di studi filologici di linguaggi antichi o orientali per rintracciare le origini delle lingue europee. L'apertura di questi nuovi ambiti di studio si combina con lo specializzarsi della storia come studio del «mondo umano

[Menschenwelt]»83, accessibile attraverso fonti scritte e caratterizzata dall'agire volontario e intenzionale degli individui, mentre poteva tralasciare altri aspetti come l'origine del mondo o dell'umanità che l'avevano impegnata fino ad allora. In questo modo, grazie alla divisione disciplinare, è stato possibile limitare l'influenza del mondo naturale e dei fattori naturali sull'agire razionale dell'uomo e sulle sue istituzioni, stabilendo quelle discipline che se ne sarebbero dovute occupare, tra cui la geografia84. Si consideri, ad esempio, la sbrigatività con cui Leopold von Ranke

80 C. Ritter, Erdkunde, 2 ed., vol. 12, p. XVI. [«Die Untersuchung der ältesten Annalen der Geschichte und der frühesten Reisenden, der Einheimischen und Fremdlinge, aber eben so nothwendig, wie die der Gegenwart, der unbekanntere oder ganz unbeachtete Theil der Literatur muβte vorgeführt werden, um die Daten quellengemäβig jeder ferneren Critik zuganglich zu machen»]. 81 Il concetto di preistoria, non a caso, comincia a essere utilizzato proprio in questo periodo. Cfr. G. Daniel, L'idea della preistoria, Milano, Sansoni, 1968. 82 Cfr. A. B. Kehoe, The Invention of Prehistory, in «Current Anthropology», vol. 32, n. 4, 1991, pp. 467- 476. 83 Cfr. J. G. Droysen, Historik. Vorlesungen über Enzyklopädie und Methodologie der Geschichte, München, 1937, p. 13. 84 Queste differenti scienze contribuiscono a costruire la nazione tedesca in maniera differente ma non meno efficace rispetto alla storia. Su questo cfr. H. P. Hye, B. Mazohl, Hye, J. P. Niederkorn, 91 tratta il tema della preistoria dei popoli nell'incipit della sua Storia universale, dichiarando esplicitamente che la storia non può fare quello che Ritter assegna come compito alla Erdkunde:

diventata abitabile la terra fu abitata; i popoli, divisi, rimasero tuttavia commisti in molteplici rapporti reciproci; essi possedevano elementi di civiltà molto prima della scoperta della scrittura, ma la storia non può basarsi che su questa, e non può nulla ricostruire laddove documenti sicuri - epigrafici o letterari - non le vengano in aiuto. Né lo storico può assumersi il compito di svelare il segreto del mondo primitivo, e cioè la relazione dell'uomo verso Dio e verso la natura; questi problemi vanno affidati alle scienze naturali e alla concezione religiosa. Col mondo primitivo confinano i movimenti di un tempo ancora più remoto di quanto il pensiero concepisca, quasi i portali della storia, e che hanno formato sempre la meraviglia delle generazioni viventi, e rimangono un enigma85.

La Erdkunde si configura, dunque, come la scienza in grado di studiare ciò che viene prima della storia politica in senso stretto ma che sta alla base di essa, non più semplicemente come una sezione introduttiva di qualsiasi storia. Essa acquisisce, così, una sua autonomia. In questo contesto si inserisce la partecipazione di Ritter alla commissione composta da Pertz, Grimm, Lachmann e Ranke per il progetto dei

Die Geschichtsschreiber der deutschen Vorzeit in deutscher Bearbeitung. Ritter condivide l'attenzione per l'Oriente con il movimento romantico, in particolare è attento lettore di Schlegel e di Creuzer86, con cui ha anche un fitto scambio epistolare. Queste

Nationalgeschichte als Artefakt: Zum Paradigma "Nationalstaat" in den Historiographien Deutschlands, Italiens und Österreichs, Wien, Verl. der österreichischen Akademie der Wissenschaften, 2009. 85 L. von Ranke, Storia universale, Firenze, Vallecchi, 1932, p. 3. [«Die Erde war bewohnbar und wurde bewohnt; die Völker waren geschieden und standen in mannigfaltigen Beziehungen unter einander; sie besaβen Anfänge der Cultur, lange bevor die Schrift erfunden war; und auf diese allein ist doch die Geschichte angewiesen. Nur das kann sie unternehmen, was sie mit ihren Mitteln zu erreichen vermag. Wie könnte sich der Geschichtsschreiber zutrauen, das Geheimnis der Urwelt, also das Verhältnis der Menschen zu Gott und der Natur zu enthüllen? Man muβ diese Probleme der Naturwissenschaft und zugleich der religiösen Auffassung anheim geben» (L. von Ranke, Weltgeschichte, Leipzig, Verlag von Dunker & Humboldt, 1881, p. III)]. 86 Cfr. F. Creuzer, Symbolik und Mythologie der alten Völker besonders der Griechen, Leipzig und Darmstadt, Heyer und Leske, 1810-12. Viene citato nell'articolo in risposta a Julius Fröbel insieme a 92 collaborazioni dimostrano la profonda sintonia della Erdkunde  nonostante le difficoltà interpretative che lascia in eredità  con lo scenario intellettuale dominante dell'epoca. Inoltre, essa si dimostra sensibile alla messa in discussione della semplice storia politica in direzione di una storia genetica, che sia capace di spiegare e fondare anche la storia politica, proprio perché contribuisce a determinare i caratteri dell'individualità in questione.

6. Hegel lettore di Ritter

Nel paragrafo precedente si è visto il nesso tra la Erdkunde e quella che si viene a definire come preistoria, nel momento in cui la storia comincia a stabilire i limiti del suo oggetto. Un'ulteriore aspetto del rapporto tra geografia e storia riguarda, invece, la storia universale [Weltgeschichte] e le sue trasformazioni. Per illuminare questo aspetto ci serviremo di un confronto con la filosofia della storia di Hegel, attento lettore della prima edizione della Erdkunde di cui fa ampiamente uso nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia.

Uno dei punti centrali non tanto delle analisi delle singole regioni, quanto degli scritti teorici che devono fare lo sforzo di rendere la geografia una scienza universale

è l'attribuzione alle porzioni della superficie terrestre di un ruolo storico-universale.

Ritter scrive, infatti, che regioni e continenti

non sono da considerare come aggregati di spazi terrestri [Länderräumen] o masse terrestri [Ländermassen] che semplicemente stanno uno accanto all'altro nello spazio. Perciò non le chiamiamo semplicemente parti [Theile] in senso meccanico come masse morte, ma membri [Glieder] come parti di un organismo che si integrano l'una nell'altra, che appartengono a questo organismo necessariamente87.

Schlegel tra coloro che hanno attinto dalla Erdkunde per la scrittura delle loro opere; egli, come si vedrà nel prossimo paragrafo, è anche il destinatario delle lettere in cui Hegel nomina Ritter. 87 C. Ritter, Europa, cit., p. 4. [«Sie sind wiederum nicht als blos räumlich neben einander liegende Aggregate von Länderräumen oder Ländermassen anzusehen. Wir nenne sie darum nicht theile im mechanischen Sinne todter Massen, sondern Glieder als in einander greifende integrirende Theile eines Organismus, dem sie als solche nothwendig angehören»]. 93

Uno dei momenti decisivi nel passaggio da una concezione quantitativa dello spazio a una qualitativa risiede nell'affermazione della relazione tra le singole porzioni della superficie terrestre e la totalità. Questa relazione si dà come funzionalità storico-universale di ogni membro:

a ciascun continente [Erdtheil] è assegnata, già per la sua conformazione [Gestaltung] e posizione [Stellung] dall'inizio del divenire in avanti una specifica funzione [Function] nel corso dell'evoluzione del mondo [Weltentwicklung], come un organo [Organ] dell'organismo planetario [planetarischen Organismus]88.

La conformazione e la posizione, caratteristiche geografiche, non solo determinano ma sono già predeterminate a svolgere un compito storico-universale, che conferisce a elementi naturali un carattere storico e individuale. Questa funzione storico- universale sembra essere proprio ciò che conferisce alle parti terrestri una loro individualità: essi diventano così «individui terrestre» [Erdindividuen] e non solo

«Ländersysteme».

Per comprendere la differenza tra «porzioni geometriche» e «organi» dotati di una loro individualità è necessario presentare il modo in cui Ritter pensa l'articolazione organica dei continenti. Innanzitutto, egli propone una prima e fondamentale divisione del globo in mondo terrestre [Landwelt] e in un mondo delle acque

[Wasserwelt] 89. Tra mondo terrestre e mondo delle acque c'è una notevole differenza nel grado di civilizzazione:

88 Id., Üb ä A f A β E b im Entwicklungsgange der Geschichten, in Id., Einleitung, cit., p. 243. [«Jedem der Erdtheile war schon durch seine Gestaltung und Stellung vom Anfang des Werdens an, als Organ des planetarischen Organismus, eine eigenthümliche Function in dem Gange der Weltentwicklung zugetheilt»]. 89 Una distinzione che avrà, come è noto, una lunga storia e che costituirà il centro dell'argomentazione di Carl Schmitt in Terra e mare, Milano, Adelphi, 2002, benché terra e mare qui siano intese non «come grandezze naturalistiche, poiché altrimenti si dissolverebbero subito in sostanze chimiche, cioè in un nulla storico» (ivi, p. 16), ma nel loro carattere di elementi. Su Schmitt si veda C. Galli, Genealogia della politica. Carl Schmitt e la crisi del pensiero politico moderno, Bologna, Il Mulino, 1996. Si tornerà a parlare di Terra e mare nel prossimo capitolo. 94

il mondo terrestre [Landwelt] dovette coltivarsi nell'affollamento delle popolazioni e delle frizioni che da ciò derivano così come dello scambio da ciò determinato, il mondo acquatico [Wasserwelt] dovette ospitare un cumulo di popoli che rimangono rozzi, finché non venne inventata la navigazione e non venne perfezionata fino a diventare navigazione mondiale90.

Come si vedrà, il progresso della navigazione, il traffico e, soprattutto, la colonizzazione portano secondo Ritter sempre di più anche il mondo delle acque in contatto con il resto del mondo91. Ciò non toglie che questa resti la suddivisione fondamentale del globo. All'interno della parte terrestre del pianeta si presentano ulteriori suddivisioni continentali. L'Europa è, dal punto di vista storico-geografico, il centro del mondo e domina tutte le altre parti. Questo dipende, in primo luogo, dalla sua posizione, caratterizzata dalla possibilità onnilaterale di mettersi in relazione. Se si confronta la posizione dell'Europa e quella dell'Australia si nota che la prima è circondata da altri continenti, mentre la seconda è installata al centro del mondo marino. Da ciò derivano molte differenze storiche, dal momento che il percorso di sviluppo dei suoi abitanti sta in relazione con l'organizzazione spaziale del luogo in cui abitano92. Il confronto tra i continenti indica, secondo Ritter, un ordinamento cosmico-storico:

a questa disposizione cosmica degli spazi terrestri corrispondono anche i rapporti complessivi [Gesamtverhältnisse] della natura e della storia, che in parte si dimostrano

90 C. Ritter, Über räumliche Anordnungen, cit., p. 212. [«Die Landwelt muβte sich im Gedränge der Populationen und darübergreifenden Reibungen wie des dadurch bedingten Austausches zuerst cultivieren, die Wasserwelt muβte einen Haufen roher bleibender Völkergruppen beherbergen, bis die Schiffahrt entdeckt und zur Weltschiffahrt vervollkommnet war»]. 91 Si approfondirà meglio in seguito il discorso sulla colonizzazione, ma è utile qui fare riferimento allo scritto di Ritter sulla colonizzazione della Nuova Zelanda, composto in seguito a un breve soggiorno in Inghilterra, in cui esalta l'operato inglese perché capace di trasformare un'esistenza puntiforme e sconnessa inserendola nella rete del mercato mondiale e della civiltà. Cfr. C. Ritter, Die Colonisation von Neu-Seeland. Ein Vortrag im Wissenschaftliche Vereine zu Berlin am 22. Januar 1842, Berlin, Wilhelm Besser, 1842. 92 Cfr. C. Ritter, Über räumliche Anordnungen, cit., pp. 233 ss. 95

nel corso dello sviluppo del genere umano; ma anche la posizione dei singoli spazi terrestri [Länderräume] ottiene con ciò la sua particolare caratteristica93.

Dalle caratteristiche della disposizione reciproca dei continenti, Ritter conclude che l'Oriente sarebbe il Morgenland, la terra iniziale, l'alba della storia dell'uomo, e l'Occidente l'Abendland, terra della maturità della civiltà, destinata a riversarsi nel suo rispettivo Occidente, cioè il Nuovo Mondo che, scrive Ritter, si trasformerà molto probabilmente in un'Europa ringiovanita. Ciò dipende anche dal fatto che la stirpe germanica che abita gran parte dell'Europa sarebbe, infatti, originaria dell'Asia.

L'Africa, invece, è la terra dell'immobilità del Mezzogiorno e l'attuale Oceania, così come i due Poli, la notte. Questo quadro storico-universale permette di dare un significato qualitativo a elementi quantitativi come la latitudine e la longitudine, stabilendo una connessione tra la morfologia dei continenti e la loro funzione storico- universale. Ad esempio, l'America è molto estesa in lunghezza e poco estesa longitudinalmente. L'Europa e l'Asia, al contrario, hanno una larghezza molto maggiore: esse sono perciò più favorevoli allo spostamento dei popoli grazie alla permanenza delle stesse condizioni naturali su aree molto vaste. L'America, invece, avendo molte più differenze climatiche rispetto all'Asia e ponendo ostacoli naturali all'espansione di un unico popolo ha favorito la formazione di piccole culture singole, laddove in Asia si è costituito un unico popolo unitario, poi emigrato in

Europa. La storia procederebbe quindi dall'Asia verso l'Europa e, all'interno di questo movimento, dal centro verso le periferie: dagli altipiani centrali attraverso i sistemi fluviali e le relative valli fino al mare94. La differenziazione dei continenti riguarda anche gli elementi geografici che sarebbero in essi dominanti: l'altopiano in

Africa, i sistemi fluviali in Asia e la fusione di questi due elementi con il mare in

93 Ibidem. [«Dieser kosmischen Anordnung der Erdräume entsprechen auch di Gesamtverhältnisse der Natur und Geschichte, die zum Teil in dem Entwicklungsgange des Menschengeschlechts sich ausweisen; aber auch die Stellung der einzelnen Länderräume erhält dadurch ihre besondere Charakteristik»]. 94 C. Ritter, Erdkunde, II ed., cit., I, pp. VIII ss; pp. 13 ss. 96

Europa95. In questa interpretazione eliodromica della storia del mondo, l'Europa sarebbe la stazione centrale [Station] della storia mondiale:

l'Europa è senza dubbio dal punto di vista del presente della storia umana la parte dominante [die herrschende Theil] del pianeta Terra [...]. È il grande punto di transito [Durchgangspunkt], il punto di passaggio [Übergangspunkt] del presente dai tempi antichi a quelli nuovi96.

Questa funzione centrale dipende, innanzitutto, dalla sua conformazione geografica: il fatto che le linee costiere siano così frastagliate e irregolari ha favorito nel tempo la crescita di numerosi porti e molteplici realtà locali e, nel contempo, ha reso possibile la connessione tra loro. Inoltre, rispetto all'uniformità di Africa e Asia, in Europa sono presenti tutte gli elementi geografici in alternanza tra loro, fatto che favorisce la varietà e il movimento storico. In secondo luogo, è la posizione nella

Terra ad aver favorito l'Europa in quanto centro: essa è circondata da altri continenti e si pone quindi come punto di passaggio e di connessione universale. La sua posizione, inoltre, le offre un clima temperato che favorisce lo sviluppo dei talenti e della civiltà. Quest'insieme di caratteristiche fanno sì che, per Ritter, l'Europa sia «la porzione terrestre pedagogica per il genere umano, il suo mercato mondiale

[Weltmarkt] su cui ogni merce trova il suo prezzo, le cui idee e azioni attraversano il mondo»97. Essa, quindi, non solo ha la funzione di portare a compimento e coltivare la civiltà98, ma è anche il luogo in cui è localizzato quell'elemento storico che poi dovrà, come vedremo nel prossimo paragrafo, abitare progressivamente ogni angolo del pianeta:

95 Ivi, pp. 62-63. 96 Id., Europa, cit., p. 7. [«Europa ist umstreitig auf dem gegenwärtigen Standpunkte der Menschengeschichte der herrschende Theil des Erdplaneten. Es war keineswegs zu allen Zeiten der gewichtigste im planetarischen Gravitationsgesetzte, aber er ist es mit den Zeiten geworden. Ob er es bleiben wird, ist eine andre Frage, die nur von der Zukunft beantwortet werden wird. Er ist der groβe Durchgangspunk, der Übergangspunkt der Gegenwart von alten zu neuern Zeiten»]. 97 Id., Europa, cit., p. 23. [«Es ist der pädagogische Erdtheil für das Menschengeschlecht, sein Weltmarkt, auf dem jede Waare ihren Preis findet, dessen Idee und Thaten die Welt durchdringen»]. 98 L'Europa viene paragonata a un giardino nel quale le disposizioni più favorevoli del genere umano e dei popoli di provenienza asiatica, devono essere coltivate. 97

la posizione di dominio mondiale della porzione di terra europea può ora essere trasferita in tutte gli altri punti del pianeta. Essa non poteva però essere sorta nello stesso modo in tutte le altre parti della Terra99.

Sia per quanto riguarda l'attribuzione ai continenti di una funzione nella storia mondiale, sia nella localizzazione dell'elemento storico all'Europa è evidente la vicinanza tra queste affermazioni di Ritter e le Lezioni sulla filosofia della storia di

Hegel. Per chiarire il rapporto tra la Erdkunde e il nuovo modo in cui viene pensata la

Weltgeschichte in quanto distinta dalle storie universali settecentesche è dunque utile soffermarsi su questa vicinanza. Dopo aver ricostruito le evidenze del debito di

Hegel nei confronti di Ritter, nonché gli elementi che egli accoglie dalla Erdkunde nella descrizione delle condizioni geografiche della Weltgeschichte, proporremo una lettura che consideri non solo le somiglianze ma anche le differenze tra i due, con l'obiettivo di enucleare lo specifico carattere della proposta ritteriana e le implicazioni per la relazione tra geografia e storia.

Nella già menzionata risposta alle critiche di Julius Fröbel, Ritter nomina Hegel nell'elenco di coloro che, pur non collocandosi all'interno della scienza geografica, avrebbero attinto alle sue teorie. Ci sono delle evidenze che dimostrano questo debito. Nella biblioteca di Hegel sono presenti i due volumi della prima edizione della Erdkunde, rispettivamente del 1817 e del 1818, e il primo volume della seconda edizione sull'Africa, uscito nel 1822. Hegel, inoltre, possedeva i due fascicoli delle carte geografiche a cura di Ritter e di Friedrich August O'Etzel dedicate alle regioni del Nilo. Nell'edizione Lasson delle Lezioni sulla filosofia della storia è presente un esplicito riferimento all'opera di Ritter che dimostra in maniera incontrovertibile la lettura da parte di Hegel della sua opera. Inoltre, c'è una lettera di Hegel a Creuzer

99 Ivi, p. 23. [«Er wird diesen Einfluβ insofern auch behaupten, wenn selbst der politische Einfluβ seiner einzelnen Glieder Umwandlungen erleiden sollte. Die weltherrschende Stellung des europäischen Erdtheils kann nun auf alle andern Planetenstellen übertragen werden. Aber sie konnte keineswegs auf gleiche Weise aus allen andern Erdtheilen hervorgehen»]. 98 del 30 ottobre 1819100, in cui lo ringrazia per aver ricevuto una copia del suo Symbolik und Mythologie der alten Völker, besonders der Griechen. Qui scrive che

i lavori di Ritter, la cui geografia per la prima volta ho conosciuto qui e che mi è in massimo grado benvenuta, la considero un importante sostegno e, nel suo lato superiore, come un frutto e una conseguenza della Sua;  egli stesso riconosce il suo debito.

In seguito scrive di aver sotto mano il Vorhalle e che dovrebbe costituire «il passaggio» dalla geografia dell'Asia a quella dell'Europa, e di essere curioso dell'opinione di Creuzer su questo. Su Ritter, inoltre scrive:

è ora impegnato nell'Accademia militare e, penso, anche all'Università, però non come ordinario. Mi auguro che Lei possa riconoscere in lui un importante collaboratore,  di certo può più che altro essere solo un continuatore della sua opera in questa disciplina101.

A questa lettera, Creuzer risponde il 30 maggio 1820 dicendo che ha potuto conoscere Ritter personalmente e che si tratta di «un uomo amabile» e aggiunge «lei vedrà che anche io leggo i suoi scritti. Sì, ora va a Berlino, dove la Germania

100 Hegel, Briefe, Band II, 1813-1822, Hamburg, Verlag von Felix Meiner, hrsg. Johannes Hoffmeister, 1953, pp. 217-220. Sul rapporto tra Hegel e Ritter si veda in particolare P. Rossi, Storia universale e geografia in Hegel, Firenze, Sansoni, 1975; ma anche D. W. Bond, Hegel's Geographical Thought, in «Society and Space», vol. 32, n. 1, 2014, pp. 179-198. 101 Ivi, pp. 217-218. [«Ritters Arbeiten, dessen Geographie ich erst hier habe kennen lernen und die mir höchst willkommen ist, sehe ich als eine wichtige Unterstützung und nach der höhern Seite als eine Frucht und Folge der Ihrigen an; - dieser anerkennt Ihr Verdienst101. Ich habe 16 Aushängebogen von seiner: Vorhalle europäischer Völkergeschichten vor Herodotus um den Kaukasus und an den Gestaden des Pontus (Erste Abhandlung) - (was wohl den Übergang von dem Teil der Geographie über Asien nach Europa machen soll) vor mir: - die Indier in Kolchis, Kolias, Koros, Apaturia etc. etc., die dasige Herodotische Geographie, die Säulen des Sesostris etc., der Zusammenhang dortiger Mythen mit Asien und Griechenland usw.; - ich bin begierig, welches Urteil dies und seine Behandlungsweise und Ansichten bei Ihnen finden wird. - Er ist jetzt hier für die Kriegsschule und, glaube ich, auch für die Universität, doch nicht als Ordinarius, engagiert. - Ich wünsche, dass Sie einen wichtigen Mitarbeiter an ihm erkennen, - freilich kann einer vielmehr nur ein Nacharbeiter von Ihnen in diesem Fache sein»]. 99 meridionale è destinata a consegnare le sue teste migliori»102. In un'altra lettera del

1828, Hegel già a Berlino scrive alla biblioteca per fare richiesta di un libro che non viene trovato ma la cui presenza nella biblioteca Ritter gli ha personalmente confermato. È evidente, dunque, che una volta trasferitosi a Berlino i due si siano almeno incontrati personalmente.

Nella sezione sui condizionamenti geografici della Weltgeschichte si trovano delle prove non solo del fatto che Hegel abbia effettivamente letto Ritter ma dell'assunzione di alcune delle sue nozioni sullo spessore storico dello spazio geografico103. Si può dire, in via preliminare, che Hegel trovi in Ritter la possibilità di dare un significato universale a delle caratteristiche geografiche, in linea con l'interpretazione dello scenario mondiale come terreno di realizzazione dello spirito del mondo attraverso la storia. L'estrinsecazione dello spirito nel mondo, che costituisce in senso proprio il contenuto della Weltgeschichte, comporta il fatto che questo assuma differenti configurazioni che hanno una determinazione sia temporale sia spaziale, cioè gli spiriti dei popoli: «il lato di questa esistenza cade tanto nel tempo quanto nello spazio. Il principio particolare che ciascun popolo storico- mondiale porta in sé [in sich trägt] ha anche una determinatezza naturale»104.

Hegel prende dall'introduzione al primo volume della seconda edizione della

Erdkunde la definizione delle tre forme geografiche principali [Hauptformen]: l'altopiano, le pianure fluviali solcate da grandi fiumi e il territorio costiero105. I continenti, che anche per Hegel costituiscono la differenziazione geografica

102 Creuzer an Hegel, Heidelberg 30. Mai 1820 (pp. 229-232), in G. F. W. Hegel, Briefe, cit., p. 231. 103 La sezione dal titolo La base geografica della storia mondiale e collocata nel corpo dell'Introduzione nelle edizioni di Eduard Gans e Karl Hegel, inserita però da Lasson e Hoffmeister nell'Introduzione speciale, posta in appendice. La recente edizione del corso tenuto nel 1822/23 conferma la vecchia collocazione, anche se offre una stesura non parallela e in gran parte diversa: in particolare essa è collocata in un capitolo appositamente dedicato all'indagine di «Geografia e la natura dello Stato», come terza sezione di una trattazione sistematica relativa alle relazioni dello Stato: interne, cioè la costituzione, ed esterne dal punto di vista spirituale, cioè la religione, e dal punto di vista naturale, cioè, appunto, la geografia. Hegel elabora a poco a poco il fattore geografico della storia mondiale: un primo accenno si legge nel saggio del 1802-3 sulle Maniere di trattare scientificamente il diritto naturale. Nei Lineamenti si parla (§346) di esistenza geografica e antropologica di un popolo. 104 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di G. Bonacina e L. Sichirollo, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 27. 105 Cfr. Ivi, pp. 77 ss. 100 fondamentale, sono caratterizzati dal predominio di una di queste forme. Africa e

Asia sono dominate l'una dall'altopiano, l'altra dal contrasto tra l'altopiano e le regioni fluviali e l'Europa dalla mescolanza di queste differenze106. Mentre anche

Ritter riconosce il predominio di una o dell'altra forma nei diversi continenti107, l'obiettivo della sua descrizione è quello di vedere, come già detto, come le forme si specifichino localmente in configurazione determinate. Hegel, invece, attribuisce a queste forme dei significati ulteriori, contribuendo a farne le leve per una parziale universalizzazione dello spazio naturale. A questi tipi geografici corrispondono, infatti, delle differenti forme di vita:

l'uno è l'altopiano massiccio, indifferente, metallico, rinchiuso indocile nei suoi confini, ma ben capace di emanare da sé impulsi. Il secondo dà forma ai centri di cultura, è l'indipendenza non ancora schiusa. Il terzo deve rappresentare l'unità del mondo e conservarla108.

Essi, in altri termini, a differenza di quanto succede in Ritter, hanno un'influenza universale sui caratteri dei popoli: essi sono appunto «tipi», uno statuto che non assumono nell'opera di Ritter dove rimangono forme in attesa di divenire configurazioni [Gestalten]. Così Hegel afferma che «il carattere peculiare degli abitanti di questi altipiani, irrigati in maniera saltuaria solo dalla pioggia o dallo straripamento di un fiume (come le pianure dell'Orinoco), è la vita patriarcale, la frantumazione in singole famiglie»109. Nelle pianure fluviali, invece, «sorgono grandi imperi e ha inizio la fondazione di grandi Stati»110. Per quanto riguarda il mare, esso

«invita l'uomo alla conquista, alla rapina, ma anche al guadagno e al profitto»111. In questa delineazione del carattere conferito dall'elemento marino, possiamo trovare la stessa indicazione di Ritter sulla funzione dell'acqua e dei fiumi come collegamento

106 Ivi, p. 80. 107 Cfr. C. Ritter, Erdkunde, 2. ed, I vol, cit., pp. 62 ss. 108 Ivi, pp. 77-78. 109 Ivi, p. 78. 110 Ibidem. 111 Ivi, p. 79. 101 piuttosto che come separazione. L'idea che i fiumi possano costituire dei confini naturali è esplicitamente negata da Hegel: «in particolare, negli ultimi tempi, si è voluto affermare che gli Stati debbano essere separati per forza da elementi naturali.

Al contrario è essenziale dire che nulla unisce più dell'acqua; non a caso le regioni non sono altro che bacini fluviali»112.

Inoltre, Hegel trae da Ritter la rappresentazione del percorso del Weltgeist come un corso eliodromico che da Oriente procede verso Occidente113. In questo è implicata l'esclusione delle zone con le caratteristiche geografiche e climatiche più estreme in cui lo spirito viene soverchiato dalle potenze della natura. È il caso dell'Africa, ferma all'ora del sole più alto, e dei due Poli che sono immersi in una notte eterna. L'Africa, scrive Hegel, «non è un continente storico, un continente che abbia da esibire un movimento e uno sviluppo»114. Anche in Hegel, inoltre, è presente la distinzione fondamentale tra Vecchio e Nuovo Mondo. In questa distinzione, tuttavia, è possibile individuare una differenza tra Hegel e Ritter115. Per quest'ultimo la contrapposizione tra Vecchio e Nuovo Mondo è relativa: l'America rappresenta l'Occidente stesso dell'Europa, ponendosi in un rapporto analogo a quello dell'Europa rispetto all'Asia.

La «novità» dell'America non indica una effettiva immaturità116 o maggiore

112 Ibidem. 113 Per quanto riguarda in generale il discorso sui condizionamenti geografici della Weltgeschichte gran parte delle nozioni che Hegel introduce nella sua filosofia della storia sono individuabili nella prefazione al primo volume della seconda edizione della Erdkunde. 114 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., p. 87. 115 Nonché tra Hegel e Alexander von Humboldt che critica aspramente la descrizione hegeliana delle Americhe come il frutto di una presuntuosa deformazione filosofica della realtà. Al di là della critica a conclusioni tratte da un'insufficiente quantità di dati, di certo l'autore del Kosmos non poteva apprezzare un'attitudine verso la natura in cui «persino il pensiero criminale di un malfattore è più grandioso e sublime delle meraviglia del cielo», una frase invece molto apprezzata da Karl Marx. Su questo cfr. R. Bodei, Sistema ed epoca, Bologna, Il Mulino, 1975. Hegel possedeva lo scritto di Humboldt sulle variazioni della temperatura terrestre: Über die Hauptursachen der Temperaturverschiedenheit auf den Erdkörper, Berlin, Dümmler, 1827; ma non ci sono riferimenti alle opere importanti di Humboldt sull'America. Hegel ha utilizzato soprattutto gli scritti di Humboldt sulla metereologia, sul magnetismo e sul galvanismo, e il nome di Humboldt ricorre qualche volta nelle aggiunte ai paragrafi dell’Enciclopedia delle scienza filosofiche dedicati alla fisica e alla fisica organica. Su questo si veda P. Rossi, Storia universale e geografia in Hegel, cit., pp. 27 ss. 116 Non è presente nel corpus ritteriano una descrizione delle caratteristiche del continente americano ma in nessun punto in cui si menziona il contrasto da Vecchio e Nuovo Mondo si fa riferimento a una novità in senso ontologico. 102 giovinezza geologica, secondo l'opinione diffusa che costituisce il centro della cosiddetta «disputa sul Nuovo Mondo»117. A differenza di Ritter, Hegel considera la novità del Nuovo Mondo per il fatto che è più recente e immaturo fisicamente, nonché spiritualmente, del Vecchio118. L'opposizione per Hegel non è dunque relativa ma assoluta119: nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche Hegel inserisce la distinzione tra i due mondi in quei processi preistorici che hanno dato alla Terra la sua attuale configurazione, insieme alla distribuzione dei mari e alla morfologia del continenti120.

La differenza tra Vecchio e Nuovo Mondo perciò non è storica per Hegel ma naturale: al pari dell'Africa, il continente americano non è «storico» e questo si riversa sulla comprensione della sua articolazione geografica. «L'America» scrive

Hegel «è divisa in due parti, seppur congiunte da una striscia di terra, la quale forma, però, soltanto un legame del tutto esteriore»121. Il Vecchio Mondo, invece, è suddiviso in «differenziazioni [Unterschiede]» necessarie che stanno in un «rapporto essenziale»

[wesentlich Verhältnis] e formano una «totalità comprensibile» [eine verständige

Totalität]. Le Americhe, invece, sono caratterizzate da una distinzione puramente spaziale tra Nord e Sud: Nord- e Sudamerica sono soltanto parti non organi, sono, nel linguaggio ritteriano, semplici porzioni differenti per quanto riguarda la loro Lage ma non tanto la loro Stellung; sono solo differenze naturali, ma non determinate individualmente e storicamente. Come scrive Hegel, «appartiene all'essenza stessa della storia l'attività di mettere in contatto ciò che la natura mantiene separato»122 e, dal momento che le Americhe non hanno storia, la loro connessione può essere solo estrinseca.

Qui vediamo che, come in Ritter, la storia porta una trasformazione del modo di considerare lo spazio, ma mentre per l'autore della Erdkunde questa trasformazione è

117 Cfr. A. Gerbi, La disputa del Nuovo Mondo. Storia di una polemica 1750-1900, Milano, Adelphi, 2000. 118 Hegel riprende così il longevo pregiudizio sull'immaturità e l'impotenza del continente americano. 119 Assoluta è l'opposizione tra Vecchio e Nuovo; altro discorso si farà nel prossimo capitolo per quanto riguarda l'opposizione tra presente e futuro relativamente alla forma ancora incompleta di statualità che secondo Hegel ci sarebbe negli Stati Uniti. 120 Cfr. G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a cura di B. Croce, Roma-Bari, Laterza, 1994, §387. 121 Id., Lezioni sulla filosofia della storia, cit., p. 77. 122 Ivi, p. 89. 103 globale, per Hegel essa è limitata a determinati luoghi. La storia non è in tutti i punti del globo. La ragione di questa distanza è individuabile nel differente concetto di mondo, che comprende una teoria del rapporto tra uomo e natura, che i due hanno.

Il debito di Ritter nei confronti di Schelling proprio in merito all'indistinzione tra spirito e natura allontana la sua prospettiva da quella di Hegel. Per quest'ultimo la

Terra è un corpo morto, il «cristallo della vita» la cui storia è definitivamente trascorsa. Essa è, cioè, un inerte prodotto sul quale si dispiega il corso della storia. Da ciò derivano due importanti conseguenze. Innanzitutto, Hegel condivide il ridimensionamento della teoria dei climi, non tanto con l'obiettivo di collocare il clima in un insieme di concause che concorrono a determinare un'individualità storico-naturale, quanto perché, là dove lo spirito domina la natura, essa non ha un potere come «condizione [Bedingung]». È questo il caso dell'Europa, «la parte razionale della Terra» di cui infatti Hegel propone nell'Introduzione alle Lezioni di filosofia della storia una suddivisione non geografica ma in base a gruppi di Stati: l'Europa meridionale, quella centrale e quella slava. L'Europa «non possiede differenze territoriali come quelle segnalate in Asia e in Africa. Tale è il carattere europeo, che le differenze precedenti assumono la più mite natura di un momento di passaggio»123. L'Europa costituisce il luogo privilegiato in cui ha luogo la storia presente: a differenza dell'Asia che è ferma all'origine della storia ed ha, perciò, una vita solo nello spazio.

Inoltre, lo spazio nella sua naturalità senza vita influenza lo spirito solo là dove questo non si costituisca a mondo storico e razionale, cioè a Stato. Per Hegel hanno propriamente una storia solo i popoli che hanno uno Stato. A partire da qui, è possibile concludere con una distinzione tra il concetto di Erde contenuto nel termine

Erdkunde e quello di Welt contenuto nella Weltgeschichte. La prima indica uno spazio geografico costruito attraverso l'indagine dei rapporti visibili e invisibili in cui si collocano i singoli punti e luoghi all'interno di un pianeta inteso come organismo naturale. Nella seconda, invece, la Welt non è «la totalità presente del mondo in

123 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., p. 91. 104 quanto globo terrestre, ma l'insieme di forme della prassi di una comunità politica che, divenendo coscienze della modalità propria del suo funzionamento, è in grado di assumere il passato come sviluppo della propria attuale struttura e di leggere i prodotti della storia umana come il processo stesso di costituzione del mondo presente»124. Non è un mondo geografico quello che interessa a Hegel come indica lo stesso concetto di Weltgeist: l'universalità dello spirito sopporta confini geografici e una localizzazione senza perdere, con ciò, la propria universalità125.

Si può quindi concludere da questa lettura che Hegel trova in Ritter alcuni elementi per pensare il significato storico-universale delle differenze geografiche. Tra questi vi è la distinzione tra le forme geografiche della Terra nel loro possibile rapporto con l'uomo e la differenza tra uno spazio solcato da opposizioni, differenze e rapporti rispetto a uno spazio meramente quantitativo, in cui sono accostate parti indifferenti. In Hegel però la discontinuità tra storia e natura è radicale: la prima è caratterizzata da un tempo e da uno spazio concreti inscindibili dalla statualità, mentre la seconda è caratterizzata dal tempo e dallo spazio astratti, dal mutamento incessante che equivale alla durata spaziale, cioè all'immobilità. Si trova perciò in

Ritter una visione più globale della Terra perché nonostante l'attribuzione ai continenti di funzioni storico-universali, non c'è una base qual è lo Stato per Hegel che consente di determinare la direzione dei rapporti. In Hegel invece lo spirito oggettivamente presente, il presente pieno dello Stato e dell'Europa fa sì che nel particolare locale possa essere interamente contenuta una qualificazione universale e assoluta dello spazio126. Come vedremo nel prossimo capitolo, sarà Ernst Kapp a proporre una peculiare unificazione di queste due differenti prospettive.

124 S. Rodeschini, Costituzione e popolo, Macerata, Quodlibet, 2005, p. 115. 125 Del tutto differente è invece la funzione del concetto di mondo nella filosofia del diritto kantiana. 126 Si veda su questo C. Galli, Spazi politici, cit., pp. 91 ss. 105

7. Lo spazio del futuro

Si è visto finora che lo spazio è storico perché è il frutto di un processo di trasformazione antropologica e naturale che precede la storia propriamente detta e sedimenta nelle configurazioni geografiche del presente. Esso è storico, inoltre, perché le sue coordinate e i suoi rapporti rispondono a una funzione teleologica che lega i continenti e le regioni alla totalità dell'organismo cosmico. Tuttavia lo spazio è storico non solo perché è il risultato di un'evoluzione naturale e umana e perché è il portatore di una destinazione teleologica, che lo qualifica in termini relazionali.

L'elemento probabilmente più innovativo dell'opera ritteriana è l'accento sulla capacità dell'uomo di trasformare lo spazio grazie al progresso tecnologico- scientifico e all'attività economica. Quelli che, citando Alexander von Humboldt,

Ritter definisce gli «organi»127 che l'uomo crea (ad esempio il termometro e il barometro) per estendere il proprio campo di percezione sensoriale producono un cambiamento nella posizione [Stellung] degli spazi del pianeta, dal momento che li pongono in un differente rapporto tra loro e rispetto all'uomo128. La geometria dello spazio storico è dunque oggettivamente variabile129.

Queste trasformazioni riguardano non solo le distanze verso il basso e vero l'alto, ma anche le distinzioni tra gli spazi [Raumunterschiede] in tutte le direzioni. Nel momento in cui gli uomini imparano a diffondersi in una regione prima inospitale, la differenza tra questa e le altre regioni abitate diventa minore. Ciò che prima era lontano, diventa vicino, ciò che era escluso dal «circolo dei popoli civilizzati [den

127 C. Ritter, Über das historische Element, cit., p. 159. [«Wenn der Mensch, mit A. v. Humboldts Ausdruck zu reden, neue Organe sich schafft, um mit den genauesten Instrumenten, welche die beschränkte Sphäre seiner sinneswerkzeuge erweitern, tiefer in die Erdrinde wie zu dem Meeresboden hinab zu reichen, und dort die Temperatur der Tiefen, die unbekannten Erdarten und Gewässer, die Salzlager, die dichteren Erd- und Wasserschichten und Alles, was ihnen zugehört, durch Batho- und Thermometer, durch Pendelschwingungen, durch Bohrversuche, Arteische Brunne und dergl. zu sich herauf zu heben, was geschieht da Anderes, als daβ die erfüllten Räume der Planetenrinde sich in der That in ein dem bisherigen verschiedenes Verhältniss dieses Wohnplatzes zum Menschen stellen»]. 128 Cfr., p. 160. 129 Sulla geometria variabile della spazialità moderna si veda C. Galli, Spazi politici, cit., pp. 64 ss. 106

Kreis der civilisierten Völkergemeinschaft]»130 viene in esso incluso, a conferma del carattere non solo quantitativo della distanza. Luoghi prima lontani vengono sempre più portati a unità grazie «a organi appena inventati, oppure progressi scientifici, o evoluzioni culturali grazie alle quali i popoli imparano a diffondersi in altri spazi, come le piante e gli animali in altre zone climatiche»131. Anche in questo senso, i rapporti quantitativi hanno una misura storica in quanto prodotti dall'uomo: «l'uomo domina [beherrscht] il movimento che riempie lo spazio e lo rende portatore [Träger] delle sue aspirazioni»132. In questa trasformazione dei rapporti fisici del pianeta attraverso l'elemento storico risiede la differenza essenziale tra la geografia come scienza dei rapporti complessivi della Terra e l'astronomia che considera la terra da una prospettiva cosmologica, cioè secondo rapporti spaziali assoluti nel tempo e nello spazio133. Mentre i rapporti cosmologici non sono mai cambiati, le distanze terrestri, come si è visto, si modificano, gli intervalli si riducono, porzioni prima irrelate vengono connesse. Anche le scienze naturali, considerando la materia naturale e le sue leggi indipendentemente dalla sua condizione terrestre, non prendono in considerazione il modo in cui tale materia si fa portatrice di «movimenti con un'anima [beseelte Bewegungen]»134. Mentre il sistema mondo [Weltsystem], cioè l'universo, è immutabile perché segue un corso necessario, da indagare secondo rapporti assoluti; il sistema naturale [Natursystem] rimane a sua volta lo stesso anche se si trasformano le aree di diffusione e di coltura delle singole produzioni naturali,

130 C. Ritter, Über das historische Element, cit., p. 160. 131 Ibidem. [«Seien es neue erfundene Organe, oder wissenschaftliche Fortschritte, oder Kulturentwicklungen, wodurch die Völker sich in andere Räume verbreiten lernen, wie die Pflanzen und Thiere in andere klimatische Zonen gedeihlich übergehen, und die bis dahin unzugänglich geblieben, also fern abliegenden Enden der Erde»]. 132 Ivi, p. 161. [«Der Mensch [beherrscht] die raumfüllende Bewegung und [macht] sie zum Träger seiner Bestrebungen»]. 133 Cfr., Ivi, p. 162. «In diesem Wechsel der physikalischen Verhältnisse des Erdplaneten durch das Element der Geschichte liegt der wesentliche Unterschied der Geographie, als Wissenschaft der Gesammtverhältnisse der tellurischen Seite der Erde, von den Theilen der Astronomie, welche bei Erforschung des Weltbaues und unsers Sonnensystems auch den Erdball in der Reihe der Planeten nach den cosmischen, oder nach den sich nicht abwandelnden absoluten Raum- und Zeitverhältnissen, nicht aber nach den relativen tellurischen, in ihre Betrachtungen einführt». 134 Ivi, p. 163. 107 nonché il numero degli individui. Il sistema Terra [Erdsystem], invece, non è rimasto lo stesso perché ha una vita storica, in quanto include l'attività umana135.

Si tratta di una trasformazione che non è, però, realizzata una volta per tutte. A questo proposito, Ritter fa l'esempio dell'Egitto il quale è stato sottratto alla desertificazione grazie alla civiltà egizia per poi ritornare deserto in seguito alla sua decadenza. Ciò ha comportato una trasformazione anche degli spazi circostanti. Un ulteriore esempio che Ritter propone riguarda le Alpi: se prima di Annibale e Cesare costituivano una separazione insormontabile interna all'Europa, successivamente sono diventate una zona di passaggio generale in ogni direzione. Anche gli Urali, che per secoli hanno determinato una netta separazione tra due parti del pianeta, grazie alla politica sostenuta da Pietro il Grande hanno cominciato a diventare una terra di passaggio tra Europa e Asia.

Per concludere, l'elemento storico interviene nella natura fisica e nella posizione all'interno della posizione nel mondo [Weltstellung] comportando lo sviluppo di tutta una serie di rapporti che non possono essere definiti né storici né fisici, ma che sono rapporti propriamente geografici, cioè propri di uno spazio dinamico136. Un esempio particolarmente indicativo è la valutazione sempre positiva che Ritter dà della colonizzazione. Come si vedrà anche nel caso dell'India, nello scritto sulla colonizzazione inglese della Nuova Zelanda essa è esaltata perché un'isola prima del tutto separata dal mondo viene in questo modo connessa alla rete delle comunicazioni, del commercio, dei trasporti e, in ultima analisi, della civiltà. A questa apertura sul futuro si collegano due ulteriori aspetti del rapporto tra geografia e storia. Innanzitutto, l'espansività dell'elemento storico dall'Europa al resto del mondo consente di pensare tanto alla localizzazione dell'universale quanto alla sua

135 «Das Weltsystem an sich bleibt sich daher in seinen unwandelbaren, absolut zu erforschenden Verhältnissen, wie die Gottheit, gleich; das Natursystem [...] nur eine geringere Summe von Individualitäten desselben, gegen die jetzige Mannigfaltigkeit und Fülle, in sich schloβ, blieb doch in dem Wesen, seinen innern Gesetzen, Organisationen und Erscheinungen nach, das eine und dasselbe durch alle Zeiten, wenn auch die Verbreitungs- und Kultursphären der einzelnen Naturproductionen sich, wie die Zahlen ihrer Individuen, mannichfach veränderten». 136 Se è certamente un processo di connessione universale non è chiaro se sia anche un processo di omogeneizzazione. 108 tendenziale vigenza globale: esso è sia locale sia globale. In secondo luogo, si stabilisce una misura geografica del progresso storico. In altri termini, non tanto questo o quel clima ma l'isolamento causa l'esclusione di alcuni luoghi o popoli dal percorso storico. Si tratta, anche in questo caso, di un'ulteriore messa in discussione del condizionamento climatico137 in direzione della valorizzazione della capacità umana di dominare la natura e piegarla ai suoi fini.

8. Una geografia storica dei prodotti

Uno dei temi in cui l'apporto originale della Erdkunde ritteriana emerge con chiarezza è la scienza dei prodotti138, la Produktenkunde, che non viene considerata molto spesso dalla critica ma consente di dare una certa concretezza alla nuova impostazione ritteriana139. A essa Ritter dedica una Abhandlung presentata nel 1836 alla Akademie der Wissenschaften, pubblicata nel volume della Einleitung dal titolo Der tellurische Zusammenhang der Natur und Geschichte in den Productionen der drei

Naturreiche, oder: über eine geographische Produktenkunde140. L'inserimento di questa relazione nel volume dimostra già di per sé la rilevanza che questa parte doveva avere nella delineazione di una nuova scienza dei rapporti spaziali. Questa relazione contiene importanti indicazioni sullo specifico oggetto della Erdkunde in quanto distinta dalle altre scienze, e una sorta di programma di lavoro, se si considera

137 Si tratterà di una tendenza che viene raccolta dalla scuola storica dell'economia a partire dagli anni '40 ma che si vedrà all'azione anche in Kapp e Kohl cioè di misurare l'influenza climatica e geografica con il grado di industria ed industriosità. 138 Secondo il Deutsches Wörterbuch di J. e W. Grimm il termine «Produkt» indica «das Hervorgebrachte, ein Erzeugnis der Natur oder Kunst». Nella parola non è, dunque, contenuto il riferimento contemporaneo all'attività trasformativa umana: prodotto è il risultato di una forza naturale o spirituale. 139 Si tratta di un termine poco usato che fa parte del linguaggio della statistica e dello finanza mercantilistica. Esso compare nel titolo di alcune opere del geografo e zoologo tedesco Eberhad August Wilhelm von Zimmermann, Australien in Hinsicht der Erd-, Menschen- und Produktenkunde, che la definisce anche Produktenlehre. 140 Sulla Produktenkunde si veda E. Plewe, Carl Ritters produktenkundliche Monographien im Rahmen seiner wissenschaftlichen Entwicklung, in «Geographische Zeitschrift», anno 67°, n. 1, 1979, pp. 12-28. Qui si trova una descrizione dettagliata di quali siano gli studi dei prodotti e in che volumi dell'Erdkunde si trovino. È possibile riscontrare il loro netto aumento a partire dal 1832. 109 l'importanza crescente che le monografie su alcuni prodotti hanno nei volumi della seconda edizione della Erdkunde sull'Asia che escono pressoché annualmente a partire dal 1832. Lo studio dei prodotti consente di fare alcune osservazioni sull'evoluzione del pensiero di Ritter. Secondo Schmitthenner141, ad esempio, l'innovazione di Ritter si sarebbe fermata alla seconda edizione del volume sull'Africa, cioè al 1822. Plewe, al contrario, sostiene che la prima edizione ha un'enorme diffusione per i nuovi problemi che pone alla scienza geografica; a questi il volume sull'Africa del 1822 non aggiunge niente di particolarmente nuovo. Diverso

è invece il caso della seconda edizione (1832) del volume sull'Asia. Se si considera la distribuzione di una serie di monografie relative allo studio di vari prodotti, è possibile collocare piuttosto una «svolta», dovuta anche al decennale scambio tra

Ritter e l'ambiente culturale e scientifico di Berlino, nel secondo volume sull'Asia che segue di 10 anni (1832) la seconda edizione del volume sull'Africa. Questa novità consiste proprio nell'approfondimento del nesso tra uomo e natura, di cui la

Produktenkunde costituisce una parte importante. Nell'introduzione al volume della

Einleitung, scritta nel 1852, Ritter dichiara di voler raccogliere in un volume i saggi sui prodotti che compaiono separatamente142 in appendice quando un prodotto compare in un determinato luogo. Si tratta di considerarli da un punto di vista superiore, più generale, di «presentificare [vergegenwärtigen]» in una trattazione unitaria le loro «apparizioni locali [locale Erscheinungen]» sulla base delle loro

«relazioni causali [Causalzusammenhang]»143. Tale intenzione non sarà, però, mai realizzata144.

La Produktenkunde è lo studio dei prodotti dei tre regni naturali, dal punto di vista della loro diffusione spaziale, sulla terra e sul mare e dei loro rapporti quantitativi e qualitativi, assoluti e relativi in relazione ai singoli paesi che vengono considerati e ai

141 Cfr. H. Schmitthenner, Studien über Carl Ritter, Frankfurter Geographische Hefte, 25. Jahrgang, n. 4, Frankfurt 1951 142 Cfr. E. Plewe, Carl Ritter. Deutung seiner Entwicklung, in «Die Erde», 1959, pp. 107-166. 143 C. Ritter, Der tellurische Zusammenhang der Natur und Geschichte, in C. Ritter, Einleitung, cit., pp. 182-205, p. 182. 144 Plewe parla di un possibile rifiuto da parte dell'editore, forse spaventato dalla mole che il volume poteva assumere. 110 popoli che li abitano. Il progetto non è solo quella di studiare le aree di diffusione

[Verbreitungssphäre] dei prodotti, cioè il modo in cui essi si diffondono, alterandosi o rimanendo inalterati in differenti luoghi. La Produktenkunde non si esaurisce, cioè, nella storia naturale. Si tratta, piuttosto, di leggere le aree di diffusione e i processi di differenziazione di un prodotto in relazione alla storia di una regione e di un popolo: sia utilizzando i prodotti e le loro denominazioni come tracce del passato per indagare la storia dei loro movimenti; sia per ricostruire la storia di una regione in base ai prodotti che si scoprono come originari di quella regione.

Ci si aspetterebbe, scrive Ritter, che un tale studio abbia da sempre ricoperto una funzione centrale nella scienza geografica, ma invece è vero il contrario. La geografia tradizionale si limita a elencare le singole occorrenze dei prodotti nei singoli luoghi.

Qui, così come nella storia naturale, non vengono riconosciute le loro necessarie connessioni interne145. La novità presentata dalla Produktenkunde è lo studio dell'occorrenza dei fenomeni non staticamente o in maniera solo locale, ma nel loro sviluppo nel tempo secondo le leggi della natura e della storia, sia nel presente sia nel passato. Ciò comporta il ricondurre i rapporti complessivi dei prodotti all'evoluzione storico-universale e individuale delle regioni terrestri e dei popoli che le abitano, cioè il rimandare al percorso della diffusione dei popoli

[Völkerverbreitung], della cultura, dell'industria, del commercio, delle colonizzazione e alle diffusioni secondarie dei prodotti che da questi dipendono. Si tratta, in altre parole, di studiare la «seconda natura» dei prodotti appoggiandosi alle conoscenze della storia naturale ma andando oltre essa.

Le trattazioni geografiche precedenti e le storie naturali sono prive di un sapere che l'Erdkunde introduce, cioè l'idea dell'influenza reciproca della terra sugli uomini e

145 C. Ritter, Der tellurische Zusammenhang der Natur und Geschichte, cit., p. 183. Dopo aver affermato che le scienze naturali hanno fatto notevoli progressi nell'indagare il «nothwendign Zusammenhang des ganzen Systems der Naturerscheinungen, wie nie zuvor, wissenschaftlich darzulegen», Ritter si chiede se è «darum auch schon die Relation dieses innern, organischen Zusammenhanges in allen seinen tellurischen Beziehungen ermittelt und dargelegt? Keineswegs! noch fehlt diese Darstellung nach Inhalt und äuβerm Zusammenhang, wie nach den Localbedingungen jeder Art, dem Vorkommen und der Begrenzung nach im Raume, wie der Entfaltung und Einwirkung nach in der Zeit; oder nach Naturgesetzt und Geschichte, sei es der Gegenwart wie der Vergangenheit». 111 viceversa e l'intenzione di individuare un ordine spaziale storico e non estrinseco.

Come osserva Plewe, lo studio dei prodotti proposto da Ritter è sensato nella misura in cui non considera astrattamente l'homo oeconomicus che utilizza la natura in generale, ma gli uomini in determinati luoghi tenendo conto del fatto che ogni luogo in cui abita esercita sui suoi abitanti un'influenza del tutto particolare, senza che egli ne sia cosciente146. Questa prospettiva inaugura una serie di domande a cui non solo non si sarebbe potuto trovare una risposta nella geografia e statistica precedenti ma che sarebbero state difficilmente formulabili in quel contesto. Mentre la

Produktenkunde ha il compito di seguire i prodotti dai loro luoghi di origine in tutte le direzioni, ogni regione storico-naturale si configura come il complesso rapporto dinamico tra i prodotti che la riempiono.

Come scrive Ritter, questa indagine ha una forte connessione con le ricerche di geografia fisica che sono state realizzate dai contemporanei di Ritter e, in particolare, da Alexander von Humboldt, il primo a formulare una teoria e a proporre una rappresentazione della distribuzione della vegetazione in base a determinate variabili naturali. Questi contributi, criticando l'artificiale sistematica della storia naturale, hanno fatto riferimento alle scienze fisiche, e in particolare alla climatologia, per ordinare le produzioni terrestri stabilendo una correlazione causale tra distribuzione e caratteristiche climatiche. Certamente, scrive Ritter, questo metodo si avvicina di più allo scopo di una Produktenkunde, perché considera la localizzazione dei fenomeni. Attraverso la climatologia si delimitano delle sezioni della superficie terrestre in base allo studio di determinate leggi che riguardano la latitudine e la longitudine, le altezze assolute e relative, le temperature della terra, dell'atmosfera e dell'oceano, i venti ecc. Questo studio è di grande importanza perché, indicando i rapporti normali dai quali l'esistenza di certi organismi è condizionata, contribuisce a delimitare le zone di diffusione di questi organismi. Si tratta, però, di risultati parziali e ciò che manca è un'elaborazione complessiva di questi rapporti fisici nei loro effetti di condizionamento sulla suddivisione, aggregazione, sui movimenti,

146 Cfr. E. Plewe, Carl Ritters produktenkundliche Monographien, cit., p. 22. 112 sulla storia dei prodotti. Ritorna qui in questa sollecitazione verso una comprensione complessiva dei rapporti naturali e storici il discorso sulla base del quale Ritter aveva criticato, attraverso Herder, la tradizionale teoria dei climi: anche i prodotti devono essere oggetto di un considerazione complessiva e proprio per questo capace di delinearne la storia particolare. Il carattere specifico che lega i prodotti a determinati spazi terrestri non è stato ancora considerato.

Bisogna dare corpo, colore, luce, forma ai prodotti naturali per fare intuire autenticamente il loro «sistema di produzione [Produktionsystem]»: cioè la specifica combinazione dei prodotti nei differenti luoghi della Terra. Si tratta di studiare le modalità di insediamento [Ansiedlungsweise] in un determinato luogo originario

[Heimath] e di studiare i rapporti spaziali in questo luogo per poi indagare le modalità di diffusione e adattamento147. Ma individuare il luogo d'origine e l'occorrenza del corpo naturale non è sufficiente a esaurire lo studio del prodotto, dal momento che la sua area di diffusione presente è del tutto diversa rispetto a quella originaria. L'indagine dell'occorrenza di singoli corpi naturali in una Produktenkunde globale deve così assolvere tre compiti. In primo luogo, deve considerare la patria naturale [Naturheimat] e la sua sfera spaziale a partire dal suo clima ideale e dal centro della sua vita [Lebensmitte]. In secondo luogo, è necessario considerare la sfera delle sue migrazioni naturali in altri spazi che provoca l'estensione luogo d'origine in un territorio di migrazione. Già questa espansione risulterebbe irriproducibile in un sistema di storia naturale. Il terzo compito è quello di indagare la sfera in cui i corpi naturali vengono dislocati attraverso l'influsso della storia umana. Questi tre aspetti corrispondono, inoltre, a tre differenti prospettive temporali. Il primo ricostruisce l'equipaggiamento primitivo e dunque, secondo Ritter, ottimale di ogni regione

147 C. Ritter, Der tellurische Zusammenhang der Natur und Geschichte, cit., pp. 198-199. [«Nicht die naturhistorische Lehre dieser Organisationen, sondern nur ihre Ansiedlungsweise an eine bestimmte Heimath und die Erforschung des Raumverhältnisses zu dieser Heimath, in den üppigsten Culminationen ihrer Entwicklung, wo sie am gedeihlichsten den höchsten Grad der Vollkommenheit, oder der Menge noch die gröβte Zahl erreichen, wo sie als herrschende Formen hervortreten, bis zu ihren stufenweisen Verkümmerungen oder Abartungen und dem Verschwinden an dem Grenzen dieser natürlichen Verbreitungssphären, wird der Gegenstand der geographischen Darlegung in der Productenkunde sein müssen»]. 113 producendo una sorta di archeologia geografica di un territorio. Il secondo implica una distinzione tra i prodotti stabili e quelli esportabili: le prime hanno un rapporto

[Verhältnis] insulare e le seconde continentale. Infine, l'indagine delle sfere di coltura e delle patrie culturali conduce a una classe sorprendente di prodotti naturali, che così come gli uomini e i popoli (che si distinguono in civilizzabili e progredienti, e in stazionari) sono capaci di progredire, attraverso le migrazioni dei popoli e trovare una nuova patria, sviluppano una «seconda natura», separandosi dalla vita naturale e dal loro naturale luogo di origine. Questi rapporti non sarebbero riconoscibili se la geografia si limitasse al presente: essi devono essere ricercati nel passato più antico ed «essere introdotti dai tempi passati nel presente degli spazi [aus den Zeiten in die

Gegenwart der Räume]» 148. Si tratta di riconoscere flussi migratori e le vie del commercio «alle quali spesso non risalgono nemmeno gli Annali della storia»149.

D'altra parte, la Produktenkunde può contribuire alla determinazione della dotazione originaria di ogni singola regione e della sua particolare posizione nel corso dell'evoluzione umana, della sua collaborazione attiva o passiva rispetto all'intero.

Un esempio di uno studio monografico di un prodotto proposto da Ritter è quello riguardante la diffusione del cotone da lui presentato alla Accademia delle scienze150.

La prima parte «antiquaria» contiene un'approfonditissima analisi filologica sulle denominazioni del cotone che poggia su fonti antiche e moderne, dalla Bibbia a

Omero a Schlegel e Lassen. Tale indagine mira a individuare la denominazione più antica e così il luogo d'origine del cotone, accostato a uno studio comparativo del modo in cui veniva prodotto in Egitto e in India. Ritter opera un confronto serrato tra le occorrenze del termine in fonti egizie, arabe, indiane e anche dell'Asia minore

148 Ivi, p. 203. [«Alle diese Verhältnisse können nur aus den Annalen der Geschichte, also auf historischem Wege, aus den Zeiten in die Gegenwart der Räume eingetragen werden; die Physik, die Climatik, die Naturhistorie, welche das Regulativ der Verbreitungszonen in dieser Gegenwart nachweisen will, muβ, was sie nur zu oft versäumt hat, hier zuvor von der Historie und Geographie sich geleiten lassen»]. 149 Ivi, p. 204. [«Das Auseinanderliegen dieser verschiedenen Verbreitungsphären führt auf die Bahnen des Verkehrs, auf die Arten und Richtungen des Handels, und weiset die unentwickelten Gründe ihres Ganges nach, zu denen oft keine Annalen der Geschichte zurückgehen»]. 150 Cfr. C. Ritter, Über die geographische Verbreitung der Baumwolle und ihr Verhältnis zur Industrie der Völker alter und neuer Zeit in «Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften», 1852, pp. 1-63. 114

(utilizzo delle fonti omeriche e fenicie) dimostrando delle notevoli capacità linguistiche e una profonda conoscenza delle opere e dei metodi della nascente scienza filologica. Le denominazioni originarie, più antiche non sono di origine greca, ma sono state introdotte nelle lingue occidentali attraverso la mediazione della lingua greca. Attraverso l'analisi linguistica si possono ipotizzare, ma senza alcuna certezza, i percorsi di migrazione di queste tradizioni. Viene annunciata una seconda parte botanico-geografica che, però, Ritter non scriverà mai151.

9. L'India: «Welt an sich» e «Ländersystem»

L'esempio dell'India e, in particolare, della sua parte meridionale, cioè il Deccan152, può costituire un banco di prova per valutare in che misura le intenzioni programmatiche di Ritter si traducano nell'effettiva descrizione geografica153. Nel seguente paragrafo si proporrà una lettura di una parte della Erdkunde che cerchi di individuare in essa quei temi e quei metodi che Ritter rivendica come proprio contributo innovativo alla geografia. Si tratterà, dunque, di prestare attenzione sia al modo in cui l'India viene geograficamente suddivisa per comprendere come viene costruito l'oggetto della Erdkunde cioè le regioni storico-naturali nella particolare intersezione di passato e futuro che costituisce il presente dello spazio storico.

L'esempio dell'India consente, inoltre, di considerare il legame di Ritter con alcuni

151 Si può presumere una maggiore difficoltà da questo punto di vista. Sicuramente Ritter mano a mano che prosegue negli anni diventa sempre più padrone del metodo filologico e le analisi filologiche acquisiscono così maggior peso. 152 Come si vedrà in seguito il Deccan è la parte meridionale della penisola indiana, a sud delle foci dell'Indo e del Gange e comprende l'ampio altopiano centrale e le zone costiere. 153 La scelta dell'India è motivata dal fatto che nel periodo in cui se ne occupa Ritter essa è l'oggetto di studio e scontro interpretativo di molteplici discipline, tra cui la storia, la filologia, l'orientalistica in generale. Come vedremo, Ritter si rifà ampiamente allo studio del sanscrito al centro della nuova filologia storica. L'India, inoltre, è anche oggetto di dibattito per quanto riguarda le ragioni e le modalità della colonizzazione: proprio nei primi decenni dell'Ottocento si ha, infatti, un cambio qualitativo nel dominio inglese sull'India che comincia a diventare conquista, spartizione e amministrazione del territorio, dunque anche dell'interno. Anche questo passaggio e il dibattito che suscita rende l'India un buon banco di prova per valutare la traduzione concreta delle intenzioni programmatiche ritteriane. Per quanto riguarda le fonti utilizzate da Ritter è difficile riportarle nella loro completezza: Ritter possedeva una biblioteca smisurata e cita moltissime fonti in gran parte inglesi. Cfr. E. Plewe, T. O. Weigel, Die Carl Ritter Bibliothek, Wiesbaden, Franz Steiner, 1978. 115 intellettuali di rilievo a lui contemporanei, considerata la fascinazione che l'India esercitò sugli intellettuali tedeschi nei primi quarant'anni dell'Ottocento154 e l'importanza che l'orientalismo in senso lato ebbe per la riorganizzazione degli ambiti disciplinari155.

A titolo introduttivo, è necessario confrontare brevemente la prima e la seconda edizione156 della Erdkunde. La differenza più evidente è una differenza quantitativa, prevedibile del resto vista la mole complessiva della seconda edizione. Mentre nella prima edizione l'India viene descritta in circa 130 pagine, di cui 30 hanno come oggetto il Deccan, nella seconda quelle relative al solo Deccan sono 1121. Dal punto di vista dell'organizzazione del materiale e del progredire della descrizione, si può dire che l'organizzazione macroscopica delle grandi regioni rimane immutata. Il

Deccan viene trattato all'interno di quelle «forme di passaggio [Übergangsformen]» che dall'Alta Asia delle catene montuose, attraverso i sistemi fluviali e le pianure dell'Indo e del Gange, salgono gradualmente fino all'altopiano del Deccan157. Isolare il Deccan come oggetto di indagine, come Ritter scrive fin dalla prima edizione,

154 Cfr. M. Dusche, Friedrich Schlegel's Writings on India: Reimagining Germany as Europe's True Oriental Self, in J. Hodkinson, J. Walker, S. M. J. Feichtinger, Deploying Orientalism, Rochester-New York, Camden House, 2013, pp. 31-54. Qui si dice che questi quarant'anni sono delimitati dalla traduzione di Georg Forster del 1791 della Shakuntala di Kalidasa (dalla traduzione inglese di William Jones) che rende per la prima volta disponibile in tedesco un libro in sanscrito e il verdetto negativo sull'India di Hegel nel 1827. In generale, però, l'interesse per l'India si estende a tutto il XIX secolo, durante il quale 22 cattedre di indologia vengono istituite nelle università tedesche, contro le due presenti in Inghilterra. Sulla conoscenza dell'Asia in generale nel corso del Settecento e dell'inizio dell'Ottocento si veda il fondamentale J. Osterhammel, Die Entzauberung Asiens. Europa und die asiatischen Reiche im 18. Jahrhundert, München, Verlag C. H. Beck, 2010. 155 Sul concetto di orientalismo si veda E. Said, Orientalismo, Milano, Feltrinelli, 1991, un'opera che ha non solo suscitato un grande dibattito sul rapporto tra sapere e potere, ma ha anche aperto nuovi ambiti di ricerca proponendo una nuova configurazione del rapporto tra storia della scienza e storia politica e sociale. Rispetto all'analisi di Said, che si sofferma in particolare sull'opera di Franz Bopp, uno dei fondatori della filologia che nasce come conflitto tra due differenti scuole, la sua e quella di Friedrich Schlegel, sono state sottolineate le specificità dell'orientalismo tedesco. Esso si inserirebbe nel contesto del progetto di critica dell'egemonia culturale francese e di costruzione di una Germania come distinta dall'Europa occidentale, e come vero oriente dell'Europa stessa. In questa costruzione, il legame tra popoli indoeuropei e popolazioni germaniche risulta centrale. Su questo si veda sempre Deploying Orientalism, cit. 156 La prima edizione del 1818 e la seconda del 1836-37. 157 Nella prima edizione alla Hoch-Asien, Ritter arriva a parlare del Deccan all'interno del capitolo relativo alle «Übergangsformen zum Tieflande oder die Wassersysteme und Stufenländer»; nella seconda edizione: «Die Übergangsformen des östlichen Hoch-Asiens zum Tieflande, oder dessen Wassersysteme, Stufenländer und Gliederungen zum Süden in Vorderasiens» (pp. 424-1046). 116 costituisce una novità perché fino ad allora esso veniva considerato geograficamente come un tutt'uno con l'Alta Asia, mentre l'obiettivo qui è di distinguerne le caratteristiche, comprendendo le sue specificità e differenze rispetto all'Asia e all'India settentrionale. Nella prima edizione questa differenziazione è accentuata dal fatto che Ritter definisce l'India come «un mondo a sé stante [eine Welt für sich]», «un sistema per sé [ein System für sich]»158. Si tratta di una definizione che poi verrà messa in discussione perché la descrizione diventa più complessa e le differenziazioni nonché l'apertura verso l'esterno, come si vedrà, più marcata. Nella prima edizione, l'India viene paragonata a un'isola delimitata a Nord dalla catena dell'Himalaya che ne definisce il confine naturale unendola fisicamente ma separandola per quanto riguarda la conformazione geografica, il clima, i prodotti naturali e politicamente.

L'Himalaya costituisce qui un autentico confine naturale  a differenza delle Alpi o degli Urali  non semplicemente perché è una catena montuosa, ma perché è difficilmente attraversabile. Perciò l'India può essere paragonata a un'isola e questo isolamento la rende «una delle più stabili terre del mondo [eins der festesten Länder der

Welt]»159. Per secoli essa è stata chiusa in sé stessa, soddisfatta di sé: così come la Cina nel suo isolamento essa ha affermato la sua specificità. Solo il commercio mondiale e l'impresa coloniale inglese hanno contribuito a inserirla nelle relazioni globali e sottrarla alla condizione di insularità a cui era ferma da secoli. In queste affermazioni

è riscontrabile quella combinazione tra isolamento e stabilità, cioè tra l'assenza di connessioni dal punto di vista dello spazio e l'assenza di movimento storico, di cui si

è parlato a proposito del rapporto tra il movimento storico-universale e la specificità locale. Se l'assenza di connessioni è sinonimo di immobilismo storico ciò significa che

Ritter stenta a riconoscere nell'individualità di una regione un principio endogeno di movimento. La critica di Fröbel viene qui messa in discussione: il movimento viene sempre dall'esterno, ma ciò non toglie nulla, secondo Ritter, alla conformazione

158 C. Ritter, Erdkunde, I ed., 2 vol., p. 752. 159 Ivi, p. 771. 117 locale specifica, tanto geografica quanto storica, di una regione in cui i movimenti si sedimentano ovvero trascorrono senza lasciare traccia.

Nella prima edizione è maggiormente accentuata la differenza tra la zona costiera e l'altopiano centrale del Deccan ancora non completamente esplorato da parte dei colonizzatori inglesi. Si tratta di un contrasto che avvicina il Deccan all'Africa il cui interno era ancora in gran parte ignoto. Questo confronto si fa forte anche della somiglianza morfologica e se si crede, come fa Ritter, che il Mar Mediterrano svolga una funzione storico-geografica analoga ai sistemi fluviali dell'Indo e del Gange, separando e collegando il continente africano e la penisola del Deccan. Inoltre, così come in Africa, è la zona settentrionale, in questo caso quella dei bacini fluviali dell'Indo e del Gange, ad aver ospitato i regni più potenti dell'India, mentre la zona centrale, il vero e proprio altopiano del Deccan è abitato da popoli guerrieri, i Maratti che nella prima edizione vengono considerati come violenti selvaggi, mentre nella seconda, come vedremo, vengono riconosciuti e descritti come dominatori della zona montuosa con una propria specifica struttura politica, almeno prima dell'arrivo degli inglesi. L'altopiano centrale del Deccan sembra dunque, a sua volta, come «un diaframma isolante [eine isolierende Scheidewand]» al centro dell'India160, occupato da abitanti che hanno una storia completamente differente rispetto agli abitanti delle coste, perché hanno una storia di isolamento e di contatti solo temporanei e violenti con gli altri popoli.

Nella seconda edizione si conferma innanzitutto la bipartizione fondamentale dell'India. Ritter la paragona, riprendendo il discorso di William Jones del 1786 all'apertura della Società Scientifica di Calcutta, a un trapezio o a un rombo irregolare. Afferma inoltre che, «da una prospettiva comparativa [zur vergleichende

Übersicht]» è possibile dividerla in due triangoli che condividono la stessa base costituita da una linea che congiunge la foce dell'Indo e la foce del Gange. Questi due triangoli costituiscono la parte continentale e quella marittima del paesaggio indiano

[Landschaft]. Essi costituiscono due Ländersysteme differenti: la parte inferiore è

160 Ivi, p. 775. 118 caratterizzata da molti sistemi idrici che si dispiegano da Nord a Sud, mentre la parte superiore è solcata da due corsi d'acqua principali, l'Indo e il Gange, che si muovono verso Occidente e verso Oriente. Se li si compara, si vede che il triangolo superiore è costituito ai margini da montagne e al centro da pianura e bassopiani; il triangoli inferiore, invece, è composto da una parte costiera pianeggiante e da un centro montuoso, l'altopiano del Deccan. Se si considerano dunque, in un'ottica comparativa, le conformazioni plastiche di questi due triangoli si va oltre la semplice registrazione delle loro differenze astronomiche relative all'elevazione oppure alla distanza dall'Equatore. Si vede così che essi formano due perfetti opposti nella formazione plastica delle superfici, nell'elevazione o avvallamento, dal punto di vista delle dimensioni verticali, ma anche tutti i rapporti fisici e storici, ricchi di conseguenze.

La compattezza e l'insularità dell'India come mondo a sé stante viene però molto ridimensionata nella seconda edizione. Con l'aumentare delle informazioni in possesso di Ritter, alla distinzione in macro-regioni si affianca un'articolazione dettagliata e minuziosa dei singoli complessi regionali. L'India mantiene una sua individualità separata per la sua posizione nel sistema mondo [Weltstellung], quindi considerando la conformazione geografica rispetto a sé e a ciò che la circonda, e la sua posizione individuale. La compattezza e l'unitarietà della macro-regione risulta però sempre più difficile da dimostrare nella sua semplicità. Ora è il confronto con l'Europa a sembrare più pertinente:

nessun altro paese dell'intera terra è in questa relazione della sua posizione fornito di una tale molteplicità di differenti mondi fisici e storici diversi, prodotti naturali, popoli e commercio umano, e solo l'Europa occidentale le rassomiglia in parte161.

161 C. Ritter, Erdkunde, V parte, II libro, vol. IV, 2 ed., Berlin, 1832, p. 429. [«Kein anderes Land der ganzen Erde ist in dieser Beziehung seiner Stellung zu einer Mannigfaltigkeit von physikalisch und historisch verschiedenen Welten des Erdballs, der Naturproducte, der Völkergruppen und des Menschenverkehrs reichlicher bedacht, und nur West-Europa steht ihm darin in mancher Hinsicht gleich»]. 119

L'India però si differenzia anche dall'Europa perché quest'ultima è meno uniforme al suo interno dal punto di vista geografico: essa ha coste più frastagliate e una maggiore alternanza di valli, monti, fiumi che favoriscono sia lo sviluppo di stili di vita differenti, sia la concatenazione tra essi, attraverso il commercio. Già la conformazione geografica favorisce in Europa una concatenazione virtuosa tra natura e cultura. Una conformazione geografica la cui tendenza alla connessione onnilaterale «doveva solo essere accelerata dal commercio, affinché anche ai popoli e agli Stati fosse assicurata la loro comunità storica»162. Al maggior approfondimento delle differenziazioni interne dell'india in generale e del Deccan in particolare si accompagna una consapevolezza maggiore della sua apertura al mondo, attraverso il commercio, le migrazioni, le conquiste e le colonizzazioni. Questa attenzione, che riguarda tanto il passato più lontano quanto lo spazio futuro di unificazione che pure costituisce l'oggetto della Erdkunde rende l'idea dell'insularità dell'India non più sostenibile. In questo senso il rapporto con l'Africa si delinea ora come un rapporto di fondamentale opposizione: «il mondo tropicale indiano è sullo stesso parallelo dell'Africa ma con rapporti mediati, forme di paesaggio eccetera, per cui è stato da millenni accessibile ai popoli e alle culture»163. Per quanto riguarda la suddivisione ulteriore del «triangolo» del Deccan si tratta di considerare non solo gli spazi nelle loro distanze o rapporti quantitativi ma di stabilire una connessione tra la

162 C. Ritter, Erdkunde, II ed, cit., pp. 652-53. [«Wie durchbrochen ist dagegen in der Atlantischen Halbinsel West-Europas auf kleinstem Raume die Oberfläche der Länder nach den verschiedensten Richtungen von den schiffbaren Stromsysteme, die allen Meeren und Golfen zueilen konnten, weil überall diese sie aus ihren Tiefen hervorlockten, weil überall die Gebirgssysteme nach verschiedensten Directionen, selbst die gröβten wie die Pyrenäen, Cevennen, Alpen, und ihre Anlagerungen isolirt liegen, zwischen sich groβe Lücken und tiefe Thäler und Ebenen zum Durchzuge der Gewässer, wie der Lüfte, der Floren, der Faunen, der Völker und der Culturen frei lieβen, so daβ frühzeitig ein Ineinandergreifen aller Natur- und Völkerverhältnisse dadurch vorbereitet war, und nur die Wegbahnung den Verkehr zu beschleunigen brauchte, um auch den Völkern und Staaten ihre historische Gemeinschaft zu sichern»]. 163 Ivi, p. 425. [«Die Tropenwelt, welche hier mit dem centralen, trocknen, dürren, sonnengebrannten, äthiopischen Afrika zwar in gleichen Parallelen liegt, doch keineswegs eine Unnahbarkeit wie dort bedingt, sondern vielmehr durch Wasserumgebung, Künstenströmung, Windsysteme, Thalbildungen und Berghöhen gekühlt und umfächelt, in allen Theilen und Verhältnissen gemildert und seit Jahrtausenden für die Völker und ihre Culturen zugänglich erscheint»]. 120 conformazione geografica e la distribuzione e ciò che riempie lo spazio, i prodotti minerali, vegetali, animali e umani.

A una prima panoramica delle suddivisioni geografiche macroscopiche, segue un resoconto della storia delle conoscenze geografiche relative all'India che diventa a tutti gli effetti parte della geografia storica e della storia stessa della penisola. Gli esploratori fin dall'antichità, scrive Ritter, sono stati impressionati dalla molteplicità e dalla ricchezza della terra indiana. A causa di questa grande varietà, non meno che della loro attitudine poco scientifica, essi hanno dato dell'India una rappresentazione sempre parziale, sempre limitata al particolare punto di vista a partire dal quale guardavano alla ricca natura indiana. Da ciò risultavano solo un insieme di descrizioni parziali senza nessuna connessione interna. Ci sono voluti secoli prima che questo insieme disorganico di informazioni potesse essere sostituito da una rappresentazione complessiva dell'intera regione [Ländergebiet]. Questa si deve, soprattutto, alla determinazione astronomica che avviene poco prima della stesura della Erdkunde, alla misurazione dei meridiani e al rilevamento topografico della regione164: cioè a una serie di progressi tecnici che hanno consentito di misurare le dimensioni e delinearne in maniera precisa i contorni, cosa che ha conferito all'India la sua consistenza unitaria. Ritter non nega, dunque, il progresso che deriva dalle misurazioni e dai rilevamenti cartografici e li considera come base irrinunciabile

164 Il progetto del «Great Trigonometrical Indian Survey» comincia ufficialmente nel 1802 e si inserisce nel progetto di dominazione territoriale che cominciava allora ad essere messo in atto e che porterà all'Impero dell'epoca vittoriana. Artefice di questa prima fase del progetto era la East Indian Company che inizialmente aveva previsto che il rilevamento topografico dell'India sarebbe durato solo 5 anni ma in realtà ne durò più di 60: fu terminato nel 1866, cioè dopo che nel 1858 la Compagnia aveva consegnato il potere alla corona. Vista la grandezza del continente i rilevatori non misurarono tutto il territorio ma crearono delle catene di rilevamenti da nord a sud e da est a ovest. L'obiettivo dell'impresa era anche quello di unificare i sistemi di misurazione: perciò il survey doveva soppiantare una serie di altre carte e mappe che erano state costruite secondo altri metodi e altre misure. Anche grazie alle carte geografiche che vengono pubblicate accanto a esso si comincia a costruire l'idea dell'India come continente, come entità a sé stante, come unità, come Ritter rileva. L'India britannica era un'entità arbitraria, che fu naturalizzata dagli inglesi come un'entità geografica costante, senza tempo, «naturale», uniforme. E poi come uno Stato e poi come una nazione culturale. Un'espressione di quella «violenza epistemica» che è stata accompagnata alla dominazione militare, politica ed economica nelle recenti interpretazioni del colonialismo. Lo spazio è rappresentato come vuoto, disponibile all'elaborazione scientifica, alla suddivisione, all'amministrazione degli inglesi, forti della loro superiorità scientifica. Su questo si veda M. Edney, Mapping an Empire, Chicago, Chicago University Press, 1997. 121 della conoscenza geografica: prima di essi, non è nemmeno possibile parlare in senso proprio di un mondo indiano. In questo, determinante è ovviamente lo sviluppo della cartografia, che non riguarda evidentemente solo la delineazione dei confini esterni di una parte della terra. Nelle carte vengono riportate misurazioni, informazioni geognostiche, botaniche e climatiche che contribuiscono a comunicare la sua conformazione naturale. Nondimeno, tale misurazione e rappresentazione non

è sufficiente, secondo Ritter, alla conoscenza geografica a meno che non sia completata da uno studio della sua conformazione plastica che, come si è visto, offre un'idea del rapporto tra gli elementi che riempiono lo spazio più ricca di una sua suddivisione geometrica165.

La storia della conoscenza geografica dell'India che Ritter costruisce è anche una storia delle sue esplorazioni che hanno avuto differenti gradi di curiosità geografica e di spirito scientifico nei confronti della terra esplorata. Si tratta dunque di proporre

«di tratteggiare brevemente la storia dei rapporti generali e locali del mondo indiano, secondo i momenti geografici più importanti del passato»166. Si tratta di una conoscenza funzionale alla comprensione dei rapporti geografici del presente.

Ancora una volta è determinante lo studio delle denominazioni non tanto dei prodotti quanto dei luoghi, per la storia geografica che Ritter propone167. Egli ricostruisce così la storia della scoperta dell'India da Alessandro Magno ai suoi successori nel periodo greco-romano, nel Medioevo attraverso i domini e le

165 Cfr. F. Farinelli, La crisi della ragione cartografica, Torino, Einaudi, 2009, in particolare la prima parte, La mappa, il territorio, lo Stato, pp. 6-116. 166 C. Ritter, Erdkunde, vol. 4, 2 ed., cit., p. 435. Si ripensi alla distinzione tra eventi [Begebenheit] e luoghi [Örtlichkeit] e alla novità che il concetto di «momenti geografici del passato [geographische Moment der Vergangenheit]» introduce: la storia geografia diventa un'ulteriore elemento di insersezione tra geografia e storia. Questa trattazione deve «precedere le comunicazioni circa i rapporti geografici del presente perché contribuisce alla loro comprensione»; inoltre non si tratta, scrive Ritter, di fare nuove ricerche ma di basarsi su alcune fonti fidate che cita, cioè William Jones, Robertson, Heeren, A. W. von Schlegel, C. Lassen, F. Bopp, P. v. Bohlen e altri. 167 Per fare un esempio del tipo di indagine e delle fonti utilizzate: breve riassunto delle denominazioni geografiche dell'India antica secondo le fonti portoghesi con le indicazioni dei greci e dei romani del tempo antico, con alcune moderne trasformazioni dei nomi e delle denominazioni; tra le fonti Ritter prende in considerazione anche la letteratura sanscrita per quanto riguarda l'antica geografia dell'India. In particolare, tra questa il più importante è il Puranas, cioè il capitolo geografico della Bhuvanadarsa. 122 occupazioni di persiani, arabi, mongoli, turchi, afgani fino ai «trasferimenti

[Übersiedlungen]» europei a partire dalla creazione di basi commerciali da parte dei portoghesi fino alla colonizzazione inglese.

L'India è stato per lungo tempo, come scrive Ritter citando Schlegel, una «terra della meraviglia [Heimat der Wunder]»168. Questa meraviglia avvolta nel mistero viene dapprima intaccata attraverso la pulsione al commercio che arriva ai confini e alle coste indiane: le vie commerciali via terra prima che via mare sono le prime strade d'accesso alla Wunderland da parte dell'Occidente. A questa fa seguito l'ambizione di conquista, spesso stimolata dagli interessi commerciali. Al commercio e alla conquista segue il desiderio di sapere che alla fine ha portato alla conoscenza esatta del paese. Si delinea da subito una stretta connessione, che raggiungerà il suo apice con la colonizzazione inglese, tra conquista e conoscenza geografica. La colonizzazione britannica, una conquista che si inserisce in una lunghissima serie di conquiste169 e si presenta semplicemente come uno dei naturali spostamenti e trasferimenti di popolazione che caratterizzano la storia geografica.

Anche se la conoscenza scientifica dell'India è recente, essa è nota all'Occidente da secoli grazie ai sui prodotti170. Lo studio dei prodotti costituisce uno degli elementi di differenza determinante tra la prima edizione e la seconda, in cui entra a tutti gli effetti nella geografia storica della penisola. Grazie allo studio dei nomi e attraverso il metodo filologico una molteplicità di prodotti europei possono essere riconosciuti come originariamente indiani. I nomi diventano così come dei monumenti che consentono di elaborare ipotesi sulla situazione antica della loro terra d'origine171. La

168 C. Ritter, Erdkunde, vol. IV, 2 ed., cit., p. 435. 169 Nella prima edizione Ritter definisce l'India una «terra di conquista» esattamente come farà Hegel nelle sue lezioni. Quest'ultimo riprende anche la nozione schlegeliana di Heimat der Wurde, in senso polemico e criticando l'esaltazione che i romantici facevano dell'India. Cfr. G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., pp. 119-146; sulla rappresentazione hegeliana dell'India si veda R. Guha, La storia ai limiti della storia del mondo, Milano, Sansoni, 2003. 170 A sostegno dell'antichità del commercio tra l'India e il mondo occidentale, Ritter cita Heeren, Robertson e Jones, nonché, ancora una volta, le testimonianze derivate dallo studio del sanscrito. Cita a questo proposito l'esempio del cotone, dello stagno, del pepe, zucchero. 171 La lingua come monumento è un topos del discorso della nuova filologia. Poco dopo, Ritter fa riferimento a Schlegel e al suo debito nei suoi confronti. 123 ricerca linguistica è, dunque, indispensabile perché apre delle strade di grande importanza per indagare il significato etnografico dell'India  un significato che, scrive Ritter, il paese non ha mai perso fin dall'inizio dei tempi, cioè dall'inizio della

Weltgeschichte e che anzi nel presente è addirittura accresciuto. Un significato che promette solo di essere accresciuto dal fatto che una nuova vita, rispetto a quella originaria, sta per sorgere fondendosi con quella tradizionale172. Ritter ricostruisce così le più antiche conoscenze dell'India che si incrociano con la storia delle innumerevoli conquiste a cui l'India fu sottoposta, ciascuna delle quali corrispose a una sorta di nuova scoperta. Ritter fa cominciare la sua storia geografica da

Alessandro Magno, poi prosegue con la dominazione Seleucita, Battriana e dei

Tolomei. Una seconda ondata di scoperta dell'India avviene dall'esterno, in particolare della terra dell'Indo e del Gange venne fatta dal sultano Mahmud che conquista e distrugge il carattere originariamente braminico delle terre dell'Indo e del Gange e in seguito ondate di scoperta da parte di popoli moamettiani provenienti dall'Occidente asiatico, che dà avvio all'era mussulmana dell'India. Si susseguono cinque dinastie che Ritter descrive in maniera naturalistica: queste dinastie mussulmane si depositano sull'India come uno strato di roccia alluvionale più recente sulla stratificazione già esistente nella società indiana e inseriscono un'ulteriore casta al di sopra dei Bramini, che comunque rimangono benché non più all'apice della struttura sociale. Un ulteriore grande passaggio avviene nel XVI secolo: con la conquista da parte del sultano Babur che fonda il grande impero

Moghul, all'inizio del XVI secolo. L'impero del gran Moghul produce l'unificazione amministrativa e militare dell'India: l'India viene suddivisa in provincie

[Verwaltungsprovinzen], in sanscrito Subahs, rispettando la loro conformazione naturale. Questa unificazione si realizza già in partenza attraverso una progressiva colonizzazione del Deccan e all'espansione di relazioni commerciali. L'unificazione

172 Il commercio era per lo più condotto da stranieri che prelevavano le loro merci in India e le portavano nei loro paesi, ma non esclusivamente: esisteva anche un commercio condotto da indiani che andavano negli altri paesi a vendere i prodotti, purché non fossero della casta superiore. Ritter sottolinea a più riprese come il commercio non riguarda semplicemente uno scambio di prodotti, ma porta con sé anche una diffusione di usi indiani e di idee religiose. 124 avviene secondo una strategia non dissimile dal cosiddetto «double government» inglese: i capi militari presenti venivano sconfitti militarmente e poi veniva loro affidato il governo della provincia.

Per rendere conto della complessità etnografica dell'India, Ritter si sofferma anche sugli antichi insediamenti di Ebrei, Cristiani, Parsi e Abissini presenti soprattutto nella parte meridionale dell'India fin dai primi secoli dopo Cristo. Inoltre vengono descritte le numerose colonie che, fin dal Medioevo, sono presenti lungo le coste indiane: colonie cinesi, malesi, armene e abissine. Si tratta, tuttavia, di una colonizzazione effimera e tendenzialmente violenta: gli abitanti originari delle coste, per difendersi, si ritiravano semplicemente nell'interno e lasciavano ai nuovi arrivati le zone costiere. Con l'arrivo dei portoghesi, si introduce un nuovo tipo di colonizzazione meno effimera173. Al posto dei portoghesi, subentrano dunque gli

Olandesi come dominatori del mare e come nazione commerciale, a partire dalla fine del XVI secolo, meglio organizzati attraverso la Compagnia Olandese delle Indie

Orientali, fondata nel 1602. L'esplorazione dei territori asiatici e le conoscenze geografiche dei luoghi occupati fu stimolata, però, dagli olandesi tanto poco quanto lo fu dai portoghesi. Anche i portoghesi, infatti, avevano contribuito in maniera minima alle conoscenze geografiche: non avevano condotto esplorazioni al di là delle coste, non avevano prodotto alcun rilevamento e cercato di individuare le coordinate spaziali dei luoghi [Ortsbestimmung], né studiato il linguaggio o la storia naturale.

Un'eccezione è la descrizione dell'India di De Barros, importante per la comprensione storica della situazione di allora dei luoghi e dei regni, ma comprende solo elenchi di nomi, di luoghi e dei loro dominatori. Nessuna considerazione del rapporto tra gli elementi vigenti in India è studiato dai portoghesi. Solo gli inglesi si dedicano un'esplorazione più approfondita della penisola, dovuta al passaggio a un tipo nuovo di colonizzazione che implica non solo lo stabilire basi commerciali ma la presa di possesso e il dominio del territorio. Al fine di esercitare il controllo e il

125 dominio, essi procedono a una misurazione della penisola e a un'esplorazione finalizzata alla conoscenza scientifica.

Dopo questa descrizione storico-geografica, Ritter si dedica alla delineazione della parte meridionale dell'India, cioè il Deccan. Per quanto riguarda la suddivisione geografica del Deccan, si distinguono nella penisola l'altopiano centrale, le due catene montuose degli Chats orientali e occidentali e le zone costiere, cioè la costa occidentale del Malabar e la costa orientale del Coromandel. Inizialmente Ritter descrive la catena occidentale e la costa del Malabar174, poi prosegue descrivendo il

Coromandel e successivamente l'interno175. Prendiamo come esempio inizialmente la trattazione della lunga costa del Malabar. Essa viene distinta in tre sezione: settentrionale, centrale e meridionale. Il primo terzo è la regione di Bombay e Concan fino a Canara. Qui a distinguere le regioni di questo terzo superiore sono rapporti naturali ed etnografici che hanno come centro le vie di comunicazione, i passaggi che solcano questa presunta omogeneità della zona costiera: si tratta delle strade che costeggiano il mare e dei passi di montagna. Poi Ritter procede a distinguere il terzo di mezzo da Bedjapur fino a Mysore. Infine il terzo meridionale, composto dalla costa del Malabar. In ciascuna di queste sezioni Ritter individua delle distinzione che hanno alla base le vie di comunicazione siano esse strade, fiumi o passi di montagna.

Montagne e fiumi sono ancora elementi fondamentali di discrimine tra zone differenti, ma non tanto come confini quanto come vie di comunicazione e di passaggio. Essi sono momenti non solo di divisione ma di connessione o baricentri di insediamenti o cause di differenziazione. Ad esempio, la popolazione dell'altopiano del Deccan è divisa in cinque nazioni, i Maratti, i Telingas, i Canaras, i Goands e i

Tamulis, la cui sede è stata divisa da fiumi, boschi, montagne, dalla carenza di strade che ha impedito qualsiasi comunicazione tra loro per lungo tempo. A questi si

174 C. Ritter, Erdkunde, vol. IV, 2 ed., cit., pp. 655-1046. 175 La descrizione procede dalle coste del Malabar fino al capo Comorin per poi soffermarsi sull'Isola di Ceylon e risalire la costa del Coromandel. Una volta tratteggiato il contorno nelle sue caratteristiche storiche, geografiche e antropologiche, Ritter si dedica alla descrizione dell'altopiano interno.

126 aggiungono i Banjaras che giocano un ruolo molto particolare. La difficoltà di comunicazione tra queste popolazioni e le incertezze dei raccolti dovute alle piogge periodiche e al cattivo raccolto aveva reso necessario un reciproco collegamento tra i diversi Stati del Deccan. Per evitare la carestia si presentavano due possibilità: l'emigrazione o l'accumulazione di grano. I Banjaras da secoli provvedono al trasporto del grano tra i vari insediamenti del Deccan, una funzione che continua a essere affidata loro anche dai sovrani inglesi. Da questa suddivisione etnografica emerge che i veri confini sono le assenze di comunicazione, come era già chiaro dalla descrizione di un'India insulare nella prima edizione.

Il rapporto tra la popolazione e il territorio non è però statico ma dinamico, come dimostra la storia dell'India come storia di invasioni e di colonizzazioni176. E le configurazioni locali dei tratti determinanti che rendono un luogo un sistema a sé vanno stabilite di volta in volta: per questo la distinzione in Naturgebiet o

Ländersysteme non è sempre omogenea. A volte si tratta della zona circostante una città, come nel terzo superiore degli Chats nord-occidentali che ruota attorno a

Bombay; a volte si tratta di terre accomunate da uno stesso dominio politico come nel caso delle terre sotto il dominio dei Maratti che vengono trattate in quanto tali come unitarie; a volte si tratta di sistemi fluviali, come nel caso dei bacini dell'India settentrionale dell'Indo e del Gange che costituiscono il baricentro di insediamenti e civiltà. Nel tentativo di suddividere e trovare delle distinzioni non estrinseche si intersecano molti fattori diversi. Come si è visto, la distinzione fondamentale è tra

India settentrionale e meridionale, prima, e tra zona montuosa, altopiano e zona costiera pianeggiante. La conformazione plastica è la prima caratteristica rilevante per la descrizione del luogo. In seguito viene considerato come questa conformazione si specifica per quanto riguarda il terreno e il clima e come questi influenzano i

176 Qui si ha sicuramente una storicizzazione dello spazio che poggia anche su una concezione lasca del legame tra territorio e popolo, ma anche una naturalizzazione della storia, che finora non è stata sottolineata: come dimostra il paragone dell'invasione mussulmana che introduce una nuova casta di guerrieri al di sopra dei bramini con gli strati alluvionali, la conquista dell'India da parte degli inglesi fa del tutto parte della natura delle cose e del movimento necessario. In altre parole, l'India che assume una sua consistenza unitaria solo grazie alla conoscenza geografica inglese non è di chi la abita, ma di chi la governa nella maniera migliore. 127 prodotti regionali e l'agricoltura nonché l'organizzazione economico-sociale dei popoli che la abitano. Tanto i prodotti quanto i popoli sono studiati nel loro potenziale movimento, presente, passato e futuro. Le condizioni geografiche sembrano costituire la base non tanto di un'influenza deterministica sui popoli ma porre delle condizioni appunto al loro sviluppo storico.

Il nocciolo di questa impresa consiste nella messa in discussione della possibilità di considerare lo spazio geografico nella sua pienezza a partire da una serie di confini lineari, di qualsiasi tipo essi siano. Tanto i confini naturali quanto quelli artificiali sono delle forme di ordinamento dello spazio geografico estrinseche e, dunque, arbitrarie. L'Erdkunde, al contrario, mira al riconoscimento di un'oggettività geografica di tipo differente, che si fonda su rapporti interni tra le porzioni della superficie terrestre, collocando idealmente ogni spazio all'interno della totalità terrestre. Della geografia pura la Erdkunde abbraccia la prospettiva universalistica, cioè la pretesa di costruire un sapere che abbia la Terra nel suo complesso come oggetto. Per Ritter, tuttavia, le distinzioni interne a questo spazio universale non dipendono esclusivamente da fattori naturali. Per essere comprese, devono essere riconosciuti quei processi di differenziazione e unificazione che sono storici, sia perché si dispiegano nel tempo, sia perché l'uomo nel suo rapporto con la natura vi gioca un ruolo decisivo. L'indagine della Erdkunde mira, dunque, a individuare quelle unità geografiche, di scale differenti, che sono tali in quanto caratterizzate da un insieme di relazioni interne che legano gli elementi che le riempiono conferendo loro specifiche caratteristiche. In questo modo, l'opzione contenuta nella Erdkunde è quella di uno spazio sì universale ma non vuoto. Essa, infatti, è innanzitutto una

«dottrina dei rapporti [Verhältnislehre]» tra lo spazio naturale e ciò che lo riempie, la vegetazione, gli animali e, soprattutto, l'uomo, cioè lo studio del «rapporto tra natura e storia, tra patria e popolo e, in generale, tra il singolo uomo e la totalità terrestre»177.

177 C. Ritter, Die Erdkunde, vol. I, 2 ed., cit., p. 21. [«Das Verhältnis der Natur zur Geschichte, des Vaterlandes zum Volke, und überhaupt des einzelnen Menschen zum Erdganzen»]. 128

In questa prospettiva, le suddivisioni statali non solo sono uno tra i molteplici fattori che producono differenziazioni nello spazio, ma sono anche valutate e considerate non a partire dal confine ma a partire dal rapporto tra gli elementi dell'individualità in questione. La costruzione di questa dottrina dei rapporti si scontra con una serie di problemi teorici relativi alla dimostrazione dell'individualità di determinati assetti storico-geografici, pur partendo da una prospettiva globale che potenzialmente mette in scacco le stabili differenziazioni interne allo spazio e pur considerando non solo la stabilità di ciò che riempie lo spazio ma soprattutto i suoi movimenti. Lo spazio terrestre che ne risulta può a ragione essere definito uno

«spazio dinamico» perché è sì il «contenitore» all'interno di cui si dispongono i popoli, gli insediamenti, i prodotti naturali, ma è, nello stesso tempo, soggetto alle trasformazioni esercitate da questi. Non considerando lo spazio indipendentemente dai movimenti di ciò che lo riempie, cioè che ne risulta è sia, visto il punto di partenza universalistico e l'aspirazione sistematica, una concezione universale dello spazio terrestre; sia una dinamicità dello spazio, nella misura in cui questo è definito, delimitato ma anche unificato dagli elementi che lo attraversano.

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Capitolo III

ERNST KAPP: LA ERDKUNDE FILOSOFICA

Come si è detto nel primo capitolo, alla morte di Carl Ritter la commissione incaricata di scegliere il suo successore non riesce a individuare nessuno che sia adatto a ricoprire la sua cattedra di Ritter all'Università di Berlino. Si tratta di un caso che ha certamente a che fare con l'eccezionalità della figura dell'Autore della

Erdkunde che riesce, grazie all'ampiezza dei suoi contatti e grazie al suo smisurato spirito sistematico, a dare senso alla sua posizione all'interno dell'Università. Solo negli anni '70 ad Heinrich Kiepert, che si è occupato principalmente di cartografia storica, viene affidata la cattedra di Ritter. Si tratta di una scelta poco audace e nel segno di una geografia ancora intesa come scienza ausiliaria rispetto alla storia. Solo a partire dagli anni '80 sarà promosso un consistente inserimento di cattedre di geografia con una parallela istituzionalizzazione della divisione tra una geografia fisica e una geografia storico-antropologica. A raccogliere in un primo tempo la novità della Erdkunde di Ritter e a svilupparne i frutti non saranno tanto geografi attivi nel mondo accademico, quanto intellettuali, spesso non solo geografi, che si muovono tra l'insegnamento superiore e la pubblicistica. È questo il caso di Ernst

Kapp, insegnante di ginnasio all'epoca della prima pubblicazione della sua

Philosophische Erdkunde, in cui combina un'attenta lettura dell'opera ritteriana con un impianto filosofico ispirato al sistema hegeliano. Costretto a emigrare dopo il 1848 per le sue posizioni progressiste, Kapp si stabilisce in Texas fino al 1865. Al suo ritorno è attivo come istitutore privato a Düsseldorf e pubblica la seconda edizione della sua opera, nonché la prima opera di «filosofia della tecnica»1. Eccentrico rispetto a qualsiasi scuola ottocentesca, ha la capacità di mescolare apporti e temi che non solo costituiscono un'anticipazione della futura scuola della Culturgeographie

1 E. Kapp, Grundlinien einer Philosophie der Technik, Braunschweig, G. Westermann, 1877. 131 ratzeliana ma che consentono anche di ottenere una prospettiva «spaziale» sui dibattiti pubblici sulla costituzione della nazione tedesca e sulla sua espansione mondiale così come si configurano nel corso anni '40. Quanto alla sua specifica geografia, Kapp coglie la novità della «dottrina dei rapporti» ritteriana e della nuova concezione dello spazio come spazio storico2.

1. Ricostruzione biografica

Ernst Kapp nasce a Ludwigstadt nell'Oberfranken Bavarese nel 1808, come più giovane di sei figli3. Rimasto orfano viene accolto in casa Helfreich dove studia con un istitutore privato insieme a uno dei figli. Nel 1818, all'età di dieci anni, Kapp entra nella scuola pestalozziana a Würzburg, di cui il fratello maggior Friedrich è direttore.

Sia Friedrich4, padre dell'omonimo Friedrich Kapp che diventerà un giornalista e politico di rilievo, sia il fratello Christian Kapp, filosofo e politico, sono intellettuali

2 La letteratura secondaria su Ernst Kapp è molto scarsa e si concentra in particolare sulla filosofia della tecnica, che è considerata l'opera più originale e perché anticipa contributi più famosi pubblicati alla fine del XIX e nel XX secolo. Per quanto riguarda la Philosophische Erdkunde viene spesso considerata un'opera di passaggio, ovvero una premessa per la filosofia della tecnica (ad esempio in E. Korte, Kulturphilosophie und Anthropologie. Zum geistesgeschichtlichen Hintergrund Ernst Kapps, Hamburg, Kovac, 1992 e H. Leinenbach, Die Korperlichkeit der Technik: Zur Organprojektionstheorie Ernst Kapps, Essen, Verlag Die Blaue Eule, 1990). L'unico critico che in qualche modo ne propone un collegamento con le opere successive e considera dunque l'opera kappiana nel suo complesso è Hans- Martin Sass, il quale ne dà un'interpretazione più storico-filosofica che geografica, con particolare attenzione al rapporto con Hegel (Cfr. H.-M. Sass, A Hegelian in Southwest Texas, in «Owl of Minerva», vol. 9, n. 2, 1977, pp. 5-7; Id., Die philosophische Erdkunde des Hegelianers Ernst Kapp, in «Hegelstudien», vol. 8, 1973, p. 163-181; Id. Einleitung, E. Kapp, Grundlinien einer Philosophie der Technik, Dusseldorf, Stern-Verlag Janssen, 1978; H.-M. Sass, Man and His Environment. Ernst Kapp's Pioneering Experience and His Philosophy of Technology and Environment, in G. E. Lich e D. B. Reeves, a cura di, German Culture in Texas, Boston, Twayne, 1980. 3 I testi a cui faremo riferimento per questa ricostruzione sono i seguenti: V. Hantsch, Ernst Kapp, in «Allgemeine Deutsche Biographie», Berlin, 1970, p. 31-33; D. Poeck, Minden im Jahre 1848, in «Mitteilungen des Mindener Geschichtsvereins», 44, 1972, p. 51-78; K. Klotzbach, Wagenspur nach Westen. Deutsche Pioniere in Texas, Göttingen, Fischer, 1974; Id., Ernst Kapp, der Gründer der "Lateinischen Kolonie" Sisterdale, in «Mitteilungen des Mindener Geschichtsvereins», p. 21-39; S. W. Geiser, Dr. Ernst Kapp. Early geographer in Texas, in «Field and Laboratory», Dallas, 1932, pp.16-31; Id., Chronology of Dr. E. Kapp, in «Southwestern Historical Quarterly», n. 50, 1946, pp. 297-300. 4 Friedrich Kapp scrive nel 1835, mentre è direttore del ginnasio di Hamm, un'opera che viene pubblicata dalla Verlag von Ferdinand Etzmann a Minden dal titolo Georg Wilhelm Friedrich Hegel als Gymnasial-Rektor oder die Höhe der Gymnasialbildung unserer Zeit. 132 che contribuiscono a creare intorno a Kapp un ambiente fertile per dedicarsi allo studio5.. La scuola pestalozziana era stata fondata da Maximilian Lerchenfeld (1778-

1843), amministratore liberale e più tardi ministro a Vienna. Nel 1820 la scuola viene chiusa a causa della torsione reazionaria della politica prussiana. Il fratello Friedrich si trasferisce allora a Hamm in Westfalia dove diventa direttore del Ginnasio. Ernst lo segue e nel 1820 comincia a frequentare il Ginnasio di Hamm, in cui ottiene il diploma di maturità quattro anni più tardi. Finito il ginnasio si iscrive alla facoltà di filologia classica dell'Università di Bonn dove nel 1828 si laurea con una tesi dal titolo

«De re navali Atheniensium». Dal 1828 al 1830 insegna al Ginnasio diretto dal fratello

Friedrich e dopo aver superato l'anno di prova e l'esame di Stato come insegnante superiore [Oberlehrer] viene assunto al Ginnasio di Minden. Kapp insegna qui dal

1830 al 1849. Negli ultimi anni diventa «Erster Oberlehrer» e «Prorektor» e poi viene nominato «Professor». Durante la sua attività a Hamm e Minden, Kapp si interessa di filosofia, storia e geografia. Legge in questo periodo l'opera di Carl Ritter e di Hegel.

Nel 1831 pubblica Beitrag zur Begründung eines sicheren Ganges des geschichtlich- geographischen Unterrichts, mit besonderer Rücksicht auf die untere

Gymnasialbildungsstufe6. Professore nel ginnasio di Minden, nel 1833 scrive Einheit des geschichtlich-geographischen Schulunterrichts7; Hellas, historische Bilder: für den

Jugendunterricht8 e i Leitfaden beim ersten Schulunterricht in der Geschichte und

Geographie9. A parte Hellas, gli altre tre scritti trattano della necessità di unire la storia e la geografia come materie di insegnamento in quanto sono l'una la base dell'altra.

Già qui è evidente l'interesse per il problema pedagogico, influenzato probabilmente

data l'insistenza sull'Anscuahuung come strumento di insegnamento dal metodo pestalozziano di cui Kapp aveva fatto esperienza a scuola, nonché dalla sua attività

5 Un altro fratello, Alexander Kapp, diventerà in seguito direttore del ginnasio di Soest. Come si vedrà sarà lui a curare la quinta edizione (nel 1851) del saggio Leitfaden beim ersten Schulunterricht in der Geschichte und Geographie, scrivendone una prefazione in cui riassume i capisaldi della teoria storico- geografica del fratello. 6 E. Kapp, Beitrag zur Begründung eines sicheren Ganges des geschichtlich-geographischen Unterrichts, mit besonderer Rücksicht auf die untere Gymnasialbildungsstufe, Minden, Eβmann, 1831. 7 Id., Einheit des geschichtlich-geographischen Schulunterrichts, Minden, Eβmann, 1833. 8 Id., Hellas, historische Bilder: für den Jugendunterricht, Minden, Eβmann, 1833. 9 Id., Leitfaden beim ersten Schulunterricht in der Geschichte und Geographie, Minden, Eβmann, 1835. 133 di insegnante. Questo stesso interesse si manifesta anche in una serie di scritti sulla scienza chiamata «idratica» a cui si dedica negli anni '40. Nel 1840 pubblica su «Der

Wasserfreund» l'articolo dal titolo Das pädagogische Element in der Hydratik10. Il tema dell'idratica sarà l'oggetto di altri due scritti: nel 1847 nel «Telegraph für

Deutschland» pubblica il primo saggio su Johann Heinrich Rausse: J.H. Rausse und die wissenschaftlichen Begründung der Hydratik11. Una rielaborazione di questo viene pubblicato come volume autonomo ad Amburgo nel 1850, con il titolo J. H. Rausse, der Reformator der Wasserheilkunde12. Nella prefazione a quest'opera, che Kapp scrive sulla nave che lo sta portando in Texas, egli afferma enfaticamente l'importanza universale dell'elemento acquatico per la salute del singolo, per la salvezza dei rapporti sociali e politici tedeschi e per la riforma delle pratiche scientifiche della medicina.

Nel 1845, a Minden, presso Braunschweig pubblica la Philosophische oder vergleichende Erdkunde als wissenschaftliche Darlegung der Erdverhältnisse und des

Menschenlebens in ihrem Zusammenhänge in due volumi13. Nel 1848 diventa membro del «Konstitutionelle Club» di Minden il cui scopo programmatico era «di sostenere le pretese di dominio della monarchia in senso alto borghese attraverso una costituzione»14. Si tratta di una società tendenzialmente moderata, attenta a muoversi tanto contro la reazione quanto contro il pericolo «anarchico» rappresentato dai socialisti. L'attività del club, più che direttamente politica, era principalmente filantropica e aveva l'obiettivo di sostenere gli artigiani caduti in povertà. Nel 1848 il

Club pubblica una dichiarazione programmatica nella quale indica come propri

10 Id., Das pädagogische Element in der Hydratik, in «Das Wasserfreund», 1840. 11 E. Kapp, Johann Heinrich Rausse: J.H. Rausse und die wissenschaftlichen Begründung der Hydratik, in «Telegraph für Deutschland», 1847. 12 Id., J. H. Rausse, der Reformator der Wasserheilkunde, Hamburg, Hoffmann und Campe, 1850. 13 Id., Philosophische oder vergleichende Erdkunde als wissenschaftliche Darlegung der Erdverhältnisse und des Menschenlebens in ihrem Zusammenhänge, 2 voll., Braunschweig, G. Westermann, 1845. La seconda edizione sarà pubblicata da Kapp con poche modifiche nel 1868: Vergleichende allgemeine Erdkudne in wissenschaftlicher Darstellung, Braunschweig, G. Westermann, 1868. 14 D. Poeck, Minden im Jahre 1848, cit., p. 60. [«Besser kann man kaum beschreiben, was den Constitutionellen Club antrieb: Bewahrung und Befestigung der überkommenden Ordnung, wobei die Herrschaftsansprüche der Monarchie im groβbürgerlichen Sinne durch eine Konstitution aufgefangen werden sollten»]. 134 obiettivi «il risveglio del vero senso costituzionale in tutto il popolo» e il

«ristabilimento della fiducia necessaria per la promozione del lavoro e delle attività imprenditoriali»15. Nella città di Minden, continua la dichiarazione, agli artigiani doveva essere dato un anticipo, sotto determinate condizioni, sulle merci prodotte e, in generale, bisognava sostenerli in maniera più decisa16. A parte le numerose dichiarazioni di intenti, non ci sono molte tracce dell'effettiva attività del Club.

Sicuramente però, come si vedrà in seguito, tanto il problema costituzionale quanto quello del lavoro e della sua integrazione sociale saranno temi centrali nella riflessione politica di Kapp. Tra i componenti del club, Kapp viene proposto come possibile candidato al Parlamento di Francoforte, anche se la cosa non va in porto, mentre il fratello Christian diventerà membro dell'Assemblea Nazionale. Nel 1849

Kapp pubblica un libello politico dal titolo Der constituierte Despotismus und die konstituionelle Freiheit17 che contiene, come si vedrà, una forte critica alla burocrazia dello Stato-macchina prussiano e a tutte quelle istituzioni che limitano il movimento interno al corpo dello Stato, provocando così la sua malattia. Contro queste istituzioni amministrative, politiche e sociali che mettono in discussione la salute dello Stato, Kapp non solo definisce la riforma come parte integrante della costituzione, in quanto meccanismo metabolico che ne garantisce la sincronia con lo spirito del popolo, ma afferma che la rivoluzione può essere il solo mezzo necessario

15 Citato in D. Poeck, Minden im Jahre 1848, cit., p. 51. [«Erwecken und Belebung des wahren constitutionellen Sinns im ganzen Volke; Wiederherstellung des Vertrauens zur Beförderung der Arbeit und Gewerbsthätigkeit»]. 16 Cfr. D. Poeck, Minden im Jahr 1848, cit., p. 52. Le leggi sulla libertà di mestiere del 1810-11 in Prussia e poi diffusesi nel resto della Germania avevano dato inizio a una profonda trasformazione degli assetti tradizionali della forza lavoro che doveva progressivamente erodere la professione artigianale. Il periodo che va dal 1815 al 1848 è sì un periodo di crescita economica, se si escludono gli anni '45-47 ma è anche un periodo di proletarizzazione di larghi strati della società. Da qui deriva l'offerta di lavoro maggiore del necessario tanto nelle campagne quanto nelle città che veniva visto come un problema di sovrappopolazione ma era in realtà dovuto all'inizio della trasformazione in senso capitalistico dell'economia Su questo si veda W. Conze, a cura di, Die Protokolle des Volkswirtschaftlichen Ausschusses der deutschen Nationalversammlung 1848/49, Boppart am Rhein, Boldt, 1992. Su questo si veda anche E. Pankoke, Sociale Bewegung, sociale Frage, sociale Politik. Grundfragen der deutschen Socialwissenschaft im 19. Jahrhundert, Stuttgart, E. Klett, 1970 e W. Conze, Vom Pöbel zum Proletariat, Stuttgart, Steiner, 1954. 17 E. Kapp, Der constituierte Despotismus und die konstituionelle Freiheit, Hamburg, Hoffman und Campe, 1849. 135 per curare uno Stato malato. A causa di questo scritto viene sospeso dall'insegnamento al ginnasio di Minden nel 1849 e imprigionato per un breve periodo, dopo il quale decide di partire con la famiglia alla volta degli Stati Uniti.

La scelta del luogo cade sul Texas, una meta comune per molti tedeschi, in particolare per la generazione del 184818. È in particolare a partire dalla sua dichiarazione di indipendenza dal Messico, nel 1836, che Texas diventa, grazie alla maggiore stabilità della sua situazione politica, una delle mete favorite dell'emigrazione europea e tedesca in particolare. Dopo l'indipendenza e prima dell'annessione agli Stati Uniti, inoltre, il Texas diventa oggetto di un'ampia campagna «pubblicitaria», condotta in particolare pubblicando lettere di emigranti tedeschi già stabilitisi lì, che lo descrivono come meta ideale dell'immigrazione19. Alla base di questa operazione, che fa leva principalmente sulla possibilità di appropriarsi di terre ancora inoccupate (tali erano considerate quelle abitate dagli indiani

Comanches), c'è l'idea che un gran numero di emigranti tedeschi fossero la precondizione per preparare il terreno per una futura colonia tedesca oltre oceano.

Essa avrebbe potuto aprire un nuovo mercato per le merci tedesche20 e sarebbe stata

18 Cfr. K. Klotzbach, Ernst Kapp, der Gründer der «Lateinische Kolonie» Sisterdale, cit. Sull'emigrazione tedesca in Texas si veda G. E. Lich e Dona B. Reeves, German Culture in Texas, Boston, Twayne, 1980; Rudolph L. Biesele, The History of the German Settlements in Texas, 1831-1861, Austin, Von Boeckmann- Jones, 1930; C. Wittke, Refugees of Revolution. The German Forty-Eighters in America, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1952; Adolph E. Zucker, The Forty-Eighters in America, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1952. Numerosi erano i resoconti destinati agli emigranti che contenevano anche un gran numero di descrizioni geografiche. Un esempio particolarmente celebre è Traugott Bromme Emigrants to the United States of North America, Texas, Upper and Lower Canada, New Brunswick, Nova Scotia, Saint Thomas Guatemala, and the Mosquito Coast, Beyereuth, Verlag der Buchner'schen Buchhandlung, 1848. Uno dei primi entusiasti emigranti tedeschi a descrivere il Texas è Friedrich Ernst le cui lettere a conoscenti e amici nell'Oldenburg e in Westfalia vengono pubblicate sui giornali locali, ottenendo una grande risonanza. Nel 1838, Ernst fonda una città nell'Austin County chiamata «Industry» insieme a Karl Fordtran, proveniente da Minden, la stessa città in cui lavora Kapp. Charles Sealsfield pseudonimo di Karl Anton Postl pubblica The Cabin Book un romanzo popolare sul Texas che ebbe un influsso notevole nel diffondere la conoscenza di quel paese e nell'indirizzare l'immigrazione. 19 F. Kapp, Aus und über Amerika. Tatsachen und Erlebnisse, Berlin, Springer, vol. I, pp. 297 ss. Si noti che Friedrich Kapp a New York nel 1852 è tra i fondatori di un giornale dal titolo che suona alquanto moderno «Atlantic Studies» volto a sfatare i miti sull'America e a dipingerne la dura realtà per i migranti. 20 Si poneva, tuttavia, il problema del rapporto con gli Stati Uniti, in merito, in particolare, alla possibilità di difendersi di fronte a una possibile annessione. Friedrich Kapp afferma che, mentre era 136 una valvola attraverso cui smorzare la pressione sociale21. La fondazione di una colonia o l'instaurazione di uno stabile legame commerciale erano considerati come il rimedio allo svantaggio economico che un calo della popolazione avrebbe apportato all'economia del Deutsche Bund.

A partire dalla seconda metà degli anni '30 si costituiscono nel paese numerosi insediamenti tedeschi. Nel 1841 il governo texano garantisce contratti sulla terra agli agenti che si occupano di governare l'immigrazione. Nel 1842 viene fondato il Verein zum Schutze deutscher Einwanderer in Texas, noto come Adelsverein, a Briebrich sul

Reno, vicino a Mainz. La società si prefiggeva cosiddetti «compiti filantropici» per la protezione e il sostegno degli emigranti in Texas, con tanto di agenti sia a Briebrich sia in Texas. Ad esempio, nel 1845 e 1846 la comunità di Shelby nell'Austin County viene popolata da numerose famiglie «sponsorizzate» dall'Adelsverein. La filantropia si traduceva concretamente nell'acquisto di ampi appezzamenti di terreno che poi venivano venduti in piccole porzioni ai migranti in arrivo, con un grande guadagno dell'associazione. Alcuni membri aristocratici dell'associazione si recano direttamente in Texas dove creavano piantagioni utilizzando il lavoro degli schiavi.

Vari commissari dell'Adelsverein come il principe di Solms-Braunfeld o il secondo barone di Ottfried Hans von Meusebach fondano città ed esplorano il territorio arrivando a governare su centinaia di emigranti tedeschi. Meusebach, in particolare, nel 1847 si avventura nei territori indiani stipulando un trattato con i Comanches per permettere l'insediamento di coloni tedeschi sui territori occupati indiani22. Nel 1848

in Texas, sentiva più volte l'opinione che, secondo Lord Palmerston, in contatto con molti membri dell'Adelsverein, il Texas sarebbe stato una meta perfetta per l'emigrazione tedesca e che avrebbe potuto godere, come Stato coloniale, della protezione inglese, nonché soddisfare l'interesse aristocratico-feudale data l'abbondanza di terre e contrastare la crescente potenza degli Stati Uniti. 21 «Proprio all'inizio degli anni Quaranta» scrive Friedrich Kapp «si colloca il periodo della prima agitazione politica, del primo risveglio del sentimento nazionale, della flotta tedesca e dei sogni di potenza marittina, dei desideri e della tensione in tutti gli ambiti della vita pubblica; era però anche il tempo del primo bussare del socialismo e delle prime rivolte proletarie, che improvvisamente fecero diventare la posizione della classe lavoratrice la parola del giorno e spinsero la questione sociale nel primo piano dell'interesse pubblico» (F. Kapp, Aus und über Amerika, cit. p. 247). Come si vedrà, l'opera di Kapp è riconoscibilmente il frutto di questo periodo storico di tensioni sociali e politiche. 22 Ad esempio, il famoso Henri Castro stabilisce un accordo di concessione territoriale con il governo texano per stabilire una colonia di 600 famiglie. Nel 1844 fonda la città di Castroville a ovest di 137

Stati Uniti e Messico concludono il trattato di «Guadalupe-Hidalgo» ponendo fine alle pretese messicane sul Texas e su gran parte degli Stati Uniti occidentali. Nello stesso anno i rifugiati del '48 cominciano ad arrivare in Messico. Nel 1850, quando vengono fissati i confini del Texas dal Congresso americano, i tedeschi compongono il 20% della popolazione bianca del paese.

Varie comunità di liberi pensatori vengono create nel Texas, tra cui ad esempio la città di Comfort fondata da Ernst Hermann Altgelt o la comunità di La Reunion nel

Nord del Texas fondata dai francesi Victor Considerant e Francis Cantagel ispirandosi alla filosofia socialista di Fourier. Kapp arriva nel Texas con sua moglie e quattro figli nel 1850 e si stabilisce nell'insediamento di Sisterdale nella valle del fiume Guadalupe. Qui egli costruisce insieme alla famiglia una fattoria e si dedica alla coltivazione, all'allevamento e all'idroterapia23. Quest'ultima attività mirava a curare il corpo in maniera non alloterapica ma facendo leva sulle potenzialità autorigenerative e autosviluppantesi del corpo. Nel 1853, Kapp apre uno stabilimento di idroterapia a fianco della fattoria. Inoltre nella colonia «colta» di

Sisterdale quasi ogni fattoria aveva una biblioteca ed era un'abitudine comune l'organizzare letture e discussioni tra i suoi membri24.

Nel 1853 i coloni di Sisterdale fondano il Freie Verein di cui Kapp diventa presidente.

Nello stesso anno viene fondato nel Kentucky il Bund freier Männer, un'associazione che prevedeva l'organizzazione di assemblee nazionali negli Stati dell'Unione in cui abitavano un'alta percentuale di tedeschi per coordinare il pensiero e l'attività

Sant'Antonia sul fiume Medina. Nel 1847 più di 2000 tra Francesi, Alsaziani e Tedeschi vivevano lì «on Castro's grant». Cfr. G. J. Morgenthaler, Promised Land Solms, Castro, and Sam Houston's Colonization Contracts, College Station, Texas A & M University Press, 2009. 23 Il primo stabilimento di idroterapia fu introdotto a New York nel 1843. 24 Per quanto riguarda ancora l'emigrazione negli Stati Uniti, c'è una lettera in cui Ludwig Feuerbach discute con il già nominato Friedrich Kapp, nipote di Ernst, della possibilità di emigrare lì dopo il 1850. Nella lettera di risposta Friedrich Kapp descrive nel dettaglio i problemi che Feuerbach avrebbe incontrato una volta in America. Tuttavia, dopo che nel 1852 ebbe visitato Sisterdale scrive ancora a Feuerbach consigliandogli il Texas come possibile meta: «io ho visitato lì uno zio, quello che ha scritto la Erdkunde e che ora fa con i suoi figli il fattore sul Guadalupe. Se avessi intenzione di trascorre la mia vecchiaia in maniera pia coltivando patate e allevando bestiame, allora andrei in questa parte del Texas [...] Vorrei quindi attirare la tua attenzione sul Texas nell'interesse tuo e dei figli di tuo fratello» (Citato in H.-M. Sass, Man and His Environment, cit., p. 98). 138 politica degli anglo-tedeschi. L'assemblea del Bund freier Männer in Texas viene organizzata dal Freie Verein nel novembre del 1853 con l'obiettivo di diffondere il più possibile la libertà di pensiero. Nel 1854, in occasione di un Sängerfest, viene organizzato il primo incontro di tutti i tedeschi presenti in Texas inteso come primo passo a favore della coordinazione delle attività dei tedeschi nello Stato texano25. Una lettera di invito a questo incontro, scritta da Kapp e pubblicata sulla «Neu

Braunsfelser Zeitung» (24 marzo 1854) e sulla «San Antonio Zeitung» (1 Aprile 1854) sostiene che «i recenti avvenimenti in America e in Europa mostrano la necessità di una stretta unione di tutti i tedeschi negli Stati Uniti. [...] La storia ci ha assegnato un grande compito nel processo dell'evoluzione nazionale. Le imminenti elezioni presidenziali sono la prima occasione per mettere alla prova questa unione»26. Qui si propone la creazione di una piattaforma, la cui bozza viene stesa da Kapp e dal segretario del Freie Verein Siemering, che era intesa come l'espressione della volontà pubblica dei tedeschi nel Nord America. In una lettera di Siemering di quattro settimane dopo sulla «Neu Braunsfelser Zeitung» si legge che il punto non è tanto quello di affermare la loro nazionalità, per un tornaconto materiale, né la ricerca della gloria, ma semplicemente la realizzazione dei diritti umani. Questi venivano enunciati in linea di principio nella costituzione americana e ora dovevano essere messi in pratica. Lo scopo immediato era quello di garantire l'unione dei tedeschi in

Texas per rendere possibile un'azione comune nei casi più importanti, come l'elezione del presidente, da cui dipendeva il destino della Repubblica. La piattaforma che esce dalla Convention dei tedeschi texani del 1854 contiene una serie di proposte di riforma politica, sociale e religiosa. Le prime riguardano alcune modifiche di carattere costituzionale in merito all'elezione dei deputati e dei funzionari amministrativi nonché l'eleggibilità indipendentemente dal luogo

25 R. L. Biesele, The Texas State Convention of Germans in 1854, in «Southwestern Historical Quarterly» 33, 1930, pp. 247-61. 26 Citato in R. L. Biesele, The Texas State Convention, cit., p. 249. [«The latest events in American as well as in European politics show the necessity of a close adhesion of all Germans in the United States. The moment which obligates us to place our whole intelligence and might into the balance was never nearer to us than now when the course of history has assigned us a great problem in the process of national evolution»]. 139 d'origine. Per quanto riguarda le riforme sociali «l'attuazione legislativa e l'amministrazione della giustizia hanno l'obiettivo di proteggere ed estendere i diritti dei cittadini, rispettando le richieste e lo spirito del tempo»27. Perciò chiedono un codice civile e penale comprensibile per tutti i cittadini, l'abolizione del sistema del gran jury e dell'incarcerazione per debiti, nonché una regolamentazione governativa della proprietà terriera che fosse favorevole agli immigrati e tendesse a una sua distribuzione razionale. Tra queste proposte di riforma c'è in particolare la critica alla schiavitù in quanto violazione dei diritti umani e la necessità della sua abolizione. La parte relativa alla schiavitù provoca grande discussione tra i partecipanti alla convention, trattandosi di un tema scottante e oggetto di scontro a livello nazionale.

La richiesta di abolizione della schiavitù è, infatti, l'unica cosa che non passa inosservata della Convention quando la piattaforma viene pubblicata sul giornale di

San Antonio. Le prime proteste vengono dai proprietari tedeschi di piantagioni in

Texas che si dissociano dalla Convention. Nello stesso maggio del 1854, 135 tedeschi texani firmano un articolo in cui affermano che la piattaforma uscita dalla

Convention non era in alcun modo rappresentativa dell'unità dei tedeschi in Texas. Il

Freie Verein guidato da Kapp è uno dei bersagli dell'ondata anti-tedesca che segue alla pubblicazione della piattaforma così come lo sono i giornali tedeschi che hanno ospitato articoli antischiavistici. La sede dellla «San Antonio Zeitung» diretto da

Adolph Douai viene aggredita l'anno successivo da circa duecento texani armati e costretto a chiudere i battenti. Douai viene indotto a lasciare il paese e il giornale cambia nome diventando «Texas Staatszeitung» e abbandonando qualsiasi coloritura politica fino alla guerra di secessione nel 1861. Anche il Freie Verein, soggetto a numerose pressioni, viene sciolto nel 1856.

A partire dalla fine dell'iniziativa politica, Kapp si dedica a tempo pieno alla fattoria e all'attività idroterapica. L'unica attività culturale di cui c'è traccia è una

27 Ivi, p. 90. [«Legislative enactments and the administration of justice have the object of protecting and extending the rights of the citizens, in accordance with the demands and spirit of the age»] 140 corrispondenza con alcuni membri del Smithsonian Institution, fondata nel 1846 a

Washington per la promozione della conoscenza scientifica.

Nel 1865 ritorna in Germania per una visita ai familiari, ma a causa di problemi di salute gli viene sconsigliato di imbarcarsi nuovamente alla volta del Texas. Si stabilisce così a Düsseldorf con la moglie dove si diventa Privatgelehrter. Nel frattempo vengono pubblicate più edizioni del Leitfaden beim ersten Schulunterricht in der Geschichte der Geographie, l'ultima delle quali nel 1870. I primi anni del suo ritorno

Kapp è impegnato in una revisione della sua Philosophische Erdkunde, la cui seconda edizione viene pubblicata nel 1869 a Braunschweig con il nuovo titolo Vergleichende allgemeine Erdkunde in wissenschaftlicher Darstellung. Si tratta di una revisione per lo più formale e che sintetizza notevolmente alcune parti. Il contenuto rimane, tuttavia, in gran parte uguale. Nel 1877 viene pubblicata la sua ultima opera, Grundlinien einer

Philosophie der Technik, che costituisce la prima opera di filosofia della tecnica e resterà l'opera più conosciuta di Kapp. L'ultimo articolo che scrive è Zur geographischen Litteratur pubblicato nel 1880 sui «Preussische Jahrbücher»28: una recensione del secondo volume di Die Vereinigten Staaten von Nordamerika di Friedrich

Ratzel. Muore nel 1896 a Düsseldorf.

2. Kapp lettore di Hegel e Ritter

Nell'introduzione alla Philosophische Erdkunde, Kapp dichiara di ispirarsi principalmente a due autori: Carl Ritter e Friedrich Wilhelm Hegel29. Al primo attribuisce il grande merito di avere inaugurato uno studio propriamente scientifico e sistematico della Terra, togliendo così la geografia dal ruolo marginale di disciplina ausiliaria [Hilfswissenschaft] che aveva in precedenza. Questo è stato possibile grazie

28 Sull'importanza dei «Preuβische Jahrbücher» come uno organo del nuovo corso del liberalismo tedesco degli anni '50 si veda I. Cervelli, Liberalismo e conservatorismo in Prussia. 1850-1858, Bologna, Il Mulino, 1983. 29 Kapp non cita le opere di Hegel a cui fa riferimento. L'opera che sicuramente legge e sulla quale sembra basare in gran parte il suo hegelismo sono le Lezioni sulla filosofia della storia. I passaggi sullo Stato, in particolare nello scritto Die constituirte Despotismus und die constitutionelle Freiheit, rivelano una conoscenza anche dei Lineamenti di filosofia del diritto. 141 alla principale innovazione concettuale introdotta da Ritter, cioè assumere i rapporti tra la Terra e l'uomo quale oggetto proprio della Erdkunde. Sarà dunque lo spazio nella sua storicità a interessare soprattutto Ernst Kapp nella sua rielaborazione filosofica della Erdkunde. Hegel, invece, ha per lui il merito di superare la contrapposizione razionalistica tra soggetto e oggetto in direzione di un rapporto dialettico tra spirito e natura. Il compito della Erdkunde è, dunque, quello di riconoscere la relazione intrinseca tra spirito e natura, di riconoscere l'uomo «come l'interno della natura [als das Innere der Natur]»30. La storia, infatti, consiste secondo

Kapp in una progressiva spiritualizzazione della Natura che deve essere studiata in modo storico non perché abbia in se stessa una storia ma perché è il terreno della realizzazione dello spirito. È proprio la geografia ritteriana che, considerando la natura in quanto terreno e in quanto ambiente storico, coglie, tra tutte le altre scienze fisiche, la verità del rapporto dinamico tra uomo e natura.

La Natura si trasforma nella Philosophische Erdkunde in spazio della realizzazione dello spirito nella storia che produce, contemporaneamente, una razionalizzazione della stessa natura. L'originale operazione di Kapp è quella di coniugare la prospettiva ritteriana e quella hegeliana dando una lettura parziale di entrambe e producendo così una geografia filosofica dello spazio storico che consente di esplorare il campo semantico di questo concetto di matrice ritteriana. Il carattere di questa ibridazione e in particolare della specifica lettura che Kapp dà della dialettica hegeliana sarà il contenuto di questo paragrafo. Qui si vedrà come, a partire dalla filosofia dello spirito oggettivo di Hegel, Kapp riesca a proporre un originale riadattamento dei motivi presenti nella Erdkunde ritteriana31 in direzione non solo di una comprensione globale della Terra come organismo costituito da reciproche connessioni interne, ma anche di una valorizzazione della dimensione storica dello spazio in quanto trasformabile attraverso l'azione dell'uomo.

30 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, I ed., 1845, p. 24. 31 Sulla distinzione tra i differenti tipi di Naturphilosophie si veda C. Ferrini, The Transition to the Organics. Hegel's Idea of Life, in S. Houlgate, A Companion to Hegel, Chichester, Wiley-Blackwell, 2011, pp. 203-250. 142

Per introdurre la lettura della dialettica hegeliana da parte di Kapp è necessario soffermarsi brevemente sulla distinzione tra filosofia della natura e filosofia dello spirito oggettivo in Hegel. Hegel definisce la sua filosofia della natura rationale

Physik32 in contrapposizione alla filosofia della natura di Friedrich Schelling, che egli critica duramente. Benché entrambi abbiano preso le mosse dall'esigenza di superare la contrapposizione kantiana e fichtiana tra soggetto e oggetto, essi approdano a due interpretazioni differenti di che cosa significhi che lo spirito sia «nella natura». Come si è visto nel precedente capitolo, per Schelling il mondo è un organismo in cui le componenti organiche e inorganiche sono unificate da un'anima del mondo

[Weltseele] e stanno perciò in relazione reciproca l'una con l'altra in quanto vivificate da un principio spirituale. La filosofia hegeliana ha l'obiettivo di comprendere «la natura come essa è» e dimostrare che «essa è entro di sé razionale»33, ma, a partire dal periodo di Jena (1802-1806), Hegel intenderà questa razionalità interna della natura in maniera radicalmente differente rispetto a Schelling. Superare la divisione tra soggetto e oggetto non significa affermare che essi sono indistinti: il concetto schellinghiano di Wechselwirkung che, come si è visto, sta alla base del rapporto tra spirito e natura e viene abbracciato anche da Ritter, favorisce una confusione tra i due piuttosto che una migliore comprensione del loro rapporto.

Al contrario, Hegel sostiene che l'Assoluto è pensabile attraverso un discorso razionale in cui si percorrono tutti i momenti concettuali che ne costituiscono l'architettura34. Questa conclusione dipende da una specifica comprensione della struttura logica della Natura che Hegel sviluppa nella Scienza della logica, in cui le differenti categorie logiche sono presentate insieme alla materia che trattano e mostrate nella loro relazione reciproca. Questa architettura concettuale è trattata nella filosofia della natura come la struttura non solo logica ma anche ontologica della natura stessa. In quest'ottica, gli oggetti naturali che inizialmente appaiono alla

32 G. F. W Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, cit. 33 Id., Lineamenti di filosofia del diritto, a cura di G. Marini, Roma-Bari, Laterza, 2010, p. 7. 34 «Dell'Assoluto, infatti, bisogna dire che esso è essenzialmente risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità» (Id., Fenomenologia dello spirito, Milano, Rusconi, 1995, p. 69). 143 coscienza immediata come indipendenti l'uno dall'altro si rivelano nella loro relazione, una relazione che mostra il carattere ideale della natura stessa. Indicativa del metodo hegeliano è, a questo proposito, la critica al concetto newtoniano di forza di gravità. Nella trattazione scientifica non dialettica questa forza per essere compresa deve essere scomposta in una serie di momenti distinti. Così facendo si perde l'essenza stessa della forza, che è quella di essere un movimento continuo i cui momenti si superano l'uno nell'altro. Questo superamento, però, non può essere considerato, come fa Schelling, una componente irrazionale della forza che abiterebbe in maniera mistica la materia35. La fluidità della forza deve essere compresa come una sequenza di mediazioni razionali in cui i singoli momenti si superano dimostrandosi parte di un sistema più grande. La natura dei segmenti stessi, attraverso la comprensione razionale, si dimostra un'altra natura: così nel loro superamento essi rivelano che la loro natura era già di per sé ideale, senza per questo perdersi in un insieme di relazioni reciproche in ultima analisi irrazionali36.

Nel sistema della filosofia della natura, Hegel colloca lo spazio nella sezione della meccanica, una parte della fisica che ha a che fare con la materia nella misura in cui questa è caratterizzata da diverse forme che possono essere descritte matematicamente. Lo spazio è la pura esteriorità, è un concetto astratto, assoluto, continuo, fisso e indifferenziato. Ogni punto nello spazio è equivalente a un altro e potenzialmente intercambiabile, lo spazio non è, cioè, solcato da differenziazioni37.

35 Si consideri il fatto che, se inizialmente Hegel individua nella luce l'epitome della compenetrazione tra spirito e natura, in seguito criticherà questa prospettiva individuando, invece, proprio nella forza di gravità l'esempio più perfetto dell'idealità della materia come tensione verso un'unità che sta fuori di se stessa. Ciò che distingue l'organismo dalla materia è, invece, il fatto che esso sia caratterizzato da un'unità interna. Cfr. Cinzia Ferrini, The Transition to organics, cit. In generale sulla filosofia della natura di Hegel si veda S. Houlgate, Hegel and the Philosophy of Nature, Albany, State University of New York Press, 1998. 36 Nel periodo jenese, in cui si consuma la rottura con Schelling, Hegel è impegnato a discutere il differente rapporto tra libertà e natura in Kant e Fichte, che considera oppressivo. La filosofia critica contrappone al molteplice naturale l'unità pura dello spirito. A questa contrapposizione Hegel sostituisce l'idea di un processo di razionalizzazione della natura attraverso il lavoro. Cfr. su questo M. Riedel, Hegel fra tradizione e rivoluzione, Roma-Bari, Laterza, 1975. 37 Come Kant, Hegel non condivide la visione di Locke, Hume e Leibniz secondo i quali l'idea di spazio assoluto può essere tratta dalla nostra percezione sensibile di un determinato spazio o delle relazioni tra entità in uno spazio determinato. Affinché sia possibile rappresentarsi un oggetto nello 144

Esso contiene tuttavia in sé la sua stessa negazione, cioè il tempo. La negazione dello spazio attraverso il tempo produce la qualificazione dei punti indifferenziati come luoghi e l'idea del movimento. Nella logica hegeliana, dunque, lo spazio relativo è superiore rispetto allo spazio assoluto in quanto indica la localizzazione di un corpo determinato. La geografia fisica come disciplina viene collocata nella sezione relativa alla natura organica. Si è già visto come il processo di formazione della Terra sia per

Hegel passato, per cui la Terra in se stessa non ha più una storia. Essa è, peraltro, «un sistema universale di corpi individuali»38, cioè di corpi organici. La geografia fisica ha a che fare con le particolari conformazioni della Terra, la cui genesi naturale è stata frutto di processi interamente meccanici.

Riconoscere la struttura logica e ontologica della natura non significa tuttavia superare la distinzione tra spirito e natura. Mentre la natura dimostra la sua massima razionalità nell'organismo vivente, che è individuale in quanto unità del differente, il tempo della natura e il tempo della ragione si distinguono in maniera netta. Nella natura l'organismo è inserito in un ciclo continuo di nascita e morte e non va oltre questa ciclicità. Nel mondo dello spirito e nello specifico nella storia il tempo non è ciclico, ma è un movimento progressivo di costruzione di un mondo razionale che si sottrae all'alternativa naturale tra la nascita e la morte39. Questo mondo razionale e storico è lo spirito oggettivo che si presenta come «seconda natura» dell'uomo40. Si

spazio è necessario una comprensione preliminare dello spazio stesso che non può quindi risultare dalle nostre percezioni. Tuttavia la deduzione trascendentale di Kant delle categorie di spazio e tempo viene ugualmente criticata da Hegel perché non riesce a spiegare per quale motivo queste siano le uniche possibili forme dell'intuizione. Hegel rifiuta di conseguenza l'idea che si possa parlare di spazio solo dal punto di vista umano: la spazio è una parte oggettiva della dialettica della natura. Su questo si veda M. Jammer, Storia del concetto di spazio, Milano, Feltrinelli, 1966; E. Casey, The fate of place. A philosophical history, Berkeley, University of California Press, 1997. 38 G. W. F. Hegel, Enciclopedia, cit., §. 338. 39 Per distinguere tra queste due temporalità, Hegel fa riferimento a due figure mitologiche. Il tempo della natura è il tempo di Crono, che divora i suoi figli, in un processo incessante e ripetitivo di nascita e morte. È, questa, la sfera del tempo che consuma, dove ogni distinzione tra passato, presente e futuro non può che essere arbitraria ed estrinseca. Il tempo della storia è, invece, il tempo di Zeus, il dio politico che «ha soggiogato il tempo e ha messo fine al suo trascorrere» (G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., p. 67). 40 «Lo spirito oggettivo è per Hegel lo spirito che con la realizzazione della sua libertà in sé essente rende oggetto non una legge naturale comunque intesa, ma la natura stessa. In questa indipendenza 145 tratta ora di comprendere in che senso questa seconda natura, questo mondo storico, si distingue dalla natura, in che rapporto sta con questa e che conseguenze ha questa dualità per la concezione dello spazio storico.

Il processo storico di oggettivazione dello spirito, che costituisce la Weltgeschichte41. secondo Hegel, significa la produzione di un mondo razionale che coincide con lo

Stato come totalità etica, cioè un insieme coerenti di istituzioni, cultura, religione, tradizioni, leggi eccetera42. In questo processo, «anche la natura fisica interviene nella storia, ma la sostanza della storia sono lo spirito e il corso del suo sviluppo»43. Il mondo prodotto dall'uomo va, innanzitutto, a inserirsi nello scambio originario tra uomo e natura mutandolo radicalmente. L'esempio più lampante di questo è la moltiplicazione dei bisogni nella società civile dello Stato moderno europeo: nella società ai bisogni naturali si aggiungono i bisogni astratti che innescano un processo di astrazione del lavoro e di connessione artificiale tra gli individui.

Tuttavia, oltre a non venire meno il lato di necessità legato ai bisogni, per quanto artificiali, nella società, dire che il mondo storico si distingue dal mondo naturale non significa che esso sia immediatamente modificabile dagli individui. Esso è l'ambiente dalla natura sta la ragione più profonda del fatto che lo spirito oggettivo ha tanto una storia quanto è storico in sé» (M. Riedel, Hegel tra tradizione e rivoluzione, cit., p. 45). 41 Il mondo che la storia considera è esclusivamente il mondo umano: per questo Hegel abbraccia la distinzione tra storia e preistoria escludendo sia la storia della Terra, sia i popoli che non hanno uno Stato. Analogamente Kapp afferma che «la geografia comincia con e nello stesso momento della storia; il mito preistorico non è storia» (E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit., p. 98). Un forte accento sull'esclusione che questa definizione di storia comporta è stato posto da vari contributi all'interno della cornice dei postcolonial studies. Si veda ad esempio. R. Guha, History at the Limit of World History, New York, Columbia University Press, 2002. Secondo David Livingstone, quello che accade nella storia del mondo è «a universal spiritualization of space» (D. N. Livingstone, Race, Space and Moral Climatology: notes toward a genealogy, in «Journal of Historical Geography», n. 28, pp. 159-180). 42 Secondo Henri Lefebvre «time is thus solidified and fixed within the rationality immanent to space» (H. Lefebvre, The production of space, Cambridge, Blackwell, 1991, p. 21). In questo passaggio, Lefebvre interpreta la fine della storia come una solidificazione definitiva del tempo che ha come conseguenza l'autosufficienza dei prodotti dell'azione umana rispetto a questo processo storico di produzione: «the Hegelian end of history does not imply the disappearance of the product of history. On the contrary, this product of a process of production which is animated by knowledge (the concept) and oriented by consciousness (language, the Logos)  this necessary product  asserts its own self-sufficiency. It persists in being through its own strength. What disappears is history, which is transformed from action to memory, from production to contemplation. As for time, dominated by repetition and circularity, overwhelmed by the establishment of an immobile space which is the locus and environment of realized Reason, it loses all meaning» (ibidem). 43 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., p. 16. 146 in cui gli individui nascono e che li costituisce in quanto tali: è una seconda natura proprio in quanto è un'oggettività costituita da un insieme di rapporti in cui ciascuno

è inserito. Questo mondo storico ha, a sua volta, un rapporto con la natura. Nel corso della storia, però,

non dobbiamo considerare la natura come sistema della ragione, quale la natura è a sua volta in se stessa, in un elemento particolare, specifico, bensì solo in relazione allo spirito. Lo spirito però, come ci appare nel teatro sul quale lo esaminiamo in questa sede, ossia nella storia mondiale, è lo spirito inteso nella sua realtà più concreta44.

La natura è dunque sia la materia che viene trasformata in un mondo storico, sia una condizione e un ambiente nel quale questo mondo storico si posiziona e che gli conferisce una determinazione concreta. Questa determinazione viene colta da Hegel attraverso il concetto di spirito del popolo [Volksgeist], cioè un'individualità determinata che è concretamente soggetto della storia: «ogni particolare principio del popolo esiste, però, nel medesimo tempo, come una determinatezza naturale, come un principio naturale in esso. I diversi spiriti del popolo sono separati nello spazio e nel tempo»45. La determinazione geografica dello spirito del popolo è la leva a partire dalla quale Hegel pensa la concreta esistenza storica in quanto distinta dal quel percorso tutto ideale di ritorno dello spirito in se stesso. Lo spirito, di volta in volta, si concretizza in popoli determinati il cui carattere è sì etico e storico, ma ha anche una sua naturalità.

Rispetto alla concezione montesquieiana del condizionamento climatico, come una delle molte cause che influenzano il carattere del popolo, Hegel tende a vedere la natura più come il fondamento naturale, l'antecedente del dispiegamento della vita etica. Così facendo, egli può misurare l'effetto di questo fondamento a seconda del progresso storico del popolo in questione: il corso della storia mondiale è diretto verso una relativizzazione sempre maggiore del peso di questo fondamento a favore

44 Ibidem. 45 G. W. F. Hegel, Enciclopedia, cit., § 394. 147 di un'oggettività che è interamente storica. Questa indipendenza si guadagna essenzialmente attraverso il lavoro, cioè il processo mediante il quale l'uomo si pone nei confronti della natura trattandola come mezzo per i suoi fini e trasformandola così in qualcosa di razionale. Quest'aspetto ha come conseguenza il fatto che là dove la natura è troppo potente non può essere utilizzata come mezzo e dunque non si avvia nemmeno la storia: la storia del mondo, come già si è detto, si limita a una determinata porzione della superficie terrestre.

Rispetto a Herder, dal quale pure trae il concetto di Volksgeist, Hegel rifiuta la similitudine tra i popoli come organismi storico-politici e la vita organica dell'ambiente in cui si radicano. Anche se il sorgere dello spirito è vincolato a condizioni naturali, le forme della sua esistenza storica possono essere interpretate naturalisticamente. Egli, dunque, critica sia il modo in cui Montesquieu aveva interpretato il condizionamento climatico sia l'inserimento della storia umana in un quadro cosmico-evolutivo operato da Herder. In quanto terreno dell'evoluzione dello spirito, l'ambiente non è ridotto al clima né alla spiegazione fisiologica della sua influenza sul temperamento individuale: l'ambiente geografico è per Hegel soprattutto la struttura fisica del terreno, la conformazione orografica e idrografica, il rapporto tra montagna, altopiano e pianura, la prossimità al mare o la distanza da esso46. In quanto spazio su cui si dispiega la storia, gli elementi che di questo emergono come significativi, come si è già visto a proposito di Ritter, sono i fattori che promuovono o che ostacolano il movimento.

Della filosofia hegeliana Kapp coglie, innanzitutto, la considerazione della natura dal punto di vista dello spirito: «lo spirito è la verità della natura, questo spirito è l'uomo: nel momento in cui sa di essere un animale, smette di esserlo. L'uomo è il principio ordinativo dell'intera natura. Una natura è solo per gli uomini»47. Se considerata dal punto di vista dello spirito la natura non è più un insieme di oggetti

46 P. Rossi, Storia universale e geografia, cit., pp. 23 ss. 47 E.Kapp, Philosophische Erdkunde, I ed., cit., p. 88. [«Der Mensch ist das ordnende Princip der ganzen Natur. Eine Natur ist blos für den Menschen, der seinem Organismus nach an sich selber natürlich ist»]. 148 senza relazioni tra loro, perché essi entrano in una serie di rapporti specifici tra loro che la geografia deve studiare. Kapp riconosce innanzitutto questo elemento fondamentale che sta alla base della sua Philosophische Erdkunde: se la natura viene guardata dal punto di vista del mondo etico, la scienza che la studia da storia naturale o fisica diventa geografia, Erdkunde.

La natura secondo Kapp agisce determinando lo sviluppo dello spirito e viene, a sua volta, determinata e modificata dallo spirito48. Ogni Stato può, di conseguenza, essere trattato da due differenti punti di vista. Il primo è quella storico, il quale considera lo Stato come comunità interiore, in cui i soggetti agiscono coscientemente per la continuità della totalità razionale a cui appartengono. Il secondo è quello geografico che considera la comunità dei cittadini dal punto di vista dell'esteriorità, cioè studia il fondamento e il terreno [Grund und Boden] della comunità interiore49. La determinazione naturale dello spirito si manifesta nel concetto di Stato nella forma di

Land e Volk. Le forme della superficie terrestre hanno, infatti, un'influenza sulle nazioni: «lo svizzero delle montagne, l'inglese dell'oceano, il tedesco continentale, l'italiano vulcanico, il greco degli arcipelagi, il beduino del deserto, il nomade della steppa essi sono tutt'uno con i loro luoghi»50.

D'altra parte, la Erdkunde riconosce che all'uomo appartiene la caratteristica specifica di rompere i limiti [die Schränke] imposti dalla natura e rivendicare la sua

«ubiquità terrestre [terrestrische Ubiquität]»51, facendo valere lo spirito libero contro la natura. Si tratta di un processo in cui lo spirito si infonde nella natura portandola a unità, costituendo i rapporti sempre più estesi tra punti dello spazio prima separati.

È un processo che ha differenti stadi e deve essere studiato diacronicamente. In

48 Ivi, pp. 2 ss. 49 Cfr. pp. 19 ss: «Jedes staatliche Gemeinwesen bietet der Betrachtung zwei Seiten. Einmal verstehen wir gewöhnlich darunter eine innere Gemeinschaft, in welcher die Subjecte sich thätig wissen für das Bestehen des Ganzen, dem sie angehören, und dies ist der historische Gesichtspunct, der Innerlichkeit; sodann haben wir als die andere Seite des Gemeinswesen die äuβere, reale Gemeinschaft aller Staatsbürger, den Grund und Boden, und dies ist das Geographische, die Auβerlichkeit». 50 Ivi, p. 91. [«Das hochgebirgische Schweizer, der paralische Niederländer, der oceanische Brite, der continentale Germane, der vulcanische Italier, der archipelagische Grieche, der Beduin in der Wüste, der Nomade in den Steppen sie alle sind eins mit ihrer Localität»]. 51 Ivi, p. 85. 149 questo senso «lo Stato [...] è anche, dal punto di vista geografico, la conformazione che rispecchia le fasi della trasfigurazione [Verklärung] della natura»52. La sequenza storica degli spiriti dei popoli rappresenta anche degli stadi progressivi del dominio dell'uomo sulla natura e della storicizzazione sempre più ampia degli stessi rapporti naturali. Mentre per Hegel l'elemento geografico è proprio ciò che segna la distanza tra lo spirito oggettivo e lo spirito assoluto, Kapp, come si vedrà, giunge a pensare una sorta di realizzazione mondana dell'Assoluto che definisce una «trasfigurazione

[Verklärung] della natura»53, cioè un superamento dei limiti di spazio e di tempo.

L'epoca moderna è, secondo Kapp, l'apice di questo processo in quanto è riconoscibile in questa la tendenza verso una riduzione della terra a unità attraverso il commercio, i trasporti e la tecnologia che indicano una sempre maggiore

«spiritualizzazione dello spazio» e una «potente trasformazione dei rapporti spaziali

[mächtige Umgestaltung der Raumverhältnisse]»54. Si tratta di un elemento presente nella

Erdkunde di Ritter che Kapp valorizza combinandolo con la dialettica tra spirito e natura di Hegel. Si può dire, così, che lo spazio storico, in questa ibridazione tra

Hegel e Ritter, è l'insieme delle condizioni geografiche dell'agire umano: sia nell'influenza passata che queste hanno avuto nella storia dei singoli popoli, sia come limiti alla trasformazione della natura da parte dell'uomo che vengono superati nel corso della storia.

52 Ivi, p. 19. [«Wenn also der Staat das Material ist, worin der subjective Geist, um als Mittel der substantiellen That des Weltgeistes brauchbar zu sein, sich seine Gestalt gibt, so ist er auch, wie er nach der historischen Seite das Material ist, worin sich zeitlich das Bewuβstsein der Freiheit entwickelt, vom geographischen Gesichtspunkt aus die Gestaltung, welche die Phasen der Verklärung der Natur räumlich wiederspiegelt»]. 53 Ivi, p. 18. [«Das Ziel aller Entwicklung im Erdleben ist somit die Verklärung der Natur, ein neuer Himmel und eine neue Erde, die Wiedererneuerung aller Dinge, zur Einheit des Geistes durch das Organ der Erkenntniβ»]. 54 Ibidem. 150

3. Geografia e storia

Nel 1833 Kapp scrive due saggi che hanno come tema l'insegnamento di geografia e storia nei ginnasi55. Egli ritiene che queste due materie dovrebbero essere insegnate insieme in quanto concettualmente interrelate. Non c'è modo migliore, scrive Kapp, per conoscere la storia di un paese che studiarne la geografia, in particolare la storia della cultura di un popolo che in quel paese ha vissuto. Con un accento più humboldtiano che hegeliano56, afferma che «come la più alta idea della storia mondiale la raffigura come una fisica dell'umanità; così la geografia si annuncia come la sua fisiognomica»57. La Terra è, infatti, il fondamento e il terreno sui cui tutti gli eventi storici avvengono. Per far sì che il racconto di questi sia del tutto chiaro bisogna conoscere al meglio la superficie terrestre58. Insomma, «la storia dell'umanità e della sua cultura deve contenere tutto quello che generalmente contengono i libri scolastici di geografia»59. Nella prefazione alla quinta edizione del saggio, scritta dal fratello Alexander Kapp, emerge molto chiaramente il nocciolo teorico del libro relativamente all'unione di storia e geografia: «ogni evento [Ereignis] accade in un determinato confine spaziale [eine bestimmte räumliche Begränzung] e ogni spazio

[Raum] diventa un luogo geografico [zu einer geographischen Örtlichkeit], solo per il

55 E. Kapp, Einheit des geschichtlich-geographischen Schulunterrichts, cit. e Id., Leitfaden beim ersten Schulunterricht in der Geschichte und Geographie, cit. 56 W. von Humboldt paragona la storia mondiale a una fisica, mentre come si è visto, Hegel è più occupato a distinguere la legalità naturale da quella etica, per cui un simile paragone non avrebbe senso. Cfr. F. Tessitore, Il senso della storia universale, Milano, Garzanti, 1987. 57 E. Kapp, Einheit des geschichtlich-geographischen Schulunterrichts, cit, p. 10. 58 Id., Leitfaden, cit., § 2. Dalla descrizione che dà qui della storia è evidente che si tratta di una concezione della storia pre-hegeliana, che poi cambierà radicalmente: «la storia è la narrazione verosimile e istruttiva di avvenimenti degni di nota in connessione causale tra loro» dove con «degni di nota» si intendono quegli avvenimenti che hanno effetto sul benessere o il malessere di molti uomini. Le tre domande a cui la storia deve trovare una risposta sono «come? quando? dove?» Queste tre domande trovano una risposta rispettivamente attraverso la narrazione storica, la cronologia e la geografia (chiamata Geographie o Erdbeschreibung). Grazie a queste si riesce a individuare la connessione degli avvenimenti secondo causa ed effetto (narrazione), secondo la successione temporale (Zeitfolge) e seconda la loro scena (Schauplatz) (Ivi, pp. 2 ss.). 59 Ivi, p. 15. 151 fatto che qualcosa, di cui l'uomo ha conoscenza, si trova in esso o avviene in esso»60.

Lo spazio geografico non è lo spazio matematico e quantitativo ma quello «pieno» e lo è proprio perché è connesso a una determinazione temporale.

Nella Philosophische Erdkunde Kapp sviluppa queste idee circa il legame tra geografia e storia. La novità consiste principalmente nella lettura di Hegel e, in particolare, nell'assunzione della sua prospettiva storico-filosofica e nella lettura della Erdkunde che consente di storicizzare la geografia grazie alla nuova concezione del suo oggetto e del suo metodo lì contenuta. La definizione che ora viene data della storia è hegeliana: la storia [Geschichte] è il progresso nella coscienza della libertà; essa è, in altri termini, il movimento di realizzazione dello spirito nel mondo. La

Terra, viene nuovamente affermata come il fondamento [Grund] e il terreno [Boden] delle azioni storiche, essa è «la condizione necessaria [notwendige Bedingung] di ogni scienza storica verosimile»61. Di conseguenza la geografia non può essere una mera scienza ausiliaria della storia ma deve essere una sua parte costitutiva e fondamentale. Rispecchiando il rapporto interno che intercorre tra natura e spirito, anche la relazione tra storia e geografia rassomiglia a quella tra l'anima e il corpo: esse sono differenti ma inseparabili.

Nell'Introduzione, inoltre, Kapp spiega come ciò determini l'esigenza di una

Erdkunde che sia filosofica al pari della filosofia della storia di Hegel. La Erdkunde filosofica costituisce la terza forma di geografia in una classificazione che ricalca quella presente nelle Lezioni sulla filosofia della storia relativamente alla storia. Così come qui erano presentate la storia originaria, la storia riflettente e la storia filosofica, la geografia è a sua volta originaria, riflettente e filosofica secondo una sequenza che

60 A. Kapp, Vorwort, in E. Kapp, Leitfaden beim ersten Schulunterricht in der Geschichte und Geographie, Braunschweig, Druck und Verlag von George Westermann, 5a edizione, 1851, p. III. Alexander Kapp aggiunge che «questa è una verità generalmente accettata» (ibidem), ma nonostante questo spesso la storia viene insegnata come se fosse accaduta nell'aria con il che essa diventa senza fondamento [grundlos], non accurata [ungründlich], infondata [unbegründet] e somiglia più a una favola che a una storia. «Le favole, però, non sono storia. L'insegnamento della storia deve perciò innanzitutto occuparsi del fatto che essa corrisponda al suo concetto, cioè che essa sia realmente ciò che deve essere» (ibidem). 61 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit., p. 13. 152 non è solo logica come si vedrà la sequenza dialettica di unione, separazione, sintesi  ma anche storica.

Con storia originaria Hegel intende la storia scritta da chi è stato testimone degli eventi narrati, di quegli storici, come Erodoto e Tucidide, che appartengono per mentalità a quelle circostanze che descrivono e hanno cioè familiarità con il linguaggio e i codici sociali utilizzati negli avvenimenti che riportano. Essi rimodellano quanto hanno visto e sentito in una rappresentazione, il lasso di tempo da loro trattato non può essere molto ampio e la loro materia è il presente. Quella che

Kapp definisce come «ürsprungliche Geographie» comprende la topografia e la corografia ed è caratterizzata dall'osservazione diretta [unmittelbare Anschauung].

Non importa dove l'osservazione immediata venga fatta, se da qualcuno che descrive un posto noto o da esploratori che viaggiano in contrade lontanissime, l'importante è che lo strumento della conoscenza sia l'osservazione di prima mano. Come nella storia originaria, l'ampiezza dell'oggetto è determinata dal rapporto diretto tra il geografo e i luoghi che descrive: si tratta sostanzialmente di racconti di viaggio limitati e di descrizioni di paesaggi ristretti. Erodoto, che Kapp utilizza come esempio, riporta un presente «vivo» nel quale la narrazione degli eventi va di pari passo con la descrizione dei luoghi in cui questi avvengono. Nella rappresentazione viva del presente la geografia e la storia sono indifferenti, stanno in un'unità immediata. Erodoto è, perciò, sia storico sia geografo: il luogo ha senso in connessione agli avvenimenti che lì accadono e gli avvenimenti hanno nei luoghi il loro palcoscenico. Tempo e spazio sono così «pieni» e si determinano a vicenda. Ciò che caratterizza questo tipo di geografia è, però, l'isolamento delle porzioni della superficie terrestre rispetto al complesso degli eventi mondiali [Weltereignisse]. Al centro della reciproca determinazione di spazio e tempo, scrive Kapp, stanno, infatti, le azioni [Handeln] a partire dalla cui singolarità (spaziale e temporale) si costruisce la totalità complessiva della Terra «nella limitatezza della visione del mondo antica,

153 secondo cui la forma e l'estensione della Terra come individualità riposa sulla rappresentazione di essa come oikoumene»62, cioè come mondo abitato.

L'accumulo di nozioni geografiche e di esplorazioni mette in discussione la sufficienza di questo sapere geografico, anche perché queste esplorazioni mostrano le connessioni tra i vari punti della superficie terrestre. A questo proposito, Kapp cita

Ritter il quale, come si è visto nel precedente capitolo, afferma che il completamento dell'esplorazione della Terra ha stimolato un pensiero del mondo come totalità prima inesistente. Questo pensiero della totalità è specificamente moderno: sono nella modernità, cioè quando si sviluppano delle connessioni materiali tra i luoghi, il corografo diventa geografo. Si tratta di un'idea di totalità che non è indifferente al dominio della natura e anche di altri popoli: «la scienza è inscindibile dal commercio, dalle guerre e dalle missioni, in quanto questi sono i canali materiali in cui la direzione di volta in volta dominante dello spirito si riversa»63. La geografia originaria, invece, non riesce ad acquisire un punto di vista universale in quanto rimane sempre legata al punto di vista a partire dal quale si guarda al materiale geografico, che è parziale64.

62 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit., p. 6. [«Der Wechsel aber des Gebens, Empfangens, Reproducirens, worin eben jenes Ineinanderleben der Völker sich bethätigt, wird durch Nichts so sehr vermittelt, wie durch den Handel, und aus dem Anfange, dem Ort, der Einzelnheit, aus dem ta perì toùs tòpous, stellt sich die umschlieβende Totalität als ges perìodos wieder her, jedoch in der Beschränktheit der antiken Weltansicht, nach welcher die Gestalt und die Ausdehnung der Erde, als Körpers der Individualität, von jeher in der Vorstellung von ihr als der oikouméne gelegen hat»]. 63 Ivi, p. 8. [«Die Wissenschaft ist untrennbar von Handel, Krieg und Missionen, als den materiellen Canälen, in welche sich die jederzeit vorherrschende Richtung des Geistes ergieβt»]. Da notare è la fluidità dello spirito che si muove come l'acqua e ha bisogno di canali, nonché l'esplicito legame tra sapere e potere che viene spesso sottolineato nel caso della geografia come portatrice di una «violenza epistemica». Si tratta di un nesso che, peraltro, lo stesso Ritter sottolineava esplicitamente. Si veda ad esempio quanto detto relativamente alla colonizzazione inglese dell'India come impresa di conquista territoriale e nel contempo scientifico-geografica. Sul concetto di violenza epistemica si veda G. Spivak, Critica della ragione postcoloniale, Roma, Meltemi, 2004. 64 È rilevante notare che Alexander von Humboldt viene collocato in questa categoria. Questo dipende probabilmente principalmente dalla lettura dell'opera di Humboldt sul viaggio in Sudamerica. Il Kosmos viene infatti pubblicato proprio nel 1845, lo stesso anno della pubblicazione della Erdkunde di Kapp. Tuttavia, a ben guardare, è possibile riconoscere in questo essere legato alla prospettiva singolare dell'osservatore uno dei tratti peculiari della descrizione geografica humboldtiana che la distinguono da quella di Ritter. Nel primo capitolo si è detto che il discrimine decisivo tra la Erdkunde e la geografia di Humboldt era l'assoluta assenza del divino nell'opera di quest'ultimo. Anche nel Kosmos infatti si ha una teoria complessiva, e non certo localistica, della natura ma a partire dal 154

Proprio la cognizione dei «rapporti [Verhältnisse]» è ciò che determina il passaggio al secondo tipo di geografia, cioè la «geografia riflettente». Scrive infatti Kapp:

nella condizione presente dello spirito [Gegenwärtigkeit des Geistes] si conosce già più o meno un oggetto, grazie all'autopsia e all'empiria, che comincia così a essere sottoposto a comparazione, a critica e una trattazione razionale, cosa che provoca il passaggio dalla trattazione originaria della Terra a quella riflettente65.

Prima di seguire Kapp nella descrizione della geografia riflettente, vediamo in che cosa consiste la storia riflettente. Essa è, secondo Hegel, una storia che «si eleva al di sopra del presente»66 e considera il passato come materia per costruire delle riflessioni a partire da principi e valori esterni alla storia stessa. A differenza della storia originaria, questa tipologia di storia può trattare un oggetto più ampio, in quanto non si propone di rappresentarlo nella sua concretezza, ma seleziona e ricompone gli elementi del proprio oggetto in base al principio ordinatore che si è deciso di applicarvi. Il primo tipo di storia riflettente è la «storia universale

[Universalgeschichte]»: «qui la cosa principale è la rielaborazione del materiale storico, al quale l'autore si accosta con il suo proprio spirito, che è diverso dallo spirito di quel contenuto»67. A seconda dell'inclinazione soggettiva dello storico e della sua cultura egli selezionerà i fatti e li riordinerà a suo piacimento, soprattutto se vuole abbracciare lunghi periodi o l'intera storia mondiale. Il secondo tipo è la «storia

soggetto che osserva e che vive e percepisce il paesaggio. Si tratta di una branca della geografia che qui si è scelto di non approfondire ma che, a partire da certe suggestioni presenti nella Critica del giudizio di Kant e approfondimenti romantici sull'effetto della natura sul soggetto, hanno privilegiato una prospettiva estetico-soggettiva, non priva peraltro di riscontri sociali e politici nel momento in cui è andata ad indagare il senso di familiarità e abitudine che lega gli uomini al luogo in cui sono nati e cresciuti. Cfr. I. Kant, Kritik der Urteilskraft (1790), in Werke, vol. 5, Berlin, Reimer, 1913, trad. it., Critica del giudizio, a cura di A. Bosi, Torino, UTET, 1993. 65 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit, p. 9. [«Man ist vielmehr bei der heutigen Gegenwärtigkeit des Geistes schon im voraus mehr oder minder mit einer Sache bekannt, welche nun auf dem Grund der Autopsie und Empirie in weitere Vergleichung, Kritik und Betrachtung gezogen zu werden beginnt, womit dann der Übergang der ursprünglichen Erdbetrachtung in die reflectirende gegeben ist»]. 66 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., p. 5. 67 Ivi, p. 6. 155 pragmatica»68 che si propone di studiare gli avvenimenti passati riconducendoli a rapporti di causalità determinati da fattori umani e non teologici. Se non è semplicemente un tentativo indebito di universalizzare un fatto individuale, la storia pragmatica ha il merito di mostrare la connessione causale in cui un determinato evento si inserisce. Eppure le relazioni che vengono mostrate sono spesso superficiali: una tendenza di questo tipo di storia è, ad esempio, il ricondurre i fatti storici all'azione intenzionale di alcuni individui, incorrendo così nel rischio di psicologismo, cioè di ridurre i fatti a motivazioni esteriori, oppure di assumere un punto di vista moralista là dove dal collegamento tra determinati avvenimenti si traggono dei precetti di condotta69. La terza tipologia di storia riflettente è la «storia critica» che consiste in una critica delle storie passate relativamente alla loro verosimiglianza e al rapporto con le fonti. La quarta è la «storia concettuale», cioè dedicata a una particolare attività sociale, separata dalla totalità nazionale in cui è inserita e studiata in maniera trans-epocale. Quest'ultima è la forma che più si avvicina alla storia filosofica in quanto ha a che fare con un punto di vista universale

(ad esempio il concetto di arte nella storia dell'arte) ma la sua razionalità dipende dal legame che è pensato tra le varie forme storiche del proprio oggetto, se queste, cioè, sono pensate come casuali configurazioni o come necessario movimento del concetto.

Le storie riflettenti in generale vengono criticate da Hegel perché hanno un'attitudine solo negativa nei confronti del passato, lo trattano come qualcosa di estraneo e di morto e non lo considerano nella sua individualità ma secondo un metro che si trova nel presente70.

68 Così era abituale chiamare molta parte della tradizione storiografica, in particolare la storiografia tedesca di età illuministica. Il Conversations-Lexikon oder Handwörterbuch für die gebieldetend Stände (Leipzig, Brockhaus, 1812-19, III, p. 448) cita come esempi di pragmatismo gli storici di Göttingen Schlözer, Heeren, Spittler. 69 Hegel critica nettamente l'idea che dalla storia si possa imparare qualcosa: «ma ciò che l'esperienza e la storia insegnano è proprio che popoli e governi non hanno mai imparato nulla dalla storia e non hanno mai agito in base a lezioni che ne avrebbero dovuto ricavare. Ogni epoca è caratterizzata da circostanze così particolari, forma una condizione così individuale, che chi si trova a viverci può e deve decidere solo in base a essa» (G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., p. 7). 70 Hegel ha di mira qui in particolare la filosofia della storia illuministica che si fonda su una contrapposizione radicale tra passato e futuro, tra oscurità e lumi, tra superstizione e ragione. Il distacco dal proprio oggetto, del resto, è il carattere principale della riflessione. Su questo cfr. J. 156

Anche nel caso della geografia riflettente lo spirito si separa dal proprio oggetto e si relaziona consapevolmente a esso. Qui geografia e storia si separano per svilupparsi autonomamente. Il primo stadio è la geografia generale [allgemeine Geographie] nella quale vengono raccolti i materiali a disposizione e vengono elaborati in base all'estensione e alla posizione [Lage] dei paesi, alle loro differenze [Unterschiede] e caratteristiche climatiche, sulla base di dati geometrici e astronomici, in modo tale da ottenere delle rappresentazioni chiare di una geografia matematica, fisica e politica.

Le geografie generali hanno come oggetto un singolo paese o la Terra nel suo complesso e devono servire prevalentemente come libri di testo. Il distacco che si accompagna alla riflessione deriva anche da un mutamento nell'oggetto della ricerca dovuto al progresso delle esplorazioni. «Amerika ist da»71 scrive Kapp e perciò non bisogna più seguire l'esploratore nelle sue narrazioni per costruire un quadro verosimile di luoghi distanti. L'oggetto può essere guardato nella sua consistenza materiale e su questa l'autore delle geografia generale applica le sue misure di selezione e di riorganizzazione del materiale. Tra i geografi riflettenti Kapp nomina una serie di autori tra cui Büsching e la sua Erdbeschreibung statistica, Gutsmuths e

Hoffmann, uno dei sostenitori della geografia pura. Mentre la geografia critica è uno studio che mira a verificare la verosimiglianza delle fonti, la geografia concettuale e quella pragmatica costituiscono entrambe una specifica forma di «dottrina dei rapporti». Esse, infatti, hanno come oggetto la Terra «delle cui connessioni e relazioni interne tratta la dottrina geografica dei rapporti [geographischen Verhältnisslehre]»72. La

Verhältnislehre può essere sia una geografia concettuale in cui un elemento viene

D'Hont, Hegel, philosophe de l'histoire vivente, Paris, Presses Universitaires de France, 1966, pp. 426 ss e J. Hyppolite, Introduction a la philosophie de l'histoire de Hegel, Paris, Libraire Marcel Riviere, 1968. 71 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit., p. 11. 72 Ivi, p. 14. [«Statistik, Handel, Krieg, Entdeckungen, alte und neue Zeit, klimatische und vulcanische Erscheinungen und Veränderungen, Producte, Erdformation u. s. w. bilden dergleichen allgemeine Gesichtspuncte, von deren Zusammenhängen und inneren Beziehungen die geographische Verhältniβlehre handelt, welche den Übergang zur philosophischen Geographie macht»]. Il riferimento alla Verhältnislehre di Ritter è esplicito. Viene citata in particolare la frase secondo cui mentre prima la geografia trattava luoghi isolati così come la storia trattava eventi isolati, ora si tratta di trovare i collegamenti tra i luoghi e tra gli eventi, di considerarli dal punto di vista delle leggi che la governano, dei rapporti tra ciò che la riempie e delle relazioni causali tra questi. 157 selezionato e indagato nelle sue interne connessioni o una geografia pragmatica in cui vengono selezionate le relazioni causali tra più elementi. Ricalcando quasi letteralmente quanto scrive Hegel sulla storia pragmatica, Kapp scrive: «gli avvenimenti sono diversi, ma il generale, l'interno, il connesso è uno»73.

Il terzo tipo di geografia che costituisce il superamento del carattere unilaterale della geografia originaria e di quella riflettente è la geografia filosofica. Secondo

Hegel, la storia filosofica è quella considerazione pensante della storia che la considera come «il cammino razionale, necessario dello spirito del mondo, di quello spirito che, per natura, è sempre identico a se stesso, ma che dispiega questa sua identica natura nell'esistenza mondana»74. Si tratta del dispiegarsi dello spirito nel mondo attraverso le azioni e le passioni individuali e la loro esistenza nello Stato, il quale costituisce il materiale autentico della storia del mondo. Parallelamente, scrive

Kapp, «la trattazione della terra filosofica non ha bisogno di nessun'altra premessa se non quella di trovare la ragione nei fenomeni del mondo»75. La geografia è diventata scienza grazie all'idea che là dove c'è un corpo, c'è un'anima: in questo pensiero fondamentale sta la base della sua indipendenza scientifica. Ritter viene definito il

«fondatore» della geografia filosofica76.

In questa terza componente filosofica, geografia e storia si ritrovano unite pur mantenendo una loro autonomia. Esse hanno un fondamento comune, cioè il logos del mondo, che trattano da due prospettive differenti. La Erdkunde, come si è visto nel paragrafo precedente, privilegia il punto di vista spaziale, la Weltgeschichte quello temporale. L'unione autentica, pur nella differenza tra le due, sta nell'idea ritteriana  e prima herderiana  secondo cui la Terra è Erziehungsort del genere umano: cos'è l'educazione, si chiede Kapp, se non essenzialmente una mediazione tra ragione e natura, se non un principio che unisce e crea rapporti sempre più universali a fronte

73 Ibidem. [«Sie entspricht der pragmatischen Geschichte, in welcher die Begebenheiten verschieden, aber das Allgemeine, das Innere, der Zusammenhang Einer ist»]. 74 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., p. 11. 75 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit., p. 16. [«Die philosophische Erdbetrachtung macht keine andere Voraussetzung, als die, Vernunft in den Erscheinungen der Erdwelt zu finden»]. 76 Cfr. ivi, p. 25: «die philosophische Geographie ist so, wie sie im Vorhergehenden der Betrachtung unterworfen ist, von Ritter begründet worden». 158 dell'isolamento naturale77? Eppure c'è una differenza tra geografia e storia che rimanda a quanto detto prima sulla distinzione tra mondo etico-storico e mondo naturale. La storia si distingue in res gestae e memoria rerum gestarum. La geografia, invece, è solo rappresentazione dei fenomeni e delle trasformazioni del pianeta. Non si può dire, infatti, che la storia sia storia del pianeta stesso, lo spazio storico cioè non

è già iscritto nella natura ma deve essere costruito cogliendo i rapporti tra lo spirito e la natura stessa.

4. Geografia fisica e geografia politica

Accanto all'idea della fondamentale unità tra geografia e storia perché entrambe hanno come oggetto il logos del mondo, continuando l'opera di Ritter Kapp afferma anche la necessità di distinguere il campo proprio della geografia dall'interferenza di altre scienze, cioè quella di promuovere la Erdkunde nella sua specificità. Si tratta, innanzitutto, di tenere sempre presente l'idea della totalità terrestre [die Idee des

Erdganzen] che è ciò che consente di dare una forma sistematica al proprio contenuto.

In secondo luogo, bisogna delimitare la geografia rispetto alle scienze naturali: la geografia ha come premessa l'astronomia e la geologia ma l'inizio della geografia non può essere altro che «la Terra [die Erde] pronta per essere abitata dagli uomini»78. In questo modo, la geografia stessa, in quanto scienza dello spazio storico, risponde a quella separazione tra storia e preistoria che ha investito le scienze storiche a partire dall'inizio dell'Ottocento: «inserire qui la geologia nella sua estensione sarebbe un errore altrettanto grave quanto l'inserimento della preistoria [Vorgeschichte] nella

Weltgeschichte; poiché ciò che i tempi mitici sono per la storia, ciò è la geologia per la

77 L'idea dell'educazione e con essa la tradizione come processo di costruzione di relazioni tra le singolarità è un'idea già di Herder che proprio su questa connessione fonda la possibilità di una filosofia della storia dell'umanità: «solo perché c'è Umanità cioè cooperazione tra individui c'è una filosofia della storia» (G. F. Herder, Idee per una filosofia della storia dell'umanità, cit., p. 158). 78 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit., p. 27. [«Wie etwa die Psychologie das Anatomische und Physiologische voraussetzt, so ist für die Geographie das Astronomische und Geologische vorauszusetzen, und der Anfang der Geographie kann kein anderer sein, als die zur Bewohnbarkeit für den Menschen fertige Erde»]. 159 geografia»79. La geografia fisica ha come oggetto i «rapporti [Verhältnisse] della sua esistenza immediata e delle sue trasformazioni che poggiano sui processi elementali»80, ha a che fare con l'esistente e non si addentra nei labirinti del processo di formazione della Terra.

Adeguandosi alle suddivisioni interne del suo oggetto, la geografia dovrà dividersi in tre parti: la geografia fisica, la geografia politica e la geografia della cultura. La prima ha come oggetto la natura fisica, la seconda l'uomo e la terza il lavoro come processo di trasformazione della natura in cultura. In questo paragrafo considereremo le prime due parti nelle loro reciproche relazioni. La geografia della cultura sarà trattata nell'ultimo paragrafo di questo capitolo.

Innanzitutto la Terra viene considerata nel suo esserci naturale immediato e questo

è l'oggetto della geografia fisica. Si tratta di considerarla come pianeta nel sistema solare ma già in termini «geografici», cioè in relazione all'uomo. Se, dal punto di vista astronomico, la Terra gira intorno al sole, dal punto di vista fisico-geografico la Terra

è al centro dell'universo. Secondo la «sua determinazione etica, [la Terra] è il centro non solo del sistema solare, ma dell'universo»81. Non si tratta quindi di relativizzare la centralità della Terra a partire dalle scoperte di Copernico e Newton e di diffidare dell'esperienza sensibile secondo la quale è il sole a muoversi intorno alla Terra82.

Solo separando una visione strettamente fisica da una etica è possibile concepire differenti idee di centralità: il centro matematico non corrisponde con il centro storico-filosofico. Non si tratta, inoltre, di proporre una nuova astronomia

79 Ivi, p. 28. [«Die Geologie in seiner Breite hier auftreten zu lassen, würde ein eben so groβer Miβgriff sein, wie wenn die philosophische Geschichte sich auf die Vorgeschichte einlassen wollte; denn was die Mythenzeit für die Geschichte ist, das ist die Geologie für die Geographie»]. 80 Ibidem. [«Verstehen wir also unter reiner Geographie die Betrachtung der für diese durchdringlichen Erdoberfläche nach den Verhältnissen ihres unmittelbaren Daseins und nach ihren auf dem elementarischen Prozess beruhenden Veränderungen, so ist dies der zweite Abschnitt der physischen Geographie»]. 81 Ivi, p. 38. [«Dahingestellt muβ man die weitere Behauptung lassen, daβ die Erde in Betracht ihrer ethischen Bestimmung der Mittelpunct nicht allein des Systems, sondern des Universums sei»]. 82 Questo invito a rimanere fermi alle certezze sensibili in quanto conducono al pensiero della centralità dell'uomo nell'universo è contrario a quello che Hannah Arendt definisce lo spaesamento tipicamente moderno che la scoperta della centralità del sole nell'universo e la rivoluzione filosofica che ne è seguita hanno provocato. Su questo si veda H. Arendt, Zwischen Vergangenheit und Zukunft, München, Piper, 1994, pp. 54 ss. 160 antropocentrica quanto di «sollevare la geografia da una grande zavorra astronomica»83, sempre nell'ottica della delimitazione dell'oggetto della geografia al solo spazio storico.

La seconda parte della geografia fisica è costituita dalla «geografia pura», secondo un'accezione che non è analoga a quella utilizzata dai sostenitori dei confini naturali a inizio secolo. Essa descrive la conformazione della superficie terrestre e viene suddivisa secondo i quattro elementi naturali, cioè l'aria, il fuoco, l'acqua e la terra, che sono rispettivamente l'oggetto dell'atmosferografia, della vulcanologia, dell'idrografia e dell'epirografia. È interessante notare che questo modo di pensare alla geografia fisica è analogo a quello proposta da Julius Fröbel nella sua critica a

Carl Ritter. Secondo Fröbel, tuttavia, questa prospettiva avrebbe dovuto esaurire la geografia in quanto tale, essendo l'unico studio a poter ottenere un'oggettività scientifica. Per Kapp, invece, si tratta solo della prima parte. Inoltre, come si è visto

Kapp rifiuta il carattere esclusivamente fisico-naturale della Erdkunde abbracciando a pieno la prospettiva aperta da Ritter sulla storicità dello spazio, cioè sulla centralità dell'uomo in esso. Si consideri, ad esempio, cosa afferma a proposito dell'atmosferografia, la scienza geografica dell'aria: «la geografia fisica non è la fisica»84, ovvero essa non deve considerare nel dettaglio le trasformazioni fisiche.

L'atmosferografia, infatti, contiene un nocciolo filosofico nel fatto che privilegia gli effetti che la composizione dell'aria ha sull'uomo e quindi tende a diventare una climatologia. Ciò non significa, tuttavia, che Kapp abbracci un determinismo climatico, anzi si può dire che egli sia ancora una volta in accordo con Ritter nel relativizzare l'influenza del clima attraverso il riconoscimento dell'infinita varietà delle sue specificazioni e dei suoi effetti. Kapp distingue, a questo proposito, tra un clima matematico (che riguarda la suddivisione latitudinale e la descrizione delle caratteristiche dell'aria in base a essa) e un clima fisico che considera invece anche la dimensione verticale (rappresentabile attraverso il sistema humboldtiano delle

83 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit., p. 28. 84 Ivi, p. 49. [«Die physische Geographie ist nicht Physik»]. 161 isoterme). L'incrocio tra questi due dà già di per sé luogo a infinite differenze locali.

D'altra parte, «la casualità e variabilità» del clima «dipende anche dalle molteplici trasformazioni della conformazione locale dei terreni che sono anche causate dall'uomo»85.

Un ulteriore esempio della «non fisicità» della geografia fisica riguarda quella che

Kapp definisce «epirografia», da epeiros, il termine che Omero utilizzava per descrivere la terra ferma in contrapposizione alle acque. Essa comprende la descrizione e la presentazione delle forme fisse della superficie terrestre:

da ciò che si è detto prima è evidente che la quantità pura, che in quanto materia è nell'esistenza esteriore, come spazialità universale della superficie terrestre supera [aufhebt] la propria indistinta omogeneità e diventa determinata per mezzo di confini [Gränze], che separano l'elemento fluido da quello fisso, quello fisso dal fluido, con il che però a loro volta le differenze tra le masse acquatiche e quelle terrestri si superano per ristabilire la continuità originaria dello spazio86.

Quelle unità discrete vengono definite oceani e continenti e possono essere considerate separatamente nella misura in cui si consideri nello stesso tempo la loro interna connessione. I continenti sono intesi ritterianamente come Landindividuen.

Kapp dà una definizione di continente che è nello spirito della Erdkunde di Ritter ma

è più chiara di molte definizioni ritteriane: un continente è «una parte della terra ferma chiusa in se stessa attraverso una totalità di determinazioni fisiche»87. Agli

85 Ivi, p. 50. [«Hiermit fand sich das durch die Isothermen bezeichnete physische Klima, welches endlich durch Einwirkung des meteorologische Processes und die hiervon gröβtentheils bedingte Bewegung der Luft, wie jetzt noch hinzugefügt werden kann, zu einer unbestimmbaren Menge von einzelnen klimatischen Erscheinungen fortgeht, deren Zufälligkeit und Wechsel auβerdem von mannichfachen, auch mit vom Menschen ausgehenden Veränderungen der örtlichen Beschaffenheit abhängt»]. 86 Ivi, p. 63. [«Aus dem Vorhergehenden erhellte, wie die reine Quantität welche als Materie in äuβerlicher Existenz ist, als allgemeine Räumlichkeit der Eroberfläche ihre Continuität aufhebt und discret wird, und zwar durch die Gränze, welche das flüssige Element an dem festen, das feste an dem flüssigen hat, wodurch aber auch wiederum die Unterschiede der Wasser- und Ländermassen sich aufheben zur Wiederherstellung der ursprünglichen Continuität des Raums»]. 87 Ivi, p. 64. [«Man bedient sich aber der Bezeichnung Continent oder Festland insbesondere für jeden durch eine Totalität physischer Bestimmungen in sich abgeschlossenen Theil der festen Erdform, und nennt ihn auch Erdtheil»]. 162

Oceani, invece, non è possibile attribuire un'individualità perché sono privi di forma.

La suddivisione della terra in parte acquatica e parte terrestre ricalca quindi quella ritteriana anche se Kapp attribuisce all'elemento dell'acqua un ruolo del tutto peculiare88. Elemento terrestre ed elemento marino costituiscono due principi capaci di attribuire un carattere determinato ai differenti continenti. Al centro dell'emisfero delle acque starebbe l'Australia nella quale, come in Africa è presente un contrasto perfetto tra la natura oceanica e quella continentale, in Asia e in America questi due elementi sono uniti anche se nella prima prevale il principio continentale e nella seconda quello oceanico. Al centro dell'emisfero terrestre sta l'Europa, in una posizione che, analogamente a quanto accadeva nella Erdkunde di Ritter, è privilegiata perché ha maggiori possibilità di contatto con gli altri continenti e perché contiene una perfetta compenetrazione degli opposti «motivo per cui nella sequenza degli stadi evolutivi fisici dei continenti assume il primo posto»89. Poiché la conformazione fisica non è semplicemente fisica, ma è piuttosto espressione di uno sviluppo dello spirito, in quanto relazione all'uomo, può essere messa in una scala

88 La contrapposizione kappiana attirerà l'attenzione di Carl Schmitt che lo cita nella sua opera Terra e mare (Adelphi, Milano, 2011): «in un volume intitolato Vergleichende allgemeine Erdkunde (1845) Ernst Kapp, un geofilosofo tedesco il cui pensiero era ancora profondamente influenzato dall'onnicomprensivo mondo concettuale hegeliano, ha classificato gli imperi assumendo come criterio l'acqua e distinguendo tre stadi di sviluppo, tre atti di un grande dramma. La storia del mondo inizia per Kapp con la civiltà "potamica", ossia la civiltà fluviale fiorita in Oriente nel territorio mesopotamico compreso fra il Tigri e l'Eufrate e in quello lungo il Nilo, negli imperi mediorientali degli assiri, dei babilonesi e degli egizi. Segue la cosiddetta epoca "talassica" della civiltà dei mari interni e del bacino del Mediterraneo, cui appartengono l'antichità grecoromana e il Medioevo mediterraneo. Infine, con la scoperta dell'America e la circumnavigazione della terra, è raggiunto l'ultimo e più alto stadio, quello della civiltà "oceanica", di cui sono latori i popoli germanici» (pp. 25 ss.) A partire da ciò, Schmitt accoglie la distinzione tra fiumi, mari interni e oceani come principi di differenziazione di rapporti epocali con lo spazio e per dimostrare la rivoluzione spaziale che sta alla base dell'epoca moderna come scoperta dell'Oceano e dunque del globo e il cui principio d'ordine sta perdendo mordente quanto Schmitt scrive. Poche pagine dopo, Schmitt cita una frase di Kapp relativamente all'invenzione della bussola, grazie alla quale «si infuse nella nave qualcosa di spirituale, grazie a cui si stabilirono tra l'uomo e la sua imbarcazione una comunità e un'affinità» (ivi, p. 27). 89 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit., p. 64. [«In Australien und Afrika erscheint der vollkommenste Gegensatz der oceanischen und continentalen Natur, bei Asien und Amerika eine Vereinigung beider, jedoch so, daβ bei dem ersten das continentale, bei dem andern das oceanische Moment überwiegt, in Europa endlich herrscht die vollkommenste Durchdringung und Ineinsbildung der Gegensätze, weshalb es in der Reihe der physischen Entwicklungsstufen der Erdtheile den ersten Rang einnimmt»]. 163 progressiva, al cui culmine sta il continente europeo. Questo è dovuto all'estrema complessità della sua organizzazione spaziale, in particolare per quanto riguarda il suo sviluppo costiero che supera di tre volte quello africano nonostante questo sia tre volte più esteso. Questa proporzione consente a Kapp di paragonare l'una alla mano e l'altra alla zampa d'elefante, un paragone che rivela la facilità con cui descrizioni fisiche possono evocare differenti gradi di civiltà.

Oltre all'opposizione tra acqua e terra, Kapp distingue, come Ritter, la dimensione verticale e la dimensione orizzontale e nella dimensione verticale tra altezza assoluta e altezza relativa, cioè relativamente al sistema trattato. Questo elemento quantitativo delle altitudini che ha come riferimento assoluto il livello del mare e come riferimento relativo l'articolazione interna di ciascun continente deve essere considerato in relazione alla componente morfologica della superficie terrestre che costituisce il dato qualitativo della descrizione. In questa descrizione ritorna la suddivisione ritteriana tra zona montuosa [Gebirgsland], pianura [Tiefland] e altopiano

[Hochland], zona collinare [Stufenland]. Anche in merito alla distinzione tra queste configurazioni morfologiche, l'Europa si distingue perché in «Europa, il più piccolo continente, i contrasti retrocedono, l'articolazione verticale e orizzontale sta nell'armonia più completa»90.

Come già è evidente dal fatto che l'opposizione tra acqua e terraferma sia considerata fondamentale, l'elemento dell'acqua ha nell'Erdkunde di Kapp una notevole importanza:

per considerare i rapporti di queste forme, la ripetizione di una stessa forma, il ricorrere di una forma in maniera regolare e l'ingresso di tutte le differenze in una totalità e così il raggiungimento di una conformità a leggi non si può escludere

90 Ivi, p. 68. [«In Europa als dem kleinern Erdtheile, wo durch die mannigfachsten Gliederungen der Künsten und deren Einschnürungen gehemmt, die Gegensätze zurücktreten, erscheint horizontale und verticale Gliederung in vollkommenster Übereinstimmung»]. 164

l'elemento dell'acqua corrente; piuttosto quei rapporti giungono in superficie nel contrasto con le forme fisse della superficie terrestre91.

Le montagne sono origine dei fiumi, le pianure sono il terreno in cui si uniscono i fiumi in un letto comune e le zone collinari i luoghi in cui si distinguono i differenti frammenti del corso di un fiume. Come vedremo in seguito in merito alla descrizione della Germania, dal momento che la differenza tra acqua e terra la prima specificazione di uno spazio altrimenti omogeneo, esse diventano centrali per delimitare le regioni l'una dall'altra e per descriverle. Questo sarà fatto, però, considerando i fiumi e i mari non tanto come dei confini ma come dei centri attorno ai quali si raccolgono le attività storiche di una regione.

La terza parte della geografia fisica è la geografia dei prodotti, un altro aspetto che dimostra la vicinanza di Kapp alla prospettiva ritteriana. In questo caso però con

Produkten si intende ciò che riempie il suolo terrestre [Erdboden]. La geografia dei prodotti riguarda il loro emergere, la loro area di diffusione e la loro specificazione locale. Si tratta dunque di studiare il mondo vegetale, animale e minerale secondo i loro rapporti geografici. I prodotti artificiali lavorati dall'uomo avranno, come si vedrà, un loro posto nella geografia della cultura.

La seconda parte della philosophische Erdkunde è la geografia politica o la geografia dello Stato che ha al centro l'uomo, nel quale «la natura diventa spirito»92. Così come per la storia filosofica, anche il materiale della geografia filosofica è lo Stato, in quanto figura della mediazione tra spirito e natura e prodotto della storia, nonché produttore di quello che Kapp definisce «presente storico [geschichtliche

Gegenwart]»93. Anche alla base dello Stato c'è l'idea di un'unità organica: esso ha la sua reale esistenza, «la vera comunità dei suoi membri [die reale Gemeinschaft seiner

91 Ivi, p. 66. [«Von der Betrachtung der Verhältnisse dieser Formen, der Wiederholung ein und derselben, der gleichmäβigen Abwechselung der gleichen und ungleichen zur Regelmäβigkeit und des Zusammentretens aller Unterschiede zu einer Totalität, somit zur Gesetztmäβigkeit, ist die Betrachtung der strömenden Gewässer nicht auszuschlieβen; vielmehr kommen jene Verhältnisse an diesem Gegensatz gegen die festen Formen erst recht zur Erscheinung»]. 92 Ivi, p. 29. [«Die Natur Geist wird»]. 93 Ivi, p. 18. 165

Glieder]»94 nella sua esistenza geografica. Si tratta dunque di acquisire un punto di vista duplice: bisogna, da un lato, individuare la determinazione naturale dello spirito nel corso della storia e indagare, dall'altro, il nesso tra questa e il processo complessivo di spiritualizzazione della natura. Rispettando questa duplicità, Kapp propone una suddivisione in momenti, che definisce «mondi», caratterizzati dal protagonismo di determinati Stati, in cui si dà uno specifico stadio dell'unità organica tra spirito e natura. Le differenze tra i mondi sono sia differenze geografiche sia differenze poste su una scala progressiva come fasi della trasfigurazione della natura. L'elemento che riesce a rappresentare la duplicità di questo processo è l'acqua proprio perché è sia un elemento formativo [gestaltend] (in senso morfologico e storico)  un elemento che influenza in maniera determinante tanto la conformazione di un territorio, quanto lo sviluppo storico  sia un elemento di mediazione

[Vermittlung] in particolare grazie alla sua capacità di favorire le comunicazioni e di allargare perciò gli orizzonti, rendendo gli uomini sempre più indipendenti dalla natura. Il rapporto con l'acqua è, così, indicativo di un determinato grado di indipendenza dalla natura e rappresenta un principio di ordine dell'intero mondo spirituale e naturale. L'acqua ha la capacità sia di farsi centro di un mondo culturale, di dare origine a forme di vita, quindi di costruire uno spazio storico, sia di collegare i differenti elementi di una determinata epoca, dando luogo a delle connessioni materiali. L'acqua è il vero elemento trainante il processo storico. Essa

ha condizionato [bedingte] secondo la sua determinazione come regione fluviale la prima costruzione statale in Oriente, in secondo luogo nella sua determinazione come zona costiera e come Mar Mediterraneo ha influenzato la vita greca, la concentrazione dell'impero mondiale romano e l'anfizonia dei popoli mediterranei. Infine come elemento che scorre intorno a ogni cosa e come Oceano che raccoglie in sé tutte le altre acque, universalmente, influenza il compito dello spirito germanico nel fermento e nell'espansione degli interessi generali, del pensiero95.

94 Ivi, p. 29. 95 Ibidem. [«Diese ist das belebende, constitutive Element, das Wasser, welches nach seiner Vereinzelung als Stromgebiet die ersten Staatenbildungen im Orient, nach seiner Besonderung als 166

In base al differente rapporto con l'acqua Kapp individua così tre mondi distinti: il mondo potamico-orientale, il mondo talassico-classico e il mondo oceanico- germanico. Significativo è, innanzitutto, che queste epoche della storia mondiale vengano definite «mondi», a indicare tanto la loro natura geografica quanto la loro natura storica. Inoltre, mentre nella geografia fisica erano considerati tutti i continenti e si affermava di dover prendere le mosse dalla terra come unità per proporre una trattazione sistematica, qui i tre mondi non coprono l'intero pianeta ma solo una parte: sarà poi il compito dello spirito germanico produrre l'unità del mondo attraverso la trasfigurazione della natura.

Anche la geografia, come la storia per Hegel, comincia con l'Asia, cioè con il mondo potamico-orientale. Esso è caratterizzato da una grande zona alta centrale da cui partono i fiumi che si dipanano come i raggi di una circonferenza differenziando il territorio e solcando le pianure. Kapp riprende le idee hegeliane e ritteriane sull'Asia come culla dell'umanità e sede delle prime formazioni statali. Il mondo potamico si suddivide nel regno cinese, nel regno indiano e nel regno persiano, tre regni che dipendono da tre sistemi fluviali differenti. Se consideriamo brevemente a titolo d'esempio l'India che è stata trattata anche nel precedente capitolo96, si vede che viene accentuata l'importanza della parte settentrionale tra l'Indo e il Gange rispetto a quella meridionale del Deccan. La pianura tra i due fiumi costituisce il «centro

[Mitte]» dell'intera India. A questo segue una sbrigativa suddivisione delle varie parti della penisola in zona montuosa, altopiano e pianura, a cui si aggiunge una breve descrizione delle catene montuose dell'Himalaya, dei differenti sistemi fluviali e dei contrasti climatici presenti. Da questa descrizione geografica Kapp trae la conclusione che la natura in India è «soverchiante» per cui «lo spirito qui non è

Küste und Mittelmeer das griechische Lebend und die Concentrirung des römischen Weltreichs zur Amphiktonie der Mittelmeervölker bedingte, und als erdumfluthender, alle andern Gewässer in sich auf und zurücknehmender Ocean endlich, universell, in die Aufgabe des germanischen Geistes, des Ferments der Ausbreitung allgemeiner Interessen, des Gedankes, eingreift»]. 96 Kapp pone all'inizio della descrizione fisica dell'India una citazione di Ritter, ma in generale, anche per la schematicità, si basa di più sulle Lezioni hegeliane che non sulle migliaia di pagine della Erdkunde. 167 riuscito a diventarne padrone, come in Cina»97. Le trasformazioni che avvengono in

India fanno parte del tempo naturale non del tempo storico: sono cicliche, non sono durature e non comportano un progresso nel dominio della natura da parte dell'uomo. Di conseguenza, «non c'è una storia indiana; c'è una situazione [Zustand], un inizio di Stato che sta in un determinato terreno [Boden]»98. A tale incapacità di sovrastare la natura corrisponde anche una inabilità tecnica per cui gli strumenti di lavoro non servono davvero a trasformare la natura, ma se mai amplificano la funzionalità di alcuni elementi naturali.

A questo verdetto di esclusione dalla storia universale segue una breve descrizione della sua accessibilità via mare e via terra e dei contatti, commerciali e coloniali, che essa ha avuto nel passato con l'Europa. La descrizione della struttura sociale e politica indiana basata sulle caste ricalca quella hegeliana, ma Kapp vi aggiunge un originale parallelismo tra la separazione sociale tra le caste e l'isolamento dei villaggi e dei luoghi, altrettanto incapaci «di una connessione politica e traffico»99. Inoltre, nel contesto di una selezione di temi e di dati decisamente sintetica, è rilevante il fatto che Kapp dedichi l'ultima sezione, dopo un breve capoverso sulla religione naturale

(anche questo del tutto simile alle pagine hegeliane), all'architettura come elemento di ristrutturazione dell'ambiente naturale da parte dell'uomo. In particolare si sofferma sulla costruzione di tombe sotterranee in India, assumendo queste costruzioni come indice di uno stadio poco avanzato del processo di trasformazione del territorio: le costruzioni sopra la terra infatti, indicano «una scelta, un movimento, una libera formazione del materiale» che qui non è richiesta.

Il mondo talassico si è sviluppato intorno al Mar Mediterraneo e costituisce il centro di un intero mondo in quanto ha reso possibile le comunicazioni tra una molteplicità

97 Ivi, p. 113. [«Dies ist die Lokalität, auf welcher sich das indische Leben aufthut, mit bannenden übergewaltigen Naturbestimmungen, über welche der Geist hier eben so wenig Herr zu werden vermag, wie in China, weshalb auch der Mensch nicht über die Natur hinauskommt»]. 98 Ivi, p. 114. [«Eine indische Geschichte gibt es nicht; wohl aber einen Zustand, einen auf bestimmten Boden stehend gewordenen staatlichen Beginn»]. 99 Ivi, p. 118. [«Ohne politischen Zusammenhang und Verkehr»]. 168 di popoli. Esso non ha collegato solo le zone costiere ma ha avuto influenza su tutte le nazioni della periferia:

centro e periferia non possono mai essere separati e questo rapporto del centro con la periferia, dell'universale con il particolare, è nello stesso tempo la potenza del concetto, che, indistruttibile e indivisibile, anche nel presente si fa sentire in maniera potente100.

Ciò significa che in Europa si sente ancora adesso l'effetto del fatto che il

Mediterraneo è stato il centro del mondo talassico: «tutte le trasformazioni sono qui solo un'estensione della periferia. [...] Ma ognuno di questi punti diventerà subito il punto di partenza per il corso di un nuovo pianeta storico, che ruoti intorno al sole del Mar Mediterraneo»101. Il Mediterraneo non avrebbe con ciò perso la sua centralità ma i raggi che partono dal centro della circonferenza si sono allungati estendendo la periferia. Anche se, come si vedrà, nel terzo momento ci sarà una tensione verso l'unificazione globale, il mondo mediterraneo rimane il centro perché lo deve rimanere l'Europa in quanto tale: «l'America è come l'Asia e l'Africa una frase al cui completamento la storia sta lavorando; ma l'Europa è e resta la forma fondamentale determinante!»102.

Il terzo «momento» della philosophische Erdkunde è il mondo oceanico. L'Oceano è definito una «forza fisica universale» [eine allgemeine physische Macht]. Il lato oceanico dell'Europa è il terreno [Boden] dello Stato germanico. Il mondo oceanico comincia con la scoperta dell'America. «Costantinopoli cade davvero solo dopo la nascita di

100 Ivi, p. 164. [«Von jeher ist das Mittelmeer, weil es geographisch der Mittelpunct für alle umherliegende Gestadeländer ist, auch historisches Centrum für alle Nationen seiner Peripherie gewesen. Centrum und Peripherie können nie auseinander fallen, und diese Beziehung des Centrums zum Peripherie, des Allgemeinen zum Bestimmten, ist zugleich die Macht des Begriffs, welche, unzerbrechlich und unzerstörbar, auch gegenwärtig auf staunenswerthe Weise sich geltend macht»]. 101 Ivi, pp. 165-166. [«Alle Veränderung ist hier nur Erweiterung der Peripherie. Scheinbar nur und vorübergehend schlägt die Weltgeschichte ihren Hauptschauplatz auβerhalb der genannten Peripherie auf. Aber jeder dieser Puncte wird sofort der Ausgangspunct für die Bahn eines neuen historischen Planeten, der um die Sonne des Mittelmeeres kreiset»]. 102 Ivi, p. 167. [«Amerika ist gleich Asien und Afrika, ein Saz, an dessen Erfüllung die Geschichte arbeitet; aber Europa ist und bleibt die bedingende Grundgestalt!»]. 169

Colombo»103: a partire da questo momento avviene realmente il distacco tra i popoli germanici e la romanità. Come nel passaggio dal mondo potamico a quello talassico, così anche nel caso del mondo oceanico è la stessa natura della storia a cambiare perché cambia il raggio d'azione dello spirito e le connessioni reciproche nello spazio.

Ciò che caratterizza il mondo oceanico è, così, il fatto che

la storia non trascorre più in popoli individuali, come in tutto il mondo antico, in cui gli stadi di sviluppo della storia mondiale era dati come sequenza di singoli popoli, ma è legata a direzioni [Richtungen], che sono superiori a quelle dei singoli spiriti dei popoli e al cui compimento prendono parte più o meno tutti i popoli104.

La natura di questo «più o meno» però è decisiva: la geografia dovrà in questo guidare la politica affinché i popoli compiano il destino che è tracciato nella loro

Weltstellung.

In questo «terzo mondo» non cambia solo la storia ma anche il rapporto tra storia e geografia. Quando un popolo solo emergeva in primo piano sulla scena della storia, il suo corso era in maniera essenziale determinato dalla sua esistenza geografica.

Questo accadeva perché si trattava di stadi storici in cui non si era ancora affermata un'indipendenza dalla natura tale da potersi distaccare dalle condizioni naturali. Solo nel mondo germanico lo spirito si innalza al di sopra della natura, le dà forma e si mantiene nella sua libertà. La trattazione del mondo oceanico dovrà dunque essere duplice: «da una parte mostrare la particolarità dei popoli e dei loro carismi

[Charismat] legati alle determinazioni della superficie terrestre, dall'altra [mostrare] come il principio spirituale di tutti i popoli si riversa in determinate direzioni, sottomette la superficie della Terra e se ne appropria»105. Essa deve mostrare così «la

103 Ivi, p. 251. [«Constantinopel fällt erst, nachdem Columbus geboren ist»]. 104 Ibidem. [«Die Geschichte verläuft sich nicht mehr an Völkerindividuen, wie in der ganzen alten Welt, wo die weltgeschichtlichen Entwicklungsstufen aufeinander folgend einzelnen Völkern anheimgegeben sind, sondern is an Richtungen geknüpft, die höher sind, als die einzelnen Volksgeister und bei deren Erfüllung alle Völker mehr oder minder gleichzeitig betheiligt sind»]. 105 Ivi, p. 252. [«Indem sie daher nachweist eines Theils, wie die Besonderheit der Völker und ihre Charismata an die Besonderung der Erdoberfläche geknüpft sind, andern Theils, wie das geistige 170 dipendenza relativa dei vari spiriti dei popoli al terreno a cui sono legati nonché l'azione trasfigurante che lo spirito universale esercita sulla Terra»106.

Questo carattere universale che investe la particolarità di ciascun popolo è legato da

Kapp all'oceano. Tutti gli stati germanici si possono definire «oceanici», anche se solo l'Inghilterra ha propriamente a che fare con l'Oceano. Kapp individua nell'apertura degli oceani la vera rivoluzione spaziale che inaugura la modernità e una nuova visione del mondo:

senza l'Oceano nessun Colombo! Una nuova metà della Terra viene scoperta, il mondo romano non è più il globo terrestre [Erdkreis], Roma non è più il suo centro, la Terra non è più il centro fisso del mondo  senza Oceano nessun nuovo sistema mondiale [Weltsystem], senza Oceano niente Riforma! I limiti dello spazio sono rotti, Est e Ovest sono senza fine, non c'è più una finis terrae [...] e con ciò anche lo spirito si libera dalle sue catene gerarchiche e acquista sempre più universalità, dal momento in cui definisce come sua propria la Terra intera107.

L'Oceano Atlantico è, in particolare, quello che svolge la più importante opera di mediazione: le coste europee e quelle americane sono diventate come le due rive di un immenso fiume. Grazie alle correnti e ai venti, l'Oceano si può considerare come una terra attraversata da strade che è diventata la scena dello spirito, acquisendo così a sua volta un contenuto spirituale: «solo così [gli Oceani] diventano forze [Mächte]

Princip aller Völker, in bestimmten Richtungen sich ergieβend, den Erdboden unterwirft und sich aneignet»]. 106 Ibidem. [«So hat dieser dritte Abschnitt der politischen Geographie die Aufgabe, sowohl die relativ Abhängigkei der besondern Volksgeister von dem eingenommenen Boden nachzuweisen, als auch auf die von dem allgemeinen Geiste über den Erdboden ausgehende verklärende Rückwirkung hinzudeuten»]. 107 Ivi, p. 263. [«Ohne den Ocean kein Columbus! Eine neue Hälfte der Erde wird aufgedeckt, die römische Welt ist nicht mehr der Erdkreis, Rom nicht mehr sein Mittelpunct, die Erde nicht mehr das fixe Centrum der Welt,  ohne den Ocean kein neues Weltsystems, ohne den Ocean keine Reformation!»]. 171 che determinano, rapporti naturali che educano ed entrano al servizio della storia mondiale»108.

5. Geografia e politica

Dopo aver delineato il rapporto tra geografia e storia e l'organizzazione del materiale della Philosophische Erdkunde è necessario indagare i modi in cui la nuova concezione di uno spazio storico per la prima volta delineata da Ritter e ripresa da

Kapp influenzi la costruzione del discorso politico. Questo sarà fatto, in primo luogo, considerando le pagine dedicate alla Germania in cui Kapp affronta i temi salienti del dibattito politico degli anni '40: il problema dell'unificazione nazionale a fronte della mancata coincidenza tra unità nazionale, economica e politica e il problema della posizione tedesca in Europa e nel mondo109. A quest'ultimo, a cui si connettono una serie di temi quali l'opportunità di costruire una flotta tedesca e di impegnarsi in una politica coloniale nonché quella che comincia a essere definita in questi anni come soziale Frage. Si indagherà il modo in cui questi temi sono trattati a partire da una serie di argomentazioni geografiche e storiche derivate dall'impianto teorico fin qui delineato. In secondo luogo, esaminerò lo scritto Der constituirte Despotismus und die constitutionelle Freiheit (1849), con il quale Kapp interviene nel dibattito costituzionale che accompagna il lavoro della Nationalversammlung di Francoforte e che permette di gettare uno sguardo geografico sui dibattiti relativi alla struttura amministrativa, costituzionale e territoriale dello Stato.

Il legame tra geografia e politica è affermato esplicitamente da Kapp il quale definisce la geografia la «scuola propedeutica» [Vorschule] della politica. La Erdkunde

108 Ivi, p. 261. [«Nicht die Wassermassen des Oceans, welche die Continente umfluthen, für sich sind es, welche den Völkern die oceanische Lebenseite eröffnen [...] sondern nur dann, wenn sie ein Schauplatz des Geistes werden, wenn die Wasserform einen historischen Inhalt gewinnt»]. 109 Su questo si veda F. Meinecke, Cosmopolitismo e Stato nazionale: studi sulla genesi dello Stato nazionale tedesco, Firenze, La Nuova Italia, 1975; H. U. Wehler, Deutsche Gesellschaftsgeschichte, voll. 1-3, München, Beck, ; T. Nipperday, Deutsche Geschichte 1800-1866: Burgerwelt und starker Staat, München, Beck, 1993; Id., Gesellschaft, Kultur, Theorie: gesammelte Aufsatze zur neueren Geschichte, Göttingen, Vandenhoeck und Ruprecht, 1976. 172 considera le condizioni naturali che intervengono nel determinare la natura dello

Stato. A questo proposito Kapp si chiede, facendo riferimento all'importanza che

Napoleone aveva riconosciuto alla conoscenza del territorio per la pianificazione politico-strategica:

come potrebbe lo studio della Erdkunde in generale essere di utilità pratica per colui che guida uno Stato, se la Terra non fosse veramente il fondamento fisico della comunità politica e con ciò non fornisse il suo marchio naturale alla formazione degli Stati, in quanto grandi istituzioni educative [Erziehungsanstalt] nazionali?110.

In un altro passaggio Kapp scrive che, se considerata in termini filosofici, la

Erdkunde è una scienza politica in quanto lo Stato è la figura concreta del rapporto dinamico tra uomo e natura: esso è un prodotto storico che, a sua volta, produce un mondo etico come seconda natura. Nella distanza che sussiste tra una propedeutica e una scienza risiede una tensione costitutiva del pensiero di Kapp che è al centro della sua ideologia politico-geografica. La Erdkunde indica sia qual è la specificità naturale di un popolo nel suo legame con il territorio sia, in un contesto in cui l'influenza della natura è meno forte come nel mondo germanico, quel compito storico a cui la naturalità rimanda e che la politica deve portare a compimento. La Erdkunde è scienza politica perché il compito che è iscritto nei continenti abitati dall'uomo non è una causa meccanica dei comportamenti degli individui e dei caratteri dei popoli, ma

è un «destino» che deve essere attivamente realizzato attraverso la politica. Tra passato e futuro, lo spazio storico del presente si dà così come uno spazio che ha sì un'intelaiatura naturale che spiega le differenze e le identità, ma è anche e soprattutto disponibile a essere adeguato progressivamente a questa stessa intelaiatura. Tale duplicità è espressa nel concetto stesso di nazionalità che Kapp propone: «la

110 E. Kapp, Allgemeine Erdkunde, 2 ed., cit. p. 21. Come la Terra è, ritterianamente, la Erziehungshaus dell'uomo, così lo Stato, il mondo etico, è un'istituzione volta a garantire il progresso etico e così l'unità degli individui che ne fanno parte. [«Wie vermöchte auch das Studium der Erdkunde überhaupt von praktischem Nutzen für den Staatslenker zu sein, wenn nicht wirklich die Erde selbst die physische Grundlage der politischen Gemeinwesen wäre und dadurch der Bildung der Staaten, als groβer nationaler Erziehungsanstalten, ihr natürliches Gepräge verliehe?»]. 173 nazionalità di un popolo è il prodotto di due fattori di cui uno è la sua determinazione naturale e l'altro è il suo destino [Schicksal]»111. Grazie a questa dialettica tra storia e natura, l'argomentazione geografica non serve per affermare le specificità locali contro la prospettiva di un'unificazione nazionale: tra centralismo e federalismo Kapp sostiene uno Stato federale in cui siano sì riconosciute le autonomie locali ma che sia orientato verso una coordinazione forte tra i membri dell'insieme. La prospettiva geografica viene utilizzata nell'argomentazione politica proprio per tenere insieme il passato della nazione in quanto unità geografica, etnica e storica e il futuro della nazione come Stato oceanico unitario, capace di essere un modello universale di statualità razionale.

Nella sezione della geografia politica dedicata alla Germania, Kapp si chiede innanzitutto quali siano le determinazioni naturali del popolo tedesco. I confini della

Germania sono di due tipi: confini nazionali, il cui indice più evidente è la lingua, e confini politici i cui segni più chiari sono le linee tracciate sulle carte112. La regione linguistica tedesca [deutsche Sprachgebiet] ha a ovest il suo limite nella Mosa che costituisce il confine con la zona vallona. Il confine prosegue verso Sud, passa tra

Eupen e Malmedy e segue il confine politico del dominio prussiano sul Reno fino a

Diedenhofen sulla Mosella. Da qui attraversa la Lotaringia e prosegue lungo i Vosgi fin nei dintorni di Thann e tocca il confine svizzero nella parte settentrionale del cantone di Berna. Il Monte Rosa è il punto più meridionale della regione linguistica tedesca. Dal limite orientale della valle di Landquart il confine arriva fino al fiume

Inn, poi prosegue a sud fino a nord di Trento e si dirige verso nordest e segue il profilo delle Alpi carniche fino a Pontebba, per proseguire poi lungo le linee montuose tra Villach e Klagenfurt e verso l'Ungheria, dove è interrotto da enclaves slave e da isole linguistiche magiare per poi dirigersi infine a nord fino al Danubio.

111 Id., Philosophische Erdkunde, cit., p. 299. Il concetto di destino avrà una grande fortuna nella tradizione geopolitica: Friedrich Ratzel definisce lo spazio stesso come il destino a cui i popoli sono assegnati. Esso svolge inoltre una funzione determinante nella formazione della filosofia della storia di Hegel proprio perché indica tanto un'azione da realizzare quanto la non disponibilità completa della storia a una pianificazione razionale o trasformazione da parte degli individui. 112 Cfr. E. Kapp, Philosophische Erdkunde, cit., p. 301. 174

Verso Nord il confine segue la Morava fino all'incontro con l'affluente Thaya e poi tocca in direzione nord ovest i monti magiari. In Boemia gli slavi occupano le pianure all'interno, mentre le zone montuose e i dintorni sono abitate da tedeschi. La Slesia superiore è in gran parte slava e solo nella zona tra Oppeln e Brieg il confine linguistico torna a toccare il fiume Oder, mentre la Slesia inferiore è quasi interamente tedesca. Il confine linguistico tra la Prussia orientale e occidentale è molto complicato a causa dei differenti rapporti dell'aristocrazia tedesca con quella polacca. Il confine settentrionale è costituito dalla costa del mar Baltico e dalla costa del mare del Nord con alcune interruzioni nell'angolo nord orientale della Pomerania e nello Schleswig del nord. Si tratta dunque di un confine tutt'altro che lineare, a cui si aggiunge la presenza di numerosissime isole linguistiche alla periferia. Inoltre, non

è possibile tracciare un vero e proprio confine linguistico perché nessun altro popolo si è insediato in tal misura in altre parti d'Europa come i tedeschi attraverso la colonizzazione»113. I tedeschi costituiscono una parte di tutte le popolazioni europee: nel mondo slavo come isole linguistiche separate, mentre nel resto d'Europa come parte costitutiva della popolazione. Per quanto riguarda i confini politici della

Germania, il Deutsche Bund «non ha solo confini più stretti di quelli linguistici [...] ma include anche una quantità di abitanti non tedeschi»114. Solo a nord il confine linguistico e quello politico coincidono: non c'è una sovrapposizione necessaria tra i due e nessuno dei due sembra avere una priorità, epistemologica e politica, rispetto all'altro115.

Kapp propone a fronte di questa complessità una distinzione di massima della zona tedesca in tre parti distinte dal punto di vista dei suoi abitanti: l'intera metà occidentale dal mare del Nord alle Alpi è tedesca; la parte orientale suddivisa dalle montagne (dal Fichtelgebierg al Beskiden) e la parte settentrionale fino al mar Baltico

113 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, vol. 2, cit., p. 304. [«Kein anderes Volk hat sich auf dem Wege der Colonisation in so vielen Ländern Europa's einheimlich gemacht»]. 114 Ibidem. 115 Sull'incertezza dei confini tedeschi e sui dibattiti circa la loro definizione si veda H.-D. Schultz, Deutschland "natürliche" Grenzen. "Mittellage" und "Mitteleuropa" in der Diskussione der Geographen seit dem Beginn des 19.Jahrhunderts, in «Geschichte und Gesellschaft», n. 15, 1989, pp. 248-281; A. Demandt, a cura di, Deutschlands Grenzen in der Geschichte, München, Beck, 1990. 175

è la zona delle terre slave germanizzate; la parte meridionale fino all'Italia è una zona con una popolazione mista, italiana, tedesca, slava. A questa suddivisione generale si deve limitare la geografia politica se vuole ricondurre gli Stati della confederazione germanica su base etnografica a confini naturali. Se ci si addentrasse nei singoli Stati, infatti, ci si scontrerebbe in ogni istante con contraddizioni tra i confini etnici, statali e naturali: «come sono incerte le delimitazioni prese singolarmente!»116. Mentre i lati diventano un po' più riconoscibili, se si prosegue verso il centro le delimitazioni politiche sono così minute e si accavallano in maniera così complessa da non poter affatto essere ricondotte a delimitazioni naturali. Questa incertezza nella suddivisione rende anche difficile scrivere una «descrizione dei tratti caratteristici

[Charakteristik]» della popolazione tedesca. Le differenze sembrano organizzarsi per zone in base alla tipologia della conformazione geografica e alla posizione, più che per ceppi o secondo delimitazioni politiche: la differenza tra nord e sud, tra montagna e pianura, tra il lato alpino e quello costiero. Ancora una volta, l'argomentazione geografica in generale, e in particolare la scienza dei rapporti tra uomo e ambiente e tra differenti porzioni dell'ambiente è determinante per uscire dall'impasse della mancata coincidenza dei confini politici e dei confini naturali. La conformazione della superficie terrestre influenza infatti lo sviluppo storico dei popoli che a loro volta storicizzano un territorio, rendendo l'unificazione un fattore non solo naturale ma anche frutto di uno sviluppo nel tempo.

La descrizione fisica della Germania si basa, secondo una specificità di Kapp già messa in luce, sulle regioni fluviali. Anche per Kapp, infatti, come per Ritter, come vedremo, per Kohl l'acqua costituisce un elemento geografico dal rilievo eccezionale perché capace di produrre comunicazione e organizzazione spaziale. Determinante per la Germania del sud è la regione danubiana, mentre per la Germania occidentale quella renana. Questi due fiumi sono i due fiumi «romani» perché scorrono dove un tempo vi era la provincia romana e le loro rive sono la sede di città fondate

116 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., p. 326. [«Aber wie unsicher sind die Abgrenzungen im Einzelnen!»]. 176 dall'impero. A partire da qui, Kapp delinea un'originale storia dei fiumi, dagli insediamenti slavi al dominio territoriale carolingio e dei re franchi e sassoni, valutando l'importanza storica che di volta in volta questi due fiumi hanno avuto come catalizzatori della storia politica ed economica. A questa delineazione storica, segue la descrizione delle altre regioni fluviali della Germania settentrionale, cioè quella del Weser, dell'Elba, dell'Oder e della Vistola, benché non siano importanti dal punto di vista storico quanto il Reno117. Kapp conclude l'analisi delle regioni fluviali affermando l'importanza strategico-militare dei fiumi: «le battaglie di popolo non si decidono sulle montagne o sugli altipiani, il loro teatro sono gli avvallamenti, sono le pianure intorno ai fiumi che sono i produttori delle città, il centro dell'alimentazione per le masse»118. Se c'è un popolo rispetto al quale è evidente la potenza formativa del mondo fluviale questo è proprio quello tedesco. È lungo i fiumi, come il Danubio e l'Elba, che le terre una volta occupate dagli slavi vengono germanizzate progressivamente. D'altra parte, è lungo le rive dell'Elba che si è cominciato a combattere contro il dominio romano e le popolazioni dei territori posti tra il Mare del Nord, l'Elba e il Meno fino a oltre il Reno sono state le uniche che hanno contrastato i Romani sotto la guida di Armin, dando inizio alla formazione storica della nazione tedesca. Essi

attraverso la comunanza di quell'impresa hanno ottenuto e conservato una connessione nazionale. Attraverso la lotta contro Roma hanno ricevuto un terreno storico [einen geschichtlichen Boden]. Un popolo ha storia innanzitutto attraverso il contatto con il mondo esteriore più civile [mit seiner cultivierteren Auβenwelt]119. I nomadi del Sahara e i popoli cacciatori della Siberia non hanno mai dato vita a una storia. I germani tra il Reno, l'Elba e il Meno hanno una storia in senso completamente

117 Nel presente, scrive Kapp, l'Elba assume un'importanza strategica pari al Reno. A questo proposito, egli cita la famosa frase di Pitt secondo cui il Canada viene conquistato sul Reno, dicendo che dall'Elba si può conquistare Parigi. E da qui venne intrapresa la decisiva battaglia contro Roma. 118 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol, cit., p. 312. [«Völkerschlachten werden nicht auf Bergen und Hochebenen entschieden, ihr Schauplatz ist die Niederung, sind die Ebenen an Flüssen, welche die Erzeuger der Städte sind, der Mittelpunct der Ernährung für de Massen»]. 119 Quest'idea che un contatto con un popolo superiore possa introdurre un principio storico in un popolo altrimenti immerso nella vita naturale viene sostenuta anche da Hegel mentre parla dell'Africa. Cfr. G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, cit., pp. 80-87. 177

differente rispetto agli altri germani. Con l'inizio del processo storico dalla naturale rozzezza cresce in ogni popolo da sé anche l'amore per una patria [Heimat] fissa; poiché il terreno storico è il terreno dell'azione consapevole e con ciò diventa patria [Vaterland]120.

Qui ha inizio la nazione storica tedesca che è tale in quanto è legata a un territorio comune e che si sovrappone all'esistenza in esso di differenti popolazioni, cioè i

Franchi e i Sassoni che si distribuiscono nelle varie regioni secondo una delimitazione determinata per lo più dalla tipologia della conformazione terrestre. La costa del mare era il solo confine fisso, «i fiumi e i monti valevano il più delle volte in maniera del tutto casuale come confini. Si può solo dire che un qualsiasi terreno montuoso, una regione fluviale o una parte di ciò è stata il centro o il fondamento di questa o quella potenza territoriale»121. Si riafferma così l'idea che non ci siano confini naturali eternamente validi e normativi, ma che questi abbiano significato storico in quanto riescono a raccogliere attorno a sé una determinata configurazione storico- politica. Benché i fiumi e i monti fossero alla base delle suddivisioni amministrative del Sacro Romano Impero, tuttavia, i confini di questi distretti mutavano in continuazione, nessun confine naturale poteva valere in via definitiva come tale. La

Erdkunde ha il compito di proporre una storia geografica, cioè una storia della

«fisionomia politica dei paesi [die politische Physiognomie der Länder]»122, la storia della loro organizzazione territoriale e amministrativa. Nel caso della Germania Kapp

120 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., p. 317. [«Die Volkerstämme innerhalb der Nordsee, der Elbe, des Main bis über den Rhein waren die einzigen gewesen, welche an dem Widerstande, den sie unter Armin der Römern entgegensetzt hatten, und durch das Gemeinsame ihrer Unternehmungen einen nationalen Zusammenhang gewonnen und bewahrt hatten. Sie hatten durch die Kämpfe mit Rom einen geschichtlichen Boden bekommen. Geschichte erhält ein Volk zuerst durch seien Berührung mit seiner cultivirteren Auβenwelt. Die Nomaden der Sahara und die Jägervölker Sibiriens haben unter sich allein nie eine Geschichte zu Stande gebracht. Die Germanen zwischen Rhein, Elbe und Main haben in ganz anderem Sinne eine Geschichte, wie die übrigen Germanen. Mit dem Anfang historischer Erlösung aus der natürlichen Rohheit wächst bei jedem Volk von selbst auch die Liebe zu der festen Heimath; denn der geschichtliche Boden ist der Boden der bewuβten That und wird nur dadurch zum Vaterland»]. 121 Ivi, p. 319. [«Die Seeküste war die einzige feste Gränze, Flüsse und Gebirge galten meistens nur ganz zufällig als Gränzen. Man kann nur sagen, daβ irgend ein Gebirgsland, ein Stromgebiet oder ein Theil davon die Mitte oder die Grundlage dieser oder jener Territorialmacht gewesen sei»]. 122 Ivi, p. 310. 178 suddivide tale storia in cinque periodi: il periodo ancestrale descritto da Tacito, l'organizzazione delle popolazioni attraverso le migrazioni, l'indipendenza dell'impero tedesco sotto i Carolingi e la formazione delle monarchie feudali da parte dei re Sassoni e Franchi. Infine si arriva allo scioglimento dell'impero del 1806 e alla fondazione del Deutsche Bund. Nella storia che Kapp descrive si confrontano una spinta centralizzatrice e spinte centrifughe da parte dei poteri locali, innescate dalla legge sull'ereditarietà dei feudi: «del resto, com'è stato osservato sopra, in generale la tendenza verso la centralizzazione del potere statale non è favorita [...] della posizione aperta [die offene Lage] della Germania su più lati, dalla carenza di unità naturali, di un intero geograficamente chiuso»123. A partire da qui, per descrivere il carattere geografico della Germania a fronte dell'indeterminatezza dei suoi confini,

Kapp fa leva sulla sua centralità in senso geografico e spirituale. La Germania è al centro dell'Europa, è il suo cuore pulsante e da qui trae la sua determinatezza geografica e il suo compito storico.

L'idea che la Germania sia il centro geografico e spirituale dell'Europa non è nuova ma comincia a diffondersi negli anni '30 e '40 nella letteratura geografica e nella pubblicistica124, anche se acquisterà un significato direttamente politico, come

Mitteleuropa, solo dopo la fondazione del Secondo Reich. Tale idea viene per la prima volta utilizzata da Leibniz nel 1670125. Il filosofo tedesco afferma che il Sacro

Romano Impero doveva smettere di diventare un campo di battaglia per i suoi vicini affinché l'Europa potesse restare in pace. L'Impero così, attraverso un rimando all'idea medievale del regno universale di Cristo e della sua funzione contro barbari e infedeli, doveva essere pensato come il baricentro dell'Europa che ne avrebbe garantito l'equilibrio. A questa funzione contribuiva anche il fatto che esso

123 Ivi, p. 320. [«Auβerdem wurde, wie oben bemerkt ist, überhaupt durch die nach mehreren Seiten offene Lage Deutschlands, durch den Mangel an Natureinheit eines geographisch abgeschlossenen Ganzen das Streben nach Centralisation der Staatsgewalt durchaus nicht so unterstützt, wie in allen andern romanischen und germanischen Staaten»]. 124 Cfr. G. Wollstein, Das "grossdeutschland" der Paulskirche. Nationale Ziele in der bürgerlichen Revolution, 1848/49, Düsseldorf, Droste, 1977; H. C. Meyer, Mitteleuropa in German Thought and Action, 1815-1945, Nijhoff, The Hague, 1955. 125 Cfr. F. E. Schader, Le Saint Empire romain germaniques dans les représentations européennes, 1648-1789: "equilibre", "milieu", "centre", in «Revue Germanique Internationale», n. 1, 1994, pp. 83-106. 179 comprendesse in sé differenti Stati: uno Stato unico e potente nella stessa posizione non sarebbe stato un garante della pace, ma al contrario una costante minaccia di guerra.

Per quanto riguarda la riedizione geografica di quest'idea, una volta messa in discussione la capacità dei confini di organizzare lo spazio e la non corrispondenza tra confini fisico-naturali, confini linguistici e confini politici, la nozione di centro permette di pensare a un'unità che comprenda le relazioni tra le parti e non semplicemente lo spazio all'interno di determinati limiti. In quest'ottica, la Germania comincia a essere pensata come uno spazio per molti aspetti aperto, collocato al centro dell'Europa comprendendo anche Austria, Danimarca e Olanda, e caratterizzato da una forma specifica di unità pur nella frammentazione territoriale e politica. La centralità assume un carattere sia geografico sia normativo: la Germania è la punta spiritualmente più avanzata dell'Europa, centro di mediazione e dialogo tra

Oriente e Occidente, tra Nord e Sud. E la disomogeneità può, in quest'ottica, essere fatta valere contro il centralismo francese o la «fluidità» costituzionale inglese.

L'esempio di Kapp non è isolato. Nelle sue già citate lezioni sull'Europa, anche

Ritter descrive una zona come Mittlere Europa che sarebbe quello spazio compreso tra il Reno e l'Elba e tra il Mare del Nord e le Alpi126. Si tratta di un ambito «un po' confuso [etwas verworrene]», che costituirebbe il centro di un'Europa che è, a sua volta, il centro del mondo, dal punto di vista spirituale e geografico. Mentre Africa,

America e Australia sono dotate di una natura magnifica e dirompente, la natura europea è più moderata e armonica, condizione che fa sì che qui l'«elemento storico» possa avere la meglio sulla natura. In questo risiede la sua centralità spirituale.

D'altra parte, essa è posizionata nella maniera più favorevole per intrattenere rapporti commerciali con tutti gli altri continenti. Per quanto riguarda il territorio del

Deutsche Bund, Ritter scrive solamente che lo Stato prussiano e quello austriaco devono funzionare come Vermittlung tra Oriente e Occidente, senza specificare

126 Quest'idea è alla base della celebre tesi di Otto Hintze sulla posizione centrale della Germania come costitutiva del suo carattere costituzionale. Si veda Machtpolitik und Regierungsverfassung, in Staat und Verfassung, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1970, pp. 424-456. 180 questa funzione. Quello che si può trarre, tuttavia, dalle lezioni ritteriane sull'Europa

è la delineazione di una nozione di «Mitte» che combina un'attenzione precipua alla posizione (rispetto ai confini) e una teoria dell'interazione tra fattori posizionali naturali e culturali nella considerazione geografica.

Secondo Johann Christoph Friedrich Gutsmuths, che scrive insieme a J. A. Jacoby l'opera Deutsches Land und deutsches Volk la caratteristica principale del popolo tedesco sarebbe quella di essere il «portavoce del dialogo storico-mondiale tra i popoli»127: un'idea già presente, ad esempio, in Kant che descrive il carattere tedesco come particolarmente adatto all'emigrazione e caratterizzato da un'attitudine cosmopolitica128. Quello che fino a quel momento era una sorta di luogo comune attribuito al carattere del popolo viene ora derivato dalla posizione del territorio tedesco. Il rapporto tra disomogeneità e centralità sembra essere uno degli elementi più importanti per descrivere la Eigentümlichkeit della Germania. Benjamin

Mendelssohn129 in Das germanische Europa (1836) sostiene che il suolo tedesco è caratterizzato dal «contrasto reciproco di molteplici opposti»130. La disomogeneità politica corrisponde alla disomogeneità territoriale. Essa non ha dei confini naturali ben definiti: se a Nord con il mare e a Sud con le Alpi si hanno dei limiti netti, a est e a ovest essa è pericolosamente aperta al mondo slavo, da un lato, e alla Francia dall'altro. Secondo Mendelssohn, tuttavia, alla disomogeneità territoriale e politica corrisponde una maggiore omogeneità etnica della Germania in quanto qui la stirpe germanica non si è romanizzata come nel resto dell'Europa occidentale. Temi analoghi ritornano anche nell'opera del geologo Bernhard Cotta, Deutschlands Boden.

127 J. C. F. Gutsmuths e J. A. Jacoby, Deutsches Land und deutsches Volk (1820). 128 I. Kant, Anthropologie in pragmatischer Hinsicht, cit. 129 Benjamin Mendelssohn (1794-1874) è un allievo di Ritter a Berlino. Nel 1836 pubblica la sua opera Das germanische Europa il cui capitolo sull'Inghilterra era già stato pubblicato in Historischpolitischen Zeitschrift diretto da Leopold von Ranke (1832-33) e viene chiamato come professore di geografia e statistica all'Università di Bonn, anche grazie al legame tra la famiglia Mendelssohn e Alexander von Humboldt. Successivamente si ritira dall'insegnamento (anche in seguito a una protesta dei resta) e si dedica alla storia e alla politica, in particolare sulle istituzioni cetuali negli Stati monarchici, attestandosi su posizioni conservatrici. La sua opera è così suddivisa: Gallia, Gran Bretagna, Germania occidentale, Germania meridionale, Germania settentrionale, Mondo slavo, Russia e Scandinavia. 130 B. Mendelssohn, Das germanische Europa. Zur geschichtliche Erdkunde, Berlin, Duncker und Humblot, 1836, p. 135. 181

Sein geologischer Bau und dessen Einwirkung auf das Leben des Menschen (1854), che stabilisce un parallelismo tra la disomogeneità geologica della Germania e la sua frammentazione politica. La Germania sarebbe, così, «solo un concetto artificiale

[künstlicher Begriff], il confine tra altri paesi, un conglomerato geologico (e politico), il centro geologico e spirituale dell'Europa, un ampio centro senza periferia, ma non un paese unitario»131. A partire dall'impossibilità di definire dei confini nazionali, dunque, si apre un campo per la geografia in cui questa si trova a escogitare gli strumenti ideologici per definire lo spazio della nazione. L'idea di centro geografico e delle sue conseguenze è uno dei modi in cui questo compito viene svolto.

La caratteristica della prospettiva di Kapp è quella di riconoscere nella centralità il tratto che consente non solo alla Germania di avere quello specifico equilibrio tra disomogeneità e omogeneità, ma anche le indica il compito storico-mondiale che deve svolgere. Per Kapp, la Germania è il «punto di unità [Einheitspunkt]» del mondo, il centro tra il mondo mediterraneo e il mondo slavo132 in cui vengono unificate le differenze pur mantenendosi come tali. Si tratta di un'idea ampia di

Germania: una zona continentale che collega il Mare del Nord all'Adriatico. Essa comprenderebbe anche l'Olanda, il Belgio e la Svizzera considerato il fatto che sono

Rheinstaaten. Inoltre, l'Ungheria e quei territori nel basso corso del Danubio che ancora appartengono alla Turchia dovrebbero aprirsi agli interessi marini della

Germania.

La combinazione tra identità e differenza poggia, del resto, sulla stessa conformazione geografica della Germania. Essa comprende tutte le forme naturali

131 Bernhard Cotta (1808-1879) è l'autore della prima opera dedicata esclusivamente alla conformazione geologica di un territorio. La conformazione geologica viene messa in relazione, nell'introduzione, com'è evidente anche da questa citazione, con quella politica, secondo cui a una conformazione territoriale particolarmente frammentaria dovrebbe corrispondere un'uguale frammentazione politica. Quale sia il rapporto effettivo tra l'una e l'altra rimane però oscuro. Tra l'altro l'opera presenta una serie di allusioni e riferimenti alla conscenza del Boden come il fondamento più autentico di uno Stato e al rapporto tra riforma e rivoluzione. Cfr. B. von Cotta, Deutschlands Boden, Leipzig, Brockhaus, 1858. Il tema della frammentazione ritorna anche in Hermann Adelbert Daniel, Deutschland nach seinen physischen und politischen Verhältnissen (1863). 132 Non a caso Kapp parla di «Welte» influenzato dalla filosofia della storia hegeliana, piuttosto che di regioni o di individui geografici come aveva fatto Ritter. 182 presenti in Europa in un unico Naturgebiet ed è in tal modo capace di essere unità nel diverso133. «Non è il corpo umano la più perfetta unità della maggiore molteplicità di membri e organi?»134, si chiede Kapp. In maniera analoga, anche nella terra tedesca una quantità di forme naturali sono unite in un intero. Inoltre, a questa favorevole complessità naturale corrisponde un'analoga complessità nell'attività economica: «le regioni dell'agricoltura e dell'estrazione mineraria, della navigazione fluviale e marina si compenetrano e si completano a vicenda». Mentre negli altri paesi prevale una o l'altra, «in Germania tutte queste direzioni di vita [Lebensrichtungen] si compenetrano»135. Questo fa sì inoltre che «non sia possibile unificare le forze vitali in un punto»136: molte città popolose prosperano al centro delle diverse regioni economico-naturali, organizzandosi in maniera armoniosa con la proprietà terriera.

Berlino, perciò, non è l'unico centro della Germania.

Anche la disomogeneità storica della Germania dipende dalla sua posizione centrale: sono i molteplici rapporti con i popoli circostanti, dovuti alla sua estrema accessibilità, ad aver provocato tale differenziazione interna, che ha avuto conseguenze sulla sua costituzione politica, caratterizzata da un confronto continuo tra Impero e i Reichsstände che si fa sentire fino alla fondazione del Deutsche Bund e al dibattito sulla costituzione federale. Kapp afferma l'importanza del permanere delle differenze affinché la Germania eserciti attivamente la sua azione come Einheitspunkt dell'Europa promuovendo una concreta mediazione tra le differenze. Secondo Kapp,

133 «Così come in Europa in generale tutte le forme delle superfici degli altri continenti sono connesse in un tutto in sé molteplice, così anche in Germania si trova la maggiore molteplicità di forme naturali ordinate armonicamente, così la Germania, che occupa il centro dell'Europa, mostra l'unità più perfetta di tutte le forme di terreno che ci sono in questo continente» (E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., p. 335). 134 Ivi, p. 332. [«Ist nicht der Leib des Menschen die vollkommenste Einheit der gröβten Mannichfaltigkeit von Gliedern und Organen?»]. 135 Ivi, p. 340. [«Die Regionen des Ackerbaus und des Bergbaus, der Fluβ und der Seeschiffahrt, durchdringen und ergänzen sich einander. Während in den slavischen Gebieten der Ackerbau, in Norwegen und Schweden der Bergbau, in England oceanische Schiffahrt überwiegen, während in den romanischen Gebieten der Bergbau in den Hintergrund tritt, stehen in Deutschland alle diese Lebensrichtungen im Gleichgewicht»]. 136 Ivi,p. 341. [«Hier ist keine ausschlieβliche Vereinigung der Lebenskräfte auf Einen Punkt möglich»]. 183

«la capacità comunicativa della Germania verso tutti i lati è il risultato della sua posizione centrale [Lage]»137.

La Germania è il cuore del continente e riesce sia ad accogliere ciò che l'esterno sviluppa, sia a comunicare ciò che è specifico [das Eigenthümiche] all'estero. Essa è centro, dunque, in quanto potenza unificante capace di mediare tra le differenze senza lasciarle sussistere nella loro reciproca indifferenza, ma concentrandole in una comune natura e in un comune destino. Questa specifica idea di centralità ha anche delle conseguenze sul modo in cui viene pensata la costituzione interna dello Stato: «i tedeschi, anche grazie alla loro formazione statale, danno vita a una compenetrazione delle differenti e opposte direzioni della vita politica che corrisponde alla proporzione dei rapporti geografici»138. In questo senso la Germania non deve temere né gli svantaggi della centralizzazione, né i pericoli di un federalismo puro. I suoi singoli Stati non saranno mai degradati a mere province139:

la principale caratteristica della terra e del popolo tedesco è l'uguaglianza e l'unità delle sfere e nello stesso tempo la differenza e l'opposizione di queste140. Quell'unità è un'unità nazionale, un'unità tratta da lingua, costumi e storia comune. La storia una volta ha dato alla nazione tedesca contro il mondo cristiano nei loro re un punto di unità visibile. Questa è diventata nient'altro che un'ombra, ma ora si innalza dalle macerie dell'impero romano decaduto una formazione ricca di futuro141.

137 Ivi, 2 vol., p. 304. [«Die Mittheilungsfähigkeit Deutschlands nach allen Seiten ist das Ergebniss seiner centralen Lage»]. 138 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 1 vol, cit., p. 254. [«Die Germanen [...] behaupten auch ihren staatlichen Gestaltungen eine dem Gleichmaβ der geographischen Verhältnisse entsprechende Durchdringung der verschiedenen und entgegensetzen Richtungen des politischen Lebens»]. 139 Cfr. Id., Philosophische Erdkunde, 2 vol., p. 340. 140 Questo è il nucleo di quello che Dieter Langewiesche ha definito il «föderatives Nationalbewuβtsein» tedesco indicando con ciò il fatto che il movimento nazionale, affondando le sue radici nella costituzione dell'impero, fino almeno agli anni '60 tendeva verso un'unificazione nazionale che manteneva una qualche indipendenza dei singoli Stati. Cfr. D. Langewiesche e G. Schmidt, Föderative Nation. Deutschlandkonzepte von der Reformation bis zum Ersten Weltkrieg, München, Oldenbourg, 2000. Sul rapporto tra centralismo e federalismo si veda anche P. Schiera, O. Janz, H. Siegrist, Centralismo e federalismo tra Otto e Novecento. Italia e Germania a confronto, Bologna, Il Mulino, 1997. 141 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., p. 328. [«Die Geschichte hat einst der deutschen Nation, gegenüber der christlichen Welt, in ihren Königen einen sichtbaren persönlichen Einheitspunct 184

La nuova formazione è il Deutscher Bund, quest'ombra che indica un futuro di unità nazionale142, una tendenza che ha il suo fondamento nel sentimento nazionale che si è mostrato, ad esempio, durante le «Befreiungskriege» e indica la direzione alla quale la storia sta lavorando, cioè l'adeguamento tra la forma politica e l'unità nazionale143. Il

Deutsche Bund rappresenta ancora un legame esteriore tra gli Stati a cui dovrebbe seguire naturalmente una forma di Bundesstaat, vale a dire uno Stato federale in cui i singoli Stati siano legati da un rapporto essenziale, organico, come i membri di un unico organismo144. Questo Stato federale che si affermerà in futuro è, innanzitutto, la

gegeben. Dieser wurde zwar zuletzt ein Schatten und verblich, dafür aber erhob sich aus den Trümmern der untergangenen alten Reichsherrlichkeit eine neue zukunftreiche Gestalt»]. 142 L'idea che il Deutsche Bund fosse una forma manchevole di unione federale e una forma fallimentare di unificazione nazionale, sostenuta dai contemporanei e in generale a sostegno del ipotesi piccolo tedesca a guida prussiana, è stata messa in discussione dalla storiografia dopo la seconda guerra mondiale. Cfr. su questo W. D. Gruner, Der deutsche Bund. 1815-1866, München, Verlag C. H. Beck, pp. 30 ss. Gruner scrive che «der deutsche Bund konnte und wollte kein Nationalstaat, kein nationaler Einheitsstaat sein. Er sollte nach dem Ende des Heiligen Römischen Reiches deutscher Nation eine Organisationsform für dessen Gebiete schaffen, die der staatlichen Vielfalt dieses Raumes Ausdruck gab und am besten den historischen Traditionen der einzelnen deutschen Geschichtslandschaften entsprach» (Ivi, p. 32). 143 La discussione su quale sia la forma migliore per la Germania, se un modello di Stato centralizzato o un Stato federale è al centro del confronto pubblico negli anni '40 e soprattutto nel biennio 1848-49. D'altra parte, dalla fine dell'Impero tedesco erano sempre stati proposti dei progetti di una organizzazione che potessero ereditare le funzioni e l'ampiezza del Sacro Romano Impero. In particolare erano presenti tre modelli nel dibattito pubblico: la ricostituzione dell'Impero con una costituzione imperiale riformata sotto la guida dell'Austria, un codominio tra Prussia e Austria con il fiume Meno come confine delle rispettive sfere di influenza e una soluzione federale della questione costituzionale, in relazione al quale venivano discusse opzioni confederative o federative. In quest'ultima ipotesi si colloca anche la discussione di Kapp. Su questo si veda D. Langewiesche, Föderative Nation, cit. Sulla svolta prodotta dalla caduta dell'Impero nel 1806 si veda B. Mazohl, Zeitwende 1806: das Heilige Römische Reich und die Geburt des modernen Europa, Wien, Böhlau, 2005. 144 Sull'importanza del regionalismo nella storia politica tedesca prima e dopo la fondazione dell'impero si veda S. Weichlein, Regionalism, Federalism and Nationalism in the German Empire, in J. Augusteijn, E. Storm, Region and State in Nineteenth-century Europe. Nation building, regional identities and separatism, New York, Mcmillan, 2012, pp. 93-110. Qui vengono riconosciute due forme di regionalismo (una che veniva da Stati di media grandezza come la Baviera, il Württemberg e la Sassonia): un regionalismo più antico e che fa riferimento a uno stato o, più precisamente, a una dinastia e un altro più recente che si dà a livello sub-statale (ad esempio nel Palatinato o in Franconia), cioè quelle regioni che erano state incorporate negli stati di media grandezza, ma anche nella Prussia (nel 1866). Il regionalismo è parte di sistema politico costituito da più livelli. In quest'opera viene sottolineata anche l'importanza delle argomentazioni geografiche per affermare la specificità locale di una regione: «the region is not a geographical entity but rather a socio-spatial concept that wins its legitimacy through the persuasive force of geography, that is, the presumption that it is natural and self-evident and does not aspire to follow an abstract ideal. It is a form of abstract integration, just as the nation is a form of abstract integration. The resulting community is an "imagined community", where similar mechanisms come into play as with the nation and nationalism» (Ivi, p. 96). Nel caso di 185 forma politica che rispecchia l'unità nazionale. Kapp specifica che nessuna forma politica può produrre un'unità nazionale: se questa non si fosse già di per sé preservata nel corso della storia non ci sarebbe possibilità di produrla. D'altra parte, è un'unità che ha un «fondamento fisico» che ne ha preservato l'indistruttibilità nel corso della storia145.

Lo Stato federale non ha come compito solo quello di rispecchiare l'unità nazionale: lo spirito, infatti, è rivolto al futuro, non è mai fermo, non è niente se non progresso.

Perciò, la Germania diventerà anche il «prototipo di un organismo statale europeo che si estende a tutta la Terra. Perché tutta la vera vita può svilupparsi solo organicamente»146. Nonostante sia attraversata da uno sviluppo organico che realizza quella forma (in questo caso l'unità nazionale) iscritta nella natura, lo spirito come progresso significa che c'è qualcuno che deve farsi portatore di compiere il destino storico della Germania. Per questo Kapp, pur comprendendo nell'idea di centro storico-geografico tedesco anche l'Austria, affida alla Prussia un ruolo egemonico.

Essa, infatti, ha già esercitato un'egemonia: non per la sua maggiore estensione o per il numero di abitanti, perché da questo punto di vista viene superata dall'Austria, ma perché ha rappresentato lo spirito progressivo. Lo Zollverein promosso dalla Prussia è l'esempio più lampante di ciò147: esso «è l'inizio di una nuova nazionalità tedesca, di

Kapp, tuttavia, l'argomentazione geografica è utilizzata non tanto per affermare le autonomie locali quanto per argomentare a favore dell'unificazione nazionale. 145 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., p. 332. 146 Ivi, pp. 331-332. [«Dieses Erwachen der deutschen nationalen Einheit wird sodann auf die weitere Ausbildung des Bundes wirken und in dieser Wechselwirkung, in diesem Proceβ fortschreitender Entwicklung wird es am Ende zur Realisirung des Begriffs des Bundesstaats oder zur Darstellung seiner Idee kommen, d. h. zu einem wahrhaft in sich gegliederten Ganzen, das da bestimmt ist zum Prototyp eines einstigen europäischen sich über die ganze Erde verbreitenden Staatenorganismus»]. 147 Il Bundesakt numero 19 pone le basi per un miglioramento dei rapporti commerciali, per la creazione di uno spazio economico unitario, per un'unione doganale e per la costruzione di infrastrutture e trasporti. La Prussia come la Baviera possedeva un territorio aperto con numerose enclave ed era quindi interessata al libero trasporto e alla costruzione di un mercato interno settentrionale senza dazi, anche per costituire un collegamento tra il centro e la periferia. La Zollgesetz del 1818 e la Münzgesetz del 1821, che stabiliva l'unione monetaria all'interno del Bund costituiscono un passo avanti in questa direzione. Nel 1828 viene istituito uno Zollverein tra il Bayern e il Würtenberg e tra la Prussia e l'Hessen-Darmstadt, in particolare contro il monopolio commerciale inglese. Nello stesso anno fu fondato su iniziativa dell'Hannover il «Mitteldeutsche Handelsverein» anche detto «Neutralitätsverein» per garantire il transito dai porti tedeschi verso la Boemia, il Sudeuropa, la Svizzera e l'Italia. Nel 1831 la Prussia riesce a sottratte al Mitteldeutsche Handelsverein 186 una rinascita nazionale [...]. Lo Zollverein è la prima costruzione [Anbahnung] di una comunità organica»148, nonché l'indicazione della direzione che tutti i popoli d'Europa e del mondo dovranno seguire, cioè quella del libero commercio e la fine di tutte le politiche mercantilistiche149. Esso è il portatore [Träger] dello spirito tedesco, è il nocciolo e il modello di una grandiosa politica commerciale e oceanica che si espande in continuazione a partire dagli Stati tedeschi per comprenderne sempre di più ed eliminare progressivamente tutti i limiti doganali. Il futuro dello Zollverein deve essere concepito dal punto di vista nazionale: deve diventare la base di una rappresentanza nazionale150.

Nello Zollverein è quindi tracciato in piccolo ciò che la Germania deve essere in grande: libera circolazione dei beni all'interno di un corpo articolato. La libera circolazione è alla base di quella che Kapp definisce une «politica umana», «perché umano significa ciò che porta [führt] l'uomo all'uomo, cioè tutto ciò che toglie i limiti

il Kurhessen e a creare così un ponte verso le sue province renane. Alla fine nel 1834 vengono uniti questi differenti Zollvereine e negli anni successivi entrano sempre più Stati a farne parte ma non l'Austria. Lo Zollverein in realtà costituiva una via di mezzo tra il libero mercato e il protezionismo: prevedeva la fine dei dazi; la non proibizione ma permesso dei prodotti stranieri con imposte moderate; la facilitazione del loro ingresso attraverso contratti commerciali in regime di reciprocità; innalzamento di tutte le imposte al confine esterno, equiparazione finanziaria degli Stati dell''unione secondo la loro popolazione. Sullo Zollverein si veda H.-W. Hahn, Geschichte des deutschen Zollvereins, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen, 1984. 148 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., p. 336. [«Der Zollverein ist der Anfang einer neuen deutschen Nationalität, einer nationalen Widergeburt, in welcher dereinst der Wahlspruch gelten soll, erst deutsch, dann preuβisch, der bairisch, oder östreichsch. Der Zollvereinist die erste Anbahnung einer organischen Gemeinschaft»]. 149 Werner Conze, contestualizzando l'attività del «Wirtschaftliche Ausschuss» nominato dalla Nationalversammlung, osserva che, tra le diverse associazioni di industriale e commercianti che si formano negli anni '40, il libero commercio aveva pochi sostenitori, per di più proveniente dalle città costiere del Nord. La grandissima maggioranza era per la «difesa del lavoro nazionale» cioè a favore della libertà di commercio all'interno e di una politica doganale differenziale all'esterno a seconda delle opportunità (cfr. W. Conze, a cura di, Die Protokolle des Volkswirtschaftlichen Ausschusses der deutschen Nationalversammlung 1848/49, cit.). 150 Questo è uno dei punti in cui ci si aspetterebbe che la seconda edizione della Erdkunde fosse abbondamentemente diversa dalla prima. In realtà la novità più grande è la maggiore sintesi. Vengono riprese le stesse idee sullo Zollverein come germe di unità nazionale, sulla centralità della Germania e sulla Prussia come forza spirituale trainante non più del Deutsche Bund ma della Confederazione del Nord. La cosa degna di nota è però l'inserimento autonomo di un capitolo finale sugli Stati Uniti d'America che, nella prima edizione, erano considerati come appendice germanica di quel mondo oceanico che ha il suo centro nell'Atlantico al suo centro. 187

[Schranken] che separano l'uomo dall'uomo»151. Lo Zollverein è, in questo senso, una grandiosa verità sociale [soziale Wahrheit]: l'unione doganale ha infatti favorito il miglioramento delle comunicazioni interne, in particolare una rete ferroviaria sempre più capillare. Le vie di comunicazione costituiscono i tasselli materiali dell'unificazione nazionale e sono al centro di quell'adeguamento della forma politica all'unità della nazione a cui la storia starebbe lavorando. Ma le comunicazioni via terra non sono sufficienti: «dal momento che le ferrovie sfociano nel mare, la creazione di una marina viene loro in aiuto»152. Ciò che manca ancora allo Zollverein sono gli stati costieri, il mare del Nord: la centralità della Germania dovrà farsi valere a livello mondiale come potenza commerciale a partire dalla sua costa settentrionale.

Anche per svolgere il suo ruolo «oceanico» la posizione centrale della Germania assume un particolare significato. La capacità di dialogo e di mediazione, grazie alle quali i tedeschi si sono diffusi in tutti i paesi del mondo attraverso l'emigrazione, li rendono il popolo adatto per promuovere l'interazione pacifica tra i popoli. Kapp fa l'esempio della «simpatia» tra tedeschi e Nordamerica, un rapporto fruttuoso perché non basato come nel caso inglese su una politica coloniale e su un rapporto commerciale monopolistico.

La costa settentrionale dovrà diventare, in questo senso, il punto centrale di tutti i popoli germanici. Solo così questa costa potrà acquisire un significato corrispondente alla posizione nel mondo della Germania e alla sua posizione centrale nel mondo civilizzato. È evidente la grande differenza che intercorre tra questa posizione e la valorizzazione geografica dei confini per favorire la chiusura della Germania nella sua regione naturale. Inoltre l'idea di centralità qui delineata non è la stessa che ancora nel Congresso di Vienna era pensata come baricentro di un equilibrio tra gli

Stati, come «Friedenstaat» centrale contro qualsiasi progetto di Universalmonarchie

151 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., pp. 338-339. [«Eine wahrhaft humane Politik in den Boden Europa's geschlagen hat, fortan geben wird. Human heiβt, was den Menschen zum Menschen führt, also Alles, was dieschranken, welche den Menschen vom Menschen trennen, auf dem Wege der freien überzeugung hinwegräumt, human ist jede freie menschliche Gemeinschaft»]. 152 Ivi, p. 343. [«Weil die Eisenbahnen am Meer münden, der Erschaffung einer Marine zu Hülfe gekommen und die Ansicht, daβ auf den Wagenzügen der deutschen Eisenbahnen unsichtbar die deutsche Flagge wehe, klingt nicht paradox»]. 188 analogo a quello napoleonico153. Kapp al contrario spinge affinché la Germania si apra al mondo per rompere l'oceanocrazia britannica e affinché la costa del Mare del

Nord diventi un centro strategico di questa rinascita marittima.

Se la Germania vuole competere con le altre potenze marine, il commercio tedesco deve essere, però, protetto da un flotta militare nazionale154. Si tratta di un progetto che, in corrispondenza con l'opera di mediazione universale affidata ai tedeschi, non

è offensivo ma piuttosto difensivo. Non si tratta nemmeno di impegnarsi in un'aggressiva politica coloniale. Il dominio coloniale si è rivelato non uno strumento di connessione dell'uomo all'uomo quanto di separazione: «la Germania deve fondare le sue colonie sulle attuali vie dell'emigrazioni, regolando le correnti degli emigranti e guidandoli verso quei punti oltre Oceano dove possono mantenere la loro nazionalità tedesca»155. Ciò manterrà gli emigranti in un libero rapporto con la madrepatria, che è più stabile e duraturo: «le unioni dei popoli del futuro non poggeranno» infatti «su rapporti di dominio e servitù, ma verranno legati dallo spirito»156.

153 Cfr. W. Gruner, Der deutsche Bund, p. 34. 154 La questione della flotta è uno dei centri della discussione degli anni '40 e soprattutto del biennio 1848-49. Già l'economista Friedrich List nel 1843 nello Zollvereinblatt che «die See, dieses fruchtbare Feld der Nationen, will so gut kultiviert sein wie der Acker» (F. List, Schriften/Reden/Briefe, 1 vol. Aelen, Neudruck, 1971, p. 61). Sul modello della lega anseatica medievale, da tutte le posizioni dell'arena politica si auspica alla fondazione di una flotta che doveva avere innanzitutto obiettivi di difesa e di promozione del commercio nazionale. Essa sarebbe dovuta essere il simbolo dell'unità della nazione e del suo futuro di espansione commerciale, se non coloniale. La decisione di stanziare sei milioni per la creazione di una flotta, cosa che avverrà solo anni dopo, è una delle primissime decisioni della Nationalversammlung. Si possono distinguere due posizioni: Berlino (più per una questione strategico-militare); Francoforte (in vista di una crescita commerciale della «nazione tedesca»). Questa seconda posizione, che è quella sostenuta anche da Kapp, ha le sue radici nel liberalismo del Vormärz. La guerra con la Danimarca ovviamente convince anche i più scettici della necessità di una flotta. G. Moltmann, Die deutsche Flotte im historisch-politischen Kontext, pp. 21-41; Die deutsche Flotte im Spannungsfeld der Politik 1848-1985. Vorträge der Diskussionen der 25. Historisch- Taktischen Tagung der Flotte, Mittler, Herford, 1985. 155 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., p. 342. [«Deutschland muβ sich seine Colonien auf dem bisherigen Wege der Auswanderung gründen, indem es die Strömungen der Auswanderer regelt und an solche Flecke jenseits des Oceans leitet, wo ihnen ihre deutsche Nationalität erhalten belibt»]. 156 Ivi, p. 343. [«Die Völkervereine der Zukunft werden aber nicht auf Verhältnissen der Herrschaft und Knechtschaft beruhen, sondern sie werden vom Geiste geknüpft werden»]. 189

6. Dispotismo costituito e libertà costituzionale

«Penso di essermi guadagnato la legittimità di dare un giudizio pubblico sull'essenza dello Stato e i suoi più profondi bisogni attuali grazie alla mia

Philosophische Erdkunde»157. Così scrive Kapp in una delle prime pagine del libello Der constituirte Despotismus und die constitutionelle Freiheit, pubblicato nel 1849 ma scritto negli ultimi mesi del 1848 con il quale interviene nel dibattito sulla costituzione che accompagna l'attività della Nationalversammlung. Kapp continua scrivendo che

lì ho lasciato che fosse lo stesso organismo terrestre [Erdorganismus] a esprimere il suo giudizio sulla formazione degli Stati e sul corso della storia mondiale e mi sono preoccupato di restituire allo Stato il fondamento naturale di cui la saggezza della cattedra lo ha privato. Così ho tratto dalla natura, che non sbaglia mai ed è sempre inconfutabile, le sentenze eternamente presenti che indicano la determinazione concettuale dello Stato158.

Il contributo della Philosophische Erdkunde, dunque, è quello di dare un fondamento naturale allo Stato. La natura, per quanto sottoposta a un continuo processo di trasformazione che ne riduce l'influenza sulla storia, continua a funzionare sia come condizione naturale della realizzazione del compito storico di un popolo sia come

«destino» a cui è necessario conformare l'azione politica.

In maniera per alcuni versi analoga alle intenzioni dei geografi puri, il riferimento alla natura ha per Kapp la funzione di risolvere le dispute intorno alla costituzione perché presenta un punto di vista universale capace di andare al di là delle parziali visioni dei vari partiti che si confrontano nell'arena politica. È necessario trovare un

157 E. Kapp, Der constituirte Despotismus und die constitutionelle Freiheit, cit., pp. IV-V. La prefazione è datata 31 dicembre 1848. [«Die innere Berechtigung, über das Wesen des Staates und sein gegenwärtiges tiefstes Bedürfnis hiermit ein öffentliches Urtheil abzugeben, glaube ich mir bereits früher durch die Bearbeitung meiner philosophischen Erdkunde erworben zu haben»]. 158 Ibidem. [«Ich habe in demselben einfach den Erdorganismus sein Urtheil über die Bildung der Staaten, wie über den Gang der Weltgeschichte sprechen lassen und war bemüht diser ihre natürliche Grundlage, von welcher die Kathederweisheit sie abgelöst hat, wiederzugeben. Eben so habe ich nunmehr der Natur, welche nie irrt und allzeit unwiderlegbar ist, Aussprüche von ewiger Gegenwart für die Begriffsbestimmung des Staates entholt»]. 190 potere di fronte al quale tutti i partiti si devono piegare, un terreno [Boden] e un fondamento [Grund] su cui si possa stabilire un accordo tra le parti. Ancora una volta, nella natura è ricercata la base della «pace», ma è un'altra natura  la natura organica nella sua articolazione spaziale  a indirizzare qui la riflessione sullo Stato nel segno di una visione storico-geografica che non mira a stabilire dei confini validi una volta per tutte, ma che fonda sui necessari rapporti reciproci tra le parti del corpo politico la propria forza argomentativa.

Come si è già detto, questa funzione della natura rivela la differenza tra il discorso di Kapp e quello hegeliano. In Hegel è in definitiva la storia mondiale a esprimere il giudizio sullo Stato, come si legge nei paragrafi conclusivi dei Lineamenti di filosofia del diritto. Essa, decretando la fortuna e il declino dei singoli Stati, ne annuncia contemporaneamente il limite storico-concreto e il superamento sistematico nello spirito assoluto. Lo Stato, per Hegel, non ha un fondamento naturale: è definito un organismo ma ha una temporalità e una spazialità radicalmente differente rispetto a quella natura. Non è così per Kapp, in cui la natura offre allo Stato il modello di integrazione tra i membri e le leggi di funzionamento del corpo politico.

Lo scritto di Kapp comincia con il salutare la rivoluzione come il movimento dell'organismo statale volto alla salvezza di uno Stato che è, al presente, analogo a un organismo malato. L'analogia tra Stato e organismo è il filo conduttore di tutta l'argomentazione kappiana. Con questa metafora organicistica, Kapp non intende però fare riferimento all'immutabilità dell'ordine politico. Egli decreta la fine di qualsiasi romanticismo: «la misura dei tempi vecchi non vale più per i nuovi. Una nuova misura deve essere stabilita»159. Ciò significa, innanzitutto, che il concetto di organismo e il concetto di progresso vengono pensati insieme160: lo Stato deve essere

«completato», scrive Kapp, dagli individui che lo compongono. L'organismo che

159 Ivi, p. VI. 160 «Questa rivoluzione senza soggetto, che escludeva "la plebe scatenata", perché estranea a ogni ragione, e la sovranità popolare, in quanto concetto puramente teorico, poteva essere così inglobata nel sistema del primo costituzionalismo ed esprimere la disponibilità del presente contro l'eternizzazione del passato propugnata dalla reazione» (M. Ricciardi, L'enigma del sociale. Crisi e transizione nel liberalismo tedesco del Vormärz, in «Il Pensiero Politico», pp. 1-19, 2000, p. 8). 191

Kapp ha in mente è aperto al futuro: l'organismo naturale costituisce, infatti, un modello [Musterbild] o un archetipo [Urbild] inconscio a cui lo Stato deve adeguarsi e attenersi curando quelle malattie che possono impedire il suo avvicinamento a un simile ideale. Si tratta di un processo complesso in cui si hanno due poli: l'uno è la vita, cioè il movimento che penetra in ogni membro dell'insieme, una vita che non può mai arrestare il suo fluire pena la malattia dell'organismo statale; l'altro è il processo di istituzionalizzazione, cioè «il terreno [Boden] in cui ogni attività viene portata alla stasi e diventa oggettiva, stabile, stato»161. La critica di Kapp si rivolge verso tutto ciò, in primo luogo la burocrazia, ma anche la rappresentanza nazionale, che pretende di arrestare il movimento della comunità politica imbrigliandolo in forme che lo soffocano.

Alla base dell'analogia tra Stato e organismo Kapp pone un ragionamento filosofico sul rapporto tra l'anima e il corpo, in una riedizione post-romantica del concetto di

Weltseele secondo la quale l'anima avrebbe una vita inconscia e una vita conscia, cioè lo spirito. Rifacendosi all'opera Psyche di Carus162, Kapp afferma che, per comprendere lo spirito, bisogna addentrarsi nelle regioni inconsce dell'anima. Ogni corpo è «il mezzo di manifestazione della sua anima»163, così come ogni anima non può esistere se non in quanto è incorporata. Il compito più alto del pensiero è quello di penetrare nella vita inconscia e portarla alla coscienza realizzandola.

Questo discorso non vale solo a livello individuale. Innanzitutto ciascun uomo è un microcosmo che rispecchia l'ordine del mondo e che, conoscendo se stesso, conosce anche l'universo. Più interessante, però, per gettare le basi di un discorso politico è il fatto che questo legame inconscio venga utilizzato per spiegare l'unità del popolo prima dello Stato. Scrive Kapp, a questo proposito, che

161 E. Kapp, Der constituirte Despotismus, cit, p. VII. 162 Cfr. Carl Gustav Carus, Psyche, Pforzheim, Flammer und Hoffmann, 1846. Carus è un medico e filosofo tedesco, che molto deve a Goethe e alla Naturphilosophie di Schelling. L'idea che sta alla base delle sue differenti opere (che vanno dalla ginecologia alla fisiognomica, dall'anatomia comparata allo studio della psiche) è l'unione di tutto il vivente per cui non si può distinguere tra materia viva e morta. A partire da questa unità Carus arriva a formulare una teoria dell'inconscio che sarà poi ripresa da Kapp. 163 E. Kapp, Der constituirte Despotismus, cit, p. 17. 192

interi popoli non si costruiscono mai attraverso un'unione consensuale, ma sempre in un'unità in divenire corporea e spirituale, che si dispone armonicamente nelle molteplicità dei ceti e degli individui, delle attività e dei rapporti. Il popolo tedesco come tale è esistito prima dell'atto di fondazione del Bund tedesco e ha continuato a esistere indipendentemente da quello164.

E aggiunge: «il popolo insieme alla terra [Land] da esso abitata, secondo la sua specificità nazionale [Volksthümlichkeit], secondo la sua provenienza razziale e la conformazione del terreno [Bodenform] costituisce il lato naturale o l'organismo corporeo dello Stato; la sua specificità nazionale [Volksthümlichkeit] originaria e innata

è la sua vita inconscia»165. Queste affermazioni rientrano nel contesto di una generale critica al contrattualismo come modalità di legittimazione dell'ordine politico. Al posto del contratto, l'unione tra la volontà individuale e quella generale è pensata attraverso l'idea di popolo che esprime un'unità pre-politica in cui si combinano elementi geografici, storici, etnici e culturali. Dal suo lato inconscio si distingue lo spirito del popolo [Volksgeist] che trova espressione nella costituzione [Verfassung] dello Stato, quando questa sta in un rapporto organico con lo spirito del popolo e non è imposta da fuori, meccanica, artificiale166.

Dall'idea che la costituzione di uno Stato debba adeguarsi alla natura come modello di vita organica e portare alla luce il lato corporeo-naturale inconscio del proprio

164 Ivi, pp. 23-24. [«Wie der animalische Organismus der Vorgänge seiner Bildung völlig unbewuβt ist, und wie die Gesammtthätigkeit seiner Glieder niemals aus überlegung hervorgeht, so bilden sich auch ganze Völker nimmermehr durch überlegten Zusammentritt, sondern allmälig in werdender leiblicher und geistiger Einheit, die sich harmonisch ausbreitet zur Mannigfaltigkeit der Stände und Individuen, der Thätigkeit und der Verhälntisse. Das deutsche Volk als solches hat existirt vor der deutschen Bundesacte und hat fortexistiert trotzt derselben»]. 165 Ibidem [«Das Volk sammt dem von ihm bewohnten Lande bildet, nach seiner durch Racenabstammung und Bodenform urbedingten Volksthümlichkeit, die Naturseite oder den leiblichen Organismus des Staates; die ein- und angeborene Volksthümlichkeit ist sein unbewuβte s Leben»]. 166 «If one point about the beliefs of the Frankfurt liberals and democrats stands out above all others, it is their continued faith in the course of history as the advance of culture, of a progress envisioned as the transition from unreflectively organic institutions to ones infused with spiritual, moral and intellectual self-consciousness» (B. E. Vick, Defining Germany. The 1848 Frankfurter parlamentarians and national identity, Cambridge, Harvard University Press, 2002, p. 59). 193 movimento, Kapp trae una serie di principi fondamentali, delle «regole generali di costituzione» che devono garantire la conservazione della salute del corpo dello

Stato. I primi due riguardano il rapporto tra i singoli organi e la totalità dello Stato: innanzitutto la struttura interna deve essere complessa, cioè ciascun organo, a partire dal più basilare  la famiglia  deve essere inserito in cerchie sempre più ampie ed essere così collegato all'intero; d'altra parte, così sostiene il secondo principio, questi organismi minori non devono essere annullati in questo processo di mediazioni successive. Il terzo principio invece fa riferimento al necessario ricambio metabolico

[Stoffwechsel] a cui la costituzione dello Stato deve essere sottoposta per non

«incancrenirsi»: questo ricambio è la riforma che consiste nell'adeguamento della costituzione all'evoluzione del Volksgeist. Si tratta, come già si è visto in precedenza, di rendere «fluida» la vita dello Stato. Se questa sincronizzazione non avviene, allora l'organismo si ammala e la rivoluzione diventa l'unica cura possibile. Un esempio di malattia statale è il sussistere di determinati privilegi che ostacolano la vita organica producendo delle barriere legislative che impediscono alla vita dell'intero di fluire in tutto l'organismo. Oppure, è il caso delle misure filantropiche volte al sostegno della povertà che mirano, più che a una reale integrazione dei poveri nella vita dello Stato

 grazie alla quale «ciascuno secondo la sua forza e capacità assume il suo posto nella società umana»167  a una conservazione dell'esclusione dettata dalla povertà.

Il quarto principio alla base dello Stato è quella della periodicità. Così come il tempo naturale è fatto di ritorni periodici, anche il processo vitale dello Stato non si può sottrarre a questa periodicità. In certi mesi dell'anno devono venire svolte determinate attività: ad esempio le esercitazioni dei soldati o le assemblee dei deputati o le festività. «La periodicità della rappresentanza regionale

[Landesvertretung]» rassicura Kapp «non viene mai messa in discussione»168. Questo riferimento tanto alla molteplicità organica, quanto al rapporto metabolico e periodico con l'ambiente e la rassicurazione sul mantenimento della rappresentanza

167 E. Kapp, Der constituirte Despotismus, cit., p. 38. [«Jeder [einnehme] nach Kraft und Fähigkeit seinen Platz in der menschlichen Gesellschaft»]. 168 Ivi, p. 35. [«Die Periodicität der ständischen Landevertretung wird nirgends in Frage gestellt»]. 194 regionale, rende evidente che il tentativo di Kapp è quello di pensare a una riforma differente rispetto a quella di matrice illuministica, volta a una rifondazione dell'ordine politico su basi razionali. Il tratto comune di tutta l'argomentazione kappiana che si inserisce nella specificità del dibattito costituzionale tedesco è il tentativo di combinare centralismo e federalismo, unità nazionale e specificità locale.

A questo fine, la linearità del corso della storia viene messa in discussione e inserita in un processo naturalistico di evoluzione di un Volksgeist che ha il suo fondamento naturale già dato che deve solo conoscere e riuscire a portare alla luce. A una generale critica della teoria politica illuministica è anche riconducibile l'uso del concetto di organismo. Il suo utilizzo da parte di Kapp si inserisce nella fine, a partire dalla rivoluzione francese e dall'idealismo tedesco, della descrizione dello Stato come corpo politico e come meccanismo169. Nei primi decenni dell'Ottocento sono riconoscibili due differenti semantiche dell'idea dello Stato come organismo. La prima guarda allo Stato come organismo etico e si basa sull'idea kantiana di organismo170. Determinante nella definizione kantiana è il tipo di rapporto che intercorre tra le parti e il tutto nel senso della compenetrazione di ciascuna in un rapporto tra mezzi e fine. Mentre il meccanismo ha bisogno di una causa motrice esterna, l'organismo ha una sua Bildungstrieb che lo muove dall'interno, è un essere organizzato in se stesso. Questa idea viene utilizzata, a partire da Kant, per descrivere lo Stato uscito dalla rivoluzione francese cioè caratterizzato «dall'unione reciproca di liberi individui razionali nella fondazione razional-normativa della società e dello Stato»171.

169 Cfr. E.. W. Böckenförde e G. D. van Rossum, Organ, Organismus, Organisation politischerKörper, in Geschichtliche Grundbegriffe. Historisches Lexikon zur politisch-sozialen Sprache in Deutschland, Vol. IV, Mi- Pre, Stuttgart, Klett-Cotta, 1978. 170 Kant, modificando la tradizionale metafora del corpo politico come un capo con delle membra al suo servizio parla dello Stato uscito dalla Rivoluzione Francese come di un organismo in cui «ogni membro non deve essere solo mezzo, ma al tempo stesso anche fine, e, mentre contribuisce alla possibilità del tutto, deve a sua volta, quanto a posizione e funzione, essere determinato dall'idea del tutto» (I. Kant, Kritik der Urtheilskraft, § 65, nota, pp. 345-346) Su questo si veda F.Ferraresi, Figure dell'organicismo tedesco. Lineamenti di storia del concetto di comunità da Kant a Jellinek, in «Filosofia Politica», n. 13, 1999, pp. 39-68. 171 F. Ferraresi, Figure dell'organicismo tedesco, cit., p. 40. 195

La seconda idea di organismo è quella di derivazione romantica che utilizza questo concetto in senso anti-individualistico. Lo Stato è caratterizzato, secondo la tradizione evoluzionistico-organicistica da Justus Möser in avanti, da un movimento interno di sviluppo che ha come protagonista il popolo quale entità storico-naturale.

Nel corso di questo sviluppo le attività e le conoscenze si organizzano autonomamente in maniera armonica, dando vita a una società organizzata in differenti professioni o ceti172. In linea con questa prospettiva, Savigny, ad esempio, può affermare che lo Stato è «l'apparire organico» del popolo, «la formazione corporea della comunità del popolo»173. Così come il sistema giuridico, anche la forma concreta dello Stato si costruisce in un'evoluzione storica, il cui principio regolativo è lo spirito del popolo, la natura superiore del popolo come un'unità che si evolve. L'attività politica deve tenere «fresca» questa materia, ma l'orientamento deve venire dalla materia stessa, dal suo auto-movimento, non da un'azione intenzionale e volontaria. Emerge, in questo contesto, come centrale la domanda circa l'articolazione interna dello Stato secondo poteri locali e regionali.

La differenza tra questi due semantiche del concetto di organismo è evidente se si considera il concetto correlato di organizzazione. Se nella comprensione romantica organismo e organizzazione vengono contrapposti, in quanto la seconda viene identificata con qualcosa di meccanico, nella prima accezione l'organizzazione indica l'idea che la realtà politica e sociale possa essere trasformata non primariamente attraverso l'azione esterna di eventi naturali o cause esteriori, ma come risultato

172 M. Ricciardi in Linee storiche del concetto di popolo (in «Annali dell'Istituto Storico Italo-Germanico», XVI, 1990, pp. 303-369) sottolinea la divisione in ceti della società tedesca era d'altronde anche formalmente presente fino al 1849 quando la costituzione del 28 marzo stabilì l'abolizione di ogni differenza di ceto e di ogni privilegio che vi era connesso. La registrazione del mutamento della struttura sociale doveva però trovare una mitigazione politica pochi mesi dopo con l'ordinanza che divideva il corpo elettorale in tre classi censitarie, ricollegandosi, di fatto e nelle intenzioni, all'antico ordine per ceti nel tentativo di precludere la strada del parlamento al proletariato tedesco. In quel diritto elettorale, trovata la garanzia della stabilità di un ordine politico che proprio sui ceti sociali aveva fondato la sua continuità. Dopo il 1848 scelta per il realismo politico. 173 C. von Savigny, System der heutigen römischen Rechts, vol. 1, Berlino, 1840. 196 dell'attività politica. Qui si rivela il senso dinamico del concetto di organizzazione che non rimanda a un ordine stabile già dato, naturale ma al risultato di un'attività174.

Questo excursus sull'utilizzo del concetto di organismo nel discorso politico serve per mostrare la peculiare ibridazione che Kapp propone tra due diversi ordini di discorso. Nell'idea di Kapp sono evidenti delle influenze del concetto romantico di organismo. Innanzitutto, l'insistenza sulla vita come l'elemento fluido capace di attraversare, come in un organismo naturale, tutte le parti del corpo politico garantendone l'integrazione. La similitudine tra la costituzione corporea e quella politica, inoltre, funziona come strumento per affermare la necessaria articolazione della società in ceti. Questi ceti, però, sono considerati non come categorie naturali ma come sistemi con differenti funzioni che operano in maniera coordinata per conservare la salute dello Stato175. Questi sistemi corrispondono a quattro differenti categorie professionali. Ai tre stati hegeliani, quello agricolo, quello industriale, quello dei funzionari si aggiunge il quarto stato, cioè lo stato del lavoro.

In accordo con la prima accezione di organismo, di derivazione kantiana, è invece l'idea che solo a partire dalla salute della totalità dello Stato si possano definire la posizione e la funzione delle singole parti, i cui rapporti reciproci sembrano essere rimossi a favore della funzionalità di ciascuna per l'organismo intero. Il quarto stato, scrive Kapp, deve essere collocato nella sua giusta posizione all'interno dell'articolazione complessiva affinché possa essere integrato nella vita dello Stato.

174 Si veda tra tutti Sieyès, Che cos'è il terzo stato?, scritto nel 1789 (Roma, Editori Riuniti, 1992): qui organizzazione sta in stretta relazione con il concetto di costituzione e con l'esercizio del potere costituente che Sieyès attribuisce solo alla nazione. 175 Si tratta di un'organizzazione che non è strettamente «cetuale» nella misura in cui la differenziazione tra gli stati riguarda la professione che viene svolta (per la definizione di «ceto» nella sua distinzione da classe cfr. Max Weber, Wirtschaft und Gesellschaft. Grundriss der verstehenden Soziologie, Tübingen, Winckelmann, 1985, pp. 534 ss.). Questo si collega alla svolta hegeliana che individua la causa della collocazione di un individuo in uno stato piuttosto che in un altro non tanto con caratteristiche di nascita nel senso di un'identità ascritta ma sono il temperamento, la nascita e le circostanze: «l'ultima ed essenziale determinazione risiede nell'opinione soggettiva e nell'arbitrio particolare [...] così che ciò che avviene in essa grazie alla necessità interna, in pari tempo è mediato dall'arbitrio e per la coscienza soggettiva ha la figura d'esser l'opera della sua volontà» (G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, cit., § 206). L'accentuazione dell'analogia naturale, tuttavia, e dell'auto-organizzazione inconscia degli organi dello Stato fa sì che Kapp non debba spendere molte parole sul motivo che porta a questa differenziazione. 197

Kapp fa riferimento qui alla soziale Frage al centro dei dibattiti degli anni '30 e '40 sul pauperismo e la sovrappopolazione. Il lavoro è la «condizioni di vita dello Stato»176.

Esso è anche logicamente ciò che, come abbiamo visto nella trattazione della

Philosophische Erdkunde, sta alla base del rapporto tra uomo e mondo, cioè un rapporto dinamico in cui l'uomo attraverso il lavoro produce un mondo umano come seconda natura. Solo se si considera il lavoro come la vera chiave del rapporto tra l'organismo e l'ambiente allora si potrà collocare il quarto stato in una posizione funzionalmente finalizzata alla sopravvivenza dell'intero e mediare così gli effetti disgregativi del pauperismo o la sua definizione residuale177. Mentre spesso la soziale

Frage, continua Kapp, viene trattata come problema da risolvere attraverso l'organizzazione del lavoro, è necessario partire dal «lavoro dell'organizzazione» che abita incessantemente l'organismo statuale nel suo auto-movimento.

L'organizzazione del lavoro, di conseguenza, deve derivare dal funzionamento dell'organismo e dalla sua armonia interna, non può essere pensata secondo principi razionali esterni e poi essere imposta come «cura» allopatica dell'organismo malato178. Qui Kapp sta evidentemente criticando in quanto «meccanicistico» un concetto di organizzazione come possibilità di regolare razionalmente il funzionamento della società e affermando piuttosto la spontanea integrazione dei corpi sociali una volta che questi siano lasciati alla loro destinazione funzionale.

176 E. Kapp, Der constituirte Despotismus, cit., p. 46. [«Die Arbeit ist die allgemeine Lebensbedingung des Staates, sie macht die Natur für den Menschen genieβbar, arbeiten, asl bewuβte Thätigkeit, heiβt Mensch sein»]. 177 Il discorso fatto qui da Kapp rientra nella tendenza dei giovani hegeliani a negare il concetto hegeliano di «plebe» che sta a indicare tutto ciò non rientra nell'ordine cetuale consolidato. «Questo luogo della residualità viene criticato grazie alla centralità assegnata al lavoro e alle conseguenze [...] che ciò avrebbe dovuto provocare sul piano dell'organizzazione politica complessiva» (M. Ricciardi, L'enigma del sociale, cit., p. 13). A ciò si accompagna, ad esempio nell'opera di Arnold Ruge, un ripensamento del significato ideale del lavoro che ha alcuni punti in comune con quella kappiana: «lavorare diviene l'attività che, imponendo il mutamento, allontana dalla condizione di sudditanza nei confronti della natura; la proletarizzazione, identificata con lo sviluppo industriale, assume il senso di una nobilitazione dell'intera umanità, in quanto impone attraverso il lavoro una forma di agire generalizzato. Lo scopo del lavoro non è visto tanto negli oggetti materiali che esso produce, quanto nel suo significato ideale, nel suo essere il portatore di una spersonalizzazione dei rapporti tra gli individui e della loro sussunzione sotto una cifra determinata non dalla materialità della loro esistenza, ma dalla uguale distanza rispetto all'ideale» (ibidem). 178 Il discorso sulla cura come omeopatia si ricollega agli studi di Kapp sull'idratica come ciò che porta l'organismo a curarsi da sé e alla connessa critica a qualsiasi cura allopatica. 198

A partire da qui, Kapp critica le timide riforme politiche proposte dai liberali moderati, i quali sono incapaci di sentire le «forze titaniche della Terra», il subbuglio che si leva «da queste dimore del lavoro e dell'educazione del genere umano» da cui una massa si muove per sciogliersi dalle catene e dal Tartaro dell'oblio in cui è lasciata. L'obiettivo di questo movimento nelle fucine della terra è la riforma sociale.

Il quarto stato sta già in una connessione organica con il tutto: se venisse come tale riconosciuto, la vita dell'intero lo attraverserebbe, e con ciò potrebbe diventare un elemento fluido nell'organizzazione dello Stato, da cui risulterebbe spontaneamente un'adeguata organizzazione del lavoro.

La questione sociale è, dunque, interamente risolta nella cornice della differenziazione professionale dei membri della società. D'altra parte, questa differenziazione poggia sull'unità pre-politica e inconscia del popolo che ne garantisce a priori la tenuta. Lo Stato, da parte sua, viene definito da Kapp come l'intelligenza dell'insieme, la coscienza della vita inconscia del popolo. Lo Stato si trova dunque a garantire questa unità senza intervenire però in maniera esteriore ma dando espressione alla sua articolazione interna. A partire da questa concezione,

Kapp costruisce la sua critica alla rappresentanza nazionale che ha il demerito di non riconoscere l'organizzazione complessa dei corpi dello Stato. La struttura cetuale tedesca è quella che rispecchia la specificità nazionale [Volksthümlichkeit], contro la rappresentanza nazionale francese. La vera universalità è quella concreta, carica di differenze, che porta in sé la molteplicità e la relazione: ritorna qui la grande insistenza sulla specificità tedesca quale unificazione tra forze centrifughe e differenze. D'altra parte non va bene nemmeno la rappresentanza tipica dell'Antico

Regime: qui non è rappresentato il quarto Stato e la separazione tra i ceti è troppo rigida, tanto che questi diventano come corpi morti perché non possono essere attraversati dalla vita dell'insieme. Lo Stato

può essere l'essenza delle sue differenze, corrispondere al proprio concetto, se queste sue differenze, innanzitutto come province [Provinzen], circoli [Kreise], municipi

199

[Gemeinde], dipartimenti [Departements], comuni [Mairien], o in qualsiasi modo suonino le suddivisioni amministrative, possiedono anche all'interno la loro vitalità rappresentativa. In questo caso si trova vita organica soprattutto, nell'altro meccanismo amministrativo179.

La «vita organica» costituisce un modello di integrazione sociale ma anche territoriale alternativo rispetto a quello «artificiale» francese. Il riferimento è qui alla suddivisione della Francia in departements seguita alla rivoluzione francese che ha spazzato via le regioni storiche a favore di una razionalizzazione amministrativa180. A differenza di questo livellamento di tutte le differenze locali, la rappresentanza regionale deve essere capace di dare espressione alle differenti organizzazioni delle sue suddivisioni amministrative, se lo Stato vuole essere la coscienza della vita inconscia del popolo. Questa prospettiva «regionalistica» non si trova però affatto in contraddizione con quella «nazionalistica»181 ma è pensata per fondare in maniera più stabile la consistenza dell'unità nazionale. A questo proposito, Kapp afferma che, rispetto a quanto scriveva nella Philosophische Erdkunde,

non ho cambiato da allora le mie idee e sono, nonostante gli avvenimenti di marzo e di novembre, convinto che la Prussia che ha ancora tra gli Stati tedeschi i migliori elementi di una costituzione organica, deve essere di nuovo diretta su quella strada da cui, a causa di un'eccessiva arrendevolezza, è stata tolta contro lo spirito del tempo182.

179 E. Kapp, Der constituirte Despotismus, cit., p. 65. [«Der Staat [...] kann nur dann der Inbegriff seiner Unterschiede sein, nur dann seinem Begriff entsprechen, wenn diese seine Unterschiede, zunächst als Provinzen, Kreise und Gemeinden, als Departements und Mairien, oder wie sonst die administrativen Bezeichnungen lauten mögen, auch innerhalb ihrer die repräsentative Lebendigkeit besitzen»]. 180 Si può dire, in maniera analoga a quanto dice Benedict Anderson in Imagined Community sul fatto che il nazionalismo nasce dal concetto di tempo vuoto, che tutto ciò abbia a che fare anche con lo spazio vuoto. In Francia i rivoluzionari abolirono le regioni storiche rimpiazzandole con 83 dipartimenti che erano costruiti su una base razionale ed erano solo lontanamente associati alle regioni prima del 1789. 181 «National and local or regional identities were far from being mutually exclusive, often tending rather to reinforce one another in the process of construction. Local patriotism, nationalists hoped, would ultimately nourish national patriotism while the free public sphere would allow such sentiments to take shape in meaningful forms» (B. E. Vick, Defining Germany, cit., p. 81). 182 E. Kapp, Der constituirte Despotismus, cit., p. 68. [«Ich habe in diesem Punct bis heute meine Ansicht nich geändert und bin, trotzt der März- und November-Ereignisse, überzeugt, daβ Preuβen, welches unter den deutschen Staaten noch die meisten organischen Verfassungs-ansätze für sich hat, auf den 200

Ma deve esservi riportata, aggiunge, «in modo tale che la rigidità cetuale tedesca sia mescolata alla mobilità "romana", attraverso una stampa più libera, così come attraverso il diritto illimitato di associazione»183. Finché questo non succederà le sue province rimarranno in stato di morte apparente.

In questo senso, il principio rappresentativo è un elemento che deve circolare nei vari corpi dello Stato. Il governo deve ricordarsi la sua origine nella potenza inconscia formativa della specificità nazionale e comportarsi in tutto ciò che fa in quanto sottoposto alla legge della specificità nazionale184. La costituzione, dunque, non è intesa in senso formale come corpo di leggi volte a regolare il potere del governo. Se è così intesa, essa non allontana il rischio del dispotismo185 che si ha invece quando il governo sta al di fuori del corpo sociale non come intelligenza del corpo stesso, ma come intelligenza esterna che si esercita su un corpo morto. La costituzione piuttosto è l'organizzazione materiale dello Stato e dei suoi organi.

Il tramite tra l'intelligenza raccolta nel governo e i diversi sistemi è l'amministrazione, definita il sistema nervoso dell'organismo che comunica in maniera capillare gli interessi della sua intelligenza. La degenerazione dell'amministrazione è la burocrazia, manifestazione del dispotismo, che indica una patologica irritabilità del sistema nervoso e una produzione esagerata di misure volte a regolare e curare la società ma costituiscono dei limiti e delle misure estrinseche che ne impediscono lo sviluppo vitale. In conclusione, «più uno Stato viene governato meccanicamente, più diventa dispotico, più organicamente uno stato viene governato, più è libero. Quindi meccanismo significa dispotismo, organismo

Pfad wieder einlenken muβ, aus dem es durch zu späte Nachgiebigkeit gegen den Zeitgeist gedrängt worden ist»]. 183 Ibidem. [«[Preuβen muβ] so einlenken, daβ es die germanische ständische Steifheit durch romanische Beweglichkeit aus ihrer Stockung und freieste Presse, so wie durch unbeschränktes Vereins- und Versammlungsrecht erst zum Leben bringt»]. 184 Nei Grundlinien einer Philosophie der Technik, di cui si parlerà in seguito, Kapp parla dell'inconscio come di una «forza motrice [Bewegskraft]» (E. Kapp, Grundlinien, cit., p.163). 185 Anche nelle monarchie costituzionali, dunque, può esistere il dispotismo nella forma della burocrazia, un dispotismo che appare però con la «firma splendida» della volontà popolare, perché è un dispotismo «costituzionale». 201 libertà!»186. Mentre la burocrazia rappresenta la pretesa di una centralizzazione che omogeneizza lo spazio dello Stato, l'amministrazione consiste nel potere di far circolare all'interno delle differenti cerchie della società lo stesso principio della vita.

Ora, è evidente che se davvero «il lavoro dell'organizzazione» all'interno della società funzionasse in maniera così armonica come suggerisce l'analogia con lo sviluppo organico non ci sarebbe bisogno di nessuno Stato. Benché l'unità del popolo venga presupposta a priori come base inconscia dell'unità nazionale politica, l'attività dello Stato deve produrre, favorendo la circolazione ed eliminando le barriere interne, questa unità e l'armonico combinarsi razionale delle sue sfere. Che lo faccia attraverso la centralizzazione o attraverso una forma federale non fa differenza nella misura in cui il processo è quello di una sincronizzazione temporale e di un'integrazione spaziale, grazie al sistema di «circolazione» amministrativa, rappresentativa ed economica. Ciò significa che esso deve sincronizzare i suoi elementi senza lasciare che delle parti o delle istituzioni si fermino nel passato producendo delle anomalie nel sistema. Inoltre, esso deve eliminare quegli ostacoli che limitano questo fluire. Se considerato dal punto di vista spaziale, si è visto che

Kapp propone un regionalismo combinato con un nazionalismo: affinché sia efficace l'azione dello Stato non deve produrre una centralizzazione forzata, ma deve costituire lo spazio nel quale le differenze funzionalmente organizzate per la sua conservazione possano coordinarsi al meglio. Per fare ciò è necessario che tra le sfere ci sia una circolazione libera di intelligenza, ma anche, come si è visto nel caso dello

Zollverein, di merci. Per questo motivo Kapp attribuisce una tale importanza ai sistemi di trasporto e comunicazione, come si vedrà a breve, come ciò che garantisce un'unificazione materiale, fornisce gli strumenti perché quella connessione originaria e inconscia dell'unità del popolo possa essere materialmente realizzata187.

186 E. Kapp, Der constituirte Despotismus, cit., p. 85. [«Je mechanischer ein Staat regiert wird, desto despotischer wird er regiert, je organischer ein Staat sich regiert, desto freier ist er. Also Mechanismus gleich Despotenthum, Organismus gleich Freiheit. Also stehen Mechanismus und Freiheit, so wie Organismus und Despotenwirthschaft in umgekehrtem Verhältniβ»]. 187 Ivi, p. 91 ss. A proposito di metafore spaziali, uno degli strumenti di circolazione dell'intelligenza è l'istruzione pubblica che, secondo Kapp, è funzionale a ridurre il grado di accidentalità che assegna 202

7. Geografia della cultura

Alla fine del libello Der constituirte Despotismus che si è appena preso in considerazione, Kapp dichiara la sua intenzione di trasformare la terza parte della

Erdkunde, la Culturgeographie, in un'opera autonoma, con il titolo Philosophie der

Arbeit. Questo progetto sarà portato a termine ma in una forma nuova, cioè nei

Grundlinien einer Philosophie der Technik, scritto nel 1877. Prima di concludere con qualche accenno su quest'opera, è necessario completare il quadro della produzione geografica di Kapp parlando della terza parte della Philosophische Erdkunde, cioè appunto la Culturgeographie. Essa riguarda quegli elementi naturali che l'uomo nel corso della storia deve combattere e superare [aufzuheben]: cioè la ricerca di alimentazione, gli elementi climatici, la distanza spaziale [räumliche Trennung]. Se, come si è detto, il progresso consiste nella liberazione progressiva dalla natura, esso consisterà anche nell'invenzione degli strumenti per superare questi ostacoli. Con il termine «cultura» Kapp intende la spiritualizzazione della natura in senso dinamico.

La geografia della cultura considera la lotta dello spirito contro la corporeità, il superamento dei suoi limiti naturali [Schränke] e come anima e corpo siano portati a un'unità attraverso la trasfigurazione della natura grazie al lavoro. La prospettiva di

Kapp su questo è radicale: non si tratta semplicemente di migliorare il dominio dell'uomo sulla natura ma di superare il tempo e lo spazio o almeno ridurli al minimo indispensabile188. Attraverso il lavoro l'uomo entra in un rapporto

[Verhältnis] interno e necessario con il mondo, ne diventa cioè a tutti gli effetti proprietario [Besitzer], mentre, senza di esso, egli è solo possessore [Inhaber] in maniera esteriore e casuale. Così

il mondo [Erdwelt] che nella geografia fisica aveva trovato il suo apice nell'uomo e lì la sua unità, e nella geografia politica veniva considerato come la dimora degli uomini, ciascuno a una determinata posizione sociale favorendo la libera scelta. La cosa rilevante è che l'istruzione è considerata una «colonizzazione interna [innere Kolonisation]» di quelle paludi della società che ancora sono da bonificare. 188 Cfr. E. Kapp, Der constituirte Despotismus, cit., pp. 31 ss. 203

emerge nella geografia della cultura in quanto condotto alla sua trasfigurazione attraverso il lavoro dell'uomo189.

Il lavoro è strettamente legato ai bisogni dell'uomo e, di conseguenza, a ciò che distingue l'uomo dagli animali, cioè il fatto di accrescere i propri bisogni naturali attraverso bisogni artificiali, moltiplicando in questo modo i lavori e la loro astrattezza dando vita al sistema dei bisogni. Nel sistema dei bisogni si ha quella costruzione incrociata di mondo naturale e mondo spirituale. Il grado di sviluppo dei bisogni e dei lavori indica dunque il grado di progresso di un popolo, cioè il grado di dominio della natura in cui questo popolo si è assestato. A partire da queste differenze è possibile scrivere una storia della cultura che è quasi del tutto sovrapponibile a una geografia della cultura, in quanto si tratta della parte della

Erdkunde, scrive Kapp, in cui spazio e tempo si avvicinano di più. Eppure, rimane una differenza nel fatto che nella geografia della cultura si preferisce prendere le mosse dagli effetti visibili che l'opera di trasfigurazione ha sulle forme della superficie terrestre, piuttosto che dalle forme che lo sviluppo tecnologico ha assunto nel tempo. Il metodo espositivo della geografia della cultura è differente, però, da quello della geografia politica nella misura in cui non si presentano i differenti paesi con le loro specificità, ma si tratta di un metodo sintetico e tematico.

La prima sezione della geografia della cultura riguarda la Raumcultur, cioè le trasformazioni che, in quanto si realizzano sulla materia, sono squisitamente spaziali.

L'inizio della geografia della cultura si ha con l'agricoltura, vale a dire con la vita sedentaria grazie alla quale si instaura un rapporto duraturo con la terra e l'invenzione dei metodi e degli strumenti per la sua lavorazione. L'uomo comincia la sua liberazione dalla natura con la trasformazione della superficie terrestre che lo circonda: coltivando il terreno, scavano miniere, costruendo edifici, lavorando i prodotti trasformandoli in prodotti artificiali e costruendo vie di comunicazione.

189 Id., Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., p. 365. [«Die Erdwelt, welche von der physischen Geographie als im Menschen ihre Spitze und Einheit erreichend dargestellt, und in der politischen Geographie als das für den Menschen geschaffene Wohnhaus betrachtet wird, erscheint in der Culturgeographie durch die Arbeit des Menschen ihrer Verklärung entgegengeführt»]. 204

La sezione più originale della Raumcultur è quella relativa alla costruzione delle vie di comunicazione, che per la prima volta vengono poste al centro della prospettiva geografica inaugurando un settore che avrà un grande sviluppo nei decenni successivi. Si è già fatto riferimento al fatto che la circolazione e il superamento delle barriere spaziali è uno degli elementi centrali della vita dello Stato. Lo Zollverein, così scrive Kapp, è un modello di unificazione nazionale perché ha concretamente stimolato il miglioramento delle comunicazioni tra i suoi membri. L'analogia tra lo spirito e l'acqua, del resto, indica che l'elemento che viene più valorizzato è quello della connessione e della comunicazione. Gli strumenti di comunicazione sono, infatti, dai più concreti come le strade, ai più spirituali come il linguaggio, il vero e proprio strumento di trasfigurazione della natura. La naturalità immediata coincide, infatti, con il radicamento in un singolo luogo, con l'isolamento delle differenti porzioni della superficie terrestre. Il rendersi indipendenti dalla natura significa stabilire delle connessioni, dei rapporti, creare dei legami che sradichino ciascuno dal suo inserimento in un orizzonte limitato. I trasporti sono ciò che recide il legame con un determinato luogo creando la possibilità di spostarsi: «le strade» scrive Kapp

«sono una propaganda dello spirito e della fratellanza umana»190. A proposito della costruzione di canali, Kapp sostiene una tesi che ci permette di capire in maniera più concreta quanto detto in precedenza relativamente al fatto che la storia nel mondo oceanico non ha più come protagonista un singolo popolo ma si muove secondo direzioni che ne influenzano più d'uno. Prima, infatti, la costruzione di un'opera come un canale veniva sostenuta da uno Stato per il proprio vantaggio. Progetti

190 Ivi, p. 406. [«Straβe sind eine Propaganda des Geistes und der Menschenverbrüderung»]. Distingue le zone in cui è possibile costruire delle strade da quelle in cui non lo è perché la natura le distrugge: come nel deserto e nelle zone polari. Il sistema stradale è rivelatore, in questo senso, del grado di civiltà di un popolo. A questo proposito, Kapp elenca differenti tipologie di strade: ponti, strade cittadine, strade montane; differenti materiali con cui vengono costruite; ferrovie. I fiumi, oltre a essere «strade che si muovono» danno anche un'indicazione fondamentale su come e dove si devono costruire le strade. Non tutti allo stesso modo, tuttavia: anche i fiumi devono essere «addomesticati». Il Missisippi, ad esempio, non è una strada allo stesso modo in cui lo è il Reno: citando l'inventore dell'idratica Rausse il Missisippi è come una bestia selvaggia, è del tutto senza forma. Anche il mare ha le sue strade: le isole, le correnti, i fari funzionano come segni per assicurare le rotte. Inoltre ci sono anche le carte marine: queste, insieme alla bussola, segnano il trionfo dello spirito sulle masse marine. 205 come quello del canale di Panama invece sarebbero a favore dell'intera umanità civilizzata.

La trasformazione dello spazio attraverso l'agricoltura, la produzione e i trasporti produce le condizioni di possibilità del movimento in ciò che prima era fisso e radicato in un luogo. Ciò significa, scrive Kapp, introdurre il tempo  implicato dal movimento  nello spazio e passare, di conseguenza, al momento della cultura del tempo, la seconda parte della geografia della cultura. Se consideriamo insieme il tempo e lo spazio abbiamo, come si è visto nel primo paragrafo in riferimento a

Hegel, un luogo determinato: «ogni luogo è pensabile solo in relazione a un altro luogo. Questa relazione è innanzitutto quella della distanza. La distanza combinata al concetto del movimento è la velocità»191. Lo sviluppo tecnologico produce quella che si può definire una riduzione dello spazio, anche se in realtà quello che avviene è un aumento della velocità con cui è percorribile la distanza tra due luoghi. La geografia della cultura del tempo ha come oggetto quindi il movimento nello spazio tramite strumenti organici, meccanici e spirituali, cioè i mezzi di trasporto. Kapp elenca qui vari mezzi di locomozione, animali e meccanici. Una notevole attenzione viene prestata al telegrafo, il quale riduce al minimo la base materiale della comunicazione e alla locomotiva e alle navi a vapore le quali sono, se combinate, le vere artefici dell'«universalità oceanica»192. In particolare, la ferrovia è indice del progresso nella misura in cui si sta sviluppando come rete sempre più capillare, costituendo così le «linee di circolazione della forza vitale nazionale

[Circulationslinien nationaler Lebenskraft]»193. Grazie a quanto dice Kapp in questo capitolo sul collegamento ferroviario è possibile gettare uno sguardo più concreto su quanto si è affermato circa la rilevanza della circolazione per l'idea di stato organico.

Le ferrovie, infatti, facilitano l'unificazione delle forze armate nazionali, obbligano

191 E. Kapp, Philosophische Erdkunde, 2 vol., cit., p. 411. [«Jeder Ort ist nur denkbar in Beziehung auf einen andern Ort. Diese Beziehung ist zunächst Entfernung. Die Entfernung mit dem Begriff der Bewegung ist Geschwindigkeit»]. 192 Ivi, p. 423. 193 Ivi, p. 424. 206 molte città a un progresso in quanto le inseriscono un una rete, producono un equilibrio tra la povertà di un luogo e la ricchezza di un altro. Esse, inoltre

portano uomini di differenti classi vicini e conducono nelle differenti cerchie della società nuovi elementi vitali [...] ampliano lo spazio comunicativo tra gli uomini facendoli andare in tutto il mondo come giornali viventi e così rafforzano l'opinione pubblica [...] intrecciano un legame stabile di fratellanza tra i membri separati del popolo, pongono il sentimento nazionale al posto di quello locale producendo i vantaggi della centralizzazione e distruggendone gi svantaggi. Esse portano, infine, il mercato interno vicino all'Oceano rendendolo partecipe di questa potenza che rinfresca la sua industria e che ringiovanisce lo spirito dei popoli194.

Accanto agli strumenti materiali di comunicazione, vi sono anche quelli spirituali.

Lo spirito stesso è «comunicazione, la comunicazione è avvicinamento.

L'avvicinamento è la condizione dell'amore tra gli uomini e della fratellanza umana»195. La verità della compressione spazio-temporale è l'avvicinamento spirituale: lo strumento che più si avvicina alla purezza dello spirito è il linguaggio, il materiale più trasparente in cui lo spirito si manifesti. Grazie a questi strumenti è possibile costituire una vera comunità, in quanto comunità della comunicazione: «la vera comunità non è la spartizione brutale della proprietà materiale tra tutti, ma consiste innanzitutto nella comunicazione spirituale che avvenga senza nessuna riserva, nel risveglio e nella diffusione dell'intelligenza fino alle cerchie più basse della povertà»196. Infine, Kapp conclude riprendendo la universelle Telegraphik di

194 Ivi, p. 426. [«Sie bringen Menschen der verschiedensten Classen einander nahe und führen den in sich verkommenen Kreisen der Gesellschaft neue, belebende Elemente zu, sie wehren despotischen Ubergriffen in das Reich des Geistes, indem sie den Mittheilungskreis redender Menschen erweitern, diese als lebendige Zeitungen in alle Welt ausgehen lassen und so die öffentliche Meinung stärken, sie gleichen Fülle und Fruchtbarkeit der einen Gegend mit der Armuth und Miβernte der andern aus und schützen vor allgemeiner Hungersnoth, sie schlingen ein festes Band der Verbrüderung um die getrennten Glieder eines Volkes, setzen Nationalsinn an die Stelle spitzbürgerlichen Winkelsverkehrs, verleihen die Vortheile der Centralisation und zerstören ihre Nachtheile, sie rücken endlich das Binnenland in die Nähe des Oceans, machen es theilhaftig seiner die Industrie erfrischenden, den Geist der Völker verjüngenden und erlösenden Macht»]. 195 Ivi, p. 429. [«Geist ist Mittheilung, Mittheilung ist Annährung, Annhärung ist die Bedingung der Menschenliebe und Menschenverbürderung»]. 196 Ibidem. 207

Ritter che abbiamo già preso in considerazione. Ritter si riferisce ai nuovi «organi» che l'uomo si costruisce per ampliare il proprio raggio d'azione e questo è il compito che si apre all'uomo, secondo Kapp, quello di arrivare a comprendere tutta la terra:

«la pulsione culturale europea ha ancora un campo quasi smisurato davanti a sé»197.

C'è una necessità storica affinché questo accada: ogni resistenza naturale è per lo spirito uno stimolo a essere superata e la tendenza verso la connessione universale si realizzerà nel futuro in senso concretamente universale.

Il riferimento agli «organi» della telegrafica universale ci consentono di fare un accenno finale ad alcuni elementi connessi alla geografia della cultura presenti nei

Grundlinie einer Philosophie der Technik che Kapp pubblica nel 1877. Qui innanzitutto si propone una filosofia della tecnica perché questa diventa l'oggetto privilegiato e il paradigma complessivo per l'interpretazione dell'uomo e del suo rapporto con la natura. Si tratta certamente di uno sviluppo dell'idea iniziale di Kapp del rapporto tra uomo e natura come un processo di trasformazione della seconda attraverso il lavoro e di conseguente realizzazione dello spirito. Così come il lavoro è alla base della trasfigurazione progressiva della natura, la tecnica, che riguarda gli strumenti con cui questa trasfigurazione viene realizzata, è il correlato immediato del lavoro stesso ed è all'origine così della produzione di quella seconda natura di cui si è parlato all'inizio.

La tesi centrale di Kapp è che l'uomo inventa e produce tecnica secondo un modello del tutto determinato, a se stesso inconscio: il modello del suo stesso organismo198. Il

197 Ivi, p. 439. [«Hier hat der europäische Culturdrang noch ein fast unabsehbares Feld vor sich»]. 198 H. Leinenbach, Die Körperlichkeit der Technik. Zur Organprojektionstheorie Ernst Kapps, Die Blaue Eule, Essen, 1990; P. Fischer, Zur Genealogie der Technikphilosophie, pp. 255-334; Introduzione all'edizione 1978 Düsseldorf dei Grundlinien einer Philosophie der Technik. Da menzionare come primo rappresentante di una filosofia della tecnica è August Koelles che nel 1822 scrive un'opera dal titolo System der Technik che mira a una trattazione sistematica dell'idea di tecnica e delle condizioni politiche dello sviluppo tecnico. La tecnica per Koelles così come sarà per Kapp è la base dell'esistenza umana: essa è l'attività che consiste nel sottomettere la natura. L'origine del lavoro è l'origine della tecnica. Essa familiarizza l'uomo con la natura. La tecnica, scrive Koelles, comincia a distinguersi dall'insieme delle tecnologie e delle invenzioni, nel momento in cui la si riconosce come forza attiva e dotata di una propria legalità complessiva nel processo storico. La letteratura sulla tecnica è ovviamente molto ampia, nel Novecento in particolare si lega al problema della fine della modernità e del nichilismo. Su questo si 208 modo in cui dall'organismo si arriva alla tecnica è definito «proiezione»: l'uomo proietta inconsciamente il suo organismo (dal punto di vista morfologico e per quanto riguarda la quantità e la proporzione) in parte o del tutto nel mondo esteriore oggettivo. Gli oggetti tecnici sono con ciò reali riproduzioni dell'organismo umano e perciò sono da intendere come «proiezioni di organi [Organprojektionen]»199. Il compito della filosofia della tecnica è quello di portare questo processo inconscio alla coscienza, facendo così ritornare l'uomo a se stesso e rivelandolo come la misura materiale di tutte le cose, secondo una riedizione tecnologica del detto di

Protagora200.

Non solo il braccio è il modello dell'ascia e l'occhio della lente, ma l'organismo nel suo complesso è il modello della macchina, la quale è considerata come una combinazione di forza motrice e movimento diretto a uno scopo. La proiezione d'organo più ampia è lo Stato in cui l'uomo non proietta questa o quella parte di sé ma se stesso nella suo complesso come unione di anima e corpo. Lo Stato è composto da differenti professioni che possono essere viste come i differenti sistemi del suo corpo. Essi sono «determinati dalla natura» e necessari così come lo sono i diversi organi del corpo umano. Il compito dello Stato è quello di difendersi dai disturbi

«meccanici» cioè da un arresto della forza motrice o da una perdita di direzione del movimento che lo abita e di mantenere l'attività complessiva organica in un flusso

veda C. Galli, Introduzione a E. Jünger, C. Schmitt, Il nodo di Gordio. Dialogo su Oriente e Occidente nella storia del mondo, Bologna, Il Mulino, 1987. 199 Ad esempio l'ascia ha la stessa forma fondamentale dell'organo a cui serve, cioè il braccio. La macchina è, invece, la riproduzione del processo vitale. Cfr. l'idea della proiezione è stata ripresa nel Novecento da un autore importante come McLuhan e applicato alla sua teoria della comunicazione: M. McLuhan, Understanding Media. The extensions of men, Cambridge, The MIT Press, 1994; ma anche da E. Cassirer, Form und Technik, in Gesammelte Werke, vol. 17, Aufsätze und kleine Schriften (1927-1931), Hamburg, Felix Meiner Verlag, 2004, pp. 139-183 200 Gli esempi che Kapp fa a questo proposito sono complessi e indicano un'analogia non così scontata: l'occhio e gli apparati ottici, l'alimentazione e le macchine motrici, il sistema nervoso e il sistema telegrafico. Di certo l'esperienza texana a contatto con la «wilderness» ha avuto una sua influenza nel portare alla filosofia della tecnica, anche rispetto a una prospettiva geografica. Si pensi al passaggio dei Grundlinien in cui parla dell'ascia come della vera artefice della colonizzazione americana: non la polvere da sparo ma l'ascia, non l'uccisione degli indiani ma lo sradicamento delle terre selvagge ha reso la terra americana una patria per gli emigranti. Dalla «dimensione grandiosa del continente occidentale e dalle sue enormi foreste vergini sono stati costruiti degli Stati a colpi di ascia» (E. Kapp, Grundlinien, cit., p. 253). 209 continuo e senza ostacoli. Esso costituisce così l'unità del movimento della società e ciò che deve limitare la casualità dei suoi movimenti, cioè l'esteriorità dei singoli punti201. Paradossalmente, dunque, si ritorna al parallelismo tra Stato e macchina proprio attraverso l'organismo umano come origine della proiezione e attraverso la centralità dell'idea di circolazione non impedita. Tuttavia, ribadisce Kapp, lo Stato rimane più simile all'organismo che alla macchina nella misura in cui l'omologia tra uomo e Stato preserva quest'ultimo dal diventare oppressivo nei confronti dell'uomo.

Analogamente, la tecnica è sempre interpretata come espressione del dominio dell'uomo sulla natura e non è mai vista, come accadrà nel Novecento, come quella forza titanica sottratta al controllo dell'uomo e artefice della sua oppressione.

Nel 1880, Kapp pubblica sui «Preussische Jahrbücher» una recensione del secondo volume di Die Vereinigten Staaten von Nordamerika (1878) di Friedrich Ratzel che si preoccupa di collocarlo nella storia della geografia ed è perciò significativa per il presente discorso, oltre a essere l'ultimo scritto pubblicato da Kapp. Secondo Kapp,

Ratzel ha aperto una nuova strada per la Erdkunde. Egli ha accolto la novità presentata da Ritter  in particolare fa riferimento all'introduzione del volume della seconda edizione sull'Africa  e l'ha «rianimata» senza snaturarla. La rinascita che grazie a Ratzel sta esperendo la Erdkunde merita un nuovo nome, vale a dire

Culturgeographie. Di che tipo di evoluzione si tratta? Qui Kapp riprende la tripartizione della geografia. La prima tipologia è, proprio come nella Philosophische

Erdkunde, una connessione di geografia, storia e storia naturale che si raccoglie sotto la definizione di Historie e ha in Erodoto il suo massimo esponente. L'ampliamento

201 A questo proposito, Kapp fa riferimento all'opera di Franz Reuleaux Theoretische Kinematik, il quale ha affermato già prima di Kapp la parziale identità strutturale dello sviluppo di macchina e Stato. Dalla conclusione dell'opera Kapp cita «l'essenza interna di una macchina è la limitazione pianificata [planvolle Beschränkung], il suo perfezionamento significa la limitazione artificiale crescente [die zunehmende kunstvolle Einengung] del movimento fino all'esclusione totale di ogni indeterminatezza. All'aumento delle limitazioni l'umanità ha lavorato per ere. Se cerchiamo un parallelo in altri ambiti, possiamo trovarlo nel grande problema della civiltà umana» (F. Reuleaux, Theoretische Kinematik. Grunzüge einer Theorie des Maschinenwesens, Braunschweig, 1875, citato in E. Kapp, Grundlinien, cit., p. 342). Franz Reuleaux (1829-1905) era direttore del Königlichen Gewerbeakademie di Berlin e Professore di Meccanica applicata all'ETH di Zurigo. Nella sua opera mira a fornire una sintesi delle catene cinematiche, dei meccanismi e delle macchine oltre a una storia delle macchine. 210 del materiale disponibile porta a una suddivisione delle varie branche e alla riproduzione sistematica dello stesso. Il secondo tipo di geografia, quello che un tempo aveva definito «riflettente», è preoccupato di raccogliere il materiale in grandi compendi, di verificare la verosimiglianza delle descrizioni di viaggio e di scrivere libri di testo per le scuole. La terza geografia è quella filosofica di cui Kapp individua tre esponenti principali: Strabone202, Ritter e Ratzel. Esse sono filosofiche in quanto espressioni delle differenti Weltanschauung dell'epoca in cui vengono scritte. La geografia di Strabone esprime orientamento antico parziale sulla natura e sull'uomo.

Si ricordi, a questo proposito, quanto Kapp aveva affermato sul limite di pensare il mondo solo come la terra abitata. La seconda è quella ritteriana che Kapp definisce, in maniera significativa, l'epoca della lotta dello spirito nel contesto della visione cristiana del mondo. Infine, la geografia ratzeliana rispecchia l'era dei prodotti della tecnica frutto del lavoro che sono ormai diffusi in tutta la terra. Qui e altrove Kapp sottolinea non tanto la differenza di spirito alla base delle due, quanto la differenza quantitativa, nell'estensione tanto del materiale quanto dell'orizzonte spaziale in cui la geografia viene pensata. Ratzel è nello stesso spirito di Ritter quando considera «le trasformazioni che la mano dell'uomo ha esercitato sulla superficie terrestre, nella sua connessione con lo sviluppo dell'autocoscienza umana»203. Eppure «egli va oltre questo nella misura in cui, in quanto successore, fa reagire una conoscenza nel frattempo purificata e ampliata grazie a nuove scoperte con il pensiero cultural- geografico»204. La Terra ha un nuovo volto. L'umanità lavora a un nuovo abito, quello vecchio le è diventato troppo stretto. Nella nuova geografia di Ratzel la terra è il laboratorio culturale dell'umanità. Il fine di tutto ciò è la nota idealizzazione della

202 Già nella seconda edizione della Erdkunde Strabone era stato introdotto nella classificazione delle forme storiche di geografia come grande anticipatore di Ritter poco considerato nel suo tempo, a differenza di Tolomeo che era in grado di fornire una geografia più utilizzabile perché in forma compendiaristica. 203 E. Kapp, Zur geographischen Litteratur, cit., p. 154. [«Die Veränderungen, welche die Menschenhand and der Erdoberfläche bewirkt hat, in ihrem Zusammenhang mit der Entwicklung des menschlichen Selbstbewuβtseins bekundet»]. 204 Ibidem. [«Er geht jedoch über sie hinaus, insofern ihm als dem Spätergekommenen vergönnt war, die inzwischen mehr geläuterte und durch groβe Entdeckungen erweiterte Kenntniβ der Erdwelt mit dem culturgeographischen Gedanken neu zu befruchten»]. 211 realtà terrestre o la realizzazione terrestre dell'idea attraverso il lavoro intellettuale e manuale. Questo è l'oggetto proprio di una nuova geografia, la Culturgeographie che ha in Ratzel ora il suo massimo esponente. Egli non è stato, tuttavia, il primo a usare questo termine: primi sono stati lo stesso Kapp, nella Philosophische Erdkunde, e

Johann Georg Kohl, di cui parleremo nel prossimo capitolo. A questo proposito,

Kapp considera la sua come una propedeutica metodologica che Ratzel avrebbe portato a realizzazione con la sua geniale opera. Eppure, se per Kapp lo Stato è un organo che, organizzando la trasformazione dello spazio in cultura, produce un costante sconfinamento, per Ratzel esso è, come si vedrà in sede conclusiva, l'autore di una continua Befestigung, di un'assicurazione dei confini al fine di un migliore sfruttamento delle risorse spaziali.

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Capitolo IV

JOHANN GEORG KOHL: LA GEOGRAFIA DEL TRAFFICO E DEGLI

INSEDIAMENTI

«Per quanto ne so, posso dimostrare che sono nato per essere scrittore [...] Potrei descrivere interi periodi della mia vita in cui non ho fatto altro che scrivere, per anni interi»1. Così scrive Johann Georg Kohl nella sua autobiografia. La sua opera è in effetti molto ampia: consta di un grandissimo numero di volumi e di articoli. Essa è, inoltre, estremamente varia, spaziando dalla geografia alla scienza naturale, dalla storia alla scienza linguistica, dalla letteratura di viaggio alle meditazioni filosofiche alle riflessioni politiche. Proprio per questa mancanza di specializzazione, Kohl definisce se stesso come un Polyhistor in ritardo2. Per lo stesso motivo alcuni dei suoi critici a lui contemporanei gli rimproverano di muoversi in un terreno intermedio tra opere destinate a un pubblico ampio e opere rivolte a un pubblico di scienziati che finiscono per non soddisfare né l'uno né l'altro. Kohl non può decidersi tra una professionalizzazione, che passa anche per la sua raccomandazione da parte di Carl

Ritter  colpito dall'analisi dei sistemi fluviali da lui proposta come candidato per la cattedra di geografia all'Università di Graz, poi mai avviata, e l'attività di pubblicista e di scrittore su commissione, in particolare grazie al fruttuoso rapporto con la Cotta'scher Verlag. È proprio per questa sua attività in un terreno intermedio che Kohl risulta interessante per il presente lavoro: la sua opera consente di mostrare

1 «So viel ist mir klar, und ich kann es beweisen, daβ ich zum Schriftteller geboren wurde, ob zu einen guten oder schlechten, das lasse ich dahin gestellt. Ich könnte ganze Perioden meines Lebens bezeichnen, in denen ich Jahre lang fast immer geschrieben und geschrieben habe» (J. G. Kohl, Aus meine Hütten, oder, Geständnisse und Träume eines deutschen Schriftstellers, 2 voll., Leipzig, Fleischer, 1850 vol. 2, p. 3). 2 Cfr. J. G. Kohl, Aus meinen Hütten, vol. 2, pp.168 ss. 213

innanzitutto il percorso di incerta definizione disciplinare e di parziale istituzionalizzazione della geografia come disciplina, che sconfina ancora in una serie di altri campi tematici. Essa permette, inoltre, di continuare a considerare le vicissitudini di alcuni concetti ritteriani che contribuiscono alla definizione di uno

«spazio storico» cioè costituito dall'interazione tra elementi naturali e componenti umane, in una prospettiva distante tanto dal determinismo meccanicistico quanto dall'artificialità delle denominazioni e classificazioni politiche. Vedremo così ritornare l'idea di organismo come metafora per la descrizione di questa spazialità, la centralità dell'elemento acquatico in quanto fattore di organizzazione dello spazio così come, infine, il problema del movimento delle popolazioni nello spazio in relazione alla localizzazione e al nesso storico tra Land, Volk e Staat.

1. Ricostruzione bibliografica

Kohl nasce nel 1808 a Brema , ed è il maggiore di tredici fratelli3. La città si trova in quel periodo in una crisi economica e politica. Dopo aver vissuto un periodo di fioritura, dal 1803 al 1806, grazie alla considerevole crescita territoriale dovuta all'incorporazione di una serie di possedimenti dell'Hannover, nel 1806 con la sconfitta delle truppe prussiane la città, benché neutrale, viene occupata dai Francesi.

Brema, un tempo parte della Lega Anseatica, aveva un sistema economico basato interamente sull'attività commerciale e perciò l'embargo ai danni dei francesi che

3 Le informazioni biografiche principali sono state tratte dalla recente biografia di Thomas Elsmann, Johann Georg Kohl. Ein Leben zwischen der Alten und der Neuen Welt, Bremen, Carl Ed. Schünemann, 2010 e dal catalogo di una mostra su Kohl tenutasi a Washington D.C. e a Brema introdotta da una raccolta di saggi sui luoghi principali in cui la produzione di Kohl si è svolta H.-A. Koch, M. B. Krewson, J. A. Walter, a cura di, The progress of discovery. Auf den Spuren der Entdecker, Graz, Akademische Druck- und Verlangsanstalt, 1993. Si tratta di una fonte importante perché i vari saggi della raccolta costituiscono un quadro complessivo dei molti aspetti dell'opera di Kohl. Inoltre una fonte importante sono gli appunti autobiografici che lo stesso Kohl scrive nel 1850, dal titolo Aus meinen Hütten. Oder Geständnisse und Träume eines deutschen Schriftstellers. Sulla letteratura secondaria dei singoli aspetti dell'opera di Kohl si farà riferimento nel corso del capitolo.

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subisce ne provoca il collasso economico. La crisi economica e le riforme amministrative introdotte dai francesi innescano però un processo di cambiamento anche nella struttura sociale ancora cetuale della città. Tra le riforme vi è quella dell'istruzione che porta alla fine della suddivisione confessionale delle scuole: gli istituti riformati e luterani vengono chiusi. Inoltre, dopo vari tentativi falliti e rispondendo all'esigenza di una formazione adeguata alla prevalente attività commerciale della città, nel 1817 viene fondata una Hauptschule, formata da una

Vorschule, cioè una propedeutica comune e da due corsi successivi: una Handelschule, una formazione indirizzata all'attività commerciale, e una Gelehrtenschule, finalizzata invece a un percorso di studi universitario. La centralità del commercio nella struttura economica e sociale della città fa sì che la Handelschule assuma in breve tempo un prestigio superiore rispetto alla Gelehrtenschule.

Dopo la scuola elementare diretta da Jakob Blendermann (1783-1862) un allievo di

Pestalozzi, Kohl frequenta la Gelehrtenschule dal 1824 al 1827 con una certa insofferenza verso le materie troppo astratte. Nel 1828 si reca a Göttingen per studiare giurisprudenza. Qui segue i corsi di etnografia di Arnold Hermann Ludwig

Heeren4 e di Statistik e Staatslehre di Georg Sartorius5. Sartorius, allievo dello stesso

Heeren, è il principale promotore nonché traduttore dell'opera di Adam Smith in ambito tedesco e Göttingen è, in generale, il centro dell'introduzione di autori inglesi in Germania. Verosimilmente questi insegnamenti giocano un ruolo  per quanto difficile da dimostrare  sulla formazione dei cardini della geografia del traffico di

4Arnold Hermann Ludwig Heeren (1760-1842) è autore di un'opera che ha una grandissima diffusione all'epoca cioè Ideen über Politik, den Verkehr, und den Handel der vornehmsten Völker der alten Welt (2 voll., Göttingen 1793-1796; IV ed. 6 voll., 1824-1826). Abbiamo già incontrato questo autore discutendo della rilettura ritteriana della Klimatheorie: Ritter critica Heeren per il suo «determinismo», perché attribuisce al luogo e al clima la possibilità di determinare interamente il destino dei popoli che vi si trovano. Kohl cita Heeren nella conclusione del Verkehr a proposito del commercio tra città antiche. 5 Georg Sartorius (1765-1828) è uno storico conosciuto soprattutto come colui che ha tradotto e popolarizzato La ricchezza delle nazioni in Germania, introducendo Adam Smith nella cultura tedesca. La sua opera principale è Geschichte des Hanseatischen Bundes comparsa in tre volumi tra il 1801 e il 1808.

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Kohl, basata su una concezione del libero commercio come movimento conforme alla natura contro cui si imporrebbero gli «artificiali» limiti politici quali monopoli, privilegi e dazi.

Per ragioni che la storiografia non è stata in grado di chiarire, dopo circa un anno a

Göttingen, Kohl si trasferisce a Heidelberg, una delle università più rinomate per quanto riguarda la giurisprudenza, e lì si immatricola. Con il motivo ufficiale di eseguire una preparazione professionale pratica in una Kanzelei ma implicitamente perché, come scrive nella sua biografia, si trova vicino alle Alpi, l'anno successivo si trasferisce a Monaco. Nel 1830, la morte del padre produce una svolta nella vita di

Kohl: torna a Brema in teoria per un breve periodo, ma poco dopo, anche a causa del declino della famiglia che deve dismettere l'attività di commercio di vino, lascia l'università. Nello stesso anno si reca nel Kurland, una regione dell'attuale Lettonia, dove rimane per circa sei anni lavorando come Hauslehrer di sei dei nove figli del barone Georg Ludwig von Manteuffel-Szoege (1790-1872) nella città di Zierau. La

Lettonia all'epoca era sottoposta al dominio russo. La liberazione dei contadini dalla servitù della gleba, avvenuta in tre tappe nel 1816, 1817, 1819, pur migliorando in parte la loro condizione, non aveva in alcun modo scalfito la struttura rigidamente cetuale della società. Nel Kurland, una delle regioni più agricole della Lettonia, il potere politico ed economico era in mano all'aristocrazia di lingua tedesca, laddove invece nelle altre province baltiche si era avviato a livello ancora embrionale un processo di formazione di una classe borghese. Nello scritto Die deutsch-russischen

Ostseeprovinzen oder Natur- und Völkerleben in Kur-, Liv- und Esthland, composto negli anni in cui risiede nelle province baltiche ma pubblicato nel 1841, Kohl si rivela un attento osservatore di alcuni elementi della vita politica e sociale che poi costituiranno un leitmotiv di tutte la sua produzione. In particolare, egli osserva la crescita del sentimento nazionale e il rapporto tra le differenti nazionalità e le posizioni che ricoprono nella struttura sociale, un'articolazione che, fin dall'inizio,

Kohl si dimostra sensibile a descrivere nella sua componente spaziale, cioè in merito

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al concretizzarsi delle differenze nel tipo di abitazione, dal punto di vista dell'architettura, del costo e della posizione. Nel periodo come Hauslehrer nel

Kurland, Kohl comincia già a scrivere in maniera abbondante. Non riesce però a pubblicare le prime opere che compone, cioè un saggio sull'educazione, una raccolta di riflessioni personali, una di riflessioni filosofiche e una Reisebeschreibung del

Kurland. Tre opere successive vengono invece pubblicate a Königsberg ma rimangono senza un'eco positiva: Zur Urgeschichte der menschlichen Erfindungen riceve una sola recensione e viene sostanzialmente deriso; Deutschen Mundes Laute e

Kindergeschichte und Nichtgeschichten ottengono a loro volta una scarsissima attenzione6. Nonostante ciò, la Urgeschichte der menschlichen Erfindungen, una breve storia di strumenti tecnici fondamentali, presenta dei tratti di interesse per il presente lavoro per due motivi. Innanzitutto perché rivela un'attitudine di Kohl che è riscontrabile in molti passaggi della sua attività: la ricerca del successo editoriale tramite la scelta di un tema originale che si adatti ai gusti del tempo. Si tratta di un atteggiamento che combina un certo opportunismo con un'effettiva capacità di individuare temi d'interesse pubblico e di anticipare, come nel caso della geografia del traffico di cui si parlerà più avanti, argomenti che diventeranno centrali nei decenni successivi. Kohl descrive così, infatti, la motivazione alla base della scrittura di questa Urgeschichte: «ora è il tempo delle invenzioni. Il mondo intero è pieno di strumenti e macchine. Tutti i miei contemporanei devono perciò interessarsi di questo libro»7. In secondo luogo, questa breve opera rivela una certa affinità con l'ultima opera di Ernst Kapp sulla filosofia della tecnica la cui intera struttura argomentativa poggia sulla premessa della somiglianza tra la mano e ogni strumento

6 J. G. Kohl, Beiträge zur Urgeschichte einiger Erfindungen, Königsberg, Unzer, 1834; Id., Deutschen Mundes Laute, Königsberg, Unzer, 1834; Id., Kindergeschichten und Nichtgeschichten, Königsberg, Unzer, 1834. 7 «Jetzt ist die Zeit der Erfindungen. Die ganze Welt ist mit Instrumenten und Maschinen erfüllt. Alle meine Zeitgenossen müssen sich daher für dieses Buch interessieren» (J. G. Kohl, Aus meinen Hütten, cit., p. 10). 217

tecnico8. Su questa stessa base si muove il saggio di Kohl, che nel suo contenuto è di scarso interesse, ma che anticipa una tendenza  che incontreremo più diffusamente nella sua geografia del traffico  a ricondurre il progresso tecnico a un modello naturale, negando il suo funzionamento autonomo che sottrarrebbe alla natura quella normatività superiore che si pretende di attribuirle. Infine, dalla descrizione dell'elaborazione della Urgeschichte nel racconto autobiografico dal titolo Aus meinen

Hütten si evince anche un interesse precoce in Kohl per la storia non come è stata raccontata ma come «è davvero stata». Questa ricerca di una storia che sia oggettiva e fondata è riconoscibile un leitmotiv dell'interesse geografico di Kohl che lo porta verso la concettualizzazione e la descrizione di uno «spazio storico»9.

Nel 1835 Kohl lascia la casa del barone Manteuffel e si reca per un breve periodo a

Mitau, da dove poi parte, nel 1836, per Dorpat, una città universitaria dell'attuale

Estonia, passando per Riga10. A Dorpat resta dall'ottobre del 1836 all'inizio di febbraio del 1837 e vi continua lo studio delle province baltiche. Anche qui osserva le vicissitudini dei movimenti nazionali e registra il peso crescente del nazionalismo russo che si esprime, ad esempio, nel controllo che lo zar Nicola I11 comincia a esercitare sulla vita accademia della città estone, in particolare per limitare le influenze estere, soprattutto tedesche. Alla spinta russa verso la nazionalizzazione

8 «Ich suchte hundert Gründe auf, um zu beweisen, daβ die menschliche Hand bei allen Dingen das erste und natürliche Instrument war» (Ivi, p. 9). 9 «Ich dacht mir die Geschichte jeder einzelnen der hauptsächlichen menschlichen Erfindungen aus, nicht so, wie sie nach den uns überlieferten Annalen der Geschichte wirklich gewesen ist, sondern so, wie sie nach aller Wahrscheinlichkeit und nach der Lage der Umstände und Verhältnisse notwendigerweise gewesen sein möchte» (Ivi, p. 10). «Mehr noch als die politische Geschichte hatte mich die Sitten-Geschichte der Menschen interessiert» (ivi, p. 168). 10 Nel breve soggiorno a Riga, una città animata dall'attività della borghesia molto diversa da quella del Kurland, Kohl scrive una descrizione della città ricca di «simpatie anseatiche». Qui ha inoltre la possibilità di osservare la sovrapposizione tra differenze nazionali e differenze sociali: in particolare il rapporto tra i ceti superiori tedesco-baltici e il popolo di nazionalità prevalentemente russa. Su questo cfr. A. F. Taube, Der Bremer Reiseschriftsteller Johann Georg Kohl in Livland, St. Petersburg und Südruβland 1836-1838, in The progress of discovery, cit., pp. 73-97. 11 Lo zar Nicola I (1796-1855) regna dal 1825 fino alla sua morte nel 1855. Era conosciuto come «il gendarme d'Europa» per aver promosso un elevato controllo della vita sociale e culturale russa, forte anche di un intero corpo di polizia segreta. 218

delle regioni sotto il controllo dello zar si accompagna una tendenza contraria  anche grazie alla ricezione del romanticismo tedesco  verso la costruzione di un passato nazionale di lettoni, estoni e lituani12. Il risultato del soggiorno a Dorpat è il capitolo sugli estoni dell'opera dedicata alle province baltiche, già menzionata, giudicato dagli stessi contemporanei più superficiale di quello sui lettoni, anche perché frutto di un periodo di ricerca decisamente più breve.

Già a Dorpat, Kohl elabora il progetto di un'opera che avrebbe dovuto avere come ipotetico titolo Städte und Ströme e come tema le relazioni tra le città e i bacini fluviali.

Come si vedrà, si tratta di un'opera che non verrà mai realizzata anche se l'idea alla base di essa darà vita alle opere principali di Kohl sul traffico, sugli insediamenti e sui fiumi europei e tedeschi in particolare. Nel 1837 si reca a San Pietroburgo, dove trova impiego come istitutore presso la casa di Alexander Grigor'evic Stroganov13.

Gli Stroganov, una delle più importanti famiglie della nobiltà russa, avevano costruito il loro peso economico e il loro prestigio politico grazie al commercio: avevano in mano gran parte dei traffici commerciali con la Siberia e avevano in particolare contribuito alla conquista di alcune regioni intorno agli Urali, su cui avevano esercitato anche forme di dominio territoriale.

A San Pietroburgo Kohl frequenta soprattutto i circoli culturali tedeschi o baltico- tedeschi. Una delle figure chiave del suo soggiorno russo è lo scienziato naturale Karl

Ernst von Baer14. La fama di Bear è legata soprattutto ai pioneristici studi

12 Sintomo evidente di ciò è la fondazione a Dorpat del giornale Das Inland nel 1836 e, nel 1838, della Gelehrte Estnische Gesellschaft. Cfr. A. F. Taube, Der Bremer Reiseschriftsteller, cit., p. 82. 13 Grigor'evic Stroganov (1794-1882) era Governatore Generale e uno dei collaboratori più stretti dello zar. Aveva ricevuto un educazione nel corpo degli ingegneri del Verkehrswesen, continua la sua carriera militare nel settore dell'artiglieria, con cui partecipa alle «Befreiungskriege» contro Napoleone e alla repressione della sollevazione polacca nel 1830-31. Dal 1839 al 1841 è Ministro degli Interni, nel 1849 è membro del Consiglio Imperiale, nel 1854 governatore militare di San Pietroburgo e infine per due anni Governatore Generale della Nuova Russia e della Bessarabia. 14 Karl Ernst von Baer (1792-1876) è un Naturwissenschaftler, nel senso ancora ampio che il termine mantiene fino agli ultimi decenni dell'Ottocento. Professore di zoologia e anatomia a Königsberg, dopo aver studiato a Dorpat medicina (1810-1814), nel 1834 diventa uno dei membri più attivi dell'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo dove si trasferisce. A San Pietroburgo si dedica a una serie di temi differenti: sia problemi zoologici, sia anatomici ed antropologici, sia geografici. 219

sull'evoluzione degli animali, in particolare l'opera Über die Entwicklungsgeschichte der

Tiere (1828-1837) in cui egli studia l'evoluzione degli apparati visivi dei mammiferi.

Tra i molti ambiti scientifici in cui è attivo, Baer si dedica anche alla geografia15 e, per quanto riguarda la geografia fisica, formula quella che è nota come «legge di Baer» che riguarda le differenze tra le formazioni delle rive dei fiumi che scorrono da Nord a Sud dovute all'effetto della rotazione terrestre16. Quello che qui in particolare ci interessa rilevare è il grande riconoscimento che Baer riserva a Carl Ritter per l'aver formulato scientificamente l'idea che la superficie terrestre influenzi il destino dei popoli. A detta di Baer17, il destino di un popolo è già in qualche modo scritto nel suo

Wohnort, così come nelle sue innere Anlagen, e la Weltgeschichte non è altro che una realizzazione di questo destino. Nella saggio Über Flüsse und deren Wirkungen18 egli sostiene che Ritter avrebbe dato alla scienza geografica una nuova vita considerando i rapporti non solo orizzontali, ma anche verticali: cioè riconoscendo i caratteri delle singole regioni in base alle differenze di altitudine delle singole parti. Questa è la condizione per considerare poi l'enorme influsso che questi rapporti verticali hanno sulla storia dei popoli19. Baer fornisce verosimilmente a Kohl, visto l'intenso di scambio intellettuale tra i due nel periodo pietroburghese, l'occasione di studiare l'opera ritteriana e anche delle nozioni importanti sull'importanza dei fiumi e dei rilievi sulla storia.

15 Cfr. A. Heydenreich, Karl Ernst von Baer als geograph, Munchen, T. Ackermann, 1908. Nel 1836 Bear è tra i fondatori a San Pietroburgo dei Beiträge zur Kenntnis des Russischen Reiches und der angrenzenden Länder per promuovere la conoscenza geografica anche dell'Impero russo, a partire dall'opera di modernizzazione della geografia promossa da Alexander von Humboldt e da Carl Ritter, quest'ultimo in particolare per quanto riguarda la dipendenza del destino dei popoli dalla conformazione della superficie terrestre. Nel 1845 fonda a San Pietroburgo la Geographische Gesellschaft. 16 Una legge elaborata nel corso degli anni '50 e pubblicata nella sua formulazione compiuta sui Beträge nel 1860. 17 Cfr. A. Heydenreich, Karl Ernst von Baer als Geograph, cit., pp. 8 ss. 18 K. von Baer, Über Flüsse und deren Wirkungen, in Reden und Aufsätze II, Erster Teil, San Pietroburgo, 1873, pp. 107-169. 19 «Man kann mit Recht sagen, dass die Naturbeschaffenheit der Länder und der Lauf der Flüsse von den Verhältnissen der Abdachung abhängig sind, die Geschichte der Völker aber von jenen beiden ersteren» (Ivi, cit., in A. Heydenreich, Karl Ernst von Baer als Geograph, cit., p. 8). 220

A San Pietroburgo Kohl intende realizzare il progetto per la prima volta ideato a

Dorpat sul reciproco rapporto tra fiumi e città20. L'idea di Kohl è quella di proporre il suo progetto all'Accademia delle scienze di San Pietroburgo, per avere da questa un sostegno finanziario. A questo fine, egli cerca di ottenere l'appoggio di Baer che dell'Accademia è uno dei membri principali dal 1834. Nella lettera che Kohl manda a

Baer per ottenere il suo sostegno egli descrive il suo progetto come uno studio sull'influenza che i rapporti geografici hanno sui rapporti politici, sul carattere e la forza della popolazione, sull'estensione delle città e sugli avvenimenti storici. Nelle intenzioni di Kohl, il tema non avrebbe dovuto ricevere una trattazione impressionistica ma sistematica, in modo tale da coprire tutte le parti della Terra e tutti i periodi storici, in maniera completa ed esauriente. A una parte sistematica e teorica generale si sarebbe dovuta affiancare un'analisi ravvicinata di questi rapporti in Russia21. La risposta di Baer a Kohl è andata perduta, ma da una lettera di Kohl a

Baer del 16 settembre del 1838 si capisce che deve essere stata piuttosto deludente per il giovane istitutore. In essa Kohl afferma che non aveva scritto per ottenere il parere personale di Baer sul suo progetto, ma un'opinione sulle reazioni che questo

20 Nell'autobiografia Aus meinen Hütten descrive il progetto nel modo seguente:«Ho lavorato notte e giorno alla mia opera e sono arrivato fino a costruire un quadro preciso dell'intera formazione della superficie terrestre di questo potente impero che si estende per metà del pianeta, e dei modi in cui è popolato. Il momento in cui pensavo di poter consegnare l'opera all'Accademia si avvicinava sempre di più. Dopo che la mia opera fosse stata riconosciuta e "firmata" dall'Accademia, pensavo di poter rielaborare la geografia di ogni paese europeo e poi anche di ogni altro paese del mondo per imbastire in questo modo una grande immagine dei modi in cui è popolata la sfera terrestre e con ciò arrivare al vero nocciolo di tutto il traffico umano e di tutta la storia». [«Ich arbeitete unausgesetzt an meinem Werk und kam endlich damit so weit, daβ ich wirklich ein sehr umständliches Gemälde der ganzen Oberflächengestaltung des gewaltigen Reiches, das die Hälfte der Erdkugel umspannt, und seiner Bevölkerungsweise zu Stande brachte. Die Zeit, wo ich glaubte, das Werk der Akademie übergeben zu können, rückte immer näher. Ich dachte, daβ, nachdem sie mein Werk anerkannt und gestempelt habe, ich dann die Geographie jedes europäischen Landes und dann auch jedes anderen Landes in der Welt umarbeiten wollte, um auf diese Weise ein groβes Bild der ganzen Bevölkerungsweise der Erdkugel zu entwerfen und dadurch auf den wahren Kern alles menschlichen Verkehrs und aller Geschichte zu kommen» (J. G. Kohl, Aus meinen Hütten, vol. 2, cit., p. 59)]. 21 Lettera che Kohl scrive a Bear per ottenere un appoggio per la sua candidatura alla Accademia di San Pietroburgo. Dal Nachlass di Baer conservato presso l'Universitätsbibliothek di Giessen, citata in H.- A. Koch, Johann Georg Kohl als Geograph, Historiker und Schriftsteller, in The progress of discovery, cit., pp. 1-26, p. 7. 221

avrebbe prodotto tra i membri dell'Accademia di San Pietroburgo. Da come continua si evince che il dubbio generale di Baer nei confronti dell'opera è la sua assenza di originalità nella misura in cui, dopo Ritter, nessuno dubita più dell'influenza della conformazione della superficie terrestre sulla storia umana. Kohl conferma questo, rivelando di essere a conoscenza dell'opera di Ritter, ma afferma nondimeno di aver raggiunto dei risultati così nuovi e a prima vista incredibili che la trattazione avrebbe dei notevoli caratteri di originalità. Come si vedrà, in effetti, Baer non si rivela molto lungimirante perché l'opera di Kohl, pur muovendosi nel solco dell'Erdkunde ritteriana, sviluppa alcuni aspetti che in questa erano solo accennati e impliciti.

Senza il sostegno di Baer, la candidatura all'Accademia di San Pietroburgo, con grande delusione di Kohl, non va a buon fine. Nel 1838 Kohl parte così dalla Russia e ritorna in Germania stabilendosi a Dresda. Una parte dell'opera progettata verrà pubblicata qui nel 1841 con il titolo Der Verkehr und die Ansiedelungen der Menschen in ihrer Abhängigkeit von der Gestaltung der Erdoberfläche22. A Dresda, grazie all'intercessione del frenologo Robert Noel, Kohl entra in contatto con l'editore di

Stuttgart Georg Cotta. Egli è anche il redattore dell'Allgemeine Zeitung di Amburgo con cui Kapp collabora dal 1840 per tutta la vita, stringendo un rapporto di amicizia con il suo editore Gustav Kolb23. A Dresda, Kohl comincia anche a scrivere per la rivista Das Ausland, diretta dallo storico e geografo Eduard Widenmann e sul

Morgenblatt für gebildete Leser, diretto dallo stesso Cotta.

Nel corso degli anni '40, inoltre, egli pubblica una serie di volumi con i risultati delle osservazioni delle province baltiche e della Russia24: si tratta di opere che hanno un grande successo, alcune vengono subito riedite e tradotte in pochi anni in inglese,

22 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen der Menschen in ihrer Abhängigkeit von der Gestaltung der Erdoberfläche, Dresden und Leipzig, Arnold, 1841. 23 Gli articoli su giornali e riviste vengono poi nella maggior parte dei casi inseriti più o meno modificati a seconda dei casi come capitoli di altre opere che Kohl pubblica. 24 Cfr. J. G. Kohl, Die deutsch-russischen Ostseeprovinzen (2 voll., Dresden und Leipzig, Arnold, 1841); Reisen im Inneren von Ruβland und Polen (3 voll, Dresden und Leipzig, Arnold,1841); Petersburg in Bildern und Skizzen (2 voll., Dresden und Leipzig); Reisen in Südruβland (2 voll., Dresden und Leipzig, Arnold, 1841). 222

in olandese e in italiano. Nel 1842, inoltre, Kohl pubblica una Reisebeschreibung dell'Austria25 che compare solo l'anno successivo in traduzione inglese. Nello stesso anno firma un contratto con la Cotta'scher Verlag per un viaggio attraverso i paesi danubiani verso la Siria, il Libano e la Turchia. Dal punto di vista dell'editore sarebbe dovuta essere parte di un'impresa di approfondimento della conoscenza geografica del Mediterraneo orientale a cui avrebbe lavorato anche Moritz Wagner26, diretto verso il Mar Nero. Una volta arrivato a Praga, Kohl si tira indietro dichiarandosi impreparato per questo viaggio e rivelando il timore di non riuscire a soddisfare le esigenze dell'editore. L'idea era quella di costruirsi prima una conoscenza adeguata del Vicino Oriente andando a Londra e poi impegnarsi nel viaggio concordato con

Cotta, che alla fine non verrà mai realizzato. Tra il 1843 e il 1845 pubblica quattro volumi con i risultati di un viaggio in Inghilterra, Scozia e Irlanda27. Dai quaderni di viaggio della sorella Ida Kohl, che lo accompagna in questo viaggio, i due traggono un'ulteriore opera a tema inglese dal titolo Englische Skizzen.

Gli avvenimenti del 1848 non sembrano avere un riscontro nelle opere di Kohl che si tiene lontano dalla scena politica. In quegli anni scrive una serie di riflessioni in cui dichiara la sua posizione di conservatore moderato, secondo cui la monarchia costituzionale è lo strumento migliore per raggiungere il fine, che non si può pretendere di realizzare nel presente, della libertà individuale. Le Politische

25 Si tratta della prima monografia pubblicata presso la Cotta'scher Verlag dal titolo Hundert Tage auf Reisen in den österreichischen Staaten (5 voll., Dresden und Leipzig, Arnold, 1842). 26 Moritz Wagner (1813-1887) è una figura decisiva della storia della geografia della seconda metà dell'Ottocento. Fino all'inizio degli anni '60 scrive per lo più Reisebeschreibungen che hanno come oggetto l'Algeria, il Medio Oriente e l'America settentrionale e meridionale. Successivamente si dedica soprattutto allo studio dell'evoluzionismo è uno dei più convinti sostenitori della teoria darwiniana in Germania, nonché maestro di Friedrich Ratzel. Tra i suoi scritti più famosi vi è Die Darwin'sche Theorie und das Migrationsgesetz der Organismen (Leipzig, Duncker&Humblot, 1868). 27 J. G. Kohl, Reisen in Irland (2 voll., Dresden und Leipzig, Arnold, 1843); Id., Reisen in Schottland (2 voll., Dresden und Leipzig, 1844); Id., Reisen in England und Wales (3 voll., Dresden und Leipzig, Arnold, 1844); Land und Leute der britischen Inseln. Beiträge zur Charakteristik Englands und der Engländer (3 voll, Dresden und Leipzig, Arnold, 1844); Englische Skizzen. Aus den Tagebüchern von Ida Kohl und Johann Georg Kohl (3 voll., Dresden und Leipzig, Arnold, 1845). 223

Meditationen28, pubblicate nel 1851 e scritte a Dresda nel 1848-1849, offrono alcune indicazioni sulla posizione politica di Kohl. Una di esse è intitolata agli «agitatori», agli «uomini del movimento [die Männer der Bewegung]»29. Questi, proprio come

Kapp nel libello Der costituirte Despotismus pensano, scrive Kohl, che l'umanità sia come l'acqua per cui il pericolo più grande è che questa rimanga stagnante e paludosa e perciò è necessario innescare una corrente potente e capace di produrre cambiamento30. Secondo Kohl, il problema di questa prospettiva è che essa parte da un'antropologia positiva che dà per assodata la bontà naturale degli uomini alla quale è sufficiente togliere i limiti e le deviazioni perché si possa esprimere liberamente. A questa idea egli contrappone una visione che riconosce nell'uomo una commistione di bene e male  derivata dal peccato originario  per cui è necessario non solo lasciare libero corso ciò che di positivo vi è nell'uomo, ma anche imporre quelle regole e misure che impediscano di fare il male. Nella meditazione

Staatsgebäude, Staatsmachine, Staatsgewächs abbraccia la critica all'idea che lo Stato sia un prodotto della ragione umana, sia cioè una macchina, una costruzione della società31. Lo Stato non è un costrutto disponibile all'azione degli individui, i quali potrebbero rallentarlo, ostacolarlo o distruggerlo. «Gli Stati» invece «hanno più in sé la natura di una pianta che non l'essenza di una muraglia. Essi sono profondamente radicati nel terreno della storia, dal quale essi anche contro la nostra volontà crescono di nuovo»32. Invece di una macchina statale è più appropriato parlare di un albero dello Stato, in cui il legislatore sarebbe come un giardiniere. In un'altra meditazione,

Kohl paragona le tendenze dei democratici a quelle di despoti autocratici e, in

28 Le Politische Meditationen sono contenute nella raccolta di saggi dal titolo Skizzen aus Natur- und Völkersleben, 2 voll., Dresden, Kuntze, 1851, 1 vol., pp. 1-84. 29 J. G. Kohl, Politische Meditationen, cit., p. 14. 30 Kohl paragona la rivoluzione del febbrario del 1848 con una trasformazione della terra in un mare (cfr. Politische Mediationen, cit., p. 78). 31 J. G. Kohl, Politische Meditationen, cit., p. 4. 32 «Die Staaten haben weit mehr von der Natur einer Pflanze in sich als von dem Wesen eines Mauerwerks. Sie wurzeln tief im Boden der Geschichte» (ivi, p. 5). 224

particolare, a quella del più pericoloso, cioè lo zar33. A Est, in Russia, c'erano fino a pochi secoli fa, alcune repubbliche, principati e popoli differenti che avevano la loro lingua e i loro costumi propri. Gli zar di Mosca hanno livellato tutte queste differenze nel corso del tempo34. Essi hanno stabilito un'uniformità della costituzione e una centralizzazione analoga a quella francese a Ovest. La suddivisione della Francia in dipartimenti contro qualsiasi specificità provinciale è analoga alla suddivisione dell'Impero russo in governatorati. Attraverso l'equiparazione del governo francese con quello russo, Kohl si attesta su una posizione decisamente conservatrice, affermando che si sbaglia a combattere l'aristocrazia: «i nostri estremisti vogliono istituire ovunque una tabula rasa, un territorio [Gebiet] senza nessuna diga, rilievo o barriera in cui si possano muovere da un estremo all'altro come i cavalieri nella steppa»35. La situazione russa porta già da lungo tempo la fisionomia di quella pianura [Flachland] che i nostri estremisti sventolano come ideale36. I democratici concordano con gli autocrati nel fatto di non potersi immaginare qualcosa di organizzato per gradi, di piramidale37. Come vedremo, il paragone tra il territorio dello Stato e la sua differenziazione sociale, politica e giuridica interna è un elemento che ritorna nella geografia del traffico.

Pur tenendosi a distanza dagli eventi rivoluzionari, ciò a cui Kohl dedica la sua attenzione negli ultimi anni '40 è la questione dello Schleswig-Holstein, forse per quella stessa commistione di attenzione per l'attualità e di polivalente interesse geografico, etnografico e storico cui si è già accennato. A ciò dedica ben tre opere che escono nel biennio 1846-1847, con tre case editrici differenti. Al tema del confine settentrionale della Germania si collegano anche alcuni scritti di Kohl sul problema

33 Si tratta della dodicesima meditazione dal titolo Unsere Wühler und der Kaiser von Ruβland (ivi, pp. 23 ss). 34 «Die Zaren von Moskau nivellierten alle diese Verschiedenheiten im Laufe der Zeit» (Ivi, p. 24). 35 «Unsere Ultras wollen überall eine tabula rasa herstellen, ein weites flaches Gebiet ohne alle Dämme, Erhöhungen und Barrieren, in welchem sie gleich den wilden Reitern der Steppen von einem Ende zum anderen sich bewegen können» (ivi, p. 27). 36 Ibidem. 37 ivi, p. 28. Nello stesso passo paragona l'aristocrazia a «boschi e montagne [Gebirge und Wälder]». 225

dell'istituzione di una Deutsche Flotte38. Egli si dimostra particolarmente sensibile al problema del panslavismo e propone nell'estate del 1848 alla casa editrice Brockhaus uno saggio dal titolo Panslawistische Betrachtungen oder auch: die Slawen und die panslawistischen Beziehungen che viene però rifiutato39. Parte di questo compare nel

Deutsche Vierteljahrschrift edito sempre da Cotta con il titolo Die Antipathien und

Parteiungen unter den Slaven, nel 184940. Nel 1851 Kohl pubblica uno scritto sul Reno41 e uno sul Danubio42, che fanno parte della continuazione di una ampio progetto non realizzato nella sua interezza di descrizione di tutti i fiumi della Germania. Per lo stesso motivo nel 1849 era tornato per un periodo a Brema per studiare il fiume

Weser.

Da una lettera del 1852 abbiamo conferma della conoscenza di Kohl dell'opera di

Ritter e di uno scambio tra i due che secondo il biografo di Kohl Thomas Elsenmann

è dovuto all'interesse che Ritter ha dimostrato riguardo al modo in cui il geografo di

Brema descrive i sistemi fluviali. In quell'anno, si presenta per Kohl l'occasione di diventare un geografo di professione. Come scrive in uno dei suoi

Lebensbeschreibungen: «nel 1852 mi è arrivato la proposta lusinghiera da parte dell'Università di Graz a Steiermark di occupare una cattedra di geografia che si

38 J. G. Kohl, Die Marschen und Inseln der Herzogthümer Schleswig und Holstein. Nebst vergleichenden Bemerkungen über die Künstenländer die zwischen Belgien und Jütland liegen, 3 voll., Dresden und Leipzig, Arnold, 1846; Reisen in Dänmark und den Herzogthümern Schleswig und Holstein, 2 voll., Leipzig, Brockhaus, 1846; Bemerkungen über die Verhältnisse der deutschen und dänischen Nationalität und Sprache im Herzogthume Schleswig, Stuttgart und Tübingen, Cotta, 1847. Nel 1848, inoltre, scrive il saggio Für eine deutsche Flotte (Dresden, Teubner, 1848) e nella già citata raccolta dal titolo Skizzen aus Natur- und Völkerleben si trova il saggio Die deutsche Kriegsflotte la cui prima parte è pressoché identica al saggio del 1848 e a cui aggiunge una seconda parte in cui valuta l'effettiva realizzabilità del progetto di una flotta militare tedesca (Die deutsche Kriegsflotte, in Skizzen aus Natur- und Völkersleben, cit., pp. 219-280). Nel 1849 pubblica inoltre il resconto di un suo viaggio sulle Alpi: Alpenreisen, 2 voll., Dresden und Leipzig, Arnold, 1849. 39 Cfr. T. Elsenmann, Johann Georg Kohl, cit., p. 104. 40 Nel 1851 pubblica poi Die Slawen und die panslawistischen Tendenzen (in Skizzen, cit., pp. 157-218) nella cui introduzione propone una storia delle origini delle tendenze panslavistiche dall'inizio dell'Ottocento in avanti parallelamente alla crescita di altri movimenti nazionali in Europa. 41 J. G. Kohl, Der Rhein, 2 voll., Leipzig, Brockhaus, 1851. 42 Id., Die Donau in ihren natürlichen und culturgeschichtlichen Verhältnissen, in Id., Skizzen, cit., pp. 347- 408. 226

aveva intenzione di fondare.  Grazie all'incoraggiamento e dietro al suggerimento di Carl Ritter a Berlino ho accettato la proposta. Eppure con una lettera amichevole il

Conte Leo Thun, mio conoscente e allora Cultur-Minister austriaco mi ha fatto sapere che a causa di una mancanza di fondi e di frequentanti, l'auspicata cattedra di geografia non poteva essere creata»43. Si tratta di un avvenimento emblematico sia perché conferma la conoscenza tra Ritter e Kohl e il fatto che il primo incoraggiasse il secondo, sia perché mostra l'incessante attività di Ritter di promozione della istituzionalizzazione della Erdkunde nonché il suo ruolo come punto di riferimento obbligato. Inoltre, tale evento mostra il difficile percorso di istituzionalizzazione della geografia come disciplina accademica, che, anche nel contesto delle riforme dell'università austriaca successive al '48, poteva essere sacrificata a vantaggio di altre discipline.

Con l'inizio degli anni '50 comincia l'interesse americano di Kohl che lo porterà a partire nel 1854 alla volta degli Stati Uniti e a rimanervi per quattro anni. Kohl comincia a studiare la storia della cartografia dell'America settentrionale nell'ottica di ricostruire la storia della sua scoperta e di costruirsi un profilo professionale più marcato, dopo la chiusura della prospettiva dell'insegnamento accademico. A questo

43 «Wurde mir im Jahre 1852 der eherenvolle Antrag von Seiten der Universität Gratz in Steiermark gethan, eine Professur der Geographie die man daselbst stiften wollte, zu übernehmen. Auf Ermunterung und Anrathen meines hochverehrten Freundes Herrn Prof. C. Ritter in Berlin erklärte ich mich dazu bereit. Doch lieβ mich der mir gesellschaftlich bekannte Graf Leo Thun, damals Cultur- Minister in Österreich in einem freundschaftlichen Schreiben wissen, daβ aus Mangel an Fonds und Zuhörern die in Gratz gewünschte Stelle eines Professors der Geographie schwerlich begründet werden könnte» (J. G. Kohl, Lebensbeschreibung I, pp. 7-9, cit. in T. Elsmann, Johann Georg Kohl, cit., p. 130). L'Università di Graz, come tutte le Università austriache dopo il 1848 era in un processo di riforma in direzione di una modernizzazione in nome della combinazione di insegnamento e ricerca alla base della fondazione dell'Università di Berlino nel 1810. Ad esempio a Graz vengono ora introdotti degli insegnamenti in Sloveno secondo le richieste del movimento studentesco. L'istituzione della cattedra di geografia non va a buon fine, sono nel 1871 l'Università di Graz avrà un insegnamento dedicato alla geografia. Su questo cfr. M. Bauer, Eine Reform unter dem Mikroskop. Die Umsetzung der «Thun-Hohensteinschen» Universitätsreform an der Philosophische Fakultät der Karl- Franzens-Universität Graz, Graz, Uni-Press Graz, 2012. 227

fine entra in contatto con Karl Andree44, direttore della Bremer Zeitung che ha un ruolo notevole nel promuovere il suo progetto americano. In particolare Andree procura a Kohl l'appoggio del senatore Arnold Duckwitz, responsabile del collegamento a vapore tra Brema e gli Stati dell'Unione e che si offre di finanziare il viaggio.

Per continuare lo studio della cartografia antica già cominciato a Dresda, Kohl si reca a Gotha, Francoforte, Monaco, Berlino, Parigi e Londra. Il soggiorno a Berlino è particolarmente interessante per il presente lavoro perché segna il momento culminante del rapporto diretto tra Ritter e Kohl. Qui egli tiene una serie di Vorträge alla Gesellschaft für Erdkunde zu Berlin sul progetto di scrivere una grande storia della scoperta dell'America composta da una parte testuale e da una cartografica e sulla storia dei nomi di alcuni luoghi americani45. Queste relazioni hanno però un'eco limitata. Qui Kohl spera di ottenere l'appoggio del re per il suo viaggio in America ma ancora una volta l'aspettativa è delusa, anche perché né Ritter né Humboldt si muovono per dare un sostegno più che verbale al progetto di Kohl. Humboldt si limita a scrivere una lettera di presentazione di Kohl per garantirgli un accesso alla

Kartensammlung della Società Geografica di Parigi46. Uno dei risultati di questi soggiorni di ricerca è la collezione di circa 750 carte, riprodotte da lui stesso, che Kohl riesce a raccogliere e sulla base delle quali disegna un'originale carta in cui

44 Karl Andree (1808-1875) lavora a partire dal 1830 una serie di importanti giornali. Nel 1843 diventa primo redattore del Kölnische Zeitung e nel 1846 del Bremer Zeitung. In entrambi si schiera a favore di una politica nazional-liberale in prospettiva grande-tedesca, a favore dell'istituzione di una flotta militare e dell'estensione del commercio marino. Nel 1851 fonda a Brema, con l'appoggio dei grandi commercianti della città, il Bremer Handelsblatt che aveva l'obiettivo di fare pressioni sull'opinione pubblica affinché Brema si unisse allo Zollverein, cosa che incontrò molti ostacoli. Dal 1854 si trasferisce a Dresda e da qui in avanti si dedica quasi esclusivamente alla geografia. La sua opera principiale è la Geographie des Welthandels (3 voll., Stuttgart, Maier, 1861-1877). Dal 1853 collabora con lo Zeitschrift für allgemeine Erdkunde. 45 Si tratta di uno studio il cui carattere filologico sembra in linea con la grande importanza che la filologia ha nella Erdkunde ritteriana. 46 «Kohl's visits to European state collections and various British government offices must have given him many ideas on the subject. His long time association with his mentor and friend Carl Ritter, who had an enthusiastic commitment to the development of map collections, must have influenced him too» (J. A. Wolter, Johann Georg Kohl in America, in The progress of discovery, cit., pp. 133-157, pp. 145-46). 228

rappresenta con un sistema di linee colorate, che corrispondono a differenti momenti, il progresso della scoperta del territorio nordamericano. Nel 1854, da Londra  dove prende parte all'inaugurazione della Royal Geographical Society  scrive a Ritter esponendogli nel dettaglio il suo progetto di costruire un Codex Americanus

Geographicus, cioè una raccolta esaustiva dei documenti cartografici e dei monumenti del Nuovo Mondo.

Il 7 settembre 1854 si imbarca e arriva 19 giorni dopo a New York47. Qui incontra

Charles Daly, il presidente della «American Geographical and Statistical Society», il quale lo mette in contatto con Washington Irving, autore di un'importante biografia di Colombo. Qui e in altre città americane tiene una serie di relazioni sulle antiche carte dell'America. Ad Albany conosce James Hall, uno «state geologist» responsabile del rilevamento topografico del continente. A Washington incontra

Alexander Dallas Bache48, il sovrintendente del United States Coast Survey, pronipote di Benjamin Franklin e presidente della National Academy of Science il quale conosceva e apprezzava il libro sulle Alpi scritto da Kohl. Bache rimane impressionato dall'ampiezza della conoscenza cartografica di Kohl e gli propone di scrivere una storia della scoperta e dell'esplorazione della costa occidentale degli

Stati Uniti49. Durante la sua carica di sovrintendente, il territorio dell'Unione si era

47 L'attività di Kohl in America è quella che ha attirato maggiormente l'attenzione e su cui quindi c'è più bibliografia. Si veda innanzitutto il saggio citato nella nota precedente di Wolter inserito nel catalogo dal titolo The progress of discovery. Uno dei primi saggi su Kohl è proprio dedicato al periodo americano, cioè Albert Schumacher, J. G. Kohl's Amerikanische Studien, Bremen, Halem, 1888. Inoltre si veda The articulate traveler. Johann Georg Kohl Chronicler of the American Continents, A Library of Congress Exhibition, The Madison Building Foyer, 1993 e M. P. Conzen, Johann Georg Kohl and American Historical Geography, in «The Portolan. Washington Map Society», n. 27, 1993, pp. 10-15; F. Trauttman, Wisconsin through German Eye, in «The Winsconsin Magazine for History», vol. 67, n. 4, 1984, pp. 263-278. 48 Alexander Dallas Bache (1806-1867) dopo una carriera nell'esercito e come insegnante universitario, diventa sovrintendente del Coast Survey nel 1843 e lo rimane fino alla morte nel 1867. 49 «Geography mattered a great deal to Americans in the nineteenth century. Claiming half a continent in the name of Manifest Destiny, they had scientific and practical reasons to respect and exploit geographical knowledge at all levels. Curiosity and capitalism had by then transformed exploration into big business worldwide, but in no region on Earth was exploration accompanied by so contingent a colonization, mounted on so grand a scale, bur so loosely articulated. The gathering of 229

notevolmente ampliato con l'annessione del Texas nel 1845, con l'Oregon Treaty nel

1846 e con l'annessione della California nel 1848. La linea costiera si era così estesa di circa 7000 miglia, escluse le coste dei Grandi Laghi. Nel Report del Coast Survey del

1855, Bach scrive che ha assunto «a distinguished ethnographer, Doctor J.G. Kohl, who has made the most admirable collection of maps of discovery of the Western continent compiled from various sources, and presenting the subject in the most systematic manner, with a series of his own, showing, by striking and original methods, the results of successive voyages, travel, and expeditions by sea and by land»50. Il risultato di questo studio sono una serie di opere sulla storia delle esplorazioni e sull'idrografia delle coste nordamericane, che consentono a Kohl di entrare in contatto con molti personaggi di rilievo, come l'idrografo Matthew

Fontaine Maury, Peter Force, l'esperto di Americana, Joseph Henry dello

Smithsonian Institution. Tra gli studi realizzati quello sulla costa occidentale è sicuramente il più completo ma hanno tutti una struttura simile: comprendono un resoconto storico delle esplorazioni, una mappa a colori che mostra gli Stati progressivi della conoscenza cartografica della costa, un catalogo di tutte le mappe conosciute della zona costiera, una copia in formato ridotto di queste mappe. A ciò si aggiungono una serie di note che descrivono le carte e una descrizione della morfologia della costa oltre a una bibliografia completa delle opere che riguardano la costa e un'ampia porzione dell'interno.

Il lavoro per la realizzazione di quest'opera è intervallato da una serie di viaggi che risultano in varie Reisebeschreibungen. Nel 1857 viene pubblicato presso Appleton a New York il Reisen im Nordwesten der Vereinigten Staaten, frutto di un viaggio in

reliable geographical information was pursued at all levels by many individuals and institutions» (M. Conzen, The Historical Impulse in Geographical Writing about the United States. 1850-1900, in M. Conzen, T. Rumney, G. Wynn, a cura di, A Scholar's Guide to Geographical Writing on the American and Canadian Past, Chicago, University of Chicago Press, 1993, pp. 3-90, p. 6). 50 Report of the Superintendent of the U. S. Coast Survey, Showing the Progress of the Survey during the Year 1855, Senate Executive Documents, n. 22, 34th Congress, 1st Session, p. 11, cit. in J. A. Wolter, J. G. Kohl in America, cit., p. 138. 230

quella regione commissionatogli dalla stessa casa editrice. Inoltre, nel 1856 la

Cotta'scher Verlag pubblica un libro di un suo viaggio in Canada51, tradotto in inglese nel 1861. L'opera più originale e conosciuta che risulta dal soggiorno statunitense è la descrizione del viaggio di tre mesi sul Lake Superior dal titolo Kitchi-Gami oder

Erzählungen vom Obern See. Ein Beitrag zur Charakteristik der Amerikanischen Indianer52, pubblicato al ritorno di Kohl a Brema nel 1859. Qui è contenuta una descrizione dello stile di vita degli indiani della regione.

Il lavoro sulla costa occidentale, una volta pubblicato, riceve una grande attenzione e apprezzamento. Bache chiede perciò a Kohl di comporre uno studio simile anche sulla costa del Golfo del Messico. Nell'aprile del 1856, Kohl consegna il lavoro, organizzato in tre parti: la prima parte contiene la storia della sua scoperta da

Colombo al 1855; la seconda riguarda l'idrografia e la terza include una bibliografia critica delle mappe e dei libri su questa porzione costiera. Anche questo lavoro viene molto apprezzato e ben pagato dal Coast Survey, che gli affida il compito, più complesso per l'abbondanza di materiale presente, di realizzare un analogo studio sulla costa orientale.

Sempre nel 1856, Kohl tiene una conferenza allo «Smithsonian Institution» proponendo di avviare una collezione di tutte le mappe realizzate fino a quel momento sul Nordamerica. La proposta attira l'attenzione di Joseph Henry, segretario dell'Istituto, e di William Mercy, segretario di Stato, il quale riesce a convincere il Congresso a stanziare 6000 dollari per l'acquisto di 474 copie di carte che Kohl riceve l'incarico di riprodurre53. Per realizzarlo si trasferisce a Cambridge, in

51 J. G. Kohl, Reisen in Canada und durch die Staaten von New-York and Pennsylvanien, Stuttgart und Ausburg, Cotta, 1856. 52 Id., Kitchi-Gami oder Erzählungen vom Obern See. Ein Beitrag zur Charakteristik der Amerikanischen Indiane, Bremen, Schünemann, 1859. 53 Wolter suggerisce che vi sia un costante contatto tra Ritter e Kohl durante il soggiorno di quest'ultimo in America: «Ritter, incidentally, became curator of the Royal Cartographic Institute early in 1856, the year of Kohl's lecture. Ritter and Kohl were frequent correspondents during his stay in America, and it was Ritter who made the premature and embarrassing announcement of the acceptance by the Coast Survey of Kohl's grand plan for hydrographic annals of the United States. 231

Massachussets, dove era conservata la raccolta di carte del bibliotecario e americanista amburghese Christoph Daniel Ebeling54. Si tratta di una piccola città universitaria molto attiva culturalmente dove Kohl fa alcune conoscenze importanti:

Prescott e Charles Deane, il poeta Ralph Waldo Emerson e James Russel Lowell, l'astronomo Ludwig Johann Rudolf Agassiz, che già aveva conosciuto in Svizzera e

Georg Bancroft, lo storico e precedente presidente della American Geographical and

StatisticalSociety.

A novembre del 1857 consegna a Bache il lavoro completo sulla East Coast che era stato pubblicato solo parzialmente nei Report del 1856 e 185755. Nell'inverno tra il

1857 e il 1858 lavora incessantemente alla rielaborazione di quelli che definisce gli

«annali idrografici», cioè un'opera dal titolo The Coast Survey of the United States che doveva comprendere due volumi sulla East Coast, un terzo sulla costa del Golfo e il quarto sulla West Coast. Il progetto però non riceve l'approvazione di Bache perché troppo ambizioso e per la difficoltà di trovare fondi per finanziarlo. Il Congresso, infatti, anche a causa del panico finanziario del 1857 dovuto al fallimento della Ohio

Life Insurance and Co., rifiuta di finanziare il progetto. Non riuscendo a trovare altre fondi, Kohl, non senza amarezza, riparte nel 1858 per Londra e da qui si stabilisce a

Brema dove resterà fino alla sua morte avvenuta nel 187856.

Unfortunately for Kohl, the Survey never accepted his idea in full, although he never ceased his efforts to convince Superintendent Bache of its worth» (J. A. Wolter, J. G. Kohl in America, cit., pp. 145-146). 54 Cristoph Daniel Ebeling (1741-1817) è già stato nominato nel primo capitolo come collaboratore di Friedrich Büsching e tra i più importanti storici e geografi del Nordamerica della seconda metà del Settecento. 55 Questo viene pubblicato prima in versione ridotta da Isaac Stevens nel 1860 nel Report del Pacific Railroad Survey, Hydrography of the Coasts and navigable Waters of Washington Territory, prepared by J. G. Kohl, United States Coast Survey e poi completo nel 1884 nell'Annual Report of the Superintendent of the Coast and Geodetic Survey. 56 Nell'agosto del 1872 scrive all'amico americano Charles Deane ««from childhood I was highly interested for geographical research in connection with history. For an advanced age this conducted to a contemplation of the History of the Discovery of the New World and I collected during a series of years on my travels in Germany, France, England, etc., a mass of material (extracts from authors, maps, charts, etc., etc.) for that subject, which however better I should call: history of the geography of America. [...] I wished to public this work, could not find a publisher in Europe, went over to America in the hope to find one there. I found the Coast Survey in Washington, and my commended friend Mr. 232

Nel 1863 viene nominato direttore della biblioteca di Brema impartendo con ciò una svolta all'istituzione57: egli riesce, infatti, a recuperare un budget sicuro per i nuovi acquisti, colmando così le lacune nel catalogo e comincia a ricatalogare le collezioni della biblioteca. Alcuni dei lavori più importanti di Kohl sull'America vengono pubblicati dopo il suo ritorno a Brema. Nel 1861 pubblica una storia della scoperta dell'America da Colombo a Franklin58 e nel 1868 una storia della corrente del Golfo59 contenente una carta da lui disegnata ed editata da Heinrich Kiepert in due colori. Nel 1869 scrive una storia della scoperta del Maine60.

A Brema, oltre a pubblicare le sue opere sull'America si dedica alla storia e alla geografia della città. Si tratta di un momento in cui il metodo storico non era ancora affermato nei circoli cittadini e l'originalità del suo approccio gli procura un discreto successo61. Progetta un'opera ampia sulla storia della cultura della città ma non viene mai realizzata. Nel 1874 pubblica una raccolta di saggi sulla posizioni delle capitali europee62.

Bache, who was kind enough to assist me in preparing for the press come parts of my work, relating to the Coasts of the United States. These writings were, however never finished, and never quite completed, and also not published probably because they were partly still very imperfect and then also because my dear friend soon prof. Bache soon after died» Letter to Charles Deane, August 4 1873. Massachusetts Historical Society. (J. Wolter, J. G. Kohl in America, cit., p. 149). 57 Cfr. A. Hetzer, Johann Georg Kohl als Bremer Stadtbibliothekar. Ein Beitrag zur Geschichte der Bremer Stadtbibliothek im 19. Jahrhundert in The progress of discovery, cit., pp. 170-181. 58 J. G. Kohl, Geschichte der Entdeckung Amerika's von Columbus bis Franklin, Bremen, Strack, 1861. 59 Id., Geschichte des Golfstroms und seiner Erforschung von den ältesten Zeiten bis auf den groβen amerikanischen Bürgerkrieg. Eine Monographie zur Geschichte der Oceane und der geographischen Entdeckungen, Bremen, Müller, 1868. 60 Id., A History of the Discovery of Maine, Portland, 1869. 61 Wilhelm von Bippen il grande maestro del metodo storico arriva a Brema solo nel 1870 e Das bremische Urkundenbuch viene pubblicato solo nel 1873. Scrive un'opera dal titolo Das Haus Seefahrt sullo Seeschiffer-Verein Columbus, nel 1862, Der Raths-Weinkeller zu Bremen nel 1866 e Episoden aus der Culturgeschichte Bremens nel 1870. 62 J. G. Kohl, Die geographische Lage der Hauptstädte Europa's, Leipzig, Veit & co, 1874. 233

2. La geografia del traffico

Kohl sarà riconosciuto per l'opera Der Verkehr und die Ansiedelungen des Menschen in ihrer Abhängigkeit von der Gestaltung der Erdoberfläche come l'inventore della geografia del traffico [Verkehrsgeographie] da uno dei maestri della geografia della generazione a lui successiva, cioè Alfred Hettner63. Friedrich Ratzel, inoltre, farà riferimento a lui nel capitolo sul Verkehr della sua Politische Geographie64. Questo riconoscimento si scontra innanzitutto con la scarsa diffusione tra i suoi contemporanei di quest'opera rispetto alle numerosissime descrizioni di viaggio che godevano invece di una discreta notorietà. Nel suo articolo sulla Verkehrsgeographie

Hettner scrive che «il libro ha ancora oggi un grande valore scientifico, e dispiace molto che a causa della prolissità estenuante dell'esposizione e del modo di trattare il suo oggetto eccessivamente astratto sia letta così poco»65. D'altra parte, come già detto nella ricostruzione biografica, di fronte al progetto dell'opera uno scienziato come Baer sostiene che non c'è nulla di nuovo nel tema considerata l'opera di Ritter, in quanto nessuno ormai nega l'influenza dell'ambiente esterno sull'evoluzione dei popoli. Ci troviamo di nuovo di fronte a un innovatore, scarsamente riconosciuto dai contemporanei come geografo teorico, la cui opera consente di affrontare uno dei problemi centrali della geografia dello spazio dinamico che qui si sta delineando, cioè quello del traffico, dei trasporti, del commercio e delle comunicazioni. Si tratta di un tema particolarmente rilevante data la prospettiva assunta in questo lavoro, cioè di considerare la costituzione di concetti geografici capaci di comprendere dinamiche globali, tanto nei loro effetti di omogeneizzazione dello spazio, quanto di riarticolazione di differenze spaziali indipendentemente dalla territorialità statale.

63 A. Hettner, Die Lage der menschlichen Ansiedlungen. Ein Vortrag, in «Geographische Zeitung», 1895, 1 vol., pp. 361-375; Id., Der Stand der Verkehrsgeographie, in «Geographische Zeitung», Leipzig, 1897, 3 vol., pp. 624-634. 64 F. Ratzel, Politische Geographie, München und Leipzig, Oldenbourg, 1897. 65 A. Hettner, Die Lage der menschlichen Ansiedlungen, cit., p. 363. 234

Proprio il miglioramento dei trasporti e la facilità del traffico, inoltre, hanno fornito una delle leve più potenti per dichiarare la «fine della geografia» che caratterizzerebbe la globalizzazione. A questo proposito, come già si è fatto per

Kapp, grazie all'opera di Kohl è sì possibile valorizzare la creazione di unità geografiche sempre più ampie, grazie alla riduzione delle distanze attraverso i trasporti. Contemporaneamente, però, come dimostra lo studio delle vie di comunicazione in generale e, in particolare, dei fiumi, Kohl mette in rilievo il fatto che il miglioramento delle comunicazioni produce una specifica organizzazione spaziale differenziata al suo interno. D'altra parte, dallo studio geografico del traffico emerge in primo piano l'efficacia di una serie di misure amministrative che superano i confini dei singoli Stati, seguendo i canali che sono forniti dalla natura per il movimento di uomini e merci potere. Esso offre dunque la possibilità di mostrare il funzionamento della dinamica amministrativa, nella sua differenza da quella che

Kohl definisce una «politica artificiale» intendendo con ciò quella secondo cui il sovrano è il proprietario del territorio ed è colui che produce l'ordine del Land su cui domina.

Nonostante il giudizio contrario di Baer, Kohl è convinto di aver elaborato il progetto di un'opera di grande originalità, capace di aprire un campo di ricerca interamente nuovo. L'elemento di novità che maggiormente salta agli occhi è la proposta di una formalizzazione geometrica delle figure della superficie terrestre in cui il traffico si muove, all'interno delle quali le reti di comunicazione si sviluppano in un certo modo e gli insediamenti assumono di conseguenza delle specifiche posizioni. Questo sforzo geometrizzante rimane sempre solo indicativo non essendoci una coerente riduzione quantitativa del fenomeno del traffico, se non nel fatto che le sue varie forme vengono considerate come movimento che predilige uno spazio omogeneo perché privo di ostacoli e più conveniente in senso lato. Il centro dell'indagine di Kohl rimane, però, la comprensione delle cause che hanno portato alla configurazione di un determinato «spazio dinamico». Tali cause sono di tipi

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differenti: naturali, cioè legati alla conformazione della superficie terrestre, morali e politici. Come si è mostrato nei precedenti capitoli, è nella Erdkunde che per la prima volta vengono poste le premesse necessarie per considerare non solo il reciproco condizionarsi di uomo e ambiente  in cui cominciano ad avere un rilievo particolare gli elementi geografici che uniscono o dividono popoli e Stati tra loro66  ma anche, grazie al sostrato filosofico su cui la Erdkunde viene formulata, le condizioni di uno sguardo sulla natura che la definisca come «oggettività geografica» in relazione all'uomo, al suo progresso e alle sue finalità. In Ritter, infatti, la Terra non è solo il

Wohnhaus degli uomini, cioè il luogo in cui si sono trovati, si trovano e si troveranno ad agire. Essa è anche, contemporaneamente, l'Erziehungshaus, ha cioè una determinazione etica, un significato. Gli spazi e la loro disposizione hanno un valore che è relativo alle finalità dell'uomo e che cambia in base a queste. Abbiamo visto che questo elemento viene ripreso da Kapp il quale sostiene che solo dal punto di vista dell'uomo si può pensare una natura geografica, a partire dal fatto che l'uomo si serve della natura e la piega ai suoi fini. I rapporti che costituiscono questa oggettività sono di tipi molto differenti. In Kohl non troviamo un'indagine filosofica sui presupposti della geografia. Eppure nella sua argomentazione è possibile individuare quel complesso di problemi più che di soluzioni che si è indicato con il lemma «spazio dinamico». Da un lato, la natura geografica è pensata come la base condizionante dell'agire storico dei popoli, intesa non in senso deterministico ma in quanto inserita in una causalità multipla, composta anche da fattori morali e politici e il cui effetto va ricostruito attraverso un'indagine storica. Dall'altro, la natura geografica è fin dall'inizio considerata in maniera relativa, cioè in rapporto all'uomo,

66 Si veda ad esempio C. Ritter, Erdkunde, vol. 13, cit., pp. 609 ss. in cui è presente una descrizione della funzione del cammello: Die geographische Verbreitung des Kamels in der Alten Welt, 1. Allgemeine Charakteristik des Kameels und seines ethnographischen Verhältnisses zur patriarchalischen Entwicklungsstufe des Nomadenlebens im Menschengeschlechts. Il cammello è definito «un mezzo di trasporto sociale [ein gesellige Gefährte]» che sta in una relazione simbiotica con la vita nomadica. 236

al traffico e agli insediamenti, ed è quindi dotata di un «valore» che permette di studiare scientificamente l'articolazione e la differenziazione tra gli spazi.

Kohl individua le origini del traffico [Verkehr]67 nella costituzione antropologica dell'uomo. L'uomo è un essere sociale [gesellig] e irrequieto [unruhig]. Questa seconda caratteristica indica la tendenza a progredire in un processo di moltiplicazione dei bisogni e dunque di ricerca di nuovi mezzi per soddisfarli. Solo attraverso quello che in generale può essere definito «traffico umano» [menschlicher Verkehr], solo mettendosi in connessione tra loro, gli uomini progrediscono, si formano, raggiungono i propri fini. Il commercio, la guerra, i rapporti tra gli Stati, la fondazione di città e altre forme di sociazione [Vergesellschaftung] dipendono da questa socialità e mobilità originaria. Dalla socialità e dalla irrequietezza naturali dell'uomo, Kohl deriva due attitudini fondamentali rispetto allo spazio: la mobilità

[Beweglichkeit] e la tendenza a stabilizzarsi [Fixierung]: «se gli uomini nei loro movimenti e nei loro traffici rimanessero per così dire fluidi [Flüssigen], non arrivassero mai a stabilizzarsi» allora si potrebbe parlare di un'intensificazione del commercio in un punto della superficie terrestre, ma non di insediamenti veri e propri68. Invece, ovunque si producono dei punti di precipitazione e di fissazione del

67 Il termine Verkehr ha un significato ampio che si avvicina alla parola italiana «traffico». Secondo il Grammatisch-kritisches Wörterbuch der hochdeutschen Mundart di J. C. Adelung (ed. 1811) Verkehr significa Handeln und Wandeln, cioè l'attività commerciale in quanto connessa a uno spostamento nello spazio, alla circolazione: «c'è molto Verkehr in un luogo quando molte merci vengono fatte lì circolare o vengono lì depositate» («es ist vieler Verkehr an einem Orte, wenn viele Waaren daselbst verkehret oder abgesetzet werden»). Il termine ha anche un significato più ampio che indica un rapporto tra due o più persone: si può dunque dire anche «Verkehr mit jemanden haben, Umgang, Gemeinschaft», cioè frequentare qualcuno, entrare in rapporto con qualcuno. Si tratta di un significato derivato perché inizialmente Verkehr indicava semplicemente lo scambio di merci. 68 Ivi, p. 13. «Wenn die Menschen bei ihren Bewegung und ihrem Verkehre, so zu sagen, immer im Flüssigen blieben, nie zum Hinsetzen kämen [...] so würde alsdann aus aller Vermehrung des Verkehrs an einem Erdflecke doch immer noch nicht Das entstehen, was wir Ansiedelung nennen». A questo proposito fa riferimento alle colonie di pesci che si intensificano in determinati punti dei corsi d'acqua. 237

traffico69. Questo processo non è omogeneo sulla superficie terrestre: la popolazione è distribuita in maniera differente e in alcuni luoghi ci sono insediamenti millenari in altri continuano a essere fondati e a scomparire nel nulla. L'obiettivo di Kohl è comprendere questa differente distribuzione che egli riconduce tanto a cause fisiche

(la produttività del suolo e la conformazione della superficie terrestre) quanto a cause morali (la cultura [Kulturzustand]) e politiche (la costituzione politica [die politische Verfassung]). L'opera si concentra sullo studio dell'influenza che la conformazione della superficie terrestre ha sul traffico e dunque sulla distribuzione degli insediamenti, che dipendono dal traffico ma contribuiscono anche a modificarlo, come si vedrà nel prossimo paragrafo70.

Kohl distingue all'interno del generale «traffico umano» tre tipi di traffico: il traffico politico, il traffico commerciale e il traffico sociale. Da queste differenti tipologie dipende una diversa configurazione delle strade e delle loro direzioni in quanto servono a scopi differenti, rispettivamente il bisogno di protezione

[Schutzbedürftigkeit], la ricerca del guadagno [Gewinnsucht] e l'istinto sociale [Trieb zur

Geselligkeit]. Per quanto riguarda il «traffico politico» il movimento e gli insediamenti sono pensati in relazione alla finalità della sicurezza, verso l'interno e verso l'esterno.

Da un lato, si tratta delle città in cui ha la sua residenza il monarca o sede il governo e la comunicazione che da qui parte è quella necessaria all'amministrazione del territorio, cioè alla trasmissione del potere nello spazio. A partire dalla capitale la sovranità deve esercitare la sua pressione e il suo impulso [Druck und Impuls] su tutto il territorio come una macchina ben ordinata71. Per fare questo, spesso vengono

69 «Überall wird sich das ganze bunte Gewebe der Gewerbe treibenden Bürgerschaft um jenen Kerf befestigen, und es wird auf diese Weise überall in Folge des menschlichen Verkehres als sein Product menschliche Ansiedelungen erscheinen» (ivi, p. 14). 70 Cfr. A. Hetzer, Johann Georg Kohl als Bremer Stadtbibliothekar. Ein Beitrag zur Geschichte der Bremer Stadtbibliothek im 19. Jahrhundert in The progress of discovery, cit., pp. 170-181. 71 «Alle Ton angebenden Einrichtungen werden sich sämmtlich an die oberste Gewalt anschlieβen, die wiederum ja auf sie alle einwirken muβ und die daher wie eine wohlgeordnete Maschine in ihrer nächsten Nähe Das haben muβ, wodurch sich der Druck und Impuls auf alle am gleichmäβigsten 238

fondate delle città come cinghie di trasmissione di quella pressione e di quell'impulso: sono le città provinciali, distrettuali, le Kreisstädte ecc. Il territorio di un paese è perciò punteggiato di insediamenti sempre più piccoli. Un altro tipo di insediamenti che hanno a che fare con il «traffico politico», relativo però alla sicurezza verso l'esterno, sono le basi e gli accampamenti militari nonché le fortificazioni, che hanno ovviamente un differente principio di «appropriatezza» del luogo. Ad esempio, se per il traffico commerciale il trasporto via mare è più conveniente di quello su terra, per il traffico militare è vero il contrario. La seconda tipologia di traffico è, appunto, il traffico commerciale [Handelsverkehr]: una delle origini più comuni delle città è proprio il fatto che servivano da mercato. Il traffico commerciale è quello che dipende maggiormente dalla natura del terreno ed è quello su cui non a caso si concentra maggiormente la trattazione. Dal momento che è finalizzato al guadagno e al risparmio è quello che fa maggiormente caso alla convenienza o meno di determinati percorsi. I differenti tipi di traffico producono, a seconda degli scopi, differenze di popolamento del terreno su cui si muovono, dell'oggetto e della scala. Al di là di queste differenze il punto è che i luoghi di vendita come i mercati e tutte le catene commerciali richiedono una serie di istituti e di luoghi di raccolta di merci o di funzioni che costituiscano una rete interconnessa, producendo così una peculiare organizzazione spaziale. Infine c'è il traffico sociale

[geselliger Verkehr], cioè quell'insieme di attività per cui gli uomini si muovono e hanno reciproci rapporti come l'imprenditoria72, la cultura, la comunicazione sociale e la religione. Questa tendenza sociale è tanto più forte, scrive Kohl, quanto più si

vertheilen kann» (ivi, p.16). Così come in Kapp, il potere dello Stato viene paragonato a un elemento che deve attraversare e compenetrare tutto il corpo dell'intero. 72 Come si vedrà in seguito, il contesto a cui fa riferimento Kohl è quello di un'industrializzazione ancora a una fase iniziale e di cui viene infatti negato il fatto che possa costituire una reale novità nell'organizzazione spaziale della società e del traffico. È significativo, a questo proposito, il fatto che le città manifatturiere e industriali siano collocate nella categoria del traffico sociale, perché richiedono, in un contesto di divisione del lavoro, una cooperazione sociale. Kohl riconosce, inoltre, che questo tipo di produzione che avviene in città ha, da un lato, bisogno di poco spazio e, dall'altro, la posizione geografica non contribuisce a definirne la posizione, una volta introdotta la macchina a vapore. Essa si rende così autonoma rispetto alla conformazione della superficie terrestre. 239

sale nella scala sociale e nel grado del progresso della civiltà. I barbari così come gli illetterati restano isolati e tanto più le persone sono istruite, quanto più cercano la socialità per se stessa, senza un fine. Essendo una prerogativa di uno stadio superiore della civiltà l'elemento della socialità si aggiunge successivamente a quelli politici, bellici e commerciali e difficilmente è una causa genetica di insediamenti. In generale, anche se la tendenza di Kohl, come si vedrà, è quella di naturalizzare il traffico come una componente universale della società umana, egli sottolinea contemporaneamente la relazione tra la civilizzazione e un aumento delle relazioni, una tendenza all'unificazione progressiva dei punti dello spazio. Nelle società contadine, le case sono autosufficienti e non hanno bisogno di entrare in relazione l'una con l'altra, cosa che cambia con l'introduzione della divisione del lavoro e con la moltiplicazione dei bisogni. Questa estrema connessione ha il suo apice nella vita artificiale delle città, di cui parleremo in seguito. Quello che qui interessa sottolineare

è, per il momento, l'insistenza sull'idea del rapporto tra gli spazi come l'oggetto privilegiato della scienza geografica, un oggetto che è tanto più ampio e globale quanto più si estendono le relazioni di traffico e la civiltà.

A partire dai tre differenti tipi di traffico, l'obiettivo di Kohl è di comprendere le cause genetiche e l'organizzazione funzionale di un determinato sistema di Verkehr e

Ansiedelungen, in relazione a una determinata forma della superficie terrestre e nel passaggio da una forma a un'altra. Questo sistema dovrà essere considerato e studiato selezionando quegli elementi che sono significativi per il traffico, in quanto creano ostacoli o facilitano il movimento. A questo fine sarà utilizzato tutto l'armamentario concettuale apprestato da Ritter per indicare le tipologie di superficie terrestre e la differenziazione interna tra di esse. Inoltre, come si vedrà in questo paragrafo e nei successivi, l'idea di regione storico-naturale come organismo individuale sarà utilizzata per indicare un sistema con una certa omogeneità caratterizzato da un determinato rapporto tra Verkehr-Ansiedelung-Gestaltung der

Erdoberfläche, con un centro che attrae tutte le parti del sistema e agisce in

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continuazione per rendere efficaci i confini dell'insieme che funzionano come confini solo nella misura in cui impongono una barriera naturale al traffico umano.

Il traffico, gli insediamenti e le superfici hanno delle caratteristiche che sono in parte misurabili (distanze, curve, direzioni, forme stereometriche e geometriche).

Queste qualità devono essere considerate per come entrano in rapporto reciproco, attivamente o passivamente (come determinanti o determinate). Alla superficie terrestre vengono così assegnati differenti valori per il traffico a partire dall'assunto che questo privilegi le superfici dove il movimento è più agevole e omogeneo.

Individuando le figure geometriche in cui le superfici si delimitano e il tipo di traffico

(interno, esterno, transito, cabotaggio) è possibile comprendere come si sviluppa la rete delle strade e le loro direzioni e dove sarà collocato il Central- o Brennpunkt, cioè la città. Ad esempio, la figura più importante che Kohl individua è il cerchio, una superficie omogenea in cui tutti i punti al confine stanno alla stessa distanza dal centro, che è quindi il punto in cui passano le vie più brevi e dove è dunque più vantaggioso che si stabilisca un mercato e una sede governativa, perché da qui è più facile esercitare il controllo su tutti i punti della superficie nella maniera più efficiente ed economica. In base a questa organizzazione spaziale si creano, in uno spazio omogeneo, delle gerarchie dovute al fatto che la terra e le abitazioni sono più care più ci si avvicina al centro, dove tende a concentrarsi una quantità maggiore di popolazione73. Da questo centro si costruiranno verosimilmente delle strade a

73 Il modello di organizzazione spaziale circolare organizzato secondo cerchi concentrici di importanza superiore più ci si avvicina al centro è analogo a quello pensato da Heinrich von Thünen per l'economia agricola in Der isolirte Staat in Beziehung auf Landwirtschaft und Nationalökonomie, oder Untersuchungen über den Einfluβ, den die Getreidepreise, der Reichthum des Bodens und die Abgaben auf den Ackerbau ausüben, Hamburg, Perthes, 1826. Dall'opera di Von Thünen si originerà poi un'intera branca di pensiero economico che concentrerà la sua attenzione sulla localizzazione dei fenomeni economici. Tra i suoi principali esponenti vi sono Wilhelm Laundhardt (1832–1918), Alfred Weber (1868-1958), Walter Christaller (1893-1969). Su questo si veda A. Kopp, The New Geographical Economics and the German Founders of Regional Economics, Kiel, Kiel Institute of World Economics, 1999. Anche questi studi sulla localizzazione dei fenomeni economici sono basati su modelli geometrici, che vanno dai cerchi concentrici di von Thünen agli esagoni di Christaller. La differenza tra questi modelli e quelli di Kohl è che i primi, se pur molto diversi tra loro, sono basati sulla quantificazione matematica dei fenomeni che viene poi tradotta in figure geometriche. Queste riduzioni non avvengono nell'opera di 241

raggiera e nei punti di raccordo tra queste e le strade secondarie sorgeranno altre città minori. Ogni città sarà a sua volta centro ed eserciterà una forza di attrazione sul circondario. Diversamente si configura invece il traffico in una superficie omogenea di forma triangolare in cui alcuni punti sono più vicini e altri più lontani e tendono a isolarsi costruendo una propria autonomia. Il secondo passaggio dell'analisi è l'aggiunta alla morfologia delle figure in cui si muove il traffico di una specificazione in base al loro contenuto: quindi si tratta di studiare il rapporto tra una figura circolare e, ad esempio, una figura triangolare, specificandone la differenza, cioè se si tratta di una distinzione che ha a che fare con l'altitudine (rapporto pianura- montagna) oppure di una distinzione tra terra e acqua ecc.

Alla formalizzazione geometrica si aggiungono però una serie di complicazioni derivate dal fatto che le cause naturali agiscono in concerto con una serie di cause morali e politiche. Prima di addentrarci in queste differenze, è necessario soffermarci su alcune riflessioni sulla natura e la funzione della scienza geografica presenti nell'opera di Kohl. Se paragonato a un autore come Ernst Kapp, che accentua la componente filosofica dell'opera ritteriana attraverso una lettura geografica di Hegel, la riflessione sui fondamenti epistemologici è meno accentuata in Kohl. Egli condivide, tuttavia, l'idea che la geografia debba diventare una scienza sistematica e spingersi così oltre la descrizione di singoli fatti, per proporre una teoria della differenziazione dei fenomeni naturali e umani. Mentre ci sono molti scritti sull'influenza che la produttività del suolo ha sulla densità della popolazione, scrive

Kohl, «non possediamo anche un'opera che abbia come scopo quello di sviluppare e giudicare in maniera completa gli effetti della conformazione del suolo»74. Nelle opere geografiche e storiche viene sì trattata di passaggio la posizione di questa o

Kohl: le forme geometriche rimangono solo indicative e distanti rispetto a quel cosmo storico che egli ha sempre di fronte e che cerca, come si vedrà, di naturalizzare. 74 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., pp. 3-4. [«Wir besitzen aber noch kein Werk, welches die Einwirkungen der Bodengestaltung vollständig zu entwickeln und zu beurteilen sich zum Zweck genommen hätte»]. 242

quella città, ma non si ha una teoria complessiva delle cause della posizione degli insediamenti. In un'altra opera, riprendendo la metafora organicistica già utilizzata da Ritter e da Kapp, Kohl afferma la necessità di una «scienza anatomica» che studi i paesi, in quanto essi sono il corpo degli Stati e delle nazioni75.

L'innovazione concettuale portata da Kohl sarebbe dunque quella di considerare i fenomeni del traffico e degli insediamenti per la prima volta come un sistema che segue determinate leggi, che ha delle regolarità che possono essere considerate solo studiando un insieme di rapporti che intercorrono tra gli oggetti di studio e non singole porzioni della superficie terrestre. Anzi, secondo una mossa squisitamente ritteriana, la specificità di una regione può essere valutata solo riconoscendo la sua

Weltstellung, cioè la sua relazione con il complesso delle regioni circostanti. L'intento di Kohl non è quello di «mappare» le diverse distribuzioni. La sua finalità è, piuttosto, teorica, cioè la formulazione dei principi universali che consentono di individuare il luogo migliore per un insediamento. Tutto ciò ha immediatamente a che fare con la funzionalità pratica della geografia del traffico. Conoscere questi principi è di grande importanza per l'uomo di Stato e per il politico affinché

egli non ostacoli [hemme] con costrizioni politiche [politische Zwange] lo sviluppo naturale di questo o quel luogo. Nello stesso modo, bisogna tenere conto di quelle verità nella fondazione di una nuova città, poiché con il loro aiuto si può stabilire in

75 «Non c'è dubbio che i territori siano il corpo degli Stati e delle nazioni e che dunque ci sia una scienza dell'anatomia di questi corpi, così come c'è un'anatomia di ogni altro tipo di involucro corporeo. Eppure i fondamenti di questa scienza non sono ancora stabiliti con precisione, anche se tali ricerche avrebbero degli effetti importantissimi sulle scienze storiche e getterebbero una luce particolarmente chiara sul passato e sul futuro del genere umano» [«Sind die Länder, wie es keinen Zweifel leidet, die Körper der Staaten und Nationen, so gibt es eine Wissenschaft der Anatomie dieser Körper, so gut wie es eine Anatomie jeder andern Gattung körperlichen Hüllen gibt. Man hat aber die Grundsätze dieser Wissenschaft noch nirgend festgesetzt, obwohl aus solchen Untersuchungen die bedeutendsten Resultate für die historischen Wissenschaften hervorgehen würden, und obwol dabei ein besonders helles Licht auf die Vergangenheit sowol als auf die Zukunft des Menschengeschlechts fallen müβte»(J. G. Kohl, Der Rhein, vol. I, cit., p. 23)]. 243

maniera matematicamente esatta in quali punti sia da aspettarsi un futuro splendente per una nuova colonia e in quale no76.

Inoltre, questa analisi può essere utile anche per gli storici e gli etnografi perché costituisce «il fondamento dell'intera loro scienza, come la stessa superficie terrestre è la base e la scena della vita dei popoli e delle evoluzioni storiche»77. In queste affermazioni sull'utilità politica della geografia si trovano una serie di concetti e di presupposti che abbiamo più volte incontrato durante questo lavoro. La geografia, scrive Kohl, offre una conoscenza della base e della scena della storia. L'idea che la superficie terrestre sia la base dello sviluppo umano indica uno dei tratti determinanti di quello che qui abbiamo definito «spazio dinamico». Essa è una base sia perché storicamente la conformazione della superficie terrestre ha orientato, modificato, influenzato la costituzione delle differenze storiche e politiche tra i popoli; sia perché in essa, nella natura geografica, sono prefigurati degli assetti storici che la politica deve  grazie alla scienza geografica  conoscere e a cui deve adeguarsi. L'assetto spaziale delle società umane ha dunque una sua necessaria configurazione dovuta al rapporto con determinate differenze naturali. Rispetto a queste, una certa politica è artificiale e arbitraria proprio perché non sa leggere l'ordine naturale degli spazi iscritto nella superficie terrestre e dunque ostacola la sua

76 G. J. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 4. [«Sicherlich, wenn es überhaupt gewisse, von der Natur als die bequemsten Brennpuncte des Verkehrs und die günstigen Ansiedelungsplatze der Bevölkerung bezeichnete Erdflecke giebt, und wenn deren Nachweisung und Auffindung nach gewissen allgemeinen Principien möglich ist, muss es für den Staatsmann und Politiker von groβer Wichtigkeit sein, diese Principien zu kennen, damit er mit politischen Zwange die natürliche Entwicklung dieses oder jenes Orts nicht hemme. Eben so muβ bei Begründung neuer Städte auf jene Wahrheiten Rücksicht genommen werden, da es sich mit ihrer Hülfe oft mathematisch genau bestimmen läβt, an welchem Puncte für eine neue Colonie eine glänzende Zukunft zu erwarten sei, an welchem nicht»]. Non è un caso che il libro sia dedicato al Reichsgrafen e Ritter Peter von Meden, l'erede di Blieden nel Kurland. 77 Ibidem [«da sie eben so die Grundlage ihrer ganzen Wissenschaft bildet, wie die Erdoberfläche selber die Basis und Bühne des Völkerlebens und der geschichtlichen Entwicklungen ist»]. Oltre ai vantaggi elencati, Kohl indica anche ulteriori funzioni della geografia del traffico: essa potrebbe essere utile per gli archeologi in cerca di antiche città oppure per operare una critica alla letteratura di viaggio passata, ad esempio se viene descritta una città in un luogo in cui non è verosimile che vi sia stata perché non ci sono rapporti naturali favorevoli, allora si può dedurre che la descrizione è falsa. 244

configurazione naturale attraverso limiti politici. Nella rivendicazione di un ruolo politico della geografia è così implicita una critica all'artificialità della politica e la ricerca di un differente tipo di legittimazione, che risponda alla natura delle cose, di una politica nuova. Si tratta di una politica che non si deve imporre sui rapporti naturali con obblighi e limiti estrinseci, ma che deve saper seguire «gli effetti muti e nascosti del traffico [stille und geheime Wirkungen des Verkehr]»78. In questa contrapposizione tra natura e artificio il traffico, benché sia un fenomeno storico, viene naturalizzato come movimento che si sviluppa autonomamente in accordo con la natura dell'ambiente e che contribuisce in una lunga durata e senza un piano consapevole a costruire un sistema efficiente di reti e di insediamenti, almeno se quest'ultimo non viene impedito. Si tratta, evidentemente, di una riflessione che permette di sostenere la difesa del libero commercio contro la presenza di dazi e barriere al libero configurarsi dei rapporti economici.

La naturalità del Verkehr, del resto fondata sulla stessa antropologia dell'uomo, emerge anche nella distinzione tra strade artificiali e strade naturali. Ci si potrebbe aspettare che da qui avesse origine una relativizzazione dell'influenza del suolo e un discorso sul dominio tecnico della natura, come per alcuni aspetti avviene in Kapp anche se la sua filosofia della tecnica poggia su un'omologia tra tecnica e natura79. La costruzione artificiale di strade non produce invece per Kohl un salto qualitativo.

Esse sono semplicemente un miglioramento dei percorsi naturali e sottostanno alle loro stesse leggi. Le strade artificiali servono di regola a rendere più praticabili le strade già praticabili per natura e perciò non esercitano, nel complesso, alcuna eccezione o irregolarità nelle modalità regolate dalla natura del traffico o della costruzione.

La distinzione tra una naturalità della superficie terrestre, da studiare attraverso la geografia, e una politica artificiale viene diffusamente trattata da Kohl nella

78 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 589. 79 Cfr. E. Kapp, Grundlinien einer Philosophie der Technik, cit. 245

discussione su quali siano le cause principali naturali, politiche o morali  che influenzano lo sviluppo del traffico e la posizione degli insediamenti. Seguire l'argomentazione di Kohl su tutto ciò ci consente di approfondire il discorso sia sul rapporto tra uomo e natura, sia sulla relazione tra politica e discorso geografico. Kohl dedica un capitolo specifico alle relazioni tra cause naturali e cause politiche e morali.

Egli inizia sostenendo che, per quanto l'uomo sia dipendente dalla natura, egli non è suo schiavo essendo da molti punti di vista il suo signore: «natura e umanità, necessità e libero arbitrio, rapporti climatici e morali sono ciò che insieme ha prodotto tutti i fenomeni del mondo umano»80. Le cause morali e quelle politiche sono di due tipi: quelle che dipendono dalla natura, nella misura in cui questa influenza il carattere dei popoli, e quelle che non dipendono dalla natura, cioè le cause che riguardano caratteri innati dei popoli oppure un potere esterno. Per quanto riguarda le prime, Kohl ripropone la classica teoria dei climi, cioè l'idea di un'influenza a livello fisiologico della composizione dell'aria e della temperatura che suddividerebbe la popolazione mondiale in fasce. Questo fatto influenzerebbe il traffico nella misura in cui esso riesce in maniera migliore non solo su superfici omogenee ma anche tra popolazioni prossime dal punto di vista morale e politico.

Esso sarebbe dunque più facile da Est a Ovest, o viceversa, che non sull'asse Nord-

Sud. Inoltre, qui l'elemento geografico compare in un'altra luce, per i suoi effetti sul carattere di un popolo, ma sempre dal punto di vista della differenziazione o omogeneità: ad esempio nelle zone montuose, con le loro molte valli, la disomogeneità è maggiore, mentre le pianure favoriscono il traffico perché c'è anche una maggiore connessione tra i cittadini e un maggiore grado di civiltà.

80 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 525. [«Natur und Menschen, Nothwendigkeit und freier Wille, klimatische und moralische Verhältnisse sind es, die vereint alle Erscheinungen in der Menschenwelt hervorgebracht haben»]. E aggiunge: «Il caso, l'arbitrio, il capriccio, idee fortunate, il tempo atmosferico, il destino e gli stimoli naturali hanno formato in un molteplice compenetrarsi i rapporti umani e così in particolare anche il traffico umano e la costruzione di città» [«Zufall, Willkür, Laune, glückliche Idees, Wind und Wetter, Schicksal und natürlicher Drang gestalten in vielfachem Durcheinanandergreifen die menschlichen Verhältnisse und so insbesondere auch den menschlichen Verkehr und Städtebau» (ibidem)]. 246

Per quanto riguarda le cause che non dipendono dalla natura c'è innanzitutto la disposizione innata in un popolo che fa sì che, per quanto l'influenza del Nord, ad esempio, sia identica, essa viene subita in maniera differente da un tedesco o da un finlandese. Già questo dato contribuisce non poco a relativizzare il discorso sulle fasce climatiche. Il carattere del popolo è qualcosa di innato che esso mantiene ovunque vada, quindi non è legato al territorio: i tedeschi, scrive Kohl, mantengono le stesse caratteristiche ovunque vadano81.

Tra le forze non determinate dalla natura, Kohl attribuisce un primato assoluto allo Stato:

nessun potere morale è più forte e vincolante e nessuna favorisce o ostacola di più il traffico e regola di più il movimento sociale del potere forte, che domina in maniera arbitraria dello Stato, la connessione tra gli uomini più grande, più interiore, più adatta all'esercizio del potere e stabilita per il dominio, con cui essi non solo sono legati in maniera naturale e senza il loro assenso, come attraverso il linguaggio e i costumi o il carattere sociale, ma sono anche legati reciprocamente in maniera esplicita, per costruire un potere82.

L'influenza su traffico e insediamenti dello Stato è ampia e il problema è che il potere dello Stato è «arbitrario», cioè può promuovere insediamenti e vie del traffico del tutto diverse rispetto a quelle fondate sulla conformazione della superficie terrestre. In un altro punto, Kohl scrive che «il potere dello Stato è abbastanza forte da fare nascere un intero grande luogo dal nulla, con tutto ciò che è necessario, in un

81 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 538. [«Die Deutschen, z. B. zeigen sich in allen Zeiten als ein ausdauernd fleiβiges, bildsames, treues und biederes Volk und haben sich diesen Charakter seit Jahrtausenden und unter allen Umständen erhalten. Sie zeigen sich mit diesen und anderen Eigenthümlichkeiten so in Ruβland, so in Amerika, so unter allen Klimaten und Völkern. Die politischen Ereignisse haben diesen Grundcharakter der deutschen Nation sehr wenig verändert»]. 82 Ivi, p. 540. [«Keine moralische Gewalt ist stärker und bindender und keine befördert oder hemmt mehr den Verkehr und regelt mehr die gesellschaftliche Bewegung als die mächtige, willkürlich gebietende Staatsgewalt, die gröβte und innigste, eigens zur Gewaltausübung, zur Herrschaft verabredete Verbindung unter den Menschen, die dadurch nicht nur natürlich und ohne ihr Zuthun, wie durch Sprache und Sitten oder gemeinschaftlichen Charakter, mit einander verbunden, sondern expreβ mit einander verbündet sind, um eine Macht zu bilden»]. 247

posto in cui la natura da sola non avrebbe fatto nascere niente»83. Gli Stati non rispondono al naturale configurarsi della superficie terrestre e del traffico per due motivi: in parte perché sono ciechi e incoscienti [Blinde und Unwissende]84, in parte perché hanno obiettivi differenti rispetto alle finalità del traffico stesso. In alcuni Stati le leggi talmente malandate, con così poca sicurezza, che equivalgono a paludi o deserti dal punto di vista del commercio. Altri, invece, sono così bene amministrati e hanno infrastrutture così efficienti da rassomigliare a un mare calmo e facile da navigare. «Da quanto detto già si mostra che i confini degli Stati e la loro figura sono di importanza straordinaria e di significato analogo rispetto alle figure dei confini delle superfici naturali»85. Quindi la differenza e l'accostamento tra uno Stato barbarico e uno Stato civilizzato sono analoghi all'accostamento tra la terra ferma e il mare, tra il deserto e una terra rigogliosa e così via. Anche se si tratta di due Stati che sono ugualmente ben organizzati, il passaggio dall'uno all'altro provoca degli effetti sul traffico: esso si deve adeguare ad altre leggi e ad altre abitudini. Questo ragionamento ha come base l'idea che il traffico tende a rimanere là dove nasce per la prima volta, come nel suo elemento prediletto. La differenza tra i due Stati è ulteriormente accentuata dal fatto che i loro confini vengono sia fisicamente fortificati in alcuni punti, sia in quanto funzionano come barriere doganali, vietano alcuni tipi di commercio o tassano determinati tipi di merci86.

83 Ivi, p. 546 [«Die Staatsgewalt ist stark genung, um einen ganzen groβen Ort mit Allem, was dazu nöthig ist, aus dem Nichts an einer Stelle in's Leben treten zu lassen, wo die Natur allein durchaus gar nichts geschaffen hatte»]. 84 Ibidem. 85 Ivi, p. 541. [«Schon daraus zeigt sich, daβ die Gränzen der Staaten und deren Figur von auβerordentlicher Wichtigkeit und ähnlicher Bedeutung sind wie die Figuren der Gränzen der natürlichen Oberflächenzustände»]. 86 A questo proposito, Kohl fa l'esempio delle zone di confine: attorno al confine, si crea una situazione artificiale di calma e assenza di vita. Si tratta di spazi fortemente artificiali, animati per lo più dal contrabbando oppure, là dove dei pesanti dazi non «fortificano» i confini tra gli Stati, anche da mercati di confine. Tuttavia, queste zone artificiali sono molto mutevole, tanto quanto mutevoli sono i confini degli Stati: «i confini politici si trasformano molto spesso e molto velocemente, e tali luoghi di confine deperiscono di solito così velocemente come essi nascono» [«die politischen Gränzen verändern sich 248

Per quanto riguarda l'organizzazione interna dello Stato, essa comporta tali influssi sul Verkehr che

l'organizzazione di uno Stato assomiglia in tutto e per tutto alla superficie naturale e che esso può essere considerata, a causa delle sue differenti istituzioni, come se consistesse in differenti pianure, mondi, canali e fiumi che promuovono, montagne che ostacolano, rocce che rompono, mari che uniscono ecc. e che ci si sbaglierebbe di grosso se, considerando il movimento del traffico e delle modalità di insediamento di uno Stato, non si considerassero anche, nello stesso tempo, queste forze che agiscono in maniera invisibile [diese unsichtbar waltenden Kräften]87.

Se lo Stato lasciasse che i rapporti del traffico si configurassero liberamente, allora essi sarebbero condizionati solo dai confini e dai rapporti naturali. Ma gli Stati sono molto distanti dal fare ciò: in essi si creano ceti [Stände] che si ascrivono un potere, vengono dati qui privilegi, là vengono imposte delle limitazioni di ogni tipo al libero

sehr oft und schnell, und solche Gränzorte verkümmern dann oft in der Regel wieder eben so rasch, wie sie entstanden» (J. G. Kohl, Der Verkehr, cit., p. 543)]. 87 Ivi, pp. 543-544. [«In jedem Staate [finden sich] so viele Verkehr leitende Einflüsse, daβ die Organisation eines Staates ganz und gar der natürlichen Oberfläche eines Erdstücks gleicht und daβ er blos seiner verschiedenen Einrichtungen wegen als aus verschiedenen Ebenen, Gebirgen, fördernden Canälen und Flüssen, hindernden Bergen, brechenden Felsen, sammelnden Seen u. s. w. bestehend angesehen werden kann, und daβ, wenn man bei Beurtheilung der Verkehrsbewegung und der Besiedelungsweise eines Staates nicht zu gleicher Zeit auch diese unsichtbar waltenden Kräfte berücksichtigen wollte, man sehr fehlgreifen würde»]. L'analogia tra l'organizzazione istituzionale dello Stato e la conformazione differenziata della superficie terrestre si spinge fino a proporre, anche se di passaggio, una stessa formalizzazione geometrica per le figure dell'estensione del potere dello Stato e le forme della superficie terrestre. Analogamente, data una conformazione terrestre omogenea (stesso clima, stessa cultura ecc.), le forze politiche e morali si svilupperebbero in uno spazio circolare, con un centro da cui partirebbero una serie di raggi. La tendenza alla centralizzazione è parallela dunque a una tendenza all'omogeneizzazione del territorio, contro le quali intervengono determinati fattori di disturbo. Su questa configurazione morfologica c'è anche grande oscurità: «noi possiamo qui però parlare di queste cose per come esse ostacolano l'efficacia delle forme fisiche, e non approfondire ulteriormente e vogliamo solo di passaggio attirare l'attenzione sul che in questa parte della geografia domina ancora una grande oscurità, dal momento che finora non si è da nessuna parte preso adeguatamente in considerazione la conformazione dei costrutti politici» [«wir können aber hier, wo wir von diesen Sachen nur insofern sprechen wollten, als sie die Wirksamkeit der physikalischen Formen hemmen, nicht weiter darauf eingehen und machen nur im Vorübergehen darauf aufmerksam, welche Dunkelheit in diesem Theile der Geographie noch herrscht, da bisher fast noch nirgends auf die Gestaltung der politischen Gepräge gehörige Rücksicht genommen worden ist» (J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 560)]. 249

mercato. Determinati monopoli o privilegi spesso legano il traffico a un luogo là dove questo avrebbe scelto tutt'altro luogo come punto di precipitazione88. Questi privilegi grandi o piccoli portano alla costruzione di strade e canali in un luogo in cui non sarebbero stati naturalmente costruiti e, visto che contengono sempre anche un divieto, chiudono e murano altre strade che sarebbero state privilegiate dalla natura.

Ostacolano delle evoluzioni e, al posto di queste, impongono delle evoluzioni artificiali [künstliche Entwicklungen]. Oltre ai dazi e ai privilegi ci sono all'interno dello

Stato, tutta una serie di ostacoli paragonabili a colline e montagne. Da questo punto di vista gli Stati sono molto diversi tra loro, alcuni sono analoghi a territori montuosi perché sussistono piccole frontiere, pedaggi di ogni tipo, tutta una serie di piccole catene che limitano il libero movimento del traffico.

Eppure, scrive Kohl, per quanto grandi siano le trasformazioni introdotte dall'intervento dello Stato, l'arbitrio è comunque destinato a passare, le situazioni a cui è affidato un privilegio e che sono del tutto svantaggiate dalla natura non possono durare. Benché siano, dal punto di vista dell'astrazione analitica, paragonabili a invisibili elementi naturali che ostacolano e deviano il traffico, la loro temporalità è radicalmente differente rispetto a quella della natura delle cose. Niente può diventare grande senza che vi sia un principio di questa grandezza nei rapporti naturali. Più verosimile è affermare che ciò che riceve dei privilegi in maniera duratura è già anche privilegiato dalla natura. In questo contesto si inserisce la considerazione storica specifica della scienza geografica: non la storia evenemenziale, non la ricostruzione delle oscillazioni politiche, ma la ricostruzione di una storia che

88 In nota Kohl aggiunge, a titolo d'esempio, il fatto che all'epoca di Carlo Magno certi luoghi erano scelti come «mercati e stazioni» tra i tedeschi e altre nazionalità tramite un accordo politico: Lorsch era scelta per il commercio ungherese, Forchheim per quello frisio ecc. Oppure il fatto che Erfurt fosse un grande centro commerciale grazie alla presenza di una grande strada artificiale che passava da lì facendone il punto di collegamento tra la Turingia e la Germania meridionale. Un esempio invece di misura artificiale che ha come effetto quella di svuotare un luogo della sua capacità di traffico è la compagnia degli Schwarzhäupter, una corporazione di mercanti presente in alcune città commerciali baltiche, entrare nella quale era complicato eppure costituiva la condizione necessaria per esercitare il commercio. 250

affonda le sue radici nel lontano passato, con l'obiettivo di ricostruire l'evoluzione naturale e combinata dell'ambiente umano89. Come si è visto, la distinzione tra storia e preistoria è un oggetto centrale di discussione in questo periodo. Sia Ritter sia Kapp la trattano: l'uno affermando che la Erdkunde ha la capacità di accedere ai più antichi annali della storia, là dove la storia si deve femare; l'altro, sostenendo sì la prospettiva hegeliana che lega la storia allo Stato, si trova poi a scrivere una storia della fisionomia politica dei paesi che risale alle origini incerte di popoli e Stati. Kohl

è quello che con più insistenza afferma le ragioni della lunga durata contro una storia solo politica ed è proprio la Terra ciò che fonda la possibilità di una tale storia:

nella misura in cui la formazione della superficie terrestre, la strutturazione dei confini tra le componenti fluide e rigide, tra le montagne e le pianure rimangono le stesse, anche le modalità di insediamento delle porzioni terrestri e le direzioni e i punti focali del traffico devono rimanere le stesse, nella misura in cui le trasformazioni politiche non producono in esse delle eccezioni90.

Kohl conclude la trattazione delle cause esterne nominando altri elementi artificiali che influenzano il traffico, tra i quali uno è particolarmente interessante qui e consente di concludere la discussione del rapporto tra geografia e politica: cioè appunto le conoscenze geografiche. La decisione circa il luogo più favorevole per il traffico dipende dalla rappresentazione della superficie terrestre: immagini false di questa conducono a false idee sul vantaggio o meno di un luogo. Il fatto, ad esempio, che si credesse che sotto l'Equatore fosse talmente caldo che tutto si sciogliesse, costituiva un concreto ostacolo al commercio, come se fosse vera. È solo con l'età moderna che è possibile stabilire un rapporto autentico e produttivo tra geografia e politica: «solo ora, dopo che l'immagine della terra è diventata più chiara, è diventato

89 Si tratta di un'idae che sarà poi ripresa da Fernand Braudel che accosta a una storia evenemenziale, la storia della lunga durata. Si veda su questo F. Braudel, Spazio e storia, cit., e Id., Sur une conception de l'histoire sociale, in «Annales. Histoire, Science Sociale», vol. 14, n. 2, 1959, pp. 308-319. 90 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 9. 251

sempre più possibile scegliere ovunque le vie più brevi e più naturali e colonizzare quei punti che sono stati designati dalla natura per una vita particolare»91. Da ciò deriva, secondo Kohl, che i cambiamenti futuri saranno minori rispetto a quelli che sono stati in passato, proprio grazie alla conoscenza geografica: ora si conosce tutto il mondo e tutti i confini tra acqua e terraferma, l'articolazione interna di tutti i luoghi e si può dunque valutare scientificamente la convenienza di un luogo rispetto a un altro.

Per concludere, l'influsso delle cause politiche e morali è forte e contribuisce a limitare gli influssi naturali dovuti alla conformazione del terreno, eppure questi ultimi sono più forti e duraturi e finalmente possono essere resi espliciti grazie al progresso della scienza geografica. Così «alla fine la politica deve adeguarsi alla natura, e quei luoghi che abitualmente nel corso dei secoli sono stati privilegiati si mostreranno anche politicamente privilegiati»92.

3. La geografia degli insediamenti

Oltre a essere l'inventore della geografia del traffico, Kohl è anche colui che scrive la prima geografia degli insediamenti, vale a dire un'opera in cui per la prima volta questi vengono studiati sistematicamente in relazione alla loro posizione geografica.

Se ne occupa nell'opera finora analizzata, cioè Der Verkehr und die Ansiedelung e in una raccolta pubblicata nel 1874, quindi a distanza di più di trent'anni, sulla posizione geografica delle capitali d'Europa93, che raccoglie in realtà saggi scritti nel corso dei decenni precedenti.

91 Ivi, p. 551. [«Erst jetzt, nachdem das Bild der Erde deutlicher hervorgetreten ist, ist es mehr und mehr möglich geworden, überall die kürzesten und naturgemäβigesten Wege zu wählen und diejenigen Puncte zu besiedeln, die von der Natur zu besonderem Leben bezeichnet worden sind»]. 92 Ivi, p. 3. [«Am Ende aber doch die Politik der Natur nachgehen muβ, und daβ im Laufe der Jahrhunderte sich gewöhnlich die von Natur bevorzugten Orte auch politisch privilegiert zeigen werden»]. 93 J. G. Kohl, Die geographische Lage der Hauptstädte Europa's, cit. 252

Con «insediamento» Kohl intende in senso generale un raggruppamento di persone unite per una serie di scopi relativi al traffico. Come le differenti forme del traffico sono accomunate dal fatto di essere in ultima analisi «movimento», così le differenti forme di insediamento sono accomunate dal fatto di essere nodi di una rete in cui il movimento si arresta temporaneamente e punti di caduta della forza motrice del traffico. Il traffico non sarebbe possibile senza questi punti di arresto, di scambio, di coordinamento che vanno a costituire anche il centro di una regione storico- naturale caratterizzata da una determinata organizzazione naturale e commerciale, politica e sociale. Le domande che muovono l'analisi di Kohl sono: quali forze determinano la localizzazione degli insediamenti e causano la loro differente concentrazione nelle diverse regioni, con quali forze essi agiscono sul loro circondario e quali forze sono responsabili della loro organizzazione interna?94. La localizzazione degli insediamenti è legata alla superficie terrestre nella misura in cui essi dipendono dal modo in cui si configurano le vie di comunicazione e, d'altra parte, hanno un effetto sul modo in cui queste si organizzano perché funzionano come centri di attrazione su cui si dirigono e da cui partono.

C'è, dunque, in base al traffico, una posizione naturale per gli insediamenti, ad esempio, sulla foce di un fiume, oppure là dove un fiume incontra un importante affluente o dove si deve cambiare mezzo di trasporto come ai piedi di un passo montano. Nel caso dei centri politici si può trattare di zone con una centralità spaziale che rende favorevole raggiungere i luoghi di uno Stato, oppure possono esserci zone strategiche per la difesa. La configurazione del traffico in una regione in relazione ai rapporti naturali di quella regione ha sempre un centro, cioè un punto verso cui il corso del movimento, nelle sue varie ramificazioni, viene convogliato come se si fosse in presenza di una forza gravitazionale. Questi punti ottengono così

94 H. Böhm, Soziale und räumliche Organisation der Stadt. Vorstellung in der geographischen, städtebaulichen und nationalökonomischen Literatur Deutschlands vor 1918, in «Beiträge zur empirischen Wirtschaftsgeographie», Bonn, Dümmlers Verlag, vol. 19, pp. 33-56, p. 33. 253

il loro significato storico, diventano le scene degli avvenimenti e i centri di cristallizzazione degli organismi statali: «il bisogno principale e la prima condizione della crescita significativa degli insediamenti umani è, oltre alla possibilità di un traffico agile e comodo di tutte le parti della città tra loro, la possibilità di una connessione veloce e interna con il circondario vicino, lontano e più lontano»95. Solo considerando le possibilità di comunicazione e contatto con altri luoghi circostanti è possibile costruire una «scienza delle posizioni»96. La posizione della città dovrà essere studiata innanzitutto collegandola al sistema storico-naturale in cui è inserita e di cui costituisce il centro. Si tratta di un sistema più o meno ampio a seconda dell'importanza della città: più ampio è il raggio di influenza della città, meno la posizione della città è definita naturalmente, perché più ampia è la zona in cui le differenti direttive del traffico si raccolgono. Più vicine invece sono le fonti da cui trae la sua vita allora più strettamente essa è legata a un luogo determinato97. In secondo luogo, il valore della posizione deve essere studiato anche in relazione alle regioni circostanti, per comprendere l'importanza relativa del sistema di comunicazioni in cui la città è collocata.

Dire che c'è una posizione naturale per gli insediamenti non significa tanto sostenere che dove c'è una posizione favorevole, deve sorgere una città: ciò significherebbe attribuire allo spazio una normatività che Kohl non è disposto ad ammettere. La sua ipotesi è piuttosto la seguente: là dove sorge un insediamento che ha una sua persistenza nel tempo, devono esserci una serie di cause naturali che

95 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 203. [«Das stärkste Bedürfnis und die erste Bedingung bedeutenden Wachsthums der menschlichen Ansiedelungen ist neben der Möglichkeit eines leichten und bequemen Verkehrs aller Theile der Stadt unter einander die Möglichkeit eines raschen und innigen Zusammenhanges mit der nahen, fernen und fernsten Umgegend»]. 96 La posizione geografica è definita come «la collocazione che assume attraverso i rapporti naturali nell'organismo complessivo della regione fluviale» [«die Stellung, welche sie durch die Naturverhältnisse im Gesammtorganismus des Stromgebietes einnehmen» (J. G. Kohl, Die Donau, cit., p. 392). 97 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelung, p. 492 [«je näher aber die Quellen liegen, aus denen sie ihr Leben zieht, desto strenger ist sie an einen Ort gebunden»]. 254

rendono quella specifica posizione vantaggiosa98. Come si è visto, nell'interazione tra cause naturali e politiche, si può dire che una città è destinata a fiorire in maniera duratura solo se è stata costruita in una posizione favorevole secondo natura: gli insediamenti del tutto artificiali sono destinati a scomparire. Qui è presente quella contrapposizione sottolineata nel precedente paragrafo tra l'artificialità di una politica che arbitrariamente fonda insediamenti o colonie in una zona in cui queste non sarebbero dovute sorgere, da una parte, e dall'altra, una naturalità che deve essere seguita da una politica che non sia «cieca e ignorante» e che è l'unica possibilità di un successo duraturo.

Per studiare la posizione degli insediamenti bisogna tenere presente i differenti tipi di traffico e i diversi insediamenti a essi associati: al traffico politico corrisponde l'insediamento di una residenza reale o di una sede di governo o di accampamenti e fortificazioni militari; al traffico commerciale corrisponde invece un insediamento come un mercato o punto di accumulo e smercio e al traffico sociale centri di cultura o centri religiosi. Queste distinzioni sono solo analitiche, nelle città reali tutti questi differenti motivi e forme si sovrappongono: «ne consegue che ogni insediamento umano può essere considerato più o meno come il prodotto di molteplici aspirazioni e nella regola deve essere visto come una composizione di insediamenti di tipi molto

98 Nell'articolo sul significato politico dei di cui parleremo nel prossimo capitolo, Kohl conclude l'introduzione scrivendo che di regola bisognerebbe separare la trattazione naturale e quella storia, considerando la prima come la condizione, la causa e la base, e la seconda come l'effetto. Eppure questa distinzione non risulta possibile: «Solo attraverso l'evidenza dell'effetto può essere messa in chiaro la sussistenza di ciò che esiste e della causa. Con i fiumi succede talvolta come con una macchina la cui costruzione può difficilmente essere delineata e conosciuta senza nello stesso tempo delineare la tua attività e i prodotti di questa attività» [«Auch kann zuweilen erst durch den Nachweis der Wirkung der Bestand des Vorhandenen und der Ursache Recht klar gemacht werden. Es ist mit den Flüβen zuweilen wie mit einer Maschine, deren Construction man kaum richtig schildern und erkennen lassen kann, ohne zugleich auch ihre Thätigkeit und die Produkte dieser Thätigkeit, die Fabrikate, zu schildern» (J. G. Kohl, Der Rhein, cit., p. 75)]. Come vedremo, dimostrare l'esistenza della causa tramite l'esistenza e, soprattutto, la durata degli effetti porterà Kohl, in particolare per quanto riguarda gli assetti politici a lui contemporanei, a giustificare come naturali una serie di processi storici. 255

diversi»99. Sarà necessario suddividere uno stesso insediamento nelle «molteplici colonie» di cui si costituisce, perché «solo in questo modo sarà possibile decidere che cosa un luogo deve alla natura dei rapporti e alla sua posizione geografica

[geographische Lage] e cosa al caso e all'arbitrio»100. Il riferimento costante alle colonie è indicativo del modo di argomentare di Kohl e consente anche di approfondire il rapporto tra natura e artificio nella descrizione geografica. Esso è sicuramente funzionale all'astrazione analitica, che consente di segmentare quello che è un costrutto storico in differenti porzioni autonome e dunque di formulare delle ipotesi sulle ragioni genetiche che hanno portato alla scelta di un luogo determinato. Il riferimento alle colonie aiuta, in altre parole, a pensare l'origine delle città come se si trattasse di un atto volontario di fondazione in uno spazio vuoto, con una specifica finalità e che quindi rassomiglia a una colonizzazione di un territorio inesplorato.

Eppure, sembra che la vera funzione del riferimento alle colonie non risieda nell'astrazione analitica, che è sempre parziale proprio perché si riconoscono una molteplicità di cause esterne che creano delle interferenze in qualsiasi determinismo naturale. L'intenzione di Kohl sembra essere piuttosto quella di considerare la colonizzazione progressiva di un territorio come il processo storico e insieme naturale di costruzione di un ambiente storico da parte dell'uomo. La colonizzazione, che qui non si riferisce tanto o soltanto a un processo imperialistico ma anche alla fondazione di città, di vario tipo, dal mercato alla fortificazione, diventa parte del processo naturale di civilizzazione dello spazio che si accompagna agli altrettanto

99 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 34. [«Es folgt hieraus, daβ sich jede menschliche Ansiedelung mehr oder weniger als da Product vielfältiger Bestrebungen betrachten läβt und der Regel als eine Composition von Ansiedelungen sehr verschiedener Art gesehen werden muβ»]. 100 Ibidem. [«Es ist für die Folge wichtig, dieβ im Auge zu behalten, da es oft nöthig sein wird, in einem und demselbe Stadtganzen die verschiedenen Colonien, aus denen sie besteht, aufzulösen und die darin enthaltene Handelscolonie von der Künstler- und Gelehrtencolonie zu trennen und die Kräfte, welche sich der politischen Verwaltung widmen, zu sondern. Denn nur bei einem solchen Verfahren wird es möglich sein, zu entscheiden, was ein Ort der Natur der Verhältnisse und seiner geographischen Lage und was er dem Zufall und Willkühr zu verdanken habe»]. 256

naturali movimenti migratori dei popoli101. La fondazione di colonie sembra dunque avere a che fare non tanto con un processo di fondazione politica secondo un piano artificiale, quanto con una scoperta e un popolamento progressivo102, che si sviluppa in base alla conformazione della superficie terrestre, così come fanno piante e animali.

Il maggior peso che l'argomentazione storica ha per Kohl rispetto a quella geometrica è confermato da ciò che egli scrive successivamente e, in particolare, nell'opera sulla posizione geografica delle città europee. Nell'introduzione Kohl delinea l'obiettivo di questo studio, cioè di considerare l'anatomia dei paesi in relazione a un'analisi della loro storia103. Più nello specifico, «il compito del geografo

è di riconoscere e dimostrare gli elementi di connessione esplicativi tra la conformazione naturale dei paesi e la storia dei suoi abitanti»104. Si tratta di una disciplina ancora nuova la quale, in linea con quanto scrive Ritter a proposito della

Erdkunde, che Kohl cita nell'introduzione, esce solo lentamente dall'oscurità. In quest'opera più tarda è insomma più accentuato il carattere naturalistico della storia degli insediamenti, come è evidente dal frequente uso del concetto di organismo per indicare la regione di cui la città è centro:

101 Come si vedrà anche in seguito, Kohl fa un ampio uso del concetto di Völkerwanderungen per indicare i processi migratori che hanno portato alla caduta dell'Impero Romano, considerandole come migrazioni di popoli, germani, slavi, celti che hanno posto le basi etniche delle nazionalità dell'Europa. A partire dalla metà degli anni '90, il concetto di Völkerwanderungen è stato messo in discussione in quanto prevedeva la migrazione di gruppi omogenei culturalmente. Cfr. M. Borgolte, Migrationen als transkulturelle Verflechtungen im mittelalterlichen Europa. Ein neuer Pflug für alte Forschungsfelder, in «Historische Zeitschrift», 2009, n. 289, pp. 261-285; M. Borgolte, M. M. Tischer, Transkulturelle Verflechtungen im mittelalterlichen Jahrtausend. Europa, Ostasien, Afrika, 2012, Darmstadt. 102 Lo studio delle dinamiche di differenziazione della popolazione animale, vegetale e poi umana è uno dei temi centrali del dibattito sulla storia naturale che poi avrà una svolta decisiva con la pubblicazione dell'Origine della specie di Darwin e la teoria della selezione naturale. Lo studio dei percorsi di diffusione delle piante viene paragonato da Alexander von Humboldt per la prima volta a un processo di colonizzazione dello spazio. 103 G. J. Kohl, Die geographische Lage, cit., p. IX. 104 Ibidem [«Die Aufgabe des Geographen ist es, die erklärende Mitglieder zwischen der natürliche Beschaffenheit der Länder und der Geschichte ihrer Bewohner aufzuspüren und nachzuweisen»]. 257

le parti grandi e piccole o i membri della superficie terrestre i paesi si lasciano paragonare agli organismi delle creature viventi. Come in questi le arterie e i nervi fanno circolare la forza vitale e il sangue, così in quelle si muove la popolazione umana nelle sue depressioni, pianure, valli, passi montani, lungo i corsi dei fiumi o le linee costiere, con le sue migrazioni, con la navigazione, con la costruzione di strade con le sue molteplici imprese belliche e commerciali105.

Laddove nella creatura vivente si uniscono più rami nervosi o più vasi sanguigni là nasce un importante punto cardiaco o nodale dell'organismo. Così come è naturale il traffico, anche la fondazione di insediamenti fa parte del processo storico-evolutivo di popolamento di una regione, avvenuto in un lasso di tempo che supera di gran lunga l'avvicendarsi della politica artificiale.

Fin qui si è considerato il modo in cui Kohl studia le posizioni degli insediamenti, in base a un ragionamento sulla strutturazione del traffico e sull'evoluzione storico- naturale dei popoli. La geografia degli insediamenti di Kohl, però, non si limita a questo ma comprende uno studio tanto dell'organizzazione interna della città quanto del modo in cui la città contribuisce a produrre una nuova organizzazione della zona circostante: gli insediamenti, una volta che sono stati creati cercano di organizzare in rapporto a sé l'intero circondario e di impossessarsi di tutti i suoi vantaggi106.

«Attraverso questi influssi che partono da essa stessa e attraverso queste azioni sul traffico» spiega Kohl «una città raccoglie e ordina già in quanto tale, in parte all'interno del suo circolo, in parte nel suo circondario la popolazione secondo leggi

[Gesetzen] che, indipendentemente dai vantaggi e dagli svantaggi fisici della sua

105 Ivi, p. VII. [«Die grossen und kleinen Theile oder Glieder der Erdoberfläche "die Länder" lassen sich den Organismen der lebenden Geschöpfe vergleichen. Wie bei diesen in ihren Arterien und Nerven Lebenskraft und Blut pulsieren, so bewegt sich bei jenen in ihren Depressionen, Ebenen, Thälern, Gebirgspässen, längs ihrer Flussläufe und Küstenlinien die menschliche Bevölkerung, mit ihren Wanderungen, ihrer Schifffahrt, ihrem Wegebau, ihren mannigfaltigen kriegerischen und commerciellen Unternehmungen»]. 106 Cfr. J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, p. 6 [«Die einmal ins Leben getretenen Ansiedelungen suchen die ganze Umgegend in Bezug auf sich zu organisieren und sich selber in Besitz aller Vorteile derselben zu setzen»]. 258

situazione [Situation] sono fondati nell'essenza dell'insediamento stesso»107. Questa capacità ordinativa si realizza sia nel rapporto tra la città e il circondario sia nell'organizzazione interna della città stessa. Bisogna quindi distinguere «l'attrazione della città per se stessa», dall'attrazione della posizione geografica del luogo dove è stata costruita108. La forza d'attrazione della città si spiega con i grandi vantaggi ottenuti attraverso l'unificazione delle forze e la divisione del lavoro, resa possibile dalla prossimità nello spazio. Gli effetti della città sul circondario consistono in sostanza nel promuovere nuovi insediamenti come Neben- o Hülfsorten: la città deve essere considerata, in un contesto in cui la divisione del lavoro ha raggiunto un certo grado di sviluppo, come il cuore di un organismo che ha bisogno di altri punti del sistema per soddisfare i suoi bisogni. È il caso innanzitutto dei distretti agricoli, che servono a soddisfare i bisogni alimentari delle città, ma anche i capoluoghi funzionano come centri di una rete di trasmissione del potere, nonché le fortificazioni che producono un spazio del tutto peculiare.

Questa organizzazione non corrisponde a un piano: come processo storico non è riconducibile a una razionalità estrinseca. Esso ha, piuttosto, una razionalità immanente che è quella che la geografia deve portare alla luce. Kohl la definisce «un certo istinto ordinativo»109 che consiste in sostanza nell'integrazione funzionale dei membri dell'insieme110. In questo contesto, l'utilizzo del concetto di colonia assume un secondo significato che sta in tensione con quello relativo al processo naturale di

107 Ivi, p. 165. [«Durch diese von ihr selbst ausgehenden Einflüsse und durch diese Einwirkung auf den Verkehr häuft und ordnet nun eine Stadt schon als solche, theils innerhalb ihres eigenen Kreises, theils in ihrer Umgebung die Bevölkerung nach Gesetzen, die, unabhängig von den physikalischen Vorzügen oder Nachtheilen ihrer Situation in dem Wesen jeder Ansiedelung selbst begründet sind, ordnet die Bevölkerungs-Elemente, welche ihr angehören, schafft ihrer selbst wegen neue Ansiedelungen in ihrer Umgebung oder hindert solche, die ohne vorgängiges Inslebentreten und Einwirken der Stadt entweder nicht geschaffen oder nicht gehindert sein würden»]. 108 Ivi, p. 188. [«Wir müssen hier durchaus die Anziehung der Stadt an und für sich von der Anziehung der geographischen Lage ihres Bauplatzes, deren Erzeugnis die Stadt selber ist, unterscheiden»]. 109 Ivi, p. 174. [«Ein gewisser ordnender Instinct»]. 110 Sulla città come frutto di un piano si veda M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione: corso al College de France (1977-78), Milano, Feltrinelli, 2005. 259

popolamento e civilizzazione nel lungo periodo. Dire che una città centrale è circondata da una serie di colonie indica l'organizzazione artificiale, funzionalmente orientata a vantaggio del centro, in altri termini un rapporto tra un centro e una periferia, analogo a quello tra madrepatria e colonie. In questo senso, Kohl paragona l'effetto del centro sulla zona circostante a un «privilegio» non tanto in quanto sia artificiale ma in quanto consiste in un accrescimento della vantaggiosità del luogo dovuto all'istituzionalizzazione di determinati percorsi del traffico che produce così una maggiore polarizzazione dello spazio. Anche là dove segue delle vie naturali, infatti, il traffico si dota di tutta una serie di istituti [Anstalten] ed è talmente inserito in un reticolato di rapporti da impedire una facile e veloce innovazione. Per questo motivo ogni luogo deve essere visto già come un luogo privilegiato per il solo fatto di essere dotato storicamente dell'organizzazione necessaria per sostenere il traffico stesso. Ogni centro del traffico che si sia in qualche modo istituzionalizzato funziona, dunque, come «ostacolo politico artificiale per altri luoghi che stanno tentando di nascere»111. Eppure, sempre nel contesto di quella tendenziale naturalizzazione del traffico e della sua organizzazione, questa polarizzazione funzionale costituisce un accrescimento della logica naturale e non un cambiamento qualitativo. Ciò che, ancora una volta, sembra interessare a Kohl è l'affermazione di una continuità tra lo sviluppo naturale e la sua istituzionalizzazione, ora basata comunque su un'integrazione funzionale più efficiente di un sistema che era già potenzialmente integrato per natura. Il legame è, infatti, sempre biunivoco: da un lato l'organizzazione naturale di una regione contiene una serie di vettori indirizzati tutti verso un punto, dall'altro questa centralità naturalmente determinata dalle direzioni del traffico diventa sempre più centrale una volta che viene istituita effettivamente la città.

111 Ivi, p. 546. [«Jede existirende Ort [ist] als solcher schon als ein privilegirter und als ein künstliches politisches Hinderniss für andere Orte, die erst in's Leben zu treten streben, zu betrachten»]. 260

Per quanto riguarda l'organizzazione interna, Kohl riconosce che il punto originario da cui la città nasce  che può essere un mercato, un tempio o un chiostro

 funziona inizialmente come centro che attira a sé tutti gli altri edifici e abitazioni.

Anche nel caso della crescita urbana la tendenza è quella dello sviluppo circolare, per la forza attrattiva che esercita il centro, attorno a cui si dispongono dei circoli posti in un ordine gerarchico di importanza decrescente [Rang- und Stufenfolge] 112. La gerarchia dei circoli attorno al centro risponde a una differenziazione sociale: proseguendo verso le periferie si incontrano le classi sociali più basse. La vita della città si trova a organizzarsi in uno spazio ristretto, per la forza attrattiva che esercita il centro, tanto che più che in un cerchio la città tende a svilupparsi in una sfera, quindi in altezza e in profondità più ci si approssima al centro113. Si tratta di una zona concentrica tridimensionale che include sia la rendita economica, sia il prestigio sociale in una spiegazione che combina occupazione, status e reddito. Tali distinzioni sono visibili negli edifici che si distinguono per architettura, età e, elemento particolarmente indicativo per la gerarchia spaziale interna alla città, per destinazione [Bestimmung]. Ora, l'«istinto ordinativo» che è individuabile nell'organizzazione interna della città è soggetto anche a deviazioni casuali o artificiali, eppure si muove secondo una forma di razionalità immanente che indica a ciascuna classe la collocazione adeguata alla riproduzione e all'accrescimento dell'intero. La città, dunque, nasce spesso da un piccolo centro e poi si sviluppa in maniera disordinata. Eppure nel disordine c'è una certa normatività: si stabilisce un ordine di un certo tipo anche al di là della pianificazione intenzionale, «anche senza l'intervento umano ogni casa si posiziona più o meno nel posto a lei dovuto e nelle

112 L'esempio più perfetto di città circolare è secondo Kohl (cfr. Der Verkehr und die Ansiedelungen, pp. 170 ss.) la città di Mosca che avrebbe ottenuto questa forme proprio perché non è stata pianificata ma si è sviluppata liberamente nello spazio. 113 Sostenendo Kohl prefigura la costruzione dei grattacieli e perciò attira l'attenzione dell'economista giapponese Awakawa Koichi (1902-1976) il quale dedica nel 1935 una monografia alla geografia degli insediamenti di Kohl. In particolare l'attenzione di Koichi è attirata dalla teoria di Kohl sull'evoluzione delle città in uno spazio limitato. 261

città ha luogo senza che ci sia un potere a sorvegliare o attivo a quel fine un continuo mutare, demolire, ristrutturare e ricollocare, attraverso cui ogni elemento della città viene più o meno da se stesso indirizzato verso il quartiere a esso più consono»114. In conclusione, se anche non si trova una città costruita secondo una razionalità e un piano, non se ne trova nemmeno nessuna che non dimostri «una certa tendenza verso una disposizione razionale degli elementi»115.

Per mostrare come si traduce nella concreta descrizione il metodo di Kohl è utile fare riferimento alla sua considerazione della posizione di due città tedesche:

Francoforte e Berlino116. La città di Francoforte si trova in una posizione favorevole in quanto la sua sfera di influenza coinvolge la zona in cui il Meno si congiunge con il

Reno. Il Meno è di importanza fondamentale per il traffico, scrive Kohl, perché è l'unico fiume tedesco che si sviluppa da Est a Ovest e ha perciò un rilievo peculiare se considerato nel suo contesto più ampio. Inoltre, anche il fiume Elba ha una connessione con la posizione di Francoforte. La sua porzione navigabile scorre parallelamente al corso navigabile del Reno, mentre la regione che sta in mezzo ai due è uno spazio collinare o montuoso che nella sua metà meridionale, sulla riva destra del Meno, è costituito da rilievi difficilmente attraversabili. Una grande strada naturale però si muove dall'Elba lungo la Saale attraverso i boschi della Turingia fino al Werra. Da qui questa strada passa tra i monti Rhön e Vogelsberg e sopra Fulda e

Hanau verso la zona della foce del Meno. Inoltre anche il Weser e il Neckar scorrono in una direzione che contribuisce a rendere il punto di raccordo tra Meno e Reno uno dei centri del traffico tedesco: esso è circondato da vie di comunicazione che si

114 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., pp. 174-175. [«Auf der anderen Seite aber dringt durch jene Planlosigkeit des Anbaues, wie man sie in der Wirklichkeit gewöhnlich findet, doch ein gewisser ordnender Instinct hindurch, der selbst ohne Zuthun der Menschenjedes Haus mehr oder weniger an den ihm zukommenden Platz schiebt, und es findet in den Städten selbst ohne darüber wachende und dafür thätige Gewalt ein beständiges Aendern, Nierreiβen, Umbauen und Zurechtschieben statt, wodurch jedem Stadtelemente von selbst mehr oder weniger die Gegend angewiesen wird, die ihm vor Allem convenirt»]. 115 Ivi, p. 175. [«Ein gewisses Streben nach zweckmäβiger Anordnung der Elemente»]. 116 Cfr. J. G. Kohl, Die geographische Lage, cit., pp. 204-218 e pp. 311-329. 262

muovono in tutte le direzioni. «Non c'è» dunque «un altro punto sul Reno e in generale pochi punti in tutta la Germania interna in cui così tanti percorsi del traffico, valli e linee fluviali create dalla natura e comode per gli uomini scorrono in un punto centrale come sulla foce del Meno»117.

A ciò segue una ricostruzione storica dei vari popoli e domini territoriali che hanno ravvivato la città di Francoforte. È con tutta probabilità dai tempi più antichi che popoli differenti  in particolare Celti e Germani  si sono stabiliti su questa foce, sia per motivi commerciali sia per motivi bellici: questa zona è diventata perciò anticamente una scena della storia. I Romani sono però stati i primi a riconoscere il carattere favorevole di questa posizione, fondando la città di Mainz sulla foce del

Meno e costruendo qui una serie di fortificazioni e una strada militare che scorre lungo la riva nordorientale del Meno verso Est. Dopo secoli di guerra, la zona viene conquistata dai Franchi che sconfiggono i Germani e fanno rifiorire la città di Mainz, e costruiscono tutt'attorno a questa città una serie di residenze nobiliari. È in questo periodo che comincia l'ascesa della città di Francoforte per due motivi, i frequenti allagamenti e la torbiera presente sulla foce del fiume e la presenza di un guado [furt] sul Meno che lo rendeva facilmente attraversabile nel punto dove ora sorge la città di

Francoforte. A partire da queste ragioni, è grazie agli imperatori franchi che la scelgono come residenza principale a est del Reno che il vantaggio della posizione geografica viene reso effettivo. Il ruolo di questa zona come collegamento tra

Germania meridionale e settentrionale si accentua ulteriormente con la suddivisione dell'Impero Franco ed essa sarà uno dei centri dell'Impero Germanico. Non a caso nel

1816 si decide di installare qui la sede del Bundestag e nel 1848 della

Nationalversammlung. Le stesse ragioni che hanno fatto prediligere la città di

Francoforte a tutto un insieme di principi, governanti e vescovi e missionari, quindi

117 Ivi, pp. 206-207 [«Es giebt kaum einen andern Fleck am Rhein und überhaupt auch wenige Punkte im ganzen Innern von Deutschland, bei denen so viele von der Natur angelegte für den Menschen bequeme Verkehrsbahnen, Thäler und Flusslinien, in einem Fokus zusammenlaufen wie bei der Main- Mündung»]. 263

come centro politica, l'hanno fatta privilegiare anche dai commercianti. Essa è diventata nel tempo uno dei mercati centrali non solo della Germania ma di tutta l'Europa. L'importanza commerciale della città è accresciuta dalla costruzione di un collegamento ferroviario:

tutti questi istituti del traffico artificiali che seguono solo le indicazioni della natura e sono da vedere come perfezionamenti delle disposizioni naturali hanno, per così dire, fissato nuovamente la città nella sua antica posizione geografica e mantengono il suo significato commerciale, dopo che una serie di eventi tempestosi le hanno sottratto una conseguenza della sua posizione centrale, cioè il compito di essere un cuore politico della Germania118.

La centralità della città dal punto di vista commerciale è ancora più sostenuta dal fatto che nel corso dell'Ottocento i dazi sul Reno e sul Meno e altre catene artificiali, con le quali l'efficacia delle vie naturali veniva sminuita, sono state eliminate. In definitiva la posizione di Francoforte la rende naturalmente «una mediatrice nel traffico tra Nord e Sud e tra Est e Ovest della Germania liberata e unita»119, soprattutto dopo la riacquisizione di alcuni territori che appartenevano alla Francia, che hanno riunificato la regione commerciale che naturalmente ruota attorno alla città di Francoforte.

Per quanto riguarda la città di Berlino la descrizione procede in maniera leggermente diversa, perché la sua posizione, scrive Kohl, non sembra a prima vista presentare quei vantaggi che si solito hanno le grandi città. In particolare, la Spree è un fiume piuttosto insignificante dal punto di vista del traffico e i fiumi principali

118 Ivi, p. 217 [«Alle diese künstlichen Verkehrs-Anstalten, die nur den Andeutungen der Natur folgten und als Vervollkommungen der natürlichen Anlagen anzusehen sind, haben nun die Stadt in ihrer alten geographischen Stellung, so zu sagen, von Neuem befestigt und halten die commercielle Bedeutung derselben aufrecht, nachdem eine Reihe stürmischer Ereignisse, ihr eine Consequenz ihrer centralen Lage, nämlich die Aufgabe, ein politisches Herz Deutschlands zu sein, entzogen hat»]. 119 Ivi, p. 218 [«Sie ist daher wieder, als Vermittlerin des Verkehrs zwischen Norden und Süden und zwischen Osten und Westen des befreiten und geeinigten Deutschlands, in frischem Aufschwunge und Fortschritte begriffen»]. 264

della Germania sono comunque lontani dalla città di Berlino. Eppure dalla metà del

XII secolo, quando è stata fondata, essa ha sempre avuto un afflusso massiccio di popolazione. Soprattutto nel corso del XVIII e del XIX secolo la città è cresciuta come nessun'altra città tedesca e ha assunto un sempre maggiore significato storico- mondiale, non solo come residenza del re e centro del governo e dell'amministrazione, ma anche come centro del commercio, degli affari, delle manifatture, delle scienze e delle arti. In particolare dopo la separazione dall'Austria, tutte le attività di capitale si concentrano a Berlino. Davvero, si chiede Kohl, questa persistenza è dovuta solo al fatto che i sovrani del Brandeburgo e della Prussia hanno deciso di stabilire qui la propria residenza in maniera arbitraria, dando così avvio a un assembramento di popolazione che senza di ciò, seguendo solo una spinta naturale non si sarebbe mai raccolto proprio lì? È certamente vero che nella storia di

Berlino si lasciano riconoscere degli elementi che «artificialmente» hanno contribuito ad accrescere l'importanza della posizione, cioè la coltivazione della zona circostante la città e un'opera di popolamento di questa, la costruzione di strade verso l'esterno, sia su terra sia su acqua in tutte le direzioni, di canali e viadotti nelle paludi e nei boschi eccetera. Inoltre «attraverso la conquista ci si è preoccupati in maniera pianificata che la città di Berlino che all'inizio era collocata ai margini della Germania venisse sempre più circondata da un territorio statale circolare»120.

Eppure, come già si è sottolineato, le città fondate solo sull'artificio o in base all'umore di un sovrano hanno una durata minore di quelle su cui la natura pronuncia «la sua parola decisiva [das entscheidende Wort]»121. Le prime cambiano e trascorrono con il tramontare delle singole personalità, con il mutare dei rapporti politici, queste sono come la natura stessa più durature nel loro significato e nella loro grandezza. Deve esserci dunque una causa naturale per il fiorire continuativo

120 Ivi, p. 314 [«Auch durch Eroberung ist planmässig dafür gesorgt worden, dass das anfänglich an dem äussersten Rande Deutschlands gebaute Berlin immer mehr in ein rings umher wohl arrondirtes Staatsgebiet hinein komme»]. 121 Ivi, p. 315. 265

della città di Berlino. Considerando più nel dettaglio la formazione e l'articolazione del paesaggio e dei corsi d'acqua che circondano la città, nella direzione e nella combinazione di linee fluviali più o meno vicine, nella posizione delle città rispetto ai bacini marini e lacustri da essa raggiungibili e infine nei suoi rapporti con il bacino di popolazione dell'intera Germania settentrionale sono da riconoscere certe condizioni naturali e durevoli che rendono il luogo un punto centrale e di incrocio necessario e secondo natura del traffico e che hanno da sempre dato un supporto ai principi e ai sovrani prussiani nei loro tentativi di renderla grande. Ci sono dunque vari elementi a un'analisi più ravvicinata e allo stesso tempo più ampia che indicano che la posizione di Berlino era comunque favorevole: la presenza dell'isola di Cöln sulla

Spree, la configurazione delle linee e degli affluenti della Spree e dell'Havel, in quanto la parte superiore dell'Havel si dirige da Nord verso Berlino, la Spree da Sud e Ovest, la parte inferiore dell'Havel da Ovest. L'incontro di queste tre strade navigabili a Berlino la rende un punto centrale del traffico della Marca Brandeburgo.

La posizione del raggio del traffico a metà tra i fiumi dell'Oder e dell'Elba con l'aiuto delle vie artificiali fa sì che questa diventa il centro dei due bacini fluviali. La rete della Warte e della Vistola si pone come allungamento della strada della Havel-Spree verso Est, facendo sì che l'influsso di Berlino raggiunge anche l'Est, la Polonia e la

Russia. Inoltre, Berlino si trova al centro tra il mare del Nord e il mar Baltico nonché nella posizione centrale dell'intero territorio in cui si distribuisce la popolazione tedesco-settentrionale.

4. Il significato politico della geografia dei fiumi

Si è già accennato che, accanto alla differenziazione verticale, cioè orografica122, l'opposizione tra acqua e terra è la differenza più importante se si considera la

122 Cfr. J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 203: «È l'opposizione tra alto e basso che decide quasi tutto e fonda, in parte in maniera mediata, in parte in maniera diretta, quasi 266

conformazione della superficie terrestre in relazione al traffico. In particolare, sono i fiumi, «le vere arterie pulsanti della vita sociale»123, ad attirare l'attenzione di Kohl fin dal progetto che elabora nel Kurland di scrivere un libro dal titolo Ströme und Städte.

Quest'opera non sarà mai realizzata: una parte delle riflessioni teoriche che da quel progetto derivano andranno a costituire l'ossatura della geografia del traffico e degli insediamenti. Inoltre, il medesimo interesse si ripresenta nell'intenzione di scrivere un libro su tutti i sistemi fluviali della Germania. Quest'opera non sarà, a sua volta, mai scritta ma la sua preparazione porterà alla composizione di una serie di monografie su alcuni sistemi fluviali, cioè il Reno (1851), il Danubio (1851) e il Weser

(1852) e a un articolo teorico dal titolo Über die politische Bedeutung der Ströme pubblicato nel 1849 sul «Deutscheviertelsjahrschrift». Che abbia come oggetto il traffico in generale o i fiumi, l'interesse di Kohl è rivolto principalmente al movimento nello spazio e al modo in cui si originano e si organizzano i rapporti tra gli oggetti che si muovono e si posizionano nello spazio. Dopo un'analisi delle premesse teoriche della geografia dei fiumi in relazione all'innovazione ritteriana e al suo significato politico, utilizzeremo come esempio per illustrare il metodo di Kohl i due volumi dedicati al Reno124. Quest'opera ci consente di collocare la sua analisi all'interno del dibattito sui confini naturali. In contrapposizione alla pretesa, fatta valere durante l'occupazione francese di parte dell'Impero tedesco, che il Reno

completamente la struttura e la condizione della superficie terrestre e il modo in cui può essere utilizzata» [«Es ist den Gegensatz zwischen Hoch und Niedrig, welcher fast Alles entscheidet und fast den ganzen Bau und Zustand der Erdoberfläche und die Art und Weise ihrer Nutzbarkeit theils unmittelbar, theils mittelbar begründet»]. Per quanto riguarda lo studio dei rilievi, ciò che complica la tipizzazione è il fatto che la differenza di rilievo è relativa e che tra pianura e montagna c'è una zona di passaggio più o meno estesa. Dal punto di vista del traffico, tuttavia, ciò che importa è la differenza di altitudine in un dato spazio in quanto questa determina la sua agibilità. Il rilievo può essere una massa compatta circondata da pianura, oppure può confinare con altri rilievi e con la pianura solo da un lato, oppure i rilievi possono a loro volta circondare la pianura. L'importante è considerare il Gebirgssystem nel suo complesso e le differenze di rilievo e di forma al suo interno, la presenta di passi o di strade naturali, la consistenza del traffico esistente attraverso i rilievi (cfr. Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., pp. 203 ss.). 123 J. G. Kohl, Die Donau, cit., p. 349. [«Die wahren Pulsadern des gesellschaftlichen Lebens»]. 124 Id., Der Rhein, Leipzig, F. A. Brockhaus, 1851, 2 voll. 267

costituisse il confine naturale della Francia, nel dibattito pubblico e geografico si comincia a costruire un'idea del Reno non come confine, ma come «fiume tedesco».

Si tratta di una diatriba che torna prepotentemente sulla scena pubblica nel 1840 con la cosiddetta Rheinkrise scatenata dalla politica estera aggressiva di Adolphe Thiers.

A questo scontro politico e di definizione geografica si accompagna un processo di razionalizzazione amministrativa del traffico lungo il Reno e un impegno da parte sia francese sia tedesca a collaborare al miglioramento delle infrastrutture per sostenere il commercio, che produce un decollo dell'importanza economica del Reno e della regione renana nel corso dell'Ottocento. Come vedremo, nella descrizione di Kohl, l'unità del fiume Reno come spazio del libero commercio e la sua unità come fiume nazionale, si combinano con la differenziazione regionale delle sue singole porzioni che vengono comprese come individualità storico-geografiche. Questa descrizione consente di mettere in evidenza il percorso di costruzione dello spazio storico tedesco il quale, a differenza di quello francese caratterizzato dal livellamento delle differenze interne, è uno spazio complesso costituito dalla coordinazione delle diversità regionali.

Nell'articolo Über die politische Bedeutung der Ströme Kohl prende ancora una volta le mosse dalla constatazione di un'effettiva carenza di ricerca scientifica sul fenomeno dei fiumi: «è significativo che i fiumi abbiano un influsso così importante sui destini dell'umanità, senza che la scienza abbia cercato di valorizzare, considerare e presentare questo influsso in tutte le sue cause ed effetti»125. L'importanza dei fiumi

è particolarmente accentuata in Germania, perché la sua esistenza è continentale, rivolta cioè al traffico interno126. Non c'è nessuna città tedesca che non stia lungo un

125 Ivi, p. 22. [«Es ist merkwürdig genug, daβ die Flüsse einen so bedeutenden Einfluβ auf die Schicksale der Menschheit geübt haben, ohne daβ die Wissenschaft diesen Einfluβ in allen seinen Ursachen und Wirkungen darzustellen und zu würdigen versucht hat»]. 126 «Deutschland ist unter den Länder Europas eines derjenigen, in welchen das flieβende Wasser eine besonders groβe Rolle spielt. Obgleich die ganze Wahrheit dieser Behauptung von uns erst nach einer vollständigen Erschöpfung des Gegenstandes unserer Untersuchung einleuchten kann, so ist es uns doch wichtig, sie schon im Voraus einigermaβen fühlbar zu machen» (ivi, p. 83). Poco dopo scrive che 268

fiume oppure all'incrocio di più linee fluviali ed è lungo i fiumi che si sviluppano e coordinano le differenze regionali interne del territorio tedesco. Data questa importanza, è paradossale che proprio in Germania «queste splendide strade naturali sono state a tal punto impedite [hemmen] nella loro efficacia attraverso ostacoli

[Hindernisse] artificiali e politici di tutti i tipi»127, cioè dazi, pedaggi e altre forme di monopoli e privilegi commerciali. Negli ultimi anni però, grazie alle fusioni territoriali e all'abolizione dei privilegi e del diritto di scalo delle libere città imperiali e all'azione di Napoleone, definito da Kohl «il costruttore di strade», nonché grazie all'introduzione della navigazione a vapore, il traffico su fiume ha esperito «una rivoluzione totale [eine totale Revolution]»128. Tutta una serie di regolamentazioni amministrative sono state approvate per togliere gli ostacoli alla comunicazione via fiume: «non c'è più un fiume in Germania che venga interamente trascurato e al cui miglioramento non si lavori e più che mai è presente la speranza che i nostri fiumi diventino in grado maggiore ciò che sono destinati a diventare dalla natura»129: la modernizzazione amministrativa è considerata ciò che è capace di rendere effettivi ed efficaci i movimenti il cui corso è iscritto nella conformazione della superficie terrestre. Il Parlamento di Francoforte, attivo mentre Kohl scrive l'articolo sui significato politico dei fiumi, si sta assumendo, accanto al compito di «istituire

in realtà la Russia è paragonabile alla Germania dal punto di vista dell'importanza che vi giocano i fiumi. Tuttavia questa importanza, rispetto alla Germania, viene relativizzata dal fatto che molti di questi fiumi si ghiacciano. 127 Ivi, p. 89. [«Gibt es kein Land, in welchem die Ströme wichtiger waren, so gibt es aber auch zu gleicher Zeit kaum eines, in welchem dies in gewisser Hinsicht mehr verkannt wurde, und in welchem diese herrlichen Naturbahnen in höherm Grade durch künstliche und politische Hindernisse aller Art in ihrer Wirksamkeit mehr gehemmt wurden als in Deutschland»]. 128 J. G. Kohl, Der Rhein, p. 91. 129 Ivi, p. 92. [«Es gibt jezt kaum ein Fluβ in Deutschland, der ganz vernachlässigt und an dessen Verbesserung nicht gearbeitet wäre, und mehr als je ist daher eben jetzt Hoffnung da, daβ unsere Flüsse in höherm Grade Das für uns werden erden, was sie von der Natur zu werden bestimmt sind»]. 269

l'impero [Reich]» anche quello di «istituire fiumi di Stato [Reichsflusse]» più liberi, più sicuri, meglio tracciati130.

La descrizione proposta da Kohl ha come oggetto, innanzitutto, la conformazione fisica del fiume, «che è il fondamento di tutti i rapporti politici e della loro intera influenza [Einwirkung] sui popoli e sugli Stati» e poi «l'esposizione del loro ruolo storico-culturale [die Darstellung der culturgeschichtlichen Rolle]»131, cioè le articolazioni politiche e la distribuzione degli insediamenti. Come già sottolineato, il punto a partire dal quale si pensa la connessione tra conformazione naturale e differenze storiche e politiche è il processo di colonizzazione dello spazio. I fiumi hanno sempre esercitato, infatti, una potente forza d'attrazione per tutti gli esseri viventi, compreso l'uomo in tutti i suoi stadi culturali [Culturzustände]. Essi non solo forniscono ciò che

è necessario per il sostentamento, ma promuovono il progresso in maniera superiore rispetto alla terraferma: inducono alla sedentarietà e all'agricoltura e stimolano l'immaginazione tecnica per costruire strumenti che ne rendano possibile la navigazione o l'attraversamento. Tra gli elementi naturali i fiumi sono «come le arterie nell'organismo umano», cioè «sono nell'organismo del corpo della terra ferma l'organo più speciale e giocano il ruolo più significativo nella storia evolutiva dell'umanità [die Entwicklungsgeschichte der Menschheit]»132. Solo studiando la

130 Cfr. Ivi, p. 94: «Der Frankfurter Parlament nahm daher auch neben dem Werke der Herstellung des Reiches sogleich auch als eine seiner bedeutendsten Aufgaben das Werk der Herstellung freier, sicherer, schöngebahnter Reichsflüsse vor, und hat darüber Arbeiten zusammengestellt und geliefert, die für unser ganzes Vaterland von der gröten Wichtigkeit sind». Aggiunge che, mentre scrive, che il lamento più diffuso accanto a quello sull'unità nazionale è quello relativo ai fiumi e alla loro liberazione. 131 Ivi, p. 95. 132 Ivi, p. 16. Riprendendo un argomento che già abbiano incontrato nelle pagine precedenti, Kohl fa riferimento a quelle teorie a lui contemporanee secondo cui le ferrovie produrrebbero un cambiamento qualitativo tale nell'organizzazione delle vie di comunicazione da porre i sistemi fluviali in secondo piano: «gli insediamenti sembrano venir liberati grazie a queste vantaggiose strade sulla terraferma dalle catene che li tenevano legati ai fiumi. Di conseguenza l'intero posizionamento degli insediamenti, così come l'intero sistema degli spostamenti e delle migrazioni dei popoli ne risulterebbe del tutto trasformato» [«Die Ansiedelungen müssen, wie es scheint, von solchen vorheilhaften Festlandstraβen, wie es die Eisenbahnen sind, von den Fesseln, welche sie an die Ströme hielten, befreit, das ganze Netz der Ansiedelungsweise und das ganze System der Fluthungen und 270

direzione delle migrazioni che hanno seguito i fiumi è possibile indicare l'organizzazione originaria di un certo bacino fluviale e dunque quella più naturale, meno deviata dall'artificialità della politica133. Lungo i fiumi e in base a essi si determinano, secondo Kohl, a partire da un'organizzazione naturale originaria, anche le differenze tra i popoli che, come la vegetazione, in base alle caratteristiche dell'ambiente possono continuare a espandersi in una certa direzione, oppure essere ostacolati e differenziarsi, possono accrescersi o diminuire eccetera. Come vedremo è sulla base di questa naturale differenziazione che si dà nella storia delle migrazioni che Kohl fonderà anche la legittimità delle differenti unità politiche.

Sia perché per la prima volta si stanno studiando gli effetti che hanno avuto sull'evoluzione dei popoli, sia per il fatto che sono al centro di un percorso di razionalizzazione amministrativa, «la storia dei nostri fiumi è entrata in uno stadio per cui merita particolarmente gettare uno sguardo al passato al fine di ottenere con ciò anche una conoscenza del futuro, e nello stesso tempo più energia per sostenere gli sforzi del presente»134. Kohl elenca i vantaggi teorici e pratici di una simile trattazione. La storia tedesca potrebbe essere, così, illuminata in maniera completamente nuova e, nella misura in cui dipende dalla conformazione del suolo, dalla forma delle valli fluviali e dalla conformazione dei fiumi, finalmente sarebbe

Wanderungen des Menschengeschlechts und der Völker muβ verändert werden» (ivi, p. 20)]. Sempre nel tentativo di non riconoscere un salto qualitativo tra strumenti artificiali e quelli naturali, Kohl relativizza la rivoluzione apportata dalla diffusione della rete ferroviaria affermando che, innanzitutto, anche le ferrovie devono seguire la rete degli insediamenti che già si sono consolidati come centri e che sono stati fondati in una posizione che ha il più delle volte un rapporto con i fiumi; inoltre, l'importanza dei fiumi è dettata dal fatto di non essere solo vie del traffico ma anche, grazie all'acqua, fonti di energia, indispensabili per l'agricoltura e per l'alimentazione. Inoltre, i fiumi creano quelle valli su cui poi le ferrovie vengono costruite. Infine, lo stesso progresso che ha posto le condizioni per il traffico ferroviario ha anche portato la navigazione a vapore che ha di molto velocizzato il traffico fluviale. 133 cfr. Ivi, pp. 75 ss. 134 Ivi, p. 93. [«Die Geschichte unserer Flüsse ist in ein Stadium getreten, in welchem es sich besonders lohnt einen Blick aud die Vergangenheit zu werfen, um dabei auch eine Erkenntniβ der Zukunft zu erlangen, und zugleich mehr Energie zur Förderung der Bestrebungen der Gegenwart»]. 271

posta su una «base veramente salda [eine recht feste Basis]»135. Questo studio mostrerebbe, inoltre, in una sorta di movimento di colonizzazione interna, dove può essere più vantaggioso fondare nuove città e costruire nuove strade e canali. Con ciò si potrebbe stabilire le città che avranno un futuro duraturo e sulle quali è vantaggioso investire nonché individuare tutti quegli ostacoli artificiali che si frappongono al libero corso della navigazione e del commercio.

Bisogna ora approfondire il problema di come venga giustificata la dipendenza dei rapporti politici dalla conformazione naturale, innanzitutto considerando come è articolata la descrizione geografica. Nella delineazione dei rapporti naturali, come si

è già sottolineato, Kohl concentra l'attenzione sugli elementi che sono più significativi per il traffico. Questa considerazione geografica è possibile solo se il fiume viene considerato come sistema  Kohl parla di Fluβ- o Stromsystem  che comprende il suo corso dalla fonte alla foce, inclusi gli affluenti136 e le terre che sono

135 Ivi, p. 98. 136 Particolarmente indicativo di ciò che Kohl intende con Fluβ- o Stromsystem è quanto scrive a proposito degli affluenti dei fiumi discutendo se la Mosa e la Schelda siano affluenti del Reno o meno (Cfr. J. G. Kohl, Der Rhein, vol. 2, pp. 112 ss.). Generalmente, si considera la prima un affluente e la seconda no. A questo proposito Kohl invita però a considerare l'idea di affluenza non in senso assoluto cioè come un fiume più piccolo sfocia in un altro più grande ma in senso relativo, cioè pensando che un fiume può essere affluente di un altro in gradi differenti. L'idea relativa di affluente quindi si smarca dall'effettiva unificazione dei due fiumi per poggiare sulla considerazione complessiva dei rapporti [die gesammte Beschaffenheit des Verhältnisses] del fiume piccolo e del fiume grande, delle loro direzioni e dei molteplici punti di contatto che essi hanno anche se non sono diretti. [«Man denkt sich unter dem Begriff von Nebenfluβ etwas ganz Absolutes und glaubt ihn nur da annehmen zu können, wo ein kleineres gliβendes Gewässer wirklich seinen Inhalt in eine stärkere Ader ganz ausleert. Viel richtiger aber, oder vielmehr allein richtig ist es, den Begriff von Nebenfluβ als etwas Relatives aufzufassen und sich im Voraus zu denken, daβ ein Fluβ in mehr oder weniger hohem Grade der Nebenfluβ eines anderem sein kann. Es kommt dabei nicht auf den bloβen Act der Wasseradervereinigung allein an, vielmehr auf die gesammte Beschaffenheit des Verhältnisses des kleinen Flusses zum gröβern, auf die gesammte Richtung seines Laufs und die Stellung desselben zu dem Laufe des gröβern, sowie auf alle Berührungspunkte, die der kleinere Fluβ mit dem gröβern gemein haben kann. Die Vereinigung der Gewässer ber der Mündung ist nur einer dieser Berührungspunkte» (Ivi, p. 112)]. Nello specifico del Niederrhein, sia la Mosa sia la Schelda attraversano una regione simile e sono legate al Reno in altissimo grado: «noi possiamo di conseguenza chiamare la regione racchiusa all'interno delle catene montuose di cui abbiamo parlato, secondo quei fenomeni naturali dominanti, che tanto attirano a sé la maggior parte delle acque, quanto unificano di preferenza i popoli di questo circondario e determinano in maniera fondamentale le loro sorti, in base appunto al Niederrhein, la regione del niederrheinisch» [«Und wir können demnach 272

poste, grazie a essi, in una relazione di traffico. Si tratta innanzitutto di delineare complessivamente la direzione, le singole porzioni, le anse, la latitudine dell'intero e delle parti, la longitudine, la profondità e la velocità dell'acqua corrente in relazione alla navigabilità, infine la presenza e la distribuzione di irregolarità, di cascate o cateratte e di altri possibili ostacoli al traffico che possono caratterizzare la sua posizione [Lage]. Lo stesso studio deve essere condotto sull'insieme degli affluenti, che sono parte integrante del sistema fluviale. Lo studio della geografia del fiume in relazione al traffico consente di suddividerne il corso in porzioni che sono naturalmente separate perché hanno una particolare conformazione o sono divise da barriere che rendono il traffico difficoltoso. Queste suddivisioni naturali, hanno un significato politico:

spesso i confini di una valle, di un distretto e di una provincia vanno solo fino a questa o quella cateratte di un fiume. [...] Questo si spiega attraverso il grande significato e la forza del taglio che tali cateratte producono nell'intera connessione del traffico dei popoli e dei paesi sopra e sotto. In realtà non è solo la cateratta nel fiume ma l'intera cintura montuosa e l'intera piattaforma di cui la cateratta non è che una parte ciò che produce questi effetti137.

Per comprendere il significato politico di un fiume è indispensabile, dunque, considerare non le suddivisione amministrative estrinseche ma quelle iscritte nella conformazione geografica del sistema fluviale stesso. In base ad angolature, a punti

auch das ganze innerhalb der von uns bezeichnete Gebirgszüge zusammengehaltene Ländergebiet nach demjenigen dominierenden Naturphänomene, das sowohl die meisten Gewässer an sich zieht, als auch die Völker dieser Gegend vorzugsweise vereinigt und ihre Schicksale hauptsächlich bestimmt, nach dem Niederrhein nämlich, das niederrheinische Ländergebiet nennen» (Ivi, p. 114)]. 137 Ivi, pp. 36-37. [«Häufig gehen die Grenzen eines Thalse, eines Gaues oder einer Provinz nur bis zu diesem oder jenem Cataracte des Flusses. Ja zuweilen haben ganze Königreiche ihre Grenzen gegen andere Königreiche bei gewissen Wasserfällen ihres vornehmsten Stromes angenommen und Jahrhunderte lang festgehalten. [...] Dies erklärt sich aus der groβen Bedeutung und Strärke des Abschnitts, welchen solchen Cataracte in dem ganzen Zusammenhange des Verkehrs der Völker und Länder oberhalb und unterhalb hervorbringe. Doch ist es dann die Cataracte im Flusse nich immer allein, vielmehr ist es der ganze Plateauabsatz von dem die Cataracte nur ein Theil ist, was solche bedeutende Wirkungen hervorbringt»]. 273

di raccordo o di sconnessione il fiume viene suddiviso in porzioni con una loro individualità138. Ad esempio, a proposito delle anse Kohl scrive che «si può assumere come regola che in ogni significativa angolatura del fiume si creano tre porzioni di terra come totalità storiche e geografiche, la cui individualizzazione è un prodotto dell'angolatura del fiume»139. La terra chiusa all'interno dell'angolo è per molti aspetti paragonabile a una penisola, sarà abitata da certi popoli con certi ceppi linguistici e avrà la tendenza a costituirsi come Stato o provincia e a separarsi dalle altre regioni intorno al fiume140. L'individualità di queste porzioni regionali richiama interamente la definizione ritteriana di individualità. Kohl li definisce come «specifici organismi», come «membri geografici e storici», con una propria vita. In definitiva, «questi organismi conducono, come bacini particolari, la loro vita particolare, individuale»141.

Una tale porzione individuale non è priva, però, di relazioni con l'esterno: «anche la sua vita dipende», infatti, «in maniera molteplice dall'intero, e i suoi interessi sono collegati con quelli dell'intera regione fluviale»142. Le porzioni singole si determinano nella loro individualità in quanto hanno un certo grado di separazione dal sistema

138 Si tratta di una nuova suddivisione dei fiumi con una sua normatività, non più quella artificiale dei distretti amministrativi ma quella «naturale» del suo valore per il traffico. Così si consuma quell'inversione del rapporto tra Land e Staat cominciata con la critica alla geografia statistica: non è il Land che dipende dallo Stato, ma è lo Stato con le sue suddivisioni amministrative a dipendere dalla conformazione del Land. 139 Ivi, p. 47. [«Man kann es als eine Regel hinnehmen, daβ man bei jedem bedeutenden Fluβwinkel drei Länderabtheilungen als besondere geographische und historische Ganze, deren Individualisierung eben ein Product des Fluβwinkels ist, zu betrachten hat: erstlich das zwischen den Schenkel eingeschlossene Stück, und dann die den beiden Schenkeln auswärts zugekehrten Landschaften»]. 140 L'esempio che Kohl porta a questo proposito è il grande angolo del Danubio tra Vienna, Pest e Belgrado. 141 Ivi, p. 52. [«Einen besonderen Organismus, ein eigenes geographisches und historisches Glied oder Individuum für sich, mit einem eigenen Leben und mit einem besondern Lebenspulse. Es werden sich daher auch in solchen Kesseln oder Abtheilung des Fluβsystem häufig besondere Staaten, oder doch besondere Provinzen ausbilden; es werden sich darin of besondere Völker und Sprachen, oder doch besondere Volksvarietäten und Dialekte festsetzen. Diese Organismen führen dann, als besondere Becken, ihr besonderes, individuelles Leben»]. 142 Ivi, pp. 52-53. [«Da sie aber durch den einzigen mächtigen Fluβfaden mit dem groβen Ganzen des Stromgebiets verbunden sind, so wird auch ihr Leben vielfach von dem Ganzen abhängig, und ihre Interessen werden mit denen des ganzen Stromgebiets verknüpft»]. 274

fluviale eppure sono a esso collegate e da esso determinate. Il sistema fluviale, a sua volta, è collegato a insiemi di scala più grande. Esso deve essere confrontato con le altre regioni fluviali, deve essere trattato alla luce del suo rapporto con il mare e con le zone costiere affinché possa essere considerata la sua posizione complessiva

[Weltstellung] e il suo potenziale di unificazione, la sua collocazione rispetto all'intero

[seine Stellung zum Ganzen]. Non si può dunque pensare a uno spazio organizzato in base a sistemi fluviali adiacenti con dei confini netti l'uno rispetto all'altro. Un sistema fluviale si suddivide infatti in differenti porzioni e, d'altra parte, tra i sistemi fluviali è attivo un traffico onnilaterale che li rende interconnessi. A partire dal traffico, si possono sì riconoscere delle suddivisioni naturali, ma si deve anche inevitabilmente avere una considerazione ampia dei rapporti tra le individualità geografiche e l'ambiente complessivo in cui sono inserite.

Il fiume si presenta così sia come luogo di individualizzazione sia come luogo di comunicazione e unificazione, dimostrando quella tensione costitutiva di quella che si è definita «dottrina dei rapporti». Questa duplicità caratterizza anche il rapporto tra questa organizzazione dello spazio naturale e l'organizzazione politica. Già il discorso sulle suddivisioni naturali delle porzioni dei fiumi rimanda a una spazialità politica non così frammentata come quella che, nel caso del territorio tedesco, era in vigore prima del Congresso di Vienna. Inoltre, anche la connessione tra più sistemi fluviali ha una sua conseguenza politica. Come si vedrà a breve nel caso del Reno, le suddivisioni politiche «naturali» coincidono con quelle stabilite nel 1815, che vengono fatte risalire all'originaria organizzazione dei popoli germani all'epoca delle grandi migrazioni dei popoli. A tali suddivisioni si affianca una stretta connessione tra i popoli che abitano una stessa regione fluviale: il fiume li ha accompagnati nella loro storia come un comune «filo conduttore»143. Si consideri l'esempio della

143 Cfr. ivi, p. 78: «i popoli che abitano una stessa regione fluviale sono connessi attraverso i diversi rami del fiume con forti legami. Essi godono dei vantaggi comuni del fiume, e patiscono attraverso di esso lo stesso destino. Attraverso la loro intera storia il fiume si protrae come un filo conduttore. Secondo le differenti suddivisioni del fiume si suddivide la stessa popolazioni in diversi ceppi, 275

Germania del Nord che Kohl porta a sostegno del necessario ampliamento dell'analisi rispetto al singolo sistema fluviale. Essa è caratterizzata da una serie di fiumi che scorrono parallelamente l'uno accanto all'altro  il Reno, il Weser, l'Elba, l'Oder e la Vistola  e che si possono perciò raggruppare in un unico insieme. Nella porzione inferiore e mediana di questi fiumi si è diffusa la popolazione tedesca nord- oder niederdeutsche, passando da un fiume a un altro. Da questo dato, Kohl trae la conseguenza che «questi fiumi indicano così più o meno il territorio determinato dello Stato prussiano. Esso si è già posizionato su ciascuno di questi fiumi e si diffonde sempre di più lungo i rami di questi condotti»144. In questo esempio è particolarmente evidente come un ordinamento politico artificiale come quello uscito dal Congresso di Vienna venga ricondotto, sulla base della conformazione geografica e del traffico a delle base naturali, che giustificano non solo l'assetto presente ma anche la legittimità dell'espansione futura, secondo quella naturalità della colonizzazione a cui si è più volte fatto riferimento.

5. La geografia politica del fiume Reno

Per indagare più nel dettaglio le differenti scale di dipendenza tra natura e politica vediamo alcuni aspetti della descrizione di Kohl del fiume Reno145. Innanzitutto bisogna sottolineare che la trasformazione amministrativa di cui parla Kohl a proposito di tutti i fiumi della Germania è particolarmente accentuata nel caso del fiume Reno. La principale causa della fioritura del commercio renano a partire

province, Stati» [«Die Völker, welche ein und dasselbe Stromgebiet bewohnen, sind durch die verschiedenen Zweige des Flusses wie durch starke Bande mit einander verbunden. Sie geniβen durch ihren Fluβ gemeinsame Vortheile, sie erleiden durch ihn gemeinsame Schicksale. Durch ihre ganze Geschichte zieht sich gleichsam ihr Fluβ wie ein leitender Faden hin. Nach den verschiedenen Abtheilungen dieses Flusses zerfällt die Bevölkerung selbst in verschiedene Stämme Provinzen, Staaten»]. 144 Ivi, p. 63. [«Diese Ströme bezeichnen auch so ziemlich das dem preuβischen Staate bestimmte Gebiet. Schon hat er an jedem dieser Ströme festen Fuβ gefaβt und greift längs der Sprossen dieser Leiter weiter und weiter um sich»]. 145 Per una storia del fiume Reno si veda L. Febvre, Il Reno. Storia, miti, realtà, Roma, Donzelli, 1998. 276

dall'inizio dell'Ottocento è la creazione di un regime commerciale unico, per regolare l'attività economica lungo il fiume e il suo commercio, reso particolarmente difficoltoso dal suo carattere internazionale146. Il processo di razionalizzazione amministrativa viene avviato durante l'occupazione francese dal 1795 al 1813147, il

Congresso di Vienna preserva poi il contenuto essenziale delle riforme francesi e istituisce una Commissione Centrale per la Navigazione sul Reno [Zentralkommission für die Rheinschiffahrt]148. La Commissione doveva provvedere a fornire comunicazioni ufficiali tra gli Stati che il fiume attraversava a proposito di tutti gli aspetti della navigazione sul fiume; controllare che le regole comuni fossero rispettate; dare indicazioni sull'ammontare dei pedaggi; produrre un accordo di

146 Prima dell'occupazione francese, il commercio sul Reno era poco competitivo a causa dei numerosissimi pedaggi, privilegi, e differenze giurisdizionali che caratterizzavano il suo corso (alla fine del Settecento si contavano circa trentadue stazioni di pedaggio). Nel corso del Settecento circa un terzo del valore di un carico veniva pagato come tassa nelle stazioni dei pedaggi nel tratto tra Bingen e Koblenz. L'ammontare dei pedaggi, inoltre, non era reso pubblico ed era sottoposto in sostanza all'arbitrio dei singoli funzionari e molto spesso era il risultato di una contrattazione sul posto. Inoltre vi erano privilegi in vigore dal XIII secolo nelle città di Colonia e di Mainz: lo Stapelrecht secondo cui tutte le merci che passavano per la città dovevano essere scaricate e prima di tutto messe in vendita lì, tramite intermediari locali; e l'Umschlagsrecht secondo cui tutte le merci di lunga distanza dovevano essere trasportate nelle navi delle associazioni di barcaioli locali per la parte successiva del fiume. Tutte queste misure rendevano poco fruttuoso trasportare le merci via fiume, tanto che si preferiva spesso le vie di terra, se non per certe merci, come il legname, che, per le difficoltà di carico e scarico, non subivano i due precedenti privilegi. La grande ricchezza dei commercianti di Colonia e di Mainz non può essere dunque considerata come indice di un commercio fiorente quanto piuttosto come segno di un grande arricchimento tramite l'estrazione fiscale. Anche se dopo la pace di Westfalia vengono approvati dei trattati internazionali che dichiarano libero il commercio sul fiume, non c'era effettivamente la capacità e la forza di rendere operative queste regole. Su questo si veda C. Eckert, Rheinschiffart im XIX. Jahrhundert, Leipzig, Dunker & Humblot, 1900; E. Gothein, Geschichtliche Entwicklung der Rheinschiffahrt im XIX. Jahrhundert, Leipzig, Dunker & Humblot, 1903. 147 Il Trattato di Campoformio (1797) consegna larga parte della sponda sinistra del Reno ai francesi e in un articolo segreto del trattato è compreso un accordo per abolire le restrizioni presenti sul fiume. Nel 1798 le autorità francesi dichiarano il fiume «libero» abolendo Stapel- e Umschlagsrecht. Negli anni successivi, a una progressiva eliminazione dei limiti al libero commercio, segue una nuova regolamentazione amministrativa che si concretizza nel 1803 con i Reichs-Deputation-Hauptschluss che comprendono un nuovo regime commerciale amministrato congiuntamente dalla Francia e dall'Impero. I dazi sulle merci vengono razionalizzati, le stazioni di pedaggio ridotte a dodici (sei su ogni riva) e i guadagni dei pedaggi vengono destinati al miglioramento delle infrastrutture del fiume e alla sua sorveglianza. Cfr. R. M. Spaulding, Revolutionary France and the Transformation of the Rhine, in «Central Europe History», n. 44, 2011, pp. 203-226. 148 Il ministro Stein conserva la struttura unificata del regime commerciale una volta riottenuto il controllo del fiume. 277

lungo periodo che regolava la navigazione sul Reno oltre quello stipulato nel 1815. Il

Trattato di Mainz del 1831 promosso dalla Commissione consiste sostanzialmente in un'estensione e un perfezionamento delle riforme napoleoniche. Esso non prevede l'abolizione totale dei pedaggi, l'ultimo dei quali verrà eliminato solo nel 1868, ma la loro riduzione a dodici stazioni tra Strasburgo e il confine olandese.

Gli stessi anni in cui si avvia l'unificazione amministrativa del Reno, esso è al centro di uno scontro discorsivo tra coloro che lo considerano come il confine naturale della Francia  secondo un'idea che, con significati differenti, attraversa la politica estera francese dal Sedicesimo secolo149  e i sostenitori dell'idea che il Reno non sia una confine ma un fiume interamente tedesco. Indicativo di questa trasformazione, che a noi interessa particolarmente perché esprime esattamente quel passaggio dalla centralità del confine all'individualità storico-geografica di un popolo come principio di differenziazione dello spazio, è l'opera di Ernst Moritz Arndt, una delle voci più significative del primo nazionalismo tedesco, Der Rhein. Teutschlands

149 P. Shalins, Natural Frontiers Rivisited: France's Boundaries since the Seventeenth Century, in «The American Historical Review», vol. 95, no. 5, Dec., 1990, pp. 1423-1451. Shalins fa risalire l'idea di una frontiera naturale della Francia esplicitamente al sedicesimo secolo. Mentre generalmente il ricorrere di questo concetto viene considerato come un segno di una continuità storica, Shalins attira l'attenzione sui differenti significati che tale idea ricorrente ha avuto: «The idea of natural frontiers was a powerful, recurrent image in the shifting repertoire of French political culture. The meaning of natural frontiers defined geographically or historically, as a bellicose frontière or a restrictive limite, as a general description or a specific political claim - changed dramatically, as did the different political functions of the idea during three centuries of state building in France» (ivi, p. 1450). Il programma rivoluzionario della frontiera renana era sia in continuità con l'idea di frontiera naturale sia un'invenzione rivoluzionaria, un prodotto del processo rivoluzionario: «the Girondins needed a justification for annexation that was based neither on "conquest" (like the Old Regime monarchy) nor exclusively on expressions of popular support (unlikely during conditions of occupation). The partisans of the Rhine boundary used the image of a natural boundary to justify the bounded and limited quality and defensive character of French expansion under the Republic; they invoked the Rhine as France's limite, not its frontière naturelle» (ivi, p. 1445). Successivamente, con Robespierre e i Montagnardi, al progetto del raggiungimento dei confini naturali, si aggiunge l'idea di una barriera difensiva sul Reno, che diventa dunque centrale sia come «certificato» di fedeltà repubblicana, sia militarmente in senso difensivo. Dopo il Congresso di Vienna si può dire che l'idea dei confini naturali riunifica tutti gli schieramenti politici e viene presa come un dato di fatto: «The profound continuity of French national history offered by the idea of natural frontiers provided an expanding reading public with [...] a symbol of national unity» (p. 1448). 278

Strom, aber nicht Teutschlands Gränze del 1813150. Tutta l'argomentazione di Arndt è volta a negare il fatto che il Reno sia il confine naturale della Francia. Innanzitutto, non essendo realmente radicato nella natura delle cose, il concetto di confine naturale può cambiare ogni anno: ora è il Reno, ma domani può essere l'Elba, la Vistola o addirittura il Dnepr. La rivendicazione dei confini naturali è semplicemente la maschera di un progetto di espansione imperiale che potenzialmente investe tutta l'Europa. Inoltre, se ci si chiede quali siano gli effettivi confini naturali di un popolo, la risposta non è questo o quel fiume, questa o quella catena montuosa: «l'unico confine naturale sempre valido è la lingua. La differenza della lingua è stabilita da

Dio [...] Le diverse lingue costituiscono i reali spartiacque dei popoli e dei paesi, costituiscono le grandi differenze intrinseche dei popoli»151. Secondo la lingua i popoli e i paesi si sono separati nelle loro parti fondamentali, e verso la fine del

Medioevo si trovavano felicemente delimitati, finché la furia conquistatrice degli ultimi tre secoli non ha cominciato a disturbare il corso della natura stabilito da Dio e a mescolare ciò che è estraneo e diverso. Dopo la lingua, i monti e i mari possono valere come confini naturali ma «non per se stessi, ma perché sono confini linguistici, e separano i popoli attraverso diversità e disuguaglianza, e anche attraverso l'avversione e l'odio che da ciò derivano»152. In base a questo principio, a seconda del caso particolare, anche deserti e paludi possono funzionare come confini naturali.

Quel che è certo è, però, che «i fiumi non sono mai stati confini naturali, e non lo possono nemmeno mai diventare»153, in quanto troppo facilmente attraversabili. Da questi ragionamenti, Arndt trae la conclusione che il Reno è un fiume tedesco perché

150 E. M. Arndt, Der Rhein. Teutschlands Strom, aber nicht Teutschlands Gränze, Leipzig, Wilhelm Rein, 1813. 151 Ivi, p. 7. [«Die einzige gültigste Naturgränze macht die Sprache. Die Verschiedenheit der Sprachen hat Gott gesetzt [...] Die verschiedenen Sprachen machen die natürliche Scheidewand der Völker und Länder, sie machen die groβen innerlichen Verschiedenheiten der Völker»]. 152 Ivi, p. 11. [«Nicht an ihnen selbst, sondern weil sie Sprachgränzen sind, und also die Völker durch Verschiedenheit und Ungleichheit, ferner auch durch daraus entspringende Abneigung und Haβ absondern»]. 153 Ivi, p. 12. [«Ströme sind nie Naturgränzen gewesen, und können es auch nie werden»]. 279

abitato su entrambe le sponde da popoli tedeschi. Prima dell'arrivo dei romani, che hanno fortificato il fiume rendendolo difficilmente attraversabile, popoli germanici si sono insediati sulla riva destra e la riva sinistra del fiume154. L'unità del popolo tedesco è storica e spirituale più che geografica, perché in generale lo spirito non è tanto legato a certe terre, quanto a certi popoli. Inoltre, senza il Reno è messa in scacco non solo la libertà tedesca  esso costituisce, infatti, il cuore dell'intera

Germania, «il suo vero sangue vitale e il suo più vivente spirito vitale»155  ma anche quella di tutta Europa.

Il dibattito sul Reno si riaccende violentemente nel 1840, con la cosiddetta

Rheinkrise, prodotta dalla minaccia di un'espansione francese sulla riva sinistra del

Reno, proclamato da Thiers per compensare una fallimentare politica nel Medio

Oriente156. Il Reno viene ripresentato per la prima volta dopo il 1815 come il confine naturale della Francia. La reazione diplomatica tedesca è misurata: i ministri degli

Stati principali della Confederazione Germanica, guidati dal Principe Metternich, si muovono interamente nella tradizione del Congresso di Vienna cercando di

«denazionalizzare» la questione della frontiera renana e trattarla come un problema che coinvolge tutti gli Stati europei. Dalla maggior parte degli storici157 la Rheinkrise viene considerata come la svolta del movimento nazionale tedesco, sia per la diffusione del discorso e dell'esaltazione nazionale nella sfera pubblica, sia per la

154 Il successivo lungo dominio franco non costituisce affatto un legame con le attuali pretese francesi perché quei Franchi sono scomparsi dalla scena della storia mondiale. Una parte si è mescolata con i Galli e i Romani dando vita al popolo francese, mentre quelli che sono rimasti dov'erano sono diventati autenticamente tedeschi e sono sempre stati, fino alla conquista francese, sudditi dell'Impero tedesco. 155 Ivi, p. 69 [«Sein rechtes Lebensblut und seine lebendigsten Lebensgeister»]. 156 Dopo che le truppe egiziane avevano spinto l'esercito ottomano oltre i confine siriano, nell'aprile del 1839 Thiers immaginava una nuova sfera di influenza in Oriente. A ciò segue il fallimento con la Convenzione di Londra del 15 luglio un trattato siglato da quattro paesi, esclusa la Francia, che supportano il mantenimento da parte del sultano del suo territorio. Cfr. H. Schulze, Der Weg zur Nationalstaat: die deutsche Nationalbewegung vom 18. Jahrhundert bis zur Reichsgründung, München, Deutsche Taschenbüch, 1985. 157 Cfr. H. Schulze, Der Weg zur Nationalstaat, cit.; H. Wehler, Deutsche Gesellschaftsgeschichte, vol. 2, Von der Refomära bis zur industriellen und politischen "Deutsche Doppelrevolution", Münich, C. H. Beck, 1987, pp. 398-400. 280

definitiva saldatura del liberalismo con la causa nazionale. Come si è già visto in

Kapp, caratteristica del Vormärz è la compenetrazione tra il dibattito costituzionale che si immagina già in una cornice nazionale e il processo di costruzione della nazione come entità culturale [Kulturnation].

In questo contesto si inserisce l'opera di Kohl. Il Reno è considerato come sistema fluviale e viene descritto insieme a tutti i suoi affluenti principali. Dopo averne tratteggiato alcune caratteristiche fisiche generali, Kohl lo suddivide in quattro parti: la zona della sorgente, l'Oberrhein, il Mittlerrhein e il Niederrhein, che comprende anche la regione olandese in cui si trova la sua foce. Come esempio di suddivisione naturale connessa a una suddivisione amministrativa che perdura nel tempo si consideri il corso superiore del fiume, in Svizzera. Già i Romani, scrive Kohl, hanno considerato questa porzione come una totalità a sé stante e come una sezione separata dalla più grande provincia in cui era inserita158. Dopo la caduta dell'Impero romano questa regione viene popolata dai germani, che seguono il corso delle valli e dei fiumi, mescolandosi con la popolazione locale. Inizialmente questa invasione assomiglia a un'inondazione che rende inesistenti le barriere naturali. Poi però, proprio come nel caso dei fiumi, l'inondazione si ritira e le acque ritornano nei loro corsi naturali, già seguiti dai popoli prima dell'arrivo dei romani. I Germani dal Lago di Costanza si sono spinti nella valle renana e da qui hanno occupato tutta la regione del fiume Aar che a sua volta emerge come un «organismo totale [Totalorganismus]» secondo i suoi rapporti naturali159. Il fatto che in Svizzera i popoli tedeschi si siano mantenuti intorno al bacino del Reno e dell'Aar è sufficiente per dimostrare l'influenza della specificità naturale dei due bacini, anche se ciò si combina con l'appartenenza a uno Stato, quello svizzero, in cui coesistono più nazionalità.

Un altro esempio della coordinazione tra suddivisione politica e organizzazione regionale è quello del Würtenberg. Esso occupa quasi interamente il bacino del

158 Cfr. J. G. Kohl, Der Rhein, cit., pp. 131 ss. 159 Cfr. ivi, p. 132. 281

Neckar secondo «una percorso dei popoli tracciato dalla natura [von der natur vorgezeichnete Völkerbahn]». Si è spesso scritta la storia politica del Würtenberg e del processo per cui, nel corso dei secoli, i suoi dominatori hanno ampliato il loro dominio territoriale attraverso la conquista, l'acquisto di terre, le confische e unificando tutta una serie di domini, contee e città libere lungo il fiume Neckar. Non si è mai scritta invece una storia che indichi la vantaggiosità di questa posizione che ha facilitato «a quei conti un tale accumulo di ciò che è affine per natura e già dai tempi più antichi legato da una memoria comune e da unificazioni molteplici precedenti, e all'evoluzione tracciata dalla natura del territorio del Würtenberg»160.

Non solo la sua storia di espansione, interna a logiche feudali, ma anche l'ingrandimento territoriale che esso vive durante l'occupazione napoleonica che in vari passaggi dal 1805 al 1810 gli consente di controllare l'intera regione del Neckar, viene fondato sull'individualità storico-naturale di questa regione: «come la suddivisione feudale antica della terra ai tempi dei Germani, anche oggi le sue suddivisione politiche è organizzata in relazione ai fiumi e corrisponde più o meno ai confini naturali e ai segmenti»161. A ciò, però, si accompagna il fatto che i corsi fluviali attorno a cui si costruisce il dominio politico «adeguato» alle logiche naturali sono anche quelli che lo rendono accessibile, in questo caso sono state le vie utilizzate dagli Asburgo nei loro vari tentativi di sottomettere i conti del Würtenberg. La

Neckarland, se considerata in un contesto più ampio, diventa così anche una «terra di

160 Ivi, pp. 265-266. [«Die Geschichtsschreiber haben oft den kühnen und gewandten Geist der alten würtembergischen Grafen, welche durch Eroberung, durch Ankauf, durch Pfändereinlösung und auf vielfache andere Weise im Laufe der Jahrhunderte eine Menge Herrschaften, Graffschaften und Freistädte in den Thälern des Neckars und seiner Nebenflüsse von ihrem Centrum bei Würtemberg und Kannstadt aus zusammenbrachten, gelobt. Selten aber haben sie auf die Gunst der geographischen Verhältnisse, welche eine solche Anhäufung von der Natur zusammengehöriger und schon seit den ältesten Zeiten durch gemeinsame Erinnerungen und vielfache frühere Einigung verbundener Länder jenen Grafen erleicherten, und auf die von der Natur vorgeschriebene Entwicklung des Territoriums von Würtemberg hingewiesen»]. 161 Ivi, p. 267 [«Wie die alten Gauenabtheilungen des Landes zur Zeit der Alemannen, so sind auch jetzt wieder die politischen Unterabtheilungen desselben mit Rücksicht auf die Flüsse gemacht und entsprechen so ziemlich den natürlichen Grenzen und Abschnitten»]. 282

mezzo [Zwischenland]» e un «membro mediatore [ein vermittelndes Glied]» tra la

Francia che spinge verso il Reno e l'Austria che fa pressione da Est.

Per riprendere l'esempio dei possedimenti prussiani sul Reno stabiliti dal

Congresso di Vienna, consideriamo infine la descrizione di Kohl del Niederrhein, la porzione che va dalla città di Bonn alla foce nel territorio olandese. La regione del

Niederrhein viene considerata come un'individualità, sia dal punto di vista geografica

(delimitata dal mare a Nord e Nord-ovest, a Sud, Sud-est e Sud-ovest dalle montagne mentre è aperta sul lato Nord-est), sia dal punto di vista storico, in quanto abitata da un popolo unitario che precede anche i Celti e i Germani. Sono poi questi ultimi che hanno popolato tutta la zona del Niederrhein, in un movimento continuo che si è sempre fermato sulla linea che va dalle Ardenne al Pas de Calais. «Il collegamento interno attraverso il Reno» scrive Kohl «ha fatto sì che i Germani si diffondessero da una parte all'altra del fiume»162. Kohl fa appello qui al metro della durata, che stabilisce la differenza tra i processi naturali di lungo periodo e i mutevoli eventi politici: la presenza francese nella regione del Niederrhein è stata sempre di breve durata, mentre i Germani si sono mantenuti qui in maniera stabile perché è il loro terreno originario [Urboden], cosa che ha portato o al ritiro o alla germanizzazione dei popoli stranieri che si sono qui stabiliti163. Nonostante i tentativi di francesizzare la regione, da parte di Cesare o di Napoleone, i germani si sono mantenuti saldamente nelle loro terre originarie, secondo la narrazione che fa del Reno un «fiume tedesco»164. Il dominio prussiano sul territorio del Niederrhein è dunque fondato sulla

162 Ivi, p. 129. [«Diese innige Verbindung durch den Rhein hat es bewirkt, daβ Nationalen desselben Stromes, Germanen, sich diesseit und jenseit verbreiteten»]. 163 Ivi, pp. 124-125. [«So wenig aber wie die deutschen überfluthungen der Ardennen nach Westen hin, so wenig waren die gallischen in den deutschen Ebenen fort nach Osten hin von Dauer, stets wurden die Occidentalen aus diesen Ebenen, an denen die Germanen wie an ihrem Urboden festhielten, wieder über die Ardennne zurückgeworfen oder, wenn sie blieben, doch germanisiert»]. 164 Ivi, p. 123. [«Hätten die Romanen, Wallonen und Franzosen sich nun ihrerseits innerhalb der Berggrenze und jenseits der Ebenenlinie, die durch unvordenklichen Besitz sich als zu einer germanischen Völkergrenze geheiligt darstellte, gehalten, so hätte sich hier in dieser natürlichen und ethnischen Grenze auch eine bleibende politische Grenze germanischer und gallischer Reiche herstellen mögen»]. 283

storia antica della regione e sulla capacità del fiume di costituire una connessione interiore, di essere individualità e sistema, non confine naturale.

6. I confini mobili dello spazio tedesco

Si è visto come la storia di un popolo è ricondotta alla conformazione geografica della regione in cui vive attraverso il traffico e la storia antica dei movimenti migratori. Se una storia lunghissima lega un popolo al luogo in cui si è stabilito, la combinazione tra Land e Volk pare essere molto stretta: «si può dire che le nazioni sono tanto fortemente legate ai loro paesi, quanto la lumaca al suo guscio e si può scrivere la storia di un popolo senza la geografia tanto poco, quanto l'anatomia dei molluschi senza un'indagine sulle loro conchiglie [...] Se il botanico osserva le piante nel loro suolo natio, nel loro luogo originario, tanto più l'etnografo deve considerare i popoli nella loro patria e insieme a essa»165. Una buona parte dell'argomentazione storico-geografica di Kohl consiste, come si è visto, nel tracciare una linea di continuità tra il passato lontano delle migrazioni e l'assetto politico del presente, forte di un'opposizione tra una politica artificiale e una politica naturale capace di essere realmente lungimirante.

Eppure, la naturalizzazione di fattori storici che è parte della prospettiva di Kohl introduce un tratto universalistico nell'argomentazione con il risultato che il legame tra i popolo e il territorio ne risulta parzialmente relativizzato. Popolo e territorio sono, infatti, inseriti in una temporalità talmente lunga da prevedere la decadenza dei popoli pur nel permanere delle stesse regole funzionali del traffico in relazione alla superficie terrestre. Nell'articolo sul significato politico dei fiumi, Kohl, sostenendo l'utilità della trattazione geografica per la politica, scrive che

165 J. G. Kohl, Der Verkehr und die Ansiedelungen, cit., p. 234. 284

lo spirito dei popoli passa e si trasforma, il corpo della natura invece permane. I Tedeschi possono cambiare, ma la Germania rimane la stessa. Possano anche i tedeschi essere cacciati dalla loro patria o tramontare, e il terreno che essi ora abitano essere preso in possesso da nazioni del tutto diverse; le forme però in cui queste nazioni si riverseranno, saranno sempre le stesse, e perciò anche tutti i rapporti dipendenti da queste forme che esercitano i loro effetti per l'eternità, le suddivisioni del terreno, i territori statali, le strade, la posizione delle città, i campi di battaglia, le migrazioni ecc.166.

Un ulteriore elemento di «delocalizzazione» dei popoli, che si accompagna al processo di definizione della loro collocazione spaziale, è il fatto che sia le migrazioni sia il traffico, i due elementi a partire dai quali questa collocazione viene pensata, implicano sostanzialmente un movimento nello spazio. Il risultato di questa tensione concettuale, che ora per concludere considereremo in relazione alla definizione dello spazio tedesco e dei suoi confini, è l'idea di uno spazio dinamico della nazione che non ha dei confini definiti ma che si espande e si ritira nel tempo167.

Innanzitutto la Germania è per Kohl non tanto un concetto politico, il Deutscher

Bund, ma lo spazio in cui abitano i tedeschi, il teatro del loro agire e del loro abitare.

Questo spazio è caratterizzato dalla sua centralità nel continente europeo e dal fatto di non avere confini naturali precisi. La parte continentale dell'Europa, definita il suo

«tronco»168 viene suddivisa, infatti, in due masse, il cui confine è difficilmente

166 Id., Der Rhein, cit., pp. 99-100. [«Der Geist der Völker vergeht und verwandelt sich, der Leib der Natur aber bestehet fort. Die Deutschen mögen sich ändern, aber Deutschland bleibt dasselbe. Ja, die Deutschen was Gott noch lange hinausschiebe! mögen aus ihrem Vaterlanden vertrieben werden oder ganz untergehen, und der Boden, den sie jetzt bewandeln, von ganz andern Nationen in Besitz genommen werden; die Formen aber, in welche diese Nationen sich ergieβen, werden immer dieselbe bleiben, und daher auch alle die von diesen ewig wirkenden Formen abhängigen Verhältnisse, Landesabtheilungen, Staatsterritorien, Straβenzüge, Städtepositionen, Schlachtfelder, Wanderungen, u.»]. 167 La concezione del rapporto tra nazione e territorio è trattata in due studi su Kohl: A. Alexandri, J. G. Kohl und seine Bedeutung für die deutsche Landes- und Volksforschung, in «Deutsche Geographische Blätter», Band 43, Heft 1-2, 1940, pp. 8-126; S. Regin, Johann Georg Kohl. Ethnographische Sprachreflexion im 19. Jahrhundert, Siegen, Carl Böschen Verlag, 2001. 168 G. J. Kohl, Bemerkungen über die Verhältnisse der deutschen und dänischen Nationalität und Sprache im Herzogthume Schleswig, Stuttgart und Tübingen, Stuttgart, Cotta'scher Verlag, 1847, p. 78. 285

definibile, ma orientativamente si può pensare come una linea che va da Odessa a

Königsberg. Si tratta di una suddivisione che ha a che fare principalmente con il rapporto con i mari, i quali tra questi due punti incidono nella maniera più profonda e producono un'articolazione [Gliederung]. A Est di questa linea immaginaria il continente diventa bruscamente più ampio e si apre nel territorio russo. La parte a

Ovest di questa linea costituisce la componente centrale dell'intero continente, la

Mitteleuropa. Intorno a essa si raccolgono gli altri paesi europei, che possono così essere definitivi Nordeuropa, Sudeuropa, Esteuropa ed Europa occidentale. A sua volta la Mitteleuropa è divisa in quattro parti: le regioni che si affacciano sul Mare del

Nord: tutti i territori sul mare del Nord, sul Elba di mezzo e basso, il Weser, l'Ems e il mezzo e basso Reno; la Germania baltica, tutte le terre tedesche sull'Oder, sulla

Vistole e sulle coste del Mar Baltico; il gruppo sud-occidentale: tutti gli Stati tedeschi sul Reno superiore, sul Meno e sul Danubio inferiore e il un gruppo sud-orientale, cioè tutte le terre tedesche sull'Elba superiore, sulla regione del Danubio centrale e fino al mar Adriatico. Nella Mitteleuropa ha giocato un ruolo fondamentale il popolo germanico, tanto che si può a ragione definire Germanische Europa oppure Germanien.

Essa ha confini naturali indeterminati ed ha perciò molteplici contatti, sia pacifici, sia bellici con tutti i popoli d'Europa: «la pianta di nessun popolo del mondo è in così gran misura mescolata con popoli vicini di tutti i generi, così ramificata e amalgamata, come la nostra tedesca. Noi abbiamo ai nostri confini svizzero-tedeschi, italo-tedeschi, slavo-tedeschi, scandinavo-tedeschi, belgi-tedeschi, franco-tedeschi, insomma mescolanze di popoli di tutti i tipi»169.

169 G. J. Kohl, Alpenreise, Dresden und Leipzig, Arnold, 1849, 2 voll., p. 86. [«Das Gewächs keines Volksstammes der Welt ist in so hohem Grade mit Nachbarvölkern aller Gattungen vermischt, verzweigt und veramalgamirt, wie unsere deutsche Eiche. Wir haben an unseren Grenzen rhätisch- deutsche, italienisch-deutsche, slavisch-deutsche, skandinavisch-deutsche, belgisch- und französisch- deutsche Völkergemische aller möglichen Arten»]. In un passaggio delle Bemerkungen Kohl scrive anche che «come una pianta con innumerevoli radici e rami, la Germania interviene nella vita di quasi tutti i popoli europei, si qualsiasi razza o ceppo essi siano, se finnici, slavi, lettoni, magiari, valacchi, schandinavi o romani» [«Wie ein Gewächs mit zahllosen Wurzeln und Zweigen, greift also Deutschladn in das Leben fast sämmtlicher europäischer Völker ein, welchen Stammes und welcher 286

Per quanto riguarda il confine meridionale, già nel suo primo viaggio nelle Alpi,

Kohl ha avuto occasione di osservare i confini e i punti di contatto tra tedeschi e italiani. In generale la catena alpina può essere considerata come un'immensa zona di confine. Se si considera, invece, il confine nella sua linearità esso non corrisponde alle vette più elevate: molti tedeschi si sono spinti nelle valli tirolesi e soprattutto nella

Valle dell'Adige. Qui il confine non corrisponde a elementi naturali: tra Trento e

Bolzano a un certo punto si succedono un paese tedesco e un paese italiano. Kohl commenta a questo proposito la tendenza italiana a identificare il confine con lo spartiacque alpino, da raggiungere «o in maniera violenta attraverso una guerra o attraverso una lenta fusione e metamorfosi dei tedeschi»170. Egli considera infondata la pretesa italiana di far valere le Alpi come il confine naturale perché già prima della conquista romana queste zone appartenevano a popoli germanici. Un cosiddetto

«confine naturale» si dimostra, ancora una volta, un confine «conteso». Questo vale anche per la parte orientale del confine meridionale. Nel caso del Tarvisio, ad esempio, Kohl osserva come esso costituisca una zona di incrocio di popoli e strade e di confini incerti: «qui la nazionalità tedesca, slava e italiana si toccano, lottano l'una con l'altra e si compenetrano a vicenda [...] Ma non ci si deve immaginare che qui compaia un confine dei tre popoli del tutto puro [reine] e disegnato»171.

Per quanto riguarda il confine orientale, esso è anche geograficamente il meno definito: si può dire che «la Germania si espande all'infinito verso Est [verläuft sich

Race sie auch immerhin sein mögen, ob finnischen, slavischen, lettischen, ob magiarischen, wallachischen, ob scandinavischen oder romanischen Stammes» (J. G. Kohl, Bemerkungen, cit., p. 5)]. 170 Ivi, vol. 2, p. 209. [«Schon damals wurde, vielleicht im Vorgefühl der Dinge, die bald kommen würden, im ganzen südlichen Tyrol die Frage zwischen deutscher und italienischer Nationalität sehr eifrig abgehandelt. Schon damals äuβerten die Italiener die Idee, daβ die Gränze zwischen den Deutschen und Italienern auf dem Brenner gesucht werden müsse. Bis dorthin, sagten sie, auf der Höhe des, Tryrol quer durchschneidenden Alpenrückens, an der Gränzscheide der nördlichen und südlichen Flüsse, werden wir vordringen, sei es im Kriege mit Gewalt, sei es im Frieden durch allmälige Verschmelzung und Metamorphisirung des Deutschen»]. 171 Ivi, vol. 1, p. 447. [«Die deutsche, die slavische und italienische Nationalität sich berühren, miteinander ringen und sich wechselseitig durchdringen [...] Man darf sich aber nicht einbilden, daβ hier eine ganz reine und gezeichnete Gränze der dreiu Völker erscheine»]. 287

Germanien ins Unbestimmte gegen Osten]»172. Molte zone che ora sono slave non più di trecento anni fa erano tedesche. Perciò,

se vogliamo considerare la nostra Germania estesa tanto quanto si sono spinti spesso e ripetutamente i tedeschi conducendo guerre, dominando terre, fondando città e colonie e diffondendo i loro costumi, allora dobbiamo tracciare una linea che parte dalla foce del Danubio, o ovest della regione dello Dnepr, con una curva verso ovest fino a San Pietroburgo fino alla punta interiore del golfo finnico173.

Ad esempio per quanto riguarda l'Ungheria, Kohl afferma che lì dal XI secolo vi è un afflusso continuo di tedeschi che non sono arrivati come conquistatori o come intrusi ma chiamati dai cavalieri magiari per difendersi dalle invasioni ottomane e per sfruttare la ricchezza mineraria dei Carpazi174. Dal punto di vista storico ed etnico c'è un ampia zona di quello che viene considerato come territorio magiaro che è in realtà abitata da tedeschi. Si tratta di una zona mobile anche se si considera la storia dell'Impero austriaco: «l'intera evoluzione storica dell'Austria è, per così dire, nient'altro che un viaggio lungo il Danubio, una crescita lungo il fiume da una sua porzione a un'altra, e un penetrare da una porta rocciosa e da un passaggio stretto a un altro»175. La mobilità è un attributo anche di quella frontiera militare che Kohl descrive in uno scritto del 1842176. Questa «istituzione tedesca», in continuo avanzamento, viene considerata come una «scuola di civiltà» per i popoli vicini, perché crea una zona di sicurezza della proprietà e di ordine superiore a quello dei

172 Ivi, p. 81. 173 G. J. Kohl, Bemerkungen, cit., p. 41. [«»] 174 Cfr. Id., Die Slawen und die panslavistische Tendenzen, in Skizzen aus Natur- und Völkerleben, 2 voll., Dresden, Kuntze, 1851, pp. 157-218 , p. 30. 175 G. J. Kohl, Die Donau, cit., p. 121. [«Die ganze historische Entwicklung Österreichs ist sozusagen nichts als eine Donaufahrt, ein Hinauf- und Hinabwachsen längs des Stromes von einem Fluβabschnitte zum anderen, und ein Hindurchdringen von einem Felsenthore und einem Engpasse zum nächsten»]. 176 Cfr., Id., Hundert Tage auf Reisen in den österreichischen Staaten, 5 voll., Dresden und Leipzig, Arnold, 1842. 288

territori circostanti, e come «un muro vivente di protezione» dell'Europa dalla barbarie turca.

Kohl tocca il tema del confine settentrionale tra Germania e Danimarca in tre scritti dedicati alla questione dello Schleswig-Holstein177. La Danimarca viene definita mittelmäβig, cioè caratterizzata geograficamente da una posizione mediana tra la Germania e la Svezia, tra la Gran Bretagna e l'Est slavo. Essa rappresenta la zona di confine tra Nord- e Mitteleuropa e ha perciò un'importante funzione non tanto come confine, quanto come ponte, come punto di passaggio. Lo Schleswig, in particolare, è una «terra di fusione e di mezzo, dal punto di vista etnografico una terra di passaggio [Übergangsland] tra l'Holstein e la Danimarca»178. Dopo una lunga spiegazione storica, Kohl arriva alla conclusione che la lingua tedesca ha una supremazia a partire dal XV secolo. In ogni caso non è possibile stabilire un confine linguistico lineare: Kohl indica innumerevoli isole linguistiche e territori misti nonché delle ibridazioni nel linguaggio quotidiano. A partire dal XIX secolo si è avviato un movimento politico contrapposto che ha cercato di diffondere artificialmente il danese nei territori a maggioranza tedesca, in particolare come lingua dell'amministrazione. Contro questa «costruzione» della nazione, Kohl fa dunque valere il verdetto di secoli di storia e ciò fonda le pretese tedesche sullo

Schleswig, che pure egli presenta senza un'eccessiva enfasi patriottica. La sua moderazione non viene accolto troppo favorevolmente. In una recensione sull'Allgemeinen Zeitung del 1846 la simpatia che Kohl dimostra nei confronti dei danesi viene criticata: «prendendo in mano il libro di Kohl il nostro primo pensiero era: cosa ci dirà l'Autore sulla contrapposizione delle nazionalità nello Schleswig-

177 Id., Die Marschen und Inseln der Herzogthümern Schleswig und Holstein (3 voll., 1846) apparso presso la casa editrice Arnold; Reisen in Dänmark und den Herzogthümer Schleswig und Holstein (3 voll., 1846) presso Brockhaus. Presso Cotta invece pubblica Bemerkungen über die Verhältnisse der deutschen und dänischen Nationalität und Sprache im Herzogthume Schleswig (1847). Cfr. capitolo precedente sulla guerra dello Schleswig-Holstein. 178 Id., Bemerkungen, cit., p. 216. [«Schleswig [ist] ein Übergangsland zwischen Holstein und Dänmark, ein Mittelglied zwischen Scandinavien und Deutschland»]. 289

Holstein, sulla lotta linguistica, sulle questioni politico-giuridiche che sono intrecciate strettamente con la questione del rapporto tra tedeschi e danesi? [...] Là dove si incontra una partecipazione interiore alla tensione dei tedeschi contro gli scandinavi, allora si percepiscono nello stesso tempo dei rimorsi di coscienza cosmopolitici, che non gli lasciano pace»179. Alla base di questi cosiddetti «scrupoli cosmopolitici» c'è il fatto che Kohl pensa che la nazionalità tedesca e quella danese siano imparentate, siano cioè due rami fraterni di un unico ceppo. Il pericolo risiede piuttosto per entrambi nella nazionalità slava e soprattutto nella prospettiva panslavistica, infondata secondo Kohl da un punto di vista geografico e storico. In un'appendice alle Bemerkungen dal titolo Über die scandinavischen Sympathien propone un panscandinavismo da giocare non contro la Germania ma contro la Russia e il panslavismo.

Nel 1848, Kohl tratta ancora una volta il tema del conflitto sul confine settentrionale in uno scritto dal titolo Für eine deutsche Flotte180. L'argomentazione a favore della flotta raccoglie argomenti geografici, storici ed economici e si basa in primo luogo sul bisogno di protezione: il commercio che sta crescendo deve essere protetto. Inoltre ciò consentirebbe di realizzare un'espansione a Nord nello Schlewsig oltre a migliorare la navigazione interna su fiume e quindi il traffico. Anche l'argomentazione di Kohl a favore della flotta tedesca, come quella di Kapp, parte

179 Allgemeine Zeitung, nr. 296B, 23 ottobre 1846, citato in T. Elsenman, J. G. Kohl, cit., p. 92. [«Als wir das Buch des Hrn. Kohl zur Hande nahmen, war unser erster Gedanke: was wird uns der Verfasser über den Gegensatz der Nationalitäten in Schleswig-Holstein sagen, über den nordalbingischen Sprachenkampf, über die staatsrechtlichen Fragen, welche mit den dortigen Verhältnissen des Deutschthums zum Dänenthum verwachsen sind? Hr. Kohl beschäftift sich nur zwar mit allen diesen Dingen, aber augenscheinlich vielmehr dem Leser zuliebe als aus selbstthägigem Interesse an denselbe. Begegnet ihm aber ja einmal daβ ihn eine innere Theilnahme an dem Streben der Deutschen gegen die Skandinavier anwandelt, die ihm keine Ruhe lassen, bis er dem Geist des Weltbürgertums und einer über allen nationalen Armseligkeiten erhabenen Philosophie eine ebenso feierliche als rührende Abbitte gethan»]. 180 Come già si è visto trattando di Kapp, in generale il tema della flotta emerge in primissimo piano anche a causa del conflitto con la Danimarca. Dopo che un governo provvisorio tedesco, appoggiato dalla Paulskirche, viene proclamato a Kiel, nel 1848, le navi danesi cominciano a confiscare le navi commerciali tedesche e il 1 maggio assediano la costa, con l'appoggio della flotta russa nel mar Baltico. 290

dalla posizione centrale della Germania, sul continente e rispetto al mare. L'interesse tedesco non solo è legato strettamente a quello degli Stati che la circondano, ma è anche interconnesso a tutte le acque del continente europeo: il mare del Nord, il mar

Baltico, il mar Adriatico e il Mar Nero attraverso il Danubio. «E una tale terra» si chiede Kohl «che, per così dire, ha ai propri angoli i quattro grandi bacini acquatici non deve essere destinata a essere, prima di tutto, una potenza marina»181. Il commercio marittimo è, in ultima analisi, una continuazione di quello fluviale: chi ha quest'ultimo senza il primo è come se avesse un albero senza la chioma182. In maniera analoga a quanto sostiene Kapp, facendo leva sul traffico una politica naturale deve esaltare la vocazione comunicativa dell'elemento acquatico ed estendere la propria potenza anche sui mari.

181 J. G. Kohl, Die deutsche Kriegsflotte, cit., p. 221. [«Ein solches Land, das jedes der vier groβen Wasserbecken so zu sagen beim Zipfel hat, sollte nicht vorzugsweise zu einer Seemacht bestimmt sein?»]. 182 Ivi, 266. [«Die natürliche Richtung unserer Ströme und die geographische Position, die unser Vaterland zwischen vier Meeren einnimmt, scheint uns den Beruf aufzulegen, in sehr bedeutender Weise an den Seebestrebungen der Völker Antheil zu nehmen»]. 291

292

Conclusione

UNA GEOGRAFIA POLITICA DEL MOVIMENTO STORICO

Alla fine del XIX secolo, il più importante interprete della geografia storica inaugurata da Ritter, cioè Friedrich Ratzel, utilizzerà una serie di concetti, che in questo lavoro si sono studiati nella loro genesi e in relazione alla comunicazione politica, per affermare lo Stato come unico attore capace di ordinare lo spazio mondiale1. Porre in relazione l'analisi fin qui condotta con l'operazione ratzeliana offre innanzitutto la possibilità di seguire le vicissitudini di concetti e termini che per la prima volta vengono utilizzati in una prospettiva geografica nelle opere di Ritter,

Kapp e Kohl. Ciò permette, in secondo luogo, di mostrare l'irriducibilità della complessità e della ricchezza della riflessione di questi autori alla prospettiva geografico-politica di Ratzel2. Attraverso il protagonismo indiscusso della

1 Friedrich Ratzel (1844-1904) studia zoologia a Heidelberg, Jena e Berlin, scrivendo la tesi sulla teoria dell'evoluzione di Darwin nel 1869. Dopo la fine dell'università passa alcuni anni studiando differenti paesi sul Mar Mediterraneo e diventa corrispondente del Kölnische Zeitung. Tra il 1874 e 1875 viaggia in Nordamerica, in Messico e a Cuba, soggiorno che costituisce il suo definitivo avvicinamento alla geografia. Nel 1876 pubblica Städte- und Kulturbilder aus Nordamerika. Nel 1875 diventa professore di geografia alla Technische Hochschule di Monaco. Durante il periodo che trascorre a Monaco pubblica Die Vereinigte Staaten von Amerika, 2 voll, München, Druck und Verlag von R. Oldenburg, 1878-1880 e comincia la pubblicazione della Anthropogeographie, Stuttgart, J. Engelhorn, 1882-1891. Nel 1887 viene chiamato all'Università di Leipzig, dove occupa la cattedra di geografia che era stata di Ferdinand von Richthofen. A Leipzig pubblica le sue opere principali: Politische Geographie oder die Geographie der Staaten, des Verkehrs und des Krieges, München und Leipzig, R. Oldenburg, 1897; Der Staat und sein Boden, Leipzig, S. Hirzel, 1896; Deutschland. Einführung in die Heimatkunde, Berlin, W. de Gruyter & Co., 1898; Die Erde und das Leben. Eine vergleichende Erdkunde, Leipzig, Bibliographisches Institut, 1901-1902. Muore nel 1904. Sulla biografia di Ratzel si veda G. Buttmann, Friedrich Ratzel. Leben und Werk eine deutschen Geographen, 1844-1904,Stuttgart, Wissenschaftliche Verlagsgesellschaft, 1977 e G. H. Müller, Friedrich Ratzel. Naturwissenschaftler, Geograph, Gelehrten. Neue Studien zu Leben und Werk und sein Konzept der Allegemeinen Biogeographie, Stuttgart, Verlag für Geschichte der Naturwissenschaften und der Technik, 1996. 2 Nel libro uscito di recente Patricia Chiantera-Stutte offre una lettura differente rispetto a quella qui proposta in quanto considera come punto di riferimento della geografia di Ritter e Kapp lo Stato nazione, dimensione che Ratzel farebbe esplodere con la sua geografia politica che ha come perno piuttosto che la chiusura, l'espansione. Come si è cercato di mostrare, la statalità non è nei geografi presi in considerazione in questo lavoro una dimensione assunta come data e che sia proprio questa la 293 dimensione statale, la geografia ratzeliana elimina una serie di possibilità interpretative e fa retrocedere una serie di problemi concettuali, problemi e possibilità che risultano di particolare rilievo oggi, nel contesto di una ridefinizione dello spazio globale in quanto irriducibile a logiche organizzative territoriali e di una riscrittura della storia stessa della moderna territorializzazione.

Per mostrare queste possibilità teoriche escluse dell'operazione ratzeliana è in primo luogo necessario soffermarsi su alcuni elementi della geografia politica di

Ratzel. Nella prefazione alla Politische Geographie del 1897, egli riprende la voce Land dello Staatswörterbuch (1881) scritto da Johann Caspar Bluntschli, in cui questi attribuisce a Carl Ritter il merito di aver introdotto l'aspetto politico nella geografia, valorizzando «l'influsso della conformazione del suolo, della fisionomia del paese»3 sulla storia, un aspetto che però attendeva ancora di essere sviluppato all'interno delle scienze dello Stato. Partendo da questa constatazione, Ratzel registra la crescita

- nel ventennio che separa lo Staatswörterbuch dalla Politische Geographie - di una conoscenza quantitativa degli aspetti geografici dello Stato e della cartografia storica e politica4. Eppure «lo sviluppo della geografia politica rimane indietro rispetto ad altri rami della nostra scienza e, d'altra parte, la "scienza politica" non dimostra nessuna traccia di influssi geografici, a parte il fatto che la geografia le fornisce sempre migliori carte, studi regionali, calcoli areali e studi statistici sulla popolazione»5. Quello che manca è un'indagine capace di portare il sapere

ragione della formulazione per la prima volta dello spazio come problema, irriducibile ai suo confini, territoriali o naturali che siano. Si veda P. Chiantera-Stutte, Il pensiero geopolitico. Spazio, potere e imperialismo tra Otto e Novecento, Milano, Carocci, 2014. 3 J. C. Bluntschli, Staatswörterbuch in drei Bänden. Auf Grundlage des Deutschen Staatswörterbuchs von Bluntschli und Brater in elf Bänden, Zürich, F. Schulehess, 1871-1881. 4 Per un'analisi dettagliata del debito di Ratzel nei confronti di Herder e Ritter si veda Johannes Steinmetzler, Die Anthropogeographie Friedrich Ratzels und ihre ideengeschichtlichen Würzeln, Bonn, Steiner, 1956; H. D. Schultz, Herder und Ratzel: zwei Extreme, ein Paradigma?, in «Erdkunde. Archiv für wissenschaftliche Geographie», vol. 52, n. 2, 1998. 5 F. Ratzel, Politische Geographie, cit., p. III. [«Doch ist die Entwicklung der politischen Geographie noch immer hinter der aller anderen Zweige unserer Wissenschaft zurück, und die "politische Wissenschaft" zeigt kaum eine Spur von geographischen Einflüssen, abgesehen davon, daβ die Geographie ihr immer bessere Karten, Länderkunde, Areal- und Volkszahl zur Verfügung stellt»]. Sulla geografia politica di Ratzel si veda: F. Farinelli, Friedrich Ratzel and the nature of (political) 294 geografico-politico al grado di scienza, cioè un'analisi sistematica e comparativa del rapporto tra lo Stato e il suolo [Boden]6. Questo legame, scrive Ratzel, viene ignorato sia dalla scienza dello Stato, sia dalla sociologia, sia dalla storia. Esse trattano lo Stato come se stesse «nell'aria [in der Luft]»7 e intendono il suo rapporto con il suolo in senso giuridico e non geografico, cioè semplicemente come una forma di proprietà fondiaria [Grundbesitz]8. Secondo Ratzel, gli Stati sono invece in prima istanza

«costrutti delimitati spazialmente e posizionati spazialmente, che la scienza può descrivere, misurare, disegnare, comparare»9. A partire da questo assunto, egli propone per la prima volta una geografia politica come scienza, che costituirà la base della successiva geopolitica, termine coniato da Rudolf Kjellen nel 189910. Il contesto di riferimento è ovviamente mutato rispetto a quello dei geografi che sono stati l'oggetto principale di questa tesi, sia perché la tanto agognata unificazione nazionale

geography, in «Political Geography», n. 19, 2000, pp. 943-955; J. M. Hunter, Perspective on Ratzel's Political Geography, Lanham, University Press of America, 1983. 6 Nel suo articolo sulla geografia politica di Ratzel, Farinelli sostiene che egli non rappresenta l'inizio della geografia politica ma la sua fine. Questa interpretazione si basa sulla suddivisione tra una geografia di Stato, quella che nel corso di questo lavoro si è definita geografia statistica, e una geografia borghese, che afferma invece l'articolazione naturale dello spazio per sostenere una differente ragione politica rispetto alla «ragione cartografica»: «in the history of geographic thought, Ratzel's geography of the state represents an alternative to state geography, which, in the middle of the ninetheenth century, arose from the ashes and continued to dominate this discipline until the end of the Second World War» (F. Farinelli, Friedrich Ratzel, cit. , p. 944). 7 F. Ratzel, Politische Geographie, cit., p. IV. 8 Cfr. ivi, p. 149: «das Völkerrecht bezeichnet als das Gebiet eines Staates den Teil der Erde, der der Herrschaft dieses Staates ausschlieβlich unterworfen ist. Das ist nicht so zu verstehen, als ob der Staat das Gebiet als Gegenstandt besitze. Wenn wir vom Staatsgebiet reden, so meinen wir den Staat selbst in seiner räumlicher Begrenzung: eine Änderung des Staatsgebietes ist eine Änderung des Staates selbst». 9 Ivi, p. IV. [«So treten sie als räumlich begrenzte und räumlich gelagerte Gebilde in den Kreis der Erscheinungen, die die Geographie wissenschaftlich beschreiben, messen, zeichnen und vergleichen kann»]. 10 L'espressione «geografia politica» si trova per la prima volta nel 1751 nel Plan d'une ouvrage de geographie politique di Anne-Robert-Jacques Turgot, nel quale tuttavia l'influenza del clima e della natura rimane nell'ambito dell'impatto diretto delle cause fisiche sull'uomo e, in particolare, sulla natura umana. Secondo John Agnew, «it became associated with the formal model of geographical influences on global conflict proposed by the British geographer Halford Mackinder in the early twentieth century in his efforts to promote the field of geography as an aid to the practice of British statecraft» (J. Agnew, Mastering space, cit., p. 1). Il termine ha indicato nel tempo una molteplicità di significati, tuttavia è possibile in linea di massima stabilire una differenza tra geopolitica e geografia politica, nella natura normativa della prima a differenza della seconda che mira a descrivere gli oggettivi rapporti tra gli spazi (Ivi, pp. 3 ss.). Cfr. anche E. Dell'Agnese, Geografia politica critica, cit., in particolare il secondo capitolo Geo-grafie politiche, pp. 33-66. 295

è ormai diventata un fatto compiuto, sia perché la Germania è ormai entrata in una competizione internazionale che segna la fine dell'egemonia mondiale britannica11.

D'altra parte, innegabilmente la geografia di Ratzel si inserisce nel quadro della ricezione dell'evoluzionismo darwiniano in Germania e in questo contesto si colloca la formulazione del concetto di Lebensraum, in cui è implicata la necessaria espansione dell'organismo statale come processo naturale di adattamento e di resistenza alle tendenze centrifughe che lo abitano12.

Quello che qui interessa mettere in luce della teorizzazione ratzeliana è la risemantizzazione di una serie di concetti che hanno costituito l'impalcatura dell'analisi fin qui condotta, alla luce della svolta prodotta da un riferimento forte allo Stato come attore principale della politica spaziale e come principio d'ordine dello spazio mondiale. Una serie di tensioni concettuali dovute alla sovrapposizione parziale o alla tensione tra lo spazio geografico, lo spazio politico, sociale, economico e storico che attraversano la geografia in costruzione di Ritter, Kapp e Kohl ottengono qui una risoluzione epistemologica e direttamente politica nell'orizzonte dello Stato e della sua necessaria espansione. Lo Stato è, per Ratzel, un «fatto geografico [eine geographische Tatsache]» che offre alla geografia la sua base oggettiva.

A partire da questa oggettività, egli presenta in maniera sistematica gli strumenti concettuali necessari a studiarlo, primi fra tutti quello di spazio [Raum] e di posizione

[Lage]. Lo spazio indica puramente un'estensione, è una misura quantitativa. Citando

Kapp, nell'Anthropogeographie Ratzel scrive che lo spazio è una «condizione

11 L'evento che è considerato uno spartiacque tra due epoche differenti della storia degli Stati e delle relazioni internazionali è la Conferenza di Berlino del 1884, in cui le principali potenze europee si spartirono il continente africano. Su questo si veda M. E. Chamberlein, The Scramble for Africa, London, Longman, 1974. 12 Su questo si veda G. H. Müller, Ratzel et la biogéographie en Allemagne dans la duxième moitié du XIX siècle, in «Revue d'histoire des sciences», vol. 45, 1992, pp. 435-452; W. D. Smith, Friedrich Ratzel and the Origin of Lebensraum, in «German Studies Review», vol. 3, n. 1, 1980, pp. 51-68. Smith, in particolare, sottolinea l'aspetto fortemente ideologico del concetto: «Lebensraum legitimized partisan political ideas by tying them together in a respectable scientific framework, and thus became highly attractive to people already inclined to accept German radical conservatism» (ivi, p. 52). 296 dell'evoluzione», non semplicemente una «forma di esistenza»13. Diversamente dall'autore della Philosophische Erdkunde, però, egli nega la possibilità di superare lo spazio attraverso una sua trasfigurazione spirituale: esso è l'insuperabile distanza che ogni movimento dovrà coprire e che agirà senza eccezioni sulla sua intensità e portata. La posizione geografica, invece, «definisce» in termini generali «qualcosa di stabile che appartiene al suolo terrestre nel movimento storico»14. Essa non coincide con un elemento meramente quantitativo, ma è una relazione [Beziehung] che necessita di essere studiata in base a una serie di elementi, naturali e politici, che contribuiscono a determinarne in maniera variabile il valore politico.

Dai concetti fondamentali di spazio e posizione si distingue il suolo [Bonden] che è lo spazio di uno Stato, «su cui la popolazione di questo Stato abita, lavora e si muove»15. Il paese [Land] è lo spazio dello Stato comprendente la dimensione storica, affettiva e legata alla memoria collettiva della comunità nazionale. Il territorio

[Gebiet] indica invece nello specifico l'organizzazione politica del suolo. Lo Stato è un complesso spaziale che si estende non solo orizzontalmente ma anche verticalmente, in altezza e in profondità: la differenza tra il Boden e il Gebiet coincide così con la differenza tra una superficie e un volume.

Tanto la posizione, il cui valore politico non può essere ridotto a valore di scambio, come vorrebbero gli economisti politici, quanto lo spazio, i cui caratteri non posso essere dedotti dalla semplice quantificazione, sono elementi attivi, dinamici, che producono effetti sull'evoluzione storica e sull'organizzazione politica.

Discutendo la formalizzazione geografica proposta da Kohl  che pure dimostra di apprezzare  Ratzel scrive che la geografia non ha a che fare con punti e con linee, ma con spazi «che si chiamino luoghi terrestri, posti o come si vuole e con flussi e

13 Nella Anthropogeographie Ratzel definisce la Philosophische Erdkunde come l'unica opera che affronta in maniera sistematica e filosoficamente completa il tema della Erdkunde (cfr. F. Ratzel, Anthropogeographie, cit., p. 47). 14 F. Ratzel, Politische Geographie, cit., p. 235. [«Die geographische Lage bezeichnet ein dem Erdboden angehöriges Beständige in der geschichtlichen Bewegung»]. 15 Ivi, p. 383. [«In der politischen Geographie tritt uns der Raum eines Staates einmal für sich als Anteil an der Erdoberfläche, dann aber auch als der Boden entgegen, auf dem die Bevölkerung dieses Staates wohnt, arbeitet, sich bewegt»]. 297 fasci»16. La geografia politica ha dunque a che fare con i rapporti e i movimenti all'interno di uno spazio dinamico e attivo. A questo proposito, Ratzel fa riferimento alla Verhältnislehre ritteriana, il cui «senso più profondo [...] è il rapporto spaziale con la totalità terrestre»17. L'interpretazione del significato della dottrina dei rapporti è orientata alla lettura spaziale dello Stato: essendo questo «un pezzo di superficie terrestre», non può essere del tutto separato da ciò che gli sta attorno. Esso è, inoltre, inserito in un movimento storico-universale caratterizzato da «un avvicinamento, un condensarsi, una moltiplicazione dei contatti e dello scambio»18. Anche il commercio mondiale [Welthandel] lavora per rendere la Terra un unico organismo economico, con i differenti paesi come suoi organi, secondo un movimento centralizzatore [eine zentralisierende Bewegung]. Inserito in questa universalità storica ed economica, lo

Stato si presenta come una Befestigung, termine che indica una fortificazione militare, che mira a mantenere la possibilità della sua sopravvivenza come individualità. Non si tratta, però, di una chiusura all'interno di linee di confine tracciate giuridicamente, perché anzi il confine è per Ratzel un «organo periferico» che esprime e manifesta il movimento più che rappresentare una delimitazione19. Il termine Befestigung, perciò, indica sia un radicamento locale sia un'espansione. La risultante della tendenza all'unificazione storica e della Befestigung territoriale è l'aggregazione di spazi statali sempre più ampi, come dimostra il passaggio storico dalle ridotte giurisdizioni medievali ai piccolo Stati territoriali allo Stato nazionale.

L'unificazione avviene o inglobando Stati minori o attraverso il Verkehr che Ratzel definisce per antonomasia Raumbewältiger20. All'interno e all'esterno dello Stato, le vie di comunicazione sono «le reti dei flussi storici sulla Terra [Netzes geschichtlicher

16 F. Ratzel, Anthropogeographie, cit., p. 466. [«mag man sie Erdstellen, Orte oder wie immer nennen, und Strömen oder Bändern»] 17 Id., Politische Geographie, cit., p. 320. [«Der tiefste Sinn des Karl Ritterschen Wortes Verhältnislehre ist Raumverhältnis zum Erdganzen»]. 18 Ibidem. [«Geschichte ist also Näherrücken, Zusammendrängen, Vervielfältigung der Berührungen und des Austausches»]. 19 Nella Politische Geographie si trova la prima trattazione sistematica del concetto di confine. 20 Sul concetto di Verkehr nella Politische Geographie si veda G. A. Hückel, La géographie de la circulation, selon Friedrich Ratzel, in «Annales de Géographie», vol. 15, n. 84, 1906, pp. 401-418. 298

Strömungen]»21: esse sono gli strumenti della fondazione e dell'espansione degli Stati e concorrono in maniera essenziale alla loro organizzazione interna. L'espansione coloniale segue, infatti, le linee commerciali naturali e mira ad appropriarsi dei punti strategici nel contesto del mercato mondiale. Non basta ed è in parte fuorviante, scrive Ratzel, dire, come fanno gli storici, che «ricchezza, potere e cultura» seguono le vie di comunicazione. Dal punto di vista della geografia politica, il ragionamento parte dal suolo e si afferma dunque che «dalle strade del mondo si espande il potere in tutte le direzioni, tenuto insieme dal potere che domina quella specifica strada del mondo»22. Emerge qui chiaramente l'immediata politicità del suolo in relazione al traffico che rende qualsiasi porzione di superficie terrestre uno spazio politico.

L'evidenza di questa compiuta territorializzazione è quanto scrive Ratzel a proposito della Wasserwelt: «non lasciamo il solido suolo quando consideriamo le potenze dell'acqua, perché solo dalla terra l'acqua può essere dominata. Il mare è un terreno politico»23. Ogni sistema fluviale, inoltre, è anche «un'organizzazione naturale per il dominio politico ed economico» che promuove un veloce progresso della sua organizzazione politica24. La leva di questa compiuta territorializzazione è la definizione di qualsiasi presa di possesso di terra come atto già politico, come dimostra il fatto, ad esempio, che il dominio coloniale comincia con uno sfruttamento economico a cui segue un'intensificazione organizzativa grazie al dominio statale. Si tratta, tuttavia, di una dinamica che non ha a che fare solamente con la colonizzazione. Ratzel fa, a questo proposito, l'esempio dello Zollverein che ha anticipato l'espansione politica. I Verkehrsgebiete  dove anche in questo caso Gebiet indica uno spazio politicamente organizzato  crescono e portano poi i confini politici ad adeguarsi a essi25.

21 F. Ratzel, Politische Geographie, cit., p. 20. 22 Ivi, p. 410. [«Der Historiker sagt: Reichtum, Macht und Kultur folgt der Weltstraβe; er meint aber doch, was die Macht betrifft: von der Weltstraβe aus breitet sich die Macht nach allen Seiten aus, zusammengehalten von der Macht, die diese Weltstraβe beherrscht»]. 23 Ivi, p. 585. [«Wir verlassen den festen Boden nicht, wenn wir die Mächte des Wassers ins Auge fassen, denn nur vom Lande her wird das Wasser beherrscht. Das Meer ist ein politischer Boden»]. 24 Ivi, pp. 611-612. 25 cfr. ivi, pp. 150 ss. 299

Il Verkehr è centrale anche per quanto riguarda l'articolazione interna dello Stato, il quale è organizzato geograficamente nella misura in cui coordina il rapporto tra i suoi differenti organi. Questo carattere geografico dipende strettamente dall'organizzazione del Verkehr in quanto, insieme alla divisione del lavoro, crea le condizioni per mettere a valore le differenze locali, garantendo una comunicazione tra i punti politicamente più importanti di uno Stato26. Per sfruttare il potenziale economico e dunque politico del territorio, lo Stato deve agire costituendo organi, parti del territorio che siano strettamente legate all'insieme. Attraverso questa formazione d'organi è lo Stato a costruire, in ultima analisi, il suo Naturgebiet intensificando progressivamente la sua azione organizzativa.

Il carattere organico dello Stato non è dunque dato dal popolo e dalla sua evoluzione, ma indipendentemente da esso a partire dal Boden. Ratzel definisce il

Volk come un corpo vivente [lebendiger Körper] sul suolo immobile [starres Boden], come qualcosa che è in «continuo movimento interno [beständiger innerer

Bewegung]»27. Proprio questo movimento continuo28 rende indispensabile lo Stato come ciò che garantisce la connessione [Zusammenhang] dell'insieme: Lo Stato è «il collegamento del popolo vivente con il suolo immobile»29. In questa visione, è evidente come lo Stato intervenga in maniera nuova per garantire il rapporto tra

Land e Volk, che non è dunque iscritto in specifiche caratteristiche della superficie terrestre o della regione in questione e nemmeno in un processo storico. La prospettiva razteliana va dunque contro una statica sovrapposizione tra Naturgebiet e politisches Gebiet. A questo proposito, egli fa riferimento alla teoria di Ritter dell'individualità storico-naturale delle regioni che non consiste semplicemente nel mostrare ciò che c'è di naturale nel politico, ma nell'indicare più che un dato un processo di individualizzazione e delle forze di individualizzazione, che in Ritter

26 Ivi, p. 19. [«Das Netz der Verkehrswege setzt in den höher entwickelten Staaten jeden Teil mit jedem anderen in Verbindung»]. 27 Ivi, p. 83. [«Die Völker sind in beständiger inneren Bewegung»]. 28 Il popolo, infatti, ha, quello che Ratzel definisce un «bisogno di organizzazione» [Organisationsbedürfnis] (ivi, cit., p. 30). 29 F. Ratzel, Der Staat und sein Boden, cit., p. 6. [«Die Verbindung der lebendigen Volkes mit dem starren Boden»]. 300 sono primariamente quelle del Volksleben, che sono attive anche se non c'è una data corrispondenza tra popoli, Stati e regioni naturali30. Secondo Ratzel, infatti, il grande merito della teoria di Ritter è che essa consente di contrapporre, a coloro che affermano che i Länderindividuen sono in realtà geograficamente variegati e che i sistemi naturali sono composti di molteplici Lebensgebiete, il popolo come l'istanza

«che concentra tutte le disposizioni naturali del suo paese con l'obiettivo dell'evoluzione culturale»31. Il trasferimento sullo Stato del monopolio del potenziale di individualizzazione operato da Ratzel si basa su una decostruzione dell'unità storica del popolo. È inutile, scrive Ratzel, cercare il luogo d'origine di un popolo perché si tratta di una storia fatta di molteplici compenetrazioni, che si tende a considerare come un flusso unificando indebitamente movimenti frammentati e con soggetti multipli32. L'unità nazionale viene ridotta, da fondamento della sovranità, a ideale funzionale alla tenuta della Zusammenhang prodotta dall'organizzazione statale. In questo contesto, il principio di nazionalità che si è affermato nel corso del

XIX secolo è contrario33, secondo Ratzel, allo sviluppo storico che si muove in

30 Cfr. Id., Der Staat und sein Boden, cit. pp. 30 ss. 31 Ivi, p. 30. [«Dem Einwurf, dass die nach Bodenform und Bewässerung unterschiedenen "Länderindividuen" von den Grenzen der Lebensgebiete durchschnitten werden, konnte es das Volk entgegensetzen, das alle die natürlichen Anlagen seines Landes auf das Ziel der Kulturentwicklung zusammenfasst. Mit und durch das Volk wird das Land individualisiert und so entsteht der politisch- geographische Organismus des Staates, der sich sein Naturgebiet schafft»]. 32 Nell'articolo Geschichte, Völkerkunde und historische Perspektive (in «Historische Zeitschrift», vol. 93, n. 1, 1904, pp.1-46), Ratzel critica la suddivisione tra storia e preistoria secondo un argomentazione simile a quella della territorializzazione di qualsiasi rapporto tra uomo e Boden. Ad esempio le ricerche che tanto avevano interessato Ritter dell'origine di un popolo misconoscono il fatto che la scena su cui i popoli si muovono non è sempre la stessa, ma cambia e ha effetti differenti sulla loro evoluzione; inoltre se si va indietro nella Urgeschichte dei popoli non si trova altro che movimenti e compenetrazioni. La continuità della storia è data dal Boden, non dal popolo. 33 Il principio di nazionalità è contrario alla territorialità perché afferma la priorità dell'unione spirituale rispetto a quella territoriale. Esso non si muove in direzione opposta rispetto al progresso verso una maggiore territorialità quando, come è stato nel caso tedesco, viene utilizzato a favore dell'unificazione di un territorio altrimenti diviso, piuttosto che per la divisione di un territorio che è unito in una serie di piccoli spazi. Nel primo caso, però, il principio di nazionalità è già immediatamente unito al fondamento geografico dello Stato. C'è un'ulteriore differenza: mentre il movimento nazionale mira all'unificazione in maniera cosciente e manifesta, c'è un movimeno inconscio, che ricorda quello di Kapp, verso l'unificazione: «questo territorio agisce unificando e consolidando e vince con ciò nel tempo tutte le posizione che un popolo gli può contrapporre» [«dieses Gebiet wirkt aneignend und festhaltend und besiegt damit in der Zeit alle die Wiederstände die ein Volk ihm entgegensetzen möchte»] (F. Ratzel, Politische Geographie, cit., p. 33). 301 direzione di una sempre maggiore territorialità, in quanto afferma la superiorità di un'unità spirituale in generale rispetto al rapporto con il suolo. Nel corso della storia, il rapporto con il Boden infatti si approfondisce, sia per l'espansione sia per l'intensificazione dell'organizzazione politica del Gebiet.

Ratzel, dunque, recepisce alcuni concetti formulati da Ritter, Kapp e Kohl ma li colloca in un differente orizzonte concettuale. Lo Stato è, infatti, ciò a cui sono ricondotte le geografie del traffico e dei movimenti della popolazioni, in quanto conferisce allo spazio dinamico un principio d'ordine. In quest'ottica, non è possibile pensare al rapporto tra uomo e spazio indipendentemente dallo Stato. Land e Staat  separatisi all'inizio dell'Ottocento attraverso l'affermazione della priorità della conformazione geografica e storica del territorio rispetto alle sue suddivisioni politiche  tornano a saldarsi nella prospettiva geografico-politica post-unitaria.

Molto evidentemente è cambiato, ma quello che qui interessa mettere in evidenza è l'indipendenza relativa dei due termini nelle opere geografiche considerate in questo lavoro. Nelle opere di Ritter, Kapp e Kohl non si può parlare propriamente di una geografia politica. In esse, infatti, viene posto in maniera nuova il problema tanto della sconnessione tra Land e Staat, attraverso una teorizzazione originale dello spazio geografico nei suoi caratteri interni, quanto del loro rapporto, considerando le forme in cui il potere politico può adeguarsi alla conformazione geografica e ai movimenti nello spazio per essere efficace. Non si tratta quindi di studiare gli aspetti spaziali dello Stato e la sua politica interna o estera. Ciò che questi geografi consentono di vedere è il modo complesso in cui un assetto politico si rapporta alle caratteristiche geografiche dello spazio non compiutamente territorializzato e alla sua autonoma organizzazione storica, economica e sociale. Si tratta di un'organizzazione tutt'altro che stabile, il cui ordine e la cui disposizione materiale devono essere pensati attraverso un complesso percorso di ricostruzione storica e morfologica, servendosi degli strumenti discorsivi di molte discipline, con il fine di ricostruire un'oggettività intrinseca alle dinamiche spaziali, una direzione in movimenti apparentemente casuali che avvengono nello spazio e una logica nel

302 consolidamento dei rapporti tra ciò che lo riempie. Questi autori non possono essere ridotti all'antefatto genealogico dell'opera di Ratzel, a cui pure offrono una serie di concetti fondamentali. In essi sono presenti temi, problemi, indecisioni terminologiche e concettuali, ipotesi interpretative che poi vengono oscurate dalla saldatura territoriale di geografia e politica. Essi consentono, così, di entrare nel laboratorio di produzione di concetti e discorsi alimentato dalla sconnessione tra

Staat e Land, cioè dalla non ovvietà del legame né giuridico né geografico tra Stato e territorio.

Per indagare il nuovo modo di pensare lo spazio proposto da Ritter, Kapp e Kohl bisogna considerare, nel contempo, il processo di costituzione della disciplina geografica e la sua parziale e difficile istituzionalizzazione. Il profondo inserimento di Ritter nelle principali istituzioni scientifiche di Berlino sembra essere un caso eccezionale che non ha un seguito immediato. Né Kapp né Kohl occupano posizioni di particolare rilievo istituzionale, benché il secondo ottenga una certa notorietà per la sua attività pubblicistica. Come l'aspirazione riconoscibile nella Erdkunde ritteriana verso un ideale di scienza universale, così la biografia intellettuale di entrambi consente di mostrare quanto l'indagine geografica fosse intrecciata con altri ambiti di ricerca: dalla storia all'etnologia, dalla filologia al dibattito sulla costituzione alla filosofia della tecnica. Non solo perché gli autori presi in considerazione si occupano anche di altri temi, oltre a quelli geografici, ma anche perché il problema geografico che sono intenti a formulare richiede, per la sua novità, l'utilizzo di strategie discorsive e di strumenti metaforici tratti dal bagaglio semantico di altre discipline.

Eppure, nella sovrapposizione con altri ambiti disciplinari, è comunque riconoscibile uno sforzo in direzione della costruzione di un'autonomia disciplinare della geografia.

Dal punto di vista della comunicazione politica bisogna innanzitutto registrare un'indeterminatezza semantica dei termini che vengono utilizzati per descrivere lo spazio, prima di quell'operazione di precisa definizione terminologica realizzata da

Ratzel. Il termine Raum è solo uno dei tanti utilizzati per descrivere lo spazio

303 geografico e non è il più frequente. Accanto a esso vi sono indicazioni più determinate di localizzazione come Stelle, Ort, Örtlichkeit, Localität ma anche termini generali come Boden, Gebiet, Terrain, Landschaft, Land ma anche Erdoberfläche. A queste si accompagnano le indicazioni di posizione: Lage, Stellung, Position, in cui la prima ha un significato più quantitativo ma non viene interamente distinta dalla posizione in un insieme ordinato indicata dal termine Stellung. Inoltre, benché l'idea di una

Erdkunde acquisti uno specifico significato filosofico grazie a Ritter, spesso Erdkunde e

Geographie vengono utilizzate in maniera intercambiabile. Un'analoga polisemia caratterizza il concetto di Verhältnis di cui si è dimostrata la centralità nelle opere prese in considerazione, a partire dalla definizione di Ritter della Erdkunde come

Verhältnislehre, cioè «dottrina dei rapporti». Il termine Verhältnis è utilizzato sia per indicare una proporzione matematica sia per designare la configurazione esteriore di un rapporto tra due oggetti, che apre il campo a un'analisi qualitativa degli oggetti in questione e del rapporto stesso. Quest'analisi viene condotta caricando il rapporto di determinazioni che superano la contiguità in direzione di un'interazione

[Wechselwirkung], di un rapporto causale o di un'integrazione funzionale. Così, dalla semplice descrizione della disposizione degli oggetti nello spazio, l'idea di rapporto costituisce la leva a partire dalla quale vengono definite le logiche interne allo spazio e ai suoi movimenti.

Proprio in questa polisemia il concetto di rapporto è la chiave per accedere al nuovo problema che si presenta a una descrizione geografica. Porre il rapporto al centro della geografia, come fa Ritter, significa inaugurare un'indagine che non considera la localizzazione nello spazio come qualcosa di dato, ma che studia la logica della disposizione spaziale a partire dal movimento degli oggetti nello spazio e dalla conseguente differenziazione delle porzioni della superficie terrestre.

Considerare l'organizzazione spaziale a partire dagli oggetti che si muovono nello spazio significa, nello specifico, studiare la conformazione geografica della Terra in rapporto all'uomo e alla sua attività. Non si tratta, però, come nella precedente teoria dei climi, di studiare l'influenza che la composizione e la temperatura dell'aria hanno

304 sull'individuo, né di collocare una volta per tutte gli uomini in una fascia climatica, in una categoria della storia naturale o in un confine giurisdizionale. L'obiettivo è, piuttosto, lo studio dei movimento storici dei popoli e delle loro modalità di organizzarsi in un determinato ambiente con due finalità: in primo luogo, considerare l'influenza dell'ambiente sull'evoluzione storica studiando questo ambiente a partire dagli ostacoli che pone, dai vantaggi che offre, dai canali che appresta per il movimento dei popoli; in secondo luogo, indagare l'effetto del fattore umano nella costruzione di differenti regioni storico-naturali. In quest'ottica, l'Erdkunde mira a dare un fondamento oggettivo al movimento storico, riconoscendo quelle logiche al suo interno che dimostrano come non casuale e irrelato ciò che si dispiega sulla superficie terrestre. Per quanto impegnata nel sottrarsi al ruolo di

Hilfswissenschaft della storia e nel costruire una propria autonomia, il problema che la

Erdkunde ha di fronte nel momento della sua prima formulazione non è così diverso da quello affrontato contemporaneamente dalla storia, analogamente impegnata in un processo di definizione disciplinare. Si pensi al concetto di oggettività storica proposto da Leopold von Ranke34. Si tratta di un'oggettività che deve essere sì tratta dalle narrazioni del passato, attraverso un attenta critica storico-filologica delle fonti, ma non coincide con esse. La Vergegenwärtigung che Ranke indica come il risultato della ricerca storica è un termine che ricorre anche in Ritter e rimanda appunto alla costruzione di un'oggettività del movimento storico in un determinato assetto storico-spaziale, che di questa oggettività costituisce il terreno e la prova. È questo il senso dell'affermazione kappiana secondo cui il salto di qualità della geografia contemporanea consiste nella semplice constatazione che «l'America è là». Il fatto di considerare i rapporti tra gli oggetti è, inoltre, una parte costitutiva della definizione rankiana di oggettività, come indagine sulle condizioni, sulle strutture e sulle leggi

34 Sul concetto di oggettività in Leopold von Ranke si veda R. Vierhaus, Rankes Begriff der historischen Objektivität, cit. «Daβ allerdings jede geschichtliche Erscheinung in ihren temporalen, sozialen und kulturellen Zusammenhängen erfaβt und dargestellt werden müsse, galt auch ihm als selbstverständlich. Daher die zentrale Bedeutung, die er dem Problem der Relation zwischen Allgemeinen und Besonderem zumaβ, daher das Interesse an dem Aufweis von Kontinuität, daher die  wenngleich sachlich begrenzte  Aufmerksamkeit auf Konstellationen, Situationen, Beziehungen» (Ivi, p. 73). 305 all'interno delle quali l'evento singolo assume un senso e che lo rendono oggettivo.

La stessa definizione hegeliana di Wirklichkeit riconosce nel rapporto tra i singoli elementi e l'insieme la caratteristica principale del concreto rispetto all'astratto. Tanto nell'indagine storica quanto in quella geografica il fenomeno non emerge nella sua singolare contingenza ma in un complesso, storico o spaziale, con cui è in rapporto e che gli dà un senso. Il paragone che si è tracciato tra il concetto di individualità geografica e quello di epoca è indicativo in questo senso, al di là della più immediata e sicuramente valida omologia tra individualità geografica e individualità del popolo. È certamente vero che Ritter formula il concetto di individualità storico- naturale a partire dall'idea herderiana di individualità del popolo e che il popolo è ciò che storicamente contribuisce a conferire un carattere alle porzioni dello spazio, elemento in cui emerge la profonda diversità rispetto a Ratzel. Come dimostra il dibattito con Julius Fröbel e anche l'indecisione terminologica di Ritter tra la categoria di Individuum e quella di System per indicare l'intensificazione di rapporti che differenzia una regione da un'altra, il principio interiore di evoluzione del popolo non è sufficiente a rendere conto della differenziazione nello spazio. Il problema dell'unità rimane per molti versi un problema aperto. Una volta riconosciuta l'insufficienza di suddivisioni estrinseche rispetto all'unitarietà di un sistema fluviale, ad esempio, ci si scontra con una serie di movimenti storici che ne mettono costantemente in discussione l'individualità già data e, d'altra parte, il fiume  non a caso l'attenzione viene concentrata sulle vie e gli strumenti di comunicazione  è una forza attiva nel produrre un'unificazione che cresce nel tempo. Questa crescita ha a che fare con l'integrazione e la sistematizzazione di una serie di fattori esogeni che pongono lo spazio in questione in rapporto con tutto ciò che lo circonda.

In questo contesto si inserisce l'importanza di studiare i movimenti delle popolazione: non si tratta solo di considerare il popolo come una pianta che cresca in un suolo  metafora herderiana utilizzata di frequente da Ritter  ma anche come si disponga ex novo nello spazio, come utilizzi le risorse di un determinato luogo, come si rapporti con altri popoli e in base a ciò cambi le sue caratteristiche, oppure come si

306 consolidi nella sua specificità. Nello sforzo verso la costruzione di un'oggettività geografica si intrecciano così considerazioni endogene ed esogene di sviluppo, che danno il via a indagini tanto sulla genesi nella lunga durata di determinate configurazioni storico-geografiche, quanto sulle forme e sulle modalità dell'integrazione funzionale di un determinato sistema. La prospettiva geografica, dunque, come poi dimostrano le opere di Kapp e Kohl, contiene, accanto all'aspetto storico-evolutivo, quello dell'organizzazione spaziale dell'individualità, un'organizzazione che oltre a un'indagine genetica richiede anche una spiegazione delle dinamiche che producono l'integrazione delle singole parti.

Pensare lo spazio a partire dal movimento delle popolazioni e, in generale, dell'attività umana produce uno studio degli ostacoli che pone a questo movimento, delle strade che offre e dei vantaggi che produce, al di là di una considerazione sia climatica sia relativa alla produttività del terreno. A partire da qui e dallo studio storico-evolutivo si afferma sia la localizzazione storica di determinati popoli, sia l'impossibilità di comprendere questa localizzazione a partire da confini lineari. I confini naturali, del resto, devono essere indagati nel loro effetto in base al movimento delle popolazioni. In questo contesto, si può dire che  anche se il termine Umwelt non si è ancora affermato  per la prima volta viene pensato il concetto di ambiente in cui gli uomini si muovono come popoli e inseriti in determinate forme di associazione. Si tratta di un ambiente che, più che determinare fisicamente, impone delle direzioni al movimento e conferisce allo stabilirsi dei popoli certe forme.

In Ritter lo studio delle migrazioni si collega alla contemporanea indagine sulla provenienza del ceppo indoeuropeo dall'Asia, inaugurata grazie allo studio della lingua sanscrita. A partire da questa indagine, egli costruisce una narrazione geografica universale, che viene ripresa, come abbiamo visto, da Hegel, del percorso della storia da Oriente a Occidente, dove l'Europa è il centro del mondo, è «il mercato» dove si stabiliscono i valori di tutti gli spazi, non ultimo perché, data la sua centralità e la varietà della sua fisionomia, favorisce la comunicazione interna ed

307 esterna. L'indagine sul valore relativo delle porzioni dello spazio, all'incrocio tra geografia e storia, viene sviluppato da Kapp e Kohl nell'intreccio tra ricostruzione genetica e analisi dell'integrazione funzionale. Si pensi ad esempio ai «mondi storici» di Kapp in cui, a una definizione storico-filosofica di mondo come individualità, si combina una considerazione della specifica articolazione spaziale di questi assetti storici, a partire dal differente rapporto che essi hanno avuto con l'acqua. D'altra parte, anche nello studio delle migrazioni di Kohl, l'indagine storica della genesi di determinate configurazioni spaziali si combina e sovrappone con lo studio sugli strumenti di adattamento e di organizzazione all'interno di un determinato ambiente geografico.

Emerge così il problema nuovo dell'organizzazione interna dello spazio, una volta che questo sia stato liberato dalla sua determinazione solo politica e che apre nel contempo un discorso sul futuro e sulla trasformabilità dello spazio stesso. Nei geografi considerati in questa ricerca, il problema dell'organizzazione dello spazio si costituisce anche attraverso una traduzione di concetti temporali in concetti spaziali che è di grande interesse per la comunicazione politica. Innanzitutto, il progresso storico non viene solo rappresentato come un percorso dello spirito dall'Asia all'Europa, ma come un'intensificazione delle comunicazioni che si configura sia come un'estensione dei rapporti tra gli spazi, sia come una trasformazione della qualità dell'organizzazione spaziale nel segno di una maggiore integrazione dell'insieme. In senso analogo, la civiltà diventa una figura spaziale in cui il movimento è favorito e le comunicazioni assicurate, mentre la barbarie  come palude o deserto  indica la difficoltà di attraversamento. D'altra parte, l'isolamento diventa indice dell'assenza di storia, tanto che Kapp può definire la cultura come un superamento dello spazio, nella misura in cui abbatte il radicamento in un singolo luogo costruendo uno spazio di comunicazione e di traffico. Lo spirito è, in questo senso, definito come «movimento non impedito» e come comunicazione. Per indicare il modo in cui, come l'anima nel corpo, interviene come movimento storico in un terreno, esso viene paragonato a un liquido, a un flusso che attraversa seguendo i

308 canali naturali  le vie di comunicazione  il corpo di un paese. In questa logica di connessione e movimento, l'acqua emerge, sia metaforicamente sia concretamente, come elemento geografico di importanza pari rispetto alla Terra. Essa non è compiutamente territorializzata, sia nella sua forma marina sia fluviale, ma è il principale strumento di connessione e dunque di progresso. Tanto i mari quanto i fiumi sono catalizzatori di storia in quanto favoriscono le comunicazione e sono dunque una delle leve principali dell'organizzazione dello spazio. L'acqua dimostra che in questa traduzione spaziale dei concetti storici è presente una tensione tra una tendenza all'unificazione globale  permessa proprio dall'attraversabilità delle acque e dalla funzione mediatrice degli oceani  e la differenziazione organizzativa spaziale che proprio nelle coste e nei corsi d'acqua trova dei principi di centralizzazione di determinati sistemi storici, che assumono così una loro individualità.

Da quest'insieme di problemi deriva l'importanza decisiva del Verkehr, del traffico e della circolazione, ma anche della tecnica come effettivi strumenti del progresso storico. Per la prima volta, i fenomeni del traffico diventano oggetto della considerazione geografica, in quanto insieme di fenomeni con determinate leggi, che hanno delle regolarità che possono essere considerate solo studiando una serie di rapporti che intercorrono tra gli oggetti e non singole porzioni della superficie terrestre. A questo proposito, è interessante fare un paragone con il doux commerce settecentesco: anche il questo caso, infatti, il commercio ha un legame con la progressiva civilizzazione di tutto il mondo, grazie al funzionamento della logica dell'interesse35. Il concetto di commercio è quindi polisemico, perché indica lo scambio in senso stretto ma anche un intercorso sociale. Se Kapp, collegandosi a

Ritter, abbraccia e traduce in senso tecnico il potenziale di unificazione del mondo e di compressione spazio-temporale inaugurato dal traffico, in Kohl è invece evidente come la crescente organizzazione del traffico non produce uno spazio omogeneo ma

35 Su questo si veda A. O. Hirschmann, Le passioni e gli interessi. Argomenti politici in favore del capitalismo prima del suo trionfo, Milano, Feltrinelli, 2011 e C. Galli, Spazi politici: l'età moderna e l'età globale, Bologna, Il Mulino, 2001, pp. 82-86. Sulla specifica lettura kantiana del doux commerce mi permetto di rimandare al mio saggio I. Consolati, La splendida miseria. Kant e la civiltà coloniale, in «Filosofia Politica», vol. 27, n. 3, 2013, pp. 479-498. 309 piuttosto delle specifiche differenze spaziali, analoghe al rapporto tra madrepatria e colonie. In questo senso, all'idea di un superamento dei limiti spaziali si accompagna quello dello spazio come campo di forza dotato di differenti polarizzazioni, di un centro, di periferie, di zone di passaggio. L'idea di polarizzazione consente di unificare in uno stesso contesto tanto la profondità storica del popolo, nella sua specifica genesi che risale nella lunga durata, quanto la prospettiva di una realizzazione futura di questa unità storica attraverso un'integrazione sempre maggiore delle singole porzioni.

Alla luce della logica geografica del movimento storico è possibile, infine, interpretare i testi politici di Kapp e Kohl, e dunque indagare il campo il cui la concettualizzazione geografica diventa direttamente comunicazione politica, inserendoli nella più ampia critica del liberalismo tedesco alla politica assolutistica e al sistema cetuale e nel contesto della peculiare combinazione tra liberalismo e nazionalismo che è propria del movimento liberale tedesco. L'oggettività storica in movimento a cui si è fatto riferimento, nella sua dimensione genetica e funzionale, è ciò che la politica deve considerare per poter essere efficace. Si tratta di un movimento interno allo Stato che non può e non deve essere arrestato ma deve essere mantenuto in determinati canali e limitato nei suoi effetti. L'idea del rapporto tra gli spazi e di movimento che è presente nei geografi qui analizzati si combina con un'idea di governo amministrativo del territorio in direzione di un'integrazione sempre maggiore che indirizzi il movimento sociale ed economico in senso centripeto, costituendo uno spazio di libera circolazione. Questa pratica corrisponde al moderno concetto di amministrazione come attività che non impedisce il movimento ma che ne limita gli effetti disgregativi indirizzandolo. La prospettiva geografica consente di mettere in primo piano la mediazione amministrativa in quanto essa si mostra proprio all'incrocio tra sfere differenti: tra i confini economici dello Zollverein, quelli politici dei singoli Stati e del Deutscher Bund, quelli globali del traffico mondiale e infine i confini storici e culturali di una nazione tedesca che si pretende che sia, da un lato, un'unità già data, dall'altro, un'unità da realizzare.

310

Sia Kapp sia Kohl muovono una critica alla «politica artificiale», definita da Kohl come una politica che «domina arbitrariamente» [willkürlich gebietend], cioè pretende di produrre un ordine secondo una razionalità estrinseca. Questa artificialità ha varie facce. Per entrambi, essa comprende quei privilegi propri della società per ceti che impediscono l'ordinamento funzionale in base alle professioni e, d'altra parte, quelle politiche economiche che rientrano sotto la categoria di mercantilismo e che impediscono il traffico e la libera circolazione all'interno dello Stato. Nel contempo, l'artificialità non è solo quella del sistema cetuale ma anche della razionalità amministrativa centralizzatrice che caratterizza la politica francese. La suddivisione amministrativa francese, ad esempio, tagliando geometricamente lo spazio è criticata come artificio che sacrifica l'articolazione interna a favore della razionalizzazione.

In Kapp è più accentuata, a ridosso della rivoluzione del 1848, la causa dell'unificazione nazionale che viene combinata con il liberalismo proprio a partire dal riconoscimento del movimento oggettivo della società e della necessità di incanalarne il movimento in percorsi costituzionali36 e di limitare gli esiti disgregativi della rivoluzione. Il problema che si presenta nel dibattito costituzionale è, infatti, come arrestare la rivoluzione che rischia di travolgere lo Stato: per Kapp essa è la vera cura dell'organismo statale che ne garantisce la tenuta di fronte ad artifici che prosciugano la sua linfa vitale. Si tratta di porre l'accento su quelle misure capaci di ravvivare tutto l'insieme apprestando la cura alla malattia segnalata dalla rivoluzione. Uno di questi strumenti è il riconoscimento politico del quarto stato, porzione funzionalmente indispensabile della società, che non può essere dunque esclusa in quanto fa parte del corpo sociale e del suo movimento. Se si considerano le

«regole costituzionali» di Kapp, che riguardano l'integrazione funzionale dei corpi dello Stato, il ricambio metabolico attraverso il lavoro e la periodicità, è evidente che la tenuta costituzionale poggia sulla riduzione, grazie all'amministrazione, del

36 «La rivoluzione poteva e doveva essere accettata nei suoi contenuti e principi fondamentali, ma a condizione che da essa non scaturisse un movimento di generalizzata e continua rimessa in discussione dei suoi poteri costituiti» (M. Fioravanti, Costituzione, Bologna, Il Mulino,1999, pp. 130- 131). 311 movimento incontrollato a una circolazione di merci, persone e intelligenza in uno spazio di interazione, in cui il movimento scorre esclusivamente all'interno di certi canali.

Secondo una posizione tipica del discorso liberale tedesco, nell'opera di Kapp l'unità del popolo viene fatta valere contro le suddivisioni cetuali come diretto oggetto e referente del potere politico37. Se il Volk costituisce la base dell'unità, l'attuazione dell'unificazione è un processo aperto al futuro, un processo in ultima analisi di integrazione progressiva degli spazi. Il discorso politico reso possibile dalla prospettiva geografica non è dunque solo lo sfondo «ideologico» che legittima il movimento verso l'unità nazionale, ma fornisce anche un sapere sull'organizzazione istituzionale dello Stato. La stessa unità del popolo, del resto, è sì la base inconscia e il modello di partenza, ma essendo storica, come dimostra la Erdkunde grazie alla ricostruzione non solo dell'influenza della ambiente sulla costituzione del popolo, ma anche del popolo sulla costituzione del territorio, è frutto di uno sviluppo nel tempo che deve essere assecondato e a cui la politica deve adeguarsi. L'argomentazione geografica viene dunque utilizzata nella comunicazione politica per tenere insieme il passato della nazione in quanto unità etnica, con il futuro della nazione in quanto

Stato unitario con una specifica organizzazione costituzionale.

Anche in Kohl è evidente la contrapposizione tra politica artificiale e politica adeguata alla geografia del movimento storico. L'assetto spaziale delle società umane ha una sua necessaria configurazione dovuta al rapporto con determinate differenze naturali in riferimento al traffico. Rispetto a queste, la politica artificiale è arbitraria proprio perché non sa leggere l'ordine geografico degli spazi iscritto nella superficie terrestre e risultato di un lunghissimo movimento storico dei popoli. La nuova politica deve seguire «gli effetti muti e nascosti del traffico»38. In questa contrapposizione tra natura e artificio il traffico, benché sia un fenomeno storico, viene oggettivato e considerato in primo luogo nella sua articolazione spaziale, come

37 Cfr. P. Schiera, Nuovi elementi di statualità nell'Ottocento, in A. De Benedictis, a cura di, Costruire lo Stato, costruire la storia. Politica e moderno tra '800 e '900, Bologna, Clueb, 2003, pp. 11-29. 38 J. G. Kohl, Der Verkehr, cit., p. 589. 312 movimento che automaticamente si sviluppa in accordo con la natura dell'ambiente e che contribuisce, in una lunga durata e senza un piano consapevole, a costruire un sistema integrato di reti e insediamenti, se non viene impedito. Nell'analisi che Kohl propone dei sistemi fluviali è evidente lo specifico equilibrio tra indagine genetica e indagine funzionale che caratterizza la geografia di questo periodo di transizione.

L'organizzazione spaziale delle popolazioni lungo il sistema fluviale viene ricondotta alla lunga durata delle migrazioni dei popoli: la logica di questa disposizione dipende da un tempo che precede la nascita dell'artificialità politica. A questa disposizione che risponde solo alla logica del traffico deve adeguarsi l'attività amministrativa razionale e coordinata dello Stato, per rimuovere quei limiti che impediscono il traffico e per garantirne l'indisturbato fluire. D'altra parte viene evidenziata nello studio delle città la particolare curvatura che la costituzione di un centro impone a uno spazio, promuovendone un'organizzazione artificiale. Il preciso compito della scienza geografica è quello di mostrare l'oggettiva naturalità di questa logica e il collegamento con la profondità storica, limitandone l'autonomia tecnica. In questo modo, la geografia costituisce l'antefatto di una pratica amministrativa che non si rivolge alla trasformazione della società, ma alla sua tenuta rispettando le leggi storiche che regolano lo spazio della circolazione.

Negli autori che hanno costituito l'oggetto di questa ricerca, dunque, si può parlare di una geografia del movimento storico nella quale il processo di unificazione e differenziazione degli spazi viene presentato non come il risultato dell'azione dello

Stato, ma come problema aperto in cui intervengono differenti forze storiche, sociali, culturali e politiche. L'orizzonte di questo problema aperto è globale, non solo perché si riconosce per la prima volta l'effettiva unificazione del mondo attraverso il commercio, ma anche perché si pone il problema del rapporto di ciascuna porzione dello spazio con l'unità terrestre. Nelle opere di Ritter, Kapp e Kohl si trova dunque un'anticipazione di alcuni elementi concettuali e terminologici che sono indispensabili oggi per pensare al movimento interno allo spazio globale.

Quest'ultimo viene concettualizzato nelle loro opere non solo come orizzonte di

313 unificazione, ma anche nella complessità delle sue interne differenziazioni funzionali. In esse, inoltre, emerge in primo piano il ruolo della mediazione amministrativa che complica l'idea dello Stato come detentore del controllo giuridico sul territorio, introducendo il problema delle molteplici pratiche di governo che consentono allo Stato di mettere in pratica la sovranità, come dimostra il riferimento alla colonizzazione interna ed esterna, come estensione del potere di uno Stato in un orizzonte in cui questo non occupa tutti gli spazi.

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