L'immagine Di Me Voglio Che
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I libri di «Levia Gravia» Collana diretta da Mariarosa Masoero e Giuseppe Zaccaria, n. 19???? I volumi pubblicati nella Collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validità scientifica. “L’immagine di me voglio che sia” Guido Gozzano cento anni dopo a cura di Mariarosa Masoero Edizioni dell’Orso Alessandria Volume pubblicato con il contributo ????. © 2017 Copyright by Edizioni dell’Orso s.r.l. via Rattazzi, 47 15121 Alessandria tel. 0131.252349 fax 0131.257567 e-mail: [email protected] http://www.ediorso.it Realizzazione editoriale e informatica di Francesca Cattina È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L’illecito sarà penalmente persegui- bile a norma dell’art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.41 ISBN 978-88-6274-???-? INDICE pag. Giorgio Bárberi Squarotti, Premessa 0 Gilberto Lonardi, Introduzione 0 Giulio Ferroni, Gozzano e il Novecento 0 Ugo Nespolo, Illustrare Gozzano. Saltellando qua e là alla ricerca delle fonti 0 Andrea Rocca, “Un gros meuble à tiroirs”. Gli scartafacci di Guido e le seduzioni della ‘musa del tempo che fu già’ 0 Valter Boggione, Gozzano e la citazione: il caso Leopardi 0 Gianfranca Lavezzi, Giochi di sillaba e di rima: sulla metrica di Guido Gozzano 0 Manuela Manfredini, Alcune considerazioni sulla lingua poetica di Gozzano 0 José Muñoz Rivas, Il canto popolare nell’opera di Guido Gozzano 0 Giuseppe Zaccaria, Gozzano in versi e in prosa: l’ironia postmoderna 0 Bruno Quaranta, Gozzano esule a Torino 0 Matilde Dillon Wanke, Un’idea di leggerezza nella «quête senza fine» delle fiabe 0 Pompeo Vagliani, Fiabe d’autore 0 Lorenzo Mondo, Davanti alla guerra 0 V Indice pag. Claudia Gianetto, Il cinema ai tempi di Gozzano: le fiabe e i film perduti 0 Stefano Baldi, Due collaborazioni di Guido Gozzano con i musicisti 0 Tavola rotonda: Gozzano e la poesia di oggi. Coordina Gian Luigi Beccaria Intervengono: Umberto Fiori, Alessandro Fo, Fabio Pusterla, Enrico Testa, Patrizia Valduga 0 Paolo Mauri, Gozzano tra cronaca e storia: l’amicizia con Mario Vugliano, Giulio Gianelli e Giovanni Cena 0 Anna Nozzoli, Su Montale lettore di Gozzano 0 Franco Contorbia, Per un carteggio che non c’è 0 VI Giorgio Bárberi Squarotti PREMESSA Ecco Gozzano, un’altra volta ancora: sì, per il rito dell’anniversario, ma il fatto è che è un autore vivo e vitale sempre, e non ha bisogno di calepini per tirare fuori nell’anno il nome, le vicende, la bibliografia, scuotendone via la polvere. Gozzano è un punto di riferimento della poesia del Novecento (non soltanto italiana), ma anche d’oggi, dal momento che tanti versificatori lodati e premiati pretendono astutamente o semplicemente ripetono a cent’anni di distanza analoghe conversazioni con la minima e banale realtà quotidiana, ma ahimè senza ironia, senza l’eco vera della poesia eterna del tempo che fu, senza il sapore supremo dell’antifrasi che è l’altro alternativo aspetto del su- blime. Altri (è vero) alla fine dell’Ottocento e all’inizio del Novecento in Italia ha scelto tale forma di poesia, come il D’Annunzio del Poema paradisiaco e Graf, ma Gozzano ne rimane l’emblema esemplare ben difficile e nuovo in assoluto se è necessario invocare il buon Dio che lo conservi (e “pare”, cioè sembra, ma anche “appare” e tale non è proprio in virtù dell’antifrasi, quella dello scolare che la serva un poco corregga). È bene non lasciarsi ingannare da tale apparenza: è ben altro, è un’idea di poesia fortemente alternativa rispetto a quella lirica o celebrativa o narrativa e altri generi ancora di quel tempo, di sempre. E non si dimentichi che le farfalle dell’incompiuto poema più tardo di Gozzano non ha nulla a che vedere con la scienza più o meno divulgativa, ma è una grande indagine della nascita e della morte, se la farfalla è la meta- fora dell’anima. Il convegno torinese, come è d’obbligo, è notizia e interpre- tazione, perché la letteratura, come tutte le arti, non si conclude mai, è antica e nuova, è scoperta e riscoperta dei suoi messaggi, delle sue lezioni. Dopo, sapremo altro ancora di Gozzano, con stupore e con la soddisfazione di tanta conoscenza; e l’interpretazione e le notizie andranno avanti sul fondamento dei discorsi attuali per ulteriori sviluppo e scoperte o revisioni. Ogni ricerca critica e filologica porta alla speranza e al futuro, ma intanto è un punto fermo di conoscenza, come è accaduto nei convegni del passato e nelle indagini del secolo e ora in corso altrove. Posso allora concludere citando i tre studiosi che, nel corso degli anni, hanno segnato in diverso modo anche oppositivo VII Giorgio Bárberi Squarotti e contraddittorio l’interpretazione dell’opera di Gozzano: Giovanni Getto, Edoardo Sanguineti, Marziano Guglielminetti. È un omaggio cordiale e com- mosso perché sono la testimonianza del perché siamo a leggere, a rileggere, a commentare, a studiare l’opera di Guido Gustavo Gozzano. VIII Gilberto Lonardi INTRODUZIONE 1. Ci sono i grandi classici, da Dante a Manzoni e Leopardi, e forse oltre; e ci sono i piccoli maestri, i classici che tali sono, ma non così imponenti: nessuna ansia, nessuna angoscia dell’influenza, da parte loro, a carico del dopo. Il loro dono è quello di venirci incontro in modo più disteso, magari più immediata- mente familiare e simpatico. Altre civiltà ne dispongono in maggior numero. Da noi la sovrana triade dell’inizio a lungo, per secoli, ha minacciato, non dico di morte in culla, ma di vita grama ogni nascita, ogni creatura che, in Italia, abbia conosciuto come una necessità l’avventura dello scrivere, del fare poesia, del pensare il mondo e se stessi in poesia. Diceva più o meno Montale, eccolo un altro grande classico italiano – e perdoniamogli un tanto di esagerazione –: c’è Dante, alle nostre spalle, e ha prosciugato o quasi il serbatoio della benzina. 2. Ebbene, tra i classici, dicevo, non così intimidenti, della nostra civiltà let- teraria, un posto di spicco spetta certo a Guido Gozzano. Un classico «con le mani in tasca». Sappiamo come questo «consapevole di sé» si sia destreggiato abilmente per non essere soffocato in cuna dai Grandi Fantasmi della nostra let- teratura: molto, anche troppo omaggiandoli, e, insieme, molto attraversandoli. Io quel come l’ho appreso soprattutto leggendo le lontane pagine di Montale su Gozzano: del 1951 e tuttora splendide, anche per come ci parlano di Montale medesimo. Di Gozzano sono specialmente, osserva Montale, l’attraversamento del fasto e del lusso verbale anzitutto dannunziano, l’effetto di choc all’incontro-scontro dell’alto col basso, il timbro sicuro della sua poesia: una sicurezza figlia, glosse- rei, del perimetro e del limite… Che vuol dire, fatto importante nella storia della poesia italiana – e importante mentre si annunciavano, mettiamo, lirici, pur tra loro diversissimi, come Ungaretti o come lo stesso Saba, cioè il riproporsi ad alto livello, secondo un dettato nuovo, nuovissimo, della grande tradizione dell’io lirico – smarcarsi da ogni epifania storica proprio dell’Assoluto-in-lirica. Queste che dicevo poco fa e altre di Montale, che comunque disponeva di alcuni bravi suggeritori, erano altrettante ‘messe a fuoco’ memorabili. E a quelle IX Gilberto Lonardi sue precisazioni devono molto i lettori che seguirono. Erano in debito con lui, se non sbaglio, anche gli interventi che miravano a stabilire una decisa frattura nel consenso – da quasi subito accomunante personaggi tra loro ben diversi, come, mettiamo, Renato Serra e un Anonimo che potrebbe chiamarsi, se ha visto bene Guglielminetti, Antonio Gramsci –: penso qui alle pagine di Pasolini, ormai del 1973. Una presa di posizione, la sua, esemplarmente bifronte: come di chi tenga a bada la simpatia arrampicandosi sul muro del dispetto. 3. Mi sono chiesto, in questi giorni, rileggendo Gozzano e non dimentican- do, per esempio, quel La Fontaine che piaceva al Gozzano favolista – quel La Fontaine cui si usava attribuire un motto come «Glissez, mortels, n’appuyez pas», ad accompagnare un’illustrazione di patineurs, di pattinatori sul ghiaccio, che il poeta indimenticabile di Invernale poteva avere in mente, incontrandolo forse nella francese «Gazette anecdotique» dell’anno 1884 –, quanto anche tut- ta una cultura di Francia poteva essere presente al Gozzano poeta: anche per suggestioni semi-nascoste, qui tra parola e figura. Dal motto che citavo, «Glis- sez, mortels, n’appuyez pas», sembra a me che spunti la silhouette dell’indomita pattinatrice (un’antenata non meno sportiva della però non così imperiosa, per niente così femme fatale, Esterina montaliana) che sfida, leggera, il ghiaccio del Valentino, e infine sibila un «Vile!» – a sua volta copertamente dannunziano – a Guido: il quale resta invece appuyé, ben appoggiato, aggrappato alla terrafer- ma. Un inetto che, in altra famosa poesia gozzaniana, «supino nel trifoglio», non sa o anzi non vuole cogliere il «quatrifoglio», che pure è lì, a portata di mano e, chissà, di fortuna vitale. E così pure mi sono chiesto, a proposito non di Francia, ora, ma di Alema- gna, e precisamente a proposito non di Arturo e Federico, ma del Werther go- ethiano, quanta sia la frizione di Guido appunto con Werther, non solo a ovvio proposito di un nome famoso che rimbalza dall’uno all’altro, quello di Carlotta (vedi L’amica di nonna Speranza), ma riguardo a una più interna e direi strate- gica prospettiva. Il gusto ‘da virtuoso’, e già parecchio francese, dello choc – le «camicie» in rima con «Nietzsche» –, cui già rinviava Serra e di cui parlava con particolare efficacia Montale, il piacere di accoppiare da vicinissimo, per esempio, nella Signorina Felicita, l’antico, le statue antiche, «le Stagioni camuse e senza braccia», con i prodotti dell’orto, «i porri e l’insalata», quanto devono a Werther che legge Omero? Legge l’Odissea, l’Antico per eccellenza, il sublime Antico, ma intanto lo fa rimare con tutt’altro, lo familiarizza e intimizza, se ci fa sapere che lo legge mentre, in cucina, sgrana i piselli, altri prodotti dell’orto, in vista della sua cena solitaria… X Introduzione 4.