Concerti 2020
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TEATRO COMUNALE LUCIANO PAVAROTTI CONCERTI 2020 5 novembre ore 17.30 e ore 21 Alexander Lonquich Orchestra da Camera di Mantova Integrale dei concerti per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven TEATRO COMUNALE 2020.2021 LUCIANO PAVAROTTI TEATRO COMUNALE LUCIANO PAVAROTTI TEATRO COMUNALE LUCIANO PAVAROTTI Alexander Lonquich Direttore e solista Orchestra da Camera di Mantova Omaggio per il 250° anniversario della nascita di Ludwig van Beethoven (1770 – 1827) Ore 17.30 Concerto n. 2 op. 19 in si bemolle maggiore Allegro con brio Adagio Rondò. Allegro molto Concerto n. 1 op. 15 in do maggiore Allegro con brio Largo Rondò. Allegro Concerto n. 3 op. 37 in do minore Allegro con brio Largo Rondò. Allegro Ore 21 Concerto n. 4 op. 58 in sol maggiore Allegro moderato Andante con moto Rondò. Vivace Concerto n. 5 op. 73 in mi bemolle maggiore Allegro Adagio un poco mosso Rondò. Allegro Note al programma di Susanna Franchi Ludwig van Beethoven L’intreccio, per noi smaliziati ascoltatori del 2020, sembra la sceneggiatura di un film di Hollywood: Beethoven al pianoforte esegue per la prima vol- ta in pubblico il suo Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19, sul podio c’è Antonio Salieri, è il 29 marzo 1795 al Burgtheater di Vienna; il 16 dicembre 1795 e l’8 gennaio 1796 Beethoven suona al pianoforte il Concerto K466 di Mozart e ripropone il suo Concerto n. 2, stavolta sul podio c’è Haydn. Mozart Salieri Haydn Beethoven, che intreccio! Ma riavvolgiamo il filo: quello che noi conoscia- mo come il Secondo concerto per pianoforte e or- chestra è in realtà il primo composto da Beetho- ven, solo è stato pubblicato dopo e per questo la numerazione è cronologicamente “sbagliata”, e per questo nei due concerti di oggi, nei quali Alexander Lonquich propone l’integrale dei con- certi per pianoforte e orchestra di Beethoven, lo esegue giustamente come primo. Abituati a pensare a Beethoven come al titanico autore di sinfonie, rinchiuso nel suo studio disor- dinato e pieno di carte, tendiamo a dimenticare che Beethoven fu anche un ottimo pianista (ave- va studiato con Christian Gottlob Neefe), con una intensa attività di concertista fino a quando non insorse la sordità, con un rapporto molto stretto con il suo strumento (le Sonate sono 32). Dopo un suo concerto nel 1809 il Barone di Trémont aveva scritto: «Il modo di suonare di Beethoven non era corretto, la sua maniera di diteggiare era spesso errata e il suono trascurato. Ma chi poteva badare all’esecutore? Si era afferrati dai suoi pensieri, in qualunque maniera le mani li esprimessero». Concerto n. 2 op. 19 in si bemolle maggiore «Il Concerto lo metto soltanto 10 ducati perché, come ho già scritto, non lo considero tra i miei migliori e non credo che il prezzo, tutto compre- so, le sembri esagerato» scriveva Beethoven nel dicembre 1800 al suo editore Hoffmeister: giudi- zio durissimo e non condivisibile per un concerto che, sicuramente, risente dell’influsso mozartiano (quel “K466” che eseguì nella stessa serata), ma che già dimostra una sua via originale. L’Incipit perentorio dell’Allegro con brio stende un tappeto ritmico all’ingresso del pianoforte, il toccante lirismo dell’Adagio ci ricorda Mozart, mentre il Rondò molto allegro conclusivo è origi- nalissimo nella sua delicata ironia. Delle prime esecuzioni abbiamo già detto, va ri- cordato che il giornale “Wiener Zeitung” descris- se così la prima: «Il celebre maestro Ludwig van Beethoven ha ricevuto l’unanime approvazione del pubblico con un nuovissimo Concerto per pianoforte composto da lui medesimo», e che Be- ethoven effettuò alcuni cambiamenti al concerto, soprattutto nell’ultimo movimento, presentando- ne una nuova versione, che è entrata stabilmente in repertorio e che è quella che noi ascoltiamo questa sera, a Praga nel 1798. Concerto n.1 op. 15 in do maggiore Liberarsi dal paragone mozartiano, per Beetho- ven, non fu facile, perché, soprattutto per i primi concerti, il modello era quello e poi c’è la celebre frase pronunciata dal conte Waldstein quando il giovane Ludwig era partito da Bonn per raggiun- gere Vienna: “Uno studio ininterrotto Vi permet- terà di ritrovare, attraverso le mani di Haydn, lo spirito di Mozart”. Ecco allora che anche per il Concerto n.1 scatta- no subito i riferimenti: il ritmo militare dell’Alle- gro iniziale, ad esempio, ma la zampata beetho- veniana è in quel Rondò finale nel quale, per gli ascoltatori, è difficile rimanere seduti e immobili. Il Concerto venne eseguito per la prima volta a Praga, nella Kontiksaal, nell’ottobre 1798. Concerto n. 3 op. 37 in do minore È il punto di svolta, il cambiamento, lo scarto ver- so il futuro, come sottolinea Maynard Solomon: «il Terzo rappresenta il primo tentativo di Bee- thoven, in questo genere, di esprimere qualcosa che andasse ben oltre uno spirito o una ricerca- tezza puramente esteriori, per avviarsi verso l’o- ratoria drammatica». Basta ascoltare il pianoforte che, da solo, attacca il Largo, e poi viene seguito dall’orchestra per entrare in una dimensione di profonda evocazione emotiva. Il concerto venne eseguito per la prima volta il 5 aprile 1803 al Theater an der Wien di Vienna. Concerto n. 4 op. 58 in sol maggiore Non vi aspettate che attacchi il direttore, qui è il pianoforte ad iniziare, da solo, e poi arriva l’orche- stra ad eseguire lo stesso tema: sono alla pari, to- talmente, non c’è più nessuna contrapposizione; il contrasto c’è nel secondo movimento, l’Andan- te, da una parte gli archi e dall’altra il canto intimo e solitario del pianoforte. Altro scatto in avanti beethoveniano alla ricerca del suo stile personale. Siamo negli stessi anni del Fidelio e della Quinta sinfonia: la prima esecuzione in pubblico avven- ne il 22 dicembre 1808 al Theater An der Wien di Vienna. Concerto n. 5 op. 73 in mi bemolle maggiore Il più amato, il più famoso, il più eseguito, L’Impe- ratore (denominazione che pare gli sia stata data dal pianista Johann Baptist Cramer). Così Piero Rattalino: «È ben noto e spesso citato il fatto che nel primo tempo del Concerto op.73 non c’è la tradizionale Cadenza alla fine della ri- esposizione. La rinuncia alla Cadenza è la logica conseguenza di una concezione del rapporto so- lista-orchestra in cui il solista non è più, come nel Mozart maturo e come nel Beethoven dei primi tre concerti, un primus inter pares integrato nella struttura sinfonica, e neppure, come nel Beetho- ven del Quarto Concerto, un superbo decoratore del tessuto orchestrale, ma costituisce la base so- nora dell’insieme strumentale, la struttura portan- te del discorso, così come la sezione degli archi era la base dell’orchestra classica». La prima esecuzione avvenne il 28 novembre 1811 al Gewandhaus di Lipsia con Friedrich Schneider come solista: Beethoven, ormai sordo, non poté mai eseguirlo. Alexander Lonquich Nel 1977 vince il Primo Premio al Concorso Casa- grande: da allora tiene concerti in tutti i principali centri musicali del mondo e la sua attività lo vede impegnato con direttori d’orchestra quali Clau- dio Abbado, Ton Koopman, Emmanuel Krivine, Heinz Holliger, Sandor Vègh e molti altri. Nell’ambito della musica da camera, collabora con artisti come Nicolas Altstaedt, Vilde Frang, Joshua Bell, Isabelle Faust, Carolin Widmann e Jörg Widmann. Ottiene numerosi riconoscimenti dalla critica internazionale quali il Diapason d’Or e il Premio Abbiati come miglior solista del 2016. Nel ruolo di direttore-solista collabora con l’Or- chestra da Camera di Mantova, la Royal Philhar- monic Orchestra, la Deutsche Kammerphilhar- monie, la Mahler Chamber Orchestra, l’Orchestre des Champs Élysées, la Filarmonica della Scala, l’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI e l’Accade- mia Nazionale di Santa Cecilia. È ospite regolare di festival di rilievo internazio- nale tra i quali Schubertiade, Lockenhaus, Mozart- woche Salzburg in Austria, Beethovenfest Bonn e Ludwigsburger Schlossfestspiele in Germania. Tra gli impegni salienti fuori Italia, le collabora- zioni con la Stuttgarter Kammerorchester, la Mün- chener Kammerorchester, la Camerata Salzburg. Dal 2014 è Direttore Principale dell’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza. Nel luglio del 2020 è nominato Direttore Artistico della Fondazione Scuola di Musica di Fiesole. Nel 2013 crea, assieme alla moglie Cristina Bar- buti, ‘Kantoratelier’, uno spazio teatrale dove le materie a lui care - psicologia, musica e teatro - vengono approfondite grazie a laboratori, semi- nari e concerti. Orchestra da Camera di Mantova Nasce nel 1981 e s’impone da subito all’atten- zione generale per brillantezza tecnica, assidua ricerca della qualità sonora, sensibilità ai proble- mi stilistici. Nel 1997 i critici musicali italiani le as- segnano il Premio Franco Abbiati quale miglior complesso da camera. Nel corso della più che trentennale vita artistica collabora con alcuni tra i più apprezzati diretto- ri e solisti del panorama internazionale, tra cui Steven Isserlis, Maria João Pires, Gidon Kremer, Vladimir Ashkenazy, Giovanni Sollima, Shlomo Mintz, Joshua Bell, Viktoria Mullova, Salvatore Ac- cardo, Umberto Benedetti Michelangeli, Giuliano Carmignola, Mischa Maisky, Enrico Dindo, Mario Brunello, Miklós Perényi, Sol Gabetta, Alexander Lonquich, Bruno Canino, Katia e Marielle Labe- que, Maria Tipo, Kent Nagano, Veronika Eberle e gli indimenticabili Astor Piazzola, Severino Gaz- zelloni e Aldo Ciccolini. Protagonista di concerti in Italia e all’estero, si esibisce nelle principali sale di Europa, Stati Uniti, Centro e Sud America, Asia. L’attività dell’Orchestra si caratterizza per realiz- zazione di cicli monografici (Progetto Beethoven, 2002-2004; I Concerti per pianoforte di W. A. Mo- zart, 2004; La produzione sacra di W. A. Mozart, 2004-2007; Haydn l’europeo che amava l’Italia, 2007-2009; Le Sinfonie di Schumann, 2010). Effettua registrazioni per Rai, Bayerischer Rundfunk, Rsti, Orf, Hyperion. Dal 1993 è impegnata nel rilancio delle attività musicali della sua città attraverso la stagione con- certistica Tempo d’Orchestra.