ANIEM

Rassegna Stampa del 11/03/2015

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SCENARIO EDILIZIA

11/03/2015 Corriere della Sera - Bergamo 6 Lavoratori in nero a quota 29 mila Nel terziario metà degli irregolari

11/03/2015 Corriere della Sera - Bergamo 8 Gli alimentaristi trainano il tesseramento Uil

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 9 Cdp, solo investimenti redditizi

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 10 Banda larga, Pmi e Tav le priorità italiane

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 12 Reggio Emilia, la crescita passa da territorio e Tav *

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 14 Dissesto, piano senza progetti *

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 16 Astaldi, più profitti e taglio al debito

11/03/2015 La Repubblica - Torino 18 Code e slalom in centro, è iniziato il "mese dei cantieri"

11/03/2015 Il Fatto Quotidiano 19 La lobby del cemento copre l'Appia Antica

11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - Bologna 21 «I miei dipendenti vogliono tagliarsi la paga»

11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - Bologna 22 Da quattro anni una gru oscura l'orizzonte Il 'salotto' promesso è un progetto fallito

11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - Modena 23 «Edilizia scolastica, servono 10 milioniper migliorare e ampliare gli edifici» 11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - Cesena 24 Altri due mesi di snervante attesa per i creditori dell'Edile Carpentieri

11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - Cesena 25 I lavori del Campus all'ex zuccherificio vanno al rallentatore

11/03/2015 Il Secolo XIX - Nazionale 26 Genova gi à al lavoro per la Silversea

10/03/2015 Tuttotrasporti 27 IL FUTURO SI FA STRADA

10/03/2015 HC Home Comfort & Design 29 10 anni di Klimahouse

SCENARIO ECONOMIA

11/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale 32 Il primo giorno di Qe: 3,2 miliardi I tassi negativi e il nodo perdite

11/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale 33 Un «compromesso» per salvare Atene Padoan: sforzi di tutti o rischia l'euro

11/03/2015 Corriere della Sera - Nazionale 34 Marchionne vende azioni Fca per pagare le tasse

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 35 Costa (Fieg): un tavolo di sistema per l'editoria

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 37 La via stretta tra Grecia e ripresa

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 39 Bolla: Bruxelles eviti la paralisi di investimenti e liquidità

11/03/2015 La Repubblica - Nazionale 41 "Una società comune per Internet superveloce Fatti gli investimenti il controllo a Telecom"

11/03/2015 La Repubblica - Nazionale 43 La strategia Eni per sopravvivere al calo del greggio tra nuove cessioni e meno dividendi

11/03/2015 La Repubblica - Nazionale 44 Gelata sulla produzione giù dello 0,7% a gennaio Euro ai minimi da 12 anni 11/03/2015 La Repubblica - Nazionale 45 Sassoli de Bianchi (Upa): "La pubblicità e i consumi tornano a crescere nel 2015 Google paghi i diritti d'autore"

11/03/2015 La Stampa - Nazionale 46 LA CONFUSIONE DEL FRONTE ANTI­PREMIER

11/03/2015 La Stampa - Nazionale 47 Ue, via al piano di investimenti L'Italia ci mette otto miliardi *

11/03/2015 MF - Nazionale 48 Pressing sulle Bcc per holding unica, sì di Federcasse e banche lombarde

11/03/2015 MF - Nazionale 49 Renzi spinge Finmeccanica & C

11/03/2015 MF - Nazionale 50 SULLE POPOLARI SERVE UN DIBATTITO MEDITATO, NON UNA PROVA DI FORZA

SCENARIO PMI

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 52 A gennaio battuta d'arresto per la produzione (-2,2%)

11/03/2015 Il Sole 24 Ore 54 Pmi, un cantiere incompleto

11/03/2015 Il Foglio 56 La politica delle privatizzazioni è un pessimo motore della politica industriale

11/03/2015 ItaliaOggi 58 Salgono gli utili di Cucinelli

SCENARIO EDILIZIA

17 articoli 11/03/2015 Corriere della Sera - ed. Bergamo Pag. 10 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Lavoratori in nero a quota 29 mila Nel terziario metà degli irregolari Studi dell'Università per Edilforum. Controlli sulle ditte: il 69% svela problemi Al.Be.

Nella Bergamasca i lavoratori irregolari sono 29.100, concentrati soprattutto nei servizi (14.750), nell'industria (9.100) e nell'edilizia (4.800). Questo è il dato diffuso dall'Istat. Incrociando il dato con le attività effettuate dagli enti locali (Direzione territoriale del lavoro, Inps e Inail), le ispezioni hanno interessato 3.875 lavoratori irregolari (13,3% del potenziale bacino), di cui 953 (24,6%) risultati in nero. La fotografia emerge dal dossier stilato dall'Università di Bergamo, che ha incrociato dati e rilevazioni (quelli Istat sono sul 2012, ultimo anno disponibile). Un dossier presentato ieri all'Edilforum di Seriate. «Questi dati non sono sconvolgenti , però fanno riflettere tutti noi che operiamo in un territorio dinamico, in cui la crisi si sente un po' meno, ma che comunque fa trasparire un mondo di lavoro sommerso difficile da valutare a pieno», ha spiegato Samuele Rota, esperto del mercato del lavoro che insieme a Isabel Perletti ha collaborato all'indagine, a cura dell'Università di Bergamo. «La nostra provincia registra un tasso di irregolarità del 7-8% degli occupati complessivamente nei diversi settori - spiega -, contro una media nazionale del 14-15%, più accentuato nel settore dei servizi, meno nell'industria e che va a colpire soprattutto le piccole aziende». Si tratta di inattivi, persone in età da lavoro, ma che non risultano avere un impiego. «E qui rientrano i neet, i giovani che né studiano né cercano lavoro - chiarisce Rota - o le donne, che fanno più fatica a trovare opportunità, in un tessuto come il nostro a vocazione manifatturiera e industriale. Ma ci sono anche gli immigrati e coloro che in cassa integrazione o in mobilità o in disoccupazione, arrotondano con lavori in nero. Una sorta di ammortizzatore sociale occulto». E questo forse spiega perché «all'inizio della ricerca - sottolinea Perletti - pensavamo che con la crisi e il calo di posti di lavoro diminuisse anche il sommerso. Invece, paradossalmente è aumentato». Venendo alle aziende, nella Bergamasca soprattutto piccole e prevalentemente individuali, su 2.449 ispezionate a livello locale, 1.695 sono risultate irregolari (con nodi di carattere contrattuale, previdenziale o di sicurezza), ovvero il 69,2%. «I controlli - avvisa il ricercatore - sono sempre più mirati e spesso arrivano dove è segnalato un problema». © RIPRODUZIONE RISERVATA d'Arco Il dossier IL QUADRO NAZIONALE I DATI BERGAMASCHI Settore di attività Incidenza del sommerso (%) Tassi di occupazione e di disoccupazione 15-64 anni Aziende ispezionate e irregolari Fonte: Ricerca per Edilforum a cura dell'Università degli Studi di Bergamo, dipartimento di Giurisprudenza 2008 2012 Maschi Femmine 2008 2013 2014 Agricoltura Industria Servizi TOTALE Commercio e trasporti Costruzioni 16,6 51,5 77,7 8,2 11,8 16,7 15 14,5 17,8 10,2 15,6 16,2 15,4 14,9 51,5 72,7 57,1 76,6 57,3 72,3 4,4 2,2 8,8 6,4 4,8 3,0 8,8 7,6 65 62,4 67 64,9 2008 2013 2008 2013 BERGAMO LOMBARDIA BERGAMO LOMBARDIA 2008 2013 2008 2013 3 7,4 3,7 8,1 DISOCCUPAZIONE OCCUPAZIONE AZIENDE ISPEZIONATE Provinciale Regionale Nazionale 2.269 1.784 1.711 18.262 13.799 14.544 188.655 139.624 140.173 AZIENDE IRREGOLARI Provinciale Regionale Nazionale 1.146 962 1.200 10.517 8.214 8.475 92.885 75.514 74.745 IRREGOLARITÀ (%) Provinciale Regionale Nazionale 50,5 53,9 66,0 57,6 59,5 60,0 49,2 54,1 53,0 La vicenda L'analisi presentata dall'Università di Bergamo, dipartimento di Giurispruden-za, ieri all'Edilforum di Seriate ha incrociato dati Istat con quelli emersi dai controlli di settore effettuati da Dpl, Inps e Inail Secondo stime Istat i lavoratori irregolari bergamaschi sono presenti soprattutto

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 6 11/03/2015 Corriere della Sera - ed. Bergamo Pag. 10 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

nel settore dei servizi, poi dell'industria e a seguire dell'edilizia e dell'agricoltura 450 operatori in nero in agricoltura in base alle proiezioni dei dati Istat per la provincia di Bergamo 13 Per cento del bacino di potenziali irregolarità è stato interessato dai controlli nel 2012 Foto: Sotto esame Anche nell'edilizia gli irregolari sarebbero oltre 5 mila

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 7 11/03/2015 Corriere della Sera - ed. Bergamo Pag. 10 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato La statistica Gli alimentaristi trainano il tesseramento Uil Diana Campini

È soprattutto la crisi dell'edilizia a influire sul calo dei tesserati Uil registrato nel 2014. In generale, il sindacato ha censito il 2,75 per cento di iscritti in meno rispetto all'anno precedente, per un totale di 593 tessere non rinnovate (meno 0,3 per cento la Cisl, meno 1,59 la Cgil) su 21.561. Per il settore delle costruzioni il dato è del 5,71 per cento in meno rispetto al 2013, con 163 lavoratori che non hanno confermato l'adesione al sindacato. Il dato rispecchia lo stato di crisi generale e in particolare del settore edile, che nella Bergamasca ha incassato un calo del 40 per cento delle assunzioni. «Nonostante tutto, questa categoria è riuscita a reggere - il commento, ieri, di Amerigo Cortinovis, segretario organizzativo Uil -. Questi dati sono da valutare in un quadro generale di grave ristagno». Segno più, invece, per la categoria dei metalmeccanici, con 50 nuovi iscritti Uil. «Sia grazie alle politiche attive avviate sia grazie a quella che viene definita la "ripresina" qualcosa sembra stia ripartendo in questo settore - ha proseguito Cortinovis -. Siamo stati ricompensati per il fatto di aver mantenuto un profilo basso anziché farci coinvolgere nelle liti tra sindacati, essere vicini ai lavoratori paga». La crisi del tessile ha contribuito nel 2014 a far perdere alla Uil il 4,30 per cento di iscritti alla categoria, 91 lavoratori, idem nella categoria grafici e cartai, meno 5,58, e nel commercio, meno 6,61 per cento di tesseramenti. «Sul fronte occupazionale Bergamo ha un tasso disoccupazione del 7,4 per cento - spiega ancora Cortinovis -. Si consideri che nel 2008 eravamo a un fisiologico meno 3 per cento. Oggi Same e Brembo tirano fuori numeri in base ai quali con il Jobs Act si creeranno nuovi posti, ma il dato reale emergerà solo nel 2016». Si discosta dal trend generale la categoria degli alimentaristi (Uila): 63 adesioni, più 38,41%. «In realtà - ha spiegato Ersilia Selogni, della segreteria Dipartimento Pari opportunità -. quello dell'agricoltura e dell'alimentare è un comparto che cresce come dato nazionale, con il 7,1 per cento in più di assunzioni». Sul fronte sanità, scuola, e pubblico, i risultati delle elezioni per le rappresentanze sindacali di questi giorni portano qualche dato incoraggiante: la Uilpa (pubblico impiego) ha conquistato il 31 per cento dei seggi, 18 su 58 totali. © RIPRODUZIONE RISERVATA 21 Mila sono i tesserati della Uil nel 2014, per la precisione 20.968. Nel 2013 erano 21.561 163 I tesserati persi in un anno nel settore dell'edilizia, tra i più colpiti dalla crisi e dunque dalla flessione Foto: In conferenza Amerigo Cortinovis e Tersilia Selogni, della segreteria Uil

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 8 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Cdp, solo investimenti redditizi

di Isabella Bufacchi pagina 5 L'Italia è tra i big. Sono tre i grandi co-finanziatori del Piano Juncker al fianco della Bei. Cdp, la tedesca Kfw, le francesi Cdc-Bpi, ognuna per 8 miliardi. Italia, Germania e Francia sono nel Piano con lo stesso impegno ma nessuno varca la soglia del nuovo fondo europeo per gli investimenti strategici. Non a torto: Feis assorbirà le prime perdite. La Cdp è pronta a co-finanziare i progetti del Piano Juncker con un impegno fino a 8 miliardi di euro in tre anni. Prevedibilmente interverrà in prima battuta sui progetti infrastrutturali italiani, al fianco della Bei. È l'unica, tra l'altro, tra le casse già coinvolte nel Piano (Kfw, Cdc e la spagnola Ico per 1,5 miliardi) a poter fare leva su un accordo-quadro siglato nel 2009 con la Bei. La Cdp lavora da oltre un quinquennio in tandem e "framework" con la Banca europea (per le Pmi e per le infrastrutture) e questo potrebbe rivelarsi un vantaggio rispetto alle altre "Casse" che non hanno lo stesso contratto quadro avviato con il colosso guidato da Werner Hoyer. Non è da escludersi che la Cdp decida di intervenire finanziando anche progetti infrastrutturali cross border, al fianco delle altre "Casse". E tra le opzioni sul tavolo dell'istituto guidato da Franco Bassanini e Giovanni Gorno Tempini potrebbe esserci anche quella di operare su nuove "piattaforme" tramite la costituzione di Special purpose vehicles. Quello che sicuramente non c'è, tra i ruoli che potrà ricoprire la Cdp nel Piano Juncker, è una partecipazione diretta nel capitale del nuovo fondo europeo per gli investimenti strategici Feis. Questo perché il fondo, che fornirà le garanzie ai progetti per il credit enhancement (rating più elevati per attrarre gli investitori istituzionali privati) si accollerà le prime perdite. È un fondo di intervento a fondo perduto, quel tipo di rischio senza remunerazione che solo gli Stati possono decidere di correre pur di rilanciare l'economia. Il capitale del fondo al momento è rappresentato da 16 miliardi dell'Unione europea e 5 miliardi versati dalla Bei (sottratti tra l'altro al capitale che la Banca già impiegava a copertura dei suoi finanziamenti tradizionali). Nel caso in cui uno Stato decidesse di aumentare il capitale del Fondo, quell'intervento verrebbe contabilizzato come debito pubblico (come è già accaduto nel caso del versamento dei singoli Stati membri dell'Eurozona nel capitale paid-in del meccanismo di stabilità ESM). Gli interventi della Cdp, che è fuori dalla Pa, non costituiscono debito pubblico, Ma il punto è un altro. La Cassa investe i risparmi degli italiani, fino a questa settimana il risparmio postale e da questo lunedì anche il risparmio dei privati per transita per il sistema bancario. La Cdp quindi, come il suo ad e presidente non si stancano di ripetere, investe come operatore finanziario privato soltanto in operazioni che remunerano il capitale e che presentano un adeguato rapporto tra rischio e rendimento. Per questo l'ingresso della Cdp è un bollino blu sulla redditività e sostenibilità dei progetti infrastrutturali italiani che entreranno nel Piano Juncker: e se comunque ci saranno dei problemi e perdite, a pagare il conto non sarà la Cdp ma il Fondo europeo di investimenti strategici. . @isa_bufacchi [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 9 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 5 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Il piano Cdp. Saranno inseriti progetti del valore complessivo di 20 miliardi che hanno un livello di rischio superiore rispetto a quelli finora finanziati dalla Bei Banda larga, Pmi e Tav le priorità italiane Alessandro Arona Carmine Fotina

LE OPERE ESCLUSE I divieto di finanziamento per gli interventi finanziati eslusivamente dal settore pubblico come scuole, piano idrogeologico e bonifiche LE PRIORITà Le risorse andranno a progetti nazionali cofinanziati da privati e dalla Bei, forte selezione per le infrastrutture di trasporto e di energia ROMA Il ministero dell'Economia plaude alla decisione di Cdp di partecipare al «piano Juncker» con 8 miliardi di finanziamenti. Andranno a progetti nazionali inseriti nel piano e non passeranno quindi per il Feis, il Fondo europeo per gli investimenti strategici. Finanziamenti diretti a investimenti che valgono più di 20 miliardi, con priorità al credito per Pmi, digital economy, sistema di infrastrutture di trasporto ed energia. Oltre al contributo di Cdp - afferma una nota del Mef - «questi progetti dovranno beneficiare dell'intervento finanziario di soggetti privati e del cofinanziamento della Banca europea degli investimenti, oltre alle garanzie offerte dalla stessa Bei garantiti dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis), soggette alla valutazione degli organi che verranno preposti alle opportune verifiche». Questi progetti - dice ancora il Mef - sono caratterizzati da un livello di rischio superiore rispetto a quelli finora finanziati dalla Bei e «potrebbero avere difficoltà a essere finanziati al di fuori del piano Juncker». Questi interventi possiedono quindi la «qualità di addizionalità» richiesta per attivare le garanzie del Feis. Per le telecomunicazioni il focus del governo è tutto è sulla diffusione della banda ultralarga. Il piano Juncker offre la possibilità di accelerare almeno una parte del Piano per internet veloce presentato la scorsa settimana dal governo. L'obiettivo è favorire finanziamenti agli operatori per la realizzazione delle nuove reti che dovranno garantire collegamenti a 30 megabit e in alcune zone a 100 megabit al secondo. Il plafond di risorse pubbliche per il finanziamento verrebbe adeguatamente coperto con il meccanismo della garanzia dello Stato. Al piano Juncker fa riferimento in modo esplicito il Piano pubblicato sul sito del governo. Per le infrastrutture di telecomunicazione, viene spiegato, si potrà impiegare il Fondo nazionale sviluppo e coesione per stanziare fino a 5 miliardi, ma solo a partire dal 2017: tuttavia, per accelerare, si studia un anticipo al 2015, probabilmente attraverso Cdp e Bei, di circa 1,5 miliardi, proprio a valere sui fondi Juncker. In materia di infrastrutture pesa il divieto assoluto di finanziare con il piano Juncker i lavori pubblici a totale finanziamento pubblico, inserito nella bozza di regolamento varata a gennaio dalla Commissione europea. All'inizio sembrava che il piano Juncker potesse finanziare anche queste opere pubbliche "pure" senza investitore privato, poi il chiarimento. Saranno dunque scartate molte delle proposte che l'Italia aveva inserito nella maxi-lista di dicembre, tra cui 7,6 miliardi per i piani anti-dissesto idrogeologico, 4 miliardi per l'edilizia scolastica e 2,5 miliardi per la bonifica di edifici pubblici dall'amianto. Tutto questo non sarà nel Piano Juncker, anche se questi filoni (prestiti agevolati Bei alle Regioni o al governo, con risparmio sui tassi di interesse rispetto all'emissione di titoli pubblici) potranno andare avanti nell'ambito dell'attività ordinaria della Bei e di Cdp. Qualche chance in più potrebbero averla i progetti per nuove tratte ad alta capacità ferroviaria (3,2 miliardi nella lista di dicembre, di cui 700 milioni per la Torino- Lione, 1.300 per il Brennero, un miliardo per il Terzo Valico, 600 milioni per la Napoli-Bari, 740 per la Catania- Palermo) perché i prestiti sono a Rfi, che giuridicamente è un soggetto privato; e i piani di riqualificazione energetica degli edifici pubblici (un miliardo di euro), perché dovrebbe passare da società private "Esco".

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 10 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 5 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

L'Italia punterà quindi in primis sui project financing autostradali "irrisolti". Al momento le priorità, nelle infrastrutture, sono per l'Italia i contratti di finanziamento bancari, cercati da anni e mai raggiunti, di alcune "vecchie" autostrade in project financing: (opera da 2,3 miliardi di euro, con 615 milioni di contributo pubblico), terza corsia della A4 di Autovie Venete (2,4 miliardi di euro) e Pedemontana Lombarda (4,2 miliardi, di cui 1,2 pubblici). Tutte opere in costruzione, ma che si fermeranno se non si troveranno a breve i finanziatori bancari: da qui il ruolo chiave dell'Efsi come garanzia ai prestiti Bei e di altre banche. © RIPRODUZIONE RISERVATA CONOSCENZA, PMI E DIGITALIZZAZIONE Italia Europa ENERGIA Italia Europa INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO Italia Europa INFRASTRUTTURE SOCIALI Italia Europa MATERIE PRIME E AMBIENTE Italia Europa Investimento totale Investimento 2015-2017 Totale Italia Europa 1.369,7 543,0 206,8 84,0 82,2 218,8 26,6 456,6 72,9 434,2 10,1 159,1 15,0 101,0 39,5 115,9 13,9 167 12,1 146,4 7,5 66,7 11,0 47,0 Le prime proposte italiane per il Piano Juncker La distribuzione delle risorse - Dati in miliardi di euro

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 11 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 13,14 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Viaggio nell'industria SFIDE E OSTACOLI VERSO LA RIPRESA Reggio Emilia, la crescita passa da territorio e Tav * Area Vasta e internazionalizzazione per aiutare le Pmi Roberto Iotti

LE CRITICITÀ Gli indicatori sono superiori alla media nazionale ma il commercio ha perso il 35% delle aziende e l'edilizia è ancora alle corde REGGIO EMILIA Non è un progetto ma un modo di concepire il futuro a medio e lungo termine. Si chiama Area Vasta la visione che potrebbe ridisegnare lo sviluppo economico di Reggio Emilia, provincia che occupa il nono posto in Italia per tasso di occupazione, dove il valore aggiunto procapite è superiore del 15% alla media nazionale e dove l'export rappresenta ben il 57% del valore aggiunto rispetto al 25% dell'Italia. In questa terra, da sempre considerata un po' troppo "contadina" dalle confinanti Parma e Modena, ogni dieci abitanti c'è un'impresa. Con una solida vocazione manifatturiera, nata con la meccanica agricola, oggi eccelle con l'hi- tech della meccatronica. Ed è da questa provincia che vengono i due opposti concettuali, come Peppone e Don Camillo di Guareschi: Fabio Storchi presidente di Federmeccanica e Maurizio Landini, segretario della Fiom. Nel 2013, in piena recessione, Reggio Emilia ha toccato il record nelle esportazioni (8,6 miliardi), cifra confermata nel 2014, mentre per quattro trimestri consecutivi la produzione industriale è cresciuta più della media nazionale (+1,4% l'indice generale, +2,3% la metalmeccanica). Internazionalizzazione e innovazione sono alla base della risposta delle imprese all'attacco di crisi e recessione. La solidità del sistema produttivo - oltre 50mila imprese, la maggioranza sono famigliari, piccole e medie - unita alla solidità delle banche locali (Credito Emiliano e Popolare dell'Emilia) hanno poi fatto il resto. Certo, non tutto funziona al meglio. Il commercio ha lasciato sul terreno più del 35% del proprio valore, il numero delle chiusure è enorme. L'edilizia - governata in massima parte dalle coop e dalle micro imprese - è ancora alle corde. Dall'inizio della crisi sono 285 le imprese che hanno avviato procedure di mobilità per 4.884 dipendenti. Ma, aggiunge la Cgil, il 51% delle aziende interessate all'uso degli ammortizzatori sociali, ha ripreso la normale attività lavorativa. «Siamo sulla strada giusta», dice Mauro Severi, presidente di Unindustria. «Ma le imprese hanno ancora altri nodi da sciogliere. La crisi ci ha posto nella condizione di ripensare i modelli organizzativi aziendali, di rafforzare l'innovazione e l'internazionalizzazione. Però dobbiamo recuperare ancora sul terreno della produttività, della formazione. Se in questi anni le aziende della provincia non avessero innovato e puntato con forza sull'estero, probabilmente avremmo perso la sfida». «Dal nostro punto di vista - aggiunge Margherita Salvioli, segretario generale Cisl - quello che è mancato è stato un progetto complessivo, omogeneo, per sostenere la ripresa e nel contempo affrontare la recessione. Innovazione e internazionalizzazione sono state certamente utili, ma forse ha prevalso il vecchio senso di autoreferenzialità e imprese, associazioni di categoria, istituzioni sono andate un po' per loro conto». «Noi - spiega Severi - abbiamo un concetto semplice: l'attenzione si focalizza sull'impresa, non sull'imprenditore. Perché impresa vuol dire maestranze, creare valore per il territorio, per i fornitori. In piena crisi non pochi imprenditori hanno dato garanzie personali alle banche per proseguire l'attività o investire nei processi produttivi. La politica industriale del Dopoguerra ha favorito la nascita di questo tessuto vitale di imprese. Dobbiamo ripartire con quello spirito di voler ricostruire».

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 12 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 13,14 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Il catalizzatore di questo spirito ora si chiama Area Vasta. L'apertura della stazione dell'alta velocità ferroviara Medio Padana ha posto Reggio Emilia al centro di un bacino geografico che valica i confini della provincia e sposta il baricentro verso la Lombardia, quindi verso gli accessi per il nord Europa. In più o meno di un'ora di treno, oggi Mantova, Cremona e Verona sono in comunicazione con Reggio. Inoltre Piacenza, Parma e Modena gravitano sulla stazione Medio Padana per i collegamenti ferroviari veloci. La stazione Tav - progetto fortemente sostenuto dagli imprenditori reggiani - ha messo in movimento una serie di altre leve non soltanto economiche: «Solo il fatto di avere i poli universitari più facilmente collegati - spiega Stefano Landi, presidente della Camera di commercio reggiana - significa poter rispondere al meglio alla domanda di spostamento degli studenti, aiuta la circolazione delle idee, della ricerca. Attira altre persone sul territorio». L'Area Vasta sarà un grande bacino dell'industria manifatturiera, con poli universitari e collegamenti con i mercati europei. Il settore ceramico e metalmeccanico hanno più potenzialità sui confini modenesi; l'agroalimentare invece guarda a Parma e Piacenza. «Condividiamo la visione - dice il segretario Cisl - ma non deve essere un progetto che ingloba. Va rispettato il territorio con le sue specificità». «Quando partimmo con il progetto Tav, ben pochi ci credevano. In fin dei conti - dice ancora il presidente Severi - Medio Padana non è un nome, ma l'espressione di un concetto di crescita territoriale, culturale ed economico». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Quarta di una serie di puntate Le puntate precedenti sono state pubblicate il 6,7 e 10 marzo -2,4 -2,3 -2,1 -1,0 0,5 -0,9 4,2 2,3 -2,2 -4,1 -0,3 0 0,6 -0,5 Altre industrie manifatturiere Materie plastiche Elettrico - elettronico Metalmeccanico Abbigliamento Alimentare Ceramico III trim. '14 IV trim. '14 Lo stato di salute dell'economia provinciale Le performance dei settori. Variazioni % tendenziali -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 Italia I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV 2010 2011 2012 2013 2014 Emilia Romagna Reggio Emilia L'andamento della produzione industriale a confronto Le componenti del manifatturiero reggiano Indicatori Var. % stesso trim. dell'anno precedente IV tr.'13 I tr.'14 II tr.'14 III tr.'14 IV tr.'14 Produzione -1,2 1,4 0,9 1,4 0,2 Fatturato totale (interno+estero) -1,2 1,2 -0,1 1,9 -0,4 Fatturato estero* 1,6 4,3 3,6 5,4 3,5 Ordini totale (interno+estero) -0,9 0,4 0,1 2,5 -0,6 Ordini estero* 5,2 4,0 3,0 4,7 2,8 (*) solo imprese esportatrici Fonte: Indagine congiunturale sistema camerale

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 13 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 13,18 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Difesa del suolo. Partirà solo nel 2016 il dossier anti-rischio idrogeologico: solo un miliardo sui 21 richiesti pronto al cantiere Dissesto, piano senza progetti * L'80% degli interventi fermo allo stadio preliminare - Puglia e Piemonte in coda Mauro Salerno Giuseppe Latour

AREE METROPOLITANE Dopo il riparto dei fondi Fsc (previsto entro aprile) entrerà nel vivo lo stralcio da 600 milioni per gli interventi urgenti nelle grandi città ROMA Non arriverà prima del 2016 il nuovo piano nazionale contro il dissesto idrogeologico per cui le Regioni hanno avanzato richieste di finanziamento per oltre 21 miliardi, a fronte di risorse annunciate in 7 miliardi dal Governo. I ritardi nella progettazione degli interventi segnalati dagli enti locali (solo il 4,9% è un progetto esecutivo), la necessità di attendere il riparto del Fondo sviluppo e coesione (che non arriverà prima di un paio di mesi) insieme all'intenzione di stilare una graduatoria delle opere da finanziare non legata semplicemente alla cantierabilità degli interventi hanno imposto un aggiornamento del cronoprogramma su cui si era attestata fino a pochi mesi fa la stessa Unità di missione che coordina il programma da Palazzo Chigi. «Contiamo di poter confezionare il nuovo piano entro i primi mesi dell'anno prossimo», dice Mauro Grassi, direttore dell'Unità guidata da Erasmo D'Angelis. Il calendario è presto fatto. Bisognerà attendere la fine di aprile per la ripartizione del Fondo sviluppo e coesione. Poi comincerà il lavoro di selezione dei 6.647 progetti arrivati dal territorio, che prenderà almeno qualche mese. Per quest'anno dunque tutto ruoterà intorno al completamento dei lavori previsti dai vecchi accordi di programma e al piano per la difesa del suolo delle aree metropolitane (da 600 milioni), stralciato dal nuovo programma nazionale in autunno sull'onda dell'emergenza post-alluvione a Genova. Sul primo fronte «contiamo di avviare interventi per 1,1 miliardi», dice Grassi. Il piano stralcio arriverà al punto cruciale poco prima dell'estate, dopo la pubblicazione in Gazzetta della delibera Cipe che il 20 febbraio ha stanziato 600 milioni per gli interventi nelle 14 grandi città, destinando 100 milioni al fondo per colmare i ritardi nella progettazione. Il governo conta di rastrellare altri 500 milioni da inserire ventualmente nel collegato ambiente in discussione al Senato. Scorrendo gli sterminati elenchi delle Regioni dedicato al nuovo piano nazionale, l'Unità di Missione ha trovato pochi progetti e centinaia di "titoli". I numeri, analizzati nel dettaglio, lo confermano: studi di fattibilità e progetti allo stadio preliminare pesano per l'80% del totale delle richieste delle amministrazioni. Gli esecutivi, che possono andare subito in gara, sono appena il 4,9% del totale. Si tratta di un miliardo, una cifra che può dare benzina alle gare soltanto per un anno. Il 36,3% di interventi ( per 7,6 miliardi) sono fermi allo studio di fattibilità, mentre 9,4 miliardi (il 44,8%) sono allo stadio del preliminare. Di fatto, oltre l'80% dei lavori (17 miliardi) per la messa in sicurezza non può andare in gara, a meno di non considerare l'ipotesi di assegnare alle imprese tutto lo sviluppo progettuale. I quattro miliardi restanti sono divisi tra progetti esecutivi (un miliardo) e definitivi (poco meno di tre miliardi). I primi sono gli unici a poter andare direttamente al bando. Per i secondi è necessario attivarecomunque un appalto integrato, che allunga i tempi. Questi numeri - va precisato - non includono il piano stralcio per le grandi città Preoccupa, soprattutto, la situazione di alcune Regioni, come Puglia, Calabria, Liguria e Piemonte. In Sicilia e Campania (vedi il grafico) accanto alla grande massa di progetti al primo stadio si aggiunge una mole consistente di progetti esecutivi che riequilibra le cose. Vanno male anche Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia con percentuali di progetti pronti sotto il 6%. A questo primo ritardo si è sommata una trafila faticosa per arrivare alla definizione del quadro finanziario . E senza certezza dei fondi, si difendono le regioni, era

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 14 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 13,18 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

impossibile mandare avanti i progetti che costano in media il 5% dell'importo totale. Ora ci si appoggia ai fondi Fsc. Verranno ripartiti non prima della fine di aprile. Dopo si definiranno le priorità. Ci si baserà, soprattutto, sull'urgenza e sul pericolo per i territori. E questo rimetterà in gioco parecchi progetti che, in questa fase, appaiono più indietro. L'obiettivo è comporre un quadro completo dopo l'estate e partire nel 2016. © RIPRODUZIONE RISERVATA Importo e incidenza sul totale degli interventi per la difesa del suolo pronti per il cantiere (progetti esecutivi) per regione. Dati in milioni di euro Totale Italia 1.035,3 Importi progetti esecutivi 4,90% Esecutivi in % sul totale 21.004 Valore tot. progetti 2.399,6 3.435,6 1.226,9 1.474,8 619,9 839,6 987 56,4 831,8 663 1.599,8 1.612,3 417,1 79,5 1.363,3 900,9 262,3 676,8 732,7 345,8 478,3 0,65% Lombardia 4,7 Emilia Romagna 9,8 1,09% Veneto 14,0 0,88% Toscana 20,6 3,11% Lazio 79,9 5,42% Marche 7,9 3,01% Piemonte 11,2 0,82% Puglia 11,9 0,74% Campania 257,3 7,49% Umbria 2,7 0,79% Abruzzo 21,7 2,60% Friuli Venezia Giulia 11,5 2,76% Basilicata 22,3 2,33% Bolzano 11,2 14,09% Liguria 5,3 0,78% Calabria 26,6 3,16% Sicilia 343,2 14,3% Molise 66,2 10,67% Sardegna 85,1 6,94% 0,10% Valle d'Aosta 0,5 Trento 21,7 38,49% XX% Regione Importi progetti esecutivi Esecutivi in % sul totale XX XX Valore tot. progetti Nota: Sono esclusi i progetti del piano stralcio per le aree metropolitane e quelli per le Autorità di bacino La mappa dei progetti

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 15 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 25 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Costruzioni. Il dividendo sale a 0,20 euro - Corre del 7,36% a Piazza Affari Astaldi, più profitti e taglio al debito Galvagni

Astaldi ha chiuso ieri il bilancio 2014 con debiti in discesa e profitti in progresso. Numeri che, combinati assieme, hanno portato il consiglio di amministrazione a deliberare di proporre ai soci, in occasione dell'assemblea di bilancio del prossimo 23 aprile, un aumento della cedola che salirà da 0,19 euro per azione a 0,20 euro. Prosegue, inoltre, il piano per alleggerire ulteriormente l'esposizione. A tal proposito, la società ha confermato che è in corso il processo di valorizzazione degli asset in concessione. Percorso avviato a fine 2014 e che rappresenterà, come dichiarato dall'amministratore delegato Stefano Cerri, «un'ulteriore rafforzamento della struttura finanziaria e la premessa per un'ulteriore fase di sviluppo del gruppo». Riguardo a ciò, Astaldi stima che il processo possa essere completato entro i prossimi 12-18 mesi, «anche attraverso la costituzione di un apposito veicolo di investimento». Il portafoglio di attività in concessione è costituito da 15 progetti in essere nei settori trasporti, sanità ed energia. pagina 26 © RIPRODUZIONE RISERVATA Astaldi ha chiuso ieri il bilancio 2014 con un debito in discesa, profitti in progresso e un margine operativo lordo in leggera contrazione. Numeri che, combinati assieme, hanno portato il consiglio di amministrazione a deliberare di proporre ai soci, in occasione dell'assemblea dei conti del prossimo 23 aprile, un aumento della cedola che salirà da 0,19 euro per azione a 0,20 euro. Prosegue, inoltre, il piano per alleggerire ulteriormente l'esposizione. A tal proposito, la società ha confermato che è in corso il processo di valorizzazione degli asset in concessione. Percorso avviato a fine 2014 e che rappresenterà, come dichiarato dall'amministratore delegato Stefano Cerri, «un'ulteriore rafforzamento della struttura finanziaria e la premessa per un'ulteriore fase di sviluppo del gruppo». Riguardo a ciò, Astaldi stima che il processo possa essere completato entro i prossimi 12-18 mesi, «anche attraverso la costituzione di un apposito veicolo di investimento». Il portafoglio di attività in concessione è costituito da 15 progetti in essere nei settori trasporti, sanità ed energia e ha una diversificazione geografica che comprende Italia, Cile e Turchia. L'investimento complessivo a valori di libro ad oggi effettuato da Astaldi nelle società di progetto ammonta a circa 600 milioni e di questi circa 500 milioni sono destinati alla valorizzazione. Quanto al bilancio 2014, Astaldi ha registrato un utile netto di 81,6 milioni, in crescita del 21% rispetto al 2013. I ricavi totali sono saliti a 2.653 milioni, in progresso del 5,7% rispetto all'anno precedente mentre il margine operativo lordo è sceso a 306,4 milioni dai 322,1 milioni del 2013. Tra le voci più significative il debito: l'esposizione è passata dai 1.104,7 milioni di settembre 2014 ai 798,6 milioni del 31 dicembre 2014, dato sostanzialmente in linea con l'anno precedente. Il patrimonio netto è sceso a 580 milioni dai 592 milioni del 2013, il che significa che ora il debito è pari a 1,5 volte il patrimonio (a settembre era quasi 2 volte). Infine, il portafoglio ordini totale è pari a oltre 27 miliardi e i nuovi ordini acquisiti nel 2014 ammontano a 3 miliardi. In virtù di tutto questo, Astaldi ha precisato che «conferma i piani di crescita». La società ha infatti sottolineato che «nonostante le complessità dei mercati di riferimento, la solidità del business e un modello di sviluppo flessibile hanno consentito il raggiungimento degli obiettivi prefissati». In particolare, i risultati hanno beneficiato «dell'ottima performance del quarto trimestre 2014». Il contesto domestico di riferimento, ha poi precisato la società, «mostra timidi segnali di ripresa confermata dai nuovi ordini dell'ultima parte dell'esercizio». Il gruppo, ha infine commentato Cerri, «sta realizzando un significativo consolidamento sotto il profilo industriale e finanziario, quale effetto della strategia adottata con continuità». © RIPRODUZIONE RISERVATA L.G. Astaldi Andamento del titolo a Milano 7,35 7,05 6,75 6,45 6,15 5,85 10/02 10/03

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 16 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 25 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Foto: Al vertice . Paolo Astaldi

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 17 11/03/2015 La Repubblica - ed. Torino Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Code e slalom in centro, è iniziato il "mese dei cantieri" GABRIELE GUCCIONE

VIA Rossini: chiusa. Via Accademia Albertina: chiusa. Via Pietro Micca e via Po: ristrette a una sola corsia per consentire agli operai di Gtt di metterea posto il pavimento sotto i binari del tram e di rifare il look alle fermate in vista dell'ostensione della Sindone e degli appuntamenti di Expo 2015. È iniziato con qualche incolonnamento, soprattutto nelle ore di punta, e non pochi slalom tra ruspe, scavatori e auto lasciate senza ritegno in doppia fila, il lungo mese dei cantieri che promettono di rendere la vita difficile a chi si troverà a passare per il centro. Un mese, in tempo per presentarsi con i vestiti in ordine al fiume di pellegrini e turisti, che i torinesi dovranno sopportare con pazienza, cercando il più possibile di stare alla larga dai quattro cantieri. Il primo banco di prova del "mese nero" è stato ieri: i vigili urbani, guidati dal comandante Alberto Gregnanini che si è voluto rendere conto di persona della situazione, hanno controllato il centro per tutta la giornata. Inevitabili i disagi, compresa qualche coda soprattutto in via Po, l'unica delle quattro, in fondo, a non essere limitata ai mezzi pubblici. La sorte peggiore è toccata agli automobilisti che, con sprezzo del pericolo, hanno deciso comunque di lasciare le proprie auto in seconda fila all'imbocco di via Po: una mossa che in alcuni momenti ha causato non pochi rallentamentie cheè stata subito punita dai civich con una raffica di verbali. In via Pietro Micca la fine dei lavori è fissata per il 28. Nel frattempo le linee tranviarie si sono trasformate in bus. In via Po il cantiere andrà avanti fino al 31, così come in via Rossini, che del resto è riservata ai mezzi pubblici. Mentre in via Accademia sono iniziati i lavori di scavo del nuovo parcheggio sotterraneo di piazza Carlina. Foto: LE STRETTOIE Una ruspa in azione in via Pietro Micca, uno dei cantieri che per un mese occuperanno il centro

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 18 11/03/2015 Il Fatto Quotidiano Pag. 1 (tiratura:100000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato "GROTTAPERFETTA" Le proteste non bloccano l'avanzata delle ruspe La lobby del cemento copre l'Appia Antica Silvia D ' Onghia

Il Comune di Roma regala 400 mila metri cubi ai soliti costruttori. Una tangenziale e 32 palazzi sorgeranno sopra una necropoli che nessuno potrà più vedere, sotto le fondamenta D'Onghia » pag. 18 - 19 Dicono che a Roma, ovunque si faccia un buco nel terreno, si trovi qualcosa di antico. Forse è per questo che, con una frequenza impressionante, la Soprintendenza decide di ricoprire qualsiasi cosa venga alla luce al di fuori dal centro storico (anche perché lì è tutto già scavato). Non ci sono i soldi, si dice ancora, per mantenere aperti i nuovi siti. È vero. Ma forse nel caso dei ritrovamenti di Grottaperfetta, a pochi passi dall ' Appia Antica, i soldi per una volta sarebbero entrati nelle casse del Comune e in misura molto maggiore rispetto alle uscite. UNA NECROPOLI risalente al I-II secolo dopo Cristo, completa di piccoli mausolei e recinti funerari, cospicue quantità di frammenti ceramici di età medio repubblicana, una fattoria evolutasi in villa suburbana, un lungo tratto di strada romana con rivestimento basolato ben conservato, un tratto di acquedotto e un ' antica cava. Almeno per quello che si è scavato. Il tutto non solo beatamente ceduto al consorzio di costruttori Grottaperfetta, perché all ' interno di un ' area ceduta dal Comune di Roma in convenzione, ma altrettanto beatamente ricoperto da abbondanti strati di terra. Né i romani né i turisti potranno mai visitare quella necropoli. In compenso gli acquirenti dei lussuosi appartamenti nei mega-palazzoni che sorgeranno a partire dal 2016 potranno dire di camminare sulla storia. La vicenda dell ' intervento urbanistico n. 60 comincia nel lontano 1962, quando - nell ' al lora Piano regolatore - veniva no destinati 180 mila metri cubi all ' edilizia, in una zona ancora poco abitata. Siamo a pochi metri dal parco dell ' Appia Antica, c ' è soltanto una strada che divide le due aree. Ed è proprio l ' Appia Antica, nello specifico la Tenuta di Tor Marancia, che determina 40 anni dopo l ' am pliamento del regalo ai " palaz zinari " : non potendosi costruire in zona vincolata, il Comune, anzi che dire " scusate, ci siamo sbagliati " , decide di " compen sare " . E così i metri cubi di Grottaperfetta passano da 180 mila a 400 mila all ' inizio del 2000. Il gruppo che si aggiudica il premio è formato da una cordata in cui si sono alternati la famiglia Mezzaroma, Ciribelli, Calabresi, Rebecchini, Marronaro e il Consorzio di cooperative Aic. Nomi che i romani, ma non solo loro, conoscono bene. La convenzione con il Campidoglio viene siglata il 5 ottobre 2011 e integrata il 18 giugno 2012. I 400 mila metri cubi si traducono in altri numeri, che danno ancora di più la dimensione dell ' affare: sull ' area, che si estende per 23 ettari, si dovranno costruire 32 edifici a uso abitativo, un centro polifunzionale, due asili, una piazza, strade interne per la viabilità locale, parcheggi, una pista ciclabile, un sovrappasso in legno e, tanto per non farsi mancare nulla, una tangenziale di collegamento con la via Laurentina. L ' han no chiamata " Nuovo Rinascimento " , forse perché la popolazione aumenterebbe di 5.000 unità. E del resto come dire di no a " piacevoli linee architettoniche " , " ampie terrazze " e " lus suosi appartamenti " che partono dalla modica cifra di 230 mila euro (box escluso, naturalmente)? Le vendite sono già in corso e pullulano le inserzioni sui giornali locali, a firma Immobildream di Roberto Carlino, quello che " non vende sogni ma solide realtà " . GLI UNICI che stanno tentando di opporsi a quest ' immensa colata di cemento - in una città in cui Legambiente stima la presenza di 250 mila alloggi sfitti - sono i cittadini e il Municipio VIII. I primi si sono costituiti in un comitato, " Stop I-60 " (che ha un proprio sito e una pagina Facebook), e da tempo cercano con ricorsi e manifestazioni di bloccare le ruspe. Il Municipio ha messo in campo tutte le iniziative legali possibili. " Nel febbraio dello scorso anno - rac conta il presidente Andrea Catarci - abbiamo fermato le opere abusive di reinterro dello storico Fosso delle Tre Fontane, intorno al quale esiste un doppio vincolo: idraulico, sul quale abbiamo già vinto, e paesaggistico. A luglio 2014, il Gip di Roma ha disposto il sequestro preventivo dell ' area, già sottoposta a sequestro probatorio dalla polizia giudiziaria di Roma Capitale, per consentire il ripristino del Fosso. La legge dice, oltre tutto, che si deve costruire a 150 metri dai corsi d ' acqua " . Ma come sempre, quando ci sono di mezzo carte e pareri (e soprattutto cemento), la soluzione non è semplice. La giunta regionale del Lazio, su sollecitazione del Consorzio, ha approvato una delibera che toglie il vincolo esistente

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 19 11/03/2015 Il Fatto Quotidiano Pag. 1 (tiratura:100000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

al Fosso delle Tre Fontane. Contro la giunta Zingaretti, si è espresso per ben due volte (l ' ultima, a dicembre 2014) il ministero per i Beni culturali: " Si sottolinea - ha scritto - che la rettifica deliberata dalla Regione è motivata su un dichiarato errore di graficizzazione. Si conferma la rilevanza paesaggistica del corso d ' acqua " . Anche l ' Autorità di bacino del Tevere richiede che il Fosso venga " tutelato e valorizzato " . Come se non bastasse, la Procura di Roma sta indagando per capire se il re-interro del Fosso sia avvenuto attraverso " false " autorizzazioni e - scrive il Gip - il Corpo forestale ritiene il cantiere "' abusivo ' poiché la convenzione, e con essa i progetti delle opere di urbanizzazione ed edificazione sono stati adottati su un presupposto falso, quale la dichiarazione di tombinamento del fosso " . " C' È UN ' ALTRA anomalia, che se non fosse tragica sarebbe addirittura ridicola - prosegue Catarci - : due estati fa i sei antichi casali presenti sull ' area della lottizzazione hanno deciso di suicidarsi tutti insieme. Sono crollati, si sono auto-demoliti, così ci è stato detto. Esiste, però, un vincolo della Soprintendenza per cui si può costruire a 50 metri dalle pre-esistenze " . Che sarà mai, sostiene Barbara Mezzaroma, che in una lettera alla cittadinanza parla di " argo mentazioni pretestuose e prive di fondamento " . Quisquilie, insomma. E, se proprio volete ammirare i resti antichi, potete sempre fare un buco nel giardino di casa (nostra).COSÌ FU Sull ' app del Fatto il video della lottizzazione di Grottaperfetta. Qui a destra, la necropoli romana prima che venisse ricoperta Foto di Alessandro Lisci Foto: I resti coperti dal cemento Foto Alessandro Lisci

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 20 11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - ed. Bologna Pag. 2 (diffusione:165207, tiratura:206221) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato L'INCONTRO ESERCENTI E POLITICI AL BARACCANO. LO SFOGO DI ANNA MARIA BONAGA «I miei dipendenti vogliono tagliarsi la paga»

UN CANTIERE «fatto di rattoppi», portato avanti con «modifiche continue» e «sempre meno lavoratori impiegati». Non solo, operazioni che a causa dei problemi di Coop costruzioni «potrebbero subire paralisi e rallentamenti che potrebbero portare la consegna ben oltre la fine del 2015». Queste le paure e le critiche emerse ieri sera, durante il convegno 'Cantiere Ugo Bassi-Rizzoli: lo Stato serve a qualcosa?'. Organizzazione del Forum dei comitati e delle associazioni, teatro la sala Biagi del Baraccano. «LA SITUAZIONE è insostenibile - ha esordito Anna Maria Bonaga del panificio Atti -. Questa mattina (ieri, ndr) la nostra capocommessa ci ha riferito la disponibilità dei nostri dipendenti di ridursi lo stipendio di 200-300 euro pur di mantenere il posto di lavoro. Io e i miei figli siamo rimasti gelati». Oltre ai commercianti, al convegno erano presenti Lega, Forza Italia e M5S, oltre al comitato 'Vivere il centro'. Assente invece il Pd, che per impegni ha dovuto declinare l'invito. Galeazzo Bignami, capogruppo forzista in Regione, è tornato sulla sua proposta di legge regionale per un fondo che aiuti le attività affacciate sui lavori pubblici: «La mia proposta era semplice, basterebbe un fondo sul quale poi ogni singolo Comune farebbe partire una gara d'appalto. Non si spiega perché non si possa fare». Marco Piazza (5Stelle) ha ricordato l'appoggio del Movimento alla proposta di legge regionale forzista, mentre Paola Scarano (Lega) ha parlato, esprimendo grande preoccupazione, della sua interrogazione presentata in consiglio comunale sulla situazione di Coop costruzioni: «Duecento esuberi sono tantissimi, qui si va incontro a una serie di scioperi». Marco Lisei, consigliere comunale di Forza Italia, ha fortemente criticato la gestione dei lavori: «C'è un'improvvisazione continua. Inoltre per un cantiere così grande registriamo una forza lavoro insufficiente. Se ci saranno danni a esercizi e persone chi li ripagherà?». AL CONVEGNO ha partecipato anche Giorgio Izzo Gualandi, titolare della farmacia Zarri e voce del comitato dei commercianti: «Merola si è detto tranquillo su Coop costruzioni, noi invece non lo siamo. Vediamo pochi operai al lavoro, c'è poco da fare. Stiamo pressando per gli sgravi fiscali, sapremo di più in questa settimana. Intanto, abbiamo ricevuto anche un'altra anticipazione: il Crealis con ogni probabilità passerà anche nei weekend. L'accordo per la sua realizzazione prevede che passi 365 giorni. Difficile credere che verrà ridotto». Al termine la richiesta di aiuto dei tassisti bolognesi, rappresentati dal sindacato Uritaxi: «Perdiamo soldi e clienti, con il cantiere siamo costretti a fare giri più lunghi», ha spiegato Manuel Minezzi. Paolo Rosato

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 21 11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - ed. Bologna Pag. 4 (diffusione:165207, tiratura:206221) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Da quattro anni una gru oscura l'orizzonte Il 'salotto' promesso è un progetto fallito Via Oberdan, la tormentata ristrutturazione di Palazzo Tubertini, ferma da luglio

COMMERCIANTI e residenti la chiamano (a denti stretti) la loro personale Tour Eiffel. Ma sotto la gru che da quattro anni staziona a metà di via Oberdan, incartato dietro una barriera di compensato e cartelli che inneggiano a una futura oasi residenziale, c'è un palazzo del XV secolo, dimora della famiglia Ludovisi, e in seguito ricostruito dalla famiglia Tubertini nel 1770. Un 'elegante salotto nel cuore di Bologna', si legge nel sito dedicato all'edificio, che però negli ultimi quattro anni è diventato una spina nel fianco per residenti e commercianti. E anche dei proprietari, visti i tanti passaggi di mano. ALL'INIZIO del '900 il palazzo fu acquisito dal Credito Romagnolo, che ne avviò anche il restauro nel 1935. Dopo varie fusioni e acquisizioni, l'immobile arriva nelle mani di Unicredit, che lo cede poi all'Immobil Due srl di Trento. È questa società a decidere di trasformare il tutto in un complesso residenziale e commerciale di lusso, avviando i lavori nel 2011. Un cantiere che però non è ancora finito. Anzi, nel 2013 arriva il carico da novanta: un'ordinanza di occupazione del suolo pubblico da 491 giorni e una gru che troneggia ancora sul Ghetto ebraico e sulla Torre Prendiparte. Via Oberdan viene ristretta per fare spazio ai macchinari, via Altabella diventa un crocevia di mezi pesanti; ma si lavora, presto arriveranno i residence , gli appartamenti, i nuovi negozi. PECCATO che nel luglio 2014 il cantiere si fermi: una delle ditte appaltatrici, la Coop Cesi di Imola, fallisce ed entra in liquidazione. Anche Coop Costruzioni molla l'osso, ma il cantiere resta dov'è, gru, impalcature e recinzione incluse. «Come Ascom - spiega il dirtettore Giancarlo Tonelli - temevamo che lo stallo del cantiere si sovrapponesse ai disagi provocati dal 'cantierone'. Capiamo bene la gravità della crisi che attanaglia il settore dell'edilizia, ma non è giusto che i commercianti della strada si accollino, oltre alle difficoltà che gravano sulle loro attività, il peso di una doppia crisi». NONOSTANTE il destino del cantiere e del Palazzo Tubertini sia di fatto in mano a privati, «chiediamo all'amministrazione di aprire un tavolo con i cittadini, le associazioni e i commercianti della zona per capire come risolvere o almeno compensare i disagi che questo doppio cantiere sta causando a un'intera area del centro», conclude Tonelli. Valeria Melloni Foto: TRA L'INCUDINE E IL MARTELLO Da sinistra, Cinzia Grisoli, Elena Naldi, Andrea Bertusi, Lorenzo Ceccarelli, Francesca Marrè e Franco Macchiavelli A sinistra, la maxi-gru Sotto, Giancarlo Tonelli, direttore dell'Ascom

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 22 11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - ed. Modena Pag. 11 (diffusione:165207, tiratura:206221) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

«Edilizia scolastica, servono 10 milioniper migliorare e ampliare gli edifici» Elenco di 14 interventi nell'arco di tre anni in città e provincia

PER L'EDILIZIA scolastica la Provincia ha approvato un elenco di progetti con l'obiettivo di accedere ai fondi messi a disposizione di recente dal Governo, pari a oltre 800 milioni di euro a livello nazionale. Si tratta 14 interventi nell'arco di tre anni ritenuti prioritari per quasi dieci milioni di euro per migliorare e ampliare gli edifici scolastici superiori. L'elenco, approvato all'unanimità, sarà inviato alla Regione che ha un ruolo di coordinamento al fine di accedere alle risorse, tramite appositi mutui. «Le nostre proposte ha sottolineato Gian Carlo Muzzarelli, presidente della Provincia di Modena comprendono interventi che mirano sia ad adeguare dal punto di vista energetico e della sicurezza le strutture scolastiche esistenti, che a soddisfare il fabbisogno di aule legato all'incremento della popolazione scolastica. I progetti sono pronti e cantierabili entro il 30 settembre come richiesto dal decreto». Per il 2015 la Provincia ha indicato prioritario il primo stralcio dell'intervento di messa in sicurezza e l'adeguamento alle nuove normative antincendio dell'istituto Guarini di Modena (500 mila euro) e l'ampliamento del Meucci a Carpi (due milioni e 100 mila euro); per il 2016 la Provincia punta a ottenere le risorse per realizzare il secondo stralcio dei lavori al Guarini, la ristrutturazione del Formiggini di Sassuolo con il rifacimento dei serramenti, delle coperture, intonaci esterni e tinteggiature; poi sempre a Sassuolo i lavori al Morante sull'impianto idrico, il sistema fognario e le murature e al Baggi su pavimenti e infissi; in programma anche adeguamenti normativi antincendio al Tassoni di Modena, e l'ampliamento del polo Levi-Paradisi di Vignola con la messa in sicurezza di alcuni elementi al Levi di Vignola per una spesa complessiva relativa al 2016 di oltre quattro milioni di euro; per il 2017 le priorità riguardano la ristrutturazione dell'aula magna del Barozzi di Modena, l'ampliamento del polo scolastico del Selmi, la manutenzione del polo Selmi-Corni e del Corni in largo Aldo Moro oltre agli adeguamenti normativi al Corni, Selmi e Venturi di Modena per un investimento complessivo nel 2017 per oltre tre milioni di euro. Le tipologie ammesse a finanziamento, indicate dalla Regione, sono la messa in sicurezza, l'adeguamento sismico, il miglioramento energetico, ristrutturazioni, miglioramento degli edifici ma anche la costruzione di nuovi edifici e palestre. Tra i criteri per l'individuazione degli interventi figurano anche l'avanzato livello di progettazione e il completamento di lavori già iniziati. Su indicazione della Regione nell'elenco non figurano i lavori sulle scuole del cratere che sono finanziati con le risorse specifiche della ricostruzione.

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 23 11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - ed. Cesena Pag. 3 (diffusione:165207, tiratura:206221) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato RINVIATA AL 14 MAGGIO L'UDIENZA PREVISTA PER DOMANI IN TRIBUNALE A RIMINI Altri due mesi di snervante attesa per i creditori dell'Edile Carpentieri

SI ALLUNGANO a dismisura i tempi della procedura di concordato in bianco' che l'Edile Carpentieri, azienda riminese che a Cesena ha realizzato il Foro Annonario lasciando un buco' da almeno due milioni e mezzo di euro dopo aver incassato il corrispettivo del lavoro svolto dalla società Foro Annonario Gest'. Per i mancati pagamenti della Edile Carpentieri sono entrate in crisi diverse aziende artigiane del Cesenate. L'EDILE CARPENTIERI il 27 giugno dell'anno scorso aveva presentato al Tribunale di Rimini la richiesta di concordato in bianco' con prosecuzione dell'attività; si tratta di una procedura che blocca ogni azione ingiuntiva e istanza fallimentare in attesa della presentazione di un piano per il rimborso parziale dei creditori. Il 24 dicembre, dopo un rinvio, il collegio guidato da presidente del Tribunale di Rimini Rossella Talia ha accolto la richiesta della Edile Carpentieri valutando positivamente il piano di risanamento finanziario ed economico che prevede, oltre al pagamento integrale delle spese di giustizia, il pagamento integrale dei creditori privilegiati (tra i quali i dipendenti) entro 12 mesi dall'omologa del concordato; il pagamento integrale dei creditori garantiti da ipoteche su immobili attraverso la vendita degli stessi; il pagamento dei creditori strategici per la continuazione dell'attività (fornitori di merci e servizi) al 50% in quattro rate semestrali a partire da un anno dopo l'omologa; il pagamento dei creditori non strategici (fornitori, istituti di credito...) al 30% con le stesse modalità; il pagamento dei creditori bancari strategici (che continueranno a finanziare l'attività dell'azienda) all'80% con piano di ammortamento decennale. DOMANI avrebbe dovuto esserci l'udienza nella quale i creditori dovevano esprimersi sulla proposta di concordato, ma il Tribunale di Rimini ha disposto, su istanza dell'Edile Carpentieri, il rinvio al 14 maggio prossimo. Secondo quanto comunicato ai creditori dal commissario giudiziale Chiara Ruffini, l'Edile Carpentieri ha motivato l'istanza di proroga annunciando il deposito di una modifica a integrazione della proposta concordataria. TRA UNA COSA e l'altra si arriverà quindi a un anno di tempo (o anche di più) per capire se si troverà un accordo fra l'Edile Carpentieri e i creditori che, nel frattempo, devono aspettare a far valere i loro diritti.

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 24 11/03/2015 QN - Il Resto del Carlino - ed. Cesena Pag. 3 (diffusione:165207, tiratura:206221) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

I lavori del Campus all'ex zuccherificio vanno al rallentatore L'impresa costruttrice sarà sostituita? L'impresa costruttrice sarà sostituita? GRAVE RITARDO E' stata già abbondantemente superata la metà del tempo ma l'opera è ferma al 7%

SARÀ molto difficile, per non dire impossibile, che i tempi per la realizzazione dell'edificio del campus universitario cesenate destinato a ospitare i corsi di laurea di Architettura e Ingegneria rispettino i termini previsti: dallo scorso mese di dicembre il cantiere è praticamente deserto. Non si tratterebbe solo della logica diminuzione dell'attività edilizia in coincidenza con la stagione invernale, ma di una vera e propria crisi di liquindità della ditta Gozzo Impianti - Impresa generale di costruzione di Pianezza, in provincia di Torino e delle altre aziende del gruppo impegnate a Cesena. L'ULTIMO LAVORO importante è stato realizzato il 9 dicembre scorso: la gettata il cemento armato del solaio del primo dei cinque corpi che costituiranno l'edificio, quello adiacente a via Machiavelli. Da allora gli interventi nel cantiere sono stati pochissimi e di entità non rilevante. Di questo passo, anche accelerando al massimo i tempi, la fine dei lavori prevista a febbraio 2016 (termine che già comprende il ritardo dovuto alla bonifica bellica del terreno) non sarà rispettata. In realtà l'Università potrebbe aspettare ulteriormente qualche mese, visto che l'anno accademico inizia a settembre, ma le speranze che venga rispettato anche questo termine ultimo sono ridotte al lumicino: siamo già oltre la metà del periodo previsto per i lavori e fino a ora sono state realizzate solo le fondamenta di uno dei cinque corpi previsti dal progetto dello Studio Gregotti. L'IMPRESA piemontese ha risposto alle sollecitazioni dell'Università dichiarandosi intenzionata a proseguire nell'impegno e a portare a termine la costruzione del grande edificio, per il quale è previsto un investimento di quasi 20 milioni di euro, ma i lavori non ripartono con la spinta che servirebbe. Peraltro, se i lavori non avanzano, non si sbloccano i pagamenti previsti, per cui si innesca un circolo vizioso che si stringe in modo sempre più preoccupante: all'impresa mancano i soldi per acquistare i materiali da costruzione necessari a far progredire i lavori, e quindi l'Università non dà luogo ai pagamenti, previsti a stadi di avanzamento dei lavori. Fino a ora, infatti, l'azienda torinese ha incassato 1,5 milioni, il che significa che i lavori sono arrivati a coprire poco più del 7% del totale. Servirebbe una maggiore apertura di credito da parte delle banche, ma pare che anche su questo fronte non ci siano buone prospettive nonostante una notevole mole di lavori nel portafogli del gruppo Gozzo. E' PREVEDIBILE , se non cambia qualcosa in tempi rapidi, che l'Università prenda seriamente in esame l'ipotesi di recedere dal contratto col gruppo Gozzo e cerchi un'altra impresa in grado di completare i lavori nei tempi previsti. NUOVE REGOLE Non si fa credito NEL MONDO dell'edilizia è cambiato tutto rispetto a pochi anni fa. Allora cemento e carpenteria metallica venivano venduti sulla fiducia alle imprese e i pagamenti venivano effettuati a 90 o 120 giorni; adesso bisogna versare un acconto all'ordine e saldare alla consegna, altrimenti il materiale non arriva in cantiere. CANTIERE Lo striscione che annuncia che dal 25 giugno 2013 il Gruppo Gozzo ha 900 giorni per concludere la costruzione dell'opera, e lo stato di ieri

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 25 11/03/2015 Il Secolo XIX Pag. 12 (diffusione:103223, tiratura:127026) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato FINCANTIERI: CON LA LEGGE NAVALE PREVISTE 15 UNITÀ PER RIVA TRIGOSO E MUGGIANO Genova gi à al lavoro per la Silversea Ma il contratto rimane coperto da segretezza. Ad aprile arriva la Regent ALBERTO QUARATI

ROMA. L'incontro sindacale di luned ì in Confindustria sull'integrativo Fincantieri - dedicato alle prospettive industriali del gruppo - ha posto la Liguria al centro dell'attenzione su almeno quattro fronti: commesse, accorpamento Meccanica, legge navale, riparazioni. Commesse: i dirigenti del gruppo hanno sottolineato come ci siano ancora cinque navi il cui cantiere di costruzione deve essere assegnato: la seconda Carnival classe Vista, la seconda Holland classe Pinnacle, la Seabourn "Ovation" e la quarta unità Viking Cruise, più una commessa per ora coperta ma che è con certezza l'unità per la compagnia Silversea di Monaco, destinata al cantiere di Sestri Ponente, consegna fine 2016. Secondo fonti di mercato, gli uffici del gruppo avrebbero già finalizzato i contratti con le ditte di arredamento e siglato il contratto per l'approvvigionamento dei materiali. Ad aprile è poi previsto a Sestri l'arrivo del troncone della Regent da Castellammare, ed entro maggio-giugno dovrebbero essere riassorbiti gli 80-100 lavoratori genovesi ancora in cassa integrazione. Le altre commesse dovrebbero andare a Marghera, tenendo il cantiere occupato fino al 2018, mentre Monfalcone avrebbe in agenda, dopo la consegna della prima Carnival Vista, la terza opzione Princess e le due unità classe Seaside per Msc con lavoro fino al 2018, al netto delle indiscrezioni di mercato riguardanti sia Costa che Msc che terrebbero il cantiere occupato anche oltre quelle date. Buone notizie per Sestri, che avrebbe più chance per nuove commesse, in un periodo di ripresa del mercato e inteso che sul cantiere ligure ha precedenza Ancona. La legge navale, in attesa di essere definitivamente licenziata, prevede la realizzazione di 15 nuove unità, al 99% destinate a Riva Trigoso e Muggiano. Nel primo cantiere, l'azienda ha confermato l'intenzione di uno scorporo della meccanica, ma sempre entro il perimetro del gruppo, per ora sfumando sul tipo di legame che la collegherà a Isotta Fraschini. Infine è stato sottolineato l'impegno alle Riparazioni di Genova, con l'affitto del terzo bacino di carenaggio per un anno e l'affidamento degli uffici al Molo Guardiano (235 metri quadrati) - mosse tattiche in vista della privatizzazione di Ente Bacini. A livello generale, l'azienda ha comunicato l'intenzione di cambiare nel corso del tempo gli assetti produttivi, con un'esternalizzazione delle attività a basso valore aggiunto, e un'internalizzazione di quelle ad alto. Ora la discussione dovrebbe entrare nel merito del contratto. Due piattaforme: Fim-Uilm e Fiom. I metalmeccanici Cgil proclameranno un'ora di sciopero entro la settimana, per illustrare ai lavoratori in assemblea le questioni del contratto.

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 26 10/03/2015 Tuttotrasporti - ed. N.381 - marzo 2015 Pag. 84 (diffusione:24644, tiratura:50250) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato ATTUALITA IL FUTURO SI FA STRADA Superficie in calcestruzzo e pedaggi senza caselli caratterizzano due importanti opere pubbliche, la Statale 11 del Quadrilatero umbro-marchigiano e la Pedemontana Lombarda Michele Latorre

La sicurezza e l'efficienza delle infrastnitture stradali è un aspetto che sta molto a cuore agli autotrasportatori. E possono anche essere, per le imprese più innovative, l'obiettivo da perseguire per crescere e affermarsi sul mercato. È il caso della Luigi Metelli Spa di Foligno. Ben nota a livello regionale (venne fondata nel 1946 da Luigi Metelli), si è affacciata sul panorama nazionale entrando in un paio di grandi opere stradali, ossia la nuova Statale 77 Val di Chienti e l'autostrada A36 Pedemontana Lombarda. In entrambi i casi, l'azienda umbra agisce all'interno del Consorzio Stabile San Francesco, insieme con Colabeton Spa e Calcestruzzi Spa. In tale contesto, la Luigi Metelli porta la sua lunga esperienza nella produzione del calcestruzzo, che in queste due opere non serve solo per costruire viadotti e gallerie. Dopo anni di dominio incontrastato dell'asfalto, infatti, il calcestruzzo torna a ricoprire la superficie della strada. L'uso del calcestruzzo per costruire le strade non è certo una novità assoluta. Anzi, questo materiale è stato usato ancor prima dell'asfalto ed in alcuni Paesi - come Stati Uniti, Germania o Austria - non è stato mai abbandonato. In Italia, invece, l'asfalto è diventato predominante sulla superficie stradale a partire dalla ricostruzione post-bellica. Un gradito ritorno Ora però il calcestruzzo sta tornando nei cantieri, grazie a nuove formule e nuove tecnologie di posa che lo rendono competitivo rispetto ai conglomerati bituminosi. "La prima applicazione concreta si può già vedere sulla nuova Statale 77 Val di Chienti, opera che fa parte del Quadrilatero che collegherà Umbria e Marche", spiega Domenico Metelli, che insieme al fratello Giuseppe conduce la Luigi Metelli Spa. "In questo cantiere, il Consorzio Stabile San Francesco sta applicando 300mila metri quadrati di superficie stradale in calcestruzzo nelle dieci gallerie naturali più lunghe di un chilometro, per un totale di quaranta chilometri di strade". Il fondo stradale è posato dalla società austriaca Heilit-Woerner, che appartiene al Gruppo Strabag AG, tramite una speciale macchina che stende un'unica colata larga quanto la carreggiata stradale, offrendo così uno strato uniforme. Nel Quadrilatero si usa il calcestruzzo in galleria, perché questo materiale offre due importanti vantaggi sulla sicurezza. Il primo è che è incombustibile, quindi, nel caso si sviluppi un incendio di veicoli, non c'è emissione di fumi tossici e il manto stradale resiste ad alte temperature, restando percorribile dai mezzi di soccorso anche con temperature fino a 500 gradi. Doppio vantaggio II secondo vantaggio è che ha una superficie chiara, quindi rende più luminosa la galleria. Ma il calcestruzzo si può usare anche all'aperto e in questo caso i suoi fautori sottolineano altri vantaggi rispetto all'asfalto: minore manutenzione grazie a una maggiore durata (quindi anche meno cantieri sulle strade) e una maggiore resistenza ai carichi elevati, recupero del materiale dismesso e utilizzo di materie prime estratte in Italia e non derivanti dal petrolio. Il dibattito resta aperto sulla resistenza al rotolamento e sulla tenuta di strada. La prima dovrebbe essere inferiore col calcestruzzo, ma i sostenitori dell'asfalto ritengono che questo sia più sicuro in caso di pioggia o neve. D'altra parte, i fautori del calcestruzzo ribattono che questo materiale mantiene più a lungo la capacità di aderenza degli pneumatici, specialmente se la superficie della strada non viene pulita regolarmente. Gestione logistica diretta II calcestruzzo potrebbe ricoprire anche la nuova Pedemontana Lombarda, che è in fase di costruzione e dove opera anche il Consorzio Stabile San Francesco. Questa è la seconda opera di carattere nazionale cui partecipa la Metelli e conferma la tendenza alla crescita, che non si è interrotta con la crisi del 2008. Anzi, è proprio dopo tale data che l'azienda umbra ha avviato un processo di sviluppo: "Poco prima della crisi abbiamo attuato un consistente aumento di capitale per eliminare l'indebitamento e aumentare il nostro rating", spiega Giuseppe Metelli. "Questa capitalizzazione è servita per avviare importanti collaborazioni con altre imprese nazionali ed estere. L'altra mossa strategica è stato il passaggio da produttore di calcestruzzo a impresa di costruzioni". Dal punto di vista operativo, l'azienda ha scelto di seguire direttamente l'intera catena logistica, trasportando inerti e calcestruzzo con una propria flotta

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 27 10/03/2015 Tuttotrasporti - ed. N.381 - marzo 2015 Pag. 84 (diffusione:24644, tiratura:50250) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

di camion, che è formata da sessanta motrici pesanti, allestite con vasca per inerti, betoniera e beton-pompa. "Stiamo attuando un programma di ammodernamento della flotta, che prevede un ricambio dei veicoli entro i prossimi tre anni e un aumento del loro numero per affrontare il cantiere della Pedemontana", aggiunge Domenico. Un dimostrazione di fiducia per il futuro, rara in questo settore. Ma a Foligno hanno le idee chiare: "II futuro è nelle grandi opere e nel mercato internazionale. E noi sappiamo dove andare e con chi andarci", conclude Domeni co Metelli. E di quanto ci sia bisogno di imprese innovative e capaci di aggredire anche i mercati internazionali lo dimostrano i dati della crisi di questo settore. Le prime rilevazioni dell'anno, svolte dall'associazione dei costruttori edili Ance, mostrano infatti un calo d'investimenti stimato nel 3,5% rispetto all'anno precedente. Boccata d'ossigeno È un calo continuo iniziato a partire dal 2008, che in sette anni di crisi ha portato alla perdita di 522mila posti di lavoro, che diventano 790mila se consideriamo anche i diversi settori collegati. In termini di valore, l'Ance valuta che dal 2008, il settore delle costruzioni abbia perso ben 64 miliardi di euro in investimenti, ossia un terzo del valore complessivo del 2008. Le sole opere pubbliche mostrano un crollo del 48,1%. Ma emerge uno spiraglio: sempre secondo l'Ance, nei primi dieci mesi del 2014 sono aumentati i bandi di gara pubblici: +27,3% in numero e +2,4% in valore. Siamo lontanissimi da una ripresa, ma almeno le imprese più efficiente possono sperare in una boccata d'ossigeno. tH Lavori in corso Nelle immagini qui sopra e nella pagina accanto, gli automezzi dell'azienda di Foligno al lavoro per la realizzazione della nuova Statale 77 nel cosiddetto Quadrilatero umbro. Stella in cantiere II Mercedes-Benz Arocs 8X4 allestito con betoniera fa parte della flotta di 60 autocarri con cui la Metelli Spa gestisce direttamente l'intera catena logistica. Al lavoro in galleria Nele foto, in alto la stesura del calcestruzzo in galleria con la macchina che lo stende sull'intera carreggiata; sotto, il controllo di qualità dei materiali impiegati e a destra il risultato finale della posa del calcestruzzo. Pedemontana Lombarda CASELLI ADDIO, SI VA FREE-FLOW 11 primo taglio del nastro dell'autostrada A36 Pedemontana Lombarda è avvenuto a fine gennaio: 15 chilometri su un totale di 87 che collegano l' Milano- Varese a Cassano Magnago con la A9 Milano-Corno a Lomazzo. È il tratto A, con quattro svincoli a Busto Arsizio, Solbiate Olona, Mozzate e Cislago e due opere di collegamento, la strada che collega Uboldo e Tradate e la variante tra Solbiate Olona e Fagnano Olona. Tra le innovazioni introdotte dalla Pedemontana Lombarda c'è il sistema di pagamento: non ci saranno caselli o barriere, ma il pedaggio free flow, un sistema di portali elettronici che riconoscono la targa del veicolo e dispongono il pagamento tramite sistemi elettronici. Per tutto il 2015, comunque, il transito sarà gratuito. Ora è in fase di realizzazione la tratta B1, tra l'interconnessione con l' alla Provinciale SS 35. Seguirà la tratta B2, lungo i 9,5 chilometri che collegano Lentate sul Seveso a Cesano Maderno. L'autostrada proseguirà con latrate C (16,1 km da Cesano Maderno all'interconnessione con la Tangenziale Est) e la tratta D (18,5 km fino alla connessione con l'). Il progetto comprende anche opere connesse, le più importanti delle quali sono le tangenziali di Corno e Varese.

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 28 10/03/2015 HC Home Comfort & Design - ed. N.59 - mar/apr 2015 Pag. 46 (tiratura:60000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato 'RISPARMIO ENERGETICO - Costruzioni efficienti in fiera a Bolzano 10 anni di Klimahouse L'evento di riferimento per l'efficienza energetica e la riqualificazione in edilizia ha festeggiato il suo decimo anniversario tra convegni, premiazioni e ospiti importanti Sara Poletto

Sogni, speranze e aspettative sul futuro dell'energia e dell'ambiente appesi come tante foglie sull'albero installato all'ingresso di Fiera Bolzano. L'opera, realizzata con un insieme di radici di cirmolo dall'artigiano della Val Sarentino Hansjòrg Vienna, è stata creata per festeggiare il decimo compleanno di Klimahouse, la fiera italiana di riferimento per l'efficienza energetica e il risanamento in edilizia. Dal 29 gennaio al 1 febbraio 38.200 visitatori hanno percorso i corridoi di Fiera Bolzano, osservando molti tra i 460 espositori specializzati presenti. Un pubblico consapevole, come testimoniano i migliaia di messaggi appesi all'albero del futuro (senza contare quelli pubblicati sul suo doppio virtuale) e la presenza agli eventi convegnistici: 770 partecipanti al Congresso internazionale organizzato in collaborazione con l'Agenzia CasaClima, oltre 1.000 ai forum tematici, 330 alle visite guidate agli edifici modello, 50 consulenze private e una presenza attiva anche sui canali social della fiera. Il decimo anniversario di Klimahouse ha coinvolto non solo architetti, progettisti, operatori del settore e istituzioni ma anche un pubblico interessato a realizzare abitazioni a basso impatto energetico e ambientale. "Klimahouse si basa su tre punti di forza: tecnica e tecnologia, cultura e sapere progettuale, ricerca e innovazione. Per garantire lo sviluppo di questi tre filoni riteniamo necessario intensificare i collegamenti con il mondo scientifico e sviluppare partnership con i principali centri di ricerca e università europee", ha affermato Gernot Ròssler, Presidente di Fiera Bolzano, durante il suo discorso inaugurale e ha spiegato: "Klimahouse vuole conoscere in antìcipo quali sono le innovazioni capaci di ricadute sul mercato, le visioni future per il settore dell'edilizia e per un modo di vivere ed abitare sempre più rispettoso dell'ambiente, in sintonia con le esigenze e le aspettative di chi ci abita e lavora". Tra i momenti più significativi dell'evento, l'intervento dell'architetto Mario Cucinelia al Congresso internazionale "Costruire con intelligenza" con la sua visione di sostenibilità ambientale: "La società di oggi non è più la società dell'io ma è diventata la società del noi: per questo dobbiamo incominciare a lavorare tutti insieme. Vedere gli edifici come singoli elementi può essere comunque un esercizio utile, però credo che si debba approfondire meglio il concetto di sostenibilità, che non è solo da considerare come una performance ma è assolutamente da intendere in un'ottica più sociale": e ancora, la visita in anteprima al nuovo museo della montagna di Reinhold Messner, progettato dallo studio di Zaha Hadid e la premiazione delle aziende di settore più innovative con il Klimahouse Trend. settori espositivi della fiera ruotano tutt'attorno alla costruzione e riqualificazione di edifici energeticamente efficienti (finestre e porte termoisolanti, isolamento termico, elementi prefabbricati, coperture, strutture verticali e orizzontali, risanamento, facciate ventilate) e alle tecnologie correlate (riscaldamento, ventilazione, raffreddamento, energie rinnovabili, sistemi di regolazione e misurazione). E tra le proposte più interessanti per l'utente finale c'è sicuramente il variegato mondo della case prefabbricate in legno, case a basso consumo energetico e case passive, tra le diverse filosofie e i servizi messi a punto dalle tante aziende oggi presenti sul mercato. Nelle prossime pagine, alcuni progetti e tecniche costruttive presentati a Klimahouse 2015 proprio nell'ambito della prefabbricazione. BIOHAUS SOLUZIONI CHIAVI IN MANO L'azienda friulana ha presentato a Klimahouse 2015 il suo nuovo catalogo, che racchiude la filosofia e l'innovazione di chi costruisce secondo i principi di bio-edilizia e bioarchitettura dal 1998. Biohaus costruisce case ecologiche in legno con struttura a telaio preassemblato, meglio conosciuta come "platform frame", un sistema composto da un telaio strutturale e da tamponamenti laterali con isolamento termo-acustico interno ed esterno alla struttura portante, che garantisce eccellenti prestazioni sismiche e termiche. Dagli elementi costruttivi all'impiantistica più all'avanguardia, dai materiali naturali che preservano la salute alle tecnologie che assicurano comfort abitativo e risparmio energetico; l'azienda realizza, infatti, soluzioni "chiavi in mano". Biohaus integra, inoltre, sistemi domotici, consentendo una gestione intelligente di tutti gli apparati. Queste

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 29 10/03/2015 HC Home Comfort & Design - ed. N.59 - mar/apr 2015 Pag. 46 (tiratura:60000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

case sono garantite 30 anni e certificate secondo i più importanti standard internazionali come Passivhaus e Casaclima. www.biohaus.it RUBNER HAUS RHOME FOR DENCITY II prototipo di un appartamento cittadino di 60 metri quadri in grado di produrre più energia di quanta ne consuma attraverso energie rinnovabili e l'applicazione di strategie naturali passive. Progettato e realizzato dal team degli studenti dell'Università Roma Tre in collaborazione con Rubner Haus, Rhome for DenCity ha vinto la Coppa del Mondo al Solar Decathlon 2014, esclusivo riconoscimento ideato dal Department of Energy del Governo americano. Smontato a Versailles, il prototipo è rientrato a Chienes, nella sede storica di Rubner Haus, specializzata nel settore dell'edilizia in legno, e dal 29 gennaio è visitabile. Lo stesso nome "RhOME" fa riferimento alla Capitale per cui il progetto è stato specificamente ideato, luogo simbolo per ripensare le periferie in chiave sostenibile attraverso la costruzione di social housing low cosi altamente performanti. Il prototipo ha, infatti, dato prova di essere il progetto più meritevole superando i severi test relativi alla costruzione e alla qualità architettonica, all'ingegneria, all'efficienza energetica, alla sostenibilità, al design, alla trasportabilità, alla comunicazione e alla sensibilizzazione del pubblico. La struttura e le finlture sono realizzate in legno: dalle travi di legno lamellare per la distribuzione dei carichi a terra alla struttura portante e di chiusura della costruzione, dagli elementi di partizione e controventamento interni alle coperture e finlture. L'azienda altoatesina si è inoltre occupata della realizzazione di campioni di parete per test termici in camera climatica, del loro trasporto presso le sedi di prova, della produzione degli elementi costruttivi del loro assemblaggio. www.haus.rubner.com www.rhomefordencjty.it BIOHABITAT PARETI IN LEGNO MASSICCIO La peculiarità delle case Biohabitat è dovuta alla filosofia costruttiva che ne determina elevate prestazioni in termini di stabilità, sicurezza sismica e antincendio e di isolamento termo-acustico. Le pareti, firmate dall'azienda di Trento ed esposte in fiera, sono realizzate esclusivamente in legno massiccio di abete suddiviso in più strati (verticali, orizzontali e diagonali), fino al raggiungimento dello spessore desiderato (15 cm, 18 cm, 21 cm). Gli strati sono poi uniti tra loro da pioli in legno di faggio, senza l'uso di chiodi né colle, garantendo, quindi, benessere abitativo e salubrità indoor: queste pareti sono completamente prive di qualsiasi sostanza nociva e non emettono nell'ambiente domestico composti chimici dannosi per la salute. Sono, inoltre, traspiranti, consentendo la naturale regolazione dell'umidità presente all'interno dell'edificio e impedendo la formazione di muffe e batteri, così da mantenere l'ambiente sano e confortevole, senza necessità di installare impianti di ventilazione meccanica controllata. www.biohabitat.it WOOD BETON ANGOLA RENDER Tra i progetti esposti dall'azienda lombarda, specializzata nella realizzazione di strutture miste legno-calcestruzzo, grandi strutture in legno lamellare ed edifici ad alto risparmio energetico, il Padiglione dell'Angolo. Dal progetto dell'arch. Daniel Toso, è uno spazio espositivo di circa 2.000 mq che offrirà ai visitatori una riflessione basata sulla cultura alimentare dell'Angolo e sulle sue risorse, così come sull'importanza di uno sviluppo sostenibile. Verrà realizzato con una struttura prefabbricata in legno, cemento armato e acciaio, mentre la copertura sarà composta da un tetto verde dove verrà predisposto un percorso espositivo; infine, la zona esterna sarà rivestita con un tamponamento in legno sul quale verrà inserita una serigrafia in ferro con la scritta "Angolo". www.woodbeton.it nquestepagineialcuneimmagini ell'evento Klimahose 2015, svoltosi a olzano dal 29 gennaio all'1 febbraio www.klimahose.it

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 30

SCENARIO ECONOMIA

15 articoli 11/03/2015 Corriere della Sera Pag. 34 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

La Lente Il primo giorno di Qe: 3,2 miliardi I tassi negativi e il nodo perdite Giovanni Stringa

Il secondo giorno di vita del «quantitative easing» europeo ha portato un nuovo giro di ribassi - e di minimi storici - per i tassi dei titoli di Stato. Tre esempi sul fronte delle scadenze decennali: il Bund tedesco rende ora lo 0,23%, il Btp italiano l'1,21% e -fuori dall'euro, ma degno di nota visto il segno meno - il titolo svizzero è a quota -0,07%. Male le Borse e giù anche l'euro, sotto quota 1,07, al nuovo minimo da 12 anni sul dollaro. Lunedì, nel primo giorno del piano Bce, l'Eurosistema ha acquistato titoli pubblici per 3,2 miliardi di euro, in linea con gli obiettivi: lo ha detto il membro del consiglio direttivo, Benoît Cœuré. Alcuni dei bond comprati hanno tassi negativi, ma entro il limite di -0,2%. La domanda ora è: come saranno ripartite le perdite? Il 92% degli acquisti di Bund, Oat, Btp, Bonos eccetera pesa sulle spalle delle singole banche centrali. Sarà il consiglio direttivo a stabilire la ripartizione dei redditi degli investimenti in titoli. Due possibilità, secondo gli analisti: in base alle quote delle Authority nel capitale Bce, come succede in caso di condivisione europea del rischio, o semplicemente ogni banca per il proprio portafoglio. La seconda ipotesi sembra più favorevole ai Paesi del Sud e meno a quelli del Nord. Come la Germania, dove una buona fetta dei titoli di Stato rende sotto zero. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 32 11/03/2015 Corriere della Sera Pag. 34 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Un «compromesso» per salvare Atene Padoan: sforzi di tutti o rischia l'euro La spinta di Draghi per il ritorno della troika. E Tsipras chiede i danni di guerra a Berlino Ivo Caizzi

BRUXELLES Ripartono oggi gli incontri tra una delegazione della Grecia e le tre istituzioni rappresentative dei creditori, Commissione europea, Bce e Fondo monetario di Washington. Lo ha preteso la Germania nell'ultimo Eurogruppo dei 19 ministri finanziari come una delle condizioni fondamentali per arrivare a sbloccare circa sette miliardi di prestiti di salvataggio. I contrasti tra Atene e Berlino permangono. La sede degli incontri è Bruxelles, come ha chiesto il governo ellenico di estrema sinistra di Alexis Tsipras e del ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. Verifiche tecniche saranno attuate ad Atene, come vogliono la cancelliera tedesca di centrodestra Angela Merkel e il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble. Dall'Eurogruppo è trapelato che sarebbe stato il presidente della Bce, Mario Draghi, a convincere Varoufakis ad accettare le missioni nella capitale ellenica. Non verrebbe però più usato il nome "troika". E i tecnici dei creditori non entreranno più nei ministeri di Atene con l'atteggiamento definito da Varoufakis "coloniale". Tsipras ha vinto le elezioni promettendo la fine delle misure di austerità della troika. Ma rischia l'insolvenza. E Germania, Finlandia e Olanda pretendono ancora tagli per concedere i prestiti. All'Ecofin Schaeuble ha ribadito che, solo se Atene si accorda con le tre istituzioni dei creditori, «ci sarà la possibilità che si proceda con il pagamento». Anche il presidente dell'Eurogruppo, l'olandese Jeroen Dijsselbloem, ha ricordato che, se la Grecia non farà le riforme, «non avrà i soldi». Tsipras ha replicato rilanciando la richiesta alla Germania dei danni per l'occupazione nazista nella Seconda guerra mondiale. Per le urgenze attingerebbe a fondi previdenziali e a 550 milioni del Fondo salva Stati per le banche elleniche. «Con la Grecia stiamo cercando di trovare un compromesso, innanzitutto rispettando il voto degli elettori, ma anche gli impegni dei vari governi greci con le istituzioni europee e il Fmi», ha detto il commissario Ue per gli Affari economici, il socialista francese Pierre Moscovici. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha ventilato il «grande rischio che qualcuno consideri di non volere essere più un membro dell'unione monetaria», pur affermando di «non credere che la Grecia uscirà». Ma a Bruxelles temono l'insolvenza di Atene già entro questo mese, se non arriveranno i prestiti di salvataggio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Indice delle Borse Dati di New York aggiornati alle ore 20.00 FTSE MIB 22.345,77 -0,97% ê Dow Jones 17.713,99 -1,57% ê Nasdaq 4.875,02 -1,36% ê S&P 500 2.049,26 -1,45% ê Londra 6.702,84 -2,52% ê Francoforte 11.500,38 -0,71% ê Parigi (Cac40) 4.881,95 -1,12% ê Madrid 10.902,20 -1,38% ê Tokio (Nikkei) 18.665,11 -0,67% ê 1euro 1,0738 dollari -1,12% ê 1euro 130,2900 yen -0,78% ê 1euro 0,7128 sterline - 0,81% ê 1euro 1,0703 fr.sv. 0,11% é Titolo Ced. Quot. 10-03 Rend.eff. netto% Btp12-22/10/16 1,275% 103,86 0,20 Btp14-23/04/20 1,650% 107,20 0,15 Btp14-01/03/30 3,500% 124,59 1,26 Btp14-01/09/46 3,250% 122,71 1,89 Cambi Titoli di Stato Trattative I negoziati tra Grecia e rappresentanti dell'ex troika riprendono oggi come richiesto dall'Eurogrup-po e una trattativa serrata che sarebbe stata portata avanti dal presidente della Bce Mario Draghi Per Atene potrebbe essere già troppo tardi: tra le scadenze dei prestiti da ripagare a marzo, e il crollo delle entrate, le casse di Atene sono quasi vuote e il Paese si spinge sempre più vicino al rischio insolvenza Foto: Il vertice Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan con il collega greco Yanis Varoufakis ieri poco prima dell'inizio dell'Ecofin, l'incontro dei ministri delle Finanze degli Stati che fanno parte dell'Unione Europea

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 33 11/03/2015 Corriere della Sera Pag. 37 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Sussurri & Grida Marchionne vende azioni Fca per pagare le tasse

(r.po.) È ancora uno dei maggiori azionisti. Anzi: con un pacchetto intorno allo 0,7% Sergio Marchionne è il primo investitore singolo - da intendere come «persona privata» - di Fiat Chrysler Automobiles. Anche sull'ultima tranche di stock grant, operazione prevista dal piano di incentivazione al management approvata dall'assemblea dell'aprile 2012 e chiusa una settimana fa, l'amministratore delegato ha però in parte «fatto cassa» per pagare le relative tasse. La comunicazione che informa della vendita su 1,435 milioni di titoli è di ieri. A Marchionne rimangono 13 milioni di azioni. E una consistente plusvalenza: la corsa di Fca in Borsa continua, la cessione l'ha messa segno a 14,72 euro per azione. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il crac di Roberto Giuli, grande sponsor del Parma calcio ( m.ger. ) È fallita la principale società del gruppo di Roberto Giuli (foto) azionista del Parma calcio con il 10% e debitore di 152 milioni nei confronti della Snam, quotata in Borsa. Per coincidenza la sentenza di fallimento è arrivata nel giorno in cui il tribunale di Bologna ha nominato un curatore speciale del Parma proprio in seguito al ricorso per gravi irregolarità nella governance presentato dallo stesso Giuli. Mercoledì 4 marzo, il tribunale di Roma ha dichiarato dunque il fallimento della «E 2 Gas&Power», stabilendo al 16 giugno il termine per l'ammissione allo stato passivo e fissando l'udienza per il 16 luglio. Dalla sentenza si apprende che il creditore che aveva fatto richiesta di fallimento è Alessandro Rimato, ex legale del gruppo Energy. La società aveva cambiato nome l'estate scorsa, appena entrata in liquidazione. La denominazione precedente, quella per cui era nota nel mondo del trading di gas, era Energy Trading International. Il giro d'affari aveva toccato i 300 milioni, i debiti 236 milioni e nel 2013 era emersa una perdita di 130 milioni. È l'anno in cui il ministero dello Sviluppo economico aveva revocato a Energy l'autorizzazione alla vendita di gas. Il bilancio 2013 era stato bocciato da sindaci e revisori, con i primi che avevano addirittura portato un dossier in tribunale denunciando la mala gestio («sistematica spoliazione»). Mentre si allargava il «buco» nell'azienda «core» del gruppo, Giuli con un'altra controllata (Energy Ti Group) firmava nella primavera 2013 l'accordo di sponsorizzazione con il Parma (25 milioni in 10 anni) e rilevava il 10% del capitale. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fondazioni, la riforma al tavolo dell'Acri C'è anche il nodo della riforma delle Fondazioni bancarie, voluta dal governo Renzi, in agenda oggi al consiglio dell'Acri, presieduto da Giuseppe Guzzetti. L'associazione ha infatti iniziato a discutere con il ministero dell'Economia, cui spetta la vigilanza sugli enti, le ipotesi sui futuri assetti normativi e in particolare sulla percentuale massima di possesso, rispetto al patrimonio, delle banche conferitarie. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 34 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato L'INTERVISTA Costa (Fieg): un tavolo di sistema per l'editoria Andrea Biondi

Un tavolo di sistema per l'editoria. È la proposta di Mauzio Costa (presidente Fieg) per affrontare i temi della modernizzazione delle aziende editoriali, della distribuzione e del diritto d'autore. Andrea Biondi pagina 23 I temi principali da affrontare sono tre: la necessaria modernizzazione all'interno delle aziende editoriali; l'altrettanto necessaria modernizzazione del sistema distributivo e delle edicole e, ultimo ma non ultimo, il diritto d'autore. «Da questa situazione di crisi l'editoria può uscire solo affrontando i problemi in una logica di sistema. Abbiamo lanciato come proposta l'istituzione di un tavolo nazionale. Proposta subito accolta dal Governo che pare possa convocarlo nei prossimi giorni. Solo se ognuno farà la sua parte potremo lasciarci alle spalle questo tsunami che ha colpito l'editoria». Maurizio Costa, presidente della Fieg, sa che dietro a sé il settore ha anni di crisi. Ma sa anche che davanti ha sfide da affrontare, e in fretta. Su modernizzazione dell'attività editoriale e delle edicole gli attori della filiera possono giocare la loro partita. Ma sul diritto d'autore il discorso finisce, inevitabilmente, per cadere sui convitati di pietra per eccellenza: gli Over the top, i grandi signori della rete, e in particolare Google. «È necessario che non solo Google, ma Google in testa, visto che ha il 90% di quote nel mercato del search, paghi per i contenuti di qualità che riesce ad avere solo con il lavoro di qualità degli attori del sistema dell'editoria» spiega Costa a margine del convegno «L'editoria nell'era digitale: tutela dei diritti e nuove opportunità di mercato», che si è tenuto ieri a Roma in occasione della presentazione del libro di Ruben Razzante Informazione: istruzioni per l'uso. (si veda l'articolo a fianco). Presidente, si finisce a parlare sempre di Google. Ma davvero dalla risoluzione della questione Google passano in maniera così determinante i destini dell'editoria? È chiaro: non si tratta della panacea che può guarire tutti i mali. Ma affrontare i problemi legati all'attività di Google può dare un contributo significativo alla risoluzione dei problemi dell'editoria. Il giornalismo dà un valore aggiunto. E in questo senso quella della tutela dei contenuti è una battaglia fondamentale, non solo economica, per il futuro del nostro settore. Google però ha già detto in più occasioni che di pagare gli editori per i contenuti indicizzati dal motore di ricerca non ne vuol sapere. Io noto che a livello europeo, con la nuova Commissione, c'è una diversa sensibilità. E su questo confidiamo molto. Anche perché, non dimentichiamolo, ci sono altre questioni da risolvere. C'è un'opacità evidente sull'algoritmo di Google in base al quale vengono decise le indicizzazioni e le posizioni. Certo, non chiediamo di sapere tutto, ma fra questo e la nebbia più oscura c'è grande differenza. Evidente opacità esiste anche sui dati di business, che poi si riflettono sul pagamento delle tasse e quindi sulla necessità di avere una concorrenza leale fra i vari operatori. Proprio a partire da domani (oggi per chi legge, ndr.) il Tar potrebbe esprimersi sul ricorso Agcom, cui si sono uniti la Fieg e Confindustria Radio Tv, per rendere pubblici i dati del fatturato di Google. Li hanno forniti ad Agcom, ma richiedendo la segretezza. Come si fa? È importante avere queste informazioni per un corretto calcolo delle dimensioni del mercato pubblicitario, utili ai fini del sistema integrato delle comunicazioni. Lei sarebbe favorevole a una Google Tax? Io dico che Google deve pagare le tasse per i fatturati significativi che fa in Italia. Si parla di qualcosa come 1,2 miliardi di euro. Lo deve fare Google come tutti gli Over the top che fanno invece leva su normative fiscali più favorevoli. Certo è che quando Google ha deciso di chiudere Google News in Spagna, gli editori hanno addirittura chiesto al governo spagnolo di intercedere perché il colosso di Mountain View tornasse indietro rispetto a questa decisione.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 35 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Sono stati gli editori più piccoli a farlo. Per quelli più grandi lo spostamento in negativo non sembra ci sia stato granchè. E comunque il problema non è tanto di Google News, ma del search che sfrutta contenuti che vanno pagati. E Google non può più permettersi di evitare il confronto, ma deve invece sedersi a un tavolo e riconoscere i nostri diritti. Presidente, ma gli editori e l'Europa non potevano pensarci prima e creare vari soggetti come Google piuttosto che chiedere ora interventi che sembrano un po' come voler fermare il mare con le mani? Io penso che anche Google sia vicina a riconsiderare le sue posizioni di chiusura. Il tempo mi darà ragione o torto, certo, ma credo che la consapevolezza ora sia diversa anche al suo interno. Quel che si poteva fare prima è storia. Il presente ora va affrontato. E ritorno alla domanda: forse Google non è il solo punto da affrontare per risollevare le sorti dell'editoria o no? Il sistema sta attraversando un momento di grandissima crisi dal quale non si è ancora usciti. E il tavolo nazionale che abbiamo proposto servirà appunto a favorire un'evoluzione dello stesso sistema. Del resto io respingo tutte le Cassandre che preconizzano l'estinzione dell'editoria che non è condannata a sicura morte, ma a sicura evoluzione. Aggiungo: è finito il tempo degli interventi che ogni attore della filiera chiede per sé, dei contributi a pioggia. Già il decreto Lotti è una misura che va inquadrata in questa nuova tendenza. Ricordo che così si è riusciti ad assumere circa 200 giornalisti con il meccanismo della sostituzione dei prepensionati. Sono numeri non da poco. Ma le segnalo altri due possibili interventi che sarebbero di grande utilità e di cui ora si sta parlando. Quali? Crediamo che il riconoscimento dell'Iva al 4% per le edizioni digitali dei quotidiani e periodici, così come per i libri, sia giusto e sarebbe di sicuro aiuto per il settore. Ovviamente va cambiata la normativa europea sull'Iva. Ma anche su questo si sta coagulando un notevole consenso. Allo stesso modo l'estensione di un bonus lettura per i giovani sarebbe auspicabile. E non stiamo parlando affatto di misure "assistenziali", ma di interventi a beneficio di tutto il sistema. © RIPRODUZIONE RISERVATA 4% «Il riconoscimento dell'Iva al 4% per le edizioni digitali dei quotidiani e periodici, così come per i libri, è giusto e sarebbe di sicuro aiuto per il settore» Foto: ANSA Maurizio Costa. Presidente della Federazione Italiana Editori Giornali dal 1° luglio 2014

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 36 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato EUROPA AL BIVIO La via stretta tra Grecia e ripresa Adriana Cerretelli

Se è vero come è vero che, guardandolo in chiave globale, l'intero Pil della Grecia è uguale a tre settimane di Pil cinese, o al 2% del Pil eurozona se visto attraverso il prisma europeo, il braccio di ferro in corso da un mese e mezzo tra Atene e i partner della moneta unica può apparire surreale. Addirittura una perdita di tempo, quando la priorità delle priorità oggi in Europa è rilanciare gli investimenti crollati del 20% negli ultimi sette anni, è ritrovare crescita, occupazione, capacità di innovazione e competitività di sistema in un pianeta che invecchia e fatica a riprogrammare il suo futuro. Non è così. La partita greca è e resta una partita tutta e indissolubilmente europea: il livello di interdipendenza economica, finanziaria e anche politica è ormai così diffuso da consentire anche a un attore minore di far saltare da solo tutto il tavolo. E provocare un disastro collettivo. Per questo la guerriglia di Yanis Varoufakis all'Eurogruppo va fermata e non può essere presa alla leggera. Per questo il richiamo all'ordine europeo al governo Tsipras è inevitabile ma non può affidarsi a diktat senza appello o a toni brutali. Dopo sette anni di vacche magrissime, l'eurozona sembra finalmente vedere la luce di una graduale ripresa, stimolata da una serie di spinte convergenti in parte inattese: crollo precipitoso del prezzo del petrolio, generoso quantative easing della Bce, svalutazione dell'euro, sceso ai minimi da 12 anni e ormai a ridosso della parità con il dollaro. Non solo. Con un'accelerazione inconsueta dei loro ritmi decisionali, ieri a Bruxelles i ministri finanziari hanno dato il via libera politico al piano Juncker da 315 miliardi in tre anni per far ripartire gli investimenti. Continua pagina 6 Continua da pagina 1 Il piano potrebbe essere operativo già in luglio, senza escludere la possibilità di un finanziamento anticipato di alcuni progetti da parte della Bei. Di più. Germania, Francia, Italia, ciascuna con 8 miliardi, e la Spagna con 1,5 hanno annunciato la partecipazione all'avventura attraverso le rispettive "Casse Depositi e Prestiti", segno di un dinamismo delle volontà, sia pure dentro i confini nazionali, di cui da tempo si era persa traccia. Difficile però abbandonarsi all'ottimismo, scommettere sul ritorno della fiducia nell'Europa e dentro l'Europa, fino a quando il teorema greco non sarà risolto. Cioè fino a quando il contagio di instabilità diffusa che si porta dietro non sarà stato definitivamente neutralizzato. Se "Grexit", la voglia di disfarsi di un partner scomodo, sembra superata dentro l'eurozona perché i rischi sarebbero molto superiori ai vantaggi, ora è "Graccident" a tenere tutti con il fiato sospeso: in breve il timore che, a furia di giocare con il fuoco, il governo Tsipras finisca senza volerlo per bruciarsi le mani, provocando il proprio indesiderato default. Per inesperienza e scarso realismo. Per salvarlo da se stesso, l'Europa è dunque chiamata a dar prova di pazienza, senso di responsabilità e della misura che pure non sempre sono tra le sue doti più congeniali. Senza ricostruire il consenso - dal basso e non dall'alto, popolare e democratico e non solo elitario - alle regole e ai patti di stabilità e convivenza europei, è virtualmente impossibile credere nell'uscita definitiva dalla crisi attuale. La Grecia di Tsipras ha un bisogno disperato degli aiuti europei per non fallire. Ma l'Europa ha un bisogno non meno impellente di tenerla a galla e, al tempo stesso, di recuperare consenso tra gli europei per evitare salti nel buio. Ad Atene il radicalismo estremo di Syriza promosso al potere è il figlio legittimo di eccessi punitivi e cieche asperità europee. Ma il fenomeno non è isolato. Il Portogallo è sceso in piazza contro l'austerità. La Spagna di Rajoy è assediata da due nuovi partiti anti-sistema che insieme già ottengono più del 40% dei consensi. Persino l'Irlanda, che è tornata a correre al 4% annuo, oggi invoca più flessibilità nelle politiche di bilancio per poter fare gli investimenti che altrimenti le sarebbero interdetti dai patti europei. Tra multare la Francia per reiterata

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 37 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

violazione delle regole anti-deficit eccessivo e favorire l'ascesa al potere del Front National di Marine Le Pen persino il rigorista Wolfgang Schäuble ha scelto la grazia. Certo, è strettissimo il sentiero tra concessioni dovute, sia pure obtorto collo, per ricompattare il club e salvaguardia di un'euro-governance credibile. Anche perché rigore e riforme non sono un optional ma il complemento indispensabile per la vera riuscita del quantitative easing. Però il sentiero va percorso con senso dell'equilibrio e convinzione perché oggi non ha alternative. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 38 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato . INTERVISTA Bolla: Bruxelles eviti la paralisi di investimenti e liquidità V. Ch.

Serviziopagina 15 MILANO Andrea Bolla guida il Comitato tecnico per il Fisco di Confindustria . Ha seguito in prima persona l'intervento sul reverse charge. Dottor Bolla, perché questa iniziativa così forte? Per lanciare un campanello d'allarme, trasparente, preventivo e necessario, rispetto a una normativa che potrebbe avere effetti devastanti sulle imprese. La misura è stata introdotta con la Legge di stabilità su cui Bruxelles ha dato il suo ok, ma non è ancora operativa perché manca la specifica autorizzazione della Ue. Se e quando sarà autorizzata, la misura rischia di abbattere la liquidità delle nostre imprese, determinando una forte esposizione finanziaria. Per l'alimentare parliamo di un impatto di circa 8 miliardi l'anno. Minore liquidità significa aggravare il credit crunch e minore capacità di investimento: uno scenario di fronte al quale non potevamo non rappresentare le nostre preoccupazioni. Come avete motivato alla Ue la vostra contestazione? La normativa comunitaria consente agli Stati membri di introdurre meccanismi di reverse charge in ipotesi molto limitate e solo in presenza di rischi di frode ampiamente documentati: non è questo il caso delle forniture alla Gdo. Inoltre, per effetto dei crediti Iva che le imprese matureranno, questa misura compromette ulteriormente la posizione dell'Italia, già sottoposta a una procedura di infrazione per i ritardi e le complessità nell'erogazione dei rimborsi dei crediti Iva. Nel corso dell'iter di approvazione della Legge di stabilità avevamo chiesto che si introducesse anche per il reverse charge una corsia preferenziale per i rimborsi, che è stata però adottata solo per i crediti Iva da split payment. Infine, i maggiori crediti Iva sommati alle modalità poco efficienti di gestione dei rimborsi rispetto allo standard europeo, contrastano con il principio della neutralità dell'Iva: le imprese non recuperano l'imposta in tempi ragionevoli come, invece, è previsto dal diritto comunitario. Si tratta di motivazioni coerenti con quanto sostenuto dalla stessa Commissione Ue nel Country Report Italy 2015 dove si dice che meccanismi come questo, proprio per le molteplici ripercussioni a carico degli operatori, devono essere valutati con estrema cautela. C'è poi il nodo dello split payment, anche in questo caso imprese molto preoccupate . Sì, c'è grande insofferenza per l'impatto di queste discipline. L'obiettivo di contrastare le frodi va perseguito con fermezza, ma non si possono scaricare sulle imprese tutte le conseguenze di meccanismi approssimativi. Pensi allo split payment: è una disposizione "sperimentale" anche a livello comunitario. Da noi è operativa già dal 1° gennaio, anche se non c'è ancora la necessaria autorizzazione comunitaria: un'operazione poco responsabile. Mi sembra si sia guardato solo alle necessità di cassa, disinteressandosi delle questioni applicative e soprattutto delle conseguenze di natura finanziaria sulle imprese. Cosa sta provocando lo split payment? Solo il 3 febbraio le imprese hanno saputo che le fatture per le operazioni di split payment dovevano essere identificate appositamente. Un requisito formale che le imprese, ovviamente, non hanno potuto rispettare sia per le fatture emesse dal 1° gennaio al 3 febbraio in quanto non avevano indicazioni, sia per le successive, perché modificare le procedure di fatturazione richiede tempo. La mancanza di questa annotazione - che per le fatture elettroniche consiste in una semplice "S" - viene utilizzata pretestuosamente da alcune Pa per ritardare i pagamenti o per richiedere alle imprese di autodichiarare che la fattura era soggetta allo split payment. Siamo ai limiti del paradosso. Torniamo al reverse charge e all'iniziativa in sede Ue, cosa vi aspettate adesso da Bruxelles? L'invito agli organi comunitari è di verificare bene e, se necessario, di negare l'autorizzazione. In casa nostra, invece, sarebbe bene che lo Stato intervenisse su due fronti: garantire concretamente fondi sufficienti e

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 39 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

procedure rapide nell'erogazione dei rimborsi dei crediti Iva e aumentare la soglia di compensazione dei crediti tributari ad almeno 1 milione di euro. Sarebbe un segnale di coerenza rispetto alle azioni già messe in campo dal Governo per rilanciare gli investimenti e l'occupazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Confindustria . Andrea Bolla

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 40 11/03/2015 La Repubblica Pag. 15 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

L'INTERVISTA / Franco Bassanini Il presidente di Cdp: prima fase con gli operatori in parità, ma con il diritto per l'ex gruppo pubblico di salire quando la banda ultralarga sarà pronta "Una società comune per Internet superveloce Fatti gli investimenti il controllo a Telecom" FEDERICO FUBINI

ROMA. Franco Bassanini, classe 1940, è l'uomo al centro del progetto per una nuova rete in fibra ottica in Italia. È presidente di Cassa depositi e prestiti, controllata all'80% dal Tesoro, presidente di Metroweb (di Cdp al 46%) che sta cablando Milano, Bologna e Torino, e opera nella squadra che lavora a Palazzo Chigi al piano sulla fibra. Telecom Italia dice che resta incertezza nel piano del governo, quindi l'azienda svilupperà un programma basato sulla propria rete in rame. Condivide la critica? «No. Il piano è un piano: uno strumento decisivo per la crescitae la competitività del Paese. Seguirà presto il decreto che dettaglierà le risorse che il governo mette sul tavolo. Si dice che in Italia non c'è domanda per connessioni veloci, perciò gli investimenti nelle reti di nuova generazione sono andati a rilento: ora siamo al terzultimo posto in Europa e all'ultimo posto per connessione delle scuole a Internet. Certo, è stata debole la domanda pubblica: per questo il governo, con il Piano per l'Agenda digitale, stanzia importanti risorse per digitalizzare pubblica amministrazione e scuole. Quanto alla domanda privata, la premessa non mi convince: non è pensabile che le famiglie in Italia siano più arretrate che in tutti gli altri Paesi europei e le imprese italiane siano, quasi fosse una questione razziale, meno desiderose di modernità e tecnologie. Abbiamo imprese che competono e vincono sui mercati mondiali nonostante mille handicap di sistema. Conoscono i vantaggi del cloud , della nuvola. Ma per metter tutto sulla nuvola servono connessioni veloci e sicure, e la fibra ottica è il modo migliore per garantirle». Telecom sostiene che c'è un aspetto dirigista, che il piano del governo crea incentivi-capestro tali da svalutare il patrimonio della rete in rame del gruppo. «Come fanno gran parte dei Paesi del mondo, il governo vara un piano per incentivare gli investimenti privati in tecnologie di nuova generazione, in vista del futuro graduale superamento del rame. Ma non c'è alcun obbligo per legge di passare dalla vecchia rete in rame di Telecom a quella in fibra ottica. Se ci fosse, Telecom avrebbe ragione. Spiazzare un campione nazionale, una grande impresa del Paese, come Telecom, oltre che illegittimo, sarebbe stupido». Non bastano le connessioni a 30 o 50 megabit che ci sono già? Che fretta c'era di arrivare a portare 100 Mbs al secondo in almeno al 50% della popolazione nel 2020? «Lo stabilisce l'Agenda digitale europea; e ormai quasi tutti pensano che nel 2020 ne serviranno anche di più, in download e in upload . Due TVa altissima definizione in una casa useranno da sole 120 Mbs. Poi ci saranno computer, tablet, internet delle cose, collegamenti a frigorifero, riscaldamento, l'area della domotica. La stessa fibra servirà a collegare la rete sempre più fitta delle celle per smartphone e tablet, un traffico mobile di dati in crescita esponenziale. Certo, entro il 2020 si potrà portare la fibra nelle case solo nella parte più densamente abitata del Paese. Per il resto, ha ragione Telecom, per ora si deve ammodernare la rete in rame». Telecom oggi è il cosiddetto «incumbent» che possiede la rete in rame. Come fate se non sta al gioco? «Infatti avrà campo libero nelle aree in cui si può solo potenziare la rete in rame, con la fibra fino all'armadio in strada. Dove occorre la rete tutta in fibra, in astratto, la soluzione più efficiente è invece un'infrastruttura condivisa da tutti: si tratta, in gran parte d'Italia, di un monopolio naturale, la concorrenza può dispiegarsi trai fornitori di servizi». Ma Telecom chiede il 51% di questa società e gli altri, da Vodafone a Wind, non vogliono: temono che Telecom usi il 51% per frenare gli investimenti in fibrae salvaguardare la propri vecchia rete in rame. «Se la rete fosse partecipata da tutti, con un piano di investimenti concordato e adeguate garanzie di parità di trattamento, una maggioranza Telecom potrebbe anche funzionare. Ma Telecom non vuole condomini. Ci

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 41 11/03/2015 La Repubblica Pag. 15 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

sono altre soluzioni possibili? Com'è noto, abbiamo offerto a Telecom l'ipotesi di entrare in Metroweb, partecipata da CDP e F2i. Ma l'Antitrust accetterebbe che Telecom, l'incumbent, acquistasse la maggioranza dell'unico operatore di rete neutrale che oggi offre fibra a tutti in condizioni di assoluta parità di accesso? Lo farebbe nel momento in cui il nuovo piano d'investimenti non è stato ancora stato realizzato, con il rischio che Telecom possa operare per frenarlo?» Lei come propone di uscire da uno stallo del genere? «L'ipotesi è che Telecom entri ora in minoranza, ma con il diritto di acquisire la maggioranza una volta realizzato il piano di investimenti. Un diritto garantito da meccanismi automatici e preventivamente validato dall'Autorità». E se Telecom non ci sta? «Ha il diritto di non starci. Quanto a noi, sentiamo il dovere civile di contribuire a realizzare il piano del governo, con chi ci sta, e se necessario anche da soli. La posta è troppo importante: solo per la parte di rete tutta in fibra sono 5/6 miliardi di investimenti che possono ridare spinta all'economia e al PIL, rilanciare la competitività del Paese e la produttività delle imprese, dimostrare all'Europa che l'Italia sta cambiando. Per questo non vedo contraddizioni tra il mio ruolo di presidente di Metroweb e di Advisor del Governo: penso che Metroweb debba stare dalla parte del Governo, dunque del Paese». NIENTE DIRIGISMO Sarebbe stupido imporre per legge il passaggio dal rame alla fibra, ma tutti i Paesi danno incentivi L'ALTERNATIVA Se il progetto sarà respinto, andremo avanti con Metroweb, Wind Vodafone, Fastweb e con chi ci sta Foto: PRESIDENTE Franco Bassanini, presidente di Cassa Depositi e Prestiti

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 42 11/03/2015 La Repubblica Pag. 26 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato IL PUNTO La strategia Eni per sopravvivere al calo del greggio tra nuove cessioni e meno dividendi Venerdì l'ad Descalzi presenta il suo piano di azione a Londra: la parola d'ordine è flessibilità ANDREA GRECO

MILANO. Con il petrolio dimezzato a 50 dollari sono sostenibili nel tempo utili, dividendi e progetti dell'Eni? È un interrogativo che fa vivere una vigilia d'attesa a San Donato, dove ci si prepara a rispondere all'insegna della flessibilità finanziaria. Il cda per l'esame del piano strategico è in agenda domani, venerdì i dettagli saranno presentati a Londra. È un appuntamento importante, per due ragioni. La prima che cade (è il caso di dirlo) in una fase delicata per il settore. L'altra, che rappresenta il programma di medio termine dell'ad Claudio Descalzi. Lo scorso luglio, nominato da due mesi, il manager annunciò solo una semplice correzione in corsa del vecchio piano: correzione peraltro superata dal crollo del greggio, che stava per abbattersi sulle major. Anche dell'Eni, che negli ultimi due bilanci ha difeso la tradizionale ricchezza delle cedole soltanto grazie a un sapiente innesto di plusvalenze da cessioni e debiti. Sul mercato, dove l'azione Eni vive con qualche nervosismo la vigilia (-2,53% a 16,16 euro ieri), ormai la parola degli investitori è "flessibilità". «Il settore idrocarburi vive una fase di forte volatilità, niente è più business as usual - dice un addetto ai lavori - Qualunque piano presenti, temo che Descalzi passerà molto del suo prossimo tempo a spiegarlo agli investitori». Flessibilità dunque. Negli investimenti e nei costi, che saranno sforbiciati di qualche miliardo, specie per i progetti in avvio e futuri. Nella remunerazione ai soci, che da 1,12 euro del 2014 potrebbe ridursi, o lasciare spazio a forme miste denaro-azioni (l'hanno fatto Total e Shell), o sospendere il buyback. La flessibilità infine varrà anche per il piano cessioni, da rinverdire per sostenere i flussi di cassa. Saipem, un altro 15% del consorzio Area 4 in Mozambico e la parte al dettaglio nel Gas & Power sembrano i pezzi migliori in vetrina. Difficile che si riparta dalla controllata nei servizi petroliferi, perché quella è la nicchia che più risente del calo del greggio. Ma, anche in questo caso, si venderà prima quel che spunta il prezzo migliore. Foto: AL TIMONE Claudio Descalzi, da 10 mesi ad dell'Eni, venerdì presenta il nuovo piano strategico

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 43 11/03/2015 La Repubblica Pag. 26 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Gelata sulla produzione giù dello 0,7% a gennaio Euro ai minimi da 12 anni Al secondo giorno di acquisti Bce, la moneta unica va a 1,070 Bankitalia: ancora un calo dei prestiti a famiglie e imprese Cgil: l'economia sommersa, illegale e informale vale tra 230 e 290 miliardi ELENA POLIDORI

ROMA . La ripresa si allontana? Di sicuro arriva una gelata a sorpresa. A gennaio la produzione industriale scende del 2,2% annuo. Rispetto a dicembre la contrazione è dello 0,7%. Tutti i settori soffrono ad eccezione degli autoveicoli che registrano un più 35,9%, il quarto aumento consecutivo a due cifre. I dati giungono all'indomani dell'avvio del quantitative easing Bce. Per l'euro l'operazione si traduce in un nuovo ribasso record, a un passo dalla parità col dollaro: la moneta unica, infatti, scende sotto quota 1,07, per la prima volta da 12 anni, dall'aprile 2003: ne beneficeranno le esportazioni. Lo spread chiude sotto quota 100 e i rendimenti scendono al minimo di 1,22% , vicini a quelli spagnoli: ne trarrà sollievo il Tesoro. La Borsa invece, complice anche il caso Grecia, è in ribasso di quasi un punto (- 0,97%). La Bce comunica che nel primo giorno di operazioni ha comprato bond per 3,2 miliardi. E ancora: peggiora la flessione dei prestiti delle banche al settore privato con un calo dell'1,8%a gennaio dopo il -1,6% di dicembre. Secondo la Banca d'Italia i prestiti alle famiglie sono scesi dello 0,5% sui dodici mesi; quelli alle società non finanziarie, su base annua, sono diminuiti del 2,8% (-2,3% a dicembre). Le sofferenze delle banche restano al 15,4% e l'Abi chiede «interventi» per fronteggiare il deterioramento del credito. Infine la disoccupazione: l'Ocse conferma per l'Italia un tasso del 12,6%, in lievo calo per la seconda volta di fila: Portogallo e Spagna sono gli unici paesi dell'eurozona con una disoccupazione superiore a quella italiana. La Germania è al 4,7%; la Francia al 10,2. Nell'area Euro il tasso scende per la terza volta consecutiva all'11,2%. Cala anche la disoccupazione giovanile che però resta «eccezionalmente elevata» al 41,2%. Nell'area Ocse i senza lavoro sono oltre 43 milioni. Tanti dati diversi, perfino contrastanti tra loro. Gli esperti spiegano che c'entra il fatto che questa ripresa, al dunque, ancora c'èe non c'è, compare e scompare, segno che è quantomeno incerta. Per quel che riguarda la produzione industriale, per esempio, l'Istat ricorda quanto sul dato negativo abbia pesato il gioco dei ponti di ferie di gennaio visto che molte imprese ne hanno approfittato per tenere chiusi gli impianti. La Confindustria è però convinta che la gelata di gennaio sia solo un fenomeno passeggero e che già a febbraio ci sarà un recupero dello 0,4% della produzione industriale. Ottimista anche l'osservatorio Mecspe sulle industrie manufatturiere che registra giudizi soddisfacenti del settore per oltre il 51% e abbastanza soddisfatti per un altro 40%. La Confcommercio invece parla di una ripresa «troppo lenta» e chiede di insistere sulle riforme. Nomisma di «una doccia gelata» sulla crescita. I consumatori notano che la situazione non lascia «spazio all'ottimismo». La Cisl segnala che la crisi «è tutt'altro che superata». La Cgil reclama «una svolta nella politica industriale» altrimenti non si esce dal tunnel. C'è anche un suo studio sull'economia «non osservata» che quantifica il valore delle attività «nero» in circa 290 miliardi l'anno e in 93 miliardi il dramma dell'evasione. I NUMERI -0,7% STIMA ISTAT GENNAIO La produzione industriale a gennaio è scesa dello 0,7% nel mese e del 2,2 nell'anno +0,4% LA STIMA DI FEBBRAIO Il centro studi Confindustria stima invece per febbraio un leggero recupero: più 0,4% -1,8% I PRESTITI La Banca d'Italia rende noto che i prestiti a gennaio sono scesi dell'1,8 per cento +15,4% LE SOFFERENZE Nel corso dell'anno le sofferenze delle banche sono salite del 15,4 per cento Foto: LA PRODUZIONE Segnali contrastanti dalla produzione industriale, scesa a gennaio e risalita a febbraio

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 44 11/03/2015 La Repubblica Pag. 29 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato L'intervista Il presidente degli investitori punta sulla stampa "Più forte se propone inchieste e approfondimenti" Sassoli de Bianchi (Upa): "La pubblicità e i consumi tornano a crescere nel 2015 Google paghi i diritti d'autore" LUISA GRION

ROMA. Sarà un anno di svolta anche per il mercato pubblicitario, che nel 2015 chiuderà in crescita fra l'1 e il 2 per cento. «Nessuna euforia - ammette Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell'Upa (utenti di pubblicità) ma il dato segna un'inversione di tendenza e arriva dopo sette anni di risultati negativi. Finalmente vedremo una ripresa nei consumi, anche se per l'occupazione dovremo aspettare il 2016». Presidente, dove e come ripartirà la pubblicità? «La televisione resterà il canale privilegiato, ma si arresterà la caduta della carta stampata, che ha margini d'efficacia superiore rispetto al digitale». Perché? «Perché senza nulla togliere alla potenza del mezzo, il digitale ha bisogno di un linguaggio pubblicitario che deve ancora essere inventato. Quello attuale non è sufficientemente memorizzabile, penso soprattutto ai "bunner" inseriti nelle home page e percepiti con maggior fastidio. Vanno molto meglio, ed è lì infatti che crescerà la pubblicità, gli annunci "search" legati alle precedenti ricerche fatte dall'utente sul web, per cui ad una richiesta d'informazioni su un viaggio si collega per esempio la pubblicità di un albergo. Poi certo, pur essendo convinto che la carta sopravviverà, dico che i giornali dovranno cambiare, puntando sempre più alla qualitàe all'approfondimento». E qui si finisce per parlare di Google tax e dei profitti intascati dai motori di ricerca per la diffusione di notizie prodotte altrove. La Spagna ci ha provato e ha fallito, lei cosa ne pensa? «Che il tentativo spagnolo era troppo drastico, che bisogna trovare una soluzione europeae che l'Italia, considerate le capacità di mediazione da tutti riconosciute, potrebbe fare da apripista. I tempi sono maturi per chiedere a Google di pagare le tasse nei Paesi dove produce i redditi e per convincerlo a versare una quota per i diritti d'autore. Dobbiamo puntare ad una soluzione ragionevole e riusciremo a ottenerla, purché ci sia volontà politica». A proposito di politica: lei conferma la supremazia della tivù come veicolo pubblicitario, ma la tivù sta cambiando. Il modello di Rai che sta emergendo dalla riforma Renzi le piace? «Non mi piace la proposta di un amministratore delegato nominato dal governo: sono convinto che dietro questa scelta vi siano delle buone intenzioni, ma si tratterebbe di una lottizzazione mascherata. Come Upa proponiamo invece che la nomina sia affidata a una Fondazione dove trovino rappresentanza tutte le componenti del Paese: i presidenti di Camera e Senato, ma anche gli enti locali e le associazioni. Quella figura presiederà anche un consiglio d'amministrazione composto da cinque tecnici. E poi vogliamo un canale senza pubblicità, una Rai Uno di qualità sostenuta solo dal canone». Gli utenti di pubblicità vogliono un canale senza spot? «Sì, so che può sembrare contraddittorio, ma non lo è. Siamo prima di tutto imprenditori, puntiamo alla crescita del Paese. Una crescita anche culturale, in assenza della quale null'altro può avvenire. E siamo consapevoli che la qualità si ottiene sganciandosi dalla raccolta pubblicitaria. Bisogna ritrovare coraggio nelle programmazioni: per esempio, perché non decidere di insegnare l'inglese agli italiani proponendo programmi sottotitolati? Nei Paesi del Nord lo fanno da anni». Basterà il canone per sostenere questo canale di qualità? «Sì, purché tutti lo paghino e l'idea di collegarlo alla bolletta è buona. Però non abbassiamolo, è già tra i più bassi in Europa». u motori la via spagnola troppo drastica, si tenti una mediazione Non mi piace la Rai con un ad nominato dal governo, si vari una Fondazione "PRESIDENTE UPA LORENZO SASSOLI DE BIANCHI Foto: IL MERCATO Secondo le previsioni dell'Upa il mercato pubblicitario, quest'anno, crescerà fra l'1 e il 2 per cento

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 45 11/03/2015 La Stampa Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

LA CONFUSIONE DEL FRONTE ANTI­PREMIER FEDERICO GEREMICCA

Come un panzer che avanza tra le macerie, gli errori e i piani di guerra sbagliati dei nemici. Oppure, più pacificamente, come quell'impresa sportiva passata poi alla storia: «Un uomo solo è al comando: la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi...» (radiocronaca della Cuneo-Pinerolo, tappa del Giro del 1949 vinta dal Campionissimo dopo una fuga solitaria di 192 chilometri). Qualunque immagine si preferisca, le cose stanno comunque così: Matteo Renzi segna un altro punto a suo favore. Ma se avanza come un panzer o stravince come Coppi, non è certo solo per merito suo. La riforma del bicameralismo perfetto, infatti, ieri ha ottenuto il secondo sì a Montecitorio a fronte di un atteggiamento delle opposizioni che si può definire, per usare un paio di eufemismi, variegato e fantasioso. Il Movimento Cinque Stelle ha lasciato l'aula; Forza Italia ha votato no, ma 17 deputati hanno messo nero su bianco che era meglio votare sì; Sel ha sventolato la Costituzione; la Lega ha annunciato la morte della democrazia e l'opposizione più coerente al governo, costituita dalla minoranza Pd, o non ha partecipato al voto oppure ha detto sì annunciando che però a maggio dirà no alla riforma della legge elettorale se non sarà modificata... PAGINA È vero: alla Camera il governo ha i numeri dalla sua (a prescindere dalle scelte delle forze di opposizione) mentre al Senato potrebbe essere un'altra storia. Ma con linee e comportamenti così schizofrenici, sarà difficile anche lì fermare il cammino del panzer. Valga un esempio per tutti: la via crucis che ha dovuto percorrere Forza Italia per passare dal sì al no alla riforma. In una nota a commento del voto, Berlusconi ha prima ringraziato Brunetta - capogruppo alla Camera - per essersi opposto alla legge, e poi ha fatto i complimenti a Romani - capogruppo al Senato - per aver contribuito ad elaborarla. Niente male. Resta solo da chiedersi cosa avranno mai capito gli elettori - non a caso in diminuzione - del partito dell'ex Cavaliere... Comprensibilmente, ieri Silvio Berlusconi aveva altro per la testa: e cioè la sentenza della Cassazione chiamata a confermare o annullare l'assoluzione da lui ottenuta in appello nel processo per il caso Ruby. Ma la giravolta - dal sì al no - su un testo che aveva concordato punto per punto è comunque difficile da far digerire (e infatti molti in Forza Italia non l'hanno digerita, votando contro la riforma solo «per affetto» nei confronti del leader...). Delle due, infatti, l'una: o il testo è inaccettabile, e allora i precedenti voti favorevoli si spiegano solo con l'esistenza di una qualche «contropartita » poi non arrivata; oppure la riforma è una buona riforma, e dunque è difficile intendere le ragioni del brusco dietrofront e del voto contrario. In fondo, se si guarda alla coerenza dei comportamenti, un discorso non molto diverso può valere anche per la minoranza Pd, che fino ad oggi ha mostrato di non apprezzare - con varia intensità - alcuno dei provvedimenti del governo, però votandoli o permettendone l'approvazione. Perfino Pippo Civati - forse il più giurato oppos i tore di Renzi - ieri ha irriso i suoi compagni di strada: per la minoranza del Pd, ha detto, la battaglia da fare è sempre la prossima... E non c'è da meravigliarsi, dunque, se a fronte di tali contorsioni il semplice andare avanti del premier cominci a somigliare sempre più ad una marcia trionfale o al cammino, appunto, di un carroarmato tra spianate di macerie. Ciò dovrebbe far riflettere soprattutto quanti - a proposito di riforma del Senato e di Italicum - vanno denunciando da settimane la morte della democrazia, la svolta autoritaria e l'avvento del fascismo... Parlando di quel che potrebbe accadere, avvertono: «Troppo potere nelle mani di un uomo solo». Come se oggi quell'uomo ne avesse poco... E troppo spesso - questo è il punto - anche grazie agli errori e alle contraddizioni di chi dovrebbe avversarne le proposte sbagliate e le riforme dannose per il Paese. Foto: Illustrazione di Dariush Radpour

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 46 11/03/2015 La Stampa Pag. 21 (diffusione:309253, tiratura:418328) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

LA STRATEGIA DI JUNCKER PREVEDE 315 MILIARDI. RENZI: CONTRIBUTO DALLA CDP. E KATAINEN RINGRAZIA Ue, via al piano di investimenti L'Italia ci mette otto miliardi * MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES

Matteo Renzi dà la notizia con un tweet: «L'Italia contribuirà al piano Juncker con un'iniziativa di Cassa depositi e prestiti da 8 miliardi». L'annuncio era atteso, mancava solo la cifra che pochi minuti prima Pier Carlo Padoan - parlando ai colleghi dell'Ecofin - aveva definito ancora in fase di valutazione. Il premier ha invece rotto gli indugi e annunciato la decisione, così il ministro dell'Economia ha ripreso la parola per comunicare al Consiglio l'orientamento del governo. «Grazie mille», ha twittato Jyrki Katainen, il vicepresidente della Commissione che coordina l'avvio della strategia da 315 miliardi: «Il calcio d'inizio è stato dato!». Una scossa alla ripresa Il contributo italiano è il quarto ad arrivare, dopo quello di Germania (anche qui 8 miliardi), Spagna (1,5) e Francia (8). Non è esattamente della natura che ci si aspettava all'inizio della storia, quando in autunno l'Unione ha definito i contorni del programma di sostegno degli investimenti mirato a dare la carica alla ripresa. L'idea originale era che gli Stati contribuissero direttamente all'Efsi, il fondo che fa da cassa e garanzia per il piano che prende nome dal presidente della Commissione Ue. Invece si è optato per un assegno indiretto, per due motivi: evita di incidere automaticamente sulla contabilità pubblica; consente un controllo sui cantieri che si finanziano, dunque permette di assicurarsi che i soldi vadano dove c'è interesse del Paese. Padoan conferma. «L'idea generale è far confluire le risorse in piattaforme di investimento di interesse nazionale, anche se i criteri di allocazione dei fondi del piano Juncker non devono essere di tipo geopolitico». Gli Stati non vogliono sborsare un centesimo senza avere la certezza di riprenderselo. Il ministro ricorda che «l'Italia ha già prodotto una lista di progetti di interesse nazionale e di altri fatti in comune con altri, di tipo infrastrutturale e di sostegno alle pmi». L'elenco ha «un valore facciale di circa 240 miliardi». Non male, come ritorno, per una manovra da 8 miliardi. A luglio i primi progetti I primi progetti potranno essere finanziati a partire da luglio, sperano a Bruxelles. L'Ecofin ha approvato ieri il quadro generale del Piano dando il via libera all'Efsi. Si è deciso che i singoli dossier saranno valutati da un Board formato da Commissione e Bei, insieme con un «Comitato di investimenti» formato da otto tecnici indipendenti. Il Fondo offrirà la garanzia europea e, in caso di problemi, assumerà anche la prima perdita. la sua dotazione è di 21 miliardi: 16 dal bilancio Ue (solo 8 saranno pagati davvero) e 5 dall'istituzione di Lussemburgo. L'idea è che possa generare un effetto di leva di 15 volte per attirare capitali non pubblici e favorire attività per 315 miliardi. Almeno. Anche se, in questa fase, i privati sono ancora alla finestra. L'intesa sull'Efsi dovrà essere formalizzata insieme col Parlamento, dove il piano è atteso da qualche insidia. Risulta che i popolari vogliano togliere un terzo dei 20 miliardi della dote di riserva dei fondi strutturali per metterla nel veicolo di garanzia. Una mossa, questa, che non piace ai progressisti, convinti che dovrebbero essere gli stati a impegnarsi di più. Dibattito acceso. Va bene, purché non si perda tempo. Il piano Juncker Fondo europeo investimenti strategici 5miliardi dalla Bei 16 miliardi dal bilancio Ue 21 miliardi - LA STAMPA GLI EFFETTI Investimenti attesi nel triennio 2015-2017 31 miliardi Destinati a progetti su scuola, trasporti, sanità, efficienza energetica

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 47 11/03/2015 MF Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Pressing sulle Bcc per holding unica, sì di Federcasse e banche lombarde Claudia Cervini

(Cervini a pagina 13) Pressing sulle Bcc per holding unica, sì di Federcasse e banche lombarde È partito il conto alla rovescia sulla proposta di autoriforma delle banche di credito cooperativo, che approderà domani in comitato esecutivo di Federcasse e a seguire in consiglio nazionale. Il sentore è che Federcasse, sebbene non abbia ancora alzato ufficialmente il velo sulla proposta, propenda per un'unica holding capogruppo (verosimilmente Iccrea) che vedrebbe le Bcc in qualità di socie ma sarebbe potenzialmente aperta a capitali esterni, oltre ad avere ampi poteri di governance. La Lombardia sponsorizza questa strada, essendo anche socio di riferimento della candidata capofila Iccrea Holding (non va dimenticato che Alessandro Azzi, oltre ad essere il numero uno di Federcasse, è il presidente della Federazione Lombarda). All'interno del mondo del credito cooperativo ci sono però alcune anime intenzionate a contrastare questo disegno accentratore (al tavolo domani saranno sedute le 15 federazioni regionali). Per esempio la fronda trentina, che da sempre spinge per rimanere autonoma, ha quasi licenziato il proprio progetto per il Nord-Est: una novantina di banche farebbero capo a Cassa Centrale Banca, di cui la tedesca Dz Bank detiene il 25%. Questo piano dovrà però convincere sia la Federazione nazionale sia Banca d'Italia per diventare operativo. La stessa Federcasse al suo interno non sembra del tutto compatta. Alcuni non disdegnerebbero un'integrazione a gruppi. Lo stesso vale per alcune federazioni regionali di peso, che spingono per la costituzione di quattro o cinque capogruppo sovra-regionali con il compito di governare le banche del territorio. Una voce fuori dal coro è presenta anche nella roccaforte lombarda. È quella di Luigi Pettinati, direttore generale della Cassa Padana di Leno, che ha dichiarato a Brescia Oggi di aver in cantiere una proposta in grado di preservare l'autonomia delle singole banche senza tralasciare le esigenze di rafforzamento patrimoniale attraverso un maggior coinvolgimento dei soci nel capitale e con un rilancio delle aggregazioni. Un disegno che potrebbe funzionare nelle Regioni abbienti ma meno al Centro-Sud. Anche sulla partita M&A le posizioni sono contrastanti. Da un lato Azzi ha sempre ribadito che le aggregazioni non vanno forzate dall'alto. Dall'altro alcune anime preferirebbero matrimoni tra Bcc (laddove funzionali a migliorare i requisiti patrimoniali) pur di non demandare a una holding le decisioni di governance. Come finirà? Come riportato dall' Adige la Riforma di Trento, alle stesure finali, potrebbe incontrare il favore degli organi nazionali.A Roma, infatti, sembrano aperti a concedere l'autonomia all'Alto Adige ed eventualmente al Trentino, ma non a tutto il Nord-Est. Quella di domani potrebbe quindi essere la prima di alcune sedute del board nazionale, dato che non è certo che il disco verde al progetto di autoriforma venga dato in prima battuta. Cruciali per il via libera saranno le posizioni delle maggiori federazioni. La parola d'ordine è niente rinvii. Azzi, nella riunione di ieri della Federazione Lombarda, secondo quanto riferito da Pettinati, avrebbe minacciato le dimissioni di fronte alla richiesta di alcuni rappresentanti delle cooperative di disporre di più tempo per discutere dell'autoriforma del settore. (riproduzione riservata) Foto: Alessandro Azzi Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/bcc

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 48 11/03/2015 MF Pag. 9 (diffusione:104189, tiratura:173386) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato IN PARLAMENTO IL DECRETO PER AFFIANCARE I PAESI ESTERI NEGLI ACQUISTI MILITARI Renzi spinge Finmeccanica & C Il compito spetterà al ministero della Difesa, nell'ambito della collaborazione tra governi. L'obiettivo è aprire sbocchi internazionali all'industria italiana del settore Luisa Leone

L'obiettivo è ampliare gli sbocchi dell'industria nazionale della difesa. Per farlo, come già avviene in altri Paesi Europei e negli Stati Uniti, il governo guidato da Matteo Renzi prova a giocare sul supporto interno all'export, sotto l'ombrello degli accordi intergovernativi già sottoscritti o che potranno essere siglati in futuro. A svolgere questo compito, nell'ambito della collaborazione internazionale tra i governi in fatto di procurement militare, sarà il Segretariato generale del ministero della Difesa, chiamato a svolgere un ruolo di supporto tecnico- amministrativo nei confronti dei governi esteri in cerca di prodotti e servizi. Una possibilità già contemplata dalla legislazione italiana, che dovrebbe ora concretizzarsi grazie all'approvazione del provvedimento attuativo finora mancante. Si tratta di un decreto del presidente della Repubblica, passato al primo vaglio del Consiglio dei ministri e attualmente alle Camere, che sono chiamate a esprimere il loro parere sul provvedimento. In realtà, almeno a Montecitorio, i pareri avrebbero già dovuto essere licenziati, ma dopo uno slittamento la nuova scadenza è fissata per metà della prossima settimana. Nel giro di pochi mesi il nuovo strumento potrebbe quindi essere operativo anche perché, come accennato, fa perno su strutture e competenze già esistenti presso il ministero della Difesa. Le società del comparto non si sbilanciano sulle potenzialità della norma in attesa di leggere il testo definitivo, ma nelle intenzioni dell'esecutivo il decreto, «favorendo l'apertura di nuovi sbocchi sui mercati internazionali, consente anche all'Italia, sia pure nell'osservanza di condizioni stringenti, di svolgere un efficace ruolo di spinta dell'industria nazionale di settore, alla pari di tutti gli altri Paesi europei che hanno una base tecnologica e industriale avanzata», si legge nella relazione illustrativa. Nella pratica, il Segretariato generale dovrebbe offrire un supporto tecnico- amministrativo ai governi esteri potenzialmente interessati a forniture militari, con attività che possono arrivare anche alla selezione del contraente, curando eventualmente anche «gli aspetti di gestione finanziaria dell'intera operazione di acquisto», si legge nel provvedimento. Un aspetto quest'ultimo che potrebbe passare anche per il coinvolgimento di specialisti dell'export come la Sace. Infine, si prevede che il ministero della Difesa pubblicizzi al massimo le opportunità rappresentate dalle eventuali richieste dei Paesi esteri. Insomma, il decreto dovrebbe essere una freccia in più all'arco dell'industria nazionale, si vedrà quanto efficace ma probabilmente utile in un momento in cui il mercato interno non è certo in grado di fornire grandi opportunità. E forse ancora più utile ora che il principale player nazionale del comparto, Finmeccanica, ha ceduto a Hitachi la divisione trasporti proprio per concentrarsi sui core business della difesa e dell'aerospazio. Solo lunedì scorso in un'audizione in Senato l'amministratore delegato, Mauro Moretti, ha ribadito che il gruppo ha bisogno di specializzarsi il più possibile, sfoltendo non solo i comparti di attività ma anche i prodotti offerti. (riproduzione riservata) Foto: Mauro Moretti Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/finmeccanica

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 49 11/03/2015 MF Pag. 18 (diffusione:104189, tiratura:173386) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato CONTRARIAN SULLE POPOLARI SERVE UN DIBATTITO MEDITATO, NON UNA PROVA DI FORZA

Torna, alla Camera, lo spettro della fiducia, lla quale il governo non ha rinunciato, sulle norme riguardanti la riforma delle Popolari, mentre Goldman Sachs scrive di un'ondata di fusioni che ormai si avvicinerebbe. Il ritorno della questione di fiducia sarebbe esiziale. Una legge scritta senza le analisi e i confronti, lunghi, approfonditi, documentati, che hanno sempre caratterizzato le revisioni in materia bancaria, con il concorso nutrito di esperti di diverse estrazioni, non fruirebbe neppure di una fisiologica dialettica in Aula e di una efficace emendabilità. Sarebbe la penosa conclusione di un procedimento male attivato. Già, comunque, si sente parlare della costituzione di due o tre poli di banche del settore e rilanciata l'idea della grande Popolare. L'ondata di concentrazioni bancarie, di cui scrive la prima banca d'investimento al mondo, non può che provocare l'entusiasmo degli intermediari di questa categoria: quando si sbandiera l'apprezzamento all'estero per l'obbligatoria trasformazione in spa delle dieci Popolari, si pensi pure alle banche d'affari e all'operare che si prospetta loro lucrando commissioni e remunerazioni di consulenze e si ricordi Enrico Cuccia che all'espressione banche d'affari faceva significativamente seguire l'aggettivo «propri». È grave che in Italia, da esponenti del governo, si sia elogiata la riforma perché avrebbe dato il via a take-over e aggregazioni. La finalità di una banca, in specie di quelle che hanno una lunga e importante storia alle spalle, non è mobilitare il mercato dei diritti proprietari, bensì tutelare il risparmio ed erogare il credito alle famiglie e alle imprese. L'aspetto proprietario va considerato, e non in prima battuta, in quanto sia strettamente funzionale all'esercizio delle attribuzioni che costituiscono la ragion d'essere di un istituto di credito. In questa malposta euforia, nessuno sembra interessato, proprio in tema di assetti proprietari, a ciò che potrà accadere, irrobustendo il capitale, anche per essere in linea con le continue richieste della Vigilanza europea per dotazioni crescenti, ma poi trovandosi con una non improbabile proprietà estera delle banche. Tutti i paesi europei tengono comunque a conservare al proprio interno il cervello degli intermediari finanziari. Invece si sta passando da una valutazione della legittimità della presenza estera a una paradossale valutazione della legittimità della presenza italiana. E risalta che di una visione organica prospettica, di una strategia di respiro non si parli, né dal governo, né dalle autorità monetarie. L'unica concessione fatta dall'esecutivo è stata la previsione del limite al diritto di voto del 5%, ma da introdurre nelle Popolari trasformate solo in via transitoria, per due anni che, come ha detto il presidente della Commissione Industria del Senato, Massimo Mucchetti, «non serve a nulla». Per di più la transitorietà è motivata ridicolmente, sostenendo che con l'eventuale suo prolungamento non si coglierebbero i vantaggi della spa. Lo si chieda all'Unicredit, che un limite del genere lo ha e non in chiave transitoria o da poco tempo. È in Aula che si dimostrerebbe la capacità del governo di sostenere il confronto nel merito e di essere coeso nell'accettare o respingere le proposte innovative. Se non lo fa e pone invece la fiducia, dimostra di temere per la sua stessa maggioranza: una prova di debolezza. Foto: Matteo Renzi

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 11/03/2015 50

SCENARIO PMI

4 articoli 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

CONGIUNTURA DELL'INDUSTRIA A gennaio battuta d'arresto per la produzione (-2,2%) Luca Orlando

Luca Orlando pagina 13 Milano «A va bìn, propri bìn». Pierangelo Decisi per un attimo abbandona la tradizionale prudenza piemontese per confermare che sì,il 2015 è partito proprio alla grande. Decisi, 5 stabilimenti in Italia e altri quattro all'estero, attivo nella componentistica auto con il gruppo Sigit, sfrutta in questi mesi il traino della ritrovata forza di Fiat e i suoi impianti marciano a pieno regime, con un output superiore di oltre 20 punti rispetto al 2014. Ottimo, se solo fosse così per tutti. Perché i mezzi di trasporto, e con essi la componentistica legata all'auto, sono a gennaio tra le poche isole felici per le produzione industriale italiana, giù nel mese dello 0,7% in termini congiunturali, di oltre due punti su base annua. Un calo corale, quello registrato dall'Istat, per cui non è neppure possibile come in passato attribuire le responsabilità prevalenti al tracollo dell'energia, dove beni di consumo, e prodotti intermedi cedono tra i due e i tre punti percentuali mentre per i beni strumentali la frenata è limitata allo 0,9%. Tra le poche eccezioni - come detto - il balzo dell'auto, che sfrutta appieno la ripresa di alcuni stabilimenti Fiat in Italia, come Melfi, Pomigliano, Grugliasco e Atessa. La produzione di auto a gennaio balza del 35,9% e la sensazione, vista la corsa a doppia cifra delle immatricolazioni da autovetture anche a febbraio, è che questo progresso possa continuare anche nei prossimi mesi. A livello settoriale, oltre ai mezzi di trasporto, solo l'area elettronica può vantare performance positive nel mese mentre altrove si osservano solo segni meno. Pesanti in particolare nell'area della metallurgia (-8,1%) e del tessile-abbigliamento-pelle, settore quest'ultimo che più di altri, in particolare nelle calzature, sta pagando un dazio pesante alla crisi in Russia, dove l'export di gennaio è crollato di quasi un terzo. Una possibile attenuante - tutta però da verificare - è la possibilità che il calendario 2015 abbia almeno in parte favorito un "ponte" lungo in più all'inizio del mese, spingendo magari qualche azienda a chiudere per una giornata aggiuntiva, ipotesi però che per giustificare un calo di queste proporzioni, il primo in termini congiunturali dallo scorso settembre, dovrebbe essere stata adottata da circa la metà delle aziende. Numeri, quelli di gennaio, che ovviamente non entusiasmano i sindacati, con la Cgil, secondo cui «la propaganda non può offuscare la realtà», che chiede con il segretario confederale Fabrizio Solari un cambio di politica industriale mentre la Cisl con Giuseppe Farina auspica «100 progetti di investimento come Fca, perché solo con gli investimenti riparte il paese». Più cauta Confcommercio, secondo cui il quadro resta debole e incerto, con il rischio di una ripresa lenta. Sergio De Nardis, capoeconomista di Nomisma, vede in questi dati un getto d'acqua fredda sulla ripresa mentre Paolo Mameli (Intesa Sanpaolo) è meno drastico e nel confermare le stime di Pil per il primo trimestre resta ottimista e vede già in arrivo un rimbalzo della produzione per febbraio. Così come del resto il centro studi di Confindustria (Csc), che sottolinea i possibili effetti distorsivi del calendario a gennaio. Per il Csc lo scorso mese l'output dovrebbe essere aumentato dello 0,4%, con l'ipotesi di un rimbalzo anche superiore alla luce delle indicazioni del Pmi manifatturiero, in crescita per una volta anche nella componente interna. © RIPRODUZIONE RISERVATA Dati destagionalizzati Dati corretti per gli effetti di calendario Dati destagionalizzati Dati corretti per effetti di calendario Attività estrattiva Attività di manifattura Alimentari, bevande e tabacco Tessili, pelli e accessori Legno, carta e stampa Coke e petroliferi raffinati Prodotti chimici Farmaceutica Gomma e materie plastiche Metallurgia Elettronica e ottica Apparecchi elettrici Macchinari e attrezzature n.c.a. Mezzi di trasporto Altre industrie di manifattura Energia Gen 15/Dic 14 Gen 15/Gen 14 Gen 15/Dic 14 Gen 15/Gen 14 -0,2 -0,3 +0,1 -0,4 -0,1 +0,5 -2,1 -1,7 -8,1 -1,6 +4,3 -4,7 -5,0 +3,5 +16,1 +2,0 +4,3 +1,6 -2,1 +2,1 -4,3 +2,9 +3,3 -1,1 -2,4 -2,5 -3,9 -1,6 -2,9 -2,0 -2,9 -5,7 L'andamento La produzione

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 11/03/2015 52 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

industriale italiana a gennaio fotografata dall'Istat

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 11/03/2015 53 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 16 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Competitività. La relazione del garante: su 50 segnalazioni di interventi a favore delle imprese, oltre due terzi sono ancora inattuate Pmi, un cantiere incompleto A metà del guado il provvedimento per la riduzione dei tempi di pagamento Carmine Fotina

IL DOCUMENTO Il testo mette in evidenza il forte dinamismo del tessuto industriale: oltre 190mila imprese si sono internazionalizzate ROMA La prima relazione del Garante nazionale per le micro piccole e medie imprese risale all'inizio del 2013. Da allora, su quasi 50 proposte di intervento normativo, oltre due terzi non è stato recepito, è in corso di recepimento o è stato accolto solo in parte: lo stato di attuazione delle misure del governo a favore delle Pmi presenta ancora tanti punti irrisolti, a leggere l'ultima relazione che il garante, Giuseppe Tripoli, ha trasmesso al governo. In cima alla lista delle incompiute, c'è il disegno di legge per le micro, piccole e medie imprese che, secondo quanto prevede lo Statuto delle imprese, il governo dovrebbe presentare ogni anno. Finora non è mai pervenuto. Così come non sono mai stati introdotte 26 proposte specifiche del garante. Non c'è traccia ad esempio del principio "one in one out", la detraibilità delle spese per adeguamento a nuove normative in caso di nuovi oneri, né dell'estensione del regime fiscale agevolato per i programmi di rete mediante aumento del limite massimo di utili accantonabili a 2 milioni di euro. Idem per la possibilità di trattenere il Tfr non optato per le aziende con più di 50 dipendenti e per un pacchetto specifico volto a favorire la trasmissione d'impresa agendo sia sul versante fiscale sia sul patto di famiglia. A metà del guado l'impegno per ridurre i tempi di pagamento della Pubblica amministrazione e l'ampliamento dell'attività delle Agenzie delle imprese, mentre si attende il provvedimento attuativo per far partire i voucher destinati alle imprese che assumono temporary manager collegati a progetti di internazionalizzazione. Voltando pagina, tra le proposte del garante andate a segno, ci sono il pacchetto per la sicurezza sul lavoro e l'alleggerimento di alcuni oneri ambientali inseriti nel decreto del fare del 2013, lo snellimento di procedure relative ad atti del registro delle imprese (ma solo per startup e Pmi innovative), la reintroduzione dell'obbligatorietà della mediazione civile per alcuni tipi di controversie, la nuova "legge Sabatini" per i macchinari industriali, il potenziamento dell'Ace (aiuto alla crescita economica) e la rivalutazione agevolata degli immobili industriali e degli asset immateriali. Sono solo alcuni esempi, una parte della relazione del garante pubblicata sul sito del ministero dello Sviluppo economico. Il dossier intende comunque trasmettere un messaggio di forte ottimismo sulle capacità del sistema imprenditoriale italiano basato sulle piccole aziende. Sono oltre 190mila le micro imprese e Pmi che si internazionalizzano, con una proiezione di 211mila al 2016; circa 3.400 le startup innovative, 9.700 le imprese in rete attraverso quasi 2mila contratti definiti al 21 dicembre 2014 (10mila le aziende stimate nel 2015). E poi c'è l'avanguardia: all'incirca 3.500 medie imprese con fatturato compreso tra 15 e 330 milioni e con livelli di produttività superiori ad analoghi competitor di Germania, Regno Unito, Spagna. La relazione, in una delle schede tematiche, mette poi in evidenza il pacchetto di misure per l'innovazione che ha prima portato alla definizione di «startup innovativa» poi, nell'ambito del decreto su banche e investimenti attualmente all'esame della Camera, anche a quella di «Pmi innovativa». A quest'ultima categoria di aziende, dopo le modifiche già apportate in commissione, potrebbe essere riservato un ulteriore intervento in Aula, dove è atteso un emendamento che introdurrebbe un meccanismo di «dinamizzazione»

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 11/03/2015 54 11/03/2015 Il Sole 24 Ore Pag. 16 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

dei contributi Inps, in base al quale se non ci sono ricavi non si pagherebbe neanche il minimo del cuneo contributivo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 11/03/2015 55 11/03/2015 Il Foglio Pag. 4 (diffusione:25000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

La politica delle privatizzazioni è un pessimo motore della politica industriale MANTENERE NELLE PROPRIE MANI GLI ASSET NON È DIRIGISMO. L'ERRORE DI FINMECCANICA. GLI ESEMPI FRANCESI E TEDESCHI Paolo Cirino Pomicino

Al direttore - L'annunciata politica monetaria espansiva di Mario Draghi con l'inizio dell'acquisto di titoli dei debiti pubblici e privati nell'Eurozona per 60 miliardi al mese e la caduta del prezzo del petrolio non potevano che generare una spinta alla ripresa economica. E così è stato anche per l'Italia dove, purtroppo, la prospettiva continua a essere una crescita tra le più basse in Europa. Ma veniamo subito al punto. Come è sbagliato contrapporre austerità e flessibilità, alla stessa maniera sa di naftalina contrapporre pubblico e privato. Un'economia, per crescere, ha bisogno di far debito, ma quanto basta perché sia sostenibile, ed ha bisogno di austerità nella finanza pubblica ma quanto basta per non entrare in recessione. Alla stessa maniera il mercato è neutrale rispetto alla natura della proprietà delle imprese, pubblica o privata, sempre quando, naturalmente, le sue regole e i suoi organi di controllo funzionino "erga omnes". Venendo al nodo della questione da lei sollevata negli ultimi giorni non c'è alcun dubbio che da almeno venti anni l'Italia non ha più una politica industriale. Con tale nome si intende un complesso di azioni favorenti la nascita e lo sviluppo delle imprese con focus settoriali precisi e con esse la crescita dell'occupazione e della produttività. Quando si parla senza sapere o senza memoria, si offre il fianco a figuracce con giudizi approssimativi e con strafalcioni da matita blu. E ci spieghiamo. Gli anni '90 furono caratterizzati da una idea salvifica, le privatizzazioni, che avrebbero rilanciato competitività, produttività, crescita, occupazione e risanamento dei conti pubblici. E' accaduto l'esatto contrario. Abbiamo perso produttività del lavoro e quindi competitività, siamo da vent'anni la cenerentola d'Europa per tasso di crescita con una nuova crescente povertà di massa e il debito pubblico è aumentato in valore assoluto del 150 per cento rispetto alla fine del 1991 nonostante i 160 miliardi di euro incassati per le privatizzazioni. Nel frattempo, però, sono passati e continuano a passare in mani private estere parti rilevanti del sistema bancario (Bnl, Mps, Cariparma e Unicredito e, con la riforma delle banche popolari, il processo avrà un'accelerazione), della siderurgia, della chimica, dell'alimentare, della farmaceutica, della grande distribuzione, delle telecomunicazioni, della produzione elettrica, dell'avionica e potremmo continuare. Tutto questo senza che il nostro capitalismo si sia internazionalizzato, cioè senza reciprocità alcuna, anzi ha ritenuto che internazionalizzarsi significava farsi comprare con alcune eccezioni, naturalmente, di medie imprese diventate piccole multinazionali. Le responsabilità sono ovviamente della politica, ma anche di quel salotto buono di cui si parlava negli anni Ottanta che, con la eccezione della Fiat di Marchionne, è tutta miseramente fallita sino al caso scuola dell'amico Tronchetti Provera che ha dato il controllo della Pirelli ai russi della Rosneft per rimanere un po' di anni in più sulla tolda di comando. Se questi sono i fatti, allora bisogna capire una volta e per tutte che la nostra forza produttiva è data dalle piccole e medie imprese che rappresenta la nostra vocazione di fondo. I partiti nel dopo guerra capirono che questa forza era anche una debolezza in particolare sul terreno dell'innovazione e affiancarono al mondo delle piccole e medie imprese le grandi aziende a partecipazione statale che fecero entrare l'Italia nei settori a tecnologia avanzata (energia, telecomunicazioni, spazio, informatica, chimica, aeronautica) che richiedevano grandi investimenti a redditività differita che non rientravano nelle possibilità di quel capitalismo italiano senza capitali. Quelle grandi aziende pubbliche, anche con qualche errore, svilupparono l'Italia industriale rilanciando ricerca ed innovazione in collaborazione con università ed industrie private (a chi non lo ricordasse Giulio Natta ebbe nel 1963 il premio Nobel per la chimica). Per dirla in breve, ricerca e innovazione, motori dello sviluppo e della competitività, avevano dietro di se le grandi aziende a partecipazione statale e strumenti finanziari come "il fondo rotativo ricerca & innovazione", la legge 675 per la riconversione industriale, la legge Prodi per le imprese in crisi, la legge 808 che dette impulso all'industria

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 11/03/2015 56 11/03/2015 Il Foglio Pag. 4 (diffusione:25000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

aerospaziale, i contratti di programmi con i grandi gruppi per i quali basta ricordare quello per la Fiat di Melfi realizzato nel 1990 da chi scrive. Da Prodi alla Cdp Oggi di questi strumenti è rimasta solo la legge Prodi rivisitata dalla legge Marzano e qualche contratto di sviluppo affidato ad Invitalia. Alcune cose buone di oggi come la decontribuzione triennale per i nuovi assunti altro non è che la vecchia fiscalizzazione degli oneri sociali per le industrie nel Mezzogiorno che durava 9 anni ma non c'è dubbio che manca una visione di politica industriale, non ci sono più i protagonisti pubblici nel mercato e neanche gli strumenti messi a disposizione dai governi dell'epoca e men che meno l'aiuto di quella finanza degenerata in un'industria a se stante avendo abbandonato quel ruolo di infrastruttura al servizio della produzione. Se in sintesi è questo il quadro che è davanti ai nostri occhi e se il Paese in 20 anni è stato privato di protagonisti finanziari ed industriali pubblici e privati all'altezza dei bisogni, sarà necessario che sia la Cassa Depositi e Prestiti il nuovo protagonista dello sviluppo del paese che, seppur privo di fondi di dotazione, è molto più ricco della vecchia Iri perché gestisce il risparmio postale italiano che vale oltre 200 miliardi con un flusso annuale di 10-12 miliardi circa. La Cassa, però, deve darsi una regolata e nella propria autonomia deve avere dal governo e dal Parlamento linee di indirizzo per evitare che si entri in catene alberghiere o in altri settori che non hanno né valore strategico né carico innovativo. Bisogna inoltre ripristinare in forma diversa, fiscale, normativa e finanziaria, quegli strumenti che aiutano le piccole e medie imprese che sono ad un tempo la nostra vocazione produttiva e la nostra forza manifatturiera abbattendo parte di quegli inutili incentivi industriali. Tornando all'inizio del nostro discorso chi volesse accusarci di neo statalismo o di neo dirigismo sappia che gli attivi bancari sono in Germania per il 51 per cento in mani pubbliche mentre in Francia lo sono per il 20 per cento e in Italia per 12 per cento. Germania e Francia, come si sa, non sono paesi dirigisti. Come se non bastasse, nelle economie di quelle democrazie il pubblico mantiene nelle proprie mani asset industriali importanti mentre la nostra Finmeccanica continua a vendere aziende con importanti know how tanto che trova compratori ad ogni angolo del mondo. E più che mai necessario, dunque, dare al paese una visione industriale ed un rinnovato protagonismo pubblico nell'economia (ma non nelle schiantate municipalizzate) sapendo che l'equilibrio di forza tra i paesi nel mondo è dato dalla finanza, dalla ricerca e innovazione e dalla formazione del capitale umano, terreni sui quali l'Italia in 20 anni è arretrata di secoli diventando, di fatto, un piccolo paese nel nuovo Commonwealth finanziario, industriale ed innovatore che guida, purtroppo malamente, l'Europa ed il Mondo.

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 11/03/2015 57 11/03/2015 ItaliaOggi Pag. 32 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato FASHION Salgono gli utili di Cucinelli

Brunello Cucinelli ha chiuso il 2014 con un utile netto di 31,8 mln di euro, in crescita rispetto ai 29,6 mln registrati nel 2013 (+7,5%). I ricavi netti sono saliti a 355,9 mln (+10,4%), l'ebitda a 63 mln (+8,4%), mentre gli ammortamenti, a fronte dei signifi cativi investimenti del periodo, sono cresciuti del 22,2%, a 13,7 mln. La gestione fi nanziaria è passata da oneri per 1,7 mln a oneri per 2,9. La posizione fi nanziaria netta è stata di 42,6 mln (16,1). Gli investimenti sono stati di 22,7 mln. «I dati del 2014 che il cda ha analizzato e approvato sono molto importanti», ha commentato il presidente e a.d., Brunello Cucinelli. «Il nostro gruppo è nel pieno di un percorso di sviluppo in Italia e all'estero, con ottimi risultati sia in termini di ricavi sia di margini reddituali. Consideriamo questo ultimo anno fondamentale per l'immagine della nostra industria. Con l'impegno di tutti in azienda, stiamo riuscendo a raccogliere il favore di clienti e osservatori, grazie a un posizionamento chiaro nella fascia più alta del lusso e a collezioni che si distinguono per artigianalità, modernità, stile e qualità. È stato così anche per le ultime collezioni autunnoinverno 2015. Essendo terminata la raccolta ordini, possiamo immaginare sin da ora che il percorso di sviluppo possa proseguire allo stesso ritmo anche quest'anno, con una crescita a doppia cifra del fatturato. Ed è con altrettanta fi ducia e soddisfazione che guardiamo anche al mondo che ci circonda. Un mondo sempre più affascinato da prodotti speciali, dal nostro stile di vita italiano, dalla qualità che il nostro estro sa esprimere in tutto quello che facciamo. In generale, ci pare un momento molto favorevole anche per la nostra Italia. L'euro debole sosterrà le esportazioni, la grande quantità di denaro che immetterà la Bce sosterrà il finanziamento alle imprese, le riforme del governo hanno imboccato la strada giusta ed essendo il nostro un paese manifatturiero, immaginiamo un nuovo periodo fecondo». Il cda proporrà alla prossima assemblea un dividendo di 0,12 euro per azione, con un pay-out del 25%. Il dividendo sarà messo in pagamento il 20 maggio. © Riproduzione riservata

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