Corso di Laurea magistrale in Antropologia Culturale, Etnologia ed Etnolinguistica

Tesi di Laurea

“Avevamo in mente interi universi”

proposta di analisi socio-culturale ed etnografica del gioco di ruolo analogico contemporaneo

Relatrice / Relatore Ch.ma Prof.ssa Franca Tamisari

Correlatrice/Correlatore Ch.ma Prof.ssa Valentina Bonifacio Ch.ma Prof.ssa Donatella Schmidt

Laureando Marco Turci Matricola 826746

Anno Accademico 2018 / 2019

1 Indice

Indice...... 2

1 Introduzione...... 5

Incipit: come ho smesso di avere paura e ho iniziato ad amare il “ruolo”...... 6

Una breve panoramica...... 11

Questioni di metodo e posizionamento...... 13

2 Contestualizzazione...... 21

“What is a Role-playing Game, anyway?”...... 21

Il Gioco di Ruolo come fenomeno culturale complesso...... 26

Precursori e origine del gioco di ruolo analogico...... 27

Il contesto culturale delle origini...... 34

Una “subcultura” in ascesa...... 37

“Dungeons&Dragons, or: What's Next?”...... 39

Diversificazione e diffusione transnazionale: anni '80 e '90...... 46

Giochi di ruolo e società: problemi di comunicazione...... 54

Anni '90 e 2000: contrazione, rinascita ed esplosione...... 58

Saturazione e produzioni indipendenti: dal XXIº secolo in poi...... 63

3 Stato dell'arte...... 70

Prospettive principali di studio sul gioco di ruolo analogico...... 70

2 Studi socio-culturali sul gioco di ruolo in Italia...... 71

Studi accademici sul gioco di ruolo di provenienza anglosassone...... 75

Specialisti adatti a un panorama variegato...... 78

Racconti semi-biografici, raccolte storiche e fanzines...... 82

4 Questioni teoriche: una cornice interpretativa...... 86

Concetti per un'analisi contestuale: l'ambito del “tempo libero”...... 86

Pratiche e materialità in prospettiva interazionista...... 94

La nozione di "campo" di Bourdieu...... 99 .

Fenomenologia del gruppo di gioco di ruolo analogico...... 100

5 Etnografia...... 104

Considerazioni programmatiche...... 104

Prima scena: 09/03/2017 D&D: en plen air...... 105

Seconda scena:D&D OPEN: “Gangs of Waterdeep”...... 112

Un tavolo, una mappa, sette dadi, un foglio e una matita...... 118

Creazioni: Narratori e Giocatori...... 126

Serata a tema col signor Lovecraft...... 163

5 Analisi e conclusione...... 168

Le cornici discorsive e la fenomenologia del “setting”...... 168

3

Il ruolo delle “informazioni” nella costruzione discorsiva sul e nel gioco..170

Appendici e strumenti...... 172

Breve glossario ludico...... 172

Gruppi di gioco...... 175

Trascrizione delle interviste...... 182

Intervista a Dario del 10-07-16 …...... 182

Intervista del 27-9-16 . Casa di Dario...... 198

Intervista 15/7/16 ore 16.30 ca. Casa di Andrea...... 204

Intervista ad Andrea M. del 29-9-16...... 220

Intervista ad Eric del 08/02/17...... 225

Intervista ad Alvise del 17/03/2017...... 237

Intervista a Giorgio 10/5/2017...... 246

Intervista a Walter del 23,24,25/5/2017...... 255

Intervista a Marco del 07-06-17...... 277

Intervista a Davide del 13 ,14 e 15 ago 2017 …...... 280

Intervista ad Eric su Messenger del 08/05/2017...... 283

Illustrazioni...... 287 Bibliografia...... 293

4 1 Introduzione

La mia intenzione sarebbe quella di proporre una tesi, di taglio antropologico, su un fenomeno abbastanza singolare della contemporaneità: il gioco di ruolo nella sua forma analogica, ossia priva di supporti digitali e basata interamente sulla relazione dialettica fra più giocatori che vestono i panni di un personaggio inventato e un giocatore (genericamente sempre presente) che si occupa di condurre le scelte degli altri e portarne a compimento gli esiti meccanicamente tramite lancio di dadi o altri elementi randomici o dialetticamente; il tutto in un setting stabilito: in genere una stanza con tavolo e sedie. Il fenomeno, apparentemente semplice, nasconde, a mio parere interessanti collegamenti con la configurazione culturale odierna dell'ambito del tempo libero e una capacità generativa di universi simbolici densi, che, per mezzo dei canali informativi scritti e digitali della contemporaneità, ha tutte le facoltà per divenire un medium creativo fondamentale. La sua intrinseca ricchezza culturale ha prodotto, naturalmente, una sempre maggior rilevanza, grazie a contaminazioni accademiche che coinvolgono, nel bene e nel male, quasi tutte le scienze sociali, ma soprattutto quelle impegnate in un'analisi fenomenologica ed essenzialmente qualitativa, come l'antropologia culturale, la micro-sociologia e la sociologia della cultura, tutte discipline interessate ad approfondire, appunto, fenomeni complessi e in diffusione. Non sorprende, pertanto, come la ricerca sociale sul gioco e sul gioco di ruolo, si sia focalizzata soprattutto sulla produzione creativa e dell'industria e, dunque dei prodotti della cultura contemporanea del consumo, e degli usi che i consumatori ne operano: vorrei, pertanto, arricchire tale prospettiva, mostrando come, in piccoli gruppi correlati da relazioni amicali più o meno strette, che svolgono nel “tempo libero” la stessa attività di gioco, si generino, attraverso complessi riferimenti a universi simbolici e culturali e pratiche strutturate, nuove configurazioni creative ed espressive, sicuramente positivamente coinvolgenti. Per farlo, mi servirò di una serie di accorgimenti teorici e metodologici, che ho maturato nel corso della mia esperienza di studio del corso di laurea magistrale in antropologia e che ho potuto costruire anche grazie all'inserimento nel curriculum di esami abbastanza eterogenei che mi legavano a doppio filo con i miei studi di triennale in lingue e culture contemporanee dell'Asia orientale: studi culturali e storia del cinema e dei media del Giappone, corso che mi ha senz'altro permesso di entrare in contatto con il mondo della teoria critica, della semiotica, ma soprattutto degli studi culturali e delle prime teorie sociali della cultura. In essi e nei loro sviluppi contemporanei, ho trovato la giusta ispirazione per poter coniugare il mio interesse per gli aspetti tremendamente “banali” della vita sociale e lo sguardo totalizzante dell'antropologia, che indaga il proprio ambiente culturale di appartenenza da prospettive cariche di “incantamento” e che pertanto si proporrebero di illustrare le interazioni in gruppi di quasi coetanei, in

5 fasi affatto interessanti di aggregazione e divertimento. Mi è parso fin da subito, infatti, che si prestasse sempre troppo poca attenzione, nell'ambito degli studi antropologici, all'ambito del “tempo libero” e che lo si facesse, quasi sempre, in un'ottica esotizzante: come ci si diverte, rilassa o come si ozia all'interno di pratiche culturali Altre rispetto a quelle, genericamente intese, dell'Occidente euro-americano? Ora, a parte l'infelice riproposizione di lontananze, mai del tutto problematizzate, come l'esotizzazione e le pratiche di costruzione cognitiva dell'”Altro”, genericamente inteso come inconciliabile e proiezione di desideri repressi o paure infondate, come sostengono da tempo studiosi del calibro di Appadurai e Hannerz1, nella contemporaneità, fluida e in perenne movimento informativo, ci si è, alla fine, resi conto da un pezzo che le identità culturali, sebbene ancora fortemente nazionalizzate e costruite ideologicamente attorno a un immaginario politico ben determinato, si siano ramificate in sotto- determinazioni che possono giungere, nel corso della vita, a rivestire fondamentali ancore esistenziali ed emotive2. A un certo punto della mia carriera universitaria mi sono, dunque, trovato a desiderare di poter rendere poco familiare il “familiare” e togliere quella odiosa sfumatura di banalità attribuita a fenomeni che di banale, invero, possiedono ben poco e che, anzi, concorrono a strutturare forze creative, economiche, informative e socio-culturali e dunque pratiche di identificazione e mutamento culturale importanti, lungo un settore della società contemporanea occidentale che sta assumendo un ruolo centrale: la pratica ludica all'interno e all'esterno del tempo libero.

Incipit: come ho smesso di avere paura e ho iniziato ad amare il “ruolo”

Da dove cominciare, se non da sé stessi? Innanzitutto, gradirei chiarire che la profonda stima che nutro per le forme di gioco interattivo e sociale nascono, non troppo sorprendentemente, in una fase di crescita fisica e mentale, compresa fra il secondo anno della scuola media inferiore e i primi anni del liceo. Come appurai anche in seguito, durante i primi anni duemila, il settore dell'editoria, le industrie culturali che producevano tutti i contenuti che io e un buon numero di conoscenti avevamo imparato ad amare e, se

1 Per Appadurai ci si riferisce al concetto di -rama (da panorama) , ossia di configurazioni complesse di riferimenti simbolici e culturali in continuo movimento nei campi ideologici, pratici, geografici e trans-nazionali (Appadurai, 1990). In Hannerz (2001) emerge invece un intenso dialogo, tipico della contemporaneità globalizzata, fra “realtà” globali, intese come configurazioni economico-culturali transnazionali e “realtà” locali, in cui si sviluppano le relazioni sociali situate di scambio, condivisione e mutamento culturale.

2 Credo che anche Anderson (1983) sarebbe d'accordo nel constatare come, nella costruzione identitaria del nazionalismo prima e della “comunità immaginata” generica, poi sia fondamentale il peso emotivo e il senso di appartenenza.

6 possibile, l'intera economia legata al divertimento (entertainment) erano in pieno fermento grazie a nascita di sviluppo di tecnologie di comunicazione e tele-comunicazione sempre più sofisticate3, sempre più accessibili e sempre più intuitive. In questo nuovo ambiente, le informazioni, intese in senso lato come disponibilità sempre maggiori di operare nuove possibili scelte e configurazioni di consumo, si combinavano e ri-combinavano in maniera a volte imprevedibilie, a volte chiaramente mirata a determinate fasce di consumo e, appunto, esercitava un potentissimo fascino su ragazzini in pieno sviluppo adolescenziale che tentano di fare gruppo e condividere spazi creativi stimolanti con i coetanei. Infattil credo proprio che tutto sia cominciato quando iniziai a parlare in classe dei primi videogiochi che avevo provato in casa, dopo l'acquisto di una postazione (decisamente rudimentale) fissa per il personal computer e il primissimo modello di “Playstation 2”, all'epoca (2001-2002) ancora ai suoi albori, ma già dotata di ottimi giochi di ruolo, divenuti poi classici della narrazione videoludica come “Final Fantasy X” e i suoi vari seguiti. Se io potevo sfoggiare, in principio, il titolo di esperto di titoli per Playstation di nuova generazione, altri miei compagni avevano senz'altro una conoscenza molto più approfondita di titoli per PC e anche per console di più vecchia generazione (Playstation original, Nintendo 64 e Sega mega-drive), magari ereditate, come le conoscenze di tale campo di hobbistica, da parenti più grandi, genitori o amici delle superiori con un forte ascendente sociale su di noi, ragazzini delle scuole medie. Fu proprio da uno di questi compagni “esperto” di software ludici che appresi dell'esistenza di videogiochi di ruolo veramente complessi dal punto di vista narrativo, difficoltosi da giocare per uno alle prime armi come me e semplicemente meravigliosi per quanto riguarda la perizia grafica e la sensazione di immersione che regalavano. Il primo di questi fu “Baldur's Gate”, uscito nel 1998, in due capitoli e consistente di una serie di capitoli, come in un romanzo, che vedevano come protagonista il personaggio che il giocatore avrebbe creato a partire da zero, dalla schermata iniziale. Ora, il fatto di porre in essere un'idea, per quanto pilotata nelle scelte da parametri calcolati meccanicamente, di personaggio inserito in un universo complesso, di per sé, avrebbe costituito il massimo per chi, come me aveva iniziato seriamente ad amare i parti della fantasia di autori come Tolkien e la Le Guin e voleva disporre delle medesime facoltà creative, senza il reale impegno editoriale che, alla fin fine comportavano. Nessuna deadline dell'editore, nessun blocco dello scrittore e nessun freno, se non la noia e i limiti oggettivi imposti dall'algoritmo di gioco, che comunque erano sufficienti all'epoca per produrre un senso di meraviglia: i personaggi così creati venivano a rientrare in parametri e qualità definiti da una serie di calcoli precisi, ma assumevano anche connotazioni morali, garantite dalla scelta di una personale condotta etica e, soprattutto, davano la possibilità di affiliarsi a una religione tratteggiata in maniera decisamente troppo precisa perchè fossero solo opera di qualche designer informatico e non, invece, parte di qualcosa di più vasto. Contemporaneamente alla scoperta dei primi giochi di ruolo per computer, mi interessai alle produzioni letterarie del fantasy “di serie B”, ossia di opere tradotte (solitamente dall'inglese) per case editrici oscure

3 Per ulteriori considerazioni più circostanziate al fenomeno commerciale, si rimanda al capitolo 2..

7 o comunque poco accessibili4 al mercato mainstream, sulla scorta del grande successo commerciale della trilogia di Jackson “Il signore degli anelli”, che quindi solo allora stavano iniziando a ricevere in Italia una certa fama di settore. Le trame non brillavano di sicuro per originalità, se confrontate con i capostipiti del genere e nemmeno spiccavano per composizione, ma suggerivano la presenza di un universo del fantastico ben al di là delle mie scarse cognizioni. Fino a che l'uscita di un titolo videoludico non mi fece collegare tutti i riferimenti raccolti fino a quel momento verso una singola direzione: il gioco di ruolo da tavolo (o analogico, per convenienza). “Neverwinter nights” (2002), titolo pubblicato dalla Atari games, con la collaborazione della casa di sviluppo Bioware, è stato uno dei primi gdr a implementare, oltre alla grafica tridimensionale isometrica, un sistema di regole interamente basato su manuali cartacei pensati per una fruizione analogica. In sostanza, avevo fra le mani un “gioco di ruolo da tavolo per pc”, se mi si garantisce la licenza, con il logo del prodotto originale stampato sopra nella sua classica grafica con una spada lunga in ferro incastonata fra le lettere D in Dungeons&Dragons. Per vie traverse venni ad approfondire la conoscenza di un prodotto che, negli ambienti ludici collettivi del periodo veniva ancora consierato di nicchia o, comunque, non così famoso o popolare (perlomeno in Italia, si intende) da giustificare una comunicazione commerciale così ricca e sfaccettata, su più “piattaforme mediali”, cartacee e digitali e per più oggetti, pensati per occasioni differenti: giochi analogici e digitali. Il mio primo approccio con i manuali del gdr da tavolo fu, dunque, frutto di un'efficace pubblicità, mirata a una nicchia di consumatori adolescenti in piena espansione, le cui pratiche di consumo non erano ancora propriamente padroneggiate, né codificate in maniera adeguata. A quel tempo, non possedevo neanche un gruppo ce potesse aprirmi la strada a quella “sottocultura”; tra noi compagni di scuola difficilmente emergeva la questione se fosse il caso di provare, in che modo e con chi. Poi, come si faceva concretamente? C'era il dubbio che si potesse perdere il filo della sequenzialità e tutto rischiasse di risolversi in una chiacchierata inconcludente, del tipo che, forse, all'epoca era ancora fresco nella nostra mente del: “Facciamo finta che … “. Eppure, Lorenzo, insieme ad Andrea, due compagni che sarebbero divenuti i primi condivisori di tante esperienze ludiche, mi assicuravano che loro amici e parenti più grandi avevano gruppi e giocavano abitualmente, persino in associazioni che si appoggiavano a ludoteche5. Uno di questi, Giulio, cugino di Lorenzo, di due anni più grande e quindi già dotato di una certa autorevolezza, dopo qualche giorno di trattativa, decise di fare da , sorta di arbitro e narratore “super partes” che sarebbe dovuto essere il sostituto del computer, il sommo demiurgo del mondo immaginario: doveva conoscere tutte le

4 Tra le edizioni dei primi anni 2000 che cominciarono a riscuotere un discreto successo, ricordo il ciclo di “” edito dalla romana Armenia (per ulteriori informazioni consultare l'intero capitolo 2).

5 Una delle più famose in tutta la Romagna, in particolare nel forlivese, è “La torre nera”, la cui notorietà fra ludofili e collezionisti non sembra diminuire, anzi, si è persino propagata su piattaforme social come Facebook. https://www.torrenera.it/sedi/forli/ (consultato il 5/2/2020).

8 regole, decretare i risultati delle nostre decisioni e metterci di fronte a sfide, insidie, tranelli, trappole, creature mostruose, tesori, conquiste e scoperte. Cosa non sapevamo ancora? Primo: quanto dovevamo imparare delle regole? Difficile a dirsi, soprattutto data la complessità strutturale dei giochi per computer che conoscevamo bene. Secondo: vendevano da qualche parte manuali in grado di fornire una breve introduzione a principianti assoluti? La congiuntura temporale sembrava essere a favore della nostra iniziazione ludica: l'italiana Panini aveva da poco acquisito i diritti per l'edizione italiana della Terza Edizione del gioco americano di successo mondiale, Dungeons&Dragons, appunto. Quello che non sapevo, tuttavia, era che in commercio esistevano diversi prodotti con lo stesso nome e ancora, purtroppo, non esistevano canali informativi efficaci e quasi istantanei come quelli odierni legati a social network e a forme di sinergia mediale avanzata, per cui quando mi recai in libreria per acquistare il prodotto, mi affidai completamente ai commessi del negozio che mi indirizzarono verso un set introduttivo, cosiddetto “Box set introduttivo 25th edition. Advanced Dungeons&Dragons”. Con mio grandissimo dispiacere scoprii che l'edizione acquistata forniva regole per la risoluzione dei conflitti fra personaggi giocanti gestiti dai giocatori e personaggi non giocanti gestiti dal Dungeon Master, diverse rispetto a quelle che ricordavo da “Neverwiner Nights”. Assieme ai miei compagni di scuola scoprimmo che stavamo usando l'edizione precedente del regolamento (Advanced, appunto) e che noi necessitavamo della Terza Edizione che, oltretutto, avrebbe avuto da lì a poco una ri-edizione: la cosiddetta 3.5. Abbastanza scoraggiati e con l'aggiunta di un amico di famiglia, Giovanni, anch'egli interessatosi alla prova con Giulio, il famoso cugino di Lorenzo, ci siamo recati all'appuntamento con il Master e lo abbiamo trovato con tre bei manuali con la copertina rigida, riconoscibili ognuno per i bei colori brillanti e le illustrazioni di copertina che simulavano le asperità di incunaboli di pergamena: erano quelli i manuali base di cui eravamo alla ricerca. Senza grandi preamboli, Giulio partì velocemente con le spiegazioni su come creare i personaggi e distribuirne i punti generati con i dadi fra una serie di caratteristiche contenute in piccole cellette all'interno di schede fotocopiate direttamente dal libro. Non posso negare che avessi grandi aspettative, nutrite dalle immagini di videogiochi e decine di romanzi, per cui dopo aver deciso di giocare come un bardo mezz'elfo che avrebbe dato man forte al gruppo, con i miei dadi poliedrici, mi apprestai a seguire le parole del Dungeon Master. Ebbene, dopo due o tre ore in cui Giulio ci spiegò, in medias res, come i nostri personaggi facessero parte di una scorta ,al seguito di una popoalzione disperata in fugada una città cinta d'assedio, ci trovammo di fronte il nostro primo combattimento: un'orda di zombi e scheletri che per poco non ci falciò subito. Il mio personaggio, che non combattè per nulla, si distinse per aver rincuorato con le nite del liuto (ancora non so bene come) una torma di vecchi e bambini, mentre altri vennero seriamente feriti, ma alla fine della nostra sessione guadagnammo talmente tanti punti esperienza che salimmo di livello e potemmo dare una scorsa ai manuali per cambiare le caratteristiche alle nostre personali schede. Ebbene, la seconda volta che ci

9 trovammo nel parco dietro casa mia con Giulio fu l'inizio della fine: dopo una fuga disordinata dalla città e aver tratto in salvo la marmaglia, decidemmo di avventurarci in una catacomba, per nessun particolare desiderio se non la pura curiosità di immaginare risvolti piacevoli, ma il Master ci dirottò verso altro. Dopo un breve e disastroso combattimento contro dei giganteschi scarabei, fummo tutti irrimediabilmente morti. Fu da allora e, soprattutto, da quando riuscii ad acquistare i manuali originali dell'edizione 3.5, che decisi di arbitrare io stesso delle partite a turno con i miei compari e, così facendo, raccolsi attorno al mio tavolo che, di volta in volta, era al parco sotto casa, sotto casa direttamente, ossia in vari garage appartenenti agli inquilini dell'appartamento o dentro casa, mia o di amici. Ciò che ricordo con piacere di questo lungo periodo ludico che va dalla fine delle medie fino alla terza liceo compresa, è che, sebbene non avessimo mai portato a termine un solo arco narrativo con gli stessi personaggi sia in veste di Dungeon Master, sia in veste di giocatore, costituì per tutti i partecipanti un'efficace valvola di sfogo e di socializzazione continua, specie in momenti non troppo piacevoli di crescita adolescenziale che alcuni di noi, compreso me, sperimentavano in ambito scolastico. In poche parole, se sono quel che sono oggi, lo devo sicuramente in gran parte al gioco di ruolo ed è una cosa che ho capito molto bene solo recentemente. Per molto tempo, infatti, questa parte di me e del mio tempo libero, che esercitava gran parte delle mie energie creative per proporre ad altri scenari di fantasia e immedesimazioni originali e godere a mia volta dell'esercizio figurativo legato alle descrizioni altrui e al senso di incantamento temporaneo della condivisione di esperienze, sebbene completamente immaginate, cessò. Non ci fu neanche un discrimine fra il prima e il dopo; non ricordo, francamente, nessuna frattura. Tutto procedette in maniera fluida e sequenziale: cambio di prospettive, fine del liceo, inizio dell'università a Venezia e cambio generale di conoscenze. Conservao ancora i taccuini in cui avevp gelosamente custodito le mie mappe, le mie linee narrative, i miei appunti su trappole mostri e ganci di trama e quando tornavo a Forlì, a volte, mi divertivo a sfogliarli, ma non mi era mai più capitato di chiedere ai miei nuovi amici e conoscenti se giocassero di ruolo. A dire il vero, mi giungevano solo voci di fidanzati e amici o amiche che, qualche volta, uscivano per giocare qualche partita a casas di conoscenti veneziani, ma rifiutavo di considerarlo come un possibile svago. Fino a che, dopo essermi spostato in affitto a S.Polo, non venni di nuovo in contatto con due studentesse fuori sede di Forlì che, dopo avermi confessato di amare alla follia il gioco di ruolo, mi dissero anche che Andrea mi salutava e che se volevano giocare con un Master bravo, dovevano senz'altro rivolgersi a me. Per una serie di combinazioni alquanto strane, mi ritrovavo in affitto con matricole che conoscevano molto bene il mio ex compagno delle scuole medie e che, per giunta, avevano giocato con lui di ruolo e con gli stessi giochi. Per un'altra serie di coincidenze, mi trovai, proprio in quel periodo a leggere un articolo, su un blog di divulgazione antropologica, che menzionava una breve bibliografia essenziale per approcciarsi allo studio

10 accademico del gioco di ruolo6 e si dava appunto il caso che fossi parecchio indeciso su che argomento prediligere per la tesi di magistrale. In un certo senso, era come se una parte importante del mio passato mi stesse fornendo un punto di appoggio, ancora una volta. E forse la suggestione avveniva già da qualche tempo, dato che a partire dal Marzo del 2014 era stata annunciata la Quinta edizione di Dungeons&Dragons e il mercato mondiale dei giochi di ruolo sembrava stesse ricevendo un'attnezione che, prima, avremmo tutti definito senz'altro incredibile. Possedevo grosso modo un'idea e avevo anche dei gruppi di gioco facilmente accessibili, mi mancava solo un docente e un buon metodo per cominciare. Quella che seguirà è una breve introduzione alla ricerca, alla metodologia e al posizionamento che mi hanno permesso di compiere il mio lavoro di ricerca sul campo all'interno di diversi gruppi in diverse occasioni e differenti contesti.

Una breve panoramica

Il progetto complessivo della mia tesi è ovviamente incentrato sulla messa in rilievo dell'etnografia come strumento conoscitivo per la formazione di una descrizione fenomenologica “densa” del fenomeno in questione e sull'illustrazione di come le pratiche ludiche del gioco di ruolo analogico o tabletop, all'americana, siano pezzi importanti di cultura contemporanea che danno agli attori sociali coinvolti nelle interazioni, una serie di possibilità, conoscenze e competenze spendibili su una serie abbastanza ampia di “campi sociali” in evoluzione, come quello delle comunicazioni, delle professioi creative e delle industrie culturali e dell'intrattenimento, che tanta parte hanno nella formazione dei contenuti dell'immaginario contemporaneo. Il capitolo 1 sarà, pertanto strutturato in una prima definizione accademica ed extra-accademica di gioco, gioco di ruolo (role-play) e cultura ludica in generale, per poi soffermarsi in maniera estensiva sulle origini storiche ed economico-sociali del fenomeno e dei prodotti su suolo americano, con le sue successive ramificazioni globali e trasformazioni culturali, a partire dalla seconda metà degli anni '80. La parte finale del capitolo verterà, invece sulle contaminazioni che il gioco di ruolo ha subito a partire dalla metà degli anni '90 con il settore videoludico prima e con lo sviluppo delle telecomunicazioni e Internet poi, per terminare con una panoramica sulla nascita di generi di intrattenimento trans-mediali, 6 L'articolo in questione è contenuto in: https://www.antrodichirone.com/index.php/it/2015/11/13/il-gioco-di-ruolo-dalle- guerre-in-miniatura-al-vivo-della-performance/ (consultato il 5/2/2020).

11 appartenenti alla cultura amatoriale dei social network, in cui è entrato anche il gioco di ruolo coi suoi prodotti. Il capitolo 2 passerà in rassegna le principali opere bibliografiche dedicate e al gioco in generale e al gioco di ruolo in particolare, che hanno stimolato le più interessanti ricerche anche contemporanee e le raccolte di lavori collettanei, i quali, come nel caso di “Role-playing game studies” (2018) assumono il potenziale reale di influenzare il mercato dei giochi e le teorizzazione di design attorno ai prodotti in questione. Questo “status artis” avrà, ovviamente, al proprio interno una serie di riferimenti a ricerche appartenenti a campi affini (sociologia, psicologia sociale e storia) che fungeranno da complemento all'analisi che fornirò, segnalando la natura in fieri del lavoro accademico sull'argomento e i naturali, quanto scontati limiti della presente tesi. Il successivo capitolo 3 presenterà, prima del capitolo etnografico centrale, un'illustrazione della cornice teorica utilizzata per fornire un'analisi conclusiva sul caso di studio e sulla cultura ludica analizzata tramite l'etnografia. Per ogni concetto, associato al proprio autore o autori di riferimento, sarà fornita una descrizione e un riferimento bibliografico, nonché la visione d'insieme che ho pensato di voler dare alla mia analisi: fornire strumenti utili per un'ulteriore analisi degli immaginari, delle pratiche e delle relazioni che si instaurano nei gruppi di gioco, in relazione con i flussi di informazione. Il capitolo 4, ossia il fulcro etnografico centrale della tesi sarà costruito come una scelta di casi particolarmente interessanti e che ho reputato particolarmente fecondi dal punto di vista informativo, a partire dalle note di campo, dalle interviste e dagli appunti, maturati a seguito di una ricerca sul campo che ho portato avanti dalla primavera-estate del 2016, all'estate del 2018, con la partecipazione di cinque gruppi, in parte sovrapposti, appartenenti alla medesima area geografica del veneziano (Venezia S. Alvise, Venezia Giudecca, Mestre-Marghera, Musile-Salzano-Mestre). Ho strutturato la mia esposizione in modo da coprire gli ambiti culturali che reputo fondamentali per la comprensione del fenomeno, ossia: le informazioni, ovvero la conoscenza accumulata da singoli e gruppi, attraverso l'utilizzo di canali mediali diversificati e pratiche culturali codificate; gli “oggetti”, ovvero il “mondo delle cose” che pertengono alle espressioni creative del gioco di ruolo nelle sue realizzazioni concrete, ma anche nelle sue “idealizzazioni” e i riferimenti alla catena economico produttiva e pubblicitaria che sostiene questo universo. Infine, il capitolo 5, comprensivo di conclusione, sarà una breve analisi, operata a partire dalla cornice teorica esposta nella relativa sezione, volta a chiarificare la crescente rilevanza culturale del fenomeno del gioco di ruolo all'interno della cultura contemporanea, con particolare riferimento all'importanza che riveste, all'interno dei campi sociali che si strutturano attorno alla fruizione e commercializzazione dei giochi di ruolo, la gestione delle informazioni e la strutturazione delle pratiche ludiche e a valutare l'esperienza ludica come un canale efficace per esercitare una potenziale cultura della partecipazione e del dissenso. A seguire, una breve parentesi conclusiva per delineare le possibili evoluzioni della ricerca e i limiti della presente tesi.

12 Oltre alla bibliografia di accompagnamento, sarà fornita nella sezione di Appendice la raccolta delle trascrizioni effettuate a seguito dei colloqui di intervista ottenuti nel corso della ricerca e un breve glossario con l'insieme dei termini specifici del gioco di ruolo analogico, utili ai fini della comprensione della tesi. Questioni di metodo e posizionamento

Come ho già parzialmente menzionato sopra, la ricerca che ho condotto in 5 gruppi di giocatori dell'area veneziana7, mi ha portato settimanalmente, a volte in maniera discontinua, ad utilizzare una serie di accorgimenti metodologici differenti. L'aggiunta dei gruppi nella ricerca è stata graduale, dopo un periodo di osservazione iniziale. In primo luogo, nei primi mesi del 2016, mi sono dedicato alla formulazione di alcune linee di ricerca: su quanti gruppi focalizzarsi e su come? Quali basi teoriche mi accompagneranno? Dopo aver deciso di utilizzare inizialmente una prospettiva da osservatore esterno non partecipante, ho stilato una lista di “oggetti” sul campo da tenere in considerazione privilegiata: le informazioni possedute da ogni partecipante, fosse esso un giocatore o un Narratore, le battute e le narrazioni che avvenivano sia durante le sessioni, sia al limitare, che nel post-partita; l'utilizzo del setting e degli “oggetti” di gioco. Per poter mettere in pratica questa prima fase, ho deciso di portare sempre con me un piccolo taccuino e un registratore, onde evitare di dimenticare puntualmente le informazioni memorizzate, ascoltate o visionate, il mio smartphone, col quale avrei potuto scattare fotografie e contesstualizzare elementi poco chiari tramite il motore di ricerca. Durante il primo periodo, in cui, peraltro, ero ancora incerto su cosa focalizzarmi e in quali gruppi dovessi inserirmi, avevo già iniziato a gestire come Narratore quello che diverrà poi il Gruppo 1 e che, inizialmente non avrei inserito, ho iniziato semplicemente a registrare per intero le partite di 3 o 4 ore a cui assistevo da osservatore a S.Alvise, per poi riascoltarle nella loro interezza, riassumerle tramite il programma di scrittura, tenendo conto di ogni avvenimento registrabile, privilegiando soprattutto i luoghi, gli oggetti e le reazioni dei giocatori di fronte alle scelte del Master, per poi restringere il campo a flussi di informazione e riferimenti culturali, oggetti di gioco e relazioni nel gruppo. Dopo aver sistematicamente annotato nelle mie “Note di campo” lo svolgimento delle partite, componendolo generalmente di un introduzione descrittiva della locazione, degli strumenti utilizzati dai giocatori e degli avvenimenti o dialoghi pre-sessione, di una parte illustrativa delle pratiche e dei flussi di informazione e dialogo, scritta per lo più all'interno del contesto della finzione, con i punti di vista dei personaggi alternati a quelli dei giocatori e dell'emergenza del contesto reale; da ultimo, invece, una sorta di fase molto breve di post-sessione con la descrizione di dialoghi registrati durante i miei spostamenti in

7 Si veda la composizione dei gruppi nell'apposita dell'Appendice.

13 compagnia dei collaboratori e annotazione delle tempistiche di commutazione fra una sede e l'altra. Con l'intensificarsi del lavoro, dovuto all'accrescimento di conoscenze personali e gruppi di gioco in cui ero inserito, ho deciso di procedere con la fase di osservazione partecipante, sempre condotta con largo uso di annotazioni su taccuino, per quanto possibile, data la mia posizione come giocatore (cosa invece impossibile quando il Master ero io), registrazione di sessioni intere con uso continuato di registratore e dunque con processo di rielaborazione scritta del materiale registrato e annotato in forma estensiva, a casa, nel più breve tempo possibili. Avendo, ovviamente, a disposizione più materiale, ero anche carico di nuove questioni che mi sarebbe piaciuto approfondire, in particolare con giocatori più esperti e di lunga data, con Narratori e Master, tramite colloqui di intervista semi-strutturati, in cui redigevo sul taccuino una serie di argomenti chiave attorno a cui costruire le mie domande, volutamente il più generiche possibili, in modo da stimolare associazioni di idee flussi continui di pensier, da integrare alle osservazioni. Per quel che concerne i colloqui informali, essi sono stati integrati nelle note di osservazione, ove possibile e ricostruiti anche tramite incrocio con le interviste o le registrazioni, da me conservate in un hard disk esterno. Data la concentrazione da me effettuata su cinque gruppi di gioco e la regolarità degli incontri settimanali di ciascun gruppo (con l'eccezione del gruppo della Giudecca che ho potuto osservare un'unica volta), a volte intervallata da periodi di pausa, causati da intensi periodi di studio, malanni di stagione oppure difficoltà logistiche e d'orario, i periodi di stacco sono stati da me sfruttati per ampliare la conoscenza dei prodotti culturali di riferimento come manuali, schede, romanzi menzionati nel corso delle sessioni, oggetti del setting e videogiochi e dei principali canali di diffusione informativa, ovvero i social network e i siti commerciali delle case editrici (, Need Games, ecc.), sia americani, che italiani. Ho iniziato così a chiedermi se, ai fini della mia ricerca, fosse essenziale produrre anche una sezione etnografica online, o se fosse il caso, invece, di triangolare qualche dato con quelli che ho ricavato nei gruppi di riferimento. Alla fine, ho optato per la sceonda alternativa e mi sono limitato a cercare informazioni integrative sulle meccaniche di gioco e sulla popolarità di determinati prodotti, tramite gli strumenti che l'algoritmo social stesso forniva: i sondaggi e i post nei gruppi chiusi e nelle pagine ufficiali di Facebook, nei quali, inizialmente, fornivo io le alternative tra cui scegliere (diversi prodotti di una stessa casa editrice o diversi stili di gioco) e a cui poi gli utenti potevano aggiungerne altre. Le domande aperte all'interno dei post invece hanno suscitato un numero di commenti decisamente maggiore e mi hanno fornito una serie di risposte qualitativamente apprezzabili che potevano fornire un supporto o un contrasto a quelle fornite nei colloqui o nelle fasi di pre o post-sessione. Altri elementi che ho considerato nella mia esplorazione dei contenuti mediali di Facebook che potessero fornire una efficace panoramica ideologica delle pratiche comunicative e interattive del e nel gioco di ruolo è giunta dalla breve analisi semiotica dei post-meme, selezionati da personalmente fra una serie di pagine ufficiali: sorta

14 di collage umoristici di testo e immagini fotoritoccate, costituiscono una buona fonte di informazione culturale sui riferimenti culturali e ideologici. Youtube ha, invece fornito, una serie di indicazioni sulle principali contaminazioni che avvengono tra la pratica del gioco e la teorizzazione, tra l'esperienza e la fruizione della ludicità: ho visionato una serie di opere originali di videomaker con pagine dedicate al gioco di ruolo che hanno contribuito a formare domande di indagine e teorie nel corso dell'intera ricerca sul campo. Incidentalmente, le ho anche sfruttate per costruire le mie sessioni in qualità di Dungeon Master e seguire consigli di gioco in qualità di personaggio giocante. Quest' fase non costituisce, dunque, di per sé un tentativo di “etnografia digitale”, in quanto, comunque, il mio focus è rimasto e rimane fermo, nel dispiegarsi dell'intera ricerca sul campo, sull'esperienza di gioco di gruppi legati anche da intime conoscenze di amicizia e sulle pratiche informative, che pertengono all'espressione faccia a faccia; il canale digitale non è stato, dunque oggetto di ricerca in sé e per sé, bensì un valido aiuto e uno strumento conoscitivo e di validazione di dati altrimenti ottenuti nelle fasi di osservazione8. Viene, tuttavia, ad integrare alcune informazioni e triangolare molti punti di vista che, altrimenti, non potrebbero essere analizzati in maniera efficace, al di là del loro contesto complessivo di articolazione, specie se consideriamo quanto possano essere fondamentali i mezzi di informazione elettronica e le forme di espressione trans-mediale (video/audio/testo scritto). Per quel che concerne, invece, le comunicazioni con i giocatori partecipanti, ho fatto ampio uso di chat in tempo reale, tramite il sistema di messaggistica sincrona di Whatsapp, in cui quasi ogni gruppo aveva a disposizione una chat dedicata e il sistema di SMS integrato negli Android dello Smartphone, con una scontata preponderanza della prima sul secondo metodo di comunicazione. In due casi (Walter e Davide), ho persino condotto delle interviste tramite Whatsapp, anche grazie alla presenza della funzione di registrazione vocale, che ha lasciato al collaboratore la libertà di articolare i propri pensieri con immediatezza e libertà, dati gli impegni lavorativi di qualcuno che, in più di un'occasione, hanno messo in difficoltà i miei tentativi di ottenere colloqui di una certa durata. In un unico caso, ovvero, in una seconda intervista rilasciatomi da Eric che aveva come oggetto la mia conduzione da Master, ho utilizzato il sistema di messaggistica di Facebook (Messenger, con gli stessi buoni risultati di Whatsapp. Un'ulteriore metodo è stato, poi, quello della raccolta sul campo, ove possibile, a meno che non servissero per la conduzione delle sessione, di oggetti come annotazioni, mappe, disegni e schede compilate o precompilate, in forma materiale, che ho poi provveduto a schedare nelle mie note di campo o, alternativamente, in forma di fotografia digitale (da smartphone), che mi hanno permesso di articolare alcune interessanti riflessioni sul processo creativo prima, durante e dopo le sessioni, attuato da diversi attori. Una prima e più semplice raccolta è avvenuta nel Gruppo 2 di S. Alvise, a casa di Dario, in cui ho

8 Come emerge nelle differenziazione elaborata in Pink (2016: 106) tra una “digital ethnography”, interamente dedicata al medium e ai suoi risvolti socio-culturali e una “netnography”, ossia un metodo di indagine di comunità con estensioni online. Per ulteriori approfondimenti, si veda Kozinets (2010).

15 provveduto a fotografare le più interessanti mappe, ideate e riprodotte su supporto cancellabile (plexiglass) con pennarelli ad acqua, per facilitare i momenti tattici di combattimento più complessi oppure gli appunti provvisori schizzati a matita e le annotazioni sulle schede ufficiali fotocopiate direttamente da manuali o stampati da formato pdf; lo stesso è stato fatto anche nel caso del mio gruppo di Marghera (Gruppo 1), quando assieme ai giocatori abbiamo provveduto a disegnare su un acetato ripartito in quadretti le mappe principali che procedevo a descrivere. Il secondo tipo di oggetti etnografici è, invece, costituito dagli appunti presi in gioco e successivamente rielaborati da due giocatori , Silvia e Andrea S. presenti al mio “tavolo”. Nel primo caso sono due taccuini, uno più piccolo, parzialmente scarabocchiato su un lato, contenente buona parte degli eventi e dei particolari numerici e discorsivi della campagna, con l'aggiunta di disegni autografi o di altra mano; il secondo più grande, ricopiato in una specie di “bella copia” con gli stessi contenuti. Nel caso di Andrea S., invece, gli appunti sono stati presi a matita e sono interamente concentrati in un faldone di circa due facciate, proveniente da un piccolo quaderno a righe, con qualche mappa e disegno stilizzato. In entrambi i casi, mi sono servito degli oggetti, integrandoli con foto e altri elementi, come post e riferimenti bibliografici per restituire, in fase di etnografia, l'esperienza ludica reale il più fedelmente possibile.

Nel momento in cui ho maturato la decisione di intraprendere una ricerca immerso in un tavolo da gioco, con un gruppo che regolarmente si ritrovava per “fare sessione”, avevo a disposizione diverse opzioni: avevo già iniziato, nel Febbraio-Marzo del 2016, a frequentare a S. Alvise il gruppo di Dario, che aveva da poco perso un membro e mi avrebbe volentieri aggiunto. Ero già a conoscenza del Master, Dario e di uno dei giocatori Andrea M. che sapevo essere un giocatore di lunga data di D&D. Inizialmente, per lo meno, sentivo di avere a disposizione un bel “luogo” in cui inserirmi, che fosse già abbastanza vicino alle mie esperienze e che mi permettesse di allargare con calma le mie conoscenze di giocatori. E non passò, infatti, molto tempo quando Andrea M. mi riferii della sua campagna in corso da due o tre anni con Dario e altre persone che avevo solo sentito nominare, come Alvise e Ginevra, che facevano parte di un vecchio ensemble di giocatori poi scioltosi, a causa di alcune divergenze con il Master e la sua compagna. Nell'Aprile del 2016 avevo cominciato io stesso ad arbitrare una campagna, proponendo di trovarci una volta a settimana a casa mia, a una serie di conoscenti che, o non avevano mai giocato di ruolo e avevano solo sentito nominare la pratica, o avevano giocato così poco da non ricordare praticamente nulla, così grazie alla graduale partecipazione di amici e conoscenti come Claudia, Silvia e Andrea S. decisi di iniziare ad osservare ,partecipando dalla posizione privilegiata del Narratore, quelli che potevano essere i primi passi nell'hobby di neofiti interessati. Il gruppo che Andrea M. arbitrava sarebbe stato osservato dall'esterno, data la notevole preparazione che la partecipazione ad altri due gruppi come Master e giocatore, comportava durante il corso della settimana, oltre alle sbobinature e alla

16 redazione delle note di campo, che si ammucchiavano inesorabilmente. Entrare all'interno di un gruppo già formato è, di norma, abbastanza semplice, se la conoscenza dei prodotti, delle regole dei manuali e delle pratiche di gioco è sufficientemente buona ed è stato anche non troppo difficoltoso far accettare l'idea della presenza di un piccolo registratore sul tavolo da gioco, perchè dopo qualche minuto dall'inizio della sessione, di norma nella prima serata, ognuno entrava nel vivo della gestione del proprio personaggio, sia tatticamente, nelle fasi di combattimento o esplorazione poste di fronte dal Master, sia nelle fasi di interazione e immedesimazione che possono essere assimilate a una sorta di pratica teatrale di improvvisazione a canovaccio, in cui, a parte rari casi, lo stereotipo è la norma. Un poco più difficile è stato rendere la mia presenza di osservatore non partecipante accettabile ed evitare che fosse fonte di distrazioni o imbarazzo: nel gruppo di Andrea M. , del quale ho assistito a un paio di sessioni da quattro ore e mezzo circa, ovviamente, le domande circa la mia presenza sono state paarecchie, soprattutto da parte di persone che non mi conoscevano come Alvise e Ginevra e in certe brevi fasi di rilassamento, che chiamerei pause, mi è stato chiesto di togliere e censurare alcuni commenti e battute che erano state fatte per il timore che registrassi ogni cosa e qualcuno venisse a sapere cosa dicevano; in realtà, dopo le prime titubanze, ho subito chiarito che avrei rispettato la privacy e di sicuro non avrei trascritto ogni commento possibile. In seguito, in effetti, la mia presenza, credo anche a seguito della mia partecipazione assieme a Dario, Sofia, Andrea M. e Alvise al Gruppo 2 in maniera continuativa mi abbia avvicinato notevolmente a loro e abbia creato legami di amicizia che, inevitabilmente, si sono estesi anche al di là del mondo del roleplay. L'evoluzione del mio rapporto con il Gruppo 2 e con i partecipanti che orbitavano intorno a S.Alvise mi ha portato a condurre la mie prime interviste e colloqui più o meno informali con i giocatori, tra cui, alla fine, i collaboratori da me favoriti per esperienza e solerzia nell'attività, sono stati Andrea M. e Dario che hanno collaborato sin da subito con me con buona volontà, in diverse occasioni, anche dedicandomi buona parte del tempo libero a loro disposizione dopo gli studi universitari. Verso la fine del 2016, tra settembre e ottobre, nel Gruppo 2, ha fatto la sua comparsa una nuova giocatrice, Maria, una conoscenza di Sofia, entrambe più piccole di circa 4 anni rispetto a me , Dario e Andrea M., ci ha subito informati della sua modesta conoscenza del gioco di D&D e che aveva partecipato a sole campagne di un gioco- clone (Pathfinder) con suoi compagni del liceo scientifico. Come al solito, Dario si è messo d'accordo privatamente con lei, cosiccome aveva già fatto con me, per la creazione del suo personaggio, dei suoi retroscena, della sua storia (background) e delle sue specializzazioni, visto che abbiamo sempre fatto uso di un'ambientazione ufficiale () che necessita di una buona conoscenza di base delle sue peculiarità narrative. La conoscenza di Maria e la sua buona volontà di integrarsi nel nostro gruppo, mi ha permesso di condurre un buon numero di colloqui informali sia pre, sia post-sessione sulle pratiche ludiche che coinvolgevano anche l'altro gruppo di suoi coetanei, a cui all'epoca partecipava, in qualità di Master, il fidanzato Sebastiano.

17 Data la mia doppia figura di Master-Giocatore in due gruppi distinti, la mia buona conoscenza di Dario e la mia rinnovata esperienza del campo, dopo anni di inattività nel gdr, ho iniziato a valutare le mie esperienze sia in maniera positiva che negativa, offrendo ove possibile consigli e critiche, sapendo comunque che ogni Master possiede un diverso stile di gioco che, col tempo e a contatto con giocatori storici, riceve feedback e aggiustamenti autonomi. Lo stile molto lento di Dario e, a volte, troppo tecnico e privo di descrizioni lungo tutta la sessione, cominciava a starmi stretto e potevo vedere, d'altro canto, come l'assenza di vitalità nel modo di proporre incontri e situazioni da parte del Narratore fosse centrale anche nel mio gruppo a Marghera. Cercavo, quindi, di raccogliere insegnamenti dagli errori miei e altrui e mi stavo dedicando, forse, un po' troppo a cercare una specie di perfezione stilistica, rischiando così di perdere un'ottica più pluralistica. Così, sapendo che una mia vecchia compagnia di studio della triennale, Eric, aveva un impegno di norma setttimanale, ma spesso bi-settimanale, con giocatori più vecchi di me di una media di cinque o sei anni, decisi che valeva la pena cominciare a inserirmi come osservatore non partecipante anche all'interno di questa realtà che si ritrovava a casa di un informatico di nome Marco a Musile di Piave, perchè speravo potessero fornirmi dati interessanti circa una frangia di giocatori già più attempati che erano venuti in contatto con giochi e modalità in piena evoluzione, nella metà degli anni '90 e nei primi anni 2000. Chiesi, come prima cosa, ad Eric ai primi di Febbraio del 2017, se potesse introdurmi ai suoi compagni giocatori e spiegare brevemente in cosa consistesse la mia ricerca e cosa contassi di fare una volta giunto alle sessioni: sostanzialmente, mi proponevo di registrare interamente le partite con il mio recorder portatile ed essere il meno intrusivo possibile, ma sapevo anche per averlo già sperimentato che avrebbe significato anche introdurmi in ambienti domestici già differenti rispetto a quelli di universitari o addirittura matricole appena uscite dal liceo. Così, alla mia prima osservazione, che ho condotto quando Marco ancora era Master di Eric, Giorgio, Alfonso e Davide V. che successivamente ha dovuto tralasciare il gioco di ruolo per motivi familiari, ho provveduto a partecipare alla cena di pizza nel pre-partita portando con me qualche dolce e una bibita analcolica, in modo che si potesse poi anche socializzare nei momeni morti della sessione. Nella stessa serata avevo intervistato Eric e qualche giorno prima avevo avuto modo di conoscere Giorgio in un'occasione esterna al gioco, per cui mi potevo ritenere abbastanza sicuro della mia accettazione; cosa che, poi, si rivelò, in effetti, corretta. Data la mia posizione, le prime volte di solo ricercatore con un taccuino in mano e un registratore poco distante che teneva conto di ogni cosa dicessero i gicatori, non mancarono le battute e le fasi di ironia rivolte al mio operato, ma al contempo tutti quanti volevano sinceramente capire perchè mi fossi interessato a fare una ricerca del genere. Continuavo a recarmi a S.Alvise in qualità di giocatore e a condurre a Marghera, per quanto potevo, ma volli comunque partecipare, specie dopo aver saputo da Marco e Giorgio che un loro amico disegnatore (Walter) conduceva partite molto particolari e aveva ideato assieme a loro un'ambientazione originale che, un giorno, avrebbero messo per iscritto e, chissà, forse commercializzato. Dopo qualche mese , tra l'aprile e il maggio del 2017, ma anche per tutta quell'estate mi recai tra Mestre e Musile a una

18 serie di sessioni di prova in cui giocavo e registravo, ottenendo sempre più vicinanza con le persone nel gruppo e con collaboratori decisamente ricchi di informazioni e molto aperti come Marco, Giorgio e Walter che, alla fine, ho provveduto a intervistare e ad accompagnare in alcune scampagnate per negozi di modellismo tra Padova e Mestre. Era lo stesso periodo in cui stavo meditando se integrare l'osservazione partecipante con una porzione di etnografia digitale, ma che poi si rsolse in una blanda partecipazione ad alcune pagine dedicate su Facebook e a una ricerca spasmodica di materiale per arricchire le mie creazioni personali e le mie conoscenze di settore. Anche in questo caso, ero riuscito a trovare una buona ricezione delle mie attività, senza bisogno di porre rimedio a situazioni spiacevoli o incomprensioni; certo, permaneva sempre quel vago senso di imbarazzo nel cercare di spiegare cosa stessi registrado di quello che dicevano tutti loro, ma nel complesso potevo dirmi appagato e felice per come stavano andando le cose, soprattutto quando a fine Aprile, Maria, dopo vari insuccessi, forse dovuti a lentezze organizzative, riuscì a rendermi noto l'appuntamento che aveva con il suo ragazzo Sebastiano alla Giudecca, per fare sessione di Pathfinder con un gruppo composto da coetanei loro e già notevolmente smaliziati per il gioco di ruolo. Anche in quell'occasione, la mia presenza, a parte qualche fiacco momento di ironia per la presenza del registratore e del mio sgualcito taccuino, si risolse in un genuino sentimento di curiosità soprattutto da parte di Sebastiano, con il quale stabilii una buona vicinanza di concezioni per quanto riguardava la pratica del Dungeon Mastering; il che, in un certo senso mi avvicinò ulteriormente a Maria, che continuava a raccontarmi nei momenti di passaggio da S.Alvise alla fermata del bus a Piazzale Roma delle avventure di suoi vari personaggi in gruppi affatto differenti rispetto a quello di Dario. Potevo dire, nel frattempo, verso la seconda metà del 2017, che la conoscenza e le pratiche, anche all'interno del gruppo di Marghera fossero mutate: avevo attirato come giocatori Eric, Davide P. e Alessandro (amici di amici) e l'impegno, sebbene felicemente profuso, stava iniziando a diventare gravoso, anche in ragione della presenza di alcuni miei lievi problemi di salute e la constatazione che, oramai, possedevo parecchi dati. Così, dopo aver letto del nuovo alone di fama che attirava su di sé la Quinta edizione di D&D e aver saputo da Davide P. dell'organizzazione a Padova di una mega-sessione a più tavoli costruita come evento promozionale per l'uscita in traduzione di alcuni manuali, decisi di partecipare, quasi senza avere idea di cosa mi aspettasse. Dato che vedevo questo come il colpo di coda finale del mio periodo di fieldwork, un periodo molto sfilacciato e comunque graduato secondo periodi più o meno intensi, con impegni settimanali diversificati, decisi di iscrivermi in compagnia del gruppo con nome ufficioso di “Uranidi”, a un evento che, insieme alla netnografia avrebbe costituito un buon espediente per dare un'idea di come potesse essere estesa la community del gdr analogico e degli estimatori dei suoi prodotti culturali. Se, dal punto di vista soggettivo, l'esperienza per me fu sommamente stancante e neanche troppo divertente, dal punto di vista della ricchezza fenomenologica e descrittiva fu positiva e mi permise di capire almeno un po' di più quanto contasse l'espressione creativa nel proprio tempo libero e in questo

19 momento storico, impressione ricavata anche dalla apparente facilità con cui l'evento poteva coinvolgere anche inesperti totali, poco esperti o semplici osservatori, cosa che, forse, volevo essere, ma che alla fine fu impossibile dato il costante impegno cognitivo richiesto per partecipare attivamente. Non nego che, durante l'intera mia esperienza di ricerca, sia stat determinante, nella facilitazione dei miei vari compiti di registrazione e raccolta, l'essere considerato un insider e poter vantare una solida conoscenza di prodotti, correnti di pensiero della teoria ludica o del game design, pratiche di gioco, regole e ambienti. Ripeto che, per me, è stato un po' come riscoprire una realtà stranamente lasciata nell'oblio per un lungo periodo, che quando cominciai a frequentare mi diede una buona quantità di risorse per risollevarmi da alcuni periodi particolarmente negativi e che, anche ora, mi è utile per capire vari aspetti della mia personalità e costruire attorno a me una comunità che sento positiva. In ogni caso, al termine della raccolta, con la foga della sistemazione ancora in corso, per tutta la fine del 2018, intento a sistemare i riferimenti delle note di campo, secondo un indicizzazione per argomenti, mi resi conto che, a parte la testualizzazione a tratti molto schematica, a tratti particolarmante strana, per il fatto che vi era un continuo entrare ed uscire dal punto di vista del giocatore e dal punto di vista del personaggio, sia nelle fasi da puro osservatore, sia in quelle da partecipante, che mi hanno senz'altro coinvolto di più a livello emotivo, ma che spesso sono state fonte di difficoltà notevole, quando si trattava di stabilire la direzione del flusso di informazioni, anche solo stando a riascoltare per intero le registrazioni. Così mi sono state assolutamente utili quelle che Clifford chiamerebbe “mental notes9”, ovvero il graduale inscriversi nella mia mente organizzatrice di eventi, in questo caso di natura ludica, una serie di nozioni, comportamenti e pensieri sul “gioco” che mi hanno permesso di ri-costruire di sicuro non in maniera “oggettiva” gli avvenimenti e le pratiche, ma di collegarli all'”impressione” anche emotiva degli spazi sociali che andavo, pian piano a descrivere. Un altro motivo che ha condotto a una sovrapposizione lenta dei vari processi di in-scrizione del dato, è stato il fatto che, analizzando, in definitiva solo una piccola porzione della vita del singolo, sebbene molto ricca e produttrice di senso, a volte è stato necessario attendere parecchio per il ripresentarsi dello stesso gruppo in sessione, mentre altre volte, le settimane erano letteralmente piene di partite serali e osservazioni che spesso, almeno qualitativamente, tendevano ad assomigliarsi e a causare confusione, noia e anche frustrazione. In un certo senso, c'è stata una maniera un poco strana di produrre quell'”impregnazione10” tipica dell'immersione nel mondo culturale sotto osservazione, in ogni campo della vita sociale; qui, conducevo la mia vita normale in assenza di contatto con i miei collaboratori, almeno fino agli eventi prefissati e nei momenti di distacco, se non dovevo pensare a come costruire in anticipo la sessione in cui agivo da Master, sfruttavo per lo più la mia memoria e la mia voglia di conoscere un po' più a fondo i prodotti e le esperienze di gioco, tramite Internet e in particolare Youtube prima e, successivamente, quando trovai più di una persona che potevano vantare esperienze veramente pluriennali decisi di partecipare alle sessioni

9 Si veda Clifford “Notes on fieldnotes” in Sanjek (1990).

10 Confrontare con de Sardan “La politica del campo. Sulla produzione di dati in antropologia” in Cappelletto (2009): p.31.

20 con spirito di emulazione, rincuorato dall'accettazione che questi nuovi “esperti” mi avevano concesso. Nel mio essere già un pallido “connoisseur”, per così dire, del settore, maschio e di quasi trent'anni, interessato più a questioni di ordine comunicativo, espressivo e informativo, con tutte le probabilità, ho tralasciato numerosi aspetti legati all'uso del tempo libero e all'affiliazione a gruppi di roleplay, che sicuramente meriterebbero di essere approfonditi e valorizzati, come la discriminazione di genere, la stereotipizzazione dei ruoli all'interno delle pratiche ludiche e le problematiche sociali dello stigma e della categorizzazione; problematiche che, soprattutto nei colloqui informali sono comunque emerse solo superficialmente.

2 Contestualizzazione

Nel seguente capitolo verrà fornita un'ampia panoramica storica della nascita, specializzazione e diffusione del gioco di ruolo analogico contemporaneo, con riferimenti molto fitti alle comunicazioni pubblicitarie e agli universi simbolici che l'ambito ha richiamato e costruito attorno a sé. Particolare attenzione verrà fornita anche alla evoluzione del fenomeno in Italia e alle problematiche relative alla sua crescente importanza sociale, spesso artificialmente marginalizzata. Come prescrive Burke nella sua teorizzazione della “storia culturale” come metodo di analisi delle mutazioni diacroniche nelle pratiche culturali e nelle sue connotazioni, occorre prendere coscienza della “co-varianza” di più connotazioni su uno stesso fenomeno, per coglierne appieno la portata11.

“What is a Role-playing Game, anyway?”

Per inquadrare il fenomeno dobbiamo prima chiarire cosa sia esattamente un “gioco di ruolo”. Ebbene, possiamo partire dalla definizione che Saler e Zimmerman danno del gioco, inteso nella sua manifestazione pratica:

“[A game is] a system in which players engage in an artificial conflict, defined by rules, that results in a quantifiable outcome” (2004: 80).

11 Burke (2019): 35.

21 Tale definizione è frutto di un procedimento di raffinazione concettuale, in cui da una sostanza “culturalista” e abbastanza generica, come quella di Huizinga (1973), che lo “reifica” come origine e suggello di ogni azione sacrale e giuridica, ma che la modernità ha limitato nell'ambito del faceto, poiché volontario e improduttivo, si passa a una definizione tassonomica del “gioco” come insieme di dimensioni pratiche differenti, afferenti a una facoltà particolare12 dell'azione umana. In tutte è tuttavia presente la dimensione del limite, delle regole, del sistema. La dimensione del conflitto artificiale, invece viene dedotta dall'osservazione comparativa dell'attività dell'uomo e dell'animale nel loro adattamento all'ambiente, anche se manca di sistematicità. Tale conflitto è una piacevole imitazione della vita, che il cucciolo, secondo la scienza etologica, dovrà affrontare una volta adulto13. L'importanza biologico- evolutiva del gioco, sia fisico, sia immaginifico o fabulatorio, è abbastanza chiara se si fa riferimento alla mole notevole di studi comparativi di biologia, etologia e antropologia (molti esempi possono facilmente essere rintracciati in: “Play, playfulness, creativity and innovation”, Bateson P. e Martin P. 2013, Cambridge), nei quali il costo elevato in termini di risorse energetiche che l'attività giocosa comporta, viene controbilanciato da notevoli vantaggi in età adulta, come maggiore flessibilità fisica e mentale in caso di pericolo o imprevisto, capacità di adattamento e innovazione. Il vantaggio è evidente anche all'interno della specie umana, la cui incompletezza fisico-biologica è compensata da una fase molto lunga di allevamento e inculturazione socializzata, la cui complessità necessita di supporti discorsivi e meta-comunicativi che la struttura del gioco assolve nel migliore dei modi. Se l'universo del gioco è come una interfaccia adattiva ausiliaria rispetto alla socializzazione primaria del nucleo familiare per il bambino, fino a età non inferiori ai 15 o 16 anni, è altrettanto vero che l'attività non viene abbandonata con l'età e si può stabilirne un'efficacia fondamentale nel dirigere le facoltà creative, di ricerca di significati e connessioni impreviste e di capacità inventive, ovvero di implementazione di quei nuovi significati in situazioni verosimili. Per poter essere efficacemente condotto, questo “gioco”, deve disporre di ambienti sicuri e scevri di preoccupazioni fisiche e precarietà esistenziali (sostentamento, stress fisici e mentali) e deve nutrirsi di una piacevole disposizione d'animo per poter essere veramente utile:sfide alla portata delle capacità individuali,disciplinato da regole comprensibili operanti in cornici metatestuali non ambigue e prive di stress imprevisti e, all'interno delle contemporanee società occidentali, si prevede sia condotto in contesti spazio-temporali qualitativamente distinti da quelli associati a processi socio- economici di primaria importanza, come il “lavoro” o il sostentamento14. Il gioco fisico e il gioco immaginativo assumono forme e codificazioni chiaramente differenti, ma svolgono entrambi funzioni

12 Caillois (1981) seziona il fenomeno del gioco in Alea (il gioco di fortuna o legato al destino), Mimicry (l'emulazioe), Agon (il gioco come competizione) e Ilynx (il gioco come vertigine dei sensi) e ne aggiunge due cornici: la paidia (ovvero il divertimento senza freni, tipico del bambino) e il ludus (l'insieme delle regole e dei limiti).

13 Konner e Melvin 2010: 507.

14 Bateson e Martin 2013: 122-127.

22 importanti e utilizzano processi simbolici e metaforici che troviamo anche in attività consce e inconsce di fantasia o fabulazione individuale (Bateson e Martin 2013: 110-115). Per quanto riguarda la presenza di sistemi complessi di regole e strutture, ci dobbiamo riferire alla facoltà ideativa che l'essere umano ha affinato, di innalzare matrici simboliche e rendersi ricettivo nei loro confronti, lungo tutto il corso della propria socializzazione. I momenti sanzionati ed emotivamente connotati di passaggio sociale, “prova” e sperimentazione (di gioco, appunto, o scena; play, come direbbe Victor Turner15). La componente di simulazione, pertanto, merita una “cornice” sicura in cui fare esperienza e il modo migliore per costruirla è attraverso la costruzione simbolica e linguistica dello spazio ludico, ovvero una dimensione di accordo cognitivo e psicologico, in cui si fa, si agisce “come se” ci si trovasse nella realtà concreta, ma senza alcun risultato apprezzabile o utile nel breve termine, se non il piacere che il gioco stesso comporta: Bateson (1953; 1954) ci parla appunto di “cornici” e proiezione di modelli linguistici e in questo non è certo molto lontano da Goffman (1974), che parla di “frames” come di ambiti interattivi e simbolici di costruzione della narrazione sociale quotidiana (cioè l'interazione mediata dalla funzione sociale che si assume e dalla relazione con il contesto, con gli attori nel contesto e con le loro narrazioni). Tuttavia, le cornici di Goffman non sono pienamente sicure e impermeabili, sono piene di negoziazioni e false partenze, di “re-inquadramenti” strategici (footing) e devono essere disciplinate da regole di presenza e corretta interpretazione, all'interno di un “sistema” di interazioni, cioè di azioni, reazioni e aggiustamenti costanti. Il gioco rimane, appunto, confinato in una situazione ancora più precisa, perché sancita dalla presenza di regole, di un registro di procedure da rispettare per produrre un risultato quantificabile in una vincita e una conseguente perdita. Se tutti i giochi hanno in comune queste caratteristiche, allora dobbiamo prima considerare cosa sia il “ruolo” di cui parliamo. Nella definizione inglese di “Role-play” è già presenta la porzione che indica una “messa in gioco”, una “libertà di movimento e interpretazione” , contrapposta al “game” delle regole irregimentate16, ma viene intesa principalmente come l'assunzione volontaria di un ruolo diverso dal proprio17 (in cui ruolo vale inizialmente come “ruolo sociale”, come nella ritualità liminale analizzata dagli antropologi), definizione che , tuttavia non tiene conto dell'esperienza di questa assunzione volontaria, che è prima di tutto emozionale ed esperienziale18, come nelle forme teatrali di espressione artistica, come nelle performance: la forma dell'esperienza teatrale (play) è sempre una concentrata e circoscritta a imitazione di una forma rituale (ritualizzata), che viene definita “liminoide”, ovvero che assume una connotazione imitativa, mimetica , simulativa della realtà sociale; non ne sconvolge i confini, come nei rituali di passaggio e non

15 Turner 1986: 40-42

16 Vedasi “Homo Ludens oggi” Eco, 1973: XVIII in Huizinga

17 Zagal e Deterding 2018: 20 (Box 2.1).

18 Ibidem.

23 deve essere reintegrata. Le regole del “Role-play”, ovvero, le disposizioni che fanno sì che un “attore” assuma correttamente un ruolo differente dal proprio all'interno di un sistema in evoluzione, che dovrebbe avere risultati quantificabili, quali dovrebbero essere?19 Non sarebbero quantificabili, o per meglio dire, non sarebbero riconducibili a una logica “della somma 0” (Morgenstern e von Neumann, 1953), ma sarebbero accostabili al teatro improvvisato, come dimostrano i riferimenti che lo psicoterapia di Jacob Moreno fece al “role-play” in quanto efficace soluzione di immedesimazione ed empatia, che si può introdurre come gioco, cioè interazione volontaria fra partecipanti, con regole per la presa di parola e interpretazione, ma senza nessun vincitore20. Se le regole quantificanti ci impediscono di capire come si possa unire Role-play a Game, data la natura necessaria della regola nel Game e della libertà e imprevedibilità collaborativa nel Play, allora conviene rivolgersi al concetto di “somiglianza di famiglia” che Wittgenstein utilizzò nelle sue “Philosophical Investigations” (1958): muteremo pertanto il nostro predicato esplicativo da “è” a “ha”. Il “gioco di ruolo” (o gdr) ha in comune con il concetto di gioco (Game), la presenza di uno spazio-tempo definito e artificiale, volontario e generalmente improduttivo e di regole, immerse in un sistema di interazioni su più livelli cognitivi (si veda anche Fine 1983: 181-2015) e con il concetto di Role-play o anche solo di play, data la già ben nota presenza di un “ruolo” in ogni performance umana, la componente dell'immedesimazione finalizzata alla sperimentazione emotiva e alla formazione di un'”esperienza” e quella dell'apertura, cioè della mancanza potenziale di confini del gioco, se non nella sua interruzione concreta fisica. Pertanto, il gdr è un gioco interattivo di narrazione fantastica che genera secondo tempi e ritmi, definiti da regole scritte e non scritte, in negoziazione continua tra i partecipanti, una simulazione più o meno verosimile di esperienze21. Occorre chiarire anche come appare e si manifesta un “gioco di ruolo” così inteso. Tralasciando, dunque, tutte le forme di gdr utilizzate come addestramento o preparazione funzionale, in ambiti ben definiti della società contemporanea, come aziende, corsi di lingua, sedute terapeutiche e addestramento militare(che non pertengono dunque all'ambito del gioco22, pur conservandone le forme tecnico-operative), nella sua forma originaria e basilare viene organizzato come una narrazione orale aperta, condivisa in un unico ambiente fisico (in genere una sala con un tavolo o un appoggio fisico abbastanza ampio da contenere manuali di regole e strumentazione varia), a partire dalla descrizione di una situazione iniziale da parte di un “supervisore” (di solito chiamato Dungeon Master o Narratore o semplicemente Master, ma, in alcuni casi, è anche possibile che sia del tutto assente), che può essere accompagnata da immagini visive, 19 Nel play performativo può esserci un copione, ma non produce alcun risultato quantificabile. Non abbiamo vincitori e vinti.

20 La tecnica dello psicodramma di Moreno fu, in effetti, una terapia innovativa nella Vienna degli anni '20, dominata dalla psicoterapia Freudiana: https://www.britannica.com/topic/psychodrama#ref162750 consultato il 27/09/2019.

21 Si confronti con D'Andrea 1998: 27-32.

22 Al massimo è il concetto di ludicità ad essere inserito nelle pratiche di apprendimento, come dimostra il processo di “gamification”: l'intrusione di metodi di risoluzione affini a quelli ludici, in ambienti in cui la cornice cognitiva del gioco non è presente .

24 colonne sonore, elementi scenici o strumenti. I giocatori, spesso in numero superiore a due, ma generalmente inferiore a sette, decidono, di concerto, come “interpretare” questa narrazione, in base alle informazioni che ricevono, immedesimandosi in un personaggio creato da loro in precedenza, secondo parametri matematici quantificabili, inscritti su una scheda (spesso in più fogli di misura A4). A seconda delle condizioni poste dal Master, i Personaggi (Personaggi Giocanti o PG) dovranno affrontare delle prove, generalmente descritte da una soglia numerica, che deve essere, il più delle volte, eguagliata, superata o al contrario dimostrarsi inferiore, tramite i parametri del personaggio, che possiede delle specializzazioni uniche e una o più caratterizzazioni descrittive, utili ai fini dell'interpretazione. Se la prova viene superata, il gruppo di personaggi (party) riceve ulteriori descrizioni e condizioni da parte del Narratore e può così far avanzare l'intreccio narrativo e/o migliorare di conseguenza le proprie statistiche. Le prove or ora menzionate, nella maggior parte dei casi, possono essere risolte grazie a un modello aleatorio, che conferisce al gioco una dose notevole di imprevedibilità, come lancio di dadi (a più facce), carte o tarocchi, monete o semplicemente risposte a domande specifiche o strumenti interamente digitali (come le app di calcolo automatico). A ciò si combina una componente di progresso individuale del personaggio o avanzamento, che si concretizza nel miglioramento dei parametri numerici del personaggio con il tempo, componente che, di solito, fa sì che ci sia la volontà da parte dei partecipanti di proseguire la stessa linea narrativaanche per periodi molto lunghi. Gli ambiti temporali deputati al gioco (della durata media di 4 ore, circa) vengono chiamati “sessioni”; il percorso che termina con il raggiungimento di un obbiettivo importante viene chiamato “avventura (un'avventura può essere composta da più “sessioni”), mentre l'intreccio che porta alla conclusione di un intero arco narrativo è una “campagna” (che può essere composta da più “avventure” collegate fra loro). La forma base del gioco di ruolo analogico ha, poi, dato spunto anche a forme di intrattenimento digitale, come i “videogiochi di ruolo”, la cui componente di “Role” è limitata alla creazione di un avatar e ad alcune scelte narrative a diagramma di flusso, ma la cui direzione è comunque gestita dall'algoritmo del software. Tra i “videogiochi di ruolo” occore quantomeno segnalare i giochi di ruolo digitali online (MassiveMultiplayerOnlineRoleplayingGames o MMORPG), in cui viene accentuata la fase di interazione e personalizzazione dell'avatar, in un ambiente aperto condiviso con migliaia di altri giocatori connessi contemporaneamente a un server(a volte anche con dotazione di chat sincrona). All'interno del formato digitale, si può trovare anche il genere del “Play-by-chat”, ovvero del gioco di ruolo su piattaforma testuale interattiva asincrona (in genere Forum o mail-list), in cui vi può essere una sola narrazione interattiva o più narrazioni, divise per thread (sezioni di commenti divisi per categorie). L'ultima tipologia di gioco di ruolo analogico contemporaneo è il Live Action Role Play, ovvero la totale immedesimazione, sia fisica, sia mentale e psichica, con il proprio alter-ego, all'interno di uno spazio interattivo fisico più ampio di una sala, ma comunque necessariamente delimitato, in compresenza di altri giocatori e, generalmente di uno o più organizzatori o Master, che coordinano e sorvegliano l'andamento

25 dell'intera sessione di gioco23 che, spesso, può durare anche giorni. Io mi occuperò, in questa trattazione, del gioco di ruolo analogico da tavola, il cosiddetto “pen-and-paper-role-play” all'americana.

Il Gioco di Ruolo come fenomeno culturale complesso

Ė bene approcciarsi a un fenomeno dalle sue radici e considerarlo nel suo contesto storico e sociale e come hanno illustrato molto bene Deterding e Zagal nel capitolo introduttivo a “Role-playing game studies”( Zagal e Deterding 2018: 2-7), ogni punto di vista, accademico e non, deve necessariamente tenere in conto di importanti e pervasive dimensioni culturali. Essi ne identificano quattro principali: la dimensione del gioco, come serie di attività non produttive, non finalizzate, circoscritte e dirette da regole, in una generale area di incertezza (per gli approfondimenti vedere il capitolo di cornice teorica, in cui compaiono le teorie dei ludologi Huizinga, 2002; Caillois, 1967; Sutton-Smith, 1997 e Salen e Zimmerman, 2004), che assume la forma della finzione d' identità del “come se”, si apre in universi sociali e interattivi di immersione psicologica in una personalità “altra da sè”, a volte addirittura antitetica. E qui abbiamo la seconda dimensione del ruolo, di una persona che compie scelte in base alle stesse disponibilità cognitive dell'”attore” e presenta una serie di variazioni culturali in sede di ricevimento dei prodotti che l'industria culturale designata (editoria perlopiù) produce, tramite codici e motivi legati a una “cultura dei media” postmoderna24. Se ne deduce così la rielaborazione in culture o sottoculture contemporanee del consumo e del tempo libero, attività che viene poi assorbita all'interno delle logiche del consumismo contemporaneo (confrontare con lo sviluppo dello “stile” analizzato da Hebdige, 1978), facenti parte della quarta dimensione. Tale fenomeno può assumere diverse forme concrete (gioco di ruolo virtuale o digitale, gioco di ruolo dal vivo o mediato tramite chat o posta elettronica), di cui io, nella presente tesi terrò in considerazione quella analogica o da tavolo (o più semplicemente ancora, pen-and-paper “alla americana”), senza tralasciare le connessioni tra le varie forme, culture, storie e produzioni del gioco. È pertanto evidente che per considerare in maniera opportuna la “dimensione culturale del medium”, si debba cominciare col tracciarne una dimensione storica. Analisi che si occupi anche di squilibri e mutamenti nella ricezione, nel consumo e nella comunicazione del prodotto o dei prodotti che l'industria culturale e la popolazione di utenti produce e ri- produce, attraverso la condensazione e rarefazione di vasti “immaginari”. Quando si possono definire 23 Per qualsiasi approfondimento sulle altre realtà del “gioco di ruolo”, si rimanda a: Zagal e Deterding 2018: 87-187. 24 Frammentaria, dispersa, enciclopedica, multiculturale e partecipativa. Vedasi a tal proposito i lavori di: Lyotard 1981; Appadurai 1990 e Jenkins 2007.

26 vari livelli di potere e di conoscenza su un prodotto culturale con lo strutturarsi di industrie, di un pubblico e di un mercato occorre tenere conto delle sinergie, delle azioni e reazioni e dei collegamenti che si possono sviluppare tra questi punti del “sociale”25. Precursori e origine del gioco di ruolo analogico .

Come emerge dall'introduzione, siamo di fronte a un fenomeno ibrido che coinvolge aspetti del gioco, della ritualità tipica di certe forme espressive performative, ma che ha come particolarità la “immedesimazione” , cioè l'assunzione di un ruolo specifico per un lasso di tempo e l'”immersione”26 in un mondo di gioco credibile, perché ben strutturato. Precondizione necessaria di tale stato è la presenza di regole che sorreggano e “significhino” una simulazione, ovvero una qualità di “verosimiglianza” che possa manifestarsi nell'interazione ludica. La simulazione, in questo caso, assume un significato a metà strada tra il classico: “atto o atteggiamento che tende a far sorgere in altri un falso giudizio” , procedimento menzognero realistico e intrigante e un significato tecnico-scientifico di: “procedimento atto a studiare il comportamento di un sistema in determinate condizioni che si basi sulla riproduzione del sistema o dell’ambiente in cui esso deve operare attraverso modelli”27. All'atto tecnico di riproduzione tecnica di un ambiente, nel gioco si inserisce quindi l'azione della finzione (la fictio propriamente detta che ritroviamo in ogni ambito creativo della narrazione). All'epoca della sua uscita (Gennaio 1974) “Dungeons&Dragons”, gli autori immaginavano un prodotto che unisse il rigore della simulazione bellica con la scoperta e la meraviglia di un universo fantastico28 che attingeva a piene mani dagli immaginari letterari di decine di scrittori del mainstream letterario dell'epoca, sia fantasy, sia fantascientifico. Ma alle loro spalle avevano anni di esperienza nel campo della simulazione militare all'interno di club amatoriali, in circoli abbastanza ristretti di appassionati del gioco da tavolo tattico-strategico. Erano parte di manifestazioni e convention sempre più grandi, che tra gli anni '60 e i primi anni '70 raccoglievano affluenze notevoli: tra le più grandi e importanti d'America, la Lake Geneva Wargames Convention (poi battezzata GenCon e attiva ancora oggi a Milwaukee-Wisconsin, dopo essersi spostata diverse volte e aver creato cloni internazionali, soprattutto in Gran Bretagna,

25 Si veda Griswold 2005: 30-33.

26 Per l'importanza dell'immedesimazione e dell'immersione nel definire le caratteristiche distintive del gioco di ruolo, si veda Henriksen 2002: 44; Pohjola 2003: 34, 2004: 89 e Mäkelä 2005: 207.

27 Come la definisce l'”Enciclopedia Treccani online”. http://www.treccani.it/vocabolario/simulazione/ consultata il 16/09/2019.

28 Il sottotitolo dell'edizione “woodgrain box” del 1974 recita molto chiaramente:”Rules for fantastic medieval wargames campaigns playable with paper and pencil and miniature figures” e sancisce così l'importanza dell'organizzazione militare delle spedizioni (campaigns) con una parte preponderante di gestione tattica del campo di gioco tramite le miniature.

27 Francia e Australia) voluta e organizzata da uno dei creatori del gioco con l'aiuto di associati, provenienti dall'International Wargaming Federation, ha iniziato la sua attività di fulcro culturale per la fiorente comunità di giocatori di strategia militare il 24 Agosto del 1968 (per l'ufficializzazione e l'estensione della realtà dei club americani, si veda in particolare Peterson 2012: 5-14). Prima di questa organizzazione intensiva, il fenomeno interessava principalmente appassionati di storia e strategia militare, riuniti in circoli con un'organizzazione personalizzata degli eventi e una comunicazione saltuaria a distanza fra membri provenienti da Stati o addirittura continenti diversi tramite ordini postali (bollettini informativi o newsletter29) : vi erano in questo ambito tendenze alla risoluzione tattica di conflitti su scala più ridotta (come battaglie campali napoleoniche o assalti a paesi della Normandia occupata da truppe della Wehrmacht) che consentiva la visualizzazione realistica di plotoni, reparti, artiglieria ed eserciti in movimento su un supporto paesaggistico realistico o a una risoluzione di conflitti strategica su una scala regionale, continentale o mondiale, addirittura (come nel gioco “Diplomacy” creato nel 1954 da Allan B. Calhamer per la casa editrice statunitense Avalon Hill, nata un anno prima ad opera del primo serio editore-autore e pubblicista di wargame Charles Ronerts, sulla scorta del suo primo successo “Tactics”30), che prevedeva l'utilizzo di mappe più o meno dettagliate, scandite e porzionate in quadrati o esagoni in proporzione di svariati chilometri, sui quali si muovevano segnalini di cartone o plastica (simboli astratti che indicavano in genere interi reparti o eserciti o anche armate). Questo universo aveva alle spalle una catena di evoluzioni storiche, sistematiche e sequenziali nei loro caratteri tecnici e regolistici, di forme di simulazione più rozze e astratte, che già comunque facevano uso di supporti materiali simili come dadi, plance, mappe e miniature (più o meno stilizzate e astratte) in una forma abbastanza simile al gioco degli scacchi (appunto la simulazione strategica più antica31). Dopo una prima introduzione in Europa a partire dal Xº secolo dopo Cristo, gli scacchi, nella loro originaria conformazione subì modifiche e sistematizzazioni importanti come nel volume curato dal duca di Braunschweig-Lüneburg, “Das Schach oder Königspiel” nel 1616, su cui cominciarono già nello stesso cinquantennio a sorgere modifiche sostanziali (ampliamenti di plancia, arricchimento di movimenti per ogni pedina e aggiunta di ulteriori giocatori oltre i due regolamentari) ad opera, in particolare, di Cristoph Weickhmann (“New-erfundenes Grosses Königs-spiel” 1664)32. Su queste basi espanse e poi codificate in una nuova versione del 1770 (“Neues Kriegsspiel, oder verbessertes Schachspiel”), nella cittadina prussiana di Brunswick, Johann Christian Ludwig Hellwig (1734-1831), tutore del figlio del duca del Brauschweig-Wolfenbüttel, Carlo Iº, in qualità di istitutore ed esperto stratega, creò nel 1803 una 29 Come la “Miniaturas Militares”, meglio nota come il “Bulletin”, edita da Joe Fowler a partire dal 1953 e poi diretta da Jack Scruby. Vedasi la sezione bibliografica dedicata ai magazine in Peterson 2012: 636

30 Si veda lo specchietto introduttivo in Applecline 2014: 6

31 Needham nel volume “Science and civilization in China: Physics and physical technology” Vol.1 1962: 314, afferma che il più antico esempio di gioco di simulazione bellica indiano, il chaturanga, abbia potuto prendere spunto da qualche tecnica oracolare cinese per l'utilizzo di dadi e piccole miniature.

32 Vedasi Peterson 2012: 210-212.

28 versione complessa ed evoluta degli scacchi che prendeva la definizione già menzionata di “Das Kriegsspiel”: il gioco di guerra. Appare subito chiaro anche nell'introduzione, di pugno dello stesso Hellwig, che i suoi intenti sono di istruire i cadetti dell'Accademia militare degli stati tedeschi sotto l'influsso prussiano, con una simulazione abbastanza realistica e complessa basata sull'influenza del gioco degli scacchi e di commercializzare, nel contempo, un buon passatempo per gli aristocratici. Nell'edizione del 1803, oltre al manuale di istruzioni in forma di libello, comparivano illustrazioni delle varie pedine: busti di soldati abbastanza realistici poggiati su un sottile piedistallo a cono rovesciato33 e, per ciascuna, vi erano differenti parametri di forza (Stärke), associati alle modalità di movimento sulla scacchiera34. Successivamente Georg Leopold von Reiswitz (1760-1828), cadetto militare e stratega di Breslau (l'attuale Wrocław in Polonia), creò e testò nel 1811, davanti ai principi del regno prussiano, reduci dalle sconfitte napoleoniche e riuniti a Berlino un nuovo “gioco di guerra”(“Taktisches Kriegs-spiel”), costruito su una mappa di quadrati spostabili di legno pitturati su un lato per dare la sensazione del realismo paesaggistico, sulla quale potevano essere spostati segnalini che simboleggiavano plotoni di soldati. Fu tuttavia il figlio di Georg, Heinrich Rudolph Johann von Reiswitz (1794-1827) che, dopo aver prestato servizio come artigliere, raccolse le idee del padre e le proprie circa la simulazione bellica nel volume “Literärisch-kritische Nachrichten über die Kriegsspiele der Alten und Neuern35” tra il 1816 e il 1819. Note che serviranno poi per la pubblicazione e il test nel 1824 del “kriegsspiel” più complesso fino a quel momento in circolazione: la plancia aumentava notevolmente la scala (ora era di 1:8000), simulando addirittura la conformazione del terreno e le alture. Il gioco si sarebbe composto di turni con limiti di movimento in scala di circa due minuti (ovvero una distanza percorribile realisticamente da un manipolo di fanteria in due minuti di tempo36) e la sua natura sarebbe stata unicamente educativa, mai competitiva. Al gioco viene aggiunta la figura del “supervisore” (o Vertraute, cioè “confidente”) che, per prima cosa stabilisce quale sia lo scenario e la sua configurazione e di quante truppe disponga ognuna delle due parti sulla plancia. Poi, cosa ancor più importante, arbitra le decisioni e i risultati ottenuti dai giocatori, tramite un'interpretazione imparziale delle regole, su una aleatorietà ottenuta tramite il lancio di dadi a sei facce e si occupa della trasmissione di informazioni e comunicazioni. La probabilità entra così, a tutti gli effetti, nella simulazione militare del gioco di guerra, anche grazie ai lavori di geometri ed esperti del genio militare del calibro di Venturini e Gerhard von Scharnhost37, i cui lavori erano conosciuti dal Reiswitz; viene inserita nel combattimento a distanza di artiglieria e in quello corpo a corpo tramite il confronto di un valore numerico ottenuto dal lancio di dado, con una tabella fissa. 33 Vedi l'illustrazione contenuta in Peterson 2012: 215

34 Ibidem 35 Ovvero: “Annotazioni critico-letterarie sui giochi di guerra vecchi e nuovi” NdR.

36 Ivi: 228

37 Vedi Peterson 2012: 233

29 La simulazione complessa del movimento e del combattimento, tramite arbitraggio, viene da qui in poi portata avanti come disciplina importante (studio dei giochi di guerra) e fatta oggetto di revisioni e miglioramenti, in particolare da parte del colonnello e professore di tattica militare del “Collegio della guerra” di Hannover, Klemens Wihlelm Jacob Meckel (1842-1906)38. L'esperienza pluriennale di insegnamento, addestramento e combattimento, condensato nello scritto propedeutico alle simulazioni belliche degli studenti “Studien über das Kriegsspiele” (1873), lo portò alla sua reinterpretazione del gioco in chiave strategica con l'utilizzo di differenti scale per differenti tipologie di strategie: nel 1875 escono le “Anleitung zum Kriegsspiele”39. Meckel introdusse tre scale differenti: 1:6250; 1:12500 e 1:100000, sulle quali era possibile prendere decisioni differenti e allenare capacità tattico-strategiche differenti in vista di campagne militari complesse o di piccole battaglie campali (ciò reso possibile anche grazie agli avanzamenti scientifici nella misurazione topografica e geografica). La forma del kriegsspiel non cambiò nella sostanza da questa forma codificata e specialistica e si diffuse nella sua incarnazione prussiana in ambienti alto-borghesi e aristocratici di tutta Europa, soprattutto in Inghilterra, dove all'interno delle università si formarono gruppi di appassionati giocatori esperti di storia militare40. L'evoluzione industriale e la produzione in serie di articoli per l'infanzia41 rese disponibile sul mercato quantità e qualità di soldatini in piombo sempre migliori e sempre più varie. Uno scrittore appassionato di modellismo e guerra come Robert Louis Stevenson se ne procurò un numero considerevole per simulare, assieme al figlio, attraverso la costruzione di regole realistiche e concise, una o più battaglie campali, gestite interamente in ambiente casalingo; certo, le annotazioni che Stevenson aveva raccolto provenivano da calcoli personali e da resoconti di reduci di guerra e mancava completamente la sezione di grande strategia che il “gioco di guerra” specialistico prometteva; oltretutto la mappa era stata sostituita da umili segni di gesso tracciati sul pavimento, ma si disponeva di una componente di realismo in più, data dalla presenza fisica ed estetica di soldatini in scala disegnati con un realismo prima mai raggiunto42. Tutte queste caratteristiche rendevano ogni partita indimenticabile e unica, tanto che lo scrittore si premurò di annotare l'andamento e lo sviluppo di molte battaglie giocate contro il figlio. La nuova linfa creativa e commerciale legata al tempo libero e all'infanzia che scorreva nei mercati e nel

38 Ivi: 245

39 Ovvero “Istruzioni per i giochi di guerra” NdR 40 Tra i vari gruppi fu rinomato quello dell' “Oxford's University Kriegsspiel club”, fondato da Henry Spencer Wilkinson nel 1873. Uno dei partecipanti, all'epoca studente laureando (1882-1883) scrisse uno dei trattati di storia militare che ispirarono parte delle regole del gioco “Chainmail” nato dalla penna di Gygax nel 1971, precursore di D&D. Ibidem: 255

41 L' artigiano di giocattoli William Britain Jr. brevettò nel 1893 un metodo di fusione che permetteva di ottenere soldatini di piombo cavi, con un risparmio di materiale notevole e una conseguente riduzione del costo; quasi contemporaneamente, nel 1904 due artigiani tedeschi, Max e Otto Hauser brevettarono un materiale elastico composto da segatura, colla, caolino e olio di semi di lino, chiamato “elastolina”che permise la produzione di articoli anche in tempi di restrizione commerciale (guerra o embargo).

42 Nel sistema di regole inventato da Stevenson, tuttavia, ogni soldatino veniva considerato simbolo di un intero plotone di 100 soldati, per cui quattro soldatini venivano a formare un reggimento. Non vi era ancora la totale identificazione di ogni singolo soldato con la singola miniatura. Si veda Peterson 2012: 258.

30 mondo dell'artigianato, fece diffondere la moda della creazione di giochi sempre più sofisticati, a volte attirando l'attenzione di adulti e personalità di spicco del tempo come per un secondo scrittore del fantastico del calibro di Herbert George Wells. In una delle sue rubriche del Windsor Magazine illustrava la creazione e l'allestimento di un gioco di simulazione con soldatini di piombo e cannoni a molla, pensato per ragazzini di età preadolescenziale, chiamato “Little wars” (1913). In successione e in concomitanza con l'uscita di un cannone giocattolo (il cannone navale Britains No. 1264 da 7.3 pollici della Britains Ltd.), Wells pubblicò a proprie spese il manualetto da quattro pagine e mezzo per poter giocare con soldatini e cannone, senza bisogno di “intermediari”, dadi o metratura. Come giustamente suggerisce Peterson (2012: 265), l'idea di Stevenson e Wells era, senz'altro, quella di adattare il gioco all'ambiente, cioè di disporre soldatini, artiglieria e giocatori all'interno della propria abitazione o del proprio giardino e usare ciò che si aveva a disposizione per stabilire la conformazione del terreno o le distanze (rendendo così più accessibile al pubblico un passatempo ancora considerato appannaggio di militari e aristocrazia), di sviluppare una serie di battaglie collegate narrativamente in una campagna militare di più ampio respiro senza le lungaggini complesse della “grande strategia” del kriegsspiel prussiano: questo era gioco pensato unicamente per il tempo libero in contesti prima non considerati, come le abitazioni borghesi o i circoli ricreativi e anche con fini educativi e morali nei confronti di un mondo sull'orlo della devastazione concreta43. Durante le due Guerre Mondiali, l'interesse del pubblico per il wargame scemò a tal punto che il mercato si sviluppò di nuovo solo a partire dagli anni '50 con le già menzionate case editrici americane , seguite da case editrici inglesi. Fu tuttavia nei servizi di intelligence e consulenza della RAND Corporation che, grazie a sofisticate teorie matematiche di previsione (chiaramente ispirate alla “games theory” di Morgenstern44), ideavano e implementavano simulazioni belliche a distanza per conto dell'Aeronautica o della Marina statunitense (si veda Peterson 2012: 284. Qui furono testate regole complesse e dettagliate circa la fisica del movimento all'interno delle simulazioni, portando all'ideazione di griglie con settori di forma esagonale (che sarebbero poi stati implementati sia nei wargame strategici come Tactics, sia in alcuni gdr come D&D e Traveller). È chiaro che dopo questo ritorno nel mondo militare e la nascita della Avalon Hill, che abbiamo già menzionato, il fenomeno rientrò appieno nella vita di centinaia di appassionati con la nascita di club informali, non più legati a istituzioni chiuse come le università e la riapertura di un mercato attento a tutte le evoluzioni delle pratiche bellico-strategiche cui il mondo andava incontro (polarizzazione in blocchi contrapposti ideologicamente, armamento nucleare e strategie predittive elettroniche), ma anche a nuove

43 “How much better is this amiable miniature than the Real Thing! […] no smashed nor sanguinary bodies, no shattered fine buildings nor devastated country sides, no petty cruelties[ … ] that we who are old enough to remember a real modern war know to be the reality of belligerence.” Little Wars 2004: 32.

44 Si ricorda che nell'opera seminale per gli studi economici “La teoria dei giochi”, scritta a quattro mani con von Neumann, si prendono in considerazione le varie condizioni di esistenza dei cosiddetti “giochi a somma 0”, in cui si ha sempre un vincitore e un perdente. Caso dato, appunto, nei wargame tradizionali.

31 fascinazioni per la storia militare45, che in alcune aree degli Stati Uniti si sposava con la passione per il revival, la ricostruzione storica e il travestimento, con un poco di “teatro improvvisato”46. Tutte le varie tendenze e pratiche condivise del tempo libero, comuni ai club di strategia, venivano diffuse come ho già chiarito all'inizio, tramite rubriche postali e incontri informali e agivano produttivamente, per quanto riguardava forma e modellizzazione, nella definizione di “gioco da tavolo con plancia” (come Diplomacy o Tactics) che prevedeva una spazializzazione geografica e l'uso di segnalini astratti e tempistiche velocizzate (settimane o addirittura mesi per turno), ricordando la tipologia di Kriegsspiel weckeliana più estesa, che poteva, oltretutto, richiedere la presenza di un o più “supervisori”. La seconda definizione tipica che possiamo riconoscere è quella del gioco di battaglia campale, con la costruzione di un setting esteso e realistico e l'impiego di miniature in scala, che rimanda al più vecchio Kriegsspiel prussiano delle origini, con le evoluzioni stilistiche del gioco di guerra casalingo illustrato da Wells. All'interno di quest'ultima definizione di pratiche, possiamo inserire anche quella meno evidente, ma più importante per lo sviluppo del gioco di ruolo, di un senso di progressione e continuità narrativa, che prende le mosse dai resoconti annotati di Stevenson, dalle regole circa lo sviluppo di campagne militari a punti di Wells e termina con le esperienze innovative dei gruppi di gioco di , con la “campagna” artigianale di Blackmoor (ambientazione fantastica creata per il gioco di miniature sviluppato nel 1971 da Gygax, Chainmail47) e gli esperimenti di Gary Gygax e Dave Wesely con varie regole raccolte e rielaborate in collaborazione48, all'interno di un'ambientazione fittizia (la cittadina di Braunstein), tuttavia generata in contesto storico napoleonico, più che verosimile. Dave Arneson aveva già all'attivo numerose collaborazioni con una fanzine di settore strategico- medievale gestita da Gygax (il “Domesday Book49”, bollettino ideato per il gioco “Castles&Crusade”) e aveva potuto incontrarlo e discutere dell'uscita e della revisione incrociata del sopracitato “Chainmail”, giocato con una serie di ambientazioni e personaggi unici dalla sua compagnia a Twin Cities: l'idea della contea di Blackmoor, difesa nel corso di sessioni serali di gioco più classiche, prese pieghe fantasy e si sviluppò all'interno delle segrete dell'omonimo castello, per scendere, con una logica esplorativa, in una

45 Si veda Gettysburg 1958- ed. Avalon Hill.

46 Si pensi soprattutto alla riunione in costume tardo medievale organizzata nel 1966, nella Bay Area di San Francisco, dalla “Society for Creative Anachronism”, in cui ogni partecipante aveva la facoltà di vestire i panni di una personalità famosa o inventata per la durata dell'avvenimento. Si veda Peterson 2012: 419-420

47 Gioco di guerra con miniature di ambientazione medievale, ideato da Gary Gygax e Jeff Perren ed edito dalla Guidon Games nel 1971, diviso in sezioni dedicate al combattimento campale collettivo, al combattimento singolo, alla giostra medievale, all'assedio. L'ultima parte prevedeva regole sperimentali per la costruzione di scenari fantasy, ispirati ai racconti epici di J.R.R. Tolkien e R.E. Howard.

48 La direzione libera e fantasiosa del gioco di guerra di Wesely e Gygax prendeva ispirazione dal manuale di “Strategos: the American game of war”(1880) di Charles Totten, con la presenza di un Master che stabilisse una scena di battaglia, ma lasciasse completa libertà di scelta e interpretazione; dalla predisposizione al dialogo ragionato di “Diplomacy” e dalla presenza di più giocatori gestiti contemporaneamente o a turni liberi pensata da J.D. Williams in “The Complete Strategist” (1954)

49 Fanzine pubblicata fra Lake Geneva e Chicago dai membri della Castle&Crusade Society, Gary Gygax , Rob Kuntz e Chris Schleicher, tra il 15 marzo del 1970 e il luglio del 1972.

32 caccia al mostro in cui i personaggi, singolarmente gestiti, miglioravano i loro parametri di combattimento e avevano accesso ad equipaggiamento sempre più potente e utile di volta in volta (si veda Peterson 2012: 64-72), sfruttando la sezione di gioco fantastico che il manualetto di Chainmail sperimentava. Arneson pubblicò più volte sulle riviste, resoconti dettagliati delle sue partite serali, con l'annotazione scrupolosa di ogni evento, personaggio, tesoro conquistato, mostro sconfitto ed esperienza guadagnata (secondo una progressione numerica). Gary Gygax, del resto, aveva notevole esperienza di design (nonostante lavorasse ufficialmente in un'agenzia assicurativa) e sapeva adattare regole preesistenti a sistemi nuovi o crearne da zero per rendere l'esperienza totale il più fluida possibile, specie nei combattimenti campali, così grazie alla collaborazione con David Wesely, amico di lunga data nei club, ricostruì interamente un sistema ludico, con il fine innovativo di personalizzare al massimo l'esperienza della campagna militare simulata, in un'ambientazione storica: i numerosi giocatori che si riunivano a Lake Geneva potevano scegliere una qualsiasi mansione immaginabile realisticamente in un villaggio tedesco al tempo delle invasioni napoleoniche (dal medico al sindaco, dal corazziere al soldato di linea) e interpretarla a piacimento nell'ottica temporale di una narrazione ristretta a un singolo evento, che avrebbe potuto essere parte di una serie di battaglie in sviluppo continuo, all'interno di un gruppo sociale di pari. Le idee e le conoscenze maturate in sinergia dai due giocatori e novelli editori, portò a un lavoro serrato per produrre un gioco di ambientazione fantastica che potesse combinare le regole di simulazione “immersive” di Chainmail, con una tipologia di azione mista, composta principalmente da sezioni di combattimento contro nemici singoli senza uso di tabelle con valori preimpostati, ma con la presenza di “prove di abilità” definiti tramite un valore fisso e un elemento aleatorio, i dadi a più facce, di cui il dado icoasedrico a venti facce costituiva (e costituisce anche ora nell'ultima incarnazione) il più importante per determinare successi e fallimenti. I mostri provenienti dalla mitologia e dal folclore germanico, ma di cui faceva parte anche qualche creazione originale50 iconica, erano parte dei pericoli dell'esplorazione di sotterranei (dungeon51), mappe modulari composte da corridoi, porte e stanze, il cui attraversamento, lungi dall'essere il solo obiettivo esplorativo, era accompagnato dall'accumulo ossessivo di tesori, ricompense e avanzamento esperienziale del proprio personaggio, ora fortemente personalizzabili tramite parametri di razza (ispirati dalla contemporanea produzione letteraria fantastica), classe (una specializzazione diversificata di abilità e competenze) e sesso. Il prodotto finale uscito nel 1974, fu una scatola di compensato chiaro, marchiata con le iniziali della società creata dai due designer, la TSR Inc. (Tactical Studies Rules), sul cui coperchio compare un cavaliere rampante in armatura e il titolo del 50 Come il “Beholder” mostro -simbolo di D&D: un globo fluttuante con un occhio centrale, posto sopra una bocca con file di denti aguzzi e dotato di tentacoli, alla cui sommità fluttuano altri piccoli occhi con palpebre che, grazie alla proiezione di un raggio, possono bloccare il tempo, ridurre in polvere i nemici o dominare le menti. “Advanced Dungeons&Dragons ” 1979: 10.

51 Il termine dungeon , in effetti, ha origini normanne (donjon), ma la sua fama si deve soprattutto alla lingua letteraria shakespeariana e miltoniana. Indica le segrete costruite alla base della torre più rande del castello feudale, usate spesso come prigioni o depositi e armerie di riserva (Peterson 2012: 129).

33 gioco; all'interno una serie di tre manualetti: un compendio di regole, una serie di regole aggiuntive per l'esplorazione all'esterno delle segrete e un bestiario, il tutto in meno di un centinaio di pagine fermate da graffette. L'inizio di “Dungeons&Dragons”,sebbene ancora legato alle dinamiche del wargame, della competitività fra giocatori e ancora molto grezzo e migliorabile, rappresenta la base storica e funzionale di ogni altro tipo e formato di gioco di ruolo analogico, fantastico o meno (quindi, per naturale estensione mediale, anche dei giochi di ruolo digitali ed estesi come il Live Action Role Play)52. Il gioco così concepito si andava concretizzando attorno ad alcune idee e concetti originali e a dir poco destabilizzanti per il mercato dell'epoca. La prima era, senz'altro l'idea dell'ambientazione fantastica in una serie di ambienti esplorabili e misteriosi che potevano essere facilmente creati e immaginati come moduli o serie di prove, interamente localizzate in stanze o “incontri” (nel caso dell'ambiente selvatico), collettivamente riuniti nel concetto ludico di “dungeon”, ambiente oscuro per eccellenza che può nascondere insidie, trappole e nemici (prove narrative, simili ai tropi della letteratura o dell'epica). In secondo luogo, vi era l'implementazione dell'esperienza del “ruolo”, di quella condizione del “Sè temporaneamente altro” che trae le sue origini nei lavori psicoterapeutici e performativi di Jacob Levi Moreno (si ricordi in particolare lo “psicodramma”53), ma poi si sviluppò in una tecnica di teatro improvvisato, più affine al gioco. In terzo luogo, la presenza di una logica interna di personalizzazione, evidente nell'esempio della scelta di specializzazioni (classes) e di immagine esteriore, non priva di parametri quantificabili mediante regole (races).Infine, concetto più importante, la progressione delle capacità di ogni singolo personaggio, attraverso parametri quantificabili chiamati “livelli” che mostrano quanto ogni Personaggio sia esperto (levels). Infine, occorre ricordare il mantenimento del concetto di Supervisore della partita (referee), che in seguito verrà nominato Dungeon Master, la figura che dispone il mondo di gioco davanti ai giocatori e ne delimita il confine logico e formale, tramite le regole dei manuali, interpreta le decisioni dei giocatori e ne accoglie la costruzione diegetica.

Il contesto culturale delle origini

È di assoluta importanza menzionare il fatto che il primo gioco di ruolo nasca con un'ispirazione letteraria di consumo fantasy-fantascientifica, una dimensione della cultura popolare abbastanza diffusa, di importanza notevole e già sufficientemente affermata nel contesto anglosassone statunitense ed europeo a partire dai primi anni '50. La ricezione di tale tendenza artistico-letteraria potrà avere subito variazioni 52 Vedasi Applecline 2014 vol.1: 7-14; 346-354

53 Tecnica psicoterapeutica che prevede l'assegnazione, a turno, in varie sessioni, di un ruolo specifico (madre, padre; o anche legato a mestieri e mansioni) e la sua messa in scena all'interno di un gruppo.

34 geografiche, ma le tappe di tale affermazione culturale sono facilmente generalizzabili54 in ambito anglosassone. Già alla fine dell'Ottocento e nei primi anni del Novecento, parallelamente agli sviluppi del gioco di simulazione bellica già tracciati, si registrarono produzioni letterarie degne di nota nel mondo del fantastico e del fantascientifico. Wells e Dunsany contribuirono, in un certo senso, a risvegliare nella pragmatica e colonialista Inghilterra un gusto per l'incantamento e il perturbante, diverso dall'esotismo rintracciabile in un Rudyard Kipling o in un Emilio Salgari, che potesse servire da distrazione “escapista” nei confronti di una realtà grigia e a volte accelerata. Sull'altra sponda dell'Atlantico, invece il fantastico letterario alto aveva già da tempo trovato terreno fertile (vedasi le produzioni di Edgar Allan Poe e Nathaniel Hawthorne, ad esempio) e col tempo e l'ampliarsi della disponibilità economica della borghesia in ascesa, aveva trovato spazio in pubblicazioni più modeste, un fantastico e un fantascientifico popolare con il gusto del nuovo, dell'inaspettato e del grottesco (si pensi in particolare alle prime produzioni del giovanissimo Lovecraft che risalgono al 1917), a volte dell'orrido, quasi sempre in forma di racconto o di raccolta di racconti pubblicati su riviste specializzate55 oppure riviste autofinanziate dagli autori che avevano tiratura più limitata e un pubblico spesso molto selezionato, facenti capo ad associazioni di appassionati56. A queste fecero seguito pubblicazioni più mature e impegnate, come i lavori innovativi e creativamente seminali di Aasimov o di Heinlein, che iniziavano negli anni '40 e '50 ad aprire l'America del secondo dopoguerra all'esplorazione di tematiche avveniristiche come la robotica e le sue conseguenze o la minaccia dell'Altro alieno (riflesso di una minaccia senza nome dal sapore forse troppo politico per essere realmente pronunciato). Negli stessi anni, negli Stati Uniti, stava diventando famoso uno scrittore inglese, professore ad Oxford ed esimio filologo: John Ronald Reuel Tolkien. Già nel 1936, quindi molti anni prima che nascessero i wargamer club, aveva pubblicato la sua opera prima ambientata nell'universo di Arda (mondo immaginario da lui creato a partire da propri vezzi autodichiarati di creazione di lingue inventate), “Lo Hobbit”57. Nato in origine come libro per l'infanzia dai toni più leggeri, fu seguito dal più epico, cupo e letterariamente più importante “Il signore degli Anelli” (frutto di tanti anni di lavoro e collezione di una mitologia e di una storia immaginaria notevole sotto ogni punto di vista), in tre volumi, pubblicati tra il 1954 e il 195558. Negli anni Sessanta, in un momento di palpabile 54 Il fantastico commerciale (fantasy) a differenza della letteratura fantastica classica e moderna può avere anche solo una caratteristica diversa dall'ordinario, come la presenza di un ambiente alieno o di una razza aliena, per differenziarsi dal realismo letterario.

55 Creata da Hugo Gernsback nel 1926, raccoglieva i lavori di numerosi autori, tra cui Lovecraft, che privilegiavano tematiche legate agli immaginari fantastico e fantascientifico, tendenti al pulp. Più o meno coeva è anche la rivista “Weird Tales”, fondata da J.C. Henneburger, con contenuti più tendenti al gotico.

56 La cosiddetta UAPA: United Amateur Press Association, a cui Lovecraft già aderiva dal 1914

57 La prima edizione americana, edita da Houghton Mifflin & Co. Boston è del 1938.

58 La storia dell'edizione americana è curiosa: la Ace Books di Donald Allen Wollheim, pubblicò nei primi anni'60 una copia non autorizzata, senza pagare i diritti dovuti all'autore. Dopo una denuncia di Tolkien, rivolta direttamente al mercato americano, le copie vennero ritirate e solo a metà degli anni Sessanta avvenne la pubblicazione legale del testo, ad opera della Ballantine Books. Edizione di notevole successo commerciale.

35 tensione politica, incertezza e visioni lontane di guerra, il consumo di letteratura fantastica veniva visto, da un lato come una liberazione di un immaginario inquinato59 e un'ispirazione per le menti giovani e creative dell'industria culturale e dell'editoria e dall'altro, come una forma di codarda ritrosia nei confronti dell'impegno sociale e militare (un escapismo degno di stigmatizzazione). Così, anche molti scrittori americani, sia a cavallo fra le due guerre mondiali, sia in seguito alla pubblicazione del professore oxoniense, si dedicarono alla creazione di mondi e universi immaginari molto complessi (a volte sicuramente intrisi da un notevole esotismo e sciovinismo), come la Hyboria della saga di Conan il barbaro ad opera di Robert Ervin Howard60 (continuata e ampliata da Lin Carter e Sprague de Camp), il mondo cittadino medievaleggiante, intrigante e sordido di Fritz Leiber (che creò personaggi suggestivi e astuti, agli antipodi del brutale barbaro di Cimmeria, Conan, come Gray Mouser), il fantastico sconfinante nell'ordinario di Sprague de Camp o le opere epiche più tarde di Poul Anderson , Jack Vance e il britannico Michael Moorcock61. Per i giocatori strategici del Midwest, in seguito alle prime notizie di morte e devastazione provenienti dal Vietnam (e a cui molti hobbisti come Gygax reagirono con forte contrarietà, come si evince in Peterson 2012: 112), venne naturale approcciarsi in maniera differente al proprio passatempo e dirigersi verso ambientazioni più lontane dalla simulazione bellica contemporanea (storia coloniale o europea del XVIIIº o del XIXº secolo) o addirittura aliene ed estranee, tratte da sogni letterari. Gygax e Arneson non nascosero mai la loro infatuazione per il giovane genere mainstream del Light Fantasy (distante dal fantastico epico-mitico tolkieniano, più colorito, più dissacrante e con qualche vena ludica, appunto, che meglio si attagliava a una politica editoriale di entertainment) e nei loro lavori di design, hanno inserito sempre accenni alla magia e al favoloso, in contesti in cui produce un effetto straniante. Con la creazione del loro primo gioco fantasy devono prendere a piene mani dall'immaginario che hanno nutrito in adolescenza e, spesso, in maniera disagevole e discontinua, nonostante la presenza di case editrici affermate e raccolte di lavori preesistenti62. Altra fonte di ispirazione fu sicuramente il mondo della produzione fumettistica, che in America godeva già dalla metà degli anni '30 di una ampio margine di guadagno e audience. Per tutti gli anni '60, su ispirazioni originate proprio dal campo letterario popolare del fantastico, i designer hanno potuto leggere sicuramente le prime uscite dei fumetti seriali della Marvel, “Thor”(Marvel 1962) e “Doctor Strange” (supervisionato da Stan

59 Saler direbbe che si avvertiva il bisogno di un disincantato re-incantamento del reale. Vedasi Saler 2012: 3-24

60 Capostipite più famoso del sotto-genere Sword & Sorcery, carico di ambientazioni selvagge ed esotiche, di protagonisti forti e risoluti che decidono il proprio destino combattendo contro nemici malvagi e potenti (in genere stregoni oppure tiranni).

61 Nelle parole introduttive di John W. Campbell, direttore della rivista Unknown: “[...] a type of fantasy that is decidedly not standard […] fantasy was intended for fun; it used the familiar creatures of mythology and folklore, but treated them in a most disrespectful fashion. […] this, then, is an anthology of the Light Fantastic, in which werewolves get the hotfoot, demons are haunted and anything goes, provided it's fun”vedasi “From Unknown Worlds”citato in Peterson 2012: 97.

62 In particolare i lavori collettivi del “Magazine of Fantasy”(1949) e “Beyond Fantasy Fiction”(1953). Quest'ultima raccolta ha al suo interno il romanzo “Three Hearts and Three Lions” di Poul Anderson.

36 Lee a partire dal 1963), fino alla più matura serializzazione di “Conan the barbarian” alla fine del 197063. Così grazie a un lavoro sinergico e serrato fra i due , che andava avanti ormai da circa due anni, nel gennaio del 1974 uscì la scatola di gioco Original D&D per la casa editrice TSR64 , creata appositamente per dare spazio a un nuovo genere di sperimentazioni ludiche fra una tendenza alla sistematizzazione e collezione di regolamenti efficaci per simulare realisticamente azioni immaginarie (afferente a Gygax) e una tendenza a valorizzare la costruzione creativa di ambientazioni e colore(afferente ad Arneson), in un ambiente che potesse competere sul mercato.

Una “subcultura” in ascesa

Quasi ogni studio storico-sociale del gioco di ruolo (Peterson 2012; Applecline 2014 e Zagal e Deterding 2018) è concorde nel collocare nel periodo della storia editoriale americana che va dalla prima metà degli anni '60 alla prima metà degli anni '70, la formazione di una comunità di appassionati (e dunque anche di consumatori) che si può riconoscere culturalmente tramite processi identificativi e aggregativi. Come si è già detto, la creazione di un'area di consumo afferente alla sfera del “tempo libero”, localizzata specialmente nell'area cittadina, abitata da una classe media benestante della California e del Midwest, in piena ascesa economica dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha recato con sé una differenziazione nei gusti, nella composizione dei consumatori finali e nella scelta di prodotti. In un tale contesto, il gusto per un gioco maturo, che coinvolgesse un pubblico adulto e mediamente istruito,dotato di più spazi post- lavorativi che si rendesse chiaramente indipendente dal gioco dell'infanzia, ha portato all'implementazione di teorie complesse dal punto di vista strategico, in una industria culturale fatta di oggetti e produzioni materiali sempre più raffinate. Successivamente una comunicazione semi-formale, o del tutto informale, che coinvolgeva la produzione di giochi di guerra strategici, aveva assunto le stesse modalità pubblicitarie della letteratura di consumo fantastica, che prima era associata a linee editoriali finanziate dagli stessi scrittori e poi si era aggregata attorno a rampanti e innovative case editrici (come la Ace Books, la Ballantine Books, la Pyramid e la Lancer, tutte sorte negli anni '50 e '60) che seppero conquistare la stessa fetta di pubblico e unirla intorno a tropi narrativi ed estetici comuni. I collegamenti postali ufficiali e amatoriali avevano, dunque, permesso la formazione di una concentrazione “a macchia d'olio” attorno ad alcuni centri cittadini o metropolitani come la “Bay Area”o Twin Cities nel Minnesota e

63 Peterson 2012: 109.

64 Creata originariamente da Gary Gygax e Don Kaye come Tactical Studies Rules, dopo la morte di Kaye (1976) e il reclutamento come collaboratore di Brian Blume, divenne la TSR Incorporated, entrando così in borsa.

37 Lake Geneva e dintorni nel Wisconsin; non mancavano certo condivisioni di informazioni e materiali anche fra continenti, come testimonia la frequente corrispondenza fra circoli di wargamer americani e britannici all'inizio degli anni '6065, che, peraltro, continuò anche dopo la pubblicazione di Dungeons&Dragons (come si evince dalle prime edizioni inglesi del gioco, curate da Ian Livingstone, Steve Jackson e John Peake a partire dal 1975, nella neonata Games Workshop66, successivamente casa del famoso successo commerciale all'interno della categoria dei “tabletop fantasy wargames”: Warhammer). Con questa coscienza di stile67 culturale diffuso (ma non ancora da poter essere definita mainstream) e anche grazie all'organizzazione di serie standardizzate di Convention (come la già citata Gen-Con68), poté formarsi un pubblico, una comunità di affezionati che condividevano pratiche e immagini legate a un prodotto innovativo che avrebbe, da quel punto innanzi, segnato lo strutturarsi di una vera e propria sotto- cultura (e, per certi versi, nei confronti della società americana in generale, un modello in piccolo di contro-cultura ) prima e di una industria culturale dominante lanciata sul mercato editoriale, poi. Con i numeri di visitatori raggiunti grazie alle manifestazioni e tramite una serie di collegamenti orizzontali tra newsletter e fanzine, come nel caso di Minneapa69: acronimo composto da Minneapolis Amateur Press Association una rivista amatoriale fantascientifica di recente fondazione (più attenta delle precedenti anche a fenomeni tangenti, come la nascita di un settore ludico adulto e importante). In questa compaiono le prime recensioni del gioco ad opera dei redattori:

“[...]doing some work on a game of dungeon or Castle Keep. I made up some rules and a map and hopefully will get to play tomorrow night”. “Richard Tatge and a couple of others expressed interest in DUNGEON(sic) so we played a game that ended with all gettig killed. Later, a bunch of us[...]played it a bit more seriously” (Minneapa #38 e #39 dell'8 e del 9 febbraio del 1974, citato in Peterson 2012: 460).

Il lato sicuramente più interessante che i giocatori individuavano era la progressione dei personaggi creati, registrabile graficamente tramite la preparazione di schede a parametri e la possibilità, dunque, di poter continuare le partite indefinitamente. Fu così possibile allargare temporalmente e socialmente il gioco a più persone legate a Minneapa. L'esaltazione creativa collettiva che si era venuta creando fu 65 Si noti l'importanza che viene attribuita alle collaborazioni di Tony Bath, editore di Southampton associato alla British Model Soldier Society, con le riviste americane come il Bulletin, in Peterson 2012: 292; in cui si menziona anche una successiva contaminazione teorica tra Bath e Gygax. Ibidem: 293.

66 Una delle intenzioni dichiarate da Jackson nell'editoriale del magazine “Owl&Weasel” fu quella di promuovere una serie di “giochi progressisti”, cioè che scardinassero modelli vecchi e ormai antiquati. Tra questi figuravano i primi videogiochi e D&D. Si veda “Owl&Weasel” n.1, Editorial 1975: 1

67 Si intende qui la connotazione sociale, differenziale e combinatoria dello “stile” che compare in Hebdige (1978).

68 Alla GenCon VII del 1974, in cui Gygax e Arneson presentarono D&D, parteciparono circa 300 persone, un numero di avventori decisamente sopra le righe per i tempi, l'anno successivo ne parteciparono 350 e nel 1976 ben il triplo . Vedasi http://php.iupui.edu/~wrporter/Genconhistory.html consultato il 20/09/2019 e Peterson 2012: 77.

69 Fondata nel 1972 .

38 portata anche in varie convention di fantascienza70, in cui la voce si sparse anche fra il movimento di fan legato alla letteratura, fra universitari e studenti ; questo fino a che non comparvero le prime pubblicità nei magazine delle associazioni strategiche maggiori, a cui gli autori avevano già venduto le prime mille copie stampate71.

“Dungeons&Dragons, or: What's Next?”72

Se nei primi anni di lancio di Dungeons&Dragons si può notare una intensa derivazione strategica e una meno attenta mano sull'ambientazione, se non per qualche suggerimento estetico descrittivo ed evocativo, già nella contemporanea rete di conoscenze che si stava formando, c'era spazio per modifiche, estensioni, miglioramenti e creazioni che venivano comunicate tramite l'editoria formale e informale, la posta o le sessioni di gioco73. Le modifiche alle regole erano persino previste dagli autori, che avevano inserito uno specchietto nel volume “Underworld & Wilderness”:

“[...]the trimmings will ofttimes have to be added by the referee74 and his players. We have attempted to furnish an ample framework, and building should be both easy and fun [...]why have us do any more of your imagining for you? Write to us and tell about your additions, ideas and what have you” (OD&D v.3: 36).

Viene chiaramente istituita una linea diretta tra il giocatore e il creatore, in una tensione verso un potenziale sviluppo comunicativo, che possa essere foriero di innovazione prima di tutto e successivamente, di nuove linee di prodotti più attenti alla necessità del nuovo pubblico. A tal proposito, è bene ricordare l'influenza che suscitò nella comunità e nel mercato dei board game, la collaborazione con la TSR di M.A.R. Barker, professore di filologia urdu alla University of Minnesota, già partecipante nel 1974 a svariate sessioni di gioco. Comparve come appassionato giocatore negli inserti pubblicati dalla rivista ufficiale della TSR e iniziò a raccogliere le proprie idee attorno a un ambientazione per le partite che portava avanti con il suo gruppo di amici. Barker iniziò sin da bambino a interessarsi alle lingue in maniera creativa e proseguendo i suoi studi portò a termine anche notevoli 70 Come la miniCon, organizzata a Twin Cities nel 1974.

71 La più importante fu di sicuro la comparsa sulla rivista mensile “El conquistador”, nata nel 1973, edita da Viking System.

72 Titolo di una recensione edita sul numero 9 di “El conquistador” , scritta da Jim Dapkus, citata in Peterson 2012: 472.

73 Una delle prime e più importanti modifiche al sistema di gioco dell'edizione Originale di D&D, (OD&D) fu l'introduzione della “classe” giocabile del ladro: una specializzazione che privilegiava il furto, la segretezza e la sorpresa. Secondo la versione di Peterson (2012: 469,470), l'idea nacque in maniera simultanea, da più appassionati del genere e fu poi cooptata, in maniera invero un po' posticcia da Gygax, grazie a riferimenti letterari come al personaggio fondamentale del ciclo Vanceano: Cugel l'astuto o a Gray Mouser, protagonista dei romanzi del ciclo di Newhon di Fritz Leiber.

74 Da notare ancora l'uso del termine “referee”, direttamente mutuato dai vecchi wargame “à la Meckel”

39 lavori accademici(come una grammatica Klamath75 e numerosi libri di testo per l'insegnamento dell'Urdu). I suoi interessi nutrirono anche un attaccamento al genere letterario del fantastico e all'attività di creazione di “mondi possibili”, attraverso l'ideazione di lingue immaginarie ben strutturate e complesse76. Una di queste era lo Tsolyani, parlato nel mondo fantastico di Tekumel da una popolazione umana, discendente da antichi colonizzatori tecnologicamente evoluti provenienti dal lontano pianeta Terra, che in seguito a sconvolgimenti ecologici nel pianeta di arrivo, si sono trovati di fronte una natura ostile e pericolosa, dovendo quindi tornare a una situazione di imbarbarimento culturale e materiale (è stato, qui, abilmente inserito un tropo abbastanza utilizzato nella fantascienza coeva, cioè il futuro fantastico-distopico di un'umanità fuggita dalle proprie originarie radici terrestri e costretta a riformare un collante civile e culturale)77. Come illustrato dallo stesso professore, la lingua assomma varie caratteristiche sintattico-fonetiche di idiomi reali (come il basco, l'azteco e il gaelico) e costituisce una base per strutturare attorno ad essa una serie complessa di cosmologie, etimi, rituali, strutture sociali e creazioni culturali verosimili: la storia interna alla diegesi dell'ambientazione corre indietro di 60.000 anni circa e si avvicendano numerosi imperi, di cui gli Tsolyani sono ormai lontani epigoni, dotati di religioni strutturate e società ramificate, davanti a una natura ancora selvaggia e parzialmente domata, come dimostra la presenza di razze non umane senzienti. Questa fu la premessa delle partite che il gruppo di Barker conduceva tramite il regolamento dell'OD&D. Egli fu, tuttavia spinto a contattare Gygax per suggerire l'implementazione di un setting narrativo come il suo al regolamento base. Nel 1975 uscì sotto produzione della TSR il manuale di gioco “Empire of the petal throne”, in gran parte simile, per quanto riguarda l'insieme delle regole, a OD&D, con qualche modifica: le caratteristiche dei personaggi sono le stesse, ma vengono calcolate in centesimi (generate dal lancio di due dadi a 10 facce, cioè i cosiddetti “dadi percentuale”), i personaggi scelgono “professioni” e non “classi” e in combattimento era possibile determinare, tramite fortuiti risultati di dado, dei “colpi critici” con effetti descrittivi devastanti (concetto regolistico poi mutuato nello sviluppo dello stesso D&D); ma la cosa più interessante rimaneva sicuramente l'ambientazione e la complessità della società di Tekumel, con centinaia di personaggi non giocanti (PNG) creati da Barker per stimolare la creazione di storie al tavolo e l'immersione nel mondo fantastico e anche l'originalità e la bellezza di molti disegni di pugno dello stesso autore: un grande numero di sostegni alla fantasia del lettore-giocatore che costituisce, nel campo del gioco di ruolo, uno dei paratesti78 più utili. La versione stampata del 1975, ha come

75 Lingua appartenente al phylum Penuti, parlata dall'etnia amerinda omonima, abitante nell'Oregon sud-occidentale. http://www.treccani.it/enciclopedia/klamath/, consultato il 22/09/2019.

76 Un articolo della rivista tedesca “Der Spiegel” lo definisce un novello Tolkien, in quanto anche quest'ultimo nutriva la passione filologica di creare strutturati mondi immaginari a partire da altrettanto strutturate lingue inventate (https://www.spiegel.de/netzwelt/spielzeug/tekumel-schoepfer-m-a-r-barker-der-vergessene-tolkien-a-649336.html, consultato il 22/09/2019).

77 Su internet è ancora presente un database illustrativo completo ufficiale su Tekumel: https://www.tekumel.com/, consultato il 22/09/2019 78 Per la nozione di paratesto, si rimanda al capitolo sulla cornice teorica e a: Genette 1987. Barker si spingerà persino a creare pseudo-biblia redatti da personalità tsolyani eminenti, sulla religione e la demonologia del continente di Tsolyanu (si

40 copertina una scena chiave della storia di Tekumel (la deposizione di una regina), disegnata a china e poi nelle edizioni successive colorata: i soldati che attorniano una regina sontuosamente vestita con scialli e piume, hanno armature barocche e armi inconsuete che sembrano un miscuglio di panoplie rinascimentali e azteche; il tutto contornato da un trono imponente e una stanza decorata. Segue una lunga e dettagliata introduzione sulla storia della colonizzazione umana del pianeta alieno, prima di una spiegazione dettagliata delle regole di gioco, comunque inframmezzate da disegni artigianali, ma evocativi del mondo, delle razze aliene e degli avvenimenti di Tekumel. Questa impostazione testuale illustrativo-evocativa, in supporto e in sinergia con la definizione di una struttura di gioco, avrà sempre più importanza per poter accattivare un pubblico nuovo e staccarsi definitivamente dal genere strategico-militare e sarà presa a modello da ogni edizione successiva, anche della stessa TSR, la quale prese subito in consegna i molti cambiamenti da apportare che derivavano dalle revisioni degli autori e da molti contributi esterni (soprattutto informali). In un periodo di fermento editoriale come questo, tra la metà del 1975 e la fine del 1976, una fan-zine dell'area di Los Angeles, diretta dal membro femminile più attivo fra i circoli di wargamer e appassionati di ricostruzioni medievali in costume, Lee Gold, sorse come punto di raccolta per i nuovi fan di D&D della Bay Area e come area comune di sperimentazione sulle regole del manuale base, ancora tecnicamente poco sviluppate e non sufficientemente razionalizzate (in molti numeri veniva lamentata la presenza invadente dello stile di gioco di Gary Gygax che , con modo impositivo, contraddicendo spesso la sua richiesta di collaborazione originaria, faceva uscire sul magazine Judges Guild nella sua rubrica, dritte sull'attività di arbitraggio e controllo delle partite79). Tutte le idee maturate vengono costantemente implementate all'interno di partite private o di circoli ristretti, per poter trovare una collocazione critica e un dibattito solo all'interno delle riviste specializzate, quindi con un notevole ritardo e sempre filtrate (nel caso dei magazine ufficiali) da creatori gelosi (come Gygax) o da direttori poco interessati a dare una collocazione al nuovo fenomeno (come per le riviste strategiche del mercato dei giochi strategici da tavolo). Pertanto, con la contemporanea ascesa e sviluppo di produzioni, spesso informali di informazione e contro- informazione sul gioco di ruolo fantastico, che spesso producevano mode e riferimenti influenti e potenzialmente duraturi (nell'impiego di termini differenti e più specializzati nelle partite individuali, come per l'idioma “Dungeon Master”, creato in sinergia dal gruppo di Lee e propagandato su Alarums) e il consolidarsi di una moda del tempo libero, comunicante un proprio stile, medio-borghese e perlopiù urbano, in larga maggioranza maschile, ma già differenziato per composizione e aggregazione di nuovi consumatori, in maniera differente rispetto alla precedente cultura del tempo libero che le grandi case di wargames nutrivano, la Tactical Studies Rules su consiglio di Gygax, decise di fare uscire, in contemporanea con GenCon sempre più grandi, una serie di manuali comprendenti nuove regole, nuovi veda“Book of ebon bindings” 1978).

79 “[...]I'll never play Gygax D&D. So Gary, if you're reading my column in Alarums&Excursion[...]you can fume and fuss to your heart's content,[...] but that's the real world buddy.” Alarums n.11, in Peterson 2012: 551. Ma sono importanti anche le reazioni in op.cit. 2012: 545; 2012: 529 e 2012: 513.

41 particolari narrativi, nuove “classi” da poter giocare e nuove serie di incantesimi e meccaniche per usarli nelle sessioni (in successione “” 1975, ”Blackmoor” 1975, “Eldritch wizardry” 1976 e “Gods, demigods and heroes” 1976). I primi due volumi sono raccolte di curiosità e consigli per portare avanti campagne e sessioni nelle ambientazioni inventate, rispettivamente, da Gygax e Arneson, mentre gli ultimi due aggiungono notevoli cambiamenti nell'uso delle “classi magiche”, nella definizione di regole più stringenti circa gli incantesimi e introducono la questione della religione all'interno delle partite, ampliando i notevoli pantheon del mondo antico con divinità create ex novo (dotate di statistiche e parametri e, dunque, potenzialmente giocabili, sia come personaggi che come pedine del Dungeon Master) e la meccanica della moralità o del cosiddetto “allineamento” morale dei personaggi 80. Questo quartetto di manuali, assieme alle varie riedizioni (Peterson ne conta cinque nel corso di due anni81) della scatola base, generò, nella comunità di recensori da fanzine e degli appassionati, interesse, ma molta perplessità, perché si andava tagliando così la possibilità di creare e sperimentare82 combinazioni inedite emergenti nel vivo dell'azione di gioco (come testimoniano i frequenti resoconti scritti e pubblicati83). La fluidità dell'esperienza di gioco viene fermata e resa solida da più direttive dell'industria culturale; se lo stile del singolo gruppo di amatori è qualcosa di emergente e fatto racimolando pezzetti di culture e riferimenti diversi in una successiva operazione di cucitura e assemblaggio continui (si veda il lavoro di “bricoleur” o di “saccheggiatore”che caratterizza il consumatore contemporaneo in Hebdige, 1978 e in De Certeau, 1980), con feedback comunicativi di contorno, la casa editrice di cui fanno ora parte creatori di contenuti, prima figli di quel magma innovativo, blocca e confeziona, crea un discorso dominante utile a standardizzare il gusto e le pratiche possibili e pensabili (si veda Hebdige, 1978: 132-142), sancisce un “come” e determina anche un “perché” legittimato da performance pubbliche, accessibili all'interno di Convention, come la prima “Origins” tenuta a Baltimora nel 1975; qui Gygax assieme a Bryan Blume e altri collaboratori della TSR presentò una serie di tornei a punti, in cui i gareggianti avrebbero “sfidato” la preparazione strategica del Dungeon Master nel passare attraverso mappe di sotterranei modulari, pieni di trappole e nemici. Nella meccanica del torneo, ogni moneta raccolta dai personaggi sarebbe stata conteggiata per un avanzamento di livello e in vista del premio, assieme a parametri quali la conoscenza delle regole e la migliore strategia. Lo scenario posto di fronte ai partecipanti era un'ambientazione già collaudata da Gygax con il suo gruppo, che prevedeva l'attraversamento di una catacomba piena di 80 Ciò che si intende per “allineamento” è, principalmente, la tendenza del personaggio creato dal giocatore ad essere, appunto, “allineato” verso una coordinata etica distinta che, nel multiverso creato nelle sessioni di gioco di Gygax a Greyhawk, si configura come intersezione di due assi: uno avente come poli il Bene e il Male, l'altro la Legge e il Caos e al cui centro si trova l'assoluta neutralità. L'allineamento di un personaggio, nella mente di Gygax, vuole essere una chiave interpretativa e meccanica importante (in quanto solo per alcuni allineamenti sono aperte determinate possibilità, secondo le nuove regole). Salta comunque all'occhio l'evidente ispirazione letteraria proveniente da lavori come “Three hearts and three lions” di Anderson e “La saga di Elric” di Moorcock, in cui questi poli etici sono vere e proprie forme del “Divino”.

81 Peterson 2012: 496.

82 2012: 545.

83 2012: 510,512.

42 trappole, ma meno dotata di nemici e che quindi costituiva una notevole sfida di astuzia: dall'inizio alla fine non è altro che un tentativo di intralciare il percorso dei giocatori ed eliminarli velocemente. Il meta- testo narrativo dietro il modulo è la creazione di un mausoleo a più piani da parte del potente non-morto stregone Acererak per contenere i suoi tesori e tenere lontani i potenziali avventurieri visitatori84. Il verdetto, fra tutti i partecipanti, fu diversificato e teso, fra un rifiuto totale della dura gestione tirannica di Gygax e una lieve eccitazione, sancita dalla nuova pubblicità e dalla nuova linea di uscite editoriali: i moduli di avventura; inaugurata da “G1-Steading of the hill giant”85, scenario introduttivo per personaggi di basso livello, con schede descrittive di mostri già presenti nel bestiario base, rielaborati e arricchiti di particolari per l'occasione e raffigurati in disegni evocativi in bianco e nero ad opera di David C. Sutherland III. Grazie allo sviluppo di questa linea di prodotti modulari e facilmente implementabili in ragione dell'immaginario condiviso degli autori e alla loro esperienza, la TSR fu facilmente in grado di capitalizzare negli anni compresi tra il '76 e il '78, contando altresì sulla copertura mediatica delle riviste di settore (una delle quali, la “The Strategic Review” affiliata alla stessa casa editrice, pubblicava contenuti in gran parte afferenti a D&D). Grazie al monopolio commerciale conquistato, la Tactical Studies Rules di Lake Geneva compì una scelta di raccolta, razionalizzazione e riedizione delle regole originarie di Dungeons&Dragons , facendo uscire tra il 1977 e il 1979 una serie di tre manuali base, che sarebbero poi diventati una trinità irregimentata in molti cloni di D&D e numerosi giochi di ruolo fantasy: “Monster Manual” (1977), “Player's Handbook” (1978) e “Dungeon Master's Guide” (1979)86. Il “Manuale dei mostri”, cronologicamente antecedente, rappresenta la summa della raccolta meticolosa e trasposizione in parametri, di tassonomie mostruose dalla storica fortuna oppure partorite direttamente dalla mente degli autori; il volume è rilegato e a colori (a differenza della prima edizione) con un'illustrazione evocativa in copertina, mentre all'interno, ogni paragrafo descrittivo è diviso tra una porzione tecnica e parametrica sostanziosa e una narrativo-evocativa più corta, con a fianco un'illustrazione specifica in bianco e nero, di autori diversi alternati nell'impaginazione. È sicuramente importante notare come nella prefazione, scritta da Mike Carr (editore in capo), siano presenti condanne aperte e abbastanza serie di prodotti concorrenti e di forma quantomeno similare, trattati come banali imitatori:

“The success of DUNGEONS&DRAGONS has spawned a considerable number of imitations and spin-off products[...] Some of these have merit; many, however, do not – and although we may concede their right to exist (however dependent they may

84 “S1-The ” 1978 fu uno dei moduli di avventura cartaceo più famoso. Si trattava di un percorso narrativo lineare che dava la possibilità al Master di gestire le sfide e gli incontri, grazie alle descrizioni procedurali dettagliate ivi contenute e offriva, contemporaneamente, al giocatore spunti su come migliorare il proprio Personaggio. Il volume in sé costituisce anche un approfondimento sull'universo immaginario di Greyhawk creato da Gygax.

85 La lettera maiuscola che precede il numero indica il soggetto generale del modulo. In questo caso i “giganti”: Giants.

86 La scelta di pubblicazione fu anche diretta da molte pressioni espresse da appassionati per una semplificazione e razionalizzazione del numero esorbitante di varianti e regole aggiuntive uscite negli anni. Peterson 2012: 578.

43 be on D&D's audience) we would caution the prospective buyer to consider their true value and not to be confused with those items which bear the DUNGEONS&DRAGONS or ADVANCED DUNGEONS&DRAGONS name and constitute the official D&D family of products”87 (corsivo dell'Autore).

L'idea di un bestiario contemporaneo costituiva, in effetti, un prodotto innovativo, dal grande fascino commerciale e interessante, che avrebbe inaugurato, di lì a poco, un intero filone manualistico-letterario di punta del settore88. Gli autori suggerivano, neanche troppo velatamente, di averne un forte controllo ideativo e di esserne particolarmente orgogliosi89. Il “Manuale del Giocatore” rappresentava la raccolta strutturata di anni di discussioni sulle regole fra editori, fan, editori e fan insieme, ufficializzate o meno all'interno di pubblicazioni di varia natura, la cui dispersione geografica iniziava ad impensierire la casa editrice che stava cercando di stabilire un marchio concorrenziale. Sebbene sul fronte di copertina siano accomunati in uno stesso soggetto-fruitore Giocatori e Dungeon Master, nel titolo e, in particolare, nel sottotitolo viene riferito solo un uso generico da parte dei giocatori, separando così letteralmente le sfere di competenza ludiche, ma sancendo una superiorità decisionale assoluta del Master. In uno dei consigli iniziali della prefazione, impartiti ai giocatori principianti, viene infatti stabilito che si debba agire in generale accordo con il Dungeon Master ed esporre gli eventuali problemi o insicurezze con deferenza, ma che le ultime sue decisioni siano sempre prese come definitive90 e inequivocabili: il Dungeon Master viene visto come arbitro (o moderatore), autore, demiurgo immaginario e giudice imparziale. Le meccaniche procedurali di avventura e i metodi di risoluzione delle prove più generali tramite l'utilizzo di generatori di casualità come dadi a varie facce, occupano, tutto sommato, una porzione ben più misera (da pagina 100 a 107) delle regole di creazione, personalizzazione e dotazione materiale del personaggio (da pagina 8 a pagina 40)91 che fa pendere la tendenza del gioco verso una serie di pratiche più creative e libere. Il “manuale del Dungeon Master” ha come aree di competenza le stesse già prese in esame nel manuale del giocatore: le classi, le abilità, le proprietà in oro dei personaggi, gli incantesimi utilizzabili, gli “allineamenti”, l'esperienza, il procedimento in sessioni modulari delle campagne e il combattimento. Viene data, tuttavia, un'ottica di direzione e dunque di più ampio raggio, con l'aggiunta di moduli e tabelle per la creazione di “Personaggi Non Giocanti” gestiti dal Narratore, di trappole92, di oggetti

87 “Monster Manual” 1977: 2

88 La prima edizione di Pathfinder ( Publishing 2009-2018), ad esempio, conta attualmente la notevole cifra di sei “Bestiari”, ognuno della lunghezza di 320 pagine, a colori e con illustrazioni curate per ciascuna voce.

89 David Ewalt (2013: 138-139) ne esalta la dimensione di “feticcio” da collezione e oggetto culturale importante.

90 “Cooperate with the Dungeon Master and respect his decisions; if you disagree, present your viewpoint with deference to his position as game moderator. Be prepared to accept his decision as final” Player's Handbook TSR 1978: 2.

91 Vedasi Gygax: 1978: 3-5.

92 Presenti in gran numero nelle tabelle illustrative dell'Appendice G in Gygax 1979: 216. Componente di disturbo nella fase di esplorazione del “dungeon”, ampiamente presenti nei moduli di avventura curati dallo stesso Gygax.

44 magici come ricompense e regole aggiuntive per la conduzione della variante “tempo” in gioco, dal più piccolo spazio cronologico di sei secondi circa del turno di combattimento, al più ampio margine temporale dei background narrativi dei personaggi (settimane, mesi o anni). La vertigine didascalica del manuale si esaurisce interamente nella sezione finale, dedicata alle Appendici, in cui Gygax inserisce una prolissa serie di personalizzazioni tecnico-estetiche al gioco; le sezioni sono riconoscibili grazie a lettere, in progressione alfabetica: ha come incipit la creazione di dungeon modulari (A) e termina con una lista per un assortimento casuale per un gruppo di avventurieri (P). Di queste, la più interessante per capire le connessioni con la cultura popolare del prodotto è la “sezione N”, in cui l'autore (Gygax) elenca una serie di letture che lo avrebbero ispirato nella creazione del sistema di gioco e del relativo immaginario (Gygax 1979: 224). Con una tripartizione editoriale, venivano coperte tutte le incarnazioni e le modalità operative del gioco fino a quel momento sperimentate dal gruppo della TSR e si operava una notevole semplificazione del materiale stampabile e consultabile. I nuovi giocatori avrebbero appreso direttamente da un testo curato e finalmente interamente illustrato da professionisti (come David C. Sutherland III) le procedure migliori per giocare con un personaggio o creare mappe e avventure. Come scrive chiaramente Gygax, nel box-set curato dall'editore e collaboratore John Eric Holmes e uscito come edizione speciale introduttiva:

“The Dungeon Master designs the dungeons and makes careful maps on graph paper. The players do not know where anything is located in the dungeons until the game begins and they enter the first passage or room. They create their own map as they explore. While only paper and pencil need to be used, it is possible for the characters of each player to be represented by miniature lead figures which can be purchased inexpensively from hobby stores or directly from TSR Hobbies. The results of combat, magic spells, monster attacks, etc., are resolved by rolling special polyhedral 20-sided dice which come with this game.”93 Il libretto di regole base fu integrato, ricostruito graficamente ed esteso, con l'obbiettivo dichiarato di rendere meno ripida la curva di apprendimento delle regole per tutti i neofiti del genere (Peterson 2012: 580). La descrizione procedurale delle partite contenute nei manuali raccolti nella forma Advanced (AD&D, ossia Manuale dei Mostri, del Giocatore e del Dungeon Master) seleziona e partiziona i giocatori per aree di competenza e normalizza operazioni come la scrittura, la creazione di mappe, l'utilizzo di componenti materiali e oggetti ludici molto spesso sponsorizzati, come dadi e schede prestampate, popolò l'immaginario di illustrazioni mitiche e folkloriche di artisti, ben curate ed evocative. Nelle varie Prefazioni e Introduzioni Gygax e Carr tentarono di tratteggiare una “deontologia ludica” essenziale per chiunque rimanesse bloccato dalla libertà concessa dal formato:

“ [Campaign's] success is based upon the efforts of all participants. The Dungeon Master is pivotal, of course, but the players are just as important, for they are the primary actors and actresses […] their outlook and their conduct will greatly affect the flavor and tempo of the campaign. […] no more than a matter of simple

93 Citato in: https://osr.space/2008/06/23/early-versions-of-dd-were-not-tactical-combat-minis-games/ consultato il 29/09/2019.

45 etiquette, and following a few simple guidelines will suffice to make the game experience more fun: […] Be an organized player. […] Cooperate with the Dungeon Master and respect his decisions. […] Encourage new and novice players by making suggestions and allowing them to make decisions on courses of action. […] If you are unable to participate in an adventure, give the other players and the DMsome concrete guidelines if your character is going to be included in the adventuring group. […]use your persona to play with a special personalityall its own. Interactwith the other player characters and non-player characters to give the game campaign a unique flavor” (Gygax 1978: 2).

Sebbene a quel punto il mercato della TSR fosse distinto rispetto alla concorrenza del gioco di strategia da tavolo94, permase la volontà di sponsorizzare prodotti di contorno come miniature o pedine, da posizionare su mappe in scala (sebbene il gdr, di per sé, non lo preveda): la nascita di un'industria culturale specifica sanciva, così, l'entrata a pieno titolo del prodotto nella “cultura popolare”95 americana della seconda metà del XXº secolo e poi della contemporaneità.

Diversificazione e diffusione transnazionale: anni '80 e '90.

Alla fine degli anni '70, il mercato del gioco di ruolo (comunque descisamente sotto-proporzionato rispetto al vicino mercato dei boardgame)96, poteva essere considerato entrato ormai nella sue prima epoca d'oro, con la guida commerciale di D&D. Un'epoca di espansione economica, produttiva e di pubblico97, che si concretizzò inizialmente nella nascita di case editrici e prodotti concorrenti, i quali erano del tutto intenzionati a sfruttare lo slancio creativo di quella nuova idea. La prima compagnia concorrente fu, senz'altro, la Flying Buffalo, fondata da Ken St. Andre nel 1975, che riproponeva il format ideale di D&D, con una meccanica esplorativo-accumulativa (dungeon, tesori, esperienza e abbattimento di nemici mostruosi), ma con una serie più corta di regole e di facile

94 Come emerge dal sottotitolo del box-set di Holmes, “Rules for fantastic medieval role-playing adventure game campaigns”, scompaiono la dicitura “miniatures” e ogni menzione ai wargame. Le miniature rimarranno unicamente come abbellimento o semplificazione. Quella che non scompare è l'importanza della mappatura ambientale manuale.

95 Qui intesa nel senso di cultura popolare “mainstream”, senza connotazioni politiche.

96 La TSR con il solo D&D registrò circa 7000 copie vendute ogni mese, a marzo del 1979 e nel 1980 stimava introiti per circa 7 milioni di dollari (Smith 1980, citato in Fine 1983).

97 Fine (1983: 15) stima, grazie a un'intervista a Gygax, che la cifra dei consumatori potesse verosimilmente aggirarsi intorno ai 300.000 nel 1979, con una crescita che li avrebbe portati a qualche milione di individui.

46 apprendimento, che prevedevano anche la presenza di meno componenti materiali (meno dadi, nessuna miniatura) nel gdr “Tunnels&Trolls”. L'intento dell'autore, oltre a quello della semplicità e della riduzione di regole e oggetti a suo parere ridondanti, fu senz'altro quello di rileggere il gioco in chiave parodica con layout di copertina buffi e toni pubblicitari tendenti alla parodia e al lazzo divertente98, sia nella comunicazione, che nel gioco vero e proprio, in cui sono presenti regole meno simulative e più veloci con uso esclusivo di serie di dadi a sei facce per risolvere le azioni dichiarate dai giocatori. Il Game Master poteva tranquillamente esserci oppure mancare, data la modularità delle scene ambientali, composte dalle classiche stanze da dungeon e da corridoi, forse un riferimento abbastanza parodistico alla fissità degli scenari di gioco di D&D. Nel frattempo l'inventiva dei nuovi giocatori si scatenava con la creazione di nuove ambientazioni, regole e suggestioni per la base fantastica del gioco di ruolo, che ormai aveva contaminato tutti gli ambiti ludici del gioco di ruolo: Dave Hargrave, designer dell'allora piccolissima casa editrice Chaosium aveva già pronto, nel 1977, un nutrito pamphlet di regole e dettagli per arricchire l'esperienza di gioco di D&D: “The Arduin Grimoire”(Peterson 2012: 577). Il direttore , dopo aver prodotto un compendio di mostri compatibile col più recente sistema di AD&D (“All the World's monsters”, 1977), era, tuttavia, già da tempo intento a ideare qualcosa di innovativo, così Hargrave pubblicò da solo il proprio materiale, mentre Greg Stafford, capo creativo, si impegnò a tratteggiare il mondo fantastico di Glorantha99. Il gioco che nacque venne chiamato “RuneQuest” (1978) e spiccò soprattutto per la complessità del sistema di abilità (competenze, specializzazioni e mestieri) che ogni personaggio poteva personalizzare: scalate in percentuale, offrivano una profondità “simulativa” che non prevedeva né la divisione rigida in classi, né la progressione lineare in livelli, grazie ai punti esperienza che il Master avrebbe potuto concedere100. Il mondo immaginario ideato aveva molte somiglianze con i classici setting dello “Sword&Sorcery”, con i suoi vasti e decadenti imperi o la presenza inquietante della magia, ma riceveva per tutto il manuale di gioco una notevole profondità descrittiva, che a tratti rasentava il fine ritratto storico-antropologico di pratiche religiose e culturali101 che era presente in Tekumel. Quella profondità caratterizzò tutta la linea editoriale dei designer: Perrin, subito dopo aver creato la Chaousium Inc. e averne aumentato le tirature, acquistò i diritti per trasporre opere di genio, come i racconti di Lovecraft (dalla Arkham House, allora detentrice dei diritti narrativi dell'autore, morto nel 1937) e la saga di Elric, in giochi dal sistema accattivante e fluido, che si servivano completamente del già citato sistema di gioco di “RuneQuest”102, componibile e molto più personalizzabile della partizione in 98 Peterson 2012: 555-556.

99 Creazione importata dal wargame “White Bear and Red Moon”(1975) con un'ispirazione cosmologica sincretica da varie culture realmente esistenti . Vedasi Applecline 2014: 248 e il sito ufficiale: https://www.glorantha.com/, consultato il 24/09/2019.

100Applecline 2014 vol 1: 252.

101Applecline 2014 vol.1: 252.

102Brevettato da Greg Stafford come “Basic Role Playing” o BRP nel 1980 (Applecline 2014 vol.1: 257). Fu il primo sistema

47 rigide classi, con avanzamento in livelli stagni103, cosa che permetteva una specializzazione più ampia delle capacità di ogni singolo personaggio e garantiva un realismo maggiore in fase di sessione di gioco: il focus meccanico sulle abilità e la mancanza di una progressione aritmetica dei parametri, rendeva sicuramente il rischio di fallimento assai più fatale per i giocatori. L'approccio che gli autori volevano incoraggiare era, in effetti, quello della compagnia di esplorazione o investigazione, che avesse come punti nodali l'evitare il combattimento diretto, per favorire invece una graduale scoperta e un senso vago, ma costante di minaccia, organizzato attorno a un centro narrativo ricco di spunti emotivi, che potesse scuotere i giocatori e fargli vivere le stesse sensazioni di orrore e/o meraviglia che provavano i protagonisti dei racconti fantascientifici. Vennero così fatti uscire due manuali, curati e importanti: “Stormbringer” (St.Andre 1981) e “Call of Cthulhu” (Petersen 1981). Il primo costituiva un notevole lavoro di raccolta di tutte le regole approfondite dal “Basic Sistem”, che concernevano perlopiù sistemi religiosi e magici, per riprodurre in maniera ottimale il mondo letterario di Moorcock, in cui vari regni in guerra si contendevano le spoglie di un impero di stregoni decadente, sulla scia del pulp fantasy. Il secondo, invece costituiva un esordiente assoluto, perché univa l'affascinante ispirazione lovecraftiana con il realismo delle meccaniche, l'atmosfera horror-investigativa e l'introduzione di regole per definire sia le capacità sovrannaturali che i protagonisti avrebbero conseguito, sia la quantità di follia che avrebbero incamerato, in relazione alla loro discesa in un abisso di scoperte sconvolgenti sull'ordine dell'universo, nel più puro stile del “nichilismo cosmico” (meglio noto come cosmicismo) , caposaldo filosofico dell'autore e dai vari continuatori del ciclo mitico-cosmologico, come August Derleth e Clark Ashton Smith. Emerge sin da subito, quindi nell'idea di Sandy Petersen, giovane autore alla Chaosium, la volontà di sfruttare tutto quel patrimonio di immaginari che la cultura letteraria americana “fantaorrorifica”(weird fiction104) aveva prodotto, dalla metà degli anni '20, con i grandi cicli dei miti di Cthulhu, fino alle raccolte mitologiche postume, per mettere al centro della scena narrativa ludica un gruppo di giocatori in tensione continua con un universo indifferente, lontano e incomprensibile, a tratti veramente spaventoso, al di là della razionalità umana105, stuzzicati dalle descrizioni di un Master106 e dalle pagine del manuale base che propongono fac-simile di annotazioni, quaderni scientifici, prove di una scena del crimine o manufatti: l'aspetto del manuale base di ogni di gioco generico, adattabile a qualsiasi tipologia di setting.

103Le varie abilità, calcolate in percentuale, tramite il lancio di due dadi a 10 facce, avevano delle “sotto-abilità”, corrispondenti a specializzazioni e anch'esse percentualizzate (In Call of Cthuluh, ad esempio, l'abilità generale “Scienza” ha tante ramificazioni secondarie, quante potevano essere negli anni '20 in America le reali branche del sapere scientifico (Antropologia, Chimica, Astronomia ecc.). Si veda la scheda di “Call of Cthuluh '20” in Appendice. 104“[...] il weird è ciò che è fuori posto, ciò che non torna. Il weird apporta al familiare qualcosa che normalmente si trova al di fuori di esso […]. La forma artistica che è forse più appropriata al weird è quella del montaggio.” (Fisher 2016: 10) enfasi dell'Autore.

105“[...] when we cross the line to the boundless and hideous unknown – the shadow-haunted Outside – we must remember to leave our humanity and terrestrialism at the threshold.” Selected Letters 2.150, Arkham House, 1965-76.

106In realtà nelle varie edizioni del gioco, la figura del Narratore o Master, viene definita “Keeper” per segnalarne la mansione di attento “custode” di segreti innominabili (si veda a tal proposito l'ultima comparsa in Fricker e Mason 2015, Chaosium Inc.)

48 edizione è in effetti un pastiche incredibile di immagini e linee di testo verosimilmente realistiche che non fanno altro che ricordare al lettore o al giocatore che consulta la realtà inquietante ed estremamente realistica del gioco. Se prelevare le suggestioni dalle opere letterarie fu la cosa facile per la loro facilità di inserimento fra un pubblico che amava creare situazioni simili a quelle allucinate e surreali di un romanzo, con risvolti imprevisti e un vago senso di piacevole paura, non fu poi così semplice trasporre l'idea in regole quantificabili per simulare determinati risvolti, come ad esempio la conservazione o perdita della sanità mentale di un personaggio, chiaramente soggetto a semplificazioni ed “essenzialismi”, chiaramente afferente a un'idea distorta e, se possibile, estremamente medicalizzata (in linea con l'ambientazione e con la fedeltà autoriale, tuttavia): è un punteggio numerico in percentuale fissato all'inizio, durante la fase di creazione del personaggio, tramite comparazione di vari parametri fissi di caratteristica, che tende a scendere con l'avvicinamento ad esperienze o situazioni, oppure ancora manufatti, particolarmente inquietanti, suggeriti tramite capitoli e approfondimenti (o come più spesso accade con inserti pubblicati ufficialmente o amatorialmente) e può lasciare infermità permanenti sul personaggio, inficiandone la capacità complessiva. A partire dalla metà degli anni '80 è finalmente chiaro che la cultura dominante del gioco “dungeon- centrico” può essere controbilanciata da tendenze più narrative e attente allo sviluppo psicologico e all'introspezione, comunque dipendenti dalla bravura del Narratore e dalla preparazione letteraria di tutti i partecipanti, data la vastità del corpus di conoscenze da dover introiettare prima di poter costruire sessioni di gioco credibili, all'interno di una cosmologia piuttosto complessa e ramificata. Oltretutto, il gioco, che prevedeva un primo setting americano negli anni '20, ha avuto una serie di evoluzioni stilistiche che hanno portato alla creazione di varie ambientazioni temporali distinte e peculiari, che potessero comunque suggerire l'identico senso di mistero ed esotismo ( le più vecchie sono la vittoriana “Cthulhu by gaslight”, 1986 e la contemporanea “Cthulhu Now”, 1987). Dal punto di vista contenutistico, in effetti, i volumi della Chaosium saranno l'esempio più autorevole per tutti i successivi giochi ad alto contenuto informativo di tipo letterario e che puntino molto sull'autorialità e sulla suggestione narrativa nelle pratiche di gioco, a scapito della simulazione e della strategia nei combattimenti; una tendenza generale che è stata portata avanti fino ad oggi107 Sebbene alla TSR non avessero stravolto le meccaniche e rimanessero le stesse vecchie regole di esplorazione e combattimento, nel corso del decennio, vennero ampliate le serie meta-testuali di riferimento, con la pubblicazione di romanzi fantasy a marchio originale, come “Dragonlance”(Weis e Hyckman, 1984), in una trilogia che comprende l'intero arco narrativo di una campagna di gioco trasposta direttamente in opera letteraria, riccamente adornata dalle illustrazioni a colori in copertina di Larry Elmore108 (già famoso per alcune illustrazioni su vari prodotti a marchio D&D): “Dragons of Autumn

107Come peraltro emerge anche da “Intervista 16/07/2016 ad Andrea M” in Appendici.

108http://www.larryelmore.com/about/, consultato il 25/09/2019.

49 Twilight”, “Dragons of Winter Night” e “Dragons of Spring Dawning” che vedono protagonisti una compagnia di eroi archetipici dalle diverse competenze e qualità perseguire una missione principale (quest) nel più semplice tropo letterario del fantasy; il target immaginato dagli autori ed editori, poteva essere, in effetti, solo lo stesso che avrebbe apprezzato le opere di un Tolkien o le modalità di gioco di AD&D. Le opere uscirono in tanti altri formati (cicli e pentalogie) e in differenti archi narrativi che comprendevano vari punti di vista interni sullo stesso “paracosmo” letterario di Dragonlance (il continente fantastico di Krynn), almeno fino al 2013, non senza contaminare di rimando il mondo ludico di riferimento, permettendo alla TSR di pubblicare manuali di ambientazione e moduli di avventura specifici109, così da arricchire un mercato già potentemente inflazionato di prodotti del genere: Applecline (2014, vol.2: 351) ne stima un numero di vendite compreso tra le 50.000 e le 150.000 copie, alla fine degli anni '80110. Questo permise anche la scalata del colosso del gioco di ruolo di Gygax al mondo dell'intrattenimento televisivo di massa, con l'uscita in tre stagioni della serie animata ispirata a “Dungeons&Dragons” tra il 1983 e il 1985, animata dalla TOEI (nota casa di sviluppo videoludico giapponese) con la collaborazione degli studios Marvel111. Andrebbe fatta anche una menzione al mondo di gioco parallelo dei “”, parto narrativo della mente del designer canadese affiliato alla TSR, . L'universo venne creato dopo anni di lavoro su basi creative giovanili e discussioni portate avanti tramite varie riviste ufficiali; i “Forgotten Realms”, di cui il continente principale, il Faerun, fa parte, sono situati su una variante fantastica della Terra, con particolarità geografiche, storiche e sociali molto stereotipate e la presenza immancabile di tutte le “razze” ormai note ai lettori del fantasy americano (elfi, nani, gnomi e in una società tardo medievale con aggiunta di elementi magici e religioni potenti; si veda a tal proposito “Forgotten Realms Campaign Boxed Set” TSR Inc. 1987). Con il tempo, ai materiali base e alle espansioni, si sarebbero aggiunti anche una serie di romanzi ad opera dello stesso Greenwood (la serie di , continuata a fasi alterne fino al 2007112) e di altri autori (come Salvatore, autore della saga dell'elfo scuro ribelle Drizz't Do Urden, grande successo di pubblico). La TSR avrebbe così mostrato sempre di più la propria potenza commerciale e comunicativa, contrapposta alla costante innovazione che proveniva da ambienti di design decisamente più modesti che lavoravano anche con concetti di gioco differenti e immaginari più maturi e di nicchia. Dalla metà degli anni '80 e fino alla prima metà degli anni '90, a seguito dell'enorme successo editoriale e

109La pubblicazione ludica più importante degli autori e , collaboratori creativi alla TSR, fu senz'altro il manuale introduttivo “Dragonlance Adventures” (TSR, 1987). 110Senza contare poi i videogiochi che la serie ispirò, a partire dal 1988 con “Heroes of the Lance” su Amiga. http://hol.abime.net/702, consultato il 25/09/2019.

111Trasmesso sulla rete ABC, ebbe notevole successo anche all'estero e soprattutto in Brasile, come dimostra l'indice di gradimento di IMDb (https://www.imdb.com/title/tt0085011/, consultato il 25/09/2019) e la recente riapparizione dei personaggi principali in un cammeo pubblicitario della nota casa automobilistica Renault, pensato per il mercato brasiliano (https://www.youtube.com/watch?v=kC9-bfsNne8, consultato il 25/09/2019).

112http://www.isfdb.org/cgi-bin/pe.cgi?17041, consultato il 25/09/2019.

50 cinematografico del genere cyberpunk113 (nel 1982 uscì nei cinema “”, tratto dal romanzo di Philip K. Dick “Do Androids Dream of Electric Sheep? “ precursore spirituale del genere del 1968, mentre è del 1984 il romanzo capostipite: “Neuromancer” del britannico ) e della notevole importanza culturale assunta dalla “Space Opera”114 (dal 1977 al 1983 esordì la prima trilogia di “Star Wars”), alcune case editrici decisero, quantomeno provvidamente, di immettere nel mercato di nicchia del gdr, prodotti di qualità, con sistemi di gioco sicuramente più profondi di quello dei classici fantasy gdr per sperimentare le nuove possibilità che un immaginario fantascientifico più ricco rispetto a 20 anni prima poteva offrire. Mike Pondsmith fondatore della R.Talsorian Games nel 1985 riuscì a mettere in piedi una compagnia semi-artigianale e a conduzione familiare per proporre una sua versione del cyberpunk, costruita su un sistema di gioco decisamente complesso e approfondito che va a simulare nel più piccolo dettaglio le abilità di un personaggio e le sue caratteristiche psico-fisiche: nella scheda da compilare sono presenti oltre alla “nozioni generali” sull'occupazione e sul background, anche parametri mentali e fisici, ognuno associato a una nutrita serie di abilità e sotto-abilità (dall' “oratoria”, alla “abilità di infiltrazione informatica”; dalla “capacità di guida su macchine pesanti” alla “chimica organica”, vedasi la “Charachter sheet” aggiornata, R.Talsorian Games 1991). Il sistema di combattimento prevede una serie di punti vitali da colpire dotati di parametri numerici e indici di resistenza, scalabili in base all'arma usata. Ma la sezione più innovativa è senz'altro la costruzione del corpo modificato del proprio personaggio, grazie alla presenza nel mondo di gioco (ambientazione terrestre verosimile, situata inizialmente negli anni '20 del 2000; con le successive edizioni, per non produrre un effetto di straniamento cognitivo-tecnologico e coerenza, si avanzò sempre di più) di un'alta tecnologia cibernetica. Vi era poi una serie di regole che contemplavano l'uso della “rete” e del cyberspazio A questi dettagli di notevole immersione per gli amanti del genere fantascientifico, si aggiunge anche la costruzione di un background profondo e ben radicato nella società immaginaria e distopica di un futuro in cui l'economia domina la politica internazionale attraverso le azioni di mega-corporazioni e multinazionali tecnologiche: realtà che si può mettere in discussione ora e che iniziava, all'epoca della pubblicazione del prodotto, a comparire in forme globalizzate. Un mondo di gioco così vasto aveva, ovviamente bisogno di manuali di espansione e di accompagnamento alla narrazione, che aiutassero i giocatori a raccogliere dati su armi vere e luoghi reali, come la serie di armamentario illustrato, chiamata ironicamente i “Chromebooks”: a tratti parrebbe, in effetti, una serie di pubblicità su prodotti tecnologici, dato che la descrizione è ben più sostanziosa della parte di meccanica che può interessare il gioco115. Per rendere ancora più realistica la 113Genere nato dalla commistione di più tropi della fantascienza classica, come “il robot”, “il cyborg” o “l'intelligenza artificiale” e la “fanta-politica” del futuro, con tematiche sociali, in genere riflesse nell'ambiente distopico, iperconnesso e ultra-capitalista che fa da sfondo (https://web.archive.org/web/20080108085939/http://brucebethke.com/nf_cp.html, consultato il 25/09/2019).

114Genere fantascientifico al cui interno si sviluppano tematiche epiche attorno a personaggi archetipizzati, in origine aveva connotazioni piuttosto negative di commercialità e stereotipo (http://www.sfrevu.com/ISSUES/2003/0308/Space%20Opera %20Redefined/Review.htm, consultato il 25/09/2019).

115“Chromebook: the cyberpunk style guide” R.Talsorian Games, Inc. 1992.

51 sensazione di avere a che fare con un “universo-del-possibile”, i capitoli del manuale base sono intitolati come in un manuale illustrativo di stile o una guida per il tempo libero (“Getting cyberpunk”, “Working”, “Net-runner” e “Drugs”, senza tralasciare quindi, anche i lati più trasgressivi della sotto-cultura punk cibernetica116). L'identificazione con il personaggio può essere totale se si ha a che fare con un realismo descrittivo molto alto e la società di “Cyberpunk 2020”, ha anche una serie di manuali di ambientazione molto curati e pieni di illustrazioni che mettono a fuoco anche una serie di pratiche, luoghi e geografie culturali parallele a quelle che poteva sperimentare un cittadino americano alla fine degli anni '80 (il riferimento costante al punk e all'anarchismo dei primi hacker informatici, sicuramente, non è casuale117). Il significato dello stile, dell'appartenenza a un gruppo di cultori della modificazione corporale o del Net- surfing, della resistenza a un'autorità violenta e corrotta sono la base imprescindibile per una caratterizzazione a tutto tondo (“Cyberpunk 2.0.2.0 v 2.01” 1990: 4). Le regole interpretative delineate sono pertanto: “Style over Substance”, “Attitude is everything”, “Always take it to the edge” e “Break the rules”118. La base creativa sotto-culturale del gioco di ruolo fu stimolata da un riferimento a un'alra sotto- cultura fantascientifica letterari, all'interno di una descrizione di una sotto-cultura inventata, ma con collegamenti chiari ed evidenti al senso di inversione, stile di superficie e trasgressione che il “punk” possedeva ancora negli anni '80119 e non mancarono le produzioni amatoriali e i materiali di espansioni non ufficiali, che la casa editrice non contrastò mai, soprattutto per la riedizione del gioco “Data Fortress”120, incentrata sull'esplorazione e violazione del cyberspazio (alcuni materiali di fan ricreano anche scenari famosi come quello di “Ghost in the Shell”, opera animata giapponese diretta da Mamoru Oshii nel 1995 e ispirata dal manga omonimo ad opera di Masamune Shirou). All'opposto della rigidità concettuale del dungeon TSR vi era un numero discreto di provocatori minori, di sperimentatori di nuovi modi di giocare, sicuramente più aperti alla partecipazione dell'utenza: è il caso del primo sistema di regole universale (utilizzabile per qualsiasi scenario) creato da Steve Jackson nel 1986: “GURPS”, ovvero “Generic Universal Role-playing System”. Il concetto che guidava il progetto della casa era in primo luogo l'adattabilità: data la presenza di numerosi scenari e ambientazioni e per non voler togliere, ma bensì aggiungere facoltà creativa descrittiva al giocatore, veniva privilegiata la creazione di un sistema di regole flessibile e generalizzabile per qualsiasi tipo di

116“Cyberpunk 2.0.2.0 v. 2.01” R.Talsorian Games, Inc. 1990: 25,41,122,127.

117“As a cyberpunk, you grab technology by the throat and hang on. You've got interface plugs in your wrists, weapons in your arms, lasers in your eyes. Biochip programs in your brain. You become the car you drive, the gun you shoot … With cyborged fingers you pick computer locks; with enhanced senses you see into the Future” (Cyberpunk 2.0.2.0 v 2.01 1990: 3).

118Le regole sono inserite nel testo come citazione di un personaggio non giocante inventato dagli autori (Ripperjack).

119Si veda Hebdige 1988 (2017 ed. it.): 116.

120Il sito del collettivo creatore del sistema aggiornato di Cyberpunk ha al suo interno numeroso materiale di espansione catalogato per data di uscita e scaricabile gratuitamente in PDF: https://datafortress2020.com/source.html, consultato il 25/09/2019.

52 occasione121. La risoluzione delle meccaniche, anziché basata sul lancio di dadi a venti facce con valori sommabili o sottraibili da confrontare con una costante (Classe Difficoltà) o di dadi-percentuali da paragonare a una soglia di successo, si fondava sul lancio di tre dadi a sei facce più eventuali bonus (o malus), in aggiunta a una fase di costruzione del personaggio e dell'ambientazione complessa e difficile da padroneggiare, a causa della presenza di parametri variabili di caratteristica (forza, destrezza, intelligenza e costituzione) e caratteristiche immutabili chiamate “vantaggi” e “svantaggi”, acquistabili tramite una riserva iniziale di punti. La difficoltà di entrata per un principiante e la necessità di dovere imparare e tenere a mente numerose “regole situazionali specifiche” (cioè relazionati a specifiche evenienze all'interno della cornice narrativa), costituirono sin da subito una pesante soglia da varcare, nonostante la presenza di numerosi manuali di caratterizzazione (di genere fantasy, gotico, fantascientifico, bestiari e anche cyberpunk)122. La forma assunta dal prodotto rimase sicuramente aderente allo spirito di potente espansione del periodo preso in esame: uno strumento per rendere la simulazione di universi, afferenti a una moltitudine di “immaginari culturali” mainstream, in continua evoluzione e fonte costante di guadagno e creatività; elementi già entrati nel circolo della moda e del costume occidentale. Anche la difficoltà e il livello di dettaglio fanno parte di questa cultura e delle pratiche del gioco di ruolo americano dell'epoca come giustamente ricorda Applecline (2014 vol.2: 351, 353,354). Questa cultura ludica aveva già da tempo le sue teste di ponte in Inghilterra (ad opera della Games Workshop) e sul continente europeo, in Germania e Francia già dall'inizio degli anni'80, con l'uscita di svariati giochi originali e differenziati rispetto ai propri cugini statunitensi123 per ispirazione, sottofondo culturale, folklorico-leggendario, ma soprattutto per le meccaniche di gioco interne. L'Italia rimase una delle ultime nazioni a importare, tramite grosse case di distribuzione, i giochi di ruolo e il primo prodotto americano fu, appunto, D&D, nella sua incarnazione “Advanced”, pubblicata in un boxed set cartaceo rosso (nominato poi affettuosamente “la scatola rossa”), dalla milanese Editrice Giochi nel 1985. Il set comprendeva i tre manuali base, un set completo di dadi e il necessario per la conduzione del gioco (schermo del Dungeon Master e schede da compilare con i loghi originali). Tuttavia è da segnalare la preesistenza di prodotti autoctoni già a partire dal 1983: per primo comparve una sorta di clone di AD&D, chiamato “I signori del Caos” (Black-Out editrice), con un'ambientazione originale e successivamente lo scanzonato e picaresco “Kata Kumbas” (Orion Edizioni, 1984), la cui ambientazione, invece, andava a pescare dalla letteratura tardo-medievale e rinascimentale ariostesca a piene mani (Giuliano 1991: 100,101). Una volta avuto a che fare con il mainstream, il pubblico europeo e italiano poté avere accesso più facilmente a prodotti di altro genere, come “Cyberpunk” (in Italia già dal 1990) e idearne di propri 121Applecline 2014 vol.2: 38.

122Applecline 2014 vol.2: 40.

123In Germania: “Midgard” nel 1981 e “Uno sguardo nel buio” nel 1984; in Francia, dopo l'importazione di D&D nel 1983, si segnala “Legendes celtiques” del 1984 (Giuliano 1991: 20).

53 con stimoli differenti, in base a richieste commerciali interne124

Giochi di ruolo e società: problemi di comunicazione

Un aspetto fondamentale da indagare nel corso di questa analisi storica del fenomeno, prima di procedere con gli ultimi sviluppi, è quello della ricezione di un'industria culturale e della cultura in sé che ne fa inevitabilmente parte, con i suoi “rituali”, con le estetiche, le pratiche e il proprio senso dello stile (o sotto-cultura, a seconda del grado di integrazione considerato) da parte della società nel suo complesso, tramite i maggiori canali di informazione ufficiali mass-mediatici (come giornali, televisione e Internet). L'ambito informativo ufficiale sul gioco in generale e sul gioco di ruolo, in particolare, non è mai stato particolarmente imparziale o condiscendente, spesso a causa di inveterati condizionamenti concettuali e stereotipi: un'attività volontaria e improduttiva come il gioco non può che inerire alla sfera del tempo libero e non deve essere ritenuta seria: devono cioè persistere confini visibili tra l'attività seria e il faceto proposto dal ludus125, tra ciò che è socialmente sanzionato come sfera del lavoro, della produzione e ciò che, invece, fa parte della reverie, della fantasticheria o del divertissement. Il gioco di ruolo, sotto quest'ottica costituisce un bersaglio perfetto delle critiche di una società razionalizzata secondo le regole economico-produttive del tardo capitalismo industriale: costituisce un'attività ludica, pertanto normalmente associata al tempo libero (leisure) o all'infanzia, nasce come sotto-cultura abbastanza periferica negli anni '70 e, come tale, viene mal compresa (anche dagli stessi wargamer club, la cui missione rimaneva la simulazione strategica storica), non è un “gioco a somma 0” e come tale non ha chiari obiettivi: può essere esteso temporalmente e fa uso di regole solo in una fase secondaria a uno sviluppo narrativo immaginario condiviso: occorre fare uso di fantasia e immaginazione, anche queste facoltà associate al mondo dell'infanzia o alla qualità inconscia del sogno, per cui appare a una prima occhiata come un lungo sogno ad occhi aperti. Date tali premesse, fu semplice per l'opinione pubblica trovare strano il fatto che l'utenza maggiore fosse costituita in larga parte da giovani-adulti tra i 18 e i 25 anni, di solito particolarmente scolarizzati e benestanti126; il fatto che fosse da questi utenti un'attività degna di poter essere portata avanti per ore (a

124Tra i giochi italiani di spicco nel mercato interno dal 1990 in poi, si segnalano “Lex Arcana” (1993), gioco fantasy con una chiara atmosfera da cinema peplum e “Druid” (1993) di affine derivazione fanta-storica. https://www.isolaillyon.it/2014/03/14/vi-presentiamo-druid-il-gdr-italiano-fantasy-celtico.html, consultato il 26/09/2019.

125Caillois ed. it. 1981.

126 Fine segnala un censimento del 1979, tra i lettori della rivista Dragon e quelli della rivista The space gamer, di fine 1978: il dato statistico più simile e, senz'altro evidente, è la percentuale più alta di utenti compresi tra i 20 e i 25 anni d'eta, di cui

54 volte anche giornate intere), sicuramente non doveva essere facilmente accettabile da parte dell'opinione comune che le generazioni precedenti nutrivano circa svago e tempo libero. Il tutto precipitò molto presto, in effetti, verso una reazione da “panico morale”127, quando James Dallas Egbert III, descritto come brillante giovane studente alla Michigan State University si suicidò nel 1980, in seguito a problemi psicologici molto gravi e abuso di sostanze stupefacenti (si veda Fine 1983: 254 e Laycock 2015: 100,101), ma era noto già da tempo alle autorità, agli amici e alla famiglia, lo strano coinvolgimento in una sua sparizione di un anno prima, durata settimane intere, di tematiche ludiche . In tale occasione, venne riferito un suo coinvolgimento in un “gioco di ruolo dal vivo128” ispirato a D&D che faceva uso degli scantinati dell'università come se fossero dei dungeon o dei labirinti; in realtà il giovane tentò di suicidarsi per la prima volta. Era anche nota la generale infatuazione del ragazzo per il mondo del gdr e l'investigatore William Dear, assoldato dalla famiglia a quel tempo per indagare sulla sparizione, sospettava una sorta di immedesimazione patologica nei confronti della realtà ludica sperimentata nei sotterranei da Egbert. In seguito, la denuncia acrimoniosa di Dear contribuì a nutrire una psicosi collettiva, pronta a demonizzare il divertimento di una categoria intera di giovani che vivevano anni di cambiamento economico e sociale molto destabilizzante (Laycock 2015: 95, 96). La società venne avvelenata a tal punto dalla questione, che, data la natura fantastica impregnata di magia e riferimenti folklorici degli immaginari ludici di ruolo, molte associazioni cristiane, come la BADD (BotheredAboutDungeons&Dragons), fondata da Patricia Pulling129 nel 1982. La BADD, formata quasi interamente da fondamentalisti cristiani, decisamente sospettosi e conservatori, si concentrò sulle figure che nella sessione di gioco dovevano interagire secondo regole prestabilite: giocatori e Master. In questo caso veniva attribuita un'aura di sacralità inquietante al Dungeon Master che poteva esercitare un reale potere psicologico sui suoi giocatori e imporgli comandi tramite ipnosi e suggestione, per compiere atti dissacranti e blasfemi mediante incantesimi ed evocazioni demoniache130. Dopo un'estemporanea apparizione di Patricia sulla trasmissione televisiva di dibattito della CBS “60 minutes”, la pubblicazione di opere di critica a D&D esplose (come il famoso fumetto di propaganda religiosa di Jack Chick “Dark Dungeon”. Ci furono ovviamente risposte dalla casa TSR e dall'editoria: Gygax minimizzò le critiche

una larga maggioranza possedeva titoli di studio universitari. (1983: 40, 41).

127Termine coniato dal sociologo Stanley Cohen, per indicare un veloce e unilaterale coinvolgimento dei mezzi di informazione ufficiali, nei confronti di un evento o una serie di eventi, apparentemente correlati e potenzialmente sanzionabili come “problema”, perché destabilizzanti l'ordine sociale e morale comunemente accettato(Cohen 2002: 9-12 e 47-50).

128Qui, chiaramente, non mi riferisco in nessun modo al LiveActionRole-play, faccio uso dei termini generalisti utilizzati dall'informazione mainstream.

129Anche il figlio di Patricia, Irving, si uccise e la madre sospettò un diretto nesso causale con la frequentazione di gruppi di gioco di D&D, gestiti da un potente “manipolatore” : il Dungeon Master (Laycock 2015: 107).

130Si veda il pamphlet della BADD, curato da Mary Dempsey, Pat Dempsey e la Pulling: “Dungeons&Dragons. Witchcraft. Suicide. Violence”, distribuito esclusivamente tramite posta.

55 mostrando la realtà meccanica del gioco e dichiarando la sua fede cristiana in numerose occasioni131 (di cui i manuali recepiscono le influenze) e Lorraine Williams, al tempo a capo della gestione commerciale, più duramente, passò all'espunzione di qualsiasi riferimento letterale a demoni o angeli che potessero essere collegati a motivi religiosi reali. In ogni caso, con la coincidenza della messa in onda dello show per ragazzi omonimo, Dungeons&Dragons registrò un numero altissimo di vendite (Applecline 2014 vol.2: 352) La reazione emotiva trainata dagli eventi, ingigantita dal clamore mass-mediatico, dalle opere di finzione132 e dalle rivendicazioni di alcune associazioni fu registrata successivamente come una reazione di difesa eccessiva degli immaginari religiosi, culturali e generazionali. Come dimostra Fine (1983: 84-86 e 114-122) in un primo momento, l'attività dei giocatori è concentrata, sì, attorno alle iniziali descrizioni e costrizioni narrative del Master, ma poi evolve in maniera collaborativa quando i giocatori compiono scelte all'interno di una “cornice fittizia” popolata da personaggi che, senz'altro, non sono che proiezioni o invenzioni di un ego stimolato dalla fantasia (certo, il professore non esclude la possibilità di un eccessivo coinvolgimento, di un “overinvolvement” che rimane causalmente esterno alle motivazioni del gioco) e anche se il Master costituisce una sorta di “Dio-Demiurgo” all'interno del frame, è sufficiente che il gruppo si allontani per rompere la situazione di gioco. Pertanto, alla base dell'analisi sociologica di Fine, le dichiarazioni dei detrattori appaiono sicuramente infondate e dettate da una scarsa conoscenza empirica del contesto sociale di provenienza, delle pratiche e delle concezioni che i giocatori portano al tavolo. Laycock, che invece ha proposto una indagine dei risvolti che il gioco di ruolo ha avuto sul pensiero dei fondamentalisti cristiani americani, tra la metà degli anni '80 e i primi anni '90 (il cosiddetto “Satanic Panic”), si sofferma sulla reazione di scandalo nei confronti di un anti-immaginario destabilizzante, che sembra nascere con gli stessi presupposti di una religione (almeno a livello linguistico) e pare attrarre menti giovani e facilmente manipolabili, per contaminarne le scelte e allontanarli dalla idea di vita che le generazioni precedenti avevano. La retorica della ribellione, in questo caso, viene intuita non tanto nel reale prodotto di pratiche devianti, ma nell'appartenenza a una serie di pratiche incomprensibili e pericolosamente vicine a un'inversione quasi satirica della religione, con la presenza di prescrizioni, rituali, incantesimi e “ruoli” (per la vicinanza di gioco, rito e teatro, si rimanda a Huizinga 1973 e a Schechner 1982). Quando negli Stati Uniti il panico iniziò a scemare all'inizio degli anni '90, con la morte della Pulling, la chiusura definitiva della BADD e un nuovo ambiente culturale, in Europa si registrarono in ritardo le previe reazioni di rigetto e denuncia, sempre in riferimento a episodi di cronaca, legati a violenze, assassinii o suicidi. La Francia fu la prima nazione in cui la stampa si scagliò contro i giochi di ruolo con

131Http://archives.theonering.net/features/interviews/gary_gygax.html cosultato il 26/09/2019.

132Dear scrisse nel 1984 il romanzo autobiografico, incentrato sull'esperienza di investigatore privato “The Dungeon Master: the disappearance of James Dallas Egbert III” e nel 1982 uscì nei cinema “Mazes and Monsters” di Rona Jaffe, con la star Tom Hanks: storia travagliata della deriva psicotica di un giovane troppo “immerso” nelle dinamiche dei giochi di ruolo, da rendersi conto di cosa sia reale e cosa no.

56 ovvi intenti sensazionalistici, quando si verificarono diversi episodi di aggressione, una profanazione cimiteriale a Carpentras e il classico suicidio di adolescente nel 1995133 a cui, tuttavia seguirono le indagini e le successive doverose razionalizzazioni da parte di autorità e di esponenti dell'intelligentsia come il sociologo Jean-Hugues Matelly134. In Spagna, due studenti universitari prelevarono e uccisero nel 1994 un impiegato di 52 anni (episodio citato anche in Zagal e Deterding 2018: 341). Quando la polizia fece irruzione nell'appartamento dei colpevoli, trovarono svariate copie di manuali di gioco e, galvanizzati dai vecchi episodi americani, ipotizzarono un collegamento ideativo con il mondo del gioco di ruolo, poi smentito in sede di sentenza dai giudici. La risonanza fu tale, tuttavia, che nell'opinione pubblica spagnola, il caso rimase famoso come “El crimen del rol” (il crimine del ruolo)135. In Italia invece, fece scalpore un episodio di cronaca legato direttamente al mondo dei gdr: a Spinea nel maggio del 1996 un giovane viene trovato impiccato dal padre e anziché accorgersi dei reali problemi che poteva percepire nell'ambiente in cui viveva e a scuola, un avvocato assegnato come procuratore, concittadino del ragazzo, Luciano Faraon, sostenne in più occasioni e su vari media nazionali, che la mente del ragazzo potesse essere stata suggestionata dall'utilizzo continuo assieme a un gruppo di amici di “giochi di ruolo”, dei quali cita, abbastanza casualmente, solo le apparizioni nelle riviste di settore italiane che andavano per la maggiore: Kaos ed Excalibur136. Probabilmente tra le tante compariva anche Dragon, rivista ufficiale di D&D, ma negli articoli di giornale comparve solo il titolo incriminato di “Killer” (Nexus Editrice 1994). Non un vero e proprio “gioco di ruolo”, in quanto si ha una possibile risoluzione “a somma 0”, ma comunque avvicinabile al genere per la divisione di un gruppo di giocatori in assassini, il cui scopo è uccidere gli altri, non sapendo chi dovrà uccidere loro. Nella versione base, inventata nei campus statunitensi, il gioco era esteso per intere giornate e si poteva segnalare “un uccisione” in maniere abbastanza farsesca (tramite bigliettini, pistole ad acqua o coltelli di gomma)137. Nella versione pubblicata per la Nexus, traduzione della versione riveduta e ampliata americana della Steve Jackson Games, le regole sono adattate e razionalizzate per un pubblico di giocatori di ruolo, concentrati in un spazio più contenuto e favorisce un'azione scenica affine al Live Action Role-play con un minimo intervento di meccaniche risolutive e nessun bisogno di dadi o schede. In America il gioco circolò sin dal 1981, ma in Italia arrivò più tardi e rappresentò, sin da subito, un prodotto a cui neanche i primi giocatori erano abituati, ma che riscosse notevole successo per la sua facilità di conduzione. Ovviamente, come emerge dalla comunicazione ufficiale, la mancanza di attenzione del pubblico nei confronti di realtà culturali ancora decisamente marginali, non causò nient'altro che una serie di risposte emotive dannose e

133Il tutto è citato in Ghilardi e Salerno 2007: 74.

134Ibidem.

135https://www.libertaddigital.com/opinion/fin-de-semana/el-crimen-del-rol-1276230747.html consultato il 26/09/2019. Da confrontare anche con: Cesare Fiumi in “Sette” nel supplemento a Il Corriere della Sera n.15, 1997: 23-27.

136Uno degli articoli più sbrigativi e meno interessati ad approfondire la natura del gdr è su L'Unità (28 maggio 1996).

137Angiolino e Sidoti 2010: 526,527.

57 decisamente irrazionali, come il tentativo, da parte del procuratore Faraon di far chiudere i poli di aggregazione per appassionati e i negozi di articoli specializzati138, tramite esposto in Procura. In altri articoli, come in quello della Stampa del 5 giugno 1996, nonostante l'ovvia intenzione di cavalcare il sensazionalismo (“I killer sono i giochi i ruolo”) emerge l'intenzione di capire, almeno in parte, in cosa consistano i giochi di ruolo e di fare emergere una visuale diversa e anche condivisibile all'interno delle famiglie139. In Italia, la risonanza mediatiche che l'episodio suscitò portò anche a un netto calo di vendite, dovuto in maggior parte al fatto che lo stesso pubblico veniva dirottato verso una serie completamente differente di prodotti “affini”: i giochi di carte collezionabili e i giochi di simulazione strategica fantasy con miniature (Warhammer Fantasy e Warhammer 40.000 in versione iperfuturistica). Santoni (2017: 46- 48) nel suo romanzo autobiografico afferma: “Le vedi entrare con la forza di una pandemia: […] All'inizio sono i vecchi giocatori di ruolo i primi a cascarci […] ma anche tutti coloro che hanno una fascinazione per le carte […] e per il collezionismo. Sono i prodromi dell'imporsi del fantasy come immaginario egemone, ma c'entra anche la combinazione fra collezionismo … scambio di figurine … azzardo … strategia, portabilità. Tutto cospira in favore di Magic.”

Anni '90 e 2000: contrazione, rinascita ed esplosione

Nel 1993 Peter Adkison, gestore di una piccolissima casa editrice della West Coast chiamata appunto “The wizards of the Coast”, con l'obbiettivo di entrare nel mondo della produzione di giochi di ruolo140, fece uscire un prodotto inedito e innovativo, creato da Richard Garfield, che avrebbe affossato per quasi un decennio il mondo del gdr analogico. “Magic: the Gathering” era pensato come un normale gioco di carte “a somma 0”, in cui tramite una sorta di scontro fra carte-creatura di diverso valore e alcune meccaniche di divisione in turni e fasi di gioco, si puntava a ridurre e eliminare una riserva di punti vitali (normalmente 20 per ciascun giocatore). La forma semplice e di per sé non particolarmente innovativa, sarebbe stata, probabilmente ignorata, se non si fosse deciso di connotare il tutto tramite un sottofondo narrativo fantasy e fare in modo che i

138L'Unità del 28 maggio 1996. Mi è stato in effetti riferito da Giorgo in sede di intervista, il 10/05/2017 che anche nei primi anni 2000, in zona Spinea si continuava spesso a parlare del suicidio e a metterlo in relazione diretta con la pratica del gdr.

139“La Stampa” 5 giugno 1996, archiviato sul sito informativo: https://www.gdr2.org/ gestito ancora oggi da “La Gilda degli anacronistici “ e nato nel 1997 per proporre un luogo di scambio critico e informazione alternativa sul gioco di ruolo (consultato il 26/09/2019).

140Il tentativo fu fatto con “RoboRally” nel 1991, ma fu fallimentare: https://web.archive.org/web/20110712182851/http://www.wizards.com/magic/magazine/article.aspx?x=mtg%2Fdaily %2Ffeature%2F41a consultato il 26/09/2019.

58 giocatori collezionassero un nutrito pool di carte e potessero combinarle secondo strategie vincenti altamente aleatorie. Le meccaniche di interazione valoriale fra le carte, nella combinazione delle strategie, venne creata da Garfield grazie alle sue buone conoscenze di calcolo combinatorio e si integrò alla perfezione con l'obbiettivo commerciale di vendere espansioni sempre più grandi e curate (non mancavano le suggestioni da cui prendere ispirazione per aggiungere illustrazioni accattivanti e descrizioni brillanti). In breve tempo, vennero organizzati tornei e rivendite di carte speciali, per la cui rarità sul mercato i prezzi si alzarono vertiginosamente141 e alcuni campioni assoluti iniziarono ad essere pagati per le loro comparse a Convention e gare nazionali142. Il continuo successo generato dalla vendita di espansioni, fece riempire i negozi di articoli per il tempo libero, gadget e prodotti affini, come miniature e fumetti e le rivendite, sia in America, che in Europa e perfino in Italia, in cui nacquero negozi specializzati per i soli giochi di carte e giochi da tavolo (le cosiddette ludoteche) che costituivano sia luogo di aggregazione, sia negozio ufficiale, generalmente sponsorizzato dal fornitore, aumentarono le tirature. Un'altra ragione del successo incredibile che Magic suscitò, fu la sua velocità di apprendimento, per quanto, successivamente alcune sue combinazioni di meccaniche diventino complesse e ramificate, un po' come negli scacchi. I giochi di ruolo che uscivano in relativa crescita dagli anni '80, perlomeno negli Stati Uniti, ricevettero una grossa perdita, soprattutto se guardiamo ai suoi acquirenti storici, i ventenni dell'epoca che ora uscivano dai circoli e, magari, si rivolgevano ad altri prodotti meno impegnativi, ma anche se ci concentriamo sull'avvento di nuovi giovani consumatori, sempre più avvezzi a un gioco veloce, ma stimolante e abituati alla facilità dei primi videogiochi su console casalinghe. Fino ai primi anni 2000, il format del gioco di carte collezionabili registrò un numero impressionante di vendite e saturò per intero il mercato ludico143. Un altro evento indicativo della crisi commerciale nelle grandi compagnie di giochi analogici del periodo, fu l'acquisizione della TSR, Inc. , ormai coperta dai debiti e in perenne esodo di personale144, da parte della suddetta “Wizards of the Coast” nel 1997. La strategia immediata della Wizards non fu quella di rinnovare il personale, ma di conservare le migliori menti creative e svilupparne il potenziale, portando soprattutto a compimento i progetti rimasti incompiuti dalla precedente amministrazione: i numeri arretrati delle riviste ufficiali Dragon e Dungeon e volumi di approfondimento e avventura, rimasti in coda di produzione, relativi ai mondi di ambientazione che tanto successo avevano riscosso nel decennio precedente. 141Sul mercato specializzato la carta “Black Lotus” proveniente da una delle prime edizioni, può essere valutata mediamente dai 3000 ai 125.000 dollari. https://www.wired.it/gadget/accessori/2017/02/10/10-cose-che-forse-non-sapete-su-magic-the- gathering/?refresh_ce= consultato il 26/09/2019.

142Ibidem.

143Ghilardi e Salerno (2007: 46-48) citano una stima di vendite della Wizards pari a 3 miliardi di carte vendute in 52 paesi nel mondo, a partire dal 1993.

144L'insolvenza finanziaria viene calcolata da Applecline (2014 vol.3: 142) in circa 30 milioni di dollari, alla fine del 1996.

59 Adkison decise anche di promuovere alcune figure di spicco, come Mary Kirchoff e Bill Slavicsek in posizioni di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti editoriali (che si riveleranno vincenti)145. Successivamente, richiamò tutti i fondatori e padri intellettuali dei prodotti originali, come Gygax, Arneson e i romanzieri Weis, Hyckman, Salvatore e Greenwood per collaborare alla stesura di ulteriori linee narrative per gli universi dei Forgotten Realms , Greyhawk e Dragonlance, in modo da avere sempre a disposizione un meta-testo interessante, che collegasse le linee di prodotti del passato con le nuove e poter così investire anche in settori paralleli alla vendita di giochi cartacei tramite la collaborazione esterna con case di sviluppo emergenti, come il fiorente mercato dei videogiochi o l'editoria del fumetto e della narrativa: è di quegli anni l'uscita di giochi per pc di grande successo come “Baldur's Gate I e II” ( Black Isle Studios, 1998-2000) ambientati ufficialmente nei Forgotten Realms e “ Torment” (Black Isle Studios, 1999). La Wizards fece anche uscire nel frattempo prodotti nuovi e diversi rispetto al passato, per l'edizione Advanced di D&D, integrandoli nelle ambientazioni gygaxiane di Greyhawk originarie, sviluppando archi narrativi inediti e ampliando la curiosità dei giocatori146, in vista della pubblicazione di una nuova edizione delle regole originarie di AD&D. Finché dopo qualche trattativa, la casa di produzione non venne acquistata nel 1999 dal colosso Hasbro, per quasi 325 milioni di dollari. Fu una mossa commerciale molto astuta da parte della Hasbro che seppe, così approfittare, lasciando carta bianca alla Wizards, dell'uscita, in contemporanea con l'edizione speciale della GenCon 2000 a Indianapolis, della Terza Edizione di D&D. Questo fu un evento storico per tutto il mercato del gdr analogico, per vari motivi: la gestione più aperta e oculata, rispetto alla rigidità della TSR di Gygax, permise di rilasciare il prodotto solo dopo averlo testato, con migliaia di giocatori coinvolti nel progetto (il cosiddetto “playtesting”), cosa che lasciò agli sviluppatori, designer con alle spalle anni di esperienze, di affinare un prodotto che puntava a una meccanica di gioco semplice e immediata per le prove di abilità e le meccaniche risolutive. Ideata da Jonathan Tweet, già sperimentatore di sistemi a risoluzione verbale (senza dadi e carta, ovvero diceless147), Monte Cook e Skip Williams, consisteva in un sistema risolutivo con lancio di un dado a venti facce, sommato a un parametro specifico, per superare una soglia scelta dal Master; nel sistema di AD&D il risultato di una prova doveva essere inferiore a una soglia, solo dopo aver sottratto eventuali “bonus”, un meccanismo abbastanza farraginoso e difficile da mandare a memoria. Il sistema di regole, dopo essere stato codificato, venne prima implementato nella triade di manuali base (Manuale del giocatore, Manuale del Dungeon Master e Manuale dei Mostri), e in un secondo tempo ridotto all'essenziale per lasciare che il pubblico e le piccole case editrici potessero usarlo liberamente, senza pagare alcunché alla Wizards, a meno che non fosse il marchio ben più regolamentato della “d20 145Applecline (2014 vol.3: 143,144).

146Ivi: 153.

147 Il primo gioco a utilizzare il sistema diceless narrativo fu “Amber” (1991) di , ambientato nel mondo immaginario, popolato da esseri divini, dell'omonima serie di romanzi di Roger Zelazny (Applecline 2014 vol.3: 110,111).

60 trademark”(ovvero un riferimento diretto alla linea di prodotti a nome D&D). Su idea di Ryan Dancey, nuovo brand manager, nacque così la “Open Gaming Licence”, un concetto giuridico-economico fondamentale, che lasciava piena libertà creativa a nuove realtà ludiche di produrre materiale sulla base di un sistema di gioco essenziale codificato, senza avanzare pretese su tali prodotti o intentare cause rovinose (come, in realtà, spesso faceva la TSR)148. Dancey imputava proprio alla proliferazione incontrollata di sistemi di gioco, la caduta commerciale di molti titoli di gioco di ruolo: “The problem is not competitive product, the problem is competitive systems” (“Open Gaming Interview”, wizards.com, 2000 in Applecline). In effetti, l'idea di Dancey fu rivoluzionaria ed estremamente funzionale: sfruttando appieno la fama editoriale di D&D, lasciò la possibilità a chiunque di utilizzare un sistema che, comunque, avrebbe portato acquirenti alla Wizards e avrebbe aiutato a promuovere l'immagine di un gioco, che con le numerose battaglie fiscali degli anni '80 e '90, aveva lasciato molti ex giocatori delusi e frustrati. La licenza diverrà una pratica editoriale comune, anche alle edizioni successive del gioco e, a parte la sfortunata Quarta Edizione, che si irrigidì assai di più fiscalmente e giuridicamente in fatto di copyright, costituì parte del fulcro del successo di D&D e un ottimo esempio di marketing intelligente, poi emulato anche da altri marchi. Furono così centinaia nei primi anni successivi alle GenCon i prodotti che nacquero grazie alla OGL, anche come espansioni e supplementi per i manuali base dello stesso D&D (confermando la tesi di Dancey), ma anche come prodotti totalmente differenti149 e fu necessario anche sperimentare nuovi metodi di distribuzione e pubblicazione. La stampa diretta avrebbe assunto, per alcune piccole case, costi proibitivi; venne così utilizzata la pubblicazione online tramite il formato PDF, un metodo veloce, economicamente vantaggioso e virale, per quanto riguarda il potenziale di diffusione, ma che nascondeva insidie notevoli, come la copia non autorizzata e la diffusione piratata dei file originali150. L'evoluzione notevole del comparto tecnico e distributivo delle maggiori aziende del settore fu seguito in parallelo da un nuovo modo di concepire i manuali e lo spirito del gioco di ruolo, soprattutto in relazione al mutato contesto socio-culturale e tecnologico degli anni '90: le veloci comunicazioni disponibili grazie all'alletimento delle reti telematiche e la caduta di “vecchi muri” fisici e politici tra i continenti della zona euroasiatica, rendeva possibile la formazione di un mosaico confuso di stili di vita e sottofondi culturali che l'individuo-consumatore poteva osservare, ma anche selezionare e rendere propri151; universi prima non comunicanti, ora venivano tranquillamente accostati, vecchi simboli assumevano ora nuovi significati. In particolare, nell'ambito letterario, proliferano nuovi generi commerciali come lo “Urban 148Applecline 2014 vol.3: 156.

149Come nel caso della licenza acquisita, questa volta, dalla Wizards per la pubblicazione di manuali di gioco inerenti all'intero universo di “Star Wars” (Applecline 2014 vol.3: 160).

150Il primo distributore a sfruttare Internet e il formato PDF fu James Mathe, che nel 2001 aprì il sito di acquisto per soli prodotti online e di formato “portabile” RPGnow, ora divenuto “DriveThruRPG”: https://www.rpgnow.com/ consultato il 26/09/2019.

151Hannerz (2001); ma anche Appadurai (1990).

61 Fantasy”, in cui tropi classici del fantastico, vengono accostati ad ambientazioni metropolitane o a situazioni quotidiane e problemi socio-politici contemporanei, come discriminazione, povertà ed emarginazione152. Tali suggestioni furono ben presto accolte dall'editoria ludica americana all'inizio degli anni '90, quando Mark Rein-Hagen, già collaboratore a più riprese di Jonathan Tweet per “Ars Magica”, annunciò di aver creato un prodotto che univa il mondo gotico del vampiro, alla vita della metropoli globalizzata contemporanea, con un'introspezione psicologica mai vista prima. La pubblicità precedente all'uscita nel 1991, fu condotta tramite invio di pamphlet a colori, descrittivi e decisamente appetibili che servivano a produrre attese in pubblico e rivenditori153. Il manuale “Vampire: The Masquerade” fu il primo di una lunga serie che comprendeva anche espansioni, dettagli scenografici, storici, di costume, legati al mondo meta-testuale creato dagli autori (World of Darkness) e contribuì notevolmente a diffondere la moda editoriale degli “splatbook”154: termine para-gergale dell'editoria che indica una serie di volumi accessori al gioco che forniscono unicamente informazioni aggiuntive e colore. Al suo interno più che una pletora di regole erano presenti bellissime illustrazioni, sia in bianco e nero, sia a colori, accompagnate da testi scritti, particolarmente realistici che volevano assomigliare a resoconti, lettere personali, pagine strappate da diari155; il tutto per evocare una crescente sensazione di angoscia e realismo, circa la condizione del “vampirismo” provata da chi la aveva contratta. Le meccaniche di gioco risultavano facili da apprendere, in quanto basate su una serie di dadi a dieci facce da tirare per superare una soglia limite base e immodificabile; seguivano poi una serie di condizioni che simulavano l'”esperienza vampirica”, come il “Livello di fame” e le “Discipline sovrannaturali”, sorta di poteri attivabili tramite il sangue. Ma il parametro più importante, che doveva generare nella mente degli autori la spinta conflittuale e psicologica era il “Livello di umanità” , un numero che una volta esaurito, in seguito a scelte particolarmente crudeli o dissennate, avrebbe portato il personaggio del giocatore a diventare una pedina nelle mani del Narratore, capace di reagire solo alla fame. Il contesto psicologico del gioco è dunque quello di una inattesa umanità del mostro carnefice, che per poter continuare a dare un senso alla propria “esistenza”, ma anche alla propria “sopravvivenza” deve bilanciare la propria fame e la propria restante umanità. Oltre a questo, si inseriscono tematiche politiche di potere e di segregazione urbana: il vampiro rimane pur sempre un essere braccato, in una giungla urbana di luci sempre più intense; motivo per cui deve avere a disposizione un'anti-società di pari con le proprie leggi e i propri territori. Così, in una parodia ed esagerazione, a tratti stereotipizzata di elementi subculturali contemporanei (punk e goth perlopiù), occorre che il giocatore decida un'affiliazione a un clan (una affinità di sangue che offre vantaggi socio-politici e poteri differenti), cioè a un sistema di spartizione del 152Autrice importante è ad esempio Anne Rice, il cui esordio “Intervista col vampiro”, poi trasposto in un lungometraggio nel 1994, dà nuova linfa vitale alla figura gotica del vampiro, inserito nella cornice urbana decadente della New Orleans post- moderna.

153Applecline vol.3: 12.

154Ivi: 370 155Rein-Hagen, White Wolf Publishing, 1991: 6.

62 territorio di caccia agli umani, che sia compatibile con il metodo che, da secoli, i vampiri utilizzano per mimetizzarsi fra la folla dei vivi, la “Masquerade”: regole di uno statuto formale che sanzionano chi si espone troppo e proteggono le attività di una minoranza, comunque minacciata dalla maggioranza della razza umana156. Il vasto successo iniziale, sarebbe stato rafforzato, successivamente, dall'uscita di regole per condurre giochi di ruolo dal vivo, senza schede e dadi, interpretando i propri personaggi, anche in costume e gestendo le singole prove tramite segni manuali o sistemi visivi: il cosiddetto “Mind's Eye Theatre” (1993)157, uno dei primi esempi codificati di Live Action Role-play. Con un'ovvia mossa commerciale Rein-Hagen seppe sfruttare anche altri elementi orrorifici e tropi letterari di contorno e fu semplice fare uscire manuali base per nuove reinterpretazioni di creature folkloriche europee o mostri dell'immaginario mondiale: “Werewolf: The Apocalipse” (1992), “Mage: The Ascension” (1993), “Wraith: The Oblivion” (1994), “Changeling: The Dreaming” (1995), tutti corredati dalla stessa idea totalizzante di immedesimazione, con bellissimi artwork e accattivanti descrizioni158.

Saturazione e produzioni indipendenti: dal XXIº secolo in poi

Nel 2003 la Wizards lanciò sul mercato una rivisitazione della Terza Edizione, chiamata usando una terminologia informatica del software, “3.5 Edition”. Al suo interno non erano presenti modifiche sostanziali al Sistema di Riferimento della OGL, tuttavia la nuova linea editoriale generò un buco produttivo e una caduta economica notevole in tutti i piccoli produttori di espansioni che avevano fatto uso della precedente versione159. Molti volumi rimasero invenduti e, sebbene la Wizards fosse già in grado di pensare a manuali accorpati di contorno da vendere con la classica trinità essenziale, alcuni collaboratori freelance dell'azienda, decisero prima di puntare alla sola edizione autonoma di magazine ufficiali e poi, direttamente, alla produzione di materiale ludico separato dal franchise di D&D, ma comunque utilizzando un sistema regolistico “a dado a 20 facce”(d20 System). La 3.5 Edition rimase nella storia come una delle più redditizie, complesse e iconiche edizioni su cui la Wizards abbia mai lavorato, prima di perdere terreno

156Ivi: 67-80.

157Una delle ultime edizioni è “Mind's Eye Theatre: The Requiem” White Wolf Publishing, 2005.

158Molti anche gli “splatbook” di ambientazione che aggiungono profondità storica e narrativa, come “Vampire: Dark Ages” (1996; 2002), con setting alto-medievale (XIIº secolo ca.).

159Applecline 2014 vol.3: 171-174.

63 per colpa di numerose scelte di marketing sconsiderate che portarono alla nascita della Quarta Edizione (2008) e alla fine della OGL libera che gli editori avevano conosciuto. Il controllo serrato delle pubblicazioni da parte della casa, un sistema di combattimento pensato per emulare la strategia frenetica dei coevi videogiochi di ruolo e la presenza sul mercato di avversari più intelligenti dal punto di vista commerciale, lasciarono D&D per un po' nell'oblio e nella confusione di prodotti splatbook che ancora giravano fra i fan della 3.5160. Uno di questi avversari era la Paizo Publishing161, che raccolse l'eredità del Fantasy Role-play, sfruttando la OGL (classi base, allineamenti, razze, incantesimi e meccaniche di gioco) in maniera creativa, correggendo e limando alcune caratteristiche incompatibili di D&D 3.5, producendo uno stile grafico originale e accattivante e un'ambientazione ricca e in costante evoluzione all'interno dei volumi di “avventura sequenziale” (denominati “Adventure Path”: letteralmente percorsi di avventura), che ricordavano da vicino i vecchi moduli dell'età d'oro della TSR, alla fine degli anni'70. Nacque così, con sito internet informativo annesso162, il mondo di “Golarion”, ambientazione che avrebbe accolto i manuali base del nuovo gioco, ideato da Jason Bulmahn, “Pathfinder” usciti in occasione della GenCon Indy 2009 (Applecline 2014 vol.4: 222). Le regole base, uguali a quelle di D&D 3.5 (fu chiamato ironicamente D&D 3.75), erano state tuttavia ottimizzate, per rendere ogni esperienza di gioco e ogni scelta interessante, perché l'autore riteneva che la confusione nella scelta di un percorso lineare di progressione fosse impossibile, data la mole sueprficialmente soverchiante di informazioni aggiuntive, regole opzionali, versioni di setting (Forgotten Realms, Dragonlance, ecc.). Jason proponeva unicamente Golarion (un universo fantastico ispirato all'high fantasy di Greenwood), con un database online in continua espansione per riferimento, la possibilità di acquistare PDF, anziché il solo supporto cartaceo e la futura edizione di Adventure Path ben curati, che potessero fungere da spunto per i Dungeon Master e i giocatori (Ivi: 223,224). Dal 2010 , al 2018, un lasso di tempo lunghissimo per l'industria culturale del gioco di ruolo, Pathfinder fu ristampato e aggiornato tre volte, espanso notevolmente e la Paizo Publishing puntò alla vendita di gadget come dadi personalizzati, mappe e plance da gioco cancellabili, set di miniature e schermi del Dungeon Master, aggiudicandosi in breve una sorta di nuovo predominio sul mercato di ruolo mainstream americano ed europeo163 (nel 2010 fu stampato in Italia dalla Wyrd Edizioni e dopo il 2011 ristampato dalla Giochi Uniti). Almeno finché la Wizards, tra il 2013 e il 2014, a seguito di uno stillicidio di personale creativo (tra i tanti

160Applecline 2014 vol.4: 404 e 409,410.

161Fondata originariamente da Lisa Stevens nel 2002 come editrice dei magazine Dragon e Dungeon di D&D (Ivi: 205-208).

162Golarion Insider, replicato in Italia tramite una Wiki di dominio pubblico: https://golarion.altervista.org/wiki/Pagina_principale consultato il 26/09/2019

163Applecline 2014 vol.4: 225; 227,228.

64 che se ne andarono vi furono Jonathan Tweet e Monte Cook, designer della Terza Edizione e della 3.5164), non decise di risalire dalla disastrosa china in cui era sprofondata dopo la Quarta Edizione. Un gruppo di designer rimasti, si impegnò a proporre una versione completamente rinnovata di D&D, alla luce delle evoluzioni culturali del settore, che ormai privilegiavano un comparto regolistico semplice e ridotto all'osso, per esaltare al massimo la parte interpretativa ed esplorativa165 (anche per influenza di meccaniche alternative di design fiorenti nelle produzioni indipendenti del periodo). Il gruppo capitanato da e Chris Perkins, si mise al lavoro prima su una serie di avventure introduttive con le regole base ancora in fase di playtest166 e, successivamente, grazie al finanziamento e all'approvazione della Hasbro, uscì nel 2014 la Quinta Incarnazione del capostipite di tutto il genere. Vennero implementate nuove regole risolutive, sempre nell'ottica del “dado a venti facce”, ma con una disambiguazione notevole per la risoluzione di situazioni incerte, in cui è sempre concessa al Master la possibilità di assegnare Vantaggi o Svantaggi167, ottenendo così un controllo formale notevole sulla difficoltà delle situazioni in gioco, in vista di una maggior concentrazione sulla narrazionee l'interpretazione del personaggio a scapito della massimizzazione dei valori matematici. Le classi base dei personaggi, in linea con la politica di Pathfinder sono state ottimizzate e hanno ottenuto una particolarizzazione “a specializzazioni” (detti nel manuale originale “Path”, percorsi), così da ridurre la concentrazione vertiginosa di combinazioni che la 3.5 permetteva, rendendo la scelta di un avanzamento assurdamente complessa. Sembra che si volesse, a tal punto, suggerire un ritorno alle origini, che in una delle appendici (la E, per la precisione) compare una lista di romanzi e letture di ispirazione per la costruzione di scenari di avventura, proprio come nell'edizione Advanced curata da Carr e Gygax168. Dal versante pubblicitario, si può sicuramente affermare che la Wizards e il marchio D&D non abbiano mai avuto grossi problemi e lo si evince anche e soprattutto dalla costante attività di promozione che canali Youtube169 e Twitch170 fanno tramite il “Gameplay in live”, ossia la messa a disposizione gratuita di

164Applecline 2014 vol.5: 93.

165La cosiddetta OldSchoolRevival (OSD), cioè una tendenza editoriale alla ricerca di elementi meccanici di semplificazione, in riferimento costante agli esempi di prodotti originariamente avversari della TSR (Tunnels&Trolls, ad esempio) e di grafiche e toni vintage. Si veda in particolare il blog: http://geekpreacher.org/theology/old-school-revival/ che la collega anche a tematiche socio-culturali. Consultato il 27/09/2019.

166https://www.reddit.com/r/rpg/comments/2l69tp/ama_mike_mearls_codesigner_of_dd_5_head_of_dd_rd/ consultato il 27/09/2019.

167In termini procedurali: occorre lanciare due dadi a venti facce e scegliere il risultante valore minore in caso di Svantaggio, il valore maggiore in caso di Vantaggio. (“Player's Handbook” Wizards of the Coast, 2014: 173).

168Ivi: 312.

169Su Youtube, uno dei più famosi canali di gameplay di ruolo è lo statunitense”” a cui partecipano attori e doppiatori come Matthew Mercer, che veste generalmente i panni del Master: https://geekandsundry.com/critical-role- episode-55/ consultato il 27/09/2019.

170Twitch è invece una piattaforma di streaming live, che consente una diretta fluida di più eventi, divisi per categorie e fra queste compaiono anche le sessioni ufficiali del canale di D&D: https://www.twitch.tv/dnd consultato il 27/09/2019.

65 streaming, attraverso piattaforme web, di intere sessioni di gioco di ruolo analogico, che in questo caso diventa spettacolo puro, senza copione o scrittura, molto spesso con attori, doppiatori o gli stessi sviluppatori del gioco (come Chris Perkins171). Il formato di intrattenimento mediale tramite live o contenuto video social ha avuto origini statunitensi a seguito dell'ufficializzazione di canali Youtube e Twitch (la cui pervasività e distribuzione raggiunge tuttora livelli impressionanti) per diventare, in effetti un prodotto diffuso e facilmente replicabile, anche con dichiarati fini di promozione commerciale o culturale. Il canale “Geek&Sundry”, nato come piattaforma di condivisione e intrattenimento tramite collaborazione di più personalità dello spettacolo, come Felicia Day e Wil Wheaton offre una produzione di video curati e montati con una profusione di mezzi non comuni per un utente e autore di video su Youtube, su tematiche diverse all'interno della cultura del divertimento e del gioco da tavolo, anche se non mancano incursioni in ambito digitale: il format senz'altro più curato, resta quello del gioco di ruolo analogico con due serie di successo internazionale come “Tabletop”, condotto da Wil Wheaton con ospiti a rotazione e “Critical Role”, condotto da Matthew Mercer e sceneggiato in collaborazione con “Wizards of the Coast”, anche se venivano utilizzate inizialmente le regole del gdr Pathfinder, fino all'uscita della Quinta Edizione di D&D. Il progetto portante, sin dall'inizio, fu quello di portare contenuti di alta qualità e ammiccanti a un pubblico di giovani e adolescenti tramite nuovi formati, per sfruttare la perdita generale di attrattiva che televisione generalista e on-demand stanno tuttora attraversando e cavalcare la fama culturale di scenari prima lasciati al margine della cultura del tempo libero mainstream (ci si riferisce genericamente al mondo della cosiddetta estetica Nerd e Geek172, appunto), ora assurta a una discreta fama grazie ad influenze esterne come serie-TV (“The Big Bang Theory”, “The Guild”) o prodotti a essa correlati (fumetti, videogiochi, gadget). Ciò che la Wizards ha imparato e messo per iscritto, aumentando considerevolmente le proprie entrate, era stato già immaginato altrove, come una rivisitazione del gioco di ruolo come opera di ingegno e vera e propria creazione narrativa dal notevole peso artistico ed esperienziale. Nei primi anni 2000, gli appassionati del gdr avevano a disposizione i primi forum online, “iper-luoghi” adatti ad accogliere discussioni teoriche abbastanza accese ed elaborate tecnicamente, sullo svolgimento del role-play e della gestione delle regole o della creatività nel gruppo (una forma scritta e facilmente raggiungibile di capitalizzazione culturale che forse suggerirebbe, scavando, una logica di differenziazione sociale,come suggerirebbe pragmaticamente Bourdieu173) e in uno di questi (rec.games.frp.advocacy, chat iniziata nel maggio del 1992, nell'ormai chiuso Usenet174) vengono discussi modelli di costruzione dell'esperienza di gioco reale nel gdr analogico. Una delle più famose teorie è la “Threefold Model”, ovvero il ritenere che 171https://comicbook.com/gaming/2019/02/01/critical-role-chris-perkins-cameo-dungeons-and-dragons/ consultato il 27/09/2019.

172

173 1984.

174 http://www.darkshire.net/jhkim/rpg/theory/rgfa/ consultato il 27/09/2019.

66 ogni gioco sia teso a raggiungere attraverso l'interazione dei partecipanti o pratiche Narrativiste, o Gamiste o Simulazioniste (sono sistemi classificatori emici, che tuttavia vengono usati anche da specialisti e accademici del gioco, Zagal e Deterding 2018: 191-212). Le prime indicano ovviamente la tendenza a favorire il gioco sequenziale e narrativo, per il piacere di seguire un intreccio e partecipare alla sua costruzione. Le seconde si concentrano su un piacere legato allo sfruttamento delle regole di un sistema di gioco, per quanto facile o complesso possa essere; di solito chi privilegia questa tendenza, ama anche i giochi strategici, secondo gli autori del thread . Le ultime pratiche invece sono attente alla riproduzione fedele di uno scenario, all'immersione totale, alla verosimiglianza del gioco. Dal forum di Usenet, le discussioni si spostarono su un secondo forum, “indie-rpgs.com”, più grande e assai più frequentato, per tornare a discutere di teorie di design, in un periodo di forte fermento, dovuto principalmente alle vendite della Terza Edizione di D&D e alla diffusione dei prodotti legati alla OGL. Sul sito vi era anche la possibilità di promuovere il proprio gioco per le case più piccole e anche per i singoli utenti. Ron Edwards, designer, già professore di biologia, decise di formalizzare le teorie creative sul gdr analogico in un modello chiamato “The Big Model”, per dare una cornice interpretativa utile a qualsiasi collega volesse avvicinarsi all'edizione di giochi alternativi e decise di farlo prelevando materiale dai vecchi siti e aprendo un suo forum su “The Forge”, divenuto in breve tempo una sorta di oracolo e tappa obbligata per l'amante dell'Indie-rpg (Indipendent role-playing game)175. Il Big Model è un'istantanea stratificata del gioco di ruolo: la sessione di gioco è prima di tutto costituita da un ambiente sociale in cui si stipula un contratto (Social Contract), in esso si possono sperimentare decisioni condivise, che dirigono l'azione narrativa (Exploration), in base alle esigenze dei singoli giocatori in dialogo e in conflitto (Creative Agenda). Questi sono tenuti a seguire regole codificate, ossia metodi di risoluzione (Techniques), dichiarati e negoziati costantemente nella sessione empirica, che si svolge anche secondo logiche non formalizzata (Ephemera)176. Emerse una concezione del gioco come interazione e sovrapposizione di parti in dialogo (generalmente non conflittuale) che condividono “agende culturali”, ossia modi di fare e sperimentare le logiche del divertimento, in linea con una consapevolezza di appartenenza a un “micro-gruppo” interattivo (o almeno così lo chiamerebbe Fine177) e questa teoria piacque molto alle piccole case editrici in competizioni con il mercato della grande distribuzione. Aspettavano solo una spinta alla sperimentazione di nuovi metodi creativi per condurre le partite, aumentare o diminuire il conflitto o la collaborazione, distribuire più o meno autorità a Master e giocatori alternativamente, decidere collettivamente gli esiti di un'azione oppure gestire le risorse di un intero scenario. Le meccaniche furono decostruite e ridotte, come col sistema Diceless o si optò a volte per la totale assenza di un Master178. 175 Zagal e Deterding 2018: 197,198.

176 Zagal e Deterding 2018: 198.

177 2012.

178 Applecline 2014 vol.4: 408,409.

67 Tra i titoli più famosi e influenti, è bene ricordare sicuramente “Fiasco” di Jason Morningstar (2009), che sperimenta un'autorialità diffusa in cui i giocatori possono descrivere le premesse o i risultati di una disastrosa impresa illegale, ispirata da film tragi-comici americani (come “Burn After Reading”)179 e “Fate”, che è, in realtà, un Sistema di gioco “generico”, ma che semplifica al massimo le regole risolutive e la caratterizzazione dei personaggi, tramite aspetti descrittivi e non numerici (tramite il lancio di quattro dadi a sei facce speciali con soli due segni, un + e un -, corrispondenti a bonus e malus, e la somma di eventuali fattori circostanziali); negli anni ha avuto un gran numero di espansioni e “splatbook” d'ambientazione (fantascientifica, fantasy, pulp, ecc.)180. Tali prodotti trovarono una facile collocazione nel mercato del gdr online, grazie ai siti di distribuzione nati dopo l'avvento del “d20 System” come “DriveThruRPG”, il quale permetteva l'acquisto in PDF e la possibilità di stampare il manuale solo su richiesta (il PrintOnDemand, POD), con una contrazione notevole dei costi. Notevole diffusione, a seguito della sua introduzione nel 2009, anche il metodo di finanziamento indiretto di “Kickstarter” che segue una logica di “crowdfunding” (si veda l'interessante capitolo sull'economia del e nel gdr di Knowles e Castronova, in Zagal e Deterding 2018). La sperimentazione anglosassone ha avuto anche strascichi in Scandinavia, in cui già da tempo il gdr analogico aveva attecchito e continuava a riscuotere successo, senza le eccessive condanne sociali suscitate altrove181. Qui, sin dai primi anni '90, aveva attecchito un modello di gioco molto più interattivo ed emotivamente connotato che altrove. Era legato a doppio filo alla sperimentazione teatrale e si avvaleva di interessanti combinazioni di letteratura, cultura popolare, teoria sociale e meccaniche di gioco estese (come il Mind's Eye Theatre della White Wolf). Nel corso di numerose Convention di appassionati chiamate Knutepunkt ( Knutpunkt in svedese e Salmukohta in finlandese), che ogni anno cambiavano locazione e producevano immancabilmente un volume di riflessione e raccolta di idee espresse nei workshop, vennero ideate collettivamente e messe alla prova con sessioni Live, teorie onnicomprensive sul gioco di ruolo in generale e sul gioco di ruolo dal vivo in particolare. Furono codificate e raccolte attorno al nome di “Scuole” (la “Turku school” di Mike Pohjola, ad esempio, sottolineava l'importanza dell'immersione e della simulazione realistica e la “Meihlati school” di Stenros e Hakkarainen, che offriva una descrizione illustrativa del gioco di ruolo per come è e non per come dovrebbe prescrittivamente essere182). Le teorie del cosiddetto “Nordic LARP”, tuttavia, non interessarono troppo il mondo del gioco di ruolo da tavolo, anche se molti “Indie-rpg” vennero prodotti e consumati nell'ottica sperimentale che ispirava quel

179 Ivi: 300-302.

180 Ivi: 310-312.

181 Anzi, in “Role playing as a leisure activity: Report from the Swedish National Board for Youth Affairs” (Leif Linde, Stockholm, 1997), viene mostrato come tale attività sia perfettamente integrata nel tessuto sociale e trovi gli spazi necessari per poter proliferare.

182 Zagal e Deterding 2018: 199,200.

68 mondo, ma le vendite maggiori furono sempre registrate dai prodotti mainstream fantasy, fantascientifici o horror, come dimostra chiaramente un censimento diffuso online183, per quanto riguarda il mercato italiano, che, sicuramente rimane affine e similare all'andamento del mercato e del consumo di oltreoceano184, soprattutto in relazione al cambiamento che sta subendo il gioco di ruolo online, con la creazione di nuove piattaforme e interfacce per gestire sessioni a distanza, anche fra perfetti sconosciuti; sistema che, almeno in teoria, sconvolge la concezione comune di gioco di ruolo “analogico”185 (in assenza di elementi digitali o solo con una presenza marginale di sistemi di comunicazione sincrona e di messaggistica, come Skype o Whatsapp).

183 https://imbrattabit.wordpress.com/2013/06/28/penpaper-rpg-italian-market-italian-role-gamers-part-37/ , da GDR zine, consultato il 27/09/2019.

184 I numeri di vendita e utilizzo dello streaming sono notevoli, per il solo D&D: https://www.syfy.com/syfywire/dungeons- dragons-had-its-biggest-sales-year-in-2017 consultato il 27/09/2019.

185 Una delle più famose piattaforme interattive online è “Roll20”, la cui utenza è consistente: https://dungeonvault.com/how- many-dnd-players-are-there-worldwide/ consultato il 27/09/2019.

69 3 Stato dell'arte

Prospettive principali di studio sul gioco di ruolo analogico

Dopo aver definito in maniera sintetica il fenomeno da indagare e averne fornito un'estesa storia culturale nell'Occidente europeo ed americano, sarebbe opportuno procedere con uno spoglio della principale letteratura di studio sul gioco di ruolo “analogico” o da tavolo. Data la notevole transmedialità del fenomeno, all'interno degli spazi socio-economici della contemporaneità (produzione, comunicazione, vendita, consumo di prodotti culturali e simbolici), con l'abbondanza di richiami che i prodotti cartacei come i manuali operano su videogiochi, letteratura popolare e produzioni cinematografiche (fra le altre), esistono ricerche qualitativamente e quantitativamente differenziate che occorre tenere presente. Ritengo funzionale alla trattazione,in base all'esperienza maturata nel corso della raccolta del materiale bibliografico e del lavoro di campo, dividere gli studi in filoni, in base al grado di formalizzazione accademica, al modo in cui gli studiosi sono coinvolti nel fenomeno stesso e alla provenienza settoriale, partendo da una centro di “esperti”, fino a una base di insider e consumatori-produttori di contenuti (prosumers). A dispetto di una evidente particolarizzazione geografica, dovuta soprattutto, ma non solo, a una evoluzione storica scaturita in ambiente socioculturale americano, anglosassone, economicamente legato alle preferenze di un ceto medio borghese aggregato localmente in “microgruppi di interesse” (con tematizzazioni sottoculturali, o addirittura controculturali, per certi versi) e poi sviluppatasi commercialmente come prodotto di esportazione venduto, rielaborato ed apprezzato in tutto il mondo (con una netta prevalenza all'interno della sfera di consumo euro-americana), non mi cimenterò in comparazioni che non ritengo utili ai fini di una ricostruzione fenomenologica e simbolico-culturale dell'oggetto in esame. La sintesi da me prospettata (di monografie, volumi collettanei e articoli scientifici; di volumi di narrativa e di divulgazione) si sviluppa, principalmente, in: ricerche condotte da scienziati sociali o altri specialisti

70 di provenienza etno-antropologica o sociologica, che impiegano metodologie sia qualitative (etnografia, etnometodologia, focus groups, interviste mirate), che quantitative (sondaggi, demografia dei giocatori, interviste strutturate). Ricerche psicologiche, ad ampio spettro di natura socio-psicologica. Ricerche accademiche di narratologia, critica letteraria e sociologia culturale. Ricerche collettive e gruppi di studio, formati da accademici e specialisti del settore del game design, della ludologia (game studies in area anglosassone), studiosi di performance ed esperti di marketing e comunicazione, spesso strutturate in riviste o archivi digitali periodici.Studi storici (storia sociale del gioco) o di sociologia culturale curati da non accademici e scritti per fini divulgativi tramite case editrici indipendenti.Riviste, fanzines di settore, storie e racconti di esperienze personali (fiction); editoriali all'interno di manuali e/o siti web (dotati di forum, oppure rubriche) di appassionati che si rivolgono principalmente a un pubblico non specializzato di fan (fandom).

Studi socio-culturali sul gioco di ruolo in Italia

Partirei, pertanto, da un excursus sugli studi accademici italiani che hanno lasciato in eredità spunti di riflessione importanti sul gdr. La quantità di ricerche sociologiche è scarsa e concentrata soprattutto in una determinata fascia temporale, (cioè gli anni dal 1990 alla prima decade del 2000), ma, certamente, tra gli studi italiani fondamentali occorre ricordare quelli di Marcello Ghilardi e Ilenia Salerno (2007), il breve saggio teorico di Fabio d'Andrea (1998), le ricerche di sociologia culturale applicata a sottoculture urbane e giovanili dei gamers di Luca Giuliano (1991; 1992; 1993 1994; 1995) e le collaborazioni editoriali di un giornalista, allievo di Giampaolo Dossena , i cui impegni e la cui esperienza vengono tuttora riconosciuti in ambito sociologico e ludologico186. Gli ultimi due soprattutto, hanno contribuito attivamente, nel corso degli anni, alla promozione di una cultura del gioco narrativo, intelligente e impegnato: Giuliano ha all'attivo la creazione in collaborazione con altri designer di svariati giochi di ruolo, a sfondo sociale o storico ( I cavalieri del tempio, 1990, 2005; On stage!, 1995; Sogno di una notte di mezza estate, 1996; Pantanella Shish-mahal, 1996; CYB: gioco di ruolo in un lontano futuro, 1997; Inventare destini-i giochi di ruolo per l'educazione, 2003) e una frequente collaborazione con testate di informazione settoriale online (come Gioconomicon o la testata del Festival del gioco e del fumetto di Lucca) per la divulgazione del mondo sottoculturale del gdr, sia analogico che digitale. 186 : vedasi l'importante curatela del “Dizionario dei giochi”, 2010, ed.Zanichelli, tra cui, ovviamente la voce “gioco di ruolo”.

71 In effetti, è proprio a partire dalla seconda metà degli anni '90 che si assiste in Italia, alle prime avvisaglie della diffusione di quel sottile panico morale, dapprima allacciato al consumo di videogiochi da parte di fasce sempre più giovani di popolazione, poi confluito nel sospetto generico verso tutto ciò che potesse avere a che fare con culture o “sottoculture del tempo libero” di chiara origine britannica o statunitense (miniature, war games, libri game, giochi di ruolo), rinforzato da operazioni di lettura fuorvianti su fatti di cronaca incresciosi (come il suicidio di un adolescente a Spinea, nel 1996, collegato alla sua passione per gdr dal vivo e il lancio di pietre da un cavalcavia a Tortona, sempre ad opera di giovani giocatori), a cui i media risposero a fasi alterne e con diversi atteggiamenti (citare testate), ma sempre tirando in ballo un nesso causale tra consumo di giochi di ruolo, scarsa autostima, violenza sociale, oltre e ideazione suicidaria. Ovviamente, i magistrati dei tribunali coinvolti nei casi decisero di non associare alcun nesso causale, anche se il danno d'immagine fu comunque disastroso per la comunità e il mercato italiano in crescita. A tal proposito, con un movimento prima nato dal basso, dalle singole realtà aggregative (specie del Veneto e della Toscana: vedasi il collettivo online ancora operativo gdr2.org e il sito treemme.org) e successivamente allargatosi sulle riviste specializzate come Agonistika News, ZZAP!, a convegni e contro-articoli informativi si adoperò per riscattare un'attività legitttima. La tesi sostenuta dall'”accusa” sarebbe stata che la totale immersione in fantasie violente e autolesioniste (il ragazzo di Spinea giocava a Killer! gioco dal vivo in cui i partecipanti, in contemporanea, vestono i panni di assassini e vittime designate, un po' come in un “acchiapparello” dai toni adulti), avrebbe portato i ragazzi, ancora in età critica, a compiere avventatezze. La versione finale poi ponderata dai giudici è stata che in entrambi i casi ci potessero essere cause ben più serie da prendere in considerazione. Il compito di chi lavorava, scriveva o comunicava i giochi di ruolo attraverso stampa e televisione (e in un certo senso partecipava ad essi con entusiasmo) fu dunque, per molto tempo, la normalizzazione dell'opinione pubblica e la tendenza didascalica a semplificare questioni socialmente e culturalmente assai più complesse. Giuliano, nel suo “I padroni della menzogna”, compie dunque un tentativo nobilitante, che collega i giochi di ruolo alle sedute di terapia collettiva, ideate da Jacob Moreno187 e introduce il gioco di ruolo come un'occasione importante di crescita personale ed educazione, facendo leva sulle sperimentazioni pedagogiche da lui portate avanti tramite On stage! . Su un versante già più speculativo e teorico, si trova il volume di D'Andrea, che parte da una cornice filosofica, costruita du classiche e autorevoli fonti che hanno trattato le pratiche ludiche, per definire il “gioco” (cita Caillois, Huizinga, Carse e Moreno) come categoria fluida, caratterizzata da una sostanziale “non finitudine” e alla nascita del gioco di ruolo come effetto di una propagazione mondiale per una dimensione di esperienza che esaltasse la soggettività umana. Essa si articolerebbe in una serie di segni, simboli e pratiche di riconoscimento (il tiro dei dadi, la compilazione delle schede, l'avanzamento del personaggio), che vanno a costituire una “esperienza significativa”, al di fuori della monotonia esistenziale della vita contemporanea: è un

187 Si rimanda al capitolo 2.

72 tentativo di analisi peraltro interessante e inusuale, forse poco strutturato, ma sicuramente innovativo. Con il volume del 2003, “Inventare destini”, invece, ha luogo una retrospettiva sociale sui consumi di prodotti ludici tra il 1990 e il 2000 e una valutazione positiva delle esperienza ludico-teatrali (vedasi il capitolo curato da Sidoti, “Mondi al congiuntivo. Come e perché il gioco di ruolo”: buona definizione, già più curata e calata nelle pratiche , di quali differenze sussistano tra una pièce teatrale partecipativa à la Boal per il cosiddetto “Teatro degli oppressi” e una sessione di Dungeons&Dragons, in cui a contare sono assai di più le regole costitutive e la strategia dedicata al problem solving; situazioni utili anche per un approccio efficace all'educazione e alla formazione continua. “Giochi di ruolo. Estetica e immaginario di un nuovo scenario giovanile”, esce nel 2007, anno senz'altro importante per il mercato del gioco di ruolo internazionale, dato che (come già menzionato nel capitolo 2, inserire pagina) vengono stampate le prime copie di Pathfinder, “clone” autorizzato di D&D che, nel frattempo, si rinnova in una Quarta Edizione (come tanti altri gdr mainstream, seguiti da una fioritura di giochi indie) e raccoglie i grossi fatturati della Edizione 3.5 che ha all'attivo decine di manuali. Sugli scaffali delle librerie e delle ludoteche non mancano dunque prodotti e l'hobby ha conosciuto una notevole espansione sociale. Il saggio, scritto a quattro mani da ricercatori di filosofia, interessati all'ambito ludico come traduttori e pedagogisti, ha avuto modo di fare proprie molte considerazioni pregresse, come l'importanza della contestualizzazione storica ed economica dei fenomeni socio-culturali (dove e come nasce il gdr? Come si può definire e cosa non lo costituisce? Quali sono state le sue evoluzioni? Attraverso quali media?), l'attenzione posta sui partecipanti e sul ruolo che il gdr ha nella società (se a nutrirlo sia un immaginario e quale sia), una buona cornice teorica che si aggancia a tematiche come l'attività immaginativa, creativa ed estetica (tipica non solo del gdr , ma comune anche a tutte le narrazioni) e la presenza di un capitolo interamente dedicato al lavoro etnografico di ricerca sul campo particolare della ludoteca (con interviste e osservazioni non partecipanti. Sebbene rivoluzionario in termini di contenuti e comunicazione, lo studio rimane sempre sulla eccessiva nobilitazione del fenomeno a scapito di una lettura più aderente alla trasformazione transmediale che in quegli anni avveniva e colpiva anche il settore in questione , in modi effettivamente molto originali e interessanti (come la costante contaminazione di cartaceo e digitale nel mercato videoludico e la crescente complessità e importanza data ai processi dell'industria culturale). Il discorso dominante che ha nutrito l'immaginario sui cosiddetti “nerd” (affetti da chiusura, scarsa attitudine sociale, settarizzazione degli interessi, segregazione sociale ed elitismo sessista , di cui si vedano i riflessi nelle ricerche già citate di Fine,1983) non viene scalfito tuttavia dagli studi specialistici italiani e permane per lungo tempo, sin fino al 2014-2015 circa, anno in cui le uscite di nuove edizioni di giochi storici e di punta come “D&D” e “Call of Cthuluh” coperte massicciamente da social media e diffusione capillare di nuove e più efficaci tecnologie infirmative come smartphone e tablet (che permettono la fruizione di contenuti audio-video e la lettura di manuali in formato pdf), aprono l'esperienza del gioco di ruolo da tavolo a nuove generazioni, maturate in ambienti fortemente

73 digitalizzati e riassorbono una “vecchia” generazione (che ha iniziato a giocare e acquistare prodotti nella seconda metà degli anni Ottanta) attraverso richiami pubblicitari nostalgici e meccaniche di gioco ammiccanti a vecchie edizioni (più legate all'esperienza dell'interpretazione di ruolo e all'esplorazione). Le possibilità comunicative del nuovo ambiente, unite a una mentalità più aperta e propositiva nei confronti della dimensione del “tempo libero”, permettono a rubriche social e pagine dedicate di fiorire e aggregarsi (si veda in particolare i forum GDR Italia, Io gioco di ruolo; le pagine Facebook “Sesso,droga e D&D” e Storie di ruolo, tra le molte). Si forma attorno all'interesse una vera e propria comunità partecipativa di giocatori-consumatori consapevoli della propria importanza, che cominciano a produrre materiale autonomamente e a inserirsi nei canali di comunicazione ufficiali per gestire un “gusto” in pieno sviluppo (si noti la presenza di canali Youtube dedicati alle recensioni, alla diffusione di opinioni e consigli come Harbrus DM, MasterKae e d20Nation e pagine social di recensori semi-ufficiali come Morgen-Gabe). All'interno di questo contesto si sono mossi autonomamente alcuni ricercatori sociali, appassionati giocatori e giocatrici ( collettivo online Donne, Dadi & Dati), che tra Aprile e Maggio del 2018, ha raccolto, tramite un questionario standardizzato, le opinioni di oltre quattromila individui giocanti solo in Italia, attraverso Facebook, circa la percezione delle pratiche ludiche e della discriminazione di genere all'interno della cultura del gdr. Lo studio fotografa una realtà in ascesa con il 54% di partecipanti in una fascia d'età che va dai 20 ai 30 anni compiuti, con una maggior componente maschile o che si identifica come tale (il 63% circa del campione), ma con una frangia femminile comunque consistente e in ascesa (del 33,4%). La maggioranza afferma di aver iniziato nel periodo cardine del 2003-2007 con giochi di ruolo “tradizionali” e di averli portati avanti. La discriminazione che compare fra le righe non è quella assoluta, che quasi tutti (circa il 93% del campione), non lamenta, ma in proporzione è maggiore nella fascia femminile (ben il 18,3%) e si esplicita in forme di gatekeeping, sessismo, omofobia e razzismo o abilismo, il che ci porta a riflettere come l'importanza attribuita al fenomeno sia in crescita e si assista alla collaborazione fra varie categorie di specialisti per un'osservazione più attenta e variegata, aperta anche all'analisi delle problematiche sociali interne. Del resto, studi qualitativi recentissimi come quello di Enrico Gandolfi (2015) sul consumo culturale del gioco in Italia, hanno già potuto mostrare come i complessi collegamenti tra consumo ludico e sentimento inclusivo/esclusivo sottoculturale, producano identità fluide che seguono gli sviluppi di vari settori e di varie medialità in tempo reale. In questi processi, viene a incunearsi una differenziazione sempre più netta fra chi ha potuto accumulare col tempo una mole di nozioni notevoli e chi dispone di uno scarso capitale culturale. Di un campione di 64 individui, tutti aventi relazioni strette con il gioco, si sono fatte tre categorie (giocatori, gatekeepers e istituzioni) e se ne è indagata la composizione, la tendenza ideale , le pratiche di consumo: la storia biografica di gioco ha un alto valore emotivo e sociale , specie fra i gatekeeper più anziani e le sue ramificazioni identitarie e sociali ricevono l'attenzione della maggioranza. Poi risulta chiaro come essi siano più interessati al medium ludico analogico e promuovano una cultura dell'indipendenza da un mainstream senitito come troppo vicino alla velocità del multimediale, anche se

74 il videogioco rimane un universo che tutti coloro che hanno a che fare con l'industria culturale del tempo libero devono tenere in considerazione per poter formare un'identità riconosciuta all'interno della comunità dei giocatori italiani.

Studi accademici sul gioco di ruolo di provenienza anglosassone

Il panorama specialistico italiano, seppur misero, ha avuto come precondizione essenziale gli studi sociali di settore statunitensi dei primi anni '80. Nel capitolo di introduzione al fenomeno, ho avuto modo di dare una collocazione storica e sociale alla nascita e sviluppo della comunità di giocatori, consumatori e designer di giochi di ruolo ed è possibile osservare una crescente attenzione mediatica a partire dalla fine degli anni '70: anni in cui (come abbiamo notato in Italia successivamente) sorgono alcune infondate preoccupazioni in seguito a fatti di cronaca nera poco chiari e inseriti in un circolo mediatico predatorio e ostile. Nel 1983 uscì la monografia del sociologo Gary Alan Fine (“Shared Fantasy: Role-playing games as social worlds”), scritta a partire dalle ricerche intensive sul campo condotte tra il 1977 e il 1979, ben prima del moral panic, di cui sopra. Ora, l'autore ha avuto una formazione sociologica abbastanza classica, con elementi di interazionismo simbolico, microsociologia ed etnometodologia , con una buona base di studi qualitativi all'attivo (v. Fine, 1976; Rumor and Gossip: The Social Psychology of Hearsay ) che pongono un focus specifico sugli aspetti relazionali all'interno di gruppi sociali ristretti, coesi dal punto di vista delle variabili anagrafiche e di genere e collocati in aree sociali informali (i gruppi dei pari, le squadre di baseball giovanili o, appunto, i gruppi di gioco delle prime ludoteche americane). La monografia è stata strutturata in base a tre propositi principali: 1. Descrivere una sottocultura urbana legata al tempo libero in cui 2. Capire se ci sia spazio per la formazione di sistemi simbolici microculturali e 3. Analizzare le relazioni implicite ed esplicite che questi sistemi intrattengono con la società nel suo complesso. Prima di procedere è bene soffermarsi su ogni punto per capire da dove parta Fine e quali siano i suoi

75 bagagli teorici. In primo luogo, viene circoscritto e catalogato un ambito, quello sottoculturale che già dalla metà degli anni '70 era stato studiato ed analizzato della scuola britannica di Birmingham, il Centre for contemporary Cultural Studies (in primis Hebdige, 1979), come riedizione e riappropriazione di un “concetto-scatola”, nato nella facoltà di sociologia e pianificazione urbana dell'Università di Chicago, come descrittore di fasce ghettizzate e criminalizzate all'interno della società urbana in piena espansione, tra la fine della Prima e la fine della Seconda Guerra Mondiale (prima gli studi di Burgess, Wirth e Thrasher e successivamente di Becker e Cohen). In questo caso vi si associava un generico valore di “devianza” o di “outsider”, quindi di lontananza normativa da un centro legittimo di produzione culturale, di creazione teorica di un soggetto-al-di-fuori di un interno giuridicamente retto. Hebdige, partendo da questa distanza, invece, ne valorizza e descrive un legittimo valore contro-culturale ed espressivo, con una codificazione complessa di stile e pratiche, trasmesse prendendo a prestito i simboli della realtà sociale circostante in inversione di significato e fine. Il senso teorico che vi applica Fine si colloca, in un certo senso, a metà fra i due (sebbene nella sezione bibliografica, il testo di Hebdige non sia citato, è assai improbabile che all'epoca della stesura non ne fosse venuto a conoscenza), in un'area di distanza teorica che tende idealmente all'oggettività nei confronti di una serie di pratiche che sembrano lontane dalla razionalità dell'”homo oeconomicus” americano bianco borghese e che, comunque cerca di comprendere (Verstehen), partecipando (v.Geertz, 1957 in bibliografia), scendendo in prima persona nel mondo delle “leisure activities”.Qui, secondo Fine, occorre capire se vi sia una stratificazione culturale di significato, se nelle pratiche, nei discorsi nelle enunciazioni che avvengono costantemente all'interno dei gruppi vi siano particolarità semantiche notevoli, osservabili, codificabili in identità precise e che rapporto vi sia fra esse e il tessuto sociale, le industrie della cultura da cui si riforniscono e a cui, magari contribuiscono, tramite pubblicazioni autonome non ufficiali (fanzines, auto-pubblicazioni). Le fasi dell'osservazione partecipante (in cui il ricercatore ha assunto il ruolo di giocatore e narratore alternativamente) sono state corredate da un'analisi goffmaniana, incentrata sul riferimento a tre cornici cognitive del gioco di ruolo fantastico: la cornice sociale che corrisponde al mondo delle relazioni sociali quotidiane, delle interazioni significative; la cornice delle regole, che viene sempre tenuta più o meno silente, fino a quando non si debba fare dei riferimenti al sistema con cui il gioco funziona e viene portato avanti ; la cornice della finzione, ovvero l'universo diegetico delle interazioni fra i personaggi creati tramite fantasia e regole, all'interno di un mondo immaginario (a volte anche estremamente complesso e profondo, come Tekumel di Barker v. pp. 123-152). Le cornici interpretative sono molto sottili e a volte si interpenetrano, come emerge, del resto in molte interviste, in cui l'universo creato dalla finzione narrativa viene raccontato in prima persona dai giocatori (a tratti anche con dettagli particolarmente crudi o sessisti), che psicologicamente vivono una interiorizzazione e identificazione delle scelte del personaggio , non schizofrenica, ma estremamente piacevole , chiamata da Fine “engrossment”: un essere assorbito cognitivamente, fisicamente ed emozionalmente nell'attività. Risultò dalle ricerche condotte che quella dei giocatori di ruolo americani della Golden Brigade di

76 Minneapolis e delle giovani Convention (Gen-Con era ed è tuttora una delle più importanti e si tiene ogni anno dal 1969) era una comunità abbastanza chiusa (sia dal punto di vista della composizione di genere che della composizione etnica), principalmente formata da giovani caucasici in età adolescenziale che raramente toccavano i 20-25 anni, legati da interessi comuni come la storia , le principali riviste di intrattenimento, i videogiochi nel loro albore e i giochi di società, che dava grande valore all'esperienza dei membri più anziani e con più esperienza e che rimaneva in contatto con fornitori e creatori di contenuti tramite magazines ufficiali (Dragon, Dungeon) e non ufficiali (Alarums&Excursions e altre fanzines). Il contesto di riferimento principale di questa sottocultura urbana era il sottobosco della produzione letteraria di Fantasy, Pulp e fantascientifica, che è stata ovviamente applicata all'interno dei mondi immaginari ideati per contenere le regole del gioco, che nelle idee dei loro creatori (Gygax e Arneson), sarebbe stata una naturale evoluzione in piccolo del gioco di simulazione bellica e, pertanto, privilegiava ancora un approccio strategico-procedurale al combattimento e all'esplorazione, lasciando poco spazio al dramma della scelta morale, nonostante il focus scendesse sul personaggio. Va ricordato anche che l'autore non si è limitato a illustrare il funzionamento del solo D&D, ma ha passato in rassegna giochi come “Traveller”, di ispirazione fantascientifica, orientato all'azione e all'esplorazione nelle meccaniche, e anche “Chivalry&Sorcery”; il terzo esemplare, invece è “Empire of the Petal Throne” a cui è dedicato un intero capitolo, dato che costituisce il perfetto esempio di gioco di ruolo che ruota sia come meccaniche, sia come grafiche, attorno all'ambientazione: un mondo immaginario complesso, verisimile e pensato inizialmente come base per una serie di romanzi, dal professore linguista M.A.R. Barker. In maniera quasi paradossale, quella che Fine trovò fu una riconferma della presenza di un clima conservatore, arroccato su interessi comuni abbastanza semplici, il cui ingresso veniva generalmente tenuto chiuso per determinate categorie e con molta protervia. Col tempo, soprattutto dopo il 1980, nelle intenzioni degli autori, notò Fine, vi fu la volontà di includer che avrebbe giovato certamente agli affari, attraendo clienti e utenti sempre più differenziati, conformemente al volume delle vendite (Fine usò un censimento di una rivista settoriale collegata alla TSR di Gygax, la Judges Guild Journal, che stimò una presenza femminile del 2,3%, in concomitanza con una simile del 3,8% alle maggiori Convention, anche se si auspicava una crescita del pubblico femminile, che si attestava tra il 1977 e il 1979 a un 10-15% di tutta la comunità di giocatori di ruolo). I lavori, gli articoli, le monografie che seguirono furono perlopiù indirizzati a chiarire lo svolgimento del gioco, a difenderne i giocatori e le valenze psicologiche e/o educative in base ad analisi psico-attitudinali di campioni di giocatori selezionati assieme a gruppi di controllo (v. Douse e McManus, 1993). Il fine ultimo fu sempre quello di stabilire quale fosse la tendenza emotiva dei giocatori e il loro grado di suscettibilità grazie a scale collaudate di valutazione (Karson e O'Dell,1976 per quanto riguarda la stabilità emotiva), con più conferme empiriche accumulate dai sostenitori, rispetto ai detrattori più accaniti(vedasi Simòn, 1987; Hughes, 1988; Carter e Lester, 1998, per uno studio di personalità neurotiche e suicidarie; infine per interazioni fra identità, persona ludica e persona sociale vedasi

77 Mulcahy, 1997, Waskul e Lust, 2003; e per finire uno studio psicologico esteso, ma non pubblicato ufficialmente di Yee, 1999 che fa uso di questionari e di scale della personalità per intoversione/estroversione , ma senza alcun gruppo di controllo). Si può osservare dunque nella bibliografia generale sul fenomeno dalla metà degli anni '80 fino alla prima metà degli anni '90, una tendenza all'analisi psicometrica e sociale tendenzialmente favorevole, ma poco attenta alle variazioni culturali che avvenivano sia all'interno del mercato del gioco europeo e statunitense, sia all'interno dei gruppi che andavano prendendo una forma identitaria sottoculturale ben distinta, sia di fronte a nuove categorie di giocatori e appassionati (trading card games, videogiochi e fantasy wargames) che seguivano l'avvento di nuove possiblità espressive dei media.

Specialisti adatti a un panorama variegato

La naturale espansione del mercato ludico che si appoggia sempre alla comunicazione dell'industria culturale , avvenuta nei primi anni 2000, ha portato esperti di marketing digitale, game designers, scienziati della comunicazione, sociologi, filosofi e accademici letterari a unire le menti per ritrarre la realtà del tempo libero all'interno delle società dell'informazione (v.Castells) in maniera più chiara, ma direi soprattutto più utile a fini commerciali, produttivi e teorici. Nascono così prospettive nuove e nuove direzioni di ricerca riconosciute a livello ufficiale per la loro importanza , come quella dei “Game studies”. Secondo la definizione di Frans Mäyrä (vedasi, Mäyrä, 2008, ) si tratta di studi interdisciplinari che coinvolgono sia discipline umanistiche come storia e studi letterari, sia discipline sociali come antropologia, sociologia, pedagogia e psicologia. L'attenzione è dedicata al “gioco” inteso come fenomeno culturale , come mondo semiotico complesso che intrattiene relazioni con ogni ambito della società e vengono auspicati metodi inclusivi per considerare sia aspetti interni (meccaniche, regole, estetiche, comunità di giocatori) sia esterni (contesto culturale ed economico). L'eterogeneità e l'ampiezza di oggetti potenzialmente indagabili tramite gli assunti della nuova disciplina, produssero nell'ambiente ludico una nuova coscienza collettiva: sia per quanto riguardava l'universo video-ludico, sia per quanto concerneva gli altri universi analogici del gioco: poteva finalmente essere portata avanti una serie di riflessioni impegnate e corroborate da approcci teorici validi e scientificamente significativi. I primi ad approfittarne furono i giocatori di ruolo scandinavi (in particolare in Finlandia e Svezia). Nel 2004, Mäyrä curò la prefazione di “Beyond Role and Play: tools, toys and theory to harness the imagination”, un volume collettaneo con contributi provenienti dall'intera comunità di giocatori di ruolo ufficiale finlandese in cui si inserirono a pieno titolo specialisti game designers e accademici di varia

78 provenienza. Oltre a fare pubblicità alla nascente facoltà dei Game Studies, venne portato avanti un discorso tecnico e specializzato sul gioco di ruolo (qui inteso anche e soprattutto come gioco di ruolo dal vivo o LARP, modalità che ha differenti realtà rispetto al gioco da tavolo, ma ne ha in comune alcune basi narrative e teoriche). Tra i contributi più importanti, conviene sicuramente citare l'analisi semiotica della narrazione di ruolo (Loponen e Montola), la fondamentale concettualizzazione del gioco all'interno di una cornice liminoide (Ericsson), le note sull'interpretazione e interiorizzazione del personaggio- maschera (Lappi) e quelle sulla costruzione testuale dell'esperienza di gioco (Stenros). Una parte interessante e innovativa è sicuramente rappresentata dalla sezione dedicata al gioco di ruolo come nuovo strumento educativo (Henriksen e Harviainen) e sul design di personaggi, ambientazioni, genere narrativo e stile (Stenros, Lankoski). Tutte tematiche riprese e ampliate nel successivo volume, edito in occasione della Decima Knutpunkt Convention ,“Role,play, art. Collective experiences of role-playing”, Aprile 2006: una conferenza annuale che si tiene sin dal 1997 in vari paesi scandinavi a rotazione e raccoglie tutte le opinioni, gli studi e le voci dal mondo del gioco di ruolo analogico , sia da tavolo, che dal vivo di quei paesi, da cui il termine Nordic roleplay e Nordic LARP . Lo stile e il formato decisamente più informali hanno permesso una partecipazione più ampia del pubblico e una collaborazione più stretta fra giocatori e specialisti su un terreno comune, per avere infine una prospettiva di insieme circa questioni come: qualità narrativa del gioco, creatività, teatralità ed espressività, esperienza e cognizione nel gioco. Da questa nascente area transdisciplinare e internazionale di studi, negli ambienti di gioco e delle convention scandinave ha avuto origine una serie di raccolte saggistiche e lavori sempre più complessi e impegnati su svariati aspetti del gioco di ruolo analogico, che, anziché perdere terreno di fronte all'avanzamento tecnologico del videogioco su console o pc, ha finito per rimanere una scelta condivisa da un nutrito pubblico (sia di affezionati che di nostalgici). Del 2001 è un testo che si sviluppa sui punti lasciati aperti da Fine circa le pratiche di gioco che sconfinavano in un certo modo nell'espressione di una personalità fittizia, tramite parametri fissi (scheda, manuali, regole). Daniel Mackay espande l'importanza teatrale del medium di gioco arrivando persino ad affermare che costituisca un'arte performativa a sé stante, avvalorandosi delle tesi della “performance come evento diffuso” sostenute da Schechner (1988) Mackay è convinto che il gioco delle parti costruito attorno alla divisione in compiti fra Narratore e Giocatori , l'uso delle regole e quindi di una costrizione scenica, la presenza di una sorta di copione (in realtà più simile a una traccia mentale supportata da brevi annotazioni e suggestioni), sia una forma di “teatro del destino” che confonde continuamente spettatori e attori in una serie di cornici narrative: dalla più ristretta e meno inclusiva (il sistema di gioco formato da regole e statistiche, la cornice narrativa costituita dal racconto del Master e da quello dei giocatori in dialogo costante in un universo verbale e comunicativo, la cornice teatrale della fictio vera e propria fatta dai personaggi all'interno del mondo di gioco e infine la cornice performativa che comprende tutto ciò che sperimentano i giocatori a livello individuale e le tipologie di azione che a turno esercitano Narratore e Giocatori). La partita viene vista dunque da Mackay come un sistema integrato di relazioni e comunicazioni che può avere il potere di re-

79 incantare l'esistenza personale dei partecipanti al pari di uno spettacolo teatrale, di un'opera d'arte performativa, appunto. L'esperienza collettiva della simulazione, del teatro, della finzione narrativa assumono ora un valore estremamente positivo che può portare a sperimentazioni inedite, indagate in volumi concepiti e scritti da designers per giocatori e colleghi (“Second Person: Role-playing and story in games and media”, 2007), col fine dichiarato di insegnare a produrre “scatole narrative” efficaci e accattivanti anche all'interno di videogiochi e nel settore videoludico in generale. Dalla stessa casa editrice, la McFarland (Jefferson/North Carolina), che ha edito anche Mackay, escono quasi contemporaneamente i saggi di ricerca di Sarah Lynne Bowman (sociologa) e di Jennifer Grouling Cover (studiosa di lettere) nel 2010. Dalla prima , “The function of role playing” prende il compito di chiarire che influenza abbia la pratica del ruolo sull'individuo. Partendo da una storia del roleplay come tecnica psicoterapeutica, Sarah cerca di trovare anche nella forma ludica le stesse tensioni catartiche e migliorative e le trova nelle caratteristiche che più risaltano durante le sessioni: la capacità di risoluzione di enigmi, lo spirito di squadra e l'immaginazione. Ogni gioco di ruolo da tavolo necessita di un'interazione costante fra più di tre individui , sia a livello strategico, sia narrativo-emozionale, costituendo di fatto un buon esercizio empatico. La funzione del roleplay inteso in senso generale e non più come lo intendevo in maniera clinica Moreno, diviene quella di esercitare facoltà utili nella vita di ogni giorno, se opportunamente considerate. La ricerca è corredata anche di un modello di questionario che l'autrice ha somministrato nei gruppi in cui ha preso parte al gioco. Jennifer Cover, partendo da un background letterario, sulla scorta dei saggi prima elencati compie una rivalutazione della capacità interattiva del medium: il gdr da tavolo non è semplicemente un racconto costruito da più voci la cui autorialità pende sicuramente di più dalla parte del Narratore, ma è bensì una costruzione interattiva (Punday “Creative accounting: roleplaying games, possible world theory, and the agency of immagination”, 2005) ed ergodica (Aarseth,1997), che si forma dialetticamente come interazione di più agencies ludiche su più livelli di astrazione ( ovvero le cornici di Fine, sviluppate da Mackay, ma prese da Goffman, il cui richiamo alla teatralità della vita sociale pubblica non può essere un caso). Questi intrecci narrativi vengono sviluppati dagli utenti a partire, spesso e volentieri, da materiale prodotto e già confezionato dall'industria culturale in formati diversi (media tradizionali come libri o film, ma anche testi interattivi, videogiochi), ma sempre e comunque con una appropriazione e risettorializzazione personale ( che è evidentissima nella interattività ludico-narrativa della sessione di ruolo, in cui il copione, scritto o non scritto, del Master, riceve modifiche e spinte dall'agentività narrativa di un pubblico-attoriale composto da giocatori con in mente un'interpretazione e un sistema di regole codificato). Le esperienze di anni di produzione e ricerca, gioco concreto e sperimentazione, portano prima all'inaugurazione, come per i game studies quattro anni prima, di una rivista specializzata che conferisce al campo degli studi sul gioco di ruolo (di qualsiasi tipo, non solo analogico) un'importanza accademica e

80 teorica mai avuta prima ( dal 2006 l'International Journal of role-playing ha fatto uscire nove numeri) , a cui hanno contribuito produttori e designers, studiosi sociali e di lettere, psicologi, antropologi e scienziati della comunicazione. Alle più importanti tematiche che sono state enunciate prima, nel corso dei numeri editi, ne vengono aggiunte altre grazie alle diverse prospettive, anche filosofiche, che vengono implementate nell'analisi delle realtà sociali e interattive che potenzialmente hanno luogo sia online che offline in contesti transmediali (a tal proposito si veda Harviainen e Tuomas, Issue-1 o Arjoranta, Issue- 2). Vengono esplorati anche i temi della differenza di genere e dell'identità (si veda White e si veda anche Curran, Issue-2) e le potenzialità immersive di vari formati di gioco (si veda Lankoski e Järvelä, Issue- 3), oltre che quelle più spiccatamente pedagogiche (si veda l'intero Issue-6 dedicato all'uso del gdr come ausilio educativo in vari ambienti scolastici). Nell'idea ufficialmente trasmessa nel sito della rivista viene indicata come mira quella di costituire un canale informativo stabile per una comunità in crescita e incredibilmente forte di specialisti e non (Knowledge Network) che possa essere utile a chiunque voglia approfondire tematiche, continuare studi intrapresi o fare ricerche personali o di gruppo. E appunto nel volume “The role-playing society: essays on the cultural influence of RPGs”, a cura di Andrew Byers e Francesco Crocco (2016), ci imbattiamo in una buona introduzione sul genere ludico che chiarisce cosa si intenda per gioco di ruolo fantasy, quale sia stata la sua storia editoriale, commerciale, culturale in breve e quali i principali lavori sul tema che possano chiarire molti aspetti anche a un pubblico totalmente ignaro: l'opera ha anche l'intento di avvicinare e divulgare. Vengono sia indagate le temperie culturali più recenti, sia quelle più datate (reazioni di vario tipo, dal preoccupato satanic panic all'apprezzamento degli effetti psicologici positivi riscontrati). Gli autori (vari e di varia formazione) dibattono anche sulle pratiche educative possibili, ne immaginano alcune, ne sperimentano altre e riportano le impressione proprie e degli alunni (vedasi Jonathan Bradley- “Do you want to be Dr. Frankenstein or Edna Pontellier? How getting into character enhances literary studies”, pp. 122-142) , sulle implicazioni politiche di un gioco responsabile che possa introdurre un cambiamento nella pratica quotidiana delle persone (sul valore del gioco di ruolo “come” educatore e non “per l'educazione”, vedasi Troy Leaman-”Playing for change. Free Market and the rise of serious tabletop role-playing games” pp. 184-207, che mostra come si possa riflettere su una pratica economicamente negativa come la sperequazione). In ultima istanza, viene prospettata dal collettivo la possibilità di creare contaminazioni ludiche fra vari media e differenti possibilità tecniche (per la realtà aumentata vedasi Kai-Uwe Werbeck-”Shapers, portals, and exotic matter. Living fiction and augmented reality in Google's Ingress” pp. 234-255 e per la trans-medialità dei mondi immaginari vedasi Cathlena Martin e Benton Tyler-”Descent to Munchkin: from pen-and-paper to board and card” pp. 256-277). È infine da segnalare la recentissima uscita a tiratura accademica della Routledge (New York), di una notevole raccolta di saggi che tira le somme sul fenomeno del gioco di ruolo inteso in ogni sua incarnazione mediatica, grazie alla collaborazione di esperti rinomati di vari settori per un totale di 40 collaboratori e 27 saggi che coprono tematiche sociali, culturali, psicologiche, narrative, mass-mediali, comunicative ed economiche (vedasi

81 “Role-playing game studies: a transmedia approach” , curato da Josè P. Zagal e Sebestian Deterding, 2018; Routledge, New York). Interessante l'introduzione che contestualizza il fenomeno del gioco dal punto di vista culturale e sociale e lo relaziona con efficacia alla sua applicazione nel gdr. Viene poi fatto un excursus dettagliato sugli studi accumulatisi nei decenni a partire dagli anni'80 (di cui, sopra), fino alle attuali ramificazioni nelle istituzioni accademiche anglosassoni e nei circoli di appassionati scandinavi. Manca, tuttavia, un riferimento esteso a tante altre realtà geografiche (tra cui l'Italia e il resto dell'Europa).

Racconti semi-biografici, raccolte storiche e fanzines

Come afferma Jon Peterson (autore di “Playing at the world: a history of simulating wars, people and fantastic adventure from chess to role-playing games”,2012) in una breve intervista a Wired del 2012, era giunto il tempo di dare una profindità storica a un passatempo che traeva le proprie origini dalle simulazioni di guerra aristocratiche, in una linea quasi sempre ininterrotta di simulazioni sempre più specifiche e concentrate su un singolo personaggio, ma come riuscire a costruire una “storia del gioco di ruolo da tavolo” in maniera scientifica ? Peterson raccoglie prove documentarie che nelle storie di non esperti precedenti non comparivano o venivano solo citate di sfuggita: le numerose fanzines che furono pubblicate sin dalla prima edizione di Dungeons&Dragons (1974, ma anche prima, dato che i sistemi di gioco di Chainmail e Castle&Crusaders si nutrivano di riviste a carattere storico-creativo auto-pubblicate dai club di wargaming come “Domesday Bok”). La difficoltà principale nel ritrovarle e catalogarle è la loro scarsità numerica dovuta alla bassissima tiratura e dispersione geografica (i clubs erano dispersi in quasi tutta l'America, dal Midwest alla California), quindi in larga parte sono state raccolte tramite passaggi di mano e comunicazioni personali (in mancanza di archivi e cataloghi agevoli). Ciò che emerge è una serie di contatti, più o meno formali, che innescano incontri fortuiti e decisioni di design innovative (tra Gygax e Arneson tra tutti, che da giovani wargamers, si improvvisano editori negli anni che vanno dal 1970 e il 1974), una storia sociale composta da suggestioni letterarie coltivate su riviste specializzate per corrispondenza e associazioni culturali informali (come il Coventrian Council of Warlords , 1961 v. pp. 413-416) organizzate attorno ad eventi ludici diffusi, elaborati sulle regole di giochi di società pensati per essere giocati attorno a un tavolo ( vedasi Diplomacy edito da Avalon Hill nel 1954), ma riappropriati

82 da un pubblico attivo e acculturato, come si evince dalle letture che i gruppi nutrivano. L'importanza dell'opera per chi si approccia al fenomeno del gdr, oltre che dal punto di vista meramente storico, sta nel fatto che si capisce come già all'epoca dei primi gdr cartacei, il cui inserimento nel mercato del consumo ludico, a confronto con le maggiori firme (come Parker Brothers o Avalon Hill), anche se stentava, si era fortunatamente formato dal basso, dalla partecipazione dei singoli giocatori con la loro creatività ed esperienza; non si trattava di prodotti pensati prima dal mercato per una massa di consumatori, erano un formato di gioco che slegava le singole “pedine” dalla loro sintassi sistemica e le trasformava in personaggi con un passato (background), una o più capacità (skills) e una volontà drammatizzata dal giocatore grazie a una figura esterna che tesse una trama o un percorso ( che inizialmente è solo una sequenza procedurale di stanze : il dungeon, la segreta sotterranea del castello. La chiave del successo culturale dei primi prototipi e prodotti per Peterson risiede anche nel complesso di riferimenti ,diretti e indiretti, che quelle comunità di club operavano nei confronti di una cultura letteraria popolare e immaginifica : science fiction e fantasy novel anglosassoni. Cultura che già nei primi anni '70 aveva maturato due o tre generazioni di manoscritti e saggi letterari. Di differente formazione, ma con un'idea di storia totalizzante di settore, è certamente Shannon Applecline. Formatosi come game designer alla fine degli anni '90 e dopo collaborazioni con alcune case editrici ludiche come Mongoose Publishing e Evil Hat Publishing, prende in considerazione l'idea di scrivere una storia onnicomprensiva dei prodotti e del mercato del gioco di ruolo analogico, a partire dagli albori di Dungeons&Dragons , fino agli sviluppi commerciali di settore e indipendenti della seconda metà del 2010. Con un lavoro di ricerca durato una decina di anni e terminato con la pubblicazione per la stessa Mongoose, sono nati quattro volumi che trattano l'argomento per decenni:il primo volume parte dagli anni '70 e dalla prima incertezza editoriale, di fronte alle grandi case produttrici di giochi di società e modellismo, fino ai primi successi commerciali e di pubblico di D&D e di altri piccoli cloni come “Tunnels&Trolls”(1975; Flyng Buffalo) o di colossi dell'immaginario come “Empire of the Petal Throne”(1975; TSR), comunque ancora molto settoriali, per il fatto di essere legati pubblicisticamente parlando alle riviste, alle ludoteche e alla rete degli affezionati, oltre che a un metodo di diffusione abbastanza restrittivo e limitante come la spedizione postale regolare; il secondo volume parte dal grande successo di D&D, della TSR di Gary Gygax dei primi anni '80 con la pubblicazione vantaggiosa dei moduli preparati di avventure, per giungere alla nascita di altre importanti case produttrici di prodotti capitali come “GURPS” (sigla informale per “Generic Universal roleplaying System” 1986: sistema nato come generalissima base, su cui si sarebbero potute innestare diverse ambientazioni a piacere), della Steve Jackson Games o “Call of Cthuluh”(1981) della Chaosium, investigativo ispirato ai cicli di racconti di Lovecraft; il terzo volume si apre sia con il sorgere di nuovi modi di giocare analogicamente, tramite la prevalenza di regole narrative e di sistemi esclusivamente verbali (diceless, cioè senza l'uso di dadi, come in Amber) di risoluzione dei conflitti, con nuove suggestioni culturali post-punk urbane e neogotiche (vedasi soprattutto “Vampire: the Masquerade”, edito

83 da Mark Rein-Hagen per la White Wolf nel 1991), sia con un profondo iato nel mercato creato dalla nascita dei primi giochi fantasy di carte collezionabili, in primis “Magic the Gathering” (creato da Peter Adkison per la Wizards of the Coast nel 1993, la casa che nel 1997 rilevò la TSR di Gygax, ormai in crisi). L'ultimo volume fa una rassegna delle nuove edizioni di D&D (la 3.0 e la 3.5, nuovi successi di numeri tra il 2000 e il 2003) con le relative espansioni e le nuove regole di riproduzione di contenuti che quei manuali con la OGL (Open Gaming Licence, cioè la libertà di utilizzare il contenuto base per creare ambientazioni o espansioni) permettevano soprattutto a neonate case concorrenti come la Paizo che fondò la sua fortuna perdurante su una riedizione della versione 3.5 di D&D migliorata e razionalizzata con il nome di Pathfinder. Il resto viene dedicato alla nascita del gioco di ruolo indipendente (tramite le influenze di designer, appassionati nuovi e vecchi su siti e forum dedicati al settore come “the Forge” tra il 2000 e il 2005). Parallelamente, Applecline ricorda in apposite finestre esplicative e riassunti, che esiste anche il mercato in parte concorrenziale, in parte amico, ma comunque sempre in relazione col gdr, dei prodotti video-ludici. Si tratta dunque di una storia completa, se consideriamo il punto di vista di un designer e di un tecnico dell'editoria, ma scarna per quanto concerne la cultura e la diffusione sociale e geografica del fenomeno (nonostante l'utilità e articolazione complessive dell'opera). La nostalgia è un sentimento che opera spesso all'interno delle “culture del tempo libero”euro-americane, come si evince dalle numerose risorse informative che offre Internet: sia in America (The escapist.com; the Forge; il più recente Geek&Sundry) che in Italia (GDR Italia; Gdr players oppure il blog del designer Mauro Longo Caponata Meccanica), i portali dedicati a questo hobby raccolgono informazioni circa la storia, lo sviluppo e i prodotti del mondo ludico e molte recensioni che coprono sia prodotti ormai considerati mainstream come D&D, sia articoli di autori meno noti e più innovativi (coma la casa editrice Narrattiva in Italia o la EvilHat in America). Recentemente in Italia è uscita una raccolta non specialistica di esperienze e considerazioni sul gioco di ruolo analogico da parte di giocatori o volti noti nell'ambito (curato da Claudia Cangini e Michele Gelli, designer e ideatore di Narrattiva), intitolata programmaticamente : “Riflessioni appassionate . Pensieri e teorie per giocare col cuore”, in occasione della convention InterNosCon del 2010. A una prima parte teorica, curata da esperti di settore (vedasi Wrigstad e Gelli), corrisponde una seconda parte narrativo-esplicativa in cui si avvicendano le opinioni e i risultati di eventi o sessioni ludiche (come il caso di On Stage! Del già menzionato Angiolino, vedi pp. 93-99 o la narrazione personale di Luca Veluttini sulla realtà ludica da lui sperimentata nel corso degli anni a Reggio Emilia, v. pag. 107-114). Le storie di vita sono uno strumento euristico importante per gli scienziati sociali, data la loro posizionalità contestuale, il loro uso delle categorie spazio-temporali della memoria e della nostalgia (un senso magico e migliorativo del proprio passato). Ed è in questo senso che sarebbe utile prendere in considerazione per lo studio etnografico di qualsiasi gioco, le opere di narrativa che trattano di esperienze ludiche o nelle quali il gioco di ruolo assuma una posizione emozionale e narrativo-biografica centrale. David Ewalt, giornalista freelance per Forbes e New York, ha avuto numerose esperienze come recensore di articoli

84 ludici e comunicatore su diverse piattaforme (più o meno come Angiolino in Italia) e nel testo “Of dice and men. The story of Dungeons&Dragons and the people who play it”, ripercorre la storia del suo dichiarato sistema di gioco preferito, senza soffermarsi troppo sulla complessità delle vicende storiche ed economiche che portarono alla nascita del prodotto, ma allacciandola con la sua vita personale di gamer e giornalista: racconta del gruppo di amici che ha conosciuto al liceo e della loro comune passione . Formano un party e iniziano a giocare a varie edizioni di D&D, continuando persino in età adulta, nonostante gli impegni li portino in varie città statunitensi (a volte, quindi anche con l'ausilio della tecnologia streaming). In qualità di giornalista Ewalt intervista Jeremy Crawford che sta curando la nuova edizione del gioco e il figlio di Gary Gygax , come per tracciare un parallelismo efficace in termini nostalgici, anche se le interviste totali non sono menzionate fino al capitolo dei riconoscimenti (pp. 269,270). Vanni Santoni scrive “La stanza profonda” nel 2017, pochi anni dopo l'uscita di questa ultima quinta edizione di D&D , in un clima favorevole a questo tipo di riferimenti al gdr e la sua è una narrazione verosimile della esperienza ludica italiana di un gruppo di giovani toscani nella metà degli anni '90; la persona rimane la seconda per tutto il romanzo semi-autobiografico, come a voler suggerire che sia il lettore a doversi identificare con la nostalgia dello scrittore. Nelle descrizioni numerose si fa sempre menzioni alle azioni, ai colori dei manuali, delle illustrazioni, dei dadi e spesso compaiono dei paratesti grafici come mappe disegnate a mano e copertine in bianco e nero. Come ultimo capitoletto c'è una bibliografia di testi interessanti dal punto di vista accademico, che si allacciano alle numerose note a piè di pagina, indispensabili se si vuole avere un inquadramento storico di alcuni fatti che vengono solo menzionati, ma che fanno parte delle vite dei protagonisti , come il moral panic degli anni '90 in diretta TV (vedasi pp. 88-96). Dal punto di vista metodologico, ritengo che, se si vuole cogliere appieno l'importanza attribuita a un universo simbolico da parte di un gruppo (universo che coinvolge sia il tempo libero, sia, in alcuni casi, il lavoro delle persone), occorre fare anche uso di fonti letterarie elaborate in maniere diverse sullo stesso argomento, così da coglierne gli eventuali dislivelli di estrazione e di espressione. Queste espressioni scritte sono ovviamente un condensato selezionato che ha un pubblico specifico, dunque linguaggio e formato utilizzati possono far scomparire l'ideologia che li informa e che sarebbe estremamente utile rintracciare ove possibile, per confrontarla o “confortarla” con i dati raccolti sul campo. In questo caso mi sono soffermato sull'”ideologia narrativa della nostalgia” perché è la stessa che ho rintracciato in alcune interviste ( v. Interviste a Giorgio, Walter e Marco) e perché si esprime con tropi simili (che possiamo ritrovare anche nell'universo semiotico-passionale delle pubblicità o delle storie di vita).

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3 Questioni teoriche: una cornice interpretativa

Concetti per un'analisi contestuale: l'ambito del “tempo libero”

Un'ottima base di partenza per inquadrare l'analisi nella contemporaneità, senza rinunciare a una velleità di tipo comparativo e storico, sarebbe costituita dalla recente teorizzazione portata avanti nel settore di studi interdisciplinare dei “Leisure Studies188”, branca delle scienze sociali che intende dare massima attenzione a un settore molto spesso marginalizzato e sotto-analizzato come quello del “tempo libero”. Tutte le attività umane (anche e soprattutto il “leisure”) sono strutturate per mezzo di sistemi simbolici e ideologici, al fine di costituire e perpetuare un ordinamento sociale ed economico definito e dominante costituzionalmente: l'ideologia del consumismo industriale informa le prime definizioni funzionalistiche (soprattutto in Weber e Veblen) della sociologia e dell'antropologia sociale, che riconoscono al fenomeno “tempo libero” (e quindi al gioco, in cui è inserito) una serie di dis-valori discriminanti, di fronte a lavoro e attività produttive. Veblen, in particolare, si sofferma parecchio sul concetto di “status legato a un consumo eccedente” tipico di una classe borghese imprenditoriale e latifondista (americana nel caso del sociologo, ma non estranea alla cultura anglosassone europea e mitteleuropea), per cui l'ostentazione di mode stravaganti, barocche nel vestiario, nel consumo di cibo e bevande, avrebbero portato, all'epoca, alla differenziazione da un lato e all'emulazione dall'altro, da parte di tutta una ampia fetta della popolazione che potremmo chiamare “classe media borghese in ascesa”, di una serie di pratiche acquisitive e consumeristiche. Secondo la lettura della scuola dei “Leisure Studies”, le teorie sociali dei primi del '900 spostarono inizialmente l'attenzione verso i grandi momenti storici di razionalizzazione all'interno delle società dell'Occidente moderno. Una delle più importanti fasi in tal senso fu lo sviluppo 188Termine che in ogni caso non esaurisce la polisemia dell'originario leisure, che originariamente non includeva solo la differenza sostanziale teorizzata dal capitalismo tra le attività necessarie al sostentamento e alla riproduzione sociale e quelle superflue e secondarie (divertimento e rilassamento), ma prevedeva anche reali esigenze psicologiche e fisiche dell'essere umano (gioco, attvità fisica e perseguimento di interessi e crescita personali). Una buona definizione enciclopedica in : https://www.britannica.com/topic/leisure (consultato il 20/11/2019). Per comodità verrà utilizzata l'accezione italiana.

86 del concetto di “spirito del capitalismo”: come teorizzò Max Weber nella sua fondamentale opera di sociologia delle religioni “L'etica protestante e lo spirito del capitalismo” (1905), la profonda influenza ideologica che esercitò la riforma religiosa protestante calvinista nei paesi a più ampia economia mercantile del Nord d'Europa, ingenerò nella valutazione morale e religiosa (dunque, più estesamente esistenziale) delle opere umane, una visione positiva di ciò che la tecnica, la perseveranza e la volontà di guadagno “a maggior gloria di Dio” poteva procurare. Sia in un Inghilterra post-restaurata, sia nelle colonie d'Oltreoceano, per opera di calvinisti settari e pietisti, si diffuse la ferma convinzione che, in ultima istanza, la salvezza eterna , dipendesse solo ed esclusivamente da quel Dio interiormente esperito e individualmente significativo, il quale avrebbe dunque garantito, hic et nunc, una sanzione della grazia per mezzo della visibile prosperità individuale. La solidità di attività artigianali o commerciali (inserite all'epoca delle prime colonie nord-americane, in un capitalismo mercantile in pieno sviluppo) a cui si tendeva e di cui doveva godere la comunità in primis e il fedele in secundis (ma senza indulgere in un'idolatria deviante e in sete di possesso fine a se stesso). In un tale orizzonte di aspettative, la funzione principale del tempo libero poteva costituirsi solo come sobria ricreazione dalle giuste fatiche dell'operosità o come incentivo alla razionalità produttiva (studio, giardinaggio o lettura edificantre) che, più intensa si dimostrava, più poteva essere descritta come una “santa missione”, una vocazione salvifica (beruf), la cui assenza e l'indulgenza nell'ozio o nel procurarsi divertimenti poco consoni era vista come vero e proprio peccato nei confronti dell'opera divina. La logica interna per cui si passa da una visione pervasiva morale dell'attività umana, come quella del calvinismo, a un'emulazione di pratiche di distinzione legate all'esteriorità del consumo vistoso tali per cui si dà un senso diverso all'acquisizione di beni e al loro utilizzo, sicuramente più consone al modo di vita, dominato dalle logiche di mercato fordiste, è quella della “razionalizzazione”, ossia di una adattamento contingente, secondo necessità economiche e ideologiche dello “spirito” etico di cui il capitalismo anglosassone era pieno, sin dalle origini. La coazione ad agire per formare un capitale sostanzioso da poter reinvestire in prodotti finanziari ed espansione produttiva o commerciale, produsse concentrazioni notevoli di capitale e di rendite familiari (trust finanziari) in America e Inghilterra che stimolarono, per lo più a livello di pratiche, una reazione all'etica pregressa del risparmio e della sobrietà nel consumo personale; pratiche che le nuove classi medie della borghesia urbana (nel settore terziario europeo ed americano) ammiravano e tentavano di emulare per riscattare la propria nuova posizione sociale da una vicinanza preoccupante con il proletariato. Tra le Guerre, dunque, si venne “razionalizzando” l'etica del consumo, la distinzione tra tempo libero, lavoro e vita attiva, in relazione con le mutate congiunture economiche e con lo “spirito” sociale, che vedeva nel lavoro e nel conseguente guadagno, esteriorizzato (“reificato” direbbe Marx) sotto forma di oggetti, servizi e spazi (o tempi) dedicati al “non-lavoro”, per rinfrancarsi allo scopo di continuare a produrre, non più in vista di una divina grazia, ma per segnalare ricchezza e prosperità, ideologicamente connotate a vantaggio generale della classe imprenditoriale. La coscienza di classe in quanto distinzione simbolica si unisce alla legittimazione, epurata dai motivi religiosi calvinisti del

87 capitalismo industriale e dell'accumulazione. Un'ulteriore razionalizzazione da tenere in considerazione inquadrando l'argomento nello studio sul tempo libero è ovviamente quella legata al tempo: il lavoro e, specialmente, il lavoro industriale è un'attività soggetta alla razionalizzazione scientifica del tempo e alla sua scansione tramite valutazioni biologico-fisiche e giuridico-normative. La più diffusa cultura del dopoguerra, legata all'organizzazione fordista della produzione, vede nella pausa inserita all'interno delle canoniche otto ore lavorative con straordinari maggiorati, una configurazione del restante tempo libero (qui inteso anche come giorno libero o serie di giorni liberi durante le festività o concessi in base alla redistribuzione della ricchezza) in termini di acquisizione di mezzi di sussistenza, prodotti e servizi, non ultimo dei quali, il diritto di provvedere al proprio “tempo libero”, ossia una serie di attività culturalmente e socialmente connotate, fondamentali per assicurare il benessere psicofisico della persona e la libertà di perseguire interessi, inclinazioni e miglioramenti; tutto questo insieme di attività si inserisce in maniera ideale all'interno di una teoria sullo stato assistenziale (welfare), la cui impostazione, dominante soprattutto nei paesi dell'Europa Occidentale, tra cui l'Italia, non è certo sconosciuta agli Stati Uniti (di certo nei termini sanciti dalla Costituzione189). Premettendo, in ogni caso, che la fruizione di tali servizi e prodotti è sempre soggetta a marcature di status e a limitazioni di natura economica che si rispecchiano inevitabilmente in più ampie e diffuse gerarchizzazioni sociali, di genere ed età e che il cambiamento sociale, economico e tecnologico riconfigura gli immaginari e i campi di forze culturali in modi imprevedibili, si può parlare per l'Europa, fino all'inizio degli anni '80, di una diffusa tendenza (con chiare differenze geografiche) all'allargamento della sfera del tempo libero e al suo miglioramento secondo diversificazione e specializzazione. Con l'avvento di ideologie economiche neo-liberali prima in America e Inghilterra e, successivamente Francia, Italia e Germania, con posizione trainante, la funzione regolatrice e assistenziale dello Stato si è venuta assottigliando, in funzione di una maggiore flessibilità e informalità del lavoro che ha portato allo sfasamento di tempi e spazi prima sufficientemente differenziati e marcati. L'avvicendamento di crisi finanziarie e “bolle” economiche nell'area euro-americana, hanno iniziato un processo di conversione e compressione del tempo libero in tempo lavorativo allargato, tramite le nuove tecnologie tele- comunicative o, al massimo, in semplice occasione di svago commerciale consumistico e riposo. In tal modo il valore intrinseco attribuito allo svago ne esce completamente ridimensionato: in primo luogo svilito e, in secondo luogo, standardizzato e velocizzato, diviso fra incombenze variamente distribuite, spostamenti e pratiche individualizzate190 di svago. In aggiunta alla dimensione temporale dello svago nel tempo libero, va aggiunta la questione del 189La Costituzione italiana prevede all'articolo 3 la rimozione di ogni ostacolo al pieno sviluppo della “persona umana”, ovvero del soddisfacimento di bisogni e aspirazioni.

190Una tendenza che hanno riscontrato anche sociologi della cultura come Ritzer (1993) e Bauman (2001). La spinta individualizzante del liberalismo economico americano ha trovato una conferma politica anche in Europa in seguito all'arretramento delle politiche di welfare e alla contemporanea avanzata della narrativa economica del lassez faire.

88 consumerismo e delle ideologie che lo sostengono, in relazione con le contemporanee società affluenti post-fordiste: in una fase di standardizzazione massiccia della produzione di merci e servizi, anche il consumo viene omologato in senso modulare tramite un processo che il sociologo George Ritzer chiama “McDonaldizzazione191”, ma che in realtà, al netto delle chiare differenze di scala e di metodo, resta affine alla razionalizzazione weberiana, ne è, anzi, una naturale evoluzione postmoderna, legata al valore semiotico fondamentale che l'immagine pubblicitaria e l'icona del branding hanno assunto e continuano ad assumere, in misura proporzionale alla diffusione dei media digitali. Quindi, se, da un lato, il tempo libero (leisure) si è venuto assottigliando sempre più in termini di spazi e importanza esperienziale, esso ha subito anche un processo costante di costrizione in forme di marchio e “brandizzazione”. L'auto- descrizione dell'individuo consumatore e lavoratore nella società post-moderna è quella del singolo seguace di uno stile espressivo, veicolato tramite codici semiotici di appartenenza (più spesso visivi, ma anche uditivi, tattili e gustativi), che, in teoria dovrebbero garantire la massima discrezionalità espressiva, ma nella pratica, costringe l'ambito della scelta e della soggettività consumistica in spazi di acquisto e informazione ristretti e studiati per prevedere le pratiche di consumo. La pervasività delle strategie commerciali e pubblicitarie non esclude la presenza di “tattiche” individualizzate o pertinenti a piccoli gruppi di interazione, in numerose località della vita quotidiana, per la gran profusione di mezzi informativi accessibili, per la mutata condizione culturale della popolazione media che può accedere a una maggiore scolarizzazione ed educazione tecnologica e la sempre presente capacità di disattendere la previsione di tendenza grazie alla persistenza di legami più o meno stretti nella rete delle conoscenze. Funzione primaria della potenzialità agentiva della “tattica” è, senz'altro, quella di ri-combinare, ri-allacciare significati, immagini mentali e dunque idee, giocare con la varietà di “segni” provenienti da una parte importante dell'economia contemporanea, come l'”industria culturale”, e proporli a sé e ai propri gruppi di interazione sotto una forma stratificata di collage culturale. Per cui, al di là di una mera considerazione su ”ideal-tipi” quali quelli del consumatore passivo e prevedibile e dell'homo oeconomicus libero da costrizioni, ma solo nella ristrettezza dell'ambito acquisitivo di prodotti sempre più specializzati, occorrerà, pertanto, pensare alla condizione post-moderna a capitalismo avanzato, non diversamente da una congiuntura storica al cui interno vivono contraddizioni e lotte fra bisogni espressivi, senso di appartenenza e omologazione, fra colonizzazione degli immaginari e senso del possibile e, ovviamente per questa tesi, fra un tempo libero e un lavoro visti economicamente come un avvicendamento assolutamente staccato di condizioni necessarie, ma ideologicamente impostate a seconda del loro valore produttivo e una visione più distaccata e ironica, se vogliamo, che consideri le reciproche invasioni di campo, le contaminazioni e le contraddizioni, come una condizione fisiologica dello sviluppo culturale. Dalla singolare esperienza teorica di de Certeau (1990), possiamo trarre per la contrapposizione delineata, una prima differenziazione fra “strategie” economiche e politiche di soggetti giuridici sovra-

191 Harris 2005: 264.

89 individuali (Stati nazionali e loro istituzioni, società multinazionali, mercato), di ampio respiro e dotate di pervasive ideologie che influenzano la divisione del tempo lavorativo, delle pratiche e dei discorsi, e “tattiche” di individui e gruppi a rete solidale, i quali non ricevono passivamente concetti, pratiche e chiavi di lettura del senso, bensì li interpretano e li usano in maniera sovversiva, a volte confondendo gli spazi e i tempi codificati istituzionalmente; movimento possibile solo, tecnicamente, nello spazio fenomenologico della quotidianità192. L'informalità del quotidiano nei modi e nei luoghi del consumo di prodotti della contemporaneità, tramite più formati di ricezione (media), soprattutto per quanto riguarda la sociologia e la scienza antropologica, è stato messo sotto una nuova luce analitica recentemente, stanti i pesanti pregiudizi nei riguardi della realtà dell'industria culturale in generale e di quella del divertimento o tempo libero, in particolare (mi riferisco soprattutto all'attività accademica della Scuola di Francoforte e dei critici marxisti della cultura popolare, il cui astio nei confronti della società di massa appare oggi ingeneroso e sicuramente affrettato193). Se le tattiche e le strategie possiedono ancora un carattere troppo vago, occorre dunque fare riferimento a realtà concrete e studi che, sicuramente, anche de Certeau conosceva, per riuscire a ricondurre i metodi sovversivi ed espressivi della quotidianità su uno sfondo storico, sociale e culturale che possa risultare produttivo anche per l'ambito delle culture europee e americane del tempo libero e del gioco. Mi riferisco, in particolare, al concetto di “sotto-cultura” che, nella sua accezione originaria, vorrebbe designare un sottoinsieme di una più ampia cultura di appartenenza (anche denominata “mainstream”, come il corso principale di un fiume in piena), al cui interno si sviluppano pratiche distintive di appartenenza a, spesso in spregio o aperto contrasto con le pratiche e i valori della cultura di provenienza, cui si fa riferimento quando si parla di “stile”(in genere ci si riferisce alla “sotto-culture giovanili”, ma più spesso occorrono anche accezioni etniche, religiose e settarie). Il concetto ha, inizialmente, avuto una notevole importanza nella cosiddetta “sociologia della devianza” americana, per differenziare una serie di comportamenti e regole comuni alla delinquenza giovanile urbana negli anni '30 del Novecento, considerata come un problema sociale a tutti gli effetti, e leggerne le cause e gli sviluppi nell' anomia sociale in cui erano costretti a vivere determinati strati della popolazione (proletariato e sotto-proletariato urbano, giovani salariati di entrambi i sessi e minoranze etniche) . Fu poi ripreso, grazie a una rilettura marxista-gramsciana della cultura (l'insieme delle espressioni simboliche presenti all'interno delle società complesse e stratificate occidentali postbelliche) intesa dialetticamente come scontro politico fra una sezione dominante e una sezione subalterna della società, per la definizione e l'utilizzo dei sistemi simbolici (chiaramente nell'ottica marxista dell'ideologia e dunque della mistificazione dei reali rapporti 192 Da tenere in considerazione è soprattutto de Certeau (2010): 6-12; 14-20. Qui, la libertà di manovra interpretativa e pratica più sovversiva viene posta nell'ambito del consumo (con ciò intendendo attività “banali” come lettura, cucina e passeggio, ai quali aggiungerei anche il gioco o l'evasione fantasiosa).

193 Si rimanda alla tesi fortemente negativa di Adorno sulla produzione di prodotti a bassa concentrazione di informazione, ma di ampia diffusione per nutrire la “pancia” del consumatore (Vedi Adorno, 2002)

90 produttivi)194. In quest'ultima accezione, pertanto, il concetto teorico veniva ad assumere una forte connotazione politica e classista, evidente negli studi sulle pratiche giovanili inglesi dei primi anni '60 e poi degli anni '70, fino alla metà degli '80 (punk, mod e rocker) e nel concetto di “resistenza attraverso la ritualizzazione”: azioni simbolicamente provocatorie e sovversive che tali soggetti ,anagraficamente e politicamente subalterni, attuavano nei confronti di spazi, simboli e abiti mentali della media borghesia. Quando le tendenze e gli “stili” furono, poi, assorbiti tramite un processo abbastanza lineare di “mercificazione”, all'interno della contemporanea industria della cultura, la stessa “industria culturale” che un tempo attirava le critiche di un'intera frangia di sociologi e filosofi, convinti che essa, costituita attraverso logiche consumistiche da una egemonia economica ed espressiva di capitalisti per un destinatario indistinto e amorfo come la “massa popolare” Questa era una cultura massificata e mediatizzata che non faceva più parte della subalternità come la aveva concepita Gramsci o della “resistenza rituale” della sottocultura, quale emerge in Hebdige, bensì qualcosa di pervasivo e immateriale, a tratti evanescente (come una forma di simulacro che, per fondamento, ha un referente inesistente, ma assume la consistenza del reale, fintanto che si nutrono aspettative concrete circa la sua efficacia195), una pallida riproduzione o collage di segni e dunque di significati la cui unica reale connotazione sembrava essere quella della sua auto-riproduzione e diffusione tramite il messaggio pubblicitario esplicito o quello che i consumatori riproducevano inconsciamente con le loro pratiche. In questo mare di prodotti materiali e di segni immateriali, è chiaro, anche grazie all'avvento della scuola semiotica, che noi fabbrichiamo un'identità dispersa, quasi simile a un patchwork o un mosaico di riferimenti e specchi del desiderio, in continua espansione geografica lungo le direttrici commerciali e i flussi informativi digitali che fungono, ovviamente, da amplificatore per le varie sfaccettature dell'industria culturale e dell'editoria, collegate poi in special modo all'editoria del gioco e del tempo libero. Pertanto, a livello macro-culturale e trans-nazionale, avremo un controllo abbastanza saldo dei summenzionati canali informativi (con la dovuta precisazione che esistono in ogni caso centri di diffusione alternativa di informazione e prodotti) in mano a grandi centri di produzione e distribuzione statunitensi, ma poi ramificati nei vari paesi europei per mezzo di case autoctone o brand. Qui siamo sicuri di parlare espressamente di “cultura popolare” in senso pieno, solo dopo le evoluzioni degli anni '80 e '90 (si rimanda al capitolo di Contestualizzazione), contrapposte agli albori sottoculturali del settore primitivo del wargaming, un'industria culturale ancora viva (soprattutto per quanto concerne le linee di prodotti fantasy e fantascientifiche, come Warhammer Fantasy e Warhammer 40.000), ma commercialmente trainante in America negli anni '50 e '60. 194 La cui prima sede formativa fu il CCCS (Centre for Contemporary Cultural Studies) a Birmingham. Fondato nel 1964 da Richard Hoggart, storico e teorico della letteratura e diretto da Stuart Hall, sociologo e antropologo di origini giamaicane, il principale oggetto di studio furono la “cultura popolare” di massa e i suoi utilizzi concreti da parte del proletariato urbano e di una piccola borghesia in ascesa, nelle società tardo-capitaliste e affluenti dell'Occidente anglosassone (“The SAGE Dictionary of Cultural Studies” 2004: 147; 148).

195 Si noti in particolare il concetto espresso in Baudrillard 1983: 2.

91 Il pubblico di consumatori, che come ormai sarà chiaro, comprende sia i designer, che gli appassionati amatori, i neofiti e vari consumatori limitrofi come videogiocatori e appassionati di cultura popolare, ormai abituato a codici pubblicitari complessi e assai diffusi su più livelli di medialità (scritta, radiofonica, televisiva, digitale) e abituato a ricevere significati confezionati, ha tuttavia sviluppato, a sua volta, la facoltà di ri-codificarli secondo una lettura differente o affine, ma comunque secondo propri scopi espressivi, dunque cosumando e producendo. I prodotti di questa sapienza vengono puntualmente ripetuti e propagandati tramite canali ufficiali (pagine social delle stesse case editrici o forum dedicati) e non ufficiali (fanpage o gruppi chiusi di social). È qui, allora, che emerge l'ambito cultural-popolare vero e proprio; ambito in cui le categorie espressive come l'utilizzo di riferimenti a opere letterarie, cinematografiche e videoludiche si rinnova continuamente, negli ambiti di un campo di poteri e saperi enciclopedici circa uno “stile” o un gusto, che possono anche stratificarsi in gerarchie di “expertise” molto complesse196. Ad un livello sovraindividuale codificato, il tempo libero contemporaneo che necessita di notevole spesa temporale (dunque non solo necessariamente economica), di una curva di apprendimento più ripida, di livelli di esperienza e perseveranza, ma che poi danno risultati concreti, per quanto riguarda necessità psico-fisiche e competenze potenziali, formazione di nuove identità sociali in seno a gruppi più o meno stretti, dotati di un'etica di gruppo caratteristica, viene definito da Stebbins (1982) un “passatempo serio”, che ha sempre al cuore una serie di attività sanzionate socialmente e temporalmente cadenzate (a cadenza regolare o meno), predisposte per funzionare in accordo con parametri sociali fondamentali individuali: in primo luogo il posizionamento sociale dei partecipanti nel gruppo e nella sfera culturale generale, che dà anche un'idea del livello di conoscenza e partecipazione e, in seguito, le motivazioni reali che spingono i singoli a partecipare al mondo sociale del “tempo libero” secondo traiettorie di azione, possibilità materiali e contesto sociale di provenienza. Il ruolo che Stebbins, ma anche Rojek, teorizzano per il “leisure”consapevole, è plurimo e complesso, in ogni caso non riducibile al mero solipsismo psicologico che lo vorrebbe come riparo necessario ai danni da logorio lavorativo e dunque come condizione contigua causalmente e subordinata comunque a logiche produttive e consumistiche. Varie dimensioni interagenti andrebbero a costituire il senso del tempo libero, seriamente concepito, come: attività dichiarativa di giudizi personali, aspirazioni e identità, catalizzatore di processi di esclusione e inclusione, forma di capitale culturale codificato e, all'opposto, critica culturale ironica ed espressiva (spesso collegata direttamente a forme di creatività artistica). Se a questa stratificazione aggiungiamo la complessità del panorama mediatico analizzato da Henry Jenkins in “Cultura convergente” (2007), autore interessato a far emergere con chiarezza la natura composita della produzione e del consumo di contenuti culturali attraverso varie piattaforme tecniche e mezzi fisici di riproduzione197, ci si può rendere conto di come l'uso, l'autorialità e la creatività culturale, nell'ambito 196 Bourdieu 2001: 99-102, in cui il sociologo conia la formula di interazione simbolica “[(habitus) (capitale)] + campo = pratica” che individua la commistione di diversi stili di vita in uno spazio di interazione conflittuale, generato da traiettorie soggettive, all'interno di strutture sociali più o meno ampie, in costante cambiamento.

197 Jenkins 2007: XXIII-XLVIII

92 dell'intrattenimento e del tempo libero, siano ormai condivise o accentrate, a seconda delle relazioni concorrenti fra un pubblico acculturato tecnologicamente, abituato all'accesso costante a Internet e un'industria culturale che vorrebbe proporre piattaforme di ricezione monopolistiche e prodotti che attirino attenzioni e gusti della più ampia fetta di consumatori, possibilmente in svariati formati mediali (film, romanzi, giochi da tavolo, videogiochi, giochi di carte, ecc.): la convergenza teorizzata da Jenkins è quella dell'unione prospettica di case produttrici di contenuti e di quella di consumatori attenti, non più pensati come passivi acquisitori di merce o spettatori, ma come, a loro volta, produttori di contenuti e riedizioni198. In un sistema intricato di informazione costante e congiunta fra reti di interesse dal basso e produttori, sceneggiatori e creatori dall'altro, assume centralità la funzione del flusso informativo e della specializzazione culturale dei gruppi di fan, all'interno della ramificazione informatica del Web e della complessificazione dei Social Network, fruibili dovunque grazie alla polifunzionalità elettronica dei dispositivi di comunicazione (smartphone e tablet, per lo più, ma anche portatili tascabili e e-reader con connessione wi-fi):

“… mostrerò come le istituzioni trincerate stanno assorbendo modelli di condotta dalle comunità dei fan grassroots e si stanno reinventando in vista di un’era di convergenza e di intelligenza collettiva; come l’industria pubblicitaria sia stata costretta a rivedere i rapporti tra brand e consumatore” Jenkins (2007: XLV).

Questa è sicuramente una linea di indagine che procede oltre alla ormai vetusta generalizzazione della scuola di Francoforte, circa l'assoluta passività del consumatore nei confronti di immagini preconfezionate, offerte da un'industria fagocitante e interessata ad addomesticare un gusto generico e insapore, per meglio prevedere le scelte di acquisto e annullare la capacità critica e sovversiva del fruitore199. In cambio si è sviluppata una condizione di avvicinamento creativo fra sceneggiatori, artisti, designer genericamente considerati come appartenenti all'industria culturale principale delle corporation e il pubblico parcellizzato in ambiti sovrapposti e sovrapponibili di sapere, degli appassionati (Jenkins 2007: 17). Ciò che Jenkins chiama “trust di cervelli” e che ascrive all'intelligenza collettiva che aveva precedentemente preconizzato Levy, non è altro che un unione “convergente” informale, piuttosto comune nell'ambito dei social network o dei forum dedicati, di conoscenze specializzate, opinioni, gusti, analisi di mode e raccolte di varia lunghezza e complessità di consigli per acquisti o fruizioni di prodotti o esperienze, con una tendenza alla sistematizzazione enciclopedica. Tale massa in crescita di conoscenze

198 “La convergenza richiede ai media di ripensare i vecchi concetti di consumo […]. Se i vecchi consumatori erano considerati soggetti passivi, i nuovi invece sono attivi. Se i vecchi erano prevedibili e stanziali, i nuovi sono nomadi e sempre meno inclini alla fedeltà verso i network. Se i vecchi consumatori erano individui isolati, i nuovi sono più connessi socialmente. Se il lavoro dei vecchi consumatori era silenzioso e invisibile, quello dei nuovi è rumoroso e pubblico.” Jenkins (2007): XLII

199 Cobley 2010: 140. Visione già sufficientemente destabilizzata dalla critica dei Cultural Studies, nella persona di Stuart Hall, che alla passività ricettiva oppose una tripartizione reattiva al sotto-testo del prodotto culturale. Ivi: 141

93 settoriali nell'ambito della cultura popolare dell'intrattenimento, dopo essere stata, per tramite delle possibilità espositive offerte dalla tecnologia del Web, possono essere facilmente soggette a una forma di controllo e dunque di potere informazionale (Jenkins 2007: 18); un potere che può dirigere anche le decisioni commerciali di brand importanti e linee editoriali o cinematografiche, o che, a sua volta, come ha brillantemente esposto Jenkins, prendendo ad esempio marchi e prodotti di Hollywood come “Matrix” e “Star Wars”, può essere incanalato in pratiche di acquisto, uso e immaginazione congeniali alla vendita. Se, dunque, la cultura popolare contemporanea americana ed europea è andata trasformandosi in movimenti complessi di informazioni connessi attraverso reti sempre più ampie e attive a gruppi di discussione, dibattito e, pertanto, formazione di un gusto o, per meglio dire di un canone enciclopedico notevolmente complesso, nella pratica e fruizione del prodotto, occorre tenere conto di una serie di influenze, dialoghi, ristrutturazioni commerciali mainstream e grassroots: la nuova industria culturale, dopo una fase di instabilità normativa e contrasto, ha imparato a partire dai primi anni 2000 a fare i conti con le tattiche trasformative dei consumatori200 e a sfruttarle creativamente ed emotivamente, piuttosto che distruggerle legalmente (Jenkins 2007: 139).

Pratiche e materialità in prospettiva interazionista

Per passare dall'ottica estesa della vendita e della cultura consumistica comprensiva di fasi economiche, processi comunicativi e strategie complesse, studiate da esperti di marketing, a una visuale situata sul piano pratico del consumo e della gestione del flusso informativo, l'antropologia culturale contemporanea e le scienze sociali hanno a disposizione teorie rinomate e comunque datate, sebbene fruttuose per illustrare l'interazione complessa di strutture generali ideologiche e di proposizione concreta in azione delle prime, per mezzo di selezione, adattamento e convenzione; la teoria del campo e quella delle pratiche di Pierre Bourdieu potrebbe lavorare ottimamente in sinergia con la prospettiva fenomenologica dell'interazionismo di Goffman201. Quest'ultima, in particolare, non esclude, ma anzi accentua, la fondamentale importanza all'interno delle interazioni di gruppo, della presenza e disposizione tattica degli oggetti o di quello che l'autore chiamerebbe setting. Al fine, dunque, di ottenere un'analisi completa di una situazione informale di intrattenimento, risulta necessario considerare influsso, posizionalità e portata simbolica di oggetti che rimandano a più ampi immaginari culturali e valori (qui intesi soprattutto come universi valoriali ed emotivi) attraverso un'attività interpretativa di tipo semiotico, mettendo in comunicazione la semiotica della cultura con le discipline più vicine, metodologicamente parlando, come

200 Lo si nota, se si risale come fa Jenkins (2007: 138) alla entrata in vigore del Digital Millennium Copyright Act, nel 1998 e alle vertenze, successive all'implementazione online di servizi di diffusione tramite tecnologia peer-to-peer, riguardanti portali come Napster che rilasciavano gratuitamente materiale musicale originale senza pagare alcun diritto.

201 Soprattutto in Goffman 1986 e Fine 2002, la cui impostazione interazionista è ormai un punto fermo nello studio dei piccoli gruppi.

94 l'antropologia culturale, teoria letteraria e la sociologia della cultura. Ho già avuto modo di introdurre il lavoro seminale del sociologo americano Gary Alan Fine, ormai assurto a opera canonica all'interno del recente ambito di studi accademici interdisciplinari sul gioco di ruolo. Gli interessi di Fine sono focalizzati sull'interpretazione fenomenologica delle interazioni e della creazione di significati condivisi (nella cosiddetta “idiocultura” dei piccoli gruppi informali) in situazioni informali, ad alto contenuto informativo e diversa formalizzazione (da un massimo di formalizzazione codificata nelle associazioni, a un massimo di informalità nei gruppi di gioco) che hanno come soggetti agenti piccoli gruppi coesi per composizione e motivazione (interessi comuni o attività condivise). La densa stratificazione di significati , i riferimenti concreti a situazioni sperimentate in prima persona dai partecipanti e l'evoluzione di idiomi, “dialetti”, modi di fare e di condividere spazi e informazioni, sono disposti, secondo Fine, all'interno di cornici cognitive negoziate tramite espressioni linguistiche (come introduzioni verbali), utilizzo di stimoli visivi, sonori e tattili-posizionali, che già, per l'appunto Goffman (1974) e Bateson (1972) avevano descritto per le situazioni liminali e ambigue del “gioco” e dell'interazione quotidiana202. Fine e, insieme a lui, anche buona parte degli studiosi nel campo del tempo libero e dell'interazione ludica, sono fermamente convinti che sia fondamentale partire da una definizione di ambito sistematica e adattabile a un fenomeno, effettivamente, molto fluido, difficilmente discernibile da una normale interazione quotidiana. Del resto, i confini dell'ambito ludico, come si è potuto appurare con Victor Turner (si veda il capitolo di contestualizzazione per approfondimenti) sono sempre labili e ambigui e , pertanto, pericolosi; hanno qualità affini a quelle del teatro e del rito, entrambi contesti in cui è pur sempre esistente il rischio di travalicamento o contaminazione simbolica fra ambiti cognitivi del “reale”.I frame di Fine (che, alla fine, valgono per situazioni di gruppo culturale o sotto-culturale genericamente inteso) sono ripartiti tra un primissimo livello di rappresentazione, dipendente dalla logica del senso comune e organizzata intorno a convenzioni sociali accettate in quasi tutti i contesti della cultura di riferimento e dipendenti da una referenzialità “oggettiva”, per cui, ciò di cui si parla appartiene sempre all'ambito della realtà percepita e le azioni sono concrete. Il secondo livello di rappresentazione, un sotto- insieme cognitivo del primo, comprende l'accettazione necessaria e collettiva di una serie di regole formali concordate (a vari livelli di testualizzazione) che rendono possibile la costruzione di una scena coerente di interazione simbolica, in cui tuttavia non mancano le incursioni e interferenze della realtà, in forme spesso conflittuali, come discussioni fuori tema o semplici necessità fisiche o organizzative. Il terzo livello, infine è una sotto-cornice di carattere narrativo, non per forza di cose legata all'ambito del gruppo o dell'attività particolare, in cui il sistema culturale condiviso emerge direttamente dalle pratiche dei partecipanti, le quali seguono tutta una serie di logiche espressive, basate su riferimenti e ispirazioni a immaginari culturali, di stile letterario o direttamente popolare. I prodotti ideativi di questa terza lamina possono facilmente materializzarsi in prodotti scritti o registrati, come diari, resoconti, video amatoriali, 202 Verrebbe, poi, da chiedersi, con Goffman, quale sia la reale differenza, a livello cognitivo fra una situazione ludica, una parentesi teatrale e una interazione in compresenza.

95 post pubblici su forum, blog e social media. Si può dire che la capacità ideativa del fan di produrre contenuti passibili di inserimento in un ambito culturale più vasto, nasca in questa particolare intersezione di cornici fenomenologiche. Fine specifica, utilizzando la sua matrice interazionista in ambito ristretto, che è la gestione del flusso informativo la pratica fondante dell'idiocultura all'interno del piccolo gruppo di interesse, sia per il raggiungimento di una completa “immedesimazione” (engrossment), sia per lo stabilirsi di una razionalizzazione strutturale che agevoli la continuazione dell'interazione ludica, ma che può facilmente scivolare verso elementi di controllo autorevole o di “deragliamento”, intenzionale o meno203. Un ambito così legato al settore commerciale e pubblicitaria come quello del tempo libero, ha costitutivamente un agganciamento simbolico (o feticistico, in un senso marxiano) con oggetti (e dunque prodotti) che ne costituiscono la base interattiva, come libri, videogiochi, film, giocattoli, accessori e “superfici”. È, appunto, nel background scenico, nell'arredamento che si fanno evidenti le “superfici” materiali, gli oggetti riconoscibili e, con essi, gli attori sociali che negoziano fra loro significati e intrattengono relazioni complesse di dipendenza e costruzione simbolica, le quali, in ragione della loro attualizzazione ripetuta, subiscono una lenta naturalizzazione in habiti204, sequenze formali di disposizioni fisiche e azioni che hanno il potere di influenzare, a loro volta, la creazione di altri “oggetti” e “contenuti”. Partendo dalla descrizione materica dell'oggettistica da tempo libero, si può risalire a una prima codificazione commerciale, in cui sono inscritti valori e impianti simbolici, ricavati da una spinta creativa innovatrice e da una lettura emozionale del consumo singolo attuata per mezzo di sondaggi, interviste e questionari (o proposta ufficialmente nella “convergenza” mediatica dagli stessi consumatori), per giungere successivamente a una serie non completa di ri-codificazioni operate dai recettori finali, classificate per importanza, ricezione e originalità, tramite scale valoriali emiche costruite nel corso di ripetute e protratte interazioni sociali, distribuite gerarchicamente secondo il principio dell'esperienza (o expertise). Le variazioni semioticamente rilevanti di questa ri-codifica, nell'orizzonte del contenuto e dell'ideologia di consumo, sono da ricercarsi soprattutto sul piano dell'espressione verbale e scritta tramite canali comunicativi informali come pagine Facebook, interazioni dal vivo e assemblaggio di agglomerati comunicativi di natura ironica online (meme e resoconti social). Nella teoria del tempo libero contemporanea assume grande rilevanza anche la formulazione di una descrizione accettabile del fine a cui tende l'attività libera da incombenze e il gioco in particolare. Se incrociamo questo universo accademico con il più recente indirizzo dei game studies e delle ricerche interdisciplinari sul gioco di ruolo, risulterà facile constatare che, data l'attuale congiuntura storico-

203 Non mancano certo le tassonomie emiche che descrivono gli elementi di disturbo, sia interni che esterni alle varie cornici, le quali entrano a far parte del sapere collettivo circa l'hobby.

204 Oltre a Bourdieu, sarebbe fondamentale un riferimento al padre ideativo del pensiero semiotico euro-americana Charles Sanders Pierce (18 il quale costruisce la propria analisi della pragmatica linguistica come stratificazione di più livelli di interazione fra segni di varia natura inferenziale o abduttiva, oggetti e reazioni dei riceventi, in base a un contesto. (Parmentier 2016: 25, 26

96 sociale, indirizzata ideologicamente a distruggere e violare quella classica divisione fra ambiti e tecniche lavorative e ambiti e tecniche ludiche, due universi apparentemente complementari, ma mai comunicanti (almeno apparentemente205), ci apparirà chiara l'importanza attribuita al raggiungimento di una comunione disinteressata e intensa fra l'attore-giocatore-partecipante e la performance del “ruolo” all'interno di un gruppo di pari, strutturata su più livelli di immedesimazione: uno dimensiona psicofisica delicata, sicuramente sfuggente, ma comunque rintracciabile nella descrizione di singole esperienze: un amalgama integrato e complesso di percezioni, confabulazioni, reazioni esterne e interne che ha incontrato vari tentativi di descrizione e una delle più frequenti, che assommerebbe sia la qualità base di ogni attività giocosa, sia la realtà sensoriale e fenomenologica dell'evento, resta, senz'altro, quella della teoria del “flow” o della cosiddetta esperienza di flusso. Molti studi recenti sul gioco di ruolo contemporaneo hanno utilizzato tale definizione per rendere chiara una delle fasi di massimo assorbimento fisico e psichico, sperimentato nel corso dell'azione ludica, cercando prima di illustrarne l'origine, a partire da alcune caratteristiche comuni a tutti i gdr e quasi tutti i regolamenti che ne costituiscono la struttura: l'assunzione di una persona alternativa. Ritengo, tuttavia, che si possa unire il concetto ermeneutico di “esperienza di flusso” con altri concetti interni alle teorie specialistiche di designer e giocatori insieme206 e questo per via del fatto che queste, per lo più contenute in testi formali e semi-formali, si avvicinano in maniera sorprendente alla descrizione di un ideale operativo, un indice della via da percorrere per massimizzare l'esperienza ludica, una procedura garantita dalla conoscenza di più sistemi, dalla sperimentazione concreta e dal contatto, all'interno di vari gruppi, di tendenze diversificate per quel che concerne la natura ultima della ludicità contemporanea. Per comprendere cosa si intenda con tale “esperienza di flusso” , occorre far riferimento, in ogni caso, all'importante attività accademica di Mihalyi Csikszentmihalyi (1975; 1990) per dare solidità alla concezione emica di trasporto o immedesimazione: ciò che lo psicologo chiama “flow-state”, ossia la piena sensazione di appagamento, che assorbe totalmente i meccanismi cognitivi dell'attenzione, dell'immaginazione, della fabulazione e confabulazione, a tratti anche i sensi, ma soprattutto la percezione del Sé, quella situazione che potremmo definire con l'autore “esperienza ottimale”207, la quale sarebbe il culmine di una serie di condizioni o stati preliminari necessari, ma non necessariamente sequenziali e contigui208.

205Si fa riferimento, in particolare, alla cosiddetta gamification: la tendenza che determinati ambiti lavorativi ed educativi hanno di sussumere e utilizzare strategicamente procedure e metodi di risoluzione dei problemi del tutto simili o, quantomeno, affini a quelli di un gioco, qui inteso come insieme di regole formali, atte a provocare uno stato positivo di sfida.

206Una prospettiva “semi-emica” o comunque al limite dell'accademico, se consideriamo la mole di teoria prodotta all'interno del mondo del gdr.

207 Csikszentmihalyi 2008: 51.

208 Da notare che l'esperienza ottimale può essere ottenuta in tutti i contesti, pelomeno per come la descrive l'autore.

97 La prima di queste è la presenza, nell'attività in questione di una sfida, di un ostacolo, di un certo grado di difficoltà, che stimoli la risoluzione individuale; una sfida che sia commisurata alle capacità e che le metta sotto sforzo, che faccia percepire il loro superamento come una conquista possibile, ma raggiunta con un po' di fatica. Premessa importante è che, in tutti i casi, non si ha a che fare con una serie di incombenze o minacce reali: non c'è rischio di incorrere in un danno e non si ricevono sanzioni fisicamente o socialmente invalidanti: la sicurezza, in effetti, è parte integrante di qualsiasi interazione ludica umana e non umana. La situazione focale è in una posizione intermedia rispetto a tensioni emotive e fisiche come ansia, preoccupazione, fatica, tensione e frustrazione, per cui il piacere ultimo e lo stimolo fondamentale dell'agire ludico è un pizzico di sofferenza e squilibrio contestualmente calcolato per bilanciare sfida e ricompensa. La seconda condizione che potrebbe appaiarsi alla prima è quella della chiarezza di scopi e dell'immediatezza della ricompensa o della punizione, in risposta alle azioni pianificate dell'attore. La sicurezza ambientale, la presenza di condizioni specifiche per ottenere sanzioni positive o negative e difficoltà bilanciate, produrrebbe uno stimolo potente a perseguire attivamente l'attività che, in caso contrario, finirebbe per produrre apatia, indifferenza, noia e frustrazione e verrebbe, dunque, abbandonata o, ove non fosse possibile, eseguita in malo modo. Il flow viene dunque confermato e diverrebbe fine a sé stesso, nel momento in cui l'individuo sperimenta una compressione di azione fisica, concentrazione estrema e una mutata consapevolezza delle proprie azioni situate, mentre la propriocezione, assieme alla percezione acuta di una spazio-temporalità distorta, accelerata o rallentata. L'attenzione del soggetto a ripetere sarebbe, ovviamente focalizzata sul processo, vero premio libidico in sé e dunque autotelico per eccellenza, per cui gli obiettivi finirebbero per ricoprire il ruolo secondario di scuse. La teoria psicologica rappresenta un buon termine di paragone in sede di analisi approfondita dei vari resoconti empirici che ho raccolto, grazie alla partecipazione dei collaboratori, in interviste semi- strutturate che mirano, per l'appunto, a scavare nell'esperienza personale sulle partite e sulle sensazioni ottenute, le motivazioni ricercate e le memorie ricostruite e filtrate dall'emotività del singolo, ma non costituisce il solo strumento utile e auspicabile per produrre riflessioni antropologiche soddisfacenti circa il fenomeno del gioco di ruolo analogico classico, che per la sua natura fluida e complessa, necessita di essere filtrato anche attraverso categorie e riflessioni emiche , che verranno riprese dall'etnografia ed espanse nel capitolo di analisi.

98 La nozione di "campo" di Bourdieu , come categoria operativa e interpretativa

In numerosi suoi scritti, Bourdieu utilizza una metafora interessante per interpretare le varie strategie messe in opera da attori sociali in determinati ambiti ( più o meno circoscritti e più o meno specifici) : il "campo" . Non si tratterà di sviscerare tutti gli aspetti della nozione, quanto di saperne sfruttare le potenzialità. In " Metier de sociologue" egli pone l'accento sui concetti aperti delle scienze sociali , contrapponendoli a un certo positivismo riduzionista , preoccupato ad astrarre leggi universali , poco attento a mostrare le relazioni fra elementi all'interno si sistemi e come conti molto anche l'empirismo di certe procedure. Figlio dello strutturalismo ( corrente anch'essa votata alle relazioni tra elementi funzionali) , Bourdieu definisce i sistemi relazionali come "campi" , in cui attori sociali attuano strategie e fanno uso di carte nascoste , per ottenere determinati scopi o mete ( acquisire capitale culturale o economico) , condizionati da reti di posizioni oggettive e indipendenti dai singoli individui . C'è dunque un "gioco" in atto , con una posta in palio e una reale convinzione che deve essere dimostrata dai partecipanti : il gioco deve essere giocato anche se manca l'intenzionalità e la consapevolezza che fonda il gioco vero e proprio. I partecipanti sono inseriti nel campo con i loro bagagli di capitale culturale e di carte da giocare che saranno efficaci solo e nella misura in cui si adatteranno al contesto di uso. Lo stato dei rapporti di forza fra giocatori ( Illusi , da In-ludere, cioè essere invischiati nel gioco , essere presi dal gioco- della doxa che vi sottostà) muta sempre e definisce la struttura del campo , in relazione alle posizioni e alle traiettorie sociali via via occupate dall'attore sociale e dagli habitus che si sedimentano nelle sue pratiche . Obiettivi principali potrebbero essere ad esempio: - conservare o aumentare il capitale ( economico o culturale ; Bourdieu menziona i gettoni del gioco d'azzardo , cosa da tenere in debita considerazione ) ; ridefinire in parte o in toto le regole del gioco stesso ; assurgere cioè a una posizione adatta a ridefinire i valori dei capitali in palio o il loro valore d'uso in relazione agli altri , oppure stabilire un tasso di scambio fra essi più vantaggioso per sé e meno per gli altri.

99 Ma come si determina , in primo luogo , l'esistenza di un campo e la sua estensione ? Non può essere determinata a priori e dunque il criterio di esistenza parte dall'assunto che chi è in un campo definisce volta per volta i confini di appartenenza del campo stesso .

Fenomenologia del gruppo di gioco di ruolo analogico

Ho portato avanti lo studio etnografico di cinque di quelli che chiamo per comodità “gruppi informali” di gioco di ruolo analogico (dal quale ho espunto anche la recente incarnazione di gdr a distanza tramite interfaccia, viste e considerate le diverse tecniche utilizzate e i differenti tipi di affordances ambientali, che conducono ad esperienza totalmente diverse), da abbastanza tempo (circa due anni e mezzo) per riconoscere quali siano casi particolari rispetto a quella che potrei definire una “performance liminoide”,cioè una sessione di gioco di ruolo.

Le cornici spazio-temporali costruite all'interno della sessione tramite la descrizione di azioni o eventi sono costruite a partire da convenzioni che tutti i partecipanti accettano tramite una comune presa di posizione cognitiva : esiste un limen psicologico e comportamentale, suggerito da fattori esterni interiorizzati209, come la definizione dei ruoli, la distanza fisica fra i partecipanti, la presenza di segni o oggetti e la verbalizzazione degli atti, che ci descrive la natura della performance. Ora, come ho già ribadito, il limen, più che un muro invalicabile, una torre d'avorio di incomunicabilità, pare più un confine poroso, una membrana, che può disfarsi e riscostituirsi in un attimo: i pori lasciano entrare ciò che serve e lasciano uscire ciò che può risultare dannoso, ma non sempre funziona a dovere. Le scene che ho tratteggiato come introduzione al mio studio etnografico, aiuteranno i lettori a capire la natura quanto mai labile e informale di questo tipo di performances: in entrambi i casi ho ricostruito in senso narrativo-espressivo molte descrizioni , per rendere al meglio il disagio legato alla caduta del “cerchio magico poroso” che ci accoglieva e quanto, in questo sia stato svolto da oggetti, relazioni fra i partecipanti (che si ramificano anche all'esterno della sessione) e informazioni centripete (aventi origine fuori dall'occasione ludica) e centrifughe (che scaturiscono dalle pratiche ludiche ed entrano anche a far parte di discussioni collettive esterne). Il flusso informativo (che altro non è che un “flusso semiotico” simile a un'enciclopedia informativa; v.Eco,1978) lega le singole performance tra loro e queste ultime con una realtà ben più vasta, composta da ulteriori informazioni, ulteriori relazioni (bilanciate o sbilanciate) e ulteriori prodotti culturali, i quali esercitano una influenza enorme sotto il profilo delle “pratiche

209 Bateson 1976: 218-235

100 ludiche”, quella serie di disposizioni culturalmente sanzionate ed empiricamente fondate che sono le precondizioni essenziali per una buona performance e una immersione ottimale: che deve cioè avvenire come coinvolgimento sinestetico e immaginativo. Gli oggetti che nella prima scena non potevano comparire ed esercitare la loro potenza “amalgamante” (una capacità sintetica, espressiva e multireferenziale dal punto di vista semiotico , vedasi Turner 1967:29; Tambiah 1968:202), nella seconda scena non erano altro che estensioni di una logica pubblicitaria e inclusiva generata all'esterno del mondo fenomenologico delle pratiche emergenti che al tavolo stavamo condividendo. Il disagio del setting esterno, una dimensione topologicamente inaffidabile, per le sue aperture, le sue intrusioni e i suoi conflitti, ha reso sterili le enunciazioni performative mie come Master e ha depotenziato la carica immersiva, identificativa degli oggetti (props, nel gergo scenico): le schede dei personaggi che rappresentano la persona nella cornice teatrale viene resa illeggibile, la plancia con i segnalini che simboleggiano in scala i personaggi non può essere posizionata e rischierebbe di confondersi con un fondale naturale non definito e travalicante, che confonde la lettura di una mappatura dell'immaginario, che può svolgersi quindi solo mediante l'”occhio della mente”. I dadi perdono la loro affidabilità suprema di arbitri per le asperità del terreno che confondono i risultati e rischiano di perdersi: oggetti investiti di un'efficacia quasi magica sui quali si investe emotivamente ed economicamente scompaiono e con loro scompare anche la tensione dell'alea. Gli spazi si restringono a le possibilità fisiche ed ergonomiche diminuiscono, ma aumenta un fastidio e una noia intensa, proporzionale alla lentezza reattiva del Narratore, il cui compito primario è quello di mantenere lo svolgimento della sessione veloce e fluido, di giocare sui cambi di scena e giostrare le regole anche nelle fasi più complesse (come la transizione tra una fase non gestita a turnazioni o fuori da una fase di conflitto e una fase a turnazioni tipica delle fasi di conflitto). In un ambiente come quello dell'OPEN lo spazio fisico viene ripartito su tavoli e corridoi accessibili e aperti a interpretazioni condivise da tutti i partecipanti , ma che possono pericolosamente svoltare verso la passività dell'azione subita (le scene preparate in costume sono una forma minima di colonizzazione dell'immaginario fantastico); lo spazio topografico del gioco è qualcosa di estremamente preciso, codificato in fotocopie A4 con disegni renderizzati artisticamente, da accoppiare con uno script stampato da un pdf. Il tempo ben scandito, associato ai compiti prescritti sull'handout, consentono anche grazie all'ambiente raccolto, al numero funzionale di partecipanti di dare un'efficacia “risonante” molto forte agli oggetti (si veda per il concetto di “risonanza degli oggetti” Lemonnier Pierre, HAU:Journal of Ethnographic Theory 4(1): pp.537-548), in questo caso emotiva per molti dei partecipanti che avevano di fronte mappe, disegni, riferimenti artistici, acustici, narrativi a mondi immaginari come quello dei Forgotten Realms, che costituiscono anche il background immaginifico e commerciale delle ultime edizioni di Dungeons&Dragons: l'immaginario dei partecipanti, degli organizzatori viene temporaneamente colonizzato dall'industria culturale produttrice, grazie a una sinergia di pratiche, oggetti e discorsi, nutriti da relazioni di conoscenza e amicizia. La rete dei legami che sono stati intessuti e che si creano nel primo esempio, sono

101 di due tipi: fra i giocatori sono legami di conoscenza abbastanza forti e consistenti in relazione all'intensità e alla frequenza (si conoscono le azioni codificate, si è già avuto modo di costruire una serie di motivi comuni), altri a margine possono coinvolgere sia relazioni strette di tipo affettivo che si scontrano temporaneamente con i legami personali dei giocatori e quindi anche al livello della performance con i legami diegetici fra personaggi , altri ancora possono costituire legami deboli di mutua conoscenza a breve periodo, comunque ben consapevoli dell'ambito performativo della sessione (le relazioni che si possono sviluppare in tal senso coinvolgono la curiosità e il divertimento associato alla “cultura del tempo libero”). La natura più o meno ufficializzata e pubblicizzata dell'evento fa delle relazioni fra Master, Giocatori e organizzatori una rete labile, ma complessa (perché tesa al fine ultimo del premio) di legami deboli, che possono essere forti solo a condizione di una conoscenza pregressa che avviene nel caso dell'invito (come tra Pietro e Davide e tra Davide e me). Il premio (tokens utilizzabili nel circuito e coppe da condividere e mettere in mostra) potrebbe funzionare efficacemente da “oggetto risonante” per eventuali sessioni future della League, crea una sequenza storica e relazionale potenziale fra appassionati e consumatori di eventi e prodotti condivisi e formalizzati tramite punteggi, trance e competizioni. Per descrivere la mia esperienza sul campo e dare un'impressione completa di cosa significhi in effetti essere un giocatore di ruolo (o, come nel mio caso, tornare ad essere un giocatore dopo molto tempo), ho deciso di creare dei macro-contenitori che formano il mondo fenomenologico totale dell'esperienza ludica del gioco di ruolo analogico:

1. Gli oggetti: inteso, appunto fenomenologicamente come le porzioni di realtà empiriche significative per noi in una data sequenza di spazio e tempo, in termini strumentali, cognitivi, emotivi ed esistenziali; a questi si applicano una serie di pratiche, intese nel loro senso di latrici semi-consapevoli e procedurali di strutture discorsive di potere e conoscenza. 2. Le relazioni: ovvero l'insieme dei legami sociali che si vengono a formare su più cornici cognitive all'interno del limen del gioco e all'esterno, come strutturazione di legami più o meno forti di conoscenza o amicizia e le reti che rendono possibile la sovrapposizione di più gruppi nel tempo e nello spazio. 3. Le informazioni: ossia l'insieme molto ampio di teorie, antropologie, concetti, racconti, discorsi e narrazioni che si applicano al e nel gioco di ruolo, sia all'interno, che all'esterno della performance. Con questo intendo anche e soprattutto l'insieme degli immaginari culturali impliciti ed espliciti che tanta importanza rivestono nelle “culture contemporanee del tempo libero” (Fine 2012).

Tali macro-contenitori, non sono altro che ausili ermeneutici che ho costruito basandomi sulla raccolta dei dati di campo che ho attuato tra il luglio del 2016 e l'ottobre del 2018, a fasi alterne, all'interno di

102 cinque gruppi di gioco informali e partecipando a una sessione aperta a tutti della Adventure Leaugue Italia. Altre informazioni, altri dati sono stati raccolti su piattaforme online e tramite la visione di canali di streaming (come Youtube o anche podcast). Anche se i gruppi di cui ho fatto parte non facevano uso, in generale, di ausili online come forum o pagine Facebook, mi è parso significativo illustrare, in ogni caso anche il riflesso che nei media digitali attuali ha il gioco di ruolo e come la cultura che informava anche le sessioni da me attese, fosse legata a una vasta serie di riferimenti simbolici di natura semiotica

103 4 Etnografia

Considerazioni programmatiche

La raccolta dei dati per la tesi è avvenuta in periodi diversi ( generalmente abbastanza serrati ) tra il gennaio – febbraio del 2016 e il marzo del 2019 . Ho raccolto dati di diversa natura in sede di osservazione partecipante e osservazione non partecipante ( a seconda della mia presenza attiva come giocatore) di almeno cinque gruppi di gioco di ruolo analogico informale , seguendo le tempistiche di ogni sessione programmata in genere settimanalmente , salvo imprevisti . Sono poi state raccolte interazioni in gruppi Facebook e nei gruppi privati di Whatsapp relativi a ciascun gruppo a cui ho partecipato. I metodi utilizzati in ciascun ambito particolare erano tesi alla minore intrusività possibile , per poter cogliere al meglio la fenomenologia ludica nel suo svolgimento e le riflessioni interne all'ambito sottoculturale. Dove si è inteso andare a fondo , per cercare di ricostruire una storia personale legata all'ambito ludico , ho iniziato a raccogliere interviste semi-strutturate , in alcuni casi ripetute nel tempo, secondo punti focali generali : storia ludica personale, pratiche , immaginari e nostalgia, opinioni generali e relazioni. In base a successive considerazioni , ho poi raccolto una serie di “oggetti etnografici” che potessero testimoniare l'attività creativa che caratterizza le pratiche del gioco di ruolo ( mappe , diari di gioco , disegni , schede del giocatore, post it, fotografie di elementi scenici ). La ricerca è continuata brevemente (non propriamente in senso etnografico, ma per rendere un'idea completa del fenomeno) anche su piattaforme social come Facebook e Youtube ( anche se collegamenti significativi con i gruppi di gioco non si sono apprezzati ) , perché sentivo di dover approfondire l'ambito degli immaginari e dei “discorsi” circa il gioco di ruolo analogico ( considerato anche nelle sue ramificazioni trans-mediali e transculturali). Su Facebook ho pertanto provveduto a partecipare ad alcune discussioni su gruppi chiusi e pagine dedicate , mentre su Youtube ho preso visione di alcuni canali gestiti amatorialmente da fan del genere , o anche di canali ufficiali di streamer professionisti ( cioè attori pagati che interpretano personaggi in una serie di puntate caricate online , come per il canale Critical Role , Drawings&Dragons e Inntale ). Come ultima cosa , ho preso in considerazione anche la dimensione commerciale del gdr contemporaneo , analizzando i prodotti editoriali , le strategie comunicative delle case editrici e di alcuni fra i maggiori distributori .

L'analisi delle mie personali note di campo, dei testi delle interviste e degli appunti è stata fatta in accordo a una serie di argomenti analitici , che hanno poi caratterizzato l'etnografia : le informazioni veicolate nel gioco, attorno al gioco e in vista del gioco ( informazioni storiche , procedurali, negoziazione delle regole e dei “modus ludendi” , nozionismo culturale e immaginari ) , gli oggetti e le pratiche ( oggetti scenici , funzionali e le principali pratiche messe in gioco dagli attori sociali ) e le relazioni ( le reti di conoscenza che si instaurano nel corso delle interazioni occasionali di gioco ).

104 Prima scena: 09/03/2017 D&D: en plen air.

Abbiam visto or ora che, sia il rito magico che il sacrificio, sono sottoposti a condizioni di tempo e di luogo. Esistono altre condizioni. La magia utilizza materie e strumenti che non sono mai scelti a caso. La loro preparazione e la loro scelta sono oggetto di riti e sono sottoposte anch'esse, in modo del tutto particolare, a condizioni di tempo e luogo “Saggio di una teoria generale della magia”-Marcel Mauss

In verità, se io smettessi di compiere le azioni prescritte, questi mondi perirebbero. Krishna-Bhagawad Gita

Tutta la mattina non ho fatto altro che pensare alla prossima sessione . Dopo aver fatto colazione con calma e aver spazzato la cucina come mio solito , mi sono dedicato allo studio per circa un'ora e mezzo e poi ho pulito da cima a fondo la “stanza degli specchi” ( abito in una grande casa popolare di Marghera al secondo piano , insieme a tre coinquilini di diversa provenienza e di diversa formazione , ma tutti siamo d'accordo di chiamare il soggiorno : la “stanza degli specchi” per via dei mobili kitsch e antiquati con specchiera che chiudono l'intero spazio interno ). C'è più disordine del solito, perché Davide, il coinquilino architetto, ha poggiato fogli e squadre ovunque ; bisogna prepararsi. Libero il grande tavolo centrale , metto il pc portatile su una sedia , collegato alla presa , vi applico le casse stereo e seleziono una buona playlist. Poi passo alle “parafernalia” da gioco hardcore: i manuali di D&D della versione 3.5 , alcuni lisi , altri in condizioni migliori; sistemo la plancia quadrettata acquistata alla fiera del gioco di Modena e davanti uno schermo in cartone lucido , che mi permetterà di tirare dadi non visto e consultare appunti di regole quando serve . I dadi , invece , vanno divisi ( e ne ho parecchi ; forse più di una trentina ), per tipo , dato che i set sono da sette pezzi e per la fortuna che mi sento ispirino. Ho qualche set preferito. In particolare uno che ho ordinato tramite Internet da una ditta polacca specializzata in materiale da gdr cartaceo . Sono rossi e scolpiti nella plastica con forme fiammeggianti; finora hanno sempre tirato fuori buoni risultati. Dopo aver sistemato schede , fogli volanti con gli appunti presi dai miei giocatori e i pennarelli con matite assortite e di vari colori per meglio schizzare le mappe e caratterizzarle, devo solo concentrarmi e ricordarmi dove eravamo rimasti con la nostra “narrazione”: “ Ah, si! Giusto! Lo stallo alla messicana i

105 cui i pg sono incappati per farsi largo oltre il blocco dei goblin . Peccato che ora , se non faranno le cose come si deve , vale a dire con un pizzico di strategia , dovranno affrontare una lunga fase di combattimento e oggi vorrei proprio concentrarmi sul “ruolo” e l'interpretazione”. Le schede con le caratteristiche annotate di tutti i possibili png, sono correttamente infilate in bustine trasparenti e corredate di annotazione di pagina con colori differenti : la confusione sarà minima , spero. Non sarà un bel combattimento se riuscirà legnoso perché dovrò sempre girare fogli. Penso a quanto mi piaccia fare il Dungeon Master , anche se risulta faticoso e impegnativo , settimana dopo settimana , con gli impegni di tutti nel mezzo, ma ho le mie scorciatoie ( come risparmiare tempo sulla creazione originale , prendendo stralci in qua e in là da vecchi moduli di avventura pubblicati ufficialmente e poi adattandoli all'idea base che ho avuto circa la Mia Storia ; si, alla fine ci sono pezze multicolori un poco dappertutto , ma la “trama” nel complesso si vede che è originale). Per ora cerco solo di immaginarmi il corso delle azioni che intraprenderanno i giocatori e qualche loro generica risposta emotiva; quindi mi dedico alla preparazione di un pranzo veloce . La chat di whatsapp che dedichiamo al gruppo ( chiamata ovviamente : D&D, col punto esclamativo alla fine , per differenziarla da quella del gruppo in cui gioco con Dario e Mulaz ) per ora resta silente : saranno tutti qui puntuali alle 16 per un caffè veloce e per cominciare ? Claudia ieri sera aveva pericolosamente menzionato la voglia di giocare in esterna , magari a Venezia , magari in un'area verde . Alla fine l'idea è caduta anche per l'evidente scomodità che genererebbe in chi viene da Treviso ( come Silvia ) o in chi viene addirittura da Pordenone ( come Andrea ); per gli altri la distanza non costituirebbe un problema , ma per me , che sono il Master e dovrei portarmi dietro di tutto, tra manuali, attrezzi, registratore portatile , sacca dei dadi, matite , plancia , astucci e schede , sarebbe una vera e propria tragedia . Ma poi nessuno ha considerato il disturbo ambientale ? Voglio dire : passa chiunque e disturberebbe la concentrazione , lo spazio sarebbe comunque insufficiente , le cose più piccole come dadi e miniature rischierebbero di perdersi e molto tempo andrebbe sprecato negli spostamenti ( da casa mia a Marghera , col bus, sarebbero venti minuti all'andata e venti al ritorno , senza considerare poi il fatto che la locazione di gioco non è mai saltata fuori ). Non è la prima volta che Claudia si impone sul gruppo di gioco o manovra l'andamento emotivo della “giocata”, tramite piccoli litigi in-game con Kale , il personaggio halfling-ladro di Andrea o contestando l'interpretazione di alcune regole , ma questa volta andrà diversamente , ne sono sicuro. La chat si riempie di messaggi che richiedono presenza altrove : un luogo aperto da cui si possa godere l'aria primaverile di questa bella giornata di Marzo: in effetti nuvole non ce ne sono , e sembra che stia facendo capolino anche un bel sole ; così confido che almeno Silvia , Andrea ed Eric si oppongano, ma sembra che per Andrea non faccia differenza e Silvia ha persino parlato della faccenda anche a un amico che , guarda caso , deve recarsi a Venezia nel pomeriggio . Eric rimane pressoché in silenzio , tranne che per qualche tiepido consiglio circa il vantaggio del chiuso, dell'accessibilità ai bagni e della scomodità. Claudia , d'altro canto ha già deciso tutto e porterà con sé la compagna : Cecilia , che non ci ha mai visto

106 giocare e vorrebbe assistere . Solo dopo varie tensioni , mi assicuro che ci sia , perlomeno, una “location” adatta per tutta l'attrezzatura , che ci permetta anche di stare comodi e indisturbati, così Claudia e Cecilia mi promettono di andare in giro attorno Santa Marta per cercare un buon posto. Con grande fatica, metto nello zaino tutto l'occorrente per “ruolare”e disfo la mia precedente sistemazione .Il tutto pesa tantissimo e non riesco a sistemare quello che vorrei , così il resto, ad eccezione del PC e delle casse, finisce in una avvolgibile di Scout , leggera e con sopra dei simboli alfabetici giapponesi. Il bus passerà fra una decina di minuti , ma già mi avvicino alla fermata , onerato e accaldato. Dopo una quindicina di minuti dalla salita , dalla chat mi informano che il posto è stato adeguatamente trovato, ispezionato e occupato: il chiostro interno di San Sebastiano , accanto alle scale di ferro prospicienti le aule a gradoni. Penso che quella è una sede universitaria , che ho frequentato sovente; penso che ho visto, in effetti, studenti occupare con piacere i prati ben tagliati per ripassare alla luce del sole; poi, però , penso che ci sarà qualcuno che forse ci disturberà , che coprirà le nostre voci , ma da laggiù mi assicurano che non c'è nessuno a parte due ragazzi lontani su una panchina e , a parte, le lauree della sessione straordinaria , al chiuso. Va bene , penso; può funzionare , se solo il fattore disturbo scomparisse . Cambio di scena : oggi a Venezia fa caldo, un caldo sopportabile e piacevole , ma Piazzale Roma rimane sempre il solito coacervo di caos e fretta . Aggiungo alla fatica del peso, anche la frustrazione di dover raggiungere San Sebastiano a piedi e impiego all'incirca altri venti minuti. Venti minuti in cui penso agli altri due presenti : la ragazza e il ragazzo non giocanti : “ Una la conosco e so che può creare distrazioni ;l'altro chi sarà mai? L'ho forse già visto? Lo conosco? Come si comporterà? E se impedisce ai giocatori di capire ciò che dico? Se parla sopra il registratore ? “. Un po' teso , varco la porta della sede, entro nel giardino ,passo accanto al vociare dei parenti , degli studenti preoccupati in attesa di essere ascoltati nelle sessioni di laurea e vedo su una piccola collinetta dietro a una panchina in cui stanno conversando i ragazzi menzionati prima , tutto il gruppo al completo con l'aggiunta di Francesca , un'amica comune al nostro gruppo di gioco , anche lei venuta ad assistere. Accanto a un melo ornamentale , sul prato ben tagliato , la disposizione mi colpisce : teli sparsi attorno a un centro ideale , con zaini , fogli e matite . Mi siedo , saluto chi conosco e anche chi ancora è nuovo ( vedo che l'amico di Silvia sta già buttando giù qualcosa sul taccuino marrone che , di solito, Silvia usa per fare i riassunti o annotare le mappe : “ Mi sta disegnando le piante malvagie che ci hai fatto incontrare ! Guarda !” . Il disegno è schizzato velocemente a penna , ma con stile : è una forma vagamente umanoide , con tratti grotteschi ( faccia allungata e grossa , in testa un cappellino buffo a bombetta , il collo assottigliato , informe condito con spine aguzze e un corpicino sottile e sproporzionato che si sviluppa in membra piccole , dinoccolate e puntute . Il tutto coperto da un maglione vagamente hipster a righe ) che fuma una piccola sigaretta e digrigna i denti . Rimarrà sul verso del taccuino210 e mi pare molto simpatica come cosa. Decido in effetti di chiedere al ragazzo se conosca il gioco di ruolo da

210 Si vedano le illustrazioni 11 e 12 in Appendice

107 tavolo, cosa ne pensi e se abbia mai giocato ; mi risponde che ne ha già sentito parlare , ma che non ha mai visto nulla e sarebbe vagamente interessato , come anche un'amica di Cecilia che ha sentito del gruppo tramite un passaparola partito da Claudia ( fino ad ora mai vista ). Claudia , Eric , Cecilia, Andrea e Francesca stanno conversando e mi mostrano gli snacks e le bevande che hanno portato ( mi sovviene che hanno lasciato a Marghera una scatola di popcorn da microonde dalle scorse sessioni ): “ Abbiamo un succo di frutta ACE... Un tè al limone , perché a Ceci non piace il tè alla pesca e poi ci sono dei salatini !”, mi spiega Claudia; i bicchierini di carta sono sul plaid. Devo solo organizzare i miei spazi e me ne servono tanti in effetti : ho i tre manuali basi della 3.5 e li posiziono sulla destra , raggiungibili per le consultazioni delle statistiche di goblin e coboldi (pagina 127 e 38 del Manuale dei mostri), segnati tramite Post-it ;ho il mio prezioso faldone ad anelli con le annotazioni , le mappe disegnate , le statistiche e i rimandi (a plichi stampati, fotocopie e sottili pamphlet) che tengo sulle ginocchia per far sì che non giungano sguardi curiosi a rovinare la sorpresa ; apro la sacca dei dadi e ne verso il contenuto sopra un libro , scelgo il mio set preferito , ma mi accorgo subito che manca una cosa essenziale: lo schermo del Dungeon Master , che mi permetterebbe di effettuare i lanci non visto e magari simularne qualcuno , giusto per accrescere la tensione di una scena (lo faccio spesso). A questo punto , mi toccherà fare tutto alla luce letterale del sole , penso irritato. Bando alle ciance ,dico : “Bene! Ora, chi vorrebbe fare il recap della scorsa volta?”; Eric è il primo a farlo ,di solito, ma è stato assente , quindi la “palla” passa ad Andrea (di solito è un compito noioso che aiuta a evitare le ripetizioni e a rinfrescare la memoria e Silvia e Claudia annotano già tutto diligentemente su fogli quadrettati) : “Beh, se non ricordo male , eravamo entrati nella torre con i goblin , in base all'accordo che avevamo stretto con la tribù avversaria dei coboldi . Ci devono anche dell'oro e una chiave . Abbiamo oltrepassato le palizzate , le trappole e i corridoi. Avevo ispezionato una stanza , nascosto, piena di famigliole puzzolenti di goblin . E ora siamo davanti a un trono con quello che sembra essere il capo”-”Giusto! Il capo , con accanto una figura velata e dotata di bastone nodoso , vi osserva torvo, parla a uno scagnozzo più grosso ,coperto di cicatrici , sbavante e furioso e ...”, proclamo, ma Claudia, con in mano la scheda:” Tiro una freccia addosso all'energumeno !” . Un attimo di silenzio e poi sento delle risatine da Silvia e Andrea, mentre Eric rimane fermo dove sta . Non so che fare sul momento , anche perché la reazione mi ha interdetto , così osservo da lontano i due ragazzi sulla panchina che , incuriositi o forse divertiti anch'essi , mi stanno guardando mentre declamo con enfasi :” Ok! A questo punto hai un turno di sorpresa … Fai un tiro per colpire e aggiungi i bonus !”-”Col … dado da venti , giusto?”, Claudia apre la scatolina di plastica che contiene il set e agguanta il poliedro regolare a venti facce , di un rosa leggero e brillantinato , lo lancia sopra un telo , quand'ecco , che da dietro sentiamo un rumore meccanico di annaffiatoi che si azionano ; partono degli zampilli improvvisi e sottili che bagnano qualsiasi cosa : persone , fogli, manuali, bicchieri, e telefoni; anche i poveri ragazzi di prima si spostano prima di essere infradiciati, ma noi abbiamo oggetti importanti da spostare e io , dopo molte imprecazioni colorate, cerco di trascinare tutto lontano dall'irrigatore . Risultato: fogli essenziali per giocare zuppi, manuali integri

108 (fortunatamente sono rilegati in materiale rigido e refrattario : pezzi di quattordici o quindici anni prima che mostrano la loro pregevole fattura) , forse solo umidi , registratore salvo per miracolo , maglie, capelli e scarpe chiaramente zuppi. La brutta faccenda è senz'altro raccogliere i dadi volati un po' dovunque nella concitazione della fuga (alcuni esemplari sono verdi o neri e risaltano poco sopra il manto erboso). I miei zaini sono bagnati come il resto e infuriato mi siedo su un muretto lamentandomi di “tutto” :” Ecco! Lo sapevo! Doveva succedere qualcosa! Già facciamo fatica a parlare , a tirare i dadi, a giocare . Poi succede anche questo e poco ci manca che si rovinino i manuali. Questi manuali li ho con me da anni e anche se sono slabbrati o lisi , ci sono affezionato. Avete idea di quanto costino ora su Amazon o E- bay?! E poi, fortuna mia che non ho portato il computer! Sarebbe stato un disastro!”. Certo , i miei strepiti devono essere stati troppo alti , perché qualcuno dalla sede viene a dirci di non fare troppo rumore di fronte alla sede delle commissioni. Decido così che è ora di andarmene da lì: se nessuno ha alternative io tornerei anche a casa, per asciugarmi e riposare. Vedo che Claudia e Cecilia sono le più scosse e forse si sentono anche in colpa, così l'ultima ci chiede se abbiamo voglia di trasferirci a casa sua e dei suoi coinquilini per continuare a giocare :” Se vi va il tavolo è grande e c'è spazio per tutti … “. Facciamo un breve sondaggio e sembra che vada bene a tutti, tranne a Francesca che ora ha un impegno col suo ragazzo e ci abbandona. Occorre spostarsi di nuovo , zaini in spalla , fino ai Tolentini e si tratta di un percorso di quindici minuti a piedi . Il caldo comincia a far posto a un vento quasi serale e mi metto addosso una maglia di cotone , miracolosamente salva . Nel tragitto cerco di essere il più chiaro possibile circa le scomodità del gioco fuori porta : purtroppo non posso spostarmi nel giardino a Marghera , non avendo un tavolo da poter approntare e i giardini attrezzati vicini mancano . A Venezia c'è poco di spazioso e dovrei sempre faticare per portare tutto dietro ; capisco anche la scomodità dei giocatori in trasferta , specie se a loro toccano almeno tre quarti d'ora di treno e un tragitto a piedi , ma almeno non devono tenere conto di oggettistica e narrazione (se non schede, dadi e poco altro). Eric è d'accordo con me e , in effetti, cerca di mediare molto , ma sento comunque che l'aria è pesante e ormai il gameplay non potrà essere lo stesso . Abbiamo macinato a piedi circa un chilometro in linea d'aria e ora siamo davanti al pesante portone a bugnato; l'appartamento è all'ultimo piano , ma c'è un ascensore in cui non stiamo tutti e decido di andare a piedi fino in cima . Entriamo e solo due ragazze , coinquiline di Cecilia ci accolgono : una studia cinese e mi viene presentata come quella che ha fatto domande sul gioco e l'altra studia lettere . Effettivamente la casa è spaziosa e il tavolo è grande , solido e coperto da un telo cerato; ci ridisponiamo: io sto a capotavola, davanti alla finestra aperta , Claudia si siede accanto a Cecilia che intrattiene le coinquiline , Silvia e l'amico “artista” a destra , Eric alla mia sinistra e Andrea poco distante . Chiedo per cortesia se diamo fastidio , ma mi viene assicurato di no e allora procedo a illustrare alle mie gentili ospiti, di cosa si tratta . La studentessa di cinese di ventidue anni cerca di ascoltare le mie descrizioni , attenta .” Si, beh , alla fine il gioco consiste in un poco di teatro improvvisato ed è tutto nella testa dei partecipanti . Io ora descriverò loro

109 una scena e decideranno in base a delle regole fisse come comportarsi “. Inizio a rimettere tutti in riga , partendo dall'ultima scena (non abbiamo la nostra plancia purtroppo): il pg di Claudia ha scagliato una freccia proditoria contro lo scagnozzo bugbear più grosso , così può avere inizio il combattimento , che in giochi di ruolo come Dungeons&Dragons avviene sempre secondo un ordine preciso , generato casualmente dal lancio di un dado a venti facce a cui si somma un valore variabile chiamato Iniziativa. Più è alto il valore finale, prima si procede e così a rotazione fino all'ultimo e, da capo ancora, finché non si risolve la contesa (cioè una delle due parti non si arrende o viene distrutta). Le decisioni dei giocatori sono rapide e Kale (il pg di Andrea) riesce a compiere qualche movimento nascondesi grazie alle sue abilità, per poi attaccare a sorpresa con un attacco furtivo; Xavier (il pg di Claudia si posiziona dalla distanza e bersaglia il consigliere goblin con bastone e il sire , alternativamente . Korgak il mezzorco (il pg di Eric) si butta sul bugbear inferocito, di sicuro il nemico più resistente , che sta riducendo in fin di vita Kale, mentre un personaggio non giocante creato da me lo copre con le frecce. Le mie risposte , invece, non sono altrettanto rapide ed entusiaste , perché le schede , su cui erano segnati tutti i parametri utili per la sequenza di combattimento sono in gran parte illeggibili e devo pescare in velocità crescente dai manuali veri e propri ; avevo persino creato dei coboldi modificati che irrompessero come deus ex machina per salvare la situazione e rendere dinamico il tutto. La narrazione si rallenta fra numeri e scartoffie , i turni proseguono con fatica e i giocatori si disperdono in chiacchiere con i coinquilini che , non sembrano prestare occhi e orecchie al gioco. L'artista disegna imperterrito sul quadernetto di Silvia . Dal corridoio sento una voce maschile che chiama una delle due coinquiline , così si allontana e ci lascia al nostro farraginoso svolgimento. Così è davvero un peccato, perché proprio quando ai giocatori sembra che gli scagnozzi goblin siano troppi e gli incantesimi del consigliere siano troppo potenti, faccio di fianco ai manuali, visto e non visto, dei tiri di dado e annuncio che è arrivata la salvezza:” Dall'alto della torre diroccata , iniziano a piovere frecce nere sui goblin in armatura. Ecco che scendono dei figuri bassi e tozzi, coperti da un cappuccio nero e armati di arco e daga. Qualcuno di voi li riconosce: sono i cacciatori coboldi al servizio della loro regina, Yusdrail, con cui avete stretto il patto”. Andrea, il cui personaggio è forse il più malandato esclama:” Nice!”. Dopo uno o due turni in cui Eric fa compiere a Korgak una decapitazione da manuale, lo scontro ha termine e nessuno a parte le famiglie indifese di goblin ha scampo, così descrivo con tono pacato il saccheggio dei coboldi e il loro allontanamento. Devo dire che sono sollevato, siccome i fogli sdruciti non mi serviranno più e potrò andare a braccio, seguendo solo l'indicazione della mappa. Stabilisco cinque minuti di pausa , grosso modo, così ognuno può andare in bagno, fumarsi una sigaretta e sgranchirsi le gambe. Mi domando dove sia finita la studentessa di cinese, ma Cecilia mi dice di lasciare perdere, che è complicato: vengo a scoprire giorni dopo che lei vorrebbe giocare assieme a noi , ma il suo fidanzato non vede di buon occhio la cosa e si impunta se lo lascia da solo. Non insisto e dopo

110 aver chiesto un po' d'acqua, anche io vado in bagno. Claudia si è diretta in cucina per fumare accanto alla finestra e, mentre passo veloce per il corridoio, mi presenta un'ulteriore coinquilina che, dice, ha dato qualche esame di antropologia. Terminata la pausa (che è stata, come sempre, più lunga del solito), siamo di nuovo seduti al tavolo. È dura riaccendere l'attenzione dopo due ore circa e decido che è arrivato il momento per me di fare del role: i pg sono tornati da Yusdrail per comunicare la vittoria sulle creature cavernicole rivali e il ristabilimento della pace nella Cittadella Sepolta . Ho già interpretato Yusdrail prima, per cui inizio a sibilare a tratti, con voce bassa e gracchiante :”Bene, sangue-caldo! Avete compiuto la vostra missione e ora sono più che lieta di sdebitarmi con voi, Ssssssiiii? Vi avevo chiesto di eliminare il capo dei goblin nella torre in cambio del contenuto di questo scrigno e di questo globo. Avrete ciò che vi spetta, ma sappiate che ora la Cittadella è nelle nostre mani e nulla o nessuno uscirà da qui senza il nostro permesso, per cui se mai doveSSSte trovare artefatti, libri, prigionieri o altro, sarebbero di noSSStra eSSSclusiva proprietà !”. Il party di giocatori è contrariato: hanno ottenuto ciò che volevano , ma con un notevole contrappeso; si direbbe una “vittoria di Pirro”. Oltretutto, la sicumera che esprimo tramite voce e gestualità gli fa odiare ancor di più il png . Ingame decidono di acconsentire alle richieste della strega (anche se Xavier interpretato da Claudia scalpita e vorrebbe controbattere); offgame, invece, i loro piani sono più concitati e si sviluppano in direzioni per me impreviste e stimolanti : “Uccidere anche la tribù dei coboldi? Nascondere qualsiasi oggetto trafugato dalle rovine? Sgattaiolare da una scorciatoia? Ma poi, a che serve questo globo? Ci avevano detto fosse una chiave, ma di che tipo? Non è forse la porta sigillata al piano terra della torre di vedetta? Quella piccola fessura sferica che il Master ci ha descritto due sessioni fa?” Mentre tutti loro discutono, noto che sono passate più di quattro ore e la stanchezza comincia a farsi sentire: dichiaro che la sessione può finire qui, anche per evitare di invadere ulteriormente spazi altrui, già generosamente donati. Sono le 19 , più o meno. Claudia e Silvia raccolgono gli ultimi appunti, gli schizzi artistici e le schede. Andrea ed Eric le lasciano a me, mentre io cerco per la terza e ultima volta di imbustare manuali, carte, raccoglitori e sacca dei dadi (ne manca uno) nei due zaini. Lasciamo l'appartamento, ringraziamo e poi nel tragitto verso Piazzale Roma, promettiamo tutti che ci troveremo solo a casa mia, dove sono provvisto di ogni comodità e supporto alla narrazione (musica in primis, ma anche una grande plancia quadrettata e pennarelli cancellabili). Ora mi restano solo altri dieci minuti di cammino, venti minuti di autobus colmo di turisti e una giornata di lavoro sulla registrazione “spezzata” di oggi.

Seconda scena:D&D OPEN: “Gangs of Waterdeep”

I tornei: a ripensarci, una contraddizione, vista la natura non competitiva del gioco.

111 Ce n'erano di due tipi: individuali, nei quali dopo la sessione i giocatori e master votavano ciascun altro giocatore, e che sovente si concludevano col passaggio di turno dei più scarsi , che tutti votavano nella speranza di sabotare chi effettivamente aveva giocato meglio e favorire sé stessi, e collettivi, dove a passare il turno era tutto il gruppo, e ai quali, quindi, si poteva partecipare solo in squadra [ … ]. Ma a quei tempi tutto ciò non lo sapevi e la prospettiva di un torneo, di un simposio di esperti di giochi di ruolo, era di per sé troppo esaltante. “La stanza profonda”- Vanni Santoni

La mattina di Sabato 6 Ottobre è velata , fredda e umida . Sono ancora mezzo assonnato , ma è meglio premurarsi di tutto l'occorrente: Davide sarà quasi giunto e abbiamo un tragitto di una quarantina di minuti fino a Padova, il ritrovo per l'accettazione è alle nove . Giorni prima abbiamo fatto una preiscrizione e dovremo solo versare la quota partecipativa di cinque euro . Su una pagina Facebook dedicata, uno degli organizzatori ha postato a scadenza regolare notizie sull'evento dell'Open (a Padova è il primo), descrizione dell'ambientazione e dei personaggi selezionabili all'interno del “contest”. In effetti sarà qualcosa di anomalo nel panorama del gioco di ruolo analogico: alle fiere c'è spazio per i playtest, per le sessioni organizzate, ma solo di recente, con il fenomeno delle Adventure Leagues, sono sorte queste gare organizzate a squadre con limiti di livello (tiers) e trame preconfezionate . Non so in effetti come comportarmi; conosco l'ambientazione da tempo, dato che è una delle mie preferite all'interno del sistema di D&D , ma nulla mi aiuta circa l'effettivo svolgimento : come combineranno i gruppi? I Dungeon Master che ruolo avranno? Quanta competitività ci sarà nell'aria? Quest'ultimo punto mi spaventa non poco: il gioco di ruolo analogico, in qualsiasi forma e con qualsiasi sistema, è l'evento meno competitivo che conosca; la collaborazione e il gioco di squadra sono il punto focale . Poi penso, in effetti, che saranno le squadre a competere: ma allora come gestiranno il tutto? Sarà molto confusionario , specie se avremo anche limiti di tempo. Il giorno prima mi sono premurato di ripassare bene le regole base, di sistemare i fogli, di avere qualche scheda bianca, di mettere nello zaino un taccuino e molte matite, con aggiunta del manuale del giocatore della Quinta edizione di D&D. L'evento si terrà a Padova, non poco discosto dal centro, in un'area residenziale, nella sede di un pala-eventi (Ex Fornace Carotta, in via Siracusa). Ho avuto le prime imbeccate da Davide, durante una partita a Marghera con il mio gruppo in cui abbiamo da poco implementato le regole della Quinta (di cui ho anche acquistato i manuali), poi in chat ,su whatsapp, ci ha linkato la pagina dell'avvenimento, curato dai ragazzi dell' ”Associazione Overlord” di Padova . Dei nostri compari, sono stato l'unico ad interessarmene e ora so che al tavolo saremo io, Davide, un suo amico ingegnere e altri quattro sconosciuti. Salgo in macchina con Davide e partiamo alle 8 e 30 in direzione Padova. So che la segreteria dell'evento apre alle 9 in punto e occorre essere prima lì per potere accedere alla sala e ultimare le formalità (stabilire gruppo e tavolo, poi pagare). Davide mi conferma che gli altri partecipanti non li conosce e solo questo suo collega di università ha fatto altri eventi dell'Adventure League, quindi se avrò domande sul format,

112 dovrò chiedere a lui. Oggi siamo entrambi stanchi e forse abbiamo poco entusiasmo e il tempo non aiuta o forse è perché Davide dovrà percorrere la strada che fa ogni mattina per andare in facoltà, ma parliamo poco. Si è laureato da poco in ingegneria e dà qualche ripetizione in attesa di frequentare la magistrale; mi fa qualche domanda sulla mia tesi e sull'intervista che gli ho fatto poco tempo fa. A un certo punto, passate le strade principali, oltre la facoltà di matematica, ci ritroviamo lungo un argine, a fianco di aree verdi e villette a schiera. Consulto Google maps, perché temo che neanche Davide sappia dove andare, dato che continua a chiedere in una chat dove siano gli altri compagni di party. Via Siracusa 61; curviamo oltre un ponte e un passaggio a livello, giriamo per sensi unici e ci immettiamo in una strada a doppia corsia con alti condomini. La Fornace la vediamo comparire sulla destra e il parcheggio è già pieno, così sostiamo di fronte a un parchetto, poco distante da un negozio di alimentari. Mi chiedo, in effetti, se occorra premunirsi di cibo per non perdersi delle sezioni importanti, ma Davide mi assicura che si faranno due tranche da quattro ore ciascuna, con una pausa pranzo in mezzo, non troppo lunga in effetti. Prevedo una giornata intensa e spero ci sia uno stand gastronomico; c'è , ma è un camioncino aperto sul lato, piuttosto misero , con panini e porchetta. Vedo che qualcuno è già assiepato sotto e sta chiedendo all'allestitore quando potranno acquistare le cibarie, ma il piano bar è ancora freddo. “Credo che se vuoi prendere da mangiare, tu debba farlo ora ...” , mi dice Davide da dietro le spalle. Io, però, vorrei trovare almeno un tavolo o una sedia per appoggiare il mio zaino, ma davanti a uno dei due portoni paralleli in vetro è allestito un front office spartano su tavolino bancale da sagra con le accettazioni: dobbiamo passare da lì, temo. Nel mentre, Davide ha visto sotto il portico frontale della Fornace, il suo amico di università. Lo salutiamo; anche lui ha indosso uno zaino pieno e non ha la minima idea di chi sarà nel gruppo con noi. Rinuncio, per ora, al cibo e andiamo a registrarci nel gruppo che abbiamo precedentemente selezionato su Internet per potere stare assieme, gli “Uranidi”. Dall'esterno, lo stabile di due piani in mattoni a vista, sembra modesto; dentro, al primo piano, dove è allestito l'evento, corre un corridoio ampio di circa tre metri di larghezza, finestrato per intero e dunque ben illuminato211, con una decina di tavoli in legno colmi di fogli e materiale, sul quale stanno già animatamente discutendo decine di persone. Alcuni dei partecipanti sono vestiti in maniera, certo, inusuale: barbe finte, cappe lunghe, pitture facciali, bende da pirata, tuniche svolazzanti e bastoni decorati. Vengo a scoprire da Davide che quelli travestiti sono gli organizzatori del Circolo Overlord e di altre ludoteche (come i Cavalcalupi di Mestre) e i Dungeon Master che ci accompagneranno (o forse dovrei dire: -che ci arbitreranno-). Il nostro tavolo è situato nella sezione ovest frontale dell'edificio, poco distante dall'entrata; è il numero 12. Troviamo altri quattro ragazzi sulla trentina o sulla quarantina che fanno domande a un bianco individuo con foggia da pirata (bandana, camiciola, stivaletti). Facciamo la conoscenza di Michele, Fabrizio, Erik e Pietro: tutti quanti loro , a eccezione di Pietro, non hanno mai partecipato a un evento simile o a una Leaugue, cosa che mi rincuora almeno un poco, ma tutti hanno almeno una esperienza nel mondo del gdr: c'è chi ha giocato alla

211 Illustrazioni 8 e 10 Appendice

113 vecchia versione 3.5 di Dungeons&Dragons, chi ha giocato a Cyberpunk-2020, chi a GURPS e chi a Call of Cthuluh o a tutti quanti quelli elencati, a fase alterne. I Master girano fra i tavoli e cominciano a distribuire schede e segnaposto che non dobbiamo svolgere e nemmeno girare; qualcuno sbircia in maniera furtiva. Sembrano le schede dei personaggi che sono stati descritti per sommi capi sulle pagine social diversi giorni prima , di cui noi avevamo solo delle artwork. A terra, accanto al tavolino sono posati sacchetti di vario tipo con dolci, biscotti, salatini e bottigliette d'acqua. Di fronte al muro, accanto a una lavagnetta sono buttate borse, borsette, sacche. Do una sbirciatina al telefono e noto che,ormai, si son fatte le nove e mezza. Dal fondo del corridoio avanzano un ragazzo vestito con un abito marziale medioevale (ampia tunica, usbergo finto, elmo di stoffa) e una ragazza truccata completamente di un rosso pomodoro con lenti viola agli occhi :”Udite! Udite! La cittadinanza di Waterdeep tutta viene resa edotta circa l'organizzazione di una magnifica serata di ballo in maschera nella villa della contessa Cassalanter! Durante l'occasione sarà visionabile una splendida gemma della collezione privata della Nobile Famiglia !”. La guardia passa leggendo un proclama invisibile, su un finto foglio di pergamena , ma da sinistra noto che un gruppetto di individui ammantati preceduti da un nunzio con bastone ingioiellato (di cartapesta) , sta recando un piccolo baule. All'interno, una volta aperto, viene mostrata a tutti noi astanti, una piccola sferetta di vetro colorato su un letto di velluto rosso . Terminata la piccola pièce, ci rispostiamo ai tavoli e il Master ci spiega in breve quello che dobbiamo fare: ognuno sceglie una scheda già compilata con un personaggio del quale non sappiamo nessun parametro tecnico; lascio scegliere prima gli altri e per me tengo Alama Curondo, un vecchio contrabbandiere, che, secondo il background scritto dietro, sia in inglese, che in italiano, se la cava molto bene con le parole e ha i propri contatti (devo già immaginare non ci saranno numerosi combattimenti). Come profilo mi ricorda parecchio l'attore Samuel Jackson, motivo per cui ha già la mia simpatia; gli altri hanno in ogni caso personaggi non meno sinistri o intriganti, tutti comunque immersi in un background di crimine e violenza. Manca solo che il Master spieghi che siamo stati ingaggiati da un noto frequentatore di taverne e storico ambulante (tale Volothamp Geddarm), per impadronirci della famosa gemma e consegnarla a lui per poterla conservare al riparo da pazzi malvagi (come i nobili Cassalanter). Questo per quanto riguarda il flavor, ci sarà utile per immedesimarci. Per la parte tecnica dello svolgimento e della competizione, ora sappiamo di avere varie fasi per poterci infiltrare tra le conoscenze dei Cassalanter, rubare informazioni, venire a conoscenza dell'ubicazione della gemma e fare irruzione nella villa, per poi uscirne. Il master ha con sé un faldone di fogli in inglese, che sfoglia velocemente: ogni stage,sarà quindi diviso in compiti e avrà una durata media di un'ora e mezzo circa. Tra uno stage e l'altro avremo a disposizione una decina di minuti per pensare a una strategia, partendo da un a situazione problematica, scegliere tra un numero di vantaggi predefiniti per ciascun personaggio oppure lasciarli per dopo. Le guardie di Waterdeep girano delle clessidre di legno, mentre il nostro Dungeon Master setta un timer nello smartphone. Ogni tavolo riceve la prima parte dell'Avventura (noi in ritardo) e cominciamo con tanta ansia a formulare piani per il

114 primo stage: un furto di informazioni da una nave attraccata al porto. Ci vengono fornite mappe cartacee, stampate su A4 in bianco e nero per visualizzare meglio l'opera. Veniamo tutti da situazioni di gioco differenti , ma la collaborazione inizia a lavorare sotterraneamente, quando capiamo che i nostri personaggi non hanno grosse e significative differenza sul piano tattico-strategico: tutti hanno, bene o male, abilità da informatore, infiltrato, ladruncolo, spia o mago illusionista. Mano a mano che capiamo come impostare un piano, prendiamo appunti (più io e Davide, forse) e descriviamo le nostre mosse, il Narratore legge porzioni di handout e ci fa eseguire tiri di dado necessari per superare prove importanti, come scalare pareti, passare inosservati, raccogliere informazioni e lanciare oggetti: tutti compiti già pensati da un paio di scrittori appositamente per questa OPEN. Il primo step termina quasi in contemporanea con il tavolo vicino e avanza anche qualche minuto, che passiamo a discutere del prossimo compito. Nel complesso vedo che c'è sempre chi interagisce di più (Davide lo fa spesso e in maniera strategica; io vorrei potermi rilassare e ogni tanto mischio consigli strategici a battute fiacche). I nostri compari a turno mi sembrano molto più silenziosi, ma forse solo perché ci conoscono poco e la situazione, col Master che prende il tempo non dà proprio adito ad amabili conversazioni. Mi sembra strano che parte dei canovacci siano in inglese, così chiedo delucidazioni al Narratore:”Si, in effetti sono eventi che facciamo quasi in contemporanea con gli Stati Uniti. La League italiana è stata una delle prime ad attivarsi, dopo quella americana”. Ricordo appunto che il mio negoziante di articoli ludici di fiducia parlava di un'uscita editoriale pilotata in contemporanea con quelle americane. La Asmodee Italia, che ha curato la localizzazione, dopo aver fatto uscire i tre manuali base (Manuale del Giocatore, Manuale del Dungeon Master e Manuale dei Mostri), sta ora seguendo le ultime uscite di avventure a modulo precompilate. Ci vengono assegnati dei punti per ogni scena e vengono compilati in un form particolare ; il Master ci conferma che siamo andati benino, ma di pianificare con calma . Dal tavolo vicino anche l'altro conferma che i giocatori sono andati straordinariamente bene :”E adesso che facciamo?”, con aria divertita. Viene ora il momento di ruolare per qualche minuto i nostri personaggi : noi contrattiamo e il Master-Volo risponde:grazie a una mia abile mossa diplomatica ci consegna più oro del dovuto e ci fornisce altre indicazioni. Parliamo fra di noi per sapere come muoverci in futuro, se convenga avere un piano più strutturato in mente. Noto che a parte me, Davide e l'amico Pietro (che a volte si pone in maniera un po' troppo aggressiva per i miei gusti), gli altri sono molto restii, forse per la situazione molto tesa e la scarsa familiarità con uno stile di gioco frenetico e sintetico. Nella seconda scena abbiamo davanti a noi un percorso, disegnato su una mappa cittadina : per variare dovremo inscenare distrazioni per bloccare una carrozza ed estorcere informazioni a un nobile. La mappa ha una grafica accattivante e fa parte di un prodotto già finito; ad occhio direi verrà usata ufficialmente in un modulo. Alcuni miei compari hanno dei privilegi che possono sfruttare col personaggio , così decido di usare anche il mio: si tratta di bloccare alcune direzioni per avere vantaggi in termini di tempo, un po' come in una avventura grafica da videogame. Siamo tutti concordi e questa volta discutiamo meglio in-

115 game; il piano funziona, ma non tutte le risposte del nostro Master erano prevedibili. Alla fine, non in un tempo e con un punteggio buonissimi, riusciamo nell'impresa. Le guardie giungono sia nella narrazione , che lungo i corridoi a inscenare una retata: trombette da stadio (o vuvuzelas), fischietti e corse goffe in sbuffo di lino. Ho gli occhi pesanti e caldo da morire, quindi mi alzo e agguanto un paio di Togo al cioccolato che sono stati gentilmente offerti da Michele e Davide, quindi attendo che diano lo stop per cercare un varco nella fila per lo stand dei panini. Con mia amara sorpresa la vedo già allungarsi fino alle finestre esterne, così mi rimetto comodo e riprendo a sgranocchiare M&Ms e noccioline salate. Davide ha iniziato ad azzannare il suo panino e mi consiglia di andare a comprare qualcosa, anche se il tempo scarseggia; fuori vedo ciò che fa al caso mio: quattro ragazzi si stanno dirigendo in fretta verso un supermercato dietro l'angolo e ora che ci penso il mio portafoglio langue. Torno quasi alla fine della pausa pranzo con due piadine farcite e una bottiglietta d'acqua: meglio di niente, o per meglio dire, meglio delle schifezze zuccherate che ho ingerito in continuazione. Approfitto della situazione di calma per fare un giro nel locale: a Nord vedo due rampe di scale chiuse e il bagno ricolmo di gente; nell'altro corridoio la gente sta lentamente tornando ma sembra assonnata e ormai provata, l'aria è colma dell'odore acre di sudore di un centinaio di persone circa; in effetti anche io ormai non sono più profumato. Ruolare in maniera così dura per così tanto tempo, continuativamente, è qualcosa di sfiancante. Non oso pensare alla fatica dei Master. Alle 14 e 30 passate, tutti rientriamo e ci sediamo sui nostri sgabelli contemplando il tavolo spoglio per qualche minuto, finché il nostro cicerone non ripone il “copione” davanti a sé e ci omaggia con nuove mappe e nuovi fogli di istruzioni e limitazioni (ogni successiva trance possiamo usare sempre meno vantaggi; quelli già sprecati, semplicemente scompaiono). La terza fase è l'infiltrazione in una base segreta di cultisti (tanto poco originale, quanto stranamente esaltante, forse perché è da tempo che on gioco direttamente, senza arbitrare). Decido che è arrivato il momento di sfoderare tutta la mia esperienza acquisita in anni di campagne di D&D e riesco a suggerire diverse ottime strategie (come fingere di essere un cultista travestito per poi allontanarne qualcuno e tramortirlo in un bagno) che, comunque lascio che siano gli altrui personaggi a portare a termine, anche perché il mio non lo permetterebbe alla lunga. Io e Davide forse siamo quelli più affiatati , così mi rivolgo spesso a lui e a lui faccio sovente battute. Inizio a pensare che come sezione sia stata pensata per durare poco, dato che in breve otteniamo, la confessione di un cultista immischiato coi Cassalanter, su come entrare nella casa della Contessa (tutti i cultisti e i diabolisti sono nobili; tutti i nobili si conoscono; tutti i nobili sono legati ai Cassalanter; ergo, i Cassalanter sono dei diabolisti sfegatati). Peccato, perché la mappa e la situazione erano davvero affascinanti e decadenti, nonostante la banalità narrativa dell'aggancio: una casa abbandonata in una zona malfamata della città, scagnozzi cultisti con maschere inquietanti, uscite segrete che partono da un pozzo in giardino e sbucano, dalle fogne, dentro un bagno. L'ultima fase ha inizio solo dopo che ci viene spiegata la sua struttura: giocheremo normalmente per quasi tutta la sezione, ma ci sarà un momento in cui dovremo usare dei ventagli di carta per comunicare

116 in un linguaggio segreto ed eludere la sorveglianza della festa in maschera per rubare la gemma. Veniamo, pertanto, forniti di fisarmoniche di carta piegata e decidiamo come impiegare al meglio le nostre tattiche in un quarto d'ora. A questo punto nessuno di noi sa quanti punti abbiamo così Davide chiede se possiamo saperlo , ma il Master risponde con un laconico:”Eh, così, così...”, mentre sfoglia il suo plico con aria assente. Abbiamo ora deciso che alcuni pg saranno fuori dalla villa , altri dentro sotto mentite spoglie e agiranno in maniera diversificata: io intratterrò guardie e astanti con la dialettica e le conoscenze, Davide tenterà di usare l'invisibilità per muoversi e rubare la gemma. Michele dovrà sedurre la contessa e gli altri due saranno fuori a coprire la fuga. Sembra un piano ben fatto. Ma nulla è sicuro, se si tratta di mandare all'aria le decisioni di un party ad un party: il gioco dell'interpretazione ha effetto un po' troppo bene sulla Contessa che viene quasi raggirata da Michele a mostrare solo a lui la gemma (con una prova di interpretazione vagamente oscena, ma decisamente divertente del Master), cosa che manda all'aria i piani in generale, perché off-game comunichiamo, ma in-game i nostri pg non possono più coordinarsi. Per fortuna, la Contessa non cede alle avances (è stato solo un siparietto divertente e un poco sessista) e procede all'apertura della sala a cui pochi partecipano (tra cui il mio Curondo che si è finto un mercante da una lontana terra). Ci diciamo che è la volta buona e di fianco a noi, anche gli altri tavoli si scaldano, nell'attesa dei risultati finali. La descrizione della scena è pressapoco questa: in una stanza illuminata al centro , e coperta di arazzi con due finestre sullo sfondo, si vede una grossa teca, come quella di Paperon de' Paperoni (sic!) nella quale è posata una sfera luminosa e abbastanza grossa. Gli invitati entrano e si posizionano sulle panche ; le guardie pattugliano la sala e l'entrata. I portoni si chiudono dietro me e Davide; lui, invisibile (grazie a un oggetto che ha acquistato tra le scene), si posiziona dietro un velo. Io mi siedo a poca distanza dalla teca. Viene il momento di creare un diversivo, così guardando tra i meandri della scheda prestampata, scopro la presenza di un animaletto da compagnia (un piccolo topolino grigio) e chiedo al Master se posso fargli distrarre guardie e astanti. Nel frattempo ho già fatto un segnale off-game col ventaglio a Davide , che si è messo dietro la teca di soppiatto ed è pronto a lanciare un incantesimo (nube di nebbia), non appena il caos è scoppiato. La scena mi ricorda i migliori film dei fratelli Cohen: la distrazione ha effetto a metà, il topo viene schiacciato da una guardia che corre a chiamare un garzone, le signore aristocratiche svengono, la contessa diviene un fuoco, le nebbia è dovunque, io non sono sicuro di poter scappare e il pg di Davide cerca a stento di infrangere la porta. Ma la pietra è in mano nostra. È un caos di sudore, risa, fatica, voci rauche , dadi che corrono sotto i tavoli e battute a non finire; il tavolo alla nostra destra, nel frattempo, ha già finito il compito e il loro Master impellicciato lo urla all'intera fila:” Oh no... Beh, temo non saremo di certo i primi in graduatoria...”, dico infervorato a Davide. La porta della sala si sta per chiudere, ma il ladro di Davide sgattaiola fuori miracolosamente (tanto che non so, in realtà, se sia un piccolo tiro del Master che è buono e caro con noi); l'unico problema è la presenza di una strana guardia che riesce a vederlo oltre la coltre di invisibilità. L'unica opzione che Davide ha è correre e lanciare la gemma oltre il cancello, mentre il pg di Michele tenta di fermare

117 l'assalitore. Stop. “E anche qui abbiamo dei vincitori! Abbiamo la gemma!” Urla il master-pirata. La prosecuzione non è lineare per tutti, anche se siamo uno degli ultimi gruppi, c'è ancora chi deve entrare in quella maledetta sala con la gemma: passano poi circa una quarantina di minuti. Gli organizzatori si riuniscono assieme ai Master e dopo poco ci invitano a sistemarci in raccolta nel corridoio-Est. Vicino alle scale è stato sistemato un banco con delle postazioni di pc e delle sedie, noi siamo assiepati attorno a una teoria di trofei in ottone e finto argento, sacchetti chiusi e gadgets. Ormai sono le 19 e 30 e decido di fare preventivamente lo zaino. Uscito dal bagno sento che stanno già elencando i meriti e i punteggi. Non molto inaspettatamente, siamo tra gli ultimi. I primi classificati, in maniera in effetti inaspettata, sono i nostri vicini di tavolo ad essere arrivati primi e vengono insigniti del titolo di “eroi di Waterdeep”, vengono fotografati212 (sì, c'è un fotografo ufficiale) e so che qualcuno fa anche un filmato con il cellulare. I vari Narratori mascherati distribuiscono poi dei gadgets (dadi, sacchetti porta-dadi) a chi è arrivato secondo e terzo e ricevono una bella ovazione per la pazienza e la performance in costume (a un certo punto hanno in effetti dovuto cambiare per poco gruppi di gioco, dato che la trama dell'evento lo prevedeva). Come ultimo sviluppo, veniamo dotati al tavolo di due foglietti fotocopiati ciascuno e ci viene spiegato che sono “tokens” da usare nelle successive sessioni dell'Adventure League Italia che si terranno a Padova (si tratta di oggetti o di eventi che possono essere attivati solo in-game, durante gli eventi; cosa che mi ricorda molto da vicino una meccanica video-ludica). I miei compari mi paiono molto contenti di poterli riutilizzare e partecipare a un altro evento, io, d'altro canto, non riesco a farmi piacere per nulla la cosa, per abitudini personali e formazione come giocatore e Master. Mentre attendo che Davide dia istruzioni a Pietro, suo collega, circa le ripetizioni di fisica che devono dare in laboratorio, tiro fuori la giacchetta con cappuccio perché ha iniziato a piovere da qualche minuto. Sono le 19 e 50, la pioggia ormai è riuscita a bagnarmi le scarpe, ma almeno sono giunto alla macchina. Poggio lo zaino nel sedile posteriore, allaccio la cintura e cullato dal rumore della pioggia cerco di chiudere gli occhi, perché sento la tensione adrenalinica e la caffeina scemare e salire un'inarrestabile stanchezza. Mi dispiacerebbe lasciare il mio compagno solo nel ritorno per cui almeno un poco decido di parlare con lui dell'esperienza: gli spiego che non è propriamente lo stile che immagino quando parlo di “gioco di ruolo”, esattamente come non amerei dover giocare su un interfaccia a distanza con altri online. Lui mi risponde che potrebbe piacergli come cosa e il suo amico già c'è dentro, per cui alle altre League pensa di andare, impegni permettendo; gli ricordo con fare ironico che abbiamo anche la nostra campagna con me come Narratore in ballo e sarebbe meglio portarla avanti, dato che è entrato da poco. La pioggia copre tutto, persino le luci della strada e dopo aver quasi rischiato il frontale con una Golf in un vicoletto, mi rilasso e cedo al sonno fino a Via Rinascita.

212 Illustrazione 9 Appendice

118 Un tavolo, una mappa, sette dadi, un foglio e una matita

Eccoti, di nuovo, nella stanza. Hai comprato i bristol e dopo tanto tempo sbozzi una mappa. Hai preso pure un set di dadi nuovo e una confezione da dodici lapis Fila gommati, per quanto ce ne siano già decine. “La stanza profonda”- Vanni Santoni

I miei ricordi spaziano fino al 2001 o al 2002, anni in cui presi le prime dimestichezze con un sistema di gioco fantasy come D&D nella sua edizione 3.5, dotato di non comune difficoltà di apprendimento, aveva almeno il pregio di essere per l'epoca parco di manuali (in seguito non lo sarebbe stato più e me ne accorsi dopo qualche anno solamente). Con i tre manuali-base che di solito compravano uno o due di noi, andavamo al parco sotto casa e in tre o quattro si decideva a rotazione chi facesse il master, anche se a quel tempo preferivo assai di più giocare. Con noi avevamo sempre uno o due set di dadi poliedrici in plastica nera; i miei provenivano da una scatola introduttiva della Seconda Edizione italiana, avevano i numeri dipinti in bianco sulla plastica nera e li infilavo tutti e sei dentro un piccolo sacchetto di feltro da cui strabordavano. Giocare su un tavolo di legno ad assi con panchine ai lati molto spesso si faceva cadere, sporcare e bagnare ; poi si perdevano e ora, di quel set, me ne rimane solo uno: un vecchio ottaedro nero, che di fianco ai set da sette dadi sponsorizzati dalla Paizo Games fa veramente una brutta figura. Le schede venivano stampate quasi sempre dalla quarta di copertina o direttamente da una prima fotocopia-matrice o, per chi sapeva fare, da un primitivo formato in pdf che passava nel gruppo; erano tutte, ovviamente in bianco e nero. Noi le riempivamo di calcoli e annotazioni a matita oltre ai form da compilare necessariamente. Gli strascichi delle gomme, lasciavano scie nerastre e porzioni di vecchie note semi-cancellate o incise nel campo bianco; le macchie di tè e di qualche pizza al pomodoro ne corrompevano la superficie e rimanevano, testimoni silenti di una serie di dis-avventure o successi quantomeno discreti, ma mai eccezionali. Il nostro era un mondo di oggetti e di spazi negoziabili e sostituibili (poco importava se ci mancavano fogli o dadi, sicuramente li potevamo prendere in prestito e potevamo scrivere tranquillamente a mano tutti i parametri di cui avevamo bisogno. Nel capitolo introduttivo ho descritto a grandi linee come si gioca di ruolo, prendendo a esempio alcuni giochi della corrente mainstream e che tipo di oggetti siano utili in tal senso. Generalmente, il gioco di ruolo analogico è povero di risorse materiali: nell'immaginario condiviso e nell'idea dei creatori (che ricordiamo essere stati appassionati di wargame analogico), vi è la riduzione del campo di gioco a poco altro rispetto a mappe, schede, matite e dadi ed eventualmente miniature (singole miniature e non battaglioni): “Rules for fantastic medieval wargames campaigns playable with paper and pencil and

119 miniatures” nella formulazione originale (vedasi Gygax 1974) , che sfruttano un qualsiasi supporto orizzontale sufficientemente piano. Come, tuttavia abbiamo già chiarito,l'evoluzione culturale e tecnica delle forme espressive e della sofisticazione di design ludico, portò all'aumento di strumentazione necessaria per una fruizione completa (tutti corollari abbastanza scontati di una serie di pratiche condivise da giocatori e Narratori): schermi del Narratore che non permettono la visione di appunti e tiri, mappe quadrettate preimpostate, miniature sempre più realistiche e differenziate, set di dadi personalizzati e manuali di espansione e ambientazione (si calcola che la sola edizione di D&D 3.0/3.5 conti più di 140 manuali cartacei, compresi i tre manuali-base, senza poi contare le edizioni delle case indipendenti come la Mongoose ins. cit . sitografica pie di pagina ). Il tavolo da gioco si riempie di accessori dove già erano posizionati supporti come bottiglie d'acqua, bicchieri, patatine, noccioline, popcorn, cola, pizza, qualche caramella gommosa e dei disegni personalizzati da appiccicare su un taccuino personalizzato. Tutto questo è inserito in uno spazio esistenziale (perché fruito anche per scopi domestici legati alla vita quotidiana) e in un “setting” scenografico in cui ogni elemento trova la sua collocazione, anche in relazione allo strutturarsi del potere e dell'”autorità ludica”. Qui gli spazi sono più vari e aperti; non è comparsa mai una logica di clausura e nascondimento , semmai qualche raro conflitto quando i limiti fenomenologici (suoni, odori, oggetti) del gioco e del suo contesto, sconfinavano negli ambiti domestici gestiti da altri individui o viceversa in una sorta di scivolamento (in più di una serata nel gruppo masterizzato da Marco da L. a Musile, il fumo della sigaretta elettronica di Giorgio P, uno dei giocatori di più lunga data, ha provocato più volte la rabbia della compagna del Master,oltre che il nostro fastidio per la pervasività del fumo e in un'occasione di sessione col gruppo di Dario P. a S. Alvise il volume della televisione utilizzata dalla madre ha coperto le descrizioni del Master causando tensione fra inquilini (come da note di campo del 24/06/2017, 01/05/2017, 05/05/2017 e 18/05/2017 ). Nella loro fisicità, spazi e oggetti, si uniscono all'”immaterialità” del soundscape, dettaglio ambientale fondamentale all'interno dell'occasione (per il concetto di soundscape, rimando al capitolo sulla cornice teorica e a Schafer R.M. 1977) e costituito in larga parte dalla partecipazione enunciativo- descrittiva dei giocatori in serie o turni di “enunciato-reazione-enunciato”, dai discorsi “a latere” (già noti nell'ambito dell'interazionismo simbolico sia in chiave prettamente sociale, come in Goffman 1959; sia in chiave espressivo-emotiva in Fine, 2012: 85-87) di carattere scherzoso che possono coinvolgere più partecipanti e dall'eventuale presenza di una “colonna sonora” che può essere originata da computer portatili collegati a impianti stereo,da smartphone semplicemente poggiati sul tavolo di gioco o da mp3 e altri dispositivi (nell'occasione della sessione di D&D giocata a casa di Dario il 09/07/2017 l'accompagnamento proveniva dallo smartphone di Andrea M. scollegato da fonte di alimentazione, poggiato a lato del tavolo, che riproduceva da Youtube brani della colonna sonora di “Bloodborne”, videogioco di ruolo d'azione della casa From Software, da poco tempo, in quel caso, uscito). Il tavolo di gioco in varie occasioni, può persino cambiare, come composizione, affollamento, oppure è lo stesso ambiente circostante a mutare: a casa di Dario P. (Sant'Alvise) nel corso delle sessioni, si può

120 accedere a tre ambienti differenti: il salotto, con un grande tavolo in vetro sorretto da gambe di legno a liste congiungentisi, proprio di fronte al divano e alla televisione, ampio e spazioso anche in caso si debba cenare o condividere qualche snack, passare fogli e manuali e tutto il necessario per disegnare mappe all'occorrenza, la camera da letto di Dario, situata al secondo piano dell'abitazione (costruita sulla base di un ex alloggio per marinai, mi ha detto in una comunicazione privata), piccola, ha uno spiazzo centrale di fronte al letto a castello e alla scrivania con il computer fisso, file di videogiochi, una miniatura in poliestere di Pip-boy da “Fallout 3” (Bethesda 2008) in cui ci siamo messi, intorno a un pouf dotato di supporto usato come tavolo, poco stabile, ma molto pratico (vedasi note di campo del 23/05/2016 e 15/06/2016) in cui possono stare le sacche per dadi mie e di Sofia e la scatolina di Andrea col suo set, una mappa su foglio A4, qualche matita e uno o due manuali impilati; il pc portatile di Dario o se lo poggiava sulle ginocchia o sul tavolo, ma rimaneva comunque un dispositivo essenziale per la presenza nella memoria interna di numerosi manuali in formato pdf da poter consultare: gli oggetti che circolano nelle sessioni sono per forza anche di natura ipertestuale, come, appunto i documenti di riferimento o le informazioni da siti, forum o pagine Facebook immediatamente disponibili e virtualmente accessibili. Ovviamente le azioni sul tavolino sono confusionarie e in più di un'occasione è anche capitato che per Dario ci volesse almeno un quarto d'ora per trovare un foglio con dei riferimenti scritti di suo pugno. In effetti, come nella scena al parco già menzionata, la ri-localizzazione del setting con movimento di oggetti, cambio di ambiente e riappropriazione della stabilità cognitiva utile a metter nuovamente in piedi la cornice narrativa e la cornice del gioco, il disturbo può essere fatale per un'intera sessione (personalmente ho percepito spesso a casa di Dario questo peso intellettivo e fisico, a differenza di Andrea che è abituato a queste pratiche di Dario). Infine, il terzo ambiente e, direi quello più ingombro di oggetti significativi all'interno dell'esperienza di gruppo di Sant'Alvise, è un secondo locale ricavato al piano terra dell'abitazione, con tre lati sulla calle perpendicolare alla fondamenta, finestrato solo su due lati, quello ovest e quello sud. L'ambiente è poco coibentato e d'estate è caldo-umido, d'inverno solo freddo (perché manca il riscaldamento). Sulla parete Nord e quella Est, subito dopo un'anticamera ingombra di tavolini, carte, vecchi costumi da carnevale, ingranaggi e polvere, si trovano due mobili- biblioteca con volumi di saggistica (a volte anche doppi), manuali di architettura e romanzi, perlopiù di fantascienza e fantasy (in edizioni vecchie e probabilmente preziose per assenza di ristampa, come la Nord e l'Armenia, che curiosamente ha edito i romanzi di E.R. Salvatore sulla “Saga di Drizz't”, ambientato nel famoso mondo creato per ospitare le regole di D&D, nel lontano 1982, da Ed Greenwood). Di fronte c'è uno specchio pendente con un bancale adattato a tavolino che ospita un modello in scala di un edificio (Dario studia Architettura allo IUAV e a volte mi confessa di lasciare i modelli in disordine per noia) e nel centro due tavoli sono uniti per formare un pianale adatto al gioco: un foglio di compensato unito da due treppiedi e un vecchio tavolo da gioco della Playmobil, reminescenza dell'infanzia. Nel corso dell'intervista del 10/07/2016, Dario mi ha mostrato la sistemazione del doppio foglio di compensato e la creazione di una mappa quadrettata stampata in A0 e creata con “Auto-cad”,

121 applicata su un cartone resistente e poi coperta da due fogli di plexiglass sottili: unendo i tavoli sarebbe stato possibile avere i manuali e gli oggetti utili sul tavolo di plastica, le miniature (segnalini di cartone) e i fogli sopra il compensato con accanto la mappa, senza doverne disegnare sempre una piccola da quaderno con scarsa visibilità. L'unica pecca è stata la poca trasportabilità da un ambiente all'altro. Finché alla fiera Play di Modena del 2017 non h acquistato una serie di mappe stampate in plastica scrivibile e cancellabile , quadrettata e abbastanza ampia; purtroppo in alcune sessioni è stata ignorata o soppiantata dalla velocità di disegno su carta del Master (vedasi note di campo del 09/04/2017), il che mi ha portato molte volte a pensare che, più che la praticità tattica, quando ci si concentra su una serie di risoluzioni regolistiche (combattimenti, prove di abilità di vario tipo da determinare con più lanci di dado), conti l'immersione e la stabilità con cui la si mantiene: per Dario la “mappa”conta abbastanza, ma rimane nell'insieme un supporto al gioco, se non è di per sé un rafforzante di qualche descrizione introduttiva (nell'intervista di cui sopra, mi ha confessato che le sue carenze descrittive vengono colmate dalla sua perizia e bravura nel disegnare mappe credibili dal punto di vista topografico, che disegna e immagina ore prima della sessione). Nella sessione che abbiamo condotto al piano inferiore del 05/06/2016, inaugurando la plancia di plexiglass, Dario è riuscito a disegnare in poco tempo una mappa proporzionata e dettagliata di una catacomba sotterranea abbandonata molto ampia (ha quindi scalato la metratura in maniera adeguata, circa “trenta metri per quadretto”), formata da una sala centrale circolare e varie stanze circostanti, che disegnava, man mano che i nostri personaggi venivano là diretti dalle nostre risposte. In questo caso c'è stato un feedback costante a livello narrativo (nella cornice diegetica) e a livello di mappatura (dunque all'interno della cornice di gioco), un espediente che ha portato tutti noi giocatori a immergerci di più e a ricevere una gratificazione intensa ogni volta che “ci” imbattevamo in nuovi particolari: io e Maria abbiamo deciso di esplorare un deposito militare, mentre Andrea ha deciso di approfondire la conoscenza di una biblioteca su più piani e la divisione dell'attenzione non ha causato grossi problemi alla presenza del Master Dario. In tutti e tre gli spostamenti il Master ha sempre assunto posizioni in evidenza: ha cioè occupato spazi sopraelevati, in genere coperto dal proprio pc-breviario- macchina per effetti e circondato dai manuali; in camera aveva sempre a disposizione la scrivania, sul tavolo della sala il lato del tavolo che sta di fronte alla TV e nel piano terra il lato di fronte allo specchio. La mia esperienza come Master invece è ricominciata nella primavera-estate del 2016, passando per una disposizione minima di spazio in un tavolo circolare della cucina, ma solo quando le altre due mie coinquiline erano assenti. La cucina stessa dell'appartamento di San Polo, era molto piccola, il tavolo era addossato alle finestre della cucina e le sedie in numero di tre occupavano metà dello spazio. La prima sessione di prova con solo Claudia e Andrea, si è svolta nella mancanza assoluta di mappe quadrettate, con solo le schede , i loro dadi e una pila dei miei manuali , praticamente inutilizzati per la poca manovrabilità, accanto a un pc portatile che mi ha fornito l'essenziale per le statistiche di nemici e prove da superare necessari (note di campo sessione del 15/04/2016). Vi era anche il necessario per rinfrancarsi e il tavolo aveva terminato lo spazio disponibile. La seconda volta, una settimana dopo, circa, ci siamo

122 spostati tutti (Io, Lucia, Andrea, Claudia e Silvia), in camera mia, comunque stretta tra l'altra stanza doppia e la cucina, ma più estesa per il lungo, in modo da lasciare stendere i giocatori sul pavimento. Sono riuscito poi a collegare il pc e usarlo come riferimento e colonna sonora (che avevo scaricato,creando una playlist su Media Player). Le difficoltà più grandi erano senz'altro: la distanza fisica tra me e gli altri, perché stavo sul letto, quasi steso o con le gambe accavallate, mentre tutti i giocatori di fronte e attorno, con Andrea sull'unica poltroncina. Mi sono trasferito a Marghera nell'autunno del 2016 e ho trovato un ottimo posto in cui tenere le sessioni: la nostra casa è una costruzione bi-familiare su due piani (io occupo una singola al primo piano e siamo un totale di quattro inquilini), molto spaziosa all'interno, ma anche molto vecchia (costruzione popolare del 1964), che tuttavia possiede un'ampia sala con funzione di soggiorno, chiamata per celia “La sala degli specchi” (in onore di quella famosa a Versailles), in cui, a parte gli specchi, vi è un grande tavolo centrale ben illuminato e ampie poltrone con divano, mobili a specchio capienti e un'ampia porta-finestra che dà sul giardinetto. Ho deciso sin dall'inizio di posizionarmi dando il fronte allo specchio, per evitare occhiate furtive al materiale, poi ho sistemato una plancia al centro, con blocchi, matite, pennarelli, gomme, riferimenti stampati, manuali utili e bicchieri. Oltre lo schermo del Dungeon Master che ho acquistato ho sistemato computer e quadernone ad anelli (vedasi note di campo della sessione 07/04/2017). In questo caso le mappe che abbiamo noi non sono tante e complesse come quelle di Dario: all'inizio di una sessione di Marzo (dopo l'uscita a San Sebastiano), ho deciso di ridisegnare due mappe su carta quadrettata da 0,5, raffiguranti la “Cittadella Sprofondata”, un elemento architettonico importante della mia campagna (vedi le note di campo che vanno dal 09/03 al 08/06/2017) che ho rielaborato da un modulo preparato di avventura edito dalla Wizards of The Coast, “Sunless citadel” nel 2000 ( in Italia edita come “La cittadella senza sole” dalla 25th Edition-Panini, 2001 ), una per me, completa con l'indicazione a vari colori di “porte chiuse” o “porte aperte”, di “trappole”, prove necessarie per superarle e annotazioni a lato sull'ecologia e una mappa per il gruppo di giocatori che presenta solo le parti esplorate da loro, senza annotazioni a parte le loro , a matita; stratificazione di narrazioni, incomprensioni, maneggi, rielaborazioni e dunque cancellature e sovrascritture a vari colori di pastello. La plancia in plastica è stata spesso marchiata con pennarelli nero, verde e rosso cancellabili e vi sono state poggiate sopra miniature di carta piegata, simbolo di nemici e personaggi. Essa ha anche avuto funzione di spazio di tiro per i dadi e ognuno ha il proprio set o i propri (come me); Silvia mi ha persino raccontato che i suoi dadi, incisi con motivi floreali, profumano (comunicazione personale avvenuta su whatsapp). Al massimo a chi li dimentica, gliene presto almeno un set. La mia volontà di rendere tutto perfetto o comunque aderente a un'ideale di organizzazione, mi ha fatto produrre una spazialità chiaramente gerarchica, per cui gli occhi di tutti sono puntati allo schermo in direzione della voce che da là proviene, dalla parte rivolta all'esterno di un tavolo rettangolare. La mia sedia, che ho portato con me dal trasloco, è più alta (e credo ulteriormente alzabile) e girevole. Anche Dario per sé teneva posizioni lievemente rialzate,ma in un contesto espositico di circolarità e quasi di raccoglimento (la sua camera, il

123 suo studiolo, il tavolo da pranzo); sono abitudini collaudate da un gruppo o più gruppi interrelati che hanno esperienza di lunga data e di sistemi ludici analogici pregressa. In una delle mie prime sessioni da Osservatore non partecipante, che ho registrato il 21/05/2016, notai che la disposizione del master Andrea (che abita poco distante da casa di Dario, sempre a S.Alvise) era casuale attorno a un tavolo bianco della sala, con le sole bottiglie d'acqua e i relativi bicchieri; attorno a lui qualche foglio e il suo unico set di dadi scolpiti con caratteri alieni ispirati al mondo fantastico di Lovecraft (passione che lo ha spinto anche a sperimentare il gdr “Call of Cthuluh” : vedasi le note di campo del 10/03/2017 e le interviste del 15/07/2016 e del 29/09/2017). È stato un po' come se avesse un suo canovaccio pronto, i riferimenti su un tablet e non ci fossero divisori fra i partecipanti, nemmeno in occasione della sessione di Call of Cthuluh in cui la Narrazione è stata portata avanti da lui dopo una cena veloce, con giocatori con poca o molta esperienza , ma nuovi quanto lui del sistema, cosa che mi ha lasciato pensare al tempo che di solito deve impiegare per preparare le sue scene, in quest'ultimo caso disposte su un file formato Word nel pc Apple di Francesca, sua ragazza e nostra ospite; in quel caso io da esterno al gioco ho potuto osservare i fogli word e i radi appunti scritti che teneva insieme a una mappa scarna, ma funzionale dell'Accademia inglese immaginaria, ambientazione centrale della narrazione d'indagine (come si evince da intervista del 15/07/2016 , pare impieghi due o tre ore nei momenti di commutazione fra Venezia, Padova e viceversa , dato che studia là). D'altronde ha nei suoi “gruppi condivisi” una maggioranza di giocatori esperti e di lunga data come Dario e Alvise , a cui non servirebbe nascondere dettagli numerici, basta solo non leggere ad alta voce la propria storia. Per quanto mi riguarda, ho provato più volte il sottile piacere che concerne il “prendersi cura” di giocatori nuovi come Claudia e Silvia, Andrea e la mia ragazza Lucia e in questo farmi Master consapevole ho cercato anche di imprimere al setting una forma autoritaria , separativa, ma immersivamente efficace. Una disposizione che ho notato nella sessione del 20/05/2017 Narrata da Sebastiano alla Giudecca: la casa (che non è di Sebastiano, ma di Giulio un suo amico giocatore) era l'ambiente e il setting si sviluppava sul tavolo della cucina , piccola, che dava su un cortiletto interno; il soggiorno ricavato nello stesso ambiente aveva una sezione dedicata alla manualistica di ruolo e ai videogiochi (ho notato manuali di D&D e varie custodie di giochi per la Playstation 3 ). Sul tavolo i giocatori avevano già disposto tutto al mio arrivo, quindi piccola plancia a quadri, miniature di vari colori e matite; le schede del personaggio di Pathfinder in mano e il manuale Base in un angolo, vicino allo schermo di Sebastiano che dietro aveva applicato con delle graffette due fogli protocollo A4 pieni di trama. Non esistevano spazi fra le righe e non erano presenti mappe. Tra tutti i partecipanti non mancavano i dadi, ma Maria ne era sprovvista (come capitava spesso anche con la campagna di Dario, per cui prendeva in prestito i miei o quelli di Dario stesso), così Hata (soprannome reale), amico di Sebastiano le passava all'occorrenza i suoi. Disposizione efficace in presenza di giocatori comunque esperti. Il gruppo degli amici di Eric, d'altro canto, ha una concezione dello spazio ludico oscillante e pragmatica: da un lato vi è lo spazio consueto delle abitazioni private, comune anche agli altri gruppi, lo spazio aperto

124 ed estraneo del locale ristorante tatticamente trasformato in ludoteca temporanee poi c'è lo spazio della ludoteca nella memoria di gioco collettiva (che attraversa sistemi di regole e periodi biografici differenti). L'abitazione è quella di Marco a Musile di Piave e qui abbiamo un setting stabilito sul tavolo del soggiorno , davanti alle porte-finestra, su una sala arredata con richiami costanti alla cultura popolare mediatica di metà anni'90, inizio 2000 (action figures di Batman, di Pegasus di Saint Seiya, completo di armatura accanto a una più recente figure di Oscar di Astora un personaggio comprimario dell'universo fantasy del videogioco From Software, Dark Souls) e ad accenni di cultura cinematografica e seriale (sulla parete di fronte al televisore sono incorniciate due riproduzioni in scala 1:1: della spada dello stregone di Angmar del “Signore degli Anelli” targato Peter Jackson e della spada in acciaio di Valyria donata a John Snow dalla serie HBO “Game of thrones”). Da tempo, Giorgio, Walter, Eric, Davide e Alfonso danno per scontato che ci si trovi qui, sicuramente per le condizioni di insicurezza e mancanza di spazio dei più, ma poi anche per una sorta di “pigrizia” logistica da parte di Marco (in varie sessioni da osservatore partecipante e non, non ha mai fatto una campagna Narrata da lui all'esterno di casa sua. Qui ha ogni manuale della edizione 3.5 di D&D, che ha acquistato nel tempo (uno dei suoi preferiti, che usa per fare “build” complesse è quello del “Liber Mortis” , edito nel 2004 dalla WotC), qui può avere la comodità delle vivande e di un tavolo abbastanza lungo da ospitare i quattro o cinque giocatori (ed eventualmente ricercatori). La seconda abitazione in cui il gruppo di amici ha avuto accesso durante la mia osservazione, per giocare le campagne di Walter è la casa in ristrutturazione in cui il Master stesso andrà ad abitare, un secondo piano di una villetta a schiera un poco fatiscente, nel centro di Salzano, senza acqua corrente e illuminazione, se non per una piccola luce da giardino attaccata a un gazebo in terrazzo che abbiamo eletto (come da note di campo del 13/07/2017) come nostra postazione. Il tavolo è stato ricavato da un banco da lavoro di assi parallele (quindi con spazi notevoli fra di esse), con sedie di plastica già presenti sul posto e qui abbiamo anche mangiato con le mani e senza bicchieri la pizza. La situazione si è modificata quando abbiamo iniziato a giocare, per il fatto che Walter occupava comunque una posizione a capo tavola e aveva con sé una serie di riferimenti sul suo tablet, un supporto musicale tramite il secondo tablet di Giorgio e una mappa disegnata e stampata da lui sul luogo di lavoro (una tipografia del veneziano), raffigurante le regioni continentali del mondo di “The War” (idea creativa che sta portando avanti con Marco e Giorgio). Il resto è per noi, le schede, i dadi di ciascuno, in appositi contenitori (ne avevo uno di feltro abbastanza grande da contenere circa sei-sette set), patatine, snack al burro di noccioline, bottiglie di Coca e acqua, manuali miei e di Marco, quaderni e raccoglitori, spray antizanzare, due zampironi, accendini e sigarette (in questo caso, a parte le pause per il bagno, nessuno ha fatto una pausa tattica). Come infatti emerge da più di un'intervista (vedi interviste a Giorgio e Walter rispettivamente del 23, 24, 25/05/2017 e del 10/05/2017), la scomodità e la relativa impreparazione non sembrano essere dei problemi, a patto che ci si diverta tutti (anche in quindici in una casa sola; condizione che metterebbe a dura prova un qualsiasi tipo di sistema di gioco che non sia un Live Action Role Play pensato per essere utilizzato da centinaia di persone con più Master coordinatori).

125 La situazione che ha confermato la costante abitudinaria della flessibilità nei confronti dell'ambiente e del setting è stata quella della sessione nel locale ristorante (in due occasioni per la stessa campagna Narrata da Giorgio; vedasi note di campo del 05/04/2017 e del 02/05/2017). Ero da poco ritornato a Marghera da Forlì e la sera stessa del 5 Aprile Giorgio mi ha invitato a far parte della sua campagna che avrebbe giocato in un ristorante-creperia vicino alla biblioteca civica di Mestre , in una perpendicolare di Via Piave. Sono venuto poi a sapere che il proprietario conosce il gruppo da tanto tempo e spesso ha anche organizzato serate collettive di giochi di società col permesso del comune per ospitare le serate a tema. Il tavolo su cui siamo sistemati è all'esterno, dato il caldo abbastanza precoce. Lo spazio non è poi molto e dobbiamo passare prima da una cena veloce a un gioco tardivo. Nello zaino ho portato manuali base, schede, dadi e dati essenziali, più un fascio di matite, in caso manchino del tutto e una mappa dell'ambientazione che Giorgio ha scelto (i Forgotten Realms di Greenwood). La mia plancia cancellabile quella sera è tornata utile, ma è stata piegata in due per adattarsi alla situazione spaziale ridotta: su di essa sono state tracciate e cancellate due o tre mappe di interni abbastanza lineari (grotte, scivoli di ghiaccio, pendii) e posizioni di nemici abbastanza imponenti. Nonostante la scomodità fisica di dover spostare bottiglie, bicchieri e fazzoletti, il disagio ambientale all'esterno è sempre stato minimo. La seconda volta , invece, ci siamo posizionati su un tavolo a un angolo seminascosto a sinistra dell'entrata, che inizialmente dava l'idea di essere al riparo dai disturbi, ma poi si è rivelato essere abbastanza funestato dai disturbi sonori ambientali (la TV della sala e gli avventori pochi, ma rumorosi)e forse dal fatto che a nostra volta, col vociare non troppo sommesso che tra Master e giocatori deve svilupparsi, davamo fastidio a qualche avventore. Lo spazio e la regolarità del piano hanno consentito anche di poter disporre di ausili grafici (la plancia, i manuali necessari e i tablet), dopo che la cameriera ha avuto modo di sparecchiare. I fattori di disturbo e di imbarazzo legati alla natura dell'ambiente di gioco hanno condizionato pesantemente la sessione, che quando non poteva procedere per mancanza di flusso comunicativo ininterrotto ha finito per essere dirottata su altri argomenti o sulla discussione delle regole (soprattutto da parte di Mamu, amico ingegnere informatico di Giorgio che ha monopolizzato il discorso tecnico più volte, causando l'irritazione del Master, come si evince dalla reazione raccontatami durante il colloquio del 10/05/2017).

Creazioni: Narratori e Giocatori

L’unica differenza tra la fantasia e la realtà è che la fantasia deve avere un senso. Tom Clancy

126 Nell'esperienza finale del mio periodo di osservazione, ho trovato molte somiglianze con i miei ricordi delle primissime sessioni ai tempi della Scuola Media. Per ciò che concerne la tematica della “creazione fantastica” che emerge necessariamente in sede di “Narrazione Condivisa”, si potrebbe parlare di “pastiche”, di “bricolage” di motivi, suggestioni, nomi, descrizioni, che hanno tra loro legami (ma non in senso aperto e infinito: la cornice interpretativa rimane sempre quella eretta dall'occasione ludica, dal tono, dal sistema di gioco e dal genere narrativo prediletto; vedi Eco 1979: 39,40). Come nella famosa definizione di Levi-Strauss sull'operazione di costruzione culturale:

“Il bricoleur è capace di eseguire un gran numero di compiti differenziati, ma diversamente dal progettista, egli non li subordina al possesso di materie prime e arnesi, concepiti e procurati espressamente per la realizzazione del suo progetto.

Il suo universo strumentale è chiuso e, per lui, la regola del gioco consiste nell’adattarsi sempre a ciò che dispone, cioè, a un insieme via, via finito di arnesi e di materiali, per altro eterocliti, strani e diversi...”

(C. Lévi-Strauss, 1962, La pensée sauvage, Plon, Paris, trad. Il pensiero selvaggio, Il saggiatore, Milano 1964, pp.30-31)

il Dungeon Master e con lui il Giocatore, attraverso le scelte operate dentro la cornice teatrale del ruolo, tessono una trama di riferimenti più o meno chiari a universi o enciclopedie di simboli, stratificati e condensati in “spazi semiotici”(o come direbbe Lotman, semiosfere) ricostruiti a partire da ulteriori sfere di significato eterogenee per provenienza storico-geografica, letterario-comunicativa e culturale (più spesso legate al cosiddetto mondo della cultura popolare, ma non sempre, dato che si possono cogliere riflessi di letterature “alte” e mitologici).

In una delle mie primissime osservazioni non partecipanti effettuate a S.Alvise (note di campo del 21/05/2016), a casa di Andrea M. che gestiva una campagna di D&D 3.5 come Narratore, ho potuto notare una ridondanza di temi e di riferimenti culturali allo , alla storia coloniale vittoriana e a veri e propri “indici nominali” di tale infatuazione (il mondo immaginario costruito per la campagna di D&D si chiama “Albion”, chiaro riferimento all'antico nome della Britannia, ma che è curiosamente anche un vecchio videogioco del 1995), che si riverberano poi nella scelta di quale sistema adottare con un determinato gruppo: Andrea mi ha spesso comunicato personalmente di voler dirigere una campagna basata sul sistema della Chaosium “Call of Cthuluh” (Settima edizione), che può essere facilmente espansa nel tempo e nello spazio della Narrazione in differenti ambientazioni (nel caso di Andrea la Londra vittoriana del 1890; nel particolare di un College; vedasi note di campo del 10/03/2017), la cui caratteristica è di essere adatto alle simulazioni investigative molto realistiche , quindi permetterebbe una costruzione aderente il più possibile alla realtà storica dell'ambientazione e dei personaggi. Anche per

127 quanto riguarda la costruzione immaginaria della campagna di Dario, ho udito svariate volte la presenza di una contaminazione letteraria, fino a che durante il corso di una sessione, Maria, una delle ultime giocatrici inserite non ha chiesto se la presenza di alcune “razze” nell'ambientazione di Eberron, rimaneggiata, non fossero le stesse di una serie di romanzi fantasy tedeschi (“La saga della Terra Nascosta” e “Le leggende degli Albi”, scritti da Markus Heitz tra il 2006 e il 2016), fatto poi confermato; il che non ha minimamente modificato la percezione di novità che Maria poteva nutrire nei confronti dell'intreccio sovrastante proposto da Dario. Da parte mia, ammetto in numerose circostanze di aver fatto uso di manuali già inseriti in un mondo di ambientazione immaginario sufficientemente ricco (Forgotten Realms; continente del Faêrun) e di averne rimaneggiate alcune porzioni geografiche (nella creazione della regione delle Marche d'Argento della mia campagna, modificandone la dimensione, la geografia politica e sociale) e alcune sezioni cronologiche, ossia il passato di regni e città stato e l'adattamento di alcune cronologie a seconda del background di ogni singolo personaggio. La campagna che ho cominciato come Narratore213 nel corso del 2016, ha messo parzialmente in crisi ogni mio preconcetto circa il costruire una campagna o arco narrativo convincente, che potesse sostenersi per anni e avesse sempre al centro il divertimento di ogni partecipante. La composizione del gruppo si è subito presentata nella sua varietà: le ragazze, ossia Claudia, Lucia e Silvia non avevano mai giocato di ruolo e l'unica che avesse anche solo carpito informazioni tramite amici o su Internet è stata Claudia; per il resto, Lucia ha inizialmente esitato, per l'unica ragione che reputava il passatempo difficile da apprendere e arduo da apprezzare, ma, anche grazie al collegamento indiretto con la passione continuativa della scrittura di fan fiction214. Quella passione immagino fosse proprio la stessa che prende qualsiasi giocatore alle prese con la creazione di un personaggio e del suo retroscena: cosa ha fatto prima di incontrarsi col gruppo di altri personaggi, quali siano le sue ambizioni e risorse e cosa si aspetti dalle interazioni con gli altri. Andrea ha giocato per pochissimo tempo a Dungeons&Dragons, in compagnia di alcuni suoi vecchi amici di Pordenone e ha ammesso lui stesso più volte che il tenore di gioco è sempre rimasto molto al di sotto della serietà minima per poter affrontare campagne di una certa lunghezza e complessità. Per quanto riguarda Silvia, la sua esperienza è stata brevissima e brutale, perché sarebbe stata prima interessata a unirsi a una compagnia nel periodo della scuola superiore, ma poi racconta di essere stata tralasciata dai ragazzi che frequentava solo per il fatto di essere femmina e, a parer loro, non adatta a dedicarsi al passatempo215. In effetti, avere un gruppo di quasi inesperti mi ha esaltato, perché avrei avuto più possibilità di stupire o creare reazioni positive introducendo il sistema di regole e le ambientazioni originali della Wizards of the Coast: ho utilizzato fin dal principio l'edizione 3.5 di D&D e le sue 213Presente nelle note di campo come Gruppo 1 e introdotta nelle registrazioni a partire dal 14/06/2016.

214Sotto il nome di fan fiction vanno annoverate produzioni scritte e pubblicate generalmente online che hanno come soggetto gli sviluppi narrativi ipotetici e fantasiosi di vario tenore, di storie originali prodotte in romanzi, film, videogiochi, fumetti, manga e altre opere popolari che spesso trapassano nell'ambito del gioco di ruolo cartaceo. Molti autori e autrici di fan fiction mettono per iscritto le loro partite in gdr analogico su forum e pagine dedicate.

215Come è emerso da una comunicazione personale a seguito di una sessione di gioco del 8/6/2017.

128 ambientazioni classiche, di cui ho vasta conoscenza, con qualche mio aggiustamento geografico e storico. Prima del 14 giugno del 2016 mi sono preso, in effetti, qualche giornata fra gli studi per concentrarmi sui possibili background dei personaggi di cui i giocatori mi avevano accennato, senza che io gestissi alcun parametro creativo: le idee sono state tutte e singolarmente originali, per quanto, magari, costrette dalla novità e dalla semplicità dei primi approcci. Claudia ha portato avanti l'idea di ri-creare, nel contesto del nostro gdr, un tipo di protagonista affine alle serie televisive di animazione che stava seguendo al tempo; ho seguito le sue indicazioni generali e abbiamo concordato di trasporre i suoi progetti nella forma concreta di un personaggio elusivo, che attacchi a distanze lunghe con un arco e abbia l'aspetto di un felino umanoide di sesso maschile216. Il carattere è stato interamente assemblato da lei per diretta ispirazione mediatica ed è stato deciso che dovesse chiamarsi Xavier, proprio come l'eroe della serie tv; da parte mia, ho accolto la decisione con malcelato fastidio per la stranezza e, forse anche inconsuetudine per un nome chiaramente di origine francese e stonante con l'intero mondo immaginario che andavo costruendo con attenzione, tanto che, spesso, mi sono trovato a cucire nomi a personaggi non giocanti appositamente lontani da sonorità comuni o riconducibili a una qualsiasi cultura reale.

Quello che avrei dovuto gestire sarebbe stata proprio la tendenza a voler controllare le decisioni e le impressioni dei “miei” giocatori, quindi, come prima mossa conciliante, ho deciso che Xavier sarebbe stato perfetto, fosse solo per evitare di avere come unica conclusione possibile un giocatore scontento e demotivato con le ali tarpate. La mia ragazza, Lucia, non aveva grandi idee originali e, forse neanche troppa voglia, così ho cercato di capire sin da subito, che tipo di personaggio volesse tirare fuori e le ho proposto delle alternative precostruite in base alle classi e ai parametri generici che i manuali fornivano e, infine, grazie anche all'ispirazione di una o più immagini fornite da Pinterest217, è riuscita a creare un personaggio giocante utilizzatore di magia, narrativamente legato a quello di Claudia, in quanto ragazza orfana dai tratti particolarmente strani, bisognosa di accompagnamento verso luoghi distanti per allontanarsi da pericolosi inseguitori.

Ogni idea base di personaggio dovrebbe contenere almeno una o più motivazioni e possibili legami con gli altri giocatori, fosse anche solo per rompere il ghiaccio nelle prime sessioni e avere occasioni per non annoiarsi. Andrea ha, invece, posto come carattere base uno stereotipo fantasy come quello del “mezz'uomo” , del piccolo ladruncolo tuttofare da strada, senza un vero passato interessante o traumatico, interessato a coltivare la propria ricchezza e fare i propri interessi al massimo delle possibilità: in una conversazione avuta prima della sessione del 14 giugno 2016 mi è stato confermato il voler rimanere con

216La fonte manualistica in questione è stata rintracciata fortunosamente in “Razze delle terre selvagge”, testo di espansione edito dalla Wizards dopo il 2003 e tradotto dall'italiana Twenty Five Edition srl. Fa parte di una serie di manuali integrativi riccamente illustrati, integralmente pensati per il regolamento base dell'edizione 3.5 di D&D, editi sulla scia del successo del formato editoriale a splatbook (per tale concetto si rimanda al capitolo di contestualizzazione).

217Social Network ideato per la condivisione di materiale fotografico e/o artistico, gestito tramite cerchie di interessi e gusti personali, con l'opzione di poter inserire like e following per avere nella schermata di profilo tutti i canali preferiti, i cui nuovi contenuti vengono di volta in volta segnalati.

129 un concept abbastanza scarno e poi arricchirlo mano a mano, cosa che, in effetti, non ho mai considerato seriamente, ma che dispenserebbe poi tanti partecipanti dall'ansia di creare qualcosa di originale, ma solo in parte e che potrebbe produrre decisioni nel corso del gioco disastrose o forzate.

Silvia mi ha sinceramente colpito sin da subito come giocatrice per il suo enorme entusiasmo e l'interesse che ha dimostrato anche prima della “sessione zero”, del 14 giugno, perchè ha attivamente collaborato alla stesura di un background completo, al quale, poi, ho solo aggiunto precisazioni e correzioni temporali, relative all'ambientazione dei Forgotten Realms, dovuti soprattutto dalla scelta di una “razza” giocabile, non proprio affine alla moralità eroica tipica dei personaggi di Dungeons&Dragons. Gli elfi “” (o semplicemente elfi scuri) vengono descritti in più manuali come malvagi, calcolatori e sfruttatori delle razze umanoidi più deboli all'interno di qualsiasi mondo immaginario vengano inseriti 218, abitanti decadenti del sottosuolo magico, cavalcatori di ragni enormi e altre tipologie di tropi letterari affini alla sword&sorcery219 vecchio stile, ma Silvia ha scelto di fare la parte della rinnegata di buon cuore che ha vissuto all'oscuro della cattiveria originaria della propria gente e dare al personaggio di Talyce220 una specializzazione curativa e di supporto, inserendosi nel cuore dell'ambientazione da me scelta, grazie alla dedizione divina che l'elfa ha da sempre sostenuto per una divinità benevola. Non solo mi è stato comunicato il tutto assieme alle mie integrazioni in una chat di Whatsapp di qualche giorno prima del ritrovo, ma mi sono ritrovato con quasi tutti i giocatori dotati di taccuino per segnare, come su un vero e proprio diario di viaggio, tutti gli accadimenti della giornata all'interno della cornice ludica, cosa che ha stabilito un precedente per me e mi ha convinto ad informarmi sulle possibili risposte che avrei potuto dare nel corso delle partite, tenendo conto anche della meticolosa attività dei partecipanti.

Certo, ho compreso che la creazione di queste sorta di “database” fanno parte a pieno titolo di una tipologia spontanea ed enciclopedica di creazione; idealmente sarebbero anche un pezzo del mondo che, sessione dopo sessione, siamo andati costruendo assieme, proprio perchè, perlomeno nella sezione diaristica di Silvia, viene impostato un punto di vista interno e non si fa menzione dei giocatori, ma solo dei personaggi, delle porzioni di mondo scoperte grazie alle mie descrizioni, corredate da disegni e schizzi tratteggiati grossolanamente per poter ricapitolare più efficacemente nell'occasione successiva. Durante tutte le sessioni alternate settimanalmente (tenendo conto dei vari impegni di ognuno, saltuariamente sono saltate) a partire da metà giugno e fino al luglio dell'anno successivo, Silvia e Andrea sono stati i due giocatori più prolifici di dettagli e illustrazioni che aiutassero tutti a ricordare e ad

218Anche in tutte le edizioni di “Pathfinder”, nonostante il regolamento di copyright della Open Gaming Licence non menzionasse nessun dettaglio creativo e narrativo da evitare, la razza dei drow è rimasta, anche nei cloni e nelle produzioni in licenza, malvagia e schiavista, con le rare eccezioni del caso.

219Per la definizione di sword&sorcery fantasy si rimanda al capitolo di contestualizzazione o più estesamente a Stableford 2009: 393-394.

220Non trovando un nome adeguato per il proprio personaggio drow, Silvia ha fatto ricorso a una lista compilata di appellativi divisi per aree culturali (nani, elfi, umani e altre razze), come quelle presenti più estensivamente in

130 immedesimarsi: nelle prime due pagine del taccuino di Silvia ho trovato con piacere tutti i dettagli che avevamo concordato circa l'origine particolare del personaggio, le notizie geografiche e storiche che avevo ricavato dal manuale di ambientazione221 e il percorso compiuto prima dell'inizio della campagna, che avrebbe potuto costituire un facile trampolino per nuove avventure, come emergerebbe dalle annotazioni schematiche: l'elfa scampata a una ritorsione dovrebbe essere al sicuro, ma pare che durante il viaggio di fuga sia riuscita a raccogliere informazioni utili per scoprire la presenza di mercenari e cacciatori ostili222.

Il diario di Andrea, più che un diario, assomiglia più a un'agenda o una serie di rimandi e collegamenti, un po' come in un quaderno di appunti di studio: i disegni sono veloci ed essenziali, il più delle volte tracciati a penna, ma anche a matita; la scrittura è veloce e a volte di difficile lettura, ma grazie alla scelta delle righe, al posto della carta quadrettata, la spaziatura è decente. In vari angoli del foglio sono state tracciate delle mappe molto stilizzate, come è avvenuto per Silvia e, al loro interno, sono stati sistemati dei pallini che dovrebbero simboleggiare i personaggi giocanti. Sarebbero dunque delle istantanee delle nostre sessioni, o, per meglio dire, delle fotografie di fine sessione, che darebbero un sostegno al ricapitolo degli avvenimenti successivo223. Anche le annotazioni dell'equipaggiamento e dei compiti assegnati nel gioco costituirebbero un modo efficace per tenere conto di quante più informazioni possibili ai fini di un più rapido coinvolgimento e di possibili future interazioni con il mondo condiviso di gioco.

Tale coinvolgimento è frutto della creatività narrativa in quanto diretta traspsizione dell'esperienza mentale dei giocatori, della loro visualizzazione collegata alle mie descrizioni e danno idea dell'importanza che attribuiscono a particolari e fantasie relativi all'ambientazione, che si sono poi combinate, anche nella mia testa, con le informazioni che ho raccolto online e che ho cucito insieme a partire da manuali224 e descrizioni online, che ho successivamente linkato ai contatti del gruppo. Le creazioni materiali individuali raccolte in quaderni, fogli volanti e notazioni sullo smartphone sono state il fulcro attorno al quale si sono sviluppate le nostre partite, anche dopo che erano terminate e immediatamente prima, nel corso di vari momenti di pausa e ricreazione.

Quello che la “deontologia ludica” prevedrebbe è che i materiali dei Narratori non venga condiviso e mescolato con quello dei Giocatori per mantenere una buona dose di sorpresa durante le lunghe descrizioni, nei momenti dedicati a combattimento, esplorazione e risoluzione di compiti ed enigmi; non tanto nelle fasi di relazioni sociali tra Personaggi Giocanti e Non giocanti, ma comunque in quasi ogni

221“Forgotten Realms: Campaign setting” Greenwood, Reynolds, Williams, Heinsoo, Wyatt- Wizards of the Coast 2001.

222Oggetto etnografico numero 1 nella sezione di Appendice.

223Oggetto etnografico numero 2, ibidem.

224Si direbbe che la porzione di “lore”, ossia di conoscenza culturale su un argomento, si distribuisce attorno all'immaginazione dei giocatori. Esistono numerosi forum e pagine enciclopediche wiki online dedicate alle ambientazioni classiche da gdr cartaceo e il numero dei manuali di espansione della Wizards of the Coast è nell'ordine delle centinaia, senza contare il materiale aggiuntivo amatoriale.

131 momento di gioco. La capacità creativa del Narratore non si può misurare facilmente grazie al numero di pagine prodotte sull'intreccio narrativo o quantificando il numero dei manuali utilizzati durante la sessione, perché la capacità dialogica, sintetica e narrativa riesce a far percepire in maniera più vivida il mondo immaginario e dunque al tavolo si potrà accedere a una visualizzazione più dinamica e particolareggiata. In base a ciò che ho rilevato, potrei ammettere che il materiale scritto o comunque visuale prodotto dal Master rimane assai di frequente un godimento del Master stesso, una raccolta di possibilità narrative e visioni di insieme della fantasia creativa che produce soddisfazione immediata nella contemplazione e mediata attraverso le reazioni emotive dei giocatori. Ad eccezion fatta di oggetti scritti, come mappe e annotazioni contestuali, utili al raggiungimento di una fluidità esecutiva, il resto della creazione materiale del Narratore tende a diventare fonte di piacere ludico in sé. Come mi ha comunicato Alvise, tecnico informatico col quale ho spesso condiviso il tavolo di gioco nel gruppo di gioco di D&D diretto da Dario, in un colloquio:

“ I: Cioè, tu dici, ci sono master buoni, ci sono giocatori buoni e giocatori cattivi eccetera, eccetera, secondo te quale potrebbe essere un buon master ?

Alvise: Un buon master, intanto , è uno che sappia raccontare fluidamente la storia. E’ un qualcuno che non incentra su di te il cosa fai, ma ti aiuta a scegliere cosa potresti fare .225”.

Un gioco fluido, secondo la definizione di Alvise ha in sé un racconto fluido, ossia una narrazione efficacemente condivisa e negoziata, che significherebbe in primo luogo che ogni partecipante possa esercitare una facoltà espressiva, col Narratore che agisce come un catalizzatore di informazioni, descrizioni, visioni e piacere ludico. Come direttore informativo, il ruolo del Master dovrebbe essere quello, secondo Alvise di conoscere alla perfezione le regole del manuale utilizzato (e dunque del sistema di gioco) per poter dare spazio alla libertà creativa, anche se, come ha ammesso, un giocatore che, a sua volta, conosca “troppo”, rischierebbe di mettere i piedi in testa all'autorità del Narratore226 e la vena immedesimativa si esaurirebbe prima del tempo, generando frustrazione in tutti i giocatori, Master incluso: un accordo sulle regole e sulle interazioni migliori potrebbe essere una strada percorribile e, in effetti, anche io sono d'accordo nel mantenere una buona conoscenza delle regole e nel cercare di ottenere comunque una collaborazione creativa da parte di tutti con una specie di volontario contratto di subordinazione del dubbio metodico all'autorità del Narratore. Mi sono accorto di essere su questa strada quando ho chiesto che parere avesse circa la mia conduzione e campagna un partecipante al mio tavolo, Eric, studente di lingue orientali: 225Intervista ad Alvise del 17/03/2017.

226 “Diciamo che … le parti più problematiche sono quando un giocatore , appunto, sa le regole e si impunta sulla regola, nonostante tu dica che , bene o male , non è così, piuttosto di fare andare avanti il gioco, tende a rallentarlo il più possibile verso gli altri.” (Intervista ad Alvise del 17/03/2017).

132 “La tua (campagna): uso delle regole abbastanza stretto, con piccole eccezioni per venire incontro ai giocatori se serve. Cosa con cui concordo, non ci sono sbragamenti né in un senso né nell'altro. Interpretazione discreta in generale, anche se si sente che ci sono giocatori molto nuovi (anche per come fare cosa durante i turni, l'indecisione è la "piaga" dei giocatori nuovi e/o che hanno personaggi che variano molto come "qualità" in base alla fortuna coi dadi. Quindi tutti chi più e chi meno ovviamente). Mi piace l'ambientazione di cui so molto meno di quel che pensavo all'inizio, e dovrò guardare un po' di più i manuali del Faerûn. È un bel gruppo e anche le chiacchere fra personaggi sono divertenti. Anche perché nessuno è legato a un allineamento molto costrittivo e siamo più liberi di fare quel che ci pare.227” (Intervista a Eric del /2017).

La percezione del “mistero” circa il mondo immaginario dell'ambientazione è quello che mi viene qui riconosciuto e forse mi si invita a proporre nuove direzioni investigative negli scenari che ho già descritto e non solo in quelli che descriverò. Questo credo che derivi, in parte, da come ho immaginato debba svilupparsi l'intreccio narrativo, con una serie di incastri e di rivolgimenti: all'inizio ho fatto incontrare tutti i Personaggi con motivazioni diversissime in uno stesso luogo (la taverna di un piccolo villaggio di campagna) e li ho coinvolti loro malgrado in una ricerca pagata, la quale li ha portati direttamente in mezzo a un'indagine che coinvolge potenzialmente un'intera regione geografica delineata nel manuale. Ci sono, pertanto, a portata dei giocatori indizi evidenti e meno evidenti e contatti con Personaggi Non giocanti gestiti da me che potrebbero allontanare o avvicinare le scelte dei Personaggi all'indagine principale. Guardare sul manuale i dettagli di contorno costituisce per Eric una parte notevole del suo divertimento, perchè può immaginare senza limiti scenari diversi e sviluppi imprevisti. Se la creatività è così legata alla sua fase ideativa e immaginifica, è poi scontato che le fasi in cui a dominare è la perdita di interesse specifico, di noia o frustrazione, diano adito a comportamenti di disillusione abbastanza destabilizzanti. Come nell'episodio documentato della sessione all'aria aperta condotta col mio gruppo di giocatori, l'impossibilità di accedere al materiale scritto in maniera continuativa ha portato alla più completa dispersione di attenzione e incapacità mia di reagire agli input che pure mi venivano da più parti contemporaneamente. Nel caso di posizioni diverse all'interno del gruppo diretto da Dario, ho potuto sperimentare un completo stallo nella serata di gioco del 29 gennaio 2017, in cui un test logico proposto dal Narratore e avente a che fare con algoritmi basati interamente sulla logica booleana228 per far funzionare all'interno della cornice narrativa un marchingegno che avrebbe permesso ai nostri Personaggi di uscire da una serie di gallerie, ci ha tenuti impegnati per tutta la sessione229. Dario ha esordito riprendendo a descrivere la

227Intervista a Eric, ottenuta mediante Messenger, in data 8/5/2017. 228Per logica booleana si intende una procedura di analisi formale della logica matematica, portata avanti dal matematico George Boole e dagli epigoni, completamente indipendente da considerazioni di natura qualitativa e quantitativa che consentirebbe una facile universalizzazione dei processi deduttivi per la creazione di algoritmi e procedure (si veda Mangione e Bozzi 1995: 131-153).

229Note di campo del 29/1/2017.

133 situazione in cui eravamo rimasti dopo un mio lieve ritardo e io, in particolare speravo avesse tirato fuori qualcosa di interessante e coinvolgente da proporci, data la distanza percorsa in bus ogni volta da Marghera fino a S.Alvise e data la costante andatura zoppicante del modo di narrare del Master che, fin troppo intento a ricordarsi i dettagli e le regole, o forse per la sua natura un poco timida e impacciata, tende a proporre descrizioni e immedesimazioni a tratti ridicole e molto spesso noiose. Quello che colpisce di più del suo stile, in effetti, non è l'effetto narrativo emozionale, quanto quello grafico e puramente meccanico, forse meticoloso per la costruzione di mappe e supporti per contenerle300, per cui, anche in questo frangente, l'edificio sotterraneo in cui eravamo chiusi è stato accuratamente disegnato in scala e le nostre miniature, costituite da pezzi di cartoncino con le iniziali sono state disposte nella griglia. Nella scena avremmo dovuto collegare dei cavi per azionare un meccanismo automatico e quindi soggetto a interruzioni impreviste e nostro compito sarebbe stato quello di fornire input in grado di aggirare gli ostacoli meccanici che impedivano l'attivazione della macchina. La frustrazione maggiore, tuttavia, consisteva nel fatto che tutti i comandi possibili erano derivati dalla logica di Boole (istruzioni algoritmiche come AND, OR, NOT, XOR e simili operatori logici), certo tutte note a chi possedeva già nozioni di programmazione o di logica modale; un po' meno per chi voleva solo divertirsi e non aveva avuto un trascorso nel liceo scietifico come Dario, Andrea M. e Alvise, che quella sera compariva unicamente per dare disposizioni tecniche sul suo personaggio. A ciò si è poi aggiunto il fatto che i Personaggi mio, di Maria e di Andrea M. avevano accumulato sufficiente esperienza per poter avanzare di livello e migliorare le proprie caratteristiche: una buona parte della serata è stata anche dedicata al cercare il più velocemente possibile sui manuali i parametri utili al miglioramento delle nostre caratteristiche; il che, all'interno di un gdr di stampo classico come la Terza Edizione di D&D, richiede parecchio tempo e notevoli capacità strategiche per riuscire a combinare i propri parametri attuali con i nuovi ricavati dalle numerose espansioni. Infine, abbiamo optato per spostarci in un secondo tavolino di plastica dello scantinato di Dario, mentre lui si dedicava alla creazione del Personaggio di Alvise. Noi tre Giocatori avevamo un foglio disegnato a matita con uno schema piuttosto rozzo di come potevamo impostare il problema e questo costituiva già, di per sé, un'astrazione distraente ed eravamo fisicamente separati dal narratore, come se fossimo parte di un lavoro scolastico di gruppo imprevisto, da confrontare con altri al termine dell'ora a disposizione: qui forse la creazione del Master non ha raggiunto nessuno degli obiettivi sperati inizialmente e si è limitata a produrre frustrazione e interventi generali al di fuori della cornice narrativa301; non si è configurata come un'esperienza condivisa, bensì come una forma di imposizione e blocco delle possibilità di interazione: non avevamo assolutamente scelta nella dimensione narrativa, non c'era modo di uscire tramite le regole dalla dimensione fisica dell'edificio sotterraneo e la complessità iniziale della prova di logica ideata dal Master non prevedeva soluzioni logicamente laterali 300Uno dei supporti è, appunto una mappa quadrettata, stampata in formato A0, inserita fra una lamina di compensato e una di plexiglass, perchè sia stabile e cancellabile sul lato esposto. Si veda anche Foto numero 301Alvise, che non era coinvolto direttamente nella questione, alla fine della scena ha più volte commentato la presenza di comandi ridondanti nel nostro algoritmo (note di campo del 29/1/2017).

134 o forzature. Tutto questo ha poi prodotto un'assenza di spinta creativa e immaginazione in noi, soprattutto in me e Maria e, subito dopo la sessione, al ritorno verso Piazzale Roma, ne abbiamo discusso, forse anche per cavarci la frustrazione e il senso di noia, che ci aveva fatto tirare aun sospiro di sollievo solo alla fine della sessione. Le considerazioni in merito alla gestione narrativa di Dario sono state riprese, poi, dalla stessa Maria allorchè mi sono recato ad assistere a una partita a Pathfinder del gruppo gestito dal suo fidanzato (20 maggio 2017), curioso com'ero di capire se con sistemi complessi come D&D 3.5 e suoi cloni commerciali, si sia costretti a rallentare il processo creativo e descrittivo per porre maggiore attenzione all'applicazione delle regole, alla meccanica. Nel complesso, le abitudini strategiche e meccaniche302 di cui ho fatto uso con Dario e di cui il mio gruppo conosce le basi, le ho trovate pure qui, come ho ritrovato la stessa tendenza all'ironia e all'auto-ironia in fase di gioco e tra le sessioni. Il Narratore, Sebastiano, ha tratto dall'ambientazione ufficiale di Pathfinder303 la disposizione geografica, la cosmologia divina, la cultura e il tono generale, ma ha poi elaborato il suo materiale stendendo appunti su fogli di carta quadrettata molto fitti. Un paio ne ha anche attaccati dietro a un pesante schermo, nel corso della sessione, per non perdere il filo e il ritmo del gioco. Nelle circa quattro ore di gioco, intervallate da una pausa di circa mezz'ora, la descrizione di Sebastiano di una torre magica in cui i Personaggi sono entrati per cercare di fermare un effetto nocivo sulla regione, è stata bloccata un paio di volte dall'interazione giocosa di Giulio e Alessio, uno mago e l'altro chierico di supporto, ma per il resto, grazie alla capacità espositiva e alla sicurezza che ha dimostrato Sebastiano, è avanzata spedita fino alla conclusione del viaggio nella torre, bloccata da un cliffhanger finale con l'arrivo di un gigante in armatura, richiamato dal mago di Giulio. Nel corso dell'interazione con i vari giocatori, Sebastiano ha impersonato poi una serie di personaggi non giocanti e antagonisti come una sfinge alleata del culto associato alla torre, con cui i Personaggi hanno negoziato un passaggio e un drago rinchiuso in una delle numerose stanze casuali e variabili che i giocatori hanno varcato, che hanno invece combattuto, finchè il Narratore, indirettamente, non ha fatto capire a Giulio che l'obiettivo era altrove e prolungare la scena avrebbe condotto necessariamente alla fine del mago. Sebbene Sebastiano non abbia poi curato tantissimo l'immedesimazione personale, le voci e la gestualità, ha infine saputo estrapolare dal manuale base (che comunque è stato consultato una sola volta, in occasione di un dubbio circa lo svolgimento di un incantesimo divino che Alessio aveva) sufficienti particolari informativi, come i nomi delle divinità (Sarenrae, Pharasma e Iomedae304), le particolarità estetiche dell'ambientazione e le ha aggiunte al proprio 302Il gruppo, composto da cinqe giocatori, mi è parso abbastanza coeso per quanto riguarda l'esperienza di regole e sistemi e molto propenso a godersi la sessione e a ripetere oralmente episodi selezionati, come, a detta di Maria è capitato da sempre con i Personaggi di Giulio, padrone di casa e quasi sempre giocatore di Pathfinder.

303Ossia Golarion, pianeta simile alla Terra sia geograficamente sia climaticamente che racchiude varie razze e culture diversificate in un'impostazione storica ferma a una sorta di perenne Basso Medioevo magico (si veda “Pathfinder Chronicle Campaign Setting”, Paizo Publishing 2008).

304Anche presenti in compendio sul sito di Golarion Insider: https://golarion.altervista.org/wiki/Tabella_Divinit%C3%A0, consultato il 7/1/2020.

135 stile descrittivo con l'aggiunta, a suo dire e anche a fronte di racconti episodici narratimi durante la pausa infra-partita, di suggerimenti affini al mondo dello steampunk305 e della fantascienza ottocentesca (navi volanti, macchine alimentate a carbone, supporti meccanici e armi da fuoco, generalmente assenti nelle ambientazioni classiche da gdr fantasy medievale). Sebastiano a fine pomeriggio mi ha poi confidato che le parti più complesse della sua narrazione le imbastisce a mano nei tempi morti che separano la sua abitazione con l'Università di Padova, inserendo in questo modo il piacere immersivo della creazione, della scrittura e dell'immaginazione in un contesto neutrale di spostamento e inattività, rispetto all'abitudine continuata di studio e relazioni sociali. I fogli, come un canovaccio, vengono scritti a penna e poi integrati, tramite cancellature e schemi, abbreviazioni e rinvii, ma sono fitti di caratteri in calligrafia assurdamente inintelliggibile, almeno per me e i restanti giocatori, il che costituisce in effetti un vantaggio di sorpresa notevole, nel caso qualcuno cerchi di sbirciare oltre all schermo del Master; a volte la tentazione sarebbe proprio quella di andare a braccio per evitare che le direzioni narrative siano eccessivamente prevedibili e non si adattino alle reazioni dei giocatori in carne e ossa, come ciò che spesso è accauto con Dario: Maria avrebbe commentato con Sebastiano e con me la scarsa immedesimazione e attenzione che riusciva a dedicare durante le partite serali a D&D con Dario306. A partire da Febbraio 2017, mi sono inserito tramite la conoscenza di Eric, in un gruppo di giocatori più anziani di circa 32 anni e ho iniziato sin da subito a confrontare le nostre esperienze di gioco. Per me, diversamente dal mio coetaneo Eric che ha conosciuto i primi gdr solo tramite conoscenze e legami di amicizia, è stato cruciale, come per questo gruppo di giocatori nati tra il 1983 e il 1985, l'approccio a un mondo differente in stile e proposizione del divertimento: i videogame e la pubblicità ad essi collegata: iniziai comprando nel 2002 una copia del videogioco “Neverwinter Nights307” e scoprii all'interno della scatola un libriccino dalla grafica anticata, simile alla rilegatura di un libro in pergamena, che conteneva una specie di storia a capitoli, con porzioni di testo da leggere e altre presentate come algoritmi del tipo: “Se … allora …”. La collegai a una tipologia piuttosto famosa di testi letterari noti come “libro-game” o “libri gioco” le cui traduzioni italiane erano comparse durante la prima metà degli anni '90, poi mi resi conto che era una piccola avventura targata Wizards of the Coast, “Dungeons&Dragons - Twenty Five Edition” e infine capii che il sistema di risoluzione meccanica dei conflitti nel videogame era lo stesso che proponeva il libriccino; solo con la presenza di dadi, matite, carta e persone in carne e ossa. Da quel

305Il sotto-genere narrativo dello steampunk nasce come intersezione tecnologica anacronistica di macchine a vapore in un setting storico preciso. Nel particolare mondo di Sebastiano si può, senz'altro, parlare di Medieval Steampunk, allorchè le tecnologie industriali necessarie alla produzione di motori a vapore viene sovrapposta a una società di stampo feudale. Si veda, a tal proposito: https://www.urbandictionary.com/define.php?term=steampunk, consultato il 7/1/2020.

306Note di campo del 20/5/2017 e del 29/1/2017.

307Videogioco di ruolo uscito nel 2002 come prodotto di punta della casa videoludica Bioware, distribuito dalla Atari, riscosse notevole successo di pubblico e critica perché oltre ad implementare il 3D, con visuale di gioco isometrica (telecamera volante a una certa altezza sopra la testa del personaggio), utilizzava come sistema di regole implementato nell'algoritmo del gioco, quello della Terza edizione di D&D e la famosa ambientazione di Greenwood “Forgotten Realms”, di cui ho già trattato nel capitolo di contestualizzazione.

136 collegamento, feci una breve cernita temporale delle mie esperienze videoludiche e ricollegai al gdr da tavolo numerosi prodotti308 che, durante i primi anni di scuola media inferiore, avevano esercitato una notevole influenza sulla fantasia mia e di molti miei coetanei. Era più facile, già a quel tempo, pescare a piene mani dagli immaginari digitali per comporre le scene e le varie situazioni di gioco, in ogni caso, emulando sia lo stile ideale dei videogiochi, sia la gestione meccanica precisa dell'algoritmo. Quello che noi avevamo scoperto in seguito, con l'uscita di edizioni maggiormamente curate dei manuali che intrattenevano legami commerciali con il mondo del gioco da pc, Giorgio, Marco, Davide e Alfonso lo avevano sperimentato molto prima con le edizioni più vecchie (ricordiamo che la scatola italiana dell'edizione Advanced di D&D uscì nel 1985!) e per la loro generazione che affrontava la prima adolescenza tra gli anni '90 e i primi anni del nuovo millennio, risultava più facile immaginare universi alternativi grazie alle uniche illustrazioni presenti sui manuali cartacei. Il resto proveniva da un ammasso vario di cultura popolare notevolmente eterogenea, di cui facevano parte prodotti ancora non assurti a vero e proprio mainstream: Giorgio, guardia giurata di Spinea che ho conosciuto per primo, presentatomi direttamente da Eric, nel corso di più di una sessione di gioco e dopo un'intervista tenuta il 10 maggio del 2017, ha affermato di aver iniziato a giocare di ruolo con la Seconda edizione di Dungeons&Dragons tramite conoscenze comuni nell'ambito del wargame da tavolo e di aver poi allargato le sue esperienze con nuovi sistemi di gioco nati nei primi anni '90:

“I: quindi , tu magari, non so, in passato hai fatto uso di ludoteche o di ritrovi simili? Giorgio: Noi , di ludoteche , lo dico anche per il gruppo, dalla parte mia, a parte Eric che è …l’ho conosciuto quando le ludoteche erano tutte quante chiuse. Andavamo a giocare in ludoteca , solo per giocare a Vampiri, perché comunque nonostante sia , va beh, un gioco che , Vampiri Live309 , è molto particolare , però il problema è che se ti vedono per strada , ti pigliano un po’ per matto. Non un po’, tanto per matto. E allora, tantissime volte ci ritrovavamo in ludoteca, che era qua, qua dietro( indicando fuori dal finestrino , più o meno usciti da Corso del Popolo , in direzione Favaro). E adesso di ludoteca… boh, mi sto facendo Warhammer, intanto mi creo l’esercito e dopo ci vado a giocare.” (Intervista a Giorgio del 10/5/2017).

Nella stessa giornata siamo, in effetti, transitati per più di un rivenditore di giochi da tavolo, giochi di carte collezionabili e di ruolo lungo via Cà Rossa: un negozio più piccolo e meno frequentato si occupava 308Dalla casa Black Isle, uscirono a cavallo tra la fine degli anni '90 e i primi anni 2000 una serie di videogiochi a tema Wizards of the Coast, la cui prerogativa era la simulazione di un personaggio giocante gestito come all'interno di una partita analogica: selezione di parametri numerici e descrittivi per il personaggio (nome, età, condizioni fisiche, specializzazioni), possibilità di aumentare le proprie capacità con l'esperienza e formazione di un “party” di gioco. Si segnalano: “Baldur's Gate 1 e 2” (1998-2000), “Icewind Dale 1 e 2” (2000-2002) ambientati nei Forgotten Realms e “Planescape Torment” (1999), curioso miscuglio di fantasy e fantascienza cosmologica nel mondo di D&D. 309Il gioco di ruolo “Vampiri: la Mascherata” (1991) ha all'interno del manuale base una serie di indicazioni per poter adattare il sistema di regole all'ambito del Live Action Role Play, ossia il Gioco di Ruolo dal vivo (“20th Anniversary Edition Vampire: The Masquerade” White Wolf Publishing, 2011: 14-16. Anche le versioni ristampate più recenti presentano regole per il gdr dal vivo, con l'illustrazione di segni visuali speciali da mostrare con le dita per segnalare la propria condizione durante le sessioni).

137 per lo più di miniature e wargame fantasy da tavolo come “Warhammer” e “Warhammer 40.000”, aveva su una scansia di fronte all'ingresso anche manuali vari e gadget speciali come dadi e sacchettini di velluto. Lì Giorgio ha speso, all'incirca un'ottantina di euro acquistando una miniatura da colorare e un manuale ormai fuori produzione della versione 3.5 di D&D310, mentre nel secondo, assai più fornito di giochi da tavolo e di carte che di veri e propri manuali, ha dato una breve occhiata in cerca di nuovi titoli. Nei brevi tratti di strada fra l'uno e l'altro ho anche scoperto che nel primo vengono tenuti di frequante contest per la migliore miniatura pitturata e serate a tema in cui ogni partecipante riceve una quantità fissa di miniature promozionali per giocare un torneo a squadre ai tavoli (note di campo del 10/5/2017). Mi ha colpito molto il fatto che Giorgio menzionasse così di frequente le ludoteche e gli spazi aggregativi in cui ha potuto sperimentare modelli di gioco e interazioni con le regole diverse, ma in qualche modo molto dipendenti dall'orizzonte del collezionismo di miniature e del gioco da tavolo. Lo si vede soprattutto nei particolari che Giorgio, Marco e Walter inseriscono nella campagna che, per loro, ormai è in atto da circa due anni, chiamata “The War”, ossia un'ambietazione originale in cui sono presenti solo fazioni in lotta ed eserciti mercenari, ordini religiosi in aperto conflitto e violenza dilagante. La tonalità cupa che molto ha preso dall'universo dei dark fantasy come Game of Thrones e Berserk311, è il tratto che soprattutto Walter, in quanto ideatore e anche disegnatore di un'intera mappa continentale che porta con sé in un tablet e che poi, con un poco di tempo tra uno spostamento e l'altro (dato che deve arredare una casa nuova a Salzana), vorrebbe stampare, vuole rendere evidente312. In questa prima sessione che ho affrontato come giocatore guidato da Walter, ho apprezzato l'attenzione che è stata posta nella stesura di numerose note preparatorie sul taccuino personale del Master (che non ho potuto visionare per intero) e la bellezza grafica della mappa, disegnata con un simulatore grafico a colori per PC, completamente priva di nomenclatura, che è stata aggiunta in seguito nel corso della partita a matita, per lasciare una buona parte di sorpresa. Sulla strada per casa di Marco a Musile di Piave, Walter ha fatto un breve riassunto di quello che è stato immaginato e concordato dovesse essere un mondo impegnativo e immersivo: una enorme regione centrale con bassi rilievi verdeggianti si è frantumata in potentati locali e signori della guerra (il termine è stato proprio questo) in lotta per il dominio sulle porzioni di territorio più ricche. A Ovest, lungo una penisola allungata a braccio, si distendono dei sistemi montuosi lungo i quali sono insediati regni bellicosi, ma stabili che ricorderebbero alla lontana degli antichi regni sassoni o gallesi, mentre a Sud si trovano città mercantili in espansione in cui si venerano divinità differenti e potenti. A Nord vivono confederazioni tribali che traggono ispirazione, da quel che mi dicono sia Marco che Walter dalle culture norrene, come Vichinghi e Vareghi, perchè, secondo loro, sarebbe stato affascinante poter 310Attualmente, data la scarsità di prodotti circolanti di questo tipo, il prezzo per la rivendita di questi manuali è salito vertiginosamente, anche se la Wizards propone un servizio di Print-on-demand per il kit base in sola lingua inglese su Drivethru-RPG.com. 311Nota opera fumettistica del mangaka Kentaro Miura (Hakusensha 1989): narra le imprese del combattente mercenario Gatsu, in un sottobosco fantasy medievaleggiante, tormentato da continue guerre feudali, persecuzioni religiose, incursioni demoniache e intrighi di corte. È noto per lo stile grafico barocco e la quantità notevole di violenza.

312Note di campo del 1/5/2017.

138 ricreare molte atmosfere evocative prelevate direttamente da serie televisive di una certa importanza come “Vikings313” o “The last kingdom”, entrambe aventi come focus narrativo le spedizioni di razzia vichinghe nella Britannia anglosassone. A Est, oltre una catena di inarrivabili cime, si spande una vasta distesa di terra brulla e inesplorata che è stata teatro di un cataclisma magico nell'antichità e ora è dimora di entità demoniache314 che influenzano tutto il sistema di magia presente nell'ambientazione. Walter ha, inoltre, ideato una cosmologia organizzata su basi mistiche di intermediazione, per cui gli esseri divini comunicano con i semplici mortali tramite profezie, visioni o simboli materiali, interpretabili solo da oracoli competenti e spesso molto confusi315. Se la creazione del Narratore assume una complessità notevole, non è mai stata, ciò non di meno, poco comprensiva o accomodante nei confronti di noi giocatori: il Personaggio di Eric è stato associato a una profezia circa le sue capacità magiche e a un maestro da ricercare nella immensa geografia immaginaria; Marco interpreta un sacerdote di Valor che ha facoltà negromantiche316 e la cui fede è messa alla prova, mentre Giorgio che ha scelto come razza giocabile l'elfo dei boschi, tecnicamente non presente nell'universo di “The War”, ma integrata solo per lui come un aggiunta a posteriori, gravida di conseguenze narrative, tra cui: “Dovrebbe essere forse l'ultimo della sua razza?”. Ha immaginato di crearlo come un druido guaritore e combattente che sa di dover tenere nascosta la sua identità, essendo una specie di anomalia nell'economia narrativa dell'ambientazione, per cui viene descritto come seminudo, coperto di pochi stracci e sporco, senza un soldo e particolarmente silenzioso. Io sono stato l'ultimo a comparire e ho pensato di adattarmi alla dimensione oscura e pessimistica creando un personaggio dal notevole talento militare, ma dalla scarsa empatia, facente parte dei Grifoni Alati, una pessima compagnia di mercenari la cui unica mira è il guadagno. Sebbene Walter sia preciso nel tratteggiare le sue grandi scenografie, tende ad accordarsi in primis con i giocatori, considerando le regole come un problema di second'ordine, per potersi concentrare in massimo modo sulla descrizione e sul lavoro artistico che la sostiene (motivo per cui dedica buona parte del suo talento nella grafica e nel disegno alla creazione fine a se stessa oltre che alle commissioni e al lavoro). Trovo conferma di questa tendenza quando lo contatto direttamente per un colloquio tramite la chat di Whatsapp317: lo trovo al lavoro nella società di stampa e grafica, ma è contento che mi interessi così tanto 313Tra il 2017 e il 2018, in effetti, Vikings ha dimostrato di raggiungere livelli di share molto alti tra la popolazione maschile italiana, al di là della retorica giornalistica: http://www.affaritaliani.it/blog/prima-serata/vikings-serie-tv-che-piace-al-nord- i-mali-dell-italia-gia-nel-libro-di-fontana-537764.html, consultato il 9/1/2017 314Note di campo del 1/5/2017.

315Walter ha chiamato la divinità più potente del suo multiverso Valor. Essa sarebbe associata al dominio del Caos e come tale, avrebbe la facoltà di garantire poteri legati al dominio della pazzia e offrie ai suoi discepoli visioni o parlare tramite oracoli (Ibidem).

316Dato che il sistema rimane quello di D&D 3.5, è stato fin troppo facile per Marco, gran conoscitore delle regole, di utilizzare al meglio tutta una serie di manuali di espansione come il “Liber Mortis” (Twentyfive Edition, 2006). In ogni campagna giocata col gruppo in questione e di cui sia a conoscenza, Marco ha sempre favorito la classe del mago o dello stregone, in grado di controllare le menti o evocare non-morti di vario tipo. 317Intervista a Walter registrata su Whatsapp tra il 23, 24 e 25/5/2017: “ Sì, mi piaceva disegnare e creare e disegnavo mostri “. Ogni giocatore di ruolo sa fin da subito che il manuale più importante e senz'altro il più bello da visionare è il Bestiario.

139 del suo lavoro e dei suoi hobby, confessandomi che una delle carriere che avrebbe desiderato intraprendere è quella dello sceneggiatore, avendone studiate le basi alla scuola di comics di Padova prima e l'Accademia di Firenze poi. Sin da subito, Walter mi ha fatto capire quanto potesse essere diverso e meno strutturato il mondo del gdr nei primi anni '90; in Italia e soprattutto in Toscana la vena creativa e ludica del gioco da tavolo era in piena fioritura:

“Ero giù in Toscana a trovare mio cugino. Lui e un suo amico eran là che stavano giocando con ,addirittura , all’epoca , la 2.0 (Seconda edizione di D&D, ossia l'americana Advanced, uscita in Italia nel 1985. NdR), quindi con la THACO318 , tutte quelle altre cose là: classe armatura inversa , tutto quel bordello lì. Usata malissimo perché io avevo dodici anni , lui ne aveva tredici e ho fatto un personaggio stupido ,un uomo lucertola e …pare che dovevamo andare a liberare un cimitero da dei mostri , una puttanata , comunque.” (Intervista a Walter del 23/5/2017).

Il cugino possedeva già un gruppo di amici giocatori con esperienza e attento alle proposte editoriali del marchio, ma anche di altri suoi concorrenti, che in Italia avevano già trovato una nicchia di mercato, sebbene molto ristretta, come il gdr “Ken il guerriero” edito dalla Nexus nel 1994. Una delle regole che più hanno colpito Walter nel corso della sua iniziazione è stata quella per cui un qualsiasi giocatore, particolarmente ispirato e con in mente una scena mirabolante, assume su di sé una buona dose di potere narrativo e porta a termine una sfida, senza bisogno di tirare dadi o superare una soglia matematica, a patto che si esprima calcando sul senso evocativo dell'esagerazione, dell'esornazione e della violenza (come del resto si presentava l'opera originale di Tetsuo Hara e Buronson). Se la tua capacità narrativa risulta coinvolgente al punto giusto, allora il Master potrebbe concederti qualsiasi risultato, a dispetto delle regole scritte sul manuale.

A me ricorda la volatilità della famosa 'regola 0' , presente in molti giochi, anche recenti, che ricorderebbe a chiunque debba risolvere un conflitto narrativo, di procedere sempre secondo le propre idee di gioco, mai forzando la propria fantasia. A Walter ricorda le migliori partite a cui abbia assistito e non fa fatica a parlarmene:

“Giocavo a Kenshiro all’epoca e lì veramente ho scoperto la … l’importanza che una persona ha negli studi che fa . Perché c’è poco da fare , più uno è acculturato, più riesce a fare delle giocate incredibili , perché finchè sei ragazzino e giochi così a caso , botte e schiaffi con i mostri , dopo di che , se sei acculturato , riesci a descrivere meglio le cose , riesci a parlare meglio di diverse storie . Il periodo di Kenshiro è stata una “botte e schiaffi” lo stesso, però, comunque riusciva a descrivere benissimo. Lui … come se fossero dei video, quasi, le scene. E riusciva a descrivere benissimo i colpi, nominando anche i vari organi vitali che venivano distrutti in maniera perfetta , devo dire.” (Intervista a Walter del 23/5/2017).

Sono persuaso di quanto possa aver generato una sincera volontà di emulazione, la stessa che si trova in

318Acronimo di “To-hit-armor-class-0”, ossia un valore che sottratto al risultato di un lancio di dado a venti facce deve risultare uguale o inferiore a 0 per poter avere successo e conseguire in fase di combattimento un colpo a segno; è una regola risolutiva fondamentale nelle prime edizioni di Dungeons&Dragon (Gygax 1978: 105).

140 ogni novizio che cerca di trovare la propria strada o che non conosca a fondo le regole complesse di ciò che ha di fronte. Quindi si cerca di riprodurre un eloquio e una facilità espressiva, nata da una profonda educazione personale, dalla formazione e da una predisposizione fisica e mentale alla rappresentazione. La modalità di gioco “botte e schiaffi” che, comunque, rientra nella definizione manualistica dell'”hack 'n slash319”, ha il potenziale di coinvolgimento più alto nelle prime fasi di apprendimento che mi vengono descritte, come se proporle andasse incontro a una necessità estetica particolarmente sentita, soprattutto dai coetanei: Walter mi assicura che durante le fasi incerte della scuola media, per via di alcuni piccoli bulli, l'unica arma di cui disponeva fosse, appunto, la capacità di aprire nella mente altrui uno spiraglio di immaginazione creativa nutrito da clichès tratti da un infinito universo letterario, cinematografico e fumettistico popolarissimo in maniera pressochè orizzontale, con la sola descrizione di scene (violente o meno, ma sicuramente di impatto). Le regole per la risoluzione di situazioni incerte rimanevano assolutamente marginali, se l'intento era quello di avvicinare più persone possibile; tempo per approfondire, sperimentare e coltivare le proprie conoscenze si sarebbe rimediato in seguito. In quella che Walter non esita a definire la nascita informale dell'universo di “The War” e della natura complessa dell'ambientazione, emerge la figura del Master che esercita più influenza sulla pratica creativa; si tratta di un amico del cugino, di qualche anno più vecchio, già iscritto all'università, che dispone di tempo e denaro per acquistare i manuali, leggerli, cavare fuori una buona capacità interattiva e sempre pronto a imbastire una campagna di gioco quando d'estate Walter si muove dal Veneto, fino alla Toscana con i genitori:

“Dopo di che , ci fu , invece ,un altro periodo in cui si giocò sempre con lui e con un altro master ancora a quella che poi è diventata l’ambientazione della Guerra , a tutti gli effetti, quella che c’è anche adesso. E lì c’è poco da fare , è stata davvero una cosa, anche a livello scenico , a livello politico , perché ci sono tutte le trame sotto , le avevano fatte in un certo modo , che si vede che faceva… era uno che aveva studiato anche , che stava facendo legge , giurisprudenza , filosofia e poi, un gruppo di ragazzi che , tutti quanti, andavano all’università e tutti quanti avevano studiato e non poco . Sapevano il latino, sapevano il greco, tutte ‘ste cose qua, insomma . Era un bel gruppo e il master era veramente un poliglotta , era una cosa… era uno che era poliedrico, oltretutto , sapeva tantissime cose e spiegava un sacco di robe e usava tutte le sue esperienze di vita in … appunto, concentrate nei giochi di ruolo e soprattutto xera pien de schei , perché il punto cruciale è sempre quello: più soldi hai [ ...] più tempo hai per giocare , perché devi dedicare di meno al lavoro e , a volte , allo studio. Questo era all’università a vita , praticamente , famiglia pien de schei , quindi giocava di ruolo dalla mattina alla sera e faceva certe storie che sembrava veramente uno scrittore di … di opere , neanche fantasy, storiche proprio.” (Intervista a Walter del 24/5/2017)

Essere “educato” , secondo Walter, non solo ti concede una facilità creativa che ad altri, meno dotati di tempo e denaro, non è concessa, ma rende il prodotto finale, sia esso solamente recitato a voce, 319Letteralmente “Taglia e squarcia”. Si intende con la terminologia, una tendenza delle pratiche ludiche, nell'ambito dei giochi di ruolo di qualsiasi medium, ad assumere forme semplificate di risoluzione e interazione narrativa: ne è esempio archetipico la stanza chiusa con mostro da depredare e abbandonare per la seguente. Confrontare con la definizione contenuta in “Dungeon Master's Guide” Cook, Tweet, Williams (2003): 7,8.

141 materializzato in una serie di mappe scarabocchiate, oppure proprio scritto e magari costruito con una idea di continuità, solido e vivo. Nominare luoghi lontani, personaggi e interi eserciti con un linguaggio esotico rende l'immaginazione degli astanti più vigile e crea aspettative da mantenere. All'universo da tavolo poi, non devono mancare tutta una serie di riferimenti importanti alla cultura popolare dei primi anni 2000 (mi arriva all'orecchio un Soul Calibur320), specie per quanto riguarda le migliori scene di combattimento, per cui la tensione tra due personaggi dalla tempra morale antitetica non poteva risolversi se non con una scazzottata e una promessa da mantenere, per cui Walter mi riferisce di una costante ricerca alla riproduzione di effetti risolutivi scontati, facili da ricollegare a un mondo simbolico familiare per la cerchia degli amici321. In effetti, in tre diverse occasioni di colloquio con Walter e in tante occasioni di gioco, sento Walter fare spesso comparazioni con prodotti come fumetti e cartoni animati che ciclicamente tornano alla luce: la sfacciataggine di Ken il guerriero, chiamata “grossata”322; i comandanti mercenari in armatura del medioevo di Berserk; i protagonisti scontrosi e duri di Starcraft323 che non hanno mai nulla da perdere. Anche io associo questi piccoli particolari a una fase della mia vita che definirei senza dubbio come ricchissima di stimoli e che mi ha accompagnato fino a una buona parte della mia tarda adolescenza: nel periodo che grossomodo va dalla seconda metà degli anni '90 ai primi anni 2000, una serie di riferimenti culturali e mediatici hanno esercitato un'influenza fantastica su me, Walter, Eric e tutto il gruppo di giocatori che gli ruota attorno. Il vero problema, forse sono proprio le regole che costringono questo piacere innovativo e fluido della combinazione; quando parliamo di regole e sistemi di gioco, Walter è sicuramente persuaso del fatto che non imparerà bene a memorizzarne neanche uno, che la sua è un'assoluta mancanza di voglia o, forse, tempo per leggere e introiettare il contenuto di un manuale da 260 o 300 pagine solo per giocare. Ovviamente, gli esempi che abbiamo a disposizione sono del gruppo attuale di Musile con Eric, Marco, Giorgio e Alfonso e in tutti i casi (forse anche nel mio), Walter nota che chiunque conosce meglio le meccaniche di lui; chiunque ha passato più tempo, anche ai tempi d'oro, quando in fondo l'onere del lavoro era minore e le serate al tavolo erano lunghe, a leggere e imparare statistiche di mostri e incantesimi per ottenere giocate più scorrevoli, ma per lui conta soprattutto evocare una sensazione di partecipazione teatrale alla scena: 320Videogioco in stile “picchiaduro” del 1998, pubblicato dalla Namco che ha all'attivo numerose versioni e ha riscosso notevole successo su console per la caratterizzazione e profondità dei personaggi principali e per le numerose possibilità di personalizzazione concesse ai giocatori.

321 “[ …] erano sempre lì che ognuno aspettava di diventare più forte dell’altro per cercare di ucciderlo e però , allo stesso tempo, siccome era una cosa creata … per creare un li … un gioco , un fumetto , un cartone animato, diciamo , non tanto un gioco di ruolo [...]” (Intervista a Walter del 24/5/2017).

322Walter mi ha confermato personalmente che per il suo primo gruppo in Toscana fare una “grossata” equivale sostanzialmente a riprodurre il linguaggio ampolloso e le pose plastiche di Kenshiro (note di campo del

323Videogioco di strategia e gestionale uscito nel 1998 dalla casa sviluppatrice americana Blizzard. Di ambientazione fantascientifica, come altri gestionali strategici dello stesso periodo prevede il dominio e lo sfruttamento di risorse per la costruzione di edifici e truppe al fine di dominare un territorio conteso fra più razze aliene ed esseri umani.

142 “Per dire , c’erano state delle scene veramente allucinanti , in cui accadevano cose che erano impossibili su D&D , perché un paladino ha scalato una torre correndo in verticale come un fumetto. Una torre che era inclinata , per carità, ma comunque era impossibile con l’armatura , col peso e con tutto, ma la scena era così assurda che lui, caricando il suo nemico ha corso in verticale e , che cazzo, ma ci stava , cioè , gliel’ha fatta perché il master ha detto:” Sì, sì la fai!” [ … ] in base all’epicità. Questa era una regola che c’era su Kenshiro e l’abbiamo applicato all’epoca su D&D , perché , appunto, da ogni gioco prendevamo una cosa e la mettevamo in un’altra.” (Intervista a Walter del 24/5/2017)

La creatività qui non si è piegata neanche un po' alla rigidità del manuale e con sistemi complessi come quelli di D&D è sicuramente difficile che accada, soprattutto perchè molti giocatori fanno resistenza a tentativi più fluidi di narrazione e arbitraggio324, a meno che non siano costretti a improvvisare di punto in bianco, perchè non hanno avuto tempo o voglia per preparare una situazione strutturata, caratteristiche annotate per i Personaggi Non Giocanti e mappe dettagliate in scala. Molto spesso è successo che Dario, in qualità di Master non avesse niente di meglio da proporre che la propria improvvisazione, spesso con risultati poco più che mediocri, vuoi per la indole molto timida, vuoi per la sua forte dipendenza da appunti e regole stringenti. In una delle prime interviste che lo hanno interessato, mi ha confessato che:

“[ … ] con gli impegni che ho, di solito, mi trovo magari all’ultimo che ho delle ultime cose da fare , quindi devo andare abbastanza a braccio [ … ] per delineare le cose della trama in generale perché c’è ancora qualche vuoto. Poi anche arricchire l’ambientazione , perché una volta che l’hai arricchita abbastanza le cose vengono da loro…tutto sommato. Ehhh… tento a volte..cioè ti dico , a volte mi ritrovo alla fine della giocata che mi sento proprio stanco: devo gestire più persone , ed è difficile.” (Intervista a Dario del 10/7/2016).

“Andare a braccio” per Dario è sempre stato difficile, sin dalle nostre prime serate a S. Alvise e questo credo sia dovuto alla sua scarsa capacità di improvvisazione e dalla sua generale timidezza nell'esporsi a performance come: gesticolare, fare voci differenti e assumere ruoli atipici. Per l'esperienza di Walter sarebbe sufficente avere un carattere “forte” come base e saper sfruttare immagini, oggetti, suoni, timbri di voce: quello che intendo dalle sue teorie, è che anziché temere una reazione da chi hai davanti a te, dovresti esprimere liberamente la potenza espressiva delle scene. Se hai di fronte un tagliagole non dovresti esitare a dire sconcezze; se stai descrivendo una battaglia, assicurati di soffermarti su dettagli macabri oppure esaltanti. Il consiglio di Walter sarebbe quello di comportarsi in maniera “brutale”, per usare le sue parole che si ricollegano all'uso della presenza fisica ed emotiva di un esperto:

324 “Questo , sempre per il famoso fatto di non giocare con le regole. Cioè, assolutamente le regole non le gioco , ma devi avere un carattere forte per importi sui giocatori , soprattutto su quelli che guardano tanto le regole, devi riuscire ad avere questo carattere forte [ … ] alla fine c’eravamo così integrati che ognuno sapeva come giocava l’altro e quindi riuscivamo a fare anche delle scene senza nessun problema, senza neanche guardare il regolamento molte volte; senza neanche pensarci e in più anche quello era bello perché… ci ha portato a fare meta play costruttivo. L’importante era creare una storia [ … ]” (Intervista a Walter del 24/5/2017).

143 “[ … ] la cosa secondo me, più importante in D&D, e in qualunque gioco di società [ … ]è la cultura e il carattere . Perché se hai cultura , riesci ad argomentare e a gestirti meglio . Se hai carattere, riesci a importi meglio . Io tante cose , belle e brutte, che ho avuto dal master quando giocavo giù , da quello che considero il mio mentore , perché mi ha insegnato un sacco di cose , le ho avute ed erano indiscutibili e le ho avute grazie al carattere megabrutale che aveva questo qua. [ ...] la voce , il portamento, come è fatto. E’ sempre stato brutale , fin da piccolo, da quando era ragazzino. Adesso, è brutale tutt’ora e…. ed è una fonte insindacabile. Per assurdo , io a volte mi perdo e lo hai visto anche tu . A volte mi perdo quando gioco con gente che sa le regole meglio di me , perché mi contestano [ … ]” (Intervista a Walter del 24/5/2017). Riesco a intuire una fisicità imponente che riesce a comunicare a tutti, forse con un pizzico di autorità, quella che è la base immaginaria su cui focalizzare le partite. Un'autorità composta da nozioni, forza e capacità espressiva non costituisce per tutti un buon modo di attirare a sé i giocatori, tra i quali potrebbero trovarsi anche inesperti assoluti. Alvise, Dario e Andrea che ho frequentato in diverse occasioni come partecipante e osservatore, la cui carriera da Master è abbastanza lunga, mi hanno comunicato in più occasioni quale ritengono sia la migliore espressione dell'autorità narrativa e della giusta vena creativa da portare al tavolo. Il gruppo di S. Alvise ha origini abbastanza incerte nel 2005 o forse, al più, nel 2006325, pieno periodo di scuole superiori (tutti frequentavano il liceo scientifico all'epoca) e hanno avuto tutto il tempo per assorbire completamente il sistema di gioco di D&D 3.5, all'apice della diffusione proprio in quegli anni, gli stessi che anche io ricordo come similmente occupati a riunire il mio gruppo di giocatori per dirigere a turno le partite, spesso giocate le sere d'estate attorno al tavolo del soggiorno con succo di frutta e biscotti. In entrambi i casi, le regole hanno dominato sulla pura espressione della fantasia individuale e la coerenza, così come la causalità degli ingranaggi algebrici che sostenevano gli universi firmati di Faȇrun e Eberron. In una conversazione abbastanza casuale di un pre-partita a Venezia (dalle note di campo del 9/4/2017), momento essenziale di trasporto delle pizze dal ristorante a casa di Dario, Alvise mi ha chiarito quanto poco trovasse divertente i lunghi momenti di pausa, prima e dopo le descrizioni di Dario. Questo perchè segnalerebbero un mal apprendimento delle regole da parte sua, o forse una non chiara programmazione; una mancanza di appunti e richiami efficaci, magari. Quello che Alvise ha pensato, in un modo o nell'altro se lo è sempre segnato in un quaderno ad anelli, tra un viaggio in bus e uno in vaporetto da e per l'azienda informatica di Mestre per cui lavora. Quella sera abbiamo aspettato una ventina di minuti fuori dalla piccola pizzeria del Ghetto, prima che ci consegnassero la cena e ho parlato francamente di tutto quello che pensavo mancasse sia alla campagna in corso con Dario, sia all'uso smodato dell'edizione 3.5: sì, Dario avrebbe dovuto segnarsi qualcosa in più e tenerlo vicino, ma, forse, si sarebbe dovuto un poco slegare dalla rigidità formale del testo (“Come fare qualcosa al di fuori della regola?”). Alvise allora mi ha fatto l'esempio della campagna che arbitrava in quel momento: puntava tutto sull'elemento sorpresa e sulle suggestioni orrorifiche. Per cui, ha

325“ [ … ] , era quando ero in seconda superiore [ …] E…si, 2005, 2006, credo.” (Intervista a Dario del 10/7/2016).

144 catapultato Andrea, Dario e Ginevra in medias res, sostanzialmente, cominciando dalla descrizione ad effetto della comparsa di un sacerdote vampiro sconsacrato nella taverna in cui i personaggi alloggiavano. La descrizione delle dita bluastre che emanavano il classico freddo innaturale del non morto letterario è servita unicamente per suggerire un senso di pericolo incombente, che i giocatori avrebbero dovuto cogliere; cosa che non hanno fatto perchè hanno in seguito tentato di combatterlo nonostante fosse ben al di là della loro portata. Ciò che Alvise ha fatto è stato: suggerire solamente il grado di sfida potenziale a cui i personaggi sarebbero andati incontro, senza dare adito agli “esperti” del gruppo di poter prendere contromisure, solo per rendere la scena estremamente drammatica. Si è discusso anche dell'importanza di proporre scenari di combattimento sempre nuovi e stimolanti in un sistema simulativo tattico come quello di D&D, intendendo con questo una serie di accorgimenti per incrementare o diminuire la difficoltà degli scontri, senza uscire dal rispetto delle regole: i personaggi giocanti sono in possesso di armi incantate che superano le resistenze dei lucertoloidi nella fortezza del conte? Bene, il Master posizionerà una “zona di antimagia326” che annullerà tutti i vantaggi, così da costringere i giocatori a trovare soluzioni differenti grazie a puzzle ambientali e strategia, diplomazia o sotterfugio. Il tutto, senza nulla togliere o aggiungere al manuale. Nella sessione precedente a casa di Dario ho ricordato che, comunque, era venuta fuori una interessante situazione di combattimento sotterranea su più livelli di mappa ben disegnati e disposti, anche se confusionari. Dario, il nostro Narratore aveva descritto una lunga galleria, frammezzata da pontili in movimento, azionati da una macchina a vapore, quindi con una difficoltà relativamente alta di movimento. Alvise ha effettivamente convenuto con me sul talento immaginativo di Dario, ma un po' di meno sul fattore di coinvolgimento totale; porta avanti una direzione che difficilmente apprezza, al di là della fluidità di gioco o della reale conoscenza che dimostra delle sottigliezze matematiche. L'enigma logico ad algoritmo, in effetti, ha bloccato me, Maria e Andrea per una serata intera e Alvise non lo avrebbe nemmeno tirato fuori, anche se da tecnico informatico, ha apprezzato la sua impostazione e ci ha lanciato una serie di suggerimenti e occhiate torve quando pensava stessimo sbagliando: per due volte, mentre Dario era intento a curare la scheda del nuovo personaggio di Alvise, quest'ultimo ci ha dato qualche dritta su come combinare gli operatori logici, anche se ci siamo ritrovati ugualmente con l'acqua alla gola portando avanti alcune scelte casuali, così abbiamo anche ricevuto sgaurdi compassionevoli di partecipazione.

La parte creativa del Narratore, nella mia esperienza di ricercatore e appassionato, costituisce un focus molto importante e stimolante, ma non è certo l'unica, perchè durante tutte le partite a cui ho assistito, emergevano in continuazione elementi, oggetti e ideazioni degne di nota anche da tutti i giocatori in collaborazione. 326Ovviamente sempre all'interno delle competenze manualistiche. I “campi antimagia” sono considerati da sempre degli ottimi dissuasori per qualunque tentativo da parte dei giocatori di distruggere scene progettate ad hoc (vedasi

145 Da partecipante novello di tavoli di gioco durante la mia adolescenza, certo ricordo con estremo piacere le giornate del dopo scuola, in compagnia di ragazzi anche più vecchi di me, dotati soprattutto di maggior competenza artistica di me, che impiegavamo prima della sessione a preparare i setting, le mappe e le schede, anche per coprire eventuali assenze di ispirazione con materiale pronto all'uso. Io e Alessio, amico di lunga data (forse era il 2002 o il 2003 quando ci siamo incontrati) al tempo geometra in fieri e appassionato di disegno tecnico in qualsiasi foggia, mi aiutò a concepire l'idea base per una piccola cittadina di campagna che si allungava su un placido fiumiciattolo. Di modeste dimensioni, avrebbe costituito una sorta di passaggio sicuro lungo il tracciato che avevo immaginato quando avevo il turno di Master; al centro, come in ogni borgo medievale che si rispetti, si apriva una piazzetta e attorno servizi essenziali caratterizzati con nomi abbastanza evocativi, che Alessio aveva poi disposto ordinatamente secondo un tracciato abbastanza realistico, costruito con strade a ragnatela che sparivano poi nei campi e recinti del circondario o, per meglio dire, al limite del foglio quadrettato. Io ero sia Giocatore che Master, Alessio ha partecipato a numerosi tentativi di campagne, durate poi, in conclusione, qualche mese. Nutrivamo entrambi una grande passione per la cultura ludica e videoludica del periodo e spesso avevamo occasione di provare assieme più di un videogioco che permetteva di creare contenuti originali grazie a programmi software di grafica, strumenti compresi nei pacchetti software. La nostra capacità, sicuramente modesta, nel modellare elementi di fantasia su un tessuto grafico che apparteneva a prodotti abbastanza diffusi come la serie videoludica di “The Elder Scrolls327”, è stata per tutto il primo periodo delle scuole superiori, uno dei più grandi carburanti per la nostra immaginazione al tavolo accanto ad altri amici con la nostra stessa passione. Quando io e il gruppo di amici, raccolti fra comuni compagni di classe e vicini di casa, più o meno coetanei, abbiamo cominciato a leggere, creare e giocare le nostre prime campagne, avevamo una idea abbastanza nebulosa di ciò che fosse tenuto a fare un giocatore, sebbene nei manuali di riferimento venissero sempre suggerite condotte e comportamenti utili e preferenziali, sicuramente frutto del lungo lavoro di osservazione dei designer328, la nostra preoccupazione era unicamente quella di tratteggiare in maniera asciutta le descrizioni altrettanto minimali degli ambienti che incontravamo nella narrazione; i disegni erano storti, a matita, tratteggiati in fretta e furia con annotazioni illegibili di numeri, quantità, statistiche, nomi e ogni altro punto fondamentale. Forse l'unico che, a volte, tenesse alla resa grafica delle mappe sui quaderni ad anelli che tenevo poi a casa all'occorrenza, è sempre stato Alessio, la cui vena tecnica e creativa è stata sempre apprezzata. Dato un simile retroterra di esperienze e di poco attaccamento al segno grafico dettagliato e anche alla

327Serie di videogiochi di successo mondiale, giunta attualmente al suo quinto capitolo e a vari titoli esclusivamente online. Pubblicata dalla casa videoludica americana Bethesda Softworks, combina i più basilari concetti di gioco del gioco di ruolo classico, come la creazione parametrica di personaggi, la personalizzazione estetica e il miglioramento progressivo dell'avatar, con un vasto e complesso universo immaginario.

328Nei manuali base di D&D 3.5, ad esempio, sono contenuti vari spunti per giocatori alle prime armi o semplici suggerimenti: avere con sé una scorta di fogli, matite, carta quadrettata e un volenteroso cartografo (si veda “Player's handbook. Core rulebook. 1 v. 3.5” Wizards of the Coast, 2003: 5).

146 resa letteraria di diari o annotazioni, sono rimasto piacevolemnte sorpreso dal fatto che i giocatoi della mia campagna abbiano da semprepreso più appunti possibile. Alcuni li hanno corredati di lunghe descrizioni geografiche e notazioni cronologiche, azione per azione , in taccuini di vario taglio e misura. Uno di questi, appartenente a Silvia, è finito nelle mie mani, quando ho detto che l'avrei utilizzato per le mie ricerche. In realtà fa parte di un fascicolo molto più grande e sfaccettato, costituito da una modesta cartelletta decorata, acquistata con ogni probabilità da Tiger, che contiene un plico di post-it, due quaderni, uno rilegato, di modeste dimensioni, l'altro molto più piccolo, coperto di cartone rigido completamente scritto, in cui sono presenti disegni persino nelle prime facciate. Il secondo “manufatto”, consegnatomi quasi in parallelo con il precedente, è una semplice risma di fogli strappati da un piccolo quaderno a righe, compredente gli appunti di ogni sessione a cui Andrea ha partecipato in nostra compagnia. Qui non sono presenti disegni, ma lo spirito di cronaca dettagliato è quasi lo stesso e sono comunque presenti mappe in scala molto ridotta, a ridosso del testo, a matita, senza grande perizia o senso estetico. In entrambi i casi, ho avuto modo di capire come la mia percezione della mia narrazione fosse, a tratti, differente rispetto a quella dei miei giocatori e di quanto fosse facile dimenticare dettagli importanti o dare per scontato nozioni invece importantissime come i nomi dei vari Personaggi non giocanti, le dimensioni, le distanze o anche solo le caratterizzazioni descrittive. All'inizio della mia carriera da giocatore avevo le schede originali fotocopiate su cui prendere appunti stenografici e, a volte neanche quelle, un foglio e qualche lapis consunto. Ora, a parte il notevole armamentario che per diletto o acquistato, vedo che mi sono stati proposti diari e appunti lunghi, dettagliati, complessi, che tutti al tavolo eravamo soliti passarci, dopo che chi li teneva regolarmente, li aveva ricopiati in bella grafia e ordine a casa o nei tempi morti di pausa. Le prime due facciate del piccolo fascicoletto di Silvia presentano in maniera chiara, schematica e ordinata una serie di informazioni che avevo fornito a lei in segreto (ossia su una chat di whatsapp: conversazione privata su whatsapp del 12/04/2016) da me comunicate qualche settimana prima della sessione di partenza circa il background del suo personaggio, per il quale ho creato ex novo e annotato la presenza di una comunità di druidi che aveva accolto la sua gente in un'enclave forestale, regolata attorno alla difesa di un territorio che mi ero limitato a descrivere per sommi capi, inizialmente, come vasto e pericoloso. Nella mia idea di progresso narrativo, avevo inserito qualche gancio che Silvia avrebbe potuto cogliere con Talyce, la sua chierica drow, che alla fine lei ha prontamente segnalato come: “Sparizioni! By esploratori elfi dei boschi: tra i ranghi degli elfi e nella regione dei druidi. By molti altri: sparizioni anche fra gli elfi della foresta e i guardiacaccia. Scoprire l'identità degli assalitori drow!329”. Nella restanti, invece, sono presenti sia descrizioni concise di avvenimenti e luoghi interessanti che il party di avventurieri ha attraversato e che hanno lasciato impresse nella mente della giocatrice un ricordo importante o un dettaglio curioso, sia piccole mappe, molto circostanziate. In una delle ultime facciate, ad esempio, sul fondo, è disegnata una mappa dall'alto di pianta rettangolare con 5 entrate e svariati corridoi

329Oggetto 1 , inserire nr foto.

147 che si dipartono da Est e da Ovest, con annesso spazio chiuso. Le soglie sono segnate in rosso a pennarello e numerate con una didascalia , nella pagina a fianco, che ne descrive sinteticamente il contenuto. Anche le azioni più salienti vengono scritte e successivate ricopiate a penna in una bella copia che è sempre servita poi per ausilio all'esplorazione e come vantaggio tattico. Il manoscritto è un accompagnamento che, oltre a funzionare come diario in cui sono menzionati i nomi dei personaggi (mai quelli dei giocatori) e le loro azioni, contiene anche disegni di varia mano, come gli ultimi due sulla copertina in cartoncino e (inserire cit. all'inizio), tratteggiato finemente a penna, che, tuttavia, non è opera di Silvia e un piccolo schizzo a matita dei volti ammiccanti dei personaggi creati da Claudia (Xavier), Andrea (Kale) e Silvia (Talyce), eseguito da Claudia durante una o più sezioni di disimpegno durante le sessioni o nelle pause. Non tutte le mappe sono state copiate da Silvia, perchè le mappe della locazione introduttiva alla campagna, un piccolo villaggio creato da me, per l'occasione, sulla base di vecchie idee e di un nome (Haven) che ho riciclato innumerevoli volte, sono state ultimate da Andrea e da me su una serie di fogli volanti (due facciate di un quadernetto a righe per Andrea e un foglio da block note per me). Gli appunti di Andrea si discostano stilisticamente dagli altri, per il fatto di condensare una serie di dati numerici circa risorse, guadagni e tempistiche di viaggio tra una località e l'altra: la pianta di Haven, ovviamente non è precisa, ma poco sotto contiene una serie di nomi importanti, come quello del conestabile di villaggio, delle vie principali, delle vicine città330, di alcuni luoghi annessi (i campi, le fattorie). Poco oltre sono presenti alcuni dettagli descrittivi e una sorta di inventario degli oggetti trovati o conquistati nel corso dell'esplorazione: un elemento in più rispetto alla scheda ufficiale, per ricordarsi soprattutto di dove, come e chi ha acquistito quei tesori. Nell'insieme, costituiscono un complemento agli scritti degli altri giocatori e una risposta visiva alle mie descrizioni, oltre che un aiuto tecnico, per fissare nella mente la posizione fisico-geografica dei personaggi, anche in fase di tattica di combattimento; senza contare che nelle occasioni di combattimento abbiamo quasi sempre disposto la plancia, per disegnarci sopra a pennarello ambienti, posizione di nemici, trappole e personaggi utilizzando diversi colori e scale precise. Il che è evidente anche negli schizzi che distribuisco prima dell'introduzione a un qualsiasi luogo di interazione, che può essere una cittadina, un campo o un interno (motivo per cui prediligo sempre un foglio a quadretti da 0,5 cm). Dopo avere annotato i riferimenti basilari per le missioni assegnate al gruppo e le locazioni di ciascun punto di interesse, come il fabbro, l'erborista, la locanda e la casa del conestabile di Haven, Andrea ha scritto altre tre pagine, fino a finire il fascicolo, che descrivono sinteticamente a matita gli avanzamenti nell'esplorazione delle rovine che ho trasposto da un modulo di avventura precompilato della Wizards; frasi asciutte e con poca punteggiatura servono unicamente da aggancio tattico per le scelte: “spaccatura 50/60 cm”; “struttura collassata, non c'è il tetto”. Altri appunti, come quelli presi da Silvia in medias res, sono memorandum per le interazioni fra i vari personaggi che servono anche per potermi contraddire, nel

330Tutte prese dall'ambientazione ufficiale dei Forgotten Realms e integrate nel tessuto narrativo di mia invenzione.

148 caso in cui, da Master, dimenticassi dei passaggi: “Talyce ha aperto la porta con la scritta draconica”; “BAHAMUT drago protettore dei draghi curiosi e benevoli”. Un poco enciclopedia personale, un poco diario, si combina bene con l'altra cronaca di Silvia e non poso tralasciare la buona resa delle mie descrizioni che hanno un riscontro visibile nella somiglianza tra le mie piantine di Haven e quelle dei giocatori, anche se, in sé la complessità geografica non è mai stata eccessiva, tranne che per le aree sotterranee del dungeon impostato secondo le informazioni contenute nel fascicolo originale331, un ammasso intricato di vie e corridoi che si intersecano, pieni di didascalie e descrizioni a latere, riprese in dettaglio nel testo, sono stati da me ridisegnati su un foglio a quadretti, man mano che i giocatori ne scoprivano porzioni più ampie. Il paesino di Haven è stato invece predisposto da me in varie occasioni, sin dalla metà del 2016, prima in maniera più precisa e pulita su un singolo foglio da block note, affinchè tutti al tavolo potessero vedere quali luoghi interessanti potessi fornire per cominciare: una serie di possibilità organizzate su un asse cartografico cardinale, con una strada principale che reca a Nord verso un'altra città, a sud alle fattorie, mentre l'unica stradina sottile orientale condurrebbe i personaggi verso parti non coperte dalle ronde e abbandonate. Attorno alla strada maestra ho disposto, in pianta dall'alto, tutta una serie di servizi essenziali per un villaggio come casa del sindaco conestabile con stalle, locanda, medico, mercante e fabbro di borgata. In un secondo momento, risalente a molto dopo le prime sessioni, ho tratteggiato velocemente Haven una seconda volta, sia per dare velocemente una descrizione in mancanza della mappa originale, sia per mostrare alcuni cambiamenti avvenuti a seguito delle scelte compiute in gioco. Poco più a Ovest della strada principale, ho sistemato un accampamento militare, che avevo già annunciato sarebbe comparso, dopo recenti sviluppi nella trama, provocati da scelte personali dei giocatori: i tendoni del circo ambulante, presenti nella prima mappa sono svaniti e ora compare una nuova configurazione vicino agli stabili del guaritore e alla locanda, poco precisa, ma funzionale al riferimento che ho dato a tutti i partecipanti, uno dei quali (Andrea) avrebbe dovuto introdurre ill suo personaggio dentro una tenda militare. In un terzo foglio temporalmente precedente, ma meno denso di informazioni, ho creato una raffigurazione veloce ai fini delle meccaniche dello scontro in D&D: tatticamente complesse e basate su una divisione temporale strutturata in round (sei secondi nella finzione, che possono dilatarsi molto nella realtà), con una precedenza generata casualmente, tramite il lancio di un dado a venti facce (conosciuta col nome di “iniziativa”). A confronto con le mappe sulla lavagna cancellabile che Dario ci propone, in effetti, le mie sono ben poca cosa e su un foglietto così piccolo sfigurano, rimangono ristrette e poco espressive, data la scala dei quadretti da 0,5 cm. Tuttavia, spesso ci siamo trovati ad abbozzare al volo le locazioni del combattimento, in cui compaiono dati stringati e necessari, come le iniziali dei personaggi giocanti, quelle dei personaggi non giocanti, le distanze calcolate per il movimento e il raggio delle armi e degli incantesimi, gli elementi di scena, gli ostacoli e, infine, a latere, poche didascalie o appunti veloci.

331“La cittadella senza sole” , Bruce Cordell, 25th edition, 2001.

149 Spesso la raffigurazione non è neanche servita, ma in determinati casi, soprattutto nella mia campagna e soprattutto con oggetti di supporto come tabelle rigide in acetato, pedine del Monopoli, segnalini o pezzi di carta decorata, pennarelli cancellabili di vario colore, siamo riusciti a visualizzare meglio gli scontri, per quello che ho sempre ritenuto un valore aggiunto di immedesimazione. Non ho sempre predisposto tutto questo; a volte, come per il primo scontro che Claudia e Andrea da soli, nella primissima sessione in cui erano presenti unicamente loro, è sufficiente descrivere la scena con chiarezza, rendere il tutto abbastanza veloce, a dispetto delle numerose regole tattiche e seguire i giocatori nelle loro decisioni: poco fuori da Haven i loro personaggi erano in cerca di un mercante scomparso e si sono sfortunatamente imbattuti nella tana di un procione che ho deciso di interpretare in maniera aggressiva e li ho costretti a combattere, anche per testare la loro conoscenza del sistema e fare un breve tutorial. Ho iniziato descrivendo in metri le distanze, le posizioni di ostacoli e coperture e una volta determinata l'iniziativa, con qualche incertezza dovuta al continuo sfogliare i manuali in cerca di statistiche, ho cercato di descrivere ogni singolo attacco o spostamento; il metodo del cosiddetto “teatro della mente” è più lento, ma rimane comunque più evocativo. Come ho già menzionato, per tutto il periodo di gioco con la compagnia di Dario a S.Alvise e, molto spesso anche con la compagnia di Musile, abbiamo fatto un uso pressochè continuato della visualizzazione in scala: Dario ha sempre preteso, assieme ad Andrea M. di disporre la mappa in scala ad ogni singolo combattimento; anche nelle gestioni complesse come quella avvenuta il 21/5/2016 a casa sua. Sessione arbitrata da Andrea M. stesso, a cui partecipavano anche una buona parte dei giocatori della campagna di Dario (Alvise, Dario, Sofia e Andrea M.), nello scontro cardine, che ha costituito una intera sessione di quattro ore circa, il party di personaggi giocanti332 ha affrontato nella sua tana un drago trasformato in zombie da una congrega di vampiri che ha tentato di bloccare la ritirata tramite incantesimi. L'esperienza dei personaggi e dei giocatori era notevole: tutti abituati a giocare con D&D 3.5 da anni, hanno avuto bisogno per l'intero combattimento di uno schizzo su un foglio, la cui precisione era bassa e veniva costantemente ricomposto, a seguito dei movimenti in-game e della morte, scomparsa o spostamento fuori dal raggio visivo di nemici o alleati. In questo caso, ho subito pensato che, date la complessità della scena, la conoscenza avanzata dei giocatori, la tradizione espressiva che il gruppo ha sempre tenuto, fossero tutti d'accordo (e anche Dario con noi ha sempre operato così) per ridurre al minimo le discussioni tattiche e aumentare il tempo a disposizione per gli effetti delle azioni all'interno del gioco.

Il setting, che dal punto di vista del Narratore, è un po' come uno studio di registrazione o un atelier in cui 332Composto nella maniera seguente: Dario = umano mago; Ginevra = nano chierico; Alvise = Umano warlock; Sofia = umano barbaro. La campagna va avanti da due anni circa con il sistema di D&D 3.5 e i personaggi sono di livello elevato. Il che aumenta a dismisura la difficoltà e complessità gestionale degli scontri e dei momenti di prova di abilità o interazione. Altro fattore di difficoltà è la forte presenza di personaggi incantatori che necessita di una continua revisione di dettagli.

150 testare tati piccoli accorgimenti, oltre agli elementi creativi grafici, può avere anche una serie di supporti sonori per suggestionare il “pubblico” dei giocatori e costruire passo dopo passo una buona atmosfera ludica. L'idea di una colonna sonora che accompagnasse le descrizioni mi ha sempre stimolato, ma l'ho considerata una eventualità difficile all'inizio delle mie esperienze, che comunque avevano luogo in ambienti a dir poco scomodi come cortili, sale da pranzo, soggiorni o più semplicemente panchine. Grazie al periodo di ricerca sul campo sono venuto a conoscere anche differenti metodi espressivi e attitudini nei riguardi della musica in-game. Dall'uso spassionato, a quello cauto, alla completa ignoranza. Il gruppo arbitrato da me ha bene o male sempre avuto a disposizione una playlist abbondante di colonne sonore o musiche da accompagnamento che, inizialmente, diffondevo da una playlist unica, presente in un hard disk esterno, collegato al pc portatile; operazione on facile, se consideriamo che poi dovevo anche aprire decine di pagine in pdf e tenerle aperte per la consultazione. In seguito, dopo essermi spostato a Marghera e aver preso possesso di una sala enormemente più grande per giocare, ho potuto inserire gli amplificatori, collegarmi alla presa di corrente senza intralciare fili e manuali, avere a disposizione l'hard disk col materiale e disporre sul tavolo anche miniature e mappe, libri, manuali e blocchi da disegno. La cosa che, tuttavia, ha dato una svolta alle sessioni dal punto di vista muscicale è stata l'iscrizione a Spotify e l'uso concomitante di playlist di ambient e colonne sonore da Youtube333. Tra le colonne sonore che ho potuto usare e ascoltare, sono andate per la maggiore soprattutto quelle derivate da opere videoludiche come i giochi della From Software (Dark Souls o Bloodborne) o brani provenienti da serie tv di successo come Vikings o Game of thrones. La modalità di fruizione è cambiata parecchio nel corso del tempo ed è sempre stata differente per ciascun gruppo che faceva uso di suggestioni sonore. Sin dalle prime sessioni con Dario come Master ho notato un frequente uso del computer portatile, specie come riferimento autorevole e banca dati di manuali in pdf, ma in rare occasioni è stato anche utilizzato come strumento di diffusione musicale: a partire dalla sessione del 5/6/2016, periodo in cui tra i giocatori aveva già fatto la sua comparsa Maria, amica di Sofia e giocatrice di Pathfinder, il pc è sempre stato posizionato di fronte a noi con lo schermo girato e di fronte alla grande televisione della sala da pranzo di Dario, per cui, dopo una cena veloce, in genere, eravamo sempre pronti per cominciare; noi tutti, io, Andrea, Alvise, Maria e Sofia eravamo a raggera di fronte alla postazione. Data la presenza di giocatori acquisiti, Dario ha prediletto chiaramente sempre di più la facilità di utilizzo del computer al tavolo e nel corso delle serate ha anche messo in piedi delle scene ben costruite con accompagnamenti e interpretazione, anche se stentata. Prima che arrivasse Maria a giocare, nella sessione

333Sul noto social network sono presenti numerosi canali di appassionati e compositori che producono brani di ambient caratteristici, pensati espressamente per il gioco di ruolo analogico, della durata di svariate ore o che raccolgono brani in playlist abbastanza lunghe. Si va dall'ambient a tonalità dark, al suono di contorno, fino a playlist di musica vera e propria, dedicate a momenti precisi delle sessioni: combattimento, esplorazione, mistero e narrazione. Si veda in particolare i canali di Cryo Chamber (https://www.youtube.com/channel/UCVHOgH4XEyYx-ZEaya1XqCQ, consultato il 3/2/2020), d20 Nation (https://www.youtube.com/channel/UCoB_AF2OcVO80SAFQhVtqrQ/playlists, consultato il 3/2/2020) e Sword Coast Soundscape (https://www.youtube.com/channel/UCUGy8GD5oY4EX9awX4FSqBw, consultato il 3/2/2020) con una nutrita serie di ambient ispirato ai luoghi descritti nell'ambientazione dei Forgotten Realms.

151 del 17/5/2016, in cui eravamo presenti io, Andrea e Sofia, il gruppo di personaggi era alla ricerca di una banda di rapitori che agiva nei bassifondi di una ricca città di gnomi334 e grazie alle decisioni che, separatamente dal gruppo, ho preso, abbiamo individuato in una taverna il loro nascondiglio, dopo aver seguito di soppiatto uno scagnozzo vestito di stracci. Dario, a questo punto, per aumentare l'effetto della fase di suspence, ha cercato su Youtube il brano cantato polifonico “Mr. Sandman” delle Chordettes335, ma riarrangiato in chiave horror, con echi e distorsioni e ha descritto la scena all'entrata del locale come surreale: persone prive di volto al bancone, una lieve oscurità e suoni alterati. A quel punto, è cominciata una sequenza di combattimento lunga e difficoltosa contro uno dei capisaldi dell'organizzazione che avrebbe lanciato un incantesimo di illusione visiva e sonora (spiegato così il motivo del loop musicale) sull'intera bettola per trarre inganno gli avventori e noi inseguitori. L'idea, in sé, non è stata per nulla cattiva, ma nel giro di una mezz'ora ha portato tutti noi a disperdere l'attenzione, già precaria, per via delle frequenti pause di Dario, in una serie di richieste di ripetizioni e chiarimenti. Da quella sessione abbiamo sempre provveduto, di comune accordo, ad evitare colonne sonore troppo forti e ripetitive, anche se, poi al tavolo con Dario, non ci sono mai stati numerosi tentativi di sperimentazione in tal senso. E, in effetti, quel che il Master non faceva, spesso veniva attuato da Andrea, che nel periodo di gioco che va dall'inizio del 2017 all'estate inoltrata dello stesso anno, ha iniziato a utilizzare il suo smart phone collegato a Youtube come amplificatore per la diffusione delle colonne sonore più adatte, specie nelle lunghe sequenze di combattimento che necessitavano di un poco di brio in più, almeno dal nostro punto di vista336. Durante il corso di una intera sessione337, costruita attorno all'ispezione di una palude in cui si erano ritirati gruppi di cultisti e rapitori, Andrea ha selezionato una serie di brani in riproduzione automatica dalla colonna sonora di Bloodborne338, mentre Dario ha cominciato a focalizzarsi sulle azioni dei nemici sul campo, tentando di raggiungere un'atmosfera di orrore e stranezza: “I cultisti vi guardano con occhi stralunati, mentre dalla nebbia fitta emergono figure indistinte molto alte che producono un suono simile a quello di un corno, ma più metallico. Avanzano. E vedete due paia di enormi ali di luce su ognuno di loro, mentre i loro occhi iniziano a gettare luce ...”. Nel frattempo gli archi e gli ottoni dei brani, sempre controllati nell'intensità tramite lo smart phone di Andrea (Alvise e Maria in parte ne sono vagamente irritati), suggeriscono una pressante sensazione di

334L'ambientazione utilizzata da Dario è Eberron, nato come prodotto interamente fan-made nel 2002 a seguito di un concorso creativo indetto dalla Wizards (si veda Applecline 2014: 167), è un universo fantasy industrialmente avanzato che unisce la magia, le razze dell'immaginario (elfi, nani e orchi) con tecnologia elettronica e motori a vapore (robot, treni, cyborg e città volanti) in un mix effettivamente eclettico.

335https://www.youtube.com/watch?v=2vqUk9bdRFI (consultato il 4/2/2020). Il brano è effettivamente accompagnato da un'immagine di thumbnail di un lungo corridoio che potrebbe ricordare quello di una prigione o manicomio abbandonati. 336In disparte, prima di cominciare una sessione (note di campo del 24/5/2017) che era stata rimandata di una settimana, Dario mi ha chiesto quali potessero essere le qualità su cui concentrarsi per rendere il gioco interessante e catturare l'attenzione. A parte migliorare la propria capacità espressiva, mi ha anche confessato di voler fare un uso più ampio delle colonne sonore, senza che distruggano la concentrazione.

337Note di campo del 9/4/2017.

338Si vedano le note supra.

152 angoscia, assieme alla sensazione sempre più concreta che, data l'esperienza dei personaggi che avevamo all'epoca, sarebbe stato meglio battere in ritirata; cosa che, a quanto pare il Master voleva suggerirci fin dall'inizio, tramite la collaborazione di Andrea, che, appunto, nel post-sessione, mi conferma che spesso collabora con Dario per rendere la campagna in corso interessante o fornire buoni spunti, indicazioni o semplicemente assistenza a causa del poco tempo che Dario aveva a disposizione. In questo caso, sebbene personalmente abbia apprezzato la resa in toto e mi sia limitato a seguire gli altri giocatori nelle decisioni tattiche, non ho potuto non notare una certa lentezza di reazione nel comprendere le sensazioni prodotte su un tavolo di gioco nella sua interezza: Alvise ha riconosciuto subito il brano proposto e si è limitato a compiacersi inizialmente per la sua buona conoscenza del panorama videoludico, poi ha ignorato completamente le suggestioni e le descrizioni, votandosi al solo livello tattico e infine ha espresso la richiesta di abbassare o eliminare la fonte di disturbo. Maria, d'altro canto, ha sempre cercato di avere una disposizione aperta nei confronti dei particolari di contorno, ma nelle fasi più complesse di gestione a turni, ha sempre trovato irritante dover ripetere più volte la stessa cosa o chiedere continuamente chiarimenti a causa di una qualsiasi distrazione, specie perchè, in quel periodo, la sua soglia di attenzione e rapidità di reazione era compromessa dalle tempistiche di studio all'università e spostamenti da e per Venezia. Il comparto musicale può essere un'arma a doppio taglio, specie nei gruppi più grandi, ma può produrre anche degli ottimi risultati se è già stato accettato come buono strumento di immedesimazione, tramite varie esperienze e usi di canali differenti (radio, playlist da disco rigido, computer, smart phone, tablet, ecc.). Walter è sicuramente riuscito a lasciare nei giocatori un'ottima impressione, un lascito di inquietudine e mistero sui suoi personaggi e sui luoghi che descrive: i luoghi di “The War339”, come ho già sottolineato in precedenza, sono frutto dell'interazione tra una base narrativa e geografica sufficientemente precisa ideata da Walter con i compagni di gioco in Toscana e da una serie di aggiunte successive che hanno a che fare con l'inserimento di particolari più vicini al mondo del gdr classico (classi di personaggio fisse, razze giocabili e oggetti magici) e di elementi della cultura popolare rimasticati (geografia plausibilmente continentale in stile europeo, sviluppo storico lineare e affine all'idel-tipo feudale e tratti stilistici riconoscibili). Questo significa, certo, che una volta trasposto un ideale di campagna narrativa al tavolo, il Master, che durante il periodo di osservazione è sempre stato Walter, ha messo a punto delle scene accompagnate da una lunga serie di riferimenti sonori raccolti in forma di playlist salvata sul proprio tablet: nella prima serata di arbitrato da parte di Walter a Musile di Piave, in cui ero presente in qualità di solo osservatore340, ho potuto confrontarmi sia sull'uso degli elementi grafici, di cui abbiamo già discusso, sia su quello della colonna sonora. Era già dal Febbraio che avevo a che fare con il gruppo presentatomi da Eric ed ero già abbastanza

339I riferimenti all'ambientazione di The War si trovano supra, nella sezione dedicata all'attività creativa dell'etnografia (vedasi cap

340Note di campo del 28/4/2017.

153 integrato nel modus operandi della serata: una grande tavolata con la pizza e, in seguito, una serie di snack e bibite di accompagnamento al gioco che avrebbe avuto inizio nel soggiorno, sul tavolo di fronte alle porte a finestra. Walter si è posto a un capo del tavolo e ha sistemato il tablet come se fosse uno schermo e una piccola lavagna; accanto ha predisposto tutti i dadi che portava e, di fronte a noi, ha spiegato la mappa del continente. In seguito, dopo una piccola introduzione a me e a chi non ricordava (come Eric), dopo tanto tempo, cosa fosse successo prima, ha introdotto la scena con i personaggi in fuga da un insediamento per accompagnare il personaggio di Marco (un sacerdote del dio Valor) al tempio principale della sua divinità, che tramite visioni oniriche lo ha chiamato. Tutti i personaggi sono legati, a quel che ho inteso da un riferimento mistico alla visione interiore e al sogno e sono legati a una lotta tra divinità ancestrali, mi comunica poi Walter. Il Narratore chiede di fare silenzio a Giorgio e Marco che continuano a fare battute sulla campagna della scorsa settimana (diretta da Marco) e sui punti meno seri di essa: il personaggio paladino di Giorgio che usa i nemici come scudi umani e l'intero party trascinato giù da una scarpata per colpa di un carretto. Dunque Walter inizia a riprodurre un brano che conoscono tutti (me compreso) e che fa parte della colonna sonora originale della serie animata di Berserk341, brano cupo , con una strana tonalità che coinvolge tutti istantaneamente, poi sistema il volume troppo alto, apre il taccuino e inizia a descrivere la distesa di erba che i personaggi hanno davanti, con i piccoli particolari di un albero in lontananza e quelle che paiono figure lunghe e lugubri sui rami. Dopo una serie di interazioni tra tutti i giocatori, il Master descrive una serie di dettagli inquietanti che i giocatori riconoscono: “Tu, Giorgio riesci a scorgere sulla collinetta con l'albero altre sagome, questa volta in movimento. Sono a cavallo e recano uno stendardo”. Dopo un'altra discussione interna al party su chi debba dirigersi a ispezionare la collinetta per primo (compito che spetta all'elfo incantatore di Giorgio, personaggio in effetti adatto alla furtività, ma anche capace di reagire agli attacchi), Walter decide che è il momento di cambiare brano in riproduzione e carica parte della colonna sonora di “Game of Thrones”, con un pezzo sempre molto cupo e teso che dovrebbe riecheggiare l'atmosfera sanguinosa, grigia e conflittuale della serie. “Riconosci lo stendardo dei cavalieri. Fanno parte di un gruppo di assassini molto famoso nel continente; ti conviene avvicinarti con cautela”, così esordisce Walter e con molta più circospezione e tensione di prima, Giorgio decide di fare avanzare il suo personaggio con varie prove di furtività, mentre i brani musicali si accavallano e il Master li cambia a rotazione, non appena si accorge che non sono adatti alla situazione (il che causa, in effetti, un breve momento di ironia collettiva, ma l'interesse è altrove). “Riesci a raggiungere quasi la sommità, mentre i cavalieri si allontanano. Quelli che vedi appesi ai rami sono corpi di impiccati, lì da diversi giorni e già in putrefazione; le orbite vuote sono buie e terrificanti. Poi, tutto intorno a te il cielo sembra farsi scuro e senti come un vago senso di fastidio salirti su per la schiena. – nel mentre cambia brano e seleziona una playlist di soli brani ambient del gruppo “Dead can dance342” - Senti una voce

341Il brano in questione è “Behelit” tratto dalla colonna sonora originale composta da Shirō Sagisu per la serie animata “Berserk” (1997). 342Noto gruppo musicale britannico specializzato in musica elettronica e ambient, la cui voce di punta è la cantante

154 familiare nella tua testa che ti suggerisce di stare attento e di non dimenticarti della presenza del Cacciatore. Dello spirito ancestrale che ti segue, che potrebbe prendere possesso del tuo corpo e farti compiere orribili azioni!”. Nel frattempo la musica che accompagna le parole inquietanti di Walter, diventa una specie di motivo oscuro che avvolge l'ambiente e attira l'attenzione continuativa dei presenti, compreso me, che inizialmente avevo previsto di annoiarmi parecchio e che, invece, mi son trovato a desiderare di far parte di quella bella storia. Ovviamente, i dettagli più minuti della campagna non mi erano chiari: non sapevo chi fosse lo spirito sanguinario che accompagnava l'elfo di Giorgio; non sapevo perchè il personaggio di Marco dovesse recarsi al tempio dell'ordine (l'avrei compreso in seguito, partecipando) e non sapevo cosa c'entrasse nell'intreccio il personaggio stregone di Eric che me lo aveva introdotto come un allievo di uno dei più potenti stregoni del continente e che, a dire il vero, da background ha avuto connessioni col personaggio di Giorgio, ma era all'oscuro di molti particolari che riguardavano reciproci poteri, abilità e contatti con creature sovrannaturali343. Nonostante la mia totale confusione e impreparazione narrativa, quella sera ero riuscito a provare delle sensazioni di inquietudine e piacere abbastanza rare. Il tutto perchè gli oggettdi gioco e nel gioco erano stati integrati con le capacità espressive del Narratore, che non aveva introdotto nemmeno una scena di combattimento, ma si era limitato a proporre uno scenario misterioso da esplorare e dettagli da scoprire. Come già avevo appurato, Walter non è mai stato il tipo di giocatore e partecipante attento alle regole e all'etichetta del manuale, ma ha sempre “preteso” di avere attorno a sé giocatori ricettivi e creativi, a cui lascerebbe ampie libertà di interpretazione, purchè lo seguano nelle digressioni narrative, nelle descrizioni, nelle interpretazioni. All'interno della stessa campagna, ha lasciato, ad esempio, che Eric personalizzasse la propria “scheda del personaggio” con l'aggiunta delle frasi che avrebbe pronunciato lo stregone al lancio degli incantesimi: sul lato dedicato alla magia, Eric ha compilato una serie di frasi ad effetto in giapponese (lingua che studia) con un vago effetto esotizzante, che riproducano nella logica dell'ambientazione, una sensazione di arcano. Gli stessi effetti delle magie, compresi i contraccolpi negativi vengono, in genere decisi da Walter in maniera affine alla suggestione generale che vuole ottenere (qui compreso il soundscape generale e la serie di avvenimenti che si sono generati nel vivo dell'azione ludica): in The War l'arte magica rappresenta un enorme potere, ma al contempo un enorme pericolo. Nel corso del nostro colloquio344, quando già avevo potuto conoscere meglio Walter anche per averci potuto giocare assieme, mi ha fornito una serie di interessanti memorandum, maturati con l'esperienza su australiana Lisa Gerrard.

343“ mentre aravano i campi ,arriva questo , che ne so, uno stregone , questo maestro che ha avuto lui e gli dice :” Ho notato dalla forza , dalla possanza di questo ragazzo ,contadino tal dei tali , lo porto via per addestrarlo , va benissimo. Diventa il suo background . Cioè, se lui immagina una cosa del genere e me la descrive , che sta parlando col Perca (Giorgio) [ … ] Io l’ho messo nel background , però lo diventa automaticamente , perché è bella come cosa e prendo spunto da quello.” (intervista a Walter del 23,24 e 25/5/2017). 344Intervista a Walter del 23,24 e 25/5/2017.

155 vari campi da gioco (tabletop, live, online) su come gestire al meglio le interazioni fra setting, giocatori e narrazione, anche con effetti memorabili (leggasi “da raccontare”):

“[ … ] quando giocavamo horror , eravamo all’epoca da un nostro amico che c’aveva uno studio , metteva la musica fatta bene , col portatilino, si son cagati in mano. [ … ]Le colonne sonore , per esempio, di “ 28 giorni dopo” son perfette per l’horror . E … quanto meno quelle più calme , intendo. Perché , va beh , quelle troppo tecnologiche no. Poi dipende da che ambientazione è . Per Cthulhu345, comunque, “28 giorni dopo346“ è perfetto. [ … ]io stesso ho preso una paura da matti , giocando a Cthulhu, anni fa , con … appunto , quei ragazzi di giù. Perché , anche là, si mettevano le candele, tutto buio, la musica mega-pesa sotto [ … ] l’atmosfera è importantissima . Infatti, non riesco a giocare né nelle ludoteche , a meno che non faccia i giochi stupidi, botte e schiaffi, giochi da ridere , né nei pub , nei bar , ‘ste cose qua.” (Intervista a Walter del 23,24 e 25/5/2017).

Ritorna anche nelle considerazioni sul setting e sull'atmosfera generale di Walter, la sua divisione fra “giochi da ridere” (o “stupidi”) e ”giochi di atmosfera”, in cui giocatori, Master e osservatori possono immedesimarsi a tal punto da provare emozioni molto forti, a patto che si costruisca con un certo “stile” il contesto: la musica e anche il contorno (stanza, compresenza di più persone e ambienti, rumore) devono operare sinergicamente con l'attività di tutti i partecipanti, a prezzo di numerosi detour e distrazioni, a meno che l'intento dei giocatori non sia quello di divertirsi con una serie di scenette prive di immersione, ma ricche di siparietti stereotipati. Nelle parole di Walter, poi sempre pronto, alla fin fine, ad adattarsi allo stile che trova al tavolo, noto forse solo una punta di rammarico per una tipologia di interazione che non riesce più a innescare qui nel veneziano e che invece era comune all'epoca della sua adolescenza in Toscana:

“ E , infatti adesso, da Marco stiamo giocando un po’ a cazzo, ehm… Quando giocherò poi che sono a casa mia347 , quando casa mia sarà pronta o sarà lì , lì per essere pronta , metterò le casse, metterò le musiche fatte bene ed è un’altra cosa , perché giocare per me , D&D soprattutto, va beh, l’horror ancora di più, deve esserci la musica sotto , deve esserci la musica che cambia a seconda delle scene , come degli ambienti , che è importantissima .” (Intervista a Walter del 23,24 e 25/5/2017).

Mi sono sentito subito d'accordo su tutta la linea con Walter, anche per aver più volte io stesso creato atmosfere musicali. Il gruppo di gioco che ho diretto come Master per un anno e mezzo, circa, si è rivelato molto ricettivo nei riguardi delle suggestioni o dei tentativi di arricchimento descrittivo delle scene, sia esplorazione, che interazione e anche soprattutto le fasi di combattimento tattico. Sono stati soprattutto i giocatori meno esperti come Claudia, Silvia e Lucia (quest'ultima solo per un breve periodo, finchè per impegni non ha potuto più seguire la campagna) ad appassionarsi alla creazione

345“The Call of Cthulhu” Chaosium Inc. (1981). Capostipite dei giochi di ruolo analogici investigativi. Per ulteriori riferimenti, si veda il capitolo nr.

346Riferimento alla colonna sonora composta da John Murphy per il film fanta-horror “28 days later” su regia di Danny Boyle (2002). 347Intendendo la sua futura abitazione di Salzano (VE), ancora in costruzione al tempo dell'intervista (maggio 2017).

156 svincolata da regole o modelli preimpostati, ma a cercare di ascoltare il più possibile e soprattutto annotare con passione i particolari che fornivo. Per quanto riguarda, invece, l'utilizzo di supporti, abbiamo fatto uso congiunto di plance quadrettate, mappe e colonne sonore che senz'altro hanno lasciato più di un'impressione positiva ai giocatori: a partire da Marzo del 2017 ho potuto anche disporre sul tavolo di Marghera una serie di plance in acetato di diverso colore e formato per disegnare e cancellare sopra ogni situazione tattica particolarmente confusa e ambigua, per velocizzare così le decisioni collettive, ma anche per rendere più attiva la partecipazione di tutti: subito dopo le prime sessioni, ognuno sosteneva a turno tutte le possibili mansioni del cartografo. Nella lunga sessione del 7 Aprile 2017, abbiamo sfruttato tutti gli strumenti a nostra disposizione e Claudia ha chiesto anche se fosse possibile dividere le spese per gli acetati e pennarelli da cancellare, una cosa effettivamente interessante, se si pensa che spesso le fotocopie, la disposizione di snack e pranzi, in genere viene gestita esclusivamente dal Master che decide di formare il proprio gruppo, o perlomeno, fino a quel momento era sempre parso così a me. Ho spiegato come contassi di gestire il disegno tattico: ogni quadratino sarebbe equivalso a 1,5 metri nella finzione, ossia 5 piedi nelle versioni originali di D&D 3.5348, ma avrei anche ingrandito o rimpicciolito la scala, se la necessità fosse stata quella di disegnare intere città o regioni dell'universo fantastico di gioco349. La musica di gioco ha, invece, occupato tanto tempo nelle ore di preparazione alle sessioni, soprattutto per cercare brani veramente convincenti ed evocativi, così ho esplorato Internet e i miei vecchi hard disk, trovando brani di musica celtica, colonne sonore e playlist assemblate da altri e ad ogni sessione ho sempre cercato di prestare attenzione a fattori come la crescita di noia, lo scarso interesse, le tendenze di ognuno alla tollerabilità a suoni e distrazioni. Tra tutti i partecipanti forse è stata Claudia che, più di tutti, ha presentato lamentele circa la gestione del volume, ma solo perchè in una fase particolarmente caotica di combattimento contro un nemico importante dei personaggi, che avrebbe permesso di sbloccare una situazione di stallo, altrimenti molto noiosa per il numero di sessioni consecutive (forse cinque o sei) di permanenza in un ambiente sotterraneo a dungeon. Silvia, Andrea ed Eric, hanno dato da sempre buone risposte ai miei tentativi, uscendo dal personaggio unicamente quando il volume delle casse loro rivolte contro era effettivamente troppo alto per udire ciò che dicevo circa incontri e descrizioni. C'è stata una sessione particolarmente coinvolgente che mi sentirei, senza dubbio, di annoverare fra il “buon gioco” di Walter350: era una sessione pomeridiana, alla quale, tuttavia, non avrebbe partecipato Claudia per motivi di lavoro, ma che sarebbe stata giustificata per l'assenza nella precedente di Silvia; 348Ma anche nella Quinta Edizione e in prodotti simili, come Pathfinder. Si veda a tal proposito: Dungeon Master's Guide (2003): 19.

349La mappa dell'intero continente fantastico del Faerûn, contenuta nel manuale base di ambientazione, è un'area vastissima che si estenederebba da Est a Ovest per cinquemila chilometrie per tremilaseicento da Sud a Nord (fotografia nr).

350Note di campo del 7/4/2017.

157 facendo a cambio, è come se avessimo compensato le attività in gioco del personaggio assente, preso in custodia dal giocatore presente. Avevo già disposto plancia, dadi e mappe su foglietti del dungeon, ormai quasi interamente percorso e segnato con vari colori a pennarello per indicare porte aperte, chiuse, trappole, personaggi, luoghi di interesse e tesori o oggetti incontrati nell'esplorazione; ovviamente sono state impresse didascalie esplicative sull'intera planimetria (fotografia nr). Si è cominciato con un breve ricapitolo della sessione precedente, in cui l'introsione nei vecchi tunnel di una fortezza collassata, occupata da varie creature in lotta, aveva portato i giocatori a prendere la decisione unanime di appoggiare una fazione, entrando così in una fortezza che nascondeva al suo interno un complesso templare molto antico, riadattato a deposito. La mia strategia narrativa è stata, chiaramente, quella di rafforzare il senso di mistero e ignoto, iniziando a trasmettere in parallelo (dunque in due schede differenti dello stesso broswer) da pc, prima una playlist da Spotify, poi un brano di ambient che ricreasse suoni verosimili di cunicoli umidi e grotte artificiali: scricchiolii, mugolii lontani, caduta di sassi, smottamenti, fruscii, che durasse più di mezz'ora per non dover cambiare continuamente brano e potermi concentrare su regole, richieste dei partecipanti e interpretazioni di personaggi non giocanti e mostri. “Bene! Direi che potremmo scendere dal buco nella roccia che il re goblin sorvegliava. Quindi, io ed Eric credo che andremo in avanscoperta. Controllerò le porte e le trappole e mi nasconderò negli anfratti, in caso di avvistamenti … “. Andrea credo abbia compreso sin da subito quale sia la connotazione che la sessione ha sviluppato questa volta; con il ricordo, anche, di una serie di sessioni nel dungeon ricche di trabocchetti e situazioni particolarmente fastidiose, come nemici in sovrannumero, trappole poco letali per i personaggi, ma potenzialmente compromettenti (che ho rielaborato in parte a partire dal materiale scritto originale), ma quel giorno avevo voglia di introdurre una serie di elementi e antagonisti nuovi nella campagna. In seguito a una serie di letture su manuali di gioco che, in qualche modo, sono in relazione con le quest del party principale, ho immaginato un collegamento fra gli avvenimenti finora verificatesi in-game e la cosmologia, la storia e l'intrigo che sono già presenti nella lore dell'universo di Greenwood: una serie di sfortunati avvenimenti hanno fatto sì che (il tutto nella mia testa di Narratore, ovviamente) tutti i personaggi siano legati alla regione delle Marche d'Argento351 e del Nord del Faerûn in generale e al villaggio di Haven e alle misteriose antiche rovine, in particolare. Una prima scoperta di antiche pietre dal potere nefasto e una ricerca di indizi su sparizioni e ricerche hanno poi portato i giocatori a fantasticare sul ruolo della cittadella in rovina. Dopo che, dunque, il party ha superato uno dei primi ostacoli nell'esplorazione, ossia la fazione di goblin in guerra con la fazione di coboldi352a cui era già stato fatto il favore di ritrovare la loro mascotte draconica, si è rimessa nella predisposizione cognitiva di 351“Silver Marches”- Wizards of the Coast- (2001): 5-37.

352 Creatura mostruosa comparsa sin dalle prime apparizioni di D&D, è divenuta l'archetipo dell'antagonista di eccellenza per party di basso livello (si veda a tal proposito: Dungeons&Dragons-Book 2-Monsters&Treasure Deluxe edition-Wizards of the Coast 2013: 7).

158 quella che io chiamo la “esplorazione attenta”, ossia una piacevole tensione e lieve paranoia per tutto ciò che possa comparire o meno al di là della porta, angolo o pertugio successivi. Una gran parte la svolge la figura del Master nel cercare di dare suggerimenti o, al contrario, piccoli sviamenti in forma di domanda: “Ne sei proprio sicuro?” o “Tiri sul serio quella leva?”. Nel mio caso ho solo avuto a disposizione giocatori che conoscevo abbastanza bene e che erano ancora neofiti, dunque assai più impressionabili e pronti all'apprendimento di veterani come Alvise o Andrea, una buona selezione di tematiche narrative legate al mistero, all'antichità dei luoghi, alla lieve stereotipicità descrittiva delle antiche volte polverose e delle trappole antichissime ancora attive, la presenza di creature dell'immaginario riconoscibili come “non-morti”, goblin e zombie, una selezione di brani evocativi combinat con un comparto di diffusione sonoro di media qualità (casse audio collegate tramite porta USB al portatile) e il mio tentativo di combinare le scelte dei giocatori con la linea che avevo in mente per mezzo di una narrazione a scapito della stretta applicazione di regole risolutive (tempo nel gioco o tiri di dado con soglie di difficoltà da superare legate a ogni contesto dell'esplorazione del dungeon). Il cunicolo ha portato direttamente i personaggi a un altro scontro inaspettato contro degli operai scheletrici che avevo già deciso di modificare a causa dello sbilanciamento nelle statistiche che il miglioramento nei parametri delle schede aveva recato durante le scorse sessioni; pur non essendomi discostato granchè dalle indicazioni contenute nel libro di avventura, più di una volta ho dovuto prendere decisioni diverse e ciò ha influito sicuramente sull'andamento delle sfide. Il combattimento è terminato presto e i miei giocatori, dopo un breve consulto che ha visto Eric, gestore del “picchiatore” mezz'orco del gruppo353che per comodità, dopo aver appurato la presenza di altri lavoratori scheletrici nelle miniere a sud-ovest, ha deciso di andare a nord, proseguendo in un viottolo lastricato e tortuoso, da me dipinto appositamente come “differente” e più preservato rispetto al resto: lasciare un gancio qua e là potrebbe sembrare una sorta di forzatura, ma spesso può evitare che situazioni in stallo durino troppo per le lunghe. In effetti, lasciare che il party si muovesse verso le cave dove lavoravano i servitori avrebbe indebolito tutti e prolungato i tempi di attesa per scegliere che cure o incantesimi di protezione somministrare durante le soste; invece, grazie, per così dire all'ottima interpretazione di Eric, con un secco: “Bene! Io non vado dove ci sono altre di quelle cose! Al passaggio a nord! Non sono stato pagato per ritrovarvi e morire inutilmente qua sotto!”. Il personaggio di Andrea, Kale l'halfling354, ha annusato il profitto derivante dal saccheggio di antichi templi sotterranei: “Ehi! Ma i coboldi hanno menzionato un antico tempio risalente alla caduta della cittadella nella gola! Forse vale la pena controllare!”. Il personaggio di Claudia, un esploratore dalle sembianze ferine che, per qualche ragione, prova un forte 353Eric ha iniziato a giocare nel gruppo di Marghera a partire dal Marzo del 2017 e ha scelto di interpretare un guerriero mezz'orco specializzato nel combattimento agile con un'arma a due mani, senza scudo. Ha creato un background abbastanza standard per un guerriero (mercenario in una banda) e ha basato il suo stile di gioco sull'interpretazione pragmatica (nessun accordo senza esser pagato) e la battuta pronta. 354“Razza” giocabile tra le scelte possibili presenti in qualsiasi manuale di D&D e anche di cloni editoriali: del tutto assimilabile come fisionomia agli hobbit di tolkieniana memoria, ha assunto nelle cultura ludica del gdr dei tratti furtivi e ladreschi, che ne suggeriscono una specializzazione da scassinatore, infiltrato o esperto di trappole e agguati (si veda “Player's handbook” ; Wizards of the Coast 2003: 19,20 e “Pathfinder Core Rulebook” - Sixth Printing; Paizo Publishing 2013: 26).

159 disgusto per Kale, subito suggerisce di non staccare pietre e rubare oggetti per non fare scattare trappole nascoste contro intrusi o profanatori (cosa già successa parecchie volte). Mentre muto la colonna sonora e i giocatori mi descrivono il loro ingresso nel passaggio in pietra che si apre dopo due tornanti in una stanza stranamente ben conservata, a forma di semicerchio scavato nella roccia, al centro del quale si erge una statua di minerale nero e lucente di un drago teso nell'atto di ghermire una preda. Alle pareti si alternano teorie complesse di mosaici che raffigurano processioni di elfi e figure incappucciate che recano piatti, offerte e tesori verso un altare. Al centro della stanza descrivo un cerchio di mosaici più grandi e lettere in un alfabeto sconosciuto e molto affascinante tutto intorno; alzo di poco la colonna sonora, che ho volutamente prelevato da un videogioco horror e lascio che si diffonda un poco di eccitazione. Subito, descrivo a chiunque mi chieda cosa ci sia di interessante, una zona di ombra innaturale oltre la statua: Talyce, personaggio con magia divina di Silvia, si dirige, attivando un incantesimo di “individuazione del magico”, verso la fonte di oscurità, preoccupata solo che qualcuno le copra le spalle: “Korgak (personaggio di Eric)! Mi copri, vero?”. Come mosso dalla soddisfazione crescente per l'atmosfera generale che sono riuscito a costruire in una sorta di cliffhanger, mi rivolgo ad Andrea (Kale): “La pietra di materiale scuro e freddo che hai raccolto dal cadavere dell'ogre all'entrata della grotta superiore, inizia a muoversi e scivolare dalla tua mano per pendere in direzione dello strano cerchio di mosaici ...” - “Va bene … E se adesso provassi a seguire la pietra come un indicatore?” - “Andrea! Se ti succede qualcosa, giuro che non ti raccolgo!”, sentenzia Silvia di fronte alla proposta di Andrea. Io, che non attendevo altro, parto: “Ti dirigi, sostanzialmente, al centro del cerchio decorato, di fronte alla statua in minerale nero. Ed ecco che, improvvisamente, inizi a percepire su di te una sensazione di ottundimento che cresce con il freddo. Gli occhi della statua si accendono di luce bluastra e subito, per te, è buio. Poi, ti svegli di soprassalto. Ma, prima, guys, quello che vedete voi dall'esterno: quando Kale si muove nel cerchio le lettere strane di contorno iniziano a vorticare e gli occhi del drago si accendono di un blu intenso. L'halfling rimane per qualche secondo come in trance, poi lo vedete caracollare a terra completamente privo di sensi. Ma quello che vi scuote di più, soprattutto tu – indico con un sorriso Silvia, che si mette a ridacchiare per il nervosismo – è che dietro alla statua dello strano altare, quella oscurità inizia a muoversi velocemente e “qualcosa” allunga una striscia di sostanza nera, fredda e quasi impalpabile sull'avambraccio di Talyce, che ora mi deve superare un Tiro Salvezza sulla Tempra355! Mentre tutti voialtri tirate l'iniziativa per il combattimento!” - “Ecco! Lo sapevo! Andrea guarda che ti picchio!” prorompe scherzosamente Silvia, che nel frattempo scrive alcuni appunti su un foglio volante. Prima di cominciare il turno di combattimento, molto schematico e ripetitivo, siccome il nemico da 355Meccanica risolutiva comune a tutti i sistemi di gioco che usano il tiro di un dado a 20 facce (d20 system) per determinare risultati di azioni o capacità di resistere a condizioni particolari. In questo caso, si tratta di superare una soglia, stabilita precedentemente dal Master, in funzione della difficoltà valutata (con un range da 0 a 20, generalmente), tramite il risultato del tiro, la somma di bonus o, viceversa, sottrazione di malus, legati al contesto e tre parametri fissi a seconda della prova (Tempra, Volontà e Riflessi), ognuno pensato per situazioni differenti. A seguire, avviene una breve descrizione, da parte del Master, delle conseguenze dirette o dilazionate nel tempo di gioco (danno, vantaggio, avvelenamento et coetera). Nella cornice di gioco, rappresenta forse uno dei meccanismi più facilmente utilizzabili dai Master per creare tensione narrativa.

160 affrontare (un non-morto incorporeo) era una vecchia conoscenza, ho deciso di affrontare l'esperienza di trance di Kale: “Bene! Ti svegli e ti trovi esattamente nella stessa stanza di prima. Percepisci, tuttavia, l'aria attorno a te pesante e statica, i suoni attutiti e in ritardo, i colori del visibile come sbiaditi, ingrigiti – la colonna sonora ora comprende solo un'altra selezione di brani musicali carichi di mistero, ma senza il consueto ambient, come se tutto fosse ovattato; fortunatamente avevo sott'occhio la riproduzione da Youtube e Spotify in contemporanea – ed è come se il tuo corpo, d'un tratto, non fosse più tuo, ma fossi più alto e slanciato”. Nel frattempo, Eric annota i dati dei nuovi parametri acquisiti con l'esperienza delle scorse sessioni e ride sotto i baffi. Silvia e Andrea sono intenti ad ascoltarmi e io sono contento che tutto questo sia potuto avvenire nel migliore dei modi, senza sbavature e disattenzioni. “Ok, Master … Posso fare qualcosa nel frattempo? Cosa vedo attorno a me?” proferisce Andrea con una certa apprensione nel tono di voce e in effetti, dati i normali scarsi risultati che ha avuto nello scovare trappole ed evitare il peggio, lo capisco. Ho immaginato la scena davanti a Kale come una specie di “flashback interattivo”, in cui il personaggio vestirebbe i panni di un antico abitante del dungeon e che, dunque, avrebbe vissuto le descrizioni dal punto di vista interno; ecco perchè ho compresso avvenimenti di gioco, musica, descrizione e scelta dei personaggi per creare una situazione immersiva in cui si sovrappongono piani temporali differenti, senza togliere libert di azione ai giocatori o, quantomeno, dando l'impressione che sia così e che siano questi ultimi ad aver la sensazione di aver prodotto una serie concatenata d avvenimenti (il ritrovamento del minerale nero, le azioni sconsiderate di uno scassinatore e le scelte nel flashback) latori di risposte e domande, utili anche a me, Narratore, in quanto mi semplificherebbero il compito di costruire pian piano una linea narrativa avvincente. “La stanza è proprio come la ricordi, intonsa come ora, con la grande statua del drago rampante, nera e lucente, ma senza quella luminescenza maligna negli occhi. Di fianco a te stanno parecchi individui incappucciati, vestiti di grigio, che stanno sciamando verso nord e imboccano un corridoio che piega ad est”. Con un poco di riluttanza e qualche utilizzo di abilità da parte di Kale per sapere se ci fosse qualcosa da scoprire attorno, Andrea decide di passare per il corridoio: “Ricordi di aver già visto l'imboccatura arcuata del corridoio, ma non è quella che aveva visto Kale. La costruzione è solida e ora non sente più su di sé il peso degli anni; non ha più gli evidenti segni di decadimento e squallore causati dal crollo della Cittadella nella gola. I mattoni sono lisci e decorati con stucchi. Ti dirigi con i tuoi compagni incappucciati lungo la teoria di torce accese alle pareti e sbuchi in un'ampia sala che, a dire il vero, sembrerebbe proprio un'anticamera, perchè intravedi sul fondo a sud, circa a una decina di metri un'ampia apertura a volte che aggetta su una sala a colonnato di proporzioni gigantesche”. “Ah! Oggi mi sa che Claudia si è persa una gran bella sessione eh … “, Silvia riesce a convincermi, nonostante la mia scarsa autostima, che stia tutto procedendo per il meglio. “Si! Allora, mi dirigo verso la sala enorme e cerco di ascoltare e osservare” - “Bene! - sentenzio con autorità – Gli incappucciati si sono tutti posizionati nella granda sala a colonnate e volta, al cui interno si erge un enorme piedistallo su cui sono composte una

161 serie di ossa gigantesche, da cui spicca un teschio con zanne acuminate, lungo e appuntito come quello di un rettile e due prolungamenti ossei che ricordano le ali di un colossale pipistrello. Inizia una profonda litania ritmata e un personaggio ascende verso l'altare-piedistallo con una sfera nella mani, alzata sopra la testa. Da essa inizia a promanare una luce vorticosa ed eterea che copre interamente le ossa, le quali iniziano a brillare e a vorticare. Poi, lentamente – e nella playlist si insinua una teoria di archi proveniente direttamente dal videogioco fanta-horror “Dead Space356”- esse si assestano e vanno a comporre uno scheletro proporzionato di una creatura immensa e spaventosa, le cui carni e interiora, i cui tendini e muscoli, prima assenti, ora si materializzano. Davanti ai salmodianti in attesa si adagia sul piedistallo un drago imponente e orrendo, ornato di placche e scaglie nere lucide, con un'inquietante teoria di spine sulla schiena; due placche ossee incurvate ai lati del muso, su cui scintillano due fila di denti simili a spade d'acciaio e due occhi accesi di una fiamma bluastra incandescente. Ora si alza in tutta la sua stazza sulle zampe posteriori ed emette dalla bocca un denso fumo nero filamentoso che avvolge completamente gli astanti tranne te. Questi, come per magia, sembrano evaporati attraverso i tessuti e la coltre viene incanalata tra le fauci del drago che ora rivolge verso di te uno sguardo penetrante!”. “Ok! Dite addio al vostro caro Kale! Anche, se … aspetta! Se questo è il passato, date le strutture in perfette condizioni, o una specie di visione abbastanza realistica di esso, io non dovrei subire conseguenze fisiche tangibili, giusto?” - “ Seeeh, credici …”. Dopo il breve scambio di battute tra Silvia e Andrea, è iniziata una parte totalmente improvvisata, che ho costruito solo tramite le suggestioni acustiche o emotive del momento, una buona dose di passione per il lavoro di doppiaggio che Benedict Cumberbatch ha offerto sulla creatura draconica ne “La desolazione di Smaug” e grazie a un pesante, quanto profetico, mal di gola che aveva abbassato il mio tono di voce a puntino, ho esordito con: “Ecco che abbiamo tra noi il piccolo ladro di monili! Vedo attraverso la tua carne e so che non sei quello che sembri. Neanche io sono propriamente qui, ma tu mi hai come riscosso riportandomi in questo luogo che ora ricordo perfettamente! Il mio nome è Ashardalon, ossia “Colui che scende con ira” e questo è il mio tempio, piccolo uomo! Mi hai raccolto e portato sul collo, accanto a te per tutto questo tempo, inconsapevolmente e ora io sono sveglio dopo ere intere e ora diverrò una cosa sola con la tua anima, finchè non troverò un modo per acquisire il mio vecchio corpo e tornare libero!- con la voce quasi sibilante e roca da morire, le braccia quasi inarcate sul tavolo, mi sono sporto verso Andrea – Per ora ti consiglio di non preoccuparti eccessivamente, ma sappi che hai avviato una serie ineluttabile di azioni concatenate che, da tanto tempo, bramavo si mettesse in moto e sappi che non ti sarà possibile agire contro di essa! È troppo tardi! Sorgerò dalla mia prigione per la seconda volta e avrò ciò che mi spetta, compresa la vendetta contro gli eretici che mi hanno sigillato dentro la pietra delle anime! Contro il regno di elfi, uomini e altre sozze creature che nel frattempo si sono sparse per il mondo!”. Dopo una breve pausa in silenzio, per suggerire il peso dell'avvenimento e far riposare la mia laringe infiammata, dichiaro iniziato il precedente combattimento, così che anche gli altri giocatori possano 356Visceral Games- EA redwood shores- 2008. Titolo videoludico fantascientifico a tinte horror, con colonna sonora sinfonica interamente arrangiata da Jason Graves.

162 divertirsi e procedere, mentre cambio completamente musica e apro la playlist “battaglie” del canale Youtube “d20 Nation”. La fase non va troppo per le lunghe, anche se il corpo svenuto di Kale costituisce l'ostacolo per eccellenza. Alla fine: “Bene Kale. Ti svegli e senti che il corpo è il tuo. Cominci a riprendere sensibilità a braccia e gambe e il volta ha di nuovo un colorito rosa sano. Attorno a te vedi l'intero gruppo, piuttosto affatticato e preoccupato”. Andrea sorride perchè sa che ho inteso cosa sta per chiedere al gruppo: “Ehi! Ma cosa mi è successo? - esordisce Andrea, come massaggiandosi le tempie – Sono svenuto? E per quanto tempo? Credo di aver fatto un incubo terribile!”. Silvia, che ha ancora in mente l'immagine vivida della descrizione onirica e la mia interpretazione, risponde: “Un minuto a malapena … “ e in sottofondo questa volta il suono ambientale di un eterno sbriciolarsi di sassi e fruscii polverosi357, accanto al suono di un inquietante orchestra di archi358.

Serata a tema col signor Lovecraft

Fu in un simile momento che, in Egitto, fece la sua comparsa Nyarlathotep. Nessuno sapeva chi fosse, ma apparteneva all'antica stirpe e aveva i lineamenti di un faraone. I fellah si inginocchiavano al suo passaggio senza sapere perchè; diceva di essere uscito dal buio di ventisette secoli e di aver udito messaggi che non venivano dal nostro pianeta. (Howard Phillips Lovecraft)

Avendo approcciato l'orrore ludico o, per meglio dire, il senso di mistero e vaga eccitazione per la scoperta di dettagli inquietanti, macabri, per le scene evocative particolarmente oscure, non posso tralasciare la serata da ossservatore che ho passato in compagnia del Narratore Andrea M. di S. Alvise, che già faceva parte del gruppo diretto da Dario e dei giocatori Francesca (compagna di Andrea M.), Dario, Alvise, Sofia e Giorgia (compagna di Dario e unica partecipante non sovrapposta in altri gruppi di gioco). Era il 10 marzo del 2017 e, in effetti, avevo già iniziato a maturare una predilizione per sistemi differenti rispetto all'onnipresente D&D 3.5, che aveva segnatol'adolescenza di tutte le persone che avevo conosciuto dall'inizio del periodo di ricerca e gioco intensi. Per parte mia, non avevo mai letto il manuale di “Call of Cthulhu” né tantomeno avevo idea di quale fosse il sistema di regole costruito per esso, anche se avevo raccolto tanto materiale online che lo menzionava anche solo di sfuggita, facendomi capire che di edizioni, revisioni e ri-edizioni ne aveva avute molte anche questo prodotto.

357https://www.youtube.com/watch?v=Ias7pnRfYRs (consultato il 3/2/2020).

358https://www.youtube.com/watch?v=irnSaMbsb4w&list=PL7F72E09D4C28FECD (consultato il 3/2/2020).

163 Così, dopo essermi messo d'accordo con Francesca, occupante della casa dove si sarebbe dovuta svolgere la sessione, mi sono preparato leggendo quel che potevo sul sistema di gioco per poter intavolare una conversazione produtiva col Master Andrea. Mi sono assicurato di cenare prima della partita, così da non disturbare eventualmente i giocatori che, invece, di solito, prima cenavano, poi preparavano il tavolo con il computer e le schede. Andrea mi ha introdotto al cosiddetto “Basic Role Playing System359”, un sistema di regole inizialmente pensato per divenire una base da applicare a qualsiasi stile di gioco e ambientazione (dal fantasy spinto, all'investigativo in stile Poirot), è poi divenuto sinonimo di “Call of Cthulhu” lungo le sue sette edizioni, subendo poche modifiche sostanziali. “È un sistema regolistico che utilizza le percentuali, vero? Cioè, per effettuare una prova e riuscire a compiere un'azione ardua devi tirare due dadi a dieci facce e confrontare il risultato con una soglia percentuale, giusto?” - “Si – mi risponde Andrea che, dopo aver sistemato la sedia sotto allo schermo dell'Apple, sta consultando una serie di documenti in word di suo pungo – sostanzialmente ogni personaggio ha una specializzazione che può essere, francamente, normalissima come “meccanico” o “professore” che gli dà differenti abilità tutte presenti sulla “scheda del personaggio” e calcolate su una scala da 1 a 100. Io, al momento sto usando la Sesta Edizione. Dicono sia la più comoda da usare, anche perchè, guarda, neanche io ci ho mai giocato … “. Una cosa che, però, conoscevo già prima di partecipare alla sessione come osservatore, è che in “Call of Cthulhu” è presente anche un parametro particolare denominato “sanità360”, che indica sì, la sanità mentale, ma di un particolare tipo: di quella che si rivelerebbe utile, qualora si venga esposti agli orrori cosmici provenienti da regionni inesplorate e oscure dell'universo; quelle che Lovecraft amava tanto descrivere e che ancora oggi stuzzicano ancora la fantasia dei lettori di fantascienza. Tale parametro ha un valore che scende a seconda dell'esposizione ricevuta dal personaggio durante la sessione a eventi traumatizzanti che hanno per origine una creatura dell'occulto o un'opera blasfema, scritta da uomini scivolati nella pazzia, che si riferisce in qualche modo a tali orrori. L'ambientazione che Andrea ha costruito per i giocatori è quella dell'Inghilterra vittoriana di fin du siécle, nello specifico una tranquilla sede di un college, nella campagna inglese. Vedo da dietro il pc, che oltre ai propri appunti ben scritti, ma sintetici, è presente il file in pdf del manuale base che contiene informazioni e parametri su oggetti, azioni possibili da effettuare nelle sezioni di esplorazione, interazione con altri personaggi e combattimento. La schermata è ferma sulla pagina del bestiario che contiene la descrizione dei cani domestici, così chiedo informazioni. “Sì. Il mio personaggio possiede un cane da guardia. Un pastore tibetano, per la precisione. Hai presente 359Si rimanda al capitolo nr.

360In inglese “sanity”, rappresenta la capacità intrinseca del personaggio di tollerare nozioni e scoperte che vanno ben oltre la capacità raziocinante dell'essere umano medio e si basano interamente sulle suggestioni dell'orrore cosmico, onnipresente nei racconti di H. P. Lovecraft (come emerge anche in: “Call of Cthulhu – Horror Roleplaying- Sixth Edition” ; Chaosium Inc. 2005: 75,76). All'esaurimento dei punti di “sanità”, il giocatore perde il controllo del personaggio che diviene una pedina nelle mani del Narratore.

164 quanto sono belli e grossi?” mi apostrofa Dario che sta mangiando del pane con una fetta di prosciutto davanti a me. In effetti, ognuno dei giocatori, compreso Alvise, che è ancora in ritardo dal lavoro, ha creato personaggi verosimilmente inseriti nel setting: Francesca e Giorgia, non troppo amanti del gdr da tavolo, ma comunque già, più o meno avvezze alle meccaniche e procedure basilari di gioco, (varie sequenze narrate, interpretazione, confronto di valori e parametri con risultati aleatori e via discorrendo) han deciso di interpretare due studentesse di storia delle religioni al college di campagna, mentre Alvise e Dario fanno la parte di, rispettivamente, un professore di storia antica e uno studente particolarmente zelante (appunto in possesso di un grosso cane da pastore). Dopo poco tempo di gioco, riesco a intuire che a causa di alcune misteriose sparizioni di alunne, il “magnifico rettore” del college, tale Bishop, ha emesso un coprifuoco e chiuso le porte agli estranei, ma i personaggi dopo lunghe peregrinazioni notturne e indagini in biblioteca, hanno appurato che Bishop ha strane abitudini e sembra interessarsi a tematiche legate all'occulto e a recenti scoperte archeologiche delle quali si è occupato il personaggio-professore di Alvise. Complessa e intricata situazione che è emersa in medias res, dopo il breve ricapitolo iniziale, con l'immediato tentativo dei personaggi di Francesca e Giorgia di pedinare il rettore e leggere libri vietati alla consultazione. “Va bene. Tu – Andrea si rivolge a Francesca, seduta a gambe incrociate e in bilico sulla sedia – hai passato la prima mattinata seguendo le lezioni. Poi ti sei incontrata con lei – facendo un cenno a Giorgia – e avete passato il pomeriggio a leggere il “libro nero” con circospezione. Bene! Fatemi entrambe un tiro in “storia” e in “furtività!”; il Master punta il dito sulle schede, dove sono presenti diverse cellette riunite per tipologie361. Dopo qualche tiro non proprio brillante è tempo che il Master dia il suo responso, mentre anche Dario e Alvise decidono cosa fare nella giornata di gioco. “Mentre, Dario, tu vai in biblioteca per incontrare le colleghe, intravedi nel lungo corridoio principale la figura di Bishop, alta e imponente che si dirige verso la stanza di consultazione. Sembra più strano del solito” afferma Andrea con tensione e Dario di rimando: “Ok! Eh, ragazze! Dunque, con nonchalance, entro di corsa in biblioteca e cerco di fare baccano, poi … “ - “Troppo tardi, Dario … Il rettore sta occhieggiando sul tavolo e sui pesanti volumi rilegati e dopo qualche secondo si rivolge a voi con aria assente: -Dunque, state studiando durante le pause tra una lezione e l'altra? Bene, molto bene …”. Andrea ha smosso la situazione e ha aggiunto un piccolo fattore di incertezza: avrà fatto caso alle letture delle studentesse o si stava solo sincerando della loro condizione? Avrei preferito chiedere qualche informazione circa i retroscena di cui non ero al corrente, dato che Dario e Andrea mi avevano solo anticipato a grandi linee, prima della serata, quale fossero ambientazione e sistema, non a che punto della loro campagna fossero giunti; sapevo però che tutti erano novizi assoluti di “Call of Cthulhu” e Andrea era l'unico che amasse alla follia Lovecraft. Dopo una breve pausa, per l'arrivo di Alvise che subito si è messo fra Dario e il computer di Francesca e un altro po' di vino versato nei bicchieri, la situazione è stata riproposta da Andrea, ma era già abbastanza evidente che la serietà 361 Vedi sezione fotografica

165 della serata era piuttosto scemata in direzione di una tranquilla chiacchierata da dopocena. Così, durante le brevi pause tra un bicchiere e l'altro ho approfittato per dare una veloce scorsa alle schede stampate direttamente dal manuale in inglese che Andrea aveva scaricato online giorni prima e ora stava sfogliando in pdf alla pagina dedicata agli animai da accompagnamento, così mi figuro una imminente sessione di combattimento, magari perchè, giunti a questo punto, ormai i personaggi sono vicini a una soluzione, a incastrare Bishop per le sparizioni o semplicemente perchè Andrea ha già in mente di fargli trovare insidie sul percorso non previste e immagina che Dario desideri fare sfoggio del suo magnifico tibetano da combattimento. Del resto, come mi aveva già chiarito Andrea un giorno prima e come immaginavo, il gioco in questione non si presta alle soluzioni di forza e nemmeno i racconti di Lovecraft sono gentili con i protagonisti che tentano di opporsi all'ignoto362. “Allora, Alvise … Le nostre due studentesse stavano leggendo i libri proibiti in biblioteca e, probabilmente, sono state brutalmente scoperte nel tentativo. Non hanno percepito in lui alcun turbamento; credete che abbia mangiato la foglia ...” la breve sintesi di Andrea copre le prime parole di Alvise, appena giunto e visibilmente stanco. “Mmm, se non altro, io devo essermi ritirato nello studio a leggere i testi che sono giunti da Alessandria; quelli che facevano menzione del “faraone nero”! In seguito, mi sono mosso per tenere le mie lezioni di storia antica”. Dario, Sofia, Giorgia e Francesca decidono più o meno assieme di recarsi di notte a pedinare il rettore, ormai convinti che non possa avere buone intenzioni e che sia sicuramente un rapitore o un assassino, quindi fanno sì che Alvise attiri la sua attenzione per potersi muovere indisturbatamente nell'istituto. Andrea, dal canto suo, sembra suggerire che la situazione esiga una risposta pronta e veloce: “Sapete tutti che l'assassino questa sera colpirà e che non c'è molto tempo. Con ogni probabilità, i sacrifici sono stati compiuti per completare parte di un rituale che avete trovato descritto nel “libro nero di evocazione scritto in latino”. Quindi, se sospettate di qualcuno, sembrerebbe proprio la serata buona per farlo!”. Nella finzione della campagna in corso, tutti i giocatori hanno delle routine e degli stili di vita verosimili da rispettare: i personaggi delle regazze (Sofia, Francesca e Giorgia) tutte e tre iscritte al college devono seguire lezioni e sono soggette al coprifuoco, con l'eccezione di determinati giorni al mese in cui hanno un permesso d'uscita, mentre i personaggi maschili (di Dario e Alvise), anche per riflettere la condizione dell'epoca, hanno, in media più libertà, ma sono anch'essi soggetti ai vincoli istituzionali della società vittoriana in generale e collegiale in particolare: lo spirito del gioco rimane quello di una simulazione abbastanza realistica della vita alla fine dell'ottocento, con la sola aggiunta del sovrannaturale. Le scelte dei giocatori vengono prese in base anche alle disponibilità economiche costruite a partire dal passato creato prima delle sessioni (backgorund) e delle mansioni che competono alle figure professionali scelte. Per pedinare il rettore, le studentesse dovrebbero come minimo riuscire a farsi coprire dalle colleghe dopo l'orario di chiusura del college, mentre Alvise si dedica alla decifrazione di un importante

362In effetti, ogni opera dello scrittore e degli epigoni che hanno esteso la sua cosmologia letteraria (August Derleth e Clark Ashton Smith ), è incentrata piuttosto sulle conseguenze nefaste dell'incontro con entità “aliene”: pazzia senza ritorno o una orribile morte.

166 manoscritto in copto; una buona parte del sapore narrativo legato alle opere del mistero da cui trarre ispirazione, è regalato dalla scoperta di importanti dettagli che, a piccole dosi il Master deve fornire legandosi ad elementi concreti (libri, antichi bassorilievi, opere artistiche) o a cicli di leggende esistenti, magari rimaneggiate in chiave letteraria. Nel caso della nostra sessione, Andrea ha fornito una serie di indicazioni misteriose su papiri e manoscritti provenienti dall'Egitto e contenenti una profezia sul risveglio del “Faraone nero”. Ora, da osservatore e da insider recente dell'ambito del gioco di ruolo analogico classico (riferendomi con questo termine ai titoli più rappresentativi), sapevo per certo, avendo dato una veloce occhiata al manuale e a qualche libello contenente suggestioni e avventure preconfezionate, che la figura del “Faraone nero” si riferisce a una delle tante incarnazioni immaginate da Lovecraft per una delle sue aliene divinità: Nyarlathotep, a cui, peraltro, è dedicato un racconto omonimo363, tra i più rilevanti ed evocativi della sua produzione e che si riallaccia platealmente alla complessa congerie di divinità cosmiche che produrrebero conseguenze catastrofiche sulla vita terrestre. Ero, appunto, al corrente già da un po' che sia Dario, sia Andrea avevano nozioni radicate da tempo circa la letteratura weird di questo tipo, piuttosto frequente fra i riferimenti culturali contemporanei in ambito ludico, dati appunto dalla presenza di titoli diffusi, più o meno globalmente, e dedicati a tale universo letterario. In sessioni continuative, curate per il nostro gruppo di D&D da Dario, è stato facile ritrovare riferimenti a divinità antiche e temibili, luoghi perduti e ora ricettacolo di nuovi orrori e i nostri personaggi che si fanno carico di impedire che queste oscure minacce dilaghino nell'universo immaginario e sfaldino interi società: le ambientazioni più tipiche dello sword&sorcery del roleplay contemporaneo si prestano fin troppo bene per gestire minacce, altrimenti ingestibili e appunto irrealistiche in una scala di simulazione come quella pensata per CoC. I nostri personaggi, abitanti avventurieri di Eberron, hanno sventato tentativi più o meno plateali di corrompere con magia negromantica interi regni, hanno collaborato con gilde di esploratori che collezionavano reperti draconici provenienti da un lontanissimo passato e si sono intrufolati in un culto segreto di adoratori di entità oltremondane dalle intenzioni velate. Tutto questo, prelevato da Dario in una serie di incursioni trans-mediali e suggestioni culturali che non azzarderei a definire orrorifiche, quanto un puro piacere cognitivo che traligna nella citazione colta. Francesca e Sofia, per parte loro, hanno già avuto l'occasione di partecipare ad altri gruppi di cui Dario e Andrea facevano parte, fintanto che non si sono sciolti per vere e proprie divergenze e discussioni sorte a seguito di difficoltà organizzative.

363“H. P. Lovecraft – Tutti i racconti”, a cura di Giuseppe Lippi; Milano, 2017: 116-118.

167 5 Analisi e conclusione

In conclusione, vorrei presentare una sezione analitica che metta in dialogo la sezione etnografica centrale e la cornice teorica che ho costruito basandomi sulle prospettive elencate e approfondite nel capitolo 2. Ciò che vorrei chiarire, se possibile, è che, se opportunamente analizzate, le pratiche ludiche di avvenimenti cognitivamente molto ricchi, come le sessioni di gioco di ruolo “pen-and-paper”che hanno molto in comune con procedure di aggregazione e socializzazione a forte carica simbolica, possano trovare (o ri-trovare) tutta la loro potenziale carica espressiva e, alla fine, riescano a poter essere utilizzate appieno come elemento culturale arricchente, per muoversi al di là e ben oltre banali categorizzazioni compartimentate, legate alla divisione di competenze, di ruolo, genere, classe d'età e gestione del tempo rigido del lavoro e del tempo libero, tanto incorporate in noi e nella nostra contemporaneità. Nella sezione analitica sarà necessario chiarire chi siano i giocatori di ruolo, ovvero in cosa essi si riconoscano e si definiscano e in cosa, invece, si sostanzi dal punto di vista teoretico la loro posizione sociale, cosa facciano e come portino avanti le loro pratiche all'interno del contesto euro- americano di appartenenza, sviluppato ormai da decenni attorno a istituzioni, modelli culturali e riferimenti ideologico-immaginari specifici. A questo, chiaramente andrà ad aggiungersi una visione di insieme del mondo dei prodotti, degli oggetti e dell'industria culturale: aspetto da non tralasciare per le sue notevoli ramificazioni.

Le cornici discorsive e la fenomenologia del “setting”

Come hanno resi evidenti le lunghe descrizioni di sessioni che ho proposto nella sezione etnografica e, come emerge anche nei colloqui con i miei collaboratori, la tendenza di un Master e, dunque, di un partecipante con una decisa autorità prestabilita sul gruppo di giocatori, è, in genere, quella di eliminare

168 ogni fonte di disturbo e di aumentare le occasioni di immedesimazione, fatto che già Fine (1983) aveva chiaramente illustrato nella sua definizione di engrossment364, la condizione di irretimento psico-fisico e cognitivo all'interno di una “cornice” di natura fenomenologica e, quindi, esperienziale che è in grado di condurre il partecipante in una condizione di interesse, piacere e positiva disposizione. Per quanto mi riguarda, ritengo di poter affermare, sulla base del concetto di frame cognitivo, che esso si costruisca attraverso la sovrapposizione di più fasi. Nella prima fase, che definirei di “regolazione delle pratiche ludiche” e che può coinvolgere brevi periodi immediatamente prima o dopo le sessioni, in cui il dialogo, condotto fra Narratore e giocatori, comporta la rievocazione di eventi narrativi del gioco passati oppure in corso (il cosiddetto recap, ovvero il ricapitolo), la sistemazione di parametri numerici e oggetti di gioco concreti, come la Scheda del personaggio, le mappe dei luoghi già esplorati dai Personaggi, i taccuini su cui i giocatori hanno annotato nomi, informazioni o disegni utili alla memorizzazione. Nella concretezza dell'interazione di gruppo, specie alle prese con giocatori alle prime armi o fortemente interessati all'approfondimento descrittivo, ho notato come, spesso, le fasi di creazione della “cornice narrativa” e quindi delle innumerevoli caratterizzazioni che coinvolgono i personaggi e l'universo fittizio, si estendano anche a distanza tramite strumenti di comunicazione agile come smartphone e pc: nelle mie prime interazioni con i giocatori incerti e novellini del Gruppo 1, ho fornito ogni tipo di informazione sulla regione in cui volevo si svolgesse la campagna tramite una chat di whatsapp che, in breve, si è rempito di commenti e link a video o immagini (Pinterest e Youtube o direttamente Google). Silvia, in particolare, costruendo il suo piccolo “diario di viaggio”, in cui i nomi e gli epiteti sono sempre riferiti ai Personaggi e non ai giocatori, con qualche eccezione per i dettagli riguardanti regole o meccaniche e per i disegni di mano altrui, ha prodotto un elemento tangibile di immedesimazione che svolgerebbe la doppia funzione di strumento, utile per sé e per gli altri nel caso qualche dettaglio venga dimenticato e di focus, ossia di ciò che può contribuire all'immedesimazione, nel momento in cui viene contestualmente utilizzato, durante la sessione. Questa, chiaramente, è una connotazione che può variare da giocatore a giocatore, anche in base alle proprie abitudini cognitive: Andrea S. durante la mia campagna ha sempre annotato ciò che poteva tornare utile in termini di conduzione del gioco, di facilitazione della fluidità esecutiva. Appunti più maldestri e se vogliamo, meno chiari, meno curati rispetto a quelli di Silvia, in cui le mappe si sovrappongono senza soluzione di continuità con le annotazioni, sono uno strumento rapido da poter subito mettere via, anche se venisse compilato giorni dopo la sessione. La formulazione di questa facoltà immedesimativa avviene, io credo, per tramite sia di un costante flusso informativo, sia di un ispessimento delle relazioni e in un continuo mantenimento di feedback tra Master, giocatori e cerchie esterne di conoscenze amicali, anche tramite la condivisione di opinioni, nuovi spunti o discussioni sulle chat in cui vengono poi organizzate le sessioni e si solidificano le relazioni. Nel corso

364Ci si riferisca al capitolo 2, soprattutto.

169 della ricerca, ho analizzato brevemente la composizione di alcune pagine dedicate al gioco su Facebook, come “Io gioco di ruolo” (senza un prodotto referenziale specifico) o “Quinta Edizione Italia” (più specifico a D&D). I miei collaboratori non partecipavano in nessuna di queste finestre interattive e non mi hanno mai comunicato di avere intenzione di farlo, ma al loro interno, tramite alcune domande in post strategici, ho potuto vedere come, ad esempio, fare distinzioni fra varie edizioni dello stesso gioco sia un fattore discriminante per la formazione di un sapere e una expertise pratica che si coniugano poi, più o ,meno velatamente, nella formazione di una elite abbastanza arroccata sulle proprie posizioni (distinta come direbbe Bourdieu). La prima regolazione delle pratiche ludiche che avviene con uno scambio continuo di messaggi tra le cornici interpretative della sessione, viene dunque poi “aggiustata”o ricostruita tramite una serie di canali informativi ad alta densità di informazione (come i social network) oppure a bassa densità, ma a più alto valore emotivo (i gruppi chiusi di Facebook, le chat di gruppo, le comunicazioni personali).

Il ruolo delle “informazioni” nella costruzione discorsiva sul e nel gioco

Gestire le informazioni all'interno dei gruppi è dunque un compito di primaria importanza per rimanere in contatto con una comunità e sentirsi parte di qualcosa di più grande, non fosse altro che una serie di tornei, una sezione della propria ludoteca, amici e conoscenti oppure forum online. Nella diffusione e gestione delle informazioni e nella loro materializzaione in una serie di pratiche, specie quando si riferisce ad ambiti complessi della vita culturale contemporanea che contengono un gran numero di informazioni sovrapposte ed enciclopediche (come anche avviene nella costruzione dei prodotti in forma di manuale)365, la conoscenza è frutto di nuove configurazioni ermeneutiche cha possono portare il fruitore a una nuova lettura e dunque a un apprezzamento maggiore dell'opera, del prodotto o della performance. Il gioco di ruolo analogico, presentandosi come una o più performance legate da un filo conduttore a basate su un feedback continuo fra giocatori, oggetti, relazioni fra i giocatori, loro conoscenze di sistemi, regole, ambientazioni, opere della cultura popolare, si nutre dell'informazione che viene costantemente strutturata e ristrutturata tramite le pratiche di gioco interne (gioco e interpretazione) ed esterne (lettura pre o post sessione, visione di video, consultazione di database). Dentro queste procedure informative esiste, tuttavia, come in ogni ambito culturale legato alla diffusione mediale della conoscenza, il rischio che si formino determinate strutture di discorso che Foucault (1972) definirebbe delle strutture di costruzione delle percezioni, di normazione del proprio agire in base a una

365 Eco (1978)

170 categorizzazione totalizzante sull'agire umano, sulle nozioni di bene, giusto o deontologicamente corretto. Il controllo esercitato spesso dalle stesse case editrici sul proprio materiale, sugli usi possibili che se ne può fare, sulla normatività del gioco, dell'immaginario, si scontra inevitabilmente con la libertà necessaria che il giocatore si prende, in nome del raggiungimeno dell'esperienza ottimale del divertimento collettivo, dell'interpretazione e di tanti altri piccoli piaceri intrinsechi al gioco di ruolo analogico (non ultimo il riferimento colto o il citazionismo, ad esempio). C'è del lavoro di straforo che viene portato avanti in ogni fase della costruzione degli scenari di gioco (de Certeau, 2008), se pensiamo anche solo alla lettura che di un manuale può fare un Master o un giocatore che poi, a sua volta, può contraddire l'autorità e porre nuove configurazioni della cornice narrativa sul tavolo, per poi passare alla vera e propria sfida immaginativa alla quotidianità che produce il lavoro di costruzione di un Narratore con una serie di sezioni, mappe e annotazioni che poi saranno parte di un'attività condivisa i cui risultati non potranno mai essere previsti in anticipo, come in una storia già scritta. Il risultato finale dell'interazione di una serie di prodotti, oggetti, interazioni, interpretazioni e suggestioni provenienti da varie fonti è quello di una decodifica (Hall 1980) che non è assolutamente aberrante e priva di una direzione, ma punta soprattutto alla costruzione di una esperienza condivisa, piena di risvolti emotivi. D'andrea (1998) nel suo volume sulle prime comunità di giocatori in Italia, menziona la possibilità per questi giocatori, di produrre esperienze surrogate di situazioni irragiungibili, di desideri repressi e di una ricchezza epsressiva che al mondo del tardo capitalismo mancava. Devo dire invece, che, a differenza di D'Andrea, ritengo che quella capacità immaginativa già esisteva e si è solo specializzata, col tempo a giocare con i referenti della cultura popolare, a ricostruirli e produrre su di esse strutture discorsive complesse, la cui importanza può essere evidente anche in ambiti lavorativi o educativi366. L'ambito che, però, può trarre più giovamento dalla potenzialità espressiva, emozionale e intellettuale del gioco di ruolo è quello del “tempo libero” o del leisure, la cui configurazione ideologica come antitesi del tempo occupato e produttivo , è stata esposta nella cornice teorica (Rojek 2002): nonostante la sempre imponente presenza delle grandi case di distribuzione ed edizione e stanti pure alcune invasioni di campo del settore cinematografico e letterario mainstream, che potrebbero facilmente portare a una “degradazione” dei contenuti e dei significati di codifica (Hall 2002), il mondo commerciale del gioco di ruolo analogico rimane fortemente legato alla risposta e alla elaborazione anche materiale degli utenti finali, che possono, grazie a molti canali di accesso e condivisione , fare delle proprie idee spunti per prodotti367, motivo per il quale la partecipazione al suo interno, in generale, è sempre stata premiata per motivi legati alla creatività individuale. Come secondo punto arricchente per il tempo libero individuale, il gioco di ruolo, costituirebbe una reale alternativa a metodi di fruizione fortemente passivi o, se non altro, poco “aggreganti”. Rojek (2001; 2002) contrappone, sulla scorta di

366 Si veda Byers e Crocco (2016).

367 In un certo senso è questo il vantaggio di poter disporre di ambienti di condivisioni in cui più forme mediali si possono far “convergere” (si veda Jenkins 2007).

171 Stebbins, una serie di occupazioni “serie” da altre occupazioni discontinue (come lo zapping e la visione di film), intendendo con serious non una connotazione morale, bensì una quantificazione di ingaggio personale nell'attività. E figurano, dunque, fra queste le attività di volontariato, l'accesso a club di pesca, di lotta greco-romana, di teatro; insomma, ambienti in cui la condivisione è alta e le esperienze sarebbero potenzialmente arricchenti; la possibilità di avanzamento e crescita dello status nel gruppo sarebbe pure possibile. Nei gruppi di gioco di ruolo, l'attività ludica in effetti si esplica nella continua scoperta di nuove situazioni, anche se solo immaginate, e per quanto riguarda l'avanzamento o il senso di continuità, se non è direttamente relativo alla persona, è comunque surrogato nel personaggio e nella cornice. Una cosa da non sottovalutare, perlomeno dal punto di vista emotivo.

Appendici e strumenti

172 Breve glossario ludico

Di seguito propongo una serie di strumenti utili alla consultazione della tesi. Come prima cosa, ritengo di dover fornire un conciso glossario dei termini specialistici più spesso utilizzati in manuali, sezioni video, interviste e porzioni di testo, ricordando che, sebbene le forme paragergali utilizzate nel gioco di ruolo siano numerose e spesso sovrapposte lessicalmente a molta terminologia proveniente dal vicino mondo videoludico, la tesi non si propone di fornire un'analisi linguistica estesa o comparata368 delle forme in questione. Ogni termine italiani possiede, in genere, un convenzionale termine inglese che possa rendere la consultazione dei manuali non tradotti più agevole.

Ambientazione: universo immaginario entro il quale prendono vita le linee narrative del gruppo di gioco. Può disporre di elementi storici, geografici, cosmologici e di scenari politici complessi, stratificati e coesi e molto spesso vengono raccolte all'interno dei volumi di gioco, in sezioni dedicate o in appositi manuali-espansioni. (eng: “setting”).

Avventura: In termini di gioco, indica una singola missione o impresa compiuta dal gruppo di giocatori e introdotta dal Master, strutturata in scene o avvenimenti che implicano una o più condizioni di risoluzione e meccaniche. In genere, ha la durata di poche sessioni e concorre, assieme ad altre Avventure alla formazione di una Campagna. (eng: “Adventure; Quest”).

Background: corrisponde, a livello narrativo, a tutti i retroscena esistenziali che hanno portato il Personaggio, gestito dal giocatore, ad essere quello che è. Generalmente si compone di una serie di informazioni biografiche e geografiche che caratterizzino a livello scenico il Personaggio, ma in alcuni Sistemi di gioco, svolge una funzione Meccanica caratterizzante, ossia può fornire bonus, malus, vantaggi o svantaggi quantificabili e dunque gestiti dalle regole.

Boxed set: indica un prodotto, spesso consistente di una serie di manuali o plichi aggregati, vari strumenti basilari di gioco, artwork e altri elementi, confezionati all'interno di una vera e propria scatola.

368Per eventuali approfondimenti, si segnala l'esauriente articolo dell'”Accademia della Crusca”, reperibile online: https://accademiadellacrusca.it/it/contenuti/il-gergo-dei-giochi-di-ruolo-online/85 (consultato il 6/2/2020).

173 Campagna: una lunga serie di sessioni, strutturata in più Avventure o Quest, che segue un filo narrativo, ideato dal Dungeon Master o raccolto in un Modulo preconfezionato. In genere, la durata totale di una campagna può estendersi, in tempo reale, da pochi mesi, fino a svariati anni, con la possibilità di essere protratta all'infinito, per la facile aggregazione di ulteriori sezioni di Avventura. (eng: “campaign”).

Classe: col termine si intende la specializzazione o la tipologia di Personaggio che ogni giocatore ha a disposizione. All'interno dei manuali di gioco, sono presenti capitoli appositi che raccolgono ogni informazione, descrizione, parametro utili per la consultazione e la compilazione della Scheda del Personaggio. In alcuni Sistemi di gioco, il termine può essere sostituito con Professione, Specializzazione o Archetipo. (eng: “class; proficiency; archetype”).

House Rules: sono le regole o per meglio dire le consuetudini interpretative che il gruppo di gioco, in accordo col Master, attua nel corso di Campagne o Sessioni. Spesso non vengono trascritte, ma può capitare che all'interno di pagine social o in forum specializzati online, siano presenti sezioni di House Rules o file con raccolte di regole modificate.

Master: all'interno di Sistemi di gioco classici, è il titolo utilizzato per designare la persona che propone le scene, stabilisce le sfide, introduce Personaggi e/o Personaggi Non Giocanti, costruisce le linee narrative dell'intera campagna e descrive l'universo di gioco a partire da Ambientazioni originali o già pubblicate nei manuali. Data la sua alta autorità narrativa, in molti recenti Sistemi, tale figura o è stata sostituita da una sorta di turnazione tra i giocatori, oppure è stata letteralmente espunta in favore di una autorità condivisa (sistemi masterless). Spesso il termine viene usato in maniera intercambiabile con: Dungeon Master, Narratore, Custode o Arbitro. (eng: “Loremaster; Lore Keeper; Narrator”).

Meccanica: con tale termine si intende una qualsiasi procedura di risoluzione di un conflitto tramite applicazione di una regola matematica di somma, sottrazione, moltiplicazione o divisione di valori fissi e di uno o più valori casuali determinati da lancio di dadi di vario tipo, estrazione di carte o altri elemeti randomizzanti. Da esse dipendono le conseguenze di scelte narrative importanti dei giocatori sui loro Personaggi. (eng: “mechanics”)

174 Personaggio Giocante: il personaggio creato, scelto e gestito dal singolo giocatore al tavolo. Si intende col termine sia la “dramatis poersona” con le caratterizzazioni descrittive utili all'interpretazione, sia la serie di parametri numerici e quantificabili presenti nella Scheda del personaggio che si modificano con l'acquisizione di esperienza. Spesso viene abbreviato per comodità in PG. (eng: “Player Character; PC).

Personaggio Non Giocante: qualsiasi personaggio interpretato dal Master che costituisce un comprimario, un avversario o un co-protagonista rispetto ai Personaggi Giocanti gestiti dai giocatori. Viene spesso abbreviato in PNG. (eng: “Non Player Character; NPC”).

Regola Zero: inizialmente sorta come postilla informale, rappresenta una sorta di “buon senso” che vorrebbe che, ogniqualvolta sorga una controversia circa le meccaniche del sistema di gioco, il Master stabilisca la via più veloce per interpretarla, piegando la logica della regola alla decisione e permettendo in tal modo lo scorrimento fluido della sessione, in nome del divertimento collettivo. (eng: “golden rule”).

Sessione: durata temporale reale di una partita di gioco di ruolo. Di norma si attesta attorno alle 3 o 4 ore. In effetti, nel termine è presente la usuale connotazione fisica,attorno al tavolo da gioco, anche se con lo stesso si possno indicare le partite a distanza, tramite uso di connessione Internet e webcam. (eng: “session”)

Composizione dei gruppi e loro localizzazione (2016-2018)

Ove non diversamente specificato, le date e le età sono da considerarsi prese nel 2016:

Gruppo 1:

DungeonMaster:Io

Giocatori:

175 Claudia ( studentessa di lingue orientali VE , 26 anni ), felinide ranger.

Andrea ( studente di lingue orientali Pordenone, 25 anni) halfling ladro.

Silvia ( studentessa di economia turistica Paese , 24 anni ) elfo chierico.

Eric ( studente di lingue orientali Favaro, 26 anni) mezz’orco guerriero.

Davide (studente di ingegneria aerospaziale Marghera 27 anni quando è entrato)

Locazione: casa mia ( Via Rinascita 21, Marghera). Luogo deputato: sala con lungo tavolo in vetro e ampia porta-finestra in fondo. Io mi posiziono a un capo con dietro la finestra e gli altri ai lati senza vedere al di là del PC, che viene usato come schermo. Disturbo completamente assente.

Strumenti/Props: Manuali, pdf, internet, mappe schizzate a matita, app, casse stereo, uso frequente di musica d’ambiente.

Sebbene Davide sia in forse su tutta la linea, il gruppo attuale è abbastanza coeso, per quel che riguarda le conoscenze regolistiche. Eric ne possiede già di più , io sono il più esperto e Andrea ha avuto sporadiche esperienze della 3.5, ma ora gioca anche in una campagna con 5 ed. Siamo tutti amici o conoscenti e la partita va avanti da un anno circa.

Sistema di gioco: Dungeons&Dragons 3.5. Ambientazione: Forgotten Realms. Durata media: 3 h. 3 h e mezza . Di norma il pomeriggio dalle 4 alle 7 ca. Gruppo 2 :

DM: Dario ( studente di architettura VE, 25 anni).

Giocatori: Io.

Andrea M.(studente di psicologia , 25 anni ) umano mago.

Sofia M. (studentessa di biologia , 20 anni ) cangiante druido.

Maria (studentessa di astronomia, 20 anni) forgiato guerriero.

176 Alvise (tecnico informatico, 25 anni) umano chierico/inquisitore.

Locazione: Casa di Dario ( Sestiere di Cannaregio, Sant’Alvise). In genere la sala di casa con tavolo quadrato dove spesso si mangia ,prima della partita. Il master sta nella porzione a destra con PC e fogli sparsi. A volte ci si sposta nella tavernetta al piano terra, in una sorta di biblioteca , dove , su sedie e tavolate stanno manuali e altre cose, spesso anche qui si mangia , in genere pizza. Disturbo quasi assente

Strumenti/Props: Mappe schizzate , mappa su lavagna quadrettata scritta con pennarelli ad acqua, app, PC, pdf , manuali cartacei, raro uso di musica.

Il ritrovo in genere è settimanale ( di domenica ), ma spesso salta una settimana per motivi personali del Master. Il gruppo è coeso per età ed occupazioni , ma meno per conoscenze regolistiche ( Andrea M. , Alvise e Dario, sono i più esperti, Io mi metto nel mezzo e Maria e Sofia sono le meno esperte ). La campagna in sé è avviata da almeno due/tre anni, con aggiunte e perdite di giocatori estemporanee. Viene incoraggiata una conoscenza solida e attiva delle regole.

Sistema di gioco: D&D 3.5 .Ambientato in Eberron, con qualche ritocco e aggiunta da romanzi fantasy letti dal Master. Durata media e appuntamenti: 3 o 4 ore a seconda della disponibilità; spesso Sofia e Maria se ne vanno prima di tutti gli altri. Di sera dalle 9 o 9 e 30 fino alle 00, a volte anche l’1. Circa una volta alla settimana, infra settimana. Gruppo 3: 2017

DM: Marco (tecnico informatico Musile di Piave VE, 31 anni).

PG: Eric (v.gruppo 1 ) umano stregone.

Giorgio ( guardia giurata VE, 31 anni) umano paladino.

Alfonso (portuale VE, 35 anni) halfling rodomonte.

Davide (meccanico VE, 31 anni) nano guerriero.

177 Locazione: Casa di Marco ( Musile di Piave ). Soggiorno con tavolata rettangolare e accesso al cibo. Il master vi si mette al centro con attorno manuali e taccuini, senza schermo. Il master ha una famiglia ed è frequente l’interruzione da parte della compagna e/o della figlia molto piccola.

Strumentazione: Uso di mappe e disegni schizzati, manuali cartacei , pdf.

Gruppo piuttosto coeso per interessi ed età. Eric è l’unico studente non lavoratore nel gruppo. La campagna sembra essere continuata per circa 3 o 4 anni, ormai. Tutti hanno più o meno una solida conoscenza delle regole e alcuni si sono impegnati anche con edizioni precedenti del gioco ( Advanced edition ), testimoniando una passione pluridecennale.

Sistema: D&D 3.5 . Ambientazione Forgotten Realms rimaneggiata.

Orari: Tra le 3 e le 4 ore . Di sera , dalle 9 ca. fino a mezzanotte , l’una. Esigenze lavorative .

Gruppo 4:

DM: Andrea M. (v.gruppo 2).

PG: Dario (v.gruppo 2 ) studente di archeologia (personaggio)

Alvise (v.gruppo 2) professore di archeologia (personaggio)

Francesca ( neo laureata in lingue orientali, PU , ora VE, 31 anni) studentessa di archeologia (personaggio)

Giorgia ( studentessa di lingue orientali , 24 anni) studentessa di archeologia (personaggio)

178 Locazione: Casa di Francesca ( Sestiere di S.Croce, parrocchia Carmini verso Santa Marta). Soggiorno / sala da pranzo , che ,dopo la cena, diventa agevolmente piano di gioco, con sopra PC mac ad uso del Master. Uso di fogli con mappe schizzate, carte quadrettate , finti documenti, pdf , schede ufficiali ( v. foto).

Gruppo abbastanza coeso per età e occupazione, ma anche per conoscenze regolistiche , in quanto poco acclimatati al sistema di CoC, nonostante la componente maschile abbia già giocato ad altri giochi di ruolo e sia avvantaggiata. Sembra che la componente femminile ( la ragazza di Dario, Giorgia e quella di Andrea , Francesca), abbia poca dimestichezza e non tanta passione per il ruolo date le precedenti esperienze, ma che stia giocando bene nei panni investigativi tipici del sistema.

Sistema: Call of Chtuluh.

Orari: 3 ore ca. Di sera , dalle 9 e 30 a mezzanotte e mezza.

Gruppo 5:

DM: Sebastiano ( studente di Chimica, VE, 21 anni).

Giocatori:

Matteo (studente, VE, 21 anni) nano guerriero.

Alessio ( studente , VE, 22 anni) chierico umano.

Giulio ( lavoratore a chiamata , VE, 21 anni) stregone umano.

Maria ( vedi gruppo 2 ) pistolero umano.

179 Hata ( studente ,VE, 21 anni ) bardo gnomo

Locazione: Casa di Giulio ( Giudecca, vicino Redentore). Salotto , cucinino con porta finestra sul cortile. Con tavolo lungo al cui capo sta il Master con lo schermo. Presente anche la ragazza di Giulio e uso di carte quadrettate , nonché di miniature piccole e colorate , pensate specificamente per Pathfinder o D&D. Uso di fogli volanti del Master e dadi condivisi . Presenza anche del cane dei padroni di casa.

Gruppo molto coeso per età e occupazione . Tutti hanno una conoscenza elevata delle regole e il Master prepara le sessioni scrivendole per intero, con gran pletora di dettagli . Maria è l’unica che , per essere entrata da poco nel mondo dei gdr cartacei, ha poca dimestichezza con le regole generali, ma mantiene interesse. Molti momenti di lazzo e scherzo e pochi momenti ( rarissimi a dire il vero ) di contestazione di regole da parte dei giocatori e del master . Preponderante componente maschile.

Sistema: Pathfinder

Orari: Tra le tre e le quattro ore . Di pomeriggio , tra le 14 e le 19 .

Gruppo 6: 2017

DM: Giorgio

Giocatori: Io; guerriero umano

Eric: vedi gruppo 1; prima barbaro nano, poi monaco umano.

Marco: vedi gruppo 3; stregone umano.

Alfonso: vedi gruppo 3; druido umano.

A volte Mamu: (ingegnere informatico, 33 anni, Spinea); ladro halfling.

Locazione: più spesso casa di Marco a Musile di Piave, con gli stessi vantaggi e svantaggi descritti per il

180 gruppo 3 ; a volte la sessione è stata tenuta in un locale ristorante vicino alla biblioteca civica di Mestre, che dava disposizione, per conoscenze personali ed esperienze, al gioco serale.

Gruppo di vecchia data come il 3, con una differente composizione interna, nello spirito della rotazione e della condivisione che accomuna i partecipanti al terzo gruppo.

Sistema: D&D 3.5/5

Orari: durata media a seconda della disponibilità di ciascuno e della disposizione logistica per chi non dispone di mezzi propri, come me o Eric, di circa 3 o 4 ore a sessione, raramente di più.

Gruppo 7: 2017

DM: Walter (grafico e disegnatore, 33 anni, Spinea)

Giocatori: Io; guerriero umano

Eric: vedi gruppo 1; stregone umano.

Marco: vedi gruppo 3; chierico umano.

Giorgio: vedi gruppo 3; druido/monaco elfo.

Locazione: più spesso casa di Marco a Musile. Una sessione è stata portata avanti a Salzano, sede della casa in ristrutturazione di Walter e una a casa dei genitori di Walter dove risiede in attesa di spostarsi. Poche fonti di disturbo e frequente uso di colonna sonora.

Gruppo abbastanza coeso dal punto di vista dell'età, della conoscenza delle regole e dell'esperienza di

181 gioco, a parte il Master Walter che ha un modus operandi particolare di costruzione delle ambientazioni e di uso teatrale e incongruente delle regole al solo fine di creare scena.

Sistema: D&D 3.5/5 pesantemente rimaneggiati con ambientazione personalizzata di Walter, Giorgio e Marco chiamata “The War” con materiali personalizzati.

Orari: mediamente tra le 4 e le 5 ore a sessione.

Trascrizione delle interviste

I: Intervistatore

1. Dario ( 25 anni , studente di architettura, Venezia ).

Intervista del 10-07-16 ( casa di Dario a Sant’Alvise , ore 15.30 ca.)

I: C’è qualche campagna al momento che stai portando avanti ,da giocatore o da master ? Dario: C’è la campagna di Mula, come Lucard , il mio mago. La vostra come Dungeon Master e aggiungeremo come rotazione , una campagna che avevamo già preso, iniziato a suo tempo, che avevamo sempre tralasciato,per vari problemi ,con Alvise, che ha rinnovato…

Io: Quella di cui avevamo parlato…So che ne stava parlando la scorsa volta.

Dario: Esatto, l’ha rinnovata . Perché prima c’erano un po’ di problemi, mmm… Alvise aveva la tendenza a fare da protagonista, davanti al master. Noi eravamo lì , sballottati di qua e di là, ma non avevamo nessun potere, anche perché i nemici erano molto forti. Adesso si è adattato, partendo dai suoi errori.

I: Partite da un basso livello ?

Dario: Un cinque , un livello cinque. Eravamo arrivati fino al quinto livello. Poi c’è stato un casino, dei problemi a livello interpersonale. La campagna era stata interrotta. Poi c’era stato un prequel, una campagna con altri giocatori. E poi ha tentato di ricominciare la nostra , quando questi giocatori hanno abbandonato. Ha cambiato delle cose: c’è stato uno switch di universo, per cui ci ha lasciato

182 decidere se mantenere sia il primo che il secondo mondo, gli avvenimenti del primo e del secondo. Oppure la possibilità di ricominciare da capo , dal quinto livello. Alla fine abbiamo deciso la seconda. Non sono tante le modifiche al mio personaggio e a quello di Mula (Andrea M.), fondamentalmente, a livello di carattere, anche se non sono la stessa persona. Il mio era un ladruncolo di strada e adesso è un nobile che punta alla rivoluzione. Un Robin Hood , dal basso. Il personaggio di Mula non aveva relazione col mio, adesso sono fratellastri. Sofia aveva un druido e adesso l’ha cambiato totalmente. I: Quindi quanti siete ora a giocare ?

Dario: Ehm, saremo …siamo in tre. Quando ha iniziato a giocare la Maria poteva scegliere se entrare in quella o nella mia. E’ entrata nella mia per una questione di tempistiche e anche perché io tendo ad essere un po’ più , come posso dire, buono e più diplomatico di Alvise … I: Si mi dà idea di essere più ligio alle regole di tante altre persone…

Dario: mmm…. E poi ha un modo suo di interpretarle , nel senso che crea un abominio di build , incredibilmente forti, che ovviamente sono falle nelle regole, ma se tenti di crearne una di sgrava nella sua campagna , c’è caso che non te lo lasci fare. Ha un modo molto….tende a decidere se una cosa è sgrava o meno in base a …

I: E quale preferisci, la campagna in cui sei giocatore o master?

Dario: Trovo che siano cose completamente diverse. Mi piace la campagna di Mula, è stata, tra virgolette, rinnovata rispetto a prima,è un paio d’anni fa, ormai la gioco tra la vecchia versione e questa, ci sono affezionato e poi mi piace come gestisce le cose Mula…

I: vecchia versione e nuova…quindi avete giocato più di una campagna?

Dario: Lui aveva una campagna che si è svolta per degli anni, poi, sostanzialmente, si è arrivati a livelli di “Munchkinismo”…ehhm e altre cose per cui si è interrotta…ehm e dopo un tot di tempo, l’ha rifatta come quella che c’è attualmente, è la stessa storia, ma completamente rinnovata..non è la stessa cosa , ma virtualmente è la stessa campagna e mi piace molto, ehmm..come ti dicevo quella di Alvise era un po’ snervante, nel senso che noi non potevamo fare , cioè…noi eravamo molto impotenti. Non si combatteva quasi mai , perché i nemici erano soverchianti rispetto a noi o terribilmente forti o di numero. Le nostre erano solo scelte , ma non scelte comuni, le nostre, come nelle trame dei film di Shamalayan, completamente a caso…ehm e non secondo una logica lineare, nel senso, non , se ho certi elementi , devo arrivare immediatamente al momento di risolvere questo. Cioè non abbiamo l’istinto…e il momento in cui combattevamo era più un “diamocela a gambe” o

183 “limitiamo i danni”, quindi si quello non lo consiglierei perché è stato snervante. Quella di Mula invece , abbiamo un buon equilibrio: ci sono sempre dei difetti , ma tenta sempre di accontentarci , nel senso, di cambiare anche le cose se vede che …ehm, il modo in cui gestisce non ci piace, io tento di fare ,per quanto possibile, lo stesso nella mia…ovviamente io non ho la stessa esperienza sua come Dungeon Master, però, penso di compensare un po’ con inventiva , cose così…precisione nel… disegno di una pianta vera e propria, non un cubo, un quadrato, un rettangolo, una sfera.

Io: E tipo, invece come Dungeon Master , che già è qualcosa di più complesso, mettiamola così… come te la giochi?

Dario: Nel senso che …con gli impegni che ho, di solito, mi trovo magari all’ultimo che ho delle ultime cose da fare , quindi devo andare abbastanza a braccio e la campagna di Alvise mi va bene che venga messa di nuovo in rotazione, perché così ho un po’ più di tempo, magari, per delineare le cose della trama in generale perché c’è ancora qualche vuoto. Poi anche arricchire l’ambientazione , perché una volta che l’hai arricchita abbastanza le cose vengono di loro…tutto sommato. Ehhh… tento a volte..cioè ti dico , a volte mi ritrovo alla fine della giocata che mi sento proprio stanco: devo gestire più persone , ed è difficile. Perché proprio devi dedicare attenzione a più persone e lo trovo complicato. A volte mi è capitato di giocare una campagna di due personaggi assieme, per motivi di… I: Io sudo quando faccio il dm…

Dario: Eh…si, vero?

I: Io sudo, cioè, proprio fisicamente…sto abbastanza…

Dario: Ehmmm… si.

I: Però mi diverto, cioè…nel senso, per come la vedo io, ehm, anche se mi piace fare il pg , eccetera eccetera, preferisco molto di più vedere le reazioni delle persone che ho davanti, piuttosto che…

Dario: Ho capito…A me come cose piacciono entrambe , nel senso che danno soddisfazione per due motivi diversi, nel senso che da giocatore sei protagonista, puoi fare le cose, avere la soddisfazione di risolvere gli enigmi o avere successo in qualcosa, invece il Dungeon Master, la soddisfazione è vedere come reagiscono le persone positivamente , negativamente o quello che è, ma in ogni caso tentare di fare le somme, per cambiare , modificare le cose…hmmm, si, nella mia, cioè, quando mi rendo conto che ci sono delle cose che devo , tra virgolette, mettere a punto, da dungeon master, nel senso, vuoi una piccolezza come non aver messo molti mostri viventi per un po’ per difficoltà, cioè in

184 realtà non era stata una cosa voluta in certi casi, non avete trovato mostri viventi perché erano state cambiate cose nella trama, cioè tendo a posizionare dei paletti, dire cosa succederà , ma se poi voi fate qualcosa, diciamo che incasina tanto, magari preoccupano un po’, ma cambio le cose di conseguenza; ad esempio, quella specie di bardo…Mr. Sandman, ehm, voi non dovevate combatterlo direttamente in quel momento, ma per un paio di…tra virgolette un paio di…il tempo che siete riusciti a impiegarci, l’avete beccato, se no avreste trovato dei sottoposti al posto suo…e…quelli sarebbero stati svelti , ad esempio. La stessa presenza dell’elfa, la Alba diciamo, ehm, ha…è stato un caso, nel senso che , teoricamente dovevano esserci dei sottoposti e altre cose…e per un percentuale che ha fatto Mula che non ho ignorato perché ha fatto cento ehm, “ Cerco informazioni su di lei, perché potrebbe essere diretta qui, qualche informazione che indicava che potesse essere interessata a qualcosa e sostanzialmente l’ha trovata…se avesse fatto uno, l’avrebbe trovata di persona, con cento gli ho fatto trovare una traccia che ci fosse…e…si , appunto … tento di fare così, poi, alla fine arricchire l’ambientazione appunto, come dicevo prima, aggiungere personaggi eccetera va fatto un po’ nel tempo in modo che i giocatori si possano anche abituare. Per esempio quei casati sono un casino anche per me , per cui a volte ho cercato di scrivervi di farvi una sorta di cosa che potreste sempre consultare ed eventualmente la sposterò giù adesso che è più in ordine e potremo giocar giù, insomma…ma…ehm , capisco che è difficile ricordare il nome di dodici casate fantasy con i relativi dati. I: Drammi di usare un’ambientazione…

Dario: e quindi si, sono presenti , alcuni sono più legati alla trama perché sono delle realtà commerciali immense e quindi è ovvio che lo sono, maaa mi rendo conto che non possiate ricordarveli tutti…ehm, poi magari stavo anche insomma riuscendo a intuire quali sono quelli più, eh, da tener d’occhio, però…viene abbastanza da sé, nel senso, se so che ci sono dei casati che sono abbastanza neutrali o buoni o comunque non dannosi e altri son decisamente più pericolosi , proprio per i ruoli che hanno. Era un esempio ma non so se le famiglie, tutte le cose , i personaggi…mi rendo conto che forse devo caratterizzarli un po’ di più alcuni, però è una cosa che sto avendo un po’ difficoltà a fare, per… cioè … I: Come mai?

Dario: Mmmh…più nel modo di parlare dei personaggi , perché alla fine…

I: Cioè proprio interpretarli?

Dario: Tutti…si…tutti sono abbastanza tipici , nel senso, mi pare di non aver fatto personaggi molto fac-simile o…mmh…alcuni mi sono reso conto che forse potevo dare informazioni dell’aspetto in

185 più, cose del genere , ma…alla fine non mi pare di averne fatti due simili o due uguali , quanto meno…però appunto nell’interpretarli , spesso, per dover star dietro anche ad alcune cose dei loro motivi è difficile interpretarli tutti in modo variegato. Tendenzialmente tento di farlo con quelli che parlano in modo un po’ più strano o con un tono particolare e quindi tento magari di fare …ahm…hai visto un paio di volte , la voce grossa o il modo di parlare un po’ più scattoso, però è più facile coi cattivi , diciamo, perché , sono quelli che per motivi ovvi…

I: Devono essere caratterizzati. Ma hai già fatto il Master prima o è la tua primissima volta? Dario: Allora, ecco questa è una cosa interessante , in effetti. Questa campagna è stata iniziata , ancora a suo tempo , con degli altri giocatori in realtà…

I: Anna, che adesso non viene più…

Dario: Ma, non per quello. L’Anna è venuta dopo. E’ questa stessa versione della campagna. La mia campagna sostanzialmente è iniziata, ma non è andata oltre la prima città, giocare…come Master ero io. Però visto che al tempo di star troppo dietro alle regole e altre cose, avevo chiesto ad Alvise se poteva aiutarmi come Master tecnico , nel senso che lui sapeva benissimo le regole e conosceva molte più cose per fare Build e robe del genere e che poteva magari aiutarmi nelle scene che magari ci sono due NPC eccetera, in modo da anche dare una particolarità che raramente si può avere con un Dungeon Master solo ai giocatori. Il punto è che la cosa è deragliata quasi subito, perché io avevo impostato una trama prima ancora di chiedere ad Alvise…ehm…poi ha iniziato a…cioè alla fine a me serviva qualcuno che mi aiutasse con le regole eccetera ; il punto è che ha iniziato a propormi dei… delle cose che non…cozzavano, tra virgolette, con la mia ambientazione, non erano …cioè, mi andava benissimo aggiungere idee sue, il punto è che mi aveva chiesto un pantheon in più, cose del genere che mi risultava stravolgente…e va beh, io ho tentato comunque di trovare un punto d’incontro, però poi , mentre io tentavo di stare dietro a due giocatrici molto inesperte , avevo chiesto ad Alvise se poteva…

I: Chi erano la Sofia e…?

Dario: No , c’erano la Camilla (la ragazza di Barnaba, non so se te la ricordi, l’avrai incontrata ,credo) … I: Ah ,si. Mora, capelli lunghi…amante dei cavalli…

Dario: Si, esatto , è lei…lei che è stata giocatrice in modo a singhiozzo negli anni, in un’altra campagna, Barnaba, Mula…ehm…e…c’era qualcun altro ? Non mi ricordo se c’era qualcun altro…

186 si, probabilmente c’era qualcun altro , ma aveva giocato poco e niente e alla fine… I: Questo quando ? Due anni fa?

Dario: Eh …oddio, mi metti un po’ in difficoltà. Qualcosa di più probabilmente…

I: Sostanzialmente è iniziata e un po’ lasciata così, poi continuate con…?

Dario: Non proprio. E’ iniziata; il punto è che avevo Barnaba che è un giocatore difficile da gestire , ma il problema è che era attivamente difficile da gestire, nel senso che, probabilmente , in una certa qual misura, ci metteva malizia ,anche…tende a fare una cazzata immensa o delle cazzate immense , culo ai dadi e salvandosi ,facendo deragliare le campagne, sostanzialmente. E’ stato uno dei motivi dell’escalation di tutto, perché, Barnaba ha fatto un personaggio che era pericoloso in un gruppo che non riusciva magari a contrastarlo e che ci sfanculava sempre i piani, quando il mio personaggio è morto…a parte che è morto anche il suo, ma il punto è che …io ho reagito facendomi un mindflayer che Mula credo abbia raccontato più di una volta..devi averne sentito parlare …

I: Si , qualcosa mi ha detto Francesca.

Dario: Lui la chiama la Morte Nera senza il pannello sul condotto ( risate ). Qui aveva ragione eh… Non è che gli sto dando torto…aveva una CA di ottanta!

I:OP.

Dario: Ma…si…ehm, la CA probabilmente è anche il risultato di somme, di cose che non si sommavano, magari, ma il fatto è che, non scendeva così tanto , ma il fatto è che era un mindflayer in grado di mangiarsi i cervelli della gente ( quello è normale ) , il punto è che i mindflayer di solito imparano le informazioni di queste cose, dei cervelli. Lui,ehm, cioè, ma in modo leggero., lui invece poteva richiamare le conoscenze , ma poteva anche imparare le cose, tipo le capacità particolari della classe e della razza della creatura. La cosa più sgrava che probabilmente mi ha concesso è stata un cervello che ho dovuto pagare salatamente eh… però, un cervello di un gigante della morte. Il gigante della morte è una bellissima creatura, che quando muori, muore qualcosa attorno a sé , risucchia le anime e che continuano a girare intorno a lui, facendogli da guardiano. Gli dà un bonus pari al Carisma, ma il mio personaggio lo convertiva in Intelligenza, perché usava l’intelligenza come attributo per stabilità, quindi il suo bonus di intelligenza, ed era un mago, alla CA, cioè no, tipo, Tiri Salvezza, Iniziativa e cose del genere, poteva fare Presenza Terrificante e tutte robe del genere , quindi, ehm , era veramente terrificante. A volte ho combattuto contro tre mindflayer…a parte che ho

187 vinto soltanto perché il Dungeon Master si è stufato e loro sono scappati via , per quanto ero diventato resistente, nel senso, lui non mi riusciva a far niente e io non riuscivo a gestirli bene e … ed era una lotta tra quattro maghi, quindi non sai quanto dovevamo guardarci le regole, ma …si , diciamo che era stato ridicolo, l’altro ha reagito con un personaggio assurdo, Alvise, si è fatto all’inizio un Assassino che praticamente era quantistico, nel senso che ,se voleva , non sapevi che esisteva, ehm…e poi si è fatto ( ed era la cosa meno eccessiva ) un colosso di , tipo mezzo ogre mezzo drago con l’incantesimo Permanente per essere ingrandito, bonus alla Forza; era di taglia Enorme e usava una spada di taglia Colossale che gli avevo fatto io…era una lastra di adamantio, una colonna di adamantio di sedici metri!

I:Mio Dio…Cioè, oh mio Dio…

Dario: Capisci ?

I: Ma non uccide un po’, cioè…

Dario: No no, avevamo delle sfide. Nel senso, il mio personaggio ,a un certo punto, tra una cosa e l’altra, abbiamo salvato il mago più potente del…cioè , il primo mago , sostanzialmente, che l’abbiam riportato in vita e l’abbiamo anche riportato in vita sano di mente, che era improbabilissimo. A quel punto ho iniziato a tentare di salvare l’universo da alcune cose, cioè il nostro piano materiale …il punto è che doveva fare delle cose, diciamo, brutte con il Tempo e lo Spazio, con il Tempo e lo Spazio. Il punto è che Mulaz ha detto che ci sono dei guardiani per questo genere di cose: delle bellissime creature che sembrano un incrocio tra un drago e un Alien, che vanno in giro a mettere a posto i casini di chi fa cazzate col Tempo, soprattutto. Il mio personaggio era l’unico reperibile, era diventato il suo secondo, allievo , diciamo. L’ho buttato giù una volta, si fa per dire…il punto è che questo coso si rigenerava anche, non sono riuscito ad evitarlo, va beh, avrei potuto ma…e poi ho iniziato a combattere in taglia Media, perché io mi ero teletrasportato in un tunnel e avevo sfruttato tutte le cose ambientali possibili perché, devo dirlo, questo robo ti soffiava e invecchiavi, sostanzialmente. Comunque, si, per farti capire che la cosa era andata a dei livelli che magari ci divertivamo anche per i combattimenti , però…era difficile da gestire e alla fine è saltato tutto, anche per motivi personali, tra virgolette…Però non mi ricordo come…ah si, la mia campagna, appunto, avevo questi giocatori e c’era qualcun altro, ma avrà giocato una volta e poi avrà smesso…cose così …ehhh…e si, appunto , c’era Barnaba che faceva vaccate, nel senso che ha passato più tempo in prigione e il tizio che gestiva la giustizia era suo padre , che non fuori…ehm…Alvise , una volta, come ti stavo dicendo, io stavo seguendo due giocatrici, gli ho fatto una cosa proprio base, per farle capire proprio le cose che potevano fare…ehm , nella campagna , perché loro non sapevano proprio

188 mai che cosa fare e si trovavano smarrite. Allora ho iniziato a fare delle cose tipo: “Reagite in modo naturale, pensate a cosa potete fare e io vi aiuto su come funzionano le regole, così lo capite “ e io nel frattempo avevo scritto un’altra roba per gli altri due giocatori , in modo tale da tenerli impegnati con la giocata. E’ venuto fuori che : quello che avevo scritto per loro , per fartela stringata, era che dei coboldi che erano nella zona avevano rubato un libro insieme a delle altre cose all’alchimista locale, che poteva essere pericoloso perché erano dei veleni e … appunto andava recuperato e c’erano tutte le cose per cercarli, combatterli o risolvere in qualche altro modo…bla bla bla…solo dopo ho scoperto che , sostanzialmente, quel combatti…cioè…quella roba è diventato che ehm, un qualche, cioè c’è in mezzo un ladro barra assassino epico…ehm..che si era messo in mezzo perché voleva questo libro, l’ha fatto rubare…cos…cioè, perché? Da dove è venuto fuori? Era proprio necessario? Mi son trovato pezzi di trama , di cose incredibili, che non erano per niente bilanciate con niente…

I: Questo perché c’era anche Alvise che…amministrava, quindi…

Dario: Si, appunto…Ha aggiunto queste cose in modo assolutamente arbitrario; non mi ha neanche detto niente e soprattutto, mi son trovato un po’ così perché erano anche delle cose eccessive e che non avevo nessun…cioè, perché diavolo in un…in quel paese in particolare , che vabbè, c’è anche un problema in più , ma non te lo posso spiegare, è arrivato un ladro epico, praticamente impercettibile, ehm…bla bla bla bla bla bla…soltanto perché voleva fare il personaggio figo davanti a Barnaba e… va beh…mmm, e…si, sostanzialmente, questo mi ha creato dei problemi: un’altra volta, io stavo gestendo due , lui ha… due/tre giocatori, lui ha seguito Barnaba e alla fine ho scoperto che aveva praticamente ha proposto di fare qualcosa come un hangover,ehm…in cui ci si sveglia ed è successo un casino epico eccetera e , sostanzialmente , ho scoperto un paio di giocate dopo che lui l’ha fatto tipo a Barnaba, che loro attualmente non potevano per dei motivi proprio della trama lasciare il paese e ho scoperto che lui era andato in un paese a caso chissà dove, c’è un paesino vicino, più grande ehm… ed erano successe cose: è arrivato un nano da fuori…boh…io non sapevo niente e capisci che dopo un paio di volte di questa roba, non si è più andato avanti, sostanzialmente . La mia partita attuale, l’ho proprio ricominciata , nel senso che quando sono arrivati i giocatori , è stato proprio fatto la intro di nuovo anche perché sono cambiati i giocatori più che altro. Non fossero cambiati , avrei anche continuato , ma erano cambiati i giocatori e quindi ho rifatto l’intro, ehm… si è … si sono verificati in modo diverso alcuni episodi, nel senso che sono completamente cambiate le dinamiche e anche i motivi, ma alcune cose erano rimaste, perché alla fine era la stessa campagna. Ehm…e dopo di che si è sviluppata in modo tutto nuovo, perché nel frattempo ho aggiunto molte cose: questo è stato interessante perché è stata un’esperienza che , credo, non succeda molto spesso di fare…eh…e secondo me avrebbe potuto funzionare , ma…ci voleva più collaborazione , tutto qua. Una cosa che mi è sempre interessata fare sarebbe masterizzare con una ragazza, perché si potrebbero fare due parti

189 in modo più genuino, ehm…senza che ne so, mettere a disagio il personaggio, perché…cioè, avere una reazione poco spontanea di disagio del personaggio, perché vieni rimorchiato da un personaggio femminile, ruolato da un suo amico ( Risata ) o cose del genere. Prenderei dell’altro succo…

I: Eh si, non sarebbe male.

Dario: per certe cose credo di essere andato anche fuori…cioè , ho risposto immagino, come volevi…

I: no no, tranquillo, cioè , puoi rispondere come vuoi , anzi , è un bene che tu parli, più parli e meglio è...eh…invece, l’esperienza proprio come player, pg, magari è anche più semplice ; l’hai iniziata anche prima, l’hai continuata poi. Da quant’è che giochi?

Dario: Devo dire che non so bene da quanti anni. Devo fare un conto , perché sarà stato…dai , presumo diciassette? Anni ? Quindi , ora ne ho ventiquattro, sono almeno sette…sette/otto anni, in teoria. Ehm…allora, la mia prima…devo dire che ho provato alcune volte in modo così, molto sporadico, nel senso che una volta è capitato di giocare, masterizzato da un mio amico con degli amici di un altro sostanzialmente e abbiamo giocato una volta, nel senso che era un gruppo che non aveva nessun futuro e abbiamo fatto una partita. E’ stato divertente , perché quasi tutto quello che abbiamo giocato, in realtà, è stato fra me e questo dei miei amici , perché io avevo un elfo druido e non ho mai giocato. Lui aveva…no scusa…si avevo un elfo druido, lui aveva un nano guerriero e visto che tendenzialmente noi un po’ ci punzecchiamo o io punzecchio lui, lo ammetto. Ehm…la scena è stata questa: siamo entrati casualmente dalla stessa porta della città, lui era più avanti e ho visto un nano. Gli elfi odiano i nani, ok? Ho tentato di derubarlo. Il punto è che, io sono un druido , quindi ho fatto un tiro da schifo. Lui è un guerriero e ha tentato di ribaltarmi, mi ha preso la mano per tirarmi avanti. Il punto è che ha fatto una prova di forza infima e quindi non c’è riuscito. A quel punto abbiamo iniziato a combattere , è arrivato il Dungeon Master, sostanzialmente , mentre stavamo sfasciando una taverna, tentando di saccagnarci, con un paladino e ci ha messi sull’ordine. Alla fine è successo poco altro, dopo questa partita. E’ stato però divertente. Un po’ dopo, suppongo, non mi ricordo quando, ho convinto Mula, cioè ero interessato, Mula l’ha visto e mi ha proposto di fare un attimo una partita io e Alvise e quest’altro mio amico , che però ha giocato una volta e fine anche a questa; ci ha provato , ma non gli piaceva tanto Dungeons&Dragons,ehm…una partita in cui c’erano dei vampiri eccetera …io avevo continuato con un druido soltanto perché mi piaceva e…alla fine abbiamo giocato un paio di partite…è stato molto al basso livello, però è stato abbastanza carino; siamo stati al due/tre tipo…ehm, ancora oggi abbiamo una reminescenza di quella partita che si ripropone nei momenti di scazzo , perché l’ultima volta che ha giocato questo mio amico, io ho

190 evocato un coniglio bianco , che avevo fatto in modo che avesse un aspetto un po’ demoniaco, un po’ pericoloso e gli avevamo detto che avevamo visto un coniglio demoniaco correre in quella direzione. Sostanzialmente, lui era un paladino, un paladino biondo che si chiamava Ivy….mm…capisci perché lo abbiamo preso in giro…e a quel punto…e ogni tanto capita che nei mondi si aprono dei portali, si vede uscire un coniglio inseguito da un paladino, poi un altro portale e scompare ( Risate ).

I: Questo sempre con la 3.5?

Dario: Si.

I: Non avete mai cambiato ?

Dario: No, no. Abbiamo usato, per carità, delle cose un po’ della 3 in mezzo, ma non le regole. E…

I: Poi la 3 non è che sia così…è sempre la stessa…

Dario:Diversa , infatti…E’ che la 3.5 ci piace sinceramente, perché conoscendo un po’ delle altre… per la quantità massiva di…di varietà che c’è di…di tutto, di classi, razze eh…dinamiche , regole, in modo che si possa creare quasi qualsiasi cosa in modo abbastanza realistico. Invece , magari in quelle più vecchie, è vero che è un po’ più da ruolo, però le regole tendono ad essere poco rispondenti alla realtà a un certo punto e quindi tutto sommato ci piace di più questa: probabilmente la continueremo, penso, in modo sempiterno. Ci hanno parlato un po’ della cinque, ma a me fa abbastanza ridere da come me l’hanno descritta , perché sono delle regole che , tra virgolette, ti spingono …cioè, sembrano fatte per spingerti a ruolare . Il punto è che, cioè…dovrebbe venire da te ruolare…hai tipo delle regole che , ho visto, abbastanza semplicistiche per molte cose; anche i personaggi sono molto vari se non per queste due/tre cose che influenzano dalla trama.

I:Gli archetipi, in pratica. Cioè tu scegli un personaggio , però poi hai delle scelte obbligate ed è molto costrittivo come cosa…si è vero…adesso io non l’ho letta tanto effettivamente… Dario: non l’ho letta tanto neanche io. Me l’hanno spiegata, ma sembra avere un metodo abbastanza chiuso per darti delle varietà di, cioè , delle regole interpretative…nel senso, magari il tuo personaggio ha questo tratto e quindi si comporterà…dovrà comportarsi in quel modo per avere bonus o chissà cos’altro e tutte cose del genere che però…sono limitative , nel senso che non rispondono affatto al comportamento di un personaggio. Un personaggio di D&D ha tendenzialmente delle cose un po’ strane…il fatto di tornare in vita ,la magia e dinamiche del genere, tendono a fare avere alle persone dei comportamenti poco naturali per noi. Uno ha delle regole che ti impongono di

191 comportarti in un certo modo, sono ancora più ridicole, alla fine…e quindi penso proseguiremo con questa, anche perché ormai l’abbiamo imparata, nel senso…e…si, come giocatore ho continuato dopo quella…non mi ricordo se ho iniziato prima quella di…si, ho iniziato prima quella di Barnaba, perché aveva una campagna da giocatore che aveva giocato di più rispetto a tutti gli altri a quel tempo, e… aveva una campagna che però…e da qui viene il problema della campagna di Alvise, perché Alvise tende a molto idolatrare Barnaba e la campagna di Barnaba sostanzialmente, erano grandissimi accadimenti, cose epiche che succedevano e noi alla fine eravamo i poveri coglioni in mezzo , perché secondo lui non c’era un modo di far progredire , cioè a livelli…se dal livello uno al livello venti, non aveva senso che …dopo il mondo, comparissero all’improvviso personaggi epici eccetera…allora di modi ce ne sono moltissimi, basta ingegnarsi: è una scelta pigra e quindi c’erano automaticamente un sacco di personaggi epici che ci finivano in mezzo ai coglioni; ma il punto è che noi avevamo sempre problemi…ehm, era interessante per certi versi, perché c’era una mitologia un po’ indiana, nordica mischiate: è una cosa figa. Ma, proprio noi eravamo delle nullità, alla fine, anche a livelli alti eravamo sempre…ehm, che non potevamo far molto. E avevo un assassino. Il punto è che era stato fatto da culo , nel senso che era stato il primo personaggio che avevo fatto io; mi aveva dato dei consigli Mula . Il punto è che l’ho multi classato in modo eccessivo ed era inutile. Era un drow oltretutto…ehm…un attimo, scusa…e niente , appunto, oltre a Ragnarok eccetera, ci divertivamo anche…il punto è che , si, come dicevo, era difficile venirne fuori. Poi ho giocato appunto la campagna di Mula e il primo personaggio della sua campagna in realtà non conta neanche, perché è durato tipo mezz’ora. Sostanzialmente, ho fatto un mago che aveva avuto un brutto episodio con una succube…ehmm…anzi , non proprio una succube , in effetti, sembrava una succube, ma probabilmente era quello che sembrava un grosso scimmione, solo trasformato in umano…

I: Un Nelfeshnaee…

Dario: Si, esatto, non ricordo bene la pronuncia. Cioè, il personaggio del...di Barnaba che sostanzialmente, stava rompendo troppo e ho iniziato a litigarci e alla fine è finito che il mio personaggio è finito in mare morto, perché era un mago che non ho mai giocato…( Interruzione causata da breve spostamento nello studio al piano inferiore ).

Dario: Cos’era rimasto…si, ho giocato la campagna di Mula e dopo questo mago sostanzialmente, loro stavano andando in una nazione…ehm…Albion, dove la natura era fottuta completamente r10 dall’industria, e il mio era un druido che tentava di , ehm…rivalersi su questa cosa. Si sono incontrati distruggendo una sorta di Pyros …non so se conosci quelli di Final Fantasy e …ehm…anzi, no, forse eravamo scampati a un Beholder, addirittura…va beh,mmm. E sostanzialmente, da lì ho giocato il mio personaggio, alla fine…a parte queste brevi giocate , che alla fine si parla di tre , quattro giocate,

192 poco più…ehhh… io sono probabilmente il giocatore più longevo per personaggi, nel senso che io a conti fatti, in quella campagna ho avuto solo due personaggi, e uno è morto, tra virgolette, per mia scelta , nel senso che, aveva un piano per sopravvivere, io non avevo avuto occasione di spiegarlo a Mula, ehmmm…e alla fine, è diciamo sopravvissuto , ma senza che nessun altro lo sapesse e se fosse morto il personaggio dopo avrei potuto rigiocarlo, ma non è stato necessario perché il personaggio dopo era il Mindflayer…ehm…e appunto è stato un druido che…mmm…era interessante. Era la prima volta che giocavo il druido dei portali, non sono riuscito neanche a portarlo in realtà…l’avevo appena imparata la magia dei druidi dei portali quindi non avevo ancora l’effetto più…più figo , quello del secondo livello e, sostanzialmente, è morto combattendo da solo, l’intero party di assassini tra cui uno epico che c’era stato mandato per ucciderci, mentre gli altri si occupavano di un altro nemico così, ma una distrazione…io gli ho mandato un solar, ho evocato un solar per andare ad aiutarli in modo che venissero dopo loro, mentre io li tenevo a bada , per farti capire, e …il problema è che il barbaro aveva un personaggio che era mezzo immondo e ha dovuto rompere il cazzo cacciando…esiliando il mio solar, che era lì per aiutarlo, cioè, tiene un grado sfida ventuno, ventirè, cosa…ventuno mi pare che sia questo solar. Tiene un grado sfida ventuno “Sono qui per aiutarvi” a una creatura immonda e …niente , alla fine il mio personaggio s’è…probabilmente avrebbe anche vinto, perché era un mago , una chierica e un assassino, ma proprio un mostro epico di quelli di basso livello , però…ehm, che è una sorta di assassino…ehmm…purtroppo sapeva anche qualche incantesimo epico quello. Quindi il mio personaggio era forte , perché era estremamente buffato. Ho quasi ucciso il mago, in un combattimento aereo incredibile, cadendo anche all’ingiù, tipo , a un certo punto avevo steso la chierica perché gli avevo fatto cadere in testa un cubo di tre metri di legno e l’avevo fatta schiantare a terra . Il tutto mentre combattevo con un elementale dell’aria che mi faceva da scudo. Cose del genere. Alla fine, il problema era che il mago era quasi morto, però s’è ritirato facendo da supporto agli altri. La chierica ha fatto un campo antimagia e mi è saltata addosso. Sarebbe andato tutto bene, se non fosse che gli incantesimi epici funzionano nei campi di antimagia , quindi mi son beccato un incantesimo di morte che ho anche quasi passato ,ehm…con un campo antimagia è impossibile passarlo e…o quasi , insomma. E si, il mio personaggio è morto e quelli erano della Garrota , quindi hanno un modo nel non farti tornare in vita. Io avevo il mio metodo di sopravvivere sostanzialmente, che avevo un artefice che lavorava per me: avevo fatto fare un apparato non magico, che se le mie funzioni vitali si fermavano , esplodeva in modo da distruggere il mio corpo e…gli oggetti erano tutti marchiati personalmente da lei per poterli rievocare. La mia…la mia gregaria era un artefice. Era il primo artefice che abbiamo messo nelle campagne, ehm… sarebbe anche stata ben disposta, non fosse che uno dei miei collaboratori , appena l’abbiamo incontrata e liberata da uno scienziato pazzo l’ha stuprata. Ed era una femmina. Era una chierica di Bacco. L’ha praticamente violentata , ma vabbè…fatto sta che questa qua mi aveva comunque, aveva accettato comunque di lavorare per me. Il punto è che era abbastanza incazzata nera, e tipo , era avida come

193 non mai: praticamente , passava il tempo sulla mia nave , vivendo del lusso delle mie cose, ma intanto mi costruiva bombe e simili e , si , appunto avevo questo piano di fuga e avrebbe funzionato . Il punto è che , tra una cosa e l’altra , il nostro…la cosa è andata un attimo nel dimenticatoio, finchè non gliel’ho detto dopo, ma era un piano che avevo già programmato e ha detto che se avessi avuto voglia di giocare con quel personaggio avrei potuto. Effettivamente credo che un giocatore l’abbia incontrato , che o coltivava dell’erba in mezzo alle pianure selvagge , ma va bene… ( risata ). Perché era un druido bardo di un collegio di druidi bardi , sostanzialmente e Mula continua a dire che sono dei fattoni, perché effettivamente è un college, tecnicamente, curato da druidi bardi. Il punto è che in realtà sarebbero gli insegnanti dei re ehm…le spie e i diplomatici migliori al mondo, però…e …si, morto quello , sostanzialmente , ho giocato il Mindflayer che doveva essere un malvagio , cosa interessante, solo che aveva…era un po’ così come malvagio, perché tecnicamente i mindflayer sostituiscono la memoria dell’ospite. Il mio aveva ancora qualche reminescenza di sentimenti , eccetera e questo gli creava da una parte fastidio , dall’altra confusione e soprattutto non doveva farlo scoprire ai suoi superiori,ehm…il problema è che ho passato così tanti…cioè dovevo far finta di non essere malvagio e tenermi le cose per dopo , per quando nessuno mi vedeva. Il problema è che non c’era mai possibilità di fare cose in solitaria , tra virgolette, e passavo così tanto tempo ad evitare che il mondo venisse distrutto dai personaggi tecnicamente non malvagi o neutrali, non malvagi, ma in ogni caso dagli altri giocatori che tecnicamente dovevo spiare , eccetera…che alla fine il mio personaggio ha lasciato stare ogni finzione; è diventato neutrale, perché a quel punto era un neutrale e …( risata )…ed è cambiata un po’ la situazione: era uno stronzo , ma voleva salvare l’universo. Perché, cazzo, se vuoi dominarlo , devi salvarlo. Hai un rakshasa che tenta di far deragliare la realtà, ehm…devi fare qualcosa in merito. Eh, va beh…sostanzialmente, appunto, questo personaggio è cambiato in base agli accadimenti , anche se aveva una natura , in teoria, strettamente malvagia , per farti capire . Boh, si , dopo questa , ho giocato quella attuale con il mio mago che a tutt’ora ha vissuto di più. Cioè, per carità è morto due volte, ma non ha mai lasciato la cosa…no , morto un paio di volte, no…una volta contro gli aboleth, e basta forse…no, forse è morto una volta, ma perché, sostanzialmente, ho lanciato un incantesimo molto potente contro un aboleth; il fatto che un aboleth è arcimago e mi è tornato indietro per il rifletti-incantesimi…e…si, son rimasto congelato in una sfera di ghiaccio puro, sostanzialmente. E i paladini , per fortuna, mi hanno resuscitato a gratis, ma, a parte quello, mi è sempre andata bene, contro ogni pronostico, a volte.

I: Hai mai giocato a qualche altro RPG (Role-playing game) da tavolo ?

Dario: Abbiamo giocato soltanto a fare i personaggi, praticamente , di Call of Cthuluh. Vorremmo giocarci tra un mese e mezzo, probabilmente quando torna mia morosa, perché già da un pezzo avevamo previsto di giocare con lei e la Francesca perché sembravano interessate e già detestano

194 D&D…

I: Già interessare Francesca a queste cose è già abbastanza…

Dario: Eh…mia morosa uguale eh…Purtroppo eh…Sono sicuro che ( e vale anche per me ), che il sogno segreto di Mula è che questo la porti al lato oscuro; il punto è che la Francesca ha giocato un sacco a D&D, quando…a forza, si è fatto andare a forza, quando doveva passare del tempo per forza con Mula…ehm, che non l’ho mai capita questa cosa…cioè, voleva passare il tempo con Mula , mentre lei guardava il calcio e a Mula , lui il calcio fa schifo, quindi si faceva male per stare con lei . Viceversa, lei si faceva volontariamente un male per stare con lui. Alla fine hanno più o meno lasciato stare : sono riuscito a far saltare le partite di calcio a Mula , tranne i Mondiali, perché , sostanzialmente , gli ho fatto notare che Mula porta sfiga all’Inter e avevo solide teorie, cioè solidi dati a sostegno della mia teoria e …no, abbiamo provato a giocare a quello, ma abbiamo fatto solo i personaggi, praticamente, giusto un attimo di introduzione e poco più…

I: Ti sembra più facile o più difficile, da…per ambientarsi rispetto a D&D? D&D, voglio dire, la 3.5, è un po’ pesantuccia…

Dario: Sembrava più semplice, tra virgolette, il punto è che non eravamo entrati in merito alle regole e tutto…ehm, però…ecco, Call of Cthulhu , ad esempio, in teoria , se tu sei arrivato a combattere, hai sbagliato qualcosa. Se continui a combattere , stai sbagliando qualcosa, perché sono delle creature da altri universi che , probabilmente , se le guardi impazzisci o sono immortali o cose del genere . Quindi, non c’è tutta la componente di combattimento , fino a un certo punto. C’è una forte componente di mistero, di intrighi , eccetera, però, manca la parte di combattimento preponderante, per certi versi in D&D: quindi presumo sia più facile; nel senso che , per esempio, noi stavamo giocando dei personaggi nel 1920. Mmm, perché ci sono tre ambientazioni , cioè…tre ambientazioni su Call of Cthulhu, se sai…1840, mi pare, ‘890 che è quando è vissuto Lovecraft. 1920, diciamo , intorno alla prima, tra la prima e la seconda guerra mondiale , diciamo…e poi …

I: Si, lui deve essere morto nel ’27 o nel ’37, mi pare…

Dario:…il tempo attuale , diciamo. Noi abbiamo scelto quella di mezzo, anche se ,col senno di poi, ci piacerà…cioè, ora che ci giocheremo, giocheremo quella dell’890, perché…ehm, diciamo che è più figo, per il fatto che è appena passato un periodo molto più legato ai miti…ehm, in cui la scienza sta nascendo, eccetera…Peccato perché il mio personaggio era un fighissimo Indiana Jones pilota della RAF, ma non importa. La RAF non sarà ancora stata inventata e neanche gli aerei, però va beh…

195 I: Sostazialmente, la cosa interessante è saper chi ti ha introdotto… se c’è qualcuno che, magari per vie traverse, giocando a qualche videogioco. Perché quel che ricordo io è che nel 2002/2003, io giocavo a Neverwinter Nights , ma non sapevo nulla di D&D. Allora, vedo questi miei amici che si interessano. So che lo zio di questo mio amico gioca a D&D. So che in Neverwinter Nights c’è una forte componente di D&D, senza sapere cos’è e mi metto a giocare proprio a livello zero, principiante , senza…mi ricordo ancora, cioè…

Dario: Ti dico, io, per certi versi, ho sempre…mmm…mi son sempre piaciuti i videogiochi e da quello, sempre e soprattutto, andando avanti, mi sono piaciuti i giochi di ruolo, nel senso che tutti i vari giochi di ruolo , mi piacevano un sacco. Però non sapevo ancora di D&D. A un certo punto, anche mia sorella mi ha regalato il manuale del giocatore , il manuale del Dungeon Master, io , non so se hai visto, ne ho due e due, perché mia sorella me li aveva regalati, poi son finiti nel dimenticatoio, perché non avevo nessun amico che sostanzialmente ci …fosse disposto a giocarci, nel senso…ai miei amici non interessava …

I: quando ancora…all’epoca in cui li vendevano, proprio…2003, 2004?

Dario: Si, si…guarda , era quando ero in seconda superiore , suppongo, quindi si parla di diec’anni fa. E…si, 2005, 2006, credo. E , appunto, i miei amici , non erano interessati, non conoscevo… premetto che in quel periodo non avevo particolari amicizie a parte loro, perché ero appena uscito da un’estate di World of Warcraft, in cui avevo giocato così tanto, da dire: “Mai più!”. Per farti capire…i giochi di ruolo mi piacciono, vedi …( risata ). Avevo giocato così tanto che ho detto: “Mai più”, ho chiamato dei miei vecchi amici delle medie , ci siamo rivisti, perché i primi due anni delle superiori, si…io sono andato al liceo artistico i primi due anni …ehm, li fai con una classe, poi ti smistano per l’argomento che vuoi. Quando mi hanno smistato di classe, sostanzialmente, appunto, ho cercato i miei amici e alla fine li ho ritrovati dopo degli anni e abbiamo iniziato a giocare ad Halo. Abbiamo ricominciato a uscire e da lì tutto il resto. Il problema è che non conoscevo nessuno che giocasse a D&D. Dopo ho conosciuto tramite loro, appunto , la Camilla, dopo quello Barnaba , poi da loro Mula, ehm…e via via , ho scoperto che loro ci giocavano e ho pensato di provare , cioè di provare in realtà. Il punto è che non trovavo più i miei manuali, quando ho iniziato a giocare seriamente , al che li ho ricomprati di mio e…a San Barnaba , oltre tutto, ma non all’”Isola che non c’è”, perché era…

I: forse non c’è più …

Dario:Si, no, l’isola che non c’è , è quella cartoleria barra giocattoleria barra quello che diventa in

196 base al periodo ad angolo di Calle lunga San Barnaba, accanto a Grom, sostanzialmente, sull’angolo, proprio verso Calle lunga; Lì…

I : Avevano dadi , oggettistica per rpg?

Dario: Poco e niente ; è passato un periodo in cui avevano i giochi , poi giochi/cartoleria, poi cartoleria, poi ha riavuto un po’ di giochi ; adesso ha fatto tutto tipo arte.

I: eh si, cioè, ero andato a comprare un dado l’altro giorno e c’era il tizio, sai quello barba folta, panciotto…

Dario: Lui è un giocatore di D&D molto…

I: mi fa : “Ma, che versione giochi? La 3.5? No, noi siamo ancora alla Advanced , cioè proprio anni ’80 al massimo.

Dario: Parla l’elfico!

I: Ok…

Dario: Ehm…c’erano delle varie battute su lui e la sua ragazza, che sostanzialmente , si dicevano cose sconce in elfico, probabilmente,ehm…non sono sicuro fosse così, ma mi era stata riportata la cosa , eccetera. Si, no è simpatico Nazareno , però, a parte è un po’ strano. Mia sorella mi riferisce che c’è stato un periodo, quando andava lei al liceo artistico che aveva un’unghia lunga così…una cosa del…del mignolo, boh…ed era strambissimo. Lo è sempre stato eh…però lui ne sa abbastanza; aveva tantissimi giochi da tavolo, purtroppo adesso ha solo arte tipo, che a me fa piacere, però…cioè, il punto è che di cose di arte ce n’erano già, anche soprattutto in zona a Venezia, ormai uno che vuole giocare un rpg deve trovare il Necronomicon, sgozzare un essere umano, evocare Cthulhu e chiedergli di dargli giù i manuali.

I: Anche perché i manuali di D&D o te li scarichi…se no costano duecentonovanta euro…

Dario: Eh si, perché ormai non sono più in vendita. Io ho tentato , quando hanno smesso di produrli di comprare il , perché mi piaceva un sacco per le immagini, ma l’avevano smesso di produrre prima di altri manuali e non ci sono… I: In fiera l’ho trovato a duecento euro, più o meno.

197 Dario: Per forza, perché, magari, se sono in buone condizioni, li vendi come l’oro, a peso d’oro. Io: I miei sono praticamente sventrati; li abbiamo giocati…

Dario: Beh, hai visto i miei?

I: Cioè, voglio dire…avevo un amico che li sbatteva sul tavolo, ogni volta bestemmiavo…

Dario: Hai visto come passano i miei manuali? Soprattutto la Sofia. La Sofia è uno degli esseri umani più goffi di sempre: noi usiamo il modo di dire :”Hai fatto una Sofiata”, che significa fare una cosa goffa al danno di equipaggiamento di D&D, cioè schede , manuali, eccetera…perché le sue schede sono , r16 tendenzialmente , strappate, macchiate, bagnate , eccetera…Io, l’ultima volta che gliene ho data una, c’ha appoggiato sopra un piatto, con sopra il kebab, puttana Eva, non c’era scritto sopra niente, non l’ha fatto apposta. Non lo ha fatto con cattiveria, ma ha questo…non so , ha qualcosa dentro di sé che odia l’equipaggiamento da D&D, per farti capire…

I: Ma no, è che è tutto un po’ un casino, quando si è lì…

Dario: Si , ma sempre. Io vorrei poter organizzare un po’ meglio, ma il posto qui è quello che è… sarebbe anche ideale , ma il discorso del bagno, il discorso dei frighi eccetera, è un po’ di difficoltà.

Intervista del 27-9-16 . Casa di Dario . Ore 15:05 ca.

I: C’è qualche episodio che ti rimanga in mente , in cui , non so, hai dovuto…ehm, giostrare delle situazioni abbastanza scomode, oppure degli episodi divertenti che tu ricordi?

Dario: Nel senso situazioni scomode in gioco?

I: Si, anche in-game.

198 Dario: Mmm, vediamo. Allora, di sicuro nella campagna di Mula son le cose, diciamo, più incasinate che abbiamo dovuto giostrare, vediamo, fammi pensare un attimo. Mmm, ok…Perché ce ne sono sia nella vecchia versione , che in quella nuova della campagna. Ehm, darei forse priorità a quella più nuova , quindi, mmm, intendi come situazione : affrontare qualche difficoltà particolarmente o cosa, o trovare soluzioni in modo più…

I: Si, un episodio che ti ricordi , magari per le soluzioni originali trovate o semplicemente perché era divertente, oppure, non so, ha suscitato il vostro interesse e ve lo ricordate tutt’ora, a volte lo narrate.

Dario: Beh , le cose più divertenti di solito, cono quelle più leggere, tipo, che ne so, una volta ( me lo ricordo anche perché è stato proprio, praticamente la prima volta che ho giocato davvero; ne avevo giocato un’altra , ma non era molto rilevante , nel senso che la prima volta che ho giocato è stato con un mio amico e dei suoi compagni di classe e un altro mio amico come master e , tipo, quasi tutta la giocata è stata : Io e questo qua , con cui spesso mi punzecchiavo negli anni, perché , sostanzialmente, il mio è un elfo druido , il suo è un nano guerriero. Siamo entrati dalla stessa porta, io ero dietro ; lo r8 conoscevo , ma ho detto: “ Ah, i nani…eh, gli elfi odiano i nani, perfetto, derubiamolo!”, proprio così, senza sapere che cazzo stessi facendo. Ho fatto una cosa per derubarlo , ovviamente lui mi ha sgamato subito e c’è questa scena in cui mi ha preso tipo per il braccio per tirarmi avanti e buttarmi a terra e però lui ha fatto tipo un due , tre in forza e io avevo fatto un tiro alto, quindi c’era stata ‘sta cosa: un elfo non ladro che tenta di derubare un nano guerriero che non riesce a ribaltarlo e quella scena è stata abbastanza divertente. Ha condotto a una lite in taverna che abbiamo sfasciato praticamente , finchè non è entrato il master che stava ruolando un paladino estremamente gigionesco a pontificare sul, sul fatto che non dovevamo lottare , eccetera e ci ha acquietati a balestrate, ma senza atteggiamenti r16 assassini, insomma). Invece , quello di cui parlavo prima, è sempre questo filo qua; soltanto che Mula aveva fatto una campagna così, di prova , per me e Alvise per insegnarci a giocare. Una volta ha giocato anche questo nostro amico e si era fatto questo paladino, per qualche motivo, biondo eccetera, per qualche motivo l’aveva chiamato Ivy. Non lo so, va bene [risate in sottofondo]. Eh, tipo, io avevo sempre giocato un druido, anche quella volta, ehm…[risata di Dario] l’abbiamo, tipo, c’era un coniglio , abbiamo preso un coniglio, lo abbiamo, diciamo, ehm, gli ho fatto venire fuori gli occhi rossi, siamo riusciti a ingannarlo e lo abbiamo convinto che fosse un demone. A quel punto, tipo, è partito in quarta inseguendolo e , tipo, ancora oggi, ogni tanto, quando c’è qualche momento che…in cui ci sta come scena, dato che abbiamo visto più o meno di tutto, si apre un portale con un coniglio seguito da un paladino che ricompare dopo poco. Questo probabilmente l’aneddoto che si ripropone più spesso proprio per la sua facilità a inserirlo nelle cose. Mentre , e poi , va beh, ci sono sempre situazioni divertenti. È che ce ne son tante, si confondono anche tra loro , alla fine, mentre situazioni difficili, beh , da mago quasi sempre, devo provare ad avere idee,

199 diciamo,mmm... fantasiose per sbarcare la giornata,ehm, quindi si, non ce n’è una in particolare; diciamo che una di quelle in cui ho avuto più problemi, perché ci siamo fatti demoralizzare di brutto all’inizio, per la batosta che avevamo preso come approccio al combattimento, è stata un’imboscata da parte di alcuni…di una banda di vampiri che ci voleva assassinare , sostanzialmente, perché eravamo troppo scomodi e ci hanno dato una bella batosta all’inizio, soltanto che ,appunto, l’unica cosa che stavamo facendo di proficuo era continuare a far notare che erano troppo forti, solo che non c’abbiamo riflettuto bene. Alla fine li abbiamo anche sconfitti. Purtroppo, sono riusciti a scappare , perché sai che i vampiri diventano polvere , cioè nebbia e scappano via e avevano un piano di fuga i bastardi. Però, si, siamo riusciti a vincere praticamente su tutta la linea, a parte il fatto che …. E lì si, ho dovuto inventarmene parecchie, perché ,ehm, il campo di battaglia era un casino, avevano due incantatori che continuavano a contro incantare, quindi non riuscivamo a lanciare niente,ehm, di incantesimi; ho dovuto nascondermi dietro una statua,ehm, tipo, sfruttare nebbia , evocazioni,ehm, abbiamo dovuto anche collaborare molto, cioè io, ad esempio la nebbia l’avevo lanciata per occultare i combattenti, ehm…e allo stesso tempo ho dovuto gestire anche un’altra incantatrice che avevamo appena trovato, non sapeva combattere,ehm , però era molto potente che ha evocato , ad esempio, un solar che ci ha aiutati. Ehm, tipo , era un’incantatrice molto potente , ma che non aveva mai combattuto un giorno della sua vita, praticamente. Ehm, si, appunto, lì è stato un po’ difficile perché il party era composto da due ladri,ehm, un berserk, cioè, si , un barbaro vampiro che è quello più forte, un chierico e un mago, cioè uno stregone, che quindi potevano andare avanti a disincantare, cioè contro incantare fino alla fine dei tempi e , si , lì è stato un po’ un casotto. r6 Vediamo, eh, potrei tentare di ricostruire quello che è successo come incanta…come combattimento, se può essere utile. Ehm, allora, sostanzialmente, stavamo uscendo da una sorta di cassaforte, che era anche un piano a parte, e non si poteva uscire tutti subito, quindi i primi, ehm … il nostro aveva appena recuperato un oggetto particolare che era una spada, un artefatto di una spada , che era anche il filatterio di un draco-lich e che tutti volevano perché significava avere una carta contro uno dei non morti più potenti del piano. Eh, loro volevano la spada, quindi c’hanno subito , appena siamo arrivati, eh, usciti, praticamente, a parte, attaccato e tirato una bella botta, insomma, di danni con i ladri , ma ci hanno anche lanciato delle ancore dimensionali in modo che non potessimo squagliarcela e ne hanno lanciato una sia sul portatore della spada, che per fortuna era un nostro, praticamente, il nostro, come posso dire, è un…un warlock, ma è una build particolare , per cui praticamente è pseudo invulnerabile, nel senso che è un piccolo tank per quasi tutto, però non è un combattente, cioè dalle retrovie , però , si è fatto un personaggio estremamente difensivo, quindi abbiamo avuto fortuna da quel punto di vista e praticamente,ehm, il nostro obiettivo era o tentare di fare uscire la spada in modo che , magari , r19 riuscissimo a farla scappare e magari la inseguissero oppure massacrarli, alla fine abbiamo avuto fortuna che , tra virgolette, la partita è finita, la giocata era finita, a un certo punto, all’inizio del combattimento e siamo un attimo riusciti a riordinare le idee per il combattimento,

200 capendo che non era proprio impossibile farcela e alla fine io ero più sul : “ Ok, nuclearizziamo questi bastardi!”. Ehm, uno degli incantesimi più utili in quel caso erano da parte mia Disintegrazione e Splitter Ray che , praticamente , contro i non morti è una sanata, perché Disintegrazione molto spesso lo falliscono non avendo la Tempra e … per esempio, i ladri o lo stregone non avevano neanche livelli di classe tanto, quindi avrei potuto tranquillamente sfracellarli. Non mi ricordo se a quel livello l’avessi già Splitter Ray, di sicuro l’avevo normale e ne avevo almeno un paio . Però non mi ricordo se ce l’avevo doppio. Avevo combattuto tanto prima, quindi le avevo usate un paio di cose. Mentre il nostro chierico cose tipo: un incantesimo che poi abbiamo scoperto che ce l’ha solo il mago , ma non importa. Ehm, è un’esplosione a diciotto metri che fa danni aumentati ai non morti, in particolare a quelli deboli alla luce, quindi, tipo, era una nuclearizzazione, da quel punto di vista. In realtà, per esempio, il chierico, le cose più utili che ha fatto è stato a un certo punto, visto che noi ci eravamo spostati dietro le statue, perché gli incantatori si erano spostati , quelli che tentavano di bloccarci e il chierico è riuscito a bloccarne uno dentro a … ehm, barriera di lame e l’altro gliel’ha proprio tirata addosso. E , quindi, gli abbiamo tirato, quella è una bella batosta , perché non hanno tanta vita . è questo il loro punto debole. Ehm, [canticchiando] si, comunque, per tornare al discorso di prima , bene o male siamo arrivati là, ci hanno inchiodati lì con le ancore dimensionali e, a quel punto, all’inizio abbiamo tentato di incantare , buttando a fare in culo degli incantesimi , perché c’erano questi qua che erano nascosti , non li abbiamo proprio visti, che ci hanno bruciato degli incantesimi. Ehm, la berserk ha tirato un’andata di danni molto, molto grossa al nostro… non ricordo se al tank appunto, sul nostro berserk, oppure ha tentato di attaccare il portatore della spada, che , appunto è Alvise. Mmm, a quel punto c’è stato un po’ di disordine perché quello con la spada ad esempio si è spostato per scappare . Io mi ero spostato un po’ in alto per non essere attaccato dai combattenti e …e ho lanciato un incantesimo. Purtroppo, i vampiri riuscivano anche a camminare sul muro, per cui un po’ sono riusciti ad attaccarmi, infatti mi pare che un ladro avesse tentato di colpirmi o ci fosse anche riuscito, ma non con grandi risultati, voglio dire , perché un attacco non basta a darmi pena, anche perché il mio mago è stranamente robusto, c’aveva quattro in costituzione con…o qua…no cinque con l’oggetto, aveva due di base, o due o tre, no tre , perché ho adesso un più due per la cosa , quindi, si , di vita ne ho. Cioè, ho quasi duecento punti ferita adesso che siamo al venti. Comunque, si , io ad esempio lì ho dovuto lavorare estremamente come controller del campo di battaglia, più che come attacchi fisici, cioè il mio è un invocatore , principalmente, come specializzazione, cioè, non specializzazione : ha gli incantesimi focalizzati , sai che l’arcimago deve avere due incantesimi focalizzati e quindi avevo invocazione come sempre e trasmutazione, che sono quelle che ne giovano di più. Eh, si , appunto, ho lanciato nebbie solide per limitare i movimenti e a un certo punto mi pare ci fosse anche una fossa, ci fosse stata una fossa , tipo un incantesimo che avesse fatto un buco; non mi ricordo chi l’avesse fatto , non doveva essere opera mia. Ehm, c’era una parte del campo di battaglia che non era propriamente sicura , perché c’era una fontana che non si sapeva che cazzo

201 facesse, cioè … quindi non veniva considerato come luogo sicuro dove stare e quindi quella zona del combattimento era un po’ problematica. Quando ho , tra virgolette, stabilizzato le condizioni lì, mi sono concentrato più sugli incantatori, perché se continuavano a fare quel cazzo che volevano , avremmo avuto problemi. I ladri non mi ricordo chi se ne sia occupato. Eh, c’è stato un momento in cui ho aiutato contro i ladri perché avendo l’arcimago posso lanciare incantesimi senza beccare alcune persone, cioè beccare le persone e ho dovuto, cioè, ho, eh… cioè questa scena, era un momento in cui , tipo, statua, eh, il nostro portatore della spada era tipo vicino alla statua, il nostro chierico, credo , stava combattendo contro i vampiri e c’erano i due ladri e anche la berserk che tentavano di attaccarlo, a quel punto io gli ho mandato un’andata per,ehm, togliere molta vita soprattutto ai ladri, perché la berserk ne aveva un casino, anche se era una… anche perché i bastardi si erano riempiti un sacco di sangue e quindi avevano tantissimi punti ferita temporanei. Questo è stato un po’ una fregatura. Ehm, si quella situazione abbiamo abbastanza rischiato le chiappe, perché abbiamo , eh … siamo arrivati abbastanza in fondo, abbastanza malmessi. Durante il combattimento ho dovuto consigliare all’incantatrice che aveva evocato il solar di far riportare in vita il berserk, mi pare [ risata ], o curarlo non mi ricordo, fatto sta che c’è stato questo … si, deve avere usato un desiderio di un solar per salvarci il combattente e … mmm, si , alla fine siamo riusciti pian piano ad eliminare uno dei … lo stregone o il chierico non mi ricordo. Prima il chierico, soprattutto io che gli bombardavo a un certo punto . Ehm, poi appunto, lo stregone era messo malissimo , quindi ha tentato di scappare, però quello che portava la spada che era riuscito a smarcarsi dai suoi inseguitori è riuscito a colpirlo e a batterlo mi pare, anche se , appunto, senza problemi a lungo termine e a quel punto c’era questa nebbia in cui il nostro ladro , i due ladri, la berserk , cioè, i due ladri, la nostra berserk, cioè … barbara, la loro barbara, e il nostro ladro combattevano. Io facevo fatica anche a mirare, perché non sapevo… non vedevo dentro e c’è stato ‘sto momento bellissimo in cui il ladro ha rubato le armi , mi pare a entrambi i ladri in due turni. Quindi c’erano due ladri, due berserk [risata], appunto, barbari, a quel punto, credo fossero ancora barbari e sì , quella scena è stata abbastanza divertente , perché , appunto: “Ah! Ti atta … che cazzo?!” .Ehm, alla fine , appunto,siamo riusciti a far fuori i ladri, forse … non mi ricordo se alla fine abbiamo ucciso anche la … la barbara , oppure è scappata via, fatto sta che sono riusciti a squagliarsela e ,anche se abbiam provato a seguirli , non ci siamo riusciti perché avevamo comunque qualche difficoltà in quel momento. Mi pare che appunto , verso la fine, appunto, avessero accoppato la barbara. Mmm, un pezzo un po’ prima che è stato abbastanza divertente è stato noi che siamo entrati in questo laboratorio per , ehm, sostanzialmente, abbiamo dovuto fare un, una sorta di gioco di menti incredibile contro questo qua che era l’incantatore probabilmente più potente della storia o uno dei due più potenti; anzi uno dei due più potenti della storia da quello che sappiamo , per niente ben intenzionato, nel senso che sembra che voglia aiutare a sconfiggere qualche nemico , tipo, probabilmente i mind flayer o chi per, o chi comanda i mind flayer e … [colpo di tosse] e, appunto, hanno … però sembra essere pronto a tutto ;

202 cioè , noi lo vediamo come il fottutamente malvagio come personaggio e… e appunto, lì è stato molto divertente perché , ehm, noi siamo andati, io e Alvise, che era quello che portava la spada prima , o meglio che la porterà dopo , più avanti, siamo andati nel laboratorio con questo qua , mentre gli altri erano rimasti indietro per fare qualcos’altro, ma eravamo rimasti solo noi due come giocatori e abbiamo fatto quel pezzo a parte , e praticamente , siamo stati lì per un tot a tentare di scoprire come funzionava il … ehm, il laboratorio , senza l’ausilio dell’incantatore , perché l’avevamo lasciato dentro una boccia, perché era tipo, dentro un incantesimo che lo, che lo vincolava dentro una boccia di me…, di vetro e lì abbiam fatto un po’ di casini , perché stavamo combattendo, stavamo interfacciando con questo costrutto ed è stato divertente perché…mmm, non è che si potesse , cioè non era propriamente intelligente ; era stato programmato abbastanza bene e quindi … ehm, lì abbiamo scoperto, abbiamo fatto suonare una cosa come trecento e rotte volte l’allarme di tutta la struttura . L’abbiamo scoperto solo dopo. Eh, e il succo era che, sostanzialmente , avevamo ques… mmm, come posso dire, servono un po’ di preamboli. Cioè , questo incantatore , a quanto pare, allora, non lo sapevamo ancora, aveva messo un pezzo della sua anima dentro un, un artefatto nanico, che abbiamo recuperato e che aveva un incantesimo che gli permetteva, tra virgolette, di scrivere questo pezzo di anima su qualcun altro in modo da poterla fare scappare. Purtroppo è successo in un ambiente abbastanza congeniale a lui per fuggire, cioè una città sotterranea di una nazione e… mmm, chiusa da cui non poteva uscire ma , benché fosse nel corpo di una ragazzina e quindi non avesse i suoi incantesimi o altro , aveva comunque le sue conoscenze e si era messo a costruire bombe, praticamente e … abbiamo dovuto fare questa specie di caccia in cui abbiamo scoperto, tipo ventisei bombe che avrebbero sfasciato mezza città e alla fine siamo riusciti a catturarla un po’ per culo, un po’ per abilità e abbiamo scoperto che una parte dell’anima che avevamo già era stata scritta su uno dei nostri, il nostro barbaro ed era sostanzialmente neutrale, an…diciamo che non era d’accordo con il punto di vista dell’incantatore originale , perché tipo , non ne condivideva i ricordi e ha detto anche ,cioè, molto spassionatamente ha descritto che doveva essere un folle o uno stronzo quando era vivo. Poi è stata, in questa ragazzina è stata messa un’altra copia completa, diciamo, e abbiamo, abbiamo ottenuto questa, eh, presenza di due inca … due copie di questo incantatore di cui una nostra alleata, tra virgolette, e l’altra no.

203 Andrea ( 25 anni, studente di psicologia , Venezia)

Intervista 15/7/16 ore 16.30 ca. Casa di Andrea a S.Alvise.

I: Quante campagne stai conducendo attualmente?

Andrea: Ne sto conducendo soltanto una…

I: anche di rpg diversi, non soltanto di D&D.

Andrea: Sempre e solo una , anche se ne ho in programma di condurne un altro paio ,quando avrò un minimo di tempo libero.

I: Di altri rpg o solo di Dungeons & Dragons?

Andrea: Una di Dungeons & Dragons e una di Call of Cthulhu.

I: Quale dei due preferisci , anche rispetto alla tua esperienza , mettiamola così…

Andrea: beh , Call of Cthulhu non ho ancora giocato. In generale, credo che Dungeons & Dragons sia più…apprezzabile sul lungo periodo ,insomma. Penso che abbia più valore di giocabilità; cioè che si possano fare molte più partite senza che le cose inizino a ripetersi. In Call of Cthulhu ci sono molto meno opzioni , per quello che ho visto; ci sono meno storie possibili perché il tema del gioco è in gran parte deciso e…si , però ero curioso di provare.

I: Secondo te che differenza c’è fra un gioco come Dungeons & Dragons e uno più interpretativo,

204 come Call of Chtuluh?

Andrea: Ehm…allora, beh…Dungeons & Dragons è caratterizzato da una…almeno, la 3.5 di Dungeons & Dragons è caratterizzata da una curva d’apprendimento molto lenta e molto difficile, con una quantità di regole spaventosa e ci vuole molto tempo per familiarizzare. Però con queste regole, in sostanza, poi anche l’infinita quantità di mostri e cose che hanno prodotto al riguardo , ti danno un’enorme capacità di combinare per fare delle cose diverse all’interno del gioco come meccaniche e ... ehm, cioè, giochi come Call of Cthulhu, secondo me, che sono più interpretativi e hanno meno meccaniche, ti lasciano una maggiore libertà di fare cose all’interno del gioco, perché , appunto, visto che ci sono meno regole, capita più spesso che il giocatore dica al DM :” Guarda, provo a fare questo “ e che il DM dica sul momento come un po’ funziona quello. Però, secondo me , l’avere così tante…opzioni meccaniche per fare cose nel gioco in realtà aiuta questo tipo di cose a funzionare meglio perché è molto più soddisfacente se il tuo personaggio riesce, che ne so, ad afferrare l’ostaggio, sparare a un contrappeso, afferarsi a una corda ed essere trascinato via , prima che i cattivi possano saltargli addosso, se , effettivamente lo sta facendo nelle regole del gioco, quando così è stato previsto, è stato così astuto da vederle e combinarle, rispetto semplicemente a una cosa puramente descrittiva; cioè, c’è più un senso , secondo me, di risultati ottenuti quando, appunto , tu riesci a battere una sfida , quando hai molti modi per farlo giocando, appunto, effettivamente. Ehm, si , cioè , ho sentito un po’ di gente che mi diceva che in Dungeons & Dragons per come lo giocava, si giocava spesso, c’era poco ruolo, tanto combattimento e un sacco di regole. Mentre , appunto, i giochi come “Vampiri: La mascherata” o “Call of Cthulhu” , tendono a essere molto più centrati sul ruolo, perché , appunto , il combattimento è un sistema meno profondo. Secondo me non è detto che veramente le due cose ( sistema di regole e sistema di ruolo ) debbano rubarsi spazi a vicenda, perché la maggior parte del tempo,ehm…cerco sempre di incentivare quando sono il dungeon master io, i giocatori a trovare soluzioni che funzionino secondo logica, tipo: se si deve convincere un personaggio, cioè un npc , a fare quello che si vuole, non basta andare lì e vincere una prova di diplomazia contro di lui, ma devi anche argomentarla se è una cosa minimamente importante, perché appunto, anche se questo tiro è una guardia che lavora qui da un paio d’anni e tu sei il grande eroe , non è detto che lui debba rinunciare, ovviamente a tutto quello che lui riteneva giusto un minuto prima per farti andare avanti con la tua storia perché tu gli hai detto chissà quali cose convincenti; quindi, se tu vuoi che la guardia vada a farsi un giro, mi devi trovare in-game una soluzione che funzioni , secondo le regole, cioè, un po’ delle regole reali. Non solo quelle della meccanica del gioco. Eh…, si, comunque , non conosco così nel dettaglio Call of Cthulhu, perché ho letto solo un po’ nella partita, non saprei bene definire la differenza fra i due sistemi.

I: Giochi anche partite da pg?

205 Andrea: Ehm, si , adesso sto giocando una partita da pg, ambientata in Eberron, che è una delle varie ambientazioni fatte per Dungeons&Dragons, ehm…stiamo preparandoci a giocarne un’altra, per cui , finora abbiamo fatto solo l’introduzione dei nostri personaggi, che dovrebbe iniziare fra qualche giorno , speranzosamente. I: E ti trovi meglio nel ruolo di giocatore o di Dungeon Master, secondo la tua esperienza?

Andrea: Preferisco fare il giocatore ed è una cosa che la maggior parte della gente che conosco, tende a condividere, perché puoi veramente immergerti nelle situazioni e invece il Dungeon Master, devi avere sempre un occhio dentro il gioco in sostanza per ruolare e un occhio fuori per controllare se è a posto la sessione, se dovessi modificare qualcosa di imprevisto, perché magari non sarà una sfida e cos’altro, eccetera, eccetera… Inoltre è molto più faticoso giocare il Dungeon Master perché devi tenere a bada mille mila cose.

I: Concordo…Quindi tu, sostanzialmente, a un neofita, suggeriresti di giocare a Dungeons&Dragons, piuttosto che a un altro tipo di rpg?

Andrea: Secondo me potrebbe essere anche una buona idea partire prima con qualcos’altro. Se appunto volessi un po’ proporre dei giochi di ruolo, che appunto lo spaventi un po’ di meno , perché una cosa che ho notato molto spesso, che quando ci sono dei giocatori nuovi è appunto… beh , innanzitutto sono un po’ timidi , perché cominciare a ruolare dal niente è un po’ una cosa fuori dagli schemi normali di una persona e quindi spesso…

I: Poi anche con persone che non conosci.

Andrea: Si, specie se le conosci poco, ma anche tra amici ho notato che il problema c’è. Ci vuole solo un po’ di tempo a prendere la mano e oltre a quello però, ogni volta che,tipo, succede qualcosa i giocatori più esperti ci si buttano a pesce tirando fuori una marea di frasi che, ehm, per i neofiti non hanno minimamente senso, il DM reagisce con altre frasi e cos’altro e non si riesce molto a tener traccia di quello che sta succedendo. Quindi , in generale, si, potrebbe essere una buona idea iniziare con un gioco più semplice, per fare una mano un attimo nel ruolo e in generale a come funziona un gioco del genere , perché molti non hanno l’istinto, tra virgolette, da rpg, in cui il tuo personaggio si lancia sulle opportunità, gli obbiettivi, cerca , appunto di cambiare le cose, tendono ad essere un po’ più spettatori per le prime giocate. L’altra opzione migliore da consigliare è una campagna dal primo livello, con un DM esperto, ma altri giocatori non molto esperti, perché a quel punto, cioè, il DM ha un’esatta idea di cosa può mandare un po’ alla volta per far familiarizzare il giocatore con le regole

206 del gioco, nessuno degli altri giocatori è particolarmente più bravo di altri, quindi non ruba, tra virgolette, la scena.

I: Giustamente. Eh…Ad esempio, quando e come hai iniziato a giocare di ruolo? Andrea: Ho iniziato a giocare circa sette anni fa, ormai.

I: Più o meno come Dario…

Andrea: Ehm, un anno o due prima , mi sembra. E praticamente, beh, me ne aveva parlato un mio amico, che conoscevo tramite altri amici, più o meno, in sostanza e appunto , quando ho saputo che lui ci giocava, avevo già sentito parlare del gioco un pochino, la cosa mi aveva incuriosito e , praticamente, gli avevo chiesto se poteva organizzare una campagna, tra, cioè…con lui , in sostanza come Dungeon Master e io e altri miei amici come giocatori. Nessuno dei giocatori, me compreso, sapeva giocare; il Dungeon Master aveva un approccio abbastanza sul, eh…ridere alla cosa, tra virgolette. Cioè, era una campagna , tra virgolette, abbastanza presa sulla parodia e sull’umoristico, che appunto, sono divertenti, però come prima volta ti confonde abbastanza, perché , tipo, tu sei lì e scopri che devi andare a recuperare ,in sostanza, l’alga branchia (e quindi pensi a Harry Potter) dalla gola di una rana gigante che è sotto la fontana della città e segui le indicazioni di un druido che potrebbe essere o non essere fatto; e alla fine, il modo in cui lo fai è creare , praticamente uno zombie , legarlo a una corda e farlo mangiare dal rospo perché lui afferri l’alga branchia e poi tu e i compagni di gruppo lo tiri fuori, beh , diciamo appunto che…confonde un po’ e la cosa non ha avuto molto successo e la cosa è finita, in breve.

I: Non hai più giocato con lo stesso Dungeon Master dell’inizio ?

Andrea: Eh, con lui come Dungeon Master abbiamo riprovato un altro paio di volte, ma è sempre finita più o meno nello stesso modo e alla fine , comunque , sono entrato in una partita in cui lui era giocatore e un’altra da Dungeon Master, l’ho giocata molto più a lungo e…si, effettivamente , è lì che ho iniziato a giocare.

I: Più o meno , quel gruppo di giocatori si è mantenuto costante o…?

Andrea: Eh…

I: Lo hai cambiato?

207 Andrea: No. Alla fine il mio amico , per qualche motivo, che mi aveva introdotto a quel gruppo di giocatori, non è mai venuto alle giocate. I: Cioè quelle che hai fatto successivamente ?

Andrea: Si.

I: Queste ultime . Negli ultimi due anni?

Andrea: No, no. Questo è ancora anni…cioè, proprio, praticamente, noi abbiamo iniziato quella campagna e lui ha smesso di venire per motivi non collegati e …poi appunto, il gruppo si è modificato un po’ di volte. Un po’ di gente se n’è andata , sono arrivati Dario e Alvise in quel gruppo lì e poi in sostanza, alla fine, si è arrivati al gruppo che è adesso, in cui non c’è nessuno dei partecipanti originali, praticamente.

I: Ho capito. Eh…Una cosa che capita spesso e che , beh, mi sembra che emerga, è: come insegnare il gioco a una persona che non conosce le regole in maniera efficace ? Nel senso: molte persone si annoiano per la quantità di regole, come dici tu. Io, personalmente, all’inizio ho trovato facile adattarmi perché le ho scoperte giocando, poi ho comprato i manuali nel 2003 e poi, dopo, leggendoli, insomma, anche adesso me le ricordo abbastanza bene.

Andrea: Allora. Essenzialmente, ci sono due grandi categorie di giocatori: i Munchkin e tutti gli altri, cioè, per Munchkin si intende quelli che ci provano gusto a farsi il personaggio più forte possibile e quindi sono loro motivati a studiarsi le regole, cercare sempre nuovi modi per combinarle per tirar fuori qualche abominio che sappia distruggere interi eserciti da solo, da lanciare su una povera campagna che cerca di far deragliare. Ehm, per questi appunto, l’insegnamento delle regole non è minimamente un problema, perché, in generale, sanno tutto quanto da soli, cioè, tu gli spieghi le basi nelle prime sessioni, dopodiché li vedi che stanno via via sempre apprendendo robe, anche se devi spesso correggere una cosa che hanno appreso da poco e la stanno cercando di utilizzare in modo sbagliato, spesso per il loro vantaggio, ma magari anche senza intenzione perché magari è capitato spesso anche a me di sbagliarmi su una cosa; comunque non è un problema. Per le persone normali, tra virgolette, il metodo più efficace che ho trovato, è innanzitutto, con le fasi; giocare qualcosa di semplice all’inizio, cioè , ad esempio un combattente in mischia che ha poche regole, però dev’essere anche qualcosa di efficace, perché se loro hanno la sensazione di non riuscire a fare la differenza in combattimento, eh…non sono motivati molto a cercare di approfondire i combattimenti; il combattimento non gli piace e quindi non è che rimanga molto , secondo me . In generale, quello che faccio è dare prima un’infarinata di regole molto base, tipo: “Questo serve a questo; questo serve a

208 questo”, cioè, iniziativa, tiro per colpire, danni, classe armatura, punti ferita e tiri salvezza. Cioè, proprio le cinque cose più basi basi. Li ripeto un po’ di volte nel gioco e , a un certo punto , quando mi sembra che abbian preso un po’ di familiarità, comincio a chiedere a loro di fare le cose, tipo: tirami l’iniziativa e anziché fare il conto per loro , gli dico :” Tira l’iniziativa; dai , lo sai!” e se non se lo ricordano , glielo dico. Però, appunto, se continuo a fare così, dopo un po’ imparano , appunto a sommare le cose. Ehm, per le regole un po’ più complicate, è quasi impossibile , secondo me; o il giocatore è motivato a impararsele in proprio o il Dungeon Master non riuscirà mai a fargliele familiarizzare tutte. E non sto parlando di oscuri manuali dove ci sono altri strani incantesimi e talenti, ma semplicemente, tutte quante le regole del manuale del giocatore base sono già troppe perché una persona possa impararle ascoltando il Dungeon Master; tenderà a imparare le situazioni più comuni, tipo: come combattere in mischia, la lotta, come schivare una trappola, robe del genere e un po’ il modus operandi , però , spesso se il Dungeon Master utilizza qualcosa che non è spesso usato come , ad esempio, un personaggio che cerca di buttarne giù a terra un altro per passare oltre, spetta a lui sapere le regole al riguardo, perché solo i giocatori più veterani le hanno imparate e solo i Munchkin le hanno imparate. La cosa più importante, però, secondo me , comunque, cioè, è tenerlo in uno stato di fiducia nelle sue capacità. Cioè , alla fine la maggior parte delle cose in D&D si imparano provando e non solo le regole , ma anche cosa non fare, tipo: ad esempio, il mio personaggio ha imparato che non si cerca di colpire con un ascia due persone che si stanno buttando sul terreno cercando di strangolarsi quando un compagno di gruppo mi ha quasi tagliato la testa con un’ascia facendo esattamente quello, cioè cercare di ammazzare il nemico che mi stava strozzando, ma…ehm, però appunto, se una persona ha continuamente paura di sbagliare non essendo fiduciosa, tende a provare meno cose e quindi a imparare meno cose. Quindi , spesso cerco di essere sempre un po’ indulgente con i nuovi giocatori e spesso gli do anche qualche suggerimenti ed opzione per, praticamente, renderli fiduciosi del fatto che se la sappiano un po’ cavare.

I: Ho capito. Questa disparità, diciamo, fra giocatori esperti ( Munchkin, come li chiamate voi) e giocatori meno esperti, i neofiti, ha mai generato nella tua esperienza, qualche tipo di conflitto? Poi magari avete risolto …qualcuno si è sentito mai messo da parte in una partita?

Andrea: Si. E’ un problema che c’è stato spesso, in sostanza. Comunque, parentesi, il Munchkin, in genere, viene inteso, non per tutti i giocatori esperti o quelli a cui piace provare a fare cose forti , ma per quelli che portano le regole all’assurdo, cercando di fare cose che hanno senso meccanicamente, ma non hanno nessun senso. Tipo: un personaggio che sappia correre a centoventi chilometri orari e robe del genere; chiusa parentesi. Ehm, si, praticamente il problema più comune è che…ehm, beh, un problema che uno si può immaginare è che i giocatori più esperti se la prendano con quelli meno esperti, perché fanno cazzate. Questo ,però, è una cosa che non ho praticamente mai visto. In genere

209 può succedere un po’ , tra virgolette, nel ruolo, forse, che un giocatore si arrabbi con un altro perché ciò che sta facendo non ha molto senso da un punto di vista di ruolo oppure sta inficiando i suoi sforzi di convincere una persona o qualunque altra cosa, perché il ruolo secondo…cioè, è una cosa che tu ti aspetti che l’altro dovrebbe capire. Perché, in fondo, è un po’ come interagire normalmente, anche se in circostanze diverse. Quindi , lì, qualche volta ho visto problemi di questo tipo, però per le regole non ho mai visto nessuno arrabbiarsi con qualcun altro perché non sapeva le regole; salvo magari in circostanza rare, tipo quando appunto, in teoria, in una partita solo per giocatori esperti, qualcuno vuole entrare dicendo di essere un giocatore esperto , ma alla fine non sa fare praticamente niente e a quel punto, magari, ho visto un po’ di tensione emergere per queste cose. Il problema che vedo , invece, è che il giocatore inesperto, appunto tende a essere un po’ annoiato da quelli esperti, perché spesso, magari, si mettono a discutere col Dungeon Master dieci minuti per una regola , che per carità, sarà anche vitale alla sopravvivenza del party, ma è comunque dieci minuti di roba incomprensibile. O perché il turno di un giocatore esperto può durare venti minuti, mentre un giocatore inesperto dice : “ Lo colpisco con l’ascia , svegliami quando è di nuovo il mio turno…”; questa cosa peggiora molto quando un giocatore esperto gioca un incantatore, perché l’incantatore è ancora più lenta come cosa, ma va beh…eh, si, questo è più o meno il conflitto che ho visto io, cioè: il giocatore inesperto che è annoiato a morte da questo tizio che non la smette di parlare e che sta facendo fuori tutti quanti i nemici senza fargli fare molto.

I: Qualcuno se ne è mai andato da una partita perché diceva di essersi annoiato o cose del genere? Non riusciva a ruolare abbastanza bene?

Andrea: Un paio di volte è successo, anche se in genere non l’hanno mai detto chiaramente quindi semplicemente la motivazione che ora è tra la cosa. Cioè, si, può capitare che appunto una persona venga annoiata dal gioco o che venga annoiata, tra virgolette, dal modo in cui si gioca questa partita; ci sono alcuni giocatori che preferiscono il ruolo, altri che nel ruolo si annoiano e, si , in sostanza, si deve cercare un po’ un equilibrio e spetta al DM sempre fare da moderatore perché la cosa non accada, tipo, qualche anno fa dovevo continuamente punzecchiare certi giocatori perché il loro turno prendesse un lasso di tempo umano e il che voleva dirgli tipo: “Guarda , se non mi dici, cioè, quello che fai entro cinque minuti d’orologio, il tuo personaggio resta paralizzato perché non sa scegliere anche lui. Però, ho notato dei miglioramenti, in sostanza, anche se è una cosa che va e viene e più si sale di livello in genere e più è un problema, ma , si , ci sto ancora lavorando e cercherò in sostanza, adesso, di spingere i giocatori a non pensare troppo sulle decisioni che fanno, anche perché in una battaglia, realisticamente, i loro personaggi non potrebbero farlo , quindi neanche loro possono metterci mezz’ora e controllare esattamente come funziona qualcosa prima di farlo.

210 I:Mmm, molti dei nuovi giocatori li hai conosciuti così, per caso? Oppure perché conoscevano qualcuno che già giocava?

Andrea: In genere quello che ho visto è : due persone che si conoscono di vista; uno menziona all’altro il gioco; l’altro vuole provare, quindi l’altro entra. Ehm, la maggior parte dei giocatori l’ho conosciuta ,appunto, perché conosceva di vista gli altri giocatori o perché erano amici di altri giocatori.

I: Utilizzate anche piattaforme online? Magari anche solo per dei consigli sulle campagne , dei forum?

Andrea: I forum non li utilizziamo molto. Utilizziamo a volte Internet perché facilita il processo di gestire le regole e la creazione di certi tipi di personaggio, cioè , quando tu sai cosa vorresti fare, però non hai tempo o voglia di leggere venti manuali, puoi cercare suggerimenti su Internet, anche se , in genere, copiare una cosa che funziona , è meno soddisfacente di trovarla. Per , appunto, consigli e robe del genere sulla campagna, no, non l’abbiamo usata molto. Ho provato un paio di volte e leggere articoli, tipo: “Modi per essere un buon Dungeon Master” “ Per essere un buon giocatore”, però non mi sono mai stati molto d’aiuto. Adesso avevo cercato un qualche programma per fare griglie di combattimento al computer e dei dungeons al computer. Non ho trovato niente che facesse al caso mio finora, appunto. Quindi , ora usiamo solo il simulatore di dadi e robe del genere, come supporto elettronico, cioè cose per tirare un gran numero di dadi in contemporanea senza dover fare conti, o…

I: Alla fine è un’app molto comoda.

Andrea: Si!

I: Utilizzate anche altri espedienti per rendere il gioco più realistico? Andrea: Mmm.

I:O che tu sappia , nelle campagne in cui hai partecipato, a parte il solito foglio di carta quadrettata?

Andrea: Allora, ci sono , in teoria , delle griglie ufficiali che si possono utilizzare per fare i dungeons. Non le ho mai viste usare , però. Adesso ho proposto agli altri di passare a un sistema in cui le griglie sono più grandi e in cui possiamo usare delle miniature.

I: Forse perché quelle regolamentari sono troppo piccole.

211 Andrea: Più che delle miniature , dei semplici segnalini, che aiuterebbero comunque il processo di spostarsi in giro e renderebbero più il colpo d’occhio della situazione. Come cosa d’atmosfera , a volte, abbiamo provato tipo a mettere qualche oggetto che ispirava sul tavolo o ad usare , tipo, musica. Di recente ho provato un simulatore di rumori, ma, un simulatore di suoni, una cosa che si può impostare per creare un certo tipo di atmosfera , ma non c’ho più riprovato, perché, cioè, distraeva doverlo seguire , più che altro. Eh, si, perlopiù, non usiamo espedienti per rendere il gioco più realistico, anche se, ehm, spesso insisto , in sostanza, sul , ehm, tenersi aderenti al proprio personaggio nel gioco, tipo: se mi sembra che un certo comportamento non sia coerente col personaggio, lo faccio notare al giocatore; poi, per carità, può fare quello che vuole, però se il suo personaggio, improvvisamente diventa schizofrenico, il resto del mondo reagisce come se fosse schizofrenico…eccetera, eccetera.

I: Quindi, sostanzialmente, c’è molto la meccanica off-game , in-game, magari per segnalare che qualcosa sta , magari andando fuori dall’interpretazione di ruolo.

Andrea: Si, ho sentito, appunto, un po’ di gente dire, tipo:”Non bisogna mai uscire dal gioco, quindi sempre , tutti i commenti vanno fatti in-game, eccetera , eccetera.

I: Persone che conosci?

Andrea: Mmm. Persone che conosco a volte, anche se spesso, cioè, non spesso, sembrava un’idea che andava e veniva, ma spesso non veniva più riconsiderata. Quello che ho notato, appunto, è che usare due registri, in-game e off-game a volte aiuta e a volte no. Aiuta se il DM deve sbloccare un po’ le cose in gioco, per renderle più interessanti. Ehm, tipo, i giocatori si sono arenati su qualcosa e il DM può, appunto, fare notare che non si sta andando da nessuna parte con quello che stanno facendo adesso. O, tipo, se hanno un’idea molto stupida, il DM può dire: “ Mi sembra molto, molto stupido. Se i r6 giocatori si mettono ad uscire dal ruolo nel momento sbagliato, le cose possono un po’ peggiorare, cioè, molto spesso, e anche io ne sono colpevole, tipo quando arriva un cattivo e robe del genere, che fa tutta quanta l’introduzione intimidatoria e cos’altro, ce ne si esce con una qualche battuta al riguardo spesso off-game come la citazione da film o robe del genere , o commenti stupidi e basta, tipo per sdrammatizzare o per farsi due risate e questo va bene. Se, però, appunto, la cosa tende a prendere piede , tipo , anche gli altri giocatori reagiscono con battute e cos’altro, è abbastanza difficile riprendere ed essere seri in-game e quindi…si, cioè, sta un po’ a trovare il momento.

I: Ho notato che spesso usate anche frasi fra di voi , anche nella campagna che facciamo assieme, un

212 gergo particolare, un linguaggio particolare che dovrebbe essere preso al cento per cento dal mondo video ludico, cioè il “Buff”, il “Power-up”. Non credi che anche questo sia un uscire dall’in-game, per entrare nell’off?

Andrea: Beh. Quei commenti sono sempre, in genere, off-game, cioè, non…Oddio, forse, un paio di volte può essere sfuggito a un giocatore , magari , all’interno del gioco quando il suo personaggio stava parlando, però molto spesso li sento descrivere in-game. Credo che siano in realtà un buon modo per tenere la parte in game efficace , perché il vantaggio di un gergo del genere sono che le comunicazioni sono più rapide: se io uso “buff” è una parola molto rapida e tutti quanti quelli che giocano da un po’ di tempo sanno cosa vuol dire: un incantesimo che potenzia in qualche modo i nemici o gli alleati, insomma. Se appunto avessi dovuto dirlo in-game come cosa: “ Attenzione , il loro chierico ha lanciato un incantesimo che aumenta la forza dei loro combattenti, avrei detto qualcosa che tutti sanno e avrei rallentato un po’ le cose per qualcosa di non molto interessante, quindi , secondo me, avere un gergo , anche effettivamente poco medievale, ma comunque, insomma, molto efficace nello spiegare le cose, è un vantaggio finchè viene confinato all’off-game, che rende la parte off-game più spedita.

I: Ho capito. Lo avete appreso? Qualcuno lo ha usato per la prima volta?O lo avete semplicemente preso?

Andrea: Non ci ho fatto caso. Spesso sono termini molto comuni, basati sulle regole di D&D, quindi, almeno tutti quanti sanno cosa vuol dire. Non ho mai fatto caso , effettivamente a come la cosa prenda piede . Immagino che dei giocatori comincino ad usarlo per descrivere una build e cos’altro e da lì in poi continuano a riferirsi a quello , poi, appunto , passa a tutti quanti gli altri.

I: Sembra un linguaggio videoludico . Piuttosto che dire uccisione , “kill”, va bene che “Total Party Kill” è una cosa da rpg , però “killare”, “skillare”, “farmare”…

Andrea:Si, però, in genere commenti così specializzati come “farmare”, “killare”, “kill still” o anche cose che non ho mai sentito , tipo: “leecher ninja” e robe del genere, sempre utilizzate nelle comunità di gaming online, molto, molto, molto spesso, non le usiamo molto; tendiamo spesso, per quello che ho visto io, a utilizzare perlopiù un gergo un po’ meno specializzato del gaming online, però comune nel gaming. Molte di queste cose le ho sentite utilizzare molto anche in D&D e non solo in giochi… videogiochi, insomma. Ogni tanto un giocatore se ne esce con un commento del genere, tipo, sul farmare e cos’altro, ma spesso , dato che sono meccaniche che all’interno del gioco non ci sono, il termine non è molto frequente, insomma, cioè…per esempio, in nessuna delle campagne in cui sono

213 attualmente , c’è del “grinding”, cioè , il “grinding” è quando si devono ammazzare un gran numero di nemici deboli, per fare i livelli e ammazzare i nemici forti. Questo è un modo che i videogiochi utilizzano per aumentare il tempo di gioco, ma è anche una cosa noiosa e per niente interessante. Quindi, nessuno di noi Dungeon Master, lo usa, per quanto ho visto finora. Quindi, si,cioè, in generale, utilizziamo i termini dei videogiochi quando questi rappresentano qualcosa che nel nostro gioco corrisponde, tipo: i Punti Esperienza o l’Esp., resurrezione tipo res. , Heal o robe del genere come commenti un po’ così a caso.

I: Avete mai sacrificato questo linguaggio specialistico e anche un po’ veloce in favore di una resa magari più realistica ?

Andrea: C’abbiamo provato a volte.

I: Del tipo: chiamare una pozione di guarigione come…ehm, la magica pozione blu?

Andrea: Abbiamo provato a fare delle cose del genere, cioè, appunto, a spingere i giocatori a comunicare in-game le loro conoscenze dei personaggi, evitando di usare concetti del..tipo regole o cos’altro, che il personaggio appunto rischiava di sapere. Tipo, ad esempio, molto spesso il DM cercava di descrivere la forza di un nemico quando il personaggio cercava di valutarla, senza valutare la parola livelli, che appunto in D&D non ci sono…eh, all’interno del gioco, i livelli. Quindi, tipo , ti sembra avere più o meno il doppio delle tue capacità o robe del genere. E’ una cosa abbastanza strana , spesso, perché appunto eri costretto, in sostanza ad uscirtene con qualcosa di poco convincente, eccetera, eccetera, richiedeva tempo, non erano le parti interessanti, secondo me, dell’in- game, le comunicazioni fra DM e giocatori, quando il DM è solo una voce fuori campo, quindi non vedo un grande vantaggio nell’utilizzare un gergo medievale all’interno; cioè, alla fine se non sono dei personaggi che stanno parlando tra di loro, o degli npg, dei personaggi che stanno parlando, o insomma delle vere conversazioni in-game, dei testi in-game, secondo me non c’è motivo di cercare di rendere il linguaggio più realistico, tra virgolette. Finchè sono comunicazioni che appartengono solo alla sfera delle regole , delle informazioni e dell’Ascoltare, sebbene alcuni mi abbiano detto che se tu tiri dieci in Ascoltare, il mio personaggio cerca di tendere l’orecchio per sentire se nel Dungeons (sic) qualcosa si muove, si rallentano solo le parti noiose. In generale, se il DM è bravo a motivare il party nel gioco, cioè creare appunto degli interessi per la storia o per quello che il loro gruppo deve ottenere o un odio per un certo nemico e robe del genere, noto che il party non ha nessun problema a rientrare nella conversazione lanciando insulti, minacce di morte o incazzandosi o ridendo o robe del genere, anche se appunto abbiamo appena risolto qualcosa con Dario e parlato un po’ di regole e meccaniche col gergo più efficiente che ci veniva in mente. Tipo, ad esempio, molto spesso, feste in

214 taverna o cos’altro, quindi ogni tanto ci sono momenti anche un po’ “light” e non solo e sempre Dungeons, avventure, ammassare e cos’altro, spesso ho visto appunto che se una cosa è , si interessante nel ruolo, ma…che si fa anche in fretta, perché non ci sono vari problemi, usciamo continuamente da una descrizione out-game a una in-game , in sostanza, tipo ci sono pezzi di conversazione in-game, in cui mostro le reazioni di un personaggio a qualche cazzata che un PG ha fatto e robe del genere, ma tipo anche ricontino: “ Dai vuoi bere quei boccali di birra? Bene, fammi un tiro sulla Costituzione. Un altro. Un altro. Un altro…” Cioè, un modo molto tecnico di gestire la cosa e poi appunto , il giocatore che ha cannato l’ultimo tiro descrive la cosa, come : il suo personaggio sbatte i piedi sul tavolo :” Hai visto ?! Non è successo niente! La reggo sta ro…” PAM! E casca sul tavolo a faccia in avanti. Quindi, secondo me se si riesce a creare abbastanza interesse, questo gergo non danneggia molto l’interpretazione, perché sono due parti distinte.

I: Pensi che, nella tua esperienza, questo interesse sia…ehm, sia rimasto, sia continuato sempre uguale o ci sono stati dei momenti in cui è venuto meno o magari qualcuno ha contestato qualcosa?

Andrea: Ah beh, le contestazioni non sono in genere una mancanza di interesse, anzi, vuol dire che il giocatore in sostanza , è stato contrariato su qualcosa a cui teneva , spesso, per quello che ho visto io, se è una critica a come la campagna sta andando da un po’ di tempo. Tipo, la maggior parte delle discussioni che ho fatto , che sono durate a lungo, erano tipo, per un modo in cui un cattivo era sfuggito alle grinfie del party, con qualche trucco particolarmente assurdo, tra virgolette , che secondo me una persona non dovrebbe riuscire a pensare, un normale contadino o robe del genere, insomma. O tipo, su cose in cui il party poteva salvarsi la vita, quindi c’era un notevole interesse nel far si che quelle conversazioni andassero come voleva il giocatore o il Dungeon Master, perché appunto è una cosa importante. Quello che noto , per quanto riguarda l’interesse nella campagna, quello dipende anche dal Dungeon Master, perché inevitabilmente , l’interesse di un Dungeon Master per la sua campagna a tratti oscilla: c’è magari un periodo in cui è molto occupato e quindi è stanco di seguirla, magari è semplicemente stanco quella sera o magari è una parte che non gli interessa molto, perché magari è una parte per arrivare da un punto A a un punto B e robe del genere e quello che noto è che quando qualcuno ha scarso interesse, i giocatori spesso perdono anche loro interesse, perché il Dungeon Master non sta masterizzando bene quanto dovrebbe . Quello dei giocatori, mmm…ci sono dei picchi, tra virgolette, che in genere corrispondono a quando il DM è riuscito a farli veramente incazzare o a gasarli, tra virgolette, perché le cose stanno andando alla grande per i giocatori. Hanno appena fatto delle cose molto fighe e si sentono molto, i classici eroi da film in sostanza . Per quel che riguarda la mancanza di interesse dei giocatori o , appunto è perché il DM non è interessato, spesso. Oppure, perché lo stile del DM e lo stile del giocatore non stanno trovando un accordo. Per esempio,

215 il DM è interessato al dungeon che ha fatto, ti descrive nei dettagli il Dungeons che ha fatto oppure trova che questo personaggio sia molto interessante e continua a farvelo trovare. Oppure, che abbia un background molto interessante , che abbia un sacco di lore, insomma, racconta un sacco di cose che secondo lui sono interessanti della sua campagna; i giocatori si stanno però solo sentendo dire un sacco di cose, non stanno facendo abbastanza , quindi il loro interesse, per quanto il DM sia bravo a raccontare, un po’ cala. Perché, appunto, loro non stanno più giocando. Quello che ho notato , come regola generale, è che perdono interesse , se tu non li lasci appunto essere al centro dell’attenzione. Cioè, se continui a mettere personaggi più potenti, che , appunto, li salvino o facciano le cose per loro, se i cattivi sono tutti quanti così forti che i PG non hanno nessuna capacità di interferire coi loro piani, cioè…mmm, anche se , appunto, magari, effettivamente, ha un senso , perché è l’inizio della campagna e devi mettere la scena…cioè, preparare la scena: il cattivo sembra inarrestabile , il mondo sembra condannato e nessuno riesce a fermarlo, eccetera , eccetera, sono delle cose che poi portano a un ottimo gioco più avanti. Però in quel momento i giocatori si stanno annoiando , perché non stanno più facendo niente e non seguono più la vicenda. Dei trucchi che si possono usare per tenere vivo l’interesse anche in queste circostanze è minacciare continuamente la vita dei personaggi, cioè rendere la campagna una sorta di trappola mortale in cui, appunto, hanno spesso a che fare con trappole che potrebbero schiacciarli e cos’altro e quindi sopravvivere è la sfida e a quel punto sono troppo impegnati a cercare di non morire per appunto, annoiarsi, oppure , comunque, fargli avere delle vittorie minori, anche se il piano del cattivo procede incontrastato, cioè, magari il party non riesce a impedire al cattivo di rubare la gemma da quel tempio, però il cattivo aveva anche uno scagnozzo che, per carità , era l’ultimo scemo provinciale di mezza tacca, tra virgolette, ma che , comunque per il party è una sfida notevole e che il party ha già incontrato in una vicenda…in un’altra scena in cui stava prendendo a calci dei cuccioli o una cameriera in una locanda, facendo qualche genere di carognata e , anche appunto, ammazzare quello scemo che è solo il bullo locale al servizio del signore oscuro, è comunque una cosa che il party ha raggiunto e…cambia molto le cose , se appunto sentono di aver fatto qualcosa ; perché appunto, il party lo sa che a questo livello realisticamente, non è che può mandare a puttane il piano di un cattivo in grado di distruggere montagne e cos’altro. Se però sentono di aver fatto qualcosa che per il loro livello era difficile, sono comunque soddisfatti , anche se la campagna sta andando a rotoli; a quel punto, la vedono un po’ come una cosa, tra virgolette, alla disperato contro le forze del male e più che altro , vedono anche : “ Ci stiamo lavorando. Prima o poi ce la faremo a sconfiggerle”. Si, più o meno questo.

I: Invece , fare il DM , dato che mi ci sono messo anche io da poco , insomma, è abbastanza complesso . Nel senso che devi tenere da conto un sacco di interpretazioni, di conclusioni che hai tratto, magari farti degli appunti…So che Dario spesso va a braccio, me lo ha detto lui stesso. Tu , invece, quanto tempo dedichi alla costruzione della campagna e quanto , magari , vai a braccio,

216 oppure non hai avuto tempo e fai cose inaspettate? Oppure i giocatori ti mettono davanti delle conclusioni inaspettate , per cui tu devi andare a braccio per forza?

Andrea: Allora, ehm…Va beh, innanzitutto, secondo il mio giudizio, Dario in realtà, va molto poco a braccio. Cioè, a lui sembra di andare molto a braccio, perché lui vorrebbe sempre avere tutto pronto, ma io continuo a spronarlo di più dicendogli :” Guarda! Non ce la farai mai! Il party, se lo metti su un’isola deserta, con una sola grotta interessante in tutta l’isola , nessuna costa per miglia e miglia e una tempesta furiosa che rende impossibile prendere il mare con una zattera, farà una catapulta di bambù per lanciarsi nello spazio profondo. Cioè, uno non può mai prevedere a fondo tutte le azioni del party ;è proprio quello che rende D&D un bel gioco: cioè ci sono solo tot rotte disponibili, ma ci sono qualunque rotta disponibile. Io dedico , in media , forse , due-tre ore alla campagna della settimana , in cui mi metto giù a scrivere cose e ogni tanto ci penso nel tempo libero, magari quando sto andando da qualche parte, quando sono in treno, robe del genere, pensando un po’ a cosa potrei fare.

I: Ti segni tutto oppure semplicemente lo tieni a mente?

Andrea: Spesso tengo molte cose a mente, però mi rendo conto che, se è una cosa che voglio che il party veda per forza di cose, devo scrivermela perché spesso, se no, me la dimentico, ma in generale, mi dimentico di averla pensata. Ma quando dovrei presentarla me la sono scordata e a quel punto la scena va avanti e sono tipo:”Ah! E adesso non posso reintrodurla!”.

I: Ti è capitato?

Andrea: Si. Mi è capitato spesso, appunto, che i pg dovevano incontrare dei posti o doveva succedere qualche cosa e robe del genere , ma non mi sono ricordato di farlo e quindi … magari spostarlo più avanti nella campagna. Per quello che riguarda l’andare a braccio, io cerco di capire molto bene la psicologia dei miei personaggi, degli npg (sic: npc). Il cattivo ha sempre un suo set di scopi, un suo modo di fare le cose in generale, un suo stile ,tra virgolette, e tende anche a un piano per realizzarlo che continua ad andare avanti indipendentemente dalle azioni dei pg. Se un giocatore va lì e deraglia il piano, ammazza quel cattivo. Quando devo andare a braccio, non è così tanto un problema perché l’unica cosa che devo fare è pensare come reagirebbe, cioè come reagirei , perché cerco di prendere il suo punto di vista a questa situazione e a quel punto posso improvvisare in maniera abbastanza convincente qualcosa. Per fare un esempio , nella scorsa sessione, il party che sta cercando di impedire la resurrezione di un dio del male in una città sull’orlo della disperazione, ha affrontato in un duello una delle pedine del sacerdote principale di questo dio, che stava manipolando le chiese

217 locali, questa pedina, perché è il loro leader appunto, in maniera che non stessero reagendo bene alla minaccia. Il party si è messo a legnare di cattiveria, perché l’avevo previsto come scontro non troppo difficile, visto che era solo una pedina; non avevo previsto che il party utilizzasse una certa strategia , però. Per quello hanno consumato delle risorse che io avrei tenuto per più avanti, quando ci sarebbe stato uno scontro più difficile , ma va beh…E quindi quello che doveva essere uno scontro abbastanza combattuto, anche se fattibile , era diventato il party che picchiava il nemico con una mano dietro alla schiena. Avevo già previsto che questo alto sacerdote del dio malvagio tenesse d’occhio la situazione, quello che facevano le sue pedine e , appunto, ho scelto che sarebbe intervenuto, non per semplicemente darla vinta al party, ma perché era quello che realisticamente avrebbe fatto e anche perché il party a quel punto avrebbe costituito una sfida. Il party ha reagito a questo cattivo che cercava di barare ,riuscendo in sostanza a mostrarlo davanti a tutti. Cioè, praticamente, il party aveva già accusato questa pedina di essere solo una pedina e lui ha negato. Quando il gran cattivo è arrivato ad aiutare la sua pedina, da dietro le quinte, senza farsi vedere, il party ha reagito cercando di mostrarlo al mondo e c’è riuscito, tutti i testimoni l’han visto. Ho pensato cosa fare del cattivo. Eh, ammazziamo tutti quelli che riusciamo, così anche se i giocatori sconfiggono la pedina , non avranno molti dei suoi seguaci e a quel punto ho dovuto improvvisare uno scontro con , tra virgolette, il boss di questa parte della campagna e non avevo la sua scheda con me ed è quella , appunto, la parte complicata: decidere, ok cosa fare se il party va fuori dagli schemi, perché appunto , se hai capito bene la psicologia dei personaggi, hai sempre la risposta molto rapidamente. Certo, per carità, magari non è una risposta interessante come quella che potresti esserti preparato , ma se è una buona risposta, con un po’ di pratica nel fare certe cose, ma ad esempio: “ Ah, cavolo! Hanno trovato…cioè, hanno deciso di andare prima nel palazzo reale abbandonato e solo dopo nel faro che chiaramente è lì davanti e sembrerebbe il posto migliore da visitare? Ma non ho preparato il palazzo reale, perché ero convinto avrebbero fatto il faro oggi.” Oppure:” Io non ho la scheda di questo boss adesso; non è ancora pronta , perché non dovevano affrontarlo oggi”. E quella è la parte che devi improvvisare e puoi semplicemente utilizzare le tue esperienze per fare qualcosa di passabile, oppure se non vuoi rovinare una cosa che doveva essere molto bella, perché la stai improvvisando e non hai avuto il tempo di prepararla a dovere, tendi a trovare un modo per mettere in stallo il party. Ad esempio, butti in mezzo un combattimento a caso di una cosa di cui hai le statistiche, tipo: il cattivo anziché stare a combattere di persona, evoca un grosso diavolo e lo manda contro il party, un enigma particolarmente complesso che li freni, finchè la sessione non è finita. In sostanza vieni salvato dalla campanella per prepararti per la prossima volta.

I: Pensi che lo percepiscano ? Lo hanno mai percepito i giocatori ?

Andrea: Spesso dico al party, quando mi mandano completamente fuori schema, perché , per come

218 gestisco le cose, vuol dire che hanno giocato particolarmente bene…oppure particolarmente male , ma più spesso , particolarmente bene. Tipo, ad esempio, sono riusciti a catturare quello che doveva essere uno dei “master mind” della campagna, abbastanza prima di quanto mi aspettassi, e a quel punto , anche se ovviamente non sarebbe bastato a mettere per sempre questo cattivo fuori dai giochi; più che altro questo cattivo aveva già un piano per liberarsi in caso dovesse essere catturato, poi ha deciso di essere onesto e di renderlo appunto un piano che doveva fallire, può succedere, perché vuoi dare veramente al party l’occasione di sconfiggere quel cattivo , magari non per sempre , ma in modo serio e per parecchio tempo; lì in quel punto hai deciso di premiarli perché erano stati bravi, non ce l’han fatta , ma questo è un altro discorso, comunque gli ho detto fuori dai denti che non mi aspettavo che lo catturassero lì, che erano stati bravi , appunto, e m’hanno sorpreso. Cioè, appunto, cerco sempre di fargli notare quando sono stati particolarmente bravi o m hanno sorpreso , perché ritengo che così vengano fuori più cose interessanti. Se, invece , semplicemente , vanno fuori dai miei piani per caso, mi attaccano su qualcosa di non preparato, cioè , che tipo hanno diretto la campagna in modo interessante, ma semplicemente, sono stati prima da una parte e poi da un’altra , nonostante non me lo fossi aspettato , cerco di non fargli ammettere la cosa perché tenderebbe un po’ a, secondo me, ridurre il loro interesse verso questa parte. Cioè , se io so che il DM sta improvvisando il dungeons, non mi sembra una vera sfida, non mi sembra una cosa interessante, non credo che potrei trovare cose molto interessanti qui dentro; quindi in quel caso non lo ammetto mai e cerco sempre di improvvisare qualcosa di convincente.

I: Ho capito. Ehm, mettiamola così, di D&D esistono anche delle campagne più ufficiali , delle campagne meno ufficiali e soprattutto alle convention. Ti è mai capitato di partecipare a convention o giocare nelle convention?

Andrea: No, non ho mai giocato in una convention, non sono mai stato a una convention specificamente su D&D.

I: Gruppi di gioco più formali, magari legati ad associazioni ?

Andrea: No, niente del genere. Ehm, volevo provare magari un giorno a fare LARP, o qualcosa del genere, però finora non ho avuto l’opportunità e non mi interessano così tanto le convention di D&D, perché, non…cioè , penso ci siano cose interessanti nel giocare il gioco e basta, non ritengo interessante parlarne con stranieri o comprare “action figures” del gioco o robe del genere , insomma.

I: Sai di qualcuno che partecipa a convention?

Andrea: No, nessuno che conosco. Eh, per quello che riguarda le campagne più ufficiali, cioè le

219 campagne preparate dalla…

I: I moduli.

Andrea: Esatto. Dalla Sword of the Coast . Eh, ogni tanto per vivacizzare un po’ le cose , perchè io ho un certo stile che , quindi, tende a comportare certe cose e ad escluderne altre, butto un’avventura già fatta nella campagna, spesso smembrandola in pezzi e riadattando i pezzi alle varie situazioni; ed è anche un modo per, in sostanza, imparare a fare cose nuove o creare situazioni diverse da quelle che riesco a pensare di mia iniziativa. Che poi, appunto, magari ci familiarizzo un po’ ,poi riesco a rifare le mie cose più avanti. Una campagna intera ufficiale , non l’abbiamo mai giocata e neanche un’avventura intera ufficiale, perché spesso, cioè…sono sempre state riadattate secondo la campagna che io stavo giocando in quel momento. Sarei curioso di provare una campagna fatta appunto dalla “Wizards of the Coast” , comunque, perché mi sembra una cosa divertente, ne ho lette anche un paio, sono abbastanza belle quelle che ho letto.

I: Si , mi ricordo che ce n’era una che anch’io ho riadattato nella mia campagna che si chiama “La cittadella …ehm, oscura o dimenticata”, credo che sia la campagna per personaggi di primo livello.

Andrea: Mmm…quella non l’ho mai vista… Quello che comunque ho notato è che giocare un’avventura già fatta, per il DM, è più noioso, perché non sta creando cose , ma sta solo gestendo cose. Ehm, forse coi giocatori sarebbe anche interessante come cosa, comunque. Non lo so, comunque, si non proveremo a fare una cosa del genere per parecchio tempo, immagino.

220 Intervista del 29-9-16 ( Casa di Francesca, compagna di Andrea, Carmini, VE 16.30 ca.)

I: C’è un racconto piuttosto comune , piuttosto frequente che torna quando giocate o anche fuori?

Andrea: Mmm. Quello che citiamo più spesso era un caso di pessima diplomazia con un lich; in effetti ,si ,da lì è diventata tipo una frase tipo, un’osservazione tipo sui non morti. Eh, praticamente, dovevamo liberare un regno elfico da un lich che era il consigliere locale e il re elfico era sotto un incantesimo che lo faceva schiavo del lich, dei druidi che abbiamo portato con noi, npc, dovevano , appunto, riuscire a spezzare l’incantesimo, ma gli serviva del tempo. Dovevamo quindi distrarre il lich nella sala del trono, per dargli il tempo a st’altri , che erano venuti con noi nella sala del trono di lanciare il contro incantesimo sul re. E la cosa è andata molto ,molto male, perché tipo siamo partiti un po’ sul;” Salve ! Per caso avete qualcosa da farci fare? Siamo degli avventurieri e bla, bla,bla…”-“No!”.

I: Il master chi era ? Barnaba?

Andrea: Ehm, Barnaba , si. “Eh, no!”-“Ok, però , appunto, abbiamo visto che la sua bella città ha tutti questi problemi, possiamo forse…?”-“No”. Ehm, a quanto siamo ? Due minuti, su dieci. Ok, allora comincio in sostanza a fargli tutto quanto un discorso su che abbiamo notato della strana condizione del re , che forse qualcuno potrebbe pensare male e robe del genere, cioè, cerco , in sostanza, di fargli , come possiamo dire, capire che potremmo ricattarlo così lui si distrarrà, non ci metterà a spararci dietro, qui in corte e robe del genere. Non è stata un’ottima idea , ovviamente. Ok, occupi cinque minuti; il lich dice:” Arrestateli!” Ehm, veramente…Eh, e tipo, appunto, tutti quanti disperati e appunto, a quel punto una giocatrice , tipo: “ Aspetta! Aspetta!Aspetta! Ma tu sei un lich , giusto?”-“Si”-“Quindi sei un non morto, giusto?”-“Si”-“Quindi non ti circola il sangue , giusto?”-“Quindi non puoi avere un’erezione?”. E a quel punto il lich ci ha attaccato.

I: Questo torna spesso come aneddoto, no?

Andrea: Si.

I: Ma , tipo, ad esempio un aneddoto, in cui c’è una situazioni particolarmente difficile, o magari tu come Master o qualcun altro come Master, ha avuto difficoltà ad arbitrare una situazione.

Andrea: Quella dei lupi [ in lontananza, Francesca , con tono esasperato: “Oh no, quella dei lupi!”]. Era

221 la campagna che adesso stiamo giocando con Dario , ma alla sua prima incarnazione, che è finita quasi subito per vari…motivi. E, praticamente, un giocatore è andato nel bosco; eravamo tutti quanti a livelli infimi, manco al livello uno. Andiamo a cercare il giocatore che si era perduto nei boschi perché sapevamo che c’erano dei lupi; troviamo il giocatore e ci trovano i lupi. Uno di questi era un lupo crudele. L’abbiamo sentito da distanza dall’ululato e , tipo, cosa facciamo ? Scappiamo? Mah, in un bosco di notte con dei lupi alle calcagna mi pare una pessima idea. Allora, io dico: “ Va beh, io provo ad arrampicarmi su un albero”. Il DM era Dario:” Ok, ma guarda che un lupo riesce a salire su un albero!”-“ Ehm, no, non ci riesce!”-“Comunque i rami sono in alto . Fai un tiro per salire”. Tiro. Ok, riesco a salire . “ Ok, riesci a salire sull’albero. Ma ti ripeto che appunto non è molto sicuro”-“ Scusa Dario, ma come cacchio fa un lupo a salire su un albero?”-“ Beh, appunto, innanzitutto, sono bravi a saltare e sono abbastanza agili. Poi hanno anche le unghie, quindi…”-“ Si, ma io non ho mai sentito di un singolo cane o lupo che sia riuscito a saltire…a salire su un albero . Cioè, non è che nelle foreste bisogna stare attenti o i lupi ti saltano addosso dai rami [risate in sottofondo] . Quelli sono giaguari, puma”-“Si, ma comunque tieni presente che è un lupo grosso come un cavallo!”-“ Motivo in più per cui non riuscirebbe a salire, spezzerebbe i rami, abbatterebbe l’abero, magari “. “No, ma scusa dai,ma come cacchio fa un cavallo , pur se fatto per scavare [risate] ad abbattere un albero se non con ore e ore di lavoro…”-“ Eh, scava, spinge e poi comunque[Francesca nello sfondo:”No, ma questa discussione è andata avanti ore e ore, cioè…”]”. Siamo andati avanti ore a discutere su questa cosa.

I: Questo è buon materiale , comunque!

Andrea: Perché, appunto, io non volevo che un lupo crudele divorasse il mio personaggio, Dario si era impuntato e tra l’altro, Dario sapeva già che c’era un NPG di alto livello che comunque stava arrivando a salvarci il culo, quindi non c’era veramente un problema, cioè poteva semplicemente dirmi :” Mula, fidati un minuto [nel sottofondo con tono canzonatorio, Francesca:” No, ma ragazzi , fate sul serio?!”]. E, niente, si è stata una cosa che non abbiamo tirato fuori molto spesso, ma che ci hanno rinfacciato per anni. Abbiamo parlato ore di questa cosa.

I: Ti è capitato, magari anche adesso, o hai notato che ci sono situazioni particolari in cui un neofita assoluto, magari è a tuo carico e tu devi insegnare a…anche qualsiasi gioco di ruolo che non sia D&D, se ti è capitato.

Andrea: Mmm. Ma finora non abbiamo fatto partite ad altri giochi di ruolo che non siano D&D , quindi solo D&D; però spesso, si,abbiamo accolto nuovi giocatori che non sapevano assolutamente nulla del gioco e c’era tutta quanta la questione dello spiegargli , fargli…

222 I: Lo spiegone…

Andrea: Si. [nel sottofondo commento a latere di Claudia, comune amica e giocatrice nelle partite arbitrate da me :” Quello che ci stai facendo a noi”]. Di norma , quello che facciamo è dare un’infarinatura molto sommaria delle regole e poi in sostanza siamo dell’idea che il giocatore impari ad usarle man mano che va avanti. Quello che abbiamo notato in realtà è che se un giocatore è molto motivato ad imparare le regole per conto suo riesce ad apprenderle mentre va avanti. Se no , invece , tende continuamente a non imparare tutto quello che non lo costringe ogni volta a fare da solo. Cioè, tipo, imparano a prendere loro delle decisioni o darti delle tattiche, tipo carico, non carico, lo aspetto e sto preparando l’ascia, ma, ad esempio , può capitare che dopo anni una persona non sappia ancora calcolare il tiro per colpire o simili. Se appunto , tu non lo costringi a farsi le cose da soli, non è motivato a imparare.

I: E proprio casi concreti, concreti? Non so, che mi vengani in mente a me , nel mio gruppo attuale di neofiti assoluti…

Andrea: C’è la Maria, che appunto, beh, se la sta cavando abbastanza bene, comunque. Comunque lei sembra abbastanza motivata a sommare le cose, a imparare , a fare i conti da soli. Ehm, si, invece , ad esempio, la Sofia, che comunque aveva imparato abbastanza in fretta a interagire col personaggio senza timidezze nel prendere decisioni. Dopo molto tempo comunque, non ha ancora imparato a calcolare certe cose , perché, appunto non l’abbiamo mai spinta noi a farlo e spesso per tecnicamente moderare la rapidità in combattimento dicevamo : “Ok, dammi un attimo . Facciamo una somma e ti dà questa cosa qui come risultato”.

I: Cioè, te dici sostanzialmente:” Noi l’abbiamo abituata troppo bene e lei si è abituata…”

Andrea: Cioè, più che abituata , volevamo semplicemente procedere più in fretta durante il combattimento e quindi non la motivavamo ogni volta a farsi il conto da sola, perché era più rapido se uno che già lo sapeva fare. Però appunto, quello che ho notato è che i giocatori che hanno imparato a fare le cose in proprio sono quelli per cui nessuno ha fatto questa cosa e quindi dovevano , appunto segnarsi le cose da soli. Adesso se, cioè, in questa campagna sta comunque imparando delle cose nuove visto che siamo tutti a bassi livelli. Il problema è che appunto se un giocatore si trova dallo zero ad avere un personaggio di medio-alto livello ci sono decisamente troppe cose perché riesca a familiarizzare bene secondo me.

I: Sono d’accordo. Avete mai usato forme gergali o linguaggio specifico?

223 Andrea: Tank o Tanker. Cast o Caster…no, si, Caster no Cast. Eh…castare , come verbo [in sottofondo Francesca esasperata:” Caster…odio queste parole di merda…”]. Mmm, va beh, dungeon va da sé , non è praticamente tecnico, ma spesso si usa, si. Eh…[sbuffo]

I: Proprio qualsiasi . Anche relativo alla trama…Villain , ad esempio o cose così…

Andrea: Mmm, beh, no ad esempio, figure della trama non le usiamo quasi mai i termini tecnici. Oddio, tranne il classico NPG, NPC, che utilizziamo abbastanza intercambiabili NPG, NPC, li utilizziamo spesso in inglese. Eh…si, non me ne vengono in mente altre. Ah, si, va beh, Heal, anche se lì è più tipo battuta, no quando lo diciamo, cioè lo stiamo dicendo sul serio chiedamo cura o curami o cos’altro . Heal lo utilizziamo in maniera piuttosto sarcastica, tipo: “ Ok, ricevi trecento danni!”-“Heal please!”. Eh…si, credo che più o meno questi siano i termini tecnici che saltano più spesso.

I: Che tu sappia o che ti sia mai venuto in mente, li hai sentiti anche in altri ambiti?

Andrea: Si, li usiamo abbastanza spesso, le rare volte che parliamo con altri giocatori li usiamo abbastanza spesso. Se saltano fuori in automatico anche quando proviamo a spiegare il gioco a un neofita e quindi dobbiamo fermarci , tipo: “ La CA, ehm, si, va beh, la Classe Armatura, cioè quanto difficile sia da colpire, eccetera, eccetera. Quindi, si , li facciamo abbastanza in automatico. Ah, si , anche BAB. Bonus di attacco base [Francesca con evidente tono ironico :”Un kebab?!” ” BAB!” “Che?!” “Bonus- Attacco-Base!” “Lo dite?” “ Abbiamo cominciato più di recente questo” “ Ah ecco, perché io non l’ho mai sentito…una volta lo dicevate…”].

I: Tu pensi che sia un vantaggio o uno svantaggio?

Andrea: è un vantaggio . Cioè, appunto ti consente di comunicare in modo molto più efficace. Noi non usiamo molto il descrivere le azioni durante il combattimento, perché i nostri combattimenti di alto livello prendono gia una barcata di tempo. [Francesca con tono esaserato:” Oddio! Quaaanto durano…”], anche se , appunto, cioè, i giocatori che hanno il turno più rapido, i combattenti potrebbero cominciare ad utilizzarle , tipo scenografiche , perché appunto questo ribilancerebbe un po’ la cosa, però non può utilizzarle il DM al loro posto, quindi dovrebbero essere loro eccetera , eccetera. Eh, si, ho sentito dire che toglie un po’ di serietà all’azione o di senso drammatico, però…in genere, appunto, tendiamo a separare il drammatico dal :” Cosa sta succedendo in termini di regole ?” perché ,appunto, li calcoliamo e , cioè, non noto molte interferenze, quindi è un vantaggio avere termini rapidi.

224 Eric ( studente di lingue orientali-magistrale, 26 anni, Favaro ) 08/02/17

Mi sono incontrato poco prima di una partita a casa di amici di Eric, con lui, alle 18.00 ca. Il ritrovo era alla fermata di Favaro , poco distante dal centro di Mestre. Eric è già ad attendermi alla fermata e dopo un po’ di discussione decidiamo di fermarci in un bar , per evitare di andare a casa sua ( a suo dire è off limits e non mi oppongo alle sue decisioni, anche perché penso che si senta egli stesso più a suo agio altrove. La zona , per quanto piacevole è povera di bar molto grandi e tranquilli in cui sedersi e chiacchierare, dunque giriamo un poco alla cieca. Abbiamo trovato un baretto prospiciente la strada principale, non molto grande , ma quasi spoglio.

Eric: Eh…devo dire qualcosa , prima oppure…?

I: Non ti preoccupare …

(Il cameriere porta le tazze di caffè ; ringraziamo )

I: Quindi da quant’è che giochi ? Da quant’è che conosci il gruppo?

Eric: Beh, le due cose sono quasi in contemporanea, in realtà, perché il gruppo l’ho conosciuto nel 2012. Eh, nell’estate del 2012 , perché avevo conosciuto la ragazza di uno del gruppo, mentre ero in Giappone e dopo ho conosciuto il moroso e il gruppo del moroso . E…insomma, dopo un po’ abbiamo fatto amicizia, con il ragazzo, che è Giorgio, che conoscerai dopo. I: Che era il…? Ricordamelo, il Dungeon Master?

Eric: No, Giorgio è…fa il paladino in questa campagna. Abbiamo fatto amicizia e dopo…una volta mi ha portato a vedere come giocare a D&D , perché mi ha parlato , ero curioso. Sono andato a vedere una volta , tanto per fare , perché non avevo idea di come fosse. Però, dopo mi sembrava interessante; lui mi ha detto:” Beh, si, insomma, mi pari un tipo sveglio, per cui…[risate] , no perché nel tempo, ho anche incontrato persone che fanno sessione, giocano stravolentieri , però poi fanno una marea di cazzate [ I: “Pari un tipo sveglio…”- risate in sottofondo], per cui…

225 I: Bell’introduzione. Ma, quindi, sostanzialmente, tu prima del 2012, non avevi mai giocato ?

Eric: No.

I: Ma va… Io pensavo che avessi già avuto esperienze e invece no…

Eric: Con giochi con sistema D&D si, ma con giochi per computer, tipo [I: rpg, tipo, non so, anche MMORPG], si , Neverwinter Nights…

I: Ah, caspita. Quindi, sostanzialmente, tu conoscevi già il sistema…

Eric: Si, ma non sapevo si basasse su …

I: Si, è una cosa che è capitata anche a me , perché io , nel lontano 2002 , quando uscì Neverwinter Nights , mi dissi: “ Ha qualcosa di regolare…” e allora andai a vedere e stava scritto: Dungeons & Dragons. So che questo mio amico gioca a Dungeons & Dragons, cavolo. E lui mi ha introdotto…io sono venuto a conoscenza di ‘sta cosa proprio così. Quindi suppongo anche tu sostanzialmente…

Eric: No , io non sono stato così curioso [risata]. Cioè, dopo aver giocato, dopo aver giocato anche alla versione cartacea, ho messo insieme le cose e ho detto :”Aaahh…”[risata di entrambi].

I: Ma, vedo che ,comunque sia, avete già un party ad alto livello, eh…

Eric: Si, questa campagna , si. Ma è stato abbastanza casuale, nel senso che la cosa si è evoluta in questo modo , perché la campagna era partita che avevamo dei personaggi di livello 2 … 4. Dopo siamo andati avanti , man mano. Solo che avendo fatto…diciamo, avendo risolto la missione principale, abbiamo fatto un power up e siamo arrivati al livello 10. Dopo di che , la campagna è stata interrotta per motivi vari e abbiamo fatto l’altra campagna alternativa che era ambientata cento anni dopo , con altri personaggi, con altre missioni, poi siamo tornati alla campagna principale, diciamo. Dove abbiamo fatto questo “exploit” di livelli e siamo arrivati al 25. Per cui in realtà non è stata una continuazione di quattro anni , questa campagna, è iniziata quest’anno , quando sono tornato dal Giappone , quindi a Marzo, Aprile.

I: Si, si, si. Ma, quindi, tu hai sempre e solo giocato a D&D, versione 3.5 , senza mai approcciarti ad altri giochi di ruolo ?

226 Eric : Allora. Ho letto i manuali di Cyberpunk 2020…e…del Risveglio di Cthulhu (sic), ho letto qualcosa. Ho dato un’occhiata anche alla versione 5 di D&D…Però , non c’ho giocato, ho letto un po’ i manuali, visto le regole, come funzionano i vari sistemi, però…non ci ho giocato.

I: E, cosa ne pensi del sistema di gioco ? Ti sembra di averlo appreso abbastanza bene? Che cosa ha contribuito …all’apprendimento delle regole? Non è facile…cioè, in genere…

Eric: Allora, parzialmente, mi sono state spiegate le prime volte, quando ancora non conoscevo bene come funzionavano le cose , perché ero proprio nuovo , nuovo. E , poi mi è stata molto utile l’esperienza, perché , comunque…anche , anche adesso, nonostante siano anni che gioco, quando sono tornato dal Giappone , dopo un anno che non toccavo niente , ero un attimo spaesato, tipo: “Grazie, mi ricordo. Ma , non mi ricordo così bene.”

I: Fammi una prova di lotta…

Eric: Si, esatto, tipo:” Eh…”[risate]

I: C’è da piangere , quando accade…

Eric: Dopo, leggendo i manuali , con l’esperienza, direi. Cioè, i manuali e l’esperienza hanno fatto…e ormai penso di aver imparato abbastanza bene. E’ stato anche grazie al fatto che ,per fare la seconda campagna di questa cosa, in cui ho fatto un bardo di livello 18, ho scoperto la grande utilità [risate], sì dei manuali, ma soprattutto di Internet e dei forum, dove ho trovato tipo, l’handbook per il bardo, in cui un tizio ha , praticamente, tirato giù tutto quello che c’è nello scibile umano sul bardo, l’ha messo insieme e lì ho guardato , ho letto tutto e ho detto :”Si. Ora so.” , tipo Matrix. Ora so di sapere il bardo. [risata].

I: Ma, infatti , è una delle cose che torna di più. Più che altro, l’utilizzo di Internet, cioè, la 3.5 ha una quantità di materiale che è sconfinato e allora è un bene che ci siano questi…

Eric: In Italia è inevitabile, perché molti manuali si trovano solo in inglese e non sono stati tradotti in italiano. Non hanno proprio avuto la localizzazione .

I: Quindi fai spesso uso di internet , anche per, non so, spunti per il background, consigli per le regole eccetera.

Eric: Per il background, spesso, cioè, quasi mai no , perché mi piace o fare una storia abbastanza

227 specifica, ma è raro. Oppure tenerla abbastanza aperta , in modo che il master possa , diciamo includerla in qualcos’altro, magari, dicevo :” Ok, tu mi dici queste cose del tuo background. Ad esempio, su questa campagna, in cui adesso sono stregone, ma inizialmente ero un monaco, avevo costruito il background in modo che, sì, avevo una storia , dato che ero un monaco che veniva da lontano, da un paese sconosciuto e tutti gli altri giocatori: “ Ma dove? Cosa? Da dove vieni ? “. Però avevo fatto in modo che il monastero in cui vivevo quando ero un ragazzino, cioè un raga…avevo diciassette anni , non ero più ragazzino diciamo era stato distrutto non sapevo da chi, perché mi son ritrovato nella confusione, son stato colpito da un pezzo di maceria eccetera, eccetera e sono svenuto , per cui non so chi sia stato e perché, però ho questi ricordi. Ho costruito un background che fosse abbastanza specifico per il mio personaggio , ma non abbastanza da…in modo che il master potesse piegarlo, comunque fare in modo che venissi coinvolto bene con la storia.

I: E…hai mai avuto altri ruoli oltre a quello di giocatore ? Hai provato a fare il master?

Eric: Ho provato a fare il master , ma solo per una sessione, perché poi mi sono ritrovato un po’ incasinato [risata] con altre cose , per cui ho finito per fare…no scusa per due sessioni ho fatto il master, e…però poi non abbiam più continuato , perché dovevo perdere troppo tempo a costruire i personaggi, perché volevo costruirmeli io, nel senso…a parte il manuale dei mostri, per cui prendevo il manuale dei mostri, perché siamo partiti da livello 1, quindi , insomma , non ci abbiamo neanche messo tantissimo , perché, gli faccio trovare lupi. Vado su Manuale dei mostri : lupo. A posto. Ma…anche i personaggi non giocanti che volevo farli un attimo personalizzati, bisogna perderci tempo e quindi mi sono ritrovato subito con ‘sta cosa, avevo da studiare , eccetera , eccetera , per cui , alla fine l’ho mollata là. Però , è stato divertente. I: Ma…com’è che conducevi la partita?Cioè…se ti ricordi, se…

Eric: In che senso?

I: Nel senso che normalmente , ci sono dei modi per iniziare , catturare l’attenzione dei giocatori. Ad esempio, non so…io posso decidere che vengono ingaggiati da qualcuno , oppure faccio prima il background dei personaggi , cioè…così, più o meno , come hai giostrato i vari personaggi?

Eric: Allora…Siccome era sperimentale , perché era la prima volta che facevo il master , ho chiesto a due di quelli che vedrai oggi, che sono Giorgio e uno è Marco che è il master, di farsi due personaggi. Ho detto :”Ragazzi, provo a fare il master. Fatevi due personaggi di livello 1. Sapete che siete voi due , per cui non andate a fare cose particolarissime, perché sapete benissimo che si muore subito, se finisce male . Cioè, se ti fai due tiri scazzati, sei morto. Quindi, si sono fatti i loro personaggi col loro background e li

228 ho fatti unire, praticamente, dicendo :”Bene! Voi siete due tizi- perché a livello 1 sei poco più figo di un contadino praticamente- fratelli, o comunque imparentati e avete fatto le vostre cose. Avete fatto scelte diverse, perché avete una disparità di anni. Perché , comunque, loro hanno scelto età diverse per conto proprio nel background. Ho detto: ok, voi avete tipo diec’anni di differenza; uno aveva fatto il taglialegna e uno invece era più…perché era…perché era un barbaro come classe, quindi ha fatto il lavoro di fatica. Infatti aveva forza molto alta, ovviamente e l’altro invece era chierico, Giorgio, e …quindi diciamo che era…si, comunque forzuto, perché i chierici…però, aveva dedicato buona parte della sua vita, nonostante fosse giovane a lavorare in monastero, a studiare, a fare anche lavoro fisico, però. Sono riuscito a includerli e praticamente , insieme e poi ho fatto partire l’avventura dicendo loro che un loro vecchio amico di famiglia che loro si ricordavano dall’infanzia, quello più vecchio, perché l’altro era troppo piccolo , per cui, non so…cioè , aveva tipo vaghi ricordi, perché l’ha intravisto, però era piccolo, aveva mandato una lettera ,che aveva bisogno di aiuto nella città più vicina, che era Neverwinter e…ho detto loro :”Ovviamente , potete scegliere di non andare,ma ricordatevi che , bene o male siete sempre stati in provincia, non avete mai fatto niente di speciale, per cui potrebbe essere la grande occasione per iniziare un’avventura. Se vi va. Se no, mi dite voi che non vi va e mi invento qualcosa, insomma. [risate]. No , ovviamente qualcosa gli faccio per smuoverli: gli mando a fuoco e in qualche modo…[risata ].

I: Quindi, non hai dovuto forzare gli eventi ?

Eric: No, ma come gruppo siamo abbastanza , diciamo, inclini a formarci , come gruppo vero e proprio. Nonostante magari i background siano diversi. Ci rendiamo conto che l’avventura inizia veramente quando hai un gruppo. Magari è un gruppo che è interessi molto diversi da un personaggio online, però…

I: Quindi , sostanzialmente , eh…c’è più collaborazione , anche perché immagino che i tuoi giocatori avessero molta più esperienza di te [E: Si, decisamente…] e sapevano un po’ come fare…anche perché, il DM alle prime armi è sempre un pochettino…

Eric: Si, non so bene cosa fare .Aspetta che mi invento qualcosa . [risate]

I: Eh. Io, adesso , sto riprendendo a giocare come DM da non so quanto tempo. Sto facendo un copia- incolla da non so quante avventure [risate] , sto mettendo delle mie sottotrame del cavolo e quindi sto facendo una sorta di pastiche [ Eric:Si…], però mi diverto e vedo che anche se i miei giocatori non hanno esperienza, mi seguono abbastanza. Forse , tu hai avuto la fortuna di avere già dei giocatori esperti, che ti seguissero un po’ e che avessero fosse l’accortezza di sapere alcune cose per…ma , come giocatori , domanda, erano solo loro due o c’era…

229 Eric:No, eran solo loro due, perché era una prova, essenzialmente. Nel senso, non avendo mai provato, ho detto:”Ragazzi, voi sarete le mie cavie . Sappiate che se faccio cose alla cazzo , mi viene male , non vi divertite , me lo dite. Vedo un po’ di , insomma, di visionare le cose, oppure mi consigliate . Nel senso che tutti e due giocano da tipo, quindic’anni , più o meno. Eh, hanno iniziato quando erano ragazzini. A quindici, sedic’anni, adesso ne hanno trentuno, quindi…

I: Avranno giocato inizialmente con la Seconda…

Eric: Penso…mi pare di si. L’Advanced.

I: Si. L’Advanced. Perché era fra il 2000 e il 2003, che è uscita la 3.0 e la 3.5. Quindi, questa era la prima campagna da master, c’è anche una seconda campagna da master?

Eric:No,no. Sono due sessioni. Ci siamo trovati due volte per fare questa campagna.

I: Quindi è durata poco , sostanzialmente.

Eric: Si, cioè sono rimasti, ancora che mi dicono:”Ma, quand’è che …”[risata], perché parzialmente , ho iniziato che loro dicevano:”Si, bello fare il master , ma io voglio giocare” . Siccome hanno sempre fatto loro, si sono alternati. Allora, un po’ volevo provare io; un po’ volevano giocare. Ho detto:”Sentite , mettiamo insieme le nostre voglie.

I: Eh…Quindi , tu mi stavi dicendo che hai sia la tua avventura da master, che quella in cui sei giocatore, ambientata nel Faerûn. C’è una preferenza per qualche motivo , o semplicemente perché è un’ambientazione molto usata ?

Eric: Perché amplia un po’ l’ambientazione, diciamo. Perché il Faerûn aggiunge…non so bene . Io non so bene in realtà, perché per la mia ho usato il Faerûn, però era una 3.5 Faerûn molto vago: ho preso la mappa D&D standard, mappa, ho scritto mappa D&D, eh, volevo la mappa dove c’era Neverwinter, perché così sono sicuro che sia quella. [risate, con io che rassicuro:”E’ quella, è quella…”].

I: Quindi, è una sorta di suggestione?

Eric:Per me si. Invece , nell’altra campagna, nelle altre campagne. Perché, anche nelle campagne precedenti, era stato usato il Faerûn, ma perché c’era un mondo di gioco leggermente diverso, con altre

230 divinità eccetera e ci servivano per quel motivo. Per esempio, in questa , nella prima parte , quando ero monaco, c’erano le divinità standard, più quelle , diciamo, un po’ inventate dal master, che creavano bene o male , quello che poteva essere la cosmogonia…si, anche la cosmogonia, tutto il sistema di mitologie. Invece la seconda parte in cui io facevo il bardo, il master mi ha detto:” Trovati una divinità di una mitologia qualsiasi , insomma, qualsiasi, greca , scandinava, quello che vuoi. Ho tirato fuori Apollo. Va bene , Apollo.”. Per cui è stato rimaneggiato tranquillamente.

I: Quindi, devo dedurre che loro si trovano molto a loro agio. Cioè, la conoscono abbastanza, no?

Eric: Si.

I: Ok . Vi siete mai trovati, cioè , magari che avevi iniziato a giocare da poco , ehm, le prime volte con le regole , da rispiegare parecchie volte…

Eric: Eh…si. Io all’inizio ero abbastanza dubbioso, eh, soprattutto per le regole di ingaggio. Perché hai tiro per colpire, allora, poi anche per i critici che sono altre regole, cioè , nel senso, il primo tiro devi fare 19-20 o se hai critico abbassato, 18, quello che è. Però poi il secondo tiro per confermarlo , come funziona? Devi fare il critico col dado oppure no? Perché, alcune volte era strano…boh, come devo fare? Tra l’altro, poi nel tempo è venuto fuori il triplo critico: tre volte venti diventa un’esecuzione immediata e finita lì.

I: Comunque sono regole della casa che…

Eric: Si. Si, è vero, però…

I: Usate regole della casa ?

Eric: Generalmente no. Cioè…no, cerchiamo di attenerci il più possibile ai manuali. Ogni tanto salta fuori, ma più che altro vengono fuori dubbi, tipo, ma come funziona in realtà? Perché ormai sono anni che hai quel modo di fare, ti viene il dubbio e vai nei manuali e : “Ah, ok, si fa così. Ragazzi, da ora in poi , facciamo così. “

I: Molto attenti al regolamento base.

Eric: Si, cioè in realtà va bene a tutti anche cambiare le regole, purchè sia equo. Per esempio, mentre facevo io il master è venuta fuori la questione di: se mi muovo nel metro e mezzo, nel quadretto

231 adiacente all’avversario è un tiro, come si dice…oddio, eh…un attacco d’opportunità oppure no. Io ho detto : “Per me è si. Perché ,alla fine, entri nella sua guardia, non è che sta lì ad aspettarti. Poi , leggendo il manuale , dice che , se ti muovi solo di un metro e mezzo, che è il tuo movimento, diciamo, più basso, ma che puoi fare , sempre e comunque, entri; non hai l’attacco d’opportunità. Al che ho detto: “Ah, ok.” Probabilmente, chi ha fatto il manuale , chi ha fatto il gioco, si immaginava che entrassi , sì, ma duellando. Si scambiano i colpi, ma entrando in quel metro e mezzo, non è che uno t’aspetta. Ho detto:”Ok. C’ha senso…”. Se finora abbiamo fatto così , sappiate che avete attacchi d’opportunità , sia voi che i nemici. Quindi state attenti. Oppure me la descrivete benissimissimo che fate quel metro e mezzo, mi dite che state duellando eccetera , io dico :”Ok. E’ il tuo movimento. “ . Alla fine per semplificare abbiamo tagliato e è diventato: tutti hanno attacchi di opportunità.

I: Quindi non avete mai trovato dei punti di disaccordo?

Eric: Mmm, no. Nel senso che eh…si può fare quello che si vuole , purchè sia equo. Nel senso, non è che il master…sì, il master è il dio del gioco. Perché è lui che ti fa l’avventura , che ti crea i nemici, eccetera. Se si scazza della campagna , ti dice: “Ok, il mondo è stato distrutto da una stella cometa e sono tutti morti”. Per cui…è effettivamente il dio. Però, cioè, il concetto è : se sei equo e cambi le regole , lo dici prima. Fai in modo che sia applicato sia a te , cioè , sia al giocatore che ai tuoi nemici creati dal master e va bene. Basta saperlo. E’ una cosa che è stata, ritrovata diciamo, questa, nell’altra campagna che seguo. Però, non ho ancora chiesto al master niente , perché è un sacco che non ci troviamo. Un giocatore c’è e non c’è. Insomma, siamo stati pieni di casini per cui ancora non gli ho detto niente. Comunque se vuoi… cioè , poi gli chiederò se ti va di provare anche quest’altra cosa. Perché lui, il master dell’altra campagna che non c’è e Giorgio e altri, stanno collaborando per fare un nuovo gioco di ruolo, praticamente, che si chiama “La guerra”. In cui…è un’ambientazione super-low-magic; praticamente non ce n’è. Se anche … e ci siamo ritrovati in quella campagna e ci siamo tutti con capacità magiche per un motivo o per l’altro, perché è low magic. Va beh, però ho detto :” Voglio fare lo stregone. Voi ragazzi sapete che io faccio lo stregone, per cui fate il ladro; fate quello che vi pare , insomma, ma sapete che io son magico e morirò presto. [risata]Per cui fate…e ci siamo ritrovati con tre personaggi su tre magici, per trama e una cosa e l’altra e io: “Cosa cazzo? Ma non era un mondo low-magic??” Eh, va beh, ok. E lì è molto diverso, cioè , in senso, si applicano le regole di D&D 3.5. Non seguiamo le altre perché la 4 , la Patfinder, non è piaciuto al gruppo. Cioè, io ho dato un’occhiata, però non ho veramente guardato , perché abbiamo sempre giocato alla 3.5 e ancora all’inizio quando stavo imparando le regole ho detto:”mmm, ok. Non facciamo casino”, per cui ho lasciato là.

I: Io in realtà, cioè, Pathfinder, poi, alla fine, è una 3.5 con qualche aggiunta, semplificazione.

232 Eric: Si, si. Però non è piaciuta molto. E poi la 5 non l’abbiamo più guardata. Perché è in inglese, e…

I: Non molti hanno la pazienza di …[Eric: esatto…] stare a …eh, si in effetti.

Eric: Si, anche il casino di andare a trovare il file , soprattutto all’inizio , quando era appena uscita. Adesso si trova tutto più facilmente, da scaricare , da leggere in Internet.

I: E il tuo master , attualmente , fa uso di un sacco di manuali della 3.5, o si limita ad alcuni e seleziona ?

Eric: Ne usa molti. Quelli in italiano , tutti. Quelli in inglese , si, nel senso, per esempio, per il bardo sono andato a prendere anche un paio di manuali in inglese, tipo sul complete “bard bank” che ho trovato, c’erano anche…c’erano anche un paio di cose su altri manuali. Ho detto:” Io ho trovato anche queste cose. Ti mando i manuali in pdf. Ti dico cosa ci voglio fare , poi mi dici se va bene o no; il master sei tu, quindi decidi tu. Però io ho fatto: “ Cioè questa è la mia idea. Questi sono i documenti…”.

I: Eh…altra cosa. Ci sono… non so, delle narrazioni ricorrenti nel gioco? Ehm, degli episodi divertenti ricorrenti che tornano in mezzo alla narrazione del gioco?

Eric: Si, si. Ci sono.

I: Se ti va di narrarmene uno o due…

Eric: Eh, allora. [Eric: che ore sono?- I: sono le 7 meno 10. Eric: Ah, abbiamo ancora…non c’è problema. Aspetta, fammi guardare se ho ricevuto messaggi vari…o cambiamenti di orari…]. Eh…allora, se con scherzi ricorrenti intendi dire cose che si ritrovano di avventura in avventura , eh…[I: aneddoti divertenti, oppure non so…] nel senso, avventure diverse , ma che hanno situazioni simili , sì e no. Con le locande che sono sempre molto incasinate eccetera, c’è tanto….se invece intendi fra giocatori, cioè tipo: “Ma ti ricordi quella volta che…”.

I: Si, esatto. Ma anche , semplicemente, non so, anche fuori , off-game, narrazioni condivise, episodi divertenti…

Eric: Si, capita. Capita ogni tanto. Mmm, in realtà dipende mol…dipende mol - to. Dipende molto dalla sessione, perché se siamo molto presi dalla storia ed è piena di combattimenti, c’è meno tempo. Però ovviamente , quando ti capita una cosa strambissima o comunque eccezionale, sei là che dici:” Ok! Ti

233 metti a ridere, perché , tipo, va beh…ma che cazzo…”. Per esempio, l’altra sessione, eh…io mi sono trovato che dovevo fare, sì, la scorsa settimana , di cui abbiamo parlato, che dovevo fare, abbiamo fatto sessione…cosa avevo detto? No , va beh, ok mi sono perso un attimo. Comunque….la scorsa sessione, in cui mi son ritrovato dal nulla , io mi aspettavo di proseguire con il mio bardo o con il monaco, a seconda di quello che mi diceva il master, perché mi ha detto: “ Dovrai decidere, però non ti dico altro , perché te la giochi”. Ok, e mi sono ritrovato a scegliere lo stregone, perché non avevo nessuna voglia di fare lo stregone, perché è complicatissimo sceglierti gli incantesimi così, perché volevamo giocare e a farti un personaggio di livello 25 ci metti una vita , volendo. Cioè , stai anche là cinque ore a sfogliare manuali e sei…sei ancora…[risata] Io gli ho detto. Poi , però,effettivamente, il mio personaggio deve giocarsela così. Cioè, deve no. Però, diciamo che la mia influenza di giocatore sì, c’è, ma deve andare avanti con la sua strada, perché lui è lui. Quindi ho detto: “ Si. Eh, sceglierò la strada arcana e diventerò stregone…”. Quindi mi son ritrovato con il master che ha già fatto stregone di livello alto che mi ha dato una mano. Ha messo insieme un pacco incantesimi non indifferente, di livello da 0 a 9, ovviamente. Così, nel giro di , tipo, mezz’ora, fai il conto …così [schioccando le dita e ridendo]. E…però erano cose che dal nome, sì, si intuisce . Però, ovviamente , bisogna andare a vedere le regole: quant’è la distanza, quali tiri devi fare, su cosa va a toccare , perché è a contatto, non è a contatto, a contatto a distanza oppure lo devo proprio… cioè, inizia ad esserci tutta una serie di regole che devi andarti a controllare per forza. Eh…al che ci siamo trovati , come ti dicevo, nell’avventura in cui siamo stati reclutati di nuovo dalla divinità Ostrein, che però questo giro sembra essere parecchio più incazzata dell’ultima volta, cioè 130 anni fa , per questi personaggi [risata]. Il mio monaco è rimasto imprigionato nella pietra per 130 anni[risata].

I: Tipo Han Solo.[Eric: esatto!] Una versione…

Eric: La grafite. Si, esatto , esatto. Eh, perché ‘sta divinità ha influenza su una pietra verde e luminosa e quindi ci ha praticamente inscatolato per farci sopravvivere , perché saremmo stati tolti da questa cosa in futuro…forse.

I: Le imperscrutabili volontà del divino.

Eric: Esatto. E insomma ci ha detto: “ Ragazzi, ‘sti elfi di merda bisogna sterminarli tutti, sostanzialmente…non ha detto proprio così, però questo è il riassuntone.

I: La divinità o il master?

Eric: La divinità. Cioè la divinità…il master tramite la divinità [risata], esatto. Insomma, bisogna sterminare gli elfi. Dovete andare a conquistare queste sette fortezze che sono su questa catena rocciosa,

234 su questa , insomma catena montuosa. Sono , qua, qua ,qua…iniziate dalla più vicina che è quella a Nord. Bene , ha detto:” Bon, ragazzi, siccome non è proprio prestissimo, perché inizia a farsi sera, insomma e quindi rischiamo di fare disastri al buio e noi non ci vediamo niente, perché siamo tutti umani. Gli elfi invece hanno visione crepuscolare , per cui…questo è vero, però voglio dire…per cui stiamo calmi. Il paladino ha deciso di schiantare il portone della fortezza dove ci hanno chiesto l’”altolà chi va là”, perché c’era un posto di blocco…di schiantarlo con una catena globulare , con una …no , scusa, fulmini globulari. Ha ucciso quattro persone friggendole sul momento, ha divelto il portone [risata]. Quest’altro che doveva venire , che ha avuto problemi col lavoro , eccetera, poi ha avuto anche un figlio, per cui ha avuto, cioè…c’ha avuto da fare, insomma, negli ultimi mesi [risata], per cui non è più riuscito a giocare tra una storia e l’altra ,ed è finalmente riuscito, dopo quasi un anno a giocare con noi. E…il master gli ha dato un ruolo di mortale, perché in questa campagna ci sono anche gli immortali. Devi schiantarli tagliando la testa, se no non muoiono; ne abbiamo già incontrati, va beh, questa è un’altra storia. Insomma, uno distrugge il portone e uccide, uno decapita altri quattro elfi, il terzo dice : “Ragazzi, ma non era una cosa abbastanza tranquilla?” . Va nel portone e bussa. Io ho detto:” Boh, cioè, che faccio?”. Perché fra i miei incantesimi, ne ho già parlato col master, c’era fermare il tempo, per cui era tipo: Ok, fermo il tempo per X turni , faccio un po’ di buff quanto serve , in modo che io sia pronto a tutto quello che può arrivare e poi vediamo. Però, do un’occhiata ai miei incantesimi, ho visto un’inversione di gravità, ho detto:” Perché non proviamo a usarla?”. Ho usato inversione di gravità [risata]. Dopo cinque minuti di salita e cinque minuti di discesa, abbiamo avuto un lago di sangue nella fortezza [risata]. E questo è stato un episodio ricorrente nella sessione e tutto questo è stato un grande tra virgole e virgole , è stato un grande episodio della sessione in cui, quello che è andato a bussare si è trovato in mezzo a inversione di gravità, si è appeso per il rotto della cuffia allo stipite della porta e non è andato su e poi giù. [risata]. Poi ogni tanto era:” Scusa , non è che adesso fai inversione di gravità e mi spedisci…” – “ No , no, tranquillo. Non lo faccio più…”

I: E , con quanta frequenza vi trovate voi? Settimanalmente…?

Eric: Proviamo a trovarci settimanalmente, ma essendo che … due sono coi turni, non è sempre possibile e quindi capita ogni due-tre settimane e…magari se io ho gli esami:” Oh, ragazzi , io per le prossime due- tre settimane , non ci sono perché devo mettermi a studiare, quindi andate avanti voi”. E quindi facciamo così.

I: Ma, riuscite a trovarvi? Cioè, avete difficoltà a …riuscite a comunicarvi le cose? A trovarvi abbastanza bene o…

Eric: Eh…no, riusciamo a comunicare usando whatsapp o…mezzi per sentirci ne abbiamo. Sì, abbiamo

235 una chat apposita. Se no, comunque , ci sentiamo per telefono, quindi non è un problema. Generalmente siamo piuttosto regolari: ci troviamo una volta a settimana e basta, è raro che saltiamo di più. I: In media quanto giocate a sessione?

Eric: In media, ci troviamo sulle 8 , 8 e mezza , mangiamo una pizza e dopo ci mettiamo a giocare. Quando finisce dipende da chi lavora e a che ora il giorno dopo, perché coi turni , ovviamente, se inizi alle 6, del matt…perché ogni tanto capita che uno dei due che deve fare, deve iniziare alle 6 del mattino, qui diciamo :”Va beh , giochiamo un po’ meno…”, cioè , va beh, si sacrificano anche, perché magari dormono solo 5 o 6 ore e torniamo a casa per mezzanotte, l’una, però giochiamo due- tre ore, se no, se non abbiamo grossi problemi, andiamo avanti anche fino alle due , tre…[risata].

I: Già visto, già sentito…

Eric: Eh, va beh, nessuno ha paura del buio ormai…[risata]

I: Niente. L’ultima cosa. Che tipo di linguaggio usate in-game, molto specialistico o poco specialistico? Mi spiego: avete dei termini dedicati a particolari cose, tipo: buff. Che hai già sentito dire , oppure no? Cioè , che tipo di approccio preferite?

Eric: Eh, no. Usiamo termini specialistici. Anche perché, essendo tutti abbastanza giovani, abbiamo tutti…nel senso , no, siamo tutti giovani, tutti abbastanza giovani da aver vissuto Internet e i videogiochi come una cosa da ragazzini, cioè, insomma ce la siamo vissuta nell’adolescenza. Quindi, tutti i termini che ti trovi nei videogiochi, nei MMORPG , te li trovi nel buff, oppure nell’effetto Stun; li ritrovi tutti anche in gioco. Anche perché, essendo più brevi, fai prima, li dici più rapidamente, quindi …interpreti di più e perdi meno tempo sulle regole, diciamo.

I: Esatto, esatto. Ma anche personalmente, ehm, hai avuto conoscenze solo tramite gli MMORPG o anche tramite conoscenti, amici…?

Eric: No, io personalmente, facendo uso di internet da quando ero alle medie , poi sempre di più quando…man mano gli interessi aumentano . Hai bisogno di specializzazioni da altre parti oltre all’Italia, mi son ritrovato facilmente a leggere o ascoltare questo genere di cose fin da quando avevo 12 , 13, 14 anni, insomma. E non solo tramite giochi comunque.

I: In- game hai mai trovato qualche termine di cui non sapessi il significato?

236 Eric: Ci sto pensando , perché potrebbe essere. Non mi pare, non in D&D , diciamo, perché ormai ho già passato i diec’anni precedenti , più o meno, a sentire e vedere di tutto, sia in italiano che in inglese, per cui avevo una cultura abbastanza vasta e generale da poter essere poi applicata anche a D&D. Sì, direi di non avere avuto problemi . Ma, va beh, comunque, può anche darsi che non mi ricordi ora , ma conoscendomi comunque sono andato a vedere nel gruppo ho chiesto agli altri miei amici nel caso avessi avuto dubbi sicuramente, perché, sì, preferisco togliermi il dubbio, piuttosto che tenermelo ,insomma.

Alvise (25 anni, tecnico informatico, VE). Intervista avvenuta a S.Alvise VE, alle 20 e 30 ca. su una panchina dell’imbarcadero. 17/03/2017.

I: Se nel frattempo, vuoi dirmi quante partite di gioco di ruolo stai conducendo ?

Alvise: Come dungeon master, come giocatore ?

I: Tutto, in generale.

Alvise: Allora, come giocatore, sto conducendo la campagna di Dario, sto seguendo quella di Mula a Call of Cthulhu…e dopodiché sto facendo la mia di D&D. E ne sto organizzando un’altra per Call of Cthuluh. Quindi, in totale sarebbero quattro, però una, essendo ancora da iniziare , diciamo, resta ancora un progetto.

I: Quindi, cioè, continuano da molto o… alcune semplicemente son state accantonate, le hai riprese.

Alvise: Allora. Ne avevo accantonata una all’inizio , che è quella di Dario e poi comunque , appena ho trovato il tempo, ho ripreso. Dopo di che, quella di Mula è stata in pausa per un periodo, ehm, diciamo che ne conducevo una prima , soltanto che abbiamo notato che stava diventando un po’ ingiocabile e quindi abbiamo proposto di ricominciarla da capo con delle regole un po’ più stringenti e quindi, bene o male , dopo un tot di tempo, l’abbiamo ricominciata. Perché c’è la mia che ho lasciato in pausa per un periodo, ma per riorganizzare le idee, diciamo. Tutto qua. E, la mia era iniziata, dopo di che , per problemi , anche fra persone, tra giocatori che non si potevano più vedere l’ho messa in pausa e dopo di

237 che l’ho ricominciata anch’io. Un po’ come Mula, ma conto di rimettere a posto le idee, cercare di rendere un po’ l’esperienza di gioco migliore.

I: Come è che hai iniziato a giocare di ruolo?

Alvise: E’ stata, praticamente, una mia amica che …delle medie, che ho sentito dopo circa…quattro o cinque anni, mi ha presentato il suo moroso, come …cioè me l’ha presentato come : “ Anche lui gioca a Final Fantasy, del tipo e da lì , bene o male , abbiamo iniziato a frequentarci di nuovo e …appunto , alla fine sono entrato nel circolo di D&D assieme a Dario e è da lì che ho conosciuto Mula.

I: Quindi, circa quanti anni fa ?

Alvise : Eh…avevo circa diciott’anni , perché ero circa in quarta-quinta superiore, quindi fa conto un sette-otto anni fa .

I: Ok. E hai giocato solamente a Dungeons & Dragons oppure, o magari ad altre edizioni di Dungeons & Dragons, o altri giochi?

Alvise: Le edizioni di Dungeons & Dragons che giocavo io era più che altro 3.0 e 3.5, perché all’inizio, non sapevamo esattamente la differenza, mettiamola così. Dopo di che , la quattro l’abbiamo completamente skippata, la cinque , ho giocato una campagna da un mio amico , ma…trovo che le regole siano un po’ troppo stringenti da un certo punto di vista, cioè, mi son trovato a fare la storia di un personaggio senza che avesse effettivamente un senso , perché non si poteva da regole. Dopo di che, va beh, è iniziato Call of Cthuluh, di recente. Per il momento mi sta piacendo; non è esattamente lo stesso genere, però…diciamo che da certi punti di vista lo apprezzo molto di più, perché è molto più sul descrittivo e sul…sui rapporti inter-persona, chiamalo così…

I: Sul ruolo, l’interpretazione…

Alvise: Si, anche sulla collaborazione.

I: Come mai…cioè, perché tu sceglieresti la 3.5 per giocare a D&D?

Alvise: Beh , diciamo che è una delle ultime edizioni che , effettivamente, ti permette di fare un po’ quello che vuoi; cioè, è molto customizzabile e ti permette di fare un ampio arsenale di scelte, mettiamola

238 così. Che da manuali che hanno stampato che sono una miriade, permettono di fare qualsiasi personaggio tu voglia. La cinque invece , sì, come appunto ti avevo già detto prima, un background che avevo fatto di un personaggio, che avrebbe rotto l’arma al suo maestro; per quel suo gesto è stato mandato in guerra, perché ritenuto pronto, non si poteva fare. Perché , appunto, spezzare l’arma è un talento. Non lo puoi fare all’inizio, puoi farlo ad alto livello.

I: Mmm, beh si…ehm…

Alvise: Nella 3.5 prendi il talento e…fai quello che vuoi.

I: Si, si. In effetti, è abbastanza flessibile. Il problema, più che altro, il numero di regole, il numero di varianti che uno , magari, se fai il giocatore , ancora ancora…ma se fai il master, magari…

Alvise: Beh , il Dungeon Master, potrebbe limitare il numero di regole che possono essere applicate, in genere, dice quanti manuali si possono utilizzare.

I: Ehm, tu hai avuto più esperienze da giocatore o da master?

Alvise: eh, diciamo che ho fatto più campagne da giocatore, quello sì. Più che altro, penso che i due tipi di esperienza si …possano combaciare , mettiamola così.

I: Come…pensi che ti diverta di più fare il giocatore o il master?

Alvise: Dipende da moltissimi fattori. Per esempio, chi è il master della campagna in cui gioco, chi sono i giocatori della campagna che masterizzo.

I: Cioè, tu dici, ci sono master buoni, ci sono giocatori buoni e giocatori cattivi eccetera, eccetera, secondo te quale potrebbe essere un buon master ?

Alvise: Un buon master, intanto , è uno che sappia raccontare fluidamente la storia. E’ un qualcuno che non incentra su di te il cosa fai, ma ti aiuta a scegliere cosa potresti fare . Dovrebbe essere appunto che incentra su di sé la gestione delle regole , per rendere migliore l’esperienza di gioco . In genere , appunto , ci sono i manuali del giocatore , del dungeon master. Sul dungeon master ci sono molte più regole che quello del giocatore . Ti dirò che avere un giocatore che sa anche le regole del dungeon master è comodo, perché se , a volte, se ti scordi una regola , il giocatore la sa. Però, in questo caso entri molto sulle meccaniche di gioco e tendi molto a tralasciare il ruolo. E’ una cosa un po’ brutta…

239 I: E invece un buon giocatore ?

Alvise: Un buon giocatore, appunto, secondo me, dovrebbe essere qualcuno che al massimo sa cosa fa la sua classe e basta. Non ha visto nessun altro manuale. Perché , appunto, rende l’esperienza molto più diretta, normale. Per esempio, che ne so…tutti quanti conoscono i troll, per dire. Un giocatore che se lo trova per la prima volta , non sa che cavolo sia…ha un approccio che potrebbe essere anche errato , sotto un certo punto di vista , per le resistenze che ha un troll. Mentre , i giocatori che sono un po’ più esperti, fanno metaplaying e di default, bene o male , vanno a : so che è immune a questo, quindi uso l’altro.

I: Quindi, sostanzialmente, tu ti sei trovato magari alcune volte a dover gestire dei giocatori di questo tipo?

Alvise : La maggior parte delle volte , perché , bene o male, non ho mai avuto dei giocatori inesperti.

I: Ok, e come sei riuscito a gestire questo tipo di conoscenza di metagame?

Alvise: Beh , innanzitutto gli faccio notare che non sanno la cosa e che comunque devono fare la relativa prova per vedere se sanno effettivamente qualcosa al riguardo. Diciamo che … le parti più problematiche sono quando un giocatore , appunto, sa le regole e si impunta sulla regola, nonostante tu dica che , bene o male , non è così, piuttosto di fare andare avanti il gioco tende a rallentarlo il più possibile verso gli altri.

I: Come Master, quanto tempo ti prendi per la tua campagna , come procedi nella creazione, se vogliamo.

Alvise : Mah, in genere mi prendo un paio di ore la settimana , tipo quando sono in autobus e quant’altro, per ,più che altro, organizzare le idee, fare un po’ il punto di dove siamo arrivati e anche per vedere i possibili sbocchi che potrebbe avere la campagna. Per esempio,attualmente nella sessione precedente , avevano n opzioni, di cui ho descritto, cioè , ho fatto un mini tracciato logico , di bene o male , cosa avrebbero potuto trovare, fare , brigare e dopo di che valuto qual è l’opzione più percorribile secondo loro, faccio un calcolo delle probabilità, sotto un certo punto di vista , dettaglio meglio quell’esperienza ; per le altre, al massimo aggiungo delle descrizioni dei dialoghi con altri personaggi per guadagnar tempo, perché ovviamente , non si può fare tutto quanto a puntino; non ho tutto questo tempo.

I: Hai avuto riscontri positivi? Cioè, mettiamola così: in genere, succede che un Master pianifichi un percorso e normalmente i pg non lo seguono quasi mai.

240 Alvise : La scorsa volta, è andata come previsto [I: Fortuna…]. No, più che altro sapevo…man mano che giochi con i tuoi giocatori, sai che strada percorreranno.

I: E’ un po’ una faccenda di interpretazione e di…proprio , conoscenza della persona, secondo me, cioè, perlomeno: vedo come sono, so cosa fanno, che personaggio hanno e…

Alvise: Si, ma raramente, bene o male, arrivano a fare il contrario di ciò che avevi auspicato, diciamo. Sta anche a te da Master , dare gli appigli giusti ,per fare in modo che ciò succeda. Mmm, però comunque, è sempre bene lasciare non una singola strada, perché se no praticamente vado avanti , dritto, non faccio niente e anche dare delle opzioni, appunto.

I: E, invece dell’attuale campagna di Dario, cosa pensi, in generale?

Alvise: In generale, penso che se Dario si studiasse prima i discorsi di ciò che dovrà dire e fosse meno dispersivo,sarebbe un’esperienza di gioco migliore. Ha delle buone idee, però, come ruola e quant’altro, secondo me , perdiamo un sacco di tempo.

I: Cioè, tu ritieni che sarebbe più immersivo, se si preparasse un attimo il discorso, se sapesse un attimo come interagire…meglio, mettiamola così?

Alvise: Si, secondo me potrebbe migliorare molto da questo punto di vista.

I: Hai mai fatto uso di moduli preimpostati, di ambientazioni preimpostate nelle tue campagne?

Alvise: No, mai. Ho sempre preferito creare l’ambientazione da zero. Anche perché, bene o male, la maggior parte delle regole che sono scritte su D&D, non mi piacciono esattamente come sono scritte, infatti , in genere se faccio delle modifiche alle regole le comunico ai giocatori. Il discorso delle divinità , per esempio nella mia campagna, non esistono divinità, esistono persone molto importanti che sono talmente importanti da essere considerate delle divinità, ma in realtà non lo sono. Anche il discorso dei livelli oltre il 20 , che sono considerati livelli epici, nessuno ci è mai arrivato; ci sono le divinità che sono di livello 20 , appunto.

I: Ok, è molto stringente, come…

Alvise: Più che altro, mi piace il discorso che : alla fine saranno i personaggi alla fine, ad arrivare oltre

241 all’epico, cioè al livello 21 e quindi la loro unicità. Ci saranno comunque dei gradi sfida oltre il 20, perché comunque i mostri vanno ben oltre quel grado di sfida lì, però non è tanto una questione di mostro, ma una questione di personaggio.

I: Ti sei mai trovato a dover andare ad adattare delle regole a quello che tu avevi in mente ? Una regola magari è troppo stretta e tu ti sei trovato a dover dire:”No, io questa regola non la considero, faccio che va così…”?

Alvise: No, quello lì no. In genere , le regole di D&D , per come sono scritte sulla carta , per me son scritte sulla pietra. Cioè, tendo ad essere molto pignolo sulle regole, perché secondo me , c’è un bilanciamento, in fondo. E se non si tiene conto di una regola in particolare, si rischia che questo bilanciamento, vada a farsi fottere.

I: Ma, anche quando, ad esempio, ai fini della trama, ti senti che una regola sia troppo stretta, non ti è mai capitato?

Alvise: No, al massimo, facevo in modo di trovare delle scappatoie. Sì, D&D ti da comunque delle vie per aggirare alcune regole, mettiamola così. Tipo, applicazione di archetipi o incantesimi.

I: Sì, comunque ti dà anche disponibilità di crearne altri, volendo.

Alvise: Di incantesimi, sì. Ti da le linee guida per crearne. Difatti, io nella mia campagna ho sempre fatto in modo che i miei giocatori si sviluppassero i loro incantesimi, però nessuno è mai stato interessato. Io ne ho fatti di nuovi, per carità , ero con i png, però i giocatori , appunto non sanno la resistenza di questi incantesimi che potrebbe anche essere una cosa buona.

I: Domanda programmatica: se tu dovessi insegnare il gioco , fare da sorta di cicerone a qualcuno che non ha mai giocato , come faresti?

Alvise: Innanzitutto, gli chiederei …gli descriverei le razze, cosa fanno, i loro attributi e gliene farei scegliere una. Dopo di che , gli farei fare i tiri, per vedere appunto le colonne, le caratteristiche come vengono fuori . In base a quello, posso consigliargli quale classe base potrebbe prendere; se ci sono delle classi base, tipo il paladino o il monaco che hanno come requisito di caratteristiche molto elevato. Poi ce ne sono altre come il mago o il barbaro , che ce l’hanno un …un po’ più accentuato, mettiamola così. Descriverei le classi cosa fanno, in base a quelle lì, possibili e gli chiederei , appunto, qual è il suo stile di gioco. Poi , da lì, semplicemente, gli spiegherei , appunto, va beh, lo aiuterei ad equipaggiarsi, gli

242 spiegherei , bene o male, cosa può fare con i suoi soldi e da lì lo farei giocare, cioè non gli insegnerei bene o male , movimento , attacco o quant’altro,mmm… volo , incantesimi, eccetera , eccetera, diciamo che se uno inizia, inizia. E’ un po’ difficile fare il mago, perché, appunto , impararsi gli incantesimi è un po’ dura,o se vuole farlo posso, bene o male , selezionargli quali incantesimi vuole fare per l’inizio; in base a quello, quando si trova in combattimento, gli farò presenti le opzioni che ha in modo che , bene o male, possa impararsele, tipo: data la tua velocità, in un round, puoi muoverti di tot metri, però sappi che se lo fai , dai degli attacchi di opportunità, oppure , se ti muovi di un metro e mezzo e basta e fai un’azione standard, dopo non dai attacchi d’opportunità.

I: Cioè, tu dici, gliele insegno man mano che capitano , in modo tale che , magari , gli si …rimangano impressi nella memoria, perché li collegano a situazioni reali, giusto?

Alvise: Non solo. Anche perché, bene o male, lui si trova davanti una situazione che non ha mai gestito, non sa esattamente cosa potrebbe fare e riconduce a cosa farebbe nella vita reale , se fosse quella persona, quella determinata classe o quant’altro. Per esempio, molti sanno il mito dell’Idra, l’Idra c’è come mostro in D&D, la cosa che ti viene spontanea da fare , è tagliargli la testa, perché quando gli tagli tutte le teste, in genere , muore. Cosa che , bene o male, molti giocatori non fanno in genere, ma uno che sa un po’ di mitologia e quant’altro, gli viene spontaneo dire : “ Provo a tagliargli la testa”, quindi salta fuori il discorso di spezzare che , normalmente non si farebbe. Qua ci sarebbe un po’ di…un pelo di metaplaying , diciamo, perché comunque sapresti tutto dell’Idra…sì, conoscenze generali, ma che non è detto che il tuo personaggio sappia.

I: Sì, sì. E dopo nel ruolo, chiaramente , si stempera il tutto.

Alvise: Si, diciamo che poi però, potrei concedere un tiro in conoscenze e dare anche un bonus , sotto quel punto di vista, perché comunque hai avuto una buona idea , comunque è un giocatore nuovo e da lì, bene o male, sì, avrebbe tutto quanto…cioè, imparerebbe la maggior parte delle cose.

I: Ti è mai capitato, tipo, che tra giocatori più esperti e giocatori meno esperti ci fosse un po’ di competizione, perché, di solito, per quel che vedo io, i giocatori più esperti ,tendono a prevaricare quelli meno esperti; a rubare spazio.

Alvise: rubare spazio in termini di gioco ,la maggior parte delle volte , sì, perché a volte alcuni giocatori esperti, cominciano a complottare , far piani e quant’altro e ci sono , praticamente gli altri , che stanno lì ad aspettare che questi qui finiscano, perché dicono:” Non è mio compito pensare a cosa fare, non sono io il mago, o cose simili”. Cosa che , bene o male, io tendo un po’ a cercare di limitare , da quel punto di

243 vista.

I: E come fai per limitarlo?

Alvise: Mettendo dei limiti, appunto, a questi giocatori, tipo, ognuno ha i suoi limiti di spazio per fare determinate cose, se non ne usufruisce o quant’altro, finito il tempo , tocca a un altro.

I: Quindi proprio a livello di off-game…adesso ti dico che il tuo turno è finito, adesso tocca all’altro…

Alvise: No, cioè io dico , bene o male: “ Guardate , ragazzi , che avete tre minuti a testa, dovete decidere cosa volete fare e fine . Poi se si entra nel ruolo o quant’altro, ti assegno dei tempi un po’ più lunghi, tipo cinque – dieci minuti, tempo , appunto , che qualcuno parli un attimo con una persona , poi passo agli altri che sono da un’altra parte, se son da un’altra parte.

I: Preferisci avere a che fare con personaggi – giocatori esperti, o no?

Alvise: Ti dirò, dipende da chi sono , sempre. Perché c’è il giocatore esperto che nonostante tutto , non ti mette…non ti fa cavilli sulle regole, non sta lì a interromperti ogni due-tre secondi o quant’altro, e ti rende comunque l’esperienza di gioco alquanto appagante. Perché, comunque, fa in modo che , anche tutti quanti gli altri si divertano , facendo…cosa si può fare , cosa non si può fare, nei limiti dell’ambientazione , della campagna , mettiamola così.

I: Hai mai giocato in altre situazioni, che non siano quelle domestiche, tipo in associazioni di gioco di ruolo o simili ?

Alvise: No. Volevo provare D&D Live, che c’è un’amica che ci gioca…

I: Cioè?

Alvise : Cioè, vai lì , ti vesti dal tuo personaggio e quant’altro…

I: Ah, il LARP [Alvise:Sì.], Ginevra, mi pare che…

Alvise : Si, si.

I: La conosco, sì. Come mai? Ti interessa approfondire il ruolo o semplicemente…

244 Alvise: Semplicemente mi piacerebbe andare con una spadone a due mani…[risata]

I: Beh , si. Però dico, non hai mai partecipato a convention e simili?

Alvise: No.

I: Poprio no. Non hai mai neanche sentito di associazioni ?

Alvise: No, quelle le ho sentite, però non sono mai stato attratto. Diciamo che sono comunque …ho dei miei impegni, non posso andare …diciamo che è già più difficile trovarsi con un’associazione, perché in genere è un posto fuori Venezia, perché qui a Venezia è raro che trovi qualcosa. E comunque diciamo che ci metto un po’ a familiarizzare con persone nuove .

I: Beh , sì. Effettivamente , di norma , ho notato che molti iniziano a giocare tramite amici di amici, la meccanica è questa, c’è perlomeno una persona nel gruppo nuovo che si conosce . Bene o male , quanto durano le tue sessioni da Dungeon Master?

Alvise: Dipende. In genere , io gioco il martedì e c’è Mula che gioca la ia campagna che ha dei problemi , perché in genere , martedì cena con sua madre , quindi si inizia alle 9. Però , a volte è capitato che ci sono dei giocatori che finiscono prima, ovviamente , perché hanno degli impegni per il giorno successivo, quindi verso mezzanotte o quant’altro …a volte è capitato anche di andare avanti fino alle due e mezza…

Aneddoto successivo, volutamente narratomi da Alvise.

Alvise: Da giocatore nuovo, ho appena iniziato una campagna , con Barnaba che è un mio amico col quale ho iniziato una campagna che è uno dei Master che , veramente ho apprezzato di più, delle campagne che ho giocato. Da giocatore nuovo mi son trovato contro dei giocatori più esperti che mi dicevano circa cosa dovevo fare . A un certo punto, io li ho mandati praticamente a quel paese, perché pensavo a quello che avrei fatto al mio personaggio, non a quello che dicevano loro. E alla fine , facendo ciò che avrebbe fatto il mio personaggio, loro si son cacciati in una terribile situazione, seguendo un fantasma , mi pare, si sono riuniti al cospetto di una divinità, che li stava facendo ammazzare da un marylith,una sottospecie di serpente con sei braccia e altrettante armi. Io son riuscito, non mi ricordo, mi son trovato a parlare con questa divinità da un’altra parte , non mi ricordo esattamente cosa ho fatto e alla

245 fine, tramite le mie azioni , sono riuscito a salvarlo.

I: E il master come ha reagito ?

Alvise: Il master è stato molto entusiasta della cosa. E’ stata molto entusiasta anche di come ruolavo il mio personaggio, ma diciamo più che altro che non era esattamente un qualcosa che facevo apposta, mettiamola così. Diciamo che il mio personaggio era molto simile a me, sotto certi punti di vista. Più che altro è capitato che il mio personaggio venisse a conoscenza di alcune informazioni, su una guerra in corso, che altro non era che un accordo fra le due fazioni per spargere del sangue per rompere un sigillo. Io me ne son tornato da … dai miei compagni, gli ho raccontato la cosa, loro si erano arruolati , io gli ho semplicemente detto:” Guardate, non ho intenzione di partecipare alla guerra, perché secondo me non serve a niente”. A me è stato chiesto di unirmi a questa associazione dopo che ci sarà stata la guerra se saranno sopravvissuti, eccetera , eccetera. Non loro, ma gli esponenti di questa fazione e me ne sono rimasto tranquillamente sulla cattedrale con quest’ordine ad aspettare. Loro sono andati al massacro, mi pare che alcuni personaggi siano addirittura morti, tra cui Mula , mi pare. Dario stava per crepare, se non che mi manda un messaggio con scritto: richiamami con un incantesimo. L’ho richiamato e il mio personaggio, molto ironicamente gli ha chiesto com’era andato il massacro.[risata] Alla fine , io da giocatore normale, con dei personaggi che giocavano da più tempo, alla fine , non sono morto. E’ stata un po’ una rivalsa, diciamo.

Giorgio C. 31 anni , guardia giurata di Spinea. Giocatore nel gruppo 3 e master in un gruppo composto da : ( me, Eric, Marco, Mamu; in maggioranza simile al gruppo3). Intervista registrata a bordo della sua macchina in viaggio verso Mestre -centro . L’ho accompagnato per qualche giro nelle ludoteche vicino a Bissuola VE. Ore 17.05 10-05-17

I: Praticamente , quando hai iniziato a giocare , con quale sistema ? Non necessariamente D&D.

Giorgio: Allora, io mi ricordo che il primo gioco che abbiamo giocato era sempre D&D, però mi pare , seconda edizione . E…ci giocai ancora con … cos’era, ancora mio cugino. Però , va beh, sono andato là a

246 vedere che loro stavano giocando; io ero là e cosa…va beh , avevo tredic’anni : non capivo ancora benissimo cos’era. Dopo, quando sono tornato in …quando sono tornato di qua che mi sono ripreso a uscire con Walter, l’altro Master, ho iniziato a giocare con lui. Lui non…lui usava sì, D&D , però come sappiamo [risata], i manuali non li conosce praticamente per nulla. E comunque , faceva un misto fra la 2.0 e la 3.0, perché all’epoca era uscita quella e dopo ha cominciato a giocare 3.5.

I: Hai modificato i gruppi, sono sempre stati gli stessi oppure si sono modificati col tempo?

Giorgio: Allora, guarda , i gruppi sono sempre stati molto diversi perché, eh…beh ho avuto anche diversi master. Ho avuto, va beh…quando ero con mio cugino che ho guardato , bene o male , mi sono fatto una pseudo idea, però, non conoscendo nessuno qua in zona, che giocava, non trovavo niente da fare. E comunque , master, ho avuto Walter, insomma, la ex di Walter , che era la Benedetta. Ho avuto Fabio , un altro mio amico che faceva anche master; ho avuto un altro che salta sempre sessioni, Eppi [risata], famosissimo Fabio, che è latitante , non si capisce dove sta. [I: Torna sempre , ma non l’ho mai visto. ] Si esatto… Walter e dopo, basta. Io, come master. Dopo ho fatto delle sessioni anche a GURPS con, con … Jacopo, che mi sembra non lo conosci neanche lui, o forse si, non so se lo hai visto… Però là era …è diverso GURPS da D&D.

I: In cosa è diverso?

Giorgio:E’ diverso perché intanto, è un sistema per il d10 system. Un po’ come, diciamo, per Vampiri. Pregi , difetti e vai , punta a fare punti compresi i difetti; prendi dei punti e dopo fai mentali , fisici e sociali. E’ un po’ diverso da D&D, però, ‘somma, non è malvagio. Eh…poi…beh, cos’altro?

I: Non so, ad esempio, ehm, quindi tu dici: Ho iniziato a giocare coi gdr perché conoscevi già qualcuno che ci giocava, sostanzialmente. Non hai avuto altri input, non so , videogiochi, film?

Giorgio: Mah, videogiochi e film ce ne sono sempre stati , ma , va beh, diciamo , film di Dungeons & Dragons è abbastanza scandaloso di per sé [ I: Si, questo, d’accordo…] , con l’elfa negrona e l’albero, l’elfo panzuto e l’albero dell’Enel. [ I: Però c’è Jeremy Irons.] Però c’è Jeremy Irons , non si capisce perché. [risata] [I: L’hanno pagato] Si, ma troppo devono averlo pagato [risata].[I: Quello è un attore shakespeariano]. Si, non ho capito perché, ma lui c’era. Eh, no , diciamo che rispetto ai videogiochi, la cosa che mi piaceva tanto del gdr , era che stavo con gli amici. Cosa che nonostante i MMORPG, va beh, tipo Lineage e roba, che avevamo fatto anche la platform di Lineage , per fare il GDR attenzione. Cioè, ok. [risata] Un server con Esp. Aumentata , che ammazzavi meno MOB, però, insomma, avevi le armature fighe, tutto quanto e avevi…facevi il personaggio, il background del personaggio…insomma,

247 non era malvagia come cosa; almeno avevi un po’ una veste grafica. Aiutava un po’ , diciamo. Anche se erano totalmente limitate le cose , tipo: i nani avevano le nanette che sembravano il villaggio dei pensionati e le bambine vogliose, però non importa[risata]. Cioè un branco di pedofili , mannaggia il Cristo [risata]. Comunque, no, diciamo che i giochi di ruolo online, sì, mi son sempre piaciuti, però mi sono fermato a Dungeon Siege …no, cos’era? Dungeon Siege , Diablo, Nox, Baldur’s Gate, un bel po’ di robe. Però diciamo che mi rompevo le palle, altamente, perché ero da solo. E passare tutto il pomeriggio da solo è una rottura di balle, secondo me.

I: quindi , tu magari, non so, in passato hai fatto uso di ludoteche o di ritrovi simili?

Giorgio: Noi , di ludoteche , lo dico anche per il gruppo, dalla parte mia, a parte Eric che è …l’ho conosciuto quando le ludoteche erano tutte quante chiuse. Andavamo a giocare in ludoteca , solo per giocare a Vampiri, perché comunque nonostante sia , va beh, un gioco che , Vampiri Live , è molto particolare , però il problema è che se ti vedono per strada , ti pigliano un po’ per matto. Non un po’, tanto per matto. E allora, tantissime volte ci ritrovavamo in ludoteca, che era qua, qua dietro( indicando fuori dal finestrino , più o meno usciti da Corso del Popolo , in direzione Favaro). E adesso di ludotecaaaa…boh, mi sto facendo Warhammer, intanto mi creo l’esercito e dopo ci vado a giocare.

I: Quindi , solo giochi strategici?

Giorgio: Una volta sola, durante una “manca” sono andato con dei miei compagni di classe a giocare a D&D. Gli ho fatto un’avventura base dell’”Ira del minotauro”, ancora vecchissima. [I: Cos’era , quel modulo che trovavi all’interno dello scatolone di Neverwinter, giusto?] Si, mi sembra di si. [I: Ce l’ho ancora.] Dai, io l’ho sventrato , solo per leggerlo e impararmelo a memoria [risata]

I: Adesso, più o meno, quante campagne stai gestendo, anche di GDR altri, magari non solo D&D? Oppure se stai solo giocando a D&D…

Giorgio: Allora, attualmente , sto giocando quella come Master, e va bene. Quella come giocatore con Marco che ci troveremo Venerdì, quella come giocatore con Walter che ci troviamo una volta ogni eclisse del sole e …dopo , probabilmente, andrò a fare anche la sessione a Vampiri, perché…dicono che c’è freeee…[risata]gna[risata]. Eh si, mi dispiace, però la cosa che ho visto dei Live di Vampiri è che so’ tutte matte scocciate, però trovi magari qualche ragazza , trovi facilmente qualche ragazza , perché comunque ci devi parlare per forza. E se dopo cinque minuti sei … stai zitto, cioè, oltre a non essere bravo nel gioco

248 di ruolo, sei anche una pigna, cioè…[risata]. Diciamo che giocare a Vampiri mi ha abbastanza aiutato da quel punto di vista , perché …[I: a socializzare, a parlare…?] Si, esatto. Diciamo che a socializzare è una cosa buona , perché non sempre puoi permetterti di parlare di questi giochi o altro perché, a parte che ultimamente sta cominciando a diventare un po’ più commerciale e … cioè, è dappertutto commerciale fuorchè qua , però tipo, che…io mi ricordo all’epoca, quando giocavo di ruolo e tutto quanto, che magari qualcuno viene lì: “ Eh, ma cosa fai giochi di ruolo ? Eh , che figata, io guardo il calcio . Bellissimo. Totti ha fatto gol. Toootti ha fatto gool”. Cioè, ok? No, perché, veramente mortificato nell’essere. Tipo, ma perché?[I: Già vissuto comunque. Adesso ormai no…] Diciamo che adesso, ho visto che come periodo è la rivincita del Nerd, diciamocela così. Ovvero, il Nerd una volta era quello che faceva robe che nessuno si cacava. Adesso , invece , girano anche soldi. Perciò… O anzi, sono i nerd di una volta che son diventati grandi e allora riescono a imporre sé stessi su quelli piccoli…probabile .

I: Ma quindi tu adesso , cioè, a parte il fatto che stai facendo più campagne da giocatore che da master, ti piacerebbe di più fare solo campagne da giocatore o solo da master?

Giorgio: Guarda, in realtà, sinceramente io faccio più volentieri il giocatore, sei più dispersivo e sei più tranquillo. Però , anche fare il master, diciamo che è una cosa che ho voluto fare da tanto tempo, di trovarmi un gruppo, di riuscire a fare il master e far giocare altre persone a storie pensate da me, che siano belle , che sian state brutte, insomma, ho sempre trovato piacere nel vedere che gli altri si divertivano con delle storie , tra virgolette, fatte da me. Però , anche nelle storie fatte dagli altri , io mi son sempre divertito, tra cui, io credo che le migliori siano le campa…quelle campagne che ho fatto con Walter, perché Walter ti fa spaziare moltissimo con l’interpretazione, mentre gli altri master che ho avuto, son sempre stati, sì, certi interpretativi, ma molto tecnici, comunque.

I: Quindi come definiresti un buon master? Cioè, una persona che tiene bene il gruppo?

Giorgio: Un buon master credo che sia una persona, intanto, una persona che deve sapersi gestire il gruppo. Io non rientro tra queste , perché si è già visto l’altra sessione con Mamu che mi parlava di sottofondo [risata] e io che non capivo più nulla , se ho quello che parla a macchinetta sotto l’orecchio , credo che comunque sia una distrazione molto facile per tutti . Però, non avendo quello che mi assilla sull’orecchio, mi pare di riuscire a gestirmi un gruppo. Eh…in realtà, secondo me, un buon master è quello che riesce a intrattenere un numero di giocatori, dando pochissimo ambito al momento cazzate che tutti se la ridono, ma facendo rimanere l’attenzione proprio su…cioè nessuno fiata , che tutti ascoltano. Perciò un buon master ha sicuramente una linguistica [risata] adeguata , diciamola così. Io sentivo parlare di ‘sto cugino di Walter , che , va beh, studioso di filosofia, e…loro hanno la lingua bella sciolta , diciamo, e… riusciva a fare l’ambient. Una cosa buonissima che ho visto che crea anche ambient

249 è una musica di sottofondo , però non dev’essere troppo alta . Quello è perché , se no, il giocatore sta ad ascoltarsi la musica e all’epoca ci ascoltavamo musiche , però no se trovavano tantissimi ambient, ultimamente quella roba là degli mp3, che li trovi dappertutto adesso, sì, una volta , non riuscivi a trovarti le musiche d’ambient, perciò il massimo dell’ambient che riuscivi a mettere erano gli Iron Maiden . Che , diciamo , non stanno male , però, insomma.

I: Sono mai sorti , secondo la tua esperienza, dei conflitti fra giocatori e master ?

Giorgio: Ammazza! Si, ne ho visti di tutti i colori !

I: Qualche esempio, proprio…

Giorgio: Beh , ho visto tanti esempi, un esempio era il…terzo , quarto master che era quello di nome Fabio, non…quello che non conoscerai mai, che era una persona che ci teneva sia al gioco , ma ci teneva che per ogni personaggio che c’era ci doveva essere almeno due npg (npc) che gli stavano dietro e lo costringevano a fare quello che doveva fare. Sì, molto castrante come cosa e … e con lui tantissimi giocatori non ce la facevano . Io ci andavo perché non avevo nient’altro da fare , ti giuro. Perché se no me ne stavo a casa a fare altro , però mi sta… mi andava bene di stare in compagnia. Però, io mi ricordo una volta che … ehm, c’era anche sua morosa di lui , nel gruppo, e ovviamente la morosa di lui nel gruppo, aveva tutte quante le spade più dieci della morte infinita , e io , invece , ero ancora con manganello del cacchio dalla prima sessione [risata] ed è abbastanza triste come cosa.

I: Diciamo che questo è un master problematico . Se un giocatore è problematico ?

Giorgio: Sì, il problema per il giocatore , dopo, è stato che , ovviamente , non facendocela più, ha iniziato a sabotargli la campagna . Il che , dopo di che , il master si è , ovviamente , accanito su di lui , facendogli sempre più impossibili come gestire da situazioni. E in questo caso stava giocando a Vampiri , e … nonostante non riuscisse , però, cioè, il giocatore , di contro suo, aveva un culo infinito coi dadi e qualsiasi cosa gli parava dietro il master , non era capace di farlo fuori. [risata] Cioè, quella persona è diventata immortale per il tempo della sessione , diciamo. Eh, niente…non si capisce perché, ma ha avuto un culo , è stato con i dadi . Massimo dell’accanimento come Master, dopo sono andati fuori , e si sono quasi gonfiati di botte.[risata]

I: Adesso parliamo di giocatori esperti , ma giocatori inesperti, alle prime armi, come faresti a fargli piacere il gioco ? Magari anche uno complesso come D&D ?

250 Giorgio: Beh, fargli piacere il gioco…Oddio, io non sono gran bravo a far piacere le cose alla gente , devo dir la verità. Eh… però , ho visto che dai livelli più bassi , mettendoli, comunque in delle situazioni pseudo normali e pian piano si va sempre più sul fantasy, la gente ci si abitua di più. Dopo, ovvio che se te metti , eh… delle regole ferree subito e la gente non ci capisce un benemerito…Perché, comunque, sì, D&D mi piace e tutto quanto, ma c’ha delle regole che non finiscono più. Tantissimi manuali di regole. Diciamo che quelli là che più o meno sono abituati a D&D , gli piacciono comunque le ambientazioni fantasy, perciò, bene o male non è che vai… cioè , se a uno piace il fantasy, ci gioca più volentieri a D&D. Mentre , se a certe persone non piace il fantasy, io ho visto che proprio , neanche mettersi, che tanto …non, non ne ricavi niente, insomma.

I: Ma, ad esempio, attualmente , tu quanto tempo dedichi come master, ad esempio, a creare una campagna , a fare gli incontri, eccetera , eccetera …?

Giorgio: Allora. Allora, come DM , io mi sono stato un pomeriggio intero, credo , a … beh a sviscerarmi la storia in vari capitoli, che tanto i capitoli vanno a mignotte come al solito, perché il tempo è relativo. Cioè, tu dici: da questa sessione , i personaggi faranno da questo a quello, invece i personaggi al solito, deviano da tutt’altra parte. Perciò , bene o male, sì, ok, è relativo , però mi tengo sempre due o tre vie di scorta [risata], perché se il giocatore non vuole far quello, non deve essere per forza obbligato a far quello.

I: Quindi a volte improvvisi ?

Giorgio: Tantissime volte sì, improvviso. Perché certe cose proprio non me le aspetto. E… di solito ci metto , va beh , uno o due giorni per pensarmi la storia nel totale. Perché penso sempre : i giocatori li porto da punto A a punto B. Poi , se mi passano da C,D,E,F,G, l’importante è che mi vadano a B , che è la storia , diciamo. Quello è. E dopo, sessione per sessione , mi metto là a generarmi i personaggi , i png, perché comunque è un po’ più semplice coi personaggi non giocanti, oppure facendomi le schede prefissate, che così, almeno, capisci cos’è quello che li attacca,che potenzialità ha. Diciamola così, la morte di Eric è stata puramente casuale comunque. Mi dispiace , avevo capito male io. Pensavo che era a più punti ferita, perciò ci ho dato un po’ di più. Però , è puramente casuale.

I: Mediamente , quanto sono durate le vostre sessioni?

Giorgio: Le mie sessioni. Bah, intendi di ore ? Intendi … [I: Ore, sì, in generale.] Beh quelle quattro solite per sessione e le campagne invece , ho visto che duravano quei sei mesi. Poi, sì, cioè, io ho iniziato

251 ad alternarmi con Marco, perché , tipo, lui faceva di Inverno , io facevo d’Estate. Poi , va beh, io ho avuto un po’ di casini vari e io ho stoppato e lui ha continuato a masterare. Però, bene o male , di sei –otto mesi. Poi , bene o male, la campagna finiva, interrompevamo, facevamo magari la mia, e dopo,o riprendevamo con gli stessi giocatori e gli stessi personaggi dell’altra volta, anche con gli stessi giocatori, o sennò, con personaggi comunque diversi , ma sempre con un filo logico che andava avanti nella storia.

I: Quindi , più o meno , i gruppi sono rimasti gli stessi con alcune persone centrali, come te e Marco , in modo tale che , comunque , il filo logico fosse quello , dopo di che , magari, si sono aggiunti o sottratti alcuni giocatori, giusto?

Giorgio: Si, esatto. All’incirca è quello. Perché , se ci sono io , c’è sempre anche Marco [risata].

I: Ma, quindi il numero, più o meno su quanto, si attesta?

Giorgio: Cioè, il numero… beh , di solito ci siamo sempre, beh, Eric da quando finalmente è tornato dal Giappone , ma se ne andrà tra poco, maledetto. Eh, un altro ragazzo che veniva , che però, va beh, ha preso casa… ha affittato casa e robe, è più probabile abbia casini a venire e adesso è stato anche operato , mi ha detto. Paolo. Alfonso che è il fi… il ragazzo di giù. E diciamo che siamo questi qua , bene o male, con il gruppo di Marco e coso… dopo, va beh, c’eran tantissimi altri che non li vedo neanche più perché ci siamo sciolti con le compagnie e quant’altro perché c’era un altro ragazzo di nome Lorenzo e un altro che si chiama Carlo, Michel, Fabio famosissimo, maledetto anche lui, poi c’è un altro Davide, anche Davide Vana , cioè [risata]. Siamo veramente in tanti , ma ti dico che con la campagna di Walter, ancora all’epoca che eravamo sbarbati eravamo in quindici nel soggiorno di casa mia, e non sapevamo più cosa cacchio fare , un turno a testa, un pomeriggio da delirio. Walter che sbroccava , gente che : “ Master ! Master! E’ il turno mio! No , ci stai mettendo troppo! Ahh!” [I: si, direi che il numero ideale sia quattro o cinque.] Sì, esatto un numero tra il quattro e il cinque, poi con undici personaggi , veramente , la storia era immensa e durava da tempo. E’ che alla fine è finita e basta , c’era una completa compagnia che ci giocava ,maledizione.

I: Invece , io so che , adesso , si stanno usando tanto le piattaforme online o Roll-20 o siti in cui la gente si iscrive e gioca online . Tu nel tuo gruppo mai sentito, mai fatto uso?

Giorgio: Si, io , va beh, se è Dungeons & Dragons online , ci giocavan i miei amici , io c’ho giocato , ma mi son stufato subito. Cioè, perché io mi diverto di più in compagnia, perché se sto da solo , mi metto a giocare , un conto che mi metto a giocare a un gioco che ha una storia che mi interessa, tipo il gioco di Berserk. Ma , l’ultima che ci ho giocato era perché ho comprato il gioco di Saint Seiya, la volta prima era

252 quello di Kenshiro, cioè…diciamocelo , faccio dei giochi perché mi piace la storia. Se mi interessa anche relativamente, stare là e giocare , che non sono con nessuno che conosco e tutto quanto, mi rompo le balle e allora, preferisco fare altro.

Intervista parzialmente registrata su messaggi vocali di whatsapp a Walter , grafico, disegnatore e sceneggiatore di 32 anni, master del gruppo 6 . (tra il 23 , 24 e 25 /05/2017).

Concessa molto ben volentieri da Walter, per cui non ho voluto infastidirlo oltre il dovuto , dati i suoi impegni a chiamata . Ho usato whatsapp per raccogliere i dati a distanza , anche tramite messaggi vocali ; in parte le risposte sono giunte anche tramite messaggi di testo. Ovviamente, i tempi di reazione rimangono molto dilatati e manca il feedback continuo dell’intervista faccia a faccia , anche se non ho avuto bisogno di stimolare di più l’intervistato.

I: Mi piacerebbe sapere qual è un po’ la tua storia da giocatore di ruolo. Come hai iniziato? Quando ? Con chi? E con che sistema? Tramite chi o cosa ( anche tv , videogame , libri ) ne sei venuto a conoscenza ?

Walter: Allora, io ho iniziato a 12 anni con mio cugino. Ero giù in Toscana a trovare mio cugino. Lui e un suo amico eran là che stavano giocando con ,addirittura , all’epoca , la 2.0, quindi con la THACO , tutte quelle altre cose là: classe armatura inversa , tutto quel bordello lì. Usata malissimo perché io avevo dodici anni , lui ne aveva tredici e ho fatto un personaggio stupido ,un uomo lucertola e …pare che dovevamo andare a liberare un cimitero da dei mostri , una puttanata , comunque. Però è stato divertentissimo, perché a dodic’anni ho fatto una cosa divertente. Non sapevo minimamente che esistessero i manuali, non sapevo minimamente che esistesse niente di D&D. Non l’avevo mai neanche visto sulla televisione ; giochi del computer non ne avevo perché i miei mi rompevano le balle che non potevo avere il computer , quindi, fondamentalmente , sì, mi piaceva disegnare e creare e disegnavo mostri . E… elfi , comunque, queste cose qua. Ho guardato qualche manga , giusto quand’ero più piccolino, verso i quattordic’anni, ho scoperto i manga tipo “Lodoss war” che era un pochettino più fantasy. Torno comunque dalla Toscana , vado … vedo un po’ di amici e comincio a fare io il Master , così a caso, perché qua nessuno sapeva niente di giochi di ruolo. Cioè, per noi sembrava una cosa soltanto della Toscana , soltanto degli amici che c’aveva giù mio cugino. E allora

253 ho cominciato a fare il master , così a caso, in classe , giocando in classe coi miei amici . Ti dirò, è stato un fenomeno sociale importantissimo per me , almeno , perché alle medie ero sfottuto tantissimo per il cognome Brocca . E , veramente , arrivavano al punto di spintonarmi e dirmene di tutti i colori. Ero anche più piccolino rispetto agli altri, più basso. L’unica roba per cui , bene o male , a un certo punto , sono… diciamo , ho avuto un po’ di fortuna , sono stati proprio i giochi di ruolo e i mostri . Ho cominciato a fare il master in classe alle medie , durante la ricreazione e tutti quei bulletti che mi rompevano le balle si sono messi lì così a giocare. Io ero il master e decidevo io i nemici che incontravano , qualcuno di loro schiantava . Ovviamente , un po’ per ingraziarmeli, ho fatto degli eroi improponibili, dei personaggi veramente assurdi, combattevano con spade , fucili, robe. Ho giocato all’epoca a War Zone , il manuale di miniature da dipingere , quindi ho fatto un’avventura strana , dove dovevano andare a prendere da un mago una sfera per combattere un drago e c’erano dei nemici mutanti, cioè, ho fatto un bordello. Niente regole , comunque . Non sapevo che esistessero neanche i manuali, quindi proprio ammerda ,così. Ho fatto le cose a caso , con tiri completamente allucinanti. Mi ricordo che guardavo solo un po’ di robe che mi servivano coi dadi da 6 e basta e però si son divertiti tutti quanti perché la ricreazione inventavo e loro son partiti in quarta e si son divertiti tutti. Da quel momento in poi, mi chiamavano anche master direttamente . A scuola un fenomeno sociale ,praticamente . Ho ribaltato… proprio la rivincita dei Nerd come si dice … come si vede anche nei, nei film. Ribaltata completamente . A differenza dei ragazzini che ci sono adesso , che possono andare in ludoteca a prendersi i manuali, carte e robe varie , non solo qua , all’epoca , non c’erano ludoteche a parte la “Città della luna “ ,ma neanche la conoscevo, l’ho scoperta molto dopo. Ma , in più , i miei mi hanno sempre detto : “Ah , giochi ? Mostri, puttanate . C’è soltanto il calcio. Quindi, fondamentalmente , mai visto un manuale in vita mia , anche perché i miei non me lo compravano e io non avevo soldi e oltre a non conoscerne l’esistenza , sapevo che c’era qualche manuale in giro , perché me l’han detto , ma a un certo punto i miei che andavamo giù, ogni volta andavamo giù d’estate , mi aggiornavo con le cose nuove , perché viene mio cugino , pien de schei e ha preso un manuale figo, ci ha fatto un’avventura e allora via , torno su e riproponi l’avventura agli amici per tutta l’estate , però sempre a cazzo perché non avevo manuali né niente , quindi per questo inventavo sempre . Ed è una cosa che porto dentro anche adesso . Cioè, adesso avrò tre manuali in croce . Cioè, ho qualcosa in più di Vampiri , per il resto D&D , non ho mai avuto . L’unico manuale che ho comprato di Vampiri e D&D , l’ho anche perso , tra l’altro . Era un manuale dei drow e un manuale della 3.5 perso così a caso. Veramente la gente è molto più tecnica , anche i ragazzini di adesso ne sanno più di me e di ora. Cioè , di questi giorni qua. All’epoca io facevo il master anche poi ai campetti , a sedic’anni , a diciassette , a quindici facevo il master , avevo … eh, facendo , a parte le cose a caso, ma intendevo proprio il gioco di ruolo come la cosa basilare , cioè avere gente , conoscere gente per divertirsi con la gente . Cioè, ero arrivato a un certo punto a masterizzare a casa di Perca a un massimo di quindici giocatori , cioè, eravamo tantissimi. Ogni turno durava un quarto d’ora, quindi immagina. Prima facevo un turno e

254 aspettava , infatti andavano in giro, mangiavano facevano cagate, giocavano fra di loro , aspettavano che arrivasse un’altra volta il loro turno un’ora dopo. Immagina un po’ la, la… il casino che c’era. A caso , senza regole , pescando da Kenshiro , pescando un po’ da… i vari fumetti fantasy che leggevo , pescando da cartoni animati , ma , veramente , tipo Conan , quando c’era “Conan l’Avventuriero “ oppure dai “G.I. Joe “ .Boh , c’erano robe allucinanti. Ho pescato puttanate da tutte le parti, buttavo dentro tutto e la gente si divertiva facendo così. L’importante era far divertire la gente e farla ridere . Fondamentalmente quella era la cosa importante e avevam fatto cose assurde in quel periodo , cioè , c’era gente di sesto livello, gente che era di dodicesimo , gente che era di quattordicesimo , di decimo. Nessuno si lamentava perché tanto è un bordello, cioè non si guardava minimamente niente[risata]. Si avanzava a caso, robe allucinanti. L’importante era avere il gruppo e divertirsi . Ti parlo appunto, di quando avevo diciassette anni.

[pausa sigaretta – messaggi registrati tra le 18 e 16 e le 18 e 23 del 23-05-17] Un’ora scarsa dopo:

Walter: Dopo il periodo di D&D incasinato , è iniziato il periodo della droga invece . Perché, stando sempre giù in Toscana , qualche anno, quando studiavo là e ho trovato il mio mentore , diciamo come in Vampiri , no, cioè, c’è il vampiro di prima generazione , di seconda , di terza e via così. Il master ufficiale di tutti, il primo grande master che ho trovato, il migliore secondo me in assoluto, che ho trovato giù in Toscana , era uno studente di filosofia stracannato e , infatti giocavamo molte volte fumandoci dei cannoni , e… e praticamente lui partiva e facevamo dei filmini allucinanti . Giocavo a Kenshiro all’epoca e lì veramente ho scoperto la … l’importanza che una persona ha negli studi che fa . Perché c’è poco da fare , più uno è acculturato, più riesce a fare delle giocate incredibili , perché finchè sei ragazzino e giochi così a caso , botte e schiaffi con i mostri , dopo di che , se sei acculturato , riesci a descrivere meglio le cose , riesci a parlare meglio di diverse storie . Il periodo di Kenshiro è stata una “botte e schiaffi” lo stesso, però, comunque riusciva a descrivere benissimo. Lui … come se fossero dei video, quasi, le scene. E riusciva a descrivere benissimo i colpi, nominando anche i vari organi vitali che venivano distrutti in maniera perfetta , devo dire. Dopo di che , ci fu , invece ,un altro periodo in cui si giocò sempre con lui e con un altro master ancora a quella che poi è diventata l’ambientazione della Guerra , a tutti gli effetti, quella che c’è anche adesso. E lì c’è poco da fare , è stata davvero una cosa, anche a livello scenico , a livello politico , perché ci sono tutte le trame sotto , le avevano fatte in un certo modo , che si vede che faceva… era uno che aveva studiato anche , che stava facendo legge , giurisprudenza , filosofia e poi, un gruppo di ragazzi che , tutti quanti, andavano all’università e tutti quanti avevano studiato e non poco . Sapevano il latino, sapevano il greco, tutte ‘ste cose qua, insomma . Era un bel gruppo e il master era veramente un poliglotta , era una cosa… era uno che era poliedrico, oltretutto , sapeva tantissime cose e spiegava un sacco di robe e usava tutte le sue esperienze di vita in … appunto, concentrate nei giochi di

255 ruolo e soprattutto “xera pien de schei”, perché il punto cruciale è sempre quello: più soldi hai , meno tempo hai… cioè, più tempo hai per giocare , perché devi dedicare di meno al lavoro e , a volte , allo studio. Questo era all’università a vita , praticamente , famiglia “pien de schei”, quindi giocava di ruolo dalla mattina alla sera e faceva certe storie che sembrava veramente uno scrittore di … di opere , neanche fantasy, storiche proprio. E sì, infatti, il frangente del party da quindici, è stato proprio il massimo totale, la massima espone… esposizione possibile al casino . Mai più comunque , mai più abbiam fatto una cosa del genere , solo che all’epoca si giocava a caso pur di avere gente o di trovare amici e tutto derivava dal fatto, appunto , che alle medie mi sfottevano , ma grazie ai giochi di ruolo son riuscito ad avere un ruolo diverso in classe rispetto al bimbetto, bimbo minchia pestato dai bulli, ero diventato io quello che gestiva i bulli. Solo nell’ambito del gioco, poi dopo, quando si trattava di giocare a calcio o di andare in bicicletta , ‘ste robe qua , i migliori eran sempre gli altri , però ero già meno sfottuto . E questo si è poi riversato in tutto il modo di giocare e di fare , perché poi il motivo principale era sempre prendere gente per fare appunto delle partite divertenti, fare divertire senza pensare minimamente a effettivamente cosa stavo facendo . Perché il discorso che faceva l’altra volta anche Eric del… dei generali che gestivano il mondo e loro distruggevano tutto , è vero lo giocavano a caso e quindi ho creato questo mondo in cui c’erano questi generali che gestivano le varie zone del mondo e che era fondamentalmente , palesemente preso da Kenshiro : c’era il generale blu, il generale rosso, il generale della luce viola, il generale della luce verde e così. All’epoca era … avevo appena scoperto Kenshiro, quindi avevo preso da là. E…loro devastavano ‘sti generali , ma una volta , esattamente come in un manga di combattimento, andavano nel castello di uno di ‘sti qua e lo pestavano e quindi hanno , effettivamente , distrutto l’intera forma di governo di un regno e [risata] ed erano dei malvagi , fondamentalmente , senza accorgermene ho fatto una campagna per i malvagi , perché in teoria , i generali erano crudeli, però ripensandoci adesso, era una forma di governo, invece loro devastavano tutto, poi andavano via, andavano in un altro paese, lasciavano il regno nella guerra civile , con una valanga di soldati e anche contadini, animali, massacrati, quindi effettivamente erano un flagello . Immagina, fissi erano in sette a giocare , quindici è stato il massimo , ma fissi fissi erano in sei , sette a giocare , quindi immagina sei , sette eroi che arrivano e pestano , piallando qualunque cosa che trovano sulla loro strada. Per caso, comunque, come al solito, visti i soldi le possibilità anche di tempo e poi tutto il resto, i master con cui giocavo giù erano ragazzi che avevano preso il manuale , usavano il manuale , a differenza mia , che non lo usavo praticamente mai e gli unici due che ho comprato li ho persi, questi usavano il manuale e quindi sapevano anche che mostri farti trovare, perché all’epoca trovavamo delle sfingi, delle manticore , dei minotauri, con le schede e tutto . Però, rimanendo sempre, comunque, legati a una valanga di fantasia , cambiavano tutto. Cioè, cambiavano un sacco di cose in base alla scena : cambiavano il tipo di creatura , cambiavano il tipo di approccio che avevi con le creature , ed è una cosa che mi è sempre piaciuta e il master era assolutamente , ehm… indiscutibile . Quello che decideva , decideva . E lì, la cosa

256 secondo me, più importante in D&D, e in qualunque gioco di società, qualunque gioco di società…eh, qualunque ambito di… sociale la cosa importante è la cultura e il carattere . Perché se hai cultura , riesci ad argomentare e a gestirti meglio . Se hai carattere, riesci a importi meglio . Io tante cose , belle e brutte, che ho avuto dal master quando giocavo giù , da quello che considero il mio mentore , perché mi ha insegnato un sacco di cose , le ho avute ed erano indiscutibili e le ho avute grazie al carattere megabrutale che aveva questo qua. Perché veramente è una cosa impressionante : la voce , il portamento, come è fatto. E’ sempre stato brutale , fin da piccolo, da quando era ragazzino. Adesso, è brutale tutt’ora e…. ed è una fonte insindacabile. Per assurdo , io a volte mi perdo e lo hai visto anche tu . A volte mi perdo quando gioco con gente che sa le regole meglio di me , perché mi contestano , perché magari dicono :”Eh, ma questa cosa qua non si può fare , perché la gittata non va bene , perché io ho questa azione, questo attacco in … questo attacco automatico, questo … l’armatura è negata , attacco di sorpresa , ho questo bonus , questo malus”. Infatti , il Perca , che l’altra volta diceva: “ Fatti le schede dei personaggi “. Lui si dimentica che io non ho mai fatto una scheda dei personaggi ; ho fatto le schede solo dei boss , una volta , ma dei personaggi piccoli non facevo mai le schede . Nel tempo è diventato più tecnico anche lui: Perca è uno di quelli che quando sono arrivato ai campetti a masterizzare la prima volta non sapeva un cazzo delle regole, giocava a caso , fino a sette anni fa , comunque , sapeva poco . Adesso è diventato Nerd , tutto… cioè , non tutto d’un colpo , ma in questi ultimi anni è diventato più Nerd , si è preso una valanga di manuali e ora sa un bordello di regole e quindi riesce , tra virgolette , a creare personaggi migliori , riesce a gestire meglio il gioco. A volte , appunto, anche a contestarmi e son già due volte che mi dice che non sa cosa fare con il suo personaggio , perché , per assurdo si diverte di meno rispetto a prima che non sapeva le regole . Questo è un grave guaio che hai, a parte quando trovi un master che sa meno regole di te e quello sicuramente , anche perché non ho tempo di applicarmi, tra il lavoro e il disegno , non ho tempo di mettermi là a studiare i manuali . Però , in generale , quando sai troppo, eh… perdi , secondo me , un po’ di fantasia, un po’ di divertimento , perché sei vincolato alle stesse regole che hai. E una cosa: ora spaziando dal gioco di ruolo. In tutto l’ambiente fantasy, io che seguo molte, anzi , seguo spesso, diverse conferenze di illustratori, diverse conferenze di scrittori, che sono nell’ambiente del disegno, fumettisti, non c’è niente di più codificato del fantasy, per assurdo, sebbene sia fantasy, negli ultimi anni ci sono così tante regole in un fantasy, che ti distrugge la fantasia. Perché gli elfi devono essere fatti in un certo modo e i nani devono essere fatti in un certo modo . Cioè, ha così tanti stereotipi, che anche negli scrittori fantasy, come per esempio, la Licia Troisi o altri scrittori , fanno cose già viste, percorrono strade già battute , perché il pubblico vuole determinate cose, perché l’elfo dev’essere in una certo modo , deve parlare in un certo modo e deve essere… deve avere determinate abilità. Stessa cosa anche nei giochi di ruolo, è così tutto decodificato, più cose ci sono , più decodifiche ci sono, meno puoi improvvisare , meno puoi divertirti , per certi versi. Comunque io mi trovai tantissimo male anni fa a giocare con Marco da Lio . No, no , ora lui è quello che usa più fantasia rispetto agli altri. Si è un po’ irrigidito il Perca , l’ho detto anche l’altra volta. Guarda che

257 Marco da Lio era quello più rigido di tutti, adesso sta usando più fantasia di te che facevi cagate a nastro , perché l’importante era l’epicità della scena . E… si è irrigidito parecchio anche il Perca . Marco invece mi trovavo male , adesso invece si è ripreso , perché lui è nell’ottica dell’idea che non sta giocando a D&D , perché infatti questo non è fondamentalmente D&D. Non deve esserlo, anzi, molte volte io mi lascio prendere troppo dalle regole , dalle cose e non impongo il carattere , non mi impongo , quindi molte volte mi perdo e cade la narrazione. In contrasto con quello che ho sempre fatto , con quello che facevamo fondamentalmente giù, quando giocavo col mio mentore , tra virgolette , col mio sire , per parlare in termini di Vampiri. Col mio sire e col sire del mio sire . Per dire , c’erano state delle scene veramente allucinanti , in cui accadevano cose che erano impossibili su D&D , perché un paladino ha scalato una torre correndo in verticale come un fumetto. Una torre che era inclinata , per carità, ma comunque era impossibile con l’armatura , col peso e con tutto, ma la scena era così assurda che lui, caricando il suo nemico ha corso in verticale e , che cazzo, ma ci stava , cioè , gliel’ha fatta perché il master ha detto:” Sì, sì la fai!”. Perché va bene, gli ha dato anche punti esperienza così a nastro, bum, gli ha dato punti esperienza così a caso. Cioè, no a caso, in base all’epicità. Questa era una regola che c’era su Kenshiro e l’abbiamo applicato all’epoca su D&D , perché , appunto, da ogni gioco prendevamo una cosa e la mettevamo in un’altra. Su Kenshiro ci sono i PA , i “punti avventura”, non i PX e , praticamente, in base a quanto è epica una scena , in base alla grossata che dici,prendi punti esperienza . Perché Kenshiro si basa molto, anche se guardi il fumetto, o se guardi anche il gioco sul fatto di :” La mia tecnica è superiore alla tua ! Ah, io ti distruggerò col mio colpo siderale , infinito e bla bla bla”. E non dicendo bla bla bla. Dicendo le cose fatte bene . E i punti il master li dà in base alla scena , cioè in base alla “grossaggine” che uno dice. Per dirti , cioè, veramente uno fa il discorso impostato, dice : “ Yui, avanza di tre passi verso il suo avversario roteando le mani e annuncia con voce fiera… “a volte non lo dice neanche in terza persona; a volte lo dice e basta : “Avanzo con tre passi verso il mio avversario e annuncio con voce fiera :- La quintessenza della tecnica del Corvo Rosso è la distruzione dell’universo , attraverso gli spa… eh, la negazione dello spazio e del tempo. Grazie alla mia tecnica sublime potrò sdoppiarmi in sedici elementi diversi e tu non riuscirai a carpire l’essenza del mio colpo-“. Cioè, dicendo una frase del genere , se è bella , il master ti dà punti esperienza; su Kenshiro funziona così [risata]. E allo stesso tempo l’altro r5 risponde con un’altra grossata ancora più assurda e il master gli dà punti esperienza . Applicando questa cosa a D&D , noi non livellavamo mai in base ai mostri. Io in quattro anni di sessione … no, scusa , in tre anni di sessione , perché abbiam giocato tre anni, avrò combattuto tre volte . Ma, perché c’era il guerriero che era megagrosso, combatteva lui e lo stesso anche il paladino . Che , tra l’altro, paladino per modo di dire , perché ha preso i primi incantesimi da paladino al dodicesimo livello, perché era maledetto, non aveva incantesimi da paladino, il master glieli aveva tolti tutti; lui è andato avanti e poi al dodicesimo livello è riuscito a liberarsi da questa maledizione e ha preso tutti i livelli da paladino in un colpo solo , tutti gli incantesimi , le abilità da paladino. Lui ha giocato per

258 dodici livelli, quasi due anni di sessione , senza avere un incantesimo e un’abilità da paladino. Perché la storia lo richiedeva . E allo stesso tempo anche io , facevo il guerriero anche io. Facevamo tre guerrieri , di cui uno poi si è scoperto, era un paladino. Un altro è diventato un guerriero necromante , ma non perché ha preso livelli da mago-negromante , ma semplicemente perché ha fatto delle cose in gioco che il master ha deciso di dargli degli incantesimi presi dal libro e glieli dava e … dal manuale , sì e io stesso ho avuto questo guerriero che, per scelta interpretativa mia , giocavo senza armatura , perché era un r19 guerriero che… ma non come il Perca che ha preso “Voto di povertà” e quindi ha la classe armatura infinita perché comunque , grazie alle regole , ha trovato il modo di avere la mega classe armatura , pure riuscendo a fare un personaggio senza , perché ha applicato le regole. Io ho detto: “ No, il mio personaggio per credo suo , della sua famiglia , della sua casata , combatte senza armatura” “ Ma avrai per sempre 12!” “ Sì!”. E avevo, alla fine avevo dieci di classe armatura , sono riuscito ad arrivare a più cinque di agilità , perché avevo venti in destrezza e poi basta , ho preso schivare come abilità, quindi sono riuscito ad arrivare a 16 di classe armatura e uno spallaccio che mi dava un più uno, diciassette, o più due , forse. Comunque , tipo al dodicesimo , tredicesimo livello , avevo tipo un diciotto di classe armatura; una merda. Cioè, un guerriero di dodicesimo tra anelli, magie , armatura completa e robe varie , roba che ha venti, ventidue , venticinque di classe armatura , ma andava bene così. E i punti esperienza li facevamo in base alle grossate che dicevamo , come in Kenshiro e a volte lui, cioè il mio sire, tra virgolette, arrivava a dare botte da tremila punti esperienza, se dicevi la cosa mega grossa , se facevi la cosa mega epica e una volta ricordo che ho fatto un’azione che ho sacrificato la mia vita e l’ho sacrificata perché proprio ero convinto di perdere il personaggio , che era giusto così: in quel momento dovevo sacrificarmi per gli altri , che è una cosa che su D&D medio non esiste, cioè uccido perfino i miei compagni se cadono per terra morti, vado a prendere il … i soldi , le monete che hanno loro addosso, cioè non esiste che mi sacrifico , a meno che uno mi possa “ressare “ con un resurrezione e robe varie. Quando giocavamo noi, non c’erano queste magie , noi non c’avevamo il chierico che ti tirava su con resurrezione.E, mi sacrificai all’epoca, persi il personaggio , presi cinquemila punti esperienza di botto . Il master mi dice :” Guarda , mettiti via ‘sti cinquemila punti esperienza più mille e due di questa sessione qua, quindi ne hai presi seimila e passa, mettiteli da parte “. Due sessioni dopo mi ha fatto tornare in vita perché una divinità mi ha riportato in vita . Che poi , dopo, questa divinità mi ha inculato lo stesso, comunque in ogni caso mi ha riportato in vita perché era bella la scena e sono stato premiato in questa maniera qua . Ma era una cosa che era totalmente al di fuori di D&D e non sapevo assolutamente che sarei potuto tornare in vita , non avevo assolutamente idea, infatti , di tornare in vita e di rifarmi la scheda. Questo , sempre per il famoso fatto di non giocare con le regole. Cioè, assolutamente le regole non le gioco , ma devi avere un carattere forte per importi sui giocatori , soprattutto su quelli che guardano tanto le regole, devi riuscire ad avere questo carattere forte, mi ricordo che ha buon occhio questo ragazzo e come gli dicevo :” Ah…” lui mi fulminava . Ah, ok , ok …[risata] e non c’era nessun problema, sì, sì , ok

259 , è successo quello che è successo. Però alla fine c’eravamo così integrati che ognuno sapeva come giocava l’altro e quindi riuscivamo a fare anche delle scene senza nessun problema, senza neanche guardare il regolamento molte volte; senza neanche pensarci e in più anche quello era bello perché… ci ha portato a fare meta-play costruttivo. L’importante era creare una storia e quindi noi sapevamo che ognuno di noi voleva inculare l’altro , perché in un gruppo noi avevamo : io che ero una specie di guerriero bardo ladro , con qualche magia. Non chiedermi perché , ma comunque avevo ‘ste robe qua un po’ assurde date dal master e … usando sempre le regole, perché lui prendeva degli incantesimi X e me li dava , incantesimi che Valor , che all’epoca ero un cavaliere Cherveni della schiatta di Valor , quindi ‘sto dio mi dava degli incantesimi a nastro . E… ah no, scusa, me ne ha dati due, tre , non me ne ha dati tanti e … avevamo in gruppo comunque un paladino e un guerriero che poi è diventato una specie di evocatore di non morti . Ognuno era contro l’altro, ognuno voleva seccare l’altro, ma eravamo uniti da momentaneamente nemici comuni che dovevamo uccidere perché c’era ‘sta cosa qua che ci univamo contro i nemici comuni, ma sapevano , loro due, che prima o poi si sarebbero dovuti scontrare. Più di una volta si erano scontarti per farsi fuori entrambi e gli altri si son messi in mezzo per fermarli. Cioè, a parte io che , invece, ci sentivo se ammazzavano tutti e due o prendere il potere io , quindi cercavo di mettere zizzania tra i due ed ero troppo debole per affrontarli fisicamente singolarmente o insieme e quindi cercavo di metterli uno contro l’altro. Poi dovevo portare il caos , quindi andava bene così. Però si metteva in mezzo il chierico molte volte per fermarli , ma di fatto rischiando, certe volte , ma pesantemente , quasi rischiando di perdere il personaggio , ognuno dei due. E… si sono alleati soltanto in un certo periodo per sconfiggere dei nemici comuni, per il resto erano sempre lì che ognuno aspettava di diventare più forte dell’altro per cercare di ucciderlo e però , allo stesso tempo, siccome era una cosa creata … per creare un li … un gioco , un fumetto , un cartone animato, diciamo , non tanto un gioco di ruolo , ma un cartone animato trovavano ognuno dei due , trovavan una specie di scusa per non affrontarsi completamente al massimo della possibilità, della loro possibilità per non uccidersi a tutti gli effetti . Era come se ognuno dei due cercava a un certo punto di tirare un attimo indietro , mantenendo sempre il carattere del personaggio , perché il paladino , comunque era un paladino rinnegato , voleva combattere per la luce , distruggere un demone che aveva ucciso la sua famiglia anche se era stato lui e non si ricordava di aver ucciso la sua famiglia . r26 Storia presa da Siegfried , fondamentalmente , di Soul Calibur e allora quest’altro conosceva i demoni e nel momento in cui stava per ucciderlo , gli dice :” No, perché tu mi darai una mano a uccidere questo demone qua che ha seccato la mia famiglia “. L’altro , in realtà, sapeva che poteva chieder aiuto ai suoi , tra virgolette , fratelli demoniaci . Sapeva che comunque , poteva , se usava un certo artefatto, seccare il paladino , ma allo stesso tempo ha detto:” No! Costui mi seguirà per i miei piani, perché gli farò uccidere non solo il demone che gli ha fatto uccidere la sua famiglia , credendo alla storia del paladino , anche se in reatà , sapevamo fuori gioco che era stato questo Siegfried ad ammazzare la stessa famiglia , ma in gioco non lo sapevamo e in gioco fa : “ Ah, no, va beh , allora cercherò di sfruttarlo per uccidere anche i miei nemici, gli altri demoni miei nemici ,

260 compresi i miei stessi fratelli perché sto … volevo uccidere un umano , però era il figlio di un mezzo demone e quindi voleva seccare gli altri demoni, veri e propri, per diventare … per prendere i loro poteri e sfruttare il paladino. E fuori gioco lo sapevano loro due ! Che uno stava sfruttando l’altro , però era bello creare questi personaggi che facevano finta di essere nemici , ma in realtà volevano sfruttarsi , in attesa dello scontro finale , in cui uno diceva : “ Io prenderò i poteri da demone e ucciderò … e, e ti ammazzerò!” E l’altro diceva : “ Ma io ucciderò questo demone qua , mi libererò dalla mia maledizione , tornerò ad essere un paladino e ucciderò anche te che mi ha dato una mano a seccare questo dolore , questo demone qua “. Nel mezzo c’ero io che mi facevo i filmini : “ Ah, li ammazzerò tutti e due ! Maledetti! Maledetti, li distruggerò! Li ucciderò!” Perché poi era invasato, era pazzo. Si svegliava di notte , urlava il mio personaggio : “ Ah! Muori! Muoriiii!” E poi dopo, di punto in bianco si calmava e tornava tranquillo : “ Ah, ciao ! “ Con calma. E loro sapevano che volevo seccarli , perché magari mi avevano anche udito di notte scleravo da solo, parlando un po’ tipo Gollum . Hai presente Gollum su “Il signore degli anelli” quando parla da solo e Sam lo sgama? Che sta parlando da solo… Io avevo la doppia personalità , parlavo da solo , volevo ucciderli e loro sapevano fuori gioco e in gioco e aspettavano di vedere che cazzo avrei fatto e mi davano una mano facendo finta di non … uno non lo sapeva in gioco , ma lo sapeva fuori gioco , l’altro non lo sapeva in gioco e neanche fuori gioco . Scusa , non lo sapeva in gioco , non lo sapeva …Ah, scusami, mi sono incasinato . Non lo sapeva il personaggio … cioè lo sapeva lui, sì , fuori gioco e lo sapeva anche il personaggio in gioco, scusami. E voleva vedere fino a che punto arrivavo io e il chierico lo stesso: non sapeva niente in gioco , ma lo sapeva fuori gioco , perché le scene le facevo , dove parlavo con me stesso e anche lui voleva vedere che fine facevo ed era pronto a fermarmi se volevo fare … se volevo ammazzare ‘st’altri . Infatti a volte facevamo i turni di guardia , quando dormivamo di notte nell’accampamento , attorno al falò . Non tanto per i mostri che potevano ucciderci , ma per noi stessi , perché avevano paura , intanto che il pazzo si svegliasse e li sgozzasse di notte [risata] , che andasse a ucciderli di notte, ma anche il paladino e il guerriero, eh… si guardavano fra di loro con fare sospettoso . Ed era devastante questa cosa , perché in realtà, non c’erano regole, non c’era niente . Era tutto basato sull’interpretazione : passavamo sessioni intere soltanto a cercare di far piani per seccarci fra di noi intanto che facevamo il viaggio per andare fino a “tal dei tali – città “ a seccare il nemico comune che tutti quanti avevamo. Eh … per motivi X , cioè , che non mi ricordo neanche che cazzo facevamo , ma poi le alleanze cambiavano in continuazione: era un bordello, era un bordello … E … questo per dirti … scusa ho mandato un messaggio lunghissimo , che in tutto questo , le regole passavano completamente in secondo piano e si giocava cercando di creare un film . Cioè, l’obiettivo era : cercare di creare un cartone animato, cercare di creare un film. Che era favoloso secondo me. Era veramente favoloso. E’ stato l’apice . Dopo di che , son tornato qua e adesso, abbiamo giocato un po’ qua alla stessa maniera , anni fa e adesso, dopo un po’ di anni che sono fermo , sto ricominciando a masterizzare , io arrugginitissimo, perché è tanti anni che non masterizzo e gli altri troppo tecnologici, perché per assurdo,

261 quello che era più legato alle regole che era coso, che era … Marco da Lio adesso è quello più libero e il Perca è meno lega… è il più legato alle regole rispetto a prima, ma lo sto facendo ammorbidire , perché l’altra volta gli ho rotto le balle anche mentre eravamo ai campetti a chiacchierare , e lo sto facendo ammorbidire un po’, gli sto facendo fare dei filmini a caso ; la prossima volta senza pensare minimamente a cosa succederà, gli sparerò dei filmini e basta . Scusa mi hai fatto partire in quarta , son diventato megalungo, non so a cosa potrà servirti a te [risata] di questa intervista , per farti capire un po’ come ragionavo io e probabilmente ci sono dei master che ragionano così anche loro, per carità. Però, ti dico, io ho fatto un po’ di sessioni anche quando sono andato a giocare con alcuni altri amici comuni o magari quelle sessioni che fai al … ai vari comics , che ci sono anni fa, e ho sempre trovato le cose un po’ troppo, ehm, settoriali, un po’ pallose , tra virgolette, un po’ troppo statiche , ferme , cioè non so come spiegartelo . E’ una concezione di gioco di ruolo completamente diversa penso , rispetto a molti, magari anche simile rispetto ad altri , ma completamente diversa rispetto a molti , al 90% di quelli che giocano di ruolo e , infatti , è anche abbastanza castrante ; io , molte volte non sapendo le regole, mi trovo di fronte dei giocatori che magari le sanno e faccio anche delle figure di merda [risata] , fondamentalmente , però questo adesso. Una volta , quando non c’era un cazzo quando nessuno giocava , avevo raggiunto l’apice del … della potenza . Infatti c’è ancora gente che mi saluta per strada chiamandomi “Il Master “ , che , ormai non sono più il Master da una vita . Sono un povero stronzo che tira i dadi e li tira anche male perché c’ ha una sfiga disumana . Però, all’epoca era divertentissimo perché nessuno sapeva giocare e quindi contava solo l’inventiva ed era divertente per questo.

I: Quindi , da quant’è che masteri nel gruppo attuale?

Walter: A questo gruppo in particolare , da quest’estate . A Perca e Happy ( quello che non ci sta mai, ho masterizzato per anni , almeno 6 o 7 in vari giochi . Ad altri che non hai visto mai ho masterizzato per un paio di anni. A Lillo , un ex amico che non vediamo più, ho masterizzato , come Perca , per almeno 6 anni . Poi , c’è stata la pausa con loro , in cui per altrettanti anni , non abbiam giocato . E indovina un po’? Come tutte le cose , è esploso tutto nel momento in cui tutti ci siam fidanzati e le ragazze non andavan d’accordo , facendoci litigare fra di noi . Una volta tolte dai coglioni le ragazze, nel giro di un paio di anni , abbiamo ricominciato a giocare subito.

I: Hai mai visitato ludoteche o altri luoghi di ritrovo simili , nel corso di questi anni?

Walter: Ah, sì , sì. Un nostro amico ne ha aperta una . Abbiamo scelto il nome insieme e gli ho fatto anche il disegno . Giocavamo a Vampiri in ludoteca , anni fa . Avevamo un bel gruppo di 20 , 25 persone . Tra l’altro , una live di Vampiri mi piacerebbe riorganizzarla . Quando lo farò, sei il benvenuto.

262 I: Domanda lievemente più tecnica : come gestisci , in qualità di master , la preparazione della campagna ? Quanto tempo dedichi a ciò? E come ritieni debba comportarsi un buon master?

Walter: A questa ti rispondo fra poco . E’ un po’ lunga.

I: Sì, sì. Fai con comodo.

Walter: Allora. Dal punto di vista di gestione della campagna , sono una bestia. Ossia, io non gestisco niente. E… una volta gestivo, appena , appena qualcosa, ma adesso veramente quasi nulla. Ho un po’ l’idea di cosa succede nel mondo , ehm, perché alcuni personaggi ce li ho in mente o qualche filmino mio viene fuori , ma per il resto , improvviso tutto. Anche perché, ogni volta, ho imparato che ogni volta è sempre diverso perché i giocatori fanno sempre quello che non ti aspetti. Per esempio, l’altra volta che c’era il portale chiuso nella… nel tempio di … di Marco ,io mi ero già preparato, perché avevo già pensato :” Speriamo che loro ,ehm, decidano di aggirare la montagna e passare dall’altro ingresso, quello principale e io gli avrei fatto trovare qualche png , avrei fatto fare due cosine carine . Più che altro, avevo pensato qualcosa per il Perca , che avrebbe trovato qualcosa che aveva a che fare con il suo passato di elfo , però Marco ha detto:” No, no . Uso i miei incantesimi ed entro attraverso la pietra , quindi là, uno va a pensare a cosa c’è dall’altra parte a come passare attraverso la pietra : il giocatore ha cambiato completamente l’andamento della campagna . Sarebbe stato di pessimo gusto dire : “ Eh, no. Non ce la fai , perché il templio respinge gli incantesimi , perché , in effetti , è un tempio protetto, ma lui stesso è del caos. Quindi , è un templio che non … non permette a determinate magie di essere usate , ma comunque lui che è proprio di quel tempio , poteva entrare effettivamente . E quindi sarebbe stata una forzatura dirgli : “ No, non puoi”. Anche perché comunque lo stesso modo… Perca , lui stesso ha una specie di incantesimo che si fa uscire fuori delle ali di fuoco , quindi poteva volare , metti caso, prendere la gente , volare sul picco del tempio ed entrare dall’altra parte : è un po’ un casino. Bisogna sempre calcolar tutto e piuttosto di calcolare tutto , ogni possibile implicazione, io preferisco non calcolare un cazzo e improvvisare. Uno dei motivi per cui odio la magia è che la magia semplifica troppo le cose. Nelle mie campagne la magia è sempre troppo pericolosa : la usi e più la usi e più impazzisci , evochi delle bestie e a volte usi dei poteri che magari sono esagerati , che più lo fai e più ti corrompe, hai bisogno di nutrirti di altra magia. E’ un po’ complessa , proprio per evitare che i giocatori usino la magia, come in effetti fa, un giocatore in ogni gioco di ruolo , per risolvere le cose più facilmente . E’ anche per questo che ho tolto rifugio sicuro e robe varie , perché il mago che evoca rifugio sicuro di … Leomund (?), cazzo è ? O il castello , la cittadella volante , ‘ste robe qua; ha senso fino a un certo punto. Anche la borsa contenitiva ,

263 così uno fa mille per prendere mille cose , buttate tutte quante nella borsa contenitiva di Mary Poppins e tira fuori il libro, la balista , l’arco, sette spade e dodici intrugli vari … no, la borsa contenitiva lo stesso l’ho tolta , perché è troppo facile . Ti porti dietro quello che puoi portarti dietro e , e nulla di più. Perché comunque i giocatori tendono sempre , ma è normale , a fare le cose più fighe col minimo sforzo, a fare quello che vogliono loro col minimo sforzo possibile e se hanno la magia o degli oggetti magici che lo permettono , veramente ti falciano le gambe come master , perché tu ti eri preparato determinate cose e arriva il giocatore che falcia tutto. E questa cosa può succedere anche con il guerriero , perché tutto dipende sempre dai giocatori : il giocatore che dice :” Io prendo a testate qualunque cosa mi trovo davanti , tu magari lo metti davanti a un png grosso, boss, con qualcuno con cui ti aspetti che parlino , invece questo qua , che ne so , tira fuori la spada e carica e lì son cazzi e lì il giocatore rischia di crepare . Eh beh, lì c’è poco da fare . Evito di far fuori la gente a meno che non facciano delle stronzate immense . Di solito tendo a : uno, cercare di dare sempre una specie di via di fuga , non via di fuga per scappare o disimpegnarsi dalla scena , ma una via di fuga che può essere anche , che ne so, il png , il nemico , quello che è , che piuttosto che ucciderti a caso magari, prova , ma … cioè, ti risparmia, ma perché ha bisogno di te , oppure ti tortura , oppure ti fa dei danni in un altro modo se è tuo nemico . Oppure , magari, che ne so, se è un uomo d’onore , anche se ti sconfigge , valuta la tua … il tuo coraggio, ‘ste cose qua e allora dice:”Beh dai, sei degno comunque di sopravvivere questa volta. Ci vedremo un’altra volta e ci incontreremo di nuovo e via così, insomma. Poi , se uno carica a testa bassa e si va a lanciare contro un drago , perché fa figo , sì, o fa veramente la scena epica, bella , di sacrificio e cose varie che ci può stare e allora magari viene premiato , ma se lo fa così a cazzo perché tanto è sicuro che ce la fa , perché , tanto, il master lo lascia fare o perché è abituato a distruggere qualunque cosa , muore. Però, di solito, succede veramente di rado . Una delle regole che ho sempre implementato da Kenshiro, è l’”Ultima possibilità”. Tu, praticamente , hai una sola “Ultima possibilità” che ti giochi , se vuoi. Hai un gettone per ogni giocatore , che , se veramente stai per crepare , puoi dire :” Mi gioco l’ultima possibilità “ e la storia , deus ex machina, prende , in quel momento , in quel frangente , prende una strada che possa permettere al giocatore di sopravvivere, eh… in quel momento là. O di fare un’azione epica in quel momento là. Hai un solo gettone “Ultima possibilità” . Se lo sprechi per una cazzata , la volta dopo rischi di crepare e muori , magari. A quel punto improvviso tutto. Da un momento all’altro improvviso tutto , basandomi su cosa fanno gli altri giocatori . Infatti, questo è quello che vorrei fare in realtà, perché a volte non ci riesco a basarmi su quello che fanno gli altri giocatori , perché dipende dai giocatori . Passo a spiegarti: io, di mio, da come mi ha insegnato anche quell’altro master, che secondo me è una cosa fighissima, cercherei di lasciare più spazio possibile all’inventiva dei giocatori. Se , che ne so, un Perca o Eric vogliono descrivere loro stessi in una scena in cui sono seduti attorno a un fuoco e Eric si ricorda del suo passato quando suo padre , che ne so, gli faceva arare il campo e … mentre aravano i campi ,arriva questo , che ne so, uno stregone, questo maestro che ha avuto lui e gli dice :” Ho notato dalla forza , dalla possanza di questo ragazzo

264 ,contadino tal dei tali , lo porto via per addestrarlo , va benissimo. Diventa il suo background . Cioè, se lui immagina una cosa del genere e me la descrive , che sta parlando col Perca o che dice:” Mmm, rimembro i tempi in cui vidi per la prima volta Georg l’adepto nero e Georg arrivò nella mia …. Ehm , nel mio villaggetto nella mia fattoria e parlò con mio padre un giorno intero , mentre io non sapevo cosa fare e ascoltavo di nascosto dalla porta , sentendo parlare di magie e cose strane “. Io l’ho messo nel background , però lo diventa automaticamente , perché è bella come cosa e prendo spunto da quello . Allora , cosa succede ? Che so questa cosa qua e più avanti , nella storia , magari gli metto qualcuno del villaggio che si ricorda di quel giorno che Georg è venuto a cercarlo , oppure gli faccio incontrare il padre , eh, che dopo tanti anni è ancora lì, magari, che lavora nella fattoria , che fatica , con la schiena spezzata dal … da, da , dalla fatica dei lavori umili e con magari i nobili che gravano sull’intero villaggio con le loro tasse per finanziare le guerre. Tutto dà spunto. Qualsiasi cosa. Se Giorgio decide che ri … rimembra , eh… i tempi in cui gli elfi lo torturavano , bene gli elfi lo torturavano, è giusto. Allora , automaticamente , diventa quella uno spunto, non solo per il passato , ma anche per le cose momentanee. Se , per qualche assurdo motivo, Giorgio immagina che …. Che ne so, perché succede qualcosa; magari va contro Marco per qualche motivo e immagina di volerlo uccidere , si fa tutti quanti i filmini perché lui , in realtà, conosce un nemico di Marco , conosce un nemico, più che di Marco , dell’ordine … di Valor e lui allora lo porterà da questo nemico dell’ordine di Valor, per cercare di farlo fuori, per vendere Marco a questo nemico dell’ordine di Valor, è così. Cioè, diventa quello. Spinge, in teoria , i giocatori a raccontare il più possibile .E ti dico, io qua ho trovato un muro disumano .Mentre quando giocavo giù in Toscana eravamo tutti così, ognuno partiva in quarta coi suoi filmini, perché, per l’esempio che ti facevo l’altra volta, il paladino che ha ucciso suo padre , perché è stato posseduto da uno spirito , diciamo da un demone, perché praticamente c’era… l’ordine di cavalieri Valadia, faceva la guardia a una spada runica maledetta, tipo Frostmourn . Erano i tempi in cui era appena uscito ehm… Frozen Throne , quindi comunque eravamo freschi di Warcraft 3 e lui si era inventato questa storia . Lui l’ha descritto come suo background. Cioè, nel momento in cui il master ha detto :” Dove siete ? Cosa state facendo ?” la prima sessione, lui ha detto: “ Io sono con mio padre ,eh… seduto a tavola, stiamo parlando di questa spada , sentiamo la …. Mmm, il, il corno dei soldati fuori , perché gli orchi stanno attaccando il nostro castello , una cosa ovviamente pacchianissima. Allora il master si è agganciato: “ Ah, tuo padre esce fuori , brandisce la spada e prova a sconfiggere gli orchi” e allora poi c’erano tante scene in cui i cavalieri vengono massacrati, suo padre è in grave difficoltà, lui, Siegfried , va a prendere la spada , perché è la spada runica che nessuno può mai toccare , perché è una spada maledetta , però acquisisce una forza incredibile che è il demone che è rinchiuso nella spada e secca tutti. Uccide tutti quanti gli orchi , ma uccide anche i suoi soldati e uccide anche il padre . Dopo di che, si riprende e dice : “ Oh, mio dio! Cos’è successo? Cos’ho fatto? Qualcuno ha ucciso la mia famiglia mentre io ero svenuto”. Perché immagina di essere … immagina che il suo personaggio è caduto per terra durante il combattimento e qualche essere maledetto, qualche demone , qualche orco, qualcosa ha ucciso

265 i suoi genitori. Poi lui durante le sessioni si è fissato che era un demone e dava la caccia a questo demone e si portava dietro la spada che gli parlava nei sogni e che era sempre lui che faceva finta di avere la spada che gli parlava e a volte il master si agganciava e faceva il master il demone e lui dava la caccia a questo demone che era lui stesso , fondamentalmente , però non si ricordava di avere ucciso i suoi genitori . Queste erano tutte cose che ha inventato mio cugino all’epoca , perché giocavo assieme a mio cugino, ha inventato lui e il master si è agganciato e da lì è partita tutta la storia del cavaliere , del fatto che , che era diventato , che era un paladino , ma in realtà, è partito senza livelli da paladino perché in quel momento lì ha perso la fede , perché è stato maledetto, eccetera, eccetera, quindi il master gli ha detto: “ Fidati di me ! Tu parti come guerriero e … fidati così” e poi ogni tanto, tac, gli dava qualche incantesimo , ogni tanto lui riprendeva un po’ di fede e prendeva qualcosina da paladino , finchè poi alla fine non è diventato paladino vero e proprio , quando si è liberato e …del demone , quando l’ha sconfitto. Eh… ehm, però , comunque , appunto tutto quanto era inventato dal giocatore ; il master si è agganciato e da lì ha creato la trama. Qui è una cosa che ho visto che non c’è. Sarà perché , come dicono qua, i veneti son più chiusi, boh , sarà perché comunque i ragazzi non erano abituati a giocare in un certo modo . Aspettano, diciamo, che il master dica le cose e io , a volte, per riempire i silenzi, parlo fin troppo. Invece , dovrei lasciare fare loro e infatti questo è un errore grave che sto facendo nel mio modo di masterizzare che adesso dovrò ricominciare , invece , a non fare più … eh, che è invece non lasciare troppo spazio, dovrò lasciare molto più spazio a loro, così posso agganciarmi ai loro filmini. E ‘ la cosa migliore : così loro possono gestire completamente il loro personaggio e gestire anche , in un certo senso , la storia. Ehm, io ogni tanto , magari, do qualche input al giocatore: tipo, l’altra volta, il Perca si è spogliato e gli ho detto: “ Beh il tuo personaggio … ragazzi, vedete che il personaggio è pieno di cicatrici “ . E poi lui infatti, mi ha detto che gli elfi l’hanno picchiato l’han torturato e da là si è agganciato con questa cosa qua , però alcune parti eravamo ai campetti , non l’ha detto ancora in gioco. Siamo andati fuori a fumare una cicca , una volta e ne abbiamo parlato e… ed è una cosa ottima. Gli ho dato quell’input là e dopo lui si aggancerà. Non so ora cosa farà, ma , per dirti, quel personaggio che avete visto l’altra volta , quell’Ayra Kayne che osservava Marco che aveva quella specie di barriera dell’annullamento degli incantesimi , che ha annullato tutti quei buff che si era fatto Marco, se a un certo punto, non so, per qualche ragione , Eric , Perca o Marco stesso , dicono , boh , di essersi ricordati di aver visto questo Ayra Keyne da qualche parte , potrebbe anche diventare parte della giocata, improvviso e mi aggancio a quella roba là. Perché tutto viene costruito al momento . Infatti, anche quella cosa là che Eric stava gestendo l’angolo della sua mente creando cose , a me va benissimo . E’ ottimo, era… si stava cominciando a smuovere la faccenda. Questo porta anche a un altro ragionamento : devono esserci, nel mio modo di giocare , tanti personaggi . Almeno cinque personaggi ; abbiamo giocato troppe volte in tre e non mi piaceva . Infatti adesso siamo in quattro e va bene; quando arriverà anche coso, Happy, finalmente saremo in cinque , perché cinque è il

266 numero giusto , secondo me , perché ogni personaggio sparando i filmini, contrastandosi con gli altri, ehm… che ne so, agganciandosi un giocatore stesso al filmino di un altro dicendo : “ Ah, ma il tuo nemico è quello? E’ anche il mio nemico !” e così crea una storia, muovono il gioco, soprattutto se sono personaggi dinamici. Per esempio: io , , non vedo l’ora che torni, perché lui era un personaggio dinamico. Era un personaggio che creava gioco. Per esempio Eric è molto sulla difensiva, col fatto che ha fatto un personaggio che tenta di sopravvivere , si fa i cazzi suoi, si nasconde, ha paura di farsi vedere , ha paura di buttarsi in mezzo alla mischia , tende a rendere statica la cosa. E’ una roba che ho detto anche tempo fa : “ Ah, divertiti ! Buttati in mezzo!” Gli avevo dato quell’Yllian , quella specie di spirito che gli era entrato nel corpo, perché così quando Yllian entrava in gioco , tra virgolette, lui si lasciava possedere da questo spirito e aumentava anche le caratteristiche e andava così dritto. Gli aumentava le caratteristiche , gli aumentava le magie in modo che poteva diventare più competitivo e quindi che potesse , il giocatore , osare di più. Fatalità, l’altra volta ha liberato Yllian ; lo spiritello è scappato via, perché l’altra volta lo ha liberato , vedremo cosa farà in futuro, però, appunto , essendo lui un personaggio difensivo, creava poco gioco , sfortunatamente . Quando abbiamo iniziato le prime sessioni , io avevo lui che era sulla difensiva, avevo il Perca che come personaggio ha detto : “ Io sono uno che sta per conto suo , che fa il barbone di nascosto , perché deve nascondere il fatto che è un elfo” . Gli elfi lo cercano , gli umani lo cercano e quindi, comunque lo, lo snobbano e quindi lui cerca in tutti i modi di mostrarsi il meno possibile . Al massimo , cura la gente . Ok, va bene come tipo di personaggio , ma o rendeva troppo sulla difensiva , troppo statico, quindi non aveva una cerca , un obiettivo, un qualcosa da fare . E … io posso dargli qualcosa , perché gli ho messo anche l’altra volta , eh… quei mercenari che son stati uccisi e … che sono stati appesi all’albero , perché è un nemico del Perca che praticamente lo sta insidiando , diciamo, per un motivo X che mi sono inventato e spero che il Perca non mi mandi a puttane , sempre per il fatto che devo improvvisare . Ma è un motivo abbastanza figo , per cui questo qua lo sta insidiando e l’ho messo io così, ma volendo poteva decidere lui stesso che dava la caccia a un nemico suo ; gliel’ avrei fatto trovare , prima o poi. Allo stesso tempo, all’inizio, avevo eh … Mamu che è durato una sessione soltanto , appunto si è annoiato . Lui voleva un tipo di gioco magari diverso , che anche lui è un personaggio statico. Io sì, aspetto, mi metto lì, vedo un po’ come vanno le cose e poi decido di fare e di non fare . La prima sessione gli ho messo … l’ho fatto incrociare con un branco di mercenari , con , con una congrega di mercenari , descritti anche come se fossero , dei, degli strafighi. In realtà non lo erano; eran tutti di terzo livello, a parte il capo di questi mercenari che era di sesto come loro , quindi potevano anche essere … però, anche là, invece di interagire , ha fatto : “ No, mi nascondo e aspetto che passino” . Questi qua stavano razziando un villaggio dopo aver preso delle persone eh… per costringerli a combattere per loro e se ne sono andati . Quindi la scena è stata bella di ‘sti qua che arrivavano e marchiavano la gente a fuoco e si portavano via i popolani , perché dovevano rinfoltire le truppe , perché avevano perso diversi uomini nell’ultima battaglia che c’era stata e quindi con la gente che piangeva , la mamma che tipo , piangeva

267 perché il figlio veniva portato via, caricato su un carro e incatenato e però loro han detto : “ No, aspettiamo qua che se ne vadano”, quindi la scena è passata così e basta . Probabilmente , se si buttavano in mezzo , dicendo :” No ! E’ sbagliato! Ti ferme…. Maledetto! Fermati !” Qualsiasi cagata , qualsiasi cosa. Oppure: “ Ah ! Mi infiltro insieme a questi qua e poi provo a liberarli , ma gliela davo buona . Al tipo magari arrivava , il capo dei mercenari , arrivava a sconfiggerli , ma magari perdeva , perché può essere tipo un capo punk di Kenshiro, cioè , nel senso , un mini boss . Oppure poteva anche prenderli con sé e poteva succedere qualsiasi cosa , però il fatto di dire : “ No, aspetto. Mi metto qua in un angolo e vedo quello che succede “, crea staticità e quindi si è … un po’ persa questa scena. Invece , i giocatori , fanno giocate anche strane a volte , non suicide , ma giocate anche strane e fanno bene. La storia , io la facevo al momento , per loro, ed è anche per questo che a volte non mi preparo le schede , se non quelle dei personaggi principali. Perché , se vanno a interagire con un personaggio che io ho deciso che è un , un soldato di terzo livello , o anche un apprendista stregone di quarto livello, una cosa piccolina , però, poi loro non so, ci parlano con questo qua , si sentono con questo, magari mettono bene anche un paio di tiri, lui potrebbe diventare anche un personaggio importante , quindi, non ha senso che gli faccia una scheda troppo debole o al contrario, magari gli faccio vedere un boss grosso , quindi magari una scheda preparata di un personaggio di quindicesimo livello , per esempio. E… se dopo, però, un personaggio che loro non riescono a tirare giù , ma allo stesso tempo non vogliono interagirci perché non gliene frega un cazzo, non ha senso che glielo faccio, che mantengo quella scheda là. Quindi, lo depotenzio e lo faccio diventare da personaggio che poteva essere importante una macchietta. E … quindi anche là, cambio sempre i personaggi al momento, a parte la descrizione fisica , li cambio sempre. Può essere positivo o negativo, perché non avere un piano preciso, improvvisare tutto al momento, può essere bello se uno ha abbastanza fantasia , ma può essere un casino , anche . Cioè, non è facile , effettivamente , non è facile. Questo portò nelle prime sessioni Mamu ad annoiarsi, appunto. Nella prima sessione , perchè già dalla seconda mi disse : “ No, non vengo più”, quando , per esempio , io mi ero già pensato ( e lì, boh, forse avrebbe dovuto dirlo lui, non lo so), che siccome lui era un soldato di Tadesh, era di Tadesh, anche un comandante di Tadesh , io avevo ipotizzato che lui avesse dei servitori e una cavalcatura. La cavalcatura era un rinoceronte lanoso di quelli giganti del, dell’Eucene , no , dell’Eucene , scusa , ah… del periodo in cui comunque c’erano anche gli uomini primitivi del , del Paleolitico ?, vabè , di quando c’erano gli uomini primitivi. Comunque ,io gli avevo messo che c’erano dei rumori di grufolare , va beh , adesso dicono : ”Sfodero la spada e vado a vedere questa cosa e trovo un rinoceronte “ e invece , Eric si è nascosto , lui fa: “ No, no. Chi se ne frega ! Magari è una creatura di quarto , quinto, sesto e magari è un boss. No, no, no, non importa !” ed è rimasto da solo , lì fermo . Il Perca era da tutt’altra parte e quindi , niente . E’ morta lì la cosa . La volta dopo Mamu sente un’altra volta sgrufolare , sente un’altra volta rumore in mezzo alla boscaglia esce fuori il rinoceronte , lui dice: “ Ah! Che figo ! Ma è un rinoceronte ! Eh , sì! Magari l’avessi visto anche l’altra volta ! Ah , va beh , ma tanto ho deciso che mollo la sessione

268 rinoceronte o non rinoceronte…” Ha preso e se ne è andato via. E , sono quelle cose che … quando per assurdo , magari, poteva dire anche : “ Arrivo a cavallo del rinoceronte “, nel senso: ce l’hai . Perché? Lo dico io. Perché è il mio personaggio, quindi ho un rinoceronte. Infatti, ora , tu sei stato un … come si dice , un’eccezione , perché avevo già avuto intenzione di fare così. Con gli altri è stato un errore : di solito , io all’inizio della campagna dico: “ Dove sei e cosa stai facendo? “ gli dico al personaggio . Non sai cosa stai facendo? Inventa. Da lì , mi aggancio io per l’interpretazione . Siccome gli altri dovevo farli iniziare più o meno tutti quanti vicini , gli avevo dato un piccolo spunto, un piccolo background , minuscolo, che però non andava bene com’era fatto, perché dovevo semplicemente dirgli: “ Ehm, spaziate con la fantasia !” E lì, Mamu poteva dire fin dall’inizio: “ Sto attraversando la prateria in braccio; seh, in braccio. In groppa a … Gilgamesh , il mio rinoceronte fidato che ho allevato fin da quando ero piccolo, eh… dono di mio padre e …, perché sono stato…perché ho superato la prova della mia pubertà combattendo contro i miei fratelli “ , per dire, una cosa così, magari partiva lui con ‘sto filmino qua e mi ci lanciavo anche io , inventando già che da qualche parte c’era un suo fratello che lo odia, perché secondo lui Mamu ha vinto scorrettamente . Già creavo qualcosa per la storia fermandomi in quel punto là e poi qualcosa di bello sarebbe saltato fuori , magari sul rinoceronte , magari a piedi col rinoceronte . Magari se Mamu accennava al rinoceronte lui poteva ucciderglielo per creare gioco … per creare storia , potrebbe avere una vendetta e , diciamo, boh… è passata un po’ in secondo piano questa cosa. Tento di non farlo più, di dare io un incipit iniziale, però nel caso tuo , dovevo agganciarti e quindi va beh, gli faccio fare uno dei militari di coso dei Titani Alati . Però , in realtà avrei dovuto dire: “ Marco , dimmi dove sei e cosa stai facendo?”. Perchè voglio Happy ? Tornando al discorso di prima, perché è fatto così. Lui praticamente ,parte in quarta e decide le cose .Per esempio Eric , abbiamo fatto un discorso , in cui voleva … vuole scoprire se il suo personaggio è discendente dei draghi, quindi ho detto: “ Ok , ma come ? Cioè, cosa vuoi fare ? Cosa non vuoi fare ? “ – “ Eh… non so, vediamo , boh … chiederò al dio “ . Lui ha chiesto qualcosa al dio e ha chiesto al dio del caos , ha chiesto al dio e il dio del caos gli ha risposto un po’ così a cazzo , dicendogli un po’ di cose , ma un po’ incasinate . Avrebbe dovuto dire : “ Alas, chiedilo al dio della verità “ . Va beh , comunque invece , per esempio, Happy è uno che anche lui aveva a che fare con i draghi nella scorsa sessione . Ha tirato su un culto da solo , li ha … cioè così. Perché voleva farlo lui ; di punto in bianco ha deciso di fare il culto del dio drago Astarande . Basta , quando ho sentito nominare questo Astarande , io poi gli ho fatto trovare degli altri adepti, li ho fatto avere le visioni di Astarande . Lui ha voluto creare questo culto e l’ha creato , cioè di punto in bianco ; ha deciso lui che era un chierico di Astarande ,che voleva creare il culto , ha fatto modo di tirare su questa cosa di predicatore della zanna . E poi ho fatto io, buttandogli filmini in più dentro. Senza divagare troppo, questo porta a una cosa importante a livello tecnico . E cioè, la totale improvvisazione porta a …. ehm , non tenere volutamente conto delle regole . Per esempio, una cosa che

269 io odio a morte , ma che adesso ormai abbiamo iniziato così , vediamo un pochettino se poi cambierà la faccenda ,ma per il momento abbiamo iniziato così , è che i loro giocatori si scelgono i loro incantesimi . Per come giocavamo noi all’epoca , IL MASTER ti dava gli incantesimi. In base a quello che hai fatto , in base al livello, il master ti dice a un certo punto , ma non solo a quei livelli, anche durante le sessioni , acquisisci questo incantesimo , perché fai questa cosa e acquisisci questo incantesimo , va a prenderlo, e glielo dà. Per concludere , un’ultima cosa , sempre riguardo agli incantesimi, Marco ha fatto una cosa anche abbastanza interessante , che è : ha imbastardito il suo personaggio , usando incantesimi prendendo anche incantesimi della morte e non solo del caos e quindi , questo dà spunto per una cosa che adatterò più avanti , che è dargli sempre più peso sulla morte ; sempre più incantesimi prende , della morte , gli do più peso della morte , finche, a un certo punto, Valor potrebbe anche rinnegarlo .Questo dipenderà , infatti, anche dagli incantesimi che prenderà lui, che continuerà a prendere , se continueremo a fare così, che prendono gli incantesimi i giocatori, ma ormai han preso questa strada , quindi probabilmente , si farà così. Quindi , ancora una volta , la campagna viene influenzata da quello che faranno i giocatori, ma sessione per sessione: non preparo un cazzo.

I: Un’ultima serie di domande : e in veste di giocatore , cosa mi puoi dire delle tue esperienze ? C’è un gruppo o un sistema che preferisci ? Attualmente , quante campagne stai seguendo ( sia come DM che come PG )? Sei a conoscenza delle piattaforme di gioco online o dei forum e pagine dedicate agli appassionati o a chi cerca giocatori ? Ne fai uso? Walter: Allora. Ti rispondo con calma. Eh… come giocatore da tavolo , ho fatto D&D , per diversi anni , sempre all’inizio il D&D classico della seconda edizione , quello vecchio. Addirittura , giocammo un’ambientazione a Menzoberranzan con , come personaggio, come png c’era Zack Nafeym, poi il padre di Drizzt Do’Urden ; era carina anche come cosa , come , come avventura , ma classica D&D, cioè, pare che in tutta l’avventura eravamo semplicemente un paio di elfi oscuri, un paio di drow e … scusa , di duergar che andavano a sedare una rivolta di altri duergar, cioè , non mi ricordo bene . Ah, sì, poi c’era un lich. Abbiamo trovato un lich dopo. Ma niente di incredibile . Cose classiche da D&D. Poi ho giocato il D&D quello diverso , diciamo, della Guerra , uno che aveva fatto il mio master , che appunto era un D&D completamente diverso e sempre per qualche anno, anni fa. Ho giocato a Enuma Elish, che è molto bello come gioco , Enuma Elish. Una sessione sola ho fatto : era una di quelle sessioni di prova che fai di solito alle fiere ,con un master anche quello, totalmente narrativo e veramente bravo, veramente bravo a descrivere . Io venivo da D&D , quindi un master che mi descriveva delle cose così belle , non l’avevo mai visto , no ? Addirittura , mi ha detto:” Chiudi gli occhi ! - Chiudete gli occhi !” eravamo in gruppo- “ Immaginate questa scena” , di qua e di là, descriveva in maniera molto bella . Devo dire che … sì, sì , sì. E infatti un espediente di far chiudere gli occhi ai personaggi, cioè ai giocatori, quando entrano in una

270 determinata scena e situazione, non è male , perché li … togli tutte le distrazioni e ti devi concentrare soltanto sulla scena . Infatti, anche l’altra volta che stavamo facendo, stavamo giocando e Perca era col cellulare , va beh, insomma , ok , mi girava un po’ il cazzo. Non importa. Però , quella cosa là, all’epoca mi piacque un sacco, sempre , comunque, cose narrative . Enuma Elish è molto bello: è un gioco indipendente , che penso sia … non l’ho più visto, forse è sparito, forse i suoi ideatori han fatto altro. Però era molto carino. E, dopo di che , ho fatto Vampiri , anni e anni di Vampiri , giocato non alla “ Vampiri di Anne Rice “ , i vampiri che se la menano , perché non vedono la luce del sole , giocato come Cristo comanda , come , come il gioco , insomma , come le regole di Vampiri , e lì ho visto che Vampiri è un gioco bello che fai , mmm, se non ti aspetti niente . Ossia: è un gioco che non ti insegna niente . Cioè, mentre su D&D parti che c’ hai la tematica del gruppo. Vampiri è un gioco che si basa sull’incularsi a vicenda , quindi è un gioco che puoi fare solo se hai grandi amici , perché puoi giocare , divertirti a tirartela in culo, eh … fare un sacco di danni , anche ammazzare l’avversario, sapendo però , perché è un gioco horror , quindi si muore molto più facilmente che a D&D , e si rischia di morire molto più facilmente , si uccide molto più facilmente , e quindi , a maggior ragione devi giocare con gente di cui ti fidi , perché ho giocato live con tanta gente sconosciuta , alcune erano persone brave , altre erano dei disgraziati . Aurora , Giulio e , va beh, altra gente che tu non conosci , comunque, che il Perca e gli altri conoscono , li ho conosciuti giocando a Vampiri, quella volta là sono venuti Perca e Lilla , insomma altri ragazzi e è stato molto divertente all’epoca , perché abbiamo trovato gente seria, perché Vampiri sfortunatamente, siccome fa presa , come tipo di gioco , sull’ego delle persone ed è un gioco che si basa sulla viltà , sulla codardia , sulla malvagità, se becchi la persona sbagliata , è un disastro. Per farti un esempio pratico, eh … ho conosciuto diverse persone , quando giocavo online , così rispondo anche all’altra domanda , che ho trovato su delle piattaforme online e appunto giocavo a Vampiri e c’era parecchia gente che per avanzare di rango , per avanzare di grado , ehm … praticamente , se , se tu sai come Vampiri , prendere una carica , cercavano di far fuori il personaggio o un personaggio che aveva una carica superiore alla loro , facendo cosa ? Ehmm, andando dai master e off game , dicendo puttanate di questa persona qua o magari offendendo una persona in chat e questo qua poi diceva: “ Ma che cazzo stai dicendo ? Muori , disgraziato !” Questi , ta-tac , copia e incolla , mandavano subito al master e secondo il regolamento della chat, lui aveva insultato e quindi lo buttate fuori dal gioco . Tale personaggio veniva magari allontanato o buttato fuori dal gioco e quindi loro avevano una carica libera, perché si liberava una carica ; cioè la viltà fuori gioco . Cioè, una cosa allucinante , oppure ce n’è stato uno , qualche tempo fa , che il Perca se lo ricorda questo qua , Scremuzzi , lui era .convinto così di essere lui il megavampiro, cioè per assurdo , era così tarato mentalmente , doveva fare il figo , doveva fare il grande e il grosso che nel momento in cui gli è morto il personaggio, ha sclerato, è impazzito . E … proprio, è andato via di testa , si è incazzato a morte , ha cominciato a fare scenate e alla fine questo qua è stato allontanato. Diciamo che su Vampiri c’è parecchia gente che è così. Perché essendo un gioco che si

271 basa sul fatto che tu sei il grande , il figo , l’immortale , di qua e di là, eh , soprattutto i clan politici che devono essere tutti megaestremi , tutti : “ Ah, lui , principe della notte ! “ , di qua e di là, trovi un sacco di rincoglioniti, fondamentalmente. O un sacco di ragazze che si credono super modelle , quindi fanno le Toreador , eh, che fondamentalmente si identificano molto più facilmente nel personaggio, mentre è più difficile identificarsi con un nano , un elfo o un mezzo drago di D&D, poi anche l’atmosfera è più fantasy , è un po’ diverso , Vampiri che si gioca in un mondo pseudo reale , con dei personaggi pseudo reali, perché , alla fine , è come … se invece di chiamarlo Vampiri lo chiamassero Mafia , sarebbe la stessa cosa , perché si tratta di contatti e di politica , di criminalità e cose varie e in più c’hai anche le discipline che ti aiutano , ma per il resto , è molto realistico come gioco , perché poi devi andare vestito “ da live“ , appunto , tutto vestito bene e queste cose qua , è più facile trovare gente che si immedesima così tanto che fare un’azione contro il loro personaggio diventa fare un’azione contro di loro. Ed è un motivo per cui ho smesso di giocare a Vampiri , a meno che non sia io a organizzare il Live con gente di cui mi fido. Ma niente di diverso dal nerd di World of Warcraft che sta là dalla mattina alla sera a picchiare cinghiali [risata], come fanno vedere su “South Park” , per avere il massimo del … dei punti esperienza e diventare gigantesco , ma in tutti i giochi c’è gente che smette di vivere per i giochi, però , appunto, non … in Vampiri, appunto , è una cosa ancora più odiosa , perché mentre negli altri giochi, bene o male, hai delle cose positive , in Vampiri no. Devi essere malvagio e se poi ti identifichi , diventi uno stronzo a tutti gli effetti. Ho fatto dei Live da ottanta persone anche , settanta , ottanta persone e sono stato fuori di casa anche due o tre giorni ed è stato molto divertente , perché tolti i matti, c’era gente anche molto simpatica e abbiamo creato un piccolo gruppo, ancora, tempo fa , di gente che , ancora tuttora , li sento ancora … ogni tanto, via Whatsapp o via Facebook ; poi dopo, ci siam persi di vista , perché son passati diec’anni . Alcuni si son sposati , per carità… Però è stato un bel periodo, perché i Live mi son piaciuti molto, in quel periodo là. r3 Comunque , era stato divertente . Dopo di che , altri giochi, sì, piattaforme online , non le ho mai giocate sinceramente . Ho aiutato … cioè, ho giocato un paio di volte con il personaggino del Perca , ancora anni fa che bisognava Respare su Lineage con un nano , ho fatto un paio di cose ; picchiavo un po’ , ma quei giochi che devi stare tantissimo online non , non riesco a farli . Cioè, anche Skyrim , ce l’ho là , è bello , ma tipo, l’ho fatto il 30 % del gioco in tre anni e … perché c’è troppa esplorazione , è uno di quei giochi dove dovresti stare sempre là; molto bello visivamente , stupendo, ma non riesco a starci dietro ,anche perché poi mi toglie il tempo per disegnare e per fare altro , eh … lo stesso appunto anche WoW, è stupendo , ma [risata] nada, nada . Son quei giochi che poi non esci più. Io li chiamo … come il tunnel della droga , una volta che ci entri dentro , poi dopo devi espare , andare avanti , fare i raid , mamma mia , un bordello. Tra l’altro , comunque, c’è una cosa da dire . Io , mmm, non sono mai stato troppo tecnologico e quindi non ho mai avuto il “team speak” con le cuffie , con il microfono e tutto il resto . Ho sempre visto questi giochi online , in maniera un pochetttino inferiore , cioè non sono tutto mega organizzato come altri e quindi, boh, senza cuffie , senza parlare , mmm, una volta sola abbiam prova… non c’è contatto umano e

272 … non so, già se uno ha tutto perfettamente fatto , il contatto umano c’è, quindi potrebbe essere migliore , ma in realtà comunque è lo stesso, no? Anche perché parli con gente che sta dall’altra parte dello schermo. E’ meglio fare le LAN piuttosto. Cioè giocare a un Diablo, perché io, figurati, vecchi giochi. Diablo online, Diablo 2 , facevi la LAN o giocavi online con gli amici , ma erano lì accanto a te . Oppure , sempre Warcraft , ma con gli amici lì accanto a te , seduti vicino a te , all’Internet Point. Io ho dei bellissimi ricordi dell’Internet Point. Come anche dei Live, perché avevi la persona di fronte agli occhi e ci interagivi . Le piattaforme di gioco mi sembrano veramente troppo fredde . Infatti , anche quando giocavo a Vampiri, comunque , giocavo con … eh,” Vampiri . La via “ si chiamava . Erano quelli poi che facevano i Live due volte l’anno da quaranta , cinquanta, ottanta persone che eravamo centoquaranta su quel cazzo di forum , ehm, e su quella chat ufficialmente iscritti, poi magari i giocatori erano centoventi e chi poi , chi poi si presentava ai Live erano soltanto una cinquantina , che però , cioè, non erano pochi comunque , cinquanta persone a giocare tutta la notte. Comunque , su quella chat di Vampiri c’erano anche punti esperienza che venivano dati in base a quanto tempo uno era collegato e , sfortunatamente , più si è ingrandito il sito,più è arrivata gente , più i master non potevano star dietro alle giocate, quindi è diventato troppo automatizzato. Quindi, come WoW, come altri giochi , anche alla fine, vince chi è più grosso, chi ha più tempo di star là. Cioè , c’è la gente che aspettava di stare a Capodanno , lì in chat a prendere punti esperienza , perché i master e tutti gli altri giocatori non c’erano , erano fuori a festeggiare e quindi stavano lì, a Capodanno , a cliccare e prendere punti esperienza in continuazione o ogni minuto ti dava un punto, quindi immagina un po’ … gente che era collegata dalla mattina alla sera, poi con i punti si prendevan le discipline, diventava forte , portava avanti i giochi , però lì non è più vita , preferisco a ‘sto punto interpretazione pura con un gioco in cui puoi costruirti il tuo destino non in maniera automatizzata e puoi fare le grossate e anche con un personaggio abbastanza debole , volendo, in base a come va la storia . Mmm, boh, elaborando il contatto umano con la gente , una cosa un po’ vecchio stile , magari, m io sono più affezionato a quello. E anche Lineage era lo stesso: vedevo Perca che andava là a picchiare migliaia di “mob” tutto il giorno. Pam, pam , pam . Per avere … perché ogni tanto , magari, droppavano l’oggetto, ogni mille “mob”, veniva droppato l’oggetto che serviva per farsi l’armatura , due palle così. [risata] Non esiste una cosa del genere , cioè, no, no , non va bene . Però , cioè, sono comunque metodi studiati per fare in modo che la gente giochi sempre ; alla fine va bene così. Warcraft o Lineage o altri giochi son studiati per ‘sta cosa qua , insomma. Eh, tutti i vari giochi online ; io adesso ti dico questi che son quelli che mi vengono in mente . Comunque sono studiati per fare in modo che la gente sia sempre incollata , d’altro canto son dei brand che devono vendere ed è giusto così. Poi ci son le varie espansioni , è normalissimo. Altre esperienze di gioco : ho giocato “Anima” , eh … con dei ragazzi della ludoteca e poi un altro gioco che non mi ricordo come cazzo si chiama , che era , boh , comunque una roba sempre tutta quanta interpretativa e lì era diventato un delirio totalmente folle, perché si facevano personaggi veramente assurdi all’epoca : io facevo , tipo, il costrutto di ottone , cioè [risata] una cosa veramente assurda ,

273 parlavo tutto storto , un po’ strano , con la voce superlenta , tutto: “ Boh, Boh, Boh…” tutto così. Era molto divertente che poi servivo la fede del dio del grande ingranaggio dorato che in realtà , anche là, me lo ero inventato , non [risata], non esisteva ‘sta roba ; però , c’era questo costrutto d’ottone che cercava il dio dell’ingranaggio dorato , perché doveva andare al cospetto di questo dio che fondeva i vari costrutti e non esisteva ‘sta cosa , perché era lui che era rincoglionito e pensava ‘sta cosa qua e pensava fosse il suo creatore questo dio dell’ingranaggio dorato , del, tipo il sole con le borchie , fa conto dei, dei cosi … dei nano … come cazzo si chiamano …? E … poi ho giocato a Cyberpunk ; quello mi son divertito un sacco a giocare a Cyberpunk , però il guaio è che l’ho giocato, non posso fare molta fede a questa a questa cosa, perché anche Cyberpunk l’ho giocato con lo stesso master con cui ho fatto “ La guerra “ , quindi alla fine , è diventato una cosa un po’ strana , cioè, sì era Cyberpunk , ma alla fine io ero Jim Reynor di Starcraft . Cioè , la ero lì con la mia moto che ogni tanto , tra l’altro con degli intercalari , andavo … quando entravo in gioco, quando era il mio turno , a volte faceva : “ Bum, sono Reynor !” [risata]. Ogni volta entrava in gioco così. Ogni volta il mio turno era quello e morivamo dalle risate ogni volta per ‘sta roba . E anche là, sì, era Cyberpunk , ma era anche una cosa un po’ assurda , perché tipo, diciamo mnemonica , un’ambientazione un po’ , un po’ stramba , fondamentalmente , e … bellissimo, comunque. Anche là dovevamo andare a spiare una stazione russa che era un cubo gigante , per dire, un cubo gigante che orbitava attorno alla Luna , o un cubo di ferro. Comunque , robe strane . Però, sì, Cyberpunk e , invece , ho fatto anche un’altra volta , come cazzo si chiamava, eh … “War zone “! Eh … aspetta.” Mutant Chronicles”! “Mutant Chronicles” , bellissimo, anche quello. Follia anche là. Eh … sempre , va beh, stesse cose del Cyberpunk , cioè botte da orbi con l’Oscura legione , eh … trama politica , zero. Fucilazzi giganti in mano e devastazione infinita . All’epoca masterizzava Giulio, tu non lo conosci. Va beh, è un ragazzo di qua , di Silea , che … mmm, è bravo a masterizzare lui. Mette anche un po’ di trama politica , però , in quei casi là, quando sono i giochi “ botte e schiaffi” in stile Cyberpunk, veramente , cioè, mi prendo la claymore in una mano, il fucile in un’altra e faccio Highlander , però armato di fucile a doppia canna , oltre che la claymore . Cioè, è botte e schiaffi da tutte le parti e muoio di solito ; in queste cose qua , muoio sempre . La dice lunga come giocatore . Io , quando giocavo alla guerra facevo il “damage dealer“ e ho una passione per i “damage dealer” fondamentalmente . Eh, cioè quelli che si mettono e fanno danni , fan casino e fanno da supporto , magari ai tank e fondamentalmente , non sono proprio dei tank , appunto, ma sono di supporto, quindi anche nella storia stanno defilati e fanno danni . Eh, pfff, infatti di solito , facevo sempre o il guerriero, ma , tipo, rodomonte o il , il guerriero-ladro , il guerriero.stregone, qualche volta , quando qualche magia la sparavo e … guarda , ma io sono veramente ignorante come giocatore , cioè. Mentre come master , provo a fare delle storie , sì, pacchiane , ma con un po’ di storia dietro , quando sono un giocatore , veramente , io parto in quarta e picchio anche i sassi [risata] , volendo. A caso . O provo a far danni a caso, cerco dei tramacci nelle cose … cioè , in questi giochi qua facevo veramente le azioni casuali , a volte. Facevo veramente il merdone per niente. Oppure gioco alla Kenshiro. Su

274 Vampiri , invece , sono megatecnico . Su Vampiri Live. Il mio intento nel gioco è l’altra parte di me. Infatti, mi sono megaarrugginito su Vampiri , lo facevo una volta. Adesso, dovrei ricominciare col Live, e se voglio fare una cosa, cerco di farla fare a un altro che la fa un altro, che la fa un altro , promettendo delle ricompense che poi non faccio , non , non onoro i miei debiti e , anzi, cerco di uccidere i miei alleati, dopo averli fatti lavorare per me. O li faccio uccidere da altri, cioè, veramente la viltà più assoluta , però il discorso che ti facevo prima , mmm, Aurora , Giulio, Perca, sanno come sono fatto , sanno che gioco così e quindi, alla fine, siamo fra amici ,anche se assassino il Perca, non c’è nessun problema , perché li conosco . Con un giocatore nuovo che non conosco, non farei mai una cosa del genere, comunque starei molto più attento, perché magari si incazza . Cioè, è un po’ complicata, insomma, la cosa. Perché a Vampiri potrebbe venir gente che , magari , si arrabbia sul serio … insomma, non si sa mai. Questo non significa che quando faccio D&D ammazzo anche i cespugli per prendere punti esperienza , eh. O quando gioco a Vampiri , non combatto mai. Una via di mezzo. Poi. Lovecraft e Cthulhu. Ho giocato tantissimo horror , bellissimo horror e ho fatto il master anche per Lovecraft e per Chtuluh , per , appunto, “Il richiamo di Cthulhu”e come master horror me la sono sempre cavata abbastanza bene , quello sì. Perché ho giocato sempre giù con quei ragazzi della Toscana che mi hanno insegnato praticamente tutto e , ehm, e giusto. Per rispondere anche a un’altra domanda tua, io giù facevo il giocatore e qua il master , perché giù ci sono dei master molto più bravi di me . Ho conosciuto gente veramente più brava e quindi facevo il giocatore ; quello che imparavo giù, lo applicavo qua. Perché qua pochi conoscevano le regole, pochi volevano giocare , cioè volevano masterizzare e applicando le cose che mi insegnavano … Monocchio , quell’altro ragazzo che stava giù , quei due ragazzi, e … e mio cugino, qua io riuscivo a fare delle cose abbastanza interessanti. Con l’horror , per dirti, [risata] ma non è una vanteria , dico così , scherzando , sono arrivato al punto che il Perca non vuole più giocare a D& … mmm, a giochi horror con me ; né Cthulhu , né altre cose , perché ha paura . E anche … va beh, il Cardinale , tu non l’hai conosciuto ,comunque è un altro ragazzo, non vogliono giocare assolutamente horror con me perché hanno paura , perché gli facevo le cose così … pese , così brutte che … proprio , avevano proprio paura [risata] di giocare . Cioè, facevo delle scene così terribili che , effettivamente , si impressionavano . Con la musica giusta si impressionavano. E , infatti adesso, da Marco stiamo giocando un po’ a cazzo, ehm… quando giocherò poi che sono a casa mia , quando casa mia sarà pronta o sarà lì , lì per essere pronta , metterò le casse, metterò le musiche fatte bene ed è un’altra cosa , perché giocare per me , D&D soprattutto, va beh, l’horror ancora di più, deve esserci la musica sotto , deve esserci la musica che cambia a seconda delle scene , come degli ambienti , che è importantissima . Con l’Ipad del cazzo del Perca , si sente poco, però quando giocavamo horror , eravamo all’epoca da un nostro amico che c’aveva uno studio , metteva la musica fatta bene , col portatilino, si son cagati in mano. Io scelgo le colonne sonore dei film del cinema . Le colonne sonore , per esempio, di “ 28 giorni dopo”

275 son perfette per l’horror . E … quanto meno quelle più calme , intendo. Perché , va beh , quelle troppo tecnologiche no. Poi dipende da che ambientazione è . Per Cthulhu, comunque, “28 giorni dopo“ è perfetto . E , appunto, quella volta là, facendo un gioco del cazzo, perché si giocava a “Resident Spinea”, che è praticamente “Resident Evil” ambientato a Spinea, eh … dove appunto , il Perca con gli altri , tra l’altro con la mappa di Spinea e tutto , han trovato magari altri amici, altra gente e … mettendo quelle musiche là, si son presi una paura incredibile. Però, ti parlo sempre di dieci anni fa , ma perché adesso Perca dice: ”No, non voglio giocare” per partito preso. Può darsi che adesso sia meno impressionabile , insomma., di dieci anni fa; magari era più impressionabile, poi tieni conto che siamo sempre là: il discorso che ti facevo all’inizio, in base agli studi e alle cose che uno fa , può essere più performante quando masterizza ; siccome io sono un appassionato di occulto e ho fatto diversi studi di occultismo , ho frequentato anche un paio di sette e … effettivamente , quando vado a masterizzare , a fare le cose di occulto, butto fuori quello che sentivo che dicevano in quelle sette , in quei ritrovi o nelle esperienze che ho avuto e , effettivamente , tendo, cerco di dare una , una …. Ehm, una parentesi più realistica, diciamo alla cosa . Cioè, ma solo per quello. Poi , comunque , son cose che hanno avuto a che fare , che hanno avuto influenza sulle menti deboli, tra virgolette, di una persona , solamente influenzabile del Perca. Magari becchi uno scettico totale che non gliene frega niente di niente. Perca, invece , non è scettico per nulla. Fa finta di , ma non è scettico. Neanche il Cardinale . Eh … becchi uno che non gliene frega un cazzo dell’occulto e vuole solo spaccare il culo ai mostri e lì non c’è nessun problema , insomma. Non , non si spaventa nessuno. Però io stesso ho preso una paura da matti , giocando a Cthulhu , anni fa , con … appunto , quei ragazzi di giù. Perché , anche là, si mettevano le candele, tutto buio, la musica mega-pesa sotto , quindi … era tutta un’altra atmosfera ; l’atmosfera è importantissima . Infatti, non riesco a giocare né nelle ludoteche , a meno che non faccia i giochi stupidi, botte e schiaffi, giochi da ridere , né nei pub , nei bar , ‘ste cose qua. Una volta giocavamo un po’ così a cazzo. Adesso non ce la farei più, perché non c’è concentrazione. Per concludere, sfortunatamente adesso non seguo nessuna campagna , a parte D&D che sto facendo a quei ragazzi, cioè “La guerra“ e , appunto, il Live , se riesco a farlo più avanti , ma non riesco a seguire altre cose . E un po’ per credo personale anche, cioè, un po’ per il lavoro , perché se no non riesco a disegnare , non riesco ad andare al lavoro, devo fare altre robe , devo trovarmi una ragazza , cioè … [risata] ho troppe cose da fare ; non posso stare sempre a giocare . E un po’ per credo personale , anche , perché quando giochi a troppe cose , non ti impegni in nessuna. Quando , invece, giochi a un solo gioco o due al massimo , e ti piace quel personaggio, perché ce l’hai , perché senti che è fatto bene . Cioè, è investito, ti diverti già di più. Ti assapori ogni sessione , perché quella è la sessione. Non è che oggi trovi uno , domani trovi con un altro, domani con un altro ancora , poi magari le cose si confondono ; sul gioco horror fai le cose più scanzonate , perché hai giocato fino al giorno prima all’avventura scanzonata. Eh … su quella “botte e schiaffi“ , magari sei meno concentrato , perché stai pensando cosa fare nella sessione horror e via così. Una campagna o due fatte bene. Questo è quello che penso io, poi ovviamente

276 c’è chi ne fa quindici , ma dipende anche dal tempo che si ha a disposizione. In definitiva , non so cos’altro dirti , perché ti ho detto più o meno tutto . Mmm, sono un master abbastanza anomalo come hai potuto immaginare , perché gioco poco, faccio fare le cose il più possibile agli altri giocatori, anzi mi pento di non farlo a volte , di non far fare tante cose ai giocatori , che devono fare di più loro. Uso pochissimo le regole, quindi, effettivamente , [risata] cioè , son penso forse il master meno master che potessi aver intervistato in questo periodo . Eh … per il resto, boh, ti ripeto che quando farò il Live di Vampiri, se vuoi venire , ci facciamo un paio di risate e poi basta , ci vediamo a “La guerra “ , insomma.

Intervista raccolta tramite chat Whatsapp il 07-06-17 alle 19.01 . Soggetto : Marco , grafico , 31 anni, Musile di Piave.

I: Se vuoi, partirei un po’ dalla tua storia come giocatore di ruolo. Ovvero come hai iniziato a giocare ? Tramite chi o cosa hai avuto notizie dei gdr?

Marco: Ok. Allur, ho cominciato con Warhammer , quando avevo 13, 14 anni circa… poi dopo un bel pezzo, tipo 3 anni, sono passato a D&D grazie a un amico che mi disse : “ Proviamo!”. Due le ragioni : tempo ( ci stavo anche 12 ore ) e denaro ( in primis), seppure avendo il Caos , quello meno dispendioso. D&D si è piazzato bene: ti trovi, pizza , cagate , giochi, altre cagate e ti diverti in compagnia ; il tempo passa in maniera più snella. E hai il tuo eroe; no robe fatte da altri. Warhammer l’ho conosciuto in ludoteca con un amico e anche lì: proviamo.

I: Stessa età ? O magari lui era più grande ?

Marco: No, a dire il vero ero io il più grande, di un anno. Dai genitori ci eravamo fatti regalare la scatola con gli eserciti per i compleanni. In realtà , a pensarci bene , ancor prima giocavo ad Hero Quest con mio cugino, il gioco da tavola e già là, il fantasy aveva cominciato ad incuriosirmi. Un pezzo storico che sta ancora in garage . Mio cugino,sì, più grande : uno di dieci e uno di un anno. Ma giocavamo insieme a quel gioco . Avrò avuto 9 o 10 anni , credo.

277 I: Come hai trovato il tuo attuale gruppo? Hai avuto altri gruppi di gioco in passato?

Marco: Ok, dunque , con me cugini in HeroQuest e lì, ovvio, parenti. Warhammer eravamo quattro amici . D&D, stessi amici di Warhammer e stessi interessi hanno portato a formare il primo gruppo che era anche di 11 persone.

I: Ed erano le stesse con le quali giochi oggi?

Marco: No, interessi diversi e attriti in compagnia hanno scremato un po’ di gente , riducendo il gruppo a sei e poi successivamente a tre . Poi mi sono trasferito di qua e con Giorgio siamo ripartiti a formare un altro gruppo anche perché ambedue avevamo voglia di giocare e adesso siamo qua a girarci le campagne io e lui, se di D&D si vuol parlare . Con Walter è un altro gioco.

I: E , difatti, con Walter come vi siete conosciuti ? Cioè, so dei trascorsi che ha avuto in Toscana e del suo stile molto libero…

Marco: Io Walter l’ho conosciuto prima di tutti gli altri … avevo sette anni . Ma non ho mai giocato con lui ; una volta sola ho applicato le regole di D&D e lì è finita , perché non mi divertivo e l’ho messo in merda. Almeno con la mia storia ; infatti, capito ciò, mi sono levato . Adesso che ho capito che è un WED sto giocando in altro modo , domandando più spesso . Infatti mi manca una cazzo di campagna al 10/15 , spero di arrivarci con Giorgio.

I: Quante campagne attive hai al momento?

Marco: Una da Master e due da giocatore .

I: Come master mediamente , quanto dedichi alla creazione della campagna , preparazione sessioni o ripasso regole? E in che modo procedi?

Marco: All’inizio , quando non sai , ovvio che ci metti di più. Prima per prepararle ci ho messo un po’ anche per fare i png. Adesso, sapendo i livelli e i valori , riesco ad imbastire più facilmente i pg , anche al volo, prendendo spunti dalle mie (e ne hai viste), tante schede fatte . Fa conto che il mondo gira anche senza gli eroi, nel bene o nel male , per me; quindi , quando ho la traccia , poi sono loro che decidono di seguirla o meno . Per fortuna ho fantasia e riesco ad essere elastico con le ambientazioni … fa conto che per la traccia , ci metto 2 o 3 ore di meditazione al massimo poi all’occorrenza , mi adatto con png pregressi e altro. Parto sempre da un party fatto , nel senso dalla conferma di razza e ruolo , un minimo di

278 background e amalgamo il tutto. Non mi piace fare campagne ad hoc ; non ha senso. Sono loro che devono prendere le redini della storia , io gliele faccio trovare ma se non colgono , pazienza. Le cazzate si pagano.

I: Per quanto riguarda l’uso delle regole , quanto ritieni che possa essere importante?

Marco : Sono la base del gioco . Se tutti le sanno usare , ci si diverte di più. Poi se qualcosa non lo ricordo , si parte sempre con l’essere equo : come la Carica , la fai te , ma la fanno anche gli altri e il danno è x2 sempre ; è sbagliato , ma ormai siamo partiti così…

I: Come vedi i conflitti all’interno del gioco ? C’è mai stato qualcuno che ha contestato delle regole o che ha destabilizzato il gioco?

Marco: Si, è successo . Mi fanno ridere e come master non li tollero . Piuttosto, se ci sono dubbi , li levo dal nascere , impuntandomi per fargli guardare i manuali . Da master e da giocatore poi, uguale ; nell’ultimo caso dando una mano , se è così vincolante ; ‘sti casi vanno stroncati sul nascere . Alfonso bara con i dadi, si sa . E proprio per questo , so cosa devo fare con lui … [risata]. Ma non arrivano a destabilizzare nulla nelle mie campagne , mi adatto alla cosa di conseguenza . Stiamo pur sempre giocando.

I: Ti capita che ti contestino vere e proprie regole?

Marco: No e contestarle non ha senso.

I: Come giocatore , invece , come ti comporti di solito?

Marco: Non bisogna perdere il focus del divertimento e che si è un gruppo di amici in primis . Mi piace fare personaggi autonomi e particolari ; si aiuta gli altri e il master, sempre e comunque , sia nelle regole , che nel gioco e cerco di collaborare per fare ogni caso gruppo. E’ capitato anche , più di una volta , un confronto di regole . Lì , secondo me, ascoltare altri pareri da master può aiutare ad interpretare al meglio le regole nel momento del dubbio , ma è sempre partito con un: “ Marco! Secondo te…”, allora dico la mia.

I: Hai mai fatto uso di ludoteche , spazi condivisi oltre a quello domestico , per giocare ?Sei mai andato a convention?

279 Marco: Convention no. Ludoteche , sì, ma solo per Warhammer.

I: Hai mai sentito di , o fatto uso di piattaforme online per giocare a gdr come D&D?

Marco : Si, ma non mi interessano . Uno degli scopi di D&D , oltre al gioco , è la pizza e condividere del tempo insieme e coltivare amicizie.

I: Ultima serie di domande : che cosa significa per te giocare di ruolo ? E’ cambiata col tempo questa concezione?

Marco : No, è rimasta tale : trovarsi, giocare e divertirsi in compagnia di amici , uno staccare la spina valido.

I: Pensi che si siano degli standard da rispettare o che ci si debba adattare il più possibile al contesto di gioco?

Marco: Un po’ e un po’. E flessibilità da parte di tutti , se no è un impiantarsi continuo tra beghe e regole.

Intervista ottenuta tramite chat privata di Whatsapp tra il 13 ,14 e 15 ago 2017. Intervistato : Davide , studente di ingegneria , 27 anni , Marghera ( Catene, VE ). Giocatore nella campagna del Gruppo 1, da me arbitrata , son sistema D&D 3.5.

I: Inizierei chiedendoti quale approccio iniziale hai avuto col gioco di ruolo cartaceo ( o anche con altre forme di gioco di ruolo , in senso lato ) e come hai iniziato a giocare . Se con i tuoi coetanei , ragazzi più grandi o parenti. E come sei venuto a conoscenza di questo mondo?

Davide: Dunque, la prima volta ho sentito parlare dei gdr cartacei parecchio tempo fa da un amico , che aveva comprato il primo manuale per curiosità. Abbiamo fatto un po' di sessioni con solo due giocatori e

280 poi basta . Qualche anno dopo ho conosciuto altra gente disposta a giocare , ma anche lì è durato poco, perché quello che organizzava ha perso interesse quasi subito . E a quel tempo il gdr sembrava una cosa un po' da sfigati asociali … mi ricordo che fuori dalle sessioni ne parlava il meno possibile , come se fosse una cosa disdicevole. A me però, piaceva giocare e mi dispiaceva di non poterlo fare più … per fortuna all'università ho trovato gente più "seria" e che apprezzava questo genere di cose … gli ho spiegato per filo e per segno come giocare e si sono appassionati . Inoltre , dato che ne parlavamo tranquillamente , abbiamo finito per conoscere altra gente a cui interessava.

I: Hai iniziato con D&D? Poi , magari , ti sei anche avvicinato ad altri giochi?

Davide: Ho iniziato con D&D 3.5 e dopo sono passato a Pathfinder , sia giocato di persona , sia su internet con Roll20. Ho degli amici che sono appassionati di giochi da tavolo in generale , quindi ci troviamo tutti insieme di persona , giochiamo anche ad altri.

I: Più precisamente, quanto tempo fa hai iniziato ? I gruppi in cui eri, come erano composti? Sono rimasti costanti nel tempo o sono mutati come composizione ?

Davide: Ho iniziato circa in terza o quarta superiore , poi ricominciato seriamente il secondo anno di università. Il primo gruppo di due persone , il secondo quattro e ora con i colleghi siamo anche in sei a volte.

I: Hai assunto sia ruolo di giocatore che di Master ?

Davide: Da GM , un'avventura sola . In genere gioco.

I: Come hai gestito i giocatori in questa tua campagna da Master?

Davide: Molto accompagnati. Nessuno di loro aveva mai giocato e quindi era un'avventura studiata per fargli capire come funzionava il tutto.

I: Che comunque hai creato da zero? Se sì, quanto hai dedicato o dedicheresti alla creazione delle campagne come gm?

Davide: Ho adattato a Pathfinder una campagna della 3.5 e ho creato i personaggi pre-gen dei giocatori . In realtà, ho smesso perché non avevo abbastanza tempo per preparare tutto … Anche le avventure pregenerate , tipo " adventure path " di Pathfinder , richiedono preparazione.

281 I: Decisamente . Quindi preferisci il ruolo di giocatore , in definitiva. Come descriveresti la prospettiva in generale e come agiresti da giocatore?

Davide: Diciamo che fare da GM è una bella responsabilità. Preferisco fare il giocatore . Come approccio, mi piace molto creare PG adatti alla campagna in corso … ma non necessariamente ottimizzati al massimo . In genere parto da un "concept" come guerriero a due armi o mago da guerra e cerco di sviluppare da lì.

I: Hai qualche ispirazione per background e caratterizzazione o vai a braccio?

Davide: In genere, prima creo il concept e poi penso alla storia che può aver avuto il PG per finire in quella condizione . Evito i background pieni di storie tragiche , preferisco qualcosa, tipo persona ordinaria che fa cose straordinarie.

I: Questo per la parte interpretativa . Ma, data la mole impressionante di regole del sistema sia di PF sia di D&D , verrebbe spontaneo chiedersi qual è il tuo approccio alle regole? Le assorbi pian piano? Le impari? Ne segni alcune?

Davide: In genere mi scarico e leggo i manuali man mano che escono , specie Pathfinder. In genere, ho una buona memoria per le regole, ma , ovviamente, ricordo meglio quelle più attinenti al personaggio che sto giocando . Per quanto riguarda Pathfinder, trovo che i database online come d20pfsrd siano molto, molto utili, soprattutto per la facilità con cui si può cercare un dato argomento.

I: Pensi che una mole tanto sostanziosa di regole abbia più pregi o più difetti? Pensi che esistano altri sistemi migliori e magari li hai provati?

Davide: Io ho sempre giocato col sistema d20 ; ho sentito parlare di quelli diversi (come i 2d10), ma non li ho mai provati. Per quanto riguarda le regole , apprezzo molto le meccaniche introdotte con la quinta edizione di D&D. Pathfinder invece, ha il problema di avere troppe opzioni come razze , classi, ecc. di cui però, solo il 10% è realmente giocabile .Le sue meccaniche sono molto efficaci per gestire il combattimento , ma non il resto , secondo me . Secondo me, l'unico modo di ridurre le regole sarebbe spostare alcuni aspetti dai tiri di dado al ruolo, ma è ovviamente difficile da progettare e ancora di più da descrivere in un manuale , quindi pochi lo fanno . Come meccaniche specifiche , la combinazione di razza e background e classe è utile a caratterizzare il PG . Anche gli archetipi di PF , ma sarebbe meglio se potessero essere scelti durante il gioco , invece che a priori , quando crei il PG.

282 I: Pensi che in corso di gioco si creino dei conflitti veri e propri sulle regole ? Ti è capitato che sorgessero controversie concrete?

Davide: A volte sì, per l'interpretazione o per il contrasto tra regole alla lettera e regole come significato, ma l'importante è la coerenza ... non importa tanto come la interpreti , ma che la interpreti sempre allo stesso modo. A volte le regole alla lettera portano ad azioni assurde o personaggi assurdamente overpower, come un druido che diventa scoiattolo di taglia minuscola con +15 al tiro e morso da 1d4+23 danni. Ci è capitato una volta.

I: Pensi che la figura del GM presente e competente sia utile a dirimere queste controversie ? Quali pensi che siano le caratteristiche di un buon arbitro e buoni giocatori in equilibrio?

Davide: Secondo me un GM dovrebbe , prima di tutto, trovare un buon compromesso tra gioco e interpretazione ; un GDR non è solo una questione di dadi e numeri , anche se sono necessari . Le controversie si discutono tra tutto il gruppo , anche se il GM ha l'ultima parola , se no le cose si trascinano .

I: Mi hai già informato che fai uso di piattaforme on-line , sul tipo di roll20. Potresti descrivermi la tua esperienza di gioco con gruppi on-line? Come ritieni sia differente rispetto a una sessione dal vivo?

Davide: Il gioco su piattaforme on-line come roll20 e Discord di sicuro facilita le cose, specialmente quando ( come nel caso del mio gruppo di Pathfinder) la gente abita molto distante . Dal punto di vista della meccanica di gioco ci sono numerosi vantaggi , come la possibilità di caricare mappe interattive e lanciare automaticamente combinazioni di dadi . Però, si perde un po' di vista il lato umano o sociale del gioco , quelli degli amici riuniti attorno a un tavolo.

Trascrizione di una conversazione avvenuta con Eric tramite Messenger il 08/05/2017

283 I: Domandone da mille punti: come valuteresti secondo vari criteri le campagne che stai seguendo attualmente?

Eric: Se mi dai i criteri poi ci penso su.

I: Tipo: uso delle regole . Immedesimazione . Divertimento . Gusti personali …

Eric: Quella di marco: uso standard delle regole con qualche piccola modifica, nel complesso lo trovo logico e mi garba. La storia mi ha portato a dover stravolgere il personaggio (da monaco a stregone) ma mi è piaciuto che fosse legato a quello che avevo fatto. Inoltre nello stesso mondo di gioco abbiamo anche fatto un'altra campagna breve sempre piuttosto interrssante. In generale mi diverto e bene o male interpretiamo tutti i personaggi in modo consono credo, sia per allineamento che per background. Il fattore divertimento è superiore a quello interpretazione comunque per la maggior parte del tempo . La tua: uso delle regole abbastanza stretto, con piccole eccezioni per venire incontro ai giocatori se serve. Cosa con cui concordo, non ci sono sbragamenti né in un senso né nell'altro. Interpretazione discreta in generale, anche se si sente che ci sono giocatori molto nuovi (anche per come fare cosa durante i turni, l'indecisione è la "piaga" dei giocatori nuovi e/o che hanno personaggi che variano molto come "qualità" in base alla fortuna coi dadi. Quindi tutti chi più e chi meno ovviamente). Mi piace l'ambientazione di cui so molto meno di quel che pensavo all'inizio, e dovrò guardare un po' di più i manuali del faerun. È un bel gruppo e anche le chiacchere fra personaggi sono divertenti. Anche perché nessuno è legato a un allineamento molto costrittivo e siamo più liberi di fare quel che ci pare . Quella di Giorgio: mi piace l'idea della campagna "brutta e cattiva" ma non la realizzazione. O forse non mi piacciono le campagne brutte e cattive ma ancora non lo sapevo. Costruire personaggi che poi si ritrovano senza armamenti, sempre circondati da nemici più numerosi e più forti è ai limiti del ridicolo a un certo punto secondo me. Il fattore fortuna conta sempre tantissimo, e a quel punto non ha tanto senso farsi un personaggio con background e un certo stile di combattimento. Anche un contadino con 10 in tutte le caratteristiche e una zappa se tira sempre 20 e non viene preso, vince tutto. A quel punto uno si costruisce il personaggio non per interpretarlo ma per non farsi inculare a fuoco continuamente e fine. Cosa che secondo me va a influire anche sull'interpretazione. Già tutto cerca di ammazzarti, se poi ti metti a interpretare gli allineamenti e a fare lotte intestine addio. Detto questo, la campagna è interessante e sono curioso di vedere quali nuovi problemi ci troveremo ad affrontare. L'interazione fra noi al momento è stata scarsa, ma promette bene (sopravvivenza permettendo). Quella di Walter: regole poco chiare, anche in genere usiamo quelle normali. Servirebbe avere un "breviario" con le idee di fondo e le differenze. Storia del mondo un po' incasinata e confusa non avendola letta in toto ed essendo tanta roba. Però è molto interessante, il mondo non è solo lì a

284 disposizione del giocatore, si fa sentire in modo molto vivido e proattivo. L'interpretazione dei personaggi è buona da parte di tutti credo (il credo vale per me, degli altri son certo [risata]). Ci sono momenti di divertimento e momenti in cui sono (siamo?) veramente presi dalla storia. A volte il fatto che il master sia un po' poco convinto delle sue stesse scelte di tanto in tanto mi lascia un po' interdetto. Se prende decisioni arbitrarie con un senso per me va bene, mi lascia più perplesso se anchr lui non ha le idee chiare sul suo mondo di gioco... Tutto questo con la seguente premessa: a me il fattore random sta un po' sul cazzo. Forse perché prendo il risultato senza interpretarlo nel mondo di gioco nel modo corretto. Ma: un ladro che fa 1 al lv (livello) 20 e non riesce a nascondersi a me fa ridere. È un maestro nelle sue arti, come fa a non farcela? Qual è il ragionamento dietro cui senza essere frastornato o altro fallisce? Forse non lo interpreto bene io come dicevo. Oppure un'altra cosa che mi infastidisce è fallire una prova di osservare su una cosa che hai davanti agli occhi magari da ore (es. pareti dei corridoi). Come faccio a non notare se sono lisce o piene di rientranze dove potermi arrampicare? Se non noto una cosa del genere allora o sono tonto forte (tipo un 4 in saggezza però) o è buio pesto, ma farmi tirare il dado e poi magari con una cd (classe difficoltà) di 10-15 mi pare un modo assurdo per togliermi una possibilità. Poi tirare un 1 in tpc (tiro per colpire) va bene ci sto. Capita di mettere male il piede e mancare clamorosamente l'avversario mentre combatti e sei stressato a palla. Boh. A volte penso di essere troppo rosicone io per sti giichi e basta e a volte mi paiono regole ingiustificate in certi contesti.

I: vale sempre la regola 0, per quanto mi riguarda . Ovvero , se qualcosa stona e la gente nn si diverte e /o nn ha senso , posso cambiarla in quanto master . Se io sapessi che hai la parete davanti ,non ti farei tirare nulla : un conoscenze natura o ingegneria se vuoi sapere particolari in più , ma certe cose sono scontate . Poi in-game tutto si muove molto alla buona , anche se D&D 3.5 è estremamente stringente e ritengo che ,perlomeno il master, debba avere una conoscenza rigorosa delle regole. Il fattore random dipende secondo me da come lo interpreti : certe prove le fai in automatico a meno che tu non sia tampinato.

Eric: Sono d'accordo in generale. Certo se pure io rosicassi meno sarebbe meglio. Magari proverò a descrivere (e descrivermi nella testa) meglio tutte le situazioni.

I: Ovvio che deve essere il dm a rendere le scene il meno ridicole possibile . Se tu hai una porta chiusa davanti , hai gli attrezzi giusti e tutto il tempo del mondo, quello è un successo . È un 20.

Eric: Probabilmente è una mancanza di immaginazione applicata a darmi cosi fastidio. E troppi videogiochi con rng .

285 286 Illustrazioni

Illustrazione 1: mappa che illustra le distanze medie tra una locazione di gioco e l'altra. Fonte: Google Maps

287 Illustrazione 2: Percorso in bus, fino a Piazzale Roma da Via Rinascita, successivamente a piedi, sino a S.Alvise. Fonte: Google Maps.

Illustrazione 3: Percorso da Via della Rinascita, fino a Musile di Piave dove si trova casa di Marco del Gruppo 3.

288 Illustrazione 4: Scheda del personaggio per Call of Cthulhu. Fonte: foto di Turci Marco da smartphone

289 Illustrazione 5: Corridoio della Fornace Carotta a Padova, luogo della Open di D&D Quinta Edizione "Gangs of Waterdeep" (1/10/2018) fonte: pagina Facebook del Circolo Overlord.

290 Illustrazione 6: Il momento della premiazione dell'evento "Gangs of Waterdeep" Fonte: pagina Facebook del circolo Overlord (Evento D&D Open/Fornace Carotta

Illustrazione 7: Momento per il nostro gruppo di cambiare il Master per ottenere informazioni da un membro della gilda dei ladri (Evento Gangs of Waterdeep) Fonte: pagina Facebook del circolo Overlord.

291 Illustrazione 8: Immagine del taccuino provvisorio di Silvia. Fonte: foto di Silvia da smartphone

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