Musica Trap Estetica E Critica
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Corso di Laurea Magistrale in Economia e Gestione delle Arti e delle attività culturali D.M. 270/04 Tesi di Laurea Musica Trap Estetica e critica Relatore Ch. Prof. Daniele Goldoni Correlatore Ch. Prof. Fabrizio Panozzo Laureando Manfredi de Bernard Matricola 865985 Anno Accademico 2018 / 2019 Indice Introduzione 1. Storia 1.1 Southern Rap 1.2 Golden Age della trap 2. Estetica Contemporanea 2.1 6ix9ine: selfbranding ed effetto freak 2.2 Lil Pump: ripetizione e confusione 2.3 Lil Yachty e il mondo di internet: postmodernismo e post regionalismo 2.4 Yung Lean, XXXTentacion e l’emotrap 2.5 Future: autotune, mumble e Xanax 2.5.1 Autotune 2.5.2 Mumble 2.5.3 Xanax 3. La trap come comunicazione 3.1 Mittente 3.2 Destinatario 3.2.1 Disagio giovanile 3.2.1.1 Social Media 3.2.1.2 Perfezionismo 3.2.1.2.1 Neoliberismo e competizione 3.2.1.2.2 Meritocrazia 3.2.1.2.3 Pratiche genitoriali alterate 3.2.1.2.4 Perfezionismo crescente e psicopatologie 4. Critical Marketing 4.1 FOMO e Always on lifestyle come norma sociale 4.2 Richiamo all’etica: critical marketing Conclusione Bibliografia Sitografia Materiali Multimediali Introduzione Il presente lavoro inizierà, nella volontà di chiarire contenuto, forma e ragioni del successo del genere più spiccatamente pop degli ultimi anni, con una revisione della storia della trap, a partire dalla sua infanzia fino all’estetica contemporanea. La vita della musica trap sarà così percorsa per parti: la prima si occuperà del player più giovane nella lotta geografica tra i poli del rap, il “Dirty South”, formula il cui significato sfaccettato verrà esso stesso approfondito insieme agli autori che questo abbraccia, ma che in sintesi raccoglie stati come Georgia e Florida, che, fino ai primi anni Novanta, erano rimasti nascosti nell’ombra gettata sull’America e sul suo mercato hip hop dalle due coste, quella della California e di New York, culle del genere e dei suoi artisti più noti. Questa sezione sarà la più strutturata, perché il southern rap, fiero della propria cultura Sudista, con tutte le macchie di cui si è sporcata, (in primis il razzismo duro da eliminare, inevitabile conseguenza di una fascia di Stati capace di scendere in guerra civile pur di difendere il proprio diritto alla schiavitù), ha già subito una certa storicizzazione ed è stato quindi possibile per gli autori a cui si farà di seguito riferimento, selezionare brani, album e artisti con una sicurezza che solo vent’anni possono permettere. Ancora mancante di una letteratura adeguata, la seconda parte vivrà invece di una struttura che prosegue per concerti e incontri che hanno portato alla nascita del sound e degli artisti che oggi vengono etichettati con trap. Già nel secondo momento della revisione storica dell’ultimo hip hop si spiega il peso dato alla prima apparizione del Sud, e in particolare di Atlanta, nel radar della musica hip hop: è proprio nella capitale della Georgia che appare il termine trap e tutta la sequela di significati che andrà ad incarnare, ed è là che vedrà la luce la quasi totalità della musica che oggi domina le classifiche. Il termine viene utilizzato per le prime volte negli anni Novanta, proprio dalla Dungeon Family e dai rapper e collettivi che hanno arricchito per primi la scena atalantina con un sound diverso da quello a cui l’America degli anni Ottanta si era abituata, ma vedrà il successo commerciale solo durante gli anni Dieci, grazie a figure come Lex Luger che, dopo aver prodotto i brani più di successo di Waka Flocka Flame, ha ottenuto la condizione di produttore più desiderato d’America e padre delle sonorità odierne: sono gli anni in cui la musica trap – ampissima definizione a ombrello che avremo modo di approfondire – ha finito per dominare su tutta la musica popolare. L’estetica contemporanea verrà poi definita tramite un sistema a più dimensioni, con ogni asse rappresentativa di una caratteristica ritenuta fondamentale per comprendere la musica 1 trap e le sue sonorità che, a sua volta, viene esemplificata con uno o più artisti che si fanno confini di un’area all’interno della quale è possibile inserire la restante massa di artisti da loro influenzati. L’attenzione sarà qui tutta sulla New School della trap americana, che presenta un forte elemento di rottura con la precedente generazione: sebbene sia indubbio che è sempre ad Atlanta che la quasi totalità dei giovanissimi artisti che infiammano le classifiche è nata, la loro musica non racconta e non respira l’aria pesante della città georgiana o l’umidità delle paludi della Florida, perché preferisce invece la vita su internet, di cui si raccontano riferimenti e mitologia. Questo tipo di recentissima corrente, non più vecchia di quattro anni, è colorata quanto criptica con delle peculiarità groundbreaking per il panorama hip hop americano e non solo. Proprio come il genere, così la sua storia si muove inizialmente per città, attori e dati chiari, ben definiti, granitici come i grattacieli dalla cui ombra è gemmata la poesia urbana del rap, per poi maturare dei contorni sempre più sfumati e resi vaghi dalla rapidità con cui tutto ora si muove, con personaggi e date che perdono quasi di senso con la contemporaneità totale che permea il mondo della cultura online, permettendoci solo di guardare la corsa sfrenata di un genere che dopo New York, Los Angeles e Atlanta, ha scelto Internet come nuovo ambiente in cui crescere. Si proseguirà poi in una revisione storica e sociologica del contenuto dell’hip hop e di ciò che di questo resta nella trap degli anni Dieci, sottolineando tanto la presenza di alcuni temi quanto l’assenza di altri, cercando di capire perché alcuni topoi siano sopravvissuti alla selezione naturale di un genere in evoluzione mentre altri invece sono tramontati per lasciare spazio ad elementi innovativi portati, soprattutto, dalla diffusione totale di internet. Una volta spiegate le ragioni del primo capo del dialogo “trap-ascoltatori”, si proseguirà indagando quelle dei secondi, cercando di dedurre dalla musica ciò di cui si fa specchio: dopo aver chiarito che molta della trap più popolare venga costruita con in mente l’obiettivo della facile popolarizzazione e commercializzazione più becera, e che quindi non risulta utile per delle considerazioni sugli aspetti più “immediati” della società, il focus si sposta sulla frangia più indipendente della trap, l’emo trap; quest’ultima si rivelerà capace di far emergere punti nascosti e dolorosi della società occidentale, gettando luce sulla sofferenza psicologica dei suoi membri più giovani, sempre di più vessati da sintomi depressivi e ansia patologica. 2 Si tireranno così le somme in merito alle posizioni dell’accademia sulle ragioni dietro a questa palpabile sofferenza; così, si proseguirà con una revisione della letteratura prodotta sui rapporti tra social network e depressione e tra quest’ultima e il costrutto psicologico del perfezionismo, due delle ipotesi più diffuse e meglio sostenute nel dibattito accademico e pubblico sulla questione. L’ultimo capitolo concluderà l’elaborato con una serie di critiche artistiche, sociali e strutturali alla trap e al sistema che la produce e legittima, attingendo al lavoro di Tadajewski e al critical marketing, fino alle sue radici nella Scuola di Francoforte. Si richiamerà all’etica un settore che, tanto quante le quantificabili emissioni inquinanti di un’azienda manifatturiera, è capace di produrre danni tangibili alla società che rifornisce dei propri prodotti. 3 1.Storia 1.1 Il Southern Rap Le curiose e coloratissime derive della trap si sono aggiunte all’immaginario già ipertrofico dell’hip hop più tradizionale. Dalla prospettiva italiana è difficile cogliere, però, la storia, non solo cronologica, ma geografica del genere che ormai domina tutto il web e non sembra avere intenzione di mollare la presa. Infatti, sebbene l’hip hop sia nato e cresciuto all’ombra degli immensi grattacieli di New York o tra le larghe e calde strade di Los Angeles, non è a queste giungle di cemento che dobbiamo i natali della musica trap e delle influenze che ha sparso per tutta la musica popolare. Infatti il sound trap nasce dalla Georgia, dal Dirty South, terzo player nella storica contesa del “vero rap” negli Stati Uniti, che ha iniziato a farsi sentire verso la fine degli anni Novanta, riempiendo una scena musicale americana ormai ristagnante, dalla vena creativa che, evidentemente, aveva trovato la sua fine. Sicuramente ha influito anche il fatto che i due storici rivali e artisti della West e della East Coast, erano da poco spariti, uccisi apparentemente entrambi dalle gang rivali: 2Pac e Notorious BIG infatti, erano morti ad un anno di distanza poco tempo prima, 1996 il primo e 1997 il secondo. Nonostante sia restio a caricare sulle spalle di due singoli artisti la portata di un movimento musicale dall’impatto sulla cultura pop sconosciuto dai tempi del primo rock, è indubbio che all’hip hop ormai ipercommercializzato e standardizzato allo sfinimento, con l’immagine dell’urban thugh che sembrava aver stufato anche gli ascoltatori più fedeli, servivano dei nuovi volti e delle nuove voci. Le nuove voci arrivarono dal profondo Sud, lo “sporco Sud” della Georgia e di Atlanta, città che è andata a sostituire negli anni successivi New York o L.A. nell’immaginario diffuso dell’hip hop americano. Non essendo l’elaborato interessato a ricostruire la storia dell’hip hop dalle sue forme più primordiali, ma non potendo esulare da una definizione storica per inquadrare le derive più recenti, ho deciso quindi di partire da un punto “comodo” per raccontare la storia del southern hip hop che negli anni si è evoluto fino alla trap: il momento in cui, nella seconda metà degli anni Novanta, il Sud ha fatto sentire la sua voce e l’hip hop ha iniziato a scorrere per le strade di Atlanta.