I Vespri Siciliani in Portogallo (1857-1863): Recezione Verdiana E Rifiuto Della Storia Nazionale
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I Vespri siciliani in Portogallo (1857-1863): recezione verdiana e rifiuto della storia nazionale Luísa Cymbron (CESEM-Universidade Nova de Lisboa) Il 12 marzo 1857 andò in scena al Teatro S. Carlos di Lisbona, in traduzione italiana, il grand opéra che Verdi aveva scritto per l’Académie Imperiale de Musique: I Vespri siciliani. Verdi era in quegli anni, secondo le parole di un critico, «il maestro prediletto della società lisbonense»1 e infatti la maggior parte delle stagioni del teatro italiano della capitale portoghese, a partire da quella del 1853-54, si aprirono con una delle sue opere. Inoltre, nel corso del decennio 1850-60, i ruoli dei due principali teatri portoghesi – il S. Carlos di Lisbona e il S. João di Oporto – si invertirono: se durante gli anni Quaranta le opere di Verdi arrivavano a Oporto dopo essere state presentate a Lisbona, adesso gli impresari del S. João cercavano di anticipare la capitale ricorrendo il più delle volte a versioni ‘pirata’ (orchestrate da musicisti locali sulla base di spartiti per canto e pianoforte) o a quelle che, per adattarsi alla censura dei diversi stati della penisola italiana, avevano subito modifiche nell’ambientazione, trasferendo l’azione in scenari geografici e temporali diversi.2 A Lisbona si cercava invece di presentare le versioni originali, il che comportava un po’ di ritardo nelle prime: delle dieci opere di Verdi che avevano debuttato negli anni Cinquanta, cinque erano state ascoltate al S. João prima che al S. Carlos e due, Stiffelio e L’assedio di Arlem (la versione censurata di La battaglia di Legnano), non erano mai state rappresentate a Lisbona. In quest’ultima città la vita intellettuale e giornalistica tipica di una capitale permetteva un confronto di idee che si rifletteva anche nella recezione verdiana. Alcuni musicisti e critici, riprendendo ciò che leggevano nella stampa internazionale, si pronunciavano sulle scelte estetiche operate dal compositore nelle sue nuove opere. È il caso, ad esempio, del pianista e futuro concertatore del S. Carlos Emílio Lami che così commentava le ultime produzioni verdiane: La partitura della Traviata è l'argomento più potente che si può presentare contro coloro che accusano Verdi di mancanza di melodie; [...] La musica della Traviata è filosofica; Verdi mette da parte tutto ciò che vi era di vecchio nella forma e nello sviluppo dei brani; ha lasciato il tran-tran delle tradizioni, e la sua musica, invece che convenzionale [...], è diventata logica e ragionevole. È questo uno dei più importanti miglioramenti che l’arte deve al celebre compositore. Non è solo la Traviata, ci sono anche Luisa Miller, Trovatore e soprattutto Rigoletto a servire da modello per i compositori che si vogliano allontanare dalla convenzionalità.3 1 «A Chronica dos theatros», 16 ottobre 1861. 2 Si veda L. CYMBRON, A produção e recepção das óperas de Verdi em Portugal no século XIX com alluma notas sobre a relação do compositor com o nosso país in Verdi em Portugal 1843-2001. Esposição comemorativa do centenário da morte do compositor, Lisboa, Biblioteca Nacional-Teatro Nacional de S. Carlos, 2001, pp. 29-30 3 «A partitura da Traviata é o mais poderoso argumento que se pode apresentar contra os que acusam Verdi de falta de melodias; [...] A musica da Traviata é filosófica; Verdi pôs de parte tudo o que havia de velho na forma e no desenvolvimento dos trechos; saiu do ram-ram das tradições, e a sua música, em vez de ser convencional [...] tornou-se lógica e razoável. É este um dos mais importantes melhoramentos que a arte deve ao celebre compositor. Não é só a Traviata; ai estão Luiza Miller, Trovatore, e especialmente Rigoletto para servirem de 93 In questo brano troviamo alcuni elementi chiave per la comprensione della recezione critica di Verdi in Portogallo: il ‘melodismo’ contrapposto al ruolo dell’orchestra (vista come una traccia dell’influenza germanica), il concetto di ‘musica filosofica’ nel senso della ricerca di una più stretta relazione tra testo e musica e di una più grande elaborazione orchestrale, e infine l’opposizione tra ciò che si potrebbe considerare un’architettura convenzionale del dramma per musica, con una struttura in numeri chiusi, e un’altra più ‘logica’ e moderna, cioè oggetto di un pensiero e di un’organizzazione molto più flessibili. Nella stagione 1855 il S. Carlos passa ad essere gestito direttamente dallo Stato e fino al 1860, quando ritornerà nelle mani di un impresario, vi è un notevole investimento nella contrattazione di cantanti di cartello. In questi anni arrivano le ultime opere della carriera commerciale di Verdi che vengono cantate spesso da interpreti di fama internazionale, alcuni dei quali molto vicini al compositore. Dopo la prima di I Vespri siciliani è il turno, nel 1860, di quella di Un ballo in maschera, la qual cosa rende Lisbona la prima capitale al di fuori d’Italia ad aver ascoltato quest’opera. L’anno successivo è la volta di Simon Boccanegra, mentre La forza avrebbe esordito a Lisbona solo quattro anni dopo la prima milanese del 1869. *** Quando ebbe luogo la prima dei Vespri siciliani al Teatro di S. Carlos, la stagione del 1856- 1857 volgeva al termine. Alcuni cantanti erano stanchi e malati e questo si riflesse nell’insoddisfacente risultato della rappresentazione.4 In verità l’impresario aveva fatto un particolare sforzo soprattutto per quanto riguarda la messa in scena: il giornale A Civilização affermava, infatti, che i costumi erano molto ricchi e che gli scenografi Giuseppe Rambois e Achille Cinatti avevano presentato in quest’opera la loro unica creazione interessante di tutta la stagione.5 Benché qualcuno avesse fatto circolare la notizia che i balletti riprendevano quelli della prima parigina, anch’essi non convinsero.6 Trattandosi del periodo in cui la gestione del S. Carlos era affidata ad un commissario del Governo, la stampa, cercando di esercitare una funzione di controllo, commentava spesso le scelte operate dal teatro ospitando, ad esempio, molte discussioni in merito al rinnovo o meno dei contratti di alcuni cantanti.7 Sembrerebbe comunque che a partire dalla terza recita si registrò un sensibile miglioramento nelle interpretazioni e che l’opera cominciò ad essere sempre più apprezzata dal pubblico.8 Un giornale commentò, subito dopo la prima, che «per quanto riguarda lo stile di questa partitura nella quale Verdi ha voluto essere eclettico, e forse fare tentativi per i quali molti non gli esprimono i loro elogi, essa sembra non essere piaciuta molto al nostro pubblico, anche per essere più ricca di armonie che di melodie. Eppure, questa è un’opera che ha bellissimi passaggi e cori maestosi, d’innovazione, i quali saranno certamente molto modelo aos compositores que se quiserem afastar do convencionalismo», E. LAMI, «O Trovador», 31 ottobre 1855. Si veda anche M. V. de CARVALHO, «Pensar é morrer» ou o Teatro de S. Carlos na mudança de sistemas sociocomunicativos desde fins do séc. XVIII aos nossos dias. Lisboa, Imprensa Nacional – Casa da Moeda, 1993, p. 116. 4 «Jornal do commercio», 14 e 17 marzo 1857 e «A Civilização», 8 marzo 1857. 5 «A Civilização», 14 marzo 1857. 6 «Jornal do commercio» e «A Civilização», 14 marzo 1857; «O Português», 18 marzo 1857. 7 «Jornal do commercio», 12 marzo 1857. 8 Giuseppe Beneventano, nel ruolo di Monforte, veniva elogiato senza riserve e le interpretazioni di Teresa De Giuli Borsi e di Neri Baraldi finirono per essere accettate nel corso del tempo. Si veda «A Civilização», 21 e 24 marzo 1857. 94 applauditi in futuro».9 Il pubblico, o alcuni dei suoi settori, era ancora riluttante ad accettare la nuova estetica verdiana, anche se il fatto che i negozi di musica avessero annunciato subito la vendita di molti numeri sciolti dell’opera e della partitura completa con il testo in francese o in italiano, sembrerebbe indicare che ci si aspettava che, prima o poi, avrebbe finito per apprezzarla.10 Il vero e proprio successo dei Vespri si sarebbe comunque registrato l’anno seguente. La stagione 1857-1858 riunì infatti un gruppo di cantanti di richiamo: Fortunata Tedesco, che a quanto pare non aveva mai cantato prima quest’opera, Settimio Malvezzi, e di nuovo, Beneventano. Questa volta la critica fu unanime nell’affermare che raramente si era ascoltata nel S. Carlos un’opera così ben cantata e messa in scena.11 Tedesco l’avrebbe cantata di nuovo nel 1860 e nel 1863, legando il successo dei Vespri a Lisbona alla sua interpretazione. L’opera continuò, però, ad essere al centro delle consuete controversie fra impresa e cantanti al punto che, secondo il giornale O Português, l’impresario, non volendo rinnovare il contratto alla Tedesco e vedendo il suo grande successo in quest’opera, decise, nonostante le prevedibili conseguenze finanziarie, di non metterla più in scena.12 La vasta popolarità dei Vespri può anche essere misurata dal fatto che, nel maggio 1858, l’opera fu scelta per festeggiare le nozze del giovane re Pedro V con la principessa Stephanie di Hohenzollern, questa volta con il baritono portoghese António Maria Celestino nel ruolo di Monforte.13 Come era prevedibile, in quest’occasione il centro delle attenzioni non fu il palcoscenico quanto piuttosto il palco reale e infatti le descrizioni dei giornali e di alcune corrispondenze esistenti si concentrano soprattutto sulla sala e sul pubblico. L’opera, relegata al ruolo di sfondo sonoro dell’evento sociale e politico, era soltanto uno dei momenti di un vasto programma di festeggiamenti: i reali lasciarono il teatro dopo la fine del secondo atto mentre solo il padre di Pedro V, Fernando II – musicista dilettante che non molti anni dopo avrebbe sposato una cantante d’opera – rimase nel suo palco privato fino alla fine dello spettacolo.14 Da allora fino alla stagione 1863-64, I Vespri sono andati in scena praticamente ogni anno facendo di Lisbona una delle città europee in cui quest’opera è stata ascoltata più spesso nei dieci anni successivi alla sua prima.