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SENTIREASCOLTARE online music magazine DICEMBRE N. 38

Altro Ladybug Transistor Sightings Yacht 3/4hadbeeneliminated Slits Jean Michel Jarre Kubrick/Lynch Arnold Schöenberg VAMPISOUL Musica mas caliente

sentirea scoltare 1 OKKERVIL EINSTüRZENDE RIVER NEUBAUTEN Potomak LOW

“Drums and Guns” “The Stage Names” CD/LP Jagjaguwar “Alles Wieder Offen” CD/LP Sub Pop CD/LP Potomak File under: Indie/Folk/Rock File under: Slow-core/Indie/Rock File under: Industrial MATTHEW GIARDINI IRON DI MIrò AND WINE HERBERT

“Score” Dividing Opinions” “The Shepherd’s Dog” CD Homesleep CD !K7 Records CD/LP Sub Pop File under: Post-Rock/ File under: Musica per Film File under: Folk

KELLY FUJIYA & STATELESS SWAYZAK JONES Miyagi

“Stateless” “Some Other Country” “Friend Opportunity” “Transparent Things” CD !K7 “Only the Names CD !K7 CD/LP Tomlab CD Grönland File under: Have Been Changed” File under: File under: File under: Rock/Elettronica CD+DVD V2 UK Elettronica Indie/Pop/Noise Dance/Krautrock File under: Folk DISCO COBBLESTONE ...A TOYS BURNT CANADIANS ORCHESTRA DRIVE FRIEDMAN

“Technicolor Dreams” “Things To Do Today” “23 Seconds” “A Sky With No Stars” CD Unhip “1st Night Forever” CD Ghost Records CD Urtovox CD Nonplace 2CD !K7 File under: File under: File under: File under: Indie/Punk/Rock File under: Indie/Pop/Rock Indie/Pop/Rock Elettronica/Soul Elettronica/Jazz MARK THE PIANO MATTHEW MAGIC DEAR OLSON THE SHINS WOMBATS

“Asa Breed” “The Salvation ” “A Guide to Love, Loss...” “Part Monster” CD Hacktone rec. “Wincing the Night Away” CD Homesleep CD Ghostly Intl. CD Sub Pop CD ADA/14/th Floor File under: File under: File under: File under: Folk/Rock/Blues File under: Indie Elettronica/Pop Indie/Pop/Rock Indie/Pop/Punk www.audioglobe.it - VENDITA PER CORRISPONDENZA aggiornamenti continui e quotidiani - news, recensioni, live e tutte le informazioni sui dischi di nostra distribuzione - spedizioni in giornata - nessun minimo , con PayPal e con Carta di Credito - servizio telefonico dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18.30 d’ordine - Spedizioni in contrassegno udioglobe.it tel 055 3280121 - fax 055 3280133 - mailorder@a Iscriviti alla nostra newslist !!! sommario

4 News 8The Lights On Those Lone Vamps, Heliocentrics, Yacht, 3eem 1 2 Speciali 10 Settlefish, Altro, Ladybug Transistor, Sightings, 3/4hadbeeneliminated, Vampisoul 34 Recensioni I’m Not There O.S.T., , CarterTutti, Doveman, Grizzly Bear, Jesu, Subtle... 87 Rubriche (Gi)Ant Steps Charles Mingus We Are Demo: 3Sacchetti, Daniele Maggioli, Margareth, Denise, Sister Dew... Classic Slits, Jean Michel Jarre, Fastbacks Cinema Kubrick/Lynch, Giorni e nuvole (Soldini), Tideland (Gilliam) 14 I cosiddetti contemporanei Arnold Schöenberg

Direttore Edoardo Bridda Coordinamento Teresa Greco Consulenti alla redazione Daniele Follero Stefano Solventi Staff Gaspare Caliri Valentina Cassano Antonello Comunale Antonio Puglia Hanno collaborato 92 Gianni Avella, Davide Brace, Marco Braggion, Nicolas Campagnari, Paolo Grava, Manfredi Lamartina, Alarico Mantovani, Massimo Padalino, Stefano Pifferi, Andrea Provinciali, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giuseppe Zucco. Guida spirituale Adriano Trauber (1966-2004) Grafica Edoardo Bridda, Valentina Cassano in copertina Betty Davis

SentireAscoltare online music magazine Registrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05 Editore Edoardo Bridda Direttore responsabile Antonello Comunale Provider NGI S.p.A.

Copyright © 2007 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati. La riproduzione totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare 102 sentirea scoltare 3 news a cura di Teresa Greco

Battisti e Drake protagonisti delle nuove uscite Arcana. In attesa del decimo anniversario della scomparsa di Lucio Battisti (che si cele- brerà nel 2008), la Arcana Editrice pubblica due volumi della collana “Songbook” dedicati al cantautore di Poggio Bustone, entrambi a cura di Franco Zanetti. Ma c’è qualcosa che non scordo, di Renzo Stefa- nel, analizza gli anni della collaborazione con Mogol, mentre S p e c c h i opposti, di Ivano Rebustini, si concentra sul periodo con Pasquale Panella. È inoltre in uscita Journey To The Stars. I testi di Nick Drake, di Paola De Angelis, analisi e commento di tutte le canzoni dell’icona del folk inglese…

Jagjaguwar annuncia l’entrata di Bon Iver nel suo roster. All’inizio del 2008 l’etichetta pubblicherà il suo debutto dal titolo For Emma, Forever Ago…

Konkurrent rivela alcune delle sue uscite per il prossimo anno. Il 10” di Dub Terror (Universal Egg), la cui uscita è prevista per gennaio, il debutto di Paramount Styles NYC, il nuovo progetto di Scott Mc- Clouds dei Girls Agains Boys (aprile 2008, ancora non si conosce l’eti- chetta), e il nuovo In The Fishtank, questa volta a firma Mark Linkous (Sparklehorse) vs. Fennesz (previsto per estate-autunno 2008)…

Annunciate le prime due date del tour dei Radiohead: s i t r a t t a d i d u e festival in giugno in Germania, il Southside e l’Hurricane, dal 20 al 22 Mark Linkous giugno; in Italia terranno un’unica data il 18 giugno prossimo all’Arena Civica di Milano…

21 concerti a Londra per gli Sparks (Russel e Ron Mael): nei prossimi mesi di maggio e giugno la band californiana suonerà un loro a serata. Sono venti i dischi infatti da loro pubblicati nel corso della carriera, e nel corso dell’ultimo concerto faranno ascoltare brani del prossimo disco, in uscita nel 2008…

Nuovo album per i Mars Volta: The Bedlam In Goliath uscirà il pros- simo 29 gennaio, insieme a un gioco online¸ Goliath The Soothsayer, basato sul disco…

Mick Harris torna con un nuovo album a nome Scorn, a d i s t a n z a d i 5 anni (se si esclude un live pubblicato dalla polacca Vivo nel 2005); Stealth esce a dicembre per Ad Noiseam…

Billy Bragg pubblicherà il nuovo disco, Mr Love & Justice i l p r o s s i m o anno in marzo; prodotto da Grant Showbiz, vede la partecipazione di Robert Wyatt nel primo pezzo, I Keep Faith…

Justice in Italia a dicembre: Gaspard Augé e Xavier de Rosnay sa- ranno il 12 a Milano (Magazzini Generali), il 13 a Firenze (Tenax), il

4 sentirea scoltare 14 a Nonantola (MO, Vox) e il 15 a Roma (Palacisalfa), supportati dai Bloody Beetroots…

Tornano in Italia a febbraio i riformati Smashing Pumpkins dopo l’an- nullamento del concerto di Venezia dell’estate scorsa; saranno il 2 al DatchForum di Assago (MI) e il 3 al Palamalaguti di Casalecchio di Reno (BO)…

E ancora anticipazioni live: a marzo anche gli Eels p a s s e r a n n o d a l nostro paese, il 7 al Conservatorio di Milano, l’8 all’Auditorium Parco della Musica di Roma e il 9 al MaxLive di Vicenza. Il 14 gennaio, come gia preannunciato il mese scorso, saranno pubblicati dalla Universal due raccolte per celebrare i 10 anni del gruppo: Meet The Eels: Es- sential Eels Vol.1 è un best e un DVd con i loro video, Useless Trin- kets è una raccolta di b-sides e rarità…

Il prossimo anno cadrà il ventennale della Sub Pop: c i s a r a n n o e v e n t i organizzati a Seattle per l’occasione e una reunion eccellente: quella dei Green River a vent’anni dallo scioglimento (si erano riformati per un’unica occasione nel 1993 durante il tour dei Pearl Jam (con Ament, Gossard Turner e Arm). Mark Arm e Steve Turner avevano poi formato i Mudhoney, Jeff Ament e Stone Gossard erano entrati nei Pearl Jam…

Il nuovo album dei Silver Jews si chiamerà Loukout Mountain, Lou- kout Sea e uscirà il prossimo aprile su … Mr. E

A due anni dall’ultimo Aerial, Kate Bush torna con un pezzo, Lyra, incluso nella colonna sonora di un film The Golden Compass in uscita a dicembre in Inghilterra…

Kevin Shields, The Jesus And Mary Chain e i Cocteau Twins saran- no i protagonisti di un documentario sullo shoegaze, dal titolo Beauti- ful Noise, diretto dal film-maker losangelino Eric Green, e in uscita il prossimo anno. Il film vedrà anche le testimonianze di Slowdive, Chap- terhouse, Ride e Flying Saucer Attack tra gli altri, insieme a interviste a fan quali Robert Smith, Trent Reznor e Wayne Coyne…

E a proposito di shoegazers, anche gli Swervedriver si riuniranno per un tour nel 2008 dopo quasi un decennio di assenza; la band (il vocali- st/chitarrista Adam Franklin, il chitarrista Jimmy Hartridge, il bassista Steve George e il batterista Jez) si era sciolta nel ’98…

I Sigur Rós registreranno il prossimo album, il quinto in studio, n o n presso il loro studio di Sundlaugin ma a Reykjavik,; con loro ci sarà Flood (produttore già di U2 e Nine Inch Nails). Non si sa quindi ancora quando potrebbe uscire il disco il prossimo anno. Il gruppo ha appena pubblicato il doppio Hvarf-Heim…

sentirea scoltare 5 news a cura di Teresa Greco

Tornano i Kills su Domino, a due anni di distanza da No Wow, c o n U.R.A. Fever singolo che uscirà a gennaio, e precederà un album che sarà pubblicato il mese di marzo…

I Polvo, scioltisi nel ’97, torneranno a riunirsi in occasione dell’All Tomorrow’s Parties a maggio del 2008, ricomposizione fortemente caldeggiata dai curatori Explosions In The Sky. Non saranno al completo, mancando il batterista Eddie Watkins, sostituito da Brian Quast…

E sempre nel 2008 sarà il momento dell’annunciata reunion dei M y Bloody Valentine: Kevin Shields e i suoi, sotto l’egida dell’onnipre- sente ATP, si esibiranno in tre show estivi rigorosamente “domestici”: Londra, Manchester e Glasgow, rispettivamente il 20 e il 28 giugno, e il 2 luglio. I biglietti sono in vendita a partire dal 16 novembre su http://www.seetickets.com/...

Here’s To Being Here sarà il prossimo disco di Jason Collett c h e sarà pubblicato in America il 5 febbraio prossimo su Arts & Craft…

È ufficiale: sarà la XL a distribuire in Europa In Rainbows dei Ra- diohead, a partire dal 28 dicembre prossimo. Tutto normale, quindi? Non esattamente: l’album, che sul nostro territorio sarà distribuito da Self (promozione Spin-go!), uscirà in formato eco-compatibile: al Beastie Boys posto del tradizionale case di plastica, al cd saranno allegati degli adesivi che i consumatori potranno applicare a un case usato; la confezione sarà in cartoncino riciclato e l’involucro sarà di materiale biodegradabile. I formati disponibili saranno CD e LP; niente a che vedere comunque con il famigerato discbox, in vendita direttamente dal sito della band e distribuito a partire dal 3 dicembre. Nel comuni- cato stampa ufficiale, una nota proveniente dal management ufficiale dei Radiohead precisa inoltre che “essendo l’album scaricabile solo dal sito della band, è impossibile che società esterne abbiano i dati reali sulle vendite”; in altre parole, tutte le notizie circa il successo (o l’insuccesso) dell’iniziativa sarebbero soltanto speculazioni…

Sta cominciando a vedere la luce la versione vocale di The Mix Up, l’album strumentale dei Beastie Boys di qualche mese fa. Tra gli ospiti coinvolti ci sono M.I.A., Lily Allen e . E al disco sarà abbinato un film ricavato dal making of, oltre che dalle riprese fatte in tournée nei mesi passati…

Qoob e MTV Italiainsieme a Isbn Edizioni (Gruppo Editoriale Sag- giatore) presentano il DVD + libro Tech Stuff – Manuale video di musica elettronica, uscito il 15 novembre; Tech Stuff è l a p r i m a serie televisiva ideata da un utente di QOOB, Tobor Experiment, sulla musica elettronica, con una serie di mini-documentari a puntate sulle

6 sentirea scoltare tecniche, gli artisti e gli strumenti più bizzarri che ne hanno fatto la storia. In collaborazione con Grinding Halt Concerti e S A E I n s t i t u t e , venerdì 16 novembre allo Spazio Assab One di Milano e domenica 18 al Circolo Degli Artisti di Roma si sono esibiti in performance au- diovisive i finlandesi Pan Sonic, protagonisti del decimo episodio di Tech Stuff, accompagnati dal chitarrista e sperimentatore giappone- se Keiji Haino…

News dalla EMI: esce a dicembre un box contenente tutti i 14 album dei Pink Floyd realizzati in studio in edizione mini vinile, con fedele riproduzione degli originali LP in CD racchiusi in un box, dal nome Oh, By The Way, da The Piper... A Division Bell. Il 7 dicembre sarà poi pubblicato un box con i sei album in studio dei Radiohead p i ù il live I Might Be Wrong tutti i CD saranno in edizione Mini Vinyl, packaging speciale che riprende gli artwork degli LP originali e sarà possibile accedere a contenuti speciali sul web, come gli artwork digitali in alta risoluzione. http://www.radioheadstore.com Infine, A 33 anni di distanza dall’ultimo disco su Capitol, Ringo Starr t o r n a s u etichetta EMI con 8, prodotto dallo stesso Ringo insieme a Dave Stewart (con cui ha scritto i brani) e a Mark Hudson…

Edizione invernale del Primavera Sound Festival di Barcellona Estrella Damm Primavera Club 2007: si svolge dal 30 novembre all’8 dicembre prossimi indoor all’Auditori e all’Apollo Halls. Ricco il cast previsto: , Liars, Earth, The New Pornographers, Stephen Malkmus And The Jicks Deerhunter, Bishop Allen, Von Sudenfed, Stars Of The Lids, The Po- nys, Parts & Labor tra gli altri...

Dig, Lazarus, Dig così si chiama il ritorno di N i c k C a v e & T h e B a d Seeds, album che sarà pubblicato il prossimo 3 marzo su Anti…

Svelato il titolo del prossimo disco di Stephen Malkmus And The Jicks di cui avevamo dato anticipazioni qualche mese fa: Real Emo- tional Trash uscirà su Matador a marzo…

I riformati Jesus And Mary Chain come già annunciato, realizzeran- no un nuovo album insieme, previsto per maggio/giugno 2008, non si sa ancora per quale etichetta; il disco sarà preceduto da un box di 4 CD con b-side e rarità che uscirà a marzo su Rhino…

Già più volte annunciato, arriverà in aprile il prossimo album dei Por- tishead, ancora con il titolo Alien che era stato più volte citato…

Nuova uscita per Boris il prossimo aprile su Southern Lord: Smile, questo il titolo, vede i contributi degli abituali Michio Kurihara e Ste- phen O’Malley…

sentirea scoltare 7 The Lights On... those lone vamps

A dispetto dello stringatissimo re- ai Cave e ai Lanegan più soffici. delle strade notevoli. Piuttosto: si- pertorio, i Those Lone Vamps sono Stuzzicato in tal senso, il Cloc- curamente non si evince da quello attivi da ben otto anni. Da quando chiatti risponde: “Lanegan è un mio che suoniamo, ma siamo profonda- cioè i friulani Vincent Omar Trevi- pallino dai tempi degli Screaming mente legati al suono della prima san (elettroniche e percussioni) e Trees, e mi pare una delle miglio- 4AD, This Mortal Coil in primis. Io Shawn Clocchiatti-Oakey (all’ana- ri voci in circolazione. Riguardo al personalmente poi ai primi Roxy grafe Bruno Clocchiatti, voce, Cave solista ogni parola è super- Music”. chitarra, tastiere e armonica), en- flua... A loro aggiungerei senz’al- Altra caratteristica che corrobora trambi classe ‘76, ne avviarono la tro Scott Walker: Tilt è più che un il livello di osticità del prodotto è vicenda una volta conclusa l’espe- classico, secondo me”. Vista la il ricorso alla tecnica della talking rienza acustic/wave dei Lingo. disponibilità dell’uomo, l’approfon- poetry. D’altro canto, Bruno ha Coi TLV il discorso si fece più dimento è inevitabile, a partire da pubblicato due raccolte di poesie brusco, incanalato in un solco di quella cosuccia del “cristianesimo (Metropolitan del 2002 e Déco opposizione sociale (la critica ai delle origini” cui Bruno sostiene del 2004, entrambi per L’Autore ritmi e agli spazi del vivere metro- di rifarsi. “Molti mi hanno chie- Libri Firenze), inevitabile che le politano), culturale (i valori proto- sto spiegazioni a riguardo. Penso due “propensioni” si sovrapponga- cristiani che punteggiano i testi che la spontaneità espressiva sia no. Invece, a sentir lui, manco per - in inglese - come antidoto alla sicuramente attinente ai princìpi niente: “Nonostante quanto pensi- pervadente svalutazione esisten- cristiani. La forma musicale, nel no alcuni, non ho mai fatto parte ziale) ed estetica. Quest’ultima si nostro caso, rappresenta più che del circuito della talking poetry. Ho concretizza nella bruciante conci- altro un’urgenza dettata dai ritmi sempre scisso la musica dalla po- sione dei pezzi inseriti oltretutto in frenetici dei tempi correnti, vorreb- esia in modo netto. Certo, mi pia- un flusso sonoro omogeneo, sorta be essere una metafora della fre- cerebbe essere uno ‘scrittore’, o di piece spiritual-blues-folk come nesia industrial/produttiva d’oggi”. comunque scrivere in prosa. In tal potrebbe sostenerla un Waits in- Così è, se ci pare. senso i punti di contatto con la mu- vasato e poco incline al rispetto Idem dicasi per la sconcertante sica sono ancora minori”. delle consuetudini ritmiche/strut- concisione dei pezzi, che fa sospet- In effetti, le anticipazioni del nuovo turali. Il risultato di questo lavorio tare una sorta di auto-frustrazione progetto Black Taper Taiga - che concretizza nell’esordio Sketches, artistica. È più una provocazione o vede Clocchiatti in trio con Stefano autoprodotto nel 2004, dieci minuti una scelta estetica? “Penso che in Giust (boss della Setola Di Maiale) vibranti e intrattabili che non man- realtà si tratti della forma più giu- ed il chitarrista Matteo Perissutti - cano di stuzzicare certe occhiute sta e naturale, almeno in questo lo confermano: mezz’ora di improv- etichette underground, soprattutto momento. Ripeto quanto esposto post screziata di visionari riflussi quella Setola Di Maiale che li scrit- sopra: sia io che Omar viviamo a blues, una roba aspra e solenne in tura nel 2006. ritmi così intensi che ci sentiamo cui la voce di Bruno è presenza fol- Oggi è tempo di opera seconda, propensi a rappresentare la nostra gorante ma laterale. È un’altra sto- Standards (Setola Di Maiale, set- (e di molti altri) realtà, senza ab- ria, di cui riferiremo. Così come di tembre 2007, rece sul #37). Appa- bandonarci a forme troppo estetiz- un nuovo progetto, Titus, all’inse- re evidente un addensamento delle zanti”. Provo a giocare la briscola gna di - sostiene Clocchiatti - com- trame, una più meditata architet- sostenendo che in qualche modo mi posizioni di “lunga o lunghissima tura delle atmosfere che permette hanno ricordato i dEUS dell’EP My durata, dalle basi acustiche lente di ritagliare parentesi strumentali Sister Is My Clock. “Non posseg- ed estremamente sobrie”. Il minimo sbrigliate, liberatori sussulti impro go quell’E.P., ma apprezzo i dEUS, che ci attendiamo è di rimanere, quale contrappunto alle inaudite trovo che dal punto di vista stret- ancora una volta, spiazzati. tessiture melodiche che rimandano tamente musicale abbiano aperto Stefano Solventi

8 sentirea scoltare The Lights On... heliocentrics

“Good luck trying to categorize dalle strade due minuti fa. Il Nostro fine-inizio millennio, un po’ di ga- their music”. Alla Stones Throw, porta lettere di referenza firmate ranzia di qualità c’è a prescinde- il quartier generale di Madlib, ci Madlib e Dj Shadow, che è un po’ re. Oh no? Certo siamo nel 2007, e augurano buona fortuna, perché come dichiarare subito di che col- nella musica ormai vige sovrana la sanno che gli Heliocentrics sono pa si è colpevoli. E infatti come ci regola try and buy A testare con le un brutto affare per i giornalisti si può professare innocenti quando proprie orecchie le qualità di Out più svogliati. Se negli anni ’90 tra i verbali che lo incastrano tro- There (in spazio recensioni) si ri- parlavamo di crossover, un de- viamo sulla stampa anglosassone mane immediatamente drogati da cennio dopo siamo ormai abbon- dichiarazioni del genere: “Immagi- un conglomerato di sonorità zuc- dantemente nel post-crossover, in na George Martin e David Axelrood cherosamente liquide, campioni da una terra di nessuno dove i segni che producono un disco hip hop. porno seventies (deep deep throat), musicali più disparati s’incastrano Idealmente combiniamo la ruvidez- jazzismi criminali da thriller morri- con sorniona malizia. Le musiche za dei 7” funk, la pesantezza del coniani, bordate di basso iperfunk, più interessanti oggi sono proprio dub, la spontaneità del free jazz e attitudini più o meno free. La co- così. Un pout-pourri di elementi, gli effetti sonori della psichedelia. pertina dell’album lo rappresenta arrangiati in maniera astuta e con Non siamo ancora riusciti ad otte- al suo meglio. Un disegno circola- la sapienza del senno di poi. La so- nere tutto questo, ma è un risultato re con una miriade di tasselli che ciologia che ne consegue è chiara. che pensiamo di poter raggiunge- concorrono a comporre l’immagine. Non siamo più nella modernità, e re restando su questa strada”. Per Proprio come nella musica. Un mo- nemmeno nella postmodernità pro- la serie molte idee e anche un po’ saico senza soluzione di continuità priamente detta. Siamo un passo confuse, ma dopotutto il loro fasci- in un disco con tanto di intro e ou- più vicini al caos, ma ciascuno con no sta anche qui. Gli Heliocentrics tro, e realmente concentrico, anzi un sorriso isterico sulle labbra. Ieri non sono solo Catto. Intorno a lui no… eliocentrico! Malcom si pro- c’era Lester Bowie e il suo Avant una formazione di otto persone con fessa particolarmente soddisfatto Pop - Brass Fantasy, oggi ci sono un nocciolo strategico costituito in- delle qualità umane del suo lavoro, gli Heliocentrics di Malcom Catto e sieme a Jake Fergusson (l’uomo al quel taglio analogico e vintage che quello che potremmo definire come basso) e Mike Burnham (elettronica sa di rétro ma non in modo ecces- Avant Rare Groove o anche come ed effetti). I tre hanno una matrice sivo: “Preferisco ascoltare qual- Iper Fusion Psichedelia. La messe comune di ossessioni e interessi. cosa con delle grezze emozioni di ristampe jazz, l’hip hop più de- Malcom e Jake sono una sezione umane, piuttosto che qualcosa che viante, il funk più lussureggiante, ritmica dalla sapienza luciferina e suoni tecnologicamente brillante, le soundtrack più kitsch, la “gene- con un mestiere solido, costruito ma senza anima”. E probabilmen- razione cocktail” e gli exotismi di in anni di militanza in sessioni di- te queste sono le regole che si ogni latitudine che ritrovano una sparate, per non parlare dei Soul impone anche quando si tratta di propria centralità per il nuovo uomo Destroyers e come backing band di scegliere vecchi dischi funk e soul civilizzato dell’epoca Matrix. Gli Dj Shadow per l’ultimo disco, The da ristampare con la sua Jazzman Heliocentrics sono una formazio- Outsider. Nel curriculum leggiamo Records. Una sola cosa è certa. ne che si alimenta da tutte queste che Madlib è un loro grande fan, Nell’anno in cui abbiamo dovuto radici, si inventa un robusto tron- tanto che li ha campionati in più aggiornare le pagine dei necrologi co di sonorità psichedeliche misto occasioni, non ultimo nei dischi a con un nome come James Brown, hip hop jazz, e fa sbocciare potenti firma Yesterdays New Quintet, e gli Heliocentrics ci danno una pac- frutti di intricata musica groovede- se gli apprezzamenti arrivano an- ca sulle spalle, ci rilassano l’animo lica da rimanerci immediatamente che da lui, in costante ricerca di tormentato e ci aiutano ad elabora- secchi. Del resto Malcom Catto smartness e coolness in giro per il re il lutto. non lo abbiamo mica raccattato globo mediatico delle musiche di Antonello Comunale

sentirea scoltare 9 The Lights On... yacht

Il ragazzo è intelligente e si applica. frame ritmici con effetti electro-pop. Nel frattempo Jona va in tournée Se avessimo la matita blu e rossa, A cerchio chiuso, prendiamo allora con Lucky Dragons e con Bir- potremmo finirla qui; non avendoce- la tangente che ci riporta al pun- dman, confeziona altra musica e la, ci tocca il lights on. to – e forse qui il senso di déjà vu collabora con il video-artista lo- Jonathan Bechtolt, aka Yacht, è mancato sarà maggiore; Bechtolt è sangelino Matt Chambers; ne esce uno che credereste di non avere infatti metà di un gruppo a cui ab- MEGA (Marriage Records; 6.5/10), incontrato, ma che probabilmente biamo prestato una buona attenzio- un ricco (ma economico) cofanet- conoscete già. A me piacerebbe ne ultimamente, ovvero le (anzi “i”) to comprensivo di mini album 10”, averlo incrociato per strada; non Blow, dei cui due dischi (Poor Aim: la copia in CD e un DVD. Tutto a tanto perché di bella presenza o Love Songs e Paper Television) dieci dollari dieci. La musica è si- perché accompagnato da belle ha curato tutte le musiche. mile all’album precedente, una ver- presenze, quanto perché questo Tracciata il percorso parallelo, pas- sione più libera (svincolata nella significherebbe vivere, come lui, a siamo alla navigazione principale. La composizione dal formato canzone) Portland, in quel bacino culturale crociera del progetto Y.A.C.H.T. (mi- dell’esperienza Blow; alcuni video che, giusto per lanciare dalle ac- sterioso acronimo) nasce nel 2004, proprio del gruppo di Khaela Mari- que oceaniche due ormeggi a ter- quando Jona (neanche venticin- cich vanno ad accompagnare, nel ra, ha allevato e pescato gli Xiu quenne) esordisce con Super War- DVD, altri clip di Jonathan e un in- Xiu e i Parenthetical Girls (due ren MMIV (States Rights Records; tero live set. pesci di diverse dimensioni, ma 6.8/10), fatto di una casiotronica- Nello stesso anno Bechtolt produ- che nuotano spesso insieme). electro-dance giocosa ma molto evo- ce tre tracce di Classic Battles dei Se pure non passate spesso da luta nella sezione ritmica, speziata di Manta, interviene, sempre come Portland, forse però l’anno scorso vi una drill lenta, incastrata da inghippi Yacht, alla compilation Bro Zone siete imbattuti in Bobby Birdman, quasi minimalisti – secondo una rot- della States Rights; insomma, non e nel suo Giraffes & Jackals; op- ta simile al primo Dan Deacon (Jo- ha bisogno di pagare l’ormeggio alla pure, qualche anno fa (nel 2004), nathan Bechtolt, Do You Remember sua imbarcazione, se non, almeno avete sentito Magic Wand dei Lit- The Summer). I Duemila sono inizia- per i prodotti usciti per la ragione tle Wings. Quest’ultimo nome po- ti da un po’, ma Aphex continua a sociale solista, l’anno dopo. È del trebbe far sentir odore di Devendra pungolare (Glowing Rock, Melting 2007 il definitivo compimento dei nell’aria (magari dopo aver riletto di Bones), con risultati non lontani da caratteri di Jona, quando esce Our lui e dei suoi amici su SA). In effetti Kim Hiorthoy. Jona strizza l’occhio Friends In Hell, raccolta di remix l’altro elemento per risolvere que- anche all’Europa, e lo farà (rischian- yachtiani di brani degli amici di cui sto noiosissimo rebus musicologico do una causa per plagio, ma siamo sopra, oltre che di Architecture In è proprio Banhart; Jona ha suona- sicuri si tratti di ironia, o meglio, di Helsinki, Tussle, persino . to percussioni e batteria in Cripple mimetismo ludico) anche nella sua Il miscelatore è a pieno regime, e Crow, così come nei due dischi ultima opera, come potete leggere ci permette di arrivare finalmente citati sopra, e pure, per chiudere nella recensione: il bersaglio non è al punto; c’è da stare sereni, a sta- il cerchio, nei fantomatici gruppi – casuale, i Kraftwerk da Autobahn re a Portland; Jonathan Bechtolt della durata di un concerto – che in poi; The Denver Nuggets usa un ha un motivo in più per rallegrar- Devendra si inventa quando suona retaggio vocale proveniente da quel si; quel motivo si chiama I Believe coi suoi compagni. Un batterista, tecnologismo un po’ decadente, qua- In You. Your Magic Is Real, ed è dunque? Non proprio; il Nostro si si serio; ma da allora questa tradi- l’ultima uscita (data 2007, in spa- diverte moltissimo con il suo lap- zione non ha avuto grosse soluzioni zio recensioni) a nome Yacht. Non top (per efficacia descrittiva, se gli di continuità – il che non può far pen- solo per simmetria con il titolo, noi domandate “Mac-user?” vi risponde sare a un recupero, quanto al gesto crediamo in lui. “Till I die”), grazie al quale condisce di abbracciare un milieu. Gaspare Caliri

10 sentirea scoltare The Lights On... 3eem

3 Emissioni Elettro Magnetiche. È strade nuove. Da questi presuppo- trio si lascia andare maggiormen- questo il significato che sta dietro sti il passo è stato breve e Danilo te agli interventi di manipolazione la sigla 3EEM, trio piemontese di prima e Fabrizio poi, sono diven- elettronica, mentre sax e chitarra Ivrea fondato quattro anni fa dal tati membri ufficiali e insostituibili hanno margine per intraprendere chitarrista Danilo Corgnati e da del progetto”. brevi vie improvvisative. Diverso, Valerio Zucca (noto negli ambienti Equilibrio diventa una parola chia- invece, il lavoro in studio, dove la dell’elettronica come Abstract Q), ve per la musica di 3EEM, nata composizione segue schemi più re- ai quali si è aggiunto, dopo qualche in bilico tra mondi distanti, tra il golari, come ci tiene a sottolineare mese, il saxofonista Fabrizio Baz- jazz e la techno, tra l’ambient e Danilo: “Nella maggior parte dei zoni. Il nome è legato, come spie- i Cosmic Couriers, tra la materia casi Valerio costruisce degli sche- gano loro stessi, “al fatto che ogni elettronica e quella acustica. È nel letri di basi su cui io e Fabrizio persona possiede un suo campo naturale tentativo di far convivere improvvisiamo qualcosa, registria- elettromagnetico più o meno forte queste esperienze che trova linfa mo tutto e poi, in fase di riascolto, e capace di influenzare l’ambiente vitale l’esordio del gruppo, Es- focalizziamo le idee su ciò che ci che lo circonda”. A voler giudica- sence Of 3EEM (2005), che esce sembra valga la pena di lavorare. re dalle influenze musicali e dalle per la nostrana Small Voices. Un Più raramente si parte da frasi di passate esperienze, sarebbe stato disco non certo di facile impatto, chitarra o sax, ma il punto fermo davvero difficile immaginare che complesso, dispersivo a volte, ma rimane sempre quello di registrare mondi tanto diversi potessero con- interessante. Sonorità elettroniche ogni cosa e lavorare di editing suc- vergere in qualche punto. Danilo molto tendenti all’ambient si me- cessivamente. Tutto, in ogni caso, si dichiara un fanatico del krau- scolano alla chitarra e al sax con è suonato in modo da essere ripro- trock, con una giovinezza passata un approccio che richiama un modo ponibile in una situazione live”. ad ascoltare Fugazi, Bad Brains e di produrre e un sound tipicamente È sull’onda dell’entusiasmo, dovuto , suonando in alcune laswelliani (Reverse). Ma in que- all’ottima accoglienza di Essence, band punk, a volte come chitarri- sto album non è difficile riconosce- che nasce Matilda (in recensio- sta, altre come bassista, mentre re anche echi di cosmische musik ni), un disco più libero, più aper- Fabrizio si forma negli ambienti che aleggiano tra i brani insieme a to all’improvvisazione, ma ancora crossover. Nel mezzo c’è Vale- spunti di kraut rock. Come nel caso giocato su quegli equilibri di cui rio Zucca, ingegnere informatico della conclusiva 24 Apes, venti- si parlava poc’anzi, che qui gioca- (come Bazzoni), con un passato più quattro minuti di deliri cosmico- no con la forma e il suo contrario. che decennale negli ambienti della elettronici, schizzetti psichedelici Frutto del sodalizio con l’etichetta musica elettronica, dalle esperien- e ritmiche cangianti, che passano inglese White Label, questo se- ze cyber-techno di Neural Coital dall’ambient-dub al . Su condo capitolo ha il sapore della e Ludwig Elite al jungle ambient questi paesaggi sonori i fraseggi piacevole conferma ed ha già un del duo Abstract Quadrant. È a lui di sax e gli arpeggi di chitarra di- atteggiamento maturo. Ma la fase che viene l’idea di mettere assie- segnano figure che si mimetizzano creativa non sembra essersi esau- me il trio, come mi spiega: “L’idea nei suoni elettronici creando impa- rita, neanche a lavoro finito, come è nata alla fine del 2002 come re- sti timbrici affascinanti. si capisce dalle parole di Valerio: azione al lungo periodo durante il Dopo un inizio così convincente, “Stiamo lavorando a nuovi brani, quale ho suonato elettronica come continuare il cammino diventa qua- cercando di sviluppare ulterior- Abstract Q. Dopo anni, la voglia di si un obbligo. I tre si rimettono al mente i concetti racchiusi in Es- condividere idee con altri musicisti lavoro con calma e nel frattempo sence e Matilda”. Un futuro pieno e di poter presentare uno spetta- costruiscono il loro live act, anco- di ottime intenzioni. Intanto, però, colo live è tornata a farsi sentire ra più svincolato dalle forme chiu- godiamoci il presente. e l’utilizzo del laptop mi ha aperto se. Durante i concerti, infatti, il Daniele Follero

sentirea scoltare 11 Settlefish FUGA DA di Manfredi Lamartina

I Settlefish sono tornati. E lo fanno con un disco (Oh Dear!, uscito per la Unhip) che segna un punto in più nella storia del più americano – sia detto come un complimento – dei gruppi italiani. Perché i cinque bolognesi vantano un curriculum “statunitense” (concerti, album pubblicati da Deep Elm, recensioni) di tutto rispetto. Ora, la svolta. Dopo un EP acustico (The Quiet Choir) uscito pochi mesi fa, adesso arriva il nuovo lavoro. Meno hardcore, più pop, stesse emozioni.

Oh Dear! Come dobbiamo inter- avvengono in maniera totalmente riferimento, anche se piccolo, a loro pretare il titolo? inaspettata. E il missaggio del di- si senta, ma per il resto ci sentia- Jonathan (voce, ndr): Come un “Oh sco, così diverso dal precedente, è mo più liberi di una volta. Il ritmo di cavoli!”. Abbiamo esclamato cose stato bello e “stupefacente”. Head Full Of Dreams è quasi regga- simili e anche peggiori un bel po’ eton. È un genere terrificante, però di volte durante la lavorazione di La parola pop è sempre stata inci- quando Fede è saltato fuori con questo disco. Progetti andati in sa nel DNA del gruppo, ma ades- questo pattern allora perché no? frantumi, pacchi su pacchi, spo- so sembra essere un elemento stamenti di date, registratori che si preponderante nei vostri suoni. Jonathan, da questo album la tua rompono e un brano che non riu- Come se la band si sentisse più voce ne esce rafforzata. scivamo a rendere soddisfacente. libera di esporre se stessa alla J: Quando i volumi si abbassa- Oh Dear è infatti il titolo dell’unica gente… no non ti ritrovi sempre a urlare canzone che abbiamo lasciato fuo- J: Sì, decisamente. Credo che una per cercare di trovare uno spazio ri dal disco (recensione sul #37). parte grande ce l’abbia Federico, nella canzone (ride). Però credo Oh dear è anche una esclamazione il nuovo batterista. Il nostro modo di essere molto migliorato soprat- che usava spesso la sorella di mia di scrivere i pezzi non è cambia- tutto grazie ai tanti live ed alle nonna quando ci accoglieva nella to più di tanto, ma lui ha mutato esperienze con altri musicisti e sua casa a Londra durante i tour. il modo di intendere ritmicamente altri progetti. Sono molto contento Ci vedeva arrivare sempre a pezzi le canzoni, che hanno maggiore del disco. Il fatto di registrare in e stanchi. È anche un omaggio a lei distensione. Esalta anche il lavoro “casa” con Bruno (chitarrista) mi che ora non c’è più. delle chitarre. Poi lui e Paul (bas- ha messo completamente a mio Emilio (chitarra, ndr): Moira! La sua sista) suonano assieme da più di agio. Insomma siamo abituati a pasta al forno, pur essendo in terra dieci anni. Per il resto è solo una fare le cose assieme. d’Albione, era deliziosa. Maccaroni naturale progressione del gruppo. and cheese! Abbiamo questa tendenza ad ab- Ma il matrimonio con Deep Elm è bandonare nei nostri set dal vivo i finito definitivamente? Quanto è importante la compo- brani vecchi che non ci convincono J: Assolutamente. Ci trovavamo nente electro nei nuovi suoni dei più. E già del disco vecchio alcune molto distanti dal catalogo attuale Settlefish? non venivano eseguite. In maniera dell’etichetta e così abbiamo deciso E: Se ti riferisci al gusto vagamente naturale avviene quindi quasi una di cambiare strada. Non volevamo elettronico dato alle batterie di Sum- selezione. Credo che se prendi 3-4 vedere il disco uscire senza libretto mer Drops è “colpa” di John Con- brani dal disco vecchio era inevita- e con poco spazio per artwork. Per gleton. Quando abbiamo sentito il bile arrivare ad Oh Dear!. fortuna c’è Giovanni e la Unhip. La missaggio eravamo esaltati perché priorità dell’etichetta è fare anche non avevamo mai pensato a “sen- Washington, Dischord, Fugazi. un bel prodotto. tirci” in quel senso. Non ci poniamo Quanta “colpa” hanno (avevano?) E: E poi anche Unhip è sempre delle barriere e così come per il rit- nel suono dei Settlefish? stupefacente. Deep Elm ha fatto mo reggaeton di Head Full Of Dre- E: Al di là della speranza che i Fu- il suo tempo senza sapersi rinno- ams, ben venga anche il rullante a gazi sfornino un nuovo disco, sicco- vare. Ha sempre più puntato sul “sberla di bud spencer” su Summer me sono una grandissima band, la nome dell’etichetta piuttosto che Drops. Quando parlo di trovare sti- loro influenza credo si sia sedimen- alla promozione dei gruppi e que- moli parlo anche di queste cose che tata in noi. È ovvio che magari un sto l’ha uccisa.

12 sentirea scoltare Nel vostro mondo ideale ci sareb- Dal vivo siete una band che non Ma si tratta solo di intrattenimen- be spazio per le definizioni e i ge- si risparmia. Quanto è faticosa la to. Noi non siamo comunisti, anche neri? Esiste davvero una “linea” vita in tour? È difficile mantenere se ci poniamo genericamente a si- da rispettare o i confini esistono la stessa intensità in ogni data? nistra, ma abbiamo sempre avuto solo per essere superati? J: Qualche anno fa il gruppo si fa- chiaro il concetto di “comunità” e J: Però, che domanda... noi non ci ceva condizionare dal pubblico. Ora di posti in cui la “comunità” pos- siamo posti particolari confini. per niente. Abbiamo trovato una di- sa esprimersi, come ad esempio E: Per anni ci hanno definiti emo- mensione, vedo che in tutte le date Atlantide, che è un piccolo cen- core, una definizione che ci ha let- siamo sempre carichi. Siamo in cin- tro sociale situato in un torresotto teralmente sbarrato una serie non que, e se uno di noi una sera non della cinta muraria bolognese. Le indifferente di strade. Non ci piac- è in forma gli altri quattro danno cose nate dal basso, con pochi sol- ciono affatto le definizioni, tentia- qualcosa in più. Poi essendo tutti di, ma con la volontà di comunica- mo di scrivere canzoni con uno sti- impegnatissimi durante la settimana re hanno sempre avuto importanza le che ormai consideriamo nostro. quando ci troviamo per suonare è per noi. Non ci vedrete mai con le Non per niente ascoltiamo di tutto: un modo per stare assieme. Ultima- bandiere rosse, ma saremo sempre dal jazz, al dub alla sperimentazio- mente c’è un clima di gioia perenne. attivi per difendere il nostro modo ne. L’unico confine da superare è La vita in tour è perfetta. C’è sem- di vedere e fare le cose. quello di fare qualcosa che ci sti- pre un momento soprattutto nei tour moli e non ci annoi. lunghi dove ti sembra che giri tut- Che cosa manca all’Italia per guar- to a perfezione, soprattutto intorno dare finalmente dritto negli occhi L’indie è morto? Se sì, chi o cosa alla metà. Poi subentra la voglia di e senza complessi di inferiorità le l’ha ucciso? tornare a casa. Noi al momento non altre realtà musicali europee e in- J: La mia idea di indie è vivissima. vediamo l’ora di ripartire. ternazionali? E: Oramai qualsiasi cosa è indie anche E: Ci sono troppi gruppi che si pian- perchè le major non investono più sul Voi vi siete definiti un gruppo po- gono addosso e che ammuffiscono rock, quindi per necessità quasi tutto litico, sotto certi aspetti. Secon- in sala prove sperando nel “gran- il rock è indipendente. Per quello che do voi nella musica dove comin- de contratto”, che non arriverà mai mi riguarda l’indie storico è rappre- cia l’impegno e dove il semplice se i ragazzi continuano a stare in sentato da Pavement, Dinosaur Jr. slogan? sala prove. C’è ancora poca qualità Fugazi e Sebadoh, band che non cen- E: Non ho mai particolarmente e molta ignoranza nei confronti di trano nulla, ad esempio con i Maximo amato band come i Modena City suoni nuovi o che esulino da quello Park, che vengono definiti indie. A me Ramblers. In Italia è facile pre- che puoi sentire sulle radio e le tv piacciono le cose genuine in cui non sentarsi a pugno chiuso e cantare commerciali. In Italia c’è gente che sento un volersi porre a tutti i costi in Bella Ciao perché sai benissimo spera tornino gruppi che suonino un certo ambito sonoro solo perché in che gran parte del pubblico va in tale e quale ai Marlene Kuntz, ma quel momento butta così. Se la prece- brodo di giuggiole quando viene il mondo gira per un altro verso. Tra dente sentenza può essere presa an- premuto il tasto “combat”. Questo le band che in qualche modo han- che come definizione, trovo che l’in- atteggiamento secondo me ha an- no un minimo di visibilità c’è poca die rock sia vivo, se invece dobbiamo che anestetizzato i ragazzi. Vai al comunità, molta diffidenza, un po’ parlare di frangette, cheap mondays concerto, ti senti chiamare “com- di sgambetti. E anche se la situa- e compagnia bella, beh, tutta questa pagno” ed esci dalla sala credendo zione è migliorata c’è ancora molto roba passerà e chi se ne frega. di avere partecipato a chissà cosa. da lavorare.

sentirea scoltare 13 Altro TRE È IL NUMERO PERFETTO di Giancarlo Turra

Autenticamente e genialmente “punk”, nel senso profondo dell’attitudine, spontaneo e diretto patrimonio di persone che restano se stesse, perché sono quel che suonano e quello che suonano vive in loro. Ecco perché Altro ti s’appiccicano addosso, smuovono qualcosa dentro e hanno un fedelissimo seguito. Non lasciano indifferenti, non appartengono alle troppe facce anonime di oggi.

Quando scrivi di musica, di regola lentuoso “fumettista” - ha a lungo Se non è punk, allora i modelli di accantoni le idiosincrasie persona- gestito le sue pubblicazioni: con stringata efficacia Minutemen che li e, se proprio non c’è verso, ti af- l’abbonamento postale), quando sono esistiti a fare? fidi a degli espedienti. Ironizzi, cir- una certa indipendenza italiana Gli anni formativi sono importanti e coscrivi, fai il distaccato. Non con era in divenire creativo oltre i ri- spesi nel distacco oggettivo della gli Altro, band unica in Italia per sibili orticelli, quando pensavi che provincia: Sensefield, Hüsker Dü, come suona e di conseguenza divi- qualcosa stava cambiando e forse dolce “trance” californiana - Indian de: si amano o si odiano, li si tro- davvero è successo (indizio: un Bingo, Shiva Burlesque - e nuova va fantastici o inetti (ma da quanto loro video - fulmineo e fulminante onda che riaffiorerà, assieme all’in- lo stile implica l’abilità tecnica?). come la visione dal buco della ser- troversione Smiths e un fiero spiri- Una cosa, tuttavia, non ci si può ratura - finì in rotazione su MTV; to che diresti dei Franti (“Abbiamo esimere dal notare: quanto sia- poco dopo, Baronciani sedette sul iniziato ad ascoltare Sex Pistols e no autenticamente e genialmente divano di Brand:New a menar per Buzzcocks prima dei Nirvana, per- “punk”. Nel senso profondo dell’at- il naso Paola Maugeri, accortase- ciò quando arrivarono fu una festa. titudine, spontaneo e diretto patri- ne solo a trasmissione inoltrata: E tanto trash metal che ho riscoper- monio di persone che sul palco re- “Tutti e tre possediamo uno spic- to solo adesso: al tempo ascoltavo i stano se stesse, perché sono quel cato senso dell’ironia, in maniera Cocteau Twins.”) Cercateli, chi più che suonano e quello che suonano differente. Quando siamo in due, e chi niente nel suono ci sono; nel- vive in loro (“Alla volte ti capita di ridiamo sempre del terzo che non la visione del mondo e delle cose conoscere gente nuova che dice di c’è.”) Si comprano gli strumenti però sì, sempre. Bassa, dunque, conoscerti dal primo disco, e allora dopo averli avuti in prestito, sce- la fedeltà del terzetto inaugurale gli chiedi sempre perché ci cono- gliendoli per la sintonia rivelatrice di 7”: l’omonimo (autoproduzione, sciamo soltanto ora!”) Ecco per- con l’individuo: la Danelectro leg- 1999; 6.6/10) si esprime spiccio ma ché Altro ti s’appiccicano addosso, gera che si scorda, il basso secco peculiare come l’autarchico split smuovono qualcosa dentro e hanno (wave e : un cerchio chiuso) coi Contrasto (autoproduzione, un fedelissimo seguito. Sentiti una simil-Thunderbird in mano a Gian- 2000; 6.8/10) e il conclusivo Altro volta, non te li scordi. Non lasciano ni Pagnini e i tamburi di latta cui (Love Boat/Smartz, 2000; 7.0/10). indifferenti, non appartengono alle presiede Simone Sideri. Dal primo Tra la foga leggi in nuce l’ossimo- troppe facce anonime di oggi. singolo registrato in un ristorante ro che sarà, le influenze di cui so- Pesaro, anni Novanta: tre ragazzi abbandonato, lungo la progressiva pra accolte dentro un alveo Beat ascoltano musica nei “vent’anni e presa di coscienza del proprio va- Happening e Cure “immaginari”, qualcosa” e nello stupore di dischi lore si legge una scelta e non una quasi una Manchester trasferita a che cambiano loro le cose attorno. necessità nel girare intorno a una Olympia, ma c’è di più. I testi sono Iniziano come tanti dalla stanzet- proposta sonora solo apparente- in italiano, tra i pochi nostrani che ta di provincia, prima di internet mente uniforme. Bisogna vederli reggano l’ascolto: istantanee elu- e Myspace (dove - evviva! - non dal vivo per capire: salti e canto sive di rapporti interpersonali che li trovi) e prima dei gruppetti d’in- a occhi chiusi, quel che s’ha da lasciano in sospeso come Ray- capaci brufolosi che come li spie- dire è detto con generosa parte- mond Carver, per il quale scrivere ghi altrimenti. All’epoca, insomma, cipazione e allontanando gratuità significava tagliare fino all’osso e delle fanzine cartacee spedite per ed eccessi. Perché se non hai un dopo cercare il midollo. Come quei due soldi (così Alessandro Baron- “come”, te lo cerchi, lo interpreti cromatismi sottilmente ribaltati sul- ciani - cantante, chitarrista e ta- a pennello e guadagni il rispetto. le copertine dei singoli i particolari

14 sentirea scoltare “rivelano” (“Cattedrale di Carter è Seguono altri concerti, tra cui il que è bello scoprire cose nuove bellissimo! Quest’estate mio fra- prestigioso il passaggio ad Arez- quando suoni, soprattutto che puoi tello mi regalò la raccolta con tutte zo, presupposti di un attesto se- fare con le canzoni le stesse cose le sue poesie: gli diedi più di uno condo disco d’importante esito. che fai con Photoshop. È una que- sguardo, ma trovai soltanto poesie Della rifinitura di Prodotto (Love stione di conoscere i termini: non che parlavano di lui che andava a Boat 2004; 7.8/10) si occupa esistono persone disposte a capi- pesca. Poi, una sera, mio fratello Bugo, permettendo il quid che re che vuoi una batteria che faccia prende il libro e legge una poesia affina ulteriormente la scrittura e “tah” e non “tuh””). Cogli echi ben bellissima. Mi piace ascoltare can- lo svolgimento rodati dal palco. gestiti nell’ascolto, tanto P.I.L. e zoni in inglese, cercando di intui- Ne risultano undici episodi nevro- funk-punk, lontano dalle rotondità re quello che dicono con quel che ticamente vitali, brevi e viscerali “hit indie” di Disco Drive e più fe- riesco a capire. Vengono nuove approfondimenti di un debutto cui dele alla fonte originaria, più cruda associazioni di idee che non han- sottraggono il fiato a volte corto. e acuminata ma allo stesso tempo no niente a che fare col testo della Lavoro rutilante (Ripasso) e incal- introspettiva. Soprattutto ricono- canzone.”) I tre tirano dritto, men- zante (alla Gang Of Four senza sci la maturità unita a un impeto tre studio e lavoro li allontanano groove: Rumba), convulso (Inter- che non viene mai meno anche nei nelle metropoli dalle quali tornano quartieri) e struggente (Minuto, rari momenti riflessivi, quella ci- per scrivere i brani (provarli e ri- Ancora) malgrado i diciotto minuti fra stilistica personale che è più provarli, a che pro?) che compaio- di durata, decolla deciso con la li- di tutto riluttanza all’omologazio- no sul cd d’esordio Candore (Love rica Canzone del Gabbiano; da lì ne (“C’erano tanti nomi in lizza Boat 2001; 7.5/10). I distratti lo ca- inanella il saliscendi Posta, lascia per il titolo: volevamo trovarne talogano nella voga “emo”, con la latente malinconia a innervare uno a metà strada tra “candore” e quale ha ben poco da spartire per Ipotesi e dipinge quadretti di post “prodotto”. C’è un momento in cui le influenze suddette e una matrice adolescenza con la sferraglian- scopri che puoi far passare per prossima a dei moderni Diaframma, te Astio, ponendo la compassata verità una bugia: ti accorgi che le non indifferente a degli Wire privati Circostanza saggiamente in di- cose hanno un significato diverso, di britannico autocontrollo. Penna sparte. Dopo la defezione di Si- che puoi dire cose non vere e farle ed esecuzione essenziali tuttavia mone, fronteggiata con l’energico passare per reali. Da lì in poi non franche, nonostante o più probabil- Matteo Caldari (“Suonava già con si è più puri, ma nemmeno corrot- mente grazie all’ordinato frastuono, noi quando Simone o Gianni non ti: diciamo che scopri la malizia. epifanie d’umanità in formato can- c’erano. È stato sempre il quarto Solo che è una parola brutta, non zone, riassunte nel coro “Io crede- Altro.”) si giunge al “difficile terzo puoi chiamare un disco “malizia”. vo che noi fossimo uno, soltanto album”, sempre in giro per la pe- Poi arrivò “aspetto”, ci piaceva uno” di Pitagora, centoquarantatre nisola con umiltà. Di Aspetto (La anche perché eravamo sfiniti dalla fragorosi e innodici secondi subito Tempesta, 2007, in spazio recen- ricerca ed era quello che stavamo classici. Le fanno ottima compa- sioni) illuminano la trasparenza cercando, alla fine.” Come alla gnia il senso d’attesa strozzata che dei suoni e la consapevolezza del- fine è valsa la pena aspettare tre accenna a sciogliersi in Documen- le fasi creative, dalla produzione anni per degli Altro adulti e perciò to I, l’up-tempo funk candeggiato al mixing, dei quali si è occupato fedeli alla loro (non) identità. Del Ripresa, i martellamenti sfaldati di Rico degli Uochi Toki (“Io ancora resto, come cantava un “certo” Fe- Capitale, il grigiore autunnale della un po’ di difficoltà a farmi il suono derico “Chi fa da sé, farà sempre smithsiana Persa. nell’amplificatore ce l’ho. Comun- molto più di tre.”

sentirea scoltare 15 LADYBUG TRANSISTOR l’insostenibile mutevolezza delle ossessioni di Stefano Solventi

Innamorarsi di tutto, dal lo-fi al country-soul, se questo serve a mettere in scena l’ars scrivendi di un talento discreto, di un quasi-genio dal profilo sfuggente.Uno che ha sognato morbide fantasmagorie pop ben prima di Jens Lekman, non abbastanza intensamente però da sembrarne il maestro. Parliamo di Gary Olson, uno che si spende generoso ma circospetto, attento a fare le scelte giuste, a non ripetere le infatuazioni sbagliate. Uno che si accontenta di girarci/girarsi attorno: imperdonabile difetto che non puoi fare a meno di perdonargli.

Correvano i Novanta di mezzo. Cer- denza-studio che ospitava le ses- Tra i primi ad accorgersi che qual- to, il grunge rimbombava ancora sioni della combriccola. Disco che cosa non andava, ci fu probabil- turgido e truce. Certo, il post cospi- dopo pochi secondi della prima mente lo stesso Olson. La neonata rava malanimi sempre più algebrici traccia, Wheel, ti spiana tanta di compagine venne infatti del tutto e apocalittici. Certo, certo. Ma se quella ruvidità allampanata, tanto smantellata, ad eccezione del bat- dovessimo individuare i sovrani del di quel caracollare sornione che ti terista Ed Powers. Subentrarono la formidabile e straccione regno del sembra proprio di vederla la faccia chitarrista Jennifer Baron, già nei rock in quei Novanta di mezzo, in- da schiaffi di Malkmus. Invece, die- noise pop newyorkesi Saturnine, dicheremmo senz’altro i Pavement, tro all’impertinenza sorniona c’è il il bassista nonché di lei fratello arguti adorabili cazzoni lo-fi all’api- ghigno ben più pacioso di Olson, Jeff e la tastierista/cantante Sasha ce della brillantezza. In quanti po- proprio come sotto lo screanzato Bell. Con tutto ciò, quanto profuso tevano vantare un avvio di carriera sbocciare di riff e ciondolii aspri c’è in Malborough Farms non fu certo con due album straordinari come quel sogno che palpita psych-pop inutile. Anzi, rappresentò la fortu- Slanted and Enchanted (Matador, e palpitando scomoda suggestioni na della band, giacché si guada- 1992) e Crooked Rain, Crooked non meglio definite, infiorescenze gnò le attenzioni della Merge, che Rain (Matador, 1994) Fu una bella amorfe Beach Boys via Barrett scritturò senza tema il progetto La- scossa per tutta una generazione di (Seadrift), sconcertanti allucinazio- dybug malgrado fosse un cantiere rockofili e rockettari, le cui conse- ni My Bloody Valentine in chiave aperto, dalle prospettive tutt’altro guenze più o meno telluriche te le wave folk (Twice A Lifetime), con- che delineate. ritrovi ancora oggi ad informare le crezioni kraute tra iri- Tuttavia era palpabile una qualità emergenze indie. descenze (Magic Forest superiore nella scrittura, una sen- Così, anche uno come Gary Olson, Report), folk psych atmosferico Ca- sibilità capace di sintetizzare e cantante, chitarrista e trombettista lexico in (Theme To) Lout quando stuzzicare i più vellutati fantasmi da Brooklyn, con nella testa e nel non addirittura lo squilibrio senza che infestano da sempre la casa di cuore tutto un sogno pop che vibra- appigli dei Flaming Lips ai tempi bambola del pop. Ciò che confermò va instabile e incontenibile, quei delle ambulanze guidate dai preti puntualmente Beverley Atonale brillantissimi Pavement dovettero (95 Miles Per Hour). (Merge, 11 febbraio 1997; 6.9/10), somigliare ad una specie d’osses- Insomma, mettici anche il sistema- nel quale è ben evidente il tentati- sione, porca miseria. Con tutta la tico ricorso al glockenspiel, alle ar- vo di correggere la rotta, anche se loro caracollante, ossuta, conta- guzie di tastierina, ai flauti e agli ot- quale inevitabile conseguenza af- giosa invadenza. E allora, e quin- toni, insomma lo capisci che il gioco fiorano le tipiche incertezze, gli ab- di? Accadde che Olson decise di è ben altro che non un doveroso bozzi e i ripensamenti dei lavori di tenersi stretto quel suo sogno pur chapeau agli antieroi di Stockton. transizione. Ovvero, vengono pagati cedendo alle lusinghe dei cascami Un ventaglio stilistico più frastaglia- ancora dei pegni fin troppo pesan- college, degli spigoli e degli stri- to che strutturato, messo insieme ti ai Pavement, però stemperandoli dori noise in voga. Con impulsivo scozzando folate di suggestioni di- con gli ingredienti della nuova ri- entusiasmo, stemperò l’infatuazio- verse. La filigrana sonica ne esce cetta, che poi era principalmente la ne passeggera e l’amore definitivo, fin troppo stratificata, spiazza con- naturale attitudine del leader. Vedi mettendosi a fare il nocchiero dei tinuamente l’ascolto, disperdendo quel ciondolare tra spezie e zuc- Ladybug Transistor, vale a dire lui il fuoco dell’obiettivo appena credi chero vagamente Left Banke di It stesso col non piccolo aiuto di un d’averlo azzeccato. Quel che si pro- Will Be A Lifetime. Vedi la folk wave manipolo di valenti amici. fila è un patrimonio promettente ma di Your Wagging Tail (Single Spa- Il debutto arrivò con Malborough confuso. Che, alla luce degli svilup- ce), dal passo sghembo e brusco sì Farms (Park’n’Ride, 1995; 6.4/10), pi successivi, si rivelerà un clamo- ma corrucciata e palpitante come titolo mutuato dal nome della resi- roso, affascinante equivoco. gli episodi più eterei firmati dagli

16 sentirea scoltare Smashing Pumpkins nell’epoca- Powers difatti se ne andò, rendendo corde pizzicate, friniti carezzevoli le Mellon Collie And The Infinite quindi Olson l’unico superstite della e sibili arguti che va a spegnersi Sadness (uscito, per la cronaca, prima versione dei Ladybug, di fat- in un prezioso finale bandistico. due anni prima). Oppure e soprat- to sempre più una sua “proiezione Sembra d’essere capitati in un mi- di Stefano Solventi tutto, vedi la trepidazione confi- orchestrale”, per quanto rifuggis- raggio sixties bagnato da una mi- denziale di Rushes Of Pure Spring, se la parte del leader maximo. Ad racolosa patina hi fi, un gioco in- l’organo frizzantello, la tromba e la occuparsi dei tamburi arrivò quindi tellettuale e accorato senza altra chitarrina morbida, Malkmus messo San Fadyl, componente degli affini velleità che non l’intrattenimento in mezzo tra Scott Walker, Clien- Essex Green, dai quali proveniva più amorevole possibile con ogni tele e Magnetic Fields. anche la violinista Julia Rydholm. mezzo possibile (vedi quella spe- La mutazione quindi c’è, è palpabi- Fu quindi un sestetto la formazione cie di teatrino di marzapane vau- le anzi marcata, al punto che The base che licenziò il terzo opus The deville - piano, campanellini, flau- Swedish Libra And You cala sul ta- Albemarle Sound (Merge, 23 mar- to, tromba, sax... - che risponde al volo una sorta di – potremmo dire zo 1999; 7.5/10), titolo che rievoca nome di The Swimmer). - “lo fi confidenziale” che scavalca un importante estuario del North S’innesca cioè una soffice idiosin- i riferimenti pavementiani per can- Carolina creato dalla confluenza crasia tra l’attitudine nostalgico/ didarsi quale plausibile pronipote di numerosi fiumi (una metafora?). revisionista caro al giro Elephant di languori Velvet Underground Già l’angelico languore piano-voce 6 - di cui i nostri sono, come dire, (quelli di Candy Says e Sunday dell’iniziale Oriental Boulevard met- soci onorari - e la festosa post- Morning, of course). Senza contare te in chiaro quanto il quid stilistico modernità di Belle & Sebastian e gli sfacciati ammiccamenti ai primi collimi oramai con quello poetico, Apples In Stereo. Rispetto ai quali Belle And Sebastian (nella morbi- aleggiando con una risolutezza pla- Olson è “solo” un discreto crooner da allure psych-pop di Windy), al cida da Stuart Murdock spalleggia- della porta accanto, capace pur- Jonathan Richman più pigro (nella to Stephin Merritt. Il lo-fi è ormai tuttavia di strapparsi da cuore e calma appassionata di Stuck) o a una polaroid nell’album della prima cervello anche digressioni astruse certe congerie elettroniche come comunione. Di Malkmus e del suo al limite del geniale, come certe uno sgorbio kraut rotolato fuori dal caracollare sciroccato restano po- fantasie cinematiche tex-mex à la cestino (Forest Marching Song). che tracce nell’armoniosa flemma Calexico (la militanza immaginifica Massiccio l’utilizzo delle tastiere Scott Walker in anticipo sul Jens di Cienfuegos), stravisioni sornione quali quinte iridescenti di una rap- Lekman prossimo venturo, mentre Mercury Rev (Vale Of Cashmere) o presentazione tenera e bizzarra, le suggestioni british o meglio eu- echi fifties in lieve incantevole tra- la tromba come un ricamino in ci- ropee semplicemente impazzano ma (Oceans In The Hall, vicina a fre dorate con calligrafia fanciulle- sotto forma di svagate fantasie Kin- certe escursioni blasé dei Beatles sca, tutto un florilegio di rimbombi ks in Meadowport Arch, mischiando nei territori latini). visionari, spersi languori e soffici vaporose suggestioni Beach Boys In chiusura di programma, la spa- cromatismi (su tutte in This Order e singulti Small Faces nel boogie- rigliata romanza beat un po’ valzer Is Tall). Come dire, il marchinge- jangle di Like A Summer Rain, tre- un po’ vaudeville venata di rigurgiti gno è avviato e il rumore del mo- molando di allucinazioni Stereolab bucolici di Aleida’s Theme (per la tore lascia intendere un’ingegneria e bizzarrie bucoliche Barrett in The voce di Sasha Bell) lascia intuire inedita. Certo, il pilota deve ancora Automobile Song. un ulteriore allargamento del ven- prendere confidenza. Anche, so- Il gusto per la canzone come un taglio espressivo. Quel che si dice prattutto, coi propri mezzi. cordiale per immaginari esausti un capolavoro. D’altronde, le manovre di assesta- coglie l’asso nella splendida Today Malgrado la band sembrasse ormai mento non erano certo finite. Ed Knows, una meraviglia di flauti, una band vera e propria, guidata da

sentirea scoltare 17 un boss gentile e ispirato, deciso ferenziali, segnali effimeri dal peso di culto. Vedi come quello stesso ad oscillare generoso nel solco che specifico insufficiente a puntellarsi stile felpato, indolenzito e disinvol- attraversa psichedelia folk e lusin- l’un l’altro in un discorso poeti- to plasma l’acidula pigrizia di Song ghe pop, dare un degno successore co organico, forte e appassionato For The Ending Day, l’intrigante a The Albemarle Sound non era af- come esigerebbero le intenzioni. trama Monkees di Please Don’t fare da poco. Ci vollero quasi due Così, tra riff azzeccatissimi (nella Be Long, la signorile apprensione anni per Argyle Heir (Merge, 22 kinksiana In A Certain Place) e spi- di The Last Gent oppure e soprat- maggio 2001; 6.9/10), prova digni- gliata disinvoltura vaudeville (Fires tutto la floscia arguzia dell’iniziale tosa per quanto frenetica, spia della On The Ocean, Fjords Of Winter), These Days In Flames. In questo ancor fragile costituzione del com- la proposta si consuma alla stregua quadro di sostanziale succedanei- bo impegnato a scorazzare nel re- di una intensa prova d’appello, at- tà, la calligrafia della band si rivela pertorio mnemonico con verve sca- tenta quindi più a dimostrare che comunque di buona fattura, capace pestrata. Stemperando l’impeto tra non a esprimere, salvo comunque di congetture soul soffici e scre- coaguli chamber-psych (The Glass alzare la posta col folk ammaliante anzate come uno Style Council Pane) e festaiolo tex-mex (Words e vorticoso di Catherine Elizabeth sedato Scott Walker (Choking On Hang In The Air), bazzicando rum- (tipo i Fairport più bizzarri immi- Air), oppure suggestive e sincopa- ba errebì flemmatica e imprendibile schiati Stereolab) e quella Perfect te come NY-San Anton, sorta di fio- come uno Scott Walker in un sogno For Shattering che tra effervescen- re sbocciato nel giardino di confine argentato Clientele (Wooden Bars), ze e malinconia inventa più o meno tra Elvis Costello e Steely Dan. farcendo di crema jangle un soffice tutto il Lekman più vivace. Per non dire del Gram Parsons via folk quasi Jayhawks (Echoes), op- Fu come un’inconsapevole - o for- Mama’s And Papa’s di A Burial At pure mischiando il piglio soul d’un se, chissà, compiacente - dichiara- Sea, dei Mojave 3 a braccetto co- Jim Morrison tra svolazzi Mama’s zione di aurea mediocritas, il rifiu- gli Apples In Stereo di The Places And Papa’s (Nico Norte), per poi to della velleità, del lanciarsi oltre You’ll Call Home (cantata da una macerare frutti post-moderni Mer- l’ostacolo che pure talvolta ha fatto intrigante Sasha Bell) e dello Scott cury Rev in ruspante emulsione grandi certe situazioni rock. Gary Walker sull’arcobaleno pop Bacha- Magnetic Fields (The Reclusive Olson sembrava accontentarsi del- rach/Calexico di In December. Hero). I violini e le trombe, organi la fama di inappuntabile mestie- Si avverte la mancanza dell’intui- tiepidi e tastierine vetrose, sguar- rante del pop-rock, capace al più di zione sbalorditiva, ma c’è il fondato di abbacinati e respiri orchestrali, brividoso entertainement, di croo- sospetto che non sia stata neppure tutto quel che occorre insomma ning appena screziato d’inquietudi- ricercata. Siamo difatti al cospetto per dare fiato e sostanza al festo- ne. Casomai, ci pensò il successivo di un lavoro levigato, che non di- so gioco di rifrazioni passatiste, al The Ladybug Transistor (Merge, fetta di una certa ispirazione, con frullato di argute bizzarrie folk cor- 7 ottobre 2003; 6.6/10) a ribadire poche cadute - l’esausta Gospel, il roborate dall’estetica elettrizzante la questione. Non fosse che per velluto country rock tutto sommato di una modernità che riscopre at- la smaccata attitudine Lambchop, prevedibile di 3 Equals Wild - bi- tualizzando. Qualcosa, va detto, si così evidente da far ipotizzare lanciate dalla cura meticolosa con perde lungo il processo alchemico. una più o meno diretta filiazione cui certi brani tutt’altro che geniali Si appiattisce nel gioco illusorio, dall’ottimo Is A Woman, l’album si vestono degli abiti migliori, tipo perché forse i parametri sono trop- che nel 2002 guadagnò a Kurt Wa- quella Hangin’ On The Line che pi da controllare, gli umori e i tim- gner e soci apprezzamenti inauditi, scioglie dolcezza e brio al modo bri innescano vortici brevi autore- sdoganandoli dallo status di band dei migliori Belle And Sebastian,

18 sentirea scoltare oppure una Splendor In The Grass minimale e un impennarsi struggen- Self, 5 giugno 2007; 6.5/10) - re- che fa impattare Byrds e Small Fa- te, centellinando dettagli con impe- censione sul #35 - può essere let- ces nel diorama onirico allestito to misurato, stemperando impeto e to come una definitiva conferma. da slide e organo. Un disco quindi amarezza col consueto mestiere. Il combo vi appare ormai aperto a senz’altro apprezzabile, col difetto La presenza di Jens Lekman ai molteplici interventi e contributi (ol- non secondario di una flemma ec- cori della title track potrebbe esse- tre a Lekman, gli altrettanto affini cessiva, all’inseguimento di modelli re letta come un’emblematica chiu- Clientele, Architecture in Helsin- palpitanti ma impalpabili, forse fin sura del cerchio, un passaggio di ki e Aislers Set), capace di meta- troppo idealizzati. Tanto che rischia testimone, il doveroso omaggio di bolizzare le defezioni e persino le di sembrare un discreto soprammo- un quasi-discepolo ad un quasi-ma- tragedie (Sasha Bell abbandona, bile, un piacevole lenitivo contro il estro che ha avuto senz’altro il me- San Fadyle muore stroncato da logorio della vita moderna. rito di arrivare prima sulla scena. un attacco d’asma, i due vengono Ebbene, che fosse voluto o meno, Lekman, appunto, può essere rimpiazzati da Kyle Forester e Ben quella sembrò e sembra la dimen- preso quale pietra di paragone il- Crum, entrambi dei Great Lakes). sione congeniale per i Ladybug luminante. In un certo senso, lo La scrittura è buona senza partico- Transistor. Come biasimarli? Non si svedese appare libero dall’ansia lari picchi, sembra pervasa da una può rimproverare a Olson di voler di appartenere ai codici espressi- leggerezza dimessa e fragrante, essere se stesso, non di più e se vi che si è scelto, quasi che essi forse il sollievo della maturità. Nel possibile non di meno. Musicista dai stessi avessero scelto lui. Lo senti complesso è una prova non eccel- buoni mezzi, innamorato di quanto nelle sue canzoni, così abili a far- sa, ma - nei termini che abbiamo aleggiava in ambito pop-soul-folk- si largo tra le soavi recrudescenze delineato - inappuntabile. rock tra i sessanta e i settanta, epi- del cuore e tra gli zampilli aciduli I Ladybug Transistor sono una bot- goni compresi. Non è certo un caso dell’allegria. Gary invece, che pure tega disinvolta, appassionata, affi- la sua partecipazione fattiva all’ul- possiede una penna altrettanto dabile e affabile. Che si è rasse- timo lavoro di Kevin Ayers, il peral- capace, sembra muoversi circo- gnata ad essere quel che può. Una tro non eccelso The Unfairground spetto, attento a non calpestare le di quelle realtà che tu chiamale se (Tuition Records, settembre 2007). tracce sbagliate, a fare le scelte vuoi minori, roba che fa sempre Così è, se ci pare. Quanto al futu- giuste. Lo assillano i dolci fanta- comodo tenersi tra le passioni di ro, non dovrebbe riservare ulteriori smi del passato e le lusinghe del scorta. Pensate ai Mountain Goats, sorprese, come ribadiscono le ul- presente, in una giostra febbrile di agli Elf Power, a parecchi di quel- time prove. Prima l’EP Here Co- fascinazioni instabili. Alla fine, Ol- li sopraccitati che idealmente o fi- mes The Rain (Green Ufos / Mer- son si accontenta di girarci/girarsi sicamente si sono trovati a fianco ge, dicembre 2006; 6.8/10) con le attorno. Forse per timore di quello della combriccola di Olson, a con- sue quattro cover firmate da Ayers, che può o può non trovare. dividere la morbida mutevolezza di John Cale, Trader Horne e dai Grin In questo senso, il sesto opus quelle ossessioni. Volendo, possia- di Nils Lofgren, tutto un rapimento Can’t Wait Another Day (Merge / mo farceli bastare.

DISCOGRAFIA Marlborough Farms The Ladybug Transistors (Park’n’Ride, 1995) (Merge, 2003)

Beverley Atonale (Merge, 1997) Here Comes The Rain EP (Green Ufos / Merge, 2006) The Albemarle Sound (Merge, 1999)

Argyle Heir Can’t Wait Another Day (Merge, 2001) (Merge, 2007)

sentirea scoltare 19 Sightings la visione del rumore dal di dentro di Gaspare Caliri

Al rumore può non esserci mai fine, ma di sicuro c’è una storia dietro. Affrontiamo, indifesi e senza tappi per le orecchie, la baraonda rumorista dei Sightings, formazione chitarra-basso-batteria newyorkese, giunta, dopo quasi un doppio lustro di attività, al sesto album. Sotto la concisione delle loro parole e la produttività della loro musica, scopriamo come fare raffinate elucubrazioni all’interno di una segheria.

Tre ventenni a New York che alimenta una scena – la fan- già detto (recensione sul #37), in Al rumore non c’è mai fine, ma può tomatica scena noise newyorkese Through The Panama diventerà esserci un inizio e una continua- dei primi Duemila – basterebbe la ancor più evidente. Il rumore dei zione, prima che sfumi via nell’in- loro presenza massiva; ma sono i Sightings sembra quasi descritti- distinto. Il primo avvistamento dei tre protagonisti a capire, per primi, vo, non vuole distruggere ma av- Sightings può essere ricondotto al che i riff utilizzati sono banali, che volgere nella distruzione. Tutte passaggio di millennio, ma già da il rumore copre delle insufficienze, queste chiacchiere valgono per il qualche anno prima – per la pre- che suonare insieme per andare 7” untitled del 2000 (uscito per la cisione dall’inizio del 1997 – un verso un altrove vicinissimo è un Freedom From), per la cassetta chitarrista di Brooklyn, Mark Mor- obiettivo che trascende un mood Live dell’anno dopo (per la Spite gan, e un batterista, Jonathan Lo- cittadino. Semmai, la scena noise statunitense), ma soprattutto per ckie, si divertono a suonare delle si sposterà in conseguenza alle l’esordio ufficiale del trio, già frut- jam insieme. Gli esiti sono ancora loro decisioni. to di uno spessore che, appunto, ingenui, il sacro fuoco del rumore Mark decide di utilizzare la sua più che di appartenenti a una sce- concede loro solo il fumo; poco voce – un lamento direttamente na si confà a chi una scena la crea importa, perché ciò che è cogente preso da un incrocio tra harsh-noi- o la ricrea, la rivitalizza. Sightings è semmai trovare un bassista che se e No-Wave – come defibrillatore (Load, 2002; 7.0/10) è proprio que- porti a compimento la configurazio- studiato del loro rumorismo, come sto: un masso lanciato dal caval- ne che hanno in mente. Per trovar- tramite tra un’esplosione senza di- cavia su un’autostrada già piena lo, attaccano qualche volantino nei rezione e una cascata cacofonica di altri massi, che risultano, dopo negozi di dischi di New York City. – ma ragionata - verso una formu- l’impatto, polverizzati. Certo, è successo anche a molti di la. Nel frattempo il gruppo fabbri- Come spesso accade, ciò che più noi, ma di fatto nel loro caso ha ca due cdr che non vedranno mai sorprende è la liberazione ance- funzionato; è il gennaio del 1999 l’uscita ufficiale; nella seconda strale – e quindi quasi primordiale quando nascono ufficialmente i traccia del primo (ovviamente sen- – di una stratificazione di rumore Sightings, qualche mese dopo aver za titolo) è proprio la parte vocale così complessa. Cuckoo è un ga- conosciuto Richard Hoffman e il a definire un andamento al mostro, loppo primitivista su un appaloo- suo basso, cioè dopo aver scoper- ma non c’è solo quello; una rifles- sa fatto di MDMA; Two Thoughts to in lui il terzo angolo del trian- sione diventa piano piano lampan- è l’estrema sintesi della solita golo. te, e li accompagnerà fino alle ulti- European Song dei VU, al massi- Un’altra differenza con il nostro me realizzazioni; la debosciatezza mo delle sue conseguenze; in Don mondo è che nel giro di qualche del frastuono e la tabula rasa della West la chitarra sembra un forno mese il trio riesce a esibirsi in melodia ricordano, più che riferi- ustionante che continuiamo a toc- qualche locale, producendo gli av- menti strettamente interni al rock care non curandoci delle ustioni; vistamenti di cui sopra. È evidente – almeno nella tradizione del clas- il gioco è insomma già quello che fin da subito che la gravitazione sico trio chitarra-basso-batteria – renderà famosi – o meglio, ciò per dei Sightings avviene attorno alla la deriva disumana – ma umana, cui sono spesso citati da chi li co- trasposizione del concetto di caos come un reportage spaventoso – nosce – e cioè la dissimulazione in musica, anzi alla produzione dei Throbbing Gristle degli inizi, della strumentazione utilizzata, senza mediazione intellettuale di quando veramente nulla era con- la più classica come abbiamo già un “caosmo” di impatto folgoran- cesso all’ indulgenza musicale. detto, ma la più stravolta, al conto te, ma debole se sezionato in sede Come Genesis e soci, urge creare dell’ascolto. d’analisi. con l’impatto sonoro deflagrante In realtà la struttura ritmica di Frega nulla di tutto ciò? Se si trat- un ambiente d’insieme – questo, molte canzoni fa pensare a una tasse semplicemente di un gruppo lo diciamo subito ma l’abbiamo corsa impervia ma affrontata con

20 sentirea scoltare mezzi mostruosi. Il valore ritmico lo spioncino i Liars di This Dust tronica, che filtra con distorsioni degli strumenti sta sopra, anche Makes That Mud, così come i Wolf ed effetti che lo avvicinano a un nelle cadenze più lente, al loro Eyes e i Boredoms – ma il japa- chitarrista. La dissimulazione si dimensionamento fatto dai feed- noise è accostamento possibile per complica. Anna Mae Wong è una back. E siamo solo al primo ca- molta produzione dei Sightings. liberazione che non finisce più, di Gaspare Caliri pitolo, per il quale Adam Strohm, I Feel Like A Porche, c h e p u r e anzi, che non avviene mai; è come della rivista Fake Jazz, dice – con compariva nell’esordio, viene ri- nel videogame Doom, la chitarra una felice espressione – essere presa e dilatata in una tensione spara e la batteria segna i momenti fatto di “two parts brawn and one ancora maggiore; del resto, come in cui il personaggio si muove, con part brain” (due terzi muscoli, un dice lo stesso Mark, “l e c a n z o n i costante – anzi, crescente – timore terzo cervello). generalmente vengono fuori dal- che la fine si avvicini. Bishops è la le nostre jam nella saletta prove” techno-detroit del noise; entra in Strumenti pesanti non (ascoltate la batteria della splen- testa e crea squilibri al cervelletto identificati dida Guilty Of Wrecking e a v r e t e che qualcuno chiamerebbe passi di Il 2002 non vede solo l’esordio dei una sensazione di aggiornamento danza. È tempo di pensare a uno Nostri, ma anche la loro seconda all’harsch della “New Thing” free- spazio più adatto di una piccola uscita (oltre che un altro inter- jazz newyorkese); il che ci porta sala prove. mezzo live, anche quello uscito a una precisazione: i Sightings solo come cdr, Live at Free 103.9 non hanno ancora uno studio, ma Fuori dalla sala, la FM). Si chiama Michigan Haters dovranno aspettare il magnificato concisione. Dentro lo (Psych-O-Path, 2002; 7.0/10) e ha Arrived In Gold per averne uno; studio, la rivelazione una chitarra che chiama a rappor- i risultati si vedranno. Per ora è Urge ora una piccola pausa, un to due personaggi illustri, vale a quasi un bene, che i tre suonino excursus dal baccanale, un breve dire Sumner Crane, che triturava e registrino in uno spazio angu- e meritato riposo per i nostri lobi la sei corde nei Mars. L’inviluppo sto (e ingiusto); dà ulteriore clau- vibranti. Chiediamoci cosa direb- di feedback di Brought A Grandfa- strofobia all’insieme, crea river- bero i Sightings se gli chiedes- ther Clock si interrompe solo per beri che miscelano ancora di più simo di parlare di una supposta staffilate che ricordano la seconda gli strumenti, eliminando la que- scena rumorista di NYC. Direbbe- produzione del gruppo di Cunning- stione del leader; fanno intridere ro forse che non sanno a cosa vi ham e Crane, quella dopo No New le pareti della forza del male, le riferite di preciso, e, comunque, York, per intenderci. Scavando an- abbigliano di distruzione prima di che loro non si sentono parte di cora nel possibile passato di tan- fermarsi e riflettere. una scena noise di qualsiasi tipo to frastuono, Cargo Embargo (di In ogni caso, nel 2003 arriva Ab- o provenienza. Spostando la foca- poco più di un minuto) sembra pro- solutes (Load; 6.8/10), e le cose le, minimizzerebbero sugli effetti, pendere per estreme putrescenze non cambiano granché. Anzi, forse sulla New York di oggi, della No- hardcore. La novità principale è sì, e qui sta una caratteristica im- Wave di quasi tre decenni or sono. forse proprio la variabilità dei bra- portante dei Sightings. Se la per- Di più: parlando di New York limi- ni – nella lunghezza e negli esiti, sonalità è sempre quella, sembra terebbero l’importanza di viverci che da questo disco sarà sempre maggiorata l’attenzione ai partico- nel disagio di subire un costo del- più stupefacente, dal momento che lari, i tempi batteristici trovano an- la vita troppo alto. Se poi gli citas- compare dentro uno strato costan- golature che li fanno assomigliare simo il motto “industrial music for te di rumore. Chili Dog sposa l’ato- sempre più a riff (Reduction) – e industrial people”, memori delle nalità chitarristica con una base vale viceversa. Un motivo c’è: Lo- invenzioni dei Throbbing Gristle, ritmica paranoica, che mostra dal- ckie suona anche la batteria elet- ci lascerebbero abbastanza atto-

sentirea scoltare 21 chi di chitarra e addirittura su un pianoforte (suonato, come esordio della loro collaborazione, proprio da Andrew W.K.); Sugar Sediment ipnotizza con un riff da scala blue del basso e poi procede – mostran- doci i suoi ultimi sospiri - al suo sacrificio; Odds On è figlia diretta ancora degli Einstürzende Neu- bauten (complice il violino di Sa- mara Lubelski dei Sonora Pine) – e suona strano che i tre non li conoscano, se davvero è così. Del resto c’è chi dice che è comune a molti filosofi statunitensi fare in- venzioni concettuali strabilianti, ignorando loro che quelle inven- zioni sono patrimonio dell’umanità da millenni. Fatto sta che i Sightings non han- no bisogno di inventare nulla, ma di abbagliare, più che con avvi- stamenti, con presenze concrete, niti ammettendo di non conoscere land. Ma le diversità sono ben più di cui non si vede l’inizio né la la musica industriale, specie quel- sostanziose delle affinità. fine. Internal Compass è l’enne- la europea. L’elemento di continuità con la simo (ma in tempi meno sospetti) Ecco, togliete il condizionale, per- produzione precedente, ma che anello di congiunzione tra i DNA ché queste domande le abbiamo qui si risolve, nel classico punto e i (penultimi) Liars; e la finale rivolte direttamente a Mark Mor- di catastrofe, in un passaggio a un lunga valchiria di Arrived In Gold, gan, il quale ci ha risposto con livello più alto, è l’analisi materica Arrived In Smoke è la definitiva qualche riga concisa. Si direbbe della percussività degli strumenti fagocitazione del mondo che sta solipsismo, come atteggiamen- tradizionali del rock. Questa vol- attorno al trio newyorkese, in pri- to. Eppure qualche amico c’è. Un ta però, checché ne dica Mark, mis di provenienza Chrome. Una esempio? I Blues Control, al- spaziano davvero in un bacino solidissima conferma che li mette tra gente materica che tratta col di musica malata molto ampio. In nuova luce e che, forse, li mette di rumore, nella fattispecie dopo One Out Of Ten una parlata simil- fronte a uno statuto diverso, che averlo comprato barattandolo col Blixa Bargeld procede, prima di ha oneri oltre che onori, specie in blues, appunto. Un altro? Andrew impazzire, su rottami fatti di toc- relazione al futuro. W.K., musicista che dopo qualche anno sarebbe diventato produttore di un EP dei Wolf Eyes e – se ave- te letto la recensione di Through The Panama il mese scorso lo sa- prete già – dell’ultima fatica (del sudore deve esserci) proprio dei Sightings, data 2007. Torniamo però a tre anni fa, alla comparsa del già menzionato Ar- rived In Gold (Load; 7.8/10). L’età dell’oro per loro sembra effettiva- mente arrivata, con lo studio, si di- ceva, ma anche con un riconosci- mento che non li relega più a una zona oscurata da Lighting Bolt, No Neck Blues Band e soprattutto Black Dice. I punti in comune con questi ultimi, a essere sinceri, pa- iono crescere, il che non potrebbe che mantenerli nell’ombra rispetto alla formazione di Bjorn Cope-

22 sentirea scoltare Oltre l’oro Facile pensare che ora Mark e soci abbiano qualche difficoltà a dare un successore ad Arrived In Gold. Oppure, molto semplicemente, si sono messi a suonare dentro il loro studio, aspettando che la loro espe- rienza e una volontà non intaccata facessero da la scrematura delle nuove jam in attesa di emer- sione dai tre flagelli. Vengono intanto segnalati in una recensione su Cleveland Scene – non si capisce bene in base a quale principio – come la band più peri- colosa d’America. A chi scrive pare invece che l’impatto di questa mu- sica serva da calmierante, se pen- sato come sfogo. Come un principio omeopatico ma preso a dosi mas- sicce; ok, in questo caso si chiama doping, ma fa lo stesso. Sono co- munque discorsi superficiali, anche se tentiamo di complicarli. Per la cronaca, abbiamo chiesto a Morgan se il rumore rende felici, alla lun- ga, ma, tristemente (per noi), non abbiamo avuto risposta. Il migliore riscontro dei Sightings è semmai la prosecuzione imperturbabile del loro fare; End Times (2006; Fuse- tron, 6.7/10) è proprio questo; anzi, rispetto ad Arrived In Gold torna qualche passo indietro; a sorpresa non accenna neanche un istante a continuare la limatura del suono che il disco dell’anno prima (sep- pure senza risultati distensivi per l’ascolto); sembra prestare meno te marziale e scosso da elettricità per l’arrivo di Through The Pana- attenzione ai particolari; produce pura), prima di lasciare spazio alle ma, cioè quel mondo nuovo dove il marasma e il fracasso forse più scelte già intraprese con Arrived non sarà poi tanto surreale sentire dirompente di tutta la loro carriera In Gold. L’ultima nudità, specie in una canzone; dove ci sarà tutto lo (The Brains You Were Born With), previsione di un lavoro di produzio- spazio che vogliamo per una The anche se non disdegna un ulteriore ne che si farà decisamente sentire. Electrician, cover di Scott Walker, mimetismo gristleiano (Carry On). L’ambiguità è parzialmente risolta scelta dal gruppo solo perché una Il movimento è doppio, la violenza dalla riflessione più ricca che ci ha bella canzone e perché capace di con cui i tre triturano i loro stru- regalato Mark Morgan: “Tutto quel- far intravedere un loro intervento menti sembra rivelare l’estrema lo che posso dire è che sebbene interessante. resistenza alla stanchezza, come ogni tanto ci sentiamo frustrati dai In quel mondo avranno luogo di quando si accelera il più possibile nostri rispettivi strumenti, tutti e tre esprimersi gli stessi riferimen- in autostrada per fare in modo che amiamo ancora le armi che abbia- ti che hanno animato, secondo la velocità ci salvi dai colpi di son- mo scelto”. la nostra lettura, tutti i dischi da no che sentiamo in arrivo… In un End Times è la definitiva dichia- Sightings a End Times, e qui sta altro verso, però, End Times può razione d’amore bellico, ma, a ben un punto notevole: saranno debiti essere letto come il canto del cigno guardare, anche la risolutiva tabu- già pagati, assimilazioni già dige- dei Sightings che furono, con la la rasa che rende possibile un’am- rite e ora ricostruite su un humus fisicalità del loro arsenale (esem- bientazione nuova, cupa, violenta, già loro. Nella musica dei Sigh- plare, efficacissimo, il trattamento ma non necessariamente puntata tings, adesso, ecco la conclusio- riservato da Hoffman al suo basso come un mitra verso qualcosa; è ne, gli avvistamenti non sono loro in All The Scams, alternativamen- il bulldozer che crea volume vuoto là, ma noi qua.

sentirea scoltare 23 3/4hadbeeneliminated sottrarsi di Nicolas Campagnari e Edoardo Bridda

Un sottrarsi che si riempie di significati. Minimi, concreti. Folk, magici, psych. Tante definizioni per un collettivo che non ama sentirsi unitario ma multiplo. Eppure un suono che emerge e scompare. Che fa paura anche dietro lo schiaffo di un calore familiare.

Un’immagine precisa può ben rappre- conseguenza per misurare assieme il più affine alla drone music e da sentare i 3/4hadbeeneliminated, passate esperienze soliste, alcune una produzione riflessiva e malin- quella della copertina del loro se- ampiamente rodate, altre in asse- conica. Composizioni le sue, ispi- condo disco A Year Of The Au- stamento costante, o meglio un tut- rate alla tradizione minimalista nel ral Gauge Operation: tenebrosa, to in costante evoluzione. senso più ampio, ovvero quella che crepuscolare, con una fitta trama parte da La Monte Young e arriva di alberi scheletriti che potrebbe In solo a Loren Mazzacane Connors. Tre sembrare una foto scattata poco Partiamo dunque da quest’ultime uscite ufficiali per lui di cui vi con- prima del tramonto, o poco dopo per conoscere meglio i personaggi sigliamo di recuperare almeno il re- l’alba, fortemente permeata da un della vicenda, dapprima, Claudio cente The Suncrows Fall And Tree clima surreale e decadente, il viso Rocchetti il più prolifico. Al suo at- (Sedimental, 2006) dove il Nostro umano che emerge ma al tempo tivo quasi una decina di uscite tra manipola chitarre e field recordings stesso si nasconde sullo sfondo. cd, cd-r, cassette e netrelease di fino ai tubi in pvc. Non è un caso Vi basterà ascoltare una traccia a cui si possono ricordare The Work se i dischi sono stati pubblicati per caso della loro produzione per tro- Called Kitano (Bar La Muerte, Sedimental, Time-Lag e Last Visi- varvi all’interno di quella coperti- 2002) e DavidLeeRoth (LongLon- ble Dog, etichette americane dedite na, impauriti da qualcosa che non gChaney, 2007), lavori caratteriz- alle odierne filiazioni e diramazioni conoscete, ma che al tempo stesso zati da collisioni poco concilianti, del drone. vi sembra familiare. nastri manipolati, giradischi e stru- Escono in questi giorni per la So- menti classici. Rocchetti sa essere Multiple-name leilmoon due dischi per il quartetto molto fisico, eppure a caratterizzar- I 3/4hadbeeneliminated sono quindi italiano diviso tra Bologna e Berli- lo al meglio è uno sguardo mutevo- una fusione di elementi individuali, no, Theology e The Religious Ex- le, mai concettualmente monolitico. stili propri, tecniche diverse, un in- perience, rispettivamente il terzo Possiede uno spirito dada dal quale sieme di caratteristiche e prospet- e quarto, che rappresentano una germogliano semi di dissacrazione, tive che se dieci anni fa, poteva sintesi importante della loro car- quello sberleffo feroce e ipercineti- rientrare nel calderone “post-rock”, riera nonché di quelle, molto più co che è poi la firma del collettivo/ termine che oggi pare quanto mai prolifiche, dei musicisti coinvolti. label Sonic Belligeranza diretto da fuorviante. Ad ogni modo, per erro- È l’occasione migliore per rivede- Riccardo Balli nel quale il musicista re e dovere giornalistico, in comu- re un percorso artistico “di nicchia” ha gravitato per un breve periodo. ne con la macroetichetta c’è sicu- ma dalla portata già internazionale. Ad ogni modo, se Rocchetti è il ramente una matrice sottrattiva che Un’analisi che si è avvalsa di una più attivo, Valerio Tricoli pare in- lungo la trasferta elettronica di tali chiacchierata con i musicisti stessi, carnare il suo opposto, almeno in sonorità di fine Novanta vede un incontrati dal vivo al festival Pho- termini di presenza discografica. ampio uso di field recordings, live norama2 che si è tenuto al Raum Tra il 2003 e il 2005 il musicista electronics, giradischi, nastri, mu- di Bologna lo scorso 9 novembre, sforna due album: Did They? Did I? sique concrete. Come è facile intu- una convergenza/ divergenza di (Bowindo, 2003) e Metaprogram- ire dalle discografie soliste, siamo parole e riflessioni che evidenzia- ming From Within The Eye Of molto oltre il classico quadrilatero no, come metafore ideali, le pe- The Storm (Bowindo, 2005), due voce-chitarre-basso-batteria, in un culiarità di qualcos’altro rispetto album dagli umori opprimenti al di piano trasversale che comunica con alla classica idea di band. Dunque sotto dei quali – mediante l’elemen- le cosiddette avanguardie, che con un territorio aperto in cui indaga- to elettroacustico – s’animano pa- le filiazioni dal celeberrimo suffis- re stile e attitudini. Un laboratorio ranoie e ancor più sotto recondite so post. Nei 3/4hadbeeneliminated musical-creativo il cui debutto ne paure. L’acqua santa pare quindi i ruoli fissi, già ampiamente deco- sembra una logica premessa, una ascriversi al nome di Stefano Pilia, struiti da band come Tortoise, Ae-

24 sentirea scoltare rial M, e Labradford, una comunanza di idee, un filo ros- sco Be Mine Tonight di Dean Ro- vengono qui a loro volta sminuzzati so, mai ovvio, che unisce l’espe- berts quando un giorno si presentò e reinventati secondo una gram- rienza collettiva a quella solista, Stefano che doveva registrare una matica differente e, se vogliamo fermo restando che le differenze ci parte di basso per quel disco. Dean essenziale. Siamo un passo in là sono e rimarranno.” quel pomeriggio non si fece vedere rispetto al jazz-rock dei primi, e an- e allora cominciammo a parlare e a cor di più rispetto ai faheyismi folk Via Fioravanti suonare. Lì nacque l’amicizia che di Grubbs e Pajo. C’è sicuramente Se abbiamo parlato di un collettivo mi portò a registrare anche il suo l’umoralità abbandonata di un Mark non convenzionale accennando a disco solista”. L’ex hardcore kid Nelson eppure senza country, il Bologna è proprio da qui che par- Claudio Rocchetti si aggiunge da lì field Recording di un Jim O’Rourke tono le vicende che porteranno ai a poco in corso d’opera. “La deno- senza però i richiami popular di un 3/4hadbeeneliminated. Siamo nei minazione 3/4hadbeeneliminated Camoufleur. primi anni Duemila, periodo in cui ancora non esisteva, era una cosa Inappropriato dunque il facile pa- il capoluogo vive la sua terminale diciamo impura”, ricorda Valerio, ragone con tante cose dei Novanta fase creativa, nonché l’ultimo ran- “si fece questo concerto per Su- e comunque se dobbiamo per for- tolo delle grandi autogestioni della perfici Sonore di Ixem, in cui suo- za trovare un corrispettivo (anche decade precedente. Ed è proprio al navamo io e Renato Rinaldi. Poi italiano, e pure bolognese, ma non Link di via Fioravanti, simbolo con- si aggiunsero Stefano, Claudio e solo), si potrebbero chiamare in traddittorio dell’Italia underground pure Andrea Belfi, anche loro pre- causa i monumentali Starfuckers dei Novanta, fiore all’occhiello di senti alla jam”. (ora Sinistri) che similmente ai tutta una scena elettronica, che i Segue il proverbiale periodo d’as- 3/4hadbeeneliminated si nutrono futuri membri del gruppo/collettivo sestamento in cui prevale la volontà del cadavere del rock per poi ri- si frequentano e approfondiscono di tenere nel gruppo i “bolognesi”, sputarlo in forma di vorticoso mag- tematiche musicali. Il centro socia- ovvero Tricoli, Pilia e Rocchetti e ma sonoro, cupo e doloroso. Eppu- le non è altro che il corrispettivo così iniziano le session del debut- re ancora una volta non parliamo della SPA Public Image, soldi a pa- to nello studio di via Paolo Costa di una deriva di loose-loose-jazz late e buchi da tutte le parti, gente (sempre a Bologna) che diventerà il coniugato a brandelli di distorsore. che ci va perché è un coffe shop crocevia di molti dischi più o meno E, ancora, non parliamo di post- e gente che va a ballare la tech- collegati con i 3/4. L’album, omoni- rock e men che meno superband no di Detroit, gente indie rock che mo, è una raccolta essenziale, mol- per Stefano Pilia, Claudio Roc- ci trova i Dirty Three e gente che to vicina alle installazioni audio che chetti e Valerio Tricoli (ai quali ci vive, suona e mangia. Valerio, dal 2003 caratterizzano il Raum, lo aggiungiamo il batterista Tony Ar- Claudio e Stefano s’incontrano in spazio gestito da Xing, frangia dis- rabito che completa il quartetto). quest’ambiente ideale playground sidente del Link per la produzione “In origine c’era l’idea di eliminare della loro musica. Non il Link af- culturale contemporanea. Parliamo la nostra produzione individuale, follato della marmaglia senza vol- di minimalismi e concretismi ma ispirandoci direttamente all’idea to, ma quello ancor più enigmatico se si volesse semplificare parlere- del multiple-name sperimentata della sua architettonica essenza: mo di kosmische musik aggiornata in ambito narrativo/letterario dal decadente, abusata prossima allo alle istanze di un’etichetta come la collettivo Wu Ming, proprio qui a smantello. Baraccone a picco dove Touch; (pensate al Rafael Toral di Bologna”, afferma Tricoli, “Siamo sguazzano squali e anime perse Violence Of Discovery And Calm mossi da un senso comune per la che di lì a poco sarà raso al suo- Of Acceptance ad esempio). E se musica,infatti ascoltando i nostri lo per farci il Comune di Bologna. questo può essere vero per pezzi dischi solisti ti accorgi come ci sia “Stavo registrando a casa mia il di- come in Getsemany Fields Under

sentirea scoltare 25 di varia lunghezza in pvc. Il CD esce un anno dopo per la Bowin- do (3/4hadbeeneliminated; 6.5/10), piccola - ma già ben avviata - eti- chetta fondata da Giuseppe Ielasi, Domenico Sciajno, Alessandro Bo- setti, Renato Rinaldi e dallo stesso Tricoli nel 2003. È stata “una scelta molto utile”, ricorda Valerio, “altri- menti nessuno ci avrebbe dato vi- sibilità. Anzi abbiamo guadagnato una certa notorietà nel settore”.

Trascendenza Il debutto arriva nelle mani della Häpna etichetta specializzata in musiche che fondono improvvisa- zioni a suoni analogici e drone mu- sic, un ideale approdo per il quar- tetto, sotto la label svedese verrà pubblicato A Year Of The Aural Gauge Operation (Häpna, 2005; 7.5/10), il primo vero album del gruppo le cui session erano tuttavia in lavorazione dal 2004. ”Nel primo disco è impossibile decretare chi suonasse cosa, c’è stata quindi una focalizzazione maggiore su quello che si suonava dal vivo. Iniziavano ad evolversi anche altri aspetti che hanno a che fare con il modo di ge- stire il palco, la drammaticità del- la performance live. Il disco nasce da session molto più ricche. L’ele- mento di base, della gran parte dei brani, è la loro struttura, ideata a partire dalle dinamiche del suono live di allora. Questo rappresenta un scarto importante che rende il tutto più visionario”. Con Year Of The Aural Gauge Operation comincia a svilupparsi una sorta di linguaggio tipico dei 3quarters con una preponderante presenza della chitarra a caratte- rizzarlo (Widower). Anche la voce di Valerio, pur avvicinabile ad uno Impossible Rain, c’è pure un’in- l’unico materiale suonato erano strumento supplementare, comincia cursione propriamente rock in Be- un paio di session improvvisate di a ritagliarsi uno spazio all’interno drock, che vede anche la prima elettronica noise riduzionista che dell’economia sonora. Inoltre lungo partecipazione alla batteria di Tony coinvolgevano me e Claudio”, af- le tracce si aprono spazi per diva- Arrabito, figura che diventerà mem- ferma Tricoli. Una piccola testimo- gazioni più “muscolari” come Mon- bro effettivo del gruppo (anche se nianza di queste session rimane key Talk che sembra quasi un incro- part-time) a cominciare dal disco in Standing Position. Quanto alle cio tra i Supersilent e i Tortoise; seguente. restanti tracce sono state perlopiù senza contare quella voce che rie- Di fatto, in questo periodo e fino al suonate in maniera indipendente: cheggia direttamente i This Heat, completamento dell’album, la band Bench/Frozen segue le minuterie dichiarata influenza del gruppo. In rimarrà un progetto da studio di re- concrete tipiche di Valerio, men- In Every Tree a Heartache troviamo gistrazione. “Il primo disco nacque tre My Smallest Ego composta da tracce di Sigur Ròs seppur afoni e praticamente nel pieno artificio, Stefano, imposta droni con tubi insolitamente afosi: “spesso ci ca-

26 sentirea scoltare pita quell’associazione, l’unico pro- Theology e The Religious Expe- non ci permettono ancora di ap- blema è che sono un gruppo che non rience testimoniano una matura- profondire un qualsiasi discorso”. conosco e che penso di non aver zione, ma anche un ampliamento Doveroso ricordare che Oren è un mai sentito”. Associazioni e simili- dello spettro di ricerca. I 3quar- vero e proprio ambasciatore del- tudini a parte questo è il disco che ters attuali si posizionano in un la causa 3quarters in Australia, fotografa i 3/4hadbeeneliminated continuum tra psichedelia scura dove i dischi del collettivo italiano in un momento di grande coesione e un folk minimal, di chiara matri- stanno andando benissimo. È una dove il sincretismo delle fonti e de- ce trascendente. Ancora spettri e probabilmente premessa. Un pos- gli stili si fonde in una sequenza di catalogazioni e non ci rimane che sibile domani. Di sicuro il quartetto tracce che solo per un vezzo di edi- accennare a un futuro che ancora partito in sordina solo cinque anni ting si trovano divise. È un gruppo non è scritto ma che una traccia fa si è rivelato una delle più inte- solido quello che emerge, capace potrebbe avere. “Finora non siamo ressanti proposte nostrane e non. di scrollarsi di dosso una pesante riusciti a organizzare delle session Se non ci credete andate a verifi- eredità di ricerca, evitando così di con Oren Ambarchi. Purtroppo la care le playlist 2006 dei redattori risultare noioso o vuoto, o la classi- mancanza di tempo e la distanza dell’autorevole The Wire. ca menata intellettualoide.

Teologia Le tappe successive passano dun- que per gli Stati Uniti: il boss della Soleilmoon (label americana che nel corso degli anni è diventata un piccolo faro per la fetta più scura e scontrosa della sperimentazione rock Lustmord, Steve Roach, Vidna Obmana, Rapoon, The Hafler Trio, :zoviet*:), sente un loro bra- no per radio (!) e contatta via mail il gruppo chiedendo loro se fosse- ro interessati a realizzare un CD e un LP per l’etichetta. Nel frattem- po, tra settembre e ottobre 2006, il gruppo intraprende un tour europeo, nel quale si esibisce in solo anche l’amico Andrea Belfi. La popolarità in Europa cresce, è l’ideale prefa- zione all’accoppiata Theology e The Religious Experience (in spa- zio recensioni). In questa sede anti- cipiamo che la questione Collettivo vs. Individualità subisce un ulteriore aggiornamento. “Il mio disco solista si sarebbe potuto chiamare Theolo- gy come quello di Stefano o di Clau- dio, è un’esperienza individuale ma anche molto collettiva”. Ci racconta Valerio. E i due dischi sono più che mai un corpus unico e maggiore co- eso. “C’è stata una volontà specifica in tal senso, il nuovo disco ha degli elementi quasi operistici per come è stato pensato e costruito e per come sono state arrangiate le parti. Ad esempio, l’arrangiamento armonico e melodico e la sua integrazione con l’arrangiamento elettroacusti- co, è stato particolarmente curato. Anche il frequente utilizzo di voci è stata una decisione estremamente consapevole”.

sentirea scoltare 27 WILCO vampisoul Musica mas caliente di Giancarlo Turra

Carrellata sulla spagnola Vampisoul, che da una decina d’anni si dedica con passione e sfrenata disposizione al divertimento alla riscoperta delle frange meno note della “black music”. In quella Spagna giovane per democrazia conquistata e spirito popolare hanno capito tutto dopo aver realizzato il valore di generi dimenticati, relegati a mere stranezze dalla critica più legata al rock tradizionale.

sentirea scoltare 29 È un mondo caliente A volte viene da benedirlo, l’arrivo sul mercato del digitale. Ricordate? Al crepuscolo degli Ot- tanta il CD prese il posto dell’amato vinile tra le vaschette dei negozi e sui nostri scaffali. Parve allora una rivoluzione definitiva, e conseguenze devastanti ne ebbe (come ne sta avendo, di gran lunga meno positive, l’era dell’mp3) Per tagliar corta una faccenda complessa e che porterebbe fuori dal seminato: la “sindrome da ristampa fre- netica” innescata per risollevare un mercato in crisi ha permesso la riscoperta di gioielli dimen- ticati, ha ridefinito panorami storici dalle evidenti ricadute sui ricorsi stilistici della musica. Generi e fenomeni sono stati messi in discussione e altri, senza il fatidico dischetto argentato, sarebbero stati implausibili o assai differenti. Lì, nell’intrica- to sottobosco di etichette specializzate (un qual- cosa tra il lavoro dell’archeologo e quello del bi- bliotecario) tantissimi sarebbero i nomi benemeriti su cui indagare, in numero pari agli sciacalli e i disonesti. Nello specifico, puntiamo qui di seguito i riflettori sulla spagnola Vampisoul, che da una decina d’anni circa si dedica con amore, passione e sfrenata disposizione al divertimento alla risco- perta delle frange meno note della “black music”, ma non solo. Etichetta esemplare, per come - in quella Spagna in netta ascesa, giovane per demo- Willie Bobo

crazia conquistata e spirito popolare - ama la vita davvero e senza compromessi. Serve una prova? Prendete il logo: la vampira che più arrapante non si può è ricavata da un modello in carne e ossa, quella Lina Romay moglie e “ispiratrice” di Jess Franco, regista spagnolo di horror erotico atti- vo nei Settanta. Un cerchio che si chiude, anzi due: la colonna sonora del suo Vampyros Lesbos fu pubblicata nella seconda metà degli anni ’90 con un discreto successo. Insomma, in quel di Madrid hanno capito tutto dopo aver realizzato il valore di generi dimenticati, relegati a mere stra- nezze dalla critica più legata al rock tradiziona- le e schiava dell’anglofilia. Ecco gli eroi del soul cui riconferire valore (Betty Davis, Ruth Brown, Johnny Adams…), affiancarsi allo sfrenato “latin bogaloo” e all’interpretazione/contaminazione di funk e soul in chiave sudamericana, blocchi di partenza per una festosa, colorata sarabanda cui partecipano Carl Tjiader col suo pop orchestrale, la solarità percussiva di Mongo Santamaria, la musa “twee” ante litteram Claudine Longet e i progenitori della militanza hip hop Last Poets, mentre Tony Allen osserva e decide di aggregar- si. Qualcuno deve pur farlo, questo lavoro, e non è affatto sporco, credeteci: c’è tanto da divertirsi. Con la certezza che chi questi dischi li pubblica, si diverta altrettanto o più dell’ascoltatore. Tony Allen Tony

30 sentirea scoltare Stile è lo stile, moda è la moda seriale si salda al contenuto in una miscela rara in In tanti, troppi si riempiono la bocca con quella pa- tempi di svilente downloading. Eh sì, perché potete rolina magica, svalutata dall’abuso: “stile”. Vero è anche scaricarveli, i dischi Vampisoul, ma ben pre- che ognuno ha il proprio (alcuni quello che si me- sto cederete all’acquisto vinti dal fascino delle note ritano…), ma se al vocabolo associate la cura per di copertina, delle grafiche capaci d’evocare intere il dettaglio e un approccio all’esistenza che si rag- epoche, del sentire unificante che abbraccia ogni gruppano attorno alla musica, allora Vampisoul è uscita. Quell’equilibrio tra antico e moderno di cui materiale per i vostri denti. Del resto, come inse- sopra emerge in modo preponderante, allorché sca- gnavano i Mods, ogni scelta estetica rappresenta vo e propagazione del verbo vanno di pari passo: in- un mezzo di comunicazione sociale, fondamentale tensa è difatti l’attività dei dj della label nell’ambito per i gruppi di aggregazione giovanile e il loro re- dei più ricettivi club d’Europa. Come dire: adoriamo ciproco riconoscersi. In questo, la label ispanica la musica “di una volta” ma teniamo le orecchie pun- mostra somiglianze con la Talkin’ Loud, sebbene tate sull’attualità. Il bisogno di gente con quest’atti- l’attitudine alla pura riscoperta abbia mantenuto il tudine lo si percepisce, assieme alla necessità di la- catalogo lontano da modernizzazioni artificiose e bel in possesso di una distinta identità che emerga sterili fotocopie dello ieri. Viceversa simile l’inte- dal mare dell’omologazione odierna. Vampirizziamo razione tra antico e moderno: ci volgiamo indietro l’anima, insomma, e meno male, perché il valore di e - con la coscienza d’essere nel terzo millennio - si certe sonorità non va dimenticato, si deve traman- riporta alla luce un meritevole passato, propagan- dare. Nel suo vasto raggio d’azione, lo sforzo porta dandone la scintillante gioia di vivere in modo ade- infatti gli spagnoli a consegnare qualcosa che abbia guato. Con agilità e la giusta dose di ironia, cioè, un sempre un senso, privo della fastidiosa sindro- senza tralasciare i singoli dettagli e setacciando me del tappabuchi; nella peggiore delle ipotesi, vi con rasserenante malinconia i “bei tempi in cui”. Lo trovate in mano gradevoli curiosità o sfizi storici, certifica l’interesse dell’etichetta verso il formato rare eccezioni in un inventario dalla media elevata del trentatre giri in vinile su cui viene in ogni caso e prossimo a raggiungere le tre cifre. Che altro ag- edito il catalogo, optando per tirature limitate e il giungere, allora se non esortarvi a mettere in casa fatidico materiale vergine da 180 grammi. Fisime quanto più catalogo potete? A prescindere dal “no- freudiane da collezionista terminale? Tutt’altro: il stro” meglio riportato qui sotto - da intendersi quale gesto è da interpretarsi alla stregua di una preziosa mera guida a un primo approccio - godrete all’infini- valutazione dell’oggetto artistico in sé, la cui natura to, o poco meno. Que viva Vampisoul! Iñigo Munster

sentirea scoltare 31 Le major, Señor

AA.VV. - Crash Of Thunder AA.VV. - Action Speaks Louder Raccolta che assembla singo- Than Words li pubblicati da etichette poco Dal 1967 al 1970 anche la SSS note ma dedite a bollenti funk raccolse sotto la sua egida un e massiccio soul come King, rhythm & blues in transito verso Federal e Deluxe. Uno scrigno lo smargiasso funk dei primordi. ricolmo di gemme, per l’esem- L’Adams implacabile di I Don’t plificazione del quale valgano Worry Myself e una Bettye La- estremi come la stradaiola Chopper 70 di Wayne Co- vette giovane ma già grande e fumigante in Do Your chran e una squillante cover di Fever di Marie Quee- Duty i nomi più noti della compagnia, spesso sorpren- nie Lyons. dente il resto.

AA.VV. - Explosivos AA.VV. - In Search Of The Favolosa cronaca del defla- Cool grante suono “bogaloo” di Spa- Un perfetto riassunto stilistico nish Harlem, con singoli pescati per la label madrilena: funk a tra le label simbolo di genere bagno nella latinità, soul canta- ed epoca (dal 1966 al 69 circa: to in spagnolo, rumbe a braccet- Fania, Tico, Cotique, Alegre). to dell’errebì e chi più ne ha ne Festa immensa e non poteva metta. Tanto lontano da “kitsch” essere altrimenti, con intrattenitori del calibro di Joe e “camp” quanto il polo dall’equatore, faccenda quali- Cuba, Eddie e Charlie Palmieri, Tito Puente… tativamente assai seria e al pari impareggiabile.

AA.VV. - Gettin’ Soulful AA.VV. - Sensacional Soul Altro compendio dei generi ma- A essere testimone in causa è neggiati dalla Vampisoul, ideale il sottotitolo di questa raccolta: punto di partenza che conquista 37 Groovy Spanish Soul & Funk e stupisce nonostante peschi Stompers 1966-1976 riempie un tra materiale edito. Da metter CD fino al limite con organetti su a un party, per far in modo succosi, ritmiche elastiche e che non venga mai levato dal chitarre sferzanti. Manca solo lettore. Vince a mani basse Wille Henderson con la l’ulteriore sostantivo “garage”, come la Woovy Groovy carnalità sbruffona esibita in Break Your Back. a firma Los Buenos s’incarica di chiarire.

AA.VV. - Gózalo! (Bugalú Johnny Adams - Heart & Soul Tropical Vol. 1 & 2) Ugola dal falsetto che più Da piegarsi le ginocchia e im- acuto non poteva essere, porre gli straordinari ai doloran- Adams resta nome di nic- ti arti inferiori. Artisti peruviani chia e misconosciuto quasi influenzati dalla musica cuba- per antonomasia. Scom- na, popolare in tutto il Sudame- parso nel 1998, era in real- rica dagli anni Trenta ed esplo- tà ottimo ed entusiasta as- sa definitivamente nei Fifties come autentico fenomeno semblatore di negritudine e stilemi country. Da socioculturale. Due ore e mezza di mambo, merengue riscoprire, rimediando così alla sfortuna che lo e bolero. bersagliò in vita.

32 sentirea scoltare Le major, Señor

Joe Bataan - Latin Funk The Last Poets - The Last Brother Poets Titolo che parla da solo, spie- Padri riconosciuti dell’hip-hop gando esaurientemente cosa militante, gli Ultimi Poeti fu- dovete attendervi. Aggiungete rono in tal modo i primi. A di- ben più d’un tocco soul (esem- mostrazione che ogni tanto il plari le riprese della mayfieldia- Vangelo ne azzecca una, tra na Gipsy Woman e del tema di nient’altro che rime e percus- Shaft) e gustate il piatto in cui spadroneggiano piccanti sioni mai protesta fu sì scarna, profonda ed efficace, spezie. Solo naturale gettarsi poi sul restante catalogo nonostante la scarsa attinenza col resto delle uscite disponibile. Vampisoul.

Willie Bobo - Do That Thing Claudine Longet - Cuddle Up Portento d’un Bobo, che fa raf- With finato sfoggio di “anima latina”. Più nota per aver sparato al ma- Ironico e ilare, si tratti di ma- rito, famoso sciatore, Claudine ritare la salsa e il mambo con fu ninfa “twee” nel solco di Nan- il soul o di sovrapporre lasci- cy Sinatra. Scontando l’assen- ve sezioni di fiati sopra tappeti za di Lee Hazlewood, si misura percussivi ipnotici, l’impatto or- con Lennon, Cohen, Brian Wil- chestrale ci conquista in ogni frangente. Chissà come son e una Cry My A River jazzy. Tra caminetto, Vecchia si dice “easy listening” in spagnolo? Romagna e gli High Llamas.

Betty Davis - This Is It! Mongo Santamaria - Mucho Sebbene quasi superato da due Mongo. Best Of Vaya ristampe recenti dei tre dischi Recordings (1973-80) che pubblicò, questo rivelatorio L’unico, autentico, inimitabile CD della prima tra le Bad Girl Re del Bongo. Qui il cubano tra- resta da consigliare. Introdus- piantato a New York ritorna alle se il marito Miles a Hendrix, e radici afro-cubane dopo gli anni soprattutto si diede a un funk della contaminazione jazz. La magmatico intinto dentro un rock hard come un orga- sfida è resistere all’indiavolata e trascinante ritmica che smo fin troppo atteso. induce uno stato di trance. Non vi riuscirà, sappiatelo.

Erma Franklin - Super Soul Aldemaro Romero Y Mona Bell Sister - La Onda Nueva En Mexico Altro titolo che non mente: in- Aldemaro Romero è popola- dovinate un po’ di chi è so- re nei ’50 con un mix di jazz, rella - maggiore, per di più, e bossa e folklore venezuelano. scomparsa nel 2002 - Erma (il Incide con la cilena Mona Bell cognome aiuterà…). Sì, esat- un disco di musica tradizionale to, e sappiate che pur distante messicana virata lounge, poi si dall’immane Aretha, era cantante dalle corde vocali fanno fotografare da rivoluzionari in copertina. Boicot- versatili, bastanti a illuminare un repertorio non sem- tato dalle offese autorità, l’album diventerà un culto. pre originalissimo. Perfetto, no?

sentirea scoltare 33 RECENSIONI

Altro

I’m Not There

DICEMBRE 34 sentirea scoltare 3EEM – Matilda (White Label, tarra per poi perdersi, in più d’una impeccabili tracce, riesce a riunire 2007) occasione, in un delirio di qualcosa al suo interno più di quarant’anni di Genere: electro-acu- che, per rendere l’idea, potremmo musica. E ciò non è poco quando stica / dub-jazz definire electro-free-jazz. il risultato finale suona così tanto Ci erano piaciuti molto ed io, per- C’è spazio e voglia per provare attuale in modo del tutto originale. sonalmente, li avevo annoverati tra anche la voce di Fabrizio Bazzoni I sette membri della band, alle pre- i migliori frutti di un 2005 musicale che, però, in Bolscevico, non si ri- se con strumentazioni più disparate sorprendentemente “italiano”. Beh, vela certo una plusvalenza rispetto (dal flauto all’organo, dal trombo- il ritorno dei piemontesi 3EEM ci a ciò che di buono riescono a fare ne al violoncello, dalla chitarra al piace ancora di più, nel suo resti- gli strumenti. Del resto, i 3EEM vibrafono, passando pure da calde tuire certezze, conferme e, al con- sono soprattutto una formazione percussioni a suoni prettamente tempo, elementi di forte novità. strumentale, che riesce a esprime- elettronici), creano un avvolgente Le certezze e le conferme sono re benissimo ciò che vuole senza ed elegante sound capace di amal- quelle che ci si aspetta di solito ricorrere alla parola. (7.4/10) gamare originalmente prog canter- dopo un buon esordio: coerenza buriano, folk psichedelico, dream- stilistica, maturità e decisione nelle Daniele Follero folk, post rock, art-rock, glitch-pop, scelte. Tutti elementi che rendono jazz rock, indie rock e chi più ne ha Matilda il logico seguito di Essen- più ne metta, con fare splendida- ce Of 3EEM. Ma c’è di più. C’è una mente e totalmente pop sulla scia maggiore tensione nelle trame, tan- di quello chitarristico dei Sessanta. to spazio lasciato all’improvvisazio- Questo è il loro più grande pregio: ne, che si impone prepotentemen- rendere leggera all’ascolto la loro te, conferendo più elasticità alla profonda ricerca artistica. Tale fa- costruzione formale, e un’eviden- cilità auditiva è data sia dalla non te intenzione di rischiare lascian- troppo invasiva, seppur molto stra- do che l’invenzione prevalga sulla tificata, componente strumenta- convenzione. Senza dimenticare le, sia dal suggestivo calore della che il nuovo lavoro è frutto della tromba onnipresente, ma soprattut- collaborazione con una nuova la- to dalle due voci cooperanti, fem- bel: questo secondo album, infatti, minile e maschile, che sussurrando a differenza del primo, pubblicato intimamente entrano inevitabilmen- dalla nostrana Small Voices, esce te sottopelle. Emblematica di ciò è per l’etichetta inglese White Label 4 Bonjour’s Parties – Pigments l’iniziale Magpie Will Peck A Hole (e sarà scaricabile in anteprima Drift Down To The Brook (Mush In My Plaster Cast, uno degli epi- su i Tunes). Elementi di novità (o Records, 4 dicembre 2007) sodi più riusciti: evoca tanto i Pram di “sviluppo progressivo”), questi, Genere: indie pop quanto gli Stereolab, i Broadcast che integrano ciò che di buono già Giovanissima e numerosa band e i Múm, culminando in un nostal- c’era. Resta un sound che attinge giapponese, i 4 Bonjour’s Parties gico finale degno delle derive emo- a più fonti, dal dub al jazz, dal trip soffiano via quel pulviscolo che zionali degli American Football hop all’ambient, ma che si arricchi- come la nebbia, fin troppo familia- (Mike Kinsella). sce di un’inedita libertà creativa. re purtroppo, molte volte ci avvolge Anche le tracce successive si muo- Non che l’attenzione per le forme facendoci smarrire in mezzo a mi- vono sugli stessi binari evocando “chiuse”, che caratterizzavano Es- riadi di inutili uscite discografiche. di volta in volta influenze più dif- sence Of 3EEM, sia stata disdegna- Ecco, questo loro esordio, Pig- ferenti (persino gli Air e i Tortoise ta. Anzi: LOEti, l’electro-marcetta ments Drift Down To The Brook, vengono chiamati in causa in Ksa- K141, la psycho folktronica di IFu- ci lascia completamente spiazzati. na), ma pur sempre accomunate dal nerali, nel loro incedere ripetitivo Rappresenta ciò che non ci sarem- tratto distintivo proprio dei Nostri, e cadenzato, richiamano le atmo- mo mai aspettati da un gruppo di mai abbandonato nel corso dell’al- sfere ipnotiche e soffici del primo Tokyo. Colpa nostra, ovviamente. bum: condire di facili e nostalgiche album. Con la differenza qui, che Mai lasciarsi assuefare dalla man- melodie la sofisticazione strumen- la materia musicale non si esauri- canza di coraggio, oggi più che mai tale sottostante. È per questo che sce nella sua struttura. Sui tappeti dilagante, evitando qualsiasi forma le canzoni dei 4 Bonjour’s Parties, sonori e le ritmiche flemmatiche di di pregiudizio, sempre. Ché la mu- come luci intermittenti natalizie, Valerio Zucca, la chitarra e il sax si sica, si sa – altrimenti non sarem- si accendono nostalgicamente ri- mettono spesso in evidenza, dando mo qua –, riserva sempre incontrol- scaldandoci in vista dell’inverno libero sfogo alle proprie pulsioni, labili e sovversive sorprese. Ora, incipiente. Questo Natale fatevi un fino a rovesciare completamente le non che il gruppo in questione ab- regalo: rinunciate a quella corsa premesse di un brano. È il caso di bia rivoluzionato il combinarsi delle consumistica prendendovi almeno Toxic Jelly Experience, che comin- sette note, niente di tutto ciò, ma il tempo necessario per ascoltare cia con un semplice arpeggio di chi- il loro debutto, composto da dieci questo album. E non sorprendete-

sentirea scoltare 35 turn it on

3/4hadbeeneliminated – Theology / The Religious Experience (So- leilmoon, novembre 2007) Genere: psych, elettroacustica, drone music Avvertenza: Theology e The Religious Experience sono dischi da ascol- tare al buio e a volume altissimo. Due dischi pensati e studiati da quattro individui, Valerio Tricoli, Stefano Pilia, Claudio Rocchetti e Tony Arrabito, che giunti a questo punto, dopo il successo di critica del precedente A Year Of The Aural Gauge Operation (Häpna, 2005), non possono più nascondersi, sono l’ensemble faro di una scena sperimentale italiana e devono farsene una ragione. Per non lasciare dubbi, loro, non solo non lasciano. Raddoppiano. Pla- smano due dischi gemelli, che in comune hanno data di nascita e mate- riale di partenza, ma spetta all’ascoltatore trovare punti di collegamento e rimandi. Theology, diviso in due lunghe suite, I Am Daughter e The Cradle, rispettivamente di trenta e venti minuti, è il primo ad essere stato concepito ma anche quello che richiesto maggior tempo di lavorazione. Appena I Am Daughter inizia si capisce subito come le atmosfere siano diventate più plumbee ed opprimenti, rispetto al disco per Häpna, sembra di essere ricatapultati nell’universo buio e tenebroso di Metaprogramming From Within The Eye Of The Storm (Bowindo, 2005), secondo parto solista di Valerio Tricoli, ma è pure evidente come la musica contenuta qui vive di punti di tensione differenti. Brandelli di canzoni immersi in un caleidoscopio di suoni scarnificati, dolorosi, sempre determinanti e essenziali. A subire l’evoluzione maggiore è la voce che spazia dal canto sacro, affine al concept religioso dei dischi, alla tenera e ammaliante espressione pop. Ci sono anche radicali accostamenti come quello tra il tenue pianoforte e la registrazioni di violenti spari, quasi a voler esemplificare tutta la poetica musicale dei 3/4hadbeeneliminated, da sempre sospesa tra melodia e rumorismo, tra bellezza e crudeltà. Si diceva di dischi gemelli, The Religious Experience rappresenta una rimodellazione, del materiale registrato per Theology. La crudezza e spigolosità di quest’ultimo si scioglie in un flusso liquido e estatico. È proprio il ritorno a certe sonorità di drone music, tipiche dell’esordio del 2004, una delle caratteristiche peculiari di The Religious Experience. Si sentono meno le fratture tra una sezione e l’altra, qui i brandelli di composizioni di Theology si fondono in un corpus sonoro più accondiscendente ma non meno angosciante. Le composizioni di entrambi i dischi sono strutturate come scatole cinesi: quando pensi di avere identificato un segmento, all’interno se ne nasconde un altro più piccolo e così via. Con Theology / The Religious Experience i 3quarters portano a piena maturazione un’idea, un concetto A questo punto, dopo la piena conferma della lucidità e visionarietà del quartetto, attendiamo che la loro vicenda prenda sempre più imprevedibili, coraggiose e affascinanti, traiettorie. (8.0/10)

Nicolas Campagnari

36 sentirea scoltare vi quando Nostalgic Was Broken To Qui, con il primo album dei Monks in poco più di un anno dal divo Bu- Pieces, zuccherosa ballata dall’in- Of The Balhill - Vincent Fribault rial. Sotto di lui legioni di vecchi cedere folk, riempirà l’etere con da Rennes, già in Prester e The re che hanno abdicato. Gli Under- comete e scie luminose multicolori: Cosmic Mandoliners, e Vincent world che provano a staccarsi dalla questa è la magia di Pigments Drift Caylet da Langogne, gia al lavoro pelle le ferite dei rave, gli Orb che Down To The Brook. (7.3/10) come V -, la dimensione si fa pub- mandano qualche richiamo distan- blica, l’ambientazione selvaggia te, ma sempre pulsante e intensis- Andrea Provinciali simo, la pazzia progressiva - anco- ra una volta Novanta - di Banco de A Man & A Guitar – Winter’s Gaia. Questa è la tendenza. Oggi Pieces (Akoustic Desease, si va di atmosfere più che di perso- a g o s t o 2 0 0 7 ) nalità. Lo scopo non è più essere e Monks Of The Balhill – Cormo- nemmeno apparire: la sfida oggi è ran Sophistry (Akoustic De- costruire spazi fisico-mentali (vedi sease, agosto 2007) anche le operazioni d’arredo di DJ Genere: folk acusti- Olive). Le compilation, quindi, se- co, experimental folk gnano la via. Come diceva Brian La risposta della Akoustic Desea- Eno: “Il musicista di domani sarà se alla slide guitar folk. E dunque: sempre di più un music-tastema- una chitarra acustica strimpellata ker”, un DJ. Si parla di gusto. Si tra quattro mura di un’abitazione parla di haute cuisine. Si parla di privata, o nel giardino dirimpetto, bordate che spiazzano. un concept-album sine flexione sul Come questa selecta. Nella miglio- tema del sentirsi a casa propria, re tradizione della serie At The una piccola opera velata di tenue ed ancestrale, perché Cormoran Controls (i precedenti volumi sono ispirazione. Un sussurrato intimi- Sophistry è musica di riti sciama- stati curati e mixati da guru come smo che rischia talvolta di apparire nici offerti a divinità pagane ormai James Holden, M.A.N.D.Y. e Clau- - e non si può che pensare ad un assenti (Le Deuxieme Cornoel, Le de Von Stroke) questo doppio CD Daniel Johnston - incomunicabilità Chant Du Dernier Cormoran, Grand ci fa vedere cosa sta succedendo ricercata ed autismo ostinato. L’uo- Cornoel): incomunicabile anch’es- nella scena electro. E come già an- mo con la chitarra è Bruno Duplant, sa, dunque, ma per ragioni diame- ticipato, il DJ è sempre di più un da Waziers, mediocre musician, big tralmente opposte a quelle sinora architetto, un creatore di spazi. I heart, come ama definirsi all’esor- incontrate. Il destinatario esiste due CD che ci presenta il france- dio su AkDe e al lavoro su un al- stavolta, almeno nell’immaginazio- se Sébastien Devaud ne sono la bum pop per Dust Wind Tales. Le ne debordante del mittente, ma è riprova. L’apertura tocca all’elettro- sue sono stralunate nenie di natu- l’Altro-da-sé (la divinità, ma anche nica classica con Instants D’Hiver ra improvvisata abbozzate al calar lo straniero: il sapore d’Oriente di di Teruggi, il suono minimal di Jen- della sera, in una stanza bagnata Sic Corp Marenc) che non rispon- nifer Cardini nella collaborazione da raggi di pallido sole, all’imbru- de perché non in grado di capire. con Shonky, la selezione sapiente nire di un freddo pomeriggio; timidi Quando la richiesta si fa insistente di personaggi storici della scena abbagli di melodia dal sapore folk diviene urlo, o rumore - la coda di electro, come Apparat (splendido il (Elsewhere) che si premurano di far Le Deuxieme Cercle -, sfrigolare di remix post-acustico di Swayzak) o addormentare bambini (Piece For corpi ed oggetti-feticcio percossi Plaid (eccellente l’IDM di OI) fanno Albert, Piece For Ali), accarezzare (Sic Corp Marenc), rantolo doloroso del primo disco un ottimo miscuglio l’attenzione dell’ascoltatore distrat- di macchine ed animali (Le Premie- di electro, mai troppo spinto, con to (Sun, But Cold In The Afternoon), re Des Cormorans). Disco difficile, una sensibilità stilosissima, come commuovere l’animo di quello as- ma dal fascino davvero inesauribi- sorto (Mother). Assorto in un disco le - mysterium tremendum et fasci- che non ha un inizio, non una fine, nans. (7.5/10) che è una raccolta di canzoni, pur non contenendone alcuna: quello Vincenzo Santarcangelo che si ascolta è solo il flusso di ricordi, di promesse e confidenze AA. VV. – Agoria At The Con- autunnali sussurrate a mezza voce trols (Resist Music / Audioglo- da un uomo – e dalla sua chitarra. b e , n o v e m b r e 2 0 0 7 ) (6.5/10) Genere: compilation mi- Discorso diverso, se si vuole spe- nimal deep-ambient culare, per l’altra - la quinta - usci- Stiamo virando sempre di più verso ta della Akoustic Desease, anche l’ambient. I segnali ci sono tutti. Il stavolta in trasferta transalpina. nuovo avamposto è stato costruito

sentirea scoltare 37 solo pochi francesi sanno fare. di Klapto e di Klein & M.B.O, la e drones dalla alte frequenze per Nella seconda parte si passa all’in- splendida progressività di Take A costruire un muro di suono che timismo dark-wave-ambient: una Chance (che peraltro compare an- raggiunge l’apice verso la fine. La Bela Lugosi’s Dead fuori tempo che nel recente Back To Mine dei seconda traccia esplora atmosfere massimo che - data la collocazione Röyksopp) o di Cerrone (con la più tendenti all’isolazionismo, pur - destabilizza e decostruisce ancora storica Supernature) e l’inevitabile non rinunciando a visionari field una volta qualsiasi ipotesi di gene- ricordo dei Kraftwerk. recordings. A tratti sembra di sen- re/mappa sonica, si prosegue con Ottanta non vuol dire solo nostalgia. tire gli Æthenor di Deep In Oce- l’oscurità sinfonica di Murcof, la In questo caso -ancora una volta, in an Sunk The Lamp Of Light (Vhf, progressività di Rore, il downtem- un 2007 diviso tra soul e retrofilia 2006).(7.0/10) po di Flying Lotus, il remix in salsa - lo sguardo al passato è testimo- Quiete, quasi assoluta, invece nella 2step del maestro Burial, il lamen- nianza di come il suono basato su Dark Night dell’americano Edward to blues di Planningtorock, l’elec- poche costanti riconoscibili (arpeg- Ruchalski, uscita precedentemen- tropop di Telepopmusic. L’eteroge- giatori in ottava, vocoder, Roland te per Foxy Digitalis e ora ristam- neità dei protagonisti non mina la beatbox) sia ancora presente e vivo pata con una nuova copertina ad coerenza interna, anzi, arricchisce dopo una generazione. Insomma, i opera di Paolo Ippoliti (Logopla- il tutto formando un caleidoscopio padri non hanno ancora finito di dire sm). Una perfetta colonna sonora ritmico di visionarietà post-scazzo la loro, anzi, in questo caso contri- per un sogno estivo, un sogno dalle Novanta. Agoria in estasi divina. buiscono alla nascita di nuovi ger- tinte fosche e tenebrose, costruito Doppio da sogno. Una delle com- mogli (vedi Alexander Robotnick attraverso i suoni prodotti dai suoi pilation dell’anno. Resist Music nel con la sua sciccosissima versione strumenti autocostruiti, ma anche gotha.(7.6/10) di Problemes D’Amour o lo stesso da pianoforti, chitarre, campane e Hell che inserisce richiami acid con field recordings. (7.0/10) Marco Braggion la sua Control). L’orizzonte sonoro Non Ethos era lo pseudonimo die- del disco è pervaso nel complesso tro il quale di celava il norvegese da una patina di french touch che Hærleif Langås, ora attivo come spopola ormai ovunque. Northhaunt, dedito ad una cupa Insomma, la tendenza passa dalla drone music intrecciata con una minimal all’electro-pop. E quello fitta dose di isolazionismo. Afe fa che sorprende è che i segnali di uscire questo Syk Asfalt dopo che questa mutazione partono proprio era circolato solo in una edizione da Berlino (sede della Gigolo): i privata a cura dell’autore. Nelle sue galletti hanno colonizzato a suon di intenzioni doveva essere una medi- paillettes e luccichii le balere krau- tazione sul tempo, sulla vacuità ur- te. Per chi non ha mai sentito nien- bana e sulle forze distruttive della te di europop è un appuntamento natura, e devo dire che la dark am- obbligatorio. Per gli altri, un mix bient che le sorregge rende bene senza sbavature. Dj Hell re Mida l’idea del concept. Su tutto i ma- del giradischi. Selecta chic per fes- gnetici ed ipnotici18 minuti di Isar. te easy e serate-da-bere. French (6.5/10) AA. VV. – Ellboy Mixed By Hell Touch now oblige.(7.0/10) Per chiudere lo split tra i canadesi. (International Dee Jay Gigolo The Infant Cycle, ovvero Jim De- Records / Audioglobe, 30 no- Marco Braggion Jong, e Uphold, ovvero Muffy St. vembre 2007) Bernard. Per The Infant Cycle un Genere: compilation euro- Cria Cuervos - Vor Feuer- lungo brano di venti minuti in cui discottanta french-touch schlünden (Afe Records, 2007) condensa varie manipolazioni di DJ Hell ritorna a parlare di anni ‘80 Edward Ruchalski – Dark e lo fa chiamando a rapporto le pie- Night (Afe Records, 2007) tre miliari dell’elettronica di quella Non Ethos – Syk As- decade così distante e così vicina. falt (Afe Records, 2007) Un mix perfetto dell’europop che The Infant Cycle/Uphold – Our Giorgio Moroder e Gino Soccio Past Present (Now Then) (Afe (qui presenti rispettivamente con Records, 2007) Chase e Remember) hanno sdoga- Genere: drone / dark ambient nato sulle piste di tutto il pianeta. Si attesta su coordinate dark am- Il remix di Patrick Cowley (una bient ed elettroacustiche il lavoro I Feel Love sempre da brivido), di Eugenio Maggi aka Cria Cuer- i vocoder catchy-pop di Digital vos. Il suo Vor Feuerschlünden Emotion (Don’t Stop), le stupende è composto da due lunghe suite: connessioni midi-808-strumentali nella prima utilizza field recordings turn it on

AA.VV. – I’m Not There O.S.T. (Sony / Columbia, 30 ottobre 2007) Genere: 21st century Dylan Solo sulla carta, ce n’è abbastanza per sbrodolarsi addosso: Sonic Youth, Stephen Malkmus, Calexico, Yo La Tengo, , Jeff Tweedy, Tom Verlaine e tanti - parecchi - altri alle prese con il canzoniere più prezioso degli ultimi quarant’anni e passa, in quello che potrebbe essere il definiti- vo tributo al Maestro, unitamente all’omonima pellicola a cui fornisce ac- compagnamento sonoro - l’ultima fatica del visionario e popadelico Todd Haynes, come minimo controversa eppure imprescindibilmente dylania- na, nel suo ritratto-mosaico scomposto a più livelli. Allo stesso modo, le trentaquattro canzoni qui raccolte presentano tanti Dylan possibili, nella medesima frammentazione e perenne trasformazione offerta dai sei diver- si personaggi del film, soltanto elevata a una potenza in(de)finita. Come dire, Dylan è anzitutto puro contenuto; l’espressione, la forma è lasciata all’artista di turno (sarà mica un caso se Mr. Zimmerman è in tutta probabilità l’autore più coverizzato da che rock è rock?). In fondo, questa è l’essenza stessa della folk music: un’eredità che si fa tradizione tramandata; in questo caso, la musica di Dylan che attra- versa i giorni nostri e si proietta oltre. A pensarci bene, questa potrebbe essere la musica più attuale che possa esserci. E comunque la si veda, I’m Not There (il disco) non è altro che una rappresentazione, in cui ad ogni protagonista si dà l’opportunità di indossare una maschera, di essere l’artefice di un inganno. A partire dallo stesso Dylan nell’eponima chiusura di I’m not There, splendido gingillo sbadatamente scivolato fuori dal sacro scrigno dei Basement Tapes (qui nella sua prima apparizione “ufficiale”): Bob, semplicemente non è qui, ed è proprio la sua presenza / non presenza che informa tutta l’opera; programmaticamente, nello stesso brano si cimentano in apertura i padrini ufficiali dell’operazione, degli ispirati e semiacustici Sonic Youth. È infatti Lee Ranaldo, insieme a Steve Shelley, uno dei maggiori artefici del disco tutto, in seno ai Million Dollar Bashers, house band da sogno che si compone inoltre di Nels Cline, Tom Verlaine, John Medeski (di fama jazzi- sta, giro di Zorn e dintorni), Smokey Hormel e Tony Garnier, bassista di Dylan stesso; ad avvalersi dei loro ser- vigi, un inedito Malkmus infervorato classic rock (impressionante Ballad Of A Thin Man), una Cat Power in pura estasi dylaniana (non poteva che dare il meglio di sé in Stuck Inside Of Mobile…, southern soul memphisiano per eccellenza), un Verlaine più oscuro e reediano che mai (Cold Irons Bound). A fare, possibilmente, ancora meglio ci sono i sempre impeccabili Yo La Tengo (riverenti ai limiti della filologia, e altrettanto emozionanti), e soprat- tutto la premiata ditta Burns&Convertino, a ricoprire di spezie e magie tex-mex le strepitose Goin’ To Acapulco (picco totale) e One More Cup Of Coffee, con rispettivamente Jim James dei My Morning Jacket e un ritrovato Roger McGuinn a contendersi il microfono. E a proposito di grandi vecchi, Richie Havens e Ramblin’ Jack Elliott sono da antologia (del blues, del folk, della musica tutta), dove invece Willie Nelson rilascia una Señor pure troppo bolsa. Note dolenti come quelle – afone – esalate da Charlotte Gainsbourg nella sua dimenticabile Just Like A Woman, mentre le partiture affidate ai soliti prezzemolini Antony & The Johnsons (Knockin’ On Heaven’s Door), Mark Lanegan e risultano perlopiù ridondanti nei loro cliché di classe. E qui chiudiamo la parentesi negativa (e la recensione), perché adesso potremmo anche continuare a soffermarci su ogni singolo nome coinvolto, il cui contributo è quasi sempre rimarcabile e nei casi migliori, personale; dato l’argomento, ci sarebbero sempre tante, troppe cose da dire. Ma non ce ne vogliate; come dice Tom Waits, “Dylan è un continente ancora inesplorato”. (8.0/10)

Antonio Puglia

sentirea scoltare 39 registrazioni fatte in passato, cer- Il tutto senza mai suonare troppo tutto. Più che convincente la forza cando di ricollocarle in un diverso banali o pretenziose ma con la con- motore dunque (quello scoppio che contesto sonoro. Mentre Uphold vinzione anzi, di avere ancora mol- non avviene mai veramente, quel si affida a sintetizzatori campioni te carte da giocare. (6.9/10) thrilling che poi è il suo bello), buo- per produrre un suono molto cine- na anche la desistenza verso licen- matografico come ben esemplifica Fabrizio Zampighi ze troppo metal à la Pelican o Isis, l’ultima traccia in cui è presente un peccato (e c’è un peccato) per la dialogo molto visionario. (6.5/10) The Austerity Program – Black mancanza di un leader come Yow al Madonna (Hydra Head / Good- cui carisma si sostituisce un cantato Nicolas Campagnari fellas, novembre 2007) (parecchio) hardcoreggiante (urla, Genere: hardcore prog metal strazi, indistinguibile timbro…). Inu- Ma che bei fiori photoshop in coper- tile dire che l’allargamento a tre sa- tina. Cosa c’entreranno con un al- rebbe auspicabile (e Yow di questi bum chiamato Black Madonna dal tempi è quasi un freelance per cui sound completamente immerso nel- sai mai i casi della vita). Rimane il la Touch’n’Go family dei Novanta? piacere muscolare della cosa. Un Fate conto di ascoltare dei Jesus piacere ricco di steroidi per giunta. Lizard con il batterista del Metalli- Take care. (6.7/10) ca. Oppure un Albini abbacinato dal Sunset Boulevard. In altre parole, gli Edoardo Bridda Austerity Program tritano gutturali attitudini post-hardcore, progressio- Bj Nilsen – The Short Night ni ritmiche stile panzer, graticole di (Touch, 23 ottobre 2007) riff tra machismo e schizzi psycho. Genere: ambient, Però (e c’è un però) a caratterizzar- field recordings Akkura – Zaún (Malintenti / Je- ne la furia ultracalcolata interviene Se tutto l’album di Bj Nilsen – il strai, novembre 2007) uno spostamento deciso verso il secondo, abbandonato il moniker G e n e r e : f o l k - r o c k metal. Meglio ancora quel metallo Hazard, a suo nome su Touch - si Ne hanno fatta di strada gli Akkura innervato di prog (leggi alla voce … esaurisse nella prevedibile sintassi dal 2003, anno della pubblicazione And Justice For All) che nelle otto ambient di Front e Finisterre, po- dell’omonimo EP d’esordio. Una car- tracce s’inserisce nella coda lunga tremmo facilmente liquidarlo come raia che è diventata quasi una sta- dell’hardcore evoluto che dai Big un lavoro scolastico di field recor- tale, tra passaggi radiofonici sempre Black portava ai Girl Against Boys dings tutto giocato sulla saturazio- più frequenti, più di duecento con- (e ai citati Lizard). Messi da parte i ne tonale e l’impatto scenico com- certi all’anno, aperture per Caparez- soliti discorsi sulla non-novità della plessivo. Un compitino svolto alla za, Teresa De Sio, Negramaro, Avion proposta, e appurato che parliamo perfezione, ma assai irretito in ste- Travel. Il tutto sempre sull’onda di di un duo basso/chitarra (Thad Ca- reotipi di genere, svolto da chi, con un folk ricercato ma al tempo stesso labrese e Justin Foley) all’esordio registrazioni d’ambiente, volumi e diretto, in cui tromboni, violoncelli, sulla lunga distanza senza un bat- riverberi ci lavora ai massimi livelli chitarre, banjo, percussioni, contrab- terista in carne e ossa (cristo è una ormai da anni. basso, mandolino, dialogano piace- drum macine quella che si sente! Poi con Pole Of Inaccessibility le volmente con una scrittura d’autore Altro che Lars Ulrich, ingenuo che cose iniziano a cambiare: se le fre- affascinata da mimetismi sonori a sono…), quel che abbiamo è un quenze dei bassi iniziano a scavare base di ritmiche in levare, vocazioni buon debutto d’amplificazioni pre- il terreno, in superficie i detriti - la danzereccie, malinconie gitane. gne di testosterone e nitro. Provette risultante di uno scavo profondo - Il qui presente Zaún non fa che che appena le tocchi BOOM! Salta sono scorie di rumore di derivazione confermare quanto già visto, rical- industriale. Il paesaggio esplorato cando in gran parte il modello del inizia a farsi meno ospitale, i suoni suo predecessore, disciplinando ul- meno pacificati: l’ambient a cui si teriormente le trame, correggendo guarda non è più quella di un Brian i possibili difetti di pronuncia, per Eno ma, semmai, quello generato undici brani che spaziano dalle co- decenni fa dalle spore più malate loriture vagamente tex-mex di Fuga dell’industrial storico. Black Light è dalla finestra del bagno alle scar- la ricerca ossessiva – a tratti per- nificazioni cubane di L’arrumba, cussiva: e viene davvero da pensa- dal valzer ubriaco di Nel quartiere re agli :zoviet*france: – di un cre- delle donnacce alle mezze luci di scendo al cui culmine sta un fascio Notte dei profumi, dallo ska acusti- di frequenze di puro rumore, la sta- co di Il ballo delle debuttanti al pop si in divenire di un mood oscuro e scanzonato di Ricamato sul divano. depresso che mal si concilia con il

40 sentirea scoltare pacificato eden artificiale ricercato spassosa a dir poco biografia sve- dai brani di pura accademica am- lata a cui vi rimandiamo su Wiki- bient. In questo senso, un brano pedia (http://en.wikipedia.org/wiki/ come il conclusivo Viking North, pur Bogdan_Raczynski). Oggi l’uomo essendo un esperimento di soun- (classe 1977) ritorna con Alright! dscape dei più classici, è sorretto e ci stupisce, e neanche poco. Un da un’inquietudine di fondo – che album videogame in delicato equi- ha la forma di rumore indistinto sot- librio tra drum’n’bass e ‘ardkore totraccia – che è ancora e sempre come non se ne sentono da anni. (e sempre dev’essere) - il pungolo Stupido e irresistibile come cer- della ricerca, anche in un ambito ta happy techno. Cartoon al cubo ormai altamente formalizzato come come soltanto certe cose jap spa- la musica d’ambiente. (6.8/10) ratutto (dal vivo suona vestito da Power Ranger fate voi il personag- Vincenzo Santarcangelo di Sudbahnhof Train). Degni di nota gio). Un album di quaranta minuti senz’altro anche gli episodi stru- che è già un classico del Tunz Tunz Black Zone Ensemble - Life mentali, palpitanti di umori world (la Bleep Breakbeat! Musica maraglia (11-8 Records / Self, 28 settem- conclusiva Mediterranea) e acidule genialoide con fuori programma bre 2007) reminiscenze jazz-rock (l’intrigante e microtrovate innovative (per in- Genere: lounge nujazz Unreality Forest). tenditori). Ma non è tanto la new Debutta per l’etichetta salentina Nulla di nuovo per chi si è già se- thing quello che ci piace del Bog- 11-8 Records il progetto Black Zone duto un milione di volte al tavolo dan, piuttosto, l’ironia che esprime, Ensemble, creatura concepita da del café con Thievery Corporation, morbida e leggera, in dialettica con Daniele Miglietta, musicista, pro- Tosca, Zero 7 e - perché no? - Eve- quella dell’Aphex tagliente-come- duttore e DJ votato al nujazz e alla rything But The Girl, ma il piglio e una-lama e di un Vibert cheesy latin house passando da chill out e le capacità messe in gioco meritano come un formaggio indiano. Chia- lounge, insomma quella roba da ca- una certa considerazione. (6.9/10) matela pure intelligenza breakbeat, mera di decompressione per cervelli questa la zampata che lo distingue stremati dalla fatica del troppo vive- Stefano Solventi dalla bassa padana degli emuli con re contemporaneo che faccio fatica il trapano, asso nella manica che ad impazzirci però non disdegno, Bogdan Raczynski - Alright! permette al polacco apolide di star- soprattutto quando sono buoni i li- (Rephlex, 19 novembre 2007) nazzare beat e effetti anche a velo- velli di cura e convinzione (la “vi- Genere: happy drill’n’bass cità ragguardevoli (120-140 bpm), sion” sonora). Come in questo caso, I fan della Rephlex sono già divisi. senza cadere nell’autoreferenzia dove appunto la compenetrazione Chi dice che si sta dando troppa lità o nel logorroico. Ridi sempre di fregole bossa, ambient, electro importanza all’etichetta e chi inve- e mai di lui (l’incedere cartoon dei e soul-jazz conduce dalle parti del ce è dal 2002 che attende il ritorno synth ultracompressi di part 3 e sollucchero inquieto, un danze- del salvatore l’ardkore (you know soprattutto quel bofonchiare che reccio virtuale che accompagna e the score). incontra il rave di part 4), oltre al blandisce ostentando una vena d’in- Bogdan Raczynsky? Chi è costui? fatto che se smetti di sghignazzare quietudine per ogni tessitura catchy, Dal suo sito, spassosissimo peral- trovi trame per la mente da non sot- arguti fraseggi di piano e tastiera tro, si capisce quel che basta: ra- tovalutare (part 7). C’è un Raczyn- (rigorosamente vintage) a ravvivare gazzo con il cappellino tutto cibo sky in ognuno di noi. E attenzione il fragrante automatismo dei groove, takeaway, sigarette, vecchi mobili alle ricette! (7.0/10) vampe di tromba (in Fire Dance) e della vetusta Britannia e laptop. La sax (sentitevi l’assolo in Exister) sua vita è tutta lì e ovviamente nel- Edoardo Bridda quali opportuni sbalzi umorali. la drum’n’bass arena nella quale Al microfono si alternano ben quat- può a buon diritto considerarsi un tro gentili vocalist: una disinvolta veterano (o un reduce di seconda Stefania Di Pietro (già con Nicola generazione). Renegade Platinum Conte), la svizzera Nathalie Claude Mega Dance Attackparty di un lu- (che sprimaccia soul nell’ambient- stro fa, nonché l’oscura/oscurata funk di Give Me A Sign), Valentina collaborazione con Bjork, lo aveva- Grande col suo agile piglio bossa no reso un personaggio più famoso (in Al Centro De Cuba e Luna Ma- di quello che avrebbe mai spera- gica) e soprattutto una Violet Sol to, uno Squarepusher stravagante che spande guizzanti ricami, eva- e tutt’altro che complessato. Poi il nescenze e turgori in ben sette silenzio, alcune ricette impossibili tracce (ragguardevole nella reverie che campeggiano tra i video e le wave-bossa che risponde al nome chat del suo spazio internet, e una

sentirea scoltare 41 Clash e Generation X (nonché Big ve sfide. Non sarà memorabile in Audio Dinamite per il primo, Sigue sé The Last Post, ma contiene una Sigue Sputnik per il secondo). Nel manciata di canzoni che sì, si fanno 21° secolo, i due hanno pensato di ricordare (la filastrocca The News perpetrare l’idea dando vita a un su tutte), e soprattutto ci ricordano progetto autarchico, basato sulla di che pasta siano fatti i loro auto- veloce realizzazione e diffusione - ri. E poi, se l’alternativa è essere il gratis, ovviamente - di brani in mp3. Johnny Rotten del 2007, lunga vita Quanto ci sia di riot in tutto ciò non ai Carbon / Silicon. (6.8/10) è nostro interesse stabilirlo; piutto- sto, di fronte al primo disco “rea- Antonio Puglia le” dei Carbon / Silicon (laddove il carbone è Jones e il silicone sono Carta – The Glass Bottom Boat i computer di James) ci preme più (Resonant, 2007)) By The End Of Tonight & Tera di ogni altra cosa tastare il polso di Genere: post-rock Melos – Complex Full Of Phan- artisti che oggidì potrebbero benis- Capita di avere tra le mani un CD. toms Split (Temporary Resi- simo passare per sopravvissuti (o, Capita di ascoltarlo velocemente dence, 6 novembre 2007) nel peggiore dei casi, mummie). Ma e di bollarlo come il solito disco di Genere: math che, invece, hanno saputo guardar- (post) post-rock. Capita di tornar- Math a go-go in questo split al- si bene in giro e diventare mentori ci su dopo qualche tempo, di dedi- bum che vede coinvolti i texani By - e parte - di quello stream che at- cargli più attenzione e di pensare The End Of Tonight e i Tera Melos traversa, dominandolo, il panorama che in fondo i suoi cinquantasette from Sacramento. I primi, quattro inglese del nuovo millennio. minuti di musica non sono poi così cazzoni da provincia americana Il riferimento non è soltanto al Mick male. A patto di riservarli a una do- mettono sul piatto la loro proter- Jones deus ex machina dei Liber- menica pomeriggio in cui si è ben via math strumentale, virandola in tines; stiamo parlando di come qui disposti verso il mondo e pieni di chiave talmente heavy da appari- il songwriting tipicamente punk buoni propositi. re più tendenti verso lidi metallo- dell’ex-Clash viene trattato con un Questo l’unico modo per apprez- si che altro. A farsi però preferire suono e una produzione in parte af- zare gli inafferrabili arpeggi di chi- sono i rari momenti di apparente fidati alle macchine, dove le chitar- tarra che regolamentano il traffico quiete come Cold Hands, quando re aspre – ma familiari – collidono rallentato di Kavan e South Circu- sembrano disegnare malevoli lan- con ritmi e basi sintetici (non synth, lar senza sbadigliare, di incame- dscapes ambient. attenzione), fra suggestioni proto- rare l’impeto stemperato di Larva Un po’ meglio il “lato b” ad appan- new wave alla Magazine e l’indie senza chiudere gli occhi nemmeno naggio dei Tera Melos, altro combo da club dei nostri giorni (niente per un’istante, di godere dei cambi dedito ad una sorta di math-noise nomi, potrebbe essere fuorvian- di umore di Simultane senza de- non originale ma nettamente più te); più una bella dose di pop Jam siderare un caffè, di appiccicarsi schizofrenico e vario rispetto ai / Kinks (The Whole Truth, War On alle morbidezze di If Not For You compari. Siamo però sempre sulle Culture). Then Not For Me senza mettersi a coordinate di quel suono abusa- Ce n’è abbastanza sia per chi vuo- programmare le prossime vacanze tissimo che partendo dalla Chica- le abbandonarsi alla nostalgia e a estive. Colpa di un’opera quasi del go del decennio scorso (diciamo certe suggestioni (Magic Suitcase tutto strumentale che, nella sua uni- Don Caballero/Cap’n’Jazz) arriva viaggia sull’asse Train In Vain; e su formità, pur rassicurando, pur riu- sino agli Hella. Tutto già esausti- Acton Zulus prima o poi t’immagini scendo a sciogliere le tensioni, pur vamente detto e sentito più volte, entri la voce di Joe Strummer), sia riempiendo qualche spazio vuoto, quindi il giudizio è: “per completi- per chi ama farsi stuzzicare da nuo- pur gratificando con la raffinatezza sti”. (6.0/10) dei suoni e delle trame, pretende da chi ascolta un senso maniaca- Stefano Pifferi le per la sfumatura e un carattere poco arrendevole. Di questi tempi, Carbon / Silicon – The Last forse, è chiedere troppo. (6.4/10) Post (Carbon Silicon Records, ottobre 2007) Fabrizio Zampighi Genere: punk, electro, pop Tutti abbiamo almeno una vaga CarterTutti – Feral Vapours Of idea su cosa volesse dire essere The Silver Ether (Conspiracy rivoluzionari - e punk - nel 1977. International, 15 ottobre 2007) Figuriamoci Mick Jones e Tony Ja- Genere: ambient, new age mes, compagni di lungo corso al- CarterTutti non è altro che la cop- dilà delle rispettive militanze in pietta dei (rinati) Throbbing Grist-

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Altro – Aspetto (La Tempesta / Goodfellas, 26 ottobre 2007) Genere: dopo-wave italiana C’eravamo quasi cascati all’inizio, e ripensandoci s’era preferito pensarla una simpatica boutade, la descrizione di quest’album fornitaci dai diretti interessati con un sardonico “shoegaze, ma col cantato punk”. Al solito, non sai con che pinze pigliarli, Altro, e questa volta sgusciano con ancor più agilità. C’è molto Settantasette “trent’anni dopo” in quell’autarchia fie- ra, nello spirito che fa sì che restino gli stessi sul palco e fuori, al punto che li potresti vedere tra il pubblico a osservarsi mentre suonano. Non gli impedisce di essere diventati grandi, però, di fargli sottoscrivere che non è così male, in fondo, quella strana faccenda chiamata maturità artisti- ca. Questo è Aspetto: undici brani che smatassano il bandolo del “terzo disco, quello definitivo” smentendo l’assunto con sottigliezza, esibendo suoni finalmente adeguati senza snaturare l’indole che da sempre accompagna i tre marchigiani. Di conseguen- za, la calligrafia sonora ha necessariamente smarrito qualcosa in immediatezza, riparando con la padronanza degli scenari new wave che furono e che sono di nuovo tra noi. Non pensate ad una mossa dettata dal conveniente opportunismo o ignoranza della storia, ché non è da loro: a questo già provvede la maggioranza della stagnante scena musicale italiana. Il linguaggio inconfondibile degli Altro, infatti, ha tuttora modo di emergere costante al di là delle influenze, che non si possono evitare ma nem- meno calpestare. Lo trovate cristallino e peculiare come la regola esige, dentro l’ugola da primi Public Image Limited in cui il gruppo si specchia spesso, volentieri e in Canzone di Andrea, Quadro A. e Passato (dove sei, Memories?) più che altrove. Non manca nelle spolverate di paranoia, stemperata da un respiro malinconico che diresti appartenuto al ribelle da cameretta (ma pure al Fiumani cinicamente acustico: l’accoppiata piovosa Smettere e Chiuso). Tuttavia, qualcosa sfugge come sempre e per fortuna, perché quale ruolo giocano la fratturata, falsamente impassibile Federico o la scheggia Gang Of Four di Ramirez? E lo shoegaze che davvero affiora dai riverberi di lontane chitarre nella cingolata Stefano, l’eco sulla voce in stile Pornography di Colpito, o la toccante 31/12, nuovo classico nel solco di Pitagora e Canzone del Gabbiano? Crescendo alla distanza, l’avvincente rompicapo quasi fornisce una chiave: era già tutto potenzialmente custo- dito dai due lavori precedenti, aspettava solo di poter emergere, ma forse ci stiamo sbagliando. Gli Altro, più che fornire risposte, paiono propensi a inventare domande da lasciarci in eredità. Al solo scopo di continuare la magia e per rispetto del loro seguito, ne siamo (abbastanza) certi. (7.7/10)

Giancarlo Turra

sentirea scoltare 43 sica, non si può non pensare alla un’alba desertica senza declinazio- musica ambientale per aeroporti di ni geografiche di sorta secondo un Brian Eno quando si ascolta Tom immaginario preso in prestito da Ku- Window; o perfino a Nico (per me- brick (2001: Odissea nello spazio), lodia e timbro) seguendo la voce prosegue come il più classico dei di Tutti in Woven Clouds. Le ultime road movie sulle note di Todd Run- tracce si aggiornano invece alla dgren (Vanishing Point) e si immer- seconda metà del decennio Novan- ge nella tipica paesaggistica da nei- ta, ridimensionando il respiro new- ghborhood americano che è perfetta age su un’inquietudine più oscura come una cartolina, ma non accetta (Black Dust). Rispuntano il dub, i diversi (Twilight Zone e tanta sci- una pulsazione (funerea, ma più fi anni ‘50). Non è più il momento vitale del resto del disco), il corno per narrare di macchine che anela- le, quella che ha messo depressione (Feral Vapours); e il disco indossa no ad avere una coscienza propria a Genesis P-Orridge quando, tanti un corpo ectoplasmatico, senza ali (HAL 9000) o che già mimetizzatesi anni fa, si è formata, ovvero Cosey o aureole, guadagnandosi la suffi- tra gli umani vorrebbero durare in Fan Tutti e Chris Carter. Ciò detto, cienza. (6.0/10) eterno (i Nexus 6 di Blade Runner). ad alcuni parrà strano che un duetto I robot dei Daft Punk sono più si- tale possa produrre un disco di mu- Gaspare Caliri mili a Robocop, hanno problemi di sica ambientale – e, per di più, che verosomiglianza e di conseguente utilizza ogni escamotage a disposi- Daft Punk - Electroma DVD accettazione sociale, ma sostan- zione per sembrare un bel disco, un (di Thomas Bangalter e Guy- album rilassante. E invece questo è, Manuel De Homem-Christo – Feral Vapours Of The Silver Ether, Francia, 2006) uscito per la Conspiracy Internatio- Se Alive 2007 è electro-dance’n’roll nal, etichetta (di Carter e Tutti, ap- per masse adoranti, Electroma si punto) nata nel 1982. interroga sulla robotica stessa dal di Nell’ultima frase c’erano però alme- dentro. Se il primo è rock da stadio no due particolari atti a far ricrede- il secondo è ambient isolazionista. re le aspettative, a ponderarle con È curioso come il DVD esca proprio la storia dei due e la profondità del a corollario dell’esperienza supero- tempo, cioè una data e il nome della mista dell’ultima tournée (peraltro label; entrambe le cose sono memori ancora non conclusa), curioso per- della separazione del trio industria- ché non sembra affatto un impaccia- le, foriera a sua volta della nascita, to cartoon su due robot che cercano dal lato genesisiano, degli Psychic di diventare umani. Piuttosto è la TV, mentre, dal lato dei piccioncini tragedia di due macchine autoco- (Chris&Cosey), di dischi di synth- scienti che fallendo nel tentativo di pop ma anche di qualche episodio diventare delle posticce caricature di elettronica rarefatta, antenata di di umani (erano felici anche così, e quella qui presente. anche funky a modo loro…) decido- So Slow The Knife ha tanto di corno no di suicidarsi in un deserto rosso (l’invenzione arrangiativa migliore di gusvansantiana memoria. Se an- zialmente anche loro si infatuano del disco, secondo chi scrive) ma cora ci fosse bisogno di verificare lo del sogno americano e vorrebbero anche voci da coro gregoriano (sin- stretto legame che intercorre tra la farne parte. Il momento del maquil- tetizzate su tastiera); forse però è moderna grammatica dei videoclip lage è quindi tutto giocato con una meglio di quando canta Cosey, che e quella classica della settima arte, virginale estasi cromatica di bianco sembra in certi frangenti (Lowlands, ecco che con Electroma abbiamo un che richiama quella di THX-1138 di che ha di interessante un basso dub case history che frulla e trasuda im- Lucas e cerca di convertire il nero interrotto) aspirare alla celestiale maginario cinematografico, ma come androide delle tute e dei caschi in ugola che campeggia in Hosianna se fosse geneticamente modificato bianco pallore carnale. Ma le ma- Mantra dei Popol Vuh (un esempio dall’estetica video. Per parafrasare schere umanoidi sono biodegrada- volutamente notorio). i Daft Punk stessi: Electroma è un bili come quelle della Maschera di In effetti l’afflato cosmico-natura- robotico videoclip che cerca in tutti Cera e di Darkman. Ai due robot lista è esattamente l’obiettivo di i modi di trasformarsi in umano ci- non resta quindi che scappare dalla C&T, peraltro già dichiarato nel nema. Vista in quest’ottica anche le città e ritirarsi a vagare nel nullifi- precedente Cabal (del 2004) e citazioni sono come un mascherarsi cante deserto senza tempo e senza ora rivangato con visione ancor per il pubblico dei festival e servono storia, già frequentato dai ragazzi più trascendentale. A proposito di per farsi accettare presso la comu- di Gerry, cui si fa riferimento anche esempi da enciclopedia della mu- nità cinefila. Il film infatti inizia in in senso prettamente cinematogra-

44 sentirea scoltare fico. Si riprendono i robot a vagare pdf n°35) non potrà che rivivere la ogni dubbio; in definitiva, l’unica senza metà nella stessa maniera di magia dello show, apprezzandone – sob – era vederli dal vivo. Un Van Sant (lenti sfocate, panorami- in dettaglio i passaggi e le chicche acquisto per fan e indispensabile che laterali, soggettive frontali). Il d’arrangiamento. A prescindere di strumento di conoscenza per dj che film termina con un suicidio rituale. mixing live, e dell’esaltante riuscita studiano dj. Anche e infine, l’arma Thomas Bangalter preme il bottone di accoppiate come Da Funk / Daf- comunicativa con il quale il duo af- dell’autodistruzione ed esplode in tendirekt o Superheroes Human ferma che non c’e né: sul loro terri- un milione di pezzi come il televiso- After All Rock’n Roll, il grande ma torio, nessun ostacolo. (7.0/10) re di Zabriskie Point. Guy-Manuel del sontuoso spettacolo è rappre- De Homem-Christo, rimasto solo, si sentato dall’assenza dell’immagi- Edoardo Bridda spoglia della sua corazza e sulle tri- ne. Pur con 50 pagine di booklet, stissime note di Jackson C. Frank si manca la mega piramide con le Daniel Higgs – Metempsychot- lascia bruciare come un Icaro di sili- icone robot a troneggiare, manca- ic Melodies (Holy Mountain / cio che ha cercato di arrivare troppo no i movimenti a tempo dei caschi, Goodfellas, 23 ottobre 2007) vicino al sole e si è scottato. il mirabolante show tele-visivo. È Genere: raga-folk Vice Records ha predisposto l’usci- un’assenza che rende l’audio gran- La saga mistica di Daniel Higgs ta del DVD nordamericano per la dguignolescamente monco e che continua. A qualche mese dal terzo fine dell’anno. In accordo col sito si fa sentire ancor di più quando, capitolo solista, il sincretico Ato- ufficiale dei Daft Punk, sarà distri- nei pochi sprazzi lasciati liberi dal mic Yggdrasil Tarot, questo quarto buito in tutti gli store inglesi il 15 groove, il pubblico è in delirio pro- atto di devozione (in cima alla mon- Ottobre 2007. prio per una sinestesia di sensi e tagna sacra) si compone ancora di non unicamente per il sound. Vien qualche pezzo di chitarristico india- Antonello Comunale da pensare che chi c’era ne sen- nume, fatto di raga e misticanze che e Edoardo Bridda tirà la mancanza; chi non c’era è non possono che chiamare a padre giusto che abbia il concerto in DVD putativo John Fahey; composizio- Daft Punk – Alive 2007 (Virgin, (che però non c’è). Come del resto, ni e mondi dove, neanche a dirlo, 19 novembre 2007) concepito come incrocio tra concer- nulla si crea e nulla si distrugge. Genere: elettrock to rock e one night eletro-house, lo L’interessante è capire se qualcosa Dopo aver parlato di una Daft ge- show è un ibrido tra la simmetria comunque possa succedere. neration che a loro deve molto se del ballo per il ballo e l’asimmetria Le tracce questa volta sono solo non tutto (PDF N°36), i Daft Punk in pubblico sotto/star sopra. L’imma- quattro – e a differenza del prece- persona mettono in chiaro chi sono gine ne è dunque un completamen- dente qui il banjo-chitarra è suona- i number one e lo fanno piazzan- to. E di fatto totalmente da ballare, to così com’è, senza filtri rumorosi do sul mercato un live particolare e quindi più funzionale a uno scopo (tranne lo pseudo-wahwah psiche- che va a bissare, a distanza di dieci spendibile anche altrove, il secondo delico di Leontocephaline Rhapso- anni, il precedente album dal vivo cd (quello bonus nella versione de- dy, che ricorda alcuni passaggi di con lo stesso nome. Alive 2007 è luxe) con un encore particolarmen- A Rainbow In A Curved Air di Terry sia il best di una folgorante carrie- te legato alle produzioni collaterali Riley), a creare un’interazione più ra, sia un abile gioco di auto-remix, (e dance appunto) di Bangtler (To- diretta tra l’intreccio narrativo e i ottenuto mediante l’uso combina- gether e Music Sounds Better with voli pindarici della mente dell’ascol- to di Ableton Live e soprattutto di You) di quasi dieci minuti. Infine, tatore, che segue, affronta le ro- Minimoog Voyager, vecchie mac- il video di Harder, Better, Faster, cambolerie delle corde, si distende chine dal suono unico con le quali Stronger (anche su YouTube, e vo- nelle volute meno tese, abbandona poter muovere leve e spingere bot- luto espressamente dal duo con un l’attenzione, la riprende, si ripren- toni. Così, in un misto d’esaltazio- missaggio di riprese di alcuni fan al de a disco finito. È tutto qui, e a chi ne rave’n’rock, il sample che dice concerto di Brooklyn) che chiarisce pensa che gli stia bene starà bene. “Television Rules The Nation” trova Riappare – come in Ancestral in risposta quello di “Around The Songs, secondo disco solista di World”, le tracce di Robot Rock dia- Daniel – la voce, solo un po’ più en- logano con quelle di Oh Yeah, quel- fatica e tagliente, in sostanza meno le della citata Around The World debitrice di una trita tradizione ri- con quelle di Harder, Better, Faster, spetto al resto dell’impianto. Sarà Stronger e così via. anche considerato un tardissimo- Chi ha assistito alla performance hippy, Higgs, ma lo sposalizio che di Bercy, ha praticamente il reso- egli celebra tra folk e raga sembra conto su disco di quest’esperienza non stancare i commensali invita- e chi, dalle nostre parti, li ha visti ti, convinti peraltro di essere a una a Torino (con una scaletta non trop- sagra delle spezie. (6.8/10) po differente – leggi anche la no- stra recensione su web, oppure il Gaspare Caliri

sentirea scoltare 45 David Thomas Broughton - la provenienza, quali che siano gli David Thomas Broughton vs. 7 interessi musicali sottesi, di una Hearts (Acuarela, 6 novembre cosa si può esser certi: se nelle 2007) note di copertina compare il nome Genere: chamber folk, improv di Paolo Messere, ci si trova da- Mini album di 5 pezzi che dura più vanti a un’opera di confine. Qual- di un CD medio (un’ora), vede la cosa di difficilmente classificabile, collaborazione dell’obliquo/ubiquo spesso in bilico tra orientamenti Broughton con il collettivo di Leeds musicali differenti, tuttavia quasi 7 Hearts. Quest’ultimi sono dediti mai risultato di un girovagare pe- a una sorta di chamber improv mi- regrino e senza senso o di idee sta a jazz, folk e contemporanea, poco strutturate. con influenze balcano-orientali a Nel caso degli avellinesi Deny, il completare la mistura. Album regi- Nostro compare nelle vesti di pro- Darren Hayman And The Sec- strato in una chiesa della loro città, duttore aggiunto, arrangiatore – ondary Modern - Self Titled come del resto era l’esordio del No- con il gruppo – e musicista, contri- (Track & Field, novembre 2007) stro, vs. 7 Hearts è un lungo fluire buendo a modellare un suono che Genere: urban folk-blues magmatico, in parte improvvisato, sa di psichedelia, post-rock, blues, Darren Hayman, qui al secondo al- accompagnato dagli archi (violini, noise, ma al tempo stesso evita di bum solista e negli ultimi dieci anni clarinetto) dell’ensemble che com- dichiarare apertamente le proprie coinvolto in una serie di formazioni prende anche un contrabbasso, e (tra cui gli Hefner poi diventati il suo dal consueto chitarrismo looopato, progetto in solitaria), in realtà lo dire- che richiama immediatamente la sti più americano che britannico. Un prima opera sulla lunga distanza suono, il suo, figlio dei Television in di Broughton, The Complete Gui- primis e del rock USA, a metà tra revi- de to Insufficience, in questo caso val byrdsiano alla Robin Hithchcock molto meno scarno per l’accompa- e R.E.M., e un incedere nervoso pro- gnamento al seguito. prio di certa new wave di filiazione Così l’opener Weight Of My Love UK (di derivazione Elvis Costello) assume le sembianze di una dram- questa volta sì anche se in misura matica ballad noir puntellata dagli minore. Questo self titled così com- archi che diventa man mano cham- posito allora colpisce per pienezza di ber folk livido, una sorta di Cave suono, sia quando rifà il verso al Tom primigenio, così come la lunga Verlaine acido (Rochelle), o al Jag- suite No Great Shaker che finisce ger più blues (Higgins Vs. Reardon, in una coda scomposta. E Fisted infatuazioni. Mascherandole grazie Nothing In The Letter) sia quando Hand si apre distendendosi in me- a un processo di rielaborazione che si distende nelle ballad ibride folk- lodia per poi richiudersi nel finale, non lascia quasi nulla al caso, a un blues (Elizabeth Duke) di derivazione preparando il terreno alla conclusi- amore per le dilatazioni sensate, a hitchcockiana (Straight Faced Tracy) va River Outlet, odissea narrativa uno stile che riesce ad uniformare i in cui la fanno da padrone assoli di e la più scarna del lotto, per voce, diversi input generando crescendo banjo, mandolino,violino, ukulele, chitarra ed effetti, mentre gli archi viscerali (Charles Bonnet Syndro- french horn, oltre ai canonici stru- qui la puntellano sottolineandone i me), viaggi interstellari (Leave Me menti. E infatti non sorprende sape- momenti più drammatici, fino al pa- High), distonie (Leaves Of Grass), re che Hayman fa parte di un super- rossismo finale. Album scuro, fa in- reminiscenze claptoniane in salsa gruppo bluegrass, anche se qua e là travedere un altro possibile percor- post-rock (Only Love To...). Il meri- non mancano lievi spruzzate di synth, so (mentre fervono numerose altre to di tutto va soprattutto a musicisti retaggio di una sua fase precedente. collaborazioni intanto) e conferma capaci e tecnicamente preparati, Le soluzioni di arrangiamento mai la vena irrequieta e paradossale che pur pagando pegno, talvolta, in banali e una scrittura effervescente insieme del musicista di Leeds. In termini di lucidità, non mancano di insieme a testi ironici (e tuttavia fata- attesa di altri progetti (7.2/10) regalare momenti di rock di sana e listi) fanno così la differenza in un di- robusta costituzione. (6.7/10) sco del genere, che altrimenti corre- Teresa Greco rebbe il rischio di rimanere ancorato Fabrizio Zampighi a un puro spirito emul. Ma il punto di Deny – Sharing Ghosts (Sea- forza di Hayman consiste soprattutto horse / Goodfellas, dicembre Donsettimo – Self Titled (Malin- nell’ essere songwriter accorto e mai 2 0 0 7 ) tenti, 2007) banale. (7.0/10) Genere: post rock-psichedelia Genere: folk Qualunque sia il nome del gruppo Cesare Basile sta facendo prose- Teresa Greco titolare del disco, qualunque sia liti. Tanto più che lo ritroviamo ora

46 sentirea scoltare turn it on

Boxcutter – Glyphic (Planet Mu Records, novembre 2007) Genere: any(thing)-step avant-ambient Se qualche giovane leva è stata sommersa dall’euforia , non man- cano i salvati. Questo secondo album di Boxcutter fa ben sperare per le sorti dell’(ormai indefinibile) any(thing)-step. Non c’è che la variazione infinita all’orizzonte. Guardando di sguincio alle sempre più lontane/vicine roots, questa è la sola ipotesi di reggae (sì, sì, proprio lui!) che ci può aspettare e che finalmente c’è. Un’azione mutante che preleva il meglio dai primi vagiti della Tempa, dalle sempreverdi produzioni Soul Jazz e dai passati prossimi dei nuovi e oscuri maestri Kode 9 e Burial, passando per la storia di tutto quello che è stato Giamaica. L’isola del mitico Studio One ritorna qui spappolata, frullata e rimastica- ta. Come nel finale di Guerre Stellari, quando all’ultimo cavaliere Jedi apparivano le visioni dei suoi predecessori, che gli davano “la forza”, Boxcutter ci va giù di viaggio onirico- temporale: Glyphic è una suite da 8 minuti che esplode sui bassi, sui vocals dubbissimi e che sfrutta un sax che gronda tutto il jazz di cui avevamo perso traccia, quell’elettricità che personaggi come Luke Vibert si permettono di (s)fottere ed elevare allo stesso tempo, Windfall è puro inno minimal dub, cose che si trovano in quei tripli cofanetti monografici della Trojan o nei più longevi album di Jah Wobble, ambiente Kingston-like in bilico tra elettronica e post-chill. Il gomitolo del grime si ingarbuglia poi nella già classica (e puro distillato 2-step) Bug Octet, per rivalutare con Rusty Break la voce, alla base anche dell’ultimo Burial. Ma se il maestro dell’East ci va di nu-soul, qui stiamo ancora sull’isola/patria felice del reggae (vedi la splendida calma degli organetti Hammond in J Dub o la nostalgia d’n’b di Foxy). Chiral è il tocco di horror e di tensione, Kaleid è now-jazz à la Squarepusher in acido grimey e Bloscid è l’omaggio ai sogni ambient di Aphex Twin. Fieldtrip conclude come solo l’Amon Tobin di fine Novanta sapeva fare, samurai della vecchia scuola Ninja Tune. Barry Linn con questo disco se ne viene fuori dall’altra parte del cilindro any-step; perché sempre di blackness stiamo parlando. Solo che qui il coniglio non è il soul, bensì il modernariato roots di classe. Ed è bello sentire che l’onda viaggia ancora, crescendo di continuo. Il primo album di ambient-step che metterà d’accordo la gene- razione del rave con quella delle camere di decompressione chill-out. Contaminazione contaminazione contami- nazione: unica sperimentazione possibile? Per ora sembra proprio di sì. Il dubstep che esce dal tunnel grime a riveder le stelle.(7.5/10)

Marco Braggion

sentirea scoltare 47 anche nelle vesti di produttore di la sigla Doveman, dopo il debutto di vifiche e inutili allo stesso tempo, pregevoli esordi discografici come due anni fa (The Acrobat) e dopo capaci di oscurare o sprigionare lu- questo Donsettimo. Per fortuna, aver suonato con Antony And The minosità, o attraversare il cielo di verrebbe da dire, dal momento che Johnsons, David Byrne e molti al- notte nell’indifferenza più totale. È per una volta non si tratta di spon- tri ancora, porta avanti la sua idea per questo che una volta ascoltato il sorizzare un giovane artista dalle di “lamp rock” o “insomnia pop”, disco, come recita Chasing Clouds dubbie capacità e in cerca di facile definizioni da lui stesso coniate, – stupendo brano già contenuto in fama, quanto di indirizzare i passi sempre facendosi accompagnare The Acrobat – vorremmo andare a di un musicista – al secolo Settimo dai suoi fidi compagni di avventu- caccia di nuvole per carpirne il se- Serradifalco, più una serie di valenti ra, tra i quali compare il nome della greto, anche se il cielo non è nostro collaboratori a dar man forte - tanto nuova promessa folk Sam Amidon. amico e quando la musica svanisce ispirato quanto atipico. Un musici- Come per il suo esordio discografi- è difficile da ricordare. Ma non im- sta rapito da un cantautorato folk co i riferimenti più evidenti restano porta. Per Doveman tutto è possibi- struggente e anoressico, insidioso gli Sparklehorse dei primi due al- le, anche resuscitare il morto con la e smaliziato, figlio di una tonnara e bum, il Mark Hollis più intimista e i mano sinistra. (7.3/10) del mare di Sicilia, del suono di una come intrisi di banda di paese e di De Andrè, della notturna elettronica. Con Doveman, Andrea Provinciali tradizione popolare italiana come però, si accede in una dimensione di passioni oltre frontiera. Stili e altra, privata e segreta, in cui per Elton Junk - Because Of Terri- input culturali che si mescolano, entrare occorre pazienza e, soprat- ble Tiger (Forears / Audioglobe, dando il la a feste di suoni eccitati tutto, predisposizione per certi sof- ottobre 2007) (Mangiacristo), intrecci di linee vo- ferti paesaggi sonori. Infatti, With Genere: wave rock My Left Hand, I Raise The Dead Siccome ho avuto la fortuna di co- risulta di non facile ascolto, tanto noscerli e apprezzarli fin dai primi è dilatata e claustrofobica l’atmo- cimenti su palco, è con una certa sfera, sorretta sempre da una sot- soddisfazione che accolgo questo tile tela di nostalgiche malinconie secondo lavoro lungo degli Elton resa ancor più tremolante da sus- Junk per i tipi della neonata eti- surri, ronzii e rumori di fondo. Ogni chetta fiorentina Forears. Dunque, brano – a parte i sette strumentali quella band che in qualche demo e cinematici posti a spartiacque tra le nel travagliato debutto Moods met- tracce – parte sempre dallo sfiorare teva sul piatto l’impeto visionario e dei tasti di un piano, al quale si ag- l’intensa determinazione di chi pos- giungono meste spazzolate, fiati in siede preziosi segreti sotto chiave sordina, banjo e chitarra claudican- e un po’ di grimaldelli per tentare ti, in una coltre di fumo jazzata in lo scasso, si presenta oggi come cui si inserisce sommessa la voce un trio dal piglio decisamente più di Bartlett. Il tutto sporcato – Mark asciutto ma l’estro intatto. cali scarnificate (Bora Bora), acce- Linkous docet – da un’elettronica C’è insomma ancora tutta intera la lerazioni indolenti in stile western di fondo dai toni spettrali (la glacia- fregola teatrale così come quella (Autosaloon), oscillazioni sincopa- le Ghost, l’indole Sigur Rós di Ten- smania d’invenzioni sonore (elet- te di ottoni e contrabbassi (Pattini der Mercies, e l’abissale imponenza triche ed elettroniche ma anche e lame), brandelli crepuscolari (Jah di Happy), in un’alternanza di timi- acustiche e finanche “artigianali”), Mah Elfnaa). dezza e precarietà, sospensione e però come compresse in una sil- Positivo il giudizio complessivo sul minimalismo. Sedici canzoni come houette più algebrica, come uno disco, con un voto finale che, con- nuvole in viaggio: colpevoli, sal- scarno guscio math-wave che rac- siderato l’otto pieno assegnato al chiude un formicolante organismo lato A e il sei e mezzo d’ufficio che arty - ghiribizzi progressive, sfran- racimola il lato B, si attesta su un giature psych, bieche circostanze generoso e strameritato (7.5/10). industrial, voltafaccia noise, sperse aciderie quasi folk - in un florilegio Fabrizio Zampighi di sconcerti sonici, tramestii per- cussivi, schiaffi vetrosi. Così, quasi di soppiatto, ci ritrovia- Doveman – With My Left Hand, mo a fare i conti coi palpiti insidio- I Raise The Dead (Brassland, 9 si di Take It che è qualcosa come o t t o b r e 2 0 0 7 ) i Radiohead strangolati da Iggy Genere: indie folk Pop, con quella Because Of Saturn Il newyorkese Thomas Bartlett, che precipita di valzer in valzer tra mente e cuore che si celano dietro quadrature hard wave tipo i dEUS

48 sentirea scoltare arresi ad un assedio Shellac, con che sprimacciate, pseudo tromba- l’ebbro caracollare Jim Morrison pseudo clarino-pseudo orchestra, tra angelici arpeggi Beatles e so- le tastierine di resina trasparente spensioni Tortoise di Sister, coi lavabili in lavastoviglie, gli azzardi tigliosi orditi June Of ‘44 tra iride- robofunk come li strattonerebbe un scenze soniche PIL di I Will Run. Beck garrulo o il Battiato sciroc- Inoltre, c’è il ghigno Stooges stiliz- cato, qualche arpeggio a rimagliare zato Gang Of Four di 100.000, una bucolici incanti tra minimalismo e Suspicion tutta glauche inquietudi- concrezioni dada, chincaglierie li- ni, il Joe Spencer tallonato Johnny quide e cromatismi ad olio Sylvian, Lydon di Gasolina, lo struggimen- sia fatta la volontà di questa alie- to Barrett di Hurry Come Along, i nazione pastello nelle canzoncine Wire via Stranglers di La Monta- argute a cura di neomelodici cyber- gnola (unico pezzo in italiano), la confidenziali, di solito piuttosto fosca malattia Nick Cave ammor- sarcastici, talora impressionisti, la- molte altre musiche, ha visto, nel bata psych di Mr. Sane… Un intri- conici, se vuoi pure struggenti. corso degli anni, svilupparsi due co ricco e stordente. Una band già E bravi, bravi davvero. (7.0/10) correnti: una radicale e progressi- matura che però sembra non poter sta che, attraverso il fondamentale fare altro che progredire, scoprire, Stefano Solventi passaggio del free jazz, ha libera- crescere. Glielo auguriamo, ce lo to totalmente l’atto improvvisativo; auguriamo. (7.2/10) Enzo Orefice – The Old Stan- e un’altra più conservatrice, quella dards (Silta Records, 2007) del revival-bop, rimasta incastra- Stefano Solventi Genere: jazz ta in un manierismo di “consumo” Quella di reinterpretare autori clas- che, rimanendo legato a stereotipi sici come Bach e Mozart in chiave di gran lunga accettati dalla socie- jazzistica non si può definire una tà, si scrolla di dosso tutti i rischi grande innovazione, soprattutto e le difficoltà della ricerca artistica da quando Keith Jarrett ne ha fat- e se ne sta comodamente relegata to una bandiera stilistica per farsi nel confortevole cantuccio dell’in- conoscere al grande pubblico. Un trattenimento. Nonostante le buone po’ meno scontata è l’operazione intenzioni, il quartetto di Orefice di Enzo Orefice di adottare temi non si scosta molto da quest’ultima “classici” come standard sui quali posizione, mantenendo immutate improvvisare, senza rimanere fede- le regole del gioco pur cambiando li alla pagina scritta. L’idea in sé è il colore delle pedine. Invece del- interessante, non c’è dubbio, anche le straclassiche Blue Moon e What se, purtroppo, il risultato non lo è Is This Thing Called Love? il piani- altrettanto. sta campano preferisce prendere a En rico en i cola - Press the Si sa, il jazz, almeno quello più modello per gli assoli le Danze Un- pul santino (Auteditori, otto- conformista, maggiormente legato gheresi di Brahms, gli Studi per bre 2007) agli stereotipi del be-bop (tema- pianoforte di Chopin, le Suite di Genere: electro/pop improvvisazione-ripresa del tema) Bach e brani famosi, ormai popular, I fratelli Enrico e Nicola Lucche- ormai interessa soltanto chi lo tratti dal repertorio classico-roman- se brillantemente si astraggono pratica, chi ricerca la raffinatezza tico, come Per Elisa di Beethoven. nell’entità sintetica En rico en i nella singola improvvisazione, chi Ma le buone idee e la bravura tec- cola. La parola frammentata anzi ama perdersi nei “discorsi” improv- nica dei musicisti non riescono ad sconnessa, sconcertata, vittima di visativi, nelle educate trasgressio- evitare di far precipitare il tutto in un’amnesia parziale anzi benedetta ni a regole da tempo superate. Da un’atmosfera sonnolenta: le solu- da una perdita di consuetudine. E questo punto di vista, sembra che zioni sono scontate, i temi lasciati il suono che segue a ruota, aleato- non siano passati che pochi anni da da parte per essere ripresi solo nel rio e toccante come certi mimetismi quando una manciata di anticonfor- finale, Schubert e Mozat che nel- giocattolo da cameretta. Ovvero, misti che si chiamavano Charlie la trasformazione perdono tutta la prenditi la tua ossessione Mou- Parker, Dizzy Gillespie, Thelo- loro carica drammatica per risco- se On Mars tascabile, riproducila nious Monk, nei lontani anni ’40 prirsi jazzisti da osteria. Tra le cose con spigliatezza irrisoria, distilla- sconvolse il jazz rovesciando com- migliori risultano, invece, gli arran- ne l’allampanata alienazione con pletamente i principi di quella che, giamenti della Sarabanda e dell’Al- le sincopi concettuali del Panella alla fine degli anni ’30, stava diven- lemanda in Sol minore di J.S. Bach. battistiano e del Battisti panellia- tando una musica iper-conformista Qui, il rispetto delle costruzioni no, accogli le melodie setose, le (la ballabilità e la compostezza). La contrappuntistiche rende più affa- pulsazioni profonde, le microritmi- storia del jazz, così come quella di scinante l’atto dell’improvvisazione

sentirea scoltare 49 e lascia più libertà alle strutture. I suonate dal padrone di casa, le Fabio Orsi – Find quattro musicisti firmano soltanto chitarre di Ken Nicol (già Steeleye (A Silent Place / Audioglobe, dei brevi interludi solistici che, in- Span) e Kevin Trainor (della Jono ottobre 2007) casellati tra i brani, completano un Manson Band), gli archi (a cura di Fabio Orsi/Gianluca Becuzzi lavoro discreto, forse troppo, che, Joe Brughton - già Albion Band - e – Wildflowers Under The Sofa in punta di piedi, tra un ascolto e della brava Giulia Nuti) e la sezione (Last Visible Dog, ottobre l’altro, se ne va indisturbato verso ritmica degli emergenti Underfloor, 2 0 0 7 ) il suo destino. (5.8/10) si mettono a scomodare il brio caldo Genere: ambient, drone di un Mellencamp in fregola Traffic Stavolta ad accoglierti è una stan- Daniele Follero (Blackpool Babylon), o la polvere di za fredda. Nessuna voce, nessuna stelle di un Alex Chilton cameristi- traccia umana, all’interno. Un dro- co (Lost Hollywood), oppure la fie- ne algido e cedevole si introduce rezza errebì di un Randy Newmann da una finestra lasciata inavver- via Warren Zevon (It’s Tomorrow), titamente aperta, come fosse una quando non addirittura certi vaghi slavina di suono. Richiusa, conti- aromi Wyatt tra visioni broadwa- nua ad insinuarsi uno spiffero di yane (Endless Flight). La voce di melodia in sottofondo, e detriti di De Pascale è tigliosa e asprigna, rumore tambureggiano sul vetro, e ma come si dice getta il cuore oltre quel vento che continua ad ululare l’ostacolo finendo col rivelarsi ade- minaccioso ma innocuo (Part 1). guata a canzoni che hanno il non di- Rumori di uno strumento sposta- sdicevole merito d’essere più grandi to, per sedervi di fronte. Un pia- di lei. (7.0/10) no indovina una melodia, si inizia ad avvertire calore nella stanza. Stefano Solventi Pur sempre sintetico, è vero, ma Ernesto De Pascale - Morning calore. Poi un arpeggio di chitar- Manic Music (Il Popolo del Ewan Pearson - Piece Work ra reiterato sdoppiato intrecciato. Blues / Materiali Sonori, 5 ot- (!K7, 27 settembre 2007) Come a difendersi dal muro di suo- tobre 2007) Genere: elettronica no che spaventa incombendo. Poi Genere: rock blues Piece Work è una doppia raccolta ancora tastiera, quasi rileyana, e Debutto in solitario per Ernesto De che cerca di ordinare e selezionare melodia, tanta melodia. E calore. Pascale, decano della stampa mu- il meglio della sterminata quantità di (Part 2) Il vento che si allontana, sicale italiana nonché musicista dai remix di Ewan Pearson, dj e produt- e guardarlo dirigersi altrove dai trascorsi tutt’altro che irrilevanti (già tore conosciuto anche come Maas vetri della finestra ormai chiusa. leader dei fiorentini Lightshine, per le uscite su a cavallo del Un drone, ancora un drone, ma ha lavorato negli anni con Litfiba, millennio. Scorrendo i nomi presenti in dissolvenza, come un miraggio Assalti Frontali, Elliott Sharp, Dr nella tracklist è già chiara la duttilità che stenta a voler scomparire, te- John e Solomon Burke tra gli altri). del produttore britannico, vent’anni nace Fata Morgana dura a morire. È un lavoro piacevolmente, genero- di storia della musica filtrati attra- (Part 3). Trova l’elettronica, qui. samente votato a mettere in scena verso l’ottica Pearson, dai Depeche (7.5/10) una passione/attitudine matura e ra- Mode ai Fields, dai Pet Shop Boys Fabio Orsi e Gianluca Becuzzi dicata, tuttavia ancora capace di un ai Chemical Brothers, di cui vie- completano la loro trilogia, anche entusiasmo da absolute beginner. ne ripresa la visionaria The Golden se di trilogia propriamente detta Come un sogno rock blues fanciullo Path con Wayne Coyne alla voce. E non si dovrebbe più parlare, dal lasciato a maturare nel cassetto per l’ascolto non fa che confermare che momento che i due sembrano in- anni, quindi fatto trapelare un poco ci troviamo di fronte a un professio- tenzionati a far uscire ancora altre alla volta, nelle prime ore del mat- nista del remix. release con la firma di entrambi tino quando scrivere canzoni è un Capace di prendere un brano e di po’ come mormorare all’orecchio del stravolgerlo fino al mimetismo, come mondo, o tirare per la giacca cer- capita con il Glass Half Empty(!) Re- te reminiscenze d’un tempo che fu mix di 49 Percent dei Röyksopp, o sì glorioso, tipo una Grace Slick a con la destrutturazione di Outsiders Woodstock in un’alba mitologica del dei Franz Ferdinand, quanto di ca- ‘69, con tutto ciò che questo può an- muffarlo senza infierire come con I cora significare. Need Your Love dei Rapture a cui, Nove tracce in cerca di sbrigliata e attraverso pochi essenziali inserti di struggente intensità, arrangiate sen- fiati, donata una nuova rispettabilità za risparmio ma anche senza boria, disco. (6.5/10) dove le tastiere (hammond, mini moog, mellotron, piano elettrico…) Paolo Grava

50 sentirea scoltare turn it on

Burial – Untrue ( / Goodfellas, novembre 2007) Genere: urban soulstep nu-ambient Già lo si era intuito dall’omonimo album dell’anno scorso: Burial si distin- gueva dalla congrega del grime/dubstep per l’uso innovativo delle voci. La parola cantata insieme allo sprawl londinese risultava elemento di ec- cellenza rispetto alla pletora di DJ della scena; e lui, anche se conscio di questa sua trasversalità, è sempre stato nascosto, per un anno ha atteso in silenzio. Il silenzio di chi medita. Untrue, come dichiarato dal boss della Hyperdub è hyper-soul, ma non quel soul che circola nelle piste (infarcito di r’n’b e effetti speciali), piuttosto la sua versione subliminale – del dopo Generation E -, quella che indaga nel subconscio del Raver, il portale su una città d’anime senza volto che cercano un riscatto senza nome nel dedalo urbano. L’attenzione e la cifra stilistica si concentrano sul timbro, filtri e trattamenti per le voci, un make-up bianchissimo che conserva un pallore e un calore unici. Sotto/assieme l’ossatura ritmica, appena un frastaglio 2-step, tutt’al più speed-garage sotto provetta. Un tech spogliato d’ogni cinesi chimicamente indotta. La metafora è più il si- stema endocrino che l’esoscheletro. Infine l’atmosfera: il colore della notte dipinto d’archi. Archi in echi eterni. L’oscurità che si fa wave, come a dire la sporcizia perfetta delle puntine sul piatto (Archangel), la breakbeat meditation (Near Dark), pseudo droni e malinconie underground (Ghost Hardware). È un disco che è un tutt’uno Untrue, un concept che mescola lamenti e ambienti urbani come dei Boards of Canada (la perfezione dell’intrec- cio in Endorphin o la bellissima tensione irrisolta di In McDonalds) in combutta con i Massive Attack (Shell of Light) alla fine del corridoio morrisoniano. La sua città d’elezione è Bristol, città dove tutto torna dopo la sbornia drum’n’bass (vedi il minimalismo di Raver), un lasso di tempo che sembra una vita fa ed è ora. È un po’ come per l’Endtroducing di Dj Shadow, Burial conia sull’onda grime un nuovo paesaggio, e proprio come Davis nel 1996 faceva con l’hip hop, anch’egli converte oggi il ritmo e lo spazio in un’oscura odissea nu- ambient urbana. La completa riuscita dell’album è racchiusa in questa frase e in metafore come il fuoco dell’ani- ma che brucia lentamente. Una brace eterna tra underground hell e un black paradise senza classi né stratifica- zioni sociali. Già, il riscatto impossibile della Britannia di sempre. Il motore d’ogni rivoluzione musicale made in UK. Soulstep is the new limbo.(7.1/10)

Marco Braggion

sentirea scoltare 51 (mentre scrivo avvisto infatti un Francesco Camattini - Fine del- altro dischetto nuovo su Foxglo- la storia (Radar / Egea, novem- ve!). Probabilmente l’iperpresen- bre 2007) zialismo discografico è inevitabile Genere: cantautorato per questo tipo di produzioni (si Terzo lavoro per Francesco Camat- veda anche il caso di Machine- tini, parmense classe ‘69, profes- fabriek che ormai vende di tutto, sore di diritto nonché cantautore, anche i singoli mp3), ma ci si in- di quelli che – ebbene sì - la pa- comincia a saturare e a perdere rola sta sempre un gradino sopra noi la bussola delle uscite e loro lo svolgersi delle soniche cose. Ma il controllo e la rifinitura sulle c’è una sbrigliatezza e un curare proprie produzioni. Wildflowers l’impatto musicale che ce lo fanno comunque è ancora al di qua del considerare sotto una luce diversa, guado della qualità. Trattasi infat- all’infusione di morbide concezioni un po’ particolare. S’avverte uno ti dell’ennesimo bel disco dei due, folk (soavi struggimenti da maria- sforzo d’immediatezza che tutto che per l’occasione approdano su chi triste) nel flebile siero sinteti- sommato coglie nel segno, esclu- un’etichetta specializzata in dro- co, giusto quel poco di tastiere ed dendo però subito e senza indugio ni e folk neozelandesi di origine aloni elettronici, quanto basta a la scellerata commistione tra folk controllata come Last Visible Dog. sbalzarne il mood in una “consape- tenerello e rock emodistorto di La La chitarra pinkfloydiana dell’ini- volezza di contemporaneità”, in un verità ti prego sull’amore, pezzo zio si aggancia subito al discorso presente che prova a pulsare vivo. affidato alle cure di Niccolo Bos- interrotto con The Stones Know L’argentino Federico Aubele, chi- sini, guitarist per Ligabue, e non Everything. La malia dei tre lun- tarrista, già bassista per i Thie- aggiungiamo altro. Altrove invece ghi brani è la stessa di sempre, very Corporation, compie con accogliamo con piacere la dolcea- e si utilizzano coscienziosamente questo Panamericana un viaggio gra title track, che ci riporta all’arte soluzioni già indagate nei dischi prima interiore che geografico, o affabulatoria del miglior Ron, quel precedenti che sembrano essere meglio esplora la geografia delle fare fiabesco tra arguzia e malinco- diventate un marchio di fabbrica: proprie radici, traducendo la ro- nia che produce un pop sì accomo- il refrain che chiude il primo bra- mantica nostalgia che lo muove in dante ma dal buon peso specifico, no, l’arpeggio mandato in loop che tredici accattivanti tracce perlopiù del tipo che sempre meno ahinoi introduce il secondo pezzo ascen- votate ad un reggae-dub screzia- popola l’airplay radiofonico. Liberi dendo verso un suggestivo climax, to di languori tex-mex. Federico di fregarvene, ma conta anche la l’utilizzo scientifico e creativo dei è autore di tutti i pezzi, suona la musica che gira intorno, o no? field recordings nel terzo. Una chitarra flamenca con calligrafia Conta, conta, come sosteneva a suo malinconica frase di piano fa ca- intensa e lieve, spalma il piglio del tempo il buon Ivano Fossati, nome lare il sipario e risistema sotto il basso tra brume stilose da club, che volentieri accostiamo all’acco- sofà l’odore dei fiori selvatici che canta con la flemma indolenzita rata malinconia di Eco e Narciso avevamo ascoltato finora. Tutto è d’un Manu Chao trasfigurato Mi- così come alla cupa Il traghetto di tornato alla normalità. (7.0/10) guel Bosé, sparge con discrezio- Caronte, nelle quali Ovidio, Dante ne le perturbazioni sintetiche e gli e Leopardi si stemperano in allego- Vincenzo Santarcangelo sbuffi di fisarmonica. Lo aiutano rie palpitanti, mentre sul versante e Antonello Comunale e non poco un manipolo di amici, del disimpegno Il poprato e Son fe- tra cui la suadente vocalist Nata- lice scartabellano tra swing e mam- Federico Aubele - Panamerica- lia Clavier, la più terrigna Amparo bo cabarettistico la prima (echi del na (ESL / Audioglobe, 19 set- Sanchez degli Amparanoia (nella Paolo Conte di Dancing resi tangi- tembre 2007) splendida amarezza di Las Cancio- bili dalla presenza fattiva di Anto- Genere: latintronica nes), il colombiano Vernie Varela e nio Marangolo) e garrulo vitalismo Suadente malinconia spalmata Joey Burns dei Calexico in quel- lungo miglia e miglia di incommen- la Este Momento che sdilinquisce surabile, utopica strada che attra- fiero melodramma tra chitarrine versa unendolo tutto il continente wah, trombe e congas. Una traccia americano, da Ushuaia (Argentina) via l’altra il programma si compie a Prudhoe Bay (Alaska) - o vice- accattivante, ipnotico, un po’ mo- versa, e viceversa - carezzando notono. In un presente sabbioso coste e tagliando stati come solo di spersa passionalità, di miraggi una tensione ideale può fare. Cile, impalpabili che dissolvono la cru- Perù, Colombia, Messico, Stati dele insensatezza delle frontiere. Uniti, Canada: non un confine o un (6.8/10) muro che tenga di fronte all’impeto della leggerezza, maturata grazie Stefano Solventi

52 sentirea scoltare Capossela la seconda. Detto delle Poi si vira verso sperimentalismi tuito quest’ultime con altro mate- toccanti citazioni di Calderon De industrial (Cretinism) o minacciose riale inedito, (che sarebbe andato La Barca che informano l’ispanico divagazioni ambient (Aurora Au- ad sommarsi con le prime quattro languore di Poco reparo e ¿Qué es stralis). Su tutto convince la lunga tracce registrate in una chiesa), il la vida?, occorre sottolineare il ci- Ghosts Of The Eastern Block, den- mini avrebbe potuto compiutamen- mento orchestrale di La caduta, ov- tro la quale vengono frullati krau- te possedere un valore in sé. Le vero il mito di Lucifero riveduto sot- trock, post-rock, metal, in maniera premesse portavano a questo, il to una romantica luce - azzarderei non così dissimile da quello che po- marketing altrove. (6.7/10) dire - Debussy, previo il generoso trebbero fare degli Isis in acido. intervento dei Musici di Parma ar- Disco divertente e per certi aspetti Edoardo Bridda rangiati e diretti da Alberto Miodini, fascinoso ma decisamente troppo col risultato di sfoggiare grandeur derivativo. (5.5/10) sinfonica senza graziaddio prostra- zioni melò alla Cocciante. Nicolas Campagnari Così è, se vi pare, per quel che vale. Gli affamati d’evoluzione Grizzly Bear - Friend EP (Warp / & avanguardia ne stiano lontani. Self, 9 novembre 2007) Tutti gli altri, facciano pure un Genere: folk pop giro. (6.4/10) A un anno di distanza dall’incensa- to Yellow House (in top alle liste Stefano Solventi di fine anno sia del New York Ti- mes che di Pitchforkmedia) i Griz- zly Bear di Edward Droste e co., sono già un’altra cosa o perlomeno, con un piccolo aiuto dei friends, si stanno attrezzando per diventarlo. Jackie O’ Motherfucker – Valley Praticamente uno short album, al- Of Fire (Textile, 2 7 n o v e m b r e meno nella durata, l’eppì contiene 2 0 0 7 ) sia rivisitazioni di materiale edito Genere: psichedelia (da soli come in compagnia) sia L’attacco è più cosmico del solito. versioni cover dello stesso, dove Una lunga suite stellare a passo gli amici reinterpretano i brani dei cadenzato su una route americana Bear. Alligator (con ospiti Beirut e e lo sguardo rivolto al cielo. Sing Dirty Projectors), traccia che nel Your Own Song regalerà momenti debutto contava poco più di un mi- di puro piacere sensoriale agli esti- nuto, diventa un’open song caver- matori del kraut più liquido e oni- Grey Daturas – Path of Niners nosa e trascendentale come pia- rico, diciamo pure tra Tangerine (Rocket Recordings / Goodfel- cerebbe agli Akron Family; Little Dream e Can. I JOMF ormai lavora- las, Novembre 2007) Brother (Electric), originariamente no di mestiere come tutti i musicisti Genere: drone / noise su Yellow House, cambia pelle in navigati, ma l’ispirazione la avverti Conoscevo i Grey Daturas solo per un misto di sapori confident cin- ancora nelle mani di Tom Greenwo- l’ottimo Copper/Silver in combutta quanta (le voci) e cacofonie tipica- od soprattutto quando arrivano con gli Yellow Swans di qualche mente seventies rock in crescen- cose come We Are / Channel Zero anno fa, e mai mi ero addentrato do; e Shift (da Horn of Plenty), che chiude il disco con venti minuti nella loro discografia personale che dapprima registrazione lo-fi, sboc- venti di ritmica free, nenie da pel- invece pare altresì cospicua. cia in una sublime ballata dal gran lerossa in trance, chitarrine lisergi- Questo Path of Niners è in real- arrangiamento vocale. Proprio su che ad irretire grappoli di costella- tà la ristampa europea di un disco questo aspetto infatti si concen- zioni come se i nostri andassero a uscito l’anno scorso in Australia, tra il mood quieto e ecclesiastico pesca nel mare magnum del cosmo. paese da cui proviene questo trio delle rivisitazioni, nonché la vera Il cuore di questa valle di fuoco è dedito ad una sorta di post-noise- cifra stilistica della band, ovvero però caldo e accogliente come una drone strumentale. i cori e i contro cori (emblematica canzone cantata intorno al focola- Il primo gruppo che viene in mente Deep Blue Sea, l’unico inedito del- re. Il brano da cui prende il titolo con l’iniziale The New Neuralgia la raccolta). Da segnalare inoltre il disco è una ballatona yankee, un sono i giapponesi Boris, con quel- l’inframezzo strumentale afro-free, po’ Neil Young, un po’ Bob Dylan, la chitarra gravida di distorsione e Plans (con nervature laptop), e un po’ campfire song “animalesca”. wah wah, quella batteria tutta rul- infine le cover, nessuna indispen- E ancora The Tree, altro congegno late e schiaffi al ride e quel bas- sabile - come nessuna nemmeno folk blues che sorride alla grande so che ha il suono di un ordigno insufficiente - di CSS, Band Hor- tradizione della canzone popolare nucleare. ses e Atlas Sound. Avessero sosti- americana. I JOMF sono una garan-

sentirea scoltare 53 zia come sempre, anche se difficil- sionare la più parte delle nuove mente toccheranno di nuovo i verti- generazioni. Tale non è il caso di ci di Fig. 5. Certo… una vecchiaia Joni Mitchell che ha infine cedu- del genere mi sentirei di augurarla to al richiamo delle sirene dopo un po’ a tutti. (6.5/10) aver sbattuto la porta disgustata dal mercato discografico un lustro Antonello Comunale fa, imbolsita dai tentennamenti e gli inciampi seguiti al suo ultimo Jesu – Lifeline (Hydra Head, 23 disco degno di menzione (Night ottobre 2007) Ride Home, A.D., 1991). Genere: doom ambient Sappiate che Shine non apporta Sarebbe un’impresa quasi impossibi- novità clamorose: porge in loro le spiegare ad un alieno appena sce- vece dieci brani (più l’antica Big so sulla terra che Jesu è un progetto Yellow Taxi che riemerge in piace- che proviene dalla stessa mente che Jonathan Kane – The Little vole foggia cajun) che posseggono ha dato vita ai Godflesh e agli Head Drummer Boy (Table Of The El- antichi aromi, pensati al pianofor- Of David. Eppure, l’animo umano è ements, 1 5 n o v e m b r e 2 0 0 7 ) te nella stessa magione di tronchi così volubile da riuscire a produrre Genere: instrumental blues che partorì For The Roses. Piace manifestazioni espressive così di- Questo ep di 15 minuti buoni si in- pensare che l’ambientazione ab- verse, quasi agli antipodi. Questa carica di ricordarci dell’esistenza bia in qualche modo benedetto il forse sarebbe la risposta più appro- di Jonathan Kane, una della prime disco, non esente da pecche e con priata alle richieste meravigliate del vittime eccellenti del brutto carat- tutto ciò il suo più riuscito da tre nostro amico extraterrestre. tere di , con il quale lustri in qua (non quel gran pre- Incontri alieni a parte, anche a noi, litigò furiosamente all’epoca della gio, forse ma tutto sta nell’accon- che Broadrick lo conosciamo bene, prima formazione degli Swans. “I’m tentarsi). Se è inevitabile l’enfasi stupisce un bel po’ il percorso intra- leaving the band!” disse lui. “You’re senile con cui la Signora affronta preso con la sua ultima e prolifica already out of the band!” gli rispose temi sociali e in fondo perdonabili creatura (questo EP è già la quinta Gira. Più o meno questo lo scambio gli arrangiamenti a tratti appanna- uscita in sei mesi a firma Jesu!), alla finale tra i due. Ma questa è storia. ti, l’insieme merita rispetto e non quale si dedica anima e corpo da un Per venire all’attualità The Little solo. A convincere più del resto paio d’anni. Quattro brani inediti, Drummer Boy è un trascurabilissi- contribuiscono il tenue acquerel- figli dell’ultima release sulla lunga mo dischetto con un unico brano, lo Strong And Wrong, la spigliata distanza Conqueror e che non ag- che distilla il chitarrismo southern sintesi stilistica This Place e If, giungono molto, se non in termini di di Kane funzionando praticamente atmosferico adattamento di una “accessibilità”, allo stile shoegaze come un outtake dal suo primo di- celeberrima poesia di Kipling. ormai ben definito del progetto: tem- sco solista, il February di due anni Su tutto si impone una clamorosa, pi dilatati, atmosfere che dondolano fa. Davvero poca cosa. Tra l’altro jazzata Bad Dreams intessuta con tra il doom e l’ambient e una spic- nel genere in oggetto si continua a corde vocali annerite, quanto di più cata vena melodica. Se però Con- preferire Chris Brokaw, più velvet- vicino alla Mitchell che fu e chissà, queror conservava ancora una certa tiano e sexy del monolitico e mono- potrebbe essere assaggio di avve- irruenza metal-rumorista dietro una corde Kane. (5.8/10) nire o commiato di lusso. Andrebbe facciata calma e sognante, Lifeline bene lo stesso, poiché a sessanta- addolcisce ancor di più i toni, dando Antonello Comunale quattro anni - due terzi abbondan- vita a un sound che, personalmen- ti dei quali trascorsi a tracciare un te, almeno nei primi due episodi (la Joni Mitchell – Shine (Hear / esaltante romanzo sonoro - non è title rack e You Wear Their Masks), Universal, 24 settembre 2007) lecito pretendere di più, anche solo mi richiama alla mente addirittura i Genere: cantautorato rock Cure di Disintegration leggermen- Ogni nuovo disco proveniente da te più dissonanti. Sorprende di più artisti che furono grandi decenni l’attrito stilistico tra la voce soul del- addietro porta con sé un’inevitabi- la cantante e i riff metal di le domanda sulla sua “necessità”. Storm Comin’ On, mentre End Of The Ci si chiede, in parole povere, se Road ricalca più fedelmente lo stile abbia ancora un senso oggi ascol- di Conqueror. La versione giappone- tare musica che - se di per sé non se contiene due bonus track. Ma non è affatto “vecchia” - viene altresì credo valga la pena fare un viaggio proposta da chi il meglio lo ha or- così lungo per due versioni alterna- mai alle spalle. Il tempo passa, va tive. (6.4/10) bene, tuttavia abbiamo visto fior di “anziani” uscirsene con lavori Daniele Follero sorprendenti e capaci di ridimen-

54 sentirea scoltare turn it on

Percee P - Perseverance (Stones Throw, 18 settembre 2007) Genere: hip hop John Percy Simon ha iniziato a mettere in fila le prime rime nel Bronx, nel lontano 1979. All’età di otto anni. Da allora quasi tre decadi ci sono volute per arrivare al parto dell’album d’esordio vero e proprio. Una vita passata a registrare mixtapes, che poi andava a vendere per strada, ai concerti o sul marciapiede antistante l’ingresso di Fat Beats, storico ne- gozio di dischi newyorkese. È stata questa perseveranza, per l’appunto, a consentirgli di consolidare nell’underground una fama ed una rispettabilità che già gli provenivano dalla realizzazione di alcuni pezzi pionieristici negli Ottanta. A permettergli, altresì, di entrare in contatto con molte delle figure emergenti dell’hip hop dei Novanta: la sua voce è stata campionata da Dj Shadow per Napalm Brain/Scatter Brain da Endtroducing... e sono arrivate le partecipazioni agli album di , Jurassic 5, Wildchild, Jaylib, Edan, Four Tet. Peanut Butter Wolf ed Egon della Stones Throw lo hanno infine cooptato e dopo una manciata di singoli è giunto quindi l’al- bum, degno frutto della non scontata collaborazione tra mc Percee P e Madlib: il fast rap del veterano nell’alveo delle complesse, versatili ed inconfondibili stratificazioni del produttore più cool e dotato del decennio. L’esito è strepitoso nella quaterna iniziale: la serrata e caustica invettiva di The Hand That Leads You, la commovente The Man to Praise, fiero sguardo retrospettivo alla sua vita, Legendary Lyricist ed una Watch Your Step insieme a Vinnie Paz e Guilty Simpson, pezzo diventato già da un paio d’anni un piccolo classico di casa Stones Throw. Dopo una fase interlocutoria, arrivano le bordate dell’incalzante Put It On Line ed il rap rock di scuola Def Jux del travolgente duetto con Aesop Rock (The Dirt and Filth). Nelle conclusive Raw Heat e The Lady Behind Me il sigillo è riservato, rispettivamente, alle esotiche e sincopate movenze funk ed alle suadenti e calde note soul di un Madlib come sempre ispirato. Mister John Percy Simon può andarne orgoglioso: la sua perseveranza è stata premiata. Non gli diamo torto quando afferma perentoriamente: “All I can say is that hard work pays, MC Percee P is the man to praise.” Mas- simo rispetto. (7.5/10)

Alarico Mantovani

sentirea scoltare 55 al pensiero di quante ne hanno morbido souleggiare di Closer), il il suo nome nella storia dell’avan- seguito le orme di lirica introspe- cui falsetto schiarì la via a Junior guardia jazzistica: basti qui citare zione, imbracciando la chitarra o come a molti altri interpreti dell’iso- i Room, fondati nel 1986 insieme sedute dietro al piano. Ben (ri)tro- la. Ben cantato ed eseguito, il CD a William Winant e Chris Brown; vata, Joni. (6.6/10) ha dalla sua una ben congegnata l’International Creative Music scaletta (citazione d’obbligo per il Orchestra con il tastierista Wayne Giancarlo Turra salmodiare cadenzato Salomon, la Horvitz e il più recente trio Maybe sinuosa Zion Train e un’arcinota Monday, insieme a Fred Frith e il ma partecipata Ain’t No Sunshine a suonatore di koto Miya Masaoka. firma Bill Withers) e centra in pie- Per non parlare delle sue attività no l’atmosfera casalinga e intima collaterali di compositore di mu- - a un certo punto, in lontananza siche da film (Letters Not About si odono alcuni latrati - col quale è Love) e saggista (il suo saggio stata concepita l’intera operazione, “Strategies For Structured Impro- restituendoci un Murvin sciolto e visation” è stato pubblicato nella presente nonostante la sessantina raccolta di scritti di compositori, assai prossima. Grazie della sor- curata da John Zorn, Arcana). presa, garçons. (6.7/10) Il trio Larry Ochs Sax & Drumming Core, nel quale il saxofonista ame- Giancarlo Turra ricano affianca due batteristi, Scott Amendola e Don Robinson nasce Lamps – Self Titled (In The Red nel 2000 come esperienza estem- Junior Murvin – De Yard / Goodfellas, ottobre 2007) poranea, di passaggio, per dimo- (Makasound / Goodfellas, 18 Genere: garage’n’roll strarsi presto una realtà tutt’altro g i u g n o 2 0 0 7 ) Il classico disco targato In The Red. che transitoria. Un album (The Genere: roots-reggae Sguaiato, urlato, distorto, megafo- Neon Truth, Black Saint Records, Etichetta di piccole dimensioni e ciò nato rock’n’roll dei primordi sputato 2002) e, soprattutto, un’attività nonostante battagliera, la francese in faccia all’ascoltatore senza gra- live di tutto rispetto, ne sono la ga- Makasound. Dotata di una certa zia né rimorsi. Passato e presente, ranzia più concreta. Ed è proprio inventiva inoltre, a giudicare dalla Cramps e Black Lips, chitarre vin- dall’esperienza dal vivo che Ochs serie Inna De Yard cui appartie- tage scordate e catastrofismo fuzz, ha tratto ispirazione per il secon- ne anche questa ricomparsa sulle melodie affogate e urla da reietti, scene di Junior Murvin. Una sorta tamburi scomposti e bassi da wave di versione giamaicana della moda deviata, Oblivians e Intelligence, “unplugged”, vede alcuni nomi del frustrazione e sconquasso, pochi reggae - Earl Chinna Smith, Ras accordi in pochi minuti per tanto Michael Junior e Linval Thom- sudore e tantissima energia, punk- pson quelli di spicco che vi si sono noise abrasivo e maniacale. cimentati - darsi ad acustiche, di- Primitivi come solo il rock’n’roll stese rivisitazioni del roots-reggae, sapeva, sa e saprà sempre es- adeguate allo “yard”, il giardino sul sere, i tre Lamps definiscono la retro di casa dove le sessioni sono propria musica mongoloid fren- registrate in una sorta di omaggio zy music. Non si può non essere alle origini di questa musica. d’accordo. (6.8/10) Buona la forma di Murvin, la cui la fama è soprattutto legata a un solo Stefano Pifferi straclassico brano. A suo tempo prodotta da Lee Perry, Police And Larry Ochs Sax & Drumming do capitolo discografico della for- Thieves fu difatti un successo, ri- Core – Up From Under (Atavis- mazione. Affascinato dall’acustica letto magnificamente dai Clash sul tic, 2007) del Teatro Fondamenta Nuove di loro album d’esordio e rivelatosi Genere: new new thing Venezia, sperimentata nel 2002 lussuoso traino della carriera - non- Il sassofonista newyorchese Larry durante il primo tour europeo della ché di un omonimo, pregevole disco Ochs, classe 1949, è ricordato fi- band, il trio, due anni dopo, trova edito su Island - del Nostro. Ovvia- nora soprattutto per il suo proget- la possibilità e il tempo di ritornar- mente presente, fa bella mostra di to principale, che segue da quasi ci per registrare alcuni brani con il sé senza svelare i trenta anni sul- trent’anni e sul quale ha centra- teatro completamente vuoto e con le spalle, seduta comodamente to principalmente la sua carriera, le attrezzature da studio. Ne sono tra due omaggi a Curtis Mayfield il Rova Saxophone Quartet. Ma venute fuori otto registrazioni che (una Gipsy Woman discreta ma sono, in realtà, molte di più le oc- godono dell’aspetto positivo di en- lievemente tirata per le lunghe, il casioni nelle quali Ochs ha scritto trambe le situazioni, l’impatto di-

56 sentirea scoltare retto e il feeling che si crea nella Un sasso adagiato sulla sabbia e i performance live, e la resa sonora cerchi concentrici che si diramano ottimale, ottenuta con le attrezza- come onde. Probabile che Enso sia ture di uno studio di registrazione la naturale evoluzione (o filiazione) “fuori” dallo studio. del progetto “alfabeti_linguaggi” in- Up From Under conferma il fascino stallazione condivisa con Gianluca di Ochs per l’improvvisazione strut- Becuzzi e incentrata sull’intercul- turata, una commistione di scrittura tura, sulle scritture e sui linguaggi e libertà esecutiva che nel jazz ha del mondo. E proprio Becuzzi qui radici ben profonde, e la sua capa- siede in cabina di regia per produr- cità di far risuonare nel suo stru- re ed esaltare le qualità sonore di mento cinquant’anni di storia della un lavoro che si basa proprio sulla musica afroamericana. Il suo stile trascendenza nel suono. Il suono di filtra la veemenza improvvisativa uno Shakuhachi che apre l’orizzon- di John Coltrane attraverso Albert nale. Non solo pachidermici assalti te e che è “sottile come la lama di Ayler, Braxton e la New Thing. Per guidati dalle tre chitarre, insomma, una katana e delicato come un fiore il modo in cui passato e presente, ma indagini condotte nel sottosuolo di loto” o ancora i cinguettii di chis- Ornette Coleman e Mats Gustafs- di un suono altrimenti troppo infla- sà quali uccelli, origliati in chissà son, si incrociano in lui e per il zionato. Non di risentita e banaliz- quale occasione. Enso è un lavo- suo atteggiamento sempre aperto a zata alternanza vuoto/pieno parla- ro che si allinea con alcune recenti nuove soluzioni timbriche e compo- no i cinque, bensì di una continua produzioni della Room40, in special sitive, non suonerebbe tanto strano immersione/emersione in un suono modo il doppio antologico dedicato definirlo un post-moderno, un mem- heavy sempre più saturo o sempre ad Ozu, ma che risente molto an- bro ormai decennale di quella “new più desolatamente altro, che proce- che di certa estetica ECM. Il dise- thing della new thing” che dagli de spesso per pesante sottrazione. gno delle tre lunghe composizioni anni settanta si impegna a supera- Se Hadrons e Need sono monolitici fa pensare ad uno Stephan Micus re la stagione radicale e apocalitti- assalti in the vein dei citati mae- ancora più astratto ed isolazioni- ca del free. stri, le sorprese vengono dai pez- sta. La suggestione in questo caso Il tentativo di rinascita del genere zi in cui, nonostante la potenza di è parente allo scopo che Turra si passa anche da qui, dai fraseggi fuoco, i cinque procedono per ridu- prefigge. Affrescare una grandiosa torrenziali di Ochs, da una sezione zione. Subterrestrial e la conclu- idea di Universo con il minor im- ritmica che segue i sentieri aperti siva Leave soprattutto mettono in piego di enfasi. Da leggersi anche dal sax con un incedere che pas- atto un processo di immersione in come esperienza psico-sensoriale sa con disinvoltura, in uno stesso un suono che diventa drone-orien- vera e propria. La qualità del suono brano, dal funk al rock per poi in- ted, al limite dell’ambient più scura in questo caso si integra con i rife- frangersi in tanti piccoli pezzettini e soffocante. Ma è lo scandaglio rimenti alla cultura nipponica. Turra assolutamente liberi di muoversi in gettato nel profondo vuoto dell’ani- usa lo Shakuhachi e certi accenti di qualsiasi direzione. (7.6/10) mo di Emersion Of The Island a la- gagaku, immergendoli in un vacu- sciare a bocca aperta: emotività um onirico e ottundente. Un canto Daniele Follero repressa, striature da microsuoni, trattato sul finire del secondo brano interferenze, una quiete apparente potrebbe sonorizzare qualche terri- Lento – Earthen (Supernatural- troppo simile alla rassegnazione. fico kaidan. Il procedimento non è Cat / Audioglobe, 9 novembre Nel suo genere, decisamente otti- poi così dissimile da quello usato 2 0 0 7 ) mo. (7.0/10) da Fabio Orsi in Osci. In questo Genere: heavy-ambient caso come in quello l’idea, gli ele- Non suona solo lento come da Stefano Pifferi menti e i suoni di un luogo (il meri- nome, ma anche pesantissimo il quintetto romano, già incontrato in Luigi Turra – Enso (Small Voi- occasione della collaborazione con ces, n o v e m b r e 2 0 0 7 ) gli Ufomammut. Un suono estatico Genere: zen elettroacustico e trascendente che, nonostante gli Enso è un termine nipponico che si- ovvi referenti (Isis e Neurosis su gnifica cerchio e calligraficamente tutti), ha la capacità di non risultare è il simbolo più diffuso in Giappo- mai opprimente o chiuso in una au- ne. Può assumere diversi significa- toreferenzialità che da sempre rap- ti, ma presumibilmente è nell’acce- presenta il limite per certi suoni. zione di “Universo” che lo intende Il suono dei sette pezzi strumen- Luigi Turra, celebrato sound artist tali di Earthen è vario e screziato, italiano, qui al suo debutto su Small potente anche grazie agli incastri Voices. La copertina è un’altra delle tre chitarre ma non è mai ba- chiave per entrare in questo lavoro.

sentirea scoltare 57 dione per Orsi, il Giappone per Tur- male/female con tanto di rapporto ra) concorrono a disegnare un’idea di coppia, Eloe Omoe sono quanto di Universo, che è prima di tutto di più lontano dall’hype da coppia mentale e poi sonora. (7.3/10) promiscua à la White Stripes/Fiery Furnaces/Kills, per intendersi. Slab- Antonello Comunale bratissimi e distorti, apparentemente senza la minima cognizione di cau- sa su cosa o come stiano suonando, tanto primitivi quanto spontanei i due intessono lunghe suite di free-metal improvvisato che, a dirla tutta, alla lunga stanca un po’. La press-sheet cita i GodHeadSilo ma il paragone non sembra reggere: non può l’as- senza di chitarra avvicinare questi re principalmente quella turgida & pivellini ai prime-movers. (6.0/10) scorticata di Mongolia (parente fin dal titolo dei CSI più tosti, con l’e- Stefano Pifferi bow senziente di Cambuzat e uno xilofono a pettinare il middle eight) The Marigold - Erotomania (I e di quella title track che chiude il dischi del Minollo / Deambula programma col delirio guizzante di Mammal – Lonesome Drif- Records, settembre 2007) flauti e una foga corrusca degna di ter (Animal Disguise, ottobre Genere: rock wave certi Gun Club. Teatrali e ombrosi 2007) Un trio da Chieti molto motivato e come si conviene al genere, ma so- Eloe Omoe – Marauders (Animal ben spalleggiato dall’amorevole te- prattutto convinti fin dentro le ossa. Disguise, ottobre 2007) nacia di mister Ulan Bator Amau- Aspettiamoci del buono in futuro. Genere: blues industri- ry Cambuzat, produttore di questo (7.0/10) ale / free-sludge-metal loro esordio su lunga distanza che Gary Beauvais non è solo il losco mette in fila nove tracce e un’os- Stefano Solventi figuro che sta dietro la Animal Di- sessione dark wave veemente e sguise, label dal catalogo da riva- insidiosa. Torve congetture quindi, Miranda & The Creeping Nobo- lutare, ma anche il responsabile strattonate dagli ululati allarmistici dies – Split cd (FromScratch / unico dell’efferato progetto di po- delle chitarre, dalla nevrastenia in- Goodfellas, novembre 2007) wer electronics a nome Mammal. vasata del canto, dall’impeto tribal/ Genere: indie Lonesome Drifter però segna il di- marziale del drumming. Un impasto Due formazioni strambe e fuori stacco dal passato harsh noise per ossessivo che ci porta nei dintorni moda si incontrano in uno split cd affondare le unghie in una specie della bruma Joy Division però ina- breve e intenso, dall’artwork de- di morboso blues iperdistorto in- sprita di rudezza A Perfect Circle lizioso. centrato sul concept di una “epica (vedi l’orgiastica - è il caso di dire Dei nostrani Miranda avevamo ap- soundtrack sulla depressione indu- - Orgy), oppure anzi soprattutto in prezzato il post-rock abrasivo e striale della città” (!). un malanimo caliginoso e asprigno spigoloso del precedente Rectal Idea pretenziosa ma che colpisce nel à la Cure, avendo però l’accortezza Exploration, ma li ritroviamo an- segno, sin dall’iniziale Repulsion: se di caracollare & tremolare tra cigo- cor più sghembi e groovey nei 4 riuscite ad immaginare 10 minuti di lii visionari Bauhaus e psych-blues pezzi di loro competenza. Aperture (maci)lento e mantrico blues harsh- pernicioso (vedi l’impetuosa A Sim- free, ritmi (quasi) danzerecci, sin- noise, beh ci siete. I lenti avvitamenti ple Reflex To The Light, o quella copi basso/batteria, grooves mala- di basso e chitarra creano magmati- Dogma che si avvale della ulterio- tissimi, breaks ipnotici; i tre dimo- che textures e ipnotiche ripetizioni il re chitarra di Umberto Palazzo dei strano di essere ormai un gruppo cui retrogusto industriale lascia tra- Santo Niente). senza più riferimenti precisi ma in sparire una desolazione prossima al Va detto però che altrove lo scena- grado di organizzare un melting- nichilismo. Le atmosfere etimologi- rio cambia e parecchio, come quan- pot musicale eclettico e sempre camente heavy disegnano una densa do in Mercury un passo robotico e le più indefinibile. nebulosa grigio-paranoia che apre elucubrazioni elettroniche scomo- Dei veterani canadesi ormai si do- però nuovi ed imprevedibili squarci dano i primi scapestrati Notwist (e vrebbe sapere tutto, se si è aman- sulle evoluzioni future di Mammal. un po’ anche gli Air, ma vieppiù per ti dell’art-rock più deviato. Caba- Non a caso il sottotitolo dell’album il cantato in francese), così come rettistici e sguaiati, asimmetrici e è proprio This Is Both The End And sconcerta la deriva esotic/psych tra claudicanti, i cinque sono di quella The Beginning. (6.8/10) djembee synth iridescenti di 9%. Va pasta di musicisti capaci di salire L’altro disco targato Animal Disguise detto però che la tazza di the (av- sui tavoli di uno scalcinato e semi- è l’esordio lungo di Eloe Omoe. Duo velenata) dei Nostri sembra esse- deserto bar di provincia per urlare

58 sentirea scoltare turn it on

Sachiko – Kunado (Utech Records, novembre 2007) Genere: drone industrial Una musica che è come un laghetto zen dalle onde cosmiche. Onde che sanno agitarsi come maree o dileguarsi dolcemente nell’universo. Sachi- ko è una superba geisha dei drones. Già bassista in Overhang Party e Kousokuya, questa astral mistress incarna alla perfezione il lato più epico-esistenziale della mentalità nipponica, laddove le Tujiko Nuriko e le Sawako ne rappresentano il versante più legato alle tristezze contem- poranee che proprio in Giappone sembra artisticamente all’avanguardia (si guardino anche alcuni film di Takeshi Kitano e Kiyoshi Kurosawa). Ma Sachiko non si fa spezzare il cuore da nessuno, perché il suo cuore è già in partenza un buco nero abissale. Il primo brano è un maestoso rituale esoterico per esorcizzare quasar e supernova. Fasci opprimenti di drones e folate di note tirate in delay dai riflessi stellari, e una voce che si fa eco di se stessa in un processo che sembra infinito. Sembra il suono che potrebbe esprimere una Nico sganciata da qualsiasi appiglio terreno. Ma non è solo con le carezze che Sachiko ottiene quel che vuole. Sa che alzando il tasso di noise, trasformerà le carezza in schiaffi e quindi Route 21 e Cosmic Garden sembrano suonate dai Throbbing Gristle del 3000. Gakido No Mori e Chiacona Und Konzert In G Moll sono di nuovo estasi cosmica e canto da cerimoniale zen. Sachiko non è forse diversa dalla principessa fantasma de I Racconti della Luna Pallida D’Agosto di Mizoguchi, uno spirito del male suo malgrado ma pieno di una solitudine impenetrabile come impenetrabile sembra la sua musica. (7.5/10)

Antonello Comunale

sentirea scoltare 59 le proprie canzoni incuranti di tutto sa (o di un intervento grafico non rarlo tranquillamente un gustoso e tutti. Per inquadrarli diciamo che eccezionale). Per dj chill out so- antipasto per il nuovo Cave & The potrebbero essere dei Fall visionari prattutto. (6.5/10) Bad Seeds, atteso per marzo 2008. e ubriachi in fissa con marcette da Ma c’è il rischio che rispetto a quel- paese, musica desertica e psiche- Edoardo Bridda lo si riveli un predecessore piutto- delia d’accatto. Aspettiamo fremen- sto impegnativo. (6.9/10) ti il nuovo Augurs & Auspices su Nick Cave & Warren Ellis - The Deleted Art; potrebbe essere la de- Assassination of Jesse James Stefano Solventi finitiva consacrazione. (6.7/10) By The Coward Robert Ford OST (Mute / EMI, 12 novembre Orion Rigel Dommisse – What I Stefano Pifferi 2007) Want From You Is Sweet (Lan- Genere: gothic folk guage Of Stones / Drag City, 25 La premiata ditta Cave & Ellis ci ri- s e t t e m b r e 2 0 0 7 ) prova col cinema western un anno Genere: cantautora- e spiccioli dopo la tutto sommato to folk moderno riuscita soundtrack per The Propo- La poetica da folletto nordico - sition. Il pretesto stavolta è un film chessò, una Hanne Hukkelberg - del rampante regista australiano smarritosi chissà come in un mondo Andrew Dominik basato sul raccon- civilizzato vissuto con ingenuità e to di Ron Hansen circa la vicenda disagio – esemplare, a tal propo- di Jesse James e di come fu ucciso. sito, l’incontro-scontro tra l’arran- Un po’ come invitare la lepre a cor- giamento classico e l’elettronichina rere, insomma, e difatti le quattor- post-90s di Little Neighbor o Simon dici tracce in programma emanano Sent For Me. tutta un’epica spersa da romanti- Una classicità esibita classica (Ali- cismo fatalista, fosco, amniotico. ce And Sarah, Capricorn), vissuta Nathan Fake - You Are Here EP Non mancano – come avrebbero indie (Ashes From Your Burning (Border Community, dicembre potuto? - la propensione al melo- Land) che non può che ricordare 2007) dramma dell’ultimo Re Inchiostro Joanna Newsom o Colleen, non Genere: electro ambient e la solennità goticheggiante dei foss’altro che per l’utilizzo di stru- In attesa di futuri sviluppi, Nathan Dirty Three, sfrondate però di quel menti – l’arpa, il violoncello – e una Fake capitalizza il successo del qualcosa di troppo che le ha rese disciplina vocale mutuati dal folk fortunato Drowning In A Sea Of talora indigeste. tradizionale (la voce ricorda in più Love dello scorso anno con un eppì Sarà la trama tendente al discre- di un’occasione Vashti Bunyan). di cinque brani più un video (http:// to quando non al minimale delle Quando questi elementi si fondono www.youtube.com/watch?v=0rg_ orchestrazioni - piano o chitarra, naturalmente in un’unica, splendida Ix13Dhe). Si tratta di You Are un basso profondo ma riguardoso, canzone, vien da gridare al capola- Here, la bella traccia dalle bucoli- il violino mai eccessivo, interven- voro (Fake Yer Death, Suicide Kiss che trame psych, qui presente sia ti di mandolino e tastiere - oppure (Because Dead)); e si è quasi ten- in versione originale sia in quella sarà l’assenza della voce, e capire- tati di credere che la giovanissima live (per mano dello stesso Fake) te che non stiamo parlando di una cantautrice di Baltimora, Maryland, e remix (il prezzemolo Four Tet), di voce qualsiasi. Magia del cinema o Orion Rigel Dommisse sia venuta al un inedito (Casio Triangle Through meglio del fare musica per il cine- mondo che già conosceva la can- A Granular Synth) e della versione ma. Questo specchiarsi nello spec- zone tradizionale perfetta, che già (sempre in autoremix) di Stops (il chio opaco di celluloide che libera poteva cantare di amore, di morte, brano d’apertura di Drowing dalle la visione laterale del duo, distilla di vita. Dispiace, semmai, per certe fragranze primo Aphex Twin). La le rispettive calligrafie spingendo- mano di Four Tet dà al brano una le a narrare con forza e concisione dilatazione techno-trance con ca- tenendo al centro la loro natura di rezze dal vago sapore Tortoise (una chiosa sonora. Vedi come la toccan- chicca), quella di Nathan (anch’es- te Falling o l’iniziale Rather Lovely sa in distensione) propende invece Thing riescano a conciliare struggi- verso un house casalinga stile Kim mento e rarefazione, un dispiegarsi Hiorthøy in combutta con James attonito che investe anche il cara- Holden (discreta). L’inedito non è collare waitsiano di Cowgirl, smor- altro che uno spegnimento di circu- zando gli eventuali eccessi anche iti robot di 30 secondi e il videoclip, dei momenti più “cinematici” – ça pur concettualmente valido (mix tra va sans dire - tipo Another Rather ripresa e disegno cartoon digitale), Lovely Thing o della stupenda Song soffre di una realizzazione frettolo- For Bob. Detto ciò, potete conside-

60 sentirea scoltare stucchevolezze (l’arpa di Little Nei- verente, free ovvero libero da altre ghbor e Capricorn che sembra inse- preoccupazioni semantiche/formali guire la formula vincente di Joanna che non l’espressione più bruciante Newsom) e alcuni incontri a metà e immediata di sé. Ecco quindi una strada solo in parte riusciti (che Per Domenico Morelli che è bossa bisogno c’era di trattare elettroni- di paese alla frontiera dove si sfal- camente alcuni suoni?). Comunque dano limiti e steccati e confini, che un grande esordio (7.3/10) poi è blues, noise, jazz, marcia bal- canica e via discorrendo. Ed ecco i Vincenzo Santarcangelo muscoli tesi nel delirio parapsychi- co western e scricchiolanti litanie di Most Fires Start Small. Ed ecco il brass funk di Svedese disteso, con la chitarrina Jefferson Airplane (!) rattere quanto mai minimal. Under e il gracidio elettrico e quei sax che the Water è solo lei e la sua chi- sciorinano fragranze “etiopique”. tarra, doppiata appena in un paio Ed altro ancora tra mistiche mingu- di punti. La magnifica elegia di We siane e frenesie scat scaracchiate Love ha giusto qualche intervento con digrignante goliardia, tra isteri- in più: una base di tastiera, le dop- ci cicalecci che quasi ti scomodano pie voci e basta così. Andria non ha il Waters di Ummagumma e sogni bisogno di particolari trucchetti per di marzapane velenoso, tra medita- esaltare la qualità delle sue canzo- zioni vischiose e furiose centrifu- ni. Solo la bellissima Born Into You ghe d’arcaico e modernità. La vita, fa sprecare un paio di tracce in più Pangolinorchestrà - Ex-pe- dicevamo. La vita. (7.3/10) in fase di missaggio. Lei sa che il rimento #5 (CSC / Idee Nere / folk è un linguaggio che basta a se Stella Nera, ottobre 2007) Stefano Solventi stesso per toccare le corde giuste Genere: impro / avant che si hanno dentro. Così The Sun Garrulo irato nonsense, terrorismo Pantaleimon – Mercy Oceans Came Out, Raw Heart, At Dawn frugale dada, ci sono mostri nell’aria (Durtro Jnana, 19 novembre sono brani dalla malia classica. tra note e titoli che mostrano uno 2 0 0 7 ) Una questione di scrittura e di im- star sopra al mondo come una cosa Genere: folk medesimazione nelle propria voce che s’oppone al non esserci, viva Dal 1999, anno di pubblicazione di e nelle proprie parole. Ieri c’erano quindi e graziaddio. Pangolinorch- Trees Hold Time, suo primo disco, Nick Drake e Anne Briggs. Oggi c’è strà è un mega combo, o ensemble molte cose sono cambiate nella vita Andria Degens, in arte Pantalei- di - contiamoli - dieci elementi, due di Andria Degens, in arte Pantalei- mon. (7.3/10) batterie e un basso, voci, chitarra, mon, e la sua musica è cambiata elettronica e un bel po’ di ottoni. di conseguenza. Come afferma lei Antonello Comunale Tra i nomi coinvolti, quelli di Gi Ga- stessa il carattere ruvido e sen- sparin e Jacopo Andreini, occupa- za baricentro di quel disco era in Pascal Comelade – Mètode De zioni principali chitarra per il primo qualche modo diretta conseguenza Rocanrol (Discograph / Self, 23 e sax alto per il secondo, agitato- del suo stile di vita, all’epoca no- n o v e m b r e 2 0 0 7 ) ri iperattivi del sottobosco impro- made e “hobo-like”. Mercy Oceans Genere: toy folk music avant da un bel po’ di tempo a que- è probabilmente il suo opposto. Un Affascina, di Comelade, la dimen- sta parte. Dicevamo l’esser vivi, lo lavoro molto meditato, la cui gesta- sione ludica applicata a un concet- spasmo vitale, il senso di patrimo- zione si è protratta per due anni e to totale della musica. Kurt Weill nio sonico (culturale) squarciato e mezzo, passando per vari studi di o i Faust per lui pari sono, se lo quindi aperto all’infezione di tutto registrazione, con la benedizione spirito che li rilegge resta ridancia- quel che pullula nell’aria di sonico degli amici di sempre: Colin Potter no e stralunato, a mezza via tra il (e culturale). e David Tibet. Mercy Oceans ha patafisico e il dadaista. Questo fa Volendo, possiamo indicare quale una purezza di intenti che è propria di Pascal un compositore dalla ci- corrispettivo il Vinicio Capossela solo delle migliori pagine del british fra inconfondibile, nonostante con scrittore, che mi è venuto in mente folk di cui Pantaleimon rappresen- gli strumenti giocattolo si siano leggendo le frastagliate note di co- ta la più credibile discendente. Un già misurati in tanti prima e dopo pertina all’insegna d’un febbricitan- disco che si beneficia di comparsa- di lui. Pochi, però, con altrettanto te cut up. Musicalmente però è tutto te eccellenti come Baby Dee, Iso- dispiego di classe e inventiva ver- un impastar fanfare e psichedelia e bel Campbell, Keith Wood (Hush sate nella scrittura, quasi nessuno balcani e no wave e tropici e de- Arbors), e John Contreras e che con la medesima varietà e costan- serto e bolero e punk e funk dentro manifesta la sua ragion d’essere za d’ispirazione in una discografia la pignatta d’un jazz mutante & irri- sulla base di arrangiamenti dal ca- assai ampia: lo certificano illustri

sentirea scoltare 61 personalità del rock autoriale come favolosa), in ninne nanne d’incerta, Wyatt e P.J. Harvey che ne han- favolosa provenienza (Noia De Por- no incrociato i percorsi negli ultimi cellana: una cover di Pau Riba). anni. Va da sé, allora, che il “meto- Sagacia, fascino e arguzia d’artista do del rock and roll” si traduca in in abbondanza. (7.5/10) un passato e presente sonori che si compongono in una musica autenti- Giancarlo Turra camente popolare, che cioè appar- tiene a tutti ed esiste per tutti. Un Pet Genius – S (Hydra Head / patrimonio che trascende generi, Goodfellas, 23 ottobre 2007) culture ed etnie in un abbraccio af- Genere: hard-low-folk fratellante. Meglio ancora se, come Stephen Brodsky, più famoso ogni tanto accade, assisti allo sboc- come leader dei Cave-In, sembra ciare di una dolce melanconia, lu- aver deciso, con questo self-titled minescenza che, per quanto fatichi del progetto Pet Genius - insieme non perdersi un colpo) – un brano a definire, comprendi essere parte a Johnny Coolbreeze e a JR John strategico, messo poco più in là integrante di quanto s’ascolta. Junior (sic!) -, di deviare verso della metà del disco. Simile nei presupposti (e talvolta ballate tra primo prog e hard-rock C’è comunque caso che questa ri- nella forma…) alla Penguin Café (Doomsday); per farlo ci conduce manga una parentesi di Brodsky, Orchestra, anche in questo disco il in un percorso verso melodie qua- come un secondo filone post-Cave- pirenaico immerge un’avanguardia si beatlesiane e quasi Pet Sounds In (fare un s/t presta il fianco ar- spensierata dentro tanghi (Smog che incrocia inserti da scazzo pon- gomentativo a entrambe le ipotesi). On The Vermut), valzer (La Vedette derato alla Pavement. Chi vivrà ascolterà; e non operatevi D’el Molino, da seguire con gli oc- Certo Steve non è mai stato un mo- in gesti scaramantici. (6.7/10) chi...) e blues di New Orleans (L’u), nolite, come testimoniano una sua oppure la inzuppa di ritmi sudame- recente creatura, i The Octave Gaspare Caliri ricani (The Indian Of The Group) e Museum, come mille altre colla- caraibici (lo ska Il Luna Park Ga- borazioni e side-project. Ma qui si Pine Hill Haints - Ghost Dance lactico, Le Barman De Satan). A intravede una visione a ritroso che (, 6 novembre 2007) sostenerlo, la disinvoltura di chi può essere frutto di lenti più medi- Genere: roots folk conosce più di quanto dia a vedere tate, meno fugaci; una costruzione Esala come un rugginoso fuoco fa- ma non lo ammette, sicuro che con più stabile. Ci sono infatti i Gentle tuo cimiteriale la musica dei Pine la curiosità se ne possa svanire la Giant dietro a Cosmic Erosion, op- Hill Haints, band a conduzione se- magia. Non sia mai. Per attenerci pure meglio i dietro mi-familiare - i leader sono i coniu- al qui e ora, in aggiunta alle mul- The Visiting Dynamiter; non man- gi Jamie (voce e chitarra) e Katie ticolori suggestioni di cui sopra, a cano ritorni arrangiativi al metallo Barrier (mandolino e washboard) - scompigliare le carte vi imbatterete pesante (Man Of The Mountain), o con base a Huntsville in Alabama, in citazionismi ironici (il riff di All divertissment di pata-swing-pro- il cuore devoto all’aggressivo ven- Day And All Of The Night disfatto da duzione (il kazoo di Trash Heap taglio sonoro che attraversa blue- Elvis Loved Dogs), in un pianismo Swing, Emit Fo Deeps Eht Esare); grass appalachiano, country folk, para-ambientale memore di Satie in generale si avvertono due matri- hilly billy, rag e honky tonk. Una (Catalana de Jazzz, l’incantata e ci che intrecciano i loro output (e miscela esplosiva come una missile incantevole Com Un Rossinyol Amb garantiscono la solidità della loro terra-terra sparato nel pollaio dove Mal De Quiexal), in un Amor Bru- tradizione), la prima il blues (fu- razzolano i prodromi punk blues, di jo allestito e pensato per sé (The cina a sua volta dell’hard), quasi cui si cibano più o meno lecitamen- Halucinogenic Espontex Sinfonia: omnipervasivo, la seconda la me- te tanti fenomeni più o meno da ba- lodia, appunto. raccone, taluni baciati da vampire- La cosa forse più curiosa (ma ne- sco successo (vogliamo dire White anche troppo, perché conosciamo Stripes? Massì, diciamolo) e talal- già questa mossa) è che sul piatto tri appena sfiorati da una luce di ri- finale, pur virato sul passato, vie- flettore (i travolgenti Immortal Lee ne servita quella sensibilità primi County Killers). anni ‘90 che riprese l’hard rock dei Il merito dei Pine Hill Haints, che Settanta (Walls Of Etiquette, Float fanno quel che fanno ormai da anni My Boat, Chromatic Blues). Come (il qui presente Ghost Dance è o summa (nel senso di riassunto e dovrebbe essere il quarto album a vertice) della ricetta, la leccornia è loro nome) è di non smettere l’aria Erase The Speed Of Time, con un da busker band che gira la Nazio- duetto efficacissimo tra chitarra(e) ne ad incendiare i granai con pez- e batteria (la quale fa di tutto per zi originali e traditional riesumati,

62 sentirea scoltare turn it on

Scorn - Stealth (Ad Noiseam, 12 ottobre 2007) Genere: dark dub breakbeat Chissà cosa è successo a Mick Harris: prima ultraprolifico e poi in cadu- ta verticale coincisa con l’ultimo album a nome Scorn, Plan B (2002). In mezzo, da allora a l’altro ieri, poca roba: un live (List Of Takers), una compila a proprio nome (Hednod Sessions), qualche singolo e un paio di cdr, niente in confronto alla frenesia del quadriennio 1998-2002, periodo nel quale l’ex-Napalm Death e Painkiller aveva sfornato una cosa come quaranta titoli (e sicuramente sono di più). Ambient ultra isolazionista (Lull), Drum’n’Bass arena (Quoit), ponti e ragnatele tra e Bir- mingham. Post-rock e ambient dub di qualunque specie e provenienza. Già, una pausa di riflessione erano in tanti a consigliargliela e così è sta- to. Stealth rompe gli indugi dopo cinque anni. Possiamo anche pensare che arrivi nei negozi sull’eco dei plausi dei ceffi dell’hiphop più dark e degli adepti della cricca dubstep. E Harris è sempre Harris, sprofonda nella sua tech fanghiglia ancora una volta: sempre più in modulazione dub e subfre- quenze, sempre più asciutto e minimal in termini di sample e effetti aleatori. Un affare di pancia e miraggi post- grind in magica ricongiunzione trip hop (via Tricky), un incrocio di ritorni di cui il nuovo Scorn pare farsi carico e non a caso: tornare al limbo harrisiano dopo Burial, Boxcutter e Milanese è quasi obbligatorio, un po’ come immergersi nella purezza nera della cosa. E se l’attacco è una Stripped Back Hinge con quel basso spugnoso e l’irresistibile rintocco di metallo, c’è da drizzare le orecchie. Il brano rappresenta probabilmente il migliore a firma Scorn del dopo Bullen, quanto al resto abbiamo un lavoro coeso, avvolgente e particolarmente attento alla timbrica (le atmosfere furtive di Rove - dubstepper, adoratelo! -, la marzialità di una Glugged - impossibile non ondulare il capo). In una metafora (neanche troppo tale) Stealth è come una potente fumata d’hascisc. I suoni paiono tattili. Il dub sono pareti mobili attorno a noi. C’è da dire che sul finale la qualità non è quella della prima portentosa tripletta, ad ogni modo c’è una lungimirante The Palomar che guarda indietro, almeno fino a Colossus. È un rinfresco (si fa per dire) che fa bene. Convinti? (7.3/10)

Edoardo Bridda

sentirea scoltare 63 scatenando un liberatorio infer- drone sottocutaneo che esplode in no sotto ai front-porch e nell’ani- fiotti ematici di synth, schianti me- ma afflitta dall’inquieto vivere. E tallici e strazi vocali. questo malgrado a produrli siano In Mayhem in the Mansion, Shivers nientemeno che Mr. K Records in in the Shack arpeggi acidi vengono persona Calvin Johnson e quel sostenuti dal drumming minimale, Lynn Bridges già all’opera con un mentre l’harmonium di Jaime Fen- altro masticatore di fantasmi come nelly in un lento crescendo crea i Devendra Banhart. Venti le trac- presupposti per uno stato di trance. ce, una raffica ghignante, ebbra, Quella dei Peeesseye è una forma infoiata, talora epicamente irre- di psichedelia disturbata come il quieta (Wake Up) o ammorbidita di sonno in preda alla febbre, colta da aloni fifties (Say Something, Say spasmi e punteggiata da risvegli e Anything). Alla fine dei conti la pro- deliri come nella conclusiva (Zoltan posta non è che una ri-proposta, Is) My New Bird. alle danze dopo la falsa partenza ru- ma avvince come avvince per la I tre newyorkesi conoscono i giusti moristica di Pyramidy, ed è il trionfo folgorante convinzione nei mezzi e ingredienti per far viaggiare l’ascol- dell’acidità riverberata all’eccesso. negli obiettivi, ciò che gli permette tatore senza ricorrere a pozioni Piblokoto è un’ossessione sonora di assalirci come kamikaze da una apocalittiche, spesso più soporife- reiterata per cinque lunghissimi mi- frontiera violata. (6.9/10) re che psichedeliche, e barbe finte nuti, ed è l’apoteosi rock’n’roll dei da freakettoni weird-folk. Ma sono Pyramids. Guitar Star è il classico Stefano Solventi troppo crudeli per non interrompere “intoppo” stilistico nell’altrimen- bruscamente il trip. ti monolitica sequenza di canzoni: I suoni slittano e precipitano, le una serie di arpeggi sospesi il cui percussioni invece che reiterate e unico scopo è far riprendere fiato ipnotiche sono spesso caotiche e all’ascoltatore. disturbanti e Fritz Welch per au- I Pyramids pare che abbiano regi- mentare l’entropia alterna anatemi strato questo disco durante un po- isterici a mantra spastici. meriggio di improvvisazioni. Si sen- La forza del disco è proprio nei te la botta da presa diretta. Si sente contrasti tra suoni dilatati e intem- il tiro rock. Si sente la fibra vigoro- peranze rumoriste, nella sovrappo- sa dei brani. Per diventare un album sizione di continuo e discreto che imperdibile sarebbe stato preferibile crea un’amalgama affascinante e minor cazzeggio e maggior talento. aliena. (7.5/10) Ma tant’è. Se si deve parlare di ca- polavoro – come taluni fanno – tan- Paolo Grava to vale specificare meglio la portata Peeesseye - Mayhem In The del giudizio. Capolavoro forse, pre- Mansion, Shivers In The Shack The Pyramids – Self Titled scindibile senz’altro. Niente male, (Evolving Ear, 2007) (Domino / Self, 9 novembre in fin dei conti. Anche se detta così Genere: free-noise 2007) sembra un ossimoro. (6.9/10) I Peeesseye, partiti all’insegna Genere: garage rock, psych dell’improvvisazione rumorista, Se ne fa un gran parlare, di questi Manfredi Lamartina hanno in seguito incamerato ele- Pyramids. C’è chi dice che siano menti rock plasmando un suono meglio degli Archie Bronson Ou- Ray Davies – Working Man’s indefinibile e personale che si rifà tfit, il gruppo principale da dove Café (V2, ottobre 2007) alla tradizione folk senza perdere provengono il batterista Mark Cle- Genere: rock pop un grammo del suo carattere in- veland e il cantante e chitarrista A chi scrive, nonostante fosse l’atte- novativo. Sam Windett. Ed in effetti la stoffa sissimo esordio solista di un signore Durante gli otto minuti di Moon Ve- in questo lavoro eponimo c’è. Un che sta sulle scene da quaranta e getables la chitarra di Chris For- pastone di garage rock psichedelico passa anni, Other People’s Lives syth tesse la trama di un brano come ormai neanche i Comets On (2006) non era poi troppo piaciuto. costellato di frammenti percussivi Fire sono in grado di fare. Una ca- Più per la refrattarietà all’idea di un e nenie dementi, mentre con Pla- ciara maestosa per fricchettoni post Ray Davies maturo e rock oriented, stic Grass si piomba in un vortice di datati dalla lacrimuccia facile per i più U.S. che U.K. (da anni vive a ammassi noise, aritmie percussive, bei tempi che (non) furono. Amplifi- New Orleans, dove quasi ci lasciava intemperanze vocali che rimandano catori valvolari e svisate lisergiche la pelle dopo un tentativo di rapina), al catalogo Skin Graft. spalmati su dieci brani che puzzano così apparentemente diverso dalla Riding On The Curly Head Of A Man di sudore sulle ascelle e forfora sui sua veste “classica” di acuto, visio- From Coney Island In A 280ZX è un capelli. White Disc Of Sun dà il via nario e ironico storyteller. E nemme-

64 sentirea scoltare no uno dei tanti: lo storyteller per Omar Rodriguez Lopez & Lydia antonomasia (come da titolo di un Lunch – Self Titled (Willie An- suo disco-happening del ’98), colui derson, 8 ottobre 2007) che seppe raccontare – fustigandoli Genere: prog e deridendoli - grandi e piccoli di- Appena prima di ascoltare questo fetti dell’animo umano, attraverso disco, pensavo contento, in un api- la sua Inghilterra, fissando al con- ce di nerditudine critico-musicale: tempo nuovi canoni per il pop intero “so già cosa mettere sotto la voce (brit, che ve lo diciamo a fare). “genere”; sarà NO-PROG!”. Avessi Si sarà capito: impossibile guardare ascoltato prima il disco di colla- al Ray Davies di oggi senza pensare borazione di qualche mese fa tra a quel Ray Davies. Beh, fare marcia Omar e Damo Suzuki, avrei tituba- indietro ci viene naturale di fronte to; ma sono bastati cinque minu- a Working Man’s Café, un disco ti di questo EP che mette insieme che obiettivamente dimostra quan- Lydia Lunch – pilastro della New Göteborg. I Sambassadeur se ne to l’ispirazione dell’Uomo oggi sia York tra Settanta e Ottanta – e escono con la loro seconda fatica più che mai vivida, vivace nel com- Omar Rodriguez-Lopez – artefice sempre licenziata dalla Labrador, mentare il presente - tanto il nostro del passaggio At The Drive-in / loro connazionale etichetta. Quale quanto il suo -, vestendolo di me- Mars Volta – per ricredermi; o me- sia la strada intrapresa da quest’ul- stiere quanto basta (i sessionmen glio, semplicemente per togliere la tima è ormai cosa accertata e, visti di Nashville fanno dignitosamente il particella “no”. gli eccellenti risultati, confermata. loro lavoro). Epperò con una verve Certo, Lydia la diabolica (e pranzi- La stessa cosa sarebbe stata pos- subito evidente dalle due prime car- fera) non è mai presenza timida; i sibile affermarla anche per la band tucce sparate, Vietnam Cowboys e titoli dei brani mi siano a testimo- in questione se solo avesse pro- You’re Asking Me (kinksiane oltre- nianza, e le sue spoken-word anti- ceduto su quel crepuscolare pop modo, e come altro, sennò?), pro- maschiliste, anti-religiose, anti- chitarristico dipinto ad acquarelli seguendo poi in un percorso che si sociali, filtrate da vocoder, echi nel loro omonimo album di debutto. fa rock, soul, pop, in una maniera e riverberi. Ma sotto di lei c’è un Ora, non che questo Migration sia che tuttavia va ben oltre il farti chie- flusso progressivo e sfrenato che un disco mediocre, anzi: le canzoni dere “where have all the good times sembra una traccia sola - ma vi ac- sono tutte di ampio respiro e di una gone?”. Che basterebbe solo quel- corgerete che non è così dopo che solarità contagiosa. Ma ciò che ci lo, in fondo; e invece Ray ci met- un quarto d’ora di ascolto non vi lascia perplessi è il perché questi te ancora una volta del suo, vedi le avrà dato l’impressione di alcuna quattro svedesi abbiano in parte autobiografiche title track e Morphi- soluzione di continuità, guarderete abbandonato quel loro muoversi in ne Song, talvolta inciampando (la lo stereo e la traccia sarà la 4 o punta di piedi in un contesto mo- quasi Springsteen-iana Peace In la 5. Ma soprattutto sotto Lydia si deratamente malinconico fatto di Our Time, strana per le sue corde), dissimula una specie di jam degli delicate trame chitarristiche, dal aggiornando antichi fasti ricopren- Experience di Jimi Hendrix in posa sapore shoegaze in bassa fedeltà, doli d’urgenza odierna (The Voodoo da BBC Sessions, del tutto fuo- per avvicinarsi pericolosamente a Walk, No One Listen), per portare ri dal tempo e dalla cogenza, che un pop anni Ottanta, composto da infine il risultato a casa. Non si può spumeggia tecnicisticamente fago- facili e allegre melodie con tastiere chiedergli di meglio, no. (Da mette- citando la voce della sciamana. in primo piano. Immaginatevi i Bel- re sullo scaffale accanto al recente Un risultato piuttosto pallido, se le And Sebastian a braccetto con i ritorno di Edwyn Collins.) (7.0/10) si guarda il voto, ma frutto di due Jesus And Mary Chain passati nel spinte opposte che sostanzialmen- frullatore degli Abba. Antonio Puglia te si annullano; l’una di entusia- Quindi, bocciarli senza ritegno? smo per l’esperimento, l’altra di Non proprio. Il fatto è che i Sam- minimizzazione di uno degli adden- bassadeur tutto quello che fanno, lo di, quello da cui più mi aspettavo fanno bene e basta ascoltare can- qualcosa. (6.0/10) zoni come la title track, The Park e Someday We’re Through per capire Gaspare Caliri il limpido talento pop posseduto dai Nostri. Resta fuor di dubbio però Sambassadeur – Migration che per noi Migration rappresenta (Labrador / Goodfellas, 24 ot- un piccolo passo indietro rispetto t o b r e 2 0 0 7 ) al precedente lavoro e che rischia Genere: pop di far cadere Anna Persson e soci Niente di nuovo sotto il sole della in quell’oceano di anonimato dove Svezia, o forse, visto il periodo, sa- molte band arrancano per non affo- rebbe meglio dire sopra il gelo di gare. Infatti, è tutta un’altra storia

sentirea scoltare 65 quando il passato prossimo viene tempo, tanto da farci dire – attiran- evocato in alcuni passaggi dell’al- doci sicuramente le ire di qualcuno bum: la riuscitissima rilettura di – che l’assenza dei pezzi grossi di Falling In Love di Dennis Wilson cui sopra (che erano il motore del- e la strumentale Calvi, così intrise la band) passa quasi inosservata. di malinconica bellezza, farebbero Cosi come Siam anche 1938 vede ben sperare in un futuro cambio di la griffe Neurot, e le sole parole di rotta. Per il momento, promossi con Scott Kelly - “Pochi artisti si pos- riserva. (6.0/10) sono realmente definire unici. Arti- sti che colmano i vuoti della nostra Andrea Provinciali anima. I Savage Republic apparten- gono a questa ristretta categoria. Sarin Smoke – Smokescreen lp + Sono il suono che predata il futuro cd (Three Lobed, settembre 2007) me (Untitled 3). Il mandala del lato e ci ricorda il passato.” – bastano a It Chars Our Lips Yet Still We B del picture, opera di Liz Harris toccarci l’anima. Chapeau. (7.0/10) Drink 12’’ (Wholly Other, set- di Grouper, invece, la dice lunga tembre 2007) sull’intento trance-inducing della Gianni Avella Genere: guitar landscapes collaborazione. Che si spera viva- Sarin Smoke, ovvero la collabo- mente non sia secondaria, né tanto Henrik Schwarz - Live (!K7, razione che non t’aspetti. Se Tom meno estemporanea. (7.0/10) 2007) Carter è uso, specialmente nelle Genere: elettronica profonda prove al di fuori della casa madre, Stefano Pifferi Il suo Dj Kicks, con contributi tra pasteggiare a base di desertiche e gli altri di Pharoah Sanders, Mar- visionarie elucubrazioni di chitarra, Savage Republic – 1938 (Neurot vin Gaye, D’Angelo, può essere Peter Swanson, noto ai più come / Goodfellas, novembre 2007) considerato il più “nero” della serie. Yellow Swans, è avvezzo a suoni Genere: trance rock Henrik Schwarz torna con album dal decisamente più lancinanti. È pur vero e non abbiamo manca- vivo che prosegue nel segno della L’incontro tra i due non si trasfor- to a riferirlo che i Savage Republic black music. Quest’anno abbiamo ma, però, in uno scontro, come sa- di oggi sono altra cosa. È pur vero assistito al definitivo tramonto dei rebbe immaginabile, ma mette in che Bruce Licher e Philip Drucker suoni minimali, alieni e glaciali e evidenza le capacità trasfigurative da tempo gravitano altrove, ma è all’esplosione dei groove caldi e di Swanson. A dispetto del bruta- oltremodo vero che qualche sof- delle sonorità avvolgenti e musco- le pedigree noisy, niente folate di fitto, i redivivi californiani, ancora lari. Henrik da Ravensburg farcisce rifiuti industriali, ma la preziosa oggi lo scuotono. Quindi evitiamo i propri set con abbondanti dosi di capacità di piegarsi a distese di frasi fatte del tipo “eh, però i primi jazz, funk e dub, chi l’ha visto dal suoni più pacati ma ugualmente dischi…”, “uh, se mio nonno fosse vivo sa cosa aspettarsi. destabilizzanti. Le chitarre duetta- ancora vivo” e poniamoci sul pre- Si parte nientemeo che con Sun no in una serie di trance-outs per sente. Assodato, dunque, che i fa- Ra, mentre il padrino James Brown, chitarra elettrica che innalzano una sti del passato sono lì e nessuno già presente nel Dj Kicks con Sin- vera e propria cortina fumogena li scalfisce, assodiamo anche che ce You’ve Been Gone, viene omag- emozionale davanti agli occhi/orec- 1938 e sì un disco di attempati giato con il remix di It’s a Man´s chi degli ascoltatori, il cui continuo trance-rocker, ma ad avercene oggi World. Un insospettabile Boy Ge- e ripetitivo frangersi di note spo- di gruppi forti, in prospettiva, di una orge compare come guest dei Dark gliate disegna landscapes dal for- “vecchiaia” pari a quella dei Savage Globe nell’incalzante bomba soulful te impatto allucinato e allucinante Republic (per dire, voi come lì ve- Atoms, Leave My Head Alone Brain, come un Fahey disidratato e senza dete i Tv On The Radio tra vent’an- già frutto di remix da parte di Osun- ambizioni. ni, cosi in forma? Dubito…). Roba che seppur rarefatta è inten- Dopo quasi quattro lustri di assen- sissima e urticante, e si appiccica za temevamo un full length male al cervello in maniera lancinante. assortito, ed invece questo è un Ascoltate Blood Window e ditemi lavoro estremamente organico, con se non gronda sangue dal vostro apogei di accecante bellezza qua- impianto stereo. li Caravan – diciassette minuti di Nel 12” gemello uscito per la Whol- Joy Division influenzati dagli High ly Other di Tom il discorso non cam- Tide e persi in una torrida jam vi- bia. I tre pezzi Untitled del lato A sionaria – e la chiusa Peking. 1938 si rigenerano in richiami orientali già la conosciamo (come anche (Untitled 1), in gorgoglii sommessi Marshall Tito, Monsoon e Siam, tut- (Untitled 2) e in una ipotesi di me- te nel mini dello scorso marzo) ed lodia da weird-folk sinuoso e defor- ancora riesce nel cristallizzare il

66 sentirea scoltare turn it on

The Heliocentrics – Out There (Stones Throw / Goodfellas, 1 ot- t o b r e 2 0 0 7 ) Genere: psych funk groove Quest’anno vanno di moda il cosiddetto rare groove e Il kitsch démodé. O per lo meno a noi piace pensare che certe coincidenze non siano tali. Luke Vibert e Perrey appena un mesetto fa strizzavano l’occhiolino all’Exotic Moog di Martin Denny; i Beastie Boys quest’estate si sono calati perfet- tamente in una versione instrumental lounge e ancora Madlib e M.I.A. che rubano al tentacolare repertorio di Bollywood, e qualche mese indietro King Britt ad antologizzare, con tutta la scienza del caso, un primo volu- me di chiccherie cosmic jazz da far venire la bava alla bocca a qualunque musical antiquario. Infiliamoci pure la copertura costante delle produzioni Sublime Frequencies, Finders Keepers, Vampisoul e Soul Jazz. È il pano- rama di una nuova “generazione cocktail”, quella che al cinema va in brodo di giuggiole di fronte alle strizzatine d’occhio marcate anni ’70 dei Grindhouse di Tarantino e Rodriguez e non dimentica che questo è l’anno in cui è morto James Brown e hanno dato l’Oscar ad Ennio Morricone. È il quadro generale dentro cui si colloca un disco come quello degli Heliocentrics, multiforme creatura di Malcom Catto, uomo di percussioni e ristampe funk-soul. Un Intro e un Outro dal piglio cinematico: campionamenti vocali, batterie trattate, elettronichetta vintage, chitarre acide da trip californiano. Nel mezzo? Un’operazione chirurgica dove il cadavere di un jazz già trasfigurato viene sezionato a colpi di bisturi hip hop (Distant Star, Sirius B, Untitled, Before I Die) e lame funk (Once Upon a Time, Beyond Repair, The Zero Hour, Joyride) con innesti di narcoletica psichedelia, campionamenti cinematici, infe- zioni cosmiche. Quello degli Heliocentrics è un grande Grindhouse di musiche old style. E nel disco c’è di tutto, di più. Tirate acid funk da poliziottesco che nemmeno De Angelis e Micalizzi (Beyond Repair, Joyride), congegni astral jazz da odissea spaziale che guardano a Sun Ra e Marcus Belgrave (The American Empire, Age of the Sun), sinistre sceneggiate exotiche da giallo-thriller italiano che solo Morricone (A World of Masks, Sounds of the East). Alle prese con la cover di Winter Song di Nico, gli Heliocentrics partono immediatamente per la tangente e la trasfigurano in una nenia cosmica, con buona pace delle pretese neoclassiche di John Cale. Out There è l’unico disco contemporaneo immaginabile come musica di sottofondo per il balletto di Barbara Bouchet nel night di Milano Calibro 9. Insomma… materiale per un culto istantaneo. (7.5/10)

Antonello Comunale

sentirea scoltare 67 lade, è lo zenith del disco. Tutto il smo) preferisce una lucida autoi- disco viene percorso da ritmi feb- pnosi (Wismult, Epirex Motor e la brili per balli ad alta dispersione migliore del lotto ovvero l’alt-take sudorifera, in un delirio di (con- di Wismult in coda), oppure, nel più trab)bassi pulsanti, sax maestosi in tipico dei casi, uno scandaglio del- loop frenetico, pianoforti in caduta la classica tematica dell’industria(l) libera. Huge deepness! (6.5/10) o dell’anima dei Robot (Rawema). Non un tanto gioco di manopo- Paolo Grava le analogiche, piuttosto una lap- top music eminentemente ritmica e razionale, svolta in un platter compatto ma abbastanza vario da allontanare ogni idea di concept (vedi anche Richie Hawtin). Robotron è probabilmente la defi- drones alla Terry Riley (Nations), nitive thing: un buon prodotto di ge- esplosioni shoegaze, ballad tecno- nere confezionato secondo cliché velvettiane (Radio Silence), osses- per i quali non si possono giustifi- sioni space-kraut alla Spiritualized care elogi incondizionati o soprav- e blues ambient apocalittici (World valutazioni unicamente sulla linea Army). Praticamente tutto come di una concettualità extra-musica- al solito, non fosse per un piccolo le. (6.5/10) particolare: mancano il rock (dov’è mai finita la batteria?) e soprattut- Edoardo Bridda to il pop. Lo interpretiamo come un Signal - Robotron (Raster-Nor- bel salto in avanti - o all’indietro, ton, settembre 2007) Six By Seven – If Symptoms se preferite - rispetto alle deboli Genere: electro glitch Persist, Kill Your Doctor (Sat- derive pseudo-easy-wave o finto- Cosa potrebbe accadere se il boss urday Night Sunday Morning rock degli ultimi anni, e questo è della Raster-Norton si rimettesse / Goodfellas, dicembre 2007) senz’altro un bene. (6.7/10) con Frank Bretschneider e Olaf Twelve – 03 (Saturday Night D’altronde che a Chris del rock or- Bender sotto la sigla Signal e pub- Sunday Morning / Goodfellas, 8 mai importi davvero poco lo si ca- blicasse un album frutto di cinque agosto 2007) pisce anche dal terzo disco da lui anni di lavorazione tra Berlino, Tok- g e n e r e : s p a c e r o c k pubblicato sotto il moniker Twelve, yo e Chemnitz (il luogo dove la la- / kraut, ambient solo project che porta avanti ormai bel iniziò la produzione nel 1999)? Non è dato sapere se i Six By Seven da qualche anno. 03 è un - affatto Sembra la classica premessa per oggi sono la maggiore preoccupa- velato - tributo al kraut e alla ko- un lavoro che si misura con lo stato zione per Chris Olley; dopo il lan- smische musik, a partire dai titoli dell’arte della produzione art-tro- cio del progetto electro-clash Fuck in tedesco; e immancabilmente te- nica tedesca. E così di fatto pare Me U.S.A. (in tandem con il tastie- desco suona il disco con la triade Robotron, prova sulla lunghissima rista James Flower), che è apparso Cluster / Kraftwerk/ Neu! a benedi- distanza di Signal (il precedente perfino sul palco di Glastonbury la re dall’alto (sentite rispettivamente album era datato 2000), caratteriz- scorsa estate, il dubbio è lecito. Di Traum, Escher, Wolken). Il risul- zato da beat ipnotici, micro glitch fatto, non solo la vecchia band si è tato, ancor prima che pretenzio- e in generale un approccio conciso ricompattata, nonostante l’annun- so - non possiamo accusare di ciò e minimalista tipico della casa, che ciato - e naturale…- scioglimento un musicista che mantiene uno dei tuttavia preferisce un linguaggio di due anni fa, per di più contan- profili più bassi dell’orbe terraqueo architettonico funzionale allo stu- do il ritorno clamoroso del figliol - è piuttosto noiosetto. (6.0/10) dio delle superfici o all’inserto del- prodigo Sam Hempton (chitarrista le stesse (leggi noise). Robotron è noise che impresse a fuoco i primi Antonio Puglia dunque l’essenza della cosa: Brain due, ottimi e ad oggi insuperati – dance (c’è del funk trasfigurato), album, The Things We Make e The Starving Weirdos – Shrine ma non nello stile Rephlex (non Closer You Get). È inoltre uscito, Of The Post-Hypnot- ci sono breakbeat) bensì in quello anche se in sordina – as usual: ic (Root Strata, 2007) dei Pan Sonic, un’evoluzione artica è la dura via dell’indipendenza -, Sudden Fear DVD (Cut Hands, della techno, un tribalismo (passa- quello che è possibilmente il più novembre 2007) temi il termine) zen che apre alla sperimentale e “battagliero” - vedi i Genere: drone apocalypse trascendenza meditando in un white titoli - dei dischi del gruppo di Not- Dalla California continuano ad ar- cube. A differenza dei finnici però, tingham: otto lunghe tracce pre- rivare colonne sonore di una apo- troviamo un corpus concettuale che valentemente strumentali, molto calisse annunciata. Gli Starving alla forza d’urto (o all’isolazioni- trancey e psichedeliche, ricolme di Weirdos sono come gli aborigeni

68 sentirea scoltare di una civiltà che si prepara psico- per una volta siano le immagini ad joint venture. Si diceva del laptop, logicamente alla fine e tutto som- adattarsi alla musica, anziché vice- se ne fa un uso importante, tuttavia mato gioca ad annientarsi ancor versa. Ovviamente hanno scelto un non manca il proverbiale suonato prima di arrivare alla data di sca- noir, perché il noir è il genere me- e soprattutto, ammette lo stesso denza. Musicalmente ti calano in tafisico per eccellenza. (7.5/10) batterista, questo è un lavoro sul- un ruvido stato allucinatorio, una la forma-canzone. Si tratta perlopiù dimensione parallela dove droni e Antonello Comunale di eleganti landscape dalle ritmiche percussioni arrivano da una distan- chirurgicamente scomposte, sulle za siderale (Crewell, Wartime Sun- Steve Jansen – Slope (Sa- quali una manciata di cantanti pun- rise). È un metodo senza rifiniture madhisound / Self, dicembre teggiano la consueta umanità ele- fatto di note sostenute e tensioni 2007) gante ed essenziale (una splendida che sanno tendersi fino allo spa- Genere: elettronica, ambient diva digital-soul, simile all’ultima simo (Droned And Poned). Non è Intimamente conservatrice eppure Niobe, Anja Garbarek, in Cancel- un caso che uno dei brani del loro progressista, la Sylvian family lo è led Pieces, la cristallina Nina Kinert precedente disco si chiamasse Pla- da sempre. Sin da quando David e in Playground Martyrs (Reprise) e, stic Gagaku. Il modo di improvvisa- il fratello Steve erano nei Japan e diciamo, un Sylvian più secco, ov- re è simile a quello degli ensemble ancor di più quando il primo intra- vero, Theo Travis in Sleepyard). di corte giapponesi. In entrambi i prese, sempre con l’aiuto del se- La cifra soul-noir del lavoro, la sua casi, abbiamo musiche che annul- condo, la carriera solista. Il cano- unità che si gusta come un brandy, lano i ritmi, le strutture, le infles- vaccio si caratterizza, oggi come è ancora la medesima e questa, sioni, i contorni. Sospensione e ip- allora, dal crooning adult-intimista signori, è musica adulta, adatta- nosi che possono essere agevolate del cantante e dall’essenzialità del mento per grandi d’arrangiamenti anche con un uso sapiente dei field batterista quando è semmai l’ar- software fino a ieri dominio di sma- recording (Shrine Of The Post-Hy- rangiamento, di volta in volta, a pnotic), in tutti i casi questa musi- cambiare e caratterizzare i lavori. ca è come un cinema dell’illusione, Arrangiamento che si traduce in ma non diretto alle orecchie, bensì numerosi ospiti, in combinazioni alla mente. Così come le immagini di essi, sempre illustri e dal sicu- (e le inquietudini) che si intuisco- ro impatto (Fripp, Hassell…). Pure no nello sguardo fantasma di Joan il bel Blemish, benché rivestito al Crawford, eroina di Sudden Fear. I qbase non inganna, ci troviamo i Weirdos scelgono un classico noir consueti modi dei due e Derek diretto nel 1952 da David Miller Bailey a giocare in contrappeso, per una performance multimediale come identico (se non retroattivo) al terzo Annual Experimental Film il nuovo progetto con Burnt Fried- & Music Night in Humboldt. Il DVD man, Nine Horses, firmato sotto edito da Cut Hands contiene il mon- moniker non a tre. taggio video fatto da loro stessi e Le etichette, e nemmeno i compu- la musica improvvisata in quell’oc- ter, cambiano ad ogni modo una nettoni hardcore del ritmo com- casione. Uno score di tremuli, so- sostanza che se è variata in que- plicato e ora (dopo il maquillage spiri, echi abissali, che si insinua sti anni non è di certo nelle dina- 2-step), soundtrack di salotti per nei chiaroscuri espressionisti della miche di base, semmai a mutare è quarantenni. La minuteria sample- pellicola e ne rovescia gli angoli. Il la portabilità della tecnologia - con delica, gli astrattismi (fourth)world, loro montaggio altera così tanto la la quale la coppia ha preso decisi- quell’architettura Blade Runner, pellicola (rallenti, sovrimpressioni, va confidenza - il fattore chiave. La sono l’attuale progressismo a con- dissolvenze) che sembra quasi che Samadhisound non è che l’escre- torno del consueto conservatori- scenza più visibile di un nuovo smo. A voi la scelta della valenza modus operandi più in piccolo, più dei termini, positiva o negativa che veloce e affidabile. Laptop e label sia. Noi siamo moderati. Li amia- di proprietà dunque, come ideale mo. Ma non possiamo fare a meno piattaforma per pubblicare album in di criticarli. (6.5/10) un tempo ragionevole e senza trop- pi dispendi economici e soprattutto Edoardo Bridda di tempo (David e Steve abitano tra Londra, New York e il Giappone). Subtle – Yell & Ice (Lex / Wide, In conseguenza di tutto ciò, il primo 2007) album solista di Steve Jansen arri- Genere: avant-prog-pop va soltanto ora. È un nuovo-vecchio Come era già successo per A Gre- album in famiglia, con Sylvian natu- at White nel 2004, seguito da un ralmente (in due brani) e gli ospiti in mini album di remix, Wishingbone,

sentirea scoltare 69 Radio (Deathful, mix di progressive personalità dei partecipanti prende rock e hip hop). il sopravvento e allora la freake- A completare un quadro interes- ria di cui sopra si dilata, deviando sante ed inedito si aggiungono l’hip verso lidi di totale pazzia vocal- hop psichedelico di Islandmind, percussiva come nella finale Tap- l’electro funk di Cut Yell, Not (il pajahauki. brano più pop dell’album) e la bal- Cosmico e dilatato, senza forma lata Requiem For A Dive, tutte a fir- e istintivo, The Blaze Game è un ma Subtle. progetto estemporaneo, ma decisa- Che dire? In questo disco, come mente sopra la media. (7.0/10) nel precedente, il sound corposo, a metà tra il rock e l’hip hop ha la- Stefano Pifferi sciato il posto ad un atteggiamento più leggero, più soft, nel quale la così, l’ultimo full-lenght dei Subtle ricerca di ritornelli e melodie orec- (band che ha dimostrato di predi- chiabili si sposa ad arrangiamenti ligere la dimensione dell’ep per meno impattanti e più raffinati, che dare forma ai propri lavori disco- richiamano i prodotti ultima grafici), For Hero: For Fool, a un maniera. I primi Subtle sono già un anno di distanza ricompare sotto ricordo lontano. Ma ci stiamo già mentite spoglie. Anche in questo abituando. (6.8/10) caso, infatti, la materia di parten- za è quella dell’album precedente Daniele Follero e il processo di trasformazione dei brani è più o meno il medesimo. I Sunburned Circle – The Blaze testi sono spesso riscritti da capo e Game (Conspiracy, settembre le musiche vengono ricostruite sul- 2007) la base di sampler e arrangiamenti Genere: weird freakness Tender Forever – Wider (K molto diversi dagli originali, con il Cosa succede se i portabandiera Records / Goodfellas, 4 dicem- risultato che ci si trova di fronte ad del new weird america sound in- bre 2007) un disco nuovo, più nei contenuti, contrano i freak finnici per antono- Genere: indie pop però, che nello stile. Quello infatti, masia? Nulla di più, nulla di meno Dopo l’esordio Soft And The Har- rimane molto legato al suo “fratello di ciò che è contenuto in The Blaze dcore di due anni fa, Melanie Va- maggiore”, dal quale eredita l’at- Game: 40 minuti belli tondi di frea- lera, la francese che si cela dietro mosfera solare e l’attenzione alle kerie post-hippie della miglior spe- la sigla Tender Forever, licenzia il melodie orecchiabili che distoglie, cie. Galeotta fu la Finlandia dove i nuovo album sempre sotto l’egida anche se non definitivamente, dalla Sunburned decisero di concludere della K Records. Questa etichetta, vena rock-crossover alla quale la il proprio tour 2006 in una sala di regina incontrastata della scena band di ci aveva abituati. registrazione con i Circle a jamma- indie del nord-ovest statunitense, La guest list, come al solito nei pro- re in totale libertà improvvisativa. dovrebbe già di per sé – e per la getti del rapper ex è L’album pubblicato dalla Conspira- fiducia mostratale – rappresentare molto fitta ed eterogenea. Il ritorno cy è dunque il resumen in 7 pez- un’ottima garanzia per Wider. Ma, a duettare con Why? è già di per zi di alcuni giorni di delirio impro purtroppo, questa seconda fatica se una notizia e ricalca, nell’inizia- dell’esteso collettivo: i bostoniani di Tender Forever fa registrare po- le Falling, il felice sodalizio, dimo- ci mettono la loro attitudine free: chissimi passi avanti. Sia dal punto strando che la forza del trio che fu, gli speed-krauters l’amore per la di vista della forma, sia da quello stava proprio nell’amalgama per- ripetizione e la (ovvia) circolarità della sostanza. Il suo fare artistico fetto di tre individualità distinte. Un delle strutture. E la compenetra- differisce di poco da quella forma altro gradito ritorno è quello di Mar- zione tra i due progetti stupisce cantautoriale elettro pop che già kus Acher, compagno di Doseone perché, pur mantenendo ognuno le faticava a emergere al debutto, an- nei Notwist (The Pit Within Pits), proprie specificità, il connubio rie- che se alcune buone idee faceva- mentre sono due le “new entry”: la sce appieno creando una sorta di no ben sperare per il futuro. Buone nuova leva della Anticon Bracken catartica fusione. idee che invece di maturare si sono (alias Chris Adams, già membro de- Spazio quindi a lunghe jam di psi- adagiate pigramente su se stesse. gli Hood) che affianca la band in chedelia sommessa sempre lì lì Certo, alcuni episodi – sicuramen- Sinking Pinks, sorta di drum’n’bass per esplodere (Variksenpelatin) e te l’iniziale Tiny Heart And Clever in salsa pop, Dan Boeckner dei a world music tribale e alienata da Hand, la spensierata Nicer If They Wolf Parade, protagonista nel- boschi finlandesi (Heinävelho), am- Tried e Folded Papers, il pezzo mi- la folktronica Middleclass Haunt e mantata sempre di un gusto folk da gliore del lotto – risultano più com- dei TV On The fare invidia. A volte la deragliante plessi e aperti a soluzioni nuove,

70 sentirea scoltare turn it on

Yacht – I Believe In You. Your Magic Is Real (Marriage – ERR / Goodfellas (novembre 2007) Genere: elettropop Yacht raccoglie quello che ha coltivato come factotum della città di Port- land con questo I Believe In You. Your Magic Is Real. Miscela la sua esperienza Blow-iana (in See A Penny (Pick It Up)) esprimendo una con- vincente lucidità espositiva che non era del tutto riuscita qualche mese fa a Khan. Scrive per esempio una pop song che può sembrare un pretesto per sfogare in leggerezza le sue smanie ritmiche (We’re Always Waiting), ma lo fa bene; a immaginarci a un suo concerto, ci guarderemmo sorriden- doci tutto sommato convinti. Del resto, la felicità della trasposizione in musica delle sue competenze era già dimostrata; il pericolo era semmai un professionismo poco ispirato; oppure, peggio, un eccesso di sicurezza, la convinzione di riuscire a fare sempre in modo che le persone si guardino sorridendosi tutto sommato soddisfatte. E invece il rischio è superato con gioia di vivere e senza presunzione, con qualche punto debole The Magic Beat), certo, ma trascurabile (tutto sommato). Il suo meglio è la dimestichezza nella gestione (coerente) di mondi non troppo vicini tra loro; So Post All ‘Em azzecca una folktronica tribalista che piacerebbe agli Akron/Family degli inizi; ma la chicca vera è Platinum (dove Bobby Birdman gli restituisce uno dei favori), un avvicinamento agli El Guapo sul tessuto esplicito (e spassosissimo) della tastiera di We Are The Robots dei Kraftwerk. E se talvolta gli stessi El Guapo diventano ingombranti (It’s All The Same Price), specie nelle scelte vocali, Jona Bechtolt ha il carisma di calare queste ultime in una decostruzione che le stempera (It’s Coming To Get You), in un gospel fallito. Insomma, se la padronanza fa divertire sia l’autore che l’ascoltatore, è facile che una critica diventi speciosa, premeditata, se insistita. Noi si preferisce sorridere, tutto sommato. (7.1/10)

Gaspare Caliri

sentirea scoltare 71 ma rappresentano rare eccezioni. Reed, protagonista - nostro mal- Infatti, a parte una più marcata vici- grado - del duetto, non siano più nanza all’universo indietronico del- tanto affidabili. la Morr Music, nel complesso la sua Meglio glissare - malignità a parte, cifra stilistica è rimasta invariata. il pezzo è francamente terribile - e Melanie fa sempre tutto da sola: soffermarsi sulla sostanza qui pro- partendo da una chitarra acustica posta, che non è poi mero raschia- o da un piano e impreziosendo il mento del barile ma anzi propone tutto con strati e strati sintetici di outtakes e rielaborazioni ad hoc di laptop e tastiere vintage. Ciò che brani già editi, mischiate a b sides ne scaturisce sono leggere melo- assortite. Il bello di queste raccol- die naif modulate soprattutto dalle te, di solito, è che mettono in evi- dolci sfumature vocali della Nostra. denza lati nascosti, certe sfumature Tutto qui. Per il prossimo album che usualmente sono appannaggio questa raffinata francese dal cuo- dei soli affezionati; magari quella Niente a che vedere con il grotte- re pop avrà sicuramente bisogno di gemma nascosta che non ce l’ave- sco “cinema polacco” che si vede una profonda riflessione e una de- va fatta a finire sull’album, o quella ultimamente sul palco di Zelig. Con gna messa a punto se vorrà uscire particolare session in cui era uscito il termine Czech New Wave si fa dalle sabbie mobili del manierismo fuori qualcosa di irripetibile. riferimento alla produzione cine- nelle quali Wider sembra averla Ma, ahinoi, sul piatto non gira Ha- matografica boema dei primi anni condotta. (5.3/10) tful Of Hollow, e detto ciò si po- ’60. Una vera e propria nouvelle trebbe anche chiudere qui. Però vague, con tanto di autori chiave Andrea Provinciali ecco, a sentire l’inedita Leave The e opere cardine. Tra queste sicu- Bourbon On The Shelf ci ricordia- ramente Valerie And Her Week The Killers – Sawdust (Island / mo di certa leggerezza glam-pop Of Wonders di Jaromil Jireš e Universal, 13 novembre 2007) dell’esordio Hot Fuss (ah, quei Daisies di Věra Chytilová, rapida- Genere: pop ritornelli), come anche in Under mente entrati nell’empireo dei cult Che i Killers siano diventati una The Gun, e il romanticismo semi- movie, con tanto di estimatori ol- delle realtà più established del pop parodistico di Show You How (con tre ogni sospetto come Jarvis Co- tutto, in grado di contendere non incipit quasi lo-fi!) e il Bowie esa- cker e Trish Keenan dei Broadcast. solo le copertine patinate ma an- gerato di The Ballad Of Michael Ma andiamo con ordine. Il Valerie che gli onori e i plausi della gente Valentine hanno il loro perché; e Project è un vero e proprio super- che conta (vedi anche la recente per chi è a caccia di stranezze, c’è gruppo che riunisce alcuni nomi partecipazione alla colonna sonora perfino un’incursione nel count- cardine della scena psych folk di del biopic joydivision-iano Control, ry Ruby Don’t Take Your Love To Philadelphia. Il deus ex machina in cui rileggono Shadowplay), è un Town, senza contare la Romeo And del progetto è manco a dirlo Greg fatto ormai difficilmente confutabi- Juliet dei Dire Straits (che, però… Weeks degli Espers. Il Nostro le. Solo così potremmo accettare vabbè), o una Sam’s Town spoglia- vede il film di Jireš su una copia in qualcosa come Tranquilize, l’ine- ta e classicheggiante. Come dire, 16mm di proprietà di Joseph Ger- dito di apertura di questa compila- il potenziale non è del tutto assen- vasi, collezionista e distributore di tion di rarità, piombata sul sempre te. Questo non lo si è mai messo in pellicole culto, e si innamora im- affollatissimo e remunerativo mer- dubbio; semmai è il gusto pomposo mediatamente della stranissima at- cato natalizio. Eppure, non basta. e kitsch che imperversa anche qui mosfera del film (che per la crona- Perché dovremmo anche accettare - praticamente nel resto delle trac- ca in Italia girò quasi in condizioni un’altra verità, ovvero che le capa- ce -, che continua a farci vedere i di clandestinità con il titolo forza- cità di discernimento del sig. Lou Killers come una grande occasione tamente osè di “Fantasie di una sprecata (ad esser buoni), o come tredicenne”). Il progetto Valerie un pacco formato famiglia (ad es- assume rapidamente i connotati di serlo meno). (4.7/10) un omaggio sotto le sembianze di una nuova soundtrack. Greg chia- Antonio Puglia ma a raccolta membri degli Espers e altri amici musicisti del giro di The Valerie Project – Philadelphia: Fern Knight, Grass, s/t (D r a g C i t y / Tw i s t e d Fursaxa, Timesbold, Woodwose, Nerve, 26 novembre 2007) Rake, Charles Cohen. Il disco in AA.VV. – Daisies (Finders Keep- questione è il lascito su disco del- ers, 26 novembre 2007) le session strumentali concepite G e n e r e : c z e c h f o l k dal gruppo e già ampiamente ro- La cosiddetta new wave del cine- date dal vivo. Lo score originale ma cecoslovacco è ancora tra noi. di Lubos Fiser è una lunga suite

72 sentirea scoltare dolciastra e deliziosamente buco- alla definizione “foxcore”, inventa- lica che si sposa a meraviglia con ta da Thurstone Moore per qualifi- i vampiri e gli assurdi personaggi care quell’entità simil-riot grrrl ma del film. Lo score concepito dal simpatizzante con il grunge e l’he- Valerie Project è invece molto più avymetal; come esempio virtuoso sinfonic-folk. Una “versione sinfo- ci giochiamo subito la sabbathia- nica dei Magma” la definisce in- na Damage Done, presa dall’album fatti Weeks. Come soundtrack non di cui vi stiamo per parlare, ma è funziona benissimo, come omag- un’eccezione. gio ideale ai singoli momenti del Sì perché purtroppo (opinabilmen- film si. Progetto tra i più strambi te) per noi, le Veruca Salt di oggi e originali che è capitato di ascol- non fanno altro che rimescolare re- tare di recente, farà felice qualche taggi inizio anni Novanta (come gli giovane wicca dark sempre alla ri- amplificatori al massimo) con una cerca di oscure fairy tales. Proprio fantomatica rabbia femminile, in bienti weird – impro – avantgarde la soundtrack originale di Fiser fu definitiva sessista e sempre pron- – freefolk e via di questo passo. pubblicata l’anno scorso dalla Fin- ta a valorizzare una voce in fondo Peraltro pare che il loro ultimo al- ders Keepers di che ora bella. In più il loro ultimo disco – bum, Classic Erasmus Fusion, completa la sua personale opera- IV – (che era uscito l’anno scorso abbia beneficiato di un tale pas- zione nostalgia mandando in stam- per la Sympathy Records e ora vie- saparola da spingerli addirittura pa lo score di Daisies, per la prima ne ristampato dalla Fillfull) arriva nei circoli così elitari di Top Of volta in assoluto. La parabola delle dopo un rimescolamento dei com- The Pops. Come dire, “La rivincita due Marie che vivono sempre più ponenti che non rallegra le carte, dei Nerds”. Che quello dei Volca- in simbiosi, immergendosi nei loro anzi paga l’assenza della spinta no The Bear sia uno dei laboratori personalissimi mondi mentali, vie- forse più creativa dei tre dischi musicali più intriganti e intelligen- ne scandita da brevi marcette bel- precedenti, cioè Nina Gordon. ti (e tipici) di questi anni è cosa le epoque, non-sense melodici da Cercando di essere sobri, si evita dimostrata ampiamente anche da cartoon e sciccherie exotiche mi- per un pelo di usare male parole questo nuovo disco. Amidst The sto coretti d’opera. Un documento per Circular Trend (con un “yeah” Noise And Twigs ritrova la conci- sonoro che ovviamente va di pari direttamente rubato da Smells Like sione che era andata perduta con passo con le immagini e ad esse si Teen Spirit) – e le si preferisce, il doppio album dell’anno scorso, riallaccia, ma mostra i suoi perché nella sua maggiore onestà, Wake a parer di chi scrive, vittima dei anche su supporto audio. “Here, at Up Dead – sarà pure in antitesi con consueti problemi da album dop- last, is the soundtrack to maybe quanto interessa a chi scrive, ma pio: minutaggi eccessivi, idee al- THE underground film of all time in almeno fa quello che deve fare, lungate, una generale perdita della all its crazy daisy glory. Monsieur, cioè suscitare emozioni ovvie. bussola sulla tenuta del progetto e you are spoiling us”. Parola di Jar- C’è di peggio: ascoltate come vie- sulle troppe idee messe in cam- vis Cocker! (7.0/10) ne rovinato l’inizio promettente di po. Che le ragioni del fascino di Closer, che sembrava far pensare quel disco siano anche in questi Antonello Comunale che anche per le Veruca i Jesus peccati veniali, fuor di dubbio. Ma Lizard non fossero passati inva- Amidst sembra dire che la band di no. Concentratevi sui piatti della Leicester ha ora voglia di ritorna- batteria quando inizia la seconda re sui propri passi per frequentare parte della canzone, pensate a di nuovo i territori più direttamen- quanto sono lì a un passo dal con- te weird folk di The Idea Of The vincervi, se non fossero così gros- Wood e The Inhazer Decline, met- solanamente appostati per sortire tendo in campo l’esperienza matu- un effetto. Per me è sufficiente per rata da Daniel Padden con i One spegnere la musica. (4.8/10) Ensemble. Musicalmente parlan- do le dieci tracce di questo disco Gaspare Caliri si possono descrivere facilmente come una via mediana tra le exo- Volcano The Bear – Amidst The tiche alterità dei Sun City Girls e Noise And Twigs (Beta Lactam le nenie stregonesche dei Comus. Ring, 6 n o v e m b r e 2 0 0 7 ) Certi accenti da ritualismo pagano Veruca Salt – IV (Fullfill, 8 no- Genere: mondo weird così tipicamente personali trovano vembre 2007) Nerd di tutto il mondo unitevi. È qui rapidamente sbocco in marcet- Genere: foxcore uscito il nuovo Volcano The Bear! te folk e coretti esoterici (The Sting Le Veruca Salt sono state (insieme Ormai questi ragazzi inglesi sono Of Haste, Before We Came To This alle L7) uno dei gruppi più adagiati dei veri e propri eroi in certi am- Religion). L’esotismo generale de-

sentirea scoltare 73 gli arrangiamenti e al tempo stesso se, per il resto costruita su remix e forma e sostanza dei brani. Si pas- cover di alcuni brani, editi e inediti sa rapidamente dal sinistro banjo di Why?: un pop a presa immediata di Burnt Seer alle ritmiche ceri- che non si sposta molto dalla scia moniali di Splendid Goose. Senza tracciata dall’esordio. Nulla a che contare che in She Vang Moon e vedere con il resto della tracklist, One Hundred Years Of Infamy i alla quale partecipano nienteme- Nostri escono allo scoperto come no che Xiu Xiu (che si offrono con non mai, gettando definitivamen- una loro personale versione elec- te la maschera e rivelando tutta la tro della già nota Yoyo Bye Bye) e sostanza apocalittica che sottende Boards Of Canada: loro è il remix le loro stramberie. I Volcano The della ancora inedita Good Friday, Bear sono come dei malevoli giul- una bellissima ballata funky, della lari di corte che distraggono gli quale potremo godere solo noi eu- astanti mentre tutto il mondo va in ropei, considerato che non è pre- si squarciava ad ogni pennata ad rovina. (7.0/10) sente nella versione americana. ogni spasmo, se solo giravano la Come non sono presenti la cover leva e ci mettevano il dovuto. In- Antonello Comunale della tenebrosa Broken Crow, di somma, ecco l’esordio covato in Nick T. e quella slowcore, ancora di sei anni farciti di consuete trafile, Yoyo Bye Bye, di Dump, nient’altri tra demo e concerti sempre più au- che James McNew di Yo La Tengo torevoli e autoritari. Il titolo è ok, (chissà perché, poi, tutto questo le dieci tracce sbrecciano muric- privilegio per il pubblico d’oltreo- cioli lo-fi e quadratura adrenali- ceano?). Chiudono questa carrel- nica punk-funk, quelle cose lì da lata di “star” , che remixa un basso ghignante, ritmica tenace, altro brano di Alopecia, By Torpedo tastiere incandescenti e chitarrine Or Crohn’s, rivestendo il in fregola, furia furiosa e agre biz- di Yoni (che ricorda vagamente un zarrie come una rimpatriata etilica Tricky bianco) di un’atmosfera tra tra Rapture e Runi, poniamo. Ma l’ambient e il trip hop, e il medley ecco spuntare certi contagi Echo & Pre-teen Apocalyptic Film Acting, The Bunnymen via Blur (Cut And col quale Half-Handed Cloud dan- Fit For You) quando non sbrigliata no il loro contributo. allure Clash e lirismo Television Se queste fossero le fondamen- (Kayoko And Cornelius), e allora Why? – The Hollows EP (Anti- ta di Alopecia, sarebbe una gio- drizzi un po’ di più le orecchie, an- con / Goodfellas, 27 novembre ia immensa poterne parlare bene che perché in entrambi i suddetti 2007) fra qualche mese. Ma vista la poca pezzi il cliché viene scompigliato Genere: pop “colla- credibilità del singolo, ho il timore da arguzie di tromba e sax con borazionista” che questo EP rischi di rimanere quel fare un po’ da banda sbandata A volte gli Ep e i singoli possono un bel caso isolato. (7.0/10) tipo il Mirko Guerrini che incoccia rivelarsi più interessanti degli al- Marco Parente. Certi segnali sono bum, soprattutto quando nei lavori, Daniele Follero importanti, cambiano in qualche per così dire, marginali, la fantasia modo la chiave di lettura: e allora viene sprigionata più liberamente. Winter Beach Disco - After The il dramma emo-wave di Gardena- Why? (nome che ormai indica un Fireworks We’ll Sail (Black le, ad esempio, ti sembra proveni- trio e non più il solo , ac- Candy / Audioglobe, 23 novem- re da profondo e lontano, lo stes- compagnato stabilmente dal fratello bre 2007) so vale per quella It’s So Useless Josiah e da Doug McDiarmid) sce- Genere: indie wave che si mangia crudi electroclash e glie, per aprire la strada al succes- I Winter Beach Disco da Viterbo post-punk come un cibernipotino di sore di (Anticon sono un quintetto col manico caldo PIL e Human League. Alla fine, un / Goodfellas, 2005), un EP molto di brio infervorato, gente che si è po’ di straforo, ti passa per la te- ricco di contenuti. Paradossalmen- buttata sull’osso con l’intenzione sta anche l’augusto nome dei Pol- te, però, in questo caso, la scelta di farsi un trip garrulo alla faccia di vo, per quella smania di smontare di collaborazioni d’eccellenza, ha chi ci crede troppo intensamente, e rimontare in un gioco di vampe messo in ombra e reso superfluo a quella vecchia fattucchiera del e dramma che alla fine resta però il lavoro del trio. Difatti The Hol- rock’n’roll. Poi invece è succes- essenzialmente un gioco. Questio- lows, il primo singolo del prossimo so che, chissà come, si sono fatti ne di crederci o no. Loro, a quanto venturo Alopecia (la data di uscita prendere la mano. Forse, chissà, pare, ci credono. (7.1/10) è fissata per marzo) è l’unico epi- sono stati colti dal brivido giusto sodio trascurabile di questa relea- al momento giusto, col velo che Stefano Solventi

74 sentirea scoltare è una ballata; No Warning Given stica ed elettrica, un avant folk il sfrutta degli escamotage arrangia- suo dal sapore ancestrale che si fa tivi e strati di rumore che stareb- ora sognante ora aggressivo. Pic- bero a proprio agio in 154, ma poi coli quadretti su una natura violata si apre a un ritornello alla Simple ma anche presentissima e arcana Minds. Pare accertato che il pros- che si avverte in tutta la sua natu- simo (iperannunciato) album non ra misterica. Una conferma per un contenga queste tracce; ma chissà disco fatto di atmosfere rarefatte. se ne sarà un proseguimento. Pro- (7.0/10) pongo, come migliore strumento di previsione, di far volteggiare una Teresa Greco moneta in cielo. (6.5/10) The Wombats – A Guide to Gaspare Caliri Love, Loss and Desperation (14 The Wire – Read & Burn 3 EP Floor / Audioglobe, 9 novembre (Pink Flag, 13 novembre 2007) 2007) Genere: post-punk / Wire G e n e r e : … j u s t r o c k 23 anni fa era il 1984, data che do- and roll for kids veva essere apocalittica per lette- Ovviamente, in UK la fotocopiatrice rati e punk – ma che, purtroppo per non finisce mai il toner. Ovviamen- i letterati, fu apocalittica solo per i te, non ha più senso parlare di emul punk. In quell’anno i The Wire non (sarebbe emul dell’emul dell’emul esistevano, se non nelle incarna- dell’emul, più del cubo); come de- zioni del progetto solista di Colin finireste una band che mette insie- Newman e dei Dome di Bruce Gil- me senza troppi complimenti Arc- bert e di Graham Lewis. Ventitré tic Monkeys, Interpol (con una anni dopo, cioè oggi, quell’entità briciola di Killers) e chiama la sua che pose pietre angolari del post- maggiore hit Let’s Dance To Joy Di- punk torna con il terzo capitolo di vision? Ovviamente, i Wombats da Read & Burn, serie di titoli iniziata Liverpool – proprio come i cugini nel 2002. Woelv - Tout Seul dans la Fo- artici di Sheffield - sono anfetami- Se però i primi due EP dimostrava- rêt en Plein Jour... (K Records / nici, adrenalinici, tutt’altro che cini- no una aggressività da punksters Goodfellas, 4 dicembre 2007) ci, anzi acuti, irriverenti, e – ovvia- maggiore in Newman e soci, le at- Genere: avant folk mente – divertenti (i testi diamine, mosfere di oggi sono più ambigue; Sotto il moniker Woelv si cela la i testi). Ovviamente, sono da tempo da un lato, in 23 Years Too Late, canadese Geneviève Castrée (or- additati come la next big thing più tornano ai cupi fine Settanta di mai trapiantata negli Stati Uniti da big di tutte: due singoli andati fuori 154; l’auto-dichiarazione di ritardo qualche anno), fumettista e scrittri- stampa in tempo record e NME che della prima traccia avviene infatti ce tra le altre cose. Tout Seul dans sbraita già dallo scorso aprile. Ov- con una lunga elucubrazione mez- la Forêt en Plein Jour... è il suo viamente anche stavolta ci si può zo parlata mezzo cantata, mezzo secondo disco, un concept nato con divertire e battere il piedino: Kill synth-accompagnata, mezzo ca- l’idea di farne anche un libro, e re- The Director, Backfire At The Di- valcata, dove le profondità vocali gistrato insieme a Phil Elverum con sco sono lì pronte per il prossimo di Colin ricordano Ka-Spel dei Le- cui abitualmente collabora. Cantato party under-20. Ovviamente, sotto gendary Pink Dots. Dall’altro lato interamente in francese, è un al- la buccia luminescente e trendy-is- il resto dell’EP è diverso, e al 1984 bum che ha più di un debito con le sima c’è anche della sostanza, so- dobbiamo tornare, per l’ultima vol- prime Bjork e Cat Power, nel can- prattutto nelle beachboysiane parti ta, per chiarire cosa intendiamo. tato e nel mood e ultimamente con a capella (sono o non sono reduci I tre brani rimanenti sono canzoni una come Larkin Grimm, alla quale dal Paul McCartney’s Liverpool In- vere e proprie, che abbandonano la accomunano temi e sensibilità (il stitute of Performing Arts?). Ovvia- del tutto il disagio dell’obliquità ar- conflitto uomo-natura in un mondo mente, il successo era già segnato monica che gli Wire introdussero dall’equilibrio ormai spezzato e dei prima del debutto (tutti gli sbar- qualche anno prima; anzi pescano rapporti umani che tendono sempre batelli brufolosi del Regno hanno da quella metà anni Ottanta indorata più al conflitto e alle contraddizio- preventivamente mandato in palla dal pop – da loro (allora) non perlu- ni). La voce di Geneviève qui è server p2p e riempito i concerti). strata, chi per intenti avanguardisti, spesso in loop, doppiata, per ballad Ovviamente, (6.0/10). Ma giusto chi per urgenze industriali, e inve- folk dal sapore oscuro ed amaro, perché, come diceva l’alieno Ziggy, ce lasciata, per esempio, ai princi- che diventano tribali nei crescendo let all the children boogie. pi Associates. Our Time esprime dilatati, o sognanti nell’incrocio di ancora una produzione oscura, ma voci e nei bozzetti per chitarra acu- Antonio Puglia

sentirea scoltare 75 Backyard

Due intermezzi per chitarra e voce, zione. Non a caso si inizia con gli Passing The Petal 2 You e Inmates Speck Mountain gruppo di Detroit Of Heartache, e The Doldrums tro- che intona una Hey-Moon dal taglio va finalmente un degno referente. placidamente psichedelico. Le cose È materiale del biennio 2000/2001 migliori della raccolta arrivano però ma nessuno o quasi ne sapeva nul- con i brani più datati come Paisley la… È un cane sciolto, ma basta Window Pane di Wendy and Bonnie addomesticarlo.. (7.0/10) autori di un unico disco nel 1969, oppure come l’incredibile Selda, Gianni Avella prima star turca autrice dal canto ultraterreno impareggiabile. E an- AA.VV. – Bearded Ladies Vol- cora, doverosi da segnale altri tre ume One (Finders Keepers, 3 highlights di straordinaria caratura, s e t t e m b r e 2 0 0 7 ) come questa piccola Nancy Sinatra Ariel Pink’s Haunted Graf- G e n e r e : f o l k psichedelica che risponde al nome fiti – Scared Famous (Hall Of Donne baffute, sempre piaciute. Il di Susan Christie, sfortunatissima Records-Human Ear Music / canone della giovane donna che in- autrice di unico disco mai pubblica- Goodfellas, 2 novembre 2007) tona nenie lunari nel freddo della to, se non in tre copie, salvo poi es- Genere: pop (?) notte è presente in tutte le tradizio- sere stato ristampato l’anno scorso Il 2007 potrebbe essere il crocevia ni folkloristiche ad oriente, come ad dal solito Andy Votel; la deliziosa- di Ariel Pink. Notizie recenti, infat- occidente. Jane Weaver, donna lu- mente “folle” , ti, dicono che una delle sue icone, nare di suo, si incarica di antologiz- non a caso uno dei numi tutelari di Madonna, abbia conosciuto il No- zare in più volumi gli esempi più lu- Letitia Sadier degli Stereolab. Ma il stro grazie ad un album tributo a lei minosi del femminino folk. Bearded brano più bello della raccolta è cer- dedicato, e che la versione di Eve- Ladies si immerge così perfetta- tamente Refuge delle Heaven and rybody allestita da Ariel Rosenberg mente tanto nel recente revival del Earth, due ragazze (Pat Gefell e Jo sia piaciuta non poco alla Signora british folk (Shirley Collins, Shela- Andrews) e un solo disco nel 1973. Ciccone. gh Mcdonald, Vashty Bunyan, Ju- Il primo volume dedicato a queste Che il losangelino sia sobbalzato dee Sill, Anne Briggs…) quanto nel- Donne Barbute folk si chiude con dalla sedia? Boh. Che si schiuda la corrente contemporanea di nomi una contemporanea di Cardiff, tale qualche porta? Mah. Che non ne ha nuovi (Joanna Newsom, Josephine Cate Le Bon, che ci lascia con una mai abbastanza questo è certo: una Foster, Espers, Marissa Nadler, forte voglia di avere tra le mani an- nuova ristampa dal suo confusiona- Autumn Shade, Nanzy Elizabeth). che il secondo capitolo di questa rio catalogo, Scared Famous, e lo Il risultato è particolarmente riusci- magnifica storia dell’umanità narra- stralunato collega degli Animal Col- to nella pulizia formale della sele- ta con voci dolci e chitarre gentili. lective pubblica un disco fruibile e (7.0/10) dal suono, finalmente, meno saturo del solito. C’è il Bowie in paillettes Antonello Comunale che suona coi Supertramp (Gopa- capulco: metà Starman e metà Go- Betty Davis – Self Titled / They odbye Stranger. Tutto vero) e un Say I’m Different (Light In The Prince d’annata (Howling At The A t t i c , 2 0 0 7 ) Moon) che non t’aspetti. C’è quindi G e n e r e : f u n k funk e rock. Quindi le solite sorpre- THIS ASS INVENTED FUSION. Eh se, come l’andamento in levare di si, proprio la frase giusta da farsi The Kitchen Club e la viziosa In A tatuare sul culo per Mademoiselle Tomb All Your Own che suona come Mabry, come la ribattezza Miles una No Fun (Stooges) redatta da Davis nell’album Filles de Kiliman- dei Suicide giocattolo. jaro che si beneficia proprio di una

76 sentirea scoltare sua foto in copertina. Betty Mab- zioni provocate dalla voce di Betty disciolti da un decennio ma anco- ry in Davis non era mica la prima ora dolce e suadente, ora feroce e ra - anno 1980 - tutti viventi. Forse sciacquetta con i capelli cotonati e selvaggia, si fanno sentire in ogni scherzava. Forse no. Fatto sta che il visino malizioso che adescava le anfratto del corpo. Non ce n’è per quel disco stampato in poche centi- star afro dell’epoca per ingrassare nessuno. In versione rimasterizza- naia di copie metteva in mostra un il conto in banca. Betty la vedevi ta Betty fa ancora oggi terra bru- sound non proprio bltolsiano, quasi una volta ed eri già morto. Per sta- ciata intorno a se. Le ugole calde che Bobb - il proprio quid artistico re alla sua altezza bisognava come dell’r’n’b di questi anni (Macy Gray, - non fosse chiaro neanche a se minimo essere un semidio altrimen- Lauryn Hill, Kelis, Alicia Keys, Mis- stesso. ti via, figurarsi prendersela in mo- sy Elliott, ecc.) cosa mai sarebbero Una scrittura intrigante per quanto glie. Lei se la faceva con il giro di se ieri non ci fosse stata Betty? Il sfibrata la sua, votata all’indolen- Sly And The Family Stone. Hendrix funk sotto le sue mani era come il za, succube del proprio cincischia- lo chiamava per nome. Diceva “Hey pongo per i bambini. Immaginate la re onirico in sella ad un falsetto Jimi, come with me!”. Se dietro ogni Tina Turner di Mad Max alla guida vibratile. Che a tratti, visto da qui, grande uomo, c’è una grande don- di un’accolita di guerrieri post ato- potresti scambiare per un canovac- na, allora eccola qui la grande fem- mici che suonano come Sly Stone, cio Fairport avariato (la psicotica mina di fuoco che traviò Miles e lo Funkadelik e Jimi Hendrix. Era dav- Night At The Asylum), per una Co- portò alla fusion ibridata della svol- vero troppo e infatti come la fiam- ney Island Baby rifatta da un Elliott ta Bitches Brew. La famosa fusion ma che arde con il doppio dell’in- Smith debosciato (Killed By The inventata col culo. Genio e srego- tensità finì presto. Ma il tormento Hands Of An Unknown Rock Starr), latezza. Anzi no. Corpo e sregola- di poter verificare la veridicità delle per certi Led Zep più rarefatti tra- tezza, al punto che Miles si ingelosì indiscrezioni che vorrebbero l’esi- slati nella sciropposa mitologia Bo- (alcuni dicono per certi rumors al stenza di un intero album registrato lan (la sognante Glass Menagerie sapore di gossip su Hendrix…), ma da Betty e Miles e mai pubblicato, Fantasies). C’è insomma questa lei niente. Diede alle stampe un pri- ci terrà vigili ancora a lungo. Insie- trama fosca di fantasie spaziali e mo disco omonimo e altri due dopo me alla sua musica, masterizzata fiabesca stralunatezza, che ora il divorzio. Il risultato? Un’inferna- o non masterizzata, ovviamente. s’intestardisce di fuzz capriccioso, le bailamme di sesso, grinta, ritmi. (8.0/10) di gotica mise en scene al limite Una donna al TNT, per una decade della comicità involontaria (When (i ‘70) ormai troppo lontana. Antonello Comunale The Raven Calls), poi però azzec- Per fortuna la giovane label Light In ca una One Mile From Heaven che The Attic capisce che siamo depres- ciondola splendidamente velvet- si e ingrigiti da questi anni 2000 del tiana come una outtake di Loaded cavolo e si inventa quest’anno le ri- nelle soffici mani dei Left Banke. stampe dei primi due dischi di Bet- Che dire, probabilmente l’uomo non ty, rimasterizzate dai master origi- aveva del tutto le idee chiare, ma in nali con l’aggiunta di bonus track qualche modo riusciva a farle stare mai pubblicate fin’ora e libretti rifi- assieme, ad abbozzare un delirio niti nel dettaglio, con liner notes e amniotico piuttosto coerente e per- materiale fotografico come coman- ciò fascinoso (7.0/10). da Dio! Se non sono le ristampe Che fu lui stesso a sconfessare, dell’anno poco ci manca, ma cosa allestendo prima una garage band importa. Lo stereo ringrazia, le cas- di bambini al massimo decenni - se tornano a sudare, le orecchie si Bobb & The Kidds, presto smantel- risvegliano dal loro torpore al grido lata da tempestivi genitori - quindi di “He Was A Big Freak” e le vibra- Bobb Trimble - Iron Curtain In- un trio assieme a due adolescen- nocence (Bobb Records, 1980 ti (i Crippled Dog Band), coi quali - Secretly Canadian, novem- usava esibirsi travestito – ehm - da bre 2007) - Harvest Of Dreams coniglio. Post-modernità proto fla- (Bobb Records, 1982 - Secretly minglipsiana? Pedofilia sublimata? Canadian, novembre 2007) Macché, solo un utopismo naif ben Genere: psych folk sintetizzato nello slogan “The chil- Classe 1958 da Marlborough, Mas- dren are the future”. Nel bel mezzo sacusettes, Bobb Trimble crebbe in di queste avventure, anno domini un incanto popadelico da cui non si 1983, Bobb ebbe modo di registrare riprese mai. Nelle note di copertina l’opera seconda, Harvest Of Dre- del debutto Iron Curtain Innocen- ams, nel quale questa regressio- ce arrivò a proporsi come quinto ne idealista prende il sopravvento, elemento dei Beatles, rivolgendo- palpeggiando folk agresti sotto cieli si direttamente a loro, all’epoca sì iridescenti, prodromi dell’abbando-

sentirea scoltare 77 no bucolico Polyphonic Spree e facendo stavano praticamente anti- della spersa dedizione Daniel Jo- cipando il sequencing digitale del- hnston. Ecco quindi i riflussi Bee le tracce, che sarebbe diventato di Gees in salsa Big Star (Take Me uso comune solo anni dopo. Que- Home Vienna), i catatonici incanti sto metodo ribattezzato da Carpen- floydiani (Paralyzed), certe buco- ter “a musical electronic coloring liche oleografie a base di shaker, book” giustifica quindi l’incredibile flauto querulo, armonica da Dylan comunione tra immagini e musica. fanciullo e una voce da cuginastro Si veda per esempio la sequenza svampito di Alex Chilton (le due iniziale dei titoli di testa e dell’in- Premonitions). Una strisciante an- seguimento in macchina al suono di sia arty spande sul programma le Chariots Of Pumpkins. Non essen- spore del concept, tanto che tra doci più Michael Myers i due deci- una contrita apprensione (If Words sero che dovevano lasciar perdere Were All I Had) e un glam appassi- Lee Wallace e della corrispondente anche il celeberrimo tema scritto to (la quasi lennoniana Armour of soundtrack scritta ed eseguita da per il primo capitolo, per concen- the Shroud) s’incontra una World I John Carpenter e Alan Howarth. Il trarsi su un nuovo tipo di musiche. Left Behind che è un paio di minu- film andò male per tutta una serie Quelle che ascoltiamo sono quindi ti e passa di silenzio (lennoniano di ragioni, prima fra tutte l’assen- le personalissime e terrificanti mar- anch’esso, no?). Spesso e volen- za di Michael Myers come villain. cette sintetiche in cui si specializzò tieri deraglia spacey, con la beata Il terzo capitolo della serie è infatti il regista di Carthage, facendo un noncuranza che unisce saggi so- l’unico a non essere incentrato sul- uso sempre più massiccio di sin- praffini e beoti irrecuperabili, tan- le gesta del folle uomo del male, tetizzatori e tastiere analogiche. to che accetti di buon grado quella che va in giro a sgozzare babysit- Questo score sarà alla base dello sorta di Stooges liofilizzati da un ter con il volto coperto da una ma- stile anni ’80 del Carpenter musici- bambino (non a caso è Oh Baby, schera bianca con le sembianze di sta, che tornerà ad usare a più ri- reperto del periodo The Kidds) e William Shatner (il capitano Kirk di prese metodo e movenze di questi le trafelate allucinazioni di Ano- Star Trek). Con il terzo capitolo i brani confermandolo come un vero ther Lonely Angel, che nella realtà produttori volevano inaugurare un e proprio pioniere della musica parallela avrebbero potuto sforna- franchising nuovo. Una serie di film elettronica nel senso più ampio del re i The Who colti da una fregola ambientati nella notte di Ognissan- termine. (8.0/10) Barrett. Visto che la ristampa ci ti con diverse storie minacciose e offre tre interessanti demo inediti apocalittiche. Il flop del film li in- Antonello Comunale – soprattutto l’ubriacante languore dusse poi a ritrovare Myers per i Buckley/Bolan di Waves Of Confu- successivi capitoli, ma questo terzo sion In Puzzled Times - alla fine ne Halloween, incentrato su una setta esci attonito, stordito, inopinata- di druidi che vogliono conquistare mente soddisfatto (6.9/10). il mondo attraverso una miscela Da allora, quasi un quarto di seco- esplosiva di maschere di carnevale lo fa, Mr Trimble non ha licenziato e segnali televisivi, è diventato un più alcunché, a parte Life Beyond piccolo culto nel corso degli anni. The Doghouse (Orpheus Records, Ma ancora più di culto la sua colon- 2002), raccogliticcia collezione di na sonora, mai ristampata fino ad scarti e bozzetti. Ce n’era abbastan- ora, e battuta occasionalmente a za tuttavia per un culto sotterraneo cifre esagerate sulle aste di eBay. coi fiocchi. E c’è da scommettere In occasione del 25° anniversario che questa benemerita iniziativa di dalla sua uscita, Alan Howarth si è ristampe operata da Secretly Cana- quindi deciso a ristampare lo score dian porterà a qualcosa di nuovo. aggiungendo ben 13 partiture scar- Jon Spencer Blues Explosion - Chissà. tate dalla colonna sonora originale Jukebox Explosion (In The Red, e mai pubblicate finora. L’occasio- novembre 2007) Stefano Solventi ne è quindi incredibilmente ghiotta, Genere: psycopunkblues anche perché lo score di Halloween Il caro vecchio Jon Spencer ha John Carpenter and Alan III va certamente annoverato tra i sempre avuto il vezzo dell’identifi- Howarth – Halloween III: Sea- capolavori del Carpenter musicista. cazione mimetica. Qualcosa a metà son of the Witch (AHI Records, I due per l’occasione inaugurarono tra la parodia e la devozione. Già 1 5 n o v e m b r e 2 0 0 7 ) un modo nuovo di comporre, suo- coi Pussy Galore aveva sfornato Genere: soundtrack nando in sincrono mentre le imma- un Historia De La Musica Rock Sono passati 25 anni dall’uscita nel- gini del film venivano restituite su (Caroline, 1990) che ammiccava le sale di Halloween III di Tommy un monitor, non sapendo che così tanto nella confezione quanto nel

78 sentirea scoltare contenuto certe pubblicazioni an- tetico best of, e ha dignità uguale tologiche da edicola più o meno – se non maggiore – delle pur rade preziose e attendibili. Similmente, uscite sulla lunga distanza (l’ultima poco dopo aver innescato lo scelle- è Warmer Corners del 2005). rato ordigno JSBX - assieme ai fe- Cosa meglio di un oscura versio- delissimi nei secoli Russell Simins ne a 45 giri della traccia-manifesto e Judah Bauer - avviò una serie di Macyntire, o perle pop soul come singoli ispirati a quelli che Char- Anyone’s Guess, o brevissimi lie Feathers, imperterrito eroe del schizzi memori dei primi James rockabilly, snocciolò lungo i Seven- ($30), o il country ironicissimo di ties. Ritroviamo insomma questa Are You Having A Good Time, o il smania di sommerso insidioso, di remix per certi versi sorprendente borderline graffiante, un alone di di I Prefer The Twentieth Century? culto straccione col quale il No- Il tutto, poi, appropriatamente e ge- stro da sempre ama ammantarsi Lucksmiths – Spring A Leak nerosamente unito a cover di Mo- cimentandosi. Un cimento, questo (Lost and Lonesome, settembre dern Lovers, Bee Gees (quelli pop, in particolare, durato un decennio 2007) mica quelli disco!), Ladybug Tran- (dal ‘92 al 2002) per dieci singoli al Genere: indie pop, folk sistor (una Rushes Of Pure Spring fulmicotone, screanzati e irriguar- Quel miscuglio di melodie intime, che pare resa dall’Alex Chilton più dosi as usual anzi di più, quasi che chitarre acustiche, liriche intelli- fragile), Boyracer, Siddeleys; curio- l’esiguità del formato avesse indot- genti e acute, battimani, coretti e so proprio come il brano più sacro, to il trio a sparare le cartucce più fiati che viene comunemente chia- quella There Is A Light That Never abrasive del repertorio. mato indie pop trova storicamente Goes Out a firma Morrissey/Marr, Doverosa ancorché meritevole quin- nei Lucksmiths dei protagonisti fra sia la peggio riuscita, stucchevole di l’operazione della benemerita In i più amati e rispettati dai cultori: ad essere generosi. Significherà The Red che raccoglie quei singoli - questi eterni adolescenti austra- qualcosa? (7.0/10) la Jukebox Single Series - in questo liani sono infatti da ormai 15 anni Jukebox Explosion, diciotto tracce fieri portabandiera di quello che, Antonio Puglia che non fanno prigionieri, arrem- più che un genere, è una vera e banti a spasmi funk-blues asciutti e propria weltanschauung musicale. irruenza punk-wave con sclerosi im- Lunga esperienza e immarcescibile pro e corollari psych che non sto ne- fedeltà alla causa: non è dunque un anche a dirvi, che tanto basta ascol- caso se la loro musica sia un amal- tarsi la sequenza iniziale Shirt Jac, gama in cui sono ben distinguibili al Son Of Sam e Train #3 per ottenere palato tutti gli ingredienti essenziali folgorante esplicazione. Riff come e necessari, ovvero Smiths, Belle badilate di taglio, l’osso scoperto And Sebastian, Magnetic Fields, del drumming, il canto distorto svac- Go-Betweens, a dosi variabili e cato invasato gorgogliante tenebro- in formati che vanno dalla ballata so, assalti crudi e squittenti di sax soft per voce, chitarra e violoncel- alla bisogna proprio come le folate lo (From Macaulay Station) ad up- d’armonica e i synth in differita dal- tempo sbarazzini che lambiscono il la cripta sci-fi, quella stessa dove rock (Off With His Cardigans, tipi- lievitano i mostri che ci riempiono camente Jam), più ogni altra cosa Nathaniel Mayer – Love And Af- gli incubi più crapulosi. Fumettisti- che può stare in mezzo a questi fection (Vampisoul / Goodfel- co e marziale incendio che brucia le due estremi. las, settembre 2007) gambe delle marionette freak’n’roll, Trovate tutto dentro questa dop- G e n e r e : r h y t h m a n d ordigni via via più consapevoli, pia raccolta, che in quarantacinque blues, funk strutturati (vedi il siero hip hop che canzoncine raccoglie rarità ed od- Etichetta sugli scudi in questa fine riempie gli interstizi folli e genialoidi dities di ogni tipo, disseminate nel d’anno, la madrilena Vampisoul. Tre di Get With It e Showgirls, Pts 1 & corso degli anni fra 7”, compilation, gli assi autunnali calati capaci di 2) e compiuti (l’estro iperrock’n’roll radio e tv session, più vari inedi- sbancare, dopo la lieve flessione al di Ghetto Mom), ma non per questo ti. Ed ecco allora che si verifica, di sotto dell’abituale, elevatissimo - non ancora - soggiogati, invischia- inspiegabile, la magia: è in questi standard. A smentire le preoccupa- ti, cortocircuitati, come invece ahi- episodi cosiddetti “minori” che si zioni e riportarci all’abitudine che mé nell’ultima fase JSBX. Potenza sublima tutta l’essenza – e l’esteti- conoscevamo (attenti però, ragaz- dell’imprendibile strategia del pic- ca – di un genere che, per antono- zi, o ci aspetteremo sempre il me- colo formato, chissà. (7.0/10) masia, è “minore”, sottotono, sot- glio da voi) ecco una raccolta che tovoce. Per questo, Spring A Leak si prefigge di portare il nome di Na- Stefano Solventi per i Lucksmiths vale più di un ipo- thaniel Meyer al di fuori della cer-

sentirea scoltare 79 chia di diligenti intenditori “black” ling Stones di Out Of Our Heads. Robinson, Temptations (eloquente della quale era fin qui patrimonio. Nonostante i trascurabili difettucci la ripresa della loro My Girl) e Otis Bene assemblata, per di più, per- di cui sopra, operazione meritevole Redding. Ne nasceva una versione ché oltre alle copiose e puntua- e ascolto esaltante, vale a dire ac- più percussiva - in formazione con- lissime note di copertina contiene quisto obbligato. (7.6/10) ga e bonghi, ma pure l’agigdigbo praticamente tutti i singoli editi da dei rituali Kokoma - del rhythm and “Nay Dog” - come amava farsi chia- Giancarlo Turra blues, che riscuoteva un successo mare - presso la Fortune Records immediato nei club di Lagos. lungo gli anni Sessanta (per questo Orlando Julius – Super Afro Ecco allora spiegata l’irruzione di manca l’altro suo hit I Don’t Need contorti assoli nello stile del suo No Bald Headed Woman...) e due mito Coltrane sui gioiosi bombar- estratti di un singolo di inizio ’80, in damenti d’ottoni tipicamente Stax, verità legnosi e poco riusciti. a loro volta poggiati su tappeti rit- Arrivò a incidere che era adole- mici battenti e ipnotici. Impossibili scente, Mayer, accasandosi pres- in un qualsiasi brano occidentale so la bizzarra etichetta dei coniugi coevo, come del resto le chitarre Brown, cui non solo lo strapotere insieme serpentine e grattate, una Motown impedì a Detroit più ampi Ijo Soul metà Hold On I’m Coming e successi. Si registrava in economia metà I Feel Good che infine culmi- di mezzi, come del resto certifica na in qualcosa di unico. Così, e con la bassa qualità tecnica delle re- successi come Jagua Nana, Topless gistrazioni, in un unico stanzone e e Ololufe, Julius divenne una star in presa diretta, conferendo in tal nel suo paese, superiore anche a modo una veste più ruvida a sugge- quel Fela Kuti che se ne uscirà con stive cartoline d’inizio Sixties. Più Soul (Vampisoul / Goodfellas, l’”Afrobeat” solo tempo dopo. spesso provenienti da Animal Hou- ottobre 2007) Rispecchiando l’evoluzione della se che American Graffiti, se volete G e n e r e : r h y t h m a n d black americana, il sassofonista in- un paragone filmico, oppure inviate blues, funk dagò nei dischi seguenti Orlando’s da un ipotetico Sam Cooke gara- Uno dei primi paesi africani a con- Idea e Ishe - compendiati nel secon- gistico, sguaiato e poco incline ai quistarsi l’autogoverno, conferito- do CD - il funk (garantisce l’omaggio compromessi (Lover Please, il ca- gli dagli inglesi in via definitiva nel James Brown Ride On) con la nuova vallo di battaglia Village Of Love). 1960, la Nigeria cadde sei anni più formazione Afro Sounders, espan- Posizionati in ordine cronologico tardi sotto una dittatura militare a dendo le durate dei brani e cadendo e unificati dal grezzo e spontaneo forte impronta accentratrice. Da lì in benefiche tentazioni rock e fun- approccio, i brani permettono di co- iniziava lo stillicidio di guerre civi- kedeliche (la tastiera chiesastica gliere il transito stilistico dal rhythm li e ulteriori colpi di stato che è la che spunta dall’implacabile groove and blues ancora tinto di doo-wop realtà - spiace dirlo, ma è un fatto di Home Sweet Home). Psychede- che si contamina col pop, infine - quotidiana di quelle terre martoria- lic Afro Shop recita uno dei titoli di rinasce funk (sensazionale I Want te. Terra piuttosto ricca (giacimenti quella fase, ed è pienamente espli- Love And Affection…) passando petroliferi da cui trae profitti anche cativo. Esaurita la spinta propulsi- per gli obbligatori spigoli prossimi a il nostro paese), ha goduto grazie a va, Orlando entrerà nel giro della James Brown e una versione cruda ciò e nonostante la situazione poli- fusion americana, passando lunghi del suono Stax. tica e sociale di un panorama musi- periodi lontano dal suo paese, cui Uno di quei casi in cui l’economia cale fiorente, ricco di contatti e con- ha fatto acclamato ritorno nel 1999. di mezzi e un artista incandescen- taminazioni con l’occidente, gli Stati Un suono che va dritto alla fon- te apportano una visione personale Uniti in particolare. te delle origini tribali della musica della regola - si veda l’iconoclasta, Ed è una peculiare interpretazione nera, strettamente legate al cordo- splendida e per l’epoca parecchio della che viene in mente ne ombelicale della “madre Africa”. avventurosa versione di Summerti- ascoltando - anzi: facendosi folgo- (7.8/10) me - col merito, inoltre, di ribadire rare da Orlando Julius in questi due quanto sia radicata nella metropoli fumiganti CD che lo fotografano nel Giancarlo Turra del Michigan la passione per i mo- periodo tra il ’66 e il ’72. Proprio nel tori e il rumore, e come da sempre ‘66, il ventitreenne l’altosassofoni- Psapp – Tiger, My Friend (Do- questi influenzino la musica lì pro- sta Orlando esordiva accompagnato mino Records, novembre 2004 dotta. Valga a riprova il fatto che dai fidi Modern Aces con l’album – Ristampa Domino / Self, 23 parecchi suoi brani siano stati ri- Super Afro Soul (su Polygram!), novembre 2007) presi in tempi recenti da Detroit nel quale mescolava la musica “hi- Genere: electronic pop Cobras, Holly Golightly e Gibson ghlife” importata dal Ghana con in- Originariamente dato alle stampe Brothers tra gli altri, e che ogni fluenze jazz e suggestioni regala- dall’intraprendente Leaf Records, tanto pare di cogliere cenni dei Rol- tegli dai ripetuti ascolti di Smokey torna oggi disponibile dopo qualche

80 sentirea scoltare stemente un passato oramai lonta- sua Human Behaviour), e altri più no per le tre protagoniste super- orientaleggianti come Life On He- stiti dell’avventura Slits. Come se art (il più vicino all’estatica primitif- non bastasse la critica dell’epoca free del Pop Group ma pure alla No non lesinò stoccate anche pesan- Wave). Del resto l’album è tutt’altro ti all’album, tacciandolo d’essere che parco d’influenze e altri pro- stato troppo prodotto e perciò non fumi: c’è molto avant spettacolo e aderente al patto primitivista radi- liquorose soluzioni funk (Animal cale inaugurato con il Pop Group Space / Spacier) ma anche western un anno prima. E proprio il Pop spiritato (Walk About) e istanze più Group, il faro di quella generazio- tipicamente D.I.Y (Improperly Dres- ne, era finito, frammentato in alme- sed). Le tracce di dub solare che no quattro band quali Maximum Joy, fecero il successo di Cut si respi- Pig Bag, il progetto solista di Mark rano unicamente in Difficult Fun, anno di latitanza Tiger, My Friend, Stewart infine i New Age Steppers, traccia nel quale Bovell sposta le album d’esordio degli Psapp, per open ensemble nel quale confluiva- levette come solo lui ma, appunto, l’occasione dotato di una nuova no alcuni reduci d’entrambe le for- potrebbe essere il figlio di un’altra copertina vagamente più intrigante mazioni. ragione sociale questo ritorno dei dell’originale. Cambio che è anche Sotto i miraggi e le fusioni. Tirava tagli giganti. Tagli appunto con il l’unica differenza tra la ristampa e una brutta aria. Si dispiegava da passato e per un futuro che fa un l’originale, in quanto i responsabili una parte la dispersione e dall’altra po’ paura. E verrà perciò reciso, della Domino non hanno in questo la depressione, l’aver vissuto una almeno sotto il nome di Slits, per caso voluto aggiungere nessun tipo periodo fantastico dal quale difficil- venticinque anni. di bonus track, demo version oppu- mente si poteva opporre un altret- La ristampa di Return Of è corre- re remix che solitamente abbonda- tanto potente avventura. Eppure data da un secondo CD dove oltre a no in operazioni del genere. Return Of più prodotto meno coeso un’intervista - nella quale s’appren- Decisione per una volta saggia, di Cut e senz’altro più suonato di dono i rapporti delle ragazze con la che dà la possibilità di concentrarsi qualsiasi cosa fatta in precedenza stampa e il loro humour - troviamo senza distrazioni di sorta sull’opera è un disco dal quale difficilmente si ben cinque versioni di Heartbeat prima di questa formazione, già in può prescindere in quell’inizio Ot- (per mano di Adrian Sherwood dove passato da noi descritta come l’ipo- tanta creativamente funk e world. anche la peggiore è meglio dell’ori- tetico anello di congiunzione tra il L’etnica stava andando prepotente- ginale) e un’alternate take della pop rétro degli Stereolab e quello mente di moda presso gli ambienti migliore delle loro boutade infanti- più progressista di casa Morr Mu- intellettuali, pensiamo a Remain In liste ovvero Face Place, sempre in sic. L’estetica gioiosa e giocatto- Light dei Talking Heads fino a Bill salsa dub. Acquisto indispensabile. losa che poi diventerà il tratto di- Laswell (nei Material), oppure (e (7.5/10) stintivo del successivo (e migliore) più vicino alle ragazze), al terzoge- The Only Thing I Ever Wanted, nito della SPA Public Image, quel Edoardo Bridda è già tutta spiegata tra i solchi di Flowers Of Romance del 1981, queste dieci canzoni, sospese tra dove il post-punk si nutriva di Afri- – Self Titled tentazioni ipno-lounge di scuola ca e Giappone passando per mez- / The German Album (Creation, Pram (Rear Moth) micropop elet- zo mondo. Pure le Slits, in quello 1988/Rough Trade,1988 - Re- troacustico (Leaving In Coffins), stesso anno, non resistettero a nascent / Goodfellas, ottobre melodie sopraffine (Calm Down) ed quelle geografie con brani tribali 2007) inaspettate divagazioni easy jazz come Heartbeat (dal ritmo caver- Genere: guitar pop, (The Counter), tutte cose già allo- noso sul quale Bjork ha ripreso la psych, dream pop ra ampiamente scoperte, ma che Gruppo di fine Ottanta della Crea- si facevano e si fanno apprezzare tion Records (in origine un quintet- per una limpidità ed una qualità di to con tre chitarristi, che ruotava scrittura decisamente sopra la me- intorno ai leader e dia. (6.8/10) Terry Bickers) che visse alterne vicende discografiche e diversi Stefano Renzi cambi di formazione, gli House Of Love non ebbero forse la risonan- Slits - Return Of The Giant Slits za dovuta, rispetto ad altri gruppi (CBS, 1981 - Blast First Petite, coevi. Un coacervo di influenze di novembre 2007) revival psichedelico sixties unite a G e n e r e : a v a n t e t n o buone dosi di Velvet Underground Quando uscì Return Of The Giant informavano il nucleo della band, Slits, quel “giant” connotava tri- riunitasi un paio di anni fa per un

sentirea scoltare 81 nuovo disco (Days Run Away). Il alla dipartita di Bickers nel 1989, gruppo si abbeverava alla stes- appena prima del secondo album sa fonte di band precedenti quali insieme al cambio di casa disco- Smiths, Teardrops Explodes, Echo grafica (passeranno alla Polygram/ & The Bunnymen, e Go Betweens, Fontana), che segnerà uno stallo e con l’aggiunta di influssi shoega- l’inizio della crisi del gruppo. Ma ze dell’epoca misti a dosi di dream qui erano al massimo della creati- pop di marca 4AD, anche se la ri- vità e in un periodo di grazia pur- elaborazione che ne facevano era troppo non più ripetuto a questi abbastanza lontana stilisticamente livelli. dai coevi shoegazers. I due album in oggetto sono le Teresa Greco ristampe del debutto self titled dell’88 e di una raccolta import del- Tony Allen – Afro Disco Beat lo stesso anno che comprende le (Vampisoul / Goodfellas, otto- lizzi l’impossibilità a star fermi. In- canzoni dei primi due singoli (Real bre 2007) cursioni di tastiere (come un Miles Animal e Shine On) non incluse in Genere: compilation afrobeat Davis d’epoca Dark Magus, non- album, insieme a inediti e rarità. Per tanti, Tony Allen è quell’attem- dimeno oppiaceamente rilassato) L’incipit del self titled con Christi- pato signore di colore che suona la e ordinate sarabande di ottoni in ne è puro Jesus and Mary Chain batteria nel “nuovo gruppo di Da- transito attraverso l’Atlantico che sound (la band che fece desidera- mon Albarn”. Va bene, facciamo non concedono requie; un senso re al leader Chadwick di entrare pure finta che, se serve a mette- della trance che per forza di cose nella Creation!), una ballad acida re sotto i riflettori un talento puro è penetrato dentro techno e house in salsa psych sixties, altrove si e fumigante, che fu cuore ipnotico (l’ondeggiare di No Accomodation ritrova il jingle jangle alla Byrds degli Africa 70 e perciò autentico For Lagos e l’ingranaggio di ten- (Love In A Car) come potrebbe ri- braccio - gambe, cervello - destro sione e rilascio della title track in elaborarlo un Robyn Hitchcock, o di Fela Kuti, che accompagnò dai ciò esemplare); una liquidità e na- i riverberi shoegaze che riecheg- tempi dei Koola Lobitos (1964…) turalezza dello sviluppo ritmico-ar- giano nella conclusiva Touch Me. fino al litigio acre del 1978. Lo si monico che nasconde raffinatezze La raccolta di singoli The German deve anche a lui, a quelle storden- supreme e una potenza evocativa Album li fotografa un attimo pri- ti, cicliche e ciclopiche partiture rare (la chitarra guizzante in Love ma del disco di debutto, nelle loro ritmiche se l’”Afrobeat” è diventata Is A Natural Thing; la struttura che hit iniziali: Shine On innanzitutto, influenza subliminale in tante musi- sorregge Ariya). dream pop e chitarrismo, poi la che che ci stanno intorno. Pensereste magari a musiche di velvettiana Real Animal e Destroy Ci si augura pertanto che questa complessa fruizione, raggomitola- The Heart tra Echo & The Bunny- edizione in digitale dei suoi primi te sulla propria pretesa di “integri- men e i soliti J&MC, le rare b-side quattro album (Jealousy del 1975, tà artistica”, intente a sbandierare Nothing To Me e Plastic con più di cui andava dietro l’anno successivo la difficoltà per mascherare l’evi- un’eco dreamy, la lisergica Mr.Jo e Progress e di lì a ventiquattro mesi denza di non saperlo scrivere, un gli esempi potrebbero continuare. No Accomodation For Lagos; No brano che sia uno. Non qui: non Il duo Chadwick/Bickers (voce e Discrimination risale invece al ´79: troverete avanguardia pretenziosa chitarra il primo, chitarra il secon- i primi tre vedono della partita Fela che invecchia più alla svelta dello do) non mancava di inventiva nel e gli Africa 70, l’ultimo li sostitui- yogurt lasciato fuori dal frigo. Qui rielaborare le proprie influenze, in sce coi freschi di formazione Afro ci sono muscoli che fanno da mez- un riconoscibilissimo marchio di Messengers) contribuisca a far zo espressivo per idee, una gioia fabbrica che sarebbe venuto meno giustizia. Così fosse, rivelerà a una di vivere che viene a galla e inner- fetta più ampia del mondo musicale va anche i momenti più tenebrosi, anticipi di Teste Parlanti in versio- dove l’impegno politico di gente ne soul (che una sezione fiati così che la fame la sperimentava per non l’avevano) in Progress, o un’in- davvero non è una posa. Dove per dicibile Hustler, che inizia come i due ore non sbadigli e anzi ti fai Devo e strada facendo incontra i imbambolare finché questa musica Can sperduti nella jungla: hai visto diventa una droga. Fela sostene- mai che cercassero David Byrne va che Tony suonasse “come cin- per invitarlo a un rave con James que batteristi in uno”. Si sbagliava: Brown?). Non sono, questi, che un erano almeno il doppio. Immenso, paio d’esempi delle meraviglie qui per limitarsi a un unico aggettivo. contenute, swinganti ma stratifica- (8.0/10) ti rituali poliritmici che ottundono i sensi e fanno riflettere mentre rea- Giancarlo Turra

82 sentirea scoltare AUDIOGLOBE

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Canned Heat - Estragon, Bologna che ha spopolato agli storici festival di blico i Canned Heat che furono (e che (29 ottobre 2007) Monterey e Woodstock alla fine degli non sono più da un bel pezzo) e svi- Non c’è dubbio alcuno sul fatto che i anni ’60, concludendo la carriera assai scerarne il repertorio, approfittando fan veramente interessati alla storia presto e per motivi tutt’altro che futili degli assoli per far presente al pub- del gruppo sapessero già che la band (tra i quali la morte prematura di alcuni blico che ci sono anche loro, al di là che avrebbe suonato all’ Estragon, dei dei suoi leader carismatici e fondatori dell’astratta leggenda. Una divertente Canned Heat portava solo il nome. In Bob “The Bear” Hite e Alan “Blind Owl” serata di blues rock per chi non aveva più aggiungiamoci una serata uggiosa Wilson), non aleggia neanche il fanta- nient’altro di meglio da fare. Potrebbe caduta in un anonimo lunedì lavorativo, sma. Manca perfino Adolfo “Fito” De essere questa la sintesi più efficace di un prezzo del biglietto assolutamente La Parra, l’unico superstite della stori- un concerto che aveva già detto tutto spropositato (20 euro. Ma per ascolta- ca formazione che provò a far dialoga- dopo dieci minuti. Compiuto il rito no- re chi, poi?) ed ecco che diventa piut- re il boogie di John Lee Hooker con la stalgico dell’esecuzione della stranota tosto facile trovare la giustificazione di psichedelia. In assenza della propria On The Road Again, proposta in aper- un Estragon più vuoto di una sala da bandiera, rimasta da sola a portare tura, l’interesse per la “cover band” concerti di musica da camera. Saran- avanti un nome così pesante, la band si è perso nei meandri di una perfor- no meno di una cinquantina i presenti che si presenta all’Estragon potrebbe mance prevedibile sotto tutti i punti di accorsi al palatenda bolognese per as- benissimo essere considerata, se non vista: Lucas fa sfoggio della sua voce sistere al fallimento annunciato di un nella forma almeno nella sostanza, limpida e potente (spesso addirittura finto evento. A parte qualche vecchio una cover band. cantando a voce nuda riuscendo a non nostalgico, il pubblico è composto pre- Saranno anche bravi musicisti, ma farsi calpestare dall’amplificazione), valentemente da giovani che all’epoca Barry Levenson, Robert Lucas e Greg Levenson del suo chitarrismo compo- di Woodstock non erano neanche stati Kage (il veterano della situazione in sto e scolastico. Senza un disco da concepiti, richiamati forse da una si- quanto a presenze nella band) non promuovere e con nessuna novità da gla, forse da un nome, o, più generica- hanno nulla in comune con chi ha proporre, i quattro musicisti posso- mente, dalla parola blues. Della band messo la sua firma indelebile su brani no solo giocare con un passato non che ha traghettato il blues nel movi- divenuti veri e propri inni della Flower loro, sciorinando ad uno ad uno tutti mento pacifista della summer of love, Power generation. Possono soltanto i classici della band, da Going Up The adattandolo alle sonorità del rock e imitarne le gesta, presentare al pub- Country (nella quale il bellissimo riff di Canned Heat

84 sentirea scoltare flauto è eseguito da una più sconta- Chi invece ha convinto oltre ogni ra- City, riarrangiato e trasfigurato alla ta fisarmonica) a Same All Over. Ci si gionevole dubbio è stata Carla Bo- loro maniera, ora rallentato ora ac- mettono anche i soliti problemi tecnici zulich. Nonostante l’occhio pesto celerato, a partire dalla caricata e alcuni ragazzotti un bel po’ sbronzi conseguenza del gesto di un folle opener The Philadelphia Grand Jury. ma per nulla “coinvolti” (che non fan- durante una recente visita in Francia, È un piacere per occhi e orecchie no altro che urlare a squarciagola per l’ex membro degli Ethyl Meatplow e vederli in azione on stage, Matthew tutta la durata del concerto, riuscendo dei Geraldine Fibbers si è fatta lette- camaleontico col sorriso sulle labbra perfino a coprire il suono dei musicisti) ralmente sommergere dal sottofon- alle prese con le sue tastiere (quasi a rovinare un’accoglienza già di per sé do dissonante e fangoso dell’ultimo come avesse più delle due mani a freddina. Chissà cosa avranno pen- Evangelista, declamandone alla disposizione!) e una Eleanor - che sato Hite e Wilson, lassù nell’alto dei stregua di una novella Patti Smith - raramente sorride – attenta, dutti- cieli, di fronte ad uno spettacolo così traviata dai Birthday Party -, anima e le e versatile, che vediamo tra uno tristemente povero di emozioni e, di- suoni. In un intreccio di voci dirom- strumentale e l’altro riposarsi mentre ciamocelo pure, un pochino grottesco. penti e dall’intensità catartica, soste- prende un sorso di birra in lattina, Per me, se esiste un mondo nell’aldilà, nuto da una band capace di scortica- tamburellando sulle lunghe gambe si sono incazzati… re le corde emozionali dei presenti a infilate in stretti jeans vintage e sti- suon di violoncello, basso, batteria, valetti, mentre tiene il tempo. Daniele Follero tastiere e campionamenti e di rende- Assistiamo così ad un act che a po- re adeguatamente il pulsare peren- steriori si fa fatica a categorizzare: Carla Bozulich - Gowns - Father nemente in fibrillazione della propo- è prog, rock, pop, vaudeville? Poco Murphy - Teatro Rasi, Ravenna sta dell’artista americana. Teatrale, importano in fondo le definizioni, è (21 novembre 2007) alla costante ricerca di un feedback tutto questo insieme, è la somma Il tempio della prosa ravennate di- dal pubblico, carismatica al pari del delle parti che fa la differenza, e venta con il folk psichedelico dei Nick Cave meno borghese, la Bozu- l’”opera rock” davanti alla quale ci Father Murphy, le dissonanze post- lich ha dimostrato di meritare ampia- troviamo ha in effetti molta dell’en- velvettiane dei Gowns e il blues apo- mente la stima riservatale nell’ultimo fasi prog, ma viene stemperata dagli calittico di Carla Bozulich, un conte- periodo dagli addetti ai lavori, oltre a inserti pop e dall’ ironia del gruppo. nitore elegante quanto insolito per ricordare a tutti che non sempre l’av- Un collage di suoni e sensazioni am- una serata a base di indie rock ad vicinarsi della mezza età porta con plificate che creano un unicum avant alto tasso emotivo. sé l’odore di naftalina. pop. Ecco, forse è questa la defini- Ad aprire le danze nell’abside-palco- zione migliore! Per un gruppo che scenico del Rasi è la formazione di Fabrizio Zampighi non perde colpi pur avendo sfornato Treviso, impegnata in questi mesi a in pochi anni una quantità consisten- registrare il successore del fortuna- Fiery Furnaces – Music Drome, te di musica. to Six Musicians Getting Unknown Milano (17 novembre 2007) A fine concerto si passa anche dalle e decisa a regalare al pubblico una C’è attesa stasera per l’unico con- parti di Bitter Tea e dell’EP (Bitter gustosa anticipazione del nuovo ma- certo italiano del duo di Chicago, la Tea, la clamorosa Single Again in teriale. Da quanto si è potuto ascol- si percepisce palpabile in un Music una rielaborazione proggy). E dopo tare nella mezz’ora di set, sembra Drome non pienissimo ma bastevole poco più di un’ora di set, segue un che la band abbia diluito le istanze di tutta la partecipata attenzione che quarto d’ora buono di bis, durante i barrettiane e le stramberie pop che i Fiery Furnaces meritano. E infatti quali vediamo Eleanor proporre un avevano caratterizzato la passata basta la materializzazione sul pal- siparietto su brani a richiesta, e qui discografia, in favore di un approc- co del deus-ex-machina Matthew al prevalgono a gran voce e con gran cio elettrico ridotto all’osso, dai toni controllo delle tastiere poco prima divertimento dei presenti, Here Co- cupi, articolato nelle geometrie e at- dell’inizio del set per scatenare l’en- mes The Summer, Blueberry Boat e tento alle sfumature. tusiasmo non solo delle prime file Tropical Iceland condensate in mini Sfumature che invece latitano nel in transenna. E quando poco dopo song e mixate l’una dentro l’altra. noise sui generis degli americani al soundcheck fa la sua comparsa Il pubblico è in delirio e li richiama Gowns, armati fino a denti di viola, un’infreddolita Eleanor imbacuccata a gran voce anche dopo la fine del effetti a cascata, chitarra, basso, in un cappottino striminzito, non si concerto. Ci si augura vivamente di batteria e impegnati a snocciolare può fare a meno di invocarla a gran non dover aspettare così a lungo per conoscenze approfondite sulla de- voce. È un attimo e pochissimo dopo una prossima occasione dal vivo. strutturazione dei suoni, sull’avan- i fratellini rientrano sul palco, ac- guardia, sulle improvvisazioni cora- compagnati da un funambolico Bob Teresa Greco li. Non tutto gira per il verso giusto D’amico alla batteria e da Jason Lo- e l’impressione è che a fianco di ewenstein (sì, proprio l’alter ego di Fink – Init (Roma, 16 ottobre 2007) un’innegabile capacità di scrittura e Lou Barlow nei Sebadoh) al basso. Sogno di una notte di metà novembre. un’originalità comunque affascinan- E parte così un happening senza Tutto faceva pensare che questa se- te, vi sia spazio anche per una certa soluzione di continuità che li vede rata non fosse altro che un qualunque autoreferenzialità. Da riascoltare. eseguire quasi tutto l’ultimo Widow venerdì di un qualunque autunno ro-

sentirea scoltare 85 mano. Sin dal pomeriggio nel quale berry Pancakes e la sincopata Pretty Chain, spacedelia post-punk che sono iniziate le prime prove invernali Little Thing). Non a caso alcune can- talvolta assume camaleonticamen- tra grigiore e pioggia diffusa. E tali pre- zoni nel finale vengono del tutto stra- te striature alla Joy Division, alla supposti non sono cambiati neanche volte rispetto alle versioni ufficiali. Ma Sonic Youth o alla Spacemen 3, se una volta giunti a destinazione. l’Init, non mancano nemmeno quelle ballad, non addirittura tinte shoegaze. Ac- locale riesumato da poche settimane molto apprezzate dal pubblico, nelle certato che il singolo Plaster Caster e messo a nuovo con un programma quali Fink riesce a dar sfogo a tutta la of Everything - guardate il relativo concerti niente male, risultava semi sua anima soul con un timbro vocale video dal sapore lynchiano - è una vuoto durante il dj set pre-Fink. Meglio impeccabile anche dal vivo. Certo, la bomba anche dal vivo, non ci resta così – si sdrammatizza – dato che il veste acustica mette in secondo piano che considerare che nell’economia live, vista la strumentazione sul palco, quel groove con cui il Nostro si è fatto di un live all’altezza delle aspettati- si preannunciava totalmente acustico. le ossa, ma a guadagnarne è l’intensi- ve la parte del leone la fanno ancora Meno rumori di fondo. E poche persone tà dell’esecuzione, impreziosita anche i capolavori del secondo album: We si sono aggiunte ai presenti non appe- da una complicità palpabile tra i due Fenced Other Houses With Bones of na il protagonista della serata, Finnian che si riversava sul pubblico sotto for- Our Own, con la sua litania maledet- Greenall, è montato sul palco accom- ma di chiacchiere e battute. Una sera- ta (“Fly, fly, the devil’s in your eyes... pagnato dal suo prezioso compagno ta come non ci si aspettava. Grazie al Shoot! Shoot!”), e gli spasmi di Bro- Guy Witthaker. Posizionatisi sui propri calore sprigionato da Fink in una notte ken Witch (“I, I Am the Boy. She, She sgabelli, imbracciando rispettivamente di metà novembre. Is the Girl...”). A qualche anno di chitarra acustica e basso a sei corde, distanza sono ancora questi, insie- hanno aperto le danze. Fin da subito è Andrea Provinciali me ad alcuni sprazzi di Drum’s Not stata netta la sensazione che qualcosa Dead, i momenti più visceralmente di strano stesse avvenendo, o meglio, Liars - Estragon, Bologna ( 1 4 catartici e magnetici del loro show, che qualcosa di tremendamente nor- novembre 2007) probabilmente a causa di un inossi- male stesse per affermare la propria L’appuntamento con i Liars è ormai dabile mix di primitivismo neopagano epifania. Infatti, Fink che suona acu- un classico irrinunciabile. Che il trio e avant rock di cui sono essenzial- stico, senza neanche una base elet- newyorkese dia poi una connota- mente permeati: gli Stooges di We tronica in sottofondo, è straordinario e zione particolare ad ogni nuovo al- Will Fall che copulano con i Teenage usuale simultaneamente. Pensare che bum non fa che caricare di ulteriori Jesus & the Jerks con la benedizio- fino a qualche anno fa l’inglese in que- aspettative uno dei migliori live act ne dei Virgin Prunes... (“Blood. Blo- stione calcava le consolle dei dance- cui si possa assistere in questi anni od. Blood. Blood. Blood...”) floor fino a mattina inoltrata fa strano. un po’ avari. E Angus Andrew è uno I Liars sono semplicemente la band Ma pensare che suoni acustico dopo dei pochi animali da palco rimasti: che al giorno d’oggi meglio reinter- due album in parte registrati a spine una specie da proteggere, in via preta e rivitalizza gli azzardi e gli staccate è del tutto prevedibile. Ecco d’estinzione, che sa stimolare e ca- ardimenti post-punk. Già lo sapeva- che con tale sensazione viene accolta talizzare il flusso empatico della fol- mo. Ne abbiamo avuto ulteriore con- So Many Roads. Fin dalle prime battu- la in virtù del suo carisma. Come un ferma. E questa lieve svolta “pop” e te si capisce subito quale sarà il ruolo santone o uno sciamano. Uno spi- “rock” non stona affatto né ci spa- del basso: struttura portante di ogni lungone dinoccolato che si presenta venta. Ci fa semplicemente sogghi- canzone e ornamento stilistico grazie sul palco opportunamente vestito di gnare sornioni, nell’attesa della loro alla maestria di Witthaker. Va a riem- bianco da capo a piedi, come fos- prossima imprevedibile zampata. pire quei vuoti lasciati dalla mancan- se appena scappato dall’ospedale za della batteria – ma a questa sop- psichiatrico. Per dovere di cronaca Alarico Mantovani periscono anche i piedi e le mani dei dobbiamo pur ammettere che sta- Nostri, fatti battere rispettivamente sul sera pare meno fuori del solito, più Merzbow + Valerio Tricoli – Artissi- suolo e sulle casse dei propri strumen- controllato e professionale e tutta- ma - Lingotto, Torino (8 novembre ti – ma soprattutto, quando può, va a via ben calato nella parte. 2007 rimediare all’assenza dell’elettronica Se la partenza è folgorante - e met- Il live set di Valerio Tricoli si accen- con virtuosismi rumoristici sulle prime te immediatamente in chiaro che de improvviso: il salone espositivo del due corde. Vengono così presenta- il calibro della band non si discute Lingotto è ancora affollato da scianto- ti i brani dell’ultimo album, Distance - il seguito è riservato alla curiosa so via vai di imprenditori dell’arte. Dire And Time, alternati a quelli del primo e divertita esplorazione dell’ultimo che l’installazione del ¾ Had Been Biscuits For Breakfast. Ciò che dif- lavoro. E all’uopo i Liars portano Eliminated sia site specific è assai ferisce dalle registrazioni in studio è in tour un quarto membro, Jarrett poco: il suono delle macchine si iner- un approccio molto più blues, quasi Silberman degli Young People. Qui pica pieno per la rampa in cemento aggressivo, che fa terminare gli epi- arrivano le sorprese, anche se non che conduce all’Ovale della Fiat, ade- sodi più movimentati in vere e proprie ci colgono a freddo: Houseclouds è risce alle pareti, profondo in altezza, rincorse strumentali con un trasporto un pezzo decisamente alla Beck (!) foderando internamente la struttura contagioso (i brani migliori: il singolo mentre Freak Out e Pure Unevil sono cilindrica. L’effetto è amplificato da This Is The Thing, l’ossessiva Blue- psicocaramelle alla Jesus & Mary improvvisi lampi di luce che squarcia-

86 sentirea scoltare no il buio assoluto a ritmo di musica, fino alla sinestetica esplosione finale di bianco accecante e rimbombare di bassi, alla batteria, presenza celata in uno degli ultimi tornanti della rampa, quindi al di sopra del pubblico disloca- to ai primi livelli; la batteria del sodale Andrea Belfi conferisce quindi, ce ne fosse bisogno, maggior dinamismo alla performance. Si attende per Merzbow. Si attende per mezz’ora abbondante di rumore bianco a gradiente ritmico variabile - si pas- sa dalla totale assenza di impalcatura ritmica all’incalzare di beat quasi gab- ber. Uno schiaffo - fisico, ancor prima che morale - a quanti, a pochi metri di distanza, mercanteggiano opere d’ar- te modello grande magazzino. A quei passanti, di tutto punto vestiti, che, di ritorno dalla Fiera dell’Arte Contem- poranea, incappano, loro malgrado, in quel monstrum sonoro che si dimena tra mille rantoli. Che tornano alle loro Porsche, ora tappandosi le orecchie, in un disperato tentativo di oltrepassa- re indenni quel campo di forze; ora os- servando esterrefatti, basiti, qualcuno un po’ schifato - e solo dopo aver guar- dato in alto, a quelle teste che spun- tano dai vari piani della rampa che conduce all’ovale del Lingotto, come a chiedersi come possano tante teste

appartenere a persone così idiote da Merzbow by Bruben farsi devastare da simile tormento. Una performance dal potente valore Nastri, microfoni, pick-up generano disco? I newyorkesi lasciano da parte simbolico, prima e più che estetico: le una massa indistinta e pulsante di le tipiche scorribande rumoriste e si frequenze che salgono su per la ram- sano rumore analogico che in breve adeguano al mood tipico della musica pa, quel muro di suono generato da un riempie l’aria del club. Luca Sigurtà è di Tiziano che dopo un paio di pezzi distinto signore orientale che da tempo l’addetto alle macchine, mentre Tom- viene lasciato solo con la sua chitarra. si fa chiamare Merzbow, sono - nome maso Clerico si occupa degli stru- Negli ultimi anni è passato spesso da omen - la risultante di tutti gli scarti di menti tradizionali, il cui suono viene queste parti, il numero degli estimatori una società alla deriva. adeguatamente stravolto. In piena era forse è aumentato anche per una natu- digitale, quando sembra che anche il rale empatia nei confronti della perso- Vincenzo Santarcangelo più incredibile dei rumori possa essere na oltre per la validità dell’opera. L’uo- riprodotto con una fredda sequenza di mo Fooltribe conquista il pubblico con Peeesseye + Bob Corn + Harshcore 0 e 1, gli Harshcore riportano il ma- la sua ricetta a base di cantautorato - United Club, Torino, (7 novembre gnetismo al centro della scena, resti- folk sincero e genuino e storie semplici 2007) tuendo al fenomeno fisico una valenza sussurrate ad occhi bassi. Bob “Prin- Nella settimana in cui Torino è sulla naturale e incontrollabile, quasi magi- ce” Tizio ha il dono della sintesi e la bocca di tutti per il festival di musica ca. Notiamo una new entry nel parco sabbia in tasca. Non è poco. elettronica ClubToClub e per le esibi- macchine del duo: un “cubone” stereo È il momento dei PSI, il chitarrista zioni legate ad Artissima (Merzbow, V/ rosso fiammante che a fine concerto Chris Forsyth e Jaime Fennelly VM tra gli altri), lo United Club, spesso Luca mi confiderà di aver trovato ab- all’harmonium generano un ammasso dedito a concerti punk/hardcore, porta bandonato per strada e aver adottato. pulsante e ipnotico. Una situazione in città i Peeesseye, accompagnati da Torna la quiete con Bob Corn, il barbu- che porterebbe velocemente a stati Bob Corn e dai rumoristi Harshcore. to autore di Songs from the Spiders’ mentali alterati se non fosse per gli Quest’ ultimi, un duo mascherato che House, che inizialmente viene accom- sconquassi percussivi di Fritz Welch sembra uscito dal delirio di un matto, pagnato dai Peeesseye. Un primo pas- che alterna i tamburi a elementi me- aprono le danze, se così si può dire. so per una futura collaborazione su tallici e plastici, quando non a utensili

sentirea scoltare 87 testimone del morente state of the art dell’underground italico, tutta chiac- chiera e distintivo, ha però poca at- tenzione voyeuristica da dedicare ai gruppi spalla. Devozione e curiosità sono tutti per l’attrazione principale. Dal trio apprezzato su disco sparisce il feedbacksaxophone di Ed Bear, e non è una perdita da poco. Le dinami- che si riducono giocoforza ad un con- tinuo dialogo a due. Se questo ridu- ce le possibili contaminazioni, lascia spazio ad aperture synth-batteria non da poco e permette di capire di che pasta sono fatti. Sembrano comunque non accusare il colpo e attaccano a testa bassa investendo l’audience con una furia devastante. Matt si dimena come un ossesso tarantolato sul suo scalcagnato synth. Ne estrae rumori, brontolii, strepiti, stralci di melodie senza tempo, trovando anche il tem- po di duettare col sodale in esilaranti siparietti nonsense su conigli giganti e peni scomparsi. Kevin risponde dal suo essenziale drum-kit indossando i panni, non solo metaforici, dello schi-

PSI by Tommaso Clerico Tommaso PSI by zofrenico in crisi epilettica. Il suo vol- to si deforma. Lo sguardo è perso. Le disturbanti, come un blocco di polisti- ogni caso la soddisfazione dei presenti braccia vorticano senza sosta, al pun- rolo che genera un suono particolar- alla fine è palpabile, il prezzo ridotto to da sembrare 2 o 3 batteristi in uno. mente caustico. È Fritz il motore fisico del biglietto permette che i banchetti Lo spettacolo vero, però, non è solo in del gruppo, un folletto post-apocalit- dei gruppi, ricolmi di primizie limited quel che vediamo. Lo spettacolo è in tico che calamita l’audience, soprat- edition, vengano saccheggiati senza quello che è sotteso alla radicalità delle tutto quando abbandona la batteria rimpianti, con il motto psiano stampato impro. I due sono orgasmici, umorali, al per dimenarsi brandendo una catena in fronte: Stay Positive, Asshole! limite del rissoso e mettono in scena un in mezzo al pubblico, parte del qua- teatrino consapevolmente d’avanguar- le appare intimorita, forse in ricordo Paolo Grava dia, in cui masticano le ferraglie sonore di una precedente esibizione torine- degli ultimi 50 anni. Le risputano rein- se. La sua voce copre le più svariate Talibam! + Plaisir + A. Calbucci & A. ventandole sotto la lente deformante di gradazioni dei toni disumani, passan- Compagnucci – SinisterNoise, Roma una libertà d’azione totale e follemente do dai rantoli al growl, in esplosioni (28 ottobre 2007) fuori da ogni schema. Ma lo fanno, e grind(guignolesche) che ricordano Eye “The night of the duos”. Ovvero, come qui sta il bello, con uno schema, con e il Patton più oltranzista. I Peeesse- una domenica sera stanca e silenzio- una progettuale idea di fondo che ha ye si confermano fenomenali anche sa si trasforma in un orgiastico gang- come obbiettivo quello di unire l’impro dal vivo, con un esibizione muscola- bang sonico. Due coppie copulano sul colta con quella destrutturante e di ma- re e psichica, fuori dai canoni senza palco prima dell’avvento degli attesis- trice rock che stava alla base del post- cadere in sterili stramberie e che per simi Talibam! from NY. Per primi Ales- punk e della no-wave più rovinosa. Tut- molti dei presenti diventerà un termi- sio Compagnucci e Alessandro Cal- to è apparentemente caos, ma nulla è ne di paragone per il futuro. L’ordine bucci, ex sezione ritmica dei Sedia, appartenente al caso. Se a volteggiare delle esibizioni, con Tiziano piazzato con uno scarno set di divagazioni per sul palco è il simulacro di Sun Ra e a al centro dei due ensemble rumorosi, basso e batteria. Una prima assoluta benedire dall’alto è lo spirito libero di crea una certa discontinuità e provoca che incuriosisce nei suoi vuoti pneu- un Coleman ubriaco e drogato, ad agi- un adattamento da parte degli spetta- matici e lascia curiosità sulle future tarsi sul palco sono i fantasmi del rock tori, forse l’apertura delle danze sa- evoluzioni. A ruota Plaisir, chitarra e che abbiamo sempre apprezzato. Que- rebbe stata più adeguata o, perché no, batteria per un sonic mayhem senza sto sono i Talibam! oggi, autunno 2007. il congedo in punta di piedi (a proposi- sosta, che deve molto al grunge più Cosa saranno tra qualche mese nessu- to di estremità, Tizio sembra un hobo grumoso. Una sorta di Soundgarden no può immaginarlo. placido e imperturbabile a cui abbiano meets Lightning Bolt.Preliminari gu- trapiantato i piedi di James Brown). In stosi, ma lo scarso pubblico presente, Stefano Pifferi

88 sentirea scoltare (Gi)Ant Steps (Gi)Ant Charles Mingus Pithecanthropus Erectus #12 di Fabrizio Zampighi

Mingus fu un battitore libero nella storia del jazz. Troppo rude per scendere a patti, difficilmente governabile, affascinato dal suono delle big band come dalle stilettate del free, dall’impeto del be bop come dalla musica classica, comprimette in un jazz del tutto personale i h g i p m a Z o i z i r b a F e i t n e v l o S o n a f e t S i d a r u c a z z a j a c i r b u r a n u un’esistenza perennemente al limite. Trovando la via per una formula espressiva che ancora oggi rappresenta una tappa obbligata per i neofiti quanto per gli appassionati.

Charles Mingus – Pithecanthropus Erectus (Atlantic,1956)

La musica di Charles Mingus è Charles Mingus. Irrequieta, irascibile, carnale, capace di attimi di stasi come di esplosioni virulente, di de- compressioni e ingorghi, di dis- sertazioni solitarie e crescendo corali, di brutali dichiarazioni di intenti e patologie incontrol- labili, di urla sguaiate e malin- conie urbane. Una musica figlia del be bop, coinquilina del free, risultato di un’infanzia difficile, violenta, vissuta costantemente nell’emarginazione e con l’incu- bo della discriminazione razzia- le. Pulsioni che trasformano il musicista dietro agli spartiti in un disadattato cronico, un inno- cuo Jeckyll in un Hyde dalla per- sonalità riottosa e perennemente scissa, con in testa - soprattutto in gioventù - un girovagare con- fuso tra Duke Ellington, la poli- fonia, il cool. È il 1956 quando Pithecanthro- pus Erectus fa la sua compar- sa ed è con questo disco che giungla metropolitana. Il tutto in l’alfa e l’omega del concept, dal Mingus aggiusta per la prima due brani, la title track e A Fog- momento che il lato B fa un po’ volta il blando peregrinare degli gy Day, il primo un carteggio di storia a sé. Profile Of Jakie suo- esordi in una registrazione sti- sax composto da Mingus e infar- na infatti come una tipica ballata listicamente matura e qualitati- cito di cambi di tempo e atmosfe- notturna irretita da una pletora vamente ineccepibile. Un’opera re cariche di fisicità - tratto che di ottoni ruffiani e solcata dal che omaggia il jungle sound di diventerà distintivo della poetica surfing del basso di Mingus e Ellington, trasponendolo da in- del contrabbassista dell’Arizona Love Chant si traveste da suite put musicale a ispirazione per -, il secondo una passeggiata di quindici minuti buona per dar un concept sulla modernità, con ironica tra i clacson assordanti corda al pianoforte di Mal Wal- tanto di ritmi forsennati, rumore, di San Francisco sulle note di un dron e consentire al titolare di luci e naturalmente, l’uomo, ani- brano di George e Ira Gershwin. mettere in mostra qualche dera- male selvaggio confinato in una Due tracce che costituiscono pata sul manico.

sentirea scoltare 89 WE ARE DEMO #22

statevi un po’ zitti lasciatemi ascolta- amici, l’amaro Averna. Carezze di chi- re le panzane gonfiate a dovere del tarra acustica folk, senza prewar, solo vitellone di paese: storie di bionde folk acustico, quello tra ‘60 e ’70. Po- adescate sul molo, di grandi passioni che note, tanto silenzio intorno. Punta e lacrime amare. Leggende per cuori delle dita, una mano calda quando sei caldi e gioviali ma colmi di malinconia solo e intirizzito dal freddo che fa. Echi che non si sa cos’è, forse è il mare che e rintocchi in lontananza ad allargare il buio profuma le notti fin sulle colline. panorama, secca batteria a scandire il E finalmente si accendono come stelle tempo. E prenditelo ‘sto tempo, mettiti lontane le luci del Cabaret. Si comin- a sedere un attimo, comodo, chiudi gli cia a sognare, è jazz. Si comincia a occhi e goditi la magia di questi cinque scalpitare, è swing. Storie antiche, ragazzi, i Margareth, da Venezia-Tre- musiche che dell’indie e di quel che ne viso. Un’armonica, una tromba roton- Side A è seguito se ne strafottono e se solo da, una voce educata a stendere lar- Corde di violino pizzicate (finalmente sapessero si farebbero grasse risate. ghe e consolanti melodie. Quando un un po’ di musica da camera, penso), Musica suonata da musicisti, un giorno mini di quattro canzoni (perché chia- ciottolame vario a far da tappeto per- non sapremo neanche più cosa sono. marlo demo mi fa un certo che) è bel- cussivo, una calda melodia gitana e Entertainment! C’è il primo Capossela, lo, è bello. Quando è realizzato bene, poi trac dopo pochi secondi già tagli l’estetica di Conte nelle sette canzoni registrato con cura e scorre che è un improvvisi, bordate e schizzi trash me- piacere ancora e ancora c’è poco al- tal. Continui cambi di ritmo e scenario tro da aggiungere. Per la cronaca se a (e ti pareva? E allora violenza sia). Si- qualcuno interessasse a me hanno ri- parietti western, perizie free-jazz-core, cordato certe acusticherie Radiohead, melodie orientali, klezmer zorniano, i Sophia meno disperati e perché no, vocalizzi dementi, risa e schiamaz- qualche melodia di tutte quelle band zi improponibili, intervalli di classica emo-acustiche che andavano tempo fa contemporanea, schitarrate pese, ne- oltreoceano. Basta. Bravi (7.2/10). anche un attimo di tregua. Estenuanti ma anche tanto tanto divertenti e come Davide Brace suonano poi! Registrazione ed intesa perfetta, capacità compositiva sopra Side B la media ed energia da venderne. I Twee è la terza demo per Denise, 3Sacchetti da Venezia-Mestre escono giovane cantante/autrice salernitana allo scoperto senza mezzi termini, è la cui determinazione è direttamente un assalto col sorriso sulle labbra e la del riminese Daniele Maggioli, lingua proporzionale alla gentilezza incantata coscienza delle proprie capacità tecni- sciolta, voce profonda, imbonitrice e della voce, timbro da bambolina neo che. Parodistici e paradossali, schiz- seducente con quel fare da mascalzo- zati ed ironici, colti e hardcore non li ne bello e dannato. Insieme a Nobraino si riesce ad ingabbiare facilmente, e Granturismo si potrebbe quasi parla- sfuggono scivolando via, strattonan- re di una nuova scena romagnola, un do e allora lasciamoli liberi che ce n’è po’ nostalgica se si vuole, ma con le

a cura di Stefano Solventi e Fabrizio Zampighi per tutti. E dire che non è neanche il idee molto chiare. Ottima la registra- mio genere ma per una volta la colpa è zione . Saprà conquistare ascoltatori, solo mia. Impressionanti (7.3/10). o almeno glielo auguro (7.0/10). Una giornata al mare, solo e con mille Il fumo dai comignoli all’orizzonte. lire, poi la sera tutti in trattoria quan- Fredda notte boschiva. Devi farne di do ancora si poteva fumare e bere, strada bimbo e già ne hai fatta parec- soprattutto bere, piada e cocktail che chia. Altroché. Quel che ci vorrebbe sient a me tu vuò fa l’americano, ma adesso è una casa, un camino, degli

WE ARE DEMO 90 sentirea scoltare WE ARE DEMO folk nella cameretta di Mùm e Coco- (nella bowiana Speed Of Life) e chi- rosie, però appunto titolare di un pi- tarra elettrica (nella title track, pezzo glio tenace e ispirato che la mette al autografo assieme a Jumping In Your centro di situazioni interessanti, spal- Soul) infarciscono di circospetta, vi- leggiata da svariati nomi dell’alterna- brante (eh, già!) concretezza. Il risul- tivo italico (tra cui Songs For Ulan e tato è questa splendida, allampanata A Toys Orchestra). La sua è una calli- contraddizione, la sua capacità di ip- grafia fiabesca, palpitante, bucolica e notizzarti dolcemente. (7.2/10) sottilmente inquieta, adagiata tra archi serici e chitarrine di marzapane, tra Stefano Solventi percussioni genuine e una fantasma- goria indolenzita di organetti e cam- Bonus Track panellini. Rispetto al passato sembra Chitarra elettrica, basso, batteria. Loro essersi dissolta la componente elettri- sono gli Ogun Ferraille e il demo in que- ca da shoegazer in incognito, a tutto melodica ribadita dai synth, si smarca stione si chiama My Own Drama, che in vantaggio di un più etereo incedere tra dalla filiazione dEUS e Afterhours per italiano vuol dire noise, crossover, riff acidule suggestioni folk-blues langui- compiersi in un rock forte e accorato. uncinanti, vocazione decisamente hard. damente jazzate (l’enigmatica Moon- Belli i testi e ben cantati, tesi come un Sarebbe tutto - o quasi - perfetto, se la child, la preziosa Lovely Baby Lovely), Filippo Gatti corroborato Gang e Marle- lunghezza eccessiva dei brani – in me- alla bisogna screziate d’elettronica ma ne Kuntz, capaci di dare vita a trepida- dia sopra ai 5 minuti e in qualche caso senza esagerare, tipo che viene da zioni adulte (vedi la pulsante Finzioni, oltre i sei – non impedisse di apprezza- pensare ad una Beth Gibbons adole- ballata noise di tutto rispetto), ciò che re appieno il tiro degli episodi in scalet- scente. La proposta è buona, lascia in- non esclude momenti più “sofisticati”, ta, facendo suonare il tutto un po’ trop- travedere una certa profondità e chis- come il soul spiegazzato e languido di po dispersivo (voto: 6.3/10, web: www. sà quali sviluppi. Che non dovranno So Fly, o manifestazioni di franchezza myspace.com/ogunferraille). Discorso comunque mancare, perché al momen- disarmante fino all’ingenuità (Attenti). diverso per i Metro Corskol Blue Di- to il dubbio – praticamente l’unico – è Finché, con L’ossessione, azzardano vision, che con Confine collezionano che stilisticamente Denise si muova un pure la carta del plausibile singolo, cinque brani vicini per indole agli Af- po’ in ritardo. Speriamo non fuori tem- in un crescendo di tiepide iridescenze terhours di Germi. Melodia e rumore si po massimo. (7.0/10). che incendiano una semplicità Pertur- mescolano a testi in italiano che non la- I Sister Dew sono un quartetto mar- bazione. C’è un’ultima cosa da dire: sciano troppo l’amaro in bocca, rivelan- chigiano di cui abbiamo già parlato un bravi. (7.2/10). do buon gusto nelle geometrie e intelli- po’ di tempo fa (We Are Demo giugno Anche di Roberto Celi abbiamo già ri- genza nel mantenere un basso profilo, 2006) recensendo L’intangibile vo- ferito, nel gennaio scorso, in occasio- anche se un pizzico di coraggio in più in glia, lavoro risalente al 2005. All’epo- ne di Vibrando. Se quello rispettava la sede di scrittura non avrebbe guastato ca i ragazzi non avevano le idee chiare tipica dimensione dell’EP, stavolta con (voto: 6.4/10 web: www.myspace.com/ circa la ragione sociale, visto che veni- Clouds By Fire siamo all’album bello metrocorskolbluedivision). Elettronica, vano da un periodo in cui si facevano e buono, benché breve, annoverando new wave, chitarre elettriche sono inve- spacciare per Sofia, ma dal punto di ben nove tracce di cui due originali ce gli ingredienti di base della proposta vista musicale erano già a posto. Il qui ed il resto cover di brani (talora an- musicale degli Alba Caduca. L’omonimo presente Non c’è niente di male alza che troppo) celebri. Per chi non fosse EP della band si fregia di un elettro-rock ulteriormente la posta, forse anche in provvisto di memoria elefantina, ricor- talvolta evocativo, più spesso energico, virtù dell’ultimo arrivato in formazione, diamo che Celi è vibrafonista, quel in generale di immediato consumo, uni- il “quinto elemento” Stefano Procacci- che propone è un’anomalia convinta to a facilonerie liriche in italiano che ni, chitarrista. Fatto sta che il suono che nel vaporoso luccichio delle note, non convincono appieno, pur nel rispet- sembra allargarsi, svincola la vena in quella manifestazione di armoniche to ossequioso delle strutture musicali dense e impalpabili, che riarticolano (voto: 6.1/10, web: www.myspace.com/ melodie fino all’astrazione, si nascon- albacaduca). Quarta e ultima bonus del da un codice non esprimibile altrimen- mese, A ritroso, raccolta di tre brani ti che così. Un segreto complesso ed a nome Una Pura Formalità. La band etereo, ricco ma portatore di un mes- pisana unisce a strutture vagamente saggio semplice: il suono come even- post-rock tutte chitarra, tastiere, batte- tualità magica, non necessariamente ria, basso, un cantautorato in italiano sintetica/sintetizzabile. Tra una calli- piuttosto ricercato, ottenendo una fusio- grafica Michelle, una garrula The Man ne di stili interessante e una proposta Who Sold The World e una non meno musicale all’altezza delle aspettative che stupenda Summertime, si consu- (voto: 6.6/10, web: www.myspace.com/ ma questa utopia se vogliamo anche unapuraformalita). ingenua eppure forte, stranamente forte. Che gli interventi di basso, sax Fabrizio Zampighi

sentirea scoltare 91 Slits THESE ARE (NOT) TYPICAL GIRLS...

di Edoardo Bridda

L’imminente tournée in Giappone e la recente ristampa del controverso secondo album, rappresentano la perfetta scusa per ripescare una delle più fresche esperienze post-punk britanniche. Anzi, senza scuse: la prima punk band tutta al femminile. Anzi, meglio: tre formazioni che hanno marchiato altrettanti momenti salienti di quel magico incrocio di fulmini e saette chiamato post-punk.

Soli due dischi ufficiali all’attivo per ragazze non erano affatto le tipe ragoni, le Slits avevano qualcosa le Slits, eppure il loro è un caso del violente che tutti volevano. Il punk in comune anche con quest’ultimi: quale si potrebbe parlare per ore e l’energia di quel famoso ’77 ave- entrambe le band denunciavano e e da una miriade di punti di vista, va dato loro un’incontrollabile vita- schernivano i luoghi comuni morali musicali e non, di costume come di lità e un’unica arma, l’ironia, un an- e le ipocrisie della società britanni- contraddizioni in seno al post-punk, ticorpo al panico da palcoscenico. ca preferendogli lo stile di vita gia- d’attitudine e di contaminazione. Quel non avere modelli, il sapere maicano, decisamente più comuni- Un naturale sbocco introduttivo, a suonare… Il pubblico, caricato dai tario e rilassato. Inoltre, le ragazze nostro avviso, inforca sia un tipico media, comprese tutt’altro, s’im- avevano dalla loro Dennis Bovell, vezzo britannico sia una peculiare paurì, ma anche scattò: durante produttore di Y (firmato, che ve lo novità dentro la novità che le ra- un’esibizione un ragazzo salì sul dico a fare, Pop Group), semplice- gazze rappresentarono. Il quartet- palco con un coltello e puntando- mente l’unico nel Regno a tenere to nasceva attorno al 1976, anno lo sul sedere di Ari disse “È questo testa agli illustri padrini dub quali domini dello sbarco dei Ramones che volete, no?”. Lee Perry e King Tubby. nell’isola, il preludio dei Pistols Lo spavento per lo spavento non Cut – si ascoltino le diverse (e non e di McLaren. Un culto senza un finì in spirale: l’onda era troppo poco) Peel Session registrate un suono. Ragazze violente, femmine forte e nel mentre si avvicendava- anno prima e pubblicate nel 1998 incazzate. Attorno a loro (e al na- no piogge di sputi on stage, una - era di fatto anche figlio suo, non scente fermento punk) s’era creata scacchiera si colorava di bianchi e lesinava filamenti acid-rock (alla una morbosa curiosità fatta di casi neri mentre una partita veniva gio- Beyond Good And Evil) e, più di discografici senza dischi e pratica- cata con agile e sinuosa prontezza. ogni altra cosa, affondava bassi mente neanche una session. Assieme ai PIL, furono le prime a stordenti ed effetti campionati che Del resto, era accaduto per le for- contaminare il punk con i detonanti i fan dei Joy Division conoscevano mazioni in cui le ragazze avevano bassi del dub, e da lì si spalancò bene. Sono aspetti di produzione, militato poco prima (le Castrators, un’altra porta che le porterà a quel eppure l’album - tra dissonanze e i Flowers Of Romance) e stava duplice pre: utero/Africa. In questo canto eccentrico - era sostanzial- accadendo ancora con lo stesso senso, le Slits erano le eredi del mente un affare pop fischiettabile e canovaccio (età giovanissima, in- Pop Group e degli Alternative Tv, ballabile. Qui la sua forza e il plau- capacità totale di imbracciare gli anche se lo furono soltanto in parte so di Olympia fino a M.I.A. strumenti). Praticamente erano un e per un brevissimo tempo. Va anche detto però che le Slits fenomeno alla Mclaren fatto di soli Prima di raccontarvi della loro fine erano perfette figlie del loro tem- tentacoli ma senza la testa, come facciamo perciò un passo indietro, po: confini labili, membri in presti- un tipico vizio britannico. Una roba quando il grande pubblico le co- to da altre band e persino batteri- del tipo: animali adolescenti e in- nobbe e le incensò con Cut (Island, sti in incognito. Negli anni del Rip controllabili. Una fantasia erotica. 1979; 7.5/10), debutto ufficiale su It Up, assieme al Pop Group, Ari Una fonte di recondite paure per il major che fruttò loro il 30° posto e co. condividevano quel concetto maschio working class. L’ideale per nelle chart del Regno. L’album ar- di liberazione “totale”, che partiva la stampa. rivava sulla cresta di un emergen- dall’happening rock dei Sessanta L’immagine, per davvero, era sfron- te successo reagge-punk spianato e giungeva ora a un lacerante ri- tata quanto il punk richiedeva e slit commercialmente da Roxanne dei tuale ancestrale. In comune con la significa taglio, fenditura. Un qua- Police e ideologicamente dai Clash band di Stewart, con la quale sta- dro chiaro quello outside the slit, (una canzone: The Guns of Brixton, bilirono una vera e propria allian- quanto curioso appariva dentro: le 1978). E, sempre a proposito di pa- ce (e un singolo split, il datato ma

Classic 92 sentirea scoltare Classic divertente In The Beginning There te con Joe Strummer e Mick Jones. Earthbeat che contiene lo stesso Was Rhythm), le ragazze posse- Tutti aspetti, come si diceva all’ini- affascinante terriccio afro sul quale devano una leader, giovane, istin- zio, che contribuirono a connotare Bjork partorì Human Beahvior (e se tiva e curiosa. tre band differenti: una (ultra)punk, scavate vedrete che tutto torna…), Ari-Up scavalcava a sinistra il una reagge-dub-punk e infine una il balletto avant anti-classifica Face più ortodosso stile dark-punk del- avant-africana (anche world), ema- Place con un’intrigante performan- la musa Siouxsie, era più vicina nazione del Pop Group-pensiero di ce di Ari-Up, e l’afro-funk liquoroso all’infantilismo (che sarà anche cui vi diremo. di Walk About, nel quale le ragazze delle Raincoats) che a qualsiasi Tornando alla prima, c’è da ricorda- bilanciano mirabilmente la vertigine nichilismo. Assieme a lei, due com- re il fondamentale documentario di di Stewart e co. pagne sodali quali Viv Albertine, Don Letts, The Punk Rock Movie Le Slits non si sciolsero per le cri- chitarrista capace di funk liquoro- (un ritratto verace, denso di colori tiche ma per via della voragine del si e ritmi chuka chucka taglienti e trend della bohème primo-pun- dopo punk. È stata una figata, ma come lame (aveva provato a lungo kista pre-borchia ed eroina), il cui ora? Horror vacui che molti, alcu- con Keith Levene dei P.I.L.) e Tes- corrispettivo vinilico è il Bootleg ne Slits comprese, colmarono con sa Pollitt, bassista intrippata con i Retrospective (Y, 1980; 6.0/10), l’eroina e rincorse di verità più pro- soundsystem e una terna di batte- un ritratto di autentici intenti punk, fonde. Una di queste, musicalmen- risti/turnisti ovvero Paloma Romero mentre per il secondo, oltre a Cut, te parlando, fu l’affare New Age (aka Palmolive), figura problemati- ricordiamo la cover di Man Next Steppers, un progetto aperto che ca dall’altrettanto tumultuoso drum- Door (solo su singolo o 12’’), splen- oltre a Ari e Viv, coinvolse membri ming prima sostituita (nelle session dido rifacimento del classico del del Pop Group e del mondo reggae di Cut) da Budgie e infine dal più rastaman John Holt e missato da (SA #16). Per un attimo sembrò il solido Bruce Smith del Pop Group, Adrian Sherwood. naturale sbocco, una famiglia allar- percussionista tribaleggiante e La terza e ultima fase delle Slits gata capitanata da Adrian Sherwo- strategicamente “laterale”. coincide con Return Of the Giant od, l’esegeta del dub contaminato L’insieme formava un canovaccio Slits (CBS, 1981; 7.2/10), l’album che al tempo riarrangiò alcuni brani musicalmente apolide quanto lo tribale con ancora Bovell in pro- di Return Of the Giant Slits. Era erano poi le biografie delle stesse duzione e la partecipazione di un solo un miraggio. La postfazione musiciste (il padre di Viv era fran- altro geniaccio come Launay (suoi di questa analisi arriva ben venti- cesce, quello di Ari tedesco, mentre molti espedienti in post-produzione cinque anni dopo con Revenge Of Palmolive aveva trascorso l’adole- di Flowers Of Romance). L’album The Giants Slits (2006), EP con scenza con la famiglia in Spagna), (recensione a pag. 81) fu accol- tre nuovi brani dove apprendiamo non meno trascurabili poi i menage to in maniera controversa: da una che le ragazze si sono appropria- familiari: Up era figlia di Nora, fu- parte c’è chi lo tacciò di essere un te delle istanze rap (che a momenti tura moglie di John Lydon nonché prodotto commerciale, dall’altra avevano annusato nel 1980 - vedi amica a suo tempo di Hendrix. E af- chi disse che le Slits avevano per- Neneh Cherry che aveva militato fettivi: la cantante era stata legata so la verginità/ingenuità. Il lavoro nell’ultimissimo periodo della band) per tre anni con il chitarrista Chris rappresentò in verità una classica e del drum’n’bass, naturale corolla- Spedding, uno dei primissimi pro- transizione; ad ogni modo, ascol- rio degli africanismi brit di Ari. Non duttori dei Pistols, mentre la batte- tandolo ora, non possono non risal- vediamo l’ora di rivivere tutto que- rista e la chitarrista rispettivamen- tare certe chicche come l’opener sto. Vale a dire, le attendiamo live.

sentirea scoltare 93 Classic album Jean Michel Jarre-Oxygène-Live In Your Living Room (EMI, 26 novembre 2007)

Se c’è un suono che più di ogni altro ha reso l’idea di progresso e fede nella tecnologia, questo è stato senz’altro quello dei synth e delle drum machine. In questo articolo, e diciamolo, per una volta tanto, non vi parle- remo dei Kraftwerk e della loro immagine romantico-robotica, e nemmeno dei soliti krauti sul versante cosmico. È vero che un future musicale (senza il ph beninteso…) ci porterebbe all’Underground Resistance, ma sarebbe anch’esso un esempio troppo spoglio dell’idea di fede uguale tecnica che abbiamo in mente, un concetto per le vecchie masse novecentesce più che una cospirazione di sparizioni collettive. Eccoci al nocciolo: se c’è un invasato che ha fornito esattamente questo tipo di sovrastruttura, quello è sicuramente il francese oceanic-show Jean Michel Jarre. Colui che ha dedicato una vita al binomio suono-spazio-futuro, il personaggio dall’ego espanso che avrebbe prodotto un brano con la prima session nello spazio se lo Schuttle non fosse esploso. Quel componimento non manchiamo di dire, registrato in omaggio al musicista scomparso (Ron’s Piece), fruttò a Jarre un ingaggio che portò a Houston un milione e mezzo di persone. Uno show enorme, il secondo dei megaconcerti che costellarono la sua carriera, ma sotto ai numeri c’è una sociologia: il suo successo risiede nella sua capacità d’instillare quella fede tecnolo- gica senza frontiere il cui corollario eminentemente musicale è senz’altro stato Oxygène. Proprio quest’album, in occasione dei suoi trent’anni (in verità trentuno visto che in Francia uscì nel 1976), è stato interamente risuonato con i synth originali da Jean Michel, con l’aiuto di dei fidi Francis Rimbert, Dominique Perrier e Claude Samard. La session (non proprio) ironicamente chiamata “dal vivo nel tuo soggiorno” è stata pure filmata in un 3D particolare (per la versione con DVD della ristampa): si tratta di una next generation della tridimensionalità senza occhialini stupidi stile Squalo 3, ma ci sarà bisogno di costosi schermi per vederla e im- pariamo dalla stampa che pure James Cameron pare stia già al lavoro su questo formato, mentre noi – a nostra volta ancora attratti dal delirio tecnologico - ci stiamo scordando di parlare delle sei parti dell’album. Prima di farlo però è necessario ammettere che la riedizione d’Oxygène riporta sul piedistallo il francese dopo il tonfo colossale di Teo&Tea, probabilmente il lavoro più stroncato di questi Duemila. Noi manco l’abbiamo sentito il concept dedicato all’amore su internet, ma senz’altro più doverosamente riascoltiamo uno dei pochi dischi jar- riani veramente degni di nota (assieme a Equinoxe e i Magnetic Fields). È un album dal giusto mix di grandeur atmosferica e melodia, un piacere per l’orecchio affamato di synth analogici. Rimettiamo allora sul lettore quella vituperata Oxygne (part IV) e senza vergogna. Non è invecchiata male. È la canzone elettronica più famosa d’ogni tempo, quella che i krautrocker all’epoca detestarono e non diciamo certo che avessero torto, non del tutto. Il compositore potrà essere presuntoso quanto la sua musica banalmente asettica ma non qui: Part 1 – con quel theremin saturnino - è eloquentemente misteriosa, Part 2 con il bel gioco “molecolare” ai synth è tuttora avvincente, e persino il motorik di Part 5 può essere ritenuto proto-techno (e da lì Underground Resistance…). Ritornando al futuro, quel futuro luminoso e fiero dei propri mezzi è morto. E non è stato il 1986 a ucciderlo (e manco è colpa del punk e di quei testimoni di Geova dei Pere Ubu). Doppio piacere dunque nel tornare a quel senso di spazio e tempo del pulito e “progressivamente meglio”. 40 minuti di vintage futurista sui quali sarebbe troppo controsnobistico parlare di musica asservita al potere dominante. Ciao Adorno.

Edoardo Bridda

Classic 94 sentirea scoltare Classic Lost Grunge Heroes Fastbacks

Un motore pop molto, molto potente Son fucilieri pop dalla mira precisissima i Fastbacks. Se te li ritrovi nel plotone d’esecuzione power puoi star sicuro che ogni tiro centra il bersaglio. Ed il bersaglio è la melodia poppy appiccicosa, rincorsa da chitarre ruvide ma non troppo, talvolta hard e talaltra punky, sempre e comunque “teen” sin nelle ossa. Nacquero a Seattle, WA, i Fastbacks. Kurt Bloch, Kim Warnick e Lulu Gargiulo iniziarono come tanti studenti di highschool allora. Avevano degli idoli musicali da idolatrare e vollero idolatrarli cercando di seguirne le gesta. Ramones e Buzzcocks su tut- ti. Melodie veloci, punkizzate a dovere, ma con tante e tante strizzatine d’occhio al bubble-gum più (fintamente) stupido di sempre, quello dei Sixties. Una spruzzatina, tanto per dare qual certo “colore locale” che non guasta affatto, d’hard rock dei Seventies ed ecco che la formula del trio comincia a marciare. In The Summer è il primo 7” registrato dell’an- cor acerba band. Duff McKagen, poi nelle fila ben più blasonate dei Guns’n’Roses, fa qui una sua comparsata alla batteria. È il 1980. Seguono nell’arco di un annetto scarso anche Don’t Eat That It’s Poison (1980) e Someone Else’s Room (1981). Il secondo pezzo in particolare è un teen-anthem sospeso fra ruvidezze punk nelle chitarre, una melodia epica e romantica, ed una voglia di music for fun peraltro mai celata dal gruppo sin dagli esordi. Il suono più verace, nell’assieme, è quello del chitarrismo approssimativo, da autodidatta, di Lulu. It’s Your Birthday/You Can’t Be Happy risale all’aprile 1981, e prosegue ruvido e melodico nella scia dei suoi fratellini in formato breve. Gran parte di questo dimenticato primo repertorio fu poi inclusa dalla be- nemerita Sub Pop in un LP dal titolo The Question Is No (1992). In realtà, sin da questi immaturi primi vagiti discografici ci si accorge che i tre ragazzotti centreranno poco e nulla nel calderone grunge in cui verranno schiaffati in virtù della sola appartenenza, dal 1992 al 1996, nel novero delle band di casa Sub Pop. Play Five Of Their Favorites (No Threes, 1982) e Every Day Is Saturday (No Threes, 1984) sono EP che valgono solo in quanto studi preparatori per quella sontuosa cornucopia di ritornelli powerpop nascosti nell’LP d’esor- dio dei Nostri. And His Orchestra (PopLlama, 1987) è il festival della canzoncina briosa-ariosa, è la saga del 1-2-3-4-let’s-go, è l’apoteosi del melodismo più scipito incollato al passo di marcia hardcore. Seven Days, in tal senso è esplicita fin dal primo ascolto. Richiama anche un poco, nelle partiture, una sorta di incrocio fra Replacements e Pandoras. If You Tried vola alta col suo inciso arioso e Don’t Cry For Me rimane un piccolo capolavoro di pop da cameretta, struggente e fatale nella sua enfatizzazione dei piccoli drammi da Pretty In Pink (il film, non la canzone). Col 1989 ci sono novità in casa Fastbacks. Block si unisce ai Young Fresh Fellows, Warnick lavora negli uffici Sub Pop e Lulu si dà ad un abbozzo di carriera nel mondo del cinema. Ma l’esplosione grunge travolge anche i Nostri i quali, dopo un altro ottimo disco, Very, Very Powerful Mo- tor (PopLlama, 1990, zeppo di numeri à la Joan Jett con e senza Runaways), ricompaiono alla grande sulla scena discografica indie che conta. Zucker (Sub Pop, 1993) ancora non perde colpi. 14 canzoni, 30 minuti appena. Never Heard Of Him, Believe Me Never, Hung On A Bad Peg sono solo alcune delle spensierate ne- nie poppy che il gruppo fa scoppiettare nella propria pentola rendendole popcorn zuccherini che mandano in sollucchero. Answer The Phone Dummy (Sub Pop, 1994) suona forse anche meglio del precedente. On The Wall è semplice e complessa al contempo, è marziale e cantabile, è spensierata e accigliata senza darsene il minimo pensiero. Sing-along tipico dei Fastbacks questo, chitarre metalliche e voci femminili a rincorrersi nel più scipito girotondo dei ritornelli trovati. Perfetta popsong! Fra alti e bassi inevitabili la carriera dei Fastbacks prosegue fino alle soglie degli Anni 2000. New Mansions In Sound (Sub Pop, 1996... deludente), Win Lose Or Both (PopLlama, 1998) e The Day That Didn’t Exist (Spinart, 1999) le tappe di avvicinamento alla nuova decade. Lulu pone fine alla band e Truth, Corrosion And Sour Bisquits, che esce nel 2004, è il giusto epitaffio per il terzetto. Una raccolta di unreleased song dal tiro micidiale. Se ancora ha un senso per voi l’etichetta “powerpop”, è qui che dovrete essere di casa. Abbandonatevi ai Fastbacks e al loro lirismo (pre)adolescenziale. Senza riserve.

Massimo Padalino

sentirea scoltare 95 Kubrick/Lynch in mostra

Le strategie della farfalla di Giuseppe Zucco

Il cinema in mostra diventa una farfalla immobilizzata. Trarne ogni sfumatura è possibile, ma senza l’energia che lo spinge verso direzioni e linee di fuga.

la sera della prima la sera 96 sentirea scoltare la sera della prima 1.Cinema, farfalle e spilloni Se ti senti coinvolto dal cinema - e di film non ne perdi uno, e conosci la filmografia di migliaia di registi, e sei in grado di recitare intere battute da copione, e discutere di un singolo fotogramma di un lontano film co- reano, come se dalla sua descrizione risultasse evidente la bellezza e il destino dell’umanità intera - in pochi mesi accade l’imprevedibile. Una dopo l’altra, vengono varate notevoli mostre su i grandi nomi della storia del cinema. Non trovi neanche il tempo di impreziosirne una con la tua presenza, che già la prossima ha dichiara- to la data di apertura. In convenzionale ordine cronologico, sbucano dal nulla e occupano tv, giornali e spazi pubblicitari quelle su Charlie Chaplin, Stanley Kubrick e . Così il marketing dei musei ti lavora bene e ti logora a puntino. Tanto più che le mostre sono confinate ognuna in città diverse, e ci vuole tempo e premeditazione per visitarle e digerirle tutte. In fondo, era inevitabile. Nei musei non entra più solo l’arte, per dirla in maniera ottocentesca. Le ultime col- lezioni e le temporanee – da distinguere accuratamente dalle permanenti, e immaginarle itineranti per il globo intero, mentre numerose schiere di pubblici di nazionalità distanti forgiano il loro gusto e la loro visione delle cose su immagini che continuano a fare il loro corso, e si sono già impresse su milioni di retine diverse, e provvedono, come un qualsiasi format televisivo, a dare al significato della parola globalizzazione un che di tangibile e di poco consolatorio – riguardano la vita quotidiana, l’immaginario collettivo, tutto ciò che attraversa i nostri schemi percettivi e in un modo o nell’altro ci trasforma, ci cambia, ci disciplina, ci dà modo di riflettere su noi stessi e sulla nostra storia. Siamo stati testimoni di fortunatissime mostre sul Design e sulla Storia della Televisione, sul Cibo e sulla Moda, ed ora è la volta del Cinema. E la cosa insospettisce. Tutte queste mostre immesse con rapida successione sul mercato dell’intrattenimento di massa danno l’impressione di un debito che il Sistema Culturale Italiano doveva necessariamente saldare. Come se ci fosse da pareggiare i conti proprio con il cinema, da sempre definito set- tima arte, eppure trattato da sfigato in mezzo al grande parterre dell’arte con la a maiuscola – pittura, scultura, teatro, fotografia, musica, letteratura, che tra l’altro il cinema sembra riassumere in sé, in maniera totale e centrifuga. Ma, a pensarci bene, il problema non è confinato tutto lì, in un ritardo culturale. La questione rivela la difficoltà a trattare e manipolare il cinema fuori dai centri di produzione e dalle sale di proiezione. Del resto, se lasci galleggiare sopra qualsiasi definizione il celebre refrain “che cos’è il cinema?”, ti viene in mente una risposta, neanche così banale: immagini in movimento. Ed esiste anche un’unita di misura. Il cine- ma è la verità ventiquattro volte al secondo, diceva romantico Jean-Luc Godard. Uno scatenato vorticare di fotogrammi inseguiti dalla luce. Impressionati e scolpiti dalla luce. Non è difficile, allora, scoprire cosa diventa il cinema ad una mostra: espanso dentro i confini di un museo, inchiodato un fotogramma per volta alle pareti, esposto con tanto di targhetta e didascalia in basso, disintossi- cato dal suono, ripulito dai raccordi che legano e stringono le immagini, il cinema è una farfalla trafitta e immo- bilizzata dagli spilloni. Certo, puoi guardarla meglio, passarla ai raggi x, leggerne ogni sfumatura, conquistarne i dettagli e riporla con precisione nella memoria, ma non c’è modo di ridargli vita e infondergli quell’energia, quello scatto, quella testardaggine che la spingeva lungo traiettorie, direzioni e linee di fuga. Perdi il cinema nello stesso momento in cui credi di averlo più vicino. Senza alcuna velocità, ritorna alle origini. Le immagini ci eccedono e ci sorpassano, ma si sono trasformate in pose, in fotografie, in farfalle sequestrate dagli spilloni. A meno che, strategie segrete, non le riportano in vita, almeno per qualche istante.

2.Tutto Kubrick, nient’altro che Lolita La grande retrospettiva su Stanley Kubrick è a Roma, al Palazzo delle Esposizioni. Tra il 6 ottobre 2007 e il 6 gennaio 2008, puoi andarci quando vuoi, tranne il lunedì che è chiuso, ma io ci arrivo sul finire di ottobre. Si sono appena accese le luci sulla strada e il traffico scorre lentamente. Piove. Percorro la scalinata, due gradi- ni per volta, e sono all’ingresso. Due ragazzi, in completo nero, giacca e cravatta, il gel tra i capelli per aria, danno il benvenuto e distribuiscono lunghi tubi di plastica bianca su cui spiccano i caratteri rossi del nome del museo. Sembrano dei condom, quei tubi. Ci infili dentro il tuo ombrello ed eviti la contaminazione. Infine, entro. Sono esattamente in mezzo alla descrizione del depliant: il Palazzo delle Esposizioni è enorme se non magniloquente, esteso per oltre 10000 mq, articolato su tre livelli, ogni livello con la capacità di ospitare mostre ed eventi culturali. Per salire da Kubrick, passo in mezzo all’esposizione dei quadri di Mark Rothko, ed è tutto un levitare di colori e dimensioni, di tele pulsanti orizzonti ed oscurità. Mi prometto di ritornarne al più presto. Poi prendo le scale e sono in mezzo al cinema. Dopo la prima rampa, compaiono piccoli schermi, impilati l’uno sull’altro stile tetris, attraversati da alcune cele- bri sequenze dei film di Kubrick - come se un puzzle elettronico, appena all’ingresso, facesse i conti con te, e ti sfidasse a riconoscere attori e titoli dei film. Salgo ancora e la mostra si apre nella luce bianca dei neon. Le pareti sono sature di fotografie, e nel loro bianco e nero mettono subito in chiaro il debutto di Stanley Kubrick, i reportage degli anni ’40 per la rivista Look, e le pellicole degli esordi, da Day Of The Fight fino alla vera opera prima, Fear And Desire - un film allegorico sulla guerra che il regista ripudierà e non vorrà più vedere. Nelle foto, Kubrick appare giovane ed elegante, sempre in giacca e cravatta, senza quella barba che nella vec- chiaia diventerà parte integrante della sua icona. In mezzo alle foto, ogni tanto appaiono le pagine delle prime

sentirea scoltare 97 sceneggiature, o sceneggiature intere tenute sotto vetro, dove ai lati delle pagine, o in mezzo alla battute, risaltano gli appunti a matita e le correzioni. Segui le evoluzioni della grafia con commozione, pensando al gior- no in cui le stese, all’ispirazione ed ai dubbi che continuavano a ronzargli in testa fino al momento del ciak. C’è una miniera di fotografie curiose, tra cui quella in bianco e nero, scattata durante la sessione di riprese di Rapina a mano armata, dove Kubrick gioca a scacchi con il lottatore russo – e del resto, gli scacchi erano una cosa seria per lui, ed i suoi film non potrebbero essere altro che tante mosse ordinate, premeditate, studiate al dettaglio, per dichiarare scacco matto allo spettatore e agli studiosi che da tempo s’interrogano sulla bellezza e la densità della sue opere. Mentre avanzi lungo sale e corridoi, percorri la storia cinematografica di Stanley Kubrick. E senza alcuna fatica percepisci intorno l’intensità di quella storia, che si accumula, si ammassa, si stratifica, si fa ogni volta più ric- ca di testimonianze e reperti che affiorano dovunque. Entri nella sala dedicata a 2001: Odissea nello spazio e trovi le tute da astronauta e i costumi degli scimmioni, le immagini dei fondali stile gran canyon ed il modellino in gomma rosa del feto astrale. Percorri i metri che ospitano Arancia Meccanica e ti muovi tra il tavolino del Korova Milk Bar e i costumi bianchi e minimalisti di Alex, il tutto con la benedizione di Ludovico Van che s’infila acido tra le orecchie. Visiti lo spazio di Barry Lyndon e subito ti giri tra i costumi da Oscar e gli obiettivi con lente Zeiss, prodotti dalla NASA, che permisero al regista di girare a lume di candela. Cammini nel recinto di Shining e avvisti la riproduzione in scala del giardino-labirinto e un metro quadro di moquette su cui sfrecciava in sella al triciclo Danny. Insomma, cresce in te l’idea di essere in mezzo agli oggetti che Kubrick usò, valutò, filmò. E non ti trattieni dall’immaginare le scene, in mezzo a tutti quegli oggetti, con le fotografie davanti, come se le sequenze dei film girassero nella tua testa e la pellicola scorresse senza sosta. Guardi le ali della farfalla muoversi nonostante la trappola degli spilloni. E il cinema che scaturisce dagli oggetti e si ricompone nella tua memoria, ha le forme dell’amore e le venature di una perversione: il feticismo. Capita che quando si ama qualcosa/qualcuno, una parte sostituisca il tutto, una tessera condensi il mosaico. E basta la visione di quel frammento, per quanto piccolo, per quanto limita- to e circoscritto, per risuscitare nella sua interezza l’oggetto amato. Forse non esiste amore senza una dose minima di feticismo. In fondo, Kubrick apre Lolita - una delle più grandi e controverse storie d’amore di tutti i tempi - in modo spu- doratamente feticista. Prima il vuoto, appena un drappo sullo sfondo, poi quel piede nudo, in primo piano, e una mano che lo sorregge e ne vernicia le unghie, mentre i titoli scorrono sopra, bianchi ed eleganti, come il cotone infilato tra le dita, con cura, per sottrarre lo smalto alla pelle. È uno sguardo insistito sul piede di Dolores che anticipa e dichiara la presenza di Lolita. Lo stesso tipo di sguardo con cui lo spettatore scardina la staticità della mostra per lasciare fluttuare la visione di movimenti, immagini e sequenze. Così, lo spettatore compie il miracolo. È l’amore per l’opera cinematografica di Stanley Kubrick, la potenza del desiderio applicato al suo cinema, a rendere inutili gli spilloni e liberare le farfalle dalla gabbia delle cornici.

3.Lynch e la riserva di farfalle Per David Lynch sfidi il freddo e percorri Milano da un capo all’altro fino a La Triennale. E potresti andarci un giorno qualsiasi tra il 9 ottobre 2007 e il 13 gennaio 2008, ma metà novembre va più che bene, soprattutto di sabato. C’è una notevole circolazione di persone, e insospettabilmente sembra che tutti si precipitino tra gli in- cubi e il delirio di The Air Is On Fire, la mostra allestita da Lynch in persona. Non credevi che il regista avesse tanto credito, ma dopotutto è famoso e citatissimo, e magari è solo un’impressione, la tua – del resto, il cinema è una parte pulsante dell’immaginario collettivo e la gente sarà attratta da quello soprattutto: vedere e capire, o almeno sperare di capire, cosa si nasconde nella testa di uno dei più geniali e inquietanti e complessi registi di tutti i tempi. Uno dei pochi che quando si fa buio in sala e parte il film, sembra così particolarmente affasci- nato dal tuo stato emotivo, che seduce, e poi dilata, e spinge ai confini estremi della tensione e del desiderio, come se avessimo i componenti di un’orchestra dentro, che lui dirige e indirizza nelle profondità, nell’oscura percezione di se stessi. È infatti la psicoanalisi del cinema, sulla scorta degli studi di Jacques Lacan, ha ripe- tutamente scandagliato le stive dei suoi film per capire la forza e la precisione con cui trascina a galla il Reale, la parte più inconfessabile di noi, ciò che non si può e non si deve dire, e che di tanto in tanto affiora grazie ad un’estrema raffinazione del linguaggio - del Simbolico specificherebbe Lacan - essendo l’inconscio stesso strutturato come un linguaggio. Ma non è esattamente così. Il viavai di gente, almeno la stragrande maggioranza della ressa, non è lì per quel- lo. Lo capisci pochi istanti prima entrare. Ci sono colossali camion blu, fuori - e dentro tutta una confusione di tecnici con le cuffie, cavi, spot, dolly, cameraman con occhiali e tatuaggi in vista, e telecamere predisposte all’uso. Riprenderanno una puntata di Striscia la notizia, lì a La Triennale, per festeggiarne i vent’anni. C’è in vendita un catalogo con la storia del programma e la gente verrà fatta accomodare sulla gradinata, per una volta testimone e complice della televisione, come nelle migliori occasioni. E quello che pensi è che la tivù di oggi è come il cinema di ieri, quello degli anni ’60 e ‘70, in cui la gente fa- ceva la coda per farsi scritturare come comparsa nei kolossal. Solo che allora ti capitava di recitare un ruolo, di entrare nei panni di un personaggio, mentre oggi soltanto per il fatto di apparire in video sei già un perso-

la sera della prima la sera 98 sentirea scoltare la sera della prima naggio, e la parte che reciterai sarà la stessa che metti in scena tutti i giorni nella vita quotidiana. Non c’è più scarto tra il mondo dello spettacolo è quello della gente comune. Accendere la tivù oggi è come aprire la porta di un’altra stanza di casa tua. E il volume delle prove è alle stelle. Quando paghi il biglietto c’è quella musica nell’aria, del tutto natalizia, con accenni di swing. Vorresti che finisse quando entri nella mostra, ma dopotutto Lynch sarebbe contento. Il contrasto tra il mondo patinato e vagamente felice della televisione e l’oscurità perversa del suo cinema rie- voca l’atmosfera di Velluto blu. Gratta la patina e sotto scoprirai i vermi. Ma non è cinema, quello che guardi. Entri e trovi una serie di quadri, ognuno inserito tra i drappi di un sipario, che ricordi in Eraserhead, in Fuoco cammina con me, o nella sequenza di Mulholland Drive, celebre per il no hay banda, la battuta più nota dei film di Lynch. Ed è un confine, quel sipario. Lo superi, e abbandoni la realtà per il sogno o gli incubi. E i quadri e i disegni sono popolati da case in fiamme, fabbriche volanti, nuvole nerissime, occhi che ti scrutano. Il clima è cupo. L’inverno ti rincorre come un’ombra. E sono carichi di lettere, quei quadri. Di frasi dipinte in caratteri neri e tremolanti che incombono, che gravitano, che rimangono sospesi come il loro significato. La pioggia immobile dell’alfabeto. Non avesse fatto il regista, Lynch sarebbe comunque esploso come artista. I musei e le case d’asta avrebbero fatto carte false per averlo. Con la plastica bruciata e il collage di materiali, David Lynch prosegue e radica- lizza le intuizioni di Lucio Fontana e Alberto Burri, senza cadere mai nella pura astrazione, ma continuando a inscrivere negli spazi, con alcuni tocchi e figure che ricorrono, storie minime, piccolissime, del tutto surreali, quasi fossero frammenti dei suoi film - come quelli presenti in Inland Empire, con conigli in vestaglia che ri- spondono al telefono. E i suoi quadri migliori sono quelli giganti, con sfondi in salsa Edward Hopper, sulla cui superficie vivono i personaggi composti di un materiale che sembra sempre sul punto sciogliersi, come se un incendio segreto li consumasse da dentro. Tanto che sembriamo noi di fronte ai suoi film: in stato di allerta, fuori da ogni controllo, in preda al panico, rassegnati a non capire fino in fondo, persi nella traiettoria impazzita della narrazione, che continua e t’inchioda sul posto. E la cosa interessante è che passi in rassegna le foto, i cartoon, i cortometraggi, la serie di disegni tracciati su scatole di cerini, bigliettini di hotel, tovaglioli da bar – architetture spaziali che lasciano intravedere i labirinti e le scatole cinesi dei suoi capolavori – e non puoi far altro che avvertire le farfalle intorno. Non è cinema, quello che osservi. Ma qualcosa che viene prima del cinema, o dopo, o durante: una fantasia potente e squilibrata, apparentemente senza logica, che ti porta lì dove nascono le farfalle, tra gli incubi ed i sogni, con la sensazione che tutto sarebbe stato perso se quel giorno David Lynch non l’avesse disegnata su carta, trattenuta sulla tela, inquadrata nei fotogrammi.

LE MOSTRE

Stanley Kubrick D a v i d Ly n c h – T h e Palazzo delle Esposizioni, Roma Air Is On Fire 6 ottobre 2007 - 6 gennaio 2008 Triennale, Milano A cura di Hans – Peter Reichmann 9 ottobre 2007 – 13 gennaio 2008 Domenica, martedì, mercoledì e giovedi: A cura di Hervé Chandes con dalle 10.00 alle 20.00 Hélène Kelmachter e Ilana Shamoon Venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30 Orario: 10.30-20.30, Lunedì: chiuso Lunedì: chiuso

sentirea scoltare 99 VISIONI

Giorni e nuvole (di Silvio Soldini – Italia, 2007) L’Italia del mondo del lavoro e della flessibilità, della perdita del lavoro in- torno a quarant’anni e della drammatica ricerca di una nuova occupazione, insieme alla riconsiderazione del proprio ruolo sociale ed esistenziale: su questa spasmodica quest ruota il nuovo film di Silvio Soldini. Dopo la (ap- parente?) deviazione leggera di Pane e tulipani ed Agata e la tempesta, il regista torna alle sue riflessioni sul privato e sui sentimenti. Elsa e Michele sono una coppia benestante la cui vita viene improvvi- samente travolta da un evento (il ritrovarsi senza lavoro da parte di lui) che cambierà drammaticamente le loro vite e insieme la percezione della realtà. Costretti a rivedere le loro priorità e quindi a confrontarsi con una realtà sociale tutt’altro che rosea, passano attraverso una serie di di- savventure lavorative e non solo, che si connoteranno in modo diverso a seconda di come ognuno dei due affronta la realtà. Ad un primo periodo in cui Michele cerca di darsi da fare, seguirà una sua inevitabile frustrazione, mista a senso di sconfitta ed umiliazione, insieme alla riconsiderazione del proprio ruolo. Chi non lavora non produce ed è invisibile. Scompare dalla società. Al contrario, Elsa sarà la controparte attiva, la forza motrice che permetterà alla fine di salvare anche il rap- porto di coppia che si stava deteriorando, quando ci si renderà conto che, nonostante le disavventure toccate loro in sorte, è l’amore profondo che li lega che li terrà uniti e salverà le loro esistenze dando un senso a tutto, piuttosto che il lavoro o il prestigio socioculturale. Il ritrovare se stessi profondamente quindi. Film in cui Soldini gioca abilmente in sottrazione, calandosi in un agone difficile da cui esce bene, evitando uno sterile affresco sociale in favore di un intimismo in cui la disperazione e il dolore sono man mano interiorizzati, e diventano perciò una scelta estetica. Calata la pellicola in una città come Genova, presentissima e livida, grazie all’ottima fotografia, il regista decide di seguire strettamente i personaggi spesso con camera a mano e pianose- quenze, creando una immersione totale nello spazio. E una geografia che diviene perciò intima nella compene- trazione uomo/ambiente. Il lavoro di questo tipo sugli attori è stato possibile, va da sé, grazie a un cast duttile, che vede nei due protagonisti (Antonio Albanese e Margherita Buy) il perno centrale, attorno ai quali ruotano armonicamente gli altri (Giuseppe Battiston, Carla Signoris, Caterina Rohrwacher…). Il senso del tempo è reso lentamente, come uno scorrere di paesaggi esterni piuttosto immobili, come il mare, il porto, le nuvole, gli affreschi (Elsa è una restauratrice) simbolo della condizione “stagnante” in cui si viene a trovare la coppia, fino alla svolta finale in cui ripartono uniti ma cresciuti in consapevolezza. Film intimo e prezioso, conferma, se mai ce ne fosse bisogno, Soldini come regista attento ai sottili movimenti interiori del nostro animo e osservatore attento e partecipe della realtà sociale contemporanea.

Teresa Greco

la sera della prima la sera 100 sentirea scoltare la sera della prima

Tideland (di Terry Gilliam – Canada/UK, 2005) Solo il tempo saprà dire se Terry Gilliam è un autore sottovalutato o un autore sopravvalutato. Paradossalmente al momento sembra vicino ad es- sere entrambe le cose. Sottovalutato da un pensiero cinematografico di superficie che gradisce sempre meno scossoni, ruvidezze e inquietudini che non siano meno che chic o all’ultimo grido (in tutti i sensi). Viceversa, sopravvalutato Terry lo è di sicuro dall’accolita di entusiasti cinephiles, disposti costantemente a passare su questi e quei difetti, pur di raddriz- zare il torto storico che investe la reputazione dell’autore maltrattato dagli Studios. Gilliam è in altre parole un autore sempre più vicino alla catego- ria dei Carpenter e dei Cimino. Deliziosamente rétro e fuori moda. Fuori tempo certamente. Tideland arriva in 4 salette in tutta Italia, con un ritardo di due anni e una nomea di film difficile. In altri tempi sarebbe stato un perfetto “Midnight Movie”. Un “Alice in Wonderland meets Psycho” e anche un po’ Texas Chainsaw Massacre. Orrore e delizia negli occhioni da manga di Jeliza Rose una Jodelle Ferland di bravura eccelsa. I bambini ci guardano di- ceva De Sica e la quintessenza dell’ultimo Gilliam sta tutta nella giovane lolita che guarda il mondo e traduce le brutture in fantasiose meraviglie. Gilliam gioca allora a inscenarle intorno un lungo luna park degli orrori. Un andirivieni costante tra interni cupi e luridi e spazi dilati di granoturco non meno claustrofobici. Un southern gothic che si alimenta qui e lì delle solite strizzatine d’occhio di marca surrealista e fantasy come le inquietanti testoline di bambola che la piccola Rose anima sulle proprie dita, proprio come il Danny di Shining si metteva in contatto con il suo amichetto immaginario Tony. Non mancano i soliti strambi personaggi ai confini della realtà in una umanità freak fatta di vedove dark, giullari down e uomini imbalsamati (una performance da Oscar per Jeff Bridges, non c’è che dire…). Cinematograficamente Gilliam va alla ricerca di tempi lunghi e spazi dilatati, l’onirismo corteggiato a più riprese si traduce in un’unica bolla di sapone che imprigiona la nostra protagonista, come certi grandangoli così storti che nemmeno in Arancia Meccanica. Ma il difetto di Gilliam non è nella confezione dove eccelle come sempre, ma nel suo tirar la mano poco prima che questa si bruci. In altre parole Gilliam mostra di non avere né il gusto per l’orrore puro di Philip Ridley (il cui Reflecting Skin è certamente un referente diretto del film), né tanto meno l’alchimia del meraviglioso di Victor Erice (El Espiritu de la Colmena). Ciò non toglie che Tideland sia un film profondamente personale nel suo essere così senza misura, senza baricentro, difettato e difettoso, collocandosi idealmente più vicino a Paura e delirio a Las Vegas che non a Munchausen o Brazil. Un film che dà certamente cibo agli occhi e alla mente e che crescerà silenzioso negli anni, trovando il suo pubblico di affezionati. Gli stessi cinephiles di cui sopra, probabilmente.

Antonello Comunale

sentirea scoltare 101 Arnold Schoenberg E PIERROT MISE IN SCACCO LA STORIA di Daniele Follero

C’è chi lo odia per le sue posizioni politiche (era un monarchico piuttosto convinto), chi lo definisce un incontestabile genio e qualcuno che, invece, prova a sminuire la portata della sua opera, giudicandolo un rivoluzionario fallito, trasformatosi presto in reazionario inconsapevole. Nel bene e nel male, il compositore viennese Arnold Schoenberg è stato il padre dell’avanguardia europea del Novecento.

“Che sia definito conservatore o ri- calmente cambiando. Ma sarà anche Espressionismo e ato- voluzionario, che componga in ma- colui che tornerà sui suoi passi, pro- nalità: in una parola, niera progressista o convenziona- vando a rimettere in piedi tutto ciò Pierrot Lunaire le, che provi ad imitare vecchi stili che aveva distrutto, quasi come se La sua musica comincia ad acquisire o sia destinato ad esprimere nuove si fosse pentito (non certo consape- quelle caratteristiche che saranno idee, ognuno deve essere convin- volmente) di aver esagerato nel suo alla radice dell’Espressionismo: at- to dell’infallibilità della sua propria radicalismo. Ma il corso degli eventi tenzione alle sensazioni ispirate da fantasia e deve credere alla propria è inarrestabile e il processo di avan- un testo a discapito del rigore for- ispirazione.” (Arnold Schoenberg) zamento della nuova musica, a par- male, la riduzione ai minimi termini tire proprio dai più diretti discepoli dei mezzi espressivi, il cromatismo Comunque si vedano le cose, che del Maestro, Alban Berg e Anton portato alle estreme conseguenze piaccia o no, quando si parla di Webern, non potrà più arrestarsi. con il progressivo appiattimento del avanguardie storiche, di musica Schoenberg, nato a Vienna nel 1874, rapporto di contrasto tra consonan- del secolo “breve”, di nascita della in piena epoca tardo-romantica, non za e dissonanza e l’ambientazione contemporaneità, il nome di Arnold amò mai Wagner, ma è proprio da sonora oscura e oppressiva, ca- Schoenberg si impone ovunque. È lui che prese le mosse, da quella ratteristiche che rappresentano la stato lui a traghettare la musica “melodia infinita” che evitava le ca- chiave di volta che aprì le porte del- dal Romanticismo, ancora carico di denze, facendo in modo che i moti- la musica all’avanguardia artistica. ideologia, alla dissoluzione di tut- vi melodici potessero incastrarsi gli L’amicizia con il pittore Vasilij Kan- te le certezze, preludio all’epoca di uni negli altri, senza interruzioni. Le dinskij ha avuto un ruolo fondamen- distruzione della vita rappresenta- prime opere del compositore vien- tale, non solo per lo Schoenberg pit- to dalle due guerre mondiali. Una nese sono, infatti, pregne di quello tore, ma anche per il musicista che, di queste certezze, musicalmente spirito tardo-romantico già divenuto a partire dagli anni 10 cominciò a parlando, era rappresentata dal si- classico all’inizio del secolo. Para- comporre con quel sistema sonoro stema tonale, un punto fermo nel dossalmente, l’esordio (con la pri- di riferimento che verrà definito ato- linguaggio musicale da ormai 150 ma esecuzione del Quartetto in Re nalità (e che, al contrario, lui prefe- anni, quel sistema di regole conso- Maggiore e dei due Lieder op.1) riva chiamare “pantonalità”) perché a cura di Daniele Follero lidate che accomunava, ancora al riscosse un consenso di pubblico totalmente privo di riferimenti tonali principio del nuovo secolo, Antonio al quale molto presto il compositore e nel quale sparisce ogni gerarchia Vivaldi e, con le dovute trasforma- dovrà disabituarsi. I primi fischi non tra le note, sia in senso orizzontale zioni temporali, Gustav Mahler. tardano ad arrivare: la sua Verkla- (melodico) che verticale (armoni- Ebbene, è proprio Schoenberg, erte Nacht, poema sinfonico ispira- co). Nei capolavori di questo perio- autodidatta e figlio di un modesto to ad una poesia di Richard Dehmel do, l’opera teatrale Die Glückliche commerciante ebreo, a prendersi la e i Gurrelieder di Jens Peter Jacob- Hand, il “monodramma” per soprano responsabilità di un crollo, probabil- sen (che tanto piacquero a Mahler), e orchestra Erwartung (1909) e, so- mente inevitabile, delle sicurezze di Pelleas Und Melisande e i Tre pez- prattutto, il Pierrot Lunaire (“melo- un passato ormai vuoto di contenu- zi per pianoforte op.11, tutte opere dramma” per voce e otto strumenti ti. Il musicista austriaco incarna una scritte tra il 1900 e il 1909, rappre- del 1912), vero e proprio manife- sorta di Messia sceso sulla terra sentano quattro tappe fondamenta- sto dell’espressionismo musicale, per liberare gli uomini da un modo li di quel processo di dissoluzione la musica si rapporta solo al testo, di concepire la musica che, già con della tonalità, che, per il suo carat- come una sorta di commento, di de- Wagner, aveva manifestato tutta la tere irriverentemente innovativo, at- scrizione delle parole non più a par- sua inappropriatezza ad esprimere tirarono non pochi dissensi, sia tra tire dal loro senso, bensì dalle emo- le ansie di un mondo che stava radi- il pubblico che tra i critici. zioni che scaturiscono da questo.

i cosiddetti contemporanei 102 sentirea scoltare i cosiddetti contemporanei

La composizione schöenberghiana nare completamente le ripetizioni, ro musicale schöenberghiano: tutta più conosciuta in assoluto è costru- organizzando i suoni per serie di 12 la partitura è costruita su un’unica ita su 21 poesie del simbolista A. note che, esaurendo il totale croma- serie, elaborata attraverso tutte le Giraud nella traduzione dalle atmo- tico nel tempo più breve possibile, soluzioni possibili, ricavandone i sfere decisamente più crepuscolari diventano l’elemento germinale at- vari temi dell’opera. Si affaccia qui di O.E. Hartleben. Alla sospensione torno al quale sviluppare la compo- quella che sarà una costante nelle atonale derivata dalle parti stru- sizione. Questo metodo, chiamato ultime opere del Nostro: la proble- mentali si aggiunge qui un ulteriore dodecafonia, applicato per la prima matica etico-religiosa della lotta tra effetto di spaesamento dovuto alla volta alla Suite Op. 25 (1921-23) e il bene e il male, tra l’individuo e tecnica dello “sprechgesang” (lette- che ha raggiunto la sua perfezione la società. In Ode To Napoleon, A ralmente “canto parlato”) che utiliz- con opere che ne sono divenute il Survivor From Warsaw (che pren- za il soprano. Si tratta di una nuova simbolo (la Suite per 7 strumenti de spunto dalla tragedia dei campi tecnica vocale mediante la quale il del ’25; il Terzo Quartetto op.30 e, di sterminio), ma anche nelle opere cantante non si ferma mai su una soprattutto le Variazioni per orche- più esplicitamente religiose come nota, utilizzando ampi e continui stra del ’28), è stato visto da qual- il De Profundiis, queste tematiche glissando che imitano il parlato. Il cuno (in particolare Berg e Webern) rappresentano una sorta di leitmo- risultato è un misto di recitazione e come il passo decisivo verso una tiv. Profonda spiritualità, saggezza, canto lirico spiazzante e onirico. musica totalmente nuova. Ma non riflessività, si traducono in musica è mancato chi, con il senno di poi, con una minore irruenza, uno stile La dodecafonia: passo ha ravvisato, non a torto, in questa più sobrio e addirittura echi di ritor- decisivo verso la nuova sistematizzazione, un rigurgito con- ni sporadici alla tonalità. Come se musica o rigurgito con- servatore, la volontà “repressiva” di l’uomo, e con lui il musicista, perdu- servatore? creare un nuovo ordine a discapito ti nel dilemma della vita, cercassero Il problema che si pone, a questo della totale libertà alla quale si era appiglio nelle sicurezze. Ricostruire punto, è di ordine organizzativo. Or- giunti con la pantonalità/atonalità. dopo aver fatto tabula rasa. ganizzare la materia sonora anche Dal 1925 in poi, con il trasferimento Mentre però si sedeva sulle fatiche al di là di un testo diventa impossi- a Berlino, cominciò, per il musicista, del suo lavoro, lui vecchio saggio, bile quando ci si trova senza quelle un periodo di peregrinazioni che, pioniere della nuova musica, una fondamenta strutturali rappresenta- con l’avvento del regime hitleriano schiera di giovani, figli della Se- te dal rapporto di attrazione tra toni- lo videro prima emigrare a Parigi e conda Guerra Mondiale e seguaci ca e dominante che si era fatto esso poi, definitivamente, nel 1933, negli delle idee radicali del suo pupillo stesso struttura. Schöenberg sente il Stati Uniti, dove morì nel 1951. Gli Anton Webern, cominciavano già a bisogno di un metodo per mettere in anni passati lontano dalla Germania scardinare le costruzioni erette con relazione e ordinare i 12 suoni della sono per lui anni di riflessione, di tanta convinzione dal Maestro. Per scala cromatica, ormai liberati dalle studio e approfondimento. Il frut- gente come Karlheinz Stockhau- relazioni che li tenevano legati gli to più maturo di questo periodo è sen, Pierre Boulez, Luigi Nono, uni agli altri. La soluzione del com- senz’altro l’opera monumentale Mo- Luciano Berio, John Cage, un’al- positore austriaco è quella di elimi- ses Und Aron, summa del pensie- tra rivoluzione era già cominciata.

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