Il Ritorno Dei Thugs. Ancora Su Trasformazioni Discorsive E Identità Sociali
Il ritorno dei Thugs. Ancora su trasformazioni discorsive e identità sociali Francesco Benigno Nell’intricata giungla del Sunderbans, quell’enorme e fitta foresta che avviluppa il delta del Gange, Tremal-Naik, il cacciatore di serpenti, e il suo fedele maharatto Kamma- muri aspettano, nascosti dalle fronde, l’arrivo dei Thugs, i famigerati strangolatori. Li avevano avvistati poco pri- ma, in una radura: una quarantina di uomini, tutti quasi nudi, coperti solo dal dugbah, specie di sottanino color ocra, assiepati all’ombra di un gigantesco banyan. Attor- no alla vita portano un «laccio di seta, sottile anzi che no». Tremal-Naik, per vendicare l’uccisione del disgraziato compagno Hurti, aveva sparato, e ucciso uno di loro. Ora, infrattati nella vegetazione, i due compagni d’avventura attendono, mentre echeggiano le cupe note del ramsinga, che essi si appalesino; per il terrore di Kammamuri, certo della loro implacabile vendetta: «Sono spiriti, padrone». Al che Tremal-Naik replica freddamente: «Io credo che sieno uomini. Taci, e guardati ben d’attorno». Scena e dialogo, tratti da Gli strangolatori del Gange, versione originale de I misteri della jungla nera, di Emilio Salgari1, sono un eccellente introibo alla discussione che verrà presentata in queste pagine intorno alla «vera natu- ra» dei Thugs2. Per lungo tempo si è chiamata con questo nome una setta criminale di strangolatori di professione 1 Gli strangolatori del Gange, terzo romanzo d’appendice di Salgari, dopo La tigre della Malesia (1883) e La favorita del Mahdi (1884), apparve come feuilleton in 77 puntate su «Il telefono» di Livorno nel 1887. Cito dall’edizione Viglongo, Torino 1994, p.
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