FRANCESCO BOZZA

LIMOSANO: Questioni di Storia

Ricostruzioni ed Approfondimenti : Questioni di Storia

Ricostruzioni ed Approfondimenti Al figlio Fabio col rispetto, intimo e sincero, della sua libertà di uomo questa testimonianza concreta, seppur modesta, di amore paterno teso alla costruzione del suo futuro più sereno Con un sentimento di orgoglio e di liberazione, ora che sono riuscito a portare a termine anche quest’altra mia ricerca, sento di poter dire: “Finalmente!” Mi ha accompagnato il sogno di riportare ad lucem , ed a farle come rinascere, le cose che, costruite dai padri, rappresentano quello che siamo ora, in questo momento e qui. Perché si è la somma dei momenti, tutti, vissuti. Nella sofferenza e nella gioia, ma ‘vissuti’. Penso di non offendere nessuno, dicendo che ho dovuto sopportare eccessiva fatica. Perché, a parte il mio “Limosano nella storia”, che, uscito nel 1999, pure sta incontrando riscontri soddisfacenti, ho dovuto ‘lavorare’ tra la mancanza assoluta di ricerche riguardanti l’area del medio Biferno e, più nello specifico, di Limosano. Sono consapevole che avrei potuto, di certo, far meglio; ma ugualmente ne provo grande soddisfazione. Non tanto per averlo finalmente portato a termine, il presente lavoro; ma per essere, soprattutto, riuscito ad indicare, con l’essere andato, pazientemente e con dedizione (e devozione), a ‘scavare’ le radici sporcandomi le mani di terra, i percorsi da seguire per trovare il terreno fertile sul quale costruire il futuro. Qui sono raccolti gli elementi per progettare, appunto, tale futuro. E, se non si sa partire da essi, si è destinati a non averne, di futuro. Come metodo, ho preferito cercare fonti e documenti ed ho preferito, più che (o, non solo) affidarli alla mia personale interpretazione, farli parlare direttamente e raccontare come sono andate le cose accadute. A me pare che ne sono venuti fuori dei quadri con affreschi palpitanti di vita sofferta, ma vera; e sono emersi pure le grandi conquiste, anticipatrici del futuro, che chi ci ha preceduto ci ha voluto tramandare. Questo mi ero prefissato di far rivivere. Mi si permetta di chiedere solo una attenzione benevola da parte di quel cortese lettore che avrà la bontà di leggere e di seguirmi sino in fondo. Lo voglio, sin da ora, ringraziare.

Limosano, 19 Agosto 2001 Francesco Bozza Francesco Bozza nasce a Limosano () il 25 luglio 1948 e, dopo un brillante curriculum di studi, si laurea in Storia e Filosofia presso l’Università degli Studi di Napoli nel 1972. Si occupa, in prevalenza, di ricerche storiche. La profonda conoscenza delle problematiche di storia locale – ha dedicato, oltre ai vari articoli ed interventi su riviste prestigiose, diversi lavori di ricerca storica all’ambito territoriale del medio Biferno [“ Limosano nella storia ” (Campobasso 1999); “ Limosano: Questioni di storia ”, Campobasso 2008; “ L’antistoria nel medio Biferno ”, portata a termine nel 2007; “ Pietro de’ Marone: l’avventura del molisano del suo tempo che diventerà Papa Celestino V ” (L’Aquila 2006); “ Segni di presenze bizantine nel ‘Samnium’ molisano dell’alto medioevo (476-1054) ”, consegnato alla stampa] – e quelle della storia generale gli consente analisi critiche ed ipotesi originali per una corretta re-interpretazione degli avvenimenti storici. La solida cultura classica lo porta ad essere particolarmente attento alla fonte, assai sensibile alla lettura interpretativa del documento e, quando non innovativo nella proposta, molto raffinato nella sua personale e meditata rielaborazione dei contenuti. Appassionato di letteratura, riesce a leggere e ad interpretare le suggestioni dell’evento naturale e cosmico con particolare sensibilità e delicatezza estrema. Ciò gli ha consentito di scrivere le raccolte di poesia: “ Il gabbiano e il mare ” (2002); “ Campo di grano con papaveri ”, in corso di stampa; “ Le mani mie nel mare ”, in co-produzione nella raccolta “ Due granelli di sabbia ”, Bucarest 2007. Sta lavorando alla raccolta “ Nelle periferie dell’anima ” Ha pronto per la stampa, che presumibilmente avverrà nel 2009, anche il romanzo “ Molinosa ”. Nel 2007 (1° dicembre) ha organizzato il convegno “LIMOSANO: la zecca e le monete ”.

5 CAPITOLO 1°

LA DIOCESI: DA ‘ TIFERNATE ’ A ‘ MUSANENSE ’

6 7 LIMOSANO: Gli insediamenti sannitico-romani, il percorso viario e le stazioni intermedie di “Ad Canales ” e “ Ad Pyrum ” della Tabula Peutingeriana. Localizzazione del sito delle battaglie di ‘ Tiphernum ’ descritte da Tito Livio

8 1.1 - Tifernum: ipotesi di localizzazione

Alla guerra sociale (91-87 a.C.), voluta con determinazione dalla Confederazione delle popolazioni italiche, guidate ancora e per l'ultima volta dai Sanniti, con l'obiettivo di tenere la cittadinanza e la equiparazione nei diritti, Roma con e dopo la vittoria fece seguire " in Samnio " una romanizzazione fatta di genocidio sistematico mediante l'annientamento brutale e lo sgozzamento animalesco dell'elemento maschile, rimpiazzato con deportazioni in massa

9 di intere 'gentes' (nello specifico dell'area mediana del Biferno con la tribù Voltinia); fatta di pulizia etnica mediante l'ingravidamento di quello femminile con lo stupro e la violenza razziale; fatta di devastazioni e saccheggi perpetrati con l'intento di privare gli autoctoni sia della identità culturale come di quant'altro essi erano riusciti a rendere disponibile all'avanzare della propria storia. Tanto che dopo non si sarebbe più potuto trovare nel Sannio alcunché di sannitico. A conferma di tutto questo anche la recente ricognizione del Barker ha riscontrato che "il momento di più forte decremento della popolazione rurale nella valle,..., riflette l'événement costituito dalle conseguenze della guerra sociale. In conseguenza di questa definitiva imposizione della romanizzazione, il Latino rimpiazzò l'Osco come linguaggio dominante, le élites abbracciarono i modi romani di vestire e di comportarsi, ed il surplus da essi prodotto non più veniva condotto ai santuari o agli insediamenti fortificati, bensì fu convogliato nella costruzione di monumenti di prestigio che,..., furono realizzati nell'alta, media e bassa valle (Bovianum, Fagifulae e Larinum rispettivamente)" 1 del fiume Biferno. Questi tre " municipia ", così come gli altri situati nel territorio dell'attuale (Saepinum, Aesernia, Venafrum e Terventum), sicuramente mantenendo tutti continuità con preesistenti insediamenti abitativi di origine sannitica, furono istituiti, oltre che per affermare la 'romanitas ', perché esplicitassero funzioni strategiche e di controllo sulle arterie stradali, sui corsi d'acqua e su quelle strutture produttive, che, in una regione a forte vocazione agricola ed alle strette dipendenze delle istituzioni, vengono organizzandosi nelle ' villae ' e nei ' latifundia ', nei quali una economia di mero sfruttamento sta sempre di più rimpiazzando quella agro- pastorale e di sopravvivenza. Ciò vuoi per il vistoso calo demografico che si era avuto e vuoi per la forzata rinuncia da parte dei Sanniti al loro classico modo di essere " vicatim ". Nella media valle del Biferno, poiché ben riassume tutte quelle caratteristiche e mantiene la continuità con il preesistente insediamento di Tifernum , situato, di poco lontano, sulla dirimpettaia collina, viene assegnata la dignità di "municipium" a Fagifulae, che è centro emergente, più 'romanizzabile' e del primo meglio posizionato rispetto al fiume. Da parte sua Tifernum aveva già visto iniziare il suo declino con i saccheggi subiti sin da quando nelle sue adiacenze (alla " Morgia della Battaglia ") si erano avuti gli scontri del 304 e del 297 a.C. descritti da Livio nei suoi "Ab Urbe condita libri" 2. Aveva poi ricevuto il secondo e più duro colpo dopo la guerra sociale, quando "le città più ribelli furono distrutte: alcune rase al suolo dalle radici,..., ed altre ridotte in uno stato che non ne avresti trovata una con la dignità di città" 3. Ciò nonostante, è da supporre che, pur in posizione decentrata (ma il "ponte" le teneva ugualmente e comunque ben collegate), satellizzata ed alla periferia della preferita e più moderna Fagifulae , anche la più antica Tifernum col tempo riacquista una sua visibilità, rimane in qualche modo antagonista a quella e non abdica dalla sua funzione-vocazione di punto di riferimento, almeno per le popolazioni della media valle alla sinistra del Biferno.

1 BARKER G., Due Italie una valle una prospettiva, in ALMANACCO DEL MOLISE (d'ora in poi solo AM) 1991, II, pag. 90. La ricognizione guidata da BARKER ha accertato la riduzione degli insediamenti romani ad 1/3 di quelli sanniti. Notevoli, sempre a cura del Barker, i volumi, purtroppo solo in lingua inglese: A Mediterranean Valley e The Biferno Valley Survey , entrambi London (Londra) 1995. 2 LIVIO T., Ab Urbe condita Libri..., IX, 44, e X, 14. 3 STRABONE, Geographia, V, 9. "Pervices fractae fuere civitates: aliquae vere radicitus exstintae,..., et aliae talis qualis ne unam pro dignitate censueris civitatem".

10 Scultura di statua femminile, databile al periodo tra l’VIII ed il VI secolo a.C., rinvenuta in località di “ Colle (del)le Case’r ”, che, presumibilmente la stessa del ritrovamento della “ lapide tiferniana ”, situava lungo la “publica via”, che in un catasto del 1816 era descritta: “ per via Cupa, e Corcorillo, sotto le Case, va al passo di Campobasso ” ed alla Covatta. Tale località può essere fatta coincidere con la “ Ecclesia S. Martini ad Bifernum ”(v. 2° Capitolo).

I numerosi rinvenimenti, sporadici ed, in assenza di una sistematica indagine di ricognizione archeologica, casuali, di reperti di ogni tipo (iscrizioni, statuette, monete sia di epoca sannitica che romana,...) 4; l'analisi comparata della eziologia dell'etimo 'ti- pher (num)' con i nomi di 4 Per quanto riguarda le iscrizioni, si veda: DE BENEDITTIS G., Repertorio delle Iscrizioni Latine, III Fagifulae, Campobasso (?) 1997, con particolare riferimento: alla n. 6 (CIL, IX, 2595), rinvenuta in "contrada Monte Mercurio (anche Monte Marcone)"; alla n. 16 (CIL, IX, 2621), rinvenuta anch'essa in "località Monte Marcone (o Mercurio); alla n. 17 (CIL, IX, 2623), "rinvenuta in agro di Limosano, località Colle Ginestra", che, per dimensione (h. 57 x l. 93; sp. 17 cm.), per grandezza delle lettere (h. 18 cm.) e per il colore di esse (rosso), potrebbe rappresentare un 'pezzo' del frontone di un santuario. Quanto alla n. 2 (CIL, IX, 2553), contrariamente a quel che sostiene FORTE M.L. (Fagifulae, testimonianze epigrafiche, in AM 1991, pag. 45 e segg.), che la dice, dimostrando scarsa conoscenza dei luoghi e dei fatti legati alla ' lapide tiferniana ', "rinvenuta su un ponte sul Biferno tra e Campobasso", e contrariamente alla tesi di chi la vorrebbe trovata in agro di , essa venne rinvenuta, se non prima, al più tardi nel 1724 in agro di Limosano presso il fiume Biferno e, d'ordine del Cardinal Orsini, murata sul ponte di Limosano, che quell'anno era in fase di rifacimento. Tanto da indurre il MOMMSEN ad attribuirla a Trivento e, prima di lui, MATTEO EGIZIO a posizionare la stessa Tifernum tra il Biferno e Limosano. Ed, a questo punto, senza alcun tentativo di spostare l'evidenza della lapide tiferniana né a Terventum, come pretendeva la storiografia 'classica' e Mommsen, e né tantomeno a Fagifulae, in quanto centro posto alla destra del Biferno, come pretenderebbe la ricerca più recente, sembra più corretto e di maggior rispetto della verità storica lasciarla a Tifernum, insediamento sì satellite e nell'orbita fagifulana, ma completamente autonomo nel suo essere. Va aggiunto che di recente nell’area tiferniana è stato rinvenuto qualche reperto assai interessante. Prima di tutto, a “Colle Ginestra”, una colonna (alta circa un metro) ellenico-romana, di sicuro proveniente da qualche tempio, che siamo riusciti a fotografare. E poi, alla zona di “Colle le Càsere”(al margine della più conosciuta contrada Cese) e dove, con ogni probabilità, si rinvenne la lapide tiferniana, una grossa statua in pietra-calcare, raffigurante, forse, una dea della fertilità. Anche di quest’ultima ci si sta adoperando per recuperarne almeno una fotografia. Circa le statuette, si veda, una per tutte, quella bronzea riproducente 'Ercole in assalto' descritta da DI NIRO A. (Piccoli Bronzi figurati nel Museo di Campobasso, Campobasso 1978, tav. VII). Come si diceva, recentemente da un contadino, tal Giancola Nicola, è stata rinvenuta in località della Contrada " Colle (del) le Casere " (non

11 alcuni luoghi in territorio limosanese 5; i motivi di coerenza e di opportunità storica, che, soli riescono a spiegare vicende, episodi e circostanze di fatti 6; questi e tanti altri (frequenti ritrovamenti di resti umani, sarcofagi in pietra con scheletri al loro interno, utensileria antica, monili, preziosi, ecc.) i motivi che inducono a fissare il sito di Tifernum in una posizione ben precisa.

molto distante dal luogo in cui fu ritrovata la lapide tiferniana) una scultura in pietra raffigurante una divinità. Corre anche notizia che nella stessa contrada, dove, per la vicinanza a ‘Pesco Martino’ potrebbe localizzarsi il Monastero di S. Martino Vescovo, sono stati trovati diversi oggetti in oro ed antiche tombe in pietra. Il tutto, però, viene tenuto nascosto per timore di 'espropri' di terreni da parte delle autorità. Relativamente alle antiche monete, i rinvenimenti, sparsi sull'intero territorio dell'agro di Limosano, così come hanno confermato le numerosissime testimonianze 'orali', sono stati non pochi ed abbondanti. 5 Attualmente in agro di (anticamente era agro di Limosano) vi è la contrada di FERRARA, dove insisteva un omonimo 'Casale', che (v. PIEDIMONTE G., Notizie civili e religiose di Lucito, Campobasso 1899) "è probabile sia stato distrutto col terremoto del 1456; (anche se) dopo fu ricostruito il solo palazzo con poche case attorno nelle quali abitavano i fittaiuoli e i pastori, nel Palazzo villeggiava il Barone"(pag. 109). Quel 'Casale', che fu feudo, così come altri (v. COVATTA, che il 30 agosto 1631 ancora esisteva, essendovisi fatta l'apertura "presente cadavere", che verrà seppellito "dentro la Chiesa di detta Terra nominata Santo Pietro, del testamento 'chiuso' rogato l' 11 luglio dello stesso anno da Lucia Radatto nella sua casa "sita intus dictam Terram in loco d.o vicino la Porta di sopra" alla presenza dei testimoni: Leonardo Marchetta, Donato e Pietro Palumbo, Andrea Castiglione, Stefano Gabriele e Francesco Radicchi, tutti "affate Terre Cubatte"), scomparve definitivamente tra il 1610 ed il 1650. Relativamente a "quell'amena distesa di colli,..., i ruderi di vetuste mure, e l'essersi ivi rinvenuti molti utensili antichi, idoli di bronzo, specie Ercole e Giove, e molte monete di rame ed argento, consolari ed imperiali, fanno testimonianza che ivi sorgesse una città sannitica, forse l'antica Tifernum... E si noti che Matteo Egizio asserisce che la città di Tifernum era tra il Biferno e Limosano. Del medesimo parere furono G. Galanti, L. Giustiniani e Domenico Romanelli" (v. PIEDIMONTE G., op. cit., pag. 107). Circa l'etimo 'Ferrara', che contiene la radice "PHER" (o anche 'FER'), potrebbe essere proposta la derivazione, con successivo fenomeno di 'corruzione' linguistica, da "(ti)PHERna-ra". Posta al confine tra i territori di Limosano, di S. Angelo e di Lucito, non lontana di molto da quella di Ferrara, vi è la Contrada di CASCAPERA, dentro la quale insisteva l'omonimo 'Casale', anch'esso feudo. E, poiché non figura né nel Catalogus Baronum e né nelle Rationes decimarum ecclesiae potrebbe essere possibile che nei periodi (secoli XI e XIV), cui tali documenti si riferiscono, l'insediamento fosse già andato distrutto. In tal modo il nome 'CASCAPERA' si riferirebbe ad un sito di un antico ('CASCUM', plurale 'CASCA', = antico, vecchio) insediamento ricollegabile ed identificabile con TiPHERnum, che ha, si badi bene, la stessa radice etimologica, P(h)er, di quest'ultimo. Tale radice, se la si fa derivare da PYR (genitivo PYROS, = fuoco), potrebbe far pensare ad una località dove si svolgevano antichi (CASCA) rituali con il fuoco; se, al contrario (ma a noi questa seconda ipotesi pare meno probabile), la si deriva da PYROS (gen.: -OU, = grano), ci si potrebbe riferire ad una località, particolarmente fertile, dove veniva prodotto grano in abbondanza. In ogni caso è sin troppo evidente l'affinità etimologica tra i toponimi di CASCAPERA e di FERRARA con quello della stazione 'Ad PYRum' sull'antica strada di collegamento tra Bovianum (Boiano) e Larinum () riportata dalla 'Tabula Peutingeriana'. Tale affinità è un ulteriore elemento di prova dell'esistenza di quell'arteria viaria e che essa necessariamente corresse lungo il Biferno ed alla sinistra di quel fiume. 6 A parte la 'compatibilità' morfologica del territorio e nella tempistica con gli avvenimenti descritti da LIVIO, anche motivazioni di necessità e di opportunità, come la vicinanza della località FERRARA-CASCAPERA al confine tra le popolazioni della Pentria, nemiche irriducibili di Roma, e quelle della Frentania, alleate del popolo romano, inducono ad ivi collocare il sito di una emergenza insediamentale (e la prossimità della strada, di cui alla nota precedente, ne diventa logica conseguenza) ricollegabile ed asservita ad un Santuario , importante luogo di gestione politica e di culto.

12 Reperto di colonna rinvenuta nell’area di Cascapera.

Del resto, se le stesse ragioni sono esaustive per l'ipotesi di collocare Fagifulae (che pure andrebbe posizionata, per ragioni migliori, decisamente più a valle e precisamente in quella zona pianeggiante posta al confine con Petrella) alla contrada Faifoli dell'agro di Montagano, perché non ritenere le analoghe motivazioni, oltre tutto qualitativamente e quantitativamente più puntuali, altrettanto valide a posizionare Tifernum in quel sito posto alla sinistra del Biferno che è Colle Ginestra , contrada limosanese tra Cascapera , Ferrara e Monte Marconi (o Mercurio )? E che tale insediamento, e solo esso, sia da identificare con la liviana " Tiphernum " e non con altri, oltre alle cennate motivazioni etimologiche ed alle analoghe ipotesi proposte con continuità ed 'ab antiquo' dagli storici (v. le note 4, 5 e 6), vi sarebbe la stessa omonimia col nome del fiume Biferno, già " Tiferno ". E se mutamenti di media o di lunga durata si verificarono, gli unici possibili possono essere riferiti solamente ad un più che probabile 'spostamento' più in alto dell'insediamento abitativo, dopo le distruzioni ed i saccheggi (ultimi, si diceva, quelli seguiti alla guerra sociale), da Ferrara, che da questo momento rimane una semplice ' statio ', verso Cascapera (a Colle Ginestra ed a Monte Marconi), dove, da ora, viene riorganizzata una struttura da villaggio

13 urbano intorno all'area di un preesistente ' santuario ' sannita sito in quest'ultima contrada e che era, al momento, in uno stato di avanzata decadenza. Anche la storiografia più recente non solo non esclude l'ipotesi, ma al contrario pare si stia sempre con maggiore decisione orientando verso di essa, della contemporanea esistenza dei due insediamenti, allorché inizia a riconoscere la validità e l'opportunità di prendere in considerazione "se l'abitato (di Fagifulae) non avesse strutture analoghe a quelle di 'Ferrara', un centro fortificato poco noto posto presso Lucito di cui si conosce un solo circuito murario disposto a mezza costa, ma di cui sono segnalati altri terrazzamenti più a valle; i dati raccolti fanno infatti ritenere che il municipio romano sia stato sovrapposto ad un centro italico le cui strutture avranno condizionato non poco ogni eventuale adattamento agli schemi urbani romani, sempre che ciò sia possibile" 7.

1.2 - Il proto-Cristianesimo

Parallelo al corso del fiume Biferno e solo a qualche centinaio di metri alla sua sinistra, come dicono i documenti, è 'ab antiquo' esistito un tracciato di strada 8, che è lo stesso che, rappresentato anche nella 'Tabula Peutingeriana' 9, andava "da Bovianum a Larinum. Questa strada viene riportata nella Tabula Peutingeriana secondo il seguente tracciato: Bobiano () XI Ad Canales VIII Ad PYR(um) IX Geronum (Gerione, abitato scomparso presso ) VIII Larino (Larino) E' forse da identificare con la òdòs Samniou ricordata da Procopio di Cesarea (B.G., VI, v, 2) a proposito della guerra tra Goti e Bizantini, allorché Zeno, per recarsi a Roma, attraversò il Sannio per raggiungere la via Latina" 10 .

7 DE BENEDITTIS G., Fagifulae, in AA.VV., Samnium - Archeologia del Molise, Roma 1991, pag. 259. 8 Troppo asservita alla campanilistica esigenza di privilegiare l'ascesa di Campobasso, come e nel mentre diventa la città-capoluogo della 'Provincia', l'ipotesi, proposta dal ROMANELLI e seguita da altri studiosi, che pretende di farla attraversare dall'antico tratto stradale, da un lato, e, dall'altro, caratterizzata da eccessivo e mal celato bisogno di apparire ad ogni costo ' originale ' la recente ipotesi di CARROCCIA M. (v. Strade ed insediamenti del Sannio in epoca romana nel segmento V della tabula Peutingeriana, S. Elia Fiumerapido 1989) perché possano spiegare con la necessaria imparzialità i fatti della storia e, così, essere condivise. La prima ricostruisce il tracciato della strada che collegava Bobiano (Bojano) a Larino , collocando le due stazioni intermedie, indicate nella Tabula, di " Ad Canales " nei pressi di Campobasso e di " Ad PYRum " vicino a ; venendo in tal modo tenuti completamente isolati il 'municipium' di Fagifulae e tutta l'area fagifulo-tiferniana, riteniamo non essere da condividere. Per Carroccia " Ad PYRum " è da identificare con Taverna S. Pietro posta all'incrocio del tratturo Celano- Foggia con il fiume Sangro, " Ad Canales " con Taverna Canale in località Cerreto di Carovilli e Bobiano con Pietrabbondante . Anche questa seconda ipotesi, completamente fuorviante, riteniamo, proprio in quanto tale, di non doverla condividere. 9 Essa (v. DE BENEDITTIS G., Appunti sulle fonti classiche relative alla viabilità romana nel Sannio, in AM 1988, II, pag. 13-15) è la "riproduzione del XII sec. di una carta stradale dell'impero romano del IV sec. d.C. (ed è) detta Peutingeriana da Konrad Peutinger (1465-1547), dotto umanista tedesco a cui (ne) dobbiamo la scoperta". 10 DE BENEDITTIS G., Appunti... cit. La via Latina "da Roma menava a Cassino", proseguiva sino alla statio 'ad FleXUM' (S. Pietro Infine), dove si biforcava e "con un ramo di 13 miglia andava a Teano sulla via Appia, ed

14 Sul tracciato della strada alla sinistra del fiume i siti delle due prime stazioni intermedie del percorso disegnato nella Tabula vanno così posizionati: ' Ad Canales ' nella contrada " La Canala " di e ' Ad PYR(um) ' nei pressi di " Ferrara " non lontano da 'Cascapera '. Già in nota 5 abbiamo detto della evidentissima affinità etimologica, che, sconosciuta al Mannaert (MANNAERT Konrad, Geographie der Griechen und Romer, Nurnberg 1799, tomo IX, parte I, pag. 804) che per primo propose tale ipotesi, ne costituisce indubbiamente ulteriore elemento di prova. Relativamente all'agro di Limosano, quella strada, che lambiva l'antico " ponte a fabbrica, che contava l'epoca della sua fondazione con quella dell'Impero di Adriano "11 , era ancora attiva nel XIX secolo, quando, per la direzione 'a monte', è documentata " l'esistenza della via detta Spinillo, la quale mettendo capo nella strada de' forestieri serve al passaggio degli abitanti suoi (= di Limosano) non pure ma di molti altri comuni "12 , e, per la direzione 'a valle' viene attestato che " ha da tempo remotissimo sempre esistito una pubblica strada,..., quale strada conduce al distrutto Ponte, e quindi va a riunirsi alla parte sinistra con la strada dei Forestieri , che passando per le falde di Fiorano mena all'ex feudo di Ferrara, ed indi alle Comuni di Lucito, Civita e Lupara ed in avanti fino all'Adriatico "13 . Era sempre attiva durante il XVII secolo, quando " ad preces et pro parte Pompei Capillo etatis annorum octuaginta duo, Francisci Minicuccio etatis annorum nonaginta, Donati Donatelli etatis annorum septuaginta, Dominici Fracasso etatis annorum sexaginta, Pontij Marchetta etatis annorum sexaginta octo, Antonij Marc'Antonio annorum septuaginta quinque, Joannis Antonij de Amico annorum sexaginta, Francisci Marinaccio annorum septuaginta quinque, Aloisij annorum sexaginta, Francisci Corvinella annorum sexaginta, et Petri Antonij de Lucito annorum quinquaginta quinque incirca,..., Civium et Hominum magis seniorum, et expertorum dicte Terre Limosani" viene attestato "come nel luogo detto li Patrisi pertinente di d.a Terra di Limosano vi è, et è stata sempre una Strada publica, per la quale si andava, e si và nel Bosco di Ferraro, come nella Terra di Lucito, della Civita, et altri luoghi publici circonvicini, e detta Strada se la ricordano dà che hanno havuto l'uso della raggione, et hanno Inteso dà loro Padri esservi stata sempre d.a Strada , per essere Strada antichissima , non ritrovandosi memoria dà che fusse cotal Strada fatta ,..." 14 . Sempre ad essa, certamente attiva nei secoli precedenti, va riferito quel 'nodo' di strade, posto a Cascapera, sulle quali insistevano alcuni "antichi termini lapidei, che di consenso delle parti con publico istrumento del 1547 e 1744 si erano posti per designare i confini de' territori in quistione fra i due limitrofi" 15 di Limosano e di S. Angelo. Erano esse la " Strada Publica chiamata del Procaccio , che entra al Termine della Crocella, passa per Fonte Murato et escie un ramo di 16 miglia menava a Venafro" (MASCIOTTA G.B., Il Molise..., ristampa Campobasso 1988, I, pag. 68). La via Frentano-Traiana correva lungo la costa adriatica da Aterno a Teano Appulo. Entrambe queste vie erano raggiunte da arterie stradali minori che toccavano tutti i 'municipia' siti nel territorio dell'attuale Molise. 11 Dalla 'Relazione' dell'Ing. Berardino MUSENGA (14 ottobre) all'Intendente di Molise, nella quale si descrivono i danni provocati dall'alluvione del 21 settembre 1811. Con ogni probabilità il ponte, per il cui rifacimento, probabilmente dopo l'alluvione del 1621, quando, "a detta di Galanti e Perrella, nel Molise la pioggia cadde ininterrottamente per quattro mesi ed il Biferno impazzì " (v. TASSINARI S., Biferno il fiume che era Dio, in MOLISE n. 1, giugno 1992, pag. 36), è documentato un intervento dell'Orsini, venne costruito per 'unire' l'area fagifulana con quella di Tifernum. 12 ASC (= ARCHIVIO DI STATO di CAMPOBASSO), Intendenza di Molise, B. 575, f. 10. Allegazione Forense "Per Comune di Limosano...", Napoli 1836, pag. 8. 13 ASC, Intendenza di Molise, B. 574, f. 9. Attestazioni dei Sindaci di Limosano, Montagano, Petrella, S. Angelo Limosano e S. Biase, tutte del 1834, allegate in copia autenticata alla nota del 29 settembre 1836 del Sindaco di Limosano all'Intendente di Molise. 14 ASC, Protocolli Notarili, Not. CARRELLI Giandonato di Fossaceca (), atto del 4 ottobre 1697. 15 ASC, Atti demaniali, Limosano, B. 1, f. 2. Allegazione Forense del 25 gennaio 1810 dell'Avvocato Antonio de Giacomo.

15 alla Strada Langianese" 16 e, per l'appunto, la ' Strada Langianese '. E quest'ultima non senza ragioni ben potrebbe essere la stessa, che nella Tabula Peutingeriana è rappresentata con quel "segmento che sembrerebbe raffigurare (fatta salva la possibilità di un errore del copista medioevale) una ulteriore arteria che collegherebbe Aufidena (nota: e perché non altri luoghi dell'Abruzzo?) con la località Ad pyrum" 17 . E, mentre la " Strada Publica del Procaccio ", che passava "distante da Limosano da circa miglia quattro" (ed, essendo Limosano distante circa altre quattro miglia da Castropignano, verrebbe confermata anche la distanza delle 8 miglia tra le due stazioni di ' Ad Canales ' e ' Ad PYRum '), serviva "per il passaggio del Procaccio allorché da Campobasso si recava nel Vasto", la " Strada Langianese ", dopo aver attraversato Monte Marconi e toccato il Bosco Fiorano, passava per l'abitato di Limosano, scendeva alla " Pera Corcorilli " (dove, ancora nel 1739, " la strada publica era detta delli Lancianesi ") e permetteva di raggiungere sia il ' Ponte ' che il ' passo della Covatta '. Era sicuramente attiva quando Papa Leone IX, proveniente da Montecassino, la percorreva nei primi giorni di giugno del 1053, e, " cum... contra Apulie fines pergens, vel intra Beneventarum Principatum, in loco Sale iuxta Bifernum fluvium ..." si fermò il 10 di quel mese e vi tenne un grande ' placito ' sette giorni prima della sconfitta (17 giugno) di Civitate. Quel " loco Sale iuxta Bifernum fluvium ", incomprensibilmente ritenuto 'sconosciuto', è senza dubbio da posizionare in agro di Limosano, coincidendo con l'omonimo 'Corpo' feudale, "qual è di tomuli mille, e cinquecento incirca" 18 : "li Territorij detta la Sala è terminata dell'infratto modo: Incomincia alla Strada publica dello Fiume nominato Biferno , quale strada se nomina lo passo della Covatta , e se ne vene sempre per la strada publica suso in sino alla strada che si piglia per andare alla Fonte della Valla (nota: moltissimi elementi fanno ritenere che questa 'fonte' coincida con la "Fonte dello Sbirro", che sta scomparendo dalla geografia limosanese), seguitando per lo Frattale traverso, che esce sotto detta Fonte, e se ne vene sempre strada in sino à F onte Faucione alla Confina, che è fra S. Angiolo, e Limosano, e del resto confina da ogni banda con lo Casale di Castelluccio e Territorij di Fossacieca" 19 . I limosanesi di allora a ricordo dell'avvenimento vi eressero un " Casalenum ecclesie dicte de Sancto Leone ", che il 17 agosto 1595 risultava ancora esistente ed era "situm et positum ubi Vulgo dicit La piana Sancto Leo iuxta flumen Bifernj (si noti la coincidenza delle espressioni) et Confinia Terre Limosanj et feudi Casalis de Castell(ucci).o" 20 . Al presente quella contrada con evidentissima 'alterazione' linguistica si chiama " Piana Santa Lena ", che nella forma italianizzata, e la 'corruzione' è ancora più visibile, è diventata anche la " Piana S. Elena ". Era essa attiva durante il VI secolo d.C., quando la attraversò, già lo abbiamo detto seguendo il De Benedittis, l'imperatore Zenone. Era attiva il 24 ed il 25 gennaio del 49 a.C., quando la percorse Pompeo, inseguito da Cesare, durante la guerra civile. Era attiva nei primi giorni di ottobre del 217 a.C., quando vi passò Annibale, che da Capua e dall'agro del Falerno intendeva raggiungere Geronio per accamparvisi e svernare prima della Battaglia di Canne (216 a.C.). Fu, perciò, certamente la disponibilità e la percorribilità di quell'arteria stradale a favorire

16 ASC, Protocolli Notarili, Not. SANTORO Francescantonio di Fossaceca, ma nativo di Limosano, atto del 8 luglio 1596. 17 DE BENEDITTIS G., Appunti... cit. 18 ASC, Protocolli Notarili, Not. AMOROSO Francescantonio di Limosano, atto del 27 giugno 1752. 19 V. nota 16 e ASC, Protocolli Notarili, Not. JAMONACO Michele Silvestro di Limosano, atto del 7 gennaio 1768. 20 ASC, Protocolli Notarili, Not. DI RIENZO Giavan Pietro di Fossaceca, atto del 17 agosto 1595.

16 l'arrivo dei presbiteri-predicatori delle innovative dottrine cristiane a Tifernum , prima che in altre località della media valle, se non già dalla fine del I secolo, almeno sin dagli inizi del successivo. Vi si allungavano da Saepinum e da Bovianum, dove, per la strada lungo il fiume Tammaro, arrivavano provenienti da Benevento, qui giunti nel loro risalire la Via Appia da Brindisi a Roma 21 . Erano in ciò agevolati, oltre che dalla strada, dalla posizione stessa di Tifernum , avendo questo insediamento una collocazione di certo più decentrata rispetto a Fagifulae , "municipium" e centro amministrativo ufficiale . Il fatto poi che fosse anche meno accessibile e, perciò stesso, poco controllabile dalle autorità (anche a Roma i centri di culto, i punti di riferimento e le stesse catacombe del primo Cristianesimo erano situate lontane dal 'centro', alla periferia e lungo le principali arterie stradali) vi favorì l'organizzazione di una comunità e delle prime strutture, più o meno clandestine, della nuova fede. La penetrazione di quella religione e delle sue idee rivoluzionarie, specie nel sociale, accolte come elemento coagulante di attenzioni per rifiutare la non gradita romanizzazione, venne senza dubbio facilitata dalle difficoltà incontrate da quest'ultima e, per Tifernum , dal suo sentimento di ostilità verso Fagifulae , in quanto preferita dalle autorità. Tutte queste condizioni favorevoli portarono alla formazione di una vera e propria comunità cristiana, guidata dal suo 'presbitero (= anziano)' e da alcuni 'diaconi (= servitori)'. Quella 'ecclesia (= riunione)', in quanto riferibile ad un 'municipium' (anche se civilmente lo era Fagifulae) e ad un suo ben preciso ambito territoriale, venne assegnata alla amministrazione di un 'episcopus (= amministratore)', che nel tempo diventa il capo del relativo distretto o "diocesi ". Questa, la diocesi di Tifernum , infine, nata nel corso del II secolo come " tifernate ", maggiormente diventa ed è tale allorché, a partire dal IV secolo (Fagifulae lentamente inizia ad uscire dalla scena della Storia), il Cristianesimo diventa la religione 'ufficiale' dell'Impero e la Chiesa con la sua gerarchizzazione verticistica viene appropriandosi del territorio e si fa struttura organizzata, iniziandosi lo spostamento verso di essa della titolarità patrimoniale, cui gradualmente seguirà anche quella demaniale, dalla istituzione 'stato' sempre più burocratizzato e sempre meno presente. Alla esistenza "ab antiquo" della diocesi e dell' episcopus "tiphernatium" (= dei ' tifernati '; e ciò, si noti, nella duplice accezione di abitanti di una ben precisa e ben determinata area e di entità contrapposta all'altra dei ' fagifulani ') porta una implicita conferma anche l'opinione corrente, secondo la quale "le diocesi molisane documentate negli albori del Cristianesimo sono quelle di Venafro, Isernia, Trivento, Bojano, e Larino" 22 , centri tutti sede di 'municipium'. E perché escludere dalla 'logica' precisa di quella "ratio historica" il 'municipium' di Fagifulae, quando già per altro verso si ammette che della diocesi di Limosano (o, che è lo stesso, di Tifernum) " la prima consacrazione ricordata dal testo (nota: del documento rinvenuto dal Kehr, di cui si riferirà in seguito) potrebbe essere riferita ai primi secoli del Cristianesimo "? Del resto, "ciò potrebbe essere giustificato dal fatto che Limosano sorge entro i limiti giurisdizionali del municipio romano di Fagifulae", specialmente adesso che con la nostra ricostruzione si riesce a ben superare quella supposta difficoltà, per cui "il documento avrebbe indicato Fagifulae e non Limosano" 23 .

21 La ricerca storica, pur caratterizzata da episodicità e frammentarietà oltre che da una visione della verità deformata dall'esclusivo amore per il proprio campanile o dal solo interesse di parte, già da tempo indicava come "un discepolo - come è tradizione - del Principe degli Apostoli portò la fede evangelica ai Boianesi" (DI FONZO L., Memorie cristiane e francescane di Bojano..., in L'Avvenire, Roma, del 6 febbraio 1941, pag. 3) e, più generalmente nel Sannio Pentro, proveniente da Benevento, che, probabilmente con Fotino, già "nel primo secolo ebbe il suo vescovo" (TIRABASSO A., Campobasso sacra, Campobasso 1929, pag. 7). 22 DE BENEDITTIS G., Repertorio... cit., pag. 30. 23 V. nota precedente.

17 D'altronde la scarsa e scarna documentazione esistente (e per la diocesi di Tifernum essa è non più, ma neanche meno, abbondante che per tutte le altre del Molise) già faceva scrivere al Gasdia che "il Lanzoni,..., identifica Tifernum con Città di Castello; ma se questa città è la nostra sannita, dirò che essa ebbe due vescovi ..." 24 . Così è anche all' " episcopus tiphernatium ", in quanto titolare di una di quelle "molte diocesi nel Molise esistite sin nei primi tempi del Cristianesimo (IV e V secolo)" e come uno dei tanti esponenti delle "diocesi per Samnium", che "nel 459 Papa Leone I dirige una sua lettera pastorale" 25 , che denuncia devianze e modi di vivere pagani. Sempre così è che "... S. Florido, vescovo di Tifernum, e Amanzio sono due ecclesiastici dell'antica Tifernum" 26 . E da quella stessa Tifernum, posizionata in agro di Limosano, arriva quell' Eutodius o "Eubodius, ' episcopus tifernas '" 27 , che partecipa al Concilio tenutosi a Roma nell'anno 465, e del quale riferiscono documenti dell'archivio vaticano.

1.3 - Le vicende altomedioevali

Sin dal IV secolo e, con conseguenze sempre più evidenti, dal successivo si ha che iniziano a verificarsi eventi e fenomeni tali da determinare sconvolgimenti radicali nell'organizzazione sia del territorio che della società. Di quelli riferibili all'area della media valle del Biferno cause ed effetti si intersecano talmente tra di loro che, in seguito, non riuscirà più possibile individuarli. E difficoltosa sarà anche la loro definizione identificativa vuoi per l'estremo degrado che ne seguì e vuoi per la scarsità della documentazione lasciata dai contemporanei. Ma quali furono quei ' fatti ' e quale il loro impatto? Pur in mancanza di notizie certe, pare possibile pensare che "in seguito al terremoto del 346 che colpì gran parte delle città di questa regione"28 , il Sannio pentro e, nel nostro specifico, anche l'intera area del medio Biferno quasi certamente ebbero a soffrire danni tanto gravi da essere ridotti a cumuli di rovine. Degli altri eventi sismici, "che interessarono la nostra regione negli anni 69, 324, 344 e 369" 29 , si hanno solamente notizie e tracce sbiadite; la mancanza di documentazione, tuttavia, non deve indurre a sottovalutarne effetti e conseguenze, specie se si considera l'elevato grado sismico della zona. E', inoltre, assai probabile che i grandi cambiamenti climatici, collocabili tra il V e l'VIII secolo, abbiano avuto come effetto, con l'abbassamento della temperatura terrestre, il ripetersi di frequenti alluvioni e, conseguentemente, di fenomeni franosi tali da provocare 'sbarramenti ' allo stesso fiume Biferno. Potrebbe, in tal modo, attribuirsi ad un macro sbarramento da frana del Biferno (di recente, nel marzo del 1996, in contrada Covatta se ne è verificato uno analogo; le cui conseguenze, però, sono state quantomeno mitigate dagli interventi dei mezzi resi disponibili dal progresso tecnico) sotto a Dirriporri ed a Ferrara , in direzione di Petrella, la formazione di quell'invaso lacustre, paludoso e malarico (ipotizzato anche dal Galluppi), che quasi certamente fu 24 GASDIA V.E., Storia di Campobasso, Verona 1960, pag. 192. L'opera, cui si riferisce il Gasdia è: LANZONI F., Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del sec. VII (604), Faenza 1927. 25 FERRARA V., La diocesi di Trivento..., in AM 1987. 26 S. GREGORIO MAGNO, Dialoghi, III, 35. 27 LANZONI F., op. cit. alla nota 24, pag. 482 e segg. 28 DE BENEDITTIS G., Bovianum e il suo territorio: Primi appunti di topografia storica, Salerno 1977, pag. 33. 29 PARI P., Aspetti della sismicità storica del Molise fino al 1899, in AM 1993-94, pag. 143. Altro evento sismico di rilevante proporzione fu quello del giugno dell'847 sicuramente con epicentro nel Sannio (le coordinate epicentrali stimate sono: 41°30' di latitudine e 14°18' di longitudine), "al quale si attribuisce un'intensità pari al X grado della Scala Mercalli". Da esso, al dire di BARATTA M. (I terremoti d'Italia, Torino 1901, pag. 15), "Isernia fu quasi interamente distrutta con grande numero di vittime".

18 responsabile sia della scomparsa di Fagifulae che delle radicali trasformazioni nella geografia fisica e sociale della valle, che ne seguirono. A tale fenomeno potrebbe farsi risalire anche la formazione di quella 'pianura', di evidente origine alluvionale, estesa nell'agro di Limosano alla "Piana del Ponte" ed alla "Piana Donatelli", che trova corrispondenza e quasi prosegue dall'altro lato del fiume, dove era appunto situata Fagifulae, come farebbero ipotizzare tutti quei rinvenimenti archeologici ivi avvenuti nella proprietà, attualmente, Caserio. Di eventi consimili (che certamente non furono, né è possibile siano stati, i soli) relativamente più recenti e dei danni da essi provocati, oltre a quello della contrada Covatta, abbiamo appena qualche notizia 'certa' tanto dell'alluvione del 1621, quando, "a detta di Galanti e Perrella, nel Molise la pioggia cadde ininterrottamente per quattro mesi ed il Biferno impazzì" 30 , quanto di quella del 1811, più nota, che, oltre alle numerose vittime ed agli ingentissimi danni, fece crollare anche l'antico "ponte a fabbrica" di Limosano 31 . A tali fenomeni, che contribuirono ad accelerarla, si coniugò il lungo ed acuto momento di una fase di profondissima regressione demografica. Questa, le cui cause, molteplici e complesse (con sintesi estrema: la rivoluzione sociale, che privò nel lungo periodo il sistema produttivo dell'apporto gratuito della manodopera degli schiavi, portata nella cultura classica dal primo Cristianesimo, che però con lo strutturarsi nella organizzazione 'Chiesa' perse la sua primitiva connotazione rivoluzionaria per assumere nell'alto medioevo lo stesso ruolo dello 'stato' romano; la concentrazione, favorita dalle frequenti svalutazioni, della massa monetaria circolante nella disponibilità di pochi; le frequenti crisi di sottoproduzione delle derrate alimentari, per la concorrenza della periferia dell'impero al centro, dovute al mutato sistema socio-economico introdotto dalla romanizzazione), venivano da lontano, fece sì che del Sannio, che amministrativamente non subì variazioni di rilievo almeno sino ai primi anni del VII secolo, "civitates cum suis territoriis deserta erant" e "omnis haec regio vacabat habitatoribus rarusque viator aut agricola videbatur" 32 . Il punto più basso della crisi demografica ed economica lo si toccò, dopo la guerra greco- gotica, con la terribile carestia tra il 565 ed il 570 33 . Pure allora, come tante altre volte e come ancora nel 1764, " ...il marito ave abbandonata la moglie ed essa il marito i Figli alli Padri ed essi alli Figli: In molte Terre per la fame mangiavano carne di somari morti sinnache (si) mangiava la pelle o sia cuoio di detti somari morti, pelle di animali, che si servivano per stivali intorno alle gambe, Pelle di capre, che stavano nei crivelli che servivano a cernere grani. Tagliavano orecchie di somari e li cuocevano per cibarsi. Mangiavano ossi di olive ed altri ossi di animali morti li pistavano e se li mangiavano. Con li miei occhi viddi mangiare in S. Biase Feccia di botte ed altro che non mi sovviene. E finalmente in questa Terra (di Limosano) si ave ridotto a mangiare alcune genti sterco di uomo, quando andavano dal Corpo di sotto alle Ripe del Palazzo Marchesale. E che i figli del fu Donato di Egidio Greco ammazzavano li cani, e la carne di essi si mangiavano;..." 34 . Quel periodo di depressione, lungo ed oscuro, ebbe una durata plurisecolare, almeno sino all'VIII secolo. E' del tutto ovvio che in una tale fase regressiva l'incolto, la macchia ed il bosco si appropriassero quasi totalmente dell'intero paesaggio, che aveva subito profondi cambiamenti già col passaggio dalla produzione di sopravvivenza dei Sanniti a quella, romana, di

30 TASSINARI S., art. cit. alla nota 11. 31 V. nota 11. 32 PAOLO DIACONO, Historia Langobardorum, I, 5; e CHRONICON VULTURNENSE di GIOVANNI Monaco, ed. FEDERICI 1925-38, II, pag. 85. 33 PROCOPIO DA CESAREA, La guerra gotica, II, 20. 34 ASC, Protocolli Notarili, Notaio Jamonaco M.S. di Limosano, annotazione ai Protocolli del 1763. La "Terra", di cui il Notaio parla, è Limosano.

19 sfruttamento nel sistema delle 'villae' e dei 'latifundia', agricoli ed armentizi, mentre del "territorio semensabile" e "laboratorio" restavano solo ridotte isole poste intorno ai pochi insediamenti abitativi, minimi per dimensionamento e per numero di abitanti. E tutti quei fenomeni-avvenimenti, fattori di regressione, si accompagnarono allo sgretolamento, sotto i pesanti colpi inferti dalle diverse incursioni-dominazioni barbariche "dei Visigoti (12 anni), dei Vandali (2 anni), degli Eruli (17 anni), dei Goti (circa 50 anni) e dei Greci Bizantini (30 anni)" 35 , della forma amministrativa romana dei 'municipia'. La riorganizzazione del potere, poi ed a partire dal 571, con l'evidenza del Ducato di Benevento comportò nel territorio l'affermarsi di una organizzazione della campagna in tante piccole unità autosufficienti, le curtes 36 , al cui emergere parteciperà non poco il monachesimo che sta ora muovendo i primi passi. Così è assai probabile che, scomparsa definitivamente Fagifulae, almeno in un primo tempo fosse Tifernum (che da questo momento subisce la trasformazione dell'etimo in ' Bifernum '), posta di parecchio più a monte di quella ed al centro di un'area, quella di Cascapera e limitrofe, particolarmente fertile, a restare il solo punto di riferimento insediamentale per i pochi abitanti rimasti. A partire, poi, dal VII secolo comincia anche il recupero di altre zone all'agricoltura, grazie all'impulso di quelle strutture monacali, organizzate secondo la regola benedettina dell' ora et labora , che, più di una, si situano sulle poco accessibili " morge (o 'pescli ')" dell'intero agro attuale di Limosano, contribuendo in tal modo allo spostamento dell'abitato, che si organizza intorno alla residenza vescovile ed alla cattedrale, verso "Musane ". Di alcune, almeno, di tali strutture, poste nell'agro di Limosano, abbiamo notizia e sono: S. Illuminata , che sicuramente fino al giugno del 1109 è sotto la giurisdizione di S. Sofia; S. Silvestro , che nelle Rationes Decimarum del 1309 "solvit TAR III" ed ancora nel Catasto Onciario del 1743 è in "suolo di S. Soffia di Benevento"; l' " Ecclesia S. Martini in castello Mosano", o "in Biferno", sempre sotto la giurisdizione di S. Sofia; S. Pietro "de Sale " (trattasi del "loco Sale iuxta Bifernum fluvium", pertinenza del "Beneventarum Principatum"), che, sempre nelle Rationes Decimarum del 1308-1310, "solvit TAR III"; e di "Sanctae Crucis in Limosano". Del resto, poiché i fattori di regressione, nel periodo che va dal VI all'VIII secolo, mai avrebbero potuto favorire la nascita ' ex novo ' di un insediamento urbano, quella della continuità storica da Tifernum a Musane , più che una semplice ipotesi, diventa necessaria ed insopprimibile realtà. Sicuramente per affermare il potere (ma allora il 'civile' ed il 'religioso' erano intimamente collegati) su una entità territoriale in ripresa e per esercitare il controllo sulla risorsa idrica rappresentata dal fiume Biferno, nel novembre 774 (appena "appellatus est Princeps gentis Langobardorum"), " nos vir gloriosissimus Adelchis, per rogum Melonis filii nostri, in monasterio S. Sophiae, concessimus omnes illas dationes, vel pensiones quascumque servis praedicti monasterii S. Sophiae..., nec non et in gastaldato Bifernensi concessimus cortisanos , hi sunt Johannem et Walterium cun uxoribus et filiis suis, et omnibus sibi pertinentibus: seu et unam sororem Judari. Hos autem cum integra portione eorum Sanctae Sophiae Monasterio comcessimus possidendum. Item et in eodem gastaldato concessimus Baccarios : hi sunt Grauso cum uxore et filiis; sed et norae et nepotes eius, et omnia eius

35 DI LALLO A., ..., Campobasso 1985, pag. 8. 36 "Pur modellandosi sullo schema delle antiche villae le nuove curtes se ne differenziano per vari motivi. Esse sono ora quasi l'unico centro produttivo, hanno scarsissimi rapporti di mercato e tendono ad acquistare una autonomia economica ed a produrre tutto ciò che serve alla comunità. In molti casi, inoltre, il nucleo centrale di esse è un luogo fortificato. Infine tra i membri della comunità ed il signore si instaurano rapporti che non sono soltanto relativi alla gestione economica della azienda, ma riguardano anche la vita politica e amministrativa e l'organizzazione della difesa." Da VILLARI R., Storia medioevale, Bari 1971.

20 pertinentia: nec non et Sindonem cum uxore et filiis suis. Seu et Baccas in integrum qui fuerunt Servi Rimichis, et de germano eius carpentarii nostri "37 . In tal modo e per la continuità storica, che si tenne anche tramite il " gastaldato Bifernense (l'etimo ' Tifernus ' si è già trasformato in ' Bifernus ')", inteso come unità amministrativa e territoriale civile coincidente con quella religiosa della diocesi " Tifernense-Musanense ", risulta giustificato che "riconosce Limosano i suoi principj dalla nobile famiglia de' Pantasij di Benevento, da cui a relazion del Vipera, fatti furono i primi fondamenti delle mura. E perciò come originarj di quella i suoi cittadini de' privilegj de' Beneventani godono in Benevento, come dice mostrarsi per l'insegne, ed iscrizione, che stanno sopra la porta del Borgo di essa Città "38 . Certamente a tali ' privilegj ' fanno riferimento nel mese di maggio 1636 " l'Università et particulari della Terra delli Musani , (quando) humilmente fando intendere alle SS.VV. (nota: erano l'Ill.mo et Rev.mo Monsignor Vice-Governatore di Benevento et molto illustri et molto eccellenti Consoli et Consiliari di detta Città) in questo pieno e spettabile Consilio, come detta Università et li suoi cittadini sono stati da tempo immemorabile trattati franchi et immuni nella città di Benevento da qualsisia pagamento di datio, doghana et ogni altra imposizione ordinaria che pagano li forestieri... et acciò che per l'avvenire non vi sia novatione alcuna... presentano davanti le SS.VV. le fedi di dette loro franchitie, le quali fando istantia si conservino con le altre scritture di detta Città ad futuram rei memoriam... "39 . Se è vero, come è vero, che durante l'alto medioevo "le diocesi coincidono, ricalcando in molti casi i confini, con le ripartizioni dei municipi romani", l' episcopus tiphernatium ebbe la sua giurisdizione sull'intera unità amministrativa che, nella media valle del Biferno, era stata del municipium di Fagifulae; se è vero, come è vero, che "la presenza vescovile conferisce il senso di città (intendendo per città ' tutti quei centri demici che hanno sentito se stessi come tali e che come tali sono stati riconosciuti dai contemporanei ')" ad un centro abitato con la sua ben definita circoscrizione territoriale, essa sicuramente si tenne da quella "Musane " (dove si era spostata da Tifernum ), che ancora nel 1807 viene detta " questa Antica Città di Limosano in contado di Molise "; se è vero, come è vero, che solo "le istituzioni ecclesiastiche consentono il permanere di un minimo di amministrazione civile" 40 , questa nell'ambito territoriale del medio Biferno la si ebbe solo con la coincidenza del " gastaldato Bifernense " con la diocesi " Tifernate-Musanense "41 ; se è vero, come è vero, che "il termine civitas, se scompare in parecchi dei centri urbani, in seguito allo scadimento generale della vita cittadina, si mantiene sempre e solo per le città vescovili" 42 , esso rimane documentato ed indubitabile appannaggio di Limosano, definita sempre nei documenti " olim civitas "; se è vero, come è vero, che "consultando l'Ughelli-Coleti, non troviamo menzionati i vescovi di Trivento dal 390 all'879, di Bojano dal 503 al 1011, di Isernia dal 450 al 758, di Venafro dal 499 al 1004, di Sepino dal 506" 43 a mai più, per la diocesi " Tifernate-Musanense " il lasso di

37 UGHELLI, Italia Sacra, X, col. 438. 38 CIARLANTI G.V., Memorie istoriche..., III, pag. 222. 39 SAMNIUM 1975, pag. 102. 40 MANFREDI-SELVAGGI F.R., Il Molise nell'Età Altomedioevale: la struttura insediativa, in AM 1984, pag. 159 e seg. Di buon interesse, anche se vi andrebbe ridefinita l'intera rete viaria, il disegno di pag. 155, che propone il 'Molise dei secoli VI-X'. 41 DE BENEDITTIS G., Bovianum... cit., pag. 36 e seg. "Va inoltre tenuto presente che se esiste un bovianensis gastaldus nell'anno 860, è nota l'esistenza di un bifernensis gastaldus nel novembre del 774, entrambi dunque in connessione con il fiume Biferno...; la diversa denominazione ci induce ad ipotizzare l'esistenza di due entità territoriali distinte da ricollegare rispettivamente all'alto ( bovianensis ) ed al medio ( bifernensis ) corso del fiume Biferno...". Si nota la maggiore antichità del gastaldato bifernensis . 42 DUPRE-THESEIDER G. Problemi della città nell'alto medioevo, in 'La città nell'alto medioevo', Spoleto 1959; citato da MANFREDI-SELVAGGI (v. nota 40). 43 RUOTOLO N., Il Castaldato di Boiano distrutto dai Saraceni, in SAMNIUM 1967, pag. 109 e seg.

21 tempo oscurato , che va dal 502 all'814 (v. paragrafo seguente), è il minore (dopo Isernia, che la supera solo di 4 anni) di tutti quelli riferiti alle altre diocesi molisane. Per tutto ciò, solo quell'entità rappresentata dalla diocesi di " Tifernum ", che, come etimo, passando dapprima per " Bifernum ", diventa tra il VII e l'VIII secolo " Musane (nsem )" e che ricopre la stessa area che sarà del " gastaldato Bifernense ", verifica non solo tutte quelle condizioni, ma riesce anche a ' riempire ' il vuoto nella giurisdizione ecclesiastica che, se la si cancellasse, caratterizzerebbe il territorio della media valle del Biferno, non assoggettato, o assoggettabile, né a Boiano, né a Trivento e né a Larino. Tanto che, quando essa come diocesi verrà meno, quell'ambito territoriale dipenderà direttamente da Benevento.

1.4 - Musane e la sua diocesi

Dopo il ridimensionamento, seguito alla scomparsa di Fagifulae, nel corso del VI (i documenti parlano dell' episcopus tifernas ancora nel 502) o, più probabilmente, del VII secolo, di Tifernum , che in questa fase, almeno come etimo, si trasforma per indicare il suo ambito territoriale in Bifernum (e tale fenomeno è forse da imputare proprio alla mancanza, dopo la decadenza, di un insediamento significativo in quell'area), già nel corso del VIII secolo e, con certezza, agli inizi del IX, il centro urbano organizzato, che, come tale, riemerge con maggiore evidenza e visibilità di altri nel territorio della media valle del Biferno, è "Musane ". Esso, alla cui costruzione partecipano sia gli autoctoni e sia, come si è visto, Benevento (che così intende controllare la risorsa idrica rappresentata dal Biferno, l'importante snodo viario e la fitta rete di monasteri situati in quell'ambito) con quei cortisani e quei baccari (che ben possono essere la stessa cosa che quella "nobile famiglia de' Pantasij", dalla quale "riconosce Limosano i suoi principj"), cui era stato concesso dal Princeps Arechi nel 774, pur risultando spostato (ed il motivo dello spostamento è la prerogativa, segno dei tempi, di maggiore inattaccabilità del 'nuovo' insediamento) rispetto al sito dell' antica civitas di Tifernum, è sicuramente ancora sede episcopale e di diocesi. Dal "Provinciale Vetus", difatti, che il Migne riferisce a data compresa nel periodo di tempo, che, partendo dall'anno 800, al più tardi arriva all'814, sappiamo che: "In Samnio Metrop(olita). Benevent(an)um hos habet suffraganeos episcopos: TELESINUM, S.AGATHAE, ALIFIEN., MONTIS MARAN. MONTIS CORVIN., AVELLIN., VICANUM, FREQUENTIN. ARIANEN., BIBINEN., ASCULEN., LICERINUM TORTIBULEN., DRACONAR., WLTURAR., ATARIN. CIVITATEN., TERMULEN., TOCCIEN., TRIVINEN. BIVINEN., GUARDIEN., MORCON. et MUSANEN ."44 . Circa l'eziologia dell'etimo di " Musane ", da prendere in scarsa considerazione, in quanto sembrano peccare di eccessiva elementarietà e superficialità, sono le ipotesi riportate o proprie del Masciotta 45 .

44 MIGNE, Patrologia..., Provinciale Vetus sive Ecclesiae Universae Provinciarum Italiae Notitia - Cod. Dipl. - Monum. etc., sive Cod. Carolinus, Seculum IX. 45 MASCIOTTA G.B., op. cit., II, pag. 200. "Quale, però, l'etimologia del nome comunale? Alcuni vogliono rinvenirla in 'Limen-Samnii'; sennonché la topografia dell'antica e storica confederazione non è consenziente, sia che il limite si voglia riferire ai Pentri ed ai Frentani, sia che si voglia determinare in rapporto ai Pentri ed ai Caraceni. Noi preferiremmo piuttosto l'étimo 'Limus-satus' - cioè limo fecondo, terra sativa per eccellenza; ma è da avvertire che siffatto étimo è nostra ideazione (e perciò punto autorevole), e da ricordare che Limosano è chiamata 'Musanum' nelle più antiche scritture 'u Musano' del dialetto locale". Lo stesso Masciotta, quindi,

22 Scarsa attendibilità ci sembra avere anche quella ricostruzione 46 , che lo vorrebbe derivato dal gentilizio latino ' Numisius ', sottoposto, nel periodo lungo, a fenomeni linguistici di corruzione. Un suggerimento, tuttavia, ad orientare la ricerca nella direzione di una ipotesi ben precisa viene da alcuni elementi, di certo molto originali, suggestivi ed interessanti, contenuti nel brano che segue. "...In molti luochi (= conventi) fundati li centinaia d'anni prima che questa santa Religione (= l'Ordine dei Frati Cappuccini, sorto tra il 1527 ed il 1528 ad opera di Fr. Matteo da Bascio) havesse origine, si vedeno in esse depinte le figure del nostro Padre san Francesco,... Del che chiaro testimonio ne dà primo una figura di esso Padre nostro depinta nell' antico vescovado della destrutta città dell'homini sani , alias Musane , così registrata nella porta enea dell'arcivescovado di Benevento,..., la quale chiesa hoggi è posseduta da padri Conventuali, apparendo nel choro di essa una simile imagine di un san Francesco, con capuccio e corda come di sopra "47 . Almeno tre gli elementi che è possibile evidenziare. Il primo, di rilievo, è proprio la conferma del fatto che l'etimo " Musane " indica l'insediamento sorto nel sito che ancora attualmente occupa. Un altro è rappresentato dalla sua composizione con ' mu ' (contrazione di ' homini ') e con ' sane ' (derivato da ' sani '). Ma se ' sane ', più che l'aggettivo ' sani ', rappresentasse la forma conclusiva di un processo linguistico, cui fu sottoposto la parola " Samnie ", e ' mu ', più che dalla contrazione di ' homini ', derivasse da " néos, a, on (= nuovo, recente)", si avrebbe che " Musane " sta ad indicare " del nuovo Sannio ", dove ' Sannio (o Sannia )' rappresenterebbe quella città antica e sede di diocesi 48 , che tra gli studiosi si rivela, anche oggi, di difficile localizzazione geografica. Una tale ipotesi, del tutto legittima e proponibile, pur portando a differenziarsi dal testo, non contraddice l'altro elemento significativo, il terzo, rappresentato dal preciso accenno all' " antico vescovado della destrutta città ". poneva seri dubbi sulla validità delle ipotesi riportate e su quella da lui proposta. 46 AA.VV. (Ed. UTET), Dizionario di Toponomastica, Torino 1990, voce 'Limosano'. "Quanto all'origine,... è, invece, una formazione prediale da un personale latino Numisius (cfr. fundus Numisianus nella Tabula di Veleia ), con il suffisso aggettivale -anus e con dissimulazione di n con l, come aveva già visto Flechia 1874, 32 (cfr. anche Alessio 1963, 154-155; De Giovanni 1974, 198)". Gli autori citati sono: FLECHIA G., Nomi locali del napoletano derivanti da gentilizi italici, Torino 1874 (rist. anastatica Bologna , s.d.); ALESSIO G., Toponomastica storica dell'Abruzzo e del Molise, Napoli 1963 (dispense); DE GIOVANNI M., Studi linguistici, Verona - Pescara , 1974. Anche una tale ipotesi di ricostruzione, che (e perché) non parte dalla radice dell'etimo da considerare, che deve essere 'Musane' o 'Mesane', ma da 'lumusane' o lumesane', non sembra doversi condividere per le stesse motivazioni che portano a non prendere in nessuna considerazione le proposte (v. nota 45) del Masciotta. 47 IASENZANIRO M. e BORRACCINO R. (Trascrizione e Introduz. a cura di), CHRONICHETTA de Frati Minori Cappuccini della Provincia di S. Angelo di Puglia... compilata dal P. f. Girolamo da Napoli in Lucera di Puglia l'anno del Signore 1615 (Manoscritto, il cui originale si trova in Biblioteca Sainte-Geneviève di Parigi, ms 33,85), Foggia 1990, pag. 100. 48 PATTERSON J., Una città chiamata "Sannio", in AM 1990, pag. 17 e segg. Il Patterson propende a collocare 'Sannio' "ad fontem Volturni", dove cioè situa S. Vincenzo al Volturno. Si veda anche LANZONI, op. cit., pag. 263. Il Lanzoni (che cita anche: UGHELLI, X, 163; DUCHESNE, Les évequés d'Italie..., I, 104 e II, 397) scrive: "...Nel VII o nell'VIII secolo forse questa diocesi scomparve, perché il Catalogus provinciarum Italiae (Script. Rer. Longobar., p. 189), compilato in quel tempo, pone nella duodecima provincia d'Italia ' antiquitate consumpta Sampnium '". Una mano alla ipotesi, che qui si avanza e si propone, sembra venire dal seguente brano del DI MEO A. (Annali del Regno di Napoli, Napoli 1795, I, pag. 70), che, relativamente all’anno di Cristo 575, recita: “ … i Greci,…, per aver seguaci dé loro errori innalzarono delle nuove sedi (vescovili)…; e che poi i Romani Pontefici istituissero qualche nuova Sede, e molte altre ristabilissero. Pur tuttavolta in numero assai maggiore erano i Vescovadi nel nostro Regno di quello, che sono al presente, primaché le tante, e sì doviziose Città di esso venissero barbaramente sterminate dà Longobardi. (…), Mevania,…, Samnia… ”. Se nulla può dirsi circa la città di “Samnia”, non può non essere sottolineata la sorprendente somiglianza tra ‘Musane’ e/o ‘Mesane’ con “Mevania”

23 Quest'ultimo, tuttavia, di per sé importantissimo in quanto indicativo del fatto che " Musane " riprende la funzione ed il ruolo di un'antica città " destrutta ", verifica compiutamente anche l'altra ipotesi, quella di Tifernum , " città destrutta " anch'essa e sede di " antico vescovado ". In tal caso, allora, " Musane ", posta sulla grande massa tufacea al centro di diversi ' cenobi ' o monasteri, tutti, o quasi, pur essi situati sopra 'morge ' e ' pescli ', ben potrebbe aver tratto la sua origine dal " magno saxo " di tufo, il più grande, sul quale fu costruita. La derivazione, poi, da mésos (= nel mezzo, mediano, centrale), pur possibile in quanto parte dall'altra forma dell'etimo (" Mesane ", anziché " Musane "), privilegia la nuova posizione dell'insediamento, riedificato, appunto, in mezzo ad altre emergenze, tutte, magari, dipendenti da Benevento, e rafforza pure la credibilità dell'altra ipotesi. Oltre ai menzionati elementi, quelle poche righe pare che evidenzino pure l'antichità, della quale non pare più possibile dubitare, della diocesi " Musanensem S. Mariae " e del lungo periodo, fatto di secoli, nel corso dei quali quella rimase, senza alcuna interruzione , attiva. Perciò, se a ' Musane ', centro urbano rifondato nel segno della continuità con Tifernum da una scelta ben precisa del Principato di Benevento, venne da questo assegnata una funzione di entità cuscinetto e di controllo sulle risorse strategiche di quella importante zona rappresentata dalla media valle del Biferno, alla sua diocesi, oltre al puntuale scopo politico-aggregatore, specifico delle istituzioni sia civili che ecclesiastiche in questa fase storica, si diede il compito di far da riferimento e vigilare su una serie di notevoli evidenze monastico-economiche posizionate lungo il fiume. Basti pensare, e diciamo solo delle più significative tra esse, delle quali però tutto o quasi allo stato resta sconosciuto, a: - S. Maria di Castagneto, "sita prope terram Casalium Cipriano" che, ancora nel 1309, "solvit TAR XVIII" di 'rationes decimarum'; - S. Pietro "de Sale", che insieme a S. Benedetto ed a S. Maria, è detta anche "de Maccla Bona"; - S. Illuminata, che nel 1109 passa, dopo essere stata sottratta a S. Sofia di Benevento con manovre poco chiare, sotto la giurisdizione di Montecassino; - S. Martino Vescovo sito "in castello Mosano" o, anche, "in Biferno" e Santa Croce; - S. Silvestro, "in suolo di S. Soffia"; - S. Maria di Faifoli, chiesa "insigne" della diocesi beneventana; - S. Angelo in Altissimis, monastero importante tra Lucito e . Degli " episcopi " della diocesi di " Musane ", che sta riappropriandosi del ruolo di quella di "Tiphernum ", di cui gli ' ultimi ' titolari di cui corre notizia erano stati " Marius, episcopus tiphernas ", ed " Innocentius, episcopus tiphernatium ", i quali la rappresentarono, il primo nel 499 ed il secondo nel 501 e nel 502, ai Concili tenutisi in tali anni a Roma, il seguente ne è il datario essenziale e la cronotassi, che risultano forzatamente minimi non perché essa, la diocesi, sia stata 'minore', ma solo perché, come scrive il Kehr (R.P.R. - Italia Pontificia, IX, Berlino 1962, pag. 47), " de episcopatu Limosanensi notitiae inde a saec. XIII desiderantur ...".

Rif. Temporale Avvenimento e (…) Fonte 49 49 (a) V. nota n. 44. (b) Albini et Cencii Libris Censuun S.R.E. , II 103-109; e FABRE-DUCHESNE in Bibl. des écoles Francaises d'Athénèe de Rome , II Serie, Paris 1910. Vedansi anche gli Antichi Provinciali , citati sempre ed in modo particolare da SARNELLI P., Memorie Cronologiche de' vescovi ed arcivescovi della S. Chiesa di Benevento, Napoli 1691. Il Sarnelli, dotto ed informatissimo in quanto per diverso tempo ha potuto consultare i documenti degli archivi (ecclesiastici e non) beneventani, scrive testualmente: "leggesi registrata (la diocesi di Limosano) in tutti gli antichi Provinciali ". (c) PIEDIMONTE G., La Provincia di Campobasso - cenni storici, Aversa (Caserta) 1905. Il Piedimonte dice di aver ricavato le notizie da una " antica Pergamena ", della quale, però, sicuramente di provenienza ' ecclesiastica ' e quindi attendibile, non indica altro. (d) CAPPELLETTI G., Le Chiese d'Italia, Venezia 1845, VIII, pag. 71 e 147.

24 tra 800 e 814 Esistenza della diocesi (a). Secc. IX e X Esistenza della diocesi (b). anno 1040 FOTINO è vescovo (c). anno 1060 GIOVANNI (c) e (d). anno 1063 GISOLFO (c). anno 1085 BENEDETTO (c). anno 1099 CELIO (c). anno 1102 ROFFREDO (c). anno 1110 GREGORIO (c) e (e), il primo con tale nome. anno 1130 - '38 GREGORIO, diverso dal precedente, nominato (v. paragrafo seg.) dall'anti-papa Anacleto, mentre è vescovo HUGO(ne). anno 1153 Soppressione della diocesi (f). anno ???? Ripristino della diocesi (g). anno ???? RAHONE (l, foglio 183a; testimonianza P.sb.ri Guillelmus de Rogerio de Limosano al Processus ). anno 1175 (o 1179) Nuova soppressione della diocesi (h). anno 1192 Nuovo ripristino della diocesi (f). anno 1250 ca. Esistenza della diocesi (f). anno ???? Nuova soppressione (i). anno 1303 Richiesta di ripristino e Processus (l).

Che il " procedimento svoltosi nel 1303 " avvenga nello stesso anno della morte di Bonifacio VIII, il pontefice che aveva 'costretto' alle dimissioni papa Celestino V, e contemporaneamente al fenomeno dei ' Fraticelli ', che caratterizza il Molise centrale di questo fase storica, non sembra essere circostanza fortuita o casuale. A partire dagli avvenimenti che coinvolsero Gregorio, il vescovo della Chiesa di S. Maria nominato (o meglio: fattosi nominare) dall'antipapa Anacleto (v. paragrafo seguente), mentre il titolare 'ufficiale' della diocesi, che, però, costretto, era rimasto ad esercitare dalla Chiesa di S. Stefano, era Hugo(ne), non si hanno più i nomi dei presuli limosanesi, se non di quel Rahone, per il quale, in quanto (v. f. 207r) visto dal padre dello "Judex Berardus (filius) Judicis Rogerij de limosano" ed in quanto (v. f. 183) sempre indicato e nominato dopo

(e) Opinione largamente diffusa tra gli studiosi che si sono occupati della diocesi di Limosano. Di Gregorio sappiamo che fu monaco di Montecassino, "come si ha nel Catalogo degli uomini illustri di quel Monastero (v. CIARLANTI G.V., Memorie historiche..., III, pag. 222)". Si noti, al riguardo, che l'anno prima (1109) il Cenobio di S. Illuminata, sito nella immediata vicinanza di Limosano, era passato nella giurisdizione di Montecassino. (f) MARRA G., Precisazione della data della Porta di Bronzo del Duomo di Benevento, in SAMNIUM 1959, pag. 211. (g) Se effettivamente vi furono le soppressioni del 1153 e del 1179 (o del 1175), necessariamente tra le due date va collocata una ' reintegratio '. (h) VITI A., Note di diplomatica ecclesiastica sulla contea di Molise..., Napoli 1972, pag. 164. Il Viti, riferendosi al Concilio Laterano III, indetto da Papa Alessandro III e tenutosi, con la partecipazione di circa 300 vescovi, dal 5 al 19 marzo 1179, scrive che "in tale assise si deliberò, tra l'altro, la soppressione del vescovado di Limosano...". (i) Vale l'argomentazione della nota (g). (l) Collettanea n. 61 Archivio Vaticano - Notiziario di Gottingen - Nachrachter 1303. Il Processus si concluse con il mancato accoglimento della richiesta, perché ufficialmente nella ' civitas ' di li=Musani mancava l'acqua e perché i beni terrieri della mensa episcopale erano carenti di legna per il riscaldamento. Dobbiamo annotare che nella ricostruzione abbiamo volutamente, più che i classici UGHELLI-COLETI, Italia sacra, e LANZONI, Le diocesi d'Italia..., privilegiato gli autori collegati, nelle loro ricerche, in vario modo ed a diverso titolo alla storia ed alle vicende di Benevento, essendo Limosano 'suffraganea' della diocesi di tale città.

25 Gregorio nei ' Processi ' (v. nota 49-l e nota 63), ne va ipotizzata la presenza sulla cattedra limosanese o tra il 1153 ed il 1179 oppure verso il 1250, anno in cui è provata l'esistenza della diocesi. Anche questo è mera casualità? O, come pare più probabile, tale circostanza deve essere collegata proprio a quel 'fatto'? Gli scontri, poi, tra la fazione guelfa e filo-papale con la parte ghibellina e filo-staufica di Federico II, di certo entrambe fortemente presenti a Limosano, quale influenza ebbero ad esercitare sulle vicende della istituzione ‘diocesi’? E' assai probabile che ad un tentativo, dettato da esigenze che non saranno più avvertite in futuro, di un processo riabilitativo e, comunque, teso a riportare alla luce verità in qualche modo precedentemente ' occultate ' fa riferimento l'episodio riferito dalla "fides pubblica per Liberum Longo Terre li=Musanorum pro Ven.li Ecclesia Sancti Stephani", con la quale il quasi settantenne Longo testimonia come nel mese di luglio del 1721 si fosse recato a Limosano il Cardinale Orsini, che " stanziò per tutto il tempo di S. Visita " nel Palazzo Marchesale ed il giorno 20, dopo pranzo, essendosi " partito dal Palazzo e recato nella Chiesa di S. Stefano, vicina e contigua al Palazzo, dopo essersi trattenuto alquanto tempo in Sagristia col Sig. D. Giuseppe Antonio del Gobbo Arciprete di detta Chiesa, uscì da detta Sagristia insieme al medesimo, per visitare la Chiesa avanti l'altar maggiore, e proprio fuori la palaustrata, nella Colonna dell'Arco sopra la gradiata in faccia al Pulpito, ove stava esso costituto, ivi l'Orsini si voltò in faccia al suddetto Arciprete e facendoli una rimproverata, gli disse che per la contesa avuta con l'altro Curato di detta Terra Sig.r Don Domenico Boscaino, circa il titolo di Arciprete ", dopo ricerche (" riviste ") fatte nell'Archivio di Benevento " aveva già trovato che la Chiesa di San Stefano era l'Arcipretale, e non quella di S. Maria perche perche (nota: nel testo si ha la ripetizione) in mezzo detta Chiesa di San Stefano vi son quelli gradi, che la denotano primitiva "50 . Certo è che 'titolari' della diocesi di Limosano, ancora nel 1732 (anche se si ignora a partire da quando ed in virtù di quale disposizione ecclesiastica), sono gli stessi arcivescovi di Benevento. Lo ricorda, senza possibilità di dubbio, la ' Captio possessionis '51 dell'Arcipretura

50 ASC, Protocolli Notarili, Notaio AMOROSO F.Antonio di Limosano, atto del 7 Novembre 1734. 51 ASC, Protocolli Notarili, Notaio AMOROSO F.Antonio di Limosano, atto del 1 Novembre 1742. Di notevole importanza, per la ricostruzione storica e per le notizie sulla diocesi di Limosano, è la “Captio possessionis” (atto del 11 Ottobre 1753 dello stesso Notaio), da cui trascriviamo: “ La Chiesa Arcipretale Matrice, già Cattedrale, sotto il titolo, e Vocabolo di Santa Maria Maggiore in Cielo Assunta, di q.sta sud.a antica Città,…, come tale si verifica essere, così si stima, si tiene, e si ha dalle antiche memorie de Vescovi, che sono stati in essa, e si conservano in atto, e presentemente, nella medesima, conservandosi nella sua Sagristia Mitre antiche, pastorali, Pianete, Stole, Cappelle Vescovili antiche, ed altro, e vien registrata ancora nell’Archivio della Metropoli di Benevento, e si vede nella Serie de Vescovi Suffraganei essere il secondo nella Porta di Bronzo della Metropoli Beneventana, riportato ancora dall'Arciprete Ciarlanti d’Isernia, dall’Ughelli, e da Monsignor Sarnelli nella sua Cronologia de Vescovi Beneventani = Musanensem Sancte Marie =. Il quale numera frà trentatrè Vescovi Suffraganei, quello di li=Musani il secondo; Si ha ancora nella Cancelleria Apost.ca nel 1549 =Sub archiepiscopo Beneventano Musanensem Sancte Marie =; e nell’anno 1110 era Vescovo di li=Musani Gregorio Monaco Cassinese, e si ha nel catalogo dell’Uomini Illustri di quel Monastero= Nell’Anno 1132 sedeva nel Solio Vescovale di li=Musani, Ugone Vescovo di essa= Si ha pur anche chiarezza nella Geografia Sagra di Carlo a San Paolo, stampata in Pariggi l’anno 1641 = lo Stesso Monsignor Sarnelli descrive quando fù suppressa ed unita alla Menza Arcivescovile, e più chiaro si ha nell’antichissima lapide scolpita sopra l’arcotrave della Chiesa Arcipretale di San Stefano di q.sta sud.a antica Città, da noi con atto publico riconosciuta, et estrattane la sua antica iscriz.ne intagliata con antichis.mo intaglio in d.a lapide, alli undici di Luglio mille settecentoquarantatrè, ad istanza del q.m Rev.do Don Domenico di Tata era economo di q.lla Chiesa, in cui chiaram.te, tra l’altre cose, si leggono queste parole = HVIVS ECC: EPISCOPALIS AEDIF. URBIS = et in ultimo si legge = SUB ANN: D. XPI 156.. T. IIII =. Per la qual lapide vi e nato assunto tra l’una, e l’altra Chiesa di pretendere la Maggioranza. E dice d.o Monsignor Sarnelli esser oggi questa Chiesa retta dall’Arciprete,…= Il Vescovo di li=Musani, come Suffraaneo della Metropoli di Benevento vien notata nella Sinodo Provinciale Beneventana celebrata da Giacomo III Arcivescovo Sabelli, Cardinale LI, alli venticinque di aprile, mille cinquecento settantuno, Cap. 39

26 di S. Maria, nella quale, dopo aver ricordato che l'arciprete, ed anche "Vicario Foraneo..., (in) loco del Vicario Generale per essere questo luogo già Cattedrale" 52 , di Limosano godeva del diritto-privilegio, secondo le consuetudini ecclesiastiche di natura vescovile , della benedizione dell'anello all'atto dell'investitura, viene detto che "...I Signori Deputati delle Nobili Piazze di Napoli e de' Capitoli del Regno nella lor supplica del 1732 all'Imperatore Carlo Sesto d'Austria,..., espongono essere l'Arcivescovo di Benevento, anche vescovo di tre Chiese: Tocco, Li=Musani , e Lesina, e nel fol. 9 più volte lo ripetono". Occorre, al riguardo, segnalare che, ancora nel 1851 (24 Dicembre), è "il Signor Don Domenico de Angelis di Francesco Vicario Foraneo del Comune di Limosano", che, limosanese, era stato promosso a vescovo da Papa Pio IX il 1° Novembre 1849 da Benevento, a "dare il possesso al nuovo Arciprete Don Salvatore Venere". Quanto alle figure di ‘vescovi’ originari del nostro centro, abbiamo notizia (forse tratta da PATERNOSTER S. dalla cronotassi dei titolari, se non proprio dagli archivi, di quella diocesi) di un certo “ Mons. Bernardo de Coccio di Limosano ”, il quale tenne la cattedra di Gravina di Puglia dal 1349 al 1350. Che, poi, almeno come struttura ed organismo ecclesiastico la diocesi " Musanense " abbia continuato ad esistere per un periodo di tempo assai più lungo di quanto a posteriori si riesca ad immaginare lo prova la "relatio ad limina" (1624) dell'allora vescovo di , Mons. A. Liparolo, con la quale si indica che la sua aveva per confine " ad Meridiem " la diocesi " Limusanensem suprae dictae Beneventanae ecclesiae unitam "53 .

=Episcopus Li=Musanensis = L’arcivescovo Frà Vincenzo Maria, Cardinale Orsini, indi Papa Benedetto XIII, nell’Appendice della sua Sinodo Diocesana X Beneventana, celebrata à ventiquattro Agosto, mille seicento novantacinque nell’Editto de Titoli ecclesiastici: Tit: Arcipreti delle già Cattedrali, nota l’Arciprete di Lesina, di Santa Maria di li=Musani, e di Tocco; e si ha pur anche nelle Regole nel Sagro Seminario di Benevento, stampate d’ordine del med.o Arcivescovo Cardinale Orsini, fol: mihi 9. = L’Arcidiacono Nicastro di Benevento, nella sua Pinacoteca al Cap. 14, nota l’ampiezza dell’Arcidiocesi di Benevento, e numera li=Musani Città = L’Abbate Fuliense al lib: 3, Cap: 36, e 37 descrive il Vescovo di li=Musani, e sua Unione alla Menza di Benevento = L’Ughelli al tom: 8 pur anche descrive la sua Soppressione, ed unione alla d.a Menza Arcivescovile di Benevento; Anzi più recente. I Sig.ri Deputati delle Nobili Piazze di Napoli, e de Capitoli del Regno, nella lor supplica sorretta nel 1732 alla Maestà dell’Imperatore Carlo Sesto d’Austria, per le collaz.ni de Beneficii, che sono in Regno, à Nazionali, fol: mihi 1, num: 7, espongono essere l’Arcivescovo di Benevento, anche Vescovo di trè altre Chiese, Tocco, li=Musani, e Lesina, e nel fol: 9, più volte lo riportano = Nell’Inventario de beni dell’insigne convento de Minori Conventuali di San Francesco di q.sta sud.a antica Città de li=Musani, formato dalla Corte locale d’ordine Regio l’anno 1724, si fa menzione, e si rapportano in q.lla Chiesa, la Sepoltura de Vescovi di li=Musani, ed i loro Cappelli, al numero di trè, appesi nel cielo della Chiesa, come anche l’effigie del Vescovo scolpita di rilievo in marmo sopra l’Arco dell’Altare Maggiore, che oggigiorno si vede, e vi sono ancora Cittadini di lunga età, che l’attestano, trà quali il Regio Giudice à contratti Domenico Amoroso di anni novantacinque in circa, e freschi ancora, come è il Mag.co Raffaele Giancola d’anni cinquanta in circa, ed altri Cittadini, che han veduto d.i Cappelli appesi in d.a Chiesa del sud.o Convento, quali Cappelli poi imprudentemente furono tolti da un certo Rev.do Padre Mancinelli d’Agnone, che fù Guardiano di d.o Convento, il quale Mancinelli tolse ancora dalla bella prospettiva di fuori di d.a Chiesa, tutta di pietre ben lavorate, e ben connesse all’antica, un grosso e magnifico Angiolo di pietra di rilievo, magnificamente scolpito all’antica, che faciva cima, e corona sopra al cornicione grande ultimo, alla Magnifica, e mai veduta porta di d.a Chiesa, tutta lavorata con colonne di pietre angolate, e colonnette intorno con certe di rilievo, cagnolini, e fogliami concavi mai veduti; e vi sono Cittadini vecchi, che si ricordano la Cattedra del Vescovo in d.a Chiesa del Convento, e la Sepoltura ancora, come se la ricorda benis.mo lo d.o Mag.co Regio Giudice à contratti Amoroso ancora vivente. L’Arcipreti indi di d.a Chiesa già Cattedrale intervenendo alla Sinodo Beneventana occupano il luogo della lor primitiva Chiesa, e q.sto sortisce ogn’anno continuamente, ritenendo sempre le rag.ni di già Cattedrale, anzi a tutti l’Arcipreti di d.a Chiesa, per rag,ne della già Cattedra, dall’Arcivescovo se gli benedice l’anello, allora che sono promossi in essa”. 52 ASC, Protocolli Notarili, Notaio AMOROSO F.Antonio di Limosano, atto ('Testamentum nuncupativum' di Don Martino d'Amico) del 27 giugno 1746.

27 E maggiormente lo prova anche quel "passo dimenticato" 54 del Sarnelli, che, relativamente ad essa, riferisce che "leggesi registrata in tutti gli antichi Provinciali, ed anche recentemente in quello della Cancelleria Apostolica stampato nel 1549: ' Sub Archiepiscopo Beneventano, Musanensem S. Mariae '; così negli altri registrati nella Geografia Sagra di Carlo a' S. Paulo (nota: altrove viene indicata 'Geografia Abate Fuliense'), stampato nel 1641" 55 . Ed, infine, quella struttura non solo sopravvisse come tale o come semplice titolo, ma ebbe anche, e per lungo tempo, il suo vescovo, quell' " Episcopus Limusanensis ", che "viene citato ancora nel secondo Sinodo beneventano tenutosi il 25 aprile 1571 dal metropolita Giacomo III Savelli" 56 .

1.5 - La reintegratio di Papa Anacleto ed i processi tra il 1132 ed il 1312

Con e per la formazione di una propria ed autonoma entità civile , che, però e come volevano i tempi, ha ancora risvolti, implicanze e funzione religiosa , l'ascesa dei 'de Molisio', che, iniziata nella seconda metà del XI secolo, ha il suo culmine nella prima metà del successivo, favorisce una intensa attività politica che, per la "Terra li=Musanorum" e, più in generale, per l'intera area ad essa riferibile, è fatta di lotta aspra e violenti scontri. E come la ' contea di Bojano ', che riprende sul territorio ruolo e compiti del ' gastaldatus bovianensis ', anche l'entità politica, formatasi con lo smembramento del ' gastaldatus biffernensis ' nell'area della media valle alla sinistra del fiume, si ebbe da un ramo dei 'de Molisio', la casata che con i Normanni possedette la contea. Il ' dominus ' della "Terra li=Musanorum", infatti, fu Tristaino, fratello e contemporaneo di Rodolphus II, che fu il titolare della contea boianese fino al 1095. La tendenza all'autonomia di Tristaino si intravvede già nel grave episodio di distrazione delle "chartas" del Monastero di S. Illuminata, sito "intra fines... Limesani, loco ubi dicitur Petra majore", avvenuto 57 tra il 1065 ed il 1084. Esso costituisce, come ben si vedrà, solo il prologo di un progetto premeditato e di un preciso disegno politico. Nel 1109, anno in cui (giugno) il Cenobio di S. Illuminata, in precedenza sottratto da quell'Alferio, che pochi anni più tardi troviamo vescovo di Trivento, alla giurisdizione di S. 53 DI ROCCO G., La Diocesi di Guardia Alfiera, Campobasso 1996, pag. 28 e 29. Dello stesso tenore è anche la 'relazione' del 1618 del Sac. Nicola Lisio (v. D'AGOSTINO B., Chiesa e politica unitaria nell'ottocento meridionale, 1986, pag. 314). 54 MOFFA S., Diocesi scomparse nel Molise, in AM 1991, I, pag. 255. 55 SARNELLI P., op. cit., pag. 224 e seg. 56 DE BENEDITTIS G.F., Repertorio... cit., pag. 28. In nota il De Benedittis precisa: "Il testo è riportato da FIORE, 'Fiorentino in Capitanata dalla distruzione del 1255 alla soppressione dei diritti feudali', pp. 45-46; in chiusura al documento relativo al sinodo si legge: ' In dicta synodo infrascripti Patres Episcopi comparuerunt personaliter, prout inferius annotantur, et alii comparuerunt per procuratores et excusatores, alii non comparuerunt nullo modo, ut annotatur est, et annotatur inferius. Reverendissimi Patres Episcopi comparentes: Episcopus Boianensis; Episcopus Arianensis; Episcopus Asculanus, Episcopus Guardiensis; Episcopus Termulensis; Episcopus Thelesinus; Episcopus Trivicanus; Episcopus Allifanus. Non comparentes sunt: Episcopus Lucerinus, per procuratorem; Episcopus Bovinensis, Vicario pro eo; Episcopus S. Agathae, per Vicarium; Episcopus Vulturariae, per Vicarium; Episcopus Montis Corvini, per Vicarium; Episcopus Avellinensis, per procuratorem; Episcopus Frequentinus, per procuratorem; Episcopus Triventinus, absens; Episcopus Civitatensis, absens; Episcopus Lesinensis, absens; Episcopus Draconariensis, absens; Episcopus Florentinus, absens; Episcopus Larinensis, per Vicarium; Episcopus Turtiburensis; Episcopus Montis Marani, vacat sed praesens Vicarius constitutus sede vacante; Episcopus Limusanensis ; Episcopus Troianus, eligens per procuratorem ".

57 Chronicon Cassinense, IV, 34. Di grande rilievo, per le possibili ricostruzioni, la puntualissima annotazione del Cronista: "Notandum plane videtur, nequitiam et fraudolentiam Alferii Triventinatis episcopi (nella nota del GATTOLA: 'Jam anno 1084 episcopus fuit, v. DI MEO Ann. Ad h.a.') hoc in loco inserere".

28 Sofia di Benevento, viene donato ('oblatus') a Montecassino, "Robbertus, filius domni Frostayni" è il nuovo "dominus castelli Limosani" 58 , che in questo momento storico troviamo indifferentemente definito ' castellum ' e ' civitas '. Le motivazioni autonomistiche, evidenti, dei 'de Molisio' si accompagnano comunque ad una loro ricercata cura nel trovarsi sempre dalla parte delle gerarchie ecclesiastiche 'ufficiali'. "Robbertus, filius Trosteni", il ' dominus ' di Limosano che in gioventù, nel 1096, aveva partecipato alla prima Crociata, alla morte "sotto le macerie del terremoto del 1117" del fratello Simone, conte di Bojano (la contea da Rodolphus era passata a Hugo I, che la tenne dal 1095 al 1113, e, poi, a Simone), succedendogli, riunificò nelle sue mani l'alta e la media valle del Biferno. A Roberto, figlio di Trastaino, nel 1128 "succede... Ugo II, figlio di Simone, che si trova immischiato... nei moti insurrezionali contro Ruggero II del 1134. Nel 1135 viene privato di tutte le terre ad oriente del Biferno" 59 . Hugo, " markese ", il secondo con tale nome per la 'contea di Bojano', ma per la "Terra li=Musanorum" il primo, è la stessa persona di quel "dominus noster Ugo Comes molisianus", il quale, "sedens pro tribunali intus in civitate limosane cum baronibus magnatibus iudicibus aliisque suis bonis hominibus", nel 1148 (ottobre) è presente alla 'concordia' stipulata a Limosano con Johannes, l'Abbate di S. Sofia di Benevento, riguardante il pagamento di un tributo da parte degli uomini del Monastero di S. Angelo in Altissimo di Civitacampomarano 60 . Del tutto evidente la circostanza, nient'affatto singolare per i tempi, per la quale nella esclusiva persona di Hugo, comes e markese , sia concentrato tanto il potere civile che quello religioso. Per tutto ciò e per la non certo casuale coincidenza del nome è assai probabile che il molisianus Hugo fosse anche l' episcopus 'ufficiale' della diocesi di Limosano, essendo provata la contemporanea esistenza di un vescovo con quel nome (v. Sarnelli, op. cit., pag. 129) "da un instrumento dell'anno 1132, mense februario". A conferma di tale ipotesi è il posizionamento sia del 'Palazzo' baronale di Limosano, dove egli risiedeva, che della Chiesa di S. Stefano, attigua e vicinissima a quello, nella quale egli comodamente 'officiava'. E ad essa portano le ' riviste ' nell'Archivio di Benevento (v. citazione del documento, di cui alla nota 50), menzionate dal Card. Orsini nella "rimproverata" del 20 luglio 1721 all'Abate Don Antonio del Gobbo, ed anche il testo di quella "iscrittione sopra un antica pietra di piano, ab antiquo lavorata", posta sopra il portale d'ingresso, che guarda al 'Palazzo', della Parrocchiale di S. Stefano 61 . Gli equilibri politico-religiosi, piccoli e grandi, riferibili all'intera area molisana e, nel particolare, a quella limosanese, dapprima messi in movimento dalle decisioni prese nel grande 'placito' tenutosi (10 giugno 1053) " in loco Sale " dell'agro di Limosano prima della battaglia di Civitate (17 giugno) e, poi, resi precari dalle scelte di autonomia dal potere normanno e da quello del 'Principatus Beneventanorum' perseguite dai 'de Molisio', furono totalmente stravolti dalla nomina (1130) a papa, fatta da quella parte della gerarchia ecclesiastica rimasta insoddisfatta dalla elezione di Innocenzo II, di Pietro Pierleoni, che, ebreo di origine e creato cardinale da Callisto II, prese il nome di Anacleto II. Mentre la Chiesa 'ufficiale' di Innocenzo (e per lui parteggiano i 'de Molisio'), che è espressione della politica 'imperiale', parteggia per Lotario, quella dell'antipapa Anacleto, "il

58 GATTOLA E., Historie Abbatie Cassinensis..., Venezia 1733, pag. 421 e seg. Il Gattola riporta l'atto di donazione della Chiesa di S. Illuminata "cum omnibus ecclesiis et pertinentiis suis". 59 NOBILE P.L., Campobasso medioevale: le dinastie feudali e le fortificazioni, in ASM (= ARCHIVIO STORICO MOLISANO) 1980-81, pag. 72. 60 JAMISON E., I Conti di Molise e di Marsia nei secoli XII e XIII, Casalbordino 1932, App. doc. 1. 61 ASC, Protocolli Notarili, Not. Amoroso F.Antonio di Limosano, atto dell' 11 luglio 1743.

29 primo a riconoscere il duca Ruggero II come re di Sicilia e di Puglia,..., onore di Napoli e difesa di Benevento il 27 settembre 1130" 62 , si schiera a favore dei Normanni. Ed anche la Chiesa di Limosano, non dimentica del forte legame che, come cordone ombelicale, la univa a Benevento, partecipa alla contrapposizione con il sentimento rozzo e la violenta passionalità tipici dei centri più piccoli e vive la divisione con una determinazione lacerante. Così contro il " molisianus Ugo comes " e, allo stesso tempo, vescovo , che rappresenta la nuova (o antica?) espressione 'ufficiale' della gerarchia ecclesiastica, la parte conservatrice, soccombente o in procinto di esserlo, e comunque contraria all'autonomismo dei 'de Molisio' viene a schierarsi per papa Anacleto con il chiaro scopo di vendicarsi e di ricostituire l' antico (o nuovo?) potere. E' quanto emerge dal ' Processus super archiepiscopatu Beneventano '63 , che viene di seguito integralmente trascritto (con traduzione per quanto possibile letterale) nel testo così come riassunto dal Kehr 64 . - f. 152 priuilegium pape Anacleti in quo continebatur, quod dicta terra (Limosani) fuit ciuitas et habuit proprium episcopum et diocesim terminatam. (privilegio del papa Anacleto nel quale era contenuto che la detta terra < di Limosano > fu città ed ebbe un proprio vescovo e la diocesi determinata .) - f. 160' quoddam priuilegium domini pape Anacleti in quo continebatur quod ipse rescriuebat episcopum et honorem episcopalem dicte terre Limosani. (tale privilegio del signore papa Anacleto nel quale era contenuto che egli stesso riscriveva il vescovo e l'onore vescovile alla detta terra di Limosano .) - f. 165 . . in quo continebatur quod episcopatus Limosani fuit de prouincia Beneuentana et habebat certa casalia sub se. (. . nel quale era contenuto che il vescovado di Limosano fu della provincia Beneventana ed aveva certi casali sotto di se .) - f. 175' . . quod dignitas episcopalis seu cathedra, qua alias dicta terra fuerat priuata, rescribebatur eidem terre. (. . che la dignità vescovile o la cattedra, di cui altrove la detta terra era stata privata, era riscritta a quella terra .) - f. 180' . . in quo continebatur quod terra Limosani fuit ciuitas et habuit episcopum . . Transsumptum priuilegii domini Anacleti pape secundi in quo continebatur quod papa mandabat quod ipse episcopus obediret archiepiscopo Beneuentano. (. . nel quale era contenuto che la terra di Limosano fu città ed ebbe il vescovo . . Riassunto del privilegio del signor Anacleto papa secondo nel quale era contenuto che il papa comandava che lo stesso vescovo ubbidisse all'arcivescovo Beneventano. ) - f. 182 . . et in dicto priuilegio continebatur quod castrum Pimanum erat de diocesi Limosana . . in dicto priuilegio scriptum quod ecclesia sancte Marie de Limosano vocabatur maior ecclesia Limosani episcopatus. (. . e nel detto privilegio era contenuto che castro Pimano (Castropignano) era della diocesi

62 MATTEI A.M., Isernia una città ricca di Storia, Isernia 1992, I, pag. 166. 63 ARCHIVIO VATICANO di ROMA, Fondo Avignonese, Collect. t. 61: Benevent. civitatis et ducatus Varia 1132-1312 . Ms. ch(artarum). s(eculi). XIV. Stando alle indicazioni del KEHR (v. nota 64), che, a pag. 519, testualmente scrive: "Vorne stehn Privaturkunden s. XII betr. das Castrum Limosanum; f. 151 sq. beginnt ein f. 209 mitten im Text abbrechender Processus super archiepiscopatu Beneventano, in welchem mehrfach ein unbekanntes Privileg Anaclets II fur S. Maria di Limosano erwahnt wird. S. Anhang.", è possibile pensare, come in effetti è, che dal f. 151 al 209 dell'indicato manoscritto si parli diffusamente della diocesi di Limosano. 64 KEHR P.F., Papsturkunden in Italien, Reiserberichte zur Italia Pontificia, Acta Romanorum Pontificum, Città del Vaticano 1977 (Rist., in 5 volumi + 1 di indici, dell'opera "Nachtrage zu den Romischen Berichten", in 'Nachrichten der k. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen' Phil. Hist. Klasse, 1903), Vol. IV, pag. 218 e 219 (già 560 e 561).

30 Limosane(se) . . nel detto privilegio è scritto che la chiesa di Santa Maria di Limosano veniva chiamata la maggiore chiesa del vescovado di Limosano <= cattedrale> .) - f. 183 in quo continebantur castra et ecclesie dicte diocesis, uidelicet terra Limosani, castrum sancti Angeli, castellucium de Limosano, ripa Limosani que uocabatur Ripa comitis cum casali sancti Stephani de Ripa, castro Pimanum cum baronia sua, Fossaceta cum casalibus suis, Camelum, Gobacta, Raytinum cum rocca Racini, castrum Montis Agani, Colli rotundus, Pretella cum rocca, castrum de Lino Ferraria, castra Petra (leggasi: cascapera) I, castrum Iohannis Fulconis Torella, Molisium, Serra Graffida cum sancto Alexandro, Collis altus et Capiletum. (nel quale erano contenuti i siti fortificati e le chiese della detta diocesi, ossia la terra di Limosano, il castello di sant'Angelo, castelluccio di Limosano, ripa (di) Limosano che si chiamava Ripa del conte col casale di santo Stefano di Ripa, castro Pimano con la sua baronia, Fossaceta con i suoi casali, Cameli, Covatta, (O)ratino con la rocca di Racino, il castello di Monte Agano, Collerotondo, Petrella con la rocca, castro di Lino Ferrara, cascapera I, il castello di Giovanni Folcone Torella, Molise, Serra Graffida con sant'Alessandro, Collealto e Campolieto. ) - f. 184' in quo continebatur quod idem papa reintegrabat episcopatum Limosani ad petitionem domini Gregorii qui postea fuit episcopus Limosani. (nel quale era contenuto che lo stesso papa reintegrava il vescovado di Limosano a richiesta del signor Gregorio che dopo fu vescovo di Limosano. ) - f. 207' in quibus continebatur quod ipse dominus papa dictam terram que alias fuerat episcopatus, reintegrauit et prefecit in eadem ecclesia sancte Marie de Limosano dominum Gregorium et ipsum in episcopum dicte ecclesie ordinauit et mandauit domino Landulfo tunc archiepiscopo Beneuentano quod ipsum dominum Gregorium in episcopum dicte ecclesie ordinaret. (nei quali era contenuto che lo stesso signor papa reintegrò la detta terra che altrove era stata (privata ?) del vescovado e pre-fece nella stessa chiesa di santa Maria di Limosano il signor Gregorio ed ordinò lo stesso a vescovo della detta chiesa e comandò al signor Landolfo allora arcivescovo Beneventano che ordinasse lo stesso signor Gregorio a vescovo della detta chiesa. ). Alla fase terminale degli accadimenti riferiti dal 'Processus', un manoscritto del XIV secolo, va sicuramente assegnata, come riferimento temporale, la data del 1132 sia perché la Collect. t. 61 del Fondo Avignonese, citata dal Kehr, si riferisce al periodo che va dal 1132 al 1312 e sia per i motivi indicati dal De Benedittis 65 . Tuttavia, l'indicazione del f. 184' (" ...papa reintegrabat episcopatum Limosani ad petitionem domini Gregorii qui postea fuit episcopus Limosani ") e l'intero contenuto del f. 207' ben lasciano intendere come l'intera vicenda si sia svolta in tempi discretamente lunghi e sia stata il frutto di scelte politiche non poco complesse. Sulla figura di Gregorio, il 'capo' della parte contraria ai 'de Molisio', certamente perché fu quella che ne uscì sconfitta, null'altro dicono i documenti. Il suo ruolo, però, per l'intero territorio dell'area del medio Biferno dovette essere nient'affatto secondario se la sua statura politica gli consente di poter pretendere (v. f. 182), e la cosa è di grandissimo significato per comprendere la contrapposizione che parte del territorio molisano muoveva alla contea di Bojano, "quod castrum Pimanum erat de diocesi Limosana".

65 DE BENEDITTIS G.F., Note storiche-topografiche sulla Diocesi scomparsa di Limosano, in AM 1981, pag. 246-252. Tuttavia, dell'articolo del De Benedittis, pur discreto per la identificazione degli insediamenti ricadenti nel territorio della diocesi limosanese, va detto che alcune argomentazioni sembrano contraddittorie ed altre non poco preconcette e frutto di tesi predefinite, come quella, per nulla comprensibile, che riprende l'errore di interpretazione del Kehr, il quale, e la cosa è spiegabile solo con la mancata conoscenza dei luoghi, traduce la parola ' cascapera ' con ' castra petra I ', che poi ovviamente non riesce e non sa collocare geograficamente.

31 E rimane il forte dubbio se assegnare all'avverbio latino 'alias' (v. f. 175' e f. 207') valenza temporale o di luogo. La sua soluzione (il testo, lo si vedrà, lascia intendere una propensione per la prima) potrebbe contribuire, e non poco, a dare nuova luce e significato a fatti ed avvenimenti. Quanto al ruolo da attribuire alla diocesi di Limosano, ne va immaginata una sicura funzione di controllo politico-religioso sulle risorse, non certo poche per quantità e per qualità, della media valle del Biferno. Ne vanno, inoltre, ipotizzati anche compiti non facili di mediazione e di aggregazione per le diverse funzioni (religiose, sociali, civili, economiche, produttive,...), che si operavano, caratteristica dei tempi, dalle non poche strutture monastiche presenti nel suo territorio. Ciò in uno scenario, in cui, entrata in crisi la presenza greco-bizantina, Limosano rappresenta (ed ha rappresentato) l’avamposto di grande importanza strategica per il raccordo politico verso gli Abruzzi e, nel lungo periodo longobardo, di Benevento con Spoleto. Una tale lettura, che lascia immaginare solo pochi elementi ed appena superficiali, seppur importanti, della storia di Limosano, era già possibile dal 'transumptum' (v. nota 63) del privilegio papale bollato con il sigillo di piombo (f. 184r: privilegium papalem bullatum bulla plumbea ) così come interpretato e riassunto dal Kehr (v. nota 64) e così come riportato, in maniera totalmente acritica, dal De Benedittis (v. nota 65) e dalla storiografia tradizionale ed ufficiale. Dicono, tuttavia, assai di più per una ricostruzione, la più corretta e la più completa possibile, del cammino storico non solo dell'area limosanese, ma dell'intero Molise i manoscritti dal f. 151 al f. 209 della Collectoria 61 (BENEVENTanae CIVIT.IS & DUCATUS VARIA 1132-1312) del fondo avignonese nell'Archivio Segreto Vaticano (v. nota 63). Dicono essi della Limosano di allora (1132-1312), ma molti parametri non possono non essere riferiti a periodo di tempo di parecchio più lungo, essere un insediamento urbano di tale importanza e significato che, eccettuate le città che sono degne di avere un vescovo, e cioè Lucera, Ariano e Bojano, nessuna delle altre città che si trovano nella provincia beneventana è così adatta ed idonea ad avere la cattedra episcopale, o pastorale, come la predetta Terra di Limosano (f. 164r, con conferma al f. 176a: exceptis civitatibus quae sunt digne ad habendum episcopum videlicet luceria arianum et Boyanum nulla aliarum civitatium quae sunt in provincia beneventana est ita apta et ydonea ad cathedram episcopalem seu pastoralem habendam sicut terra limosani praedicta ). Altri paragoni e raffronti, e tutti favorevoli a Limosano, sono con le città di Guardialfiera, Dragonara, Termoli... (f. 175: civitates Guardie alferie dragonarie Termolense... ) e con la città di Trivento... e con la città di Larino (f. 190: civitas Treventi... et civitas Larini ). Le viciniori sedi vescovili di Dragonara e Trivento sono Terre di gran lunga più piccole della Terra di Limosano (f. 173r: sunt longe minores terrae ipsa terra limosani ). La popolazione di questo insediamento è composta (le stime più attendibili sono: di un Notaio che, al f. 176, dice di aver ricavato i dati da un " quaternum Collecte "; di un tale che, al f. 183, ha visto " scripta dationum seu collecte "; al f. 186, di un " appaltator primorum hominum dicte terre et receptor collecte "; di un altro tale che, al f. 196, ha sentito leggere un " librum catasti " ed, al f. 197, di un " Collector Regie collecte ") da un numero oscillante tra i 700 ed i 900 'focolari' ( focularia septingenta et plus e focularia nongenta ) e che varia tra i 2000, tra maschi e femmine, ed i 5000 abitanti ( ibidem sunt bene duomilia inter mares et feminas e homines quinquemilia ). Una tale popolazione, assai consistente e con pochi uguali per l'epoca, è concentrata in un territorio ristretto, che, da quel lato dove maggiormente si estende, non si estende oltre un miglio (f. 208: dictum castrum [va, però, annotato che, mentre i contrari alla diocesi a Limosano usano il termine 'castrum', i favorevoli ripetono sempre la parola 'terra'] limosani habet proprium territorium quod ab illo latere unde plus extenditur non extenditur

32 ultra unum miliare ). A tale indicazione geografica da conferma la stessa posizione, che, tra l'altro, trova adeguati riscontri nelle Rationes Decimarum Ecclesie del 1308-1310, dei centri abitati circonvicini di Castelluccio di Limosano, di S. Angelo, di Cascapera e di Ferrara. La condizione di sovraffollamento nell'area comporta che alcuni di Limosano vadano a lavorare le terre di S. Angelo (f. 204r: aliqui de limosano eunt ad laborandum terras sancti angeli ) e le terre del territorio... di Castelluccio e di Cascapera (f. 206r: terras territorij... castellucij et cascapere ) e di Ferrara (f. 202r: ferrarii ). Ma non di rado si verificano anche scontri armati, come quello (f. 176) con gli uomini di Montagano ( homines montis agani ), che si trovano contro millecinquecento uomini armati di Limosano ( mille quingenti homines armigeri de terra ipsa ) o contro gli uomini di Petrella (f. 171: contra homines de petrella ). A provocarli il fatto che il territorio di Limosano non ha legna sufficiente per gli usi degli uomini del nominato castello e gli uomini della Terra predetta vanno per legna al territorio di Cascapera, di S. Angelo e di Ferrara (f. 202r: territorium dicti castri non habet ligna sufficentia per usu hominum dicti castri et homines dicte terre eunt per lignis ad territorium cascapere sancti angeli et ferrarij ), ai boschi di Montagano (f. 203: ad silvas montisagani ), ai boschi di Trivento (f. 206r: ad silvas Triventi ) ed ai boschi di Petrella (f. 204r: ad silvas petrelle ). E, siccome gli uomini di Limosano vanno ai boschi di Petrella per legna (f. 206: homines limosani eunt ad silvas petrelle per lignis), recandovi per il pascolo anche i propri animali, può accadere che questi ultimi vengano catturati nel 'castro' di Petrella dai guardiani del bosco di Petrella, che asserivano averli presi nei boschi di detto 'castro' ( animalia capta in castro petrelle per guardianos silve petrelle que dicebantur esse capta in silvis dicti castri ), dove però erano stati catturati anche i rispettivi padroni ( homines limosani fuerunt capti in silvis ). Una situazione analoga si ripeteva anche con Trivento tanto che gli uomini del 'castro' di Limosano erano stati catturati in quanto conducevano gli animali nei boschi, ovvero territorio di Trivento (f. 206r: homines de castro limosani... captos per eo quod ducebant animalia in silvis seù territorio Triventi ). Tuttavia, il problema più grave, che affligge, e lo farà per lunghi secoli ancora, la popolazione limosanese, dipende dalla cronica e grande carenza di acqua (f. 203r: magnum defectus aque ), in quanto nessun pozzo o fonte si trova nella Terra stessa o nel suo territorio, eccettuate due fonti o una di acqua amara o 'salza' esistenti ai piedi del Tufo del predetto luogo e le persone del luogo menzionato vanno al fiume indicato <= Biferno> per acqua ed alla fonte che vien detta la fonte (f. 206r: nullus putheus aut fons est in terra ipsa aut in territorio suo exceptas duas fontes aut una aque amare seu salite existentes in pede Tufi dicti loci et personae dicti loci eunt ad dictum fluvium per aqua et ad fontem que dicitur fons dicte ). E così, sono costretti a farlo, gli uomini e le donne vanno al fiume ad approvvigionarsi di acqua perché in quel 'castro' non vi sono pozzi o fonti di acqua dolce (f. 202r: homines et mulieres eunt ad dictum fluvium ad auriendam aquam per eo quod in dicto castro... non sunt puthei aut fontes aque dulcis ). Ma, nonostante le situazioni di bisogno, quella stessa Terra deve essere ritenuta insigne (altrove anche ' potente ' ed, al f. 186, " tanto grande nell'abbondare in ricchezze e nobiltà "), perché ha molti uomini sapienti (f. 170r: multos homines sapientes ), molti letterati, ossia cultori della logica, dottori, medici e grammatici (f. 157r: terra ipsa reputari debet insignis quia habet multos literatos videlicet logistas doctoralistas medicos et gramaticos ), avvocati, notai (f. 173r: homines peritos in Jure notarios ), giudici... ed artisti (f. 175: Judices... et artistas ). E vi è anche presente chi tiene le scuole di grammatica (f. 189: regit scolas in gramaticalibus ). Quei manoscritti, e sorprende che a farlo siano esponenti della parte contraria, riferiscono Limosano essere sede di distretto amministrativo, con assoluta certezza per il periodo

33 normanno e, per quello alto medievale, con quella probabilità che conferma ed è confermata dalla continuità storica col gastaldatus Biffernensis . Tanto che il 'castrum' di Limosano è del Giustizierato di Terra del Lavoro e del 'Comitatus Molisij' ed i Giustizieri, oltre che gli Ufficiali, del citato Giustizierato esercitano la propria giurisdizione nel predetto 'castro' (f. 202: dictum castrum limosani est de Justitiariatus Terrelaboris et Comitatus Molisij et Justitiarii [al f. 208r si parla di officialos Justitiariatus terrelaboris ] dicti Justitiariatus exercitant Jurisditionem suam in dicto castro ). In quanto vero e, soprattutto, importante punto di riferimento, non solo sociale ed amministrativo, ma anche economico, per l'intera area del medio Biferno, è ad essa che vengono gli abitanti delle Terre circonvicine che vogliono comprare o vendere qualcosa ed ivi trovano quello che cercano (f. 177: aliquid emere aut vendere accedunt ad terram ipsam et ibi inveniunt quod querunt ). E che le produzioni artigianali ed economiche, che vi si esercitavano, fossero particolarmente sviluppate e significative lo provano i 'caldararii' (essi sono da collegare alla presenza di quelle 'fucine', dove notevoli erano le lavorazioni del ferro), che giravano per vendere le loro produzioni, ed i 'mercatores' (f. 201: a mercatoribus de limosano ), i quali conducono i loro somari carichi di frumento (f. 180: ducentes somarios oneratos frumento ) e di orzo da un luogo ad un altro per i loro commerci. Ma, ovviamente, quella Collectoria di manoscritti, fornendo elementi assai utili per l'individuazione e per l'analisi dei rapporti intercorrenti con le strutture insediamentali degli altri ambiti territoriali, da notizie preziose sulle istituzioni religiose secolari di Limosano, che ancora è una 'bona terra' e la migliore, eccettuata Bojano, di tutta la provincia (f. 154r: est bona terra et melior totae provinciae excepto boyano ), e sul suo Clero nel coinvolgimento in vicende di scontri, di aggregazioni e di contestazioni facili, al momento, la fase finale, in rapida evoluzione ma che, per una ricostruzione storica corretta, sarebbero da relazionare ad un passato assai lungo. Il disegno di geografia religiosa, ma che ha valenza anche politica, evidenzia rapporti privilegiati e continui tra Benevento con, da una parte, l'area del medio Fortore, che sta vivendo momenti di decadenza e di crisi demografica, dove, forse perché si è esaurito il loro ruolo storico di controllo (non più necessario?), stanno perdendo importanza, quando proprio non scompaiono, le diocesi di Ferentino, Dragonara e Civitate, e, dall'altra, con quella del medio Biferno, dominata da Limosano, alla quale la stessa Benevento, e non solo quella di Papa Anacleto, ha da sempre inteso e tuttora intende affidare il compito di contrastare Bojano e Trivento. Sulla decadenza dell'area del medio Fortore va detto che: a) la diocesi di Ferentino è talmente immiserita che il reddito ed i fanciulli della stessa Chiesa Cattedrale non arrivano a dieci unità (f. 182r: redditus et pueri ipse Cathedralis Ecclesie non ascendunt ad summam decem unitatis ); b) la stessa città di Ferentino è quasi distrutta e disabitata (f. 178r: ipsa civitas florentini est quasi destructa et inhabitata ); c) in quella città vi sono ottantadue case (f. 168r: in dicta civitate sunt octuaginta dua domos ) solamente e non vi sono cento uomini (f. 186r: non erant centum homines ). Quanto a Limosano, in una fase, lo abbiamo già visto, di fortissimo sviluppo, avendo diffusamente riferito sulla consistenza della diocesi nella interpretazione sintetizzante e, talvolta, minimizzante del Kehr, vanno fatte solo alcune precisazioni ed aggiunte. 1) Sicuramente errata è la lettura, al f. 183, dell'espressione "cascapera Ideo castrum Johannis fulconis" con "castra petra I castrum Johannis fulconis". Con tale correzione si ottiene che l'importante, quantomeno relativamente, insediamento di Cascapera , a differenza di ' castra petra I ' in alcun modo posizionabile, può essere individuato e localizzato sul territorio con precisione assoluta. 2) Forti contrasti sia con Bojano, la quale, capitale del Comitatus, politicamente è autonomista e, dal punto di vista religioso, era stata governata da esponenti della famiglia dei 'de Molisio',

34 contro un cui ramo Limosano si era ribellata, che con Trivento, la quale mira ora ad allargarsi in danno della stessa Limosano, sono provati dal fatto, e dall'espressione, che questa stessa Terra fu città ed ebbe il proprio vescovo e la diocesi delimitata ossia la Baronia di Castropignano, la Baronia di Fossaceca, la Baronia di Santo Stefano di Ripa, la Baronia di Ripa, la Baronia di Pietravalle e molti altri luoghi (f. 195: ipsa terra fuit civitas et habuit proprium episcopum et diocesim terminatam videlicet Baroniam castri piniani Baroniam fossecece Baroniam sancti stephani de Ripa Baroniam Ripe Baroniam petrevalle et plura alia loca ). 3) Oltre e dopo del signor Gregorio ( dominum Gregorium ), apprendiamo, al f. 183, che Limosano ebbe per vescovo anche un certo altro signor Raone ( quandam alium dominum Rahonem ). E, forse, l'espressione del "Presbiter Guillelmus de Rogerio de limosano", certamente di S. Maria, che, parlando dell'Abbate Nicolaus de limosano, riferisce di aver sentito dire dai suoi predecessori che il Vescovo di Limosano, che allora era egli stesso, visitava l'Arcivescovo di Benevento come suffraganeo (f. 183: audivit dici ab antiquioribus suis quod Episcopus limosani qui dum ipse erat visitabat Archiepiscopum Beneventanum ut suffraganeus ), da ancora il nome di un altro Vescovo della diocesi di Limosano ed, in più, anche limosanese. 4) La porta di bronzo di Benevento con i 24 vescovi suffraganei, tra cui quello di Limosano, scolpiti non poteva non esistere ancora nei primi anni del 1300, se i documenti della Collectoria sono da riferire ai primi anni di quel secolo. 5) L' antichità e la lunga durata della diocesi di Limosano, oltre che dal 'privilegium domini anacleti pape secundi', sono dimostrate dagli altri strumenti (f. 180: alia Instrumenta ), dai 'privilegia papalia ' (f. 196), dal 'privilegium' del signor Landolfo, allora 66 Arcivescovo di Benevento (f. 207r: privilegium domini Landulfi tunc Beneventanum Archiepiscopum ) ed, inoltre, dal Giudice Berardo, il quale sentì dire dal proprio padre, il Giudice Ruggero, che lo stesso Giudice Ruggero vide il Vescovo Raone ( ipse Judex Rogerius vidit Episcopum Rahonem ) esercitare l'ufficio di vescovo ( Episcopalem officium ) nella Chiesa di Santa Maria di quella stessa Terra e vide e lesse alcuni privilegi (si noti il plurale) dei Pontefici Romani (privilegia Romanorum pontificum ) e specialmente del signor Anacleto Papa II, nei quali ( in quibus ) si tiene che lo stesso Signor Papa reintegrò la suddetta Terra, che già in altri tempi era stata Vescovado ( dictam terra qua alias fuerat Episcopatus reintegravit ). Ed, in più, vi sono i tanti, forse troppi, riferimenti a 'Regesta' ed a 'Registra' della Curia Romana, che venivano letti nella chiese della diocesi di Limosano. 6) Se anche il numero dei 'parroci', che erano una quarantina , (f. 183: qui iam sunt quadraginta ) circa, dimostrerebbe la buona consistenza della diocesi, è certo che la Cattedrale era la Chiesa di S. Maria, che è tuttora chiamata Chiesa Vescovile e Vescovado (f. 187: vocatur adhuc Ecclesia Episcopalis et Episcopatus ). Era ancora vivente, oltre a chi aveva sentito dire che ivi si trova il libro che si chiama libro pastorale (f. 184r: audivit dici quod est ibi liber qui vocatur liber pastoralis ), ed anche una tale circostanza proverebbe la lunga esistenza della diocesi, chi aveva visto nella stessa Chiesa le mitre vescovili, i pastorali, l'anello, i rocchetti (f. 185r: in ipsa Ecclesia mitras Episcopales pastorales anulum arochetas ), il bacolo (f. 184r: baculum ) e due stalli di cui uno è di legno e l'altro di pietra (f. 187: et duas sedes quarum una est de ligno et alia lapidea ). E viveva pure, al tempo dei manoscritti, chi aveva visto il Clero della detta Terra di Limosano, ossia i Chierici di Santo

66 Nella cronotassi dei titolari dell'Archidiocesi di Benevento del MASCIOTTA (I, pag. 257 e segg.) troviamo solo due Arcivescovi col nome 'Landolfo': uno, il 42° della serie, che "governò la diocesi dal 957 al 983", e l'altro, il 51°, che "tenne la cattedra dal 1108 al 1119". Probabilmente il testo fa riferimento ad un 'privilegium' di quest'ultimo; e ciò confermerebbe anche l'esistenza, nel 1110, sulla cattedra limosanese del vescovo Gregorio, il primo con tale nome, che era stato in precedenza 'monaco' di Montecassino e del quale parla Pietro Diacono nel Liber de viris illustribus .

35 Stefano, di San Paolo [era forse, ma null'altro di essa sappiamo, una Parrocchia?] e delle altre Cappelle di quella Terra, andare alla Chiesa di Santa Maria specialmente nelle festività della stessa Vergine ad officiare... ed il popolo della predetta Terra andare alla suddetta Chiesa ad ascoltare gli uffici divini ed onorarla come la Chiesa maggiore e la Vescovile (f. 190: clerum dicte terre limosani videlicet Clericos sancti stephani sancti pauli et aliarum Cappellarum eiusdem terre euntes ad Ecclesiam sancte marie proprie in festis eiusdem virginis ad officiandum... et populum dicte terre euntem ad dictam Ecclesiam ad divina officia audendum et honorandum tamquam maiorem et Episcopalem Ecclesiam ). 7) Da ultimo, sarebbe possibile cogliere in alcune espressioni del f. 180r [ il Papa comandava che lo stesso Vescovo dovesse obbedire all'Arcivescovo di Benevento ( papa mandabat quod ipse Episcopus obediret archiepiscopo Beneventano )] e del f. 182 [ vide l'Arcivescovo di Benevento ed il suo Vicario talvolta visitare la detta Chiesa di Limosano e punire alcuni Chierici delinquenti ( vidit archiepiscopum Beneventanum et suum Vicarium aliquando visitantes dictam Ecclesiam limosani et coogentes ad clericos aliquos delinguentes )] qualche accenno all'esistenza nell'area limosanese di problemi connessi a devianze dottrinali e comportamentali da parte delle gerarchie clerico-religiose. Nient'altro ovviamente i documenti riferiscono sulla loro consistenza e sulla loro natura ed origine. Di particolare interesse, infine, per la ricostruzione della rete di vie di comunicazione e di traffico commerciale nel Molise sono i riferimenti della Collectoria agli itinerari stradali. Ne deriva che l'area territoriale del medio Biferno e, con essa, di Limosano si trova ad essere nodo assai importante del sistema viario, medioevale e non solo, in quanto vi convergevano: a) la via "detta dei langianesi", che, dopo aver incrociato il 'tratturo' per Castel di Sangro, passando per Trivento, Canneto e Torrebruna, la collegava con Lanciano e con l'Abruzzo adriatico; b) la via per gli insediamenti della fascia adriatica del Molise; c) la via, prosecuzione della precedente, per Bojano, Isernia ed il Lazio; d) la via per Benevento; e) la via per Ferentino e Dragonara, che la teneva unita alle Puglie. E se sull'esistenza e la funzione delle prime tre, di cui già è stato detto altrove, è possibile solo proporre ipotesi, la ricostruzione delle ultime due risulta particolarmente agevole e precisa. Della prima di esse, quella da Limosano a Benevento, la distanza, che era di quaranta miglia e più (f. 160: quatraginta miliaria et plures ), poteva essere coperta impiegando due giorni ad andare da Limosano a Benevento (f. 186: duos dies ad eundem a limosano Beneventum ) ed altrettanti quando da Benevento si torna a Limosano ( a benevento reditur limosanum ). Tra le diverse vie (f. 183r: diversas vias ) percorribili, oltre alle secondarie come la via di , di , di , di S. Angelo di Radicinosa, di Castelvetere, del Casale di Toio, di Circello e di altre Terre (f. 170r: viam Ripe limosani feraczani campi de preta sancti Angeli de Radicinosa Castri veteris casalis Tohis cercelli et aliae terrae ) e la via per Montagano, Matrice, S. Giovanni in Galdo, Campodipietra (f. 174r: per montem aganum matricem sanctum Johannem in gualdo campum de preta ), eccetera, la strada migliore era quella che toccava Campobasso e Morcone. Essa, nel dettaglio, viene così descritta al f. 189 e seg.: dalla Terra di Limosano fino a Ripa sono quattro miglia e da Ripa fino al 'castrum' di Campobasso sono tre miglia e dal 'castro' di Campobasso fino a Ferrazzano sono due miglia e da Ferrazzano fino a Mirabello sono due miglia e da Mirabello fino all'Abbazia di Monteverde (dove, come risulta dal f. 183r, vi è una 'villa') sono due miglia e dalla stessa Abbazia (che, presumibilmente, è la stessa "abbatia sancti Juliani" del f. 186) fino a Monticello sono due miglia e da Monticello fino al 'castrum' di sono tre miglia e dal 'castro' di Cerce (al f. 201 si accenna ad una "viam hospital de guarana") fino a Rigo del Gualdo sono due miglia e da Rigo del Gualdo fino a Sepino sono tre miglia e da Sepino fino alla villa di Cannavina sono due miglia e dalla villa di Cannavina fino a Morcone (dove sicuramente vi è una 'taberna' per pernottare) sono quattro miglia e da

36 Morcone fino a Montorone sono dieci miglia e da Montorone (al f. 192 si dice che "a Montorono usque Crapariam sunt miliaria tria et a Craparia usque Beneventum sunt miliaria quatuor") fino a Benevento sono sei miglia ( a terra limosani usque Ripam sunt quatuor miliaria et a Ripa usque castrum campibassi sunt miliaria tria et a castro campibassi usque feraczanum sunt miliaria duo et a feraczano usque mirabellum sunt miliaria duo et a mirabello usque ad abbatiam sancte marie montis virdis sunt miliaria duo et ab ipsa abbatia usque monticellum sunt miliaria duo et a monticello usque castrum cerzi piczuli sunt miliaria tria et a castro cerzi usque Rigum de gualdo sunt miliaria duo et a Rigo de gualdo usque Supinum sunt miliaria tria et a Supino usque villam Cannapini sunt miliaria duo et a villa Cannapi usque morconum sunt miliaria quatuor et a Murcono usque montoronum sunt miliaria decem et a montorono usque Beneventum sunt miliaria sex ). Lunga, come si sentiva dire dai callarari e da molti altri (f. 181: audivit dici a caldarariis et pluribus aliis ), venti miglia (f. 181: viginti miliaria ), la strada da Limosano a Ferentino, che gli uomini della Terra di Limosano (f. 185: homines terre limosani ), che conducono i somari carichi di frumento (f. 180: homines ducentes somarios oneratos frumento ) e di orzo, percorrono assai facilmente in un giorno ( dum facile uno die ) solo, dalla nascita del sole sino a dopo l'ora nona (f. 165r: ab ortu solis usque ad post nonas ), tocca il 'castrum' di Petrella, il 'castrum' di (dopo del quale vi è la 'taberna sancti modesti' e 'Turris de appis') ed il 'castrum' di Tonnicchio e Sculcula (f. 183r: castrum petrelle castrum Ripe de butono et castrum Tonnicchi et sculcula ), dove si incontra la "Abbatia de sculcula". Le località intermedie, con indicata anche l'appartenenza alla rispettiva diocesi, che si incontrano dai confini della diocesi di Ferentino a quelli della diocesi di Limosano sono: Monte di Sculcula è della diocesi di Dragonara; Tonnicchio e Montecalvo e la Terra di S. Modesto , insieme a Ficarola (che in qualche caso viene assegnata a Benevento) ed alla Terra di Morrone , sono della diocesi di Larino; Torre de Appio , insieme a Pianisi , è della diocesi beneventana; e Petrella , così come Collerotondo , sono della diocesi di Bojano. Da un tale disegno nasce l'esigenza, non più sopprimibile, di ri-assegnare all'area territoriale di Limosano ed alle sue istituzioni un ruolo nuovo . Esso, fondamentale, è in ogni caso e prima di tutto da riferire a tempi assai lunghi della storia di tutto il Molise. E da esso, con cui occorre iniziare assolutamente a fare i conti per spiegare fatti ed avvenimenti come, uno per tutti, il 'placito' di Papa Leone IX in loco Sale, non è più possibile prescindere.

37 38 CAPITOLO 2°

LE ISTITUZIONI RELIGIOSE ‘SECOLARI’

39 40 LIMOSANO: La diocesi. Al f. 183 del ‘ Processus ’ vengono riportati i “castra et ecclesie dicte dioecesis, uidelicet terra Limosani, castrum sancti Angeli, castellucium de Limosano, ripa Limosani que uocabatur Ripa comitis cum casali sancti Stephani de Ripa, castro Pimanum cum baronia sua, Fossaceta cum casalibus suis, Camelum, Gobacta, Raytinum cum rocca Racini, castrum Montis Agani, Colli rotundus, Pretella cum rocca, castrum de Lino Ferraria, castra Petra (ma leggasi: casca pera) Ideo castrum Iohannis Fulconis Torella, Molisium, Serra Graffida cum sancto Alexandro, Collis altus et Capiletum” (= nel quale erano indicati i siti e le chiese della detta diocesi, ossia la terra di Limosano, il castello di sant’Angelo, castelluccio di Limosano, ripa Limosano che si chiamava Ripa del conte col casale di santo Stefano di Ripa, castro Pimano con la sua baronia, Fossaceta con i suoi casali, Cameli, Covatta, ratino con la rocca di Racino, il castello di Monte Agano, Collerotondo, Petrella con la rocca, castro di Lino Ferrara, cascapera vale a dire il catello di Giovanni Falcone Torella, Molise, Serra Graffida con sant’Alessandro, Collealto e Campolieto ).

41 2.1 - La Chiesa 'Cattedrale' di S. Maria Maggiore

Il fatto che dell'insediamento di Cascapera , che, come feudo ed unità amministrativa, sopravvive per molti secoli e, pur diviso tra diversi contitolari (metà è dell'Università della Terra de li=Musani , un quarto del Marchese della stessa Terra e la restante quarta parte appartiene al Barone di S. Angelo Limosano), sino all'eversione, non vi sia menzione né nelle

42 'Rationes Decimarum Ecclesiae ' (1308-1330), dove pure vengono riportati i viciniori centri di Ferrara e di Rocca del Vescovo e né nel precedente ' Catalogus Baronum ', che, per il riferimento temporale, è della metà circa del XI secolo, ben potrebbe dar credito all'ipotesi che vorrebbe posizionato in quel preciso luogo, e solo ivi, il sito dell'" antico vescovado della destrutta città " di Tifernum . Ma che a Cascapera ancora (1132-1312) vi esistesse, almeno come modesto villaggio, un insediamento lo lascia intendere il ' Processus ' (v. paragrafo 1.5), che riporta i centri abitati della diocesi di Musane , tra cui la limitrofa ' Ferraria ' (mentre Rocca del Vescovo non vi figura in quanto sicuramente dipendente già da Trivento). Un minimo di continuità, oltre alle argomentazioni ed alle prove già riportate, tra quella Tifernum , la "destrutta città" sede di "antico vescovado", così posizionata, e questa ' Musane ', il centro abitato che sino al decennio francese, e non solo negli atti, viene detto la " Terra, olim Città, di Limosani ", è assicurato dalla identica titolazione delle rispettive ' cattedrali '. E', vale a dire, possibile che non sia del tutto casuale e fortuita quella circostanza per cui tanto la Chiesa di Cascapera quanto la 'Cattedrale' di Limosano fossero entrambe dedicate a S. Maria Maggiore . La fase avanzata, se non proprio terminale, cui era pervenuta la vicenda di scontro e di lotta intestina, che nei secoli XII e XIII vive la ' diocesi ' limosanese, suggerisce di assegnare alla costruzione originaria dell'edificio della " maior ecclesia Limosani episcopatus " una datazione sicuramente anteriore, e di parecchio, a tale periodo. Più di un testimone del ' Processus ', del resto, riferisce " di aver visto il Clero dello predetta Terra di Limosano, ossia i Chierici di S. Stefano (nota: che evidentemente già esisteva), di S. Paolo (nota: di questa antica Chiesa limosanese, situata forse là dove poi verrà posizionato il Monastero, che fu dapprima di S. Pietro, successivamente di S. Pietro Celestino e, da ultimo, di S. Maria della Libera, non è stata trovata nessuna altra notizia) e delle altre Cappelle di quella Terra processionalmente recarsi alla Chiesa di Santa Maria, specie nelle feste della Vergine, ad officiare e rendervi onore... e di aver visto il popolo di detta Terra andare a tale Chiesa per ascoltarvi i 'divina officia' ed onorarla come la più importante e la Chiesa Vescovile ". E, dicono sempre i documenti, già allora la festa principale era quella di metà agosto. Che sin dall'inizio sia stata essa la 'Cattedrale' lo conferma una lunghissima tradizione. Ed, eccettuato qualche periodo breve e mai determinabile con certezza e precisione, in cui il contrasto e la rivendica della preminenza si vissero particolarmente accesi ed insanabili, essa sempre tale è rimasta. Una sicura conferma a tutto ciò (ed il documento è del 1571) viene dal "Liber magnus in quo de mandato Ill.mi, et Rev.mi Jacobi Sabelli Archiepiscopi Beneventani, adnotatur nomina, et cognomina Baptizatorum et confirmatorum hujus olim Episcopalis, nunc Archipresbyteralis et Parochialis ecclesie Sancte Marie de Limosano ,..." 67 . Quanto all'epoca della primitiva costruzione, una descrizione (prima metà del XX secolo) dei beni demaniali del Comune di Limosano, che sulla stessa esercita un " antico possesso ", indicava che la " Chiesa di S. Maria sita in Via Municipio " era una " Chiesa ad una navata abbastanza vasta ed in buone condizioni. La sua costruzione risale ad oltre un millennio "68 .

67 APL (= Archivio Parrocchiale di Limosano), Libro dei Battezzati del 1571. "Libro grande, nel quale per disposizione dell'Illustrissimo e Reverendissimo Giacomo Savelli, Arcivescovo di Benevento, si annotano i nomi ed i cognomi dei Battezzati e dei Cresimati di questa Chiesa di Santa Maria di Limosano, una volta Vescovile, ora Arcipretale e Parrocchiale...". Dall'Archivio Parrocchiale di Limosano, ricco di documenti assai interessanti e 'sicuri', anche se mal conservati, e per la cui consultazione siamo grati e riconoscenti al Parroco, Sac. COLAVITA Mario, abbiamo attinto, come si vedrà in prosieguo, a piene mani. Al solo scopo di non appesantire il lavoro, limiteremo all'indispensabile la citazione di documenti in esso conservati. 68 ASCL (= Archivio Storico Comune di Limosano), B. 23, f. 122. Il documento è databile intorno al 1935 ca.

43 Portale della Chiesa di S. Maria Maggiore (ora, del Rosario) così come risulta dal rifacimento del 1755.

La tipologia della costruzione, con particolare riferimento alla sua architettura negativa che, nonostante sia poco visibile e, perciò stesso, venga scarsamente considerata, pure significativamente la caratterizza; il singolare posizionamento dell'edificio, ricavato e scavato nel tufo; e la sua esposizione verso oriente, tipica del periodo alto medievale; sono tutti elementi che portano ad assegnare la datazione della originaria fabbrica, al più tardi, ad un periodo di tempo tra la fine del secolo VIII e l'inizio del successivo. Molti elementi (tra essi la possibilità di posizionare l’altare maggiore proprio sopra la sottostante tomba dei vescovi e, maggiormente, sopra la cripta), infatti, fanno ritenere che la fabbrica originaria fosse costituita dalla sola navata laterale (o ex Congrega del Rosario). All'ipotesi di assegnare a tale periodo la costruzione della Cattedrale porta anche la data, il 774, dell'invio dei cortisani e dei baccari mandati dal neo-Principe Arechi in " finibus Biffernensis ", il cui nucleo maggiore, almeno nel numero, si stabilisce ed organizza il proprio 'villaggio ' in Musane , dove vengono a confluire anche i pochi residuali abitanti di quella Tifernum , situata a Cascapera, che, già in fase di grande decadenza, in questo momento

44 storico viene abbandonata (Fagifulae è scomparsa già da qualche tempo) per diventare ora e così l' antico vescovado della destrutta città . Ed, anche se, oltre a quelle di natura 'storica', più di una ragione (la particolare localizzazione più ' a valle ' rispetto alla quasi totalità dell'abitato e la presenza di cunicoli collegati alla struttura) rende proponibile l'ipotesi che un luogo di culto, riferibile forse alla sola sua parte negativa , vi situasse sin dal periodo paleo-cristiano, l'analisi stessa dei materiali, tra i quali i non pochi "reperti sparsi e che non è agevole collocare in un organico quadro", impiegati e più volte successivamente re-impiegati senza logica alcuna, porta a collocare ad un periodo non più tardi dell'VIII secolo la data della prima costruzione dell'edificio. Anche se non è affatto da escludere che vi sia esistito da epoca di molto più antica un riferimento di aggregazione religiosa, che, poi e sino alla unificazione delle parrocchie, storicamente vivrà della contrapposizione alla zona più alta e più 'nuova' (da ultimo, quella più ricca) del paese, per i non pochi 'abitatori' delle grotte poste nell'attuale zona delle 'fucine'. "La presenza di pietre decorate a rosette è abbastanza ricorrente: si vedano per esempio quelle del campanile di Morrone e quelle di S. Maria di Canneto, dove (e proprio come alla Chiesa di S. Maria di Limosano) sono appunto ' eleganti rosette carolingie... insieme a decorazioni floreali, zoomorfe e geometriche, incise con un piglio ingenuo ma non privo di spirito ' in uso nel Beneventano già dall'VIII-XI secolo. (Per i due indicati edifici) molto frequenti sono anche (i) rilievi zoomorfi ed astratti mentre non così usuali sono le bugne (= " pietre lavorate sporgenti da un muro "), pare simbolo di fertilità, che invece abbondano a Limosano "69 . Il riferimento a tipiche simbologie 'pagane', ed in modo particolare alla fertilità, farebbe pensare ad un re-impiego, nella 'costruzione' dell'VIII secolo (si noti che una conferma a tale ipotesi di datazione viene, oltre che dalla particolarità delle ' rosette carolingie ', anche dalla notevole analogia con lo stile architettonico contemporaneamente ' in uso nel Beneventano '), dei materiali provenienti da una struttura più antica. Così è da questo preciso momento che nel territorio della media valle del Biferno risulta spostata l'emergenza insediamentale di maggior significato. Ed, insieme ad essa, anche il vescovado , inteso sia come istituzione religioso-politica, che, però e come tale, mantiene la sua continuità col passato, che come edificio, viene in questo modo e proprio in questo periodo storico ad essere ri-posizionato e ri-costruito nel nuovo (nella massa tufacea, tuttavia e proprio perché molto friabile, è assai probabile che talune abitazioni, la cui esistenza è documentata sino ai primi anni del XX secolo, vi fossero state ricavate già da diversi secoli) insediamento di Musane .

69 MARINO L., La Cattedrale di S. Maria di Limosano, in AM 1981, pag. 255 e segg. Di notevole interesse, per la puntuale analisi tecnica e strutturale del complesso architettonico, l'articolo del Marino, il quale prende sia la citazione evidenziata che il riferimento alle caratteristiche ' beneventane ' da ROTILI M., La Diocesi di Benevento, Corpus della scultura medioevale, V, Spoleto 1966.

45 Particolare della ‘cripta’ della Chiesa di S. Maria Maggiore (ora, del Rosario).

Del corpo originario della fabbrica assai probabilmente altro non rimane che il solo perimetro della base, parte, quella negativa , della struttura architettonica e, forse, la interessante cripta. L'edificio esterno è stato sicuramente toccato dai "molti terremoti (che) hanno sconvolto il Molise nel corso della storia. Il primo (nota: ma si veda, per i precedenti, il paragrafo 1.2) di cui si ha memoria è quello dell'anno 847; un altro più terribile, che distrusse Boiano, si ebbe nell'853; un terzo terremoto, quello del 1294, distrusse completamente una seconda volta Boiano, che, riedificata, rovinò nuovamente col terremoto del 1305. Molti altri paesi del Sannio, tra cui Venafro e Isernia, furono distrutti dal terremoto del 9 settembre 1349 ed altri ancora, come Limosano, , Casacalenda da quello del 5 dicembre 1456. Il terremoto del 1688 ancora una volta colpì Isernia e Sassinoro. Altre scosse, spesse e forti, si ebbero negli anni 1789-1794. Poi il mostro sotterraneo provocò un vero cataclisma il 26 luglio 1805" 70 . In occasione dei diversi interventi, pochi finalizzati al lavoro di ripristino dopo i danni provocati da quei tristi eventi e molti, assai frequenti, tesi alla manutenzione, più o meno ordinaria, ed al restauro 71 , venivano per necessità re-impiegati anche i materiali originari; in

70 TESTA E., Campolieto e le sue Chiese, Ripalimosani 1986, pag. 40. 71 Dall' INSTRUMENTUM Conventionis pro rifactione S. Marie Maioris hujus Terre per M(agist).rum Nicandrum Passarelli Terre Alfedene (v. ASC, Protocolli Notarili, Notaio CORVINELLI Melchise di Limosano) del 10 Novembre 1768 sappiamo le modalità circa l'affidamento e lo svolgimento dei lavori relativi ad un intervento restaurativo. Nonostante alcuni lavori fossero stati, come lascia intendere la data (1755) incisa sul portale in pietra, effettuati solo da pochi anni, "ritrovandosi la Chiesa Madre sotto il titolo di Santa Maria Maggiore... da molto tempo in uno stato rovinoso,..., nella scorsa S. Visita Monsignor Vicario Generale di Benevento ne diede le premure per il riattamento...". L'Università, con gli eletti ed il Sindico Franc.o di Donato Greco, la quale partecipa con 50

46 maniera del tutto disorganica però ed, almeno apparentemente, priva di disegno logico. Tutto ciò perché le progettazioni e le direzioni dei lavori, specialmente se riferite ai soli interventi documentati, risultano essere quasi sempre opera, più che di personale qualificato, dell'ingegno e dell'estro di 'mastri fabbricatori', che, per quanto competenti, avevano le sole conoscenze che portarono al ridimensionamento del pregio artistico della fabbrica. La durata del singolo intervento, solitamente di alcuni anni, era parecchio condizionata dalle difficoltà, collegate alle fasi di regresso o di espansione demografica, di reperire nel ristretto ambito della sola Universitas le risorse necessarie a finanziarlo e nulla dalle lungaggini burocratiche, recenti ed esclusivo frutto della democrazia verticale. Se, poi, si rendeva necessario intervenire contemporaneamente su più di un edificio di interesse comunitario, quelle difficoltà crescevano a dismisura ed i tempi, allora, diventavano davvero biblici. Come nel caso della ricostruzione dopo il sisma del 1456, che, come indicano la data del 156_ di una "iscrizzione antica intagliata" (v. paragrafo seguente) nella Chiesa di S. Stefano e quella del 1576 ancora visibile su un concio del campanile di S. Maria, dura abbondantemente oltre il secolo. Pur se "non si ha memoria della sua fondatione per esser antichissima", l'Arcipretale Chiesa "sotto il tit.o di S. Maria Maggiore", almeno sino alla metà del XVIII secolo 72 , periodo per il ducati annui (che andavano a sostituire il compenso per il Predicatore della Quaresima), il Mag(nific).o Cosmo Marcantonio Economo della Ven.le Cappella del SS.mo Rosario, che darà 30 ducati annui, ed il Mag.co Francesco Ricciuto Amm.re della Ven.le Cappella del SS.mo Sacramento, la quale verserà 12 ducati annui, "nec non il Mag.co Notar Michele Jamonaco deputato eletto, e designato da cittadini in publico parlamento per la caosa..., e Mag.co Cosmo Sebastiano parimente deputato designato", stipulano l' instrumentum con il Passarelli, il quale, da parte sua, si obbligava di: 1) - fare la fabrica di essa chiesa con tutta la matura attenzione in ragione di carlini 5 la canna; 2) - fare le lamie, o siano volte, fatte a crociera... in ragione di carlini 7. e mezzo la canna; 3) - fare nella facciata di avanti di essa Chiesa un Fenestrone di pietre lavorate; 4) - fare la covertina di essa Chiesa in ragione di carlini 4 la canna ed esser tenuto esso medesimo tirarsi sopra tutti i Travi, Tavole, Embrici, o siano Coppi; 5) - fare l'ossatura del cornicione (con altri lavori di finitura) di entro della Chiesa a grana 5 la canna; 6) - fare le lamie e fabriche sottane del pavimento della Chiesa in ragione di carlini 4 la canna; 7) - fare un Cornicione, o sia Frontespizio di pietre lavorate avanti le muraglia di detta Chiesa, secondo il modello, o sia disegno per esso fatto,... che presso del Mag.co Not. Jamonaco Deputato presentemente si conserva,..., il tutto per ducati 35; 8) - fare entro le pertinenze di detta Terra una Calcara a sue spese (ma l'Università dovrà fornire tutta la legna occorrente), per la calce che sarà necessaria; 9) - rendere perfetta e compita (con la garanzia di anni 3) la detta chiesa; 10) - tenere a conto suo tutti gli uomini, e donne che saranno necessarj per li manipoli di detta fabrica, quanto per fare li Calcinari, quanto per portare pietre, acqua, calce, legnami,...; 11) - dare tutta l'intiera opera per ferma, perfetta, stabile e valida per lo spazio di anni 6. 72 ASC, Protocolli Notarili, Notaio Petrone Giuseppe di Montagano. " Oggi primo di Gennaro dell'anno Mille settecento cinquanta due nella Terra olim Città di Limosano... Ad istanza, e richiesta fattaci per parte del M.to Rev.do Sig.r D. Carmine Credico della Terra di S. Giovanni in Galdo, al presente Arciprete dell'Arcipretal Chiesa, sotto il titolo di S. Maria Maggiore, fù Cattedrale di detta Terra olim Città di Limosani, ci siamo... personalmente conferiti in d.a Arcipretal Chiesa fù Cattedrale di S. Maria Maggiore oggi dell'Assunta, sita, e posta dentro detta Terra, e proprio nel luogo detto la Piazza di S. Maria, dove gionti, ed entrati in essa, e proprio davanti l'Altare Maggiore, dove s'adora il Venerabile S.mo Sacramento dell'eucarestia. abbiamo ritrovati il d.o M.to Rev.do Sig.r D. Carmine Arciprete Credico seduto nella sua sedia concionatoria, vestito con zimarra, Cotta e stola Arcipretale, ed a mano destra di esso il Rev.do D. Cosmo d'Addario, a mano sinistra il Rev.do Sig.r D. Pietro Gravini, ed altri Sacerdoti di d.a Chiesa Arcipretale fù Cattedrale, tutti seduti, e vestiti con zimarra, e Cotta, con assistenza, e presenza di più e diversi Sig.ri Galantuomini, e Persone civile del Paese, ed altri Uomini, e donne di d.a Terra olim Città di Limosani. Il d.o Rev.do Sig.r D. Carmine Arciprete Credico ave asserito, e dichiarato avanti di noi, come avendo ritrovato sin dall'anno 1742, che pigliò la carica di detta sua Arcipretale Chiesa la medesima molto rovinata in ogni parte delle Muraglie per la sua antichità, ed avendo cercato di riparare alle molte lesione delle muraglie, accomodato il tetto, e risarcito il Pavimento in ogn'anno con molta spesa, ed interesse, nulla però il tutto si

47 quale è possibile documentare un intervento con qualche leggera modifica alla struttura dell'edificio, ebbe una organizzazione architettonica diversa, anche se non di molto, dall'attuale. Le differenze più significative ed evidenti erano, come mostra la seguente descrizione del 1712 73 , nella parte inferiore della facciata e nella strutturazione dell'interno. "Si entra in detta Chiesa per due porte, cio è una minore laterale, che riguarda la parte settentrionale, e l'altra porta maggiore che riguarda la parte orientale, l'una, e l'altra composte di Marmo, le gambe in più pezzi, si entra nella grande per 15 gradini di pietra, con atrio avanti, guarnito di tré Colonne di pietra (a) , sopra d'essa vi è un nicchio dove stà dipinta l'Immagine della Assunta, con gli Santi Ludovico Vescovo, e Felippo, e nel muro della facciata di essa porta, nella sommità, stà eretta una Croce di Ferro, ed entrato nella med.a rende vano, e conoscendosi bastentemente tutto ciò da d.o Sig.r Arciprete, che da altri, ha pensato il medesimo di voler fare una spesa per sempre con suo interesse, purche vi concorra il soccorso, ed aggiuto delle Persone benestante, e pietose, e del Popol tutto nel miglior modo, che li spinge la di lor carità, il che riuscendo, ha determinato il detto Sig.r Arciprete non solo di riedificare detta Chiesa Arcipretale di nuovo, ma ben anche allargarla quanto più si può, per renderla più capace al Popolo giacche per esser molto cresciuto, ed avanzato si rende essa Arcipretal Chiesa assai angusta, e precisamente ne giorni sollenni, previo però in omnibus il consenso, assenso, e beneplacito dell'Ill.mo Arcivescovo, e della Rev.ma Curia Arcivescovile di Benevento a tenore de' Sacri Canoni, e Costituzioni Sinodali Diocesane sotto il titolo de Ecclesiis edificandis, et reparandis, e non altrimenti, ne in altro modo. E per maggiormente animare esso Sig.r Arciprete il Popolo devoto ad tal opera di pietà cristiana ha risoluto voler fare donazione irrevocabile inter vivos alla d.a Sua Arcipretal Chiesa di tutte le sue rendite, che per un anno continuo, principiando da oggi sudetto giorno per tutto l'ultimo giorno di Decembre di questo sudetto corrente Anno 1752. (...). Che però detto Sig.r Arciprete D. Carmine Credico ave nominato, e chiamato per Sindico Apostolico il M.co Cosmo Bonadie di questa sud.a Terra olim Città di Limosani presente, il quale Cosmo come Sindico Apostolico abbia, e debbia esiggere per intiero tutte le dette rendite Arcipretale per un Anno intiero come sopra spiegato, ed in d.o Anno debbia sodisfare tutti li pesi forzosi, e del di più tenerli, e spenderli in beneficio della nuova fabrica di d.a Chiesa, e di tutto d.o entroito ed esito... debbia farsene annotamenti ben distinti, e dichiarati per rendersene in fine di dett'Anno chiaro, e lucido conto al Razionale eligendo dal sud.o Sig.r Arciprete, e consignare in potere del suo successore tutto ciò che si ritrovarà in suo potere, e siccome verrà significato ne conti della sua amministrazione, quale successore debbia similmente eliggersi dal medesimo Sig.r Arciprete ". Quanto alle rendite da devolvere per la riparanda Chiesa, erano tutte quelle che "li pervengano, ed in qualsivoglia modo li possano pervenire da d.a Arcipretura sì di decime, tanto prediali, che personali, censi di qualunque sorte, fitti, e terraggi di territorij, augumenti, dritti di stola, di qualunque sorte, offerte, oblazioni nelle sollennità, benedizioni, ed ogni altro, che ad esso Sig.r Arciprete in qualunque maniera, raggione, causa può, e deve spettarlo da d.a Arcipretura... eccetto solo che da dette rendite... se ne debiano sodisfare, e pagare li pesi forzosi, che per d.a Arcipretura si devono tanto alli Rev.di Sacerdoti, e Clero per celebrazione di Messe, ed alle Sacre funzioni, come anco alla Rev.ma Curia di Benevento, ed Ill.mo Monsig.r Arcivescovo per la Sacra Visita, Spoglio, e Cattedratico di d.o Anno, adempimento di decreti, di più si abbia da dette rendite sodisfare il servizio al Sacrestano, compra di candele, ed oglio per la lampada, che bisognano nel corso di un Anno intiero, ed ogn'altro che può occorrere, e necessitare da pagarsi da dette rendite". I lavori, che per la lentezza del Passarelli (v. nota 5) vennero successivamente (15 gennaio 1773) affidati a Giuseppe Calvitto di Pescopennataro, ebbero a durare almeno per un venticinquennio. 73 APL, INVENTARIUM 1712. Trattasi di un documento assai prezioso per la ricostruzione sia della disponibilità fondiaria e patrimoniale delle Istituzioni della Chiesa secolare che della geografia del centro abitato di Limosano. (a) Viene confermato il contenuto dell'Inventario del 1687 (APL), dove si legge che " L'Arcipretal Chiesa di S. Maria Magg.re della Terra di Limosani... è posta, e situata nella Piazza publica della d.a Terra volgarm.te detta la Piazza della Portella (che nell'Inventario del 1712 è detta "lo Codacchio") nel frontespizio della Porta magg.re con gradiata e loggia coperta che va per la publica strada,... ". (b) Nell'Inventario del 1723, che fa quasi sempre riferimento a quello del 1712, tuttavia, si legge: "Solo l'organo à sei registri, che sta à capo della nave picciola di detta Chiesa, di bel lavoro, fatto nuovamente di tavole corniciate, e di fogliami con la sua balaustrata, colorata, è ora nel tutto terminata, e vi si ascende per scale a lumaca, coverta di tavole dipinte ". (c) Trattasi della Confraternita del SS.mo Nome di Gesù.

48 porta, à sinistra, vedesi nella prima colonna una Fonte di pietra per l'acqua Santa: è coverta di pingi, colla sua soffitta di tavole, dipinta con quadri, fatti ad ottangoli. Stà d.a Chiesa (che, come risulta dalla relativa pianta, è larga palmi 87, da nord a sud, e, da est ad ovest, lunga palmi 56) composta à due navi, cioè una grande, ed un'altra piccola, che vengono sostenute da tre pilastri, sopra quali sedono tre nicchi, e la d.a nave piccola è anche dipinta à rose; A capo di essa nave piccola si vede un Organo (b) , di bel lavoro, fatto di Tavole corniciate e di fogliami, nuovo, si come è parimente la Balaustrata ancora colorata per non esser intutto terminata. Si ascende in esso per scala à lumaca, coverta però nuovam.te di tavole, li pareti, così di dentro, come di fuori, sono dealbati, dove si osservano perlume ingrediente, sei finestre, tutte munite con vetriate, oltre quelle sono nel Coro, e

(d) Un confronto con l'Inventario del 1687 proverebbe sensibili modifiche, disposte quasi certamente dal Card. Orsini. In esso, difatti, si legge che " vi sono Altari sei ", e precisamente " L'Altare magg.re è posta nella Nave grande,...; La Venerabil Cappella del SS.mo Nome di Giesù è posta... nella nave destra,...; La Capp.a del SS.mo Rosario Confraternità è situata... nella nave sinistra,...; La Capp.a del Glorioso S. Gio: Batta (la cui statua era stata ' dotata dali Covatta nell'anno 1633 die venti-due del mese di luglio ') è situata... alla nave contigua all'Altare del SS.mo Rosario...; L'Altare della Purificatione della B.B. Vergine (dove era anche ' la statua del S. Ant.o a Padua ') è posta... nella Nave sinistra...; La Cappella di S. Silvestro Papa è situata... nella Nave sinistra nella quale vi è un Capo Altare di sculture soprindorate con colonne del medesimo modo con un quatro con S. Silvestro Papa in mezzo, S. Ludovico Re di franza dalla parte destra, dalla parte sinistra S. Tomaso d'Aquino... ". (e) Quella seguente è la descrizione così come risulta da altra parte dell'inventario. " La Capp.a di S. Silvestro Papa (da tenere distinto dall'omonimo Beneficio semplice) e sita nel mezzo del muro laterale della Nave mag:re quando s'entra in d.a Chiesa Arcip.le in cui si vede dipinto sop.a a tela un quadro dedicato al sud.o glorioso Santo, ed à suoi lati vi sono dipinte l'effiggie di S. Tomaso d'Aquino, e di S. Loduvico Re di francia, e sop.a dello stesso, ve n'e un'altro sop.a à tela piccolo in f.a quadra, ove sta dipinta l'incoronat.ne di N.ra Sig.ra; e alto d.o quadro grande pal: otto, e largo palmi sei, la sua Icona e tutta posta in oro, guarnita di bellissime cornici, com due Colonde rigate, ch'e cinto di balaustrata di legno per un gradino altre il suppedaneo, la Mensa del med.mo e di pietra bianca lavorata ed in tre pezzi ben composta, in mezzo della qual'è locato il suo Tassello, lo Stipite di d.o Alta.e è tutto di fabrica, con i suoi spicoli anco di pietra lavorati, e tiene il suo palliotto avanti. Tiene il gradino della stessa pietra, e sopra d'esso vi sono quattro Candelieri colla Croce di legno lavorati, e colorati di verde, colle sue Tabelle consacre di Gloria, ultimo vangelo, e lavabo; tiene fisso nel muro destro la Credenzola per le Carrafine. La sua festa si sollennizza a 31 X.bre in ogn'anno. Non si ha memoria della sua fondat.e, ben si fu ristaurato, e dotato con peso di messe dalli q.m Don Luigi, e D.n Tomaso Russo come si legge nelle seguenti inscriz.e posta in fronte al gradino delli Candelieri cioe, In honorem S. Silvestri Pape, at q: protettoris familie Russino à Limusano hoc opus restauravit, et decoratum est in hanc formam sumptibus D.ni Aloysii Russo Archip.ri huius Eccl.e S. Marie, et D: Io Thome Sacerdotis et Prothi Ap:i sub die 17: februarij 1650= Cappella hec fuit dotata cum onore Missarum, ut in Tabella ". Viene, poi, riportata ancora una volta l'iscrizione, che si trascrive nella seguente nota (f). (f) " L'Altare della Confraternita del SS.mo Rosario, e locato dentro la Chiesa Arcip.le di S.ta Maria Magg.re nella nave laterale del Corno del Vangelo, dipinto in un quatro sopra a tela colla sua Icona di legno indorata con i ripari a suoi fianchi con profili d'oro, et in essi, vi sono dipinte di buona pittura i quindici Misteri della Beatis.ma Verg.e, et in d.o quadro ch'è alto pal. sei, e largo pal. 3 vi sono dipinte la Beatis.ma Verg.e del Rosario, S. Domenico, S. Pietro martire, S. Caterina Verg.e e S. Caterina di Siena; Si ascende in d.o Altare, cinto di balaustrata di legno, per un gradino oltre il soppedaneo. La Menza del med.o, e dipinta in tre pezzi, ed in mezzo d'essa, vi e il suo Tassello ben lavorato, lo stipite è tutto di fabrica, con i suoi spicoli di pietra, e palliotto avanti. Ha il suo gradino della stessa pietra, e sop.a d'esso vi sono quattro Candelieri di legno lavorati, e posti in'oro, colle sue Tabelle corriacee di gloria In princip.s, et lavabo, ed ha fissa nel muro la Credenzola per le Carrafine. La sua Festa si sollennizza nella prima Dom.ca d'Ottobre in ogni anno. A 29 di Maggio dell'anno 1703 dall'Emo, e Rev.mo Sig.r Cardinal Orsini fu il sud.o Altare sollennem.te consagrato, assieme con quello del glorioso S. Silvestro P.P., come si legge dallo Stromento stipulato in d.o giorno, ed anno,..., rogato per m.o del Sig.re Mons.e Nicolò Coscia Not.o Arcivescovile, e dall'infratta lapide posta nel Corno dell'Epistola dell'Altare sud.o di S. Silvestro del ten.e che siegue Altaria hec duo minora, Alterum in honorem SS.me Virg.s Dei Marie, ac SS. Silvestri P.P. Thome Aquinatis, et Ludovici Regis ac alterum in honorem eiusdem B. Virg.s de Ros.o et SS. Dom.ci Confess. Petri Martyris, Catharine Virg.s et Mart: ac Catharine Senensis soll.i ritu dedicans die XXIX Maij

49 Sagristia. Li pavimenti d'ambedue le d.e navi sono composte di Mattoni, ne quali sono sei sepolture, colle seguenti iscrizzioni cio è, Pro Clero, Pro Confratribus B. V. CHS: (c) Pro Viris, Pro Mulieribus, Pro Parvulis, Pro Confratribus SS.mi Rosarij:= Vicino la porta del Campanile è il Pulpito di legno, dipinto, col capocielo similm.te dipinto, è col suo Crocifisso, ove si ascende per dentro il muro del d.o Campanile. Sono in d.a Chiesa due Sedie confessionali di legno dipinte colle loro lamine forate, Casi riserbati, ed imagini divote. All'entrate della porta magg.re a man destra vi è la fonte battesimale, che tiene il suo ciborio di legno dipinto, è foderato di tela bianca, col suo canopeo di Sangallo stampato, e Sagrario nel pavimento,..., dietro la sud.a Fonte Battesimale, che è posta in una Tribuna sostenuta da due Colonne di gesso, con cancelli avanti, serrati a chiave, vedesi l'imagine dipinta di S. Gio: Battista, battizzante Cristo Sig.r nostro. Vi sono parim.te due Armarij dipinti serrati a chiave posti ne' muri vicino l'Altare magg.re, uno nel Corno del Vangelo, coll'iscrizzione sopra, Oleum infirmorum Foderato di Seta Violacea,..., è l'altro nel Corno dell'Epistola, foderato di Sangallo, ove si conserva una Urna d'ebbano con trenta sette Piastre d'argento adornate, inclusa la Crocetta, nella sommità munita con Cristalli, ove si conservano sette Urne di Vetro, nelle quali sono riposti diverse Reliquie de' Santi, che sono tanto di essa Chiesa, quanto della Parrocchiale di S.n Stefano... Dietro l'Altare magg.re sta il Coro colla sua soffitta dipinta, il quale è lungo palmi 18 , è largo palmi dieci, con sedili di legno, e Finestra dalla parte di Settentrione, munita di vetri; nel pavimento di mattoni vi è nel mezzo fisso un leggio grande con Armariotto sotto.= Dal sudetto Coro s'entra per due gradini nella Sagrestia, la quale è lunga palmi 18 e larga palmi dieci, colla sua soffitta di legno, dipinta, ove sono un'Armario di legno, ben condizionato,... Si vedono sopra d'esso Armario due Statue vecchie della Beatissima Vergine, et in mezzo un Eccehomo di legno;... Nel muro un Armarietto, ove si conservano le scritture della Chiesa; La fonte de pietra per le mani con chiave d'Ottone, e girella di legno contigua per la Tovaglia; Altro legno lungo, fisso nel Muro colli piroli per appendere... Per una porta piccola posta quasi sotto al Pulpito, s'entra in una stantiola, per la quale s'ascende al Campanile per 63 gradini di pietra fatti a lumaca; è alto palmi 72 inc.a coverto a lamia trangolare di Imbrici a quattro senne; e nella sommità viè una Croce di Ferro con gallo di Ramocipro; pendono in esso tre Campane, cio è due piccole, de quali, una serve per l'Orologio di peso rotola 60. inc.a colle seguenti lettere a X d.d. m.= ed altre che non s'intendono, è l'altra di peso Rotola 60. inc.a colle seguenti lettere Ave Maria gratia plena Dominus tecum benedicta tù, Jacobus Francia de Toccia fecit, A D. 1624. ed un'altra grande di peso Cantara undici inc.a colle seguenti lettere Deus Homo factus est et Verbum caro factum est; A fulgure, et Tempestate, Christus nobiscum state: Libera nos D.ne Jesu: Jussu Em.i Cardinalij Orsini Archiep.i Ben.i Ecclesie S.M.Maioris Magister Joannes Angelus Marinelli Civis Agnonis per=fecit: A.D. 1703 + con due effigie della Beatissima Vergine [IHS] [IHS] =. Non si ha però memoria che le sud.e campane piccole fussero mai benedette, la grande però nel 1703, à 26 Ottobre, fu benedetta da Monsig.re Ill'mo Giov: Andrea Moscarelli di Benevento, Vescovo della guardia, per delegatione del sud.o Em.o Sig.r Cardinal' Orsino,... Nella sudetta Chiesa Arcipretale, vi sono tre Altari (d) , che sono li seguenti cioè= Il primo è l'Altare Magg.re, sotto il tit.o di S.a Maria magg.re, nel quale sta esposta una statua della beatissima Verg.e del SS.mo Rosario, col suo Bambino Giesù di rilievo, con Corona d'argento

M.D.CCIII Sacravit Fr. Vincenzius Maria ord.s Pred: Ep.us Tusculanus S.R.E. Cardinalis Ursinus Archiepiscopus, et omnibus Anniversarios hic fund.bus preces centum Indulgentie dies perpetuo concessit La sudetta Cappella, ò Confraternita del SS.mo Rosario... si mantiene colle sue proprie rendite ".

50 in Testa, nuovam.te fatta, ed eccellentem.te sculpita di oncie 14; locata dentro de' un nicchio proporzionato, che sporge dentro al Coro, e ne fianchi d'esso vi sono due Colonne de mediocre grandezza, fatte de' stucco, in tal forma lustre, che paiono de fino marmo, e sono lavorate ad onda, le quali sostengono un architrave anche formato di stucco in fogliame, e puttini, si come è tutta la prospettiva di d.o Altare: tiene una cortina, avanti, di taffettà verde, con protilo, lavorato di seta, lo stipite di d.o Altare è di fabrica con i suoi spicoli di pietra lavorati, e tiene la sua Menza anche di pietra in trè pezzi, e nel mezzo di essa, viè il suo tassello ben composto con due gradini anco di pietra lavorati per i Candelieri, et in mezzo d'essi, è locata una Costodia di legno, indorata,...; si ascende in d.o Altare per tre gradini di pietra, oltre al suppodaneo di legno, e tiene la Balaustrata avanti, di legno, lavorata ad uso di torniti con genuflessorio, vi è nel Corno dell'Epistola la credenzuola di pietra attaccata al muro per le Carrafine. Il Secondo Altare (e) , e posto nel Corno dell'Epistola nella nave magg.re dedicato al Glorioso S.to Silvestro,... Il terzo ed ultimo Altare (f) posto all'incontro dell'antecedente nella nave minore, è dedicato alla Beatissima Verg.e del Rosario,... Per mantenimento di essa Chiesa e riparatione è tenuta l'Università in ogni bisogno, come diffusam.te si legge dall'Istromento della Consagratione, fatta nell'anno 1696, à 15 Agosto, rog.to per m.o del Rev.do Sig.re D.n Francesco Antonio Fini Not.ro Arciv.le,... ". Troppi sono i riferimenti all'opera dell'Orsini, il quale, da titolare della relativa diocesi, tenne per Limosano predilezione ed interesse assai particolari, teso a riaffermare sul suo territorio la visibilità dell'istituzione 'Chiesa'. Ed il lavoro del Cardinale, che affatto nascondeva l'intendo di sopprimere anche quelle devianze più o meno antiche, che non poche furono nell'agro limosanese, si indirizzò non solo alle strutture, ma, e soprattutto, alla riorganizzazione del patrimonio ecclesiastico. Così, e solo così, trova una spiegazione la circostanza per cui il " Benef.o semplice senza cura sotto il tit.o di S. Antonio Abbate (o indifferentemente anche: ' di S. Anton.o de Vienna ')" 74 sia stato "dall'Emo Sig.re Cardinal Orsini Arciv.o nella Visita del 1693 trasferito nella Arcip.le di S.a Maria Maggiore". Così, e solo così, trova una spiegazione il fatto per cui anche " la Chiesa del Benefizio semplice senza cura sotto il tit.o di S. Silvestro , (che) era nelle pertinenze della T.ra de Limusani quasi un miglio distante da essa, situata nella parte setten:le sop.a una Morgia, (si trovi) hoggi in un Mucchio di pietre per esser Demolita d'or:e dell'Emo Sig.re Card:l Arciv.o Ursini in S. Visita dell'anno 1693 . (Essa) è lunga pal: 36: e larga pal. 24:, (ed è) Confinante in tutte le parti (con) li beni di d.o Benef.o". Così, e solo così, si riesce a spiegare, terminata quella prima fase sistemativa che ha il suo culmine nel 1693 e non poco interesserà anche le Confraternite, la compilazione, contemporaneamente alla sistemazione giuridica con la stipula di regolari atti notarili, di quell'imponente ' INVENTARIUM ' del 1712-13, da cui chi vuol fare della 'storia' in modo serio non può in nessun modo prescindere. Pur se delle Confraternite si riferirà più diffusamente altrove, è quì necessario dare uno sguardo sia all'organizzazione delle istituzioni religiose secolari che alla composizione dei rispettivi ingenti patrimoni.

74 A differenza dei benefici senza nessuna specificazione, quelli detti "senza cura (animarum)" e che pagavano il 'cattedratico' si riferivano ad antiche chiese, che un tempo (in epoca alto medioevale) rappresentavano il punto di riferimento spirituale di un insediamento 'minimo'. Del 'Beneficio' di S. Antonio riportiamo la descrizione: "Era situata la Chiesa sotto il tit.o di S. Antonio Abbate nelle pertinenze della sudetta Terra de Limusani, distante da essa quasi un miglio nel luogo dove si dice le Macchie. E' totalm.te diruta, che non si possano ne meno giudicar le sue vestigia. Le sue coherenze sono circum circa i suoi beni".

51 Giuridicamente separati, risultavano però annessi alla Chiesa di S. Maria Maggiore, anche se "della quale anness(ion).e non se ne hà memoria per essere antica ", "li sottoscritti benefizi": 1) il " Benefizio annesso del SS.mo Nome di Giesù ". Esso, oltre ad un "Capitale di doc: dieci" dati a "cenzo" con ipoteca "sopra tutti li suoi beni" a Biaso d'Amico, che "ne corrisponde ogn'anno à 25 Agosto, alla ragione del nove per cento, carlini nove", possedeva "un'orto sito e posto nelle pertinenze di questa Terra, nel luogo dove si dice la Via Cupa di cap.a tt.a due. e m.re quattro", che "si tiene in affitto da Pietro Piciucco, e Franc.o Gravino, ò Gabrino, e pagano ogn'anno à 25 Agosto carli(ni) dieciotto" 75 . Era ad esso collegata la omonima 'Confraternita', che sembra essere stata la più antica. 2) il " Benefizio annesso di S. L (e) onardo ". Teneva "un Territ.o Seminat.o con piedi di Cerque, in mezzo del quale vi stà la Chiesa diruta , sotto il medesimo titolo di S. Lonardo , di capacità tt.a trentasei, m.re cinque, e passi 27,...; le Coerenze del quale Territorio sono, dalla parte di Levante, il fiume Biferno, dalla parte di Ponente, li beni della Cappella del SS.mo Corpo di Cristo, da Tramontana, il Vallone, e dalla parte di mezzo giorno, la via publica; Si tiene in affitto per tre anni da Antonio, e Lonardo Russo, e pagano à 25 Agosto tt.a quattro di grano" 76 . Il tutto era ad un centinaio di metri dall'antico 'ponte' sul Biferno. 3) il " Benefizio annesso di S. Bartolomeo ". Possedeva "un Territ.o sito, e posto nel luogo dove si dice Peschio Martino di cap.a tt.a diecenove, e misure otto. Le Coerenze del sud.o Territ.o sono, dalla parte di Levante, li beni dell'Università, dalla parte di Ponente, la via publica, dalla parte di Tramontana, li beni dello Spedale e di S. Maria de Libera, e dalla parte di mezzo giorno, li beni di d.a Università, mediante il Vallongello. Si dà a terraggio d'ogni dieci uno; può rendere un'anno per l'altro tt. 2 e 2 quarti". Era, probabilmente, quel che restava dell'antico Monastero di S. Martino. 4) il " Benefizio annesso di S. Giusta ". Disponeva di "un Territ.o posto nel luogo dove si dice S.ta Giusta (altrove: ' Le Macchie ') di cap.a tt.a quattordici, misure sette, e passi quattordici,... Le Coerenze del sudetto Territorio sono, dalla parte di Levante, li beni di essa (S. Maria) Chiesa, dalla parte di Ponente, il Vallone, dalla parte di Tramontana, li beni di S. Maria di Maiella e li beni di d.a Chiesa Arcipretale di S. Maria, e dalla parte di mezzo giorno, la via pub.a. Si dà a terraggio d'ogni otto uno, ed un'anno per l'altro può rendere di terragg.o tt.a due e mezzo di grano". 5) il " Benefizio annesso di S. Giovanni della Serra ". Era proprietario di terreni, per metà circa a 'vigna' e per la parte restante a 'seminatorio', per complessivi tt.a 10, misure 11 e passi 26; i beni, siti "nel luogo dove si dice La Serra di S. Giovanni ", date le due vigne "in emphiteusim a 29 anni" ed il seminatorio "a terraggio", potevano fruttare 14 carlini, in valuta, e tre 'quarti', in grano. 6) il " Benefizio annesso di S. Pietro ". Possedeva "un Territorio sito... nel luogo dove si dice la Serra di S. Pietro di cap.a tt.a diece,... Le Coerenze del qual Territorio sono, dalla parte di Levante, li beni della Chiesa Parrocchiale di S. Stefano, dalla parte di Ponente e Tramontana, la via pub.a, e dalla parte di mezzo giorno, la via vicinale. Si da à terraggio di ogni tt.a otto uno, che un'anno per l'altro può rendere tt.a due ed un quarto di grano". Potrebbe essere riferito all'antico Monastero di S. Pietro "de Maccla bona", che situava alle 'Lame di S. Pietro'. 7) il " Benef.o semplice senza cura (animarum) sotto il tit.o di S. Antonio Abbate ( o, indifferentemente, "sotto il tit.o di S. Antonio de Vienna ")". Intorno al la Chiesa , " distante dalla Terra de Limusani quasi un miglio nel luogo dove si dice le Macchie , e totalm.te diruta , che non si possano ne meno giudicar le sue vestigia", possedeva "un Terit.o... di cap.a tt.o

75 Era quello del 25 Agosto il giorno in cui si riscuotevano i debiti derivanti dagli affitti, dai censi e da ogni altra obbligazione, contrattuale e non, di natura finanziaria e fondiaria. 76 Veramente notevole la 'pianta', dalla quale, oltre alle misure della 'chiesa', che risultava essere di palmi 38 x 18, sappiamo che il 'ponte' sul Biferno era a tre arcate.

52 uno, e m.re otto. Le Coerenze del qual Territ.o sono li beni della Menza Arcip.le da tutte le parti. Si tiene in affitto per tre anni da Gius.e di Luca e paga in ogn'anno a 25 Agosto grana dieci". Il 'beneficio', che, pur "senza cura", ancora pagava il 'catted(ratic).o', e nella misura di solo un grano, risultava dal 1693 annesso alla Chiesa di S. Maria. 8) il " Benef.o semplice senza cura (animarum) sotto il tit.o di ? ? ? ". Anche se di esso, a causa delle evidenti abrasioni anche sulla 'pianta', non è possibile indicare con certezza né la titolazione, né la localizzazione e tantomeno la consistenza patrimoniale, molti elementi indiretti ed i riferimenti dell'inventario del 1723 portano ad identificarlo con il Monastero di "S. Illuminata ". Nel mezzo di "un Territ.o" sufficientemente esteso (tanto che "a terragg.o d'ogni dieci uno puo rendere un tt.o di g.no") e "le coerenze del qual Territ.o sono, dalle parte di Levante, li beni della Chiesa Parr.le di S. Stef.o, da Ponente, li beni dell'Uni.tà, da mezzo giorno, li beni della med.ma Ch.a Parr.le di S. Stefano, e dalla parte di Tram.a, la via pu.a", "la Chiesa sotto il tit.o _ _ _ era situata nelle pertinenze de Limusani poco distante da d.a Terra verso la parte occidentale , qual distanza importera da 500 passi ;... la quale vedesi pr.ntemente diruta con alcune reliquie di muraglia indicante esser stata Chiesa ; nell'anno 169_ nella prima S. Visita unita alla Chiesa Arcip.le dall'Emo e Rev:mo Sig.re Cardinal Orsino Arcivescovo ". Anche tale 'beneficio' pagava, nella misura di 20 carlini, il 'cattedratico' alla Mensa Arcivescovile di Benevento. 9) la " Cappella sotto il tit.o di S. Silvestro Papa ". Era "ab immemorabile annessa et eretta dentro la Chiesa Ar.ple de Limusani" e, dopo la restaurazione del 1650 (v. la nota 7e anche per la sua descrizione), Don Tomaso Russo, "nell'anno 1651, à 13 Genn.o", e Don Luigi Russo, "a 25 Marzo 1658", con 'legati pii' ne incrementarono il patrimonio, che, nel 1712, risultava formato: da sette immobili, quasi tutti situati a " la piazza delli Fucini ", da una diecina di pezzi tra orti, vigne e territori, estesi per tomoli 32 e 3 misure e da capitali per 106,50 ducati, 'impiegati' a mutuo ad un interesse medio del 7,687%. Tutti i beni risultavano investiti e portavano 'frutti' per 22:46 ducati annui. A riprova che anche a Limosano, ma il fenomeno era generalizzato, il patrimonio, meno l'edilizio e di più il fondiario, quasi mai rientrasse nel disponibile del conduttore diretto, va registrato il fatto, e lo si è visto, che tra i confinanti dei beni delle istituzioni religiose sono rari i proprietari 'privati'. Più complessa ed assai composita l'aggregazione del patrimonio "della Chiesa Arcip.le della Terra di Limosani sotto il tit.o di S. Maria mag.re". Oltre alla Chiesa vera e propria, essa possedeva una " Casa Arcipretale ", che, lunga 33 palmi e larga 26 77 , "è posta nel luogo dove si nomina la piazza delle botteghe , consistente in cinque membri, cioè tre, uno Superiore all'Altro, ed una Cucina, e nella Stanza infima vi stà la grotta,...; qual Casa sta per uso della propria habitatione del ordinario Sig.re Arciprete". Disponeva di un " Cemiteo ", che, lungo "pal. 36 e largo pal. 24", situava " à piè della sud.a Terra, lontano da essa passi venticinque inc.a, vicino la Chiesa di S. Maria de Libera, grancia de Padri Celestini di Campobasso, che riguardava la parte di mezzo giorno; a capo di esso vi è un'arco in mezzo del quale vedesi una Croce di legno, ove sono tanti ossi di Defunti; la sua porta è di legno di pioppo, nella quale vi sono alcuni buchi grandi, per l'adoratione. Fu dall'Emo e Rev.mo Sig.re Cardinal Arcivescovo Orsini benedetto nell'anno 1693, come per Stromento rogato (per) il Sig.re D.n Giacomo Antonio Mussi Not.re Arcivescovile à 8 Luglio: le sue coerenze sono dalla parte di dietro li beni dello Spedale di

77 Il 'palmo' era una misura lineare di cm. 26,45 circa. Delle misure di superficie, il 'tomolo' era quella più significativa. Esso, un quadrato di 30 passi (il passo era di 7 o, in qualche 'Terra', di 8 palmi), a Limosano era di 2688 m.quadrati ed era corrispondente alla superficie che poteva essere seminata con un tomolo (= circa 48 Kg.) di semente. Un tomolo era formato da 16 'misure'. Il vigneto, invece, si misurava a 'trentali'; ogni 'trentale' era un quadrato con lato di 120 palmi (o mt. 31,74) e, quindi, corrispondeva a circa 1008 m.quadrati.

53 d.a Terra, da due lati la via pu.ca, ed avanti con il largo. Nel medesimo giorno della sud.a benedittione, lo stesso Emo Arciv.o concedette l'Indulgenze, come il tutto si legge in un lapide, posta sopra la porta di d.o Cemiteo, del tenor seguente : L'Emo Orsini à di VIII di Luglio M.D.C.X.C.I.I.I. Benedisse sollennem.te questo Cemiteo, e concedette in perpetuo à fedeli, che qui oreranno per gli defunti, in esso sepelliti nel dì della commemoratione de Morti e sua Ottava cento giorni d'Indulgenza: In altri dì una quarantana, un'altra à chi la monderà, è due à chi farà limosina a tal'effetto "78 . Oltre che di alcune case, aveva la proprietà anche di un paio di "grotte". Di quest'ultime una, " posta in d.a Terra, nel luogo, dove si dice lo Trappeto , lunga pal. 24, e larga pal. 22; si tiene dal Sig.re Marchese di d.a Terra à tit.o d'affitto corrente. e paga in ogn'anno à 25 Agosto carlini due" 79 , e la seconda "Grotta, o vero Cantina, posta nel luogo, dove si dice li Tufi di lungh. pal. 18 e 2/3 e larga pal. 19 e 1/2", venne "ritrovata doppo terminato l'Inventario". Per curiosità si dice che il " furno Marchesale " situava "nel luogo dove si dice la Piazza di Natale". La proprietà fondiaria, non omogeneamente sparsa ed estesa per circa 861 tomoli ed 8 misure, era formata da appezzamenti di varia grandezza (si va dal modesto "orto" di poche 'misure', quasi sempre nelle vicinanze dell'abitato, al vasto "territorio con piedi di cerque" di molti tomoli) ed a diversa destinazione. E' prevalente il "seminatorio", che è stimabile intorno al 75% del totale, ma vi è presente anche, oltre alla "vigna", valutabile intorno al 10% circa, il boscoso e l'incolto. Per conoscere sia i diversi tipi di contratti e sia le modalità di impiego di un patrimonio tanto consistente, si riporta la "somma di tutti li frutti", che se ne potevano ritrarre.

- Per Case ad anno corrente 3:70 - Per Case à 29 anni 0:95 - Per Vigne ad anno corrente 0:60 - Per Vigne à 29 anni 21:50 - Per Vigne à 29 anni in grano tt.a uno e 3/4 à carlini 8 il tt.o 1:40 - Per Territorij à 29 anni 1:70 - Per Territorij à 29 anni in grano tre quarti à carl: otto 0:60 - Per Territorio à terraggio tt.a ciento, e dieci alla sud.a raggione 80 88:00 - Per vendite d'olive de sud.i Terr.ij 1:00 - Per vendita di Cerque 0:80 - Per Pagliaro ad anno corrente 0:15 - Per Territ.ij in demanio grano tt.a 12, e m.re 9 à d.a raggione 10:05 - Per Orti ad anno corrente 1:60 - Per Orto in demanio 0:30 - Per Cantina in demanio 1:00 - Rendite perpetue 0:30 - Rendite di diversa natura dai "Benefizi" 13:70

78 Di questo cimitero, che, caso assai raro per i tempi, situava già 'fuori delle mura' e, precisamente, davanti al piazzale di S. Maria della Libera, ben poche, se non nulle, sono le altre notizie. 79 Il 'trappeto', attivo e sempre in quella 'grotta' che affacciava sulla cosiddetta 'strada del trappeto', nel catasto del 1816 (v. ASCL) figurava, anche se se ne ignora la data del passaggio, nella proprietà del Marchese. E, così posizionato, era ancora funzionante nel 1898, quando, il 24 dicembre, vi morirono due persone schiacciate da un macigno, che, staccatosi dal tufo soprastante, vi cadde sopra. La 'disgrazia', molto probabilmente, ne provocò la definitiva chiusura. 80 Per il terreno dato "a terraggio", il conduttore, a raccolto ultimato, doveva versare al proprietario una parte su otto (o una su dieci) del prodotto ottenuto. Il diverso trattamento dipendeva dalla distanza del cespite, minore o maggiore di un miglio e mezzo, dall’abitato.

54 - Per decima, alla misura di Benevento, in grano 81 38:36 - Per decima in Orzo tt:a 13, 4 misure ed 1/5 à carlini 4 il tt.o 5:31 - Per decima in denaro 14:87 - Per emolumenti di Stola 82 20:17 La " somma di tutti li frutti " ammonta a Ducati 226:06

Ne è venuto fuori un quadro fatto solo di schizzi, a tratti appena abbozzato e che non consente di cogliere che solo pochi aspetti, e statici, di una realtà caratterizzata dalla crudezza e dalla essenzialità. Da essa, in cui reazioni al condizionamento del religioso sul sociale hanno, però, già iniziato a mettere in discussione il profondo senso del comunitarismo partecipato, stanno partendo quei processi storici, che, per strade diverse e nel lungo periodo, sfoceranno nell'individualismo delle democrazie verticali. Per manutenzioni e riparazioni, che ne ridimensionarono ruolo e 'pregio' artistico, alla fabbrica della Chiesa si intervenne nel tempo con lavori finanziati dapprima dal generoso spontaneismo della 'Universitas civium', che mise a disposizione, sempre e secondo la possibilità di ognuno, mezzi e forza lavoro, e, poi, da un potere democratico così accentrato da sopprimere, con le difficoltà e le lungaggini burocratiche, tutte le scelte partecipative. La facciata, definita superiormente da un frontone basso il cui timpano è arricchito da un festone ricurvo a forte rilievo e caratterizzata da un austero finestrone e da una croce in pietra, è, così come provano le lettere incise sul rigoroso portale 83 , databile ai primi anni della seconda metà del '700, periodo, nel quale è documentabile un discreto intervento voluto dall'Arciprete Angelilli. Nel secolo seguente i guasti, cui non fu estraneo il sisma del 26 luglio 1805, all'edificio della Chiesa si erano fatti di nuovo assai ingenti se è vero che "debbono ripararsi i due muri laterali

81 " La sudetta Chiesa Arcipretale esigge le Decime per antica ed immemorabile consuetudine nel seguente modo. - Per cadaun bove due tomola di grano, e mezzo tt.o d'orzo, alla misura di Benevento. - Per cadaun giovenco la mettà di detto grano ed orzo. - Per cadaun capo fuoco artista (gli 'artisti' erano "num. diecessette") carlini tre. - Per cadaun capo fuoco non artista ("non artisti num. quaranta sei") carlini due. - Per cadauna Donna vedova ("vedove n. sette") grani cinque. Se pure accadesse che venisse qual che famiglia à fare abitazione nell'anted.a Terra di Limusani, deve pagar la decima à questa Chiesa, e non alla Parrocchiale di S: Stefano, è per essere in essa T.ra due Chiese curate, le q.li non formano distretto, ò rione, che tra esse vi fosse distinzione, sono però divise in famiglie, e quelle che sono sottomesse a questa Chiesa Arcip.le sono le seguenti" famiglie (e dei rispettivi 'capi fuoco' vengono riportati i cognomi) n° 33 e Case n. 92. 82 Riportiamo, per curiosità e per capire antiche costumanze, alcuni di tali 'emolumenti': - Per ogni Battesimo una Cannela, e pure due grani ; - Per ogni benediz.e post partum un'altra cannela o due grani ; - Per l'aspersione dell'Acqua Santa nelle Case in d.o giorno (sabato santo) ... ovi n° sessanta ; - Per ogni processo, che si fa per l'ordinando (sacerdote) carlini dieci ; - Per ogni Matrimonio esigge come siegue : - per li pubblicationi esigge una gallina - per la Fede - per la Messa - per il Fazzoletto - per le due candele - Per ogni Defunto d'un anno carlini cinque, e mezza libera di cera ; - Per ogni Defunto sino alli sette anni inclusive carl: sette, e mezza libera di cera ; - Per ogni Defunto, da ott'anni in sù inclusive carl. venti e lib: tre di cera . Esistevano, inoltre, molti altri complicati 'diritti Parrocchiali', stabiliti dai "Decreti dell'Esequie". 83 L'iscrizione, su due righi, è la seguente: A. M. D. G. DILEXIT DECOREM DOMUS TUAE FP AN. AD ANGELILLI ARCHIP. LIMUSANOR A.N.R.S. MDCCLV

55 cadenti con un altare, non che il muro del Coro anche cadente". E la burocrazia del nuovo sistema centralizzato, portato dai 'francesi', contribuiva da parte sua ad aggravare la situazione; tanto che, dopo circa un trentennio, "i due muri laterali nella Chiesa di S. Maria Maggiore sono aperti, e strapiombati, per cui le piogge penetrano dentro la Chiesa sudetta; egualmente accade nel muro del Coro, non che sull'altare, che è interdetto per le piogge, che vi cadono sopra, essendone perciò distaccato tutto l'intonaco" 84 . E, nel 1865, si rendevano ancora necessari "urgenti accomodi da eseguirsi in questo Campanile della Chiesa matrice di S. Maria" 85 . Ma la unificazione, nel 1809, delle due parrocchie limosanesi 86 e la conseguente scelta, che veniva da lontano, di privilegiare la Chiesa di S. Stefano avevano, già e di molto, ridimensionato il ruolo della " olim Episcopalis, et nunc Archipresbyteralis et Parochialis ecclesie Sancte Marie de Limosano ". Nel 1928 si eseguirono "lavori alla covertina alla chiesa di Santa Maria" e tinteggiatura per complessive L. 1786,00. E dal preventivo, del 31 Maggio 1931, "per modifiche e restauri nella Chiesa di S.ta Maria in Limosano", redatto da Carmine Antonio Pollice di Limosano, risultano necessari i seguenti lavori per complessive L. 11.876,00. - Pavimentazione dell'area compresa nella nave, portico orchestrale, abside e spazio tra gli intercoloni, con piastrelle di cemento tipo marmette su massetto idraulico; - Gradino in marmo sulla linea della balaustra; - Balaustra in legno con colonnine tornite base e davanzali a cassero; - Spostamento dell'Altare maggiore con rimpiazzo di elementi in marmo; - Pietra di taglio per base colonne: - Dado gravinato, cornice cesellata con doppio toro e listello, scorza e guscio; - Dado gravinato, cornice con toro e listello più guscio. I lavori descritti si fecero; e, come quelli del secolo precedente, che ne avevano cambiato l'ingresso, contribuirono ulteriormente a modificare non poco l'interno della struttura. E quello stesso anno si eseguirono interventi di restauro anche alla statua della Madonna del Rosario, che un questionario 87 , databile tra il 1937 ed il '39, dice essere "scolpita in legno dal Colombo". Molto probabilmente fu in tale occasione che andò distrutta una iscrizione "all'altare del SS. Rosario", il cui testo, che si riporta fedelmente da una riproduzione assai

84 ASC, Intendenza di Molise, B. 175, f. 10. Da uno Stato delle riparazioni che abbisognano alle Chiese del 7 Gennaio 1834. 85 ASC, Prefettura II Serie, Limosano, B. 7, f. 30. 86 Le due parrocchie vennero unificate con Decreto di Gioacchino Napoleone Re delle Due Sicilie dell'8 Maggio e con Bolla Arcivescovile del 29 Luglio 1809. Del 'Regio Decreto' se ne riporta il testo: "Visto il rapporto del n.ro Gran Giudice Ministro della Giustizia, e del Culto, abbiamo decretato, e decretiamo quanto segue Artic.o 1°. L'Arcipretura Curata di S. Maria Maggiore del Comune di Limosano, in Diocesi di Benevento, resta abolita. Artic.o 2°. Le due Parrocchie di d.a Comune si riducano ad una sola, e l'abbia l'attuale Parroco, col titolo di Arciprete. Artic.o 3°. Il Prete Tiberio Aronne di Morcone, approvato nell'ultimo concorso per detta Arcipretura, sia tenuto presente per altre Parrocchie o beneficj Ecclesiastici. Artic.o 4°. L'attuale Parroco, il quale percepirà le rendite della dimessa Arcipretura, è obbligato a tenere due Economi Curati nelle due Chiese, coll'assegnamento che sta prescritto negli Ordini Generali, con ripartirsi fra il Parroco, e l'Economo il peso delle Messe. Ed è pur tenuto il Parroco al mantenimento delle due Chiese. Artic.o 5°. La prestazione di un tomolo di grano, e di un quarto d'orzo per ogni Bue aratorio, resta suppressa. Artic.o 6°. Il nostro Gran Giudice Ministro della Giustizia, e del Culto, ed il Ministro delle Finanze sono incaricati della esecuzione del presente Decreto. Napoli, 8 Maggio 1809". F.to 87 APL, Documenti sparsi.

56 incerta ed approssimativa in APL, era: "Sacru hoc opus privato aere extructu Angela barbati Nicolao Del Vecchio stabili conubio iuncta Philippi et Anaemae Gobbi filia nepos benemeritis T. Ev. Ab. Dominici Ant Gobbi pietate ac doctrina nulli secundi quae ultimu gentis suae nuper vita fructi adhuc lucet in devoti animi signii Virg.e Dei P.ae S.S. Rosarii dicat et post Erat Mem.ae madat A.R.S. MDCCI. XXVII. " Per il prosieguo del tempo sono documentabili ancora tra il 1965 ed il 1968 ulteriori, ma non gli ultimi, lavori di sistemazione alla copertura della Chiesa.

2.2 - La 'Parrocchiale', " seu Rectoria ", Chiesa di S. Stefano Protomartire

E' posta nella parte più alta del centro abitato, la " Chiesa di S. Stefano sita in Via Igino Petrone " [tale solo recentemente, essendo in passato 'Via S. (o, meglio, Don) Andrea'], "Chiesa parrocchiale ad una navata di media grandezza. La sua costruzione risale ad oltre mille anni fa "88 e, quindi, almeno al IX-X secolo. Si dirà in seguito dell'organizzazione architettonica dell'edificio, che era anticamente assai diversa dall'attuale. Circa la collocazione nel tempo della sua prima costruzione propendiamo per una tale ipotesi di datazione, che la vuole antica di oltre un millennio, più che per quella proposta da chi, quando scrive che la Chiesa "costituisce un buon esempio di architettura dell'ultimo scorcio del secolo XIII - inizi del successivo, ma soltanto per alcuni elementi particolari come il portale e la bifora della sacrestia, facilmente associabili, per forme e tipi di lavorazione, ad esperienze di scultura architettonica del medio Molise, soprattutto della zona di Boiano..." 89 , la vorrebbe edificata in epoca di molto posteriore.

88 ASCL, B. 23, f. 122. 89 MARINO L., art. cit., pag. 256. Il Marino cita anche TROMBETTA A., Arte medioevale nel Molise, Campobasso 1971, pag. 159 e 160.

57 Particolare del Portale rivolto verso est della Chiesa di S. Stefano.

Già l'elenco di " queste (che) sonno le reliquie de' la chiesa... de s.to Stephano", che si trova nello " Stato delle anime dall'anno 1579 all'anno 1635 "90 , per i riferimenti a fatti (infanzia, crocifissione ed ascensione del Cristo al cielo) narrati nei Vangeli, e ad episodi della vita di diversi Apostoli (Pietro, Paolo, Andrea, Bartolomeo e Tommaso) e di alcuni Martiri del primo Cristianesimo, pur nella semplicità di una fede spontanea, ma antica, induce a collocare ad epoca alto medievale questa Chiesa, con le relative strutture per il culto, di Limosano. Ne riportiamo la parte che più interessa: - Dela preta dove casco del sangue del nostro Salvatore Jh.su X.to - Del ligno dela croce s.ta del n.ro Salvatore Jh.su X.to - Dela preta dove pose li piedi il n.ro Salvatore Jh.su X.to quando sagliò al cielo - Del latte della gloriosa virgine maria - Dela manna che uscì da li gloriusi corpi de s.ti apostoli, pietro et paulo - Del legno dove pendette lo gloriuso s.to andrea ap.lo - Dele reliquie de esso s.cto andrea ap.lo - Dele reliquie de s.cto Bar.meo ap.lo

90 L'elenco, conservato in APL, trova molte conferme anche nel SYNODICON Dioecesanum S. Beneventanae Ecclesie, Benevento 1723, Pars II, pag. 651. Esse (e ci si limita alle significative) sono: - 3. Bartolomeo Apost. Pochi frammenti, e ceneri uniti - 7. Donato Vesc., e Mart. Un pezzetto d'osso - 12. Pane della Cena del Signore Diversi pezzetti - 13. Pietra del S. Sepolcro Un pezzetto - 14. Pietro, e Paolo Apostoli Pezzetti, e frammenti della Manna uscita da loro corpi - 16. Tommaso Apost. Un pezzo d'osso di deto

58 - Dela manu de s.to thomaso ap.lo - Dele reliquie del protomartire s.to Stefano - Deli carboni de s.to laurenzo - Dele reliquie de s.cto Donato :ep.o, et martire - Dele reliquie de s.ta lucia, et de s.ta cecilia Tali reliquie erano conservate, stando al citato Synodicon, in una "cassetta di Ebano con cristalli, guarnita di argento, con sette vasi". Ed, ancora nel 1880 (vedasi, in APL, le "Breve ed esatte risposte al libro di Istruzione riguardante lo stato materiale e spirituale della Parrocchia di Santo Stefano di Limosano", ordinato dal Card. Siciliano Rende), si custodivano "dentro casse ben chiuse e suggellati e con molta decenza". Pur non volendo dar eccessivo credito ad elementi legati alla sola manifestazione di 'fede' e, perciò, non verificabili né razionalmente e né criticamente, va comunque detto che, in aggiunta alle evidenti emergenze di derivazione 'monastica' riscontrabili nei pochi conci 'originari' ancora visibili nel corpo di fabbrica, la struttura è caratterizzata: 1) da una posizione della Chiesa contigua e di fronte al 'Palazzo' marchesale, residenza, forse sin dall'epoca longogarda, del gastaldus e, sicuramente dal periodo normanno, di quel comes , che per Limosano viene da un ramo della stessa famiglia dei ' de Molisio ', che detiene il 'Comitatus Molisii'; 2) dai riferimenti ad uno stile architettonico [ma, oltre al portale ed alla bifora della sacrestia databili, contrariamente a quanto pretende il Marino, ad epoca alto medievale, andrebbero analizzate le due acquasantiere e la mensola posta vicino all'altare maggiore (ma, fino alla metà circa del XX secolo, ne esistevano ancora due) sostenuta da una colonna lavorata ed avente una base scolpita con intagli e con disegni geometrici di pregevolissima fattura] riscontrabile nelle zone del Molise centrale, per diversi secoli ' posseduto ' da esponenti di una stessa ' casata ', comune sia a Bojano che a Limosano; 3) dalle forti analogie (esposizione ad oriente della porta principale, cunicoli di collegamento ricavati nel ' tufo ' ed architettura negativa ), pur nell'evidente intento di contrasto, con la 'Cattedrale' di S. Maria. E sono questi tutti elementi che portano ad ipotizzare la prima costruzione dell'edificio, al più tardi, durante il X secolo e, secondo un documento in APL, " sui ruderi di una chiesa antichissima ". Ma sempre in epoca posteriore alla 'cattedrale' e, comunque, come riferimento di aggregazione religiosa e sociale di quella parte dell'insediamento più alta, più nuova e, in seguito, più ricca. La facile associabililità della Chiesa alla residenza del 'dominus', che in modo assai singolare unisce entrambe e le rende quasi una struttura unica, farebbe pensare a quel complesso come la residenza di un 'conte', che contemporaneamente ricopre anche la carica vescovile. Tale ipotesi è verificata non solo dalla contemporanea presenza, cui già altrove si accennava, nel 1132 a Limosano di un vescovo Gregorio, nella Cattedrale di S. Maria, e di un secondo vescovo , Hugo(ne) ' de Molisio ', ma, e maggiormente, da quella lapide, visibile nel 1743, posta "sopra l'arcotrave dell'antica porta, in mezzo, e sotto l'arco di pietra, infra detto arco, et arcotrave, lavorato detto arco, come sopra, con cornicioni e fogliami, (e costituita da) un antica pietra di piano, ab antiquo lavorata sul piano tra l'arcotrave, e cornicioni dell'arco suddetto, con iscrizzione antica intagliata, e scolpita a scalpello, e puntillo, in mezzo della quale, vi è un fogliame a guisa d'una rosa, ...; e come che per l'antichità, (la) maggior parte di detta iscrizzione, e sue lettere son corrose dalle acque, e dal tempo, che non si possono leggere; ... e poi... han trovato con tutta la chiarezza essere giusta la... letteratura ricavata puntualmente dalla suddetta lapide, et iscrizzione "91 , ed il cui testo era:

91 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Not. Amoroso F.Antonio di Limosano, atto dell'11 luglio 1743.

59 Una prima insopprimibile certezza, tra le poche, che emergono dalle lettere, "corrose dalle acque, e dal tempo", di quella lapide , di cui al presente non rimane che il solo ricordo, è che, così come l'altra di S. Maria Maggiore, pure la Chiesa di S. Stefano fu " Ecc (lesia) Episcopalis " e venne " aedif (icata)" dai cittadini di una " urbis (= città)". Una seconda certezza è che anche contro di essa, così come già per la Cattedrale di S. Maria, si abbatterono i terremoti che interessarono l'abitato di Limosano. E così è quasi certamente che già ad una ri-consacrazione della Chiesa, dopo i lavori di ripristino e di riparazione dei guasti provocati dai gravi fenomeni tellurici del 1294 e del 1305, fa riferimento il documento (v. nota 24) quando riferisce che " ... sta in essa chiesa la bulla dela consecratione dela chiesa, consecrata per lo Ill.mo et D.no Pandulfo Arcep.o de Benevento nell'anno 1321, alli 13 del mese de settembre... ". Di lì a poco " Arnaldo, Arcep.o de ben.to, successor del s.dicto Arcep.o Pandulfo have confirmato la s.dicta consecratione... nell'anno 1330 lo secundo de augusto ". Ed inoltre " lo medesimo p.to Arnaldo, ecc.mo Arcep.o have dato le gr.e, et indulg.e al altar ch' se dice de andrea, de cola de andrea; a fo domandate, pero lo loco, et le indulg.e al s.dicto ecc.mo per suo devotione ch' teneva allo glorioso Igino m.a, da uno chiamato Ugone iudice, inteso da papa benedicto XII nell'anno 1336 ".

60 Materiale, di raffinata fattura, riutilizzato nei rifacimenti della Chiesa di S. Stefano

Questa serie di episodi, che non contraddice all'ipotesi di un vescovo auto nominatosi tale, va inquadrata in un periodo di tempo, il primo quarantennio del secolo XIV, nel quale Limosano significativamente vive una intensa attività sia nelle opere pubbliche, come la costruzione del Convento francescano e la riallocazione del monastero dei Celestini, che nella difesa del suo territorio dagli attacchi degli "uomini della Terra di Trivento i quali, istigati da uno spirito diabolico, portarono via molti animali e li bruciarono, tagliarono alberi e sradicarono i termini per mezzo dei quali si distingue il territorio dal territorio della stessa Terra di Trivento (homines Terre Triventi qui diabolico spiritu instigati,..., plura animalia abstulerunt nec non commiserunt ignem, arbores inciderunt et terminos per quos distinguitur territorium a territorio dicte Terre Triventi contra Deum et iustitiam evulserunt )". Il TERREMOTUS , tuttavia, cui fa riferimento la lapide apposta, quasi certamente, in occasione della ri-consacrazione della Chiesa avvenuta SUB ANN- (Incarnationis) D (omini). (Jesu) XR (ist) I 156- e dopo la ri- AEDIF (icatio) HUIUS ECC (lesie). EPISCOPALIS finanziata esclusivamente (e la circostanza per cui è necessario un periodo di tempo assai lungo ne lascia intravvedere le grandi difficoltà) dai cittadini URBIS li=Musanorum , è con ogni probabilità quello, assai devastante e distruttivo, del 5 dicembre 1456. Anche se " l'altar maggiore " era stato consacrato già da diverso tempo come lascia pensare il fatto che " in essa chiesa sta la bulla dela consecratione de l'altar maggiore, lo quale lo consacrò lo episcopo de trittivero, nomine io: bap.ta nellanno 1510, a li quattro de aprile ". Negli ' Inventari ' del 1687 e del 1701 e, soprattutto, nell'altro, più dettagliato, del 1713 troviamo notizie assai preziose sulla 'originaria' consistenza architettonica, diversa da quella attuale e del tutto particolare, dell'edificio 92 .

92 Nella prima parte vengono privilegiati i due inventari più antichi, in quanto riportano informazioni 'migliori' dal punto di vista storico; successivamente, e perché più descrittivo, si preferisce il testo dell'inventario del 1713. Ad ogni buon conto e perché si possano cogliere le differenze, quasi certamente frutto delle trasformazioni imposte dal Card. Orsini, riportiamo qui di seguito anche l'altra descrizione. "Sono in essa Chiesa tre navi à proportione con Archi di Pietre lavorate quattro per parte. Vi sono Cappelle num.o due, Altari num.o 3 in questa maniera, nella nave di mezzo nel suo corpo vi è l'altare maggiore collocato

61 "La suddetta Chiesa Parroc.le sotto il tit.o di S. Stefano è posta nella parte più alta della Terra di Limosano appresso la strada detta di D. Andrea, (e confina) da un lato con li beni del Barone di essa Terra, nomine (nel 1687) Francesco di Grazia, e dall'altro della Confraternità del SS.mo e dall'altri lati l'Ospedale... Fu consegrata (non essendoci memoria di edificatione) dal Rev.mo Arcivescovo di Benevento nomine Pandulfo l'anno 1321 alli 13 del mese di settembre; come anco fu consegrato l'altare maggiore dal Rev.mo Vescovo di Tertiveri nomine Gio: Battista l'anno 1510 alli 4 del mese di aprile. Si entra in d.a Chiesa per due porte formate ad arco di pietra ben lavorata, a fogliami. Alla magg.re Si ascende in essa per otto grada di pietra. cioe cinque da fuora e tre da dentro. Si vede composta di tre navi, tutte colle soffitte dipinte, ed in mezzo la grande vi e un quadro dell'Incoronat.ne di N.ra Sig.ra. Dette navi sono sotenute da sei pilastri di fabrica, e nep.mi, così nell'una come nell'altra parte, vi sono le fonti per l'Acqua santa fatta a conca di pietra ben lavorate e sop.a detta porta dalla parte di fuori, vi e un Nicchio nel quale sono dipinte le effigg.e della B.V. de Santi Stefano, Lorenzo, e due Angeli, ed a drittura d'essa sommità del muro vi sta eretta la Croce di ferro. Alla porta minore, che riguarda la parte orientale si ascende per undici gradi di pietra da una parte, e tre dall'altra, e si giunge ad in un'atrio posto avanti d'essa porta qual'è mezzo coverto, e mezzo scoverto. A man di dentro, sono intonacati, e dealbati e q.lli di fuora incrostati, e parim.te inbiancati, e tutta Chiesa e coverta d'Imbrici con romanella a torno. Ne i muri laterali, vi sono due sedie confesionali ammovibili di legno,... E nel pilastro vicino l'Alt.e magg.re nel Corno del Vangelo vi sta il pulpito ben condizionato col suo Capocielo intagliato, e Crocefisso, dove si ascende per scala di legno fatta a lumaca. Entrato la porta magg.re sud.a a man sinistra vedesi la fonte Battesimale...; sopra d.o fonte vi è un Tribuna di fabrica lavorata a stucco ben fatta, quale viene sostenuta da i due muri sotto un Amia con arco avanti, di dentro con la scoltura indorata, dove nello mezzo sta situata la statua della B.ma Vergine di tutto rilievo dorata, à man destra vi stà la statua di tutto rilievo d'orata di S.to Stefano Protomartire, alla sinistra S. Lorenzo Martire ambedue d'orate. Alla man sinistra in un'altra nave in capite vi è situata la Cappella del SS.mo Sacramento Confraternita con la Custodia e Baldacchino di stucco d'orata all'uso antico con pittura intorno con la suffitta. Nel mezzo della muraglia di essa nave vi è la Cappella dedicata a S. Michele Arcangelo de' iure Patronato della Famiglia del Dottor Gio: Ant.o del Gobbo con Scoltura di semplice legname con quattro colonne, dove anco vi è la statua del glorioso S. Donato Martire; a man destra dell'Altare maggiore nell'altra nave vi è l'altare dedicato a S. Pietro Apostolo con il quadro della B.ma Vergine con l'anime del Purgatorio. Nel mezzo di essa nave vi è il Choro. Nell'ultimo angolo di essa nave vi è l'altare dedicato a S. Gio: Battista. La suddetta Chiesa non have dote assegnata per la sua reparatione, mà occorrendo, si procurano elemosine da' Parrocchiani, e per la fabrica nella spesa di consideratione, deve contribuire l'Università, ed il simile per le suppellettili con la contributione anco dell'Arciprete di essa Chiesa. ... tiene il suo pavimento di mattoni ma non del tutto piano, mentre in mezzo vi sono sei gradi di pietra, ed è lunga palmi 60, e larga palmi 35. Da dietro al pulpito si saglie al Coro, che stà proprio sopra l'atrio della porta s.a accennata, al q.le si entra per una porta tutta dipinta con cancelli avanti colla sua soffitta di tavole dipinte, e pavim.to di mattoni, ed è lungo palmi 18 e largo palmi 10, in mezzo di cui vi è un leggio di legno dipinto fisso, e con armario sotto, ed intorno vi sono i sedili di legno colle lor spalliere. ... ed a destra entrasi nella sagrestia con scendere cinque gradi di pietra, ed è lunga palmi 30; e larga p... (illeggibile). Si ascende al campanile per scala di fabbrica, che tengono 24 gradi: ed è lungo o sia alto palmi 45 in c.a, coverto a quattroacque con croce di ferro nella sommità; e con quattro finestroni d'onde pendono quattro campane ". Di esse una, di rotola 30, ancora non veniva benedetta nel 1701, mentre le altre tre risultavano benedette dall'Orsini l'8 luglio del 1693. Ed erano: una, di cantara 8, del 1669 del M.ro Gio:Angelo Marinelli di Agnone; una, di cantara 7, del 1583 del M. Donato Antonio di Capracotta; una, di rotola 20, "senza segni e senza lettere". Molto stranamente, però, il documento del 1713 riferisce che le campane sono solo tre.

62 laterali, e da un Colonnetto, ove posano i dui anchi di essa Tribuna e nel muro di dietro di detto Fonte vi e dipinto S. Giov: Batta battizzante Giesù, e nell'altro muro, vi sono scritte le seguenti parole Mandante Em.o Archiep.o Ursino, Parochus Ioseph. del Gobbo proprio aere erexit anno D.ni 1706 ; Vi e il Sagrario nel pavim.to; E cinto da balaustrata di legno tornita. Tiene detta Chiesa il suo pavim.to di mattoni, non e però tutto intiero mentre ascende per al piano dell'Altare magg.re vi sono sei gradi di pietra; e lunga pal: 60: e larga pal: 35 (a) ,... Nel Corno dell'Epistola dell'Altare magg.re e dentro al muro un'Armarietto indorato con chiave,... Da dietro al pulpito sud:o s'ascende al Coro, ch'e proprio sop.a l'atrio della porta piccola sopraaccennata al quale s'entra per una porta tutta dipinta, con Cancelli avanti alla sua suffitta di mattoni, ed e lungo pal 18, e largo pal: 10, in mezzo d'esso vie un leggio dipinto per porvi i libri per il canto fermo con armario sotto, ed intorno d.o Coro vi sono i Sedili di legno colle loro Spalliere ben lavorate, e per lume ingrediente ha due fenestrole, cioe una verso levante, e l'altra a Settentrione costodite da vetri. Dal Corno dell'Epistola dell'Altare mag.re entrasi in una Stanziola dov'è un Armario fisso grande di legno per uso de Confrati della capp.a del SS.mo Corpo di Cristo. A man destra di d.a Stanziola s'incontra la porta della Sagrestia nella quale entrasi in piano per porta di legno dipinta, le sue gambe sono di pietra, vedesi il pavim.to di Mattoni ben uniti, la suffitta col suo friso attorno, dipinta in buona forma; A man dritta dell'ingresso, vie un Armario grande foderato di fuori, di legno di noce e di dentro di pioppo,... Li pareti sono tutti inbiancati, ne quali son dipinte l'effiggie sopra tela di S. Filippo Neri, di S. gaetano, e della SS.ma Annunziata divisa però in due quadretti cioe uno dell'Ang.o Annunciante, e l'altro della Madonna,... e alta pal: 14 e lunga pal: 21; Ha due Fenestre una grande verso mezzo giorno, e una piccola verso levante, ambedue con vetrate. Si mantiene la med.ma Chiesa Parr.le dall'Unità, si come s'en'obligò nell'atto della Congreat.ne della Chiesa, e la sua Festa si celebra a 26 X.mbre di quals.a anno, come osservasi da dodici Croci dipinte dentro le muri di essa Chiesa, e leggesi in una descriz.ne incisa sop.a un marmo (se ne riporta più sotto il testo) fabricato sop.a la porta magg.re ove parim.te sta l'Organo nuovo col suo ercasto fatto a cancelli... La sudetta Chiesa tiene per lumi ingredienti cinque Fenestre oltre di quelle del Coro, munite tutte con vetriate. A man sinistra della Stanziola sud.a de Confrati del SS.mo Corpo di Cristo si ascende al Campanile (b) per scala di fabrica, che tengono 24 gradini, ed è alto pal: 45 in circa coverto a quattro penne con Croce di ferro nella cima e con quattro finestroni pendono in esso tre (ma, come si può vedere a nota 26, negli 'inventari' più antichi si ha che sono 4) Campane, cioè una piccola e due grandi, la piccola che sarà di rot:a 30 inc:a non tiene segno alcuno, ò inscriz.ne perloche non sa si sia benedetta; Una grande di cantara sei (c) inc:a tiene le seguenti Iscrizzioni Ave gratia plena D.nus tecum Benedicta tu= Verbum Caro factum est: habitavit in Nobis Universitas Terrae Limusanorum refacta ex licentia E.mi D. Cardinalis Ursini Archiepiscopi Beni: I: Angelus Marinelus Civitatis Agnoni fecit Anno Domini D.ni M: D. C.CIII. Nella quale in una parte vi e scolpito S. Donato Vescovo, e nell'altra vie impressa la figura del SS.mo Sacram.to. L'altra che sarà di can:ra nove inc:a ha le seguenti Inscriz.ni Verbum Caro factum est; et habitavit in Nobis= Adonai + Tetragramaton: + Sadij + Ave gratia plena D.nus tecum benedicta tu in Mulieribus Mentem sanctam spontaneam, honorem Deo, Patriae liberat:m - Uni.tas Limusanensis Campanas Eccle. S: Stephani restaur:t ex lic:a Emi D. Cardinalis Ursini Beni A: D: M:D:CCIII: M: I: Angel.s

63 Marinelus Civi:s Agnoni fecit= colla figura impressa del Sacram.to Furon benedette dal Sig.re Card.l Orsini nell'anno 1703 (d) . Nella sudetta Chiesa Parr.le di S. Stefano vi sono quattro Altari cioè: A Frontespirtio dalla porta grande si vede eretto l'Altare magg.re il quale tiene una bellissima Icona ben lavorata a fogliami, e tutta indorata, in cui vi sono quattro Nicchi che vengono divisi da quattro Colonne le quali conservano quattro statue di legno, cioe una, posta nella cima, a mezzo busto del P.re Eterno, e tre a tutto busto, cioè della Beatis.ma Verg.e col Bambino, di S. Stefano, e di S. Lorenzo,..., avanti sotto la base della Colonna del Corno del Vangelo, ne sta una figuretta sop.a a tavola dipinta l'effig.e di S. Gioseppe... e sotto la base dell'altra Colonna ve n'è un'altra consimile dedicata a S. Gioacchino; Lo stipite di detto Alt:re e tutto di fabrica con i suoi spicoli di pietra lavorata, la sua Mensa e anche di pietra composta di tre pezzi col Tassello in mezzo, e due gradini anche di pietra per i Candelieri, e Credenzuola sostenuta da una Colonna lavorata di pietra; tiene avanti la sua balaustrata di legno tornite. Oltre al suppedaneo di legno, si ascende in d.o Altare per doi gradini. Non se n'ha mem.ria della sua fondat.ne, ma solo ristaurato come si legge in piedi di d.a Icona, che fu nell'anno 1644: Qual'Alt.re vien mantenuto colle sue rendite dall'Arcip.li pro tempore. Fu consagrato assieme colla chiesa dall'Emo Arciv:o Orsini nell'anno 1696: a 16 Ag.to... A capo della Nave laterale del Corno dell'Epistola sta eretto l'Alt.re sotto il tit.o del SS.mo Corpo di Cristo (e) ... L'altro Alt:re e nella Nave laterale dal Corno del Vangelo dedicato all'Anime del Purg.rio (f) ... Il quarto ed ultimo è parim.e sito nella parte della nave del Corno dell'Epistola... q.ale e dedicato al glorioso S. Michele Arcangelo (g) della famiglia del Gobbo "93 .

93 APL, Inventarium... 1712-13. Si veda anche la precedente nota (26). (a) La pianta, che pure ne conferma la lunghezza in "pal: 60", indica essere la Chiesa "larga pal: 48". (b) Una tale circostanza, combinata ad altre 'indicazioni', porta a collocare il campanile della Chiesa in una posizione assai diversa da quella attuale. (c) Circa la conversione delle misure di peso, si può dire che un 'rotolo' corrispondeva a circa Kg. 0,900 ed un 'cantaro', pari a 100 'rotola', a 90 Kg. circa. (d) Una prima benedizione delle campane da parte del Cardinal Orsini è documentabile per l'8 di Luglio 1693. (e) " La Conf.ta del SS.mo Corpo di Cristo tiene la sua Capp.a nella Nave laterale nel Corno dell'Epistola dell'Altare mag.re, il quale contiene una bellissima Icona tutta intagliata, e dipinta, ed indorata, con due Colonne, ed in mezzo vi è Gesù Cristo di rilievo in atto di risuscitare dal mortum.to ed in mezzo vi e la Custodia, ben unita di legno indorata e serrata con Chiave d'argento,..., e sopra d'essa Icona vi e un Capocielo di legno in f.a di baldacchino colle sue tavole e Cornice intagliate colorate, ed indorate ed in mezzo vi e dipinto il SS.mo Sacram.to. Lo Stipite di d.o altare e tutto di fabrica con i suoi spicoli di pietra, dalla q.le e anco la menza di pezzi tre col suo Tassello in mezzo, ben unito con due gradini, anco di pietra lavorati ed ha la sua Credenza di pietra fissa nel muro, con Colonnetta che lo sostiene. Ha la sua Balaustrata d'avanti di legno tornita; si ascende al sud.o Altare per due gradini di pietra lavorata ed il suppedaneo di legno. Non si ha memoria della sua fondazione: Fu consagrato il sud.o Altare dall'Emo Arciv.o Orsini nell'anno 1703, a 30 di Maggio, assieme coll'Alta.ri di S. Maria del suffraggio, e di S. Michel'Arcangelo, come si legge dalla seguente inscrizz.ne posta poco lontano dal sud.o Alt.e nel muro laterale (v. nota g ) , scolpita in marmo ". (f) " La Cappella sudetta dell'Anime del Purgatorio sta eretta dentro la Chiesa Parr.le,..., posta parimente al Corno del Vangelo dell'Alt.re magg.re. Lo stipite dell'alt.re e tutto di fabrica, con i suoi spicoli di pietra. Tiene la sua menza parim.te di pietra divisa in tre pezzi, col tassello in mezzo ben lavorato. Vi è il gradino di legno dipinto per li Candelieri, sta la sua Credenzola di pietra attaccata al muro. Il quadro è dipinto sop.a tela, coll'effiggie della B. Vergine del suffraggio, e sotto di essa vi sono l'anime del Purg.o, colla sua Cornice indorata, e con lavori. Si ascende in esso Altare per un solo gradino di pietra oltre il suppedaneo. Vi e la Balaustrata di legno tornita, è alto detto quadro pal: 6, e largo pal: 3. Nel di 2 9.mbre di quals.a anno, si fa la Comm.e dell'anime del Purg.o.

64 Appena qualche anno dopo la prima 'benedizione' delle campane, il Cardinal Orsini, poiché nel frattempo erano forse terminati i lavori, che in tale occasione non dovettero risultare assai modificativi per la struttura se, nel luglio del 1721, quei sei gradi di pietra posti in mezzo alla Chiesa ancora esistevano (v. nota 50 del 1° Cap.), 'inaugura' la Chiesa e ri-consacra l'altare. Ricordava tutto ciò " una lapide, che si conserva (va) nell'Archivio di S. Stefano..., del tenore che siegue Ecclesiam hanc in honorem Dei, et S. Stephani Protomart: solemni ritu dedicans die 16. Augusti anno 1696. cum principe ora sacravit Fr: Vincentius Maria Ord: Predic: Card: Ursinus Archiepiscopus, et omnibus fidelibus ipsam visitantibus Dominica prima post octavam Nativit: B. M. V. in quam dedicationis frustrum transtulit, centum indulgentiae dies concessit. Societas SSmi Sacramenti in hac Ecclesia rite erecta, ut disciplinae, et bonarum artium in Limusanorum Civitate perennaret capitalium ducatos septingentos die 19. Septembris anno 1695. Tabulis confectis manu Not: Josephi de Pompeio Sacro Seminario Beneventano erogavit, hac lege, ut unus Alumnus a Confratribus nominandus perpetuo aevo reciperetur, et gratis aderetur "94 . L'episodio, che dimostra un forte attivismo economico di Limosano in quel momento storico, del versamento dei 700 ducati con la condizione di tenervi gratuitamente un alunno per lo studio risultava nel "paragrafo nono del Cap: 1°" delle "Regole del S. Seminario della Città di Benevento riconosciute, riformate et accresciute dall' E.mo Cardinale Fr: Vincenzo Maria Orsini", dove "si legge il seguente articolo 9 Col nostro consenso nell'anno 1695 a 9. Settembre i Fratelli della Confraternita del SSmo Corpo di Cristo della Città di Limosano della nostra Diocesi pagarono al Seminario ducati settecento, coll'obbligazione di mantenere gratis un Alunno, nativo della stessa Città, da nomianrsi da essi, e loro successori in perpetuum , siccome costa dallo strumento rogato dal N:r Giuseppe di Pompeo Beneventano ".

Fu d.o Alt.e a 3 Aug.o 1713 assieme con'altri due altari, cioe della SS.ma Ann.ta, e quello di S. Filippo Neri, e S. Caetano, consagrato dall'Emo, e Rev.mo Sig.re Card:l Orsini Arciv.o,... ". (g) " Il sudetto beneficio ha la sua Cappella sotto il tit.o di S. Michel'Arcangelo... nella parte del Corno dell'Epist.la dell'Alt.e mag.re nella nave laterale, e nel piano della Chiesa, dipinto in un quadro sopra tela con S. Giovanni, la Madonna ed altri santi, ne tiene parim.te due altri, in uno perciò e dipinta l'Imagine di S. Ant.o di Padoa e nell'altro di S. Fran:co di Paula ed altri due quadretti sono nella parte superiore tutti medesim.te posti sopra tela; eglino vengono divisi da una Icona tutta ben intagliata, e ripartita da quattro Colonne pure intagliate con consimili posta nella Sommità, ed in mezzo vi stà un'altro quadro depinto sopra tela indicante Christo Sig.re N.ro, nell'atto della schiodat.e della Croce colle Marie, e sopra i gradini d'essa Icona avanti, il quadro di S. Michele sta locata una statua di legno sotto il tit.o di S. Donato. Lo Stipite di d.o Alt.re è tutto di fabrica colli suoi spicoli alli lati; la sua menza e di pietra a tre pezzi col suo tassello in mezzo ben formato con due gradini di pietra per i Candelieri, e la Credenzola contigua al sud.o Altare. Si ascende al sud.o Altare per due gradini di pietra oltre il suppedaneo, e nel piano a pie' di essi gradini sono in forma di Cangelli le balaustrate tutti torniti. La sua festa si celebra due volte l'anno cioe a 28 di Maggio, e 29 7.mbre. Il mantiene il Beneficiato pro tempore. (...). L'Altare sud.o fu consag.to dall'Emo Arciv.o Orsini a 30 Magg.o 1703 come si legge dalle seguenti inscizz.ni scolpita in marmo posta poco lontano da esso Alt.re cioe Fr. Vincentius Maria Ord. Praed. Episcopus Tusculanus S.R.C. Card. Ursinus Archiepiscopus tria in hoc templo minora altaria solemni ritu sacravit: duo scilicet die XXX Maii MDCCIII: primum in honorem B.V.M. ab angelo Annunciatae ac S.S. Philippi Nerii, et Gaetani confessoris, et alterum in honorem B.V. de suffragio; tertium vero die immediate sequenti in honorem eiusdem S.S. Virginis Matris Dei Mariae, S. Micahelis Arcangeli S. Joannis Ap. et Evang., et S. Antonii Abb: ac omnibus his anniversarios fundentibus preces centum indulgentiae dies perpetuo concessit ". 94 ASC, Opere pie Limosano, B.1, f. 1.

65 Una iscrizione su lapide, che tuttora esiste murata, pur se poco visibile, vicino alla nicchia con la statua di S. Filomena 95 nella terza delle quattro cappelle di destra della Chiesa, ricorda ancora i BENEFICIA SIMPLICIA ECCLE( SIAE ) S. STEPHANI LIMUSANOR(UM) S. MICHAELIS ARCANGELI S. CHRISTANTIANI S. MARGARITAE S. SYLVESTRI S. NICOLAI S. LUCIAE Eccettuato quello di S. Michele, senza alcun dubbio recente, tutti gli altri "Benefizi senza cura e da tempo immemorabile annessi " alla Rettoria di S. Stefano erano tanto antichi che "non si sa se loro fussero mai state sotto il titolo di Chiese, ò Cappelle". Si incontrano tra le carte, tuttavia, degli elementi che inducono a ritenerli meno antichi, e di non poco, dei 'benefizi' annessi alla Arcipretale di S. Maria. Quanto alla presenza ed al loro significato, va detto che le disponibilità fondiarie di tali 'benefizi' (così come pure degli altri annessi a S. Maria) rappresentavano la parte residuale delle aggregazioni patrimoniali, più o meno estese e vaste, riferibili a quelle numerose evidenze cenobitico-monastiche (ed anche alle loro dipendenze e grancie), che, nel " tempo immemorabile " o, più correttamente, alto medievale, costituivano il nucleo delle emergenze insediamentali, di dimensioni minime, sparse sul territorio e che, da tempo scomparse, risultano ora, come e più di allora, di difficile collocazione.

95 Da una iscrizione, non più esistente ed il cui testo abbiamo trovato in mezzo ad alcune carte sparse dell'APL, sappiamo che l'altare di S. Filomena fu edificato nel 1852 dai due esponenti ecclesiastici della famiglia De Angelis, il Vescovo Mons. Domenico, appena da qualche anno (1849) consacrato a Benevento direttamente da Pio IX, ed il gesuita P. Michele. Il testo della lapide era: D.O.M. ARAM HANC D. PHILUMENAE V. ET M. SACRAM REV. DOMINICUS DE ANGELIS VIC. FORANEUS NOVO MARTIRIS SIGNO DECORAVIT ET IMPENSA SUA MARMOREUM FECIT DEIN AERE PROPRIO CO-LATO NEC SUI PARENTUM ET FRATRIS MICHAELIS SOC. JESU SODALIS MEMORIA POST FATUM EXCOLESCERET UNIVERSO ECCLESIAE LIMUSANENSIS ORDINI ANNIVERSARIA SACRA IN PERPETUUM LEGAVIT ANN. MDCCCLII

66 Chiesa di S. Stefano: antica mensola, attualmente sistemata vicino l’altare maggiore.

La composizione patrimoniale delle singole istituzioni, che erano state (ma sfuggono il quando, il come ed il perché) ricondotte nell'ambito amministrativo della Chiesa di S. Stefano era così composta: 1) il " Benefizio annesso di S. Margarita ". Era proprietario di ben sei 'territori' sparsi nell'agro (i tre più grandi erano: al " Peschio della Palomba ", alla " Serra di Diriporro " ed alla "Fonta della Chiusa ") ed estesi per complessivi tomoli 72 e 6 misure. Concessi indistintamente col sistema del 'terraggio' di un decimo o di un ottavo, "tutti li Territ.ij possono rendere di terraggio un'anno per l'altro tt. 9:20" di grano. 2) il " Benefizio annesso di Santo Nicolò ". Possedeva solo "un territ.io, sito... nel luogo dove si dice la Colagna di capacità tt.a sei...; le coerenze del sudetto Territorio sono da Levante la via pu.ca da Ponente, li beni della sudetta Chiesa, da mezzo giorno, li beni dell'Unità, e da Tramont.a colli beni del Convento di S. Francesco; si dà a terraggio d'ogni otto tt:a uno, che un'anno per l'altro può rendere tt. 1:3 (quarti)". 3) il " Benefizio annesso di S. Lucia ". Disponeva anch'esso solamente di "un Territ.io, sito... nel luogo dove si dice Fonte dell'Olmo , di capacità tt:a dieci, m.e sette e passi quattordici...; si dà a terraggio d'ogni otto uno, che un'anno per l'altro rende tt.a 2:3 (quarti)" ed, inoltre, "per ghianda rende di sopra 0:30" ducati.

67 4) il " Benefizio annesso di S. Cristinziano ". Dei due "territori", che possedeva, il più vasto era "posto nel luogo dove si dice Colle della noce " e l'altro "nel luogo dove si dice la Colagna ". Estesi per complessivi 24 tomoli e 4 misure, "li sudetti Territorij un'anno, per l'altro rendono di terraggio tt. 2:3 (quarti)" di grano. 5) il " Benefizio annesso di S. Maria Maddalena ". Era proprietario di cinque pezzi di "territorio", sparsi nell'agro ed estesi per un totale di 30 tomoli ed 8 misure. "Tutti e quattro li sud.i Territ.ij possono rendere di terrag.o un'anno per l'altro tt: 6:3 (quarti)" di grano; mentre il quinto, quello di minor dimensione ("di capacità tt:o uno, e m:e otto e passi venti") e che, "posto... nel luogo dove si dice S: Felice ", confinava con "li beni del Ven.le Convento di S. Franc.o... e, dalla parte di Tramontana, colla via vicinale, si tiene da Ant.o de Angelillis à 29 anni, e paga in ogn'anno ad Ag.to per can.e di g.ni vinti cinque". 6) il " Benefizio annesso senza cura sotto il tit.o di S: Michele Arc'Angelo Jus padronato della famiglia del Gobbo ". Pur se, come lascia intendere il fatto di essere 'senza cura', il "benefizio" esisteva da tempo, la sua aggregazione patrimoniale risulta essere il frutto di due 'legati' relativamente recenti. Un primo lascito fu di Don Francesco Radicchio (quasi certamente originario della 'Terra' di Covatta, fu Notaio Apostolico e Parroco di S. Stefano dal 1656 al 1659), il quale "legò a benef.o della sud.a Capp.a di S. Michele Arcangelo, e S. Donato, dipinti in un quadro della stessa Capp.a, una Casa con peso di messe piane q.nte dal frutto esse ne capivano, come per Testam.to rog.to per m.o dell'Arcp.e D:n Donato Covatta nell'anno 1659". E, non essendo ancora stato pagato il "prezzo della sud.a Casa legata dal sud.o Test.re, quale è sita... nel luogo dove si dice la Piazza delle Fucine , e propriamente attaccata allo Spedale , le coerenze della quale sono da una parte lo Spedale sud.o dall'altri li beni di Pasc'Ant:o Ramola, la Piazza Pub.ca, e l'Inforzi", venduta "come per Strom.to rog.to di N: Giov. Corvinelli di FossaCeca sot.o li 17 Aprile 1673", gli eredi degli acquirenti, i fratelli del Gobbo, "pagano in ann: doc: otto, e g.ni vint'otto per un Cap.le di doc: novanta due". La seconda donazione era stata del "q:m Giov: Ant:o del Gobbo", il quale, "col peso di due Messe piane in d.o Altare in giorno d'ogni Lunedi di messe per l'anima sua, e della sua famiglia, ed anco una messa Cantata con primi e 2:ndi vesperi nel dì della dedicaz.ne di S. Michel'Arcang.o,..., assignò in Iusp.to della d.a sua Famiglia, come diffusam.te si legge nell'Instrom.to di fondaz.ne rog.to per m.o di N: Carlo Sallottolo, della Terra di Campobasso à 5: X.mbre 1682", ben sei pezzi di terreno (una "vigna con cortina", tre "territori seminatori", un "territorio, seu cerqueto" ed un "territorio parte seminatorio e parte frattoso"), estesi per complessivi 190 tomoli e 4 misure. "Tutti li sudetti Territ.j si coltivano dal med.mo Beneficiato (il Rev: Sig:re D:n Gius.e Ant.o del Gobbo, figlio del sud.o Test.re), e possono rendere un' anno per l'altro tt.a trentacinq: di g.no, le quali a ragg.ne di otto carl: il tt.o imp.no doc: 28:00 Il Cerqueto può rendere un'anno per l'altro carl: trenta due 3:20 La Vigna che parim.te si coltiva da esso Benef.to rende un'anno per l'altro 5:00". Il beneficio, oltre al "Cattedratico" nella misura di 5 carlini, pagava anche 33 grani ed un terzo per "spoglie e Galere". 7) la " Cappella dell'anime del Purgatorio ". Essa, "fondata dal q:m D.n Dom:co del Gobbo, nell'anno 1693", che la dotò di un capitale di 50 ducati, in un ventennio circa, tramite 'legati' e lasciti, arrivò a tenere un patrimonio composto, oltre che da 'capitali' per complessivi ducati 82:60, impiegati al tasso medio del 7,978%, anche da due "case" (la più grande "sita nel luogo dove si dice S. Angelo , seù lo Piano "), utilizzate dal donatore Dom:co Bonadie (che le aveva donate "per esso, e per l'anima del q.m Ang.a sua figlia"), da "una vigna di trentali tre" (corrispondenti a circa un tomolo e 2 misure) e da "pecore di ogni capo n:o dieci, dato ad affitto a Franc:o di Pietro Gion:Cola, delli quali dedottone le spese gli e ne restano franchi

68 carl: dieci". 8) la " Cappella sotto il titolo di S. Giuseppe ". Più che ad una Cappella vera e propria, si faceva riferimento all'altare maggiore della Chiesa o, più precisamente, al fatto che "in un'angolo dell'istessa Icona, dipinta sop.a a tela si venera l'effigie d'esso Santo in un quadretto alto pal. 1 e mezzo e largo pal. 1". "Ne meno della consegratione" si avevano notizie; e per il semplice motivo, forse, che mai essa era stata fatta, essendo recente l'intero suo patrimonio, che risultava composto da: 1) un capitale liquido, ascendente "alla somma di duc: cento novanta cinque", che "il q.m Pompeo Capillo assegnò in vita nel di p.o Mag.o 1698"; 2) un capitale liquido, ammontante a ducati 275:80, ricavato dalla vendita di tutta l'eredità, che "il med.o Pompeo Capillo nel suo ultimo Testamento stip.to... nel di p.o di Mag.o 1698" aveva legato "a benef.o della sud.a Capp.a"; 3) un capitale liquido, di 33:00 ducati, frutto della vendita "per ordine dell'Emo Arciv:o" delle "pecore n.o novanta dell'heredità del sud.o q.m Pompeo Capillo", date "à socida a Benedetto del Gobbo; 4) "li seguenti debitori in tt.a vinti sette di grano, che dovevano all'Eredità sudetta secondo l'Inventario vecchio del 1701, i quali secondo il prezzo di carlini dieci che voleva quel tempo, oggi n'hanno fatto poliza aut.a": - Fran.co Piscolla, e suoi fratelli per tt.a sei ducati 6:00 - Fran.co Larenza per tt.a 5 " 5:00 - Cristofano Grieco per tt.a 1 " 1:00 - Dom.co Russo per tt.o uno " 1:00 - Lonardo d'Amico per tt.a 1 e mezzo " 1:50 - Il rimanente delli tt.a venti sette gli deve Tomaso Marc'Ant.o " 13:00 27:50 - Più deve Carlo del Gobbo ducati 8:00 - Il med.mo per un tt.o e quarto di grano " 1:25 - Per quello potrebbe esigersi della vendita d'alcuni utensilj di Cucina, e Cantina ducati 3:20 I ducati 503:80 del capitale liquido erano 'impiegati' in 15 prestiti, che potevano andare da un minimo di 9:80 ad un massimo di 100:00 ducati, al tasso dell'8%. Del Santo esiste tuttora una statua lignea, di gran pregio artistico e firmata da " Nicola Giovannitto Loretino " nell' " A.D. 1737 ", realizzata forse in tale anno con i proventi del 'benefizio'. Quanto al patrimonio della "Chiesa Arcipretale sotto il titolo di S. Stefano", esso risulta meno complesso, ma assai più consistente, di quello della Chiesa di S. Maria. La forte ed evidente presenza nel primo, molto più che nell'altro, di capitali liquidi ingenti, riferiti tanto ai 'benefizi' che alla stessa Chiesa, consente di ipotizzarne la aggregazione in un periodo di tempo relativamente più recente. Permette, inoltre, di individuare nella Chiesa di S. Stefano e nelle organizzazioni ad essa collegate il riferimento, sia sociale che religioso, di quella parte di abitanti dell'insediamento, professionisti ed artigiani, più ricchi e possidenti, i quali per secoli e sin dall'alto medioevo hanno vissuto in contrapposizione con la parte legata al lavoro della terra e, comunque, più povera. A differenza di quella di S. Maria, nel cui attivo non vennero riscontrate disponibilità finanziarie liquide, la Chiesa di S. Stefano impiegava in prestiti capitali, pervenutile da 'legati', tutti abbastanza recenti e di diversa natura (singolare quello derivante dalla vendita di "un Cimbalo legato dal q.m Acolito Gregorio Giancola"), per un totale di 191:00 ducati. Le "obliganze" si tenevano, per un importo medio di 11:24 ducati, da diciassette partitari ad un tasso medio dell' 8,419% (e che variava tra l'8 ed il 9 %). Tra i beni del patrimonio immobiliare non vi figurava, anche questo a differenza di S. Maria, nessuna "Casa Arcipretale", di cui S. Stefano restò priva sino a quando, nel XIX secolo, venne costruita quella (abitata per ultimo dall'Arciprete Casamassa sino alla morte avvenuta nel

69 1963), cui si accedeva da una porta, tuttora esistente nella sagrestia. Ma vi rientravano tre 'case', ciascuna "di due membri, uno sup.re, e l'altro inferiore", ed "una Grotta posta... nel luogo dove si dice Fonte Salza , larga pal 20 e lunga pal: 26", che "si tiene in affitto da Donato Marc'Ant.o a triennio e paga in ogn'anno carl: cinq:". In una società atavicamente legata al lavoro agricolo ed in cui, per condizionarla, da sempre era necessario esercitare il controllo della terra, intesa come fattore di produzione, era naturale che la parte più consistente del disponibile patrimoniale fosse da questa rappresentata. La Chiesa di S. Stefano, con 25 "vigne" più o meno estese (si andava dalla più piccola di 12 misure alla più grande di 5 tomoli e 6 misure) e "con piedi d'olive et altri albori fruttiferi", "con canneto" o "con cortina", con 63 "territori" di ogni tipo e dimensione (da quello di un solo tomolo al più grande di ben 106 tomoli), e con un "orto" di 10 misure, a suo modo anch'essa condizionava, e non poco, la società limosanese. Si ignora l'incidenza sul totale sia del "seminatorio" che dell'incolto e del boscoso; si riesce, tuttavia, ad individuare quella del vigneto, che, con i suoi 67 tomoli e 6 misure, rappresenta il 7,76% dell'intero patrimonio fondiario, che, distribuito assai irregolarmente per tutto l'agro, era di complessivi 863 tomoli e 10 misure. Dalla "somma de tutti li frutti", che la Chiesa Parrocchiale di S. Stefano ricavava dal suo patrimonio, si ottiene un quadro d'assieme completo ed assai utile anche per i possibili raffronti con la Arcipretale di S. Maria. - Per Case locate ad anno corrente 2:10 - Per Case à 29 anni 0:30 - Per Vigne à 29 anni 17:50 - Per Territ.j ad anno corr.te in g.no mezzo tt.o à carlini otto il tt.o 0:40 - Per Territ.ij à 29 anni 1:30 - Per Territ.ij à terag.o tt.a 145 ed un quarto, a carl. otto il tt.o 116:20 - Per ghiande 1:20 - Per Territ.o in dem.o tt.a quindeci, a d.a rag.ne 12:00 - Per orto ad anno corrente 1:00 - Rendite di diversa natura dai "Benefizi" 20:98 - Per Xma sopra a bovi tt.a 109 alla misura di Ben.to, a carl: 7 il tt.o 76:30 - Per Xma in orzo alla d.a mis.a tt:a 27 ed un quarto à carlini 4 il tt.o 10:92 - Per Xma personale 96 15:21 - Per emolumenti di Stola 97 20:32 La " somma di tutti li frutti " ammonta a Ducati 295:73 L'opera dell'Orsini di rendere visibile il controllo ecclesiastico anche su attività sociali trovò, almeno inizialmente, seguito ed entusiasmi. Come nel caso di Libero Antonio Longo, che, dopo aver acquistata "l'immagine della Beata Vergine de' Sette Dolori nel 1717", ricorse al Cardinale per ottenerne il permesso di erigerLe un altare. Ottenutolo e stipulato, il 2 Marzo 1718 per mano del Notaio Francesco A. Amoroso, un "istrumento di Fondazione del

96 Anche la 'Parr.le' di S. Stefano aveva " il Jus d'esiggere la Xma ", e sempre " alla mis.a di Ben.to ", come la 'Arcipretale' di S. Maria; però solo a quest'ultima apparteneva il diritto della decima nel caso che "qualche famiglia forastiera venisse à fare abitazione nella Terra de Limusani". Le famiglie, delle quali se ne riportano i cognomi, 'sottomesse' alla prima erano n° 38 (con 8 'artisti' e 62 'non artisti') e n° 101 Case; tra esse figuravano tanto il "Sig.re Marchese di Grazia" che il "Convento di S. Franc.o". 97 Sempre per curiosità e per capire antiche costumanze (v. anche la nota 16) riportiamo qualche "emolumento": - Per ogni rompetura della Fonte battesimale in Sabato Santo, ò nella Pentecoste una gallina ; - Per l'affissione delle Croci,... ; - Per oblatione nel di di S. Donato... ; - Per offerta à 3: Ag.to giorno dell'inu:e di S. Stefano ed à 26 Xmbre giorno di S. Stefano... ; - Per le Scomuniche esigge per tre denunce carlini tre, Per ciascedun Testimonio di rivela carlini due ...

70 Beneficio di jus patronato della Famiglia Longhi", appena qualche anno più tardi, il 20 luglio 1721, lo stesso Orsini fece la "consacrazione dell'Altare del Beneficio della Beata Vergine de' Sette Dolori". Quei contrasti, tanto inutili quanto deleteri, ma che mal celavano i forti scontri sociali, per la preminenza tra le due Chiese, che caratterizzarono, durante l'intero XVIII secolo, la storia limosanese, portarono, nel 1809, alla unificazione (v. nota 20) delle due parrocchie. La decadenza, da allora e con essa, si fece irriversibile ed inesorabile. Quello, che dalle descrizioni tramandateci sembra essere stato un gioiello per rigorosità stilistica di architettura cinquecentesca, quando, però, nei lavori di rifacimento (v. l'atto in nota 25) non ne fu sconvolto l'impianto della fabbrica, ebbe a subire danni enormi ed irreparabili in occasione del terremoto del 26 Luglio 1805. I lavori, che ne seguirono e che, anche a causa delle mutate condizioni politico-amministrative, durarono per circa un settantennio 98 , modificarono radicalmente la struttura architettonica della Chiesa. Prima di iniziarli, però, con antico rispetto e senso di cultura non più usuale si fece una ricognizione. Di essa, che ci fa conoscere l'impegno nel tramandare ai posteri le opere dei padri, ne trascriviamo la registrazione 99 . "... A richiesta fattaci dal Signor Don Emiliano Corvinelli Odierno Arciprete di questa Parrocchial Chiesa di San Stefano, personalmente conferiti nella Chiesa sudetta scoverta ruinata dal Flagello del Terremoto, entro della quale vi abbiamo ritrovati il Sacerdote Don Francesco d'Addario, il Sacerdote Don Evangelista Matteo, il Sacerdote Don Vincenzo Fracassi, il Sacerdote Don Luigi Fracassi, il Dottor Don Quirino Fracassi, il Dottor Fisico Don Daniele Fracassi, Don Vitale Larenza, Don Vincenzo Fracassi, Don Vincenzo Maria Tata, Magnifico Paschale Fracassi e Magnifico Luigi Sebastiano attual Amministratore di questa Comune, tutti di questa sudetta (comune) di Limosano, ed in occasione di essersi dato principio al riattamento dell'anzedetta Parrocchial Chiesa, primacche si distaccassero le toniche delle muraglie del Battistero, per esservi in una di esse impressa un'antica Iscrizione, a tal oggetto lo riferito Signor Arciprete ave pregato li sopradescritti Preti, e Galantuomini, che come cittadini più probi, accreditati, onesti e degni di fede, avessero perciò diligentemente, ed attentamente quella osservata, e riconosciuta per farne sollenne atto, li medesimi in ciò sentire, senza verun ostacolo, immediatamente sono unitamente entrati nel sudetto Battistero, ed approssimatisi al dientro in una muraglia dirimpetto a questo Palazzo Marchesale, sopra la di cui tonica vi hanno ritrovata impressa un'antica Iscrizione manoscritta a lettere Maiuscole del tenor seguente: MANDANTE EMINENTISSIMO ARCHIEPISCOPO URSINI ARCHIPRESBYTER JOSEPH DEL GOBBO PROPRIO AERE EREXIT ANNO DOMINI 1706 Quale suddetta antica Iscrizione essendo stata rispettivamente da essi sudetti attestanti uno dopo l'altro letta, riletta, osservata con tutta l'attenzione, e benemente riconosciuta, non avendosi in essa affatto rilevato viziatura alcuna, cassatura, né rapura, ma vera sincera tale quale anticamente fu manoscritta nella suddetta Epoca di tempo, e così hanno dichiarato, testificato, ed attestato rispettivamente con giuramento tacto pectore, et tactis scripturis ". Nel 1928 si fecero "lavori alla covertina alla chiesa di Santo Stefano" per complessive L. 1293 ed altri opere, per L. 248, di manutenzione straordinaria all'interno. E' del 23 Luglio 1950 la 'scrittura privata' per l'affidamento al "Signor Fracassi Ercole fu Angelo" dei lavori di rifacimento "al soffitto in legno per la copertura interna della Chiesa 98 ASC, Prefettura II Serie, Limosano, BB. 3 e 7. E' del 1871 una perizia suppletiva di Giuseppe di Vincenzo da Civitavecchia per accertare il fabbisogno per le riparazioni del "vuoto rinvenuto nell'abbattimento del muro che minacciava rovina dalla parte di tramontana". 99 ASC, Protocolli Notarili, Notaio Lucito Giuseppantonio di Limosano, atto del 3 Marzo 1807. Circa il testo dell'iscrizione, esso coincide con quello già trovato nell'INVENTARIUM del 1713.

71 Madre in conformità al progetto dell'architetto prof. ing. Cesare Antonelli". Appena di qualche anno più tardi (e fu, probabilmente, in tale occasione che andò distrutta una "antica mensola di pietra su base, pure in pietra, scolpita a rilievo", sino ad allora ancora esistente al lato sinistro dell'altare maggiore) sono gli ulteriori lavori, che della Chiesa di S. Stefano continuarono a ridurre il pregio artistico.

2.3 - Le Confraternite

In una società, che era appena passata da quel sistema economico chiuso, rappresentato dalla 'curtis ', ai primi traffici commerciali ed alla, seppur lenta ed ancora primitiva, circolazione della moneta; in una società, che, pur mantenendo ancora assai rigida la divisione tra gli orantes (i professionisti del religioso), i pugnantes (gli specialisti nelle armi) ed i laborantes (gli addetti alla produzione), vedeva con una tanto tacita quanto solida compenetrazione tra le prime due categorie l'allontanamento della terza dalla partecipazione alla ricchezza; in una società, che, dopo la commercializzazione degli schiavi, cui non erano state estranee le grandi istituzioni religiose, ad ogni suo livello sviluppò, prima grave disfunzione socio-economica, il fenomeno dell'usura; in tale società, quella del XII secolo, caratterizzata nel bene e nel male, perciò, da evidenti impulsi evolutivi Pantasia Abdenago , che era " di nobile famiglia originaria di Limosani (Molise) ", fondava in Benevento "...nel 1177 una chiesa e una collegiata, quella di S. Spirito, e, accanto ad essa, una confraternita laicale "100 . Essa, assai probabilmente la prima del genere, per essere 'laicale': 1) ha di innovativo la tendenza a porsi in una posizione autonoma nei confronti del sistema ecclesiastico ufficiale; 2) rappresenta la risposta, in forma comunitaria, alla domanda di mutualità solidale; 3) costituisce, nell'ambito di una "Terra", l'alternativa antagonista, finalizzata alla difesa, ai poteri forti tradizionali, specie nella sfera economico-sociale. Tali esperienze di primordiale associazionismo, che in una società in fase di risveglio non potevano già di per sé non incontrare favore e che, aiutate dalla politica federiciana per il loro essere espressione di laicità , si sviluppano quasi a macchia d'olio, verranno ben presto anche 'esportate' dall'area beneventana e, ad essa collegata con un cordone ombelicale, da quella limosanese. E' il caso di Isernia, dove, era appena il 1289, "aliqui cives nec non et alii forenses in unum coniuncti glutino caritatis,..., fratariam seu fraternitatem fecerunt" 101 , "opera et labore" di quel Pietro del Morrone originario, non casuale, della stessa area, quella limosanese, da dove proveniva Pantasia Abdenago. Trovare, almeno sino a tutto il XV secolo, una traccia della presenza di confraternite, che pur dovette essere significativa e visibile, nella Terra di Limosano, che ne vide ben sei contemporaneamente attive, è cosa assai difficile. La prima notizia 'certa' da per sicuramente esistente "la Confraternita del SS.mo Sagramento dall'anno 1500" 102 . La assoluta coincidenza di una tale data, tuttavia, con l'altra "dela consecratione de l'altar majore (della Chiesa di S. Stefano), lo quale lo consacrò lo episcopo de trittivero, nomine io: bap.ta nellanno 1510, a li quattro de aprile", farebbe pensare a quel tipo di ' fundatione ', che, come avverrà una seconda volta con la "Bolla spedita à 6: 9.mbre dell'anno 1693" dall'Orsini,

100 ZAZO A., Dizionario Bio-Bibliografico del Sannio, Napoli 1973; voce 'PANTASIA Abdenago'. 101 Dalla Bolla di Roberto, Vescovo di Isernia, che, nonostante sia pervenuta in copia non autentica del '600 e, perciò, affatto attendibile, molti isernisti ritengono documento principe a favore della loro ipotesi sulla patria di Celestino V. "Alcuni cittadini residenti ed altri forestieri, uniti dal glutine della carità, per l'opera ed il lavoro del religioso uomo Pietro de Morrone,... costituirono una frataria o (con) fraternita ".

102 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano. Diverse notizie sulle Confraternite sono state ricavate da questo fondo composto da quattro Buste , che, per evitare inutili appesantimenti , si eviterà per quanto possibile di citare.

72 rappresenta un primo e serio tentativo di portare quella Confraternita nell'orbita ecclesiastica. Ma nonostante ciò, essa manterrà gelosamente, almeno sino all'intervento orsiniano, una connotazione di ' laicalità ' maggiore dell'altra Confraternita limosanese, quella del SS.mo Rosario . E quest'ultima sicuramente fu più recente della prima in quanto, oltre le indicazioni di fonti e di documenti, a farla tale è il maggiore asservimento all'istituzione ecclesiastica della "Ven.bile Cappella del SS.mo Rosario..., la quale per essere ecclesiastica, come si rileva dal la prima fundazione di d.a Cappella fatta dall'Arcip.e di quel tempo alli venticinque Marzo 1583 ", ed, ovviamente, "dalla annessione all'Arciconfraternità di Santa Maria della Minerva di Roma al primo di Decembre 1693" 103 dell'Orsini. Della terza Confraternita di Limosano, quella "sotto il titolo del SS.mo Nome di Giesù ", scarne sono le notizie pervenute, anche se risulta presente ed attiva negli atti di notai limosanesi del '600. Ma la rara titolazione col riferimento alla poco comune attribuzione del "SS.mo Nome di Dio"; la particolare collocazione, non priva di significato, ' in maximo altare ' della Chiesa arcipresbiterale di S. Maria; e gli aspetti, documentati, riconducibili ad una vissuta contrapposizione (pur con uno stesso modo di proporsi nella società) con la Confraternita del SS.mo Corpo di Cristo, eretta ' in altare maiore ' ed emanazione dell'altra Chiesa limosanese; sono tutti elementi che inducono a ritenerla antica e, probabilmente, più di quest'ultima. Una tale ipotesi mutuerebbe vicendevole conferma dall'altra per cui all'interno di una ' Terra ' "la nascita dell'ospedale si spiega con l'origine assistenziale e caritativa delle confraternite" 104 . Ed a Limosano l'attività di una frataria antica può ben essere riferita alla presenza dello ' Spedale ', che, come quella, rientrava nell'orbita della Chiesa Arcipretale di S. Maria, e che, al più tardi, può essere datato alla seconda metà del XIV secolo. Per assoggettarla al potere religioso, con la bolla dell'11 Dicembre 1693 105 , infine, l'Orsini ne sanciva lo status di Confraternita, "da tempo esistente" nell'altare maggiore della Chiesa di S. Maria. Ma, tra la fine del XVII secolo ed i primi anni del successivo, o perché non si sottomise alle nuove condizioni imposte dall'Orsini; o perché si muoveva in un'orbita contraria al partito austriaco (che si stava, per come era allora possibile, impadronendo del potere); o perché era governata da rappresentanti legati a forme di contestazione più o meno radicali ed ispirate, tanto nel religioso che nel sociale, al rifiuto evangelico di ogni avere; oppure, più 103 ASC, Protocolli notarili, Not. Marone Saverio di S. Angelo Limosano, atto del 4 Febbraio 1766. 104 RUBINO E:, Il potere controverso, Campobasso 1995, pag. 21. 105 ASCL, Fondo luoghi pii ed opere pie, B. 1, f. 1. Stessa collocazione ha anche una copia del 12 Luglio 1864 della Bolla del Cardinale Orsini, datata 21 Novembre 1693, riguardante la Confraternita del SS.mo Rosario. Infine, una copia della Bolla del 6 Novembre 1693 relativa alla fundatione della Confraternita del SS.mo Sacramento è in ASC, Opere pie, Limosano, B. 1, f. 1. Trattasi, forse, degli stessi documenti, depositati con atto per Notaio Lucito Giuseppantonio (v. ASC, Protocolli Notarili) del 29 Novembre 1836, dal Sacerdote Don Vincenzo Fracassi, allora Prefetto Spirituale della Congregazione del Santissimo Sagramento. L'anziano Sacerdote, dopo che " ha riferito che sotto l'occupazione Militare gli pervennero nelle mani tre pergamene, due delle quali appartenenti alla Congregazione suddetta, e l'altra a quella del Santissimo Rosario, le quali ha sempre colla massima gelosia custodite, ma temendo coll'avanzar degli anni, o per qualche altro sinistro avente la di loro dispersione, ha risoluto per maggior sicurezza depositarle presso un pubblico Funzionario dalla legge istituito . La prima (pergamena) ... contiene la Bolla spedita dall'Eminentissimo Cardinale Fra Vincenzo Maria Orsini Arcivescovo della Chiesa Beneventana li sei Novembre dell'anno mille seicento novantatre, con cui si dichiara legittima, e Canonica la Confraternità del Santissimo Sagramento eretta dentro la Chiesa Arcipretale sotto il titolo di Santo Stefano. La seconda di carte scritte numero undici contiene il Real assenso... sotto il dì quindici Dicembre millesettecento cinquantasette alla Capitolazione fatta dal Priore e Fratelli della detta pia Congregazione pel buon governo della stessa. La terza contiene il Regio assenso concesso... sotto il dì tre Marzo mille settecento settantasette alle Capitolazioni fatte dagli Agenti e Fratelli della Congregazione del Santissimo Rosario esistente dentro la Chiesa Arcipretale di Santa Maria Maggiore di questo medesimo Comune, ed è di carte scritte numero sette ".

73 facilmente, per le tre cose combinate insieme, la Confraternita del SS.mo Nome di Dio in quel preciso momento storico cessa di esistere. Difatti, a differenza delle altre due, non se ne trova traccia, se non nella omonima Cappella , già nel grande Inventarium del 1712-13. Da fonti archivistiche dell’ultimo trentennio del XVI secolo, tuttavia, oltre alle tre menzionate, risulta documentata l’attività di altre Confraternite sicuramente più antiche, come la Confraternita di S. Martino , quasi certamente collegata con l’Ospedale della SS.ma Annunziata, la Confraternita della SS.ma Concezione e la Confraternita del Cordone di S. Francesco , entrambe operanti nella Chiesa annessa al Convento dei frati minori Conventuali. Di esse rimangono solo poche tracce. Una ricostruzione, assai fedele, del quadro, riferibile agli ultimi decenni del ‘500 (si noti la concentrazione dentro o ai margini dell’abitato), delle istituzioni religiose attive ed operanti nella ‘Terra’ di Limosano è la seguente: - l’ Ecclesia parrocchia di S.ta Maria (1571), che nel 1574 è in “ edificio ” ed è in “reparatione ” tra il 1580 ed il 1592; - la Parrocchia di S.to Stefano (1571); - il Convento di S.to Francesco (1571), che nel 1574 è in “ edificio ”; - il Monastero de Majella (1571); - la Cappella dell’Annunziata (1571), o, nel 1598, “ dell’Annunziata dell’hospitale ”; - la Cappella (1571), che, nel 1589, è “Cappella con Confraternita ” del SS.mo Corpo di Cristo o, nel 1598, del SS.mo Sacramento , in S.to Stefano nel 1591; - la Cappella con Confraternita del SS.mo Rosario (1589), in S.ta Maria nel 1591; - la Cappella con Confraternita del Nome di Giesù (1589), in S.ta Maria nel 1591; - la Confraternita (1587), o, nel 1589, Cappella con Confraternita , della SS.ma Concezione , in S. Francesco nel 1591; - la Cappella con Confraternita del S.to Cordone di S. Francesco (1589); - la Cappella con Confraternita di S. Martino (1580 e 1589); - la Cappella di S. Maria de liberi a Maiella (1580); - la Cappella di S.to Giovanni (1571); - la Cappella di S. Angelo a S. Maria (1574); - la Cappella di S. Silvestro a S. Maria (1580). Quanto alle costumanze amministrative, in uso prima della controriforma orsiniana nelle Confraternite di Limosano, le notizie di maggior interesse vengono da una " Fides pub.ca pro Mag.ca Universitate Terre li=Musanorum, super administratione Locorum Piorum Laicorum, et Cappellarum eiusdem "106 , del 31 Gennaio 1740, con cui " in publico testimonio (si sono) constituiti Mercurio Covatta di anni ottanta, il Mag.co Domenico Corvinelli d'anni settantasei, Ascanio Longo d'anni settanta, e Pietro Santone d'anni settanta, come han detto, e dal loro aspetto apparisce, della sud.ta Terra, li quali spontaneamente hanno asseriti avanti di noi, come prima di venire il fù Arcivescovo Orsini di Benevento, le due Cappelle di questa sud.ta Terra, per essere laicali, e fondate con la carità de Cittadini , cioè del Santis.mo Sagramento, e del Santis.mo Rosario, erano sempre amministrate da Laici del Paese, e si eligevano economi delle medesime, sempre persone laiche, ancorche non fossero stati Confratelli ; tanto vero che detto Mag.co Domenico Corvinelli, secondo si va ricordando, fù eletto economo, verso l'anno mille seicento ottantotto, et essercitò la sua economia, e non era Confratello, e lo detto Ascanio Longo è stato varij anni economo, e non era Confratello, bensì ricevevano il giuramento di ben amministrare, dall'Arciprete della Chiesa di San Stefano ,..., e sanno benissimo, che quando doveva eligersi l'Economo, si sceglieva una Persona più capace laica del Paese, e non potevano ricusare, per essere cosa del Publico, e da che venne detto Arcivescovo Orsini, le dette Cappelle passarono in mano

106 ASC, Protocolli notarili, Not. Amoroso F.Antonio di Limosano, atto del 31 Gennaio 1740.

74 de Preti , et ita juraverunt ". Circa il modo di proporsi nella società, la Confraternita del SS.mo Sacramento "andava vestito di camice torchino" e con la mantellina di colore rosso, mentre quella del SS.mo Rosario "andava vestito di camice bianco" di tela, con la mantellina di colore azzurro 107 ed il "mozzetto" nero. L'intero XVII secolo (anche se, scatenata dalle forze più conservatrici, occorre farla partire sin dalla fase 'controriformatrice' del dopo Concilio di Trento) vede una intensa attività delle istituzioni religiose, che, per le confraternite limosanesi, si concretizza in termini tra di loro assai diversi. Per la Confraternita del SS.mo Nome di Dio la scelta di rimanere fedele all'originaria vocazione assistenzialistica fu, se non la principale, una delle probabili cause della sua scomparsa. Pur di rappresentare quella parte legata storicamente alla tradizione dell' Università , il suo atteggiamento di chiusura verso il compromesso con le esigenze della 'nuova' classe emergente, sia ecclesiastica che civile, valse appena la sopravvivenza (e solo quella) alla Confraternita del SS.mo Rosario . Invece, per la Confraternita del SS.mo Sagramento l'essere diventata il punto di riferimento della parte più ricca e più progressista della ' Terra ' e la preferenza, probabilmente imposta dalla nuova famiglia Marchesale dei di Grazia ed evidentissima nella stessa costituzione dei Monti Frumentari 108 , da parte dell'autorità ecclesiastica proprio nel momento in cui la Rettoria di S. Stefano ingaggia lo scontro, dal quale uscirà vincitrice, con la Arcipretale di S. Maria, ne rappresentano le vere ragioni della preminenza e del suo successo sociale ed economico. Anche l'analisi, appena superficiale, della struttura patrimoniale delle due Confraternite limosanesi, che rimarranno superstiti, porta a tali conclusioni. E, da un lato, se è vero che al SS.mo Rosario facevano capo circa una diecina di immobili urbani (tra cui: alcune case, due stalle, una "grotta, posta nel luogo dove si dice lo Borgo ", ed "una Cantina , che sta sotto la Casa della Chiesa Arcip.le della quale se ne serve l'Arciprete pro tempore "), è pur vero, dall'altro, che ad essa potevano essere riferiti solamente terreni per una estensione complessiva di appena 26 tomoli e 9 misure. E non regge, come meglio si vedrà in seguito, nemmeno il paragone sulle disponibilità liquide. Essa, difatti, amministrava 'solo' 351 ducati, che teneva impiegati , ad un tasso medio del 7,986% (ed oscillante tra il 6 ed il 10%), con 36 'debitori', i quali tutti al 25 di Agosto pagavano la quota di interesse. Il prestito (ben 24 erano garantiti da tutti i beni di proprietà e 12 con ipoteca parziale) era mediamente di 9,75 ducati. Oltre a 25,00 ducati da "legati pij", la "somma di tutti li frutti", che si introitavano, era: - Case a ti.o di 29 anni 4:25 - Per Vigne a 29 anni 1:60 - Per terraggi di Territ.ij tt:a 3 e 1/2 à carlini otto il tt.o 2:80 - Per Cenzi redimibili in commune 6:18 - Per Cenzi redimibili in Specie 7:90 - Per Agum.to di grano accredenzato tt.a 12 e mezzo à carlini otto il tt.o 10:00 A fronte di tali "frutti", pagava "pesi" per 18,15 ducati 109 . 107 ASC, Protocolli notarili, Not. Amoroso F.Antonio di Limosano, atto del 31 Maggio 1742. 108 Si veda, sia in ASC, Fondo Opere Pie, B. 2; e sia in APL, l' Estratto del Sinodo Diocesano decimo settimo di Orsino, celebrato in Benevento nell'anno 1702 . Dall' "Editto 30 per gli Monti frumentari della Diocesi" del "29 di Ottobre 1701": " ... dichiariamo eretti i seguenti Monti frumentarij, prescrivendo ad essi per fondo, e Capitale le somme infrascritte: ed insieme pubblichiamo i seguenti speciali decreti, per lo giusto, stabile, e fermo regolamento di essi Monti = XVI. Limosani tum: 600 N° d'Ordine: 40. Santissimo Corpo di Cristo Confraternita ... tum: 500 41: Santissimo Rosario Confraternita... tum: 100 ". Si ignorano le motivazioni di una simile differenza di trattamento. A meno che non la si imputi alla riconoscenza per i 700 ducati versati appena qualche anno prima dal SS.mo Sacramento. 109 I 'pesi' della Confraternita del SS.mo Rosario, che ammontavano a soli 18:15 ducati, erano i seguenti:

75 Per il " Monte frumentario " la Confraternita del SS.mo Rosario " possiede tt.a cento di grano, quale tiene dato impresto a diversi Cittadini e ne corrispondeno due misure per ogni tt.o quali importano l'anno tt.a 12:2:. Il sudetto Monte è stato canonicamente eretto dall'Emo e Rev.mo Sig.re Cardinal Arcivescovo Orsini à 29 Ottobre 1701 come si legge nel Sinodo XVII titolo 5. Cap. 2° ". Le attività della Confraternita del SS.mo Sacramento, se confrontate con le voci dello stato patrimoniale del SS.mo Rosario, presentano tutte quantità e valori superiori. E' così per il patrimonio edilizio, che, costituito da 12 case, per complessivi 27 "membri" (o vani), e da "una Cantina, posta nel luogo detto lo Sporto di S. Nicola ", già sembra, sia per qualità che per posizione, migliore. Di certo lo è per quello fondiario, che, esteso per ben 323 tomoli e 9 misure, è formato da 60 appezzamenti, di diversa grandezza e sparsi in maniera irregolare nell'agro, dei quali 4 sono orti, 26 sono territori (dove risultano molto presenti le "cerque", i "piedi d'olive" e gli "albori fruttiferi") e ben 30 sono a "vigna", che, estesa per 68 tomoli e 5 misure, rappresenta il 21% circa del totale. Lo è, infine e maggiormente, per la disponibilità di capitali liquidi. Ciò è già sin troppo evidente dal fatto che " ... nell'anno 1695 a 9 settembre i Fratelli della Confraternita del SS.mo Corpo di Cristo della Città di Limosano... pagarono al Seminario ducati settecento, coll'obbligazione di mantenere gratis un Alunno, nativo della stessa Città, da nominarsi da essi, e loro successori in perpetuum , siccome costa dallo strumento rogato dal N:r Giuseppe di Pompeo Beneventano "110 . Ed è evidente sia per la circostanza per cui "l'Organo fu acquistato dal Luogo Pio nell'anno 1709" 111 e sia per il fatto che "nella Cassa Sagra di Ben.to furono depositati doc: trecento dalla sud.a Capp.a, quali furono dati a Cenzo" con garanzia ipotecaria: ducati 67:70 al "Rev.do D.n Tiberio Bucciano della Terra di Tocco"; ducati 82:00 alla "Ven.le Capp.a del SS.mo Rosario della Terra di Apice"; e ducati 150:00 ai "Sig.r Filippo Ascolese e Sig.r Silvio Rendina" di Benevento. Teneva impiegati a mutuo (con prestiti che, oscillando tra 2:00 e sino a 100:00 ducati, erano mediamente di 18,294 ducati) altri 311:00 ducati con 17 partitari limosanesi ad un tasso medio del 7,296% (ed oscillante tra il 7 ed il 10%). Una tale estesa attività creditizia (e redditizia) venne di certo esercitata per lungo tempo, se è vero che aveva "la d.a Cappella del SS.mo Sagramento di questa sud.a Terra dato ad annuo cenzo al fù D. Aniello Barisono della Città di Montefuscoli ducati sissanta, e carlini quattro, colla corrisponsione delle sue annue terze, alla ragione del cinque per cento nell'anno mille settecento ventisei, come per istrumento rogato per mano di N:r Ignazio d'Auria di Benevento,..." 112 . Era proprietaria, ma affidati a diversi partitari, di: 57 "animali vaccini" condotti "a società"; 4 "Bovi all'ammessa"; 9 "giovenchi in com.e" ed "un Ienco a capo prezzo" e 169 "pecore". Teneva 34 "piedi d'olive" dislocati, "per uso di d.a Cappella", in diverse zone, "oltre altri piedi d'olive situati in Territorij di d.a Capp.a, quali uniti colli sopradetti inclusovi lo Ius ch'ella tiene d'essigg.e mezza Carafa da chiaschedun Forastiero che porta à vendere oglio in detta Terra", dai quali poteva ricavarne "un'anno per l'altro Carafe n° trentanove". Introitava 359:94 ducati dalla "somma de tutti li frutti", di cui se ne riporta la specifica: - Per Casa ad anno corr:te 31:70 - Per vig.e in dem.o a tit.o di 29 anni 16:07 - Per Territ.ij a 29 anni in den.o 0:30 - Per Territ.ij a 29 anni in g.no tt.a nove e tre quarti, a carl: otto 7:80

"- Al Sig.re Arcip.te per la celebraz.ne di messe duc. 10:45 - Per Olio alla Lampana del SS.mo " 6:00 - Per Cera in tutto l'anno " 0:70 - Per rata della procurat.ne della S. Visita in'ogni due anni " 1:00". 110 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 1, f. 1. 111 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 1, f. 1. 112 ASC, Protocolli notarili, Not. Marone Saverio di S. Angelo Limosano, atto del 4 Settembre 1765.

76 - Per Territ.ij a terrag.o in g.no tt.a quaranta sette e mezzo a d.a ragg.ne 38:00 - Per Cerque che si raccogliano 3:80 - Per Territ.o in dem.o tt.a due a d:o prezzo 1:60 - Per Orto ad anno corrente 0:50 - Per Orto à 29 anni 0:15 - Per Orto in dem.o 0:15 - Per oglio, si hà dall'olive Carafe trenta nove, ad un carl: la Carafa 3:90 - Per Cenzi redimibili 38:36 - Per Vacche alla parte 50:00 - Per Cascio rot.o cento venti 12:00 - Per Bovi all'ammessa grano tt.a dodici, a carl: otto 9:60 - Per Jenci in com.e g.no tt.a tredici e mezzo 10:80 - Per frutto di pecore n° 169 a carlini cinque l'una 84:50 - Per un Ienco a capo prezzo 1:50 - Per frutto di g.no accredenzato tt.a 62 e mezzo, à carl: otto il tt.o 50:00 Pagava di "pesi" 35:80 ducati 113 , che rappresentavano solo il 10% degli 'introiti'. Per il " Monte frumentario " la Confraternita del SS.mo Corpo di Cristo " tiene g.no tt.a cinq:cento, q.ali imprestate à Cittadini n'esigge due mis.e a tt.o, che imp.no tt. 62:20. Il sud.o Monte è stato Canonicam.te eretto dall'Emo, e R.mo Sig.r Card:l Arciv.o Orsini à 29 di Ottobre 1701, come si legge nel Sinodo XVII tit:o 5, cap:o 2 ". Tuttavia, quella dell'Orsini, più che una ' fondazione ', deve considerarsi una vera e ' canonica ' autorizzazione all'appropriazione da parte del Clero sia di una istituzione, il monte frumentario sorto "co' suoi proprj danari ritratti e dalla pie obbligazioni de Confratelli, e dalle rendite avanzate dal patrimonio, per soccorrere non solo i Confratelli poveri, ma anche i poveri di tutta la popolazione", certamente assai antica ed in precedenza gestita da laici, che del relativo patrimonio "consistente in rendite di beni proprj, e capitali a cenzo bollare". E' quanto emerge dalla ' annotazione ' all'art. 6 del Cap. 1° dell'Introito del " Progetto di stato discusso " del 23 Febbraio 1834, che recita: "La Confraternita del SS.mo Sagramento dall'anno 1500 all'anno 1700, non ebbe altra rendita, che l'aumento del grano accredenzato, per sostenere i pesi del Luogo Pio. In prosieguo vi si aggiunse (come si è visto) quella dell'industria degli animali, e coll'economia di essi si formò tra Canoni, Capitali, ed Affitti la rendita di annui duc: 80:00. Dal 1700, al 1720, la rendita effettiva de' Capitali si aumentò, dietro la vendita del grano, che marciva inoperoso ne magazzini, essendo giunto all'eccedente somma di tomola 2000. Restò quindi fissato la quantità del Capitale del Montefrumentario, dalla f:m: del Cardinale Orsino, a tomoli 500 "114 . 113 I 'pesi' della Confraternita del SS.mo Corpo di Cristo, ammontanti a 65:80 ducati, erano: "- Al Sig.r Arcip.e in ogni terza Dom.a del mese duc. 1:80 - Al Sig:r Rett:re di S. Stefano per la medesima assist.a " 1:80 - A quattro Sacerdoti per la medesima assist.a e process.e " 4:80 - Al med.o Sig.r Rettore di S. Stefano per la celebraz.ne di 12 messe Cantate " 6:00 - Al sud.o per la celebraz.ne di messe lette n° 40 per li benefattori " 4:00 - Per Cera un'anno per l'altro lib.e 48 a g.ni 35 la libra " 16:50 - Per Olio alla Lampana un'anno per l'altro " 6:00 - Per Stipendio al benef.o sempl: " 6:00 - Per Stipendio al soprantend.e " 6:00 - Per incenzo " 0:30 - Per rata della proc.e al Sagrista " 1:20 - Per Cattedratico " 1:00 - Per la procurat.e della S. Visita in'ogn: due anni per rata " 4:00 - Per Cenzi passivi a S. Maria carl: 3; Alla Corte Baronale un carl:, in tutto " 0:40 - Due scrivani de Libretti " 6:80". 114 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 1, f. 1.

77 Nel frattempo, però, i capitali derivanti dalla vendita delle eccedenze, anziché essere investiti in loco , avevano per la gran parte preso la direzione del Beneventano. Le due Confraternite "ebbero in seguito le loro regole sanzionate con Real assenso, quella del SS.mo Sagramento nel 1757, e l'altra del SS.mo Rosario nell'anno 1777, e le loro amministrazioni furon sempre tenute da' loro Uffiziali eletti nel loro seno. Dal tempo dell'occupazione militare le Congregazioni furon spogliate dell'Amministrazione di tutti i loro beni, e confidate alla Commissione Amministrativa, come risulta dalle carte sistentino presso il Consiglio Generale degli Ospizj" 115 . Già da qualche anno, però, "la mancanza della rendita in grano, proveniente dall'industria degli Animali Bovini che furon venduti al declinare del p: p: secolo, ed al principio del corrente ha fatto nascere un vuoto nella rendita" 116 . Per ciò che riguarda la gestione amministrativa delle Confraternite, grandi erano le responsabilità dei "loro rispettivi cascieri e Priori" 117 , i quali rispondevano in proprio degli eventuali ammanchi. E' così che il 30 Novembre 1818 davanti al Notaio, dopo che " sono comparsi Giorgio Piciucco fu Basilio, Domenico d'Amico fu Nicola, Antonio Minicucci fu Pietro, Vincenzo d'Ambrosio fu Domenico, e Vincenzo e Tommaso d'Addario fu Saverio, Contadini, ed i Signori Luigi Sebastiano fu Cosmo, Sartore, e Francesco Lucito fu Egidio, Calzolajo,..., da una parte, e, dall'altra parte, il Signor Don Marcellino Corvinelli di Melchise, Medico, Sindaco esercente di quest'istesso Comune, esso Signor Sindaco Corvinelli ha dichiarato, che essendosi dalla Commissione incaricata per la discussione de' conti arretrati de' Luoghi Pii... proceduto alla visura di varj conti di essi suddetti comparenti per la gestione da loro tenuta in diversi, e replicati anni di queste Cappelle Laicali sotto il titolo del Santissimo Sagramento, e Santissimo Rosario, così i medesimi dopo la digressione de' prodotti reclami sono risultati debitori, cioè - Giorgio Piciucco per l'amministrazione della Cappella del Rosario nell'anno 1802, nella somma di ducati 79:89; - Domenico d'Amico per la gestione della Cappella del Santissimo Sagramento negli anni 1804, e 1805, nella somma di ducati 86:66; - Antonio Minicucci per la gestione della Cappella del Rosario nel 1805, nella somma di

115 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 2, carte sparse. Da una 'comunicazione', del 1827, "al Signore Intendente; e Consiglio Generale degli Ospizi della Provincia di Molise" da parte di Pasquale Fracassi, Priore della Confraternita del SS.mo Sacramento, e del Notar Giuseppantonio Lucito, Priore della Confraternita del SS.mo Rosario. Quando (1777) venne concesso il ‘Real Assenso’ alle ‘ regole ’ della Confraternita del SS.mo Rosario, si appose, con ogni probabilità, l’iscrizione, ancora presente, pur se poco visibile, nella Chiesa di S. Maria (in alto a sinistra del secondo altare, sempre alla sinistra di chi entra), e di cui se ne riporta il testo: SACRU HOC OPUS PRIVATO AERE EXTRU- CTU ANGELA BARBATI NICOLAO DEL VECCHIO STABILI CON (N) UBIO IUNCTA PHILIPPI ET ANAEME GOBBI FILIA NE- POS BENEMERITIS. REV. AB. DOMINICI ANT. GOBBI PIETATE, AC DOCTRINA NULLI SECU (N) DI, QUE (M) ULTIMU (M) GENTIS SUAE NUPER VITA FU (N) CTU (M) ADHUC LUGET IN DEVOTI ANIMI SIGNU (M) , VIRG. I DEIP. AE SS. ROSARII DICAT ET POSTEROR. MEM. AE MADAT A. R. S. MDCCLXXVII 116 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 1, f. 1. 117 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 2, f. 4. Nelle Regole della Confraternita del SS.mo Sacramento, stampate a Napoli nel 1687 per disposizione del Card. Orsini, significativa è quella riguardante l'elezione del Priore, che recita: " Eligitur Prior cum praesidentia nostri Vicarii Foranei, vel Archipresbiteri. Qui Prior sic electus officium sub poena excomunicationis non exerceat, nisi a nobis fuerit confirmatus (Il Priore sia eletto sotto la presidenza del nostro Vicario Foraneo, o dell'Arciprete. Il quale Priore, così eletto, non eserciti, sotto pena di scomunica, l'incarico, se non sarà da noi confermato)".

78 ducati 11:47; - Vincenzo d'Ambrosio per l'amministrazione della cappella del SS.mo Sagramento nell'anno 1806, nella somma di ducati 10:30; - e finalmente li Signori Francesco Lucito, Luigi Sebastiano, ed il fu Saverio d'Addario padre delli suddetti comparenti Vincenzo, e Tommaso d'Addario, per l'amministrazione da essi loro tenuta di ambe dette Cappelle dall'anno 1810, a tutto Maggio 1814, nella somma di ducati 280:00 "118 . Caratterizzati dalla cultura della centralizzazione ad ogni costo, i nuovi sistemi di gestione introdotti nel decennio francese, quando i Monti frumentari di Limosano, in qualche modo anticipando la sorte che di lì a poco toccherà alle due Chiese, "furono riuniti in una amministrazione, e regolati dal Demanio", portarono tali organismi al degrado più assoluto nel giro di pochi anni. Tanto che il Priore Fracassi, era il 6 di Gennaio 1827, si vedeva costretto a segnalare che di quella del SS.mo Sagramento, che era stata "una confraternita antichissima per l'erezione, doviziosa per la rendita, che forniva di arredi sacri ed argenti la Chiesa,..., vedesi oggi il suo Oratorio reso quasi una spelonga; ed in altro tempo luogo di abbominazione; e il suo Altare sprovisto di sacri arredi; e ridotto nel deplorabile stato di mendicare come per elemosina ..." 119 . E fu chiaro subito a tutti che, nonostante il progresso , le disfunzioni erano causate, come sempre accade, sia dalla scarsa 'capacità' degli amministratori che, ed ancor più, dalla centralizzazione della gestione. Ed i Priori delle due Confraternite limosanesi, sin dal 1827, si videro costretti a rivendicare che, "abbenchè (esse) avessero sempre riclamata l'Amministrazione, i loro voti non furon mai accolti; ma dopo il Real Decreto del 1° Febbraio 1816, non forma più dubbio, che l'Amministrazione istessa debba esserle restituita, giacchè nell'Art. 3° così è ordinato ' L'Amministrazione de' beni, che formano il patrimonio delle Congregazioni, e delle pie adunanze di qualunque natura, sarà restituita ai Confratelli delle medesime, secondo il possesso, in cui erano nel 1805 '. In detta epoca il patrimonio delle Congregazioni era composto delle rendite di beni, ed annualità di capitali non solo, ma ancora de' monti frumentari, quindi tutti questi denno restituirsi alle Congregazioni stesse" 120 . E, siccome al passato non si può tornare mai, neppure allora ci si tornò. Nonostante la evidente riorganizzazione contabile, che, in via di attualizzazione al 1° Febbraio 1831, l'allora Sindaco Lucito così segnalava: "In prima detti Monti Frumentarij erano intieram.e cartolarj, oggi sono in parte tali, ed in parte realizzati. Giusta lo stato reso esecutorio a 13 luglio del caduto anno, il Montefrumentario del SS.mo Rosario è di tomoli 446:2:1 , quello del SS.mo Sagramento è di tom. 1070:1:2 . Tutto Cartolario . Il reale poi indistintamente esatto da' due descritti monti è di tomoli circa novecento, de' quali tomoli ottocentoventi (sono) già stati accredenzati a Cittadini per la semina, e tomoli ottanta circa sono rimasti per vendersi onde far

118 ASC, Protocolli notarili, Not. Lucito Giuseppantonio di Limosano, atto del 30 Novembre 1818. "In seguito indi delle domande da essi Contabili fatte a Sua Eccellenza il signor Intendente della provincia per una dilazione ai pagamenti di tali significatorie, ciascuno,..., ha ottenuto un respiro, purchè però vadi a sottoscrivere un'obbliganza sotto l'arresto personale. (...). Volendo ora i suddivisati contabili mandare in effetti l'obbliganza chiesta dal Signor Intendente con le citate ordinanze, sono perciò devenuti alla stipula del presente atto. In virtù di cui ciascuno de' sopradescritti Contabili in esecuzione di quanto gli viene dal prelodato Signor Intendente imposto va ad obbligarsi sotto l'arresto personale per la rispettiva sua significatoria,...". 119 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 2, f. 4. 120 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 2, f. 4. "S'è lecito indagare la ragione, che il Provvido Legislatore mosse a tanto disporre ve n'è una potentissima, ed è quella, che l'amministrazione passata in mani diverse da quelle, cui fu confidata dagli istitutori delle Congregazioni, non ha più l'oggetto, che questi si prefissero, cioè di servire all'esercizio di pietà, di cui furon mossi in istituir quelle. Ed in fatti la Commissione Amministrativa senza aver presente il bisogno delle Congregazioni, dispone delle dette rendite contro la mente di coloro, che le fondarono".

79 fronte agli esiti di amendue i sudetti Luoghi Pii,..." 121 . Perché ognuno possa farsene da sé una idea quanto più precisa possibile, viene, extra testo, riportato (e ad esso ci si rimanda) un quadro riassuntivo dei 'BILANCI' unificati (nella realtà, però, le amministrazioni erano tenute separate e quello del SS.mo Rosario rappresentava circa la quarta parte del totale) dei due Monti Frumentari 122 , che coprono un periodo sufficientemente ampio a partire dalla riorganizzazione del 1831 (v. nota 55) ed arriva sino al 1873, quando subentrerà la Congrega di Carità. Dopo quello, il primo, portato tra la fine del XVII secolo ed i primi anni del successivo dall'autorità clerico-ecclesiastica alle disponibilità liquide; dopo il secondo mosso, nel decennio francese, dal potere civile innovatore e foriero di nuova libertà alla proprietà fondiaria ed alla rendita; a dimostrarsi fatale a quel che rimaneva delle Confraternite di Limosano fu il terzo e decisivo attacco, sferrato questa volta, dopo la unificazione dell'Italia operata dai Savoia, dal vorace potere economico della borghesia anticlericale. E' appena del 3 Agosto 1862 la legge sull'amministrazione delle opere pie che istituisce ufficialmente la ' Congrega di Carità ', che, per Limosano, significò la ri-unificazione, da una parte, di quanto restava delle Confraternite e, dall'altra, perché permetteva alla emergente borghesia di appropriarsene, un funesto rintocco di quella campana che ne iniziava a scandire i ritmi della definitiva scomparsa. "... Non è il caso di fare una storia minuta e dettagliata del Monte Frumentario di Limosano, delle disposizioni che lo hanno retto e dei suoi rapporti colla Congrega di Carità. (...). Dirò solo che esso sorse con sovrana sanzione del 20 luglio 1776 ed ebbe la sua completa disciplina nel regolamento del 18 aprile 1820,... Fra le disposizioni in esso contenute..., vi è quella in cui è stabilito che ciascun colono, deve nel tempo della raccolta dell'anno susseguente, restituire la quantità del grano ricevuto e l'aumento , ossia l'interesse annuale per l'accredenzamento del grano, che non doveva eccedere la sedicesima parte del capitale (mezzo stoppello a tomolo). Tale aumento, veniva distribuito ai poveri, a norma dello stato che la Commissione composta del Sindaco e degli amministratori del Monte doveva formare annualmente. Colla istituzione della Congrega di Carità, tali aumenti ogni anno venivano dagli amministratori del Monte Frumentario, assegnati a quelli della Congrega per essere erogati in elemosina. Senonché dal 1884 al 1897, tali aumenti non vennero versati e per questa mancanza, sorsero numerose controversie ed accuse ingiuste ed infondate vennero lanciate a carico di persone che dell'amministrazione del Monte Frumentario non si erano mai ingerite "123 . E, perché i rintocchi della campana si erano già sentiti pesanti ed irreversibili nell'aria, a nulla valse la trasformazione del Monte frumentario in Cassa di prestanze agrarie . Nell'assemblea del 15 Febbraio 1906, con la "Approvazione dello Statuto per la Cassa di prestanze agrarie" all'unico punto dell'ordine del giorno, "nel solito locale delle sue adunanze si è riunita la Congregazione di Carità del sudetto Comune nelle persone dei Signori: 1. Pergola Nicolamaria , Presidente; 2. Giannantonio Michele ; 3. Fracassi Angelo ; 4. Giannantonio Antonio , Membri; coll'assistenza del Segretario Sig. Fracassi Erminio , dopo esauriente discussione l'assemblea ha formato il seguente Statuto,...: Art. 1°. E' istituita nel Comune di Limosano una cassa di prestanze agrarie , col capitale approssimativo di L. 8706.57, ricavato dal soppresso Monte Frumentario . Essa è amministrata dalla Congregazione di Carità ... 121 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 2, f. 4. 122 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 2. 123 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 1. Da una comunicazione, datata 24 Maggio 1926, indirizzata all' "Ill.mo Signor Prefetto di Campobasso" da parte dell'allora Presidente della Congrega di Carità di Limosano, Avv. (e, successivamente, Notaio) Gaetano Amoroso.

80 Art. 2°. La Cassa ha per iscopo di soccorrere mediante prestiti non maggiori di lire Cento e non minori di lire Dieci, gli agricoltori più poveri del Comune . (OMISSIS). Art. 30°. ..." 124 . La campana, con la solita maggiore obiettività degli uomini, si era accorta che era stato definitivamente tradito lo spirito delle antiche ' regole '. Di quelle regole, che, per non farne perire la memoria e per non vanificare l'operato dei padri, riportiamo nel testo, così come si era evoluto nel 1777, che codificava il modus vivendi della Confraternita del SS.mo Rosario. Ad maiorem SS.mi Rosarj Gloriam Regole da osservarsi da' Fratelli della Congregazione del SS.mo Rosario della Terra di Limosani principiate, e poste in ordine. --- Regole Comuni --- Procuri lo Sacristano nelli giorni di Congregazione essere sollecito, la mattina mandare a sonare tre volte, radunati i Fratelli, il Priore comincierà, o farà leggere la vita di qualche Santo che corre, o Miracoli di Maria SS.ma, o pure altro libro Spirituale, detto prima Actiones nostras . Dopo si reciterà il Rosario con proponersi i misteri da contemplarsi dal Priore, o da altro Fratello per ordine di detto, o pure l'Officio di Maria SS.ma. Appresso si farà dal Padre Spirituale l'Orazione mentale. Finito lo sermoncino, immediatamente la litania della Beata Vergine, ed uscirà la Messa. Finita la Messa si diranno le solite preci, e si terminerà la Congregazione. --- Del Governo della Congregazione, e degli Officiali --- Essendo indifficoltabile, che le membra si regolano dal ben stare del Capo, acciò la Congregazione abbia la sua durata, e li capi devono sapere il loro Officio, acciò adimplendolo, come si deve abbiano a regolare con quiete, ed averne la mercede dal Signore, e dalla Madre Santissima. --- E prima vediamo del Padre Spirituale --- Il Padre Spirituale sia Sacerdote di quella qualità, che si considera di un Sacerdote, e Padre Spirituale, dovrà a nomina del Priore eliggersi con maggioranza de' voti segreti de' Fratelli, e sarà ad nutum amovibile dalli stessi, il quale attenda con carità alle Confessioni de' Fratelli, e faccia qualche esortazione sopra gli evangelj, e Miracoli di Maria Santissima con insegnare ai fratelli il modo di potersi guadagnare le innumerevoli Indulgenze concedute da' Sommi Pontefici a questa, e simili Confraternite; farà l'orazione mentale, l'esortazione, i sentimenti della disciplina; procuri insinuare a' fratelli la carità e l'amore fraterno fra di loro senza punto di potersi ingerire nella temporalità della Congregazione, e che non possa nominarsi all'Elezione di detto Padre Spirituale l'Arciprete della Chiesa, dove si sta eretta la detta Congregazione, stante per il peso della cura delle anime, ch'esso tiene, ma altri Sacerdoti Confessori, ed Esemplari, ed al detto Padre Spirituale si stabilirà qualche congrua Elemosina, che parerà alli Superiori di detta Congregazione. --- Del Priore --- Il Priore da tutti li Fratelli si eligge con voti segreti separati. La sua elezione si farà nel giorno della prima Domenica di Ottobre, festa del SS.mo Rosario, quali radunati i Fratelli, il Priore, ed i due Assistenti nomineranno nove fratelli, tre per ciascheduno, i quali uno dopo l'altro si proponeranno ai Fratelli per darsi i voti, chi si troverà averne avuto più resterà Priore, quello che meno resterà Primo Assistente, e chi meno di questi Secondo Assistente, ed in caso di parità di voti si dirima dalla sorte, ben inteso però, che i voti devono concorrere a favore di ciascuno de' sudetti Officiali devono essere oltre la metà de' Congregati con permettersi l'invocazione dello Spirito Santo, col dirsi Veni Creator Spiritus . Ed essendo esclusi tutti i Nominati si farà dalli stessi nuova nomina, sintanto seguirà canonicamente l'Elezione. Si avverta, che i voti debbano riceversi dal Segretario assistito da due più antichi

124 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 4.

81 Fratelli, ed in presenza de' medesimi numerarsi. Fatta l'elezione si metterà in mezzo il Priore, a man destra il Primo Assistente, ed a man Sinistra il Secondo assistente con il Sacco, seu Veste della Congregazione, vicino l'Altare, in cornu Evangelj, si canterà il Te Deum . Indi i Fratelli anderanno a dar loro il bacio di pace. Il Priore starà al miglior luogo, con tenere il Campanello per lo segno de' Fratelli. Venuta l'ora della Congregazione procuri di essere il primo a fare le funzioni dette di sopra in ogni Domenica. Eleggerà, col parere de' suoi Assistenti fra il termine di altri due Domeniche dopo la loro elezione gli altri Officiali Minori, come a dire Segretari, Maestro de' Novizi, Maestro di Cerimonie, Portinari, e Sagristani; e proporrà ai Fratelli due soggetti, che stimerà idonei, acciò colla maggioranza de' voti segreti de' Fratelli possano essere eletti Razionali per la visura de' Conti de' passati Ufficiali. E dell'entrate, e spese di detta Congregazione farà i biglietti il Priore al Depositario, seu Cassiere, e fatti daliche dal Primo Assistente, e dal Segretario, purchè siano spese ordinarie; ma essendo straordinarie maggiori di carlini venti debba proporli in Congregazione, ed eseguirsi quello, che con maggioranza de' voti segreti de' Fratelli si risolverà, e lo stesso pratticar debbasi per qualunque altra cosa di rilievo della Congregazione. Esso regolerà tutta la Compagnia, e correggerà, e darà la mortificazione ai negligenti, ed ai mancanti, e procurerà col suo esempio di essere di edificazione a tutti, e mancando esso alla detta regola, devono gli Assistenti unitamente avvertirlo, acciò si corrigga. --- Del Primo assistente --- L'Officio del Primo Assistente è di fare quanto fa il Priore in caso che il medesimo fosse assente, e di vigilare per l'avanzo della Congregazione. --- Del Seconda assistente --- L'Officio del Secondo Assistente, è di fare quanto fa il Priore in caso di assenza del medesimo, e del Primo Assistente. --- Delli Segretarj --- I Segretarj saranno due, li quali dovranno registrare le cose, che accadono singolari nella Congregazione, cioè uno noterà le mancanze de' Fratelli, e dare la nota in ogni Domenica al Priore, registrerà tutte le conclusioni, che si farà in Congregazione, ed i biglietti che si fanno al Tesoriere; e l'altro registrerà l'entrate, e pesi della Congregazione. --- Del Depositario seu Cassiere --- Il Depositario, seu Cassiere si elegerà da' Fratelli per voti segreti, ed il Priore ed i due Assistenti nomineranno tre fratelli Benestanti, e timorati di Dio, e di Maria SS.ma, i quali si proponeranno ai Fratelli congregati per darsi i Voti; Chi si troverà aver avuto più voti quello resterà Depositario, seu Cassiere; ben inteso però, che i Voti, che devono concorrervi in ciascuno de' sudetti nominati devono essere oltre la metà de' Congregati; e fatta l'elezione avrà la consegna dal Priore, e da' due Assistenti; e quello avrà pensiero di esiggere tutte le rendite, ch'essa Congregazione tiene, col peso della sodisfazione delle Messe piane in perpetuum lasciate da' Defonti; ed al detto Depositario, seu Cassiere se li dia la solita paga per l'esazione delle rendite, al tre per cento, ed il Monte Frumentario, all'uno e mezzo per cento, con farne l'introito, ed esito con la condizione di non spendere cos'alcuna senza il biglietto del Priore, e con la passata del Primo Assistente, e sottoscritto dal Segretario, e finito l'anno consegnerà agli Officiali Maggiori suoi successori, e darà conto alli Razionali eligendi dalla Congregazione con maggioranza de' voti segreti. Che delle Messe, che tiene detta Congregazione in tanti legati Pii in perpetuum si destineranno dal Priore, ed Officiali Maggiori Cappellani per la celebrazione delle Messe nelle ore congrue, che da essi per biglietto si assegnerà. --- Delli Maestro de' Novizj --- Il Maestro de' Novizj avrà cura, che li novelli da riceversi facciano una supplica agli Officiali Maggiori, li quali se conosceranno essere persone veramente disposte, faranno la provista.

82 Che si riceva con premettersi mesi sei di Noviziato, dentro li quali gli ammaestrerà bene nelle regole, e nella Dottrina Cristiana per la salute delle anime, e quelli che non frequenteranno la Congregazione, e li Sagramenti si darà a nota al Priore, acciò procuri l'emenda. Finiti i sei mesi di Noviziato, ed osservandosi puntuali, procurerà il Maestro de' Novizj l'attestato, tanto della frequenza de' Sagramenti, quanto della divozione; ed il Priore dovrà proponerli in piena Congregazione, e concorrendo la maggioranza de' voti segreti de' Fratelli resteranno ammessi, con vestirsi col sacco, seu veste della Congregazione, con dirsi il Salmo =Ecce quam bonum= . E finita detta funzione s'intonerà il Te Deum , ed il Novello Fratello con il Maestro di Cerimonie anderà uno per uno da' fratelli a dare il segno di pace, e cominciandosi dal Priore. E poi anderà a sedere al suo luogo, che dal Priore medesimo gli verrà assegnato. Ed a rispetto dell'ammissione de' Fratelli Ecclesiastici, non possono essi godere della voce attiva, e passiva nella Congregazione. --- De' Portinari --- Li Portinari siano i primi nella Congregazione, e metteranno in registro i banconi, con tenere le porte serrate, ed occorrendo, che venghi qualche forastiero, che chiamerà qualche Fratello per affari, lo debba dire al Priore. Ne faccia uscire alcuno prima di finirsi la Congregazione, senza licenza del Priore; e finita rassetteranno i banconi, e seco portino la Chiave. --- Del Maestro di Cerimonia --- Il Maestro di Cerimonia avrà il pensiero di far stare in ordine i Fratelli nelle Processioni, e precisamente nel tempo della Comunione, con fare, che prima si comunichino gli Officiali Maggiori, e dopo gli altri Fratelli da grado in grado, e poi i Novizj. --- Disposizioni Generali --- Tutti li fratelli devono essere frequenti, e non mancare alla Congregazione in tutte le Prime Domeniche del mese, precisamente nell'accompagnare la solita processione; e comunicarsi nella messa Cantata della Congregazione col sacco, seù veste della Congregazione; e mancando qualche fratello, sia peso del Priore d'informarsi della cagione di tale mancanza, e ritrovandosi volontaria, deve esortarlo a non tralasciare il bene intrapreso, che se con tutto ciò seguitasse a mancare per tre continue Domeniche prime del mese, debba con maggioranza de' voti segreti de' Fratelli, essere cassato dalla Confraternita. E volendo esser di nuovo ammesso faccia il Noviziato da capo; e se lo permetterà per tre mesi, e si riceverà di nuovo come sopra. In occasione di morte di alcun Fratello, o sorella, ogni fratello, o Sorella reciterà il Rosario di quindeci poste, o pure l'Officio de' Morti per Fratello, o Sorella Defunto; e niuno tralasci de' Fratelli associare processionalmente col sacco, seu veste il cadavere del defunto, recitando per istrada, con voce sommessa il Rosario, o pure il salmo Miserere mei Deus per l'anima del morto, e procuri con caritatevole emulatione di portare la bara, non avendo riguardo alla propria condizione, e Stato. Essendo conferito al fratello alcuno degli Officj della Congregazione, pel quale non ha legittimo impedimento, l'accetterà con la dovuta modestia, e senza replica alcuna, ne li rifiuterà a titolo d'infermità, o di altra vana scusa, ma si anima ad esercitarla colla maggior prontezza. Io Giacomo Donatelli Fratello mi sottoscrivo, come sopra = Io Raffaele Giancola Fratello mi sottoscrivo; come sopra = N.r Michele Silvestro Jamonaco fratello = Io D.r Fisico Giuseppe Antonio Fracasso fratello = E siegue la firma, e sottocrocesignato di altri settantaquattro fratelli Che li sopradetti siano Fratelli della V.bile Congregazione del SS.mo Rosario della Terra di Limosano, e che sia la maggior parte de' fratelli che la compongono, l'attesto io pubblico, e

83 Regio Notaro Francesco Covatta Fratello di detta Congregazione della Terra sudetta, richiesto ho segnato = Locus Signi =. Queste sono le regole su le quali si è supplicata V.M. pel Real Assenzo. Debbo però far presente alla M.V. che le stesse si trovano presentate in questa Curia sin dal 1761 e sin d'allora impedite dall'Arciprete, Curato della Chiesa matrice di S. Maria Maggiore di Limosano . Il motivo, ch'egli nell'istanza dedusse si fu, che nelle regole eransi compresi stabilimenti contrarj al solito, e specialmente di distruggere il diritto ab immemorabile goduto dall'Arciprete pro tempore di essere egli il Prefetto di detta Congregazione. E' restata tal pendenza indecisa sino al presente, ora i ricorrenti han prodotto non solo il documento di essere quell'Arciprete passato a miglior vita, ma ancora un atto pubblico fatto dal Sacerdote Antonio Giancola Economo Curato di quella vacante Chiesa Arcipretale, con cui presta il consenzo alla spedizione del Regio Assenzo su le menzionate regole. (...) Napoli al primo Marzo 1777 125 .

2.4 - Le altre istituzioni, il Clero ed i patrimoni degli 'ecclesiastici'

Se, perché se ne parli nel suo contesto più ovvio, del Benefizio Semplice senza cura sotto il titolo di S. Silvestro e della relativa consistenza patrimoniale se ne dovrà per forza di cose trattare nel capitolo seguente, non è proprio possibile a questo punto non riferire della funzione e del ruolo storico "dello Spedale sotto il tit.o della SS.ma Nunciata della Terra di Limusani". Era esso un'evidenza, e la cosa non è affatto priva di significato, della parte più 'bassa' ed antica dell'insediamento e, precisamente, di quella, riconducibile alla influenza della Chiesa Arcipretale di S. Maria, in cui, perché discreta e nascosta, si era sviluppata la lavorazione del ferro nelle fucine , contrapposta all'altra più nuova ed 'alta', riferibile alla Rettoria di S. Stefano, dove erano prevalenti le attività commerciali collegate all'artigianato ed i professionisti. E si trovava, poi, in una posizione assai prossima all'incrocio, davanti al Monastero di S. Maria della Libera, tra l'asse viario, che dall'abitato menava al Bosco, con quell'altra strada, che, risalendo per l'attuale via Conte di Torino e passando davanti al Convento francescano dei minori Conventuali, portava da un lato a S. Angelo e, dall'altro, dopo aver attraversato l'attuale via Giardini, si ricongiungeva alla strada che dal Borgo scendeva verso il Ponte. La posizione in luogo non distante dai percorsi viari, l'operare nell'ambito della Chiesa più antica dell'abitato ed il collegamento della sua attività, probabile alla Confraternita del SS.mo Nome di Dio e certo a quella di S. Martino , sembrano tutte circostanze a favore di una ipotesi che ne porta a collocare la costruzione ad un periodo precedente alla fondazione del Convento dei Francescani e, precisamente, durante la seconda metà del XIII secolo, quando, con l'arrivo sul trono di Napoli degli angioini, venne operata la riconversione di quell'industria delle armi, che era stata non poco fiorente con gli Svevi nella zona delle fucine , e, con essa, il riassetto urbano di Limosano 126 .

125 ASC, Fondo Opere Pie, Limosano, B. 2. 126 Stanno emergendo prove di una presenza a Limosano di re Carlo I d'Angiò, durante i primi anni del suo regno (1266-1285) e, più precisamente, tra l'agosto 1268 (dopo la battaglia di Tagliacozzo) ed il 1270. Il sovrano, che è da presumere abitasse 'in incognito' nel Palazzo, per sottomettere le resistenze della parte ghibellina, la quale, assai forte a Limosano, faceva riferimento alla zona, 'storica' e bassa, che ricadeva sotto l'influenza della Chiesa di S. Maria, proibì la produzione di ogni tipo di armi. La presenza a Limosano era per attendere l'arrivo del fratello, Luigi (o Ludovico) IX re di Francia, che si accingeva ad intraprendere l'avventura della Crociata, l'ottava della serie, che lo vide poi morire di peste vicino a Tunisi. E', pertanto, molto probabile che le armi requisite nelle fucine limosanesi siano servite per i soldati del sovrano di Francia. Anche Papa Celestino V tentò di ‘ legare ’ Limosano agli angioini nominando S. Ludovico d’Angiò ‘ protettore ’ della Città.

84 Prova documentale dell'antichità dello Spedale era un " Inventario del 1562 (quando il Concilio di Trento volgeva al termine) di fogli scritti 9 ", che, insieme ad altri più recenti (rispettivamente: del 1655 di fogli scritti 11, del 1693 di fogli scritti 20 e del 1701 di fogli scritti 9), si conservava tra le ' scritture ' dell' inventario "principiato sotto il di 22 di Febraro, e term.to sotto il di 18 Marzo dell'anno 1713". "E' situato lo sudetto Spedale sop.a la porta della Terra, che dicesi la porta della fontana (nota: trattasi della porta delle fucine, detta pure 'porta della fontana' per la vicinanza della 'fonte salza') , le sue coerenze sono, dalla parte di Levante, li beni del R: Sig.re D. Ant.o del Gobbo, da ponente li beni del med.mo Sig.re del Gobbo, da mezzo giorno la via pu.ca e dalla parte di Tramont.a l'Inforzi; e lungo d.o Spedale pal: 60 (e) largo pal: 80. Si ascende alle Stanzi sup.ri di esso per undici gradini di pietra ben lavorati nel fine de quali e un passetto ove sono dipinte l'armi del Sig.re Card.l Orsini, coverti d'imbrici, a capo del quale, entrasi in due Stanze, uno dentro l'altra colle suffitte di tavole nove, le porte d'esse sono dipinte a facciate di color bianco, e nero nella p.ma vi e dipinta l'immagine di S. Martino, ed in nicchio vi e la statua di rilievo di S. Pietro Apos.o ed a man dritta, per scalino s'ascende in stanzolino che serve per i Communi, e nella seconda stanza vi sta dipinta una Croce; sotto a d.e Stanze ve ne sono due altre in una de quali vi sono i sedili lunghi colla menza di legno fisse nel muro, e pavim.to per la lavanda a peregrini, e più dentro vi sta un'altra stanziola per uso di Cucina, col suo Camino, e l'altra stanza a lato della med.a è per commodità dello Spedaliero, a destra di d.o passetto, in due altre stanze si entra parim.te della stessa maniera dipinte le porte e colle suffitte di leg.o nella p.a vedesi dipinta à muro un Crocefisso colle Marie, e S. Filippo Neri, e nella seconda Stanza l'effiggie della Madonna della pietà, sotto de quali vi sono due altre stanze uno per uso dello spedaliero col camino da far fuoco, ed un'altra per uso delle D.ne peregrine; Più di sotto altre due stanze, una de quali è oziosa, ed un'altra parim.te sta per uso dello Spedaliero; Più di sotto vi sono altre due stanze solite darsi ad affitto, sono tutte le mentionate Stanze, così di fuora, come di dentro, imbiancate, ed i pavim.ti parte astricati, e parte mattonati, e bene accomodati; E coverto tutto d'imbrici, ed i tetti sono composti tutti a romanella; questo Spedale era sotto il tit.o della SS.ma Nunciata, del di cui nome, attaccata ad esso se ne vede la Chiesa, la q.le nell'atto della p.a S: Visita fu dichiarato oratorio viale, le sue coerenze sono , li beni di Lonardo del Gobbo da un lato, li beni di D. Ant.o dall'altro da dietro li Tufi, e dalla parte di avanti la strada pu.ca; e lunga pal: quaranta quattro, e larga pal: 18. (...). Per diligenza usate, non si è possuta indagare veruna cogniz.ne della di lui fondat.ne; è stato bensì restaurato per ord.e del sud.o Emo, e Rev.mo Arciv.o Orsini, e coll'elimosina proveduto delli seguenti mobili. - Cinque lettiere con i banchi, e Tavole; 5 - Sei matarazzi, uno de q.ali è pieno di lana; 6 - Tre Coscine, due de q.ali son pieni di lana; 3 - Nove Lenzuoli; 9 - Altro lenzuolo; 1 - Cinque Coverte, 4 di Campobasso ed una Cardata 5 - Altra Coverta 1 - Tovaglia di tavola 2 - Tre sciugatoi 3 - Sei Salvietti 6 - Un Tavolino 1 - Tre sedie di paglia, ed una di legno 3

Non è affatto, a questo punto, possibile escludere un intervento di re Carlo per la riorganizzazione dell'assetto edilizio urbano dell'insediamento, che in tale occasione risultò parecchio modificato.

85 - Quattro quadri posti nella Cella per feminij 4 - Un'Arca pro Suppellettili 1 - Cassette stercorarie 4 - Una Caldaia di rame di lib: 9 e 1/2 1 - Una Catena di ferro di peso Rot.a 3 1 - Un Spiedo di ferro di 1/4 1 - Un Cocchiarino di rame bucato di lib. 1 e 1/2 1 - Tre pentole 3 - Otto piatti 8 - Due teami 2 - Due Bocali 2" Nel decennio, che seguì, di certo poche dovettero essere le modifiche, se nell'inventario del 1723 "dello Spedale sotto il tit.o della SS.ma Nunziata della Terra di Limusani" (dove, tuttavia, assai frequenti sono i richiami a quello del 1712-13) si legge appena che "la Casa Ospidale è ancora come fu descritta nell'Inventario del 1712, fuorché ne' decreti di picciol momento". Successivamente, però, le condizioni statiche della struttura ospedaliera limosanese nel breve volgere di appena un ventennio peggiorarono parecchio. Tanto che nella sua relazione del 22 Giugno 1741 in occasione della S. Visita fatta (per ordine di Benevento) da Mons. Domenico A. Manfredi, Vescovo di Bojano e Sepino, egli così riferiva al "N° 54. Per lo spedaliere. Non habbiamo spedaliere, perché cadde lo spedale la notte del 6 febbraio ultimo scorso, e perirono sotto le roine la moglie e sei figli dello spedaliere,... Alle ore 8,..., cadde lo spedale, che era di tredici stanze, delle quali otto precipitarono,...". Non si conosce se e come si intervenne allora per le riparazioni. E' dato, tuttavia, solo di sapere che, dopo all'incirca 40 anni, il Galanti lo definiva "misero spedale" 127 . Sulla figura dello Spedaliere e sulla gestione dello Spedale qualche notizia viene dalla 'obbligatio ', del 10 Gennaio 1731, con cui " Cosmo Iamonaco,..., spontaneamente have asserito,..., come essendo stato molti anni sono eletto da questa sud.a Università, e suoi Amministratori, per la facoltà che ne tenevano, e ne ritengono, giusta l'antico solito, per Spedalier dello Spedale di essa Terra, sotto il Titolo della Santis.ma Annunziata, colla sola essenzione, e franchizia della sua Testa, solita godersi da tutti i Spedalieri suoi Predecessori per tutto lo addietro; alla quale nomina, ed elez.ne così fatta, se gli spedirono dalla Rev.ma Curia di Benevento, le lettere patentali, mercé le quali have essercitato detto uffizio per molti anni fin oggi;... "128 . Non può affatto sfuggire il sottile compromesso di fondo o, che è la stessa cosa, la commistione tra il civile ed il religioso, che, con l'opera controriformatrice del Cardinal Orsini, ancora imponeva il controllo su ogni manifestazione del sociale. Circa l'attività patrimoniale dello Spedale limosanese, i documenti lasciano pensare che esso, sin dal '600 e forse per la carenza di liquidità causata dalla forte contrazione demografica di

127 GALANTI G.M., Scritti sul Molise, ristampa 1987, pag. 90. Si veda ivi, a proposito di quanto alla precedente nota 60, l'importante nota bs , che, nella parte di maggior interesse, riportiamo: " Castrum Limosani fu conceduto ad Atenulfo, filio Joannis comitis Romanorum , nel 1269 da Carlo I, per once ottanta. Nella concessione si legge una particolarità, che non si osserva nelle altre fatte in quella congiuntura: et licet quia omnes arces et fortellicie regni nostri immediate ratione majoris dominii ad nos spectent, tanquam specialiter dignitati regie inherentes; tamen fortelliciam aliquam in castro praedicto fieri absque speciali nostra licentia prohibemus (...; tuttavia proibiamo di fare alcun fortellizio in quell'abitato senza una nostra speciale autorizzazione). Nonostante qualche autore (COLITTO, Il Molise del 200 nei Registri della Cancelleria Angioina; MASCIOTTA, II, p. 200; e qualche altro) sostenga che "all'avvento di Carlo I d'Angiò Limosano fu dato in feudo alla stirpe dei conti di Renan, della Franca Contea", sembra molto probabile che quell' Adenulfo filius Joannis comitis Romanorum , più che un conte di origine francese, fosse un esponente (un Cardinale ?) assai importante della Chiesa Romana. 128 ASC, Protocolli notarili, Not. Amoroso F.Antonio di Limosano, atto del 10 Gennaio 1731.

86 quel periodo, abbia iniziato a far registrare una quantità di dismissioni maggiore delle acquisizioni. Ma, nonostante ciò, dall'inventario del 1712 ne risulta ancora assai significativa la consistenza. Era, infatti, proprietario di 39 appezzamenti, di differente grandezza e sparsi in modo irregolare per l'intero agro, tra territori (solo pochi, però, erano seminatori ), orti e vigne , la cui estensione complessiva era di 144 tomoli e 2 misure. Ma, se si esclude un solo "territorio, sito nel luogo dove si dice Colle di Dario , di cap.a tt.a sessanta", ben si vede come di ognuno di essi fosse relativamente modesta l'estensione. Oltre alla " essenzione, e franchizia della sua Testa, solita godersi da tutti i Spedalieri ", sembra che essi godessero anche di altri privilegi. Risulta, infatti, che " Un Terrt.o seminat.o sito nel luogo dove si dice S. Maria de Libera di cap.a tt.a due, m.ra una, e passi 24 ", che confina "dalla parte di mezzo giorno col Cimiteo...; Si tiene da Giov: d'Onofrio Spedaliero per suo uso, unito colli due susseguenti, gratis,...". Gli altri due erano: "una Vigna con Canneto ed arbori de frutti sita nel luogo dove si dice li Patrisi , seu fonte delli Patrisi , di cap.ta tt.a cinque, e passi 35", confinante "... dalla parte di mezzo giorno colli beni di S. Silvestro, ch'è beneficio, che si dice di Ben.to ", ed una seconda "Vigna con tre piante d'olive e diversi frutti sita nel luogo detto li Patrisi , seu Patrisi , ò Serre delli Patrisi "129 . La proprietà edilizia dello Spedale era formata: 1) da due case, delle quali la prima, "di due membri uno dentro l'altro", era "posta nel luogo dove si dice sotto il Campanile di S.o Stefano , lunga pal: 24 e larga pal: 19", e l'altra, ugualmente "di due membri soprano, e sottano", era "sita nel luogo dove si dice sotto il Campanile di S. Maria , larga pal: 24, lunga pal: 19"; 2) da "una Grotta sita in d.a Terra nel luogo dove si dice sotto lo Trappeto lunga pal: 32, e larga pal: 18"; 3) ed, infine, oltre che dall'ospedale vero e proprio, che "è di quattordici membri, lungo pal: 60 e largo pal: ottanta", da "una Chiesa diruta sotto il tit.o della SS.ma Nunziata lunga pal: 44 e larga pal: 18", che era situata in prossimità di quello, ma che non confinava con esso. Secondo un antico privilegio, di probabile origine aragonese e che in qualche modo ne conferma l'antichità, " esigge il sud.o Ospedale dalla Reg.a Corte nella Città di Termoli tt.a tre di Sale, in virtù di Carità, che S. Maestà Dio guardi dispenza ". Anche dello Spedale si riporta la "somma de tutti li frutti", che erano: - Per Casa ad anno corrente 4:20 - Per Vigne, Territ.ij ed orti, à 29 anni 5:60 - Per Vigne, Territ.ij ed orti ad affitto 4:65 - Per Territ.ij à 29 anni in g.no tt.o uno, à carl: otto 0:80 - Per Territ.ij a terrag.o in g.no tt.a sei, a carl: otto lo tt.o 4:80 - Per Territ.ij in dem.o tt.o uno e tre quarti in g.no a d.a raggione 1:40 - Per Carità di Sale tt.a tre, a carl: quindici 4:50 - Per le Cerque si raccogliano in detti Territ.ij 1:00 Somma tutto Ducati 26:95 Da essa, però, era necessario detrarre sia il "peso" di ducati 0:50 "per Cattedratico " e sia l'altro, di ducati 2:80, "per trasporto del Sale". Pur se ancora, ma a mala pena, ne lasciano immaginare l'importanza, che molti indizi portano ad ipotizzare davvero notevole per i tempi più antichi, del sito e del territorio ad esso associabili, assai scarne sono le notizie riguardanti il " Benefizio semplice senza cura , ò Arcipretura rurale, sotto il tit.o di S. Maria di Cascapera ". Ed, in effetti, perché di esso, e di tutto quanto gli si dovrebbe riferire, già allora rimaneva assai poco, le operazioni di inventario, che fu "principiato sotto il di 26 X.mbre e terminato sotto il di 31 dell'istesso, dell'anno 1712", durarono solo pochi giorni. - Descizzione della Chiesa . E' situata la sud.a Chiesa nel Feudo di Cascapera, e da tutti

129 "Tutti, e tre li sudetti stabili dello sud.o Spedale, potrebbero conducer in affitto in ogn'anno carl: vinticinq:" o, che è lo stesso, ducati 2:50.

87 viene chiamata S. Maria di Cascapera, che è nella giurisdizione, e ristretto della Terra de Limusani distante da essa da tre miglia inc.a; di essa Chiesa, ocularmente oggi appena se ne conoscono le vestigie, essendo divenuta un mucchio di pietre, e per antica tradizione dicesi che fusse stata Terra, ò Casale sotto posto alla sudetta Terra de Limusani. Al presente si gode detto Beneficio dal Sig.re D.n Caetano Covatta, come per Bolla spedita sotto il di 30 di Giugno dell'anno 1709 in carta membrana col piombo pendente . - Della Decima . La Chiesa sudetta di S. Maria di Cascapera possiede e tiene lo Jus d'esiggere la Decima nell'infradicendo Feudo di ogni tt.a sessanta, uno, di quanto in esso si semina, di modo che un'anno per l'altro puo rendere in decima, cioé in g.no tt.a 9,- Legumi tt.a 3,- . - Descizzione del Feudo . Il sudetto Feudo di Cascapera, che per prima era tutto boscoso, e frattoso, oggi ridotto in buona parte à coltura, è situato nelle pertin.e, e giurisd.e di questa Terra de Limusani, la di cui Università n'è proprietaria con distintione però, che dell'affitto, ch'ella fà, se ne ritiene la mettà, e l'altra mettà, se divide fra il Barone di S: Angelo, e l' Barone di questa medesima Terra de Limusani, salvo però il Jus sudetto d'esiggere come sopra al sud.o Benef.o Esso Feudo è confinato dalla parte Orientale colle pertinenze della Terra de Lucito, da ponente colli beni dell'Università di S. Angelo de Limusani, da settentrione colli Territorij della Città di Trivento, e da mezzo giorno colli beni di S. Venditto, dalla Commenda di Malta . Dalla "somma de tutti i frutti", da cui "per Cattedratico" dovevano detrarsi 0:20 ducati, sappiamo che introitava - Per Decima in g.no tt.a nove a carlino otto il tommolo 7:20 - Per Decima in Legumi tt.a tre, a carlini quattro il tt.o 1:20 Null'altro si dice del " Benefizio semplice, ò Arcipretura rurale sotto il tit.o di S. Maria a Cascapera della Terra de Limusani Diocesi di Ben.to", cui sin da allora più niente restava. Ma bastano quelle poche notizie a segnare la traccia del passaggio della Storia. Lo stato di decadenza ed una istantanea di quanto rimaneva di tutte quelle istituzioni religiose ‘minori’ si hanno dal “ quadro de’ debitori Beneficiati appartenenti alla Mensa Arcivescovile di Benevento ”, siti nell’agro di Limosano, dato “ dalla Segreteria Diocesana li 25 Maggio 1839 ”(v. ASC, OO.PP., Ruoli debitori Enti ecclesiastici, B. 9, f. 44). Quanto segue è la situazione a tale data: 1° Beneficio, ed Arcipretura rurale di S.ta M.a di Cascapera di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 20 il 24 Ottobre. Il Beneficiato è D. Luigi Minotti di d.a Terra (o, più probabilmente, di S. Angelo Limosano); 2° Beneficio di S. Antonio di Vienna annesso alla Ch.a Arcipretale di Limosani per Cattedratico paga du. 1 e grani 00 il 24 Ottobre . Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 3° Idem di S. Silvestro di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 50 il 24 Ottobre . Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 4° Idem di S. Michele Arcangelo di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 50 il 24 Ottobre . Jus padronato della Famiglia del Gobbo. 5° Beneficio di S.ta Luminata annesso alla Ch.a Arcipretale di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 20 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 6° Ospedale della SS.ma Annunciata di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 50 il 24 Ottobre . Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 7° Capp.a e Confrat.a del SS. Corpo di Cristo di Limosani per Cattedratico paga duc. 1 e grani 00 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato.

88 8° Confrat.a del SS. Rosario, e Benef.o di S. Ant.o Abbate di Limosani per Cattedratico paga duc. 1 e grani 05 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. 9° Badia di S. M.a di Faisolis di Limosani per Cattedratico paga duc. 0 e grani 50 il 24 Ottobre. Non se ne conosceva il nominativo del Beneficiato. All'ombra dell'ingente patrimonio delle istituzioni religiose, che fu, per mantenersi tale, favorito sia dalle esenzioni da ogni imposta che dal subdolo ricatto con cui si imponeva l' acquisto della salvezza con le donazioni ' ad pias causas '130 e che, come dimostrano i 'Cataloghi de Debbitori (o de Conduttori )' di ognuna di esse (di partitari la Chiesa di S. Maria ne aveva 62, la Confraternita del Rosario 50, la Cappella di S. Silvestro 19; la Chiesa di S. Stefano ne contava 49, la Confraternita del SS.mo Sacramento 72, la Cappella di S. Giuseppe 15; l'Ospedale ne aveva 26 ed il Benefizio di S. Silvestro 14), non poteva non esercitare sulla società quei condizionamenti derivanti dalla necessità forzata per ognuno di avere rapporti con esso ed i suoi amministratori, prosperava un Clero composto da numerosi ecclesiastici. E non solo essi, ma anche i loro inservienti ed i loro beni godevano di tante immunità personali, locali e reali, che era impossibile contarle; apparteneva esclusivamente al foro ecclesiastico ogni competenza nelle cause, penali e civili, riguardanti gli esponenti del Clero; ogni sorta di arbitrio e di odioso favoritismo veniva perpretato per sottrarre, nelle vertenze tra laici ed ecclesiastici, la giurisdizione al foro laico 131 . E, se i legati testamentari dei privati, resi obbligatori dalle disposizioni canoniche del Concilio, contribuivano ad incrementare il disponibile delle istituzioni ecclesiastiche, le donazioni ' inter vivos ', sempre stipulate in forma pubblica e sin da quando il clerico tonsurando doveva ricevere gli ordini minori, servivano sì a costituire per ogni esponente del Clero un proprio patrimonio, ma, soprattutto, ad affrancare tutti i beni che lo formavano da ogni tassazione ' temporale '. Solo così si spiega, e come essa se ne trovano tantissime, la "donatio irrevocabiliter inter vivos (donazione irrevocabile tra vivi)" con cui, era il 13 Febbraio 1686 132 , il "Mag.co V.J.D. Joannes Antonius del Gobbo Terre limosani" dona a "Josepho Antonio del Gobbo eius filio": 1 - una casa di 5 membri, 2 inferius (sotto) e 3 superiores (sopra) " ubi dicitur la loggia, in loco ubi dic.r le Poteche "; 2 - una " cellam vinariam cum Cisterna intus (cantina con cisterna), sitam in d.o loco detto le Poteche"; 3 - trenta " animalia baccina, quas tenet ad societatem cum D.no D: Josepho Ferro Civite Campi Marani (30 animali vaccini, che tiene a società con Don Giuseppe Ferri di Civitacampomarano)"; 4 - cinquanta " oves (pecore), et 5 scrophas (scrofe)". Del tutto ovvia per la vastissima componente sociale dei nullatenenti la impossibilità di entrare a far parte della casta privilegiata degli ecclesiastici 133 ; come era 'naturale' la vita

130 "Secondo un antico uso, era necessario far lasciti "ad pias causas" per riparare ai propri peccati; diversamente gli stessi ecclesiastici testavano per il defunto disponendo lasciti "ad pias causas" e l'abuso in alcune regioni era arrivato a tal punto che si rifiutava la sepoltura se non si produceva testamento" [FRATANGELO M., Il Sequestro delle Temporalità nel Regno di Napoli nei secoli XVI e XVII, s.l. (ma,forse, Ripalimosani) 1987, pag. 65]. 131 SCADUTO F., Stato e Chiesa nel Regno delle due Sicilie dai Normanni ai nostri giorni (sec: XI-XIX), Palermo 1887, pag. 296 e segg. 132 ASC, Protocolli notarili, Not. Aloisio Urbano di Castropignano, atto del 13 Febbraio 1686. 133 Assai indicativo della voracità senza limiti dei proprietari è (v. ASC, Protocolli notarili, Not. Fracassi Aquino di S. Angelo Limosano) l'atto del 18 Settembre 1849, col quale la famiglia Jacovone si appropria del diritto che la Confraternita del SS.mo Sacramento aveva di tenere gratuitamente un seminarista nel Seminario di Benevento. Difatti, con esso le parti " Donna Berenice Sabetta di D. Michelangelo Gentildonna proprietaria, e vedova di D. Giovanni Jacovone,..., ed Antonio de Angelis di Francesco Proprietario, il quale agisce in qualità di Priore, ed

89 gaudente che univa il Clero alla feudalità ed ai proprietari. Ed anche a Limosano i suoi esponenti, nati dalle famiglie più benestanti e possidenti (del Gobbo, Covatta, Corvinelli, Fracassi, Amoroso,...), vissero di norma ' more magnatum (come i ricchi)' e, non di rado, nel più completo disordine di costumi e di ortodossia dottrinale, che veniva da tempi lontani. Non furono infrequenti i casi "d'aver commesso stupro..., ò di pratica disonesta con ingravidazione", che videro coinvolti esponenti del Clero. E forse tali comportamenti, tanto spregiudicati quanto comuni, traevano origine dal mundio , istituto giuridico longobardo documentato, nel triventino assai più che nel limosanese, ancora nel XVII secolo, che demandava al mundualdo , quasi sempre un esponente del Clero, ogni capacità di agire di una donna precedentemente affidatagli e che in tutto gli doveva essere sottomessa. E, non di rado, anche nei capricci più bassi del sesso. Un "Sacerdote discreditato per li costumi" fu, a Limosano, quel Don Eliodoro Covatta, che " fù ucciso... alli diecinove Maggio del 1785, e (che) spirò d'avanti la Taverna Marchesale alle ore 22 inc: ". Perché " el reprobo Sacerdote ucciso tanto meritava per le tante de lui notorie dissolutezze, e scandalosi eccessi... " e, per l'odio misto al senso di rivendica sociale, venne assassinato " a colpi di replicati spari di schioppo, e bainetta, ed indi pratticateli varie sevizie "134 . Frequenti quanto spregevoli, simili comportamenti, oltre a quelli legati alle più banali questioni di preminenza o di invidia per le nomine, anche le più insignificanti, che però non potevano accontentare tutti gli esponenti di un Clero assai numeroso, furono all'origne dei mille intrighi e contrasti, di cui essi per secoli si alimentarono. Uno per tutti l'episodio che, nel 1769, vide coinvolto " Criscenzo di Gregorio..., (che) ave asserito, qualmente nel caduto mese di Settembre fu chiamato dal Reverendo Rettore (di S. Stefano) D. Francesco Busso, il quale gli disse che dovendo l'Arciprete (di S. Maria) D. Francesco Antonio Angelilli... portarsi nella Città di Benevento, perchè inquisito da quella Curia, e dovendo il med.o costituire in sua assenza un Sacerdote idoneo, e probo, che faccia le sue veci in qualità di economo, si è inteso per il Paese, che il med.o Arcip.e Angelilli voglia costituire il Reverendo D. Antonio Giancola niente piacente ad esso Rettore Busso perchè inimico del med.o, mà che voleva far succedere... il Reverendo sacerdote D. Nicola Marinaccio, che a tal'effetto se gli era raccomandato, e li soggiunse il d.o Rettore Busso, che pensava egli di trovar modo, e maniera di screditare il d.o R.do D. Antonio Giancola presso la Curia Arcivescovile di Benevento,..., e che se non gli era riuscito l'intento d'impedire il d.o D. Antonio Giancola di farlo predicare in d.a Terra di Limosani, mediante altri ricorsi fatti nella med.a Curia, pure in questa occasione pensava d'impedirgli... ". A convincere il di Gregorio a prestarsi al gioco del Rettore Busso (che, a sua volta, aveva comprato la Rettoria di S. Stefano) fu mandato l'amico Cosmo Bonadie, il quale lo pregò " affinché formato avesse un ricorso in d.a Curia di Benevento contro il d.o D. Antonio Giancola, siccome il d.o Rettore Busso pregato l'avea, di poi unitamente ambidue in luogo segreto, e solitario gli presentarono un memoriale, che i in nome e parte della Congregazione del santissimo sagramento..., han dichiarato che questa Congrega del santissimo Sagramento gode dil beneficio perpetuo di poter far educare un'individo paesano nel Sacro Seminario Diocesano di Benevento, ad oggetto di ascendere al Sacerdozio pel bene della popolazione. Essendosi ora proceduto alla votazione per la scelta dell'individuo da recarsi in detto Seminario, è caduta la nomina in persona del figlio di Donna Berenice Sabetta a nome D. Tarquinio Jacovone, il quale pria di venirsi all'atto della votazione istessa, fece domanda regolare che egli abbraccerebbe lo stato Ecclesiastico, ed in caso contrario si obbligava al rinfranco de' danni cagionati in ragione di ducati trenta annui a favore della Congrega medesima,... Per garanzia e sicurezza di detta promessa di ducati trenta annui essa D.a Berenice obbliga a sottoporre a speciale ipoteca a favore della Congregazione i seguenti beni stabili di sua proprietà e che sono siti nell'agro di Limosano...". 134 ASC, Protocolli notarili, Not. Corvinelli Melchise(dech) di Limosano, Notazione a margine dei Protocolli del 1790.

90 med.i aveano fatto formare in suo nome, come Procuratore della Ven.le Cappella del SS.mo Rosario contro il d.o D. Antonio Giancola "135 . Parecchio carente è la documentazione 'ufficiale' sulla contestazione dell'ortodossia, che però alcuni elementi fanno ritenere nell'area limosanese più presente di quanto si possa immaginare. Essa, come mostra la contemporanea presenza a Limosano di almeno due vescovi, in epoca medievale fu esclusiva conseguenza della lotta politica. Solo in seguito, divenne l'effetto necessario della predicazione, tanto veemente quanto inascoltata, del ritorno alla povertà evangelica da parte della corrente spiritualista , che, con i Fraticelli e Pietro del Morrone, molto interessò anche Limosano. Dopo il Concilio di Trento diventò quel velleitario tentativo di ribellione di solitari disorganizzati, che, solo, riesce a dare un senso alla presenza, nel 1675 circa, nel Convento dei Conventuali di Limosano, della " Catedra, ò sia la Sedia dell'antico Vescovo, con la sua Cupola, e Crocetta sopra, tutta lavorata, scorniciata, intagliata, ed indorata, fatta ad otto angoli, (che) stava sotto l'Arco della Sagristia sopra la sepoltura delli Vescovi morti,... "136 . E, si badi, tale presenza di Vescovi deve essere riferita ad un Convento di frati francescani, in cui nel 1610 è presente un " R.dus Pater Frater Franciscus Civitatis Vasti Doctor Theologus ", e ad una località, quella di Limosano, dove ben altre due Chiese sono state trovate essere 'Cattedrali' e sedi di Vescovi Tali episodi trovano spiegazione solo se combinati con altre circostanze 'strane'. Come l' affissione 137 , del 1661, alle porte della Matrice Chiesa di Torella di " un Cedolone spedito da Monsig.r Auditore della Ch. Apostolica, nel q.le dichiara interd.e tutte le Chiese di Castrop.no non esposte alla Visita di d.o Ill.mo, et dichiara scomm.ti tutti et quals.a Sacerdote sì secolare, come Regolare, che celebrando in d.e Chiese ". Come la richiesta, da "Roma alli IX di Giugno del 1572 ", del Cardinal Carafa al Vescovo di Trivento " perché fà bisogno che il Vescovo della Guardia (alfiera) facci la profissione della fidi, havendomi S. S.tà ordinato ch'io facci il processo, et lo proponga in concistoro... "138 . E come, nei territori di Trivento, quei traffici di ebrei ( Judej ), che, ancora durante il XVI secolo, " se portano carcerati " per mano di un " Conductor Judeorum Carceratorum ". Tra gli esponenti del Clero, tuttavia, alla maggioranza, senza ideali e rivolta alle sole cose della terra, non rimaneva che occuparsi, magari col condimento delle attenzioni per qualche donna, di impinguare il ventre e di accrescere quel patrimonio personale, dal quale ritrarre, servendosi della manodopera di bracciali o di fatigatori poco pagati, le rendite per vivere da benestante. Chi, come "Don Roberto arcip.te de Limosano, (che), per prezzo di quattro onze d'oro e 24 tarì", con un atto "rog.to per mano di N. Pietro de Aczone di Boiano alli 3 di giugno 1295" compra "da Guglielmo de Limosane habitator di Boiano una sua potega vicino lo vescovado" 139 , tentava l'investimento immobiliare. Ed altri, come quel D. Massimiano Corvinelli, che, animato da notevole senso d'impresa e volendo, nel 1818, "costruire, e recare al suo termine la Macchina del Molino", chiede (ed è, lo si noti, del tutto nuovo il tentativo di localizzare un mulino lontano da un corso d'acqua) "il locale del soppresso Monistero degli ex=Conventuali, ove gli si presenta un luogo degno, proprio, ed idoneo a poter situare e costruire senza incomodo la Macchina sudetta, il di cui sito reca alla Popolazione il facile accesso, vantaggio, ed utile..." 140 , investivano nelle attività produttive.

135 ASC, Protocolli notarili, Not. Marone Saverio di S. Angelo Limosano, atto del 21 Ottobre 1769. 136 ASC, Protocolli notarili, Not. Amoroso F.Antonio di Limosano, 'fides publica' del 19 Aprile 1755, con cui "il M.co Domenico Amoroso, di anni 93 incirca", riferisce fatti e situazioni di quando era adolescente di circa 12 anni e, perciò, databili tra il 1675 e il 1680. 137 ASC, Protocolli notarili, Not. Aloisio Urbano di Castropignano, atto del 16 Agosto 1661. 138 ASC, Protocolli notarili, Not. De Rubertis Giovanni di Trivento, carte conservate tra gli atti del 12 e del 22 Giugno 1572. 139 DE BENEDITTIS G. (a cura di), I Regesti Gallucci, Napoli 1990, pag. 42 e seg.; doc. N 57. 140 ASC, Intendenza di Molise, B. 572, f. 3.

91 Di contro furono veramente pochi quelli che, senza interesse, si occuparono degli altri e, soprattutto, dei poveri. Meritano un ricordo il "Sacerdote D. Nicola Marinacci", che, nel 1762, fece ricorso sino "alla Maestà del Re,..., contro Nicola Russo di questa medesima Terra, con aver esposto varj Capi d'accusa contro dello stesso, ed in particolare... d'aver commesso contratti illeciti, ed usurarj, e d'aver avuto prattica, ed intelligenza con ladri" 141 ; ed il " Signor Don Vincenzo Bussi fu Saverio, Sacerdote", che nel suo testamento del 29 Luglio 1847 142 , tra le altre cose, scriveva: "Voglio che dopo la mia morte i miei eredi distribuiscano a' poveri la somma di ducati venticinque col consenso del parroco e Padre Guardiano del Convento di San Francesco di Limosano, e ducati venticinque da impiegarsi per la restaurazione della Chiesa di Santa Maria Maggiore, sotto la vigilanza dei medesimi Parroco e Guardiano". Tra tutti gli altri vanno ricordati, pur senza conoscerne il nome, solo quelli che fecero il bene e, perché portasse il suo frutto, lo tennero nascosto. Dal ' Catasto Onciario '143 del 1743 riportiamo, a titolo di conclusione e perché si abbia una

141 ASC, Protocolli notarili, Not. Marone Saverio di S. Angelo Limosano, atto del 11 Ottobre 1762. 142 ASC, Protocolli notarili, Not. Fracassi Aquino di S. Angelo Limosano, atto del 29 Luglio 1847. 143 ASCL, Catasto Onciario, B. 1, f. 1. Per i possibili raffronti, si riporta, negli elementi più significativi, la composizione del patrimonio, come risultava da un 'inventario' del gennaio 1665, del Rettore della Chiesa di S. Stefano, D. Stefano de Bartolomeis, originario di Ripalimosani, il quale disponeva di: - una casa di dieci membri; - una cantina con sei botti piene di vino; - due fundichi ; - una vigna di trentali nove; - un'altra vigna di trentali sei; - un pezzo di territorio di to.la trenta sito alla piana di Campobasso; - un altro pezzo di territorio sito a Colle Leone di to.la trenta incirca; - un altro pezzo di territorio di to.la sette sito alle serre; - un altro territorio di to.la vinti siti allo Peschio; - un altro territorio di to.la diece sito alla fonte dell'olmo; - un altro territorio di to.la sette sito a Casal Cuculo; - Duicento to.la di grano; - Cinquanta to.la di seminato: - Pecore num.o quattrocento fra grosse e piccole; - Capre num.o cinquanta; - Sette animali bovini dati in socita a Crescenzo Foligno di S. Angelo; - Cinque animali bovini dati in socita a...; - quattro animali bovini dati in socita a...; - sei animali bovini dati in socita a...; - quattro animali bovini dati in socita a...; - quattro animali bovini dati in socita a...; - ducati trenta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati cinquanta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati quindici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati trenta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti sette dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti tre dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati trenta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati trenta dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati vinti sette dati a cenzo (o prestati) a...; - ducati sedici dati a cenzo (o prestati) a...;

92 corretta idea del relativo peso sociale, la parte riguardante i patrimoni degli ' Ecclesiastici ' limosanesi di allora. 1. Il "R.ndo D. Antonio Gio:cola " di anni 31 "possiede li seguenti beni padronali: - Una Casa di membri cinque, nel luogo d.o la piazza di D. Andrea ... Possiede in oltre: - Una Vigna di trantali tré, con sedeci pranzoni d'olive,..., nel luogo d.o primo Colle ...; - Un'altra Vigna di trantali tré, ed un quarto di trantale con quattro piedi d'olive,... nel luogo detto Colle Capogrosso ...; - Un Territorio di misure tredeci, con querce,... nel luogo d.o Vallone di Natale ...; - Un'altro Territ.o di mezzo tomulo, con sei querce e sei bisceglie,... nel sud.o luogo Vallone di Natale ". 2. Il "R.ndo Sig,r Arciprete (della Arcip.le di S. Maria Mag.re) D. Cosimo Busso " di anni 36 "abita nella Casa solita Arcip.le,..." e "possiede li seguenti beni Patrim.li: - Una Casa di membri quattro, nel luogo d.o la Piazza delli Focini ...; - Un'altra Casa di membri tré, suolo di S. Ant.o Abbate, con un Orticello, nel luogo d.o lo Borgo di S. Rocco ...; - Una Vigna di trantali quattro, con misure otto di Territ.o intorno, con dodici piedi d'olive,... nel luogo d.o S. Janno ...; - Un Territorio di tomula uno, con diverse bisceglie e mozzoni d'olive inculto,... nel luogo d.o li Patrisi ...; - Una Vigna di trantali quattro e mezzo con diversi pranzoni d'olive,... nel luogo d.o Colle Lorenzo ...; - Un'altra Vigna di trantali quattro contigua d.a Vigna con tredeci piedi d'olive,... nel sud.o luogo Colle Lorenzo ...; - Tré scrofe in socita con Cosimo d'Ambrosio...; - Nove poscastri in socita col med.o...; - Quattordici poscastri a capo salvo col med.o...; - Ventidue pecore gentili, maschi e femine à capo salvo con Francesco Russo...; - Tomula cento di grano dinio (= granturco), e cinquanta d'orzo in negozio, e mantenimento de sud.i animali...". 3. Il "R.ndo D. Cosimo Corvinelli " di anni 66 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Abita in Casa propria di membri cinque, nel luogo d.o la porta del Borgo ...; - Una Cantina d'uno membro per uso proprio, nel luogo d.o la piazza delli Focine ...; - Una Vigna di Trantali quattro,... nel luogo d.o S. Janno ...; - Un'altra Vigna di trantali due, con altre mis:a dodeci di Territ.o intorno, con cinque pranzoni d'olive,... nel luogo d.o la Fonte nova ...; - Un Territorio di tomula uno, con un pede d'olive nel luogo d.o dietro le Case , e sotto S. Maria della Libera ...; - Un'Orto di mis:e due nel luogo d.o dietro le Case ...; - Possiede una Giomenta per uso proprio". 4. Il "R.ndo D. Cosimo d'Addario " di anni 58 "possiede i seguenti beni Patrim.li - La Casa patrimoniale è diruta - Abita in Casa acquistata dopo il Sacerdozio di membri cinque,... nella Piazza di D. Andrea ...; - Una Vigna di trantali quattro, con sette pranzoni d'olive,... nel luogo d.o S. Antonio ...; - Un'altra Vigna di trantalo uno e mezzo, con un'altro tomulo e mezzo di Territorio intorno,...

- soppellettili di casa; - matarazzi numero dodeci; - Rame libre centocinquanta; - Biancherie, due Cascie piene.

93 nel luogo d.o La Macchia delli Porrazzi . Possiede oltre il Patrimonio: - Una Giomenta ed una somara fig.ta, cio è la Giomenta per uso proprio, e la somara fig.ta...; - Due scrofe in socita con Antonio d'Alesio Marc'Ant.o...; - La metà d'una somara a staglio con Niccolò Fioruccio...; - La metà d'un'altra somara data à staglio a Niccolò Marc:Ant.o...; - Un'altra somara à staglio con Simone Juliano della Terra di S. Angelo...; - Un'altra somara fig.ta à staglio con Martino Petrone della Terra di Montagano...". 5. Il "R.ndo Sig.r Arciprete di S. Stefano D. Domenico Antonio del Gobbo " di anni 35 "possiede i seguenti beni Patrimoniali - Abita in Casa propria di membri quattro, nel luogo la piazza delle Botteghe ...; - Una Vigna di trantali sei con un tomulo e tre quarti di Territorio intorno con due piedi d'olive, ed una Massaria, nel luogo lo Borgo , e Case d'Apollonio ...; - Un'altra stanza di Casa per uso di stalla, nel sud.o luogo La piazza delle Botteghe ...; - Cinque altre stanze di Casa nello stesso luogo le Botteghe ...; - Un'Orto di misure due inculto, con due mozzoni d'olive nel luogo d.o S. Maria della Libera e fuori la porta del Baglio ...". 6. Il "R.ndo D. Domenico di Tata " di anni 62 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Abita in Casa propria di membri tré, con la metà d'uno bottale nel luogo d.o lo Sopportico del Cane della Croce ...; - Una Vigna di trantali cinque con mezzo tomulo di Territ.o intorno, con otto piantoni d'olive,... nel luogo d.o pozzo del Chiajo ...; - Un'Orto di un quarto, nel luogo d.o S. Maria della Libera , e pozzo novo ...; possiede oltre il Padrimonio - Cinquanta pecore gentili, maschi e femine in socita con Gio: Minicuccio...". 7. Il "R.ndo D. Domenico Covatta " di anni 56 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri due, nel luogo d.o La piazza di D. Andrea ...; - Una Vigna diruta di tt.a otto di Territorio, con sei piedi d'olivi,... nel luogo d.o Li Patrisi ...; - Un pezzo di Territorio di tomula cinque,... nel luogo d.o S. Gio: , e Colle Franco ...". 8. Il "R.ndo D. Domenico Longo " di anni 27 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri tré, e la terza parte d'uno Bottale nel luogo d.o la piazza di D. Andrea ...; - Una Vigna di trantali tré, con un tomulo di Territorio intorno, con tre piedi di querce, e cinque piedi d'olive,... nel luogo d.o Colle Capogrosso ...; - Un'altra Vigna di trantale uno con tomula due di Territorio intorno, con cinque piedi d'olive,... nel luogo d.o Pagliarello e via Cupa ...; - Un'Orto di una misura e mezza con quattro piantoni d'olive nel luogo d.o Giardinelle , e sotto le Ripe di Tullo ...; - Un pezzo di Territorio di tomula due, e mezzo, con dieci piedi d'olive,... nel luogo d.o Oliveri ...; - Un'altro Territorio di tomula tré,... nel luogo d.o Pagliaro favorito ...; - Un'altro pezzo di Territorio di tt.a tré con quindeci querce,... nel luogo d.o S. Illuminata ...; - Un'altro Territorio di tomula tré, inculto, con dodeci querce e cinquanta bisceglie,... nel luogo d.o Vannara , e Valle Guglielmo ...; - Un'altro Territorio di tt.a uno inculto con una querce e dodeci piedi d'olive, nel luogo d.o Le Vetiche ...". 9. Il "R.ndo D. Domenico Bonadie " di anni 24 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri cinque, con mezza cantina, ed una Loggia, nel luogo d.o La piazza di D. Andrea ...; - La metà d'un orto sotto d.a Casa per uso proprio; - Una Vigna di trantali tré,... nel luogo d.o Valle fieno ...;

94 - Un Territorio di tomula tré vigna diruta, con tré piantoni d'olive,... nel sud.o luogo Valle fieno ...; - Un'altro Territorio di mezzo tomulo, con sei piedi d'olive nel luogo d.o Le Vetiche ...; - Un'altro territorio di tt.a due, con querce, nel luogo detto li patrisi ...; - Un'altro Territorio di tt.a cinque, con venti piedi di querce, nel luogo d.o La Valle ...". 10 . Il "R.ndo D. Francesco Antonio Angelillo " di anni 26 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri sei, nel luogo d.o lo piano di S. Angelo ...; - Una Vigna di trantali tré, e quattro altri tomula di Territ.o intorno, con undeci piedi d'olive, e molte bisceglie nel luogo d.o Le Macchie delli porrazzi ...; - Un'altra Vigna di trantali due, con quarti due di Territorio intorno inculto, con dodeci bisceglie,... nel luogo d.o S. Janno ...; - Un'altro pezzo di Territ.o di tomula tré inculto, con quattro piedi d'olive, e quattro bisceglie,... in d.o luogo S. Janno ...". 11 . Il "R.ndo D. Martino d'Amico " di anni 46 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri quattordeci,... con un Orticello murato avanti, nel luogo d.o La piazza della Casa della Terra,... di d.a Casa due membri affittati al Mag.co Gio: di Gregorio Speziale di Medicina per uso di speziaria ...; - Un'Orto di misure nove sotto le fenestre di sua propria Casa,... nel luogo fuor la porta delle Focini ...; - Una stalla di membro uno per uso proprio avanti la sud.a Casa, conf.a con lo forno della Camera Marchesale ...; - Una Vigna di trantali quattro, con mezzo tomula di Territorio intorno,... nel luogo d.o La fonte nova , e S. Ant.o ...; Beni estra il Patrimonio - Una Cantina, nel luogo d.o Le Botteghe ...; - Un'altra Casa di membri due, nel luogo d.o la piazza di D. Andrea ...; - Un Territorio di tomula cinque con dieci querce,... con una Massaria per comodo d'Animali, nel luogo d.o S. Vittorino ...; - Possiede una Giomenta per uso proprio; - Una Somara à staglio con Gennaro Bagnolo...; - Un'altra somara à staglio con Cosimo di Niccolò Busso...; - La metà d'una somara à staglio con Domenico Matteo...; - La metà d'un'altra somara à staglio con Gio: del Gobbo...; - La metà d'uno somaro mascolo à staglio con Niccolò di Pasquo Gravino...; - La metà d'uno somaro mascolo à staglio con Donato Colavecchio...; - Cento novantacinque pecore gentili maschi e femine...; - Venti Capre maschi e femine...; - Tiene dato un Capitale di docati cinquanta...". 12 . Il "R.ndo D. Pietro di Gregorio " di anni 55 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri tré nel luogo d.o avanti la Chiesa di S. Maria Mag.re ...; - Una Vigna di trantali due,... nel luogo d.o La Valle ...; - Un Territorio di tomula tré inculto, con venti querce e molte bisceglie, e tre piante d'olive,... nel luogo d.o Le Macchie delli Porrazzi ...; - Un'Orto di misure quattro nel luogo d.o Lo Borgo ...". 13 . Il "Diacono Pietro Gravino " di anni 24 "possiede i seguenti beni Patrim.li - Una Casa di membri due, con un Bottale, e Balcone con un Orto attaccato a d.a Casa di mezza misura, nel luogo d.o Melogranato , e sopra le Ripe della Fonte Salsa ...; - Un'altro Bottale in d.o luogo,... per uso proprio...; - Una Vigna di trantali due e tre quarti di trantale,... con misure sei di Territorio intorno, nel luogo d.o Pagliarello , e costa del Laco ...;

95 Un'altra vigna di trantale uno con un pede d'olive donatoli dalli suoi F.lli Conjugi di Gravino , nel Luogo d.o Fonte Vernavera , si possiede dalli suoi donanti ; - Un'altra vigna di trantale uno, donatalo dà Libero di Lucito suo Zio , nel luogo d.o Le Vetiche , si possiede dal d.o Libero donante ; - Un'altra Vigna di trantale uno donatoli da Martino di Tata suo Cognato , nel luogo d.o pozzo del Chiajo , si possiede dal d.o Martino donante ; - Un'altro Territorio di tomula due con un pede di Querce e venti piedi di bisceglie picciole, donatoli da F.lli di Gravina ...; - Un'altro Territorio di misure quattro con tré piedi di Bisceglie donatoli da suo Padre , nel luogo d.o Fonte vernavera ...". Tutte quelle donazioni , cui si era stati costretti a titolo di costituzione di patrimonio prima che il tonsurando prendesse gli ordini, altro non erano per una famiglia che il prezzo da pagare per la scalata sociale. Così che, una volta che si fosse sentito dare al congiunto, diventato prete, il titolo di ' Don ', ci si poteva sentire, e con soddisfazione, appagati perché socialmente arrivati. E, se si pensa a quella che, confrontata con la vita della gente meschina , potevano menare i preti, un tale orgoglio potrebbe anche essere giustificato. Se non da tutti, almeno da quegli opportunisti, che, di gran lunga più numerosi di chi tiene alla propria coscienza, riescono a misurare le cose sempre e solo col metro dell'interesse.

96 CAPITOLO 3°

LE STRUTTURE E LE ORGANIZZAZIONI DEL CLERO REGOLARE

97 98 LIMOSANO: L’agro con la localizzazione dei siti cenobitico-abbaziali e delle ‘ecclesie’ sul territorio

99 3.1 - S. Martino vescovo e Santa Croce

Il tentativo di ricostruire l'organizzazione e la geografia del paesaggio, riferito ai primi secoli dell'alto medioevo, ricompreso nel territorio del "gastaldatus Biffernensis " evidenzia, oltre ad una forte predominanza della macchia boschiva, dell'incolto e, nella valle del fiume, con molta probabilità del paludoso malarico, elementi di limitata uniformità e lo trova assai discontinuo. In esso, una volta ridimensionato il ruolo economico dei ' latifundia ', sia

100 armentizi che agrari, dal profondo calo demografico e dal generale imbarbarimento, le funzioni sociali e produttive delle antiche ' villae ' vengono interamente rimpiazzate da strutture abbaziali e monastiche. Ciò anche nel posizionamento e nella localizzazione, che, dovendosi soddisfare bisogni ed esigenze motivazionali non molto dissimili da quelle del passato, fanno preferire gli stessi siti degli organismi produttivi romani. Intorno a tali strutture, che dall'originario monadismo individualistico greco-bizantino (V secolo) lo spirito della regola benedettina (' ora et labora ') dapprima spinge ad evolvere in "forme più o meno eremitiche e anacoretiche" 144 e poi organizza in ‘ complessi ’ posti in posizioni strategicamente situate a breve distanza dalle grandi vie di comunicazione, nei pressi delle risorse idriche e vicino, quando proprio non sopra, a luoghi poco offendibili dalle bande dei predoni, spesso si ri-formano villaggi ed insediamenti 'amministrati' da una casta religiosa e 'mantenuti', una volta organizzati , con la produzione di quel sistema economico chiuso, che era la ' curtis '. Naturalmente anche nell'ambito del " gastaldatus Biffernensis " il monachesimo diffuse le sue radici. E, nonostante la casualità, se non proprio la mancanza, di documentazione, pure per il territorio dell'area limosanese "è possibile individuare almeno due fasi, la prima delle quali", quella del cenobitismo italo-greco, "abbracciante i secoli V-VI (nonché gli inizi del VII), vide in tutto il Mezzogiorno l'esistenza di impianti monasteriali di tipo cenobitico, retti da regole particolari, per lo più a carattere misto, e sottoposti a un vigile controllo da parte dei pontefici. Ne è una chiara testimonianza l'epistolario di Gregorio Magno (nota: Papa dal 590 al 604), il quale intervenne di continuo nella vita dei monasteri,..., ora per decidere in merito a controverse elezioni abbaziali o per ovviare agli inconvenienti di un governo poco saggio, ora per risolvere difficoltà finanziarie o punire monaci negligenti, ora per tentare di arrestare la crisi di alcuni monasteri,... (...). Interventi di questo genere, comportando una limitazione dell'autorità dell'ordinario diocesano, mostrano chiaramente in quale considerazione il Papato tenesse i monasteri meridionali, di cui voleva garantirsi il controllo diretto. Né si tratta di una scelta occasionale, dovuta alla originaria formazione monastica del pontefice, dato che l'esempio di Gregorio Magno, a partire dal sec. VIII, era destinato ad essere seguito dai suoi successori, fino a diventare,..., una vera e propria costante della politica papale nel Mezzogiorno. A questa prima fase, caratterizzata da una organizzazione di tipo prevalentemente cenobitico e da un deciso intervento papale nella vita dei monasteri sia greci che latini, seguì,..., un rarefarsi dei centri monastici, con il conseguente prevalere di forme più o meno eremitiche di esperienza monastica. Il processo era già in atto,..., al tempo di Gregorio Magno, dalle cui lettere emerge altrettanto chiaramente come solo in alcuni casi il fenomeno fosse dovuto alle incursioni longobarde, dovendosi piuttosto inquadrare gli altri abbandoni nel contesto di crisi economica e demografica, che probabilmente proprio nel sec. VII raggiunse nel Mezzogiorno il suo culmine. Le motivazioni ed i caratteri di questo eremitismo dei secoli VI-VII sono ovviamente diversi da quelli che ne provocarono una rifioritura all'inizio del secondo Millennio, quando esso si configurò come 'una forza di rottura nei riguardi delle istituzioni ecclesiastiche e sociali preesistenti, in quanto era espressione delle nuove esigenze di moralismo estremistico, di spiritualità pauperistico-evangelica, di religiosità più intima, ma rispondeva anche, molto bene, a diffusi atteggiamenti mentali di una società in cui il processo di sviluppo si andava decisamente accelerando' . Niente di tutto questo nei secoli di cui qui ci occupiamo. Adesso l'eremitismo è l'espressione sul piano della spiritualità di una società in crisi, che si ripiega su se stessa e, dopo aver visto sconvolto il proprio assetto territoriale, aspetta di darsene uno nuovo, una società che, sia pur senza rifiutare gli apporti esterni, esprimerà dal suo stesso

144 VITOLO G., Caratteri del monachesimo nel mezzogiorno altomedievale (secc. VI-IX), Salerno 1984, pag. 10.

101 seno le forze per rinascere e per dar vita ad una nuova organizzazione dello spazio fisico, i cui principali punti di riferimento saranno i monasteri e gli insediamenti castrensi" 145 . La prima fase di espansione del fenomeno monastico, che, sia nella forma anacoretica di matrice greco-bizantina prima, che successivamente in quella eremitico-cenobitica di derivazione latino-occidentale, non poteva non trovare che terreno molto fertile nell'area tiferno-fagifulana, assai sviluppata e dove il Cristianesimo si era ampiamente diffuso già da tempo, ebbe a sua volta almeno due sotto-periodi di maggiore crescita, che furono intervallati da un terzo di stasi, se non proprio di regressione, il quale trova collocazione temporale tra la guerra gotica (535-553), cui seguì la triste carestia del 565-570 146 , e la conversione alla religione cristiana, a partire dall'ultimo quarto del VII secolo, degli allogeni longobardi. La accettazione della nuova fede religiosa, tuttavia, più che una cristianizzazione ed una civilizzazione delle gerarchie ' religiose-civili ' dei longobardi, portò nella realtà la longobardizzazione delle strutture ' civili-religiose ' della società cristiana. Essa, prima di tutto, fece sì che al riconoscimento della uguaglianza giuridica tra indigeni e conquistatori non seguisse una partecipazione dei primi al potere, che restò prerogativa dei longobardi; tanto che l'organizzarsi delle strutture monastiche divenne quasi un contrapporsi dei locali al potere, per così dire, ufficiale ed alle sue ataviche strutture tribali, insofferenti di ogni gerarchia e che furono all'origine della formazione di domini personali e di potentati locali, del tutto autonomi e privi di ogni riconoscimento politico. In secondo luogo determinò che, con il definitivo superamento delle forme amministrative romane, quei municipia intesi come poli di riferimento sociale ed economico della produzione dei latifundia e delle ville , si affermasse una nuova organizzazione della campagna, che prevedeva unità produttive completamente autosufficienti, le curtes ; esse, modellate in certo qual modo e, come si diceva, anche nel posizionamento sul territorio, sullo schema delle antiche villae , ne costituirono di fatto il superamento, non avendo alcun rapporto di mercato e, nella più assoluta autonomia economica, producendo esclusivamente ciò che serviva alla comunità. Consentì, infine ed insieme ad un imbarbarimento della società, l'introduzione nella cultura e nel diritto 'romano' di abitudini, di consuetudini e di principi del diritto 'germanico', che, come il mundio (per tale istituzione giuridica poteva verificarsi anche il caso per cui il mundualdo 'vendeva' la donna, sulla quale appunto esercitava il diritto di mundio, ad un esponente del Clero, che ne disponeva, anche sessualmente, come di una cosa), sono documentati almeno sino al XVII secolo 147 . E', con ogni probabilità. da attribuire esattamente a tale momento storico di crisi, demografica ed economica, quando, cioè, "le ville e gli insediamenti, già in precedenza pieni di abitanti, dopo in realtà furono ridotte al silenzio più assoluto da chi fuggiva" 148 e quando, verso la metà del VII secolo, "nell'Italia centro-meridionale la decadenza era giunta ad un punto tale

145 VITOLO G., op.cit., pag. 11 e segg. 146 PROCOPIO da Cesarea, La guerra gotica, trad. COMPARETTI, Roma 1896, II, 20. 147 Nell'area (e nella diocesi) di Trivento, in controtendenza con quanto accadeva nelle altre zone del Molise, abbiamo trovato diversi casi di sopravvivenza del diritto e delle consuetudini longobarde. A Limosano (e ci pare del tutto singolare e significativo che la cosa venga testimoniata da un Notaio di Trivento, il Not. DE BARDIS A., con atto del 14 Agosto 1605 in ASC) l'unico caso è quello di "Marcella Juvene (nota: quasi certamente di origine napoletana) vidua Jure magnatum vivente, ut dixit, cum consensui Anibalis mattei sui mundualdi ". Si veda sull'argomento lo scritto di COLITTO F., Diritto Longobardo nella Campobasso del Trecento, in AM 1978, pag. 161 e segg. 148 ERCHEMPERTO, Historia Langobardorum Beneventanorum, in M.G.H., Scriptores rerum langobardicarum et italicarum saec. VI-IX, ed. WAITZ, Hannover 1878, II, 4. "Villae et castra, iam pridem repleta agminibus hominum, postea vero fugientibus cuncta erant in summo silentio". Del tutto simili a quelle di Erchemperto sono le descrizioni di quanto avveniva in quel periodo storico che ne fa PAOLO DIACONO nella sua Histoia Langobardorum (v. ivi).

102 che quasi 100 città, un tempo sedi vescovili, persero il rango di diocesi" 149 , la scomparsa della civitas 150 di Ti-pher-num , quella situata nella località di Casca per a, che così ed ora diventa la " destrutta città ", già sede di antico vescovado (v. paragrafo 1.4), della quale ruolo, funzioni e compiti sul territorio vengono presi, a partire al più tardi dalla seconda metà dell'VIII secolo, dalla antica Città di Musane , dove si fissano gli abitanti della zona attirativi dalla possibilità di abitare nelle grotte già esistenti ed in quelle facilmente ricavabili dalla massa tufacea. Non è certo un caso che di Limosano la parte più antica sia quella 'bassa', fatta di grotte e riferibile alla influenza della Cattedrale di S. Maria, la Chiesa più importante del paese. E, se tanto nella dimensione temporale che in quella spaziale è già insidioso individuare la collocazione originaria dei primi siti monasteriali, ovviamente assai "più difficile riesce quantificare il fenomeno eremitico, di per sé più sfuggente, soprattutto in un periodo di scarsa produzione letteraria e documentaria" 151 . Per tentare, perciò, una ricostruzione delle cose di allora ricomprese nel territorio della diocesi tifernate-musanense , occorre ragionare per ipotesi e fare affidamento solo su elementi di collegamento minimi, indiretti e, quasi sempre, di poca percettibilità, come la localizzazione, la intitolazione, il raffronto con le strutture consimili, la coevità delle diffusioni devozionali ed il rito 152 . Al primo sotto-periodo di sviluppo, quello dell'eremitismo greco, che, poco conosciuto (ma, non perciò, poco diffuso), è limitatamente definibile nella reale consistenza, deve, quasi con certezza, essere riferito l'originario eremo di S. Maria di Faifoli , per il quale il rito greco- bizantino è documentato almeno sino a tutto il X secolo. "Il cardinale Orsini afferma che nelle Chiese delle più insigni badie dell'Archidiocesi di Benevento, sotto la cui giurisdizione (nota: in quanto eredità portatale dalle istituzioni ecclesiastiche di Limosano) era Santa Maria di Faifoli, gli abati portavano il bacolo pastorale che è proprio degli abati greci, ed asserisce inoltre che questi abati usavano il rito greco; rito quello che era adoperato verso l'anno 1000" 153 . Ora, se il bacolo era caratteristica del rito greco, la diffusione di tale rito e, con esso, del monachesimo greco-bizantino non solo a Faifoli, ma in tutto il territorio riferibile alla diocesi di Limosano, la cui antichità da una simile circostanza trova ulteriore conferma, è provata dal fatto che, ancora nel XII secolo, si conservavano "nella indicata Chiesa di Santa

149 JONES P., Storia economica, in Storia d'Italia, Torino 1976. 150 DUPRE'-THESEIDER G., Problemi della città nell'alto medioevo, in La città nell'alto medioevo, Spoleto 1959. "Il termine civitas, se scompare in parecchi dei centri urbani, in seguito allo scadimento generale della vita cittadina si mantiene sempre e solo per le città vescovili". 151 VITOLO G., op.cit., pag. 14. 152 PIETRANTONIO U., Il Monachesimo benedettino nell'Abruzzo e nel Molise, Lanciano (Ch) 1988. Il P., la cui opera, lodevole per le indicazioni bibliografiche, per le schede e per la indicazione delle fonti, è assai lacunosa dal punto di vista critico, nello 'Studio introduttivo' dedica al movimento monastico prebenedettino appena qualche pagina. "... Nella considerazione di un movimento prebenedettino va anche rilevata, per tradizione, per menzione in documenti di epoca posteriore, per ragioni di toponomastica (che costituisce un documento probante quando è di origine remota) e per la struttura di alcune diocesi dal duplice rito greco e latino, la presenza di un monachesimo basiliano, che quando si accentuerà l'esodo dei monaci dall'Oriente in seguito ai provvedimenti iconoclastici, diventerà coevo di quello benedettino. (...). I Basiliani risultano presenti anche a Trivento, Chiauci, ,...". E' solo un caso che i centri indicati dal Pietrantonio siano tutti limitrofi del territorio riconducibile alla diocesi di Limosano? 153 QUARTULLO M., Fondazione di monasteri benedettini nel Molise, tesi di laurea, anno acc. 1972/73, pagg. 105 e 106. Anche MARINO L. (La Chiesa di S. Maria di Faifoli a Montagano, in AM 1979, pag. 129 e segg.) sembra essere dell'avviso di dover datare ad epoca 'antica' l'eremo di Faifoli, quando afferma, a pag. 132, che: "dal VI-VII secolo in poi, il territorio viene caratterizzato e, per più di un aspetto, qualificato dagli insediamenti monastici benedettini" ed, a pag. 161, che: "la pianta della chiesa, caratterizzata da uno schema iconografico semplice, di memoria paleocristiana...".

103 Maria di Limosano le insegne vescovili, ossia la sedia vescovile, la mitra, il Bacolo ed il pastorale..." 154 . Quali gli altri loci del territorio limosanese ad essere privilegiati dai primi esponenti del movimento eremitico-anacoretico? Una circostanza di grande interesse, di cui se ne segnala la caratteristica unicità che la rende assai significativa, è la posizione di diversi siti al di sopra di una grande ' morgia ' e più segnatamente: o " super magno saxo ", o " super montem lapideum ", o " in pesclo majore " oppure " in pesclo minore ". Se, poi, a questo loro posizionamento, assai singolare e che trova pochi riscontri in altre località 155 , si unisce la titolazione delle relative emergenze (badie, cenobi, eremi e " casalenum Ecclesie ") a Santi (Silvestro papa, Illuminata vergine e martire, Vittorino e Martino vescovo), tutti del Cristianesimo primitivo, ne emerge con evidenza, affatto dubitabile, l'antichità e, con essa, la possibilità di datarli tutti al periodo, nel quale, tra il V ed il VI secolo, si diffusero gli anacoreti ed i primi eremiti greco-bizantini. Una ulteriore particolarità, pur'essa non senza significato, è rappresentata dal fatto che, mentre nessuno di tali eremi è dedicato alla Madonna (il cui culto si affermerà molto nel periodo che seguì alla conversione dei Longobardi), tutte le principali Chiese degli insediamenti 'civili', che circondavano in epoca medioevale Limosano, la cui Cattedrale era la Chiesa di S. Maria Maggiore, sono intitolate a S. Maria: a Castelluccio di Limosano esisteva, ancora in piedi nel 1706, la "Ecclesia Dive Marie de Castelluccio, sita in Burgo dicte Terre, ubi dicitur la Piano di Santo Pietro" 156 ; a Cascapera c'era la Chiesa di S. Maria; ed era del "Feudo Nobile di Ferrara della Terra di Sant'Angelo presso Limosani" 157 quel "Beneficio Semplice, ò sia Cappella Ecc.ca diruta senza cura, sotto il titolo di S. Maria di Ferrara, sita nel ristretto della Città di Triv.ti ò sia sua Diocesi", al quale, nel 1757, rifiutava il "Rev.do Sig.r D. Isidoro Landone della Terra di San Giorgio la Molara della Prov.a di Principato Ultra nel Regno di Napoli, Arciprete della Terra di Santangelo Limosani Diocesi di Benevento" 158 . Se del " casalenum ecclesie de Sancto Vittorino , situm et positum ubi dicitur lo lago maiure, super quondam magno saxo "159 , le notizie sono tanto scarse da impedirne ogni ipotesi di ricostruzione; e se, per la loro importanza, si dovrà trattare dello specifico della " Abbazia di S. Silvestro " e del " cenobio di S. Illuminata " solo nel prosieguo; qui non si può non dare almeno qualche cenno sia a quella " ecclesia Sancti Martini (o Martiani ) Episcopi ", che (a dimostrazione del fatto che tra il VI e l'VIII secolo è in atto la trasformazione dell'etimo da 'Tifernum ' in ' Bifernum ' e, da ultimo, in ' Musane ') viene posta " in Biferno " dai documenti più antichi e, dai più recenti, " in castello Mosano ", e sia alla " ecclesia Sancte Crucis in Limosano "160 .

154 ARCH. VATICANO, Fondo Avignonese, Collect. t. 61: Benevent. civitatis et ducatus Varia 1132-1312, f. 184r. "... Vidit in dicta Ecclesia sancte marie de limosano insignia episcopalia, videlicet sediam episcopalem, mitram, Baculum et pastoralem et audivit dici quod est ibi liber qui vocatur liber pastoralis". 155 Altrove (v. paragrafo 1.4) abbiamo riferito alla posizione del ' magno saxo ' di tufo, sul quale poggia l'abitato di Limosano, in mezzo ( mésos ) a tutte queste emergenze monastiche la nascita dell'etimo Musane o Mesane . Circa la particolare organizzazione in gruppo del monachesimo greco, BORSARI S. (Monasteri bizantini dell'Italia meridionale longobarda, in ASPN, n.s. XXXII, 1950-51, pag. 1 e segg.) rileva che "spesso molti monasteri di una stessa regione si univano insieme, sì da formare una specie di congregazione, che era retta dall'egumeno del più importante tra i monasteri collegati, oppure da un monaco, che per le sue virtù fosse particolarmente indicato per questa carica". 156 ASC, Protocolli Notarili, Not. Carrelli G.domenico di Fossaceca (Fossalto), atto del 9 Ottobre 1706. 157 ASC, Protocolli Notarili, Not. Marone Saverio di S. Angelo Limosano, atto del 18 Ottobre 1765. 158 ASC, Protocolli Notarili, Not. Orlando Caramuele di Fossaceca (Fossalto), atto del 20 Maggio 1757. 159 Era, ancora verso la fine del XVI, una chiesetta posta sopra quella che, al presente (e si noti la evidente corruzione dell'etimo), si chiama " la Morgia di Santa Luttrina ". 160 Chronicon Beneventani Monasterii S. Sophiae, in UGHELLI-COLETI, X, 415 e segg. Riportiamo, per la parte che interessa il territorio limosanese, la 'concessio' del 1022 (" ... Ecclesiam S. Angeli in altissimo super flumen Bifernum in finibus campi Marani cum eadem Ecclesia haereditatem, quae in longitudine milliaria duo,

104 Molto scarne le notizie su quest'ultima emergenza religiosa, che deve, senza ombra di dubbio, essere collocata nella omonima contrada, S. Croce, posta a confine tra i territori di Limosano e quelli di S. Angelo, magari sullo spartiacque, in posizione elevata e non molto distante dalla strada che da Fossaceca (Fossalto), passando per la Serra, risaliva da mezzogiorno verso S. Angelo. Di certo antica, essa costituiva il polo di riferimento religioso di uno dei tanti minimi 'casalia ', i quali, sparsi ancora 'vicatim' come in epoca sannita, erano assai diffusi sul territorio e nel paesaggio medioevale molisano. Ancora esistente durante i primi anni del XIV secolo, venne coinvolta nel feroce attacco mosso allora da Trivento a Limosano, come mostrano le lagnanze di "Guilielmus de Limosano clericus devotus noster", il quale, evidentemente stanco delle rapine e delle scorrerie, "exposuit quod nonnulli laici clericum ipsum in possessione ecclesiarum Sancte Crucis prope Roccam Episcopi, Sancti Felicis de Petrafinda et Sancti Petri de Malamerenda,... ex collatione facta sibi a Monasterio S. Sophiae de Benevento in Rectoriam rationabiliter tenet et possedit... turbant indebite ac multipliciter inquietant..." 161 . Il modesto omonimo casale ed, insieme ad esso, pure la " ecclesia Sancte Crucis in Limosano " scomparvero, se non già in occasione della terribile peste di metà secolo XIV, molto probabilmente col 'terremotus magnus' del 4 Dicembre 1456. Porta a tale ipotesi anche la totale ed assoluta mancanza di notizie per gli anni che seguirono. Quanto alla " ecclesia Sancti Martini (o Martiani ) Episcopi ", è possibile individuare per essa, oltre a quelli sin qui già riferiti, alcuni altri elementi che la fanno ritenere assai antica ed esistente ancor prima del 774. E' indicativo della vetustà del complesso quel suo posizionamento in " pesclo minore " (contrapposto al " pesclo majore ", sul quale situava il cenobio di S. Illuminata), sopra la 'morgia', appunto, che ben potrebbe essere identificata con l'attuale 'Pesco Martino'. Solo ad essa, poi, è possibile riferire la "integra portione", di cui alla concessio , datata in tale anno, di Arechi, il quale " ... in gastaldato Bifernensi concessimus cortisanos, hi sunt Johannem et Walterium cum uxoribus et filiis suis, et omnibus sibi pertinentibus: seu et unam sororem Judari. Hos autem cum integra portione eorum Sanctae Sophiae Monasterio concessimus possidendum. Item et in eodem gastaldato concessimus Baccarios: hi sunt, Grauso cum uxore et filiis, sed et noras et nepotes eius, et omnia eius pertinentia: nec non et Sindonem cum uxore et filiis suis. Seu et Baccas in integrum qui fuerunt servi Rimichis, et de germano eius carpentarii nostri ". Ed, infine, come non può in nessun caso essere messa in discussione l'esistenza, prima di tale data, del ' gastaldatus Bifernensis ', una organizzazione civile, diversa da quella (il 'gastaldatus Bovianensis ') riconducibile a Boiano e da riferire all'ambito territoriale del corso medio del fiume ' Bifernum ', che è in tutto coincidente con la diocesi tifernate-musanense ,

latitudine milliare unum, necnon Ecclesiam Sancti Joannis cum omnibus rebus suis in causa Pollucis,..., Ecclesiam Sanctissime Trinitatis iuxta fluvium Bifernum cum omnibus suis pertinentiis, et Ecclesiam S. Martiani in Castello Mosano cum omnibus suis pertinentiis,... ") e la 'concessio' del 1102 (" ... Sancti Martini Episcopi in Biferno, Monasterium Sancti Angeli cum cellis suis, in Petra Sancti Angeli, S. Trinitatis in Patara Findi Sancti Agnelli, Sancti Petri in Balneo in Valle luparia, Sancte Crucis in Limosano,..., Sancti Silvestri,..., in Fossacaeca S. Stephani Protomartyris... in casali Petraefictae Sancti joannis... "). Un paio le osservazioni suggerite dalla lettura del 'Chronicon': 1) diversi insediamenti monastici sono di difficile localizzazione, risultando oltremodo problematica la ricostruzione della toponomastica della zona; 2) la circostanza per cui più di un possedimento dell'area limosanese non sia menzionato nelle concessioni papali dopo il 1053 conferma l'ipotesi di notevoli interventi di papa Leone IX durante il suo passaggio nell'agro di Limosano e la sosta, nel giugno di tale anno, " in loco Sale ". 161 ZAZO A., Chiese, feudi e possessi della Badia di S. Sofia, in SAMNIUM 1964, pag. 25. "(Guglielmo di Limosano) ha riferito che diversi 'laici' indebitamente turbano e diverse volte hanno inquietato lo stesso religioso nel possesso delle Chiese di S. Croce vicino alla Rocca del Vescovo , di S. Felice di Pietrafinda e di S. Pietro di Malamerenda , che tiene e possiede tra quelle a lui concesse dal Monastero di S. Sofia di Benevento".

105 diventa altrettanto indiscutibile l'esistenza nella relativa area di istituzioni ed organismi religiosi, tanto secolari che, soprattutto, regolari. Sorto nel periodo di diffusione dell'eremitismo anacoretico come eremo modesto e poco accessibile, ben presto e nella fase di maggiore crescita (VIII secolo) del monachesimo benedettino, forse anche per l'influenza dei tre complessi badiali siti nella poco lontana "Maccla bona ", dovette diventare un ' monastero ' di discreto interesse e fungere da punto di riferimento per quegli organismi produttivi di derivazione romana, le curtes (prima ' ville '), situate, come mostrano i numerosi rinvenimenti nella zona, nella parte del territorio limosanese estesa, a man destra del 'vallone Lavandaia', sino a " la piana Sancto Leo iuxta flumen Bifernj et Confinia terre Limosanj et feudi Casalis de Castell (ucci) .o ". Poteva, infatti, da esso, che posizionava vicino ad alcune fonti (esiste, tuttora, nei pressi la 'Fonte dello sbirro'), esercitarsi facilmente il controllo tanto sulla risorsa idrica del fiume che, cosa di maggior rilievo, sopra gli itinerari costituiti dalla storica 'strada', che, transitando appena a qualche centinaio di metri, collegava Boiano (e Roma) all'Adriatico medio-basso ed al Gargano 162 e da quell'altra 'via', che, attraverso il 'passo della Covatta', menava sino a Benevento. Della buona fama e dell'importanza raggiunta, tra il X ed il XII secolo, da quella che era la "Ecclesia Sancti Martini Episcopi in Biferno ", o anche la " Ecclesia Sancti Martiani in Castello Mosano ", testimoniano i numerosi privilegi, papali ed imperiali, che in quel periodo la menzionano (v. nota 17) e la fanno sempre dipendente dal Monastero di S. Sofia di Benevento. Possedeva diverse pertinenze e disponeva di un discreto patrimonio immobiliare, sparso ampiamente nel territorio. "Alla chiesa di S. Martino in Limosano nel 1080 fu devoluta una parte del molino posseduto da ' Gisinulphus et uxor eius Clara '. Abbiamo anche notizia di una donazione di territorio sito in Limosani, da parte di Ugo filius Malfredi , nel 1132" 163 , il quale, a motivo della coincidenza sia del nome che della data, potrebbe essere l’omonimo vescovo (della parte guelfa) che in tale anno reggeva le sorti della diocesi limosanese. Nel secolo XIV la Chiesa di S. Martino, già in declino, fu affidata all'amministrazione del diacono " Nicolaus de sancto Agnello " o, che è lo stesso, di S. Angelo, il quale "ex collatione facta sibi a Monasterio S. Sophiae de Benevento in Rectoriam rationabiliter tenet et possedit". Sempre appartenne all'Abbazia beneventana di S. Sofia, di cui, sia nello splendore che nella decadenza, ne seguì fedelmente la parabola della sorte. Era già ridotto ad un semplice 'beneficium ' ecclesiastico quando dalla ' Convenzione ', con cui si dichiarava la fine dell'Ordine benedettino nel Monastero di Benevento, sancita il 1° Gennaio 1595 dal Papa Clemente VIII, fu attribuito ad uno dei sei monaci benedettini tra i quali vennero ripartiti tutti i benefici dell'Abbazia. "... D. Salustrio Carnazzale, monaco, possiede li seguenti benefizii: - (...). - S. Martino dello Musano. - (...)" 164 . 162 Vedasi, per la ricostruzione della rete viaria che interessava il territorio di Limosano, il paragrafo 1.2. Il "locus Sale ", dove Leone IX il 10 Giugno 1053 si fermò per tenere un 'placito' prima di affrontare lo scontro con i Normanni a Civitate, è a poche centinaia di metri da 'pesco Martino'. 163 ZAZO A., art.cit., pag. 26. Il Zazo cita il Repertorium S.S., c. 28b e 67a. Difficile la localizzazione del molino , anche se in agro di Limosano, tra la Contrada Colle Diego ed il Biferno, tuttora vi è una ' strada del Molino Vecchio '. Quanto a ' Ugo filius Malfredi ', pare probabile trattarsi dello stesso Ugo che nel 1148, in Limosano, stipula l'atto di concordia con l'abate Giovanni del Monastero di S. Sofia alla presenza, appunto, del conte Ugo II di Molise per problemi sorti con il monastero di S. Angelo Altissimo. 164 SAMNIUM 1959, pag. 226 e segg. "La storica chiesa di S. Sofia, del tempo di Gisulfo II e di Arechi II (poi I come 'princeps') e l'annesso monastero, che ebbero il loro massimo fulgore nel XII secolo, furono retti dall'Ordine benedettino, prima alle dipendenze di Montecassino, indipendente poi, dopo alterne vicende, fin dai tempi di

106 Erano già passati molti anni da quando i monaci avevano abbandonato il complesso badiale e la " Ecclesia Sancti Martini Episcopi in Biferno ", probabilmente già ridotta a cumulo di rovine, aveva smesso le sue funzioni ed il suo ruolo storico; a poco, se non a nulla, serve sapere, perciò, a chi passasse in seguito il ' beneficium '. Forse, perché di nessun interesse, neppure la Storia volle occuparsene e non ne lasciò traccia, se non nella possibile continuità con quella “ Confraternita di S. Martino ”, eretta nell’Ospedale della SS.ma Annunziata, di cui si ha ancora notizia nei documenti di fine XVI secolo.

3.2 - S. Silvestro

"Con atto in forma pubblica amministrativa del 25 Novembre 1908 venne stipulato tra la Direzione Generale Fondo Culto e l'Economato Generale dei Benefici Vacanti di Napoli" il definitivo passaggio alla Amministrazione Fondo Culto delle attività e delle passività del Beneficio di S. Silvestro di Limosano . Era trascorso poco più di un decennio da quando l'ultimo beneficiato, il Sig. Battinelli Michele , sacerdote, che ne aveva "preso possesso nominale il 17 Agosto 1867", "già investito del Beneficio di S. Silvestro di Limosano, si rese defunto nel 1897 nel Comune di Ponticelli dell'Ufficio (del) Registro di Barra" 165 , in provincia di Napoli. Erano gli ultimi atti burocratici, che sancivano la fine di una istituzione gloriosa e ricca di storia, di cui però, al presente, non rimane nessun ricordo nei luoghi e pochissime tracce nei documenti. Anche se "il luogo detto a S. Silvestro", che viene detto trovarsi "in suolo dell'Abbadia di S. Sofia di Benevento" 166 e dove situava l'antico complesso abbaziale, risulta di non semplice Gregorio VII. La decadenza del Monastero si iniziò con le turbinose vicende del Regno di Napoli nella seconda metà del XIV secolo, accentuandosi dopo che la ricca Badia fu concessa in commenda (sec. XVI) a Rodrigo Borgia. Al Borgia successe Giuliano della Rovere, poi Papa Giulio II, e, infine il Cardinale Ascanio Colonna,..., chiese ed ottenne che fossero allontanati (i monaci benedettini) e sostituiti dai Canonici regolari della Congregazione di S. Salvatore, dell'ordine di S. Agostino. Gli accordi furono presi col P. Generale, Ambrogio Morandi, e furono sanciti da Clemente VIII, il 1° gennaio 1595". Non sembra affatto casuale l'indicazione, nei documenti, di S. Martino dello ' Musano ', il cui etimo, facilmente corrompibile, è all'origine di attribuzioni spesso difficoltose e non vicine al vero. 165 ASC, Fondo INTENDENZA DI FINANZA, B. 349, f. 1510, comunicazione del 25 Gennaio 1909, con cui il Ministero di Grazia e Giustizia - Direz. Generale del Fondo per il Culto impartiva le disposizioni del caso all'Intendenza di Finanza di Campobasso. La storia recente del Beneficio di S. Silvestro era stata riassunta in altra nota, datata 27 Febbraio 1885, tra gli stessi menzionati soggetti. " In Comune di Limosano... è Sede un Beneficio Semplice contemplato dalla Bolla 'Dum Collatis', del quale è investito il Sacerdote Buttinelli Michele residente in Ponticelli (Napoli). Chieste informazioni mi risulta che il Buttinelli è tuttora vivente ed attendo altre informazioni per assodare la data dell'investitura e l'ammontare preciso del capitale che da alcune memorie attinte presso l'ufficio del Registro mi risulta sia di L. 2080 circa, e cioè una rendita in denaro di annue L. 19,12 e di una corresponsione in grano di Ettolitri 5 e litri 55. Mi risulta inoltre dall'eseguite ricerche che il Verbale di presa di possesso del 17 Agosto 1867 venne dall'Ufficio del Registro di Campobasso inviato alla Direzione Demaniale di Aquila con nota delli 12 Giugno 1869 N. 371- 581 e non fu più ritornato. Converrebbe quindi spedirne una copia all'Ufficio desumendolo o da quello per avventura depositato in Cotesto Archivio, o richiedendola alla Direzione Generale. Mi risulta altresì che l'atto di nomina venne spedito a codesta Intendenza con nota delli 27 Novembre 1879 N. 1328 e prego la S.V. farla ritornare all'Ufficio di Registro qualora sia cessato l'uso sul quale venne richiesta. (...). Finalmente avviso che il ruolo esecutivo delle rendite in parola fu rinnovato l'ultima volta nel 1835 ma la prescrizione venne interrotta col giudizio di rinnovazione sostenuto nel 1852 dall'Economo dei Beneficii Vacanti avanti la Pretura di Castropignano e le sentenze furono trasmesse alla Direzione Demaniale di Aquila con la nota di questo Ufficio del Registro delli 12 Giugno 1869 N. 371-581 ". 166 ASCL, Catasto Onciario del 1743, B.1, f.1, passim.

107 identificazione e collocazione geografica, pare, tuttavia e con qualche ragione, proponibile l'ipotesi di posizionarlo nella località (o Contrada) 'Castagna', al confine "dalla parte di sopra con la strada publica che va al Bosco Fiorano", sopra ad una morgia, che con tale nome, la Morgia di San Silvestro appunto, non è più ricordata da nessuno (forse perché utilizzata nelle costruzioni) e che doveva situare a circa Km. 1,5 dall’abitato ed a breve distanza dalla strada che portava a Montemarconi ed a Cascapera. Dello splendore antico solo qualche barlume traspare dalla "Captio possessionis del 2 Novembre 1746" 167 , per l'avvenuta morte del precedente beneficiato, Don Bonifacio Fresella di Pietradefusi (Avellino), da parte del "Rev.di D.ni Gherubini Gisolfi oppidi Solophre" di quello che già allora era ridotto ad essere un " Beneficii Simplicis sub titulo Sancti Silvestri hujus antique Civitatis li=Musanorum ". Scrive il notaio che, per prenderne il possesso, "accessimus in dicta Territoria, et signanter in locum dirute ecclesie, sub vocabulo et titulo Sancti Silvestri supra unum montem lapideum , alias lingua vernacula, et idiomate paesano, dictum Morgia di San Silvestro , et in summitate et plano eius sita et posita ". E, mentre del passaggio da Don Gisolfi a Don Bartolomeo Verrusio non è stata trovata traccia, vi è del ' Beneficio di S. Silvestro ' una ulteriore e successiva, del 1778, ' presa di possesso ', fatta " nella Terra di Limosani, e propriamente nelli Terreni di S. Silvestro,..., e proprio sopra una Morgia, ove si dice esser stata la chiesa oggi diruta dentro li Territorij di S. Silvestro "168 a richiesta del Sacerdote Don Nicola Fracassi, nella qualità di "Procuratore del clerico Don Giuseppe Maria Verrusio della Terra di Ceppaloni", provincia di Benevento, per l'avvenuta rinuncia in suo favore da parte del fratello Don Bartolomeo. Dal Catasto Onciario (1742) risulta che " il Sig.r D. Bonifacio Frisella Canonico della Pietra de Fusi Principale Pacifico, e (che) legitimamente possiede in questa Terra di Limusani il beneficio semplice sotto il titolo (di) S. Silvestro, conferitelo dal Sig.r Arcivescovo di Benevento come per sue Bulle, al qual titolo il d.o Sig.r Frisella fù legitimam.te promosso agl'ordini (e) gl'effetti di d.o beneficio ", ha 'rivelato' cespiti di proprietà del Beneficio, quasi tutti coltivati a 'vigna', per circa 35 tomoli e 4 misure. Di tale patrimonio: 3 tomoli situavano "alla piana del Ponte", poco più di 6 tomoli "alli Patrisi" o "alla fonte delli Patrisi" e la parte più consistente, di circa 26 tomoli, "à S. Silvestro" oppure "alla Morgia di S. Silvestro" 169 . Il confronto con le risultanze dell' Inventarium del 1712, che conta 17 'appezzamenti', situati nelle stesse 'contrade' ma con una estensione complessiva di 41 tomoli, mette in evidenza la fase di declino e di contrazione del disponibile fondiario del 'Beneficio', che solo nel trentennio 1712-1742 diminuisce del 10% circa. Quest'ultimo documento, più volte citato, fornisce, inoltre, sia i parametri precisi per la identificazione geografica del sito che alcuni preziosi elementi per una ipotesi di ricostruzione storica, quando nella ' Descrizz.e della Chiesa ' riferisce che " la sudetta Chiesa del nominato Benef:o di S. Silvestro, era nelle pertinenze della Terra de Limusani quasi un miglio distante da essa , situata nella parte setten.e sop.a una Morgia, hoggi in un Mucchio di pietre per esser Demolita d'ord.e dell'E.mo Sig.re Card.l Arciv.o Orsini in S: Visita dell'anno 1693: E' lungo pal: 36 e larga pal: 24 ; Confinante in tutte le parti li beni di d.o Benef.o...; Presentem.te il sud.o Benef.o si gode dal Rev.o Sig.re D:n Giuseppe Rota, della Città di Bergamo conferitoli dallo stesso E.mo Arcivescovo Orsini. Non si ha memoria e notizia delle sue Bolle giudicandosi haversele portate seco ". Perché il Cardinal Orsini ' ordina ' la demolizione, sino a ridurla in un Mucchio di pietre , di quella Chiesa sop.a una Morgia ? Perché tra un Clero diocesano, numeroso a dismisura e, come era costume, disposto persino a pagarlo, quel Beneficio viene conferito al " Rev.o Sig.re

167 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Not. Amoroso F.Antonio di Limosano, atto del 2 Novembre 1746. 168 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Not. Iamonaco Michele di Limosano, atto del 1 Luglio 1778. 169 ASCL, Catasto Onciario del 1743, B.1, f.1.

108 D:n Giuseppe Rota, della Città di Bergamo "? Perché se le ha portate seco (e, con quelle, quanti e quali gli altri documenti asportati dalle istituzioni limosanesi? E, soprattutto, di che natura?) così che, appena qualche anno più tardi, già non si ha memoria e notizia delle sue Bolle ? Dalla " somma de tutti li frutti " si ha che, nel 1712, ' introitava ': - Per Vigne à 29 anni 04:55 - Per Vigne a 29 anni in g.no tt.a dieci e mezzo, a carl: otto il tt.o 08:40 - Per Terraggi in g.no, tre quarti alla sud.a raggione 0:60 - Per Territ.o in dem.o 0:40 A fronte di tali entrate, che ammontavano a complessivi 13:95 ducati, ne pagava " per cattedratico " 0:50 (ma, nel 1742, l'importo dovuto " per cattedratico all'Arcivescovo " risulta salito a ducati 1:20) e 0:16 (invariato nel 1742), " per spoglio, e galere ". L’intensa attività patrimoniale veniva da lontano. E, difatti, da un atto (Not. De Blasiis Nicolantonio di Lucito , in ASC, Protocolli notarili) del 19 Aprile 1672 sappiamo che il Rev.do Don Vincenzo Testa (non certo limosanese di origine) “proprie nell’Anno 1669 ”, quando “… il R. Abb: Fra’ Jonno Morra (era il) beneficiato (di S. Silvestro)”, ha venduto al limosanese Loreto Luciano “ una casa di più membri un horto et una vigna redditizia al’ Abate di S.to Silvestro con peso d’annuj tt.a due di grano, li quali beni, et fundi, ne fece detta cessione in sodisfatione del legato fatto del q.m D. Francesco Radicchio di detta terra di limosanj… ”, il quale era stato ‘Rettore’ della Chiesa Parrocchiale di S. Stefano. A sua volta e così ridotto, il ' Beneficio ' di S. Silvestro, e la cosa traspare evidente anche dall’attenta lettura del ‘Catasto Onciario’ del 1743 dal quale risulta che diversi cespiti, sparsi nell’intero agro, situavano “ in suolo dell’Abadia di S. Silvestro di Benevento ”, era solo la parte residuale di un notevole complesso monastico, che, in un passato sempre più lontano, aveva conosciuto tempi assai migliori e goduto di buon prestigio. Lo lascia ben intendere il fatto che per le "Rationes Decimarum", le decime pagate nel 1308-1310 (quando il movimento benedettino era già da tempo entrato in crisi) alla mensa vescovile di Benevento, veniva così tassato: "4745 - Prior S. Silvestri de Limosano solvit TAR. III "170 . Proprio la circostanza per cui a governare la struttura, il patrimonio e la comunità dei monaci vi fosse destinato un ' Prior ' dimostrerebbe, almeno per questo periodo della sua storia, l'appartenenza all'ordine benedettino di quel centro badiale. E, se non già da prima, almeno ad iniziare dai primi anni del secolo XII fece sempre e continuamente riferimento, anche come osservanza religiosa, all'Abbazia di S. Sofia di Benevento, nel cui suolo in diversi punti del 'Catasto Onciario' si riporta che ancora situasse. Di certo doveva essere monastero di discreto interesse se, con la dicitura di "(monasterium o ecclesia) Sancti Silvestri ", viene sempre indicato nelle 'concessioni' papali, con le quali, a partire dal 1102, si inizia a farlo rientrare nella giurisdizione del grande Monastero sofiano 171 . Ciò probabilmente perché, nonostante l'incipiente ma palpabile fase di declino (alla ricca potenza dei monasteri benedettini si contrappone il seguito sociale degli ordini mendicanti),

170 INGUANEZ, MATTEI-CERASOLI e SELLA, Rationes Decimarum Italiae: Campania, Roma (Città del Vaticano) 1942. 171 Si veda il 'Chronicon Beneventani Monasterii S. Sophiae' (in UGHELLI-COLETI, X, specialmente 495 e 500, ma anche altrove). Dal combinato delle due 'concessioni', rispettivamente del 1102 (495) e del 1140 (500), traspare la notevole diffusione del monachesimo e del cenobitismo nell'area del medio Biferno durante il secolo XII: "... Sancti Martini Episcopi in Biferno, Monasterium Sancti Angeli cum cellis suis in Petra Sancti Angeli, S. Trinitatis in Patara Findi (o Petra Findi) Sancti Agnelli, Sancti Petri in Balneo in Valle luparia, Sancte Crucis in Limosano (o Limosana), Sancti Silvestri, in fossa caeca Sancti Stephani".

109 nella zona limosanese stava rimanendo l'unico e più importante avamposto, da non cedere, della politica beneventana per contrastare il forte espansionismo di Montecassino. Tra alti e bassi anche il complesso badiale di S. Silvestro, come la gran parte dei centri monastici dei benedettini, visse il periodo del suo maggior sviluppo tra l'VIII ed il XI secolo. Continui e di ogni tipo dovettero essere i contatti con il vicino " Monasterium (o, come lo si riporta nei diplomi più antichi, ' Ecclesiam ') Sancti Angeli in altissimo ", che era posto, nella concessione del 5 Novembre 999, " super fluvium Bifernum in fluviis atque finibus campi Morani cum eadem Ecclesia haereditatem quae est in longitudine milliaria duo (nota: tutti i parametri geografici portano ad identificare questa 'ecclesia' con S. Silvestro)" e, nell'altra del 6 Novembre 1102, " ... cum cellis suis, in Petra Sancti Angeli "172 , sulla pietra (o morgia) di S. Angelo, appunto, tuttora esistente al centro di una 'contrada Abbazia', che col nome vuole ancora ricordarne il passato. Ma, necessariamente e senza ombra di dubbio, il cenobio limosanese di S. Silvestro dovette essere ancora più antico. Lo dimostra, nonostante manchi il supporto della documentazione certa, il riferimento, valido come per S. Angelo in Altissimo così per tutti gli eremi (quel caratteristico modo di essere sulla sommità di masse rocciose, oltre che di S. Silvestro, lo fu anche di S. Martino e di S. Illuminata) del territorio limosanese, alle 'celle', definibili e definite "minuscole abitazioni per anacoreti ed eremiti solitari" 173 , scavate e ricavate nei fianchi delle 'morge'. Lo dimostra, nonostante manchi il supporto della documentazione scritta, la posizione, poco offendibile ed a mezza strada tra gli insediamenti antropici di Cascapera e di Ferrara, di certo i più antichi dell'area limosanese, il primo dei quali ha mantenuto la continuità storica con la "Ti-phernum" di origine sannita e sede della omonima diocesi del primitivo Cristianesimo. Del resto, quella, ai cui margini è possibile localizzare sia il sito del cenobio che l'area archeologica di Cascapera (e Colle Ginestra), è la contrada di Monte 'Mercurio', che, nella toponomastica, richiama un luogo di culto antico e, comunque, di origine romana. Lo dimostra, nonostante manchi il supporto della documentazione diretta, la vicinanza del sito, oltre che alle grandi risorse idriche del 'Lago di Cascapera' e del 'Lago maiure', alla antica strada, che, chiamata più tardi "dei Langianesi", collegava la fascia adriatica degli Abruzzi a Benevento attraverso l'area, che era, dapprima, stata 'tiferno-fagifulana' e, poi, apparterrà al 'gastaldatus Bifernensis'. Va, infine, a tutto ciò aggiunto che tanto la devozione per S. Silvestro che l'uso di intitolargli un 'locus' cenobitico trovano documentazione per le zone del medio Trigno (area del 'municipium' di Terventum) e del medio Biferno (area del 'municipium' di Fagifulae) nel periodo di tempo che va dalla seconda metà del V secolo e non supera la fine di quello successivo.

3.3 - Il cenobio di S. Illuminata

Nonostante le posteriori abrasioni (frutto, quasi certamente, della volontà di 'cancellare' il titolo di obbligazioni ataviche) sia alla 'pianta' che al nome del "Benef.o semplice senza cura (animarum) sotto il tit.o di _ _ _ _ _", riportato nell'INVENTARIUM del 1712, diversi sono gli elementi che portano ad identificarlo con certezza quasi assoluta con quanto, davvero poco, allora rimaneva dell'antico cenobio di S. Illuminata . Dalla relativa 'descrizzione' si

172 UGHELLI-COLETI, X, 485 e 495. Il PIETRANTONIO (op.cit., pag. 409) localizza il Monastero di S. Angelo in Altissimo "presso il bosco di Trivento già in territorio di Civitacampomarano ora Lucito" e lo dice "donato da Arechi, principe di Benevento, a S. Sofia nell'870". 173 FERRARA V., Canneto sul Trigno, Vasto (CH) 1988.

110 riesce a sapere che "la Chiesa sotto il ti.o_ _ _ era situata nelle pertinenze de Limusani poco distante da d.a Terra verso la parte occidentale, qual distanza importera da 500 passi;... la quale vedesi pr.ntemente diruta con alcune reliquie di muraglia indicante esser stata Chiesa; nell'anno 169_ nella prima S. Visita unita alla Chiesa Arcip.le dall'Emo e Rev:mo Sig.re Cardinal Orsino Arcivescovo". Il Lanzoni 174 , tanto autorevole per le ricostruzioni storiche quanto, per quelle ‘geografiche’, poco attento, così che già il Gasdia ne poteva mettere in discussione la sua localizzazione di Tifernum 175 , dopo aver collocato questo antico insediamento a Città di Castello (Perugia), cerca in ogni modo di posizionare nelle sue immediate vicinanze anche la ‘ecclesia’ di S. Illuminata, asserendo di derivarne la notizia dagli ‘Acta di S. Illuminata’ 176 . Più di quanto voglia pretendere, l’assunto lanzoniano dimostra semplicemente che: 1) quella istituzione religiosa aveva origini e radici assai antiche; 2) una ‘ecclesia’ (tale etimo, anteriormente al mille, da quando cioè si inizia con frequenza sempre maggiore a sostituirlo con ‘monasterium’, veniva usato per indicare una struttura cenobitica) titolata a S. Illuminata situava in prossimità di un insediamento, sede di diocesi proto-cristiana, chiamato ‘Tiphernum’; 3) era essa, almeno per un certo periodo, appartenuta alla giurisdizione cassinense, come prova il codice, da cui la notizia è tratta. Ed anche se la cosa potrà recare dispiacere al Lanzoni ed ai suoi estimatori, quelle suesposte sono tutte condizioni che ben si adattano alla “ ecclesia sanctae Illuminatae infra fines praedicti castri Limessani, loco ubi dicitur Petra majore, cum omnibus ecclesiis et pertinentiis suis ”177 . Sulla prima fondazione del cenobio , anch’esso, così come gli altri di S. Martino e di S. Silvestro, posto sulla parte superiore di una ‘ morgia ’, propriamente “ in loco ubi dicitur Pesclo majore ”, va detto che dovette essere molto antica (V o VI secolo) e certamente di origine eremitico-anacoretica. Sono applicabili pure alla struttura di S. Illuminata tutte le motivazioni (vicinanza ad una importante arteria viaria, posizione poco accessibile e scarsamente offendibile, prossimità alla risorsa idrica rappresentata, nello specifico, dalla fonte dello 'Spiracolo’), tipiche del primo eremitismo ed analizzate in precedenza, che portano a datare ad epoca assai antica le emergenze religiose ‘regolari’ dell’agro limosanese, tutte situate vicino a quanto restava di preesistenti strutture romane e che, poste lungo i grandi percorsi viari, servivano a mantenere una certa unità del territorio. Dovette, in seguito, mantenere quella rigida natura anacoretica almeno sino a quando, tra il secolo VII ed il successivo, non ebbe inizio la aggregazione, nell’attuale sito, dell’insediamento di ‘ Musane ’ (o ‘ Mesane ’), che riprende il ruolo storico e le funzioni, civili e religiose, dell’antica ‘ Tiphernum ’, scomparsa o in procinto di esserlo, e che sta per rappresentare il centro più importante del “ gastaldatus Biffernensis ”. E’ così che proprio in

174 LANZONI F., Le diocesi d’Italia dalle origini al principio del sec. VIII (604), Faenza 1927. 175 GASDIA V.E., Storia di Campobasso, Verona 1960. Il Gasdia, a pag. 192, scrive: “Il Lanzoni,…, identifica Tifernum con Città di Castello. Ma se questa città è la nostra sannita, dirò che essa ebbe due vescovi…”. 176 LANZONI F., op. cit. “MATURO, Gli ‘Acta’ di S. Illuminata, in ‘Roma e l’Oriente’, an. 1914 (VII, pp. 101- 18, 286-91; VIII, 31-9, 86-90, 214-30)” li deriva da un codice cassinese (e Limosano è di molto più vicino a Montecassino, cui peraltro il cenobio limosanese appartenne, di quanto non lo siano l’Umbria ed, in particolare, Città di Castello). “Una redazione degli ‘acta’ scrive: Extat ecclesia in territorio castri Massae (Martanae) in diocesi tudertina, in qua dicitur requiescere corpus ”. A parte la possibile corruzione nella trascrizione con ‘castrum Massae’ del ‘ castrum Mesane ’, che in seguito diventa ‘castrum Li messa ni’ (v. GATTOLA E., Historia Abbatiae Cassinensis…, Venezia 1733, pag. 421 e seg.), non avvertita dal Lanzoni, egli sembra far grande confusione (e da ciò le sue difficoltà nella ricostruzione ‘geografica’) tra gli etimi ‘tudertinus’, ‘tiberinus’ e ‘tiferninus’, i quali proprio non stanno ad identificare la stessa cosa. 177 GATTOLA E., op. cit. Vedasi la precedente nota 33. Traduciamo: “ la chiesa di S. Illuminata (posta) dentro i confini del ‘castrum’ di Limosano, nel luogo dove si dice ‘ la Pietra maggiore ’, insieme a tutte le chiese e le sue pertinenze”.

111 questo momento storico, oltre al passaggio alla ‘religione’ benedettina, si inizia a dire “de Musano” 178 l’organizzazione monastica di S. Illuminata. Ed a tale espressione, così come si è visto già per S. Martino e così come fu anche per la diocesi , che in questa fase (epoca carolingia) è detta “ Musanense ”, non può non essere associata una valenza indicativa di un ben preciso momento storico. I benedettini del Monastero di S. Illuminata svolsero nello specifico dell’ambito del territorio “musanense ” il ruolo tipico e tutte le funzioni socioeconomiche, che è possibile riferire al monachesimo del periodo che corre tra l’VIII ed il X secolo. Dopo aver sottomesso le popolazioni rurali, che, però, trovarono “nell’istituzione benedettina la sicurezza necessaria per sopravvivere in un’epoca contrassegnata da incertezze, violenze e soprusi, con la progressiva estensione del territorio dipendente, la missione religiosa delle badie passò in secondo ordine e gli interessi dei monaci privilegiarono gli aspetti economico-politici, divenendo sempre più problematico cogliere in essi i lineamenti dell’autentica vocazione alla solitudine. Con l’acquisizione di vari possedimenti si presentò, infatti, la necessità della loro organizzazione e si fece strada l’idea di una più efficiente amministrazione con l’obiettivo di un migliore sfruttamento dei beni terrieri. Si rileva innanzitutto nella politica agricola delle badie la tendenza ad accorpare i vari fondi in una struttura più organica e quindi più facilmente controllabile, per cui appezzamenti discontinui, conseguenza di donazioni in zone diverse e distanti, si aggregano con opportuni acquisti e permute. Il secondo criterio perseguito nell’amministrazione e sfruttamento del patrimonio terriero è rappresentato dai contratti di colonia, dai cottimi e, soprattutto, dalle concessioni a titolo di enfiteusi , come conseguenza dell’impossibilità da parte dei monaci di provvedere alla gestione diretta dei fondi e delle terre dislocati anche in luoghi lontani” 179 . Nascono e si organizzano in tal modo sul territorio, anche se di dimensioni assai ridotti, veri e propri insediamenti (villaggi), in tutto dipendenti dal monastero e da esso dominati sia socialmente che economicamente, il cui surplus della produzione rimane a sua completa disposizione. Anche il Monastero limosanese di S. Illuminata “cum omnibus ecclesiis et pertinentiis suis” diventa, da una parte, un attivo soggetto economico e di amministrazione fondiaria e, dall’altra, oggetto delle mire e dei disegni politici nello scacchiere rappresentato dal territorio dei medi bacini fluviali del Biferno e del Fortore, che, durante la seconda metà del X secolo, è il vero teatro di un forte scontro per interessi contrastanti tra i poteri, religioso e civile, riferibili al ‘ principatus ’ di Benevento. Dopo averne definito una ben precisa strategia e con gli evidenti obiettivi di aggregare alla 'provincia beneventana' i territori di Lucera, di Termoli e di Trivento (e perché non anche quelli di Civitate, di Dragonara, di Ferentino, di Larino e di Limosano?), soggetti all’influenza bizantina, e di rinsaldare i legami del clero latino di quelle regioni con la Chiesa di Roma, “in seguito al Concilio tenutosi a Roma nel maggio del 969, il papa Giovanni XIII conferisce al vescovo Landolfo di Benevento il titolo di arcivescovo e gli riconosce la potestà ut fraternitas tua et successorum tuorum infra tuam diocesim in locis quibus olim fuerant semper in perpetuum episcopos consacret, qui vestre subiaceant ditioni ”180 . La qual cosa in 178 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 435. Il Pietrantonio, a pag. 63, scrive: “Nel sec. IX,…, il ducato di Benevento, diventato principato di Arechi, fu diviso fra Siconolfo (Salerno) e Radelchi (Benevento). La sovranità di Radelchi si estendeva sopra i gastaldati di Brindisi, Bari, Canosa, Lucera, Siponto, Bovino, Ascoli Satriano, S. Agata dei Goti, Telese, Alife, Isernia, Boiano, Larino, Biferno e Campobasso”. Annotato che tutti tali insediamenti erano sede di diocesi ed a parte i seri dubbi su quello di Campobasso, che in tale epoca storica doveva essere, se non inesistente, insediamento minimo, dove, tra Boiano e Larino, localizzare Biferno se non nell’area limosanese? 179 BUCCI S., La Badia di Melanico, Venafro (IS) 1998, pag. 39. 180 BUCCI S., op. cit., pag. 43 e 44. L’analisi proposta da BUCCI, al quale si chiede venia per la rielaborazione, è stata opportunamente riadattata. Ne trascriviamo la sua conclusione (pag. 40): “La soluzione di una lunga vertenza con l’arcivescovo di Benevento è il segnale di un’affermazione di ruolo autonomo rispetto alla sede

112 pratica voleva rappresentare la possibilità reale di assoggettare e di organizzare ingenti e vasti territori, col sistema della suffragania , alla giurisdizione (‘ditioni’) dell’arcivescovo ed, in senso più lato, della Chiesa. La simultaneità di certe date rende difficile dire se una tale opzione politica del Papato e del Clero secolare rappresentasse essa la risposta ad una ‘diversa strategia’ da parte del potere civile dei Principi beneventani (nella cui orbita ruotavano tanto la media valle del Biferno che quella del Fortore) messa in campo “per accrescere il controllo del territorio” allorché “dal 961 al 981 Pandolfo, consapevole della dilagante predicazione benedettina con i suoi assunti, moltiplicò le donazioni pro remedio animae a favore delle comunità monastiche le quali divennero delle vere e proprie imprese di trasformazione fondiaria…” 181 . Oppure sia accaduto il contrario e, cioè, che la nuova politica, favorevole all’espansione del Clero regolare da parte del Principato, abbia rappresentato, per ridimensionare le pretese dei vescovi (che si stanno riappropriando delle sedi episcopali delle ‘civitas ’), una scelta troppo obbligata in seguito al nuovo atteggiamento dei Pontefici. E, se, a questo punto, cogliere la cronologia delle motivazioni politiche non è affatto semplice, di contro è assai facile ricostruire i fatti che ebbero ad interessare i monasteri dell’agro limosanese e, nello specifico, il ‘cenobio’ di S. Illuminata. Quest’ultimo, subito dopo che, rompendo delicati equilibri, si è inserito (schierato dalla parte del Papato) nello scontro anche il Monastero di Montecassino, al quale, come si vedrà quando si dirà di esse, nel mese di settembre 972 “ oblatae sunt… tres ecclesiae in Lumisano, id est Sancta Maria , Sanctus Petrus et Sanctus Benedictus in loco Maccla bona , cum omnibus rebus et pertinentiis earundem ecclesiarum ”182 , viene assoggettato dal Principe Pandolfo alla giurisdizione dei Monasteri di S. Eustasio (o Eustachio) e di S. Elena, situati nel contado di Pantasia, sin dalla data di fondazione di questo secondo (“ ab ipso suae constructionis exordio ”), che risale al 976 183 . I favori dei ‘ domini ’, i quali per mezzo di ‘ donazioni ’ fatte per la salvezza dell’anima mirano a rafforzare la propria autorità politica; l’attività patrimoniale, che si concretizza in acquisizioni di nuovi possedimenti, in permute ed in cessioni le più opportune a migliorare il disponibile; e la gestione quasi esclusiva dei mezzi di produzione economica e della forza lavoro, che permette di controllare l’assetto sociale della popolazione rurale stanziante sul territorio, fecero del Monastero di S. Illuminata un centro di potere capace, almeno per un certo periodo, di garantire la stabilità politica ad un’area di frontiera, quale era quella limosanese, e permisero ai suoi ‘ praepositi ’ di contrastare la potenza, frutto di commistione tra il terreno e lo spirituale, dell’ episcopus Musanense S. Mariae . E’ da pensare che all’origine delle rilassatezze nei costumi e delle dissolutezze ipotizzabili per un certo, e non breve, periodo nel cenobio limosanese vi sia stato proprio questo nuovo ‘ status ’ degli Abati- metropolitana, secondo una tendenza centrifuga opposta a quanto si era osservato nell’alto medioevo”. 181 BUCCI S., op. cit., pag. 44. 182 Chronicon Cassinense, II. “(Nello stesso modo) sono state sottomesse (a questo Monastero) tre Chiese (situate) in Limosano, cioè S. Maria, S. Pietro e S. Benedetto della località ‘Maccla bona’ , con tutte le cose e le pertinenze di quelle Chiese”. 183 TRIA G.A., Memorie storiche, civili ed ecclesiastiche della città e diocesi di Larino, Roma 1744 (rist. Isernia 1988), pag. 576 e segg. Sarà più chiaro dai documenti che si riporteranno nel prosieguo il collegamento di S. Illuminata con i Monasteri di Pantasia sin dal momento della fondazione di S. Elena. Quanto alla famiglia dei Pantasia , titolare dell’omonimo contado, cui sono da riferire i territori dell’area del medio Fortore con le diocesi di Dragonara e di Ferentino, il Vipera la dice “ nobile famiglia beneventana ”, dalla quale “ Limosani ripete i suoi natali ”. E, nonostante allo stato sia quasi del tutto sconosciuto, almeno nei termini, il rapporto tra i Pantasia e Limosano, una pergamena (in cattivo stato di conservazione e che a fatica siamo riusciti a copiare) dell’APL, datata “ anno a Nativitate X.sti millesimo quatuorcentesimo octuagesimo quarto (1484)”, sembrerebbe confermare l’esistenza di lunga durata, la notevole importanza e che essa, ancora attiva all’epoca, sia appartenuta alla migliore nobiltà beneventana.

113 priori , i quali, per emulare la vita ed i comportamenti del vescovo, vanno sempre di più perdendo di vista la parte della regola benedettina rappresentata dalla preghiera ( ora ), per riservare uno spazio sempre maggiore alla produzione ed alle attività economiche ( labora ), se non proprio ad una vita fatta di mondanità e di piaceri di ogni tipo. Dopo una simile fase (tra la fine del X secolo e la prima metà del seguente) di vita poco conforme ai dettami della regola, sembra, tuttavia, molto probabile che, come lascia ipotizzare l’espressione “ S. Brunonis nostri caussa ” del Gattola, a partire dai primi anni della seconda metà del secolo XI e dopo una riforma dei costumi nel cenobio si sia iniziato a praticare una osservanza (la cistercense ?) più rigida della regola monastica. Il passaggio ad un modo di vivere più severo e conforme al rigore della riforma voluta da S. Bruno, i cambiamenti nel rapporto di forze nell’area del medio Biferno disposti da Papa Leone IX nel ‘ placito ’ svoltosi il 10 Giugno 1053 “ in loco Sale iuxta Bifernum fluvium ”, i possibili mutamenti politici seguiti all’avvento dei Normanni, i quali per affermarsi rompono le resistenze del Papato e di Benevento nelle aree del medio Biferno e del medio Fortore; oppure, che è più probabile, le tre cose combinate insieme portarono al trasferimento del Monastero di S. Illuminata nell’orbita della giurisdizione di Monte Cassino. Una prima ‘ oblatio ’ dovette sicuramente essere anteriore al 1066, se è vero che la porta di bronzo del Monastero cassinese, sulla quale (Pannello XII – II Valva) risultava inciso il nome del cenobio limosanese, venne fusa proprio in tale anno 184 . Ma che il passaggio dalla giurisdizione ‘beneventana’ a quella ‘cassinese’ sia avvenuto tra mille contrasti e non sia stato, proprio nel momento in cui verso l’area limosanese iniziano ad essere rivolte anche le mire dell’emergente Trivento, del tutto indolore, lo dimostra con assoluta evidenza il seguente brano del Chronicon Cassinense: “Sed et Johannes, Triventinae sedis episcopus una cum Robberto filio Tristayni (a: Trostayni in charta ap. Catt. Hist. P: 421. Limosani situm est in com. Molise, ad Bifernum) Limessani castri domino, optulit huic loco ecclesiam sanctae Illuminatae infra fines praedicti castri Limessani, loco ubi dicitur Petra majore, cum omnibus ecclesiis et pertinentiis suis, pena indicta centum librarum auri id removere quaerentibus. Notandum plane videtur, nequitiam et fraudolentiam Alferii Triventinatis episcopi (b: Jam anno 1084 episcopus fuit; v. DI MEO Ann. Ad h. a.) hoc in loco inserere. Hic enim, dum praepositus in eadem beatae Illuminatae ecclesia esset, sciens supradictam ecclesiam monasterio Sancti Eustasii ab ipso suae constructionis exordio subditam, et a Beneventanis principibus in eodem loco concessam, simulque cupiens eam a dicione eiusdem monasterii subducere, accessit ad praepositum qui tunc monasterio praeerat, eumque rogare suppliciter coepit, ut sibi cartas eiusdem loci ostenderet, dicens suae haereditatis cartas ibidem esse repositas: orare ut sibi illas exinde auferre permitteret, ne forte temporis vetustate perirent. Praepositus autem nullum in verbis eius dolum existimans, dat ei et perquirendi et adsportandi licentiam. Tandem igitur inter reliquas praeceptum a Beneventanis principibus de ecclesia Sanctae Illuminatae monasterio sancti Eustasii factum invenit; quod videlicet lucide satis et aperte continebat, qualiter ecclesia illa a suae constructionis principio monasterii beati Eustasii a Beneventanis principibus tradita fuerat. Huius illa ductus invidia et iniqua nebriatus vesania, rapuit, abscondit et ad domum propriam reversus illud minutiam incidit. Haec ita acta fuisse ego ex ore Alberti huius nostri Coenobii monachi ultimam fere jam aetatem agentis audivi, ne quis hoc existimet mendose descriptum ”185 . Quali erano gli interessi (e si spiega bene il motivo per cui, relativamente al periodo che precede quella data, non rimane ‘carta’ alcuna) celati dietro a tali comportamenti, che, mossi

184 FABIANI L., La Terra di S. Benedetto, Badia di Monte Cassino 1968. 185 Chronicon Cassinense, IV, 34.

114 ed ispirati solo (si fa per dire) da ‘nequizia e fraudolenza’, avevano per evidente obiettivo il cambio di giurisdizione del Monastero di S. Illuminata? Facile e senza dubbio alcuno immaginare la risposta a tale domanda. Va, tuttavia, aggiunto che l’autore, Alferio, già ‘praepositus’ di S. Illuminata, viene premiato con l’essere nominato vescovo di Trivento. Va aggiunto anche che la famiglia dei ‘de Molisio’, ad un cui ramo sicuramente appartenne per gran tempo Limosano, sta organizzando a partire dalla seconda metà del XI secolo una contea assai importante e mira a rendersi autonoma da Benevento. E va ancora aggiunto che, dopo circa un trentennio dal ‘fattaccio’, il cenobio limosanese, nel Giugno del 1109, viene, una seconda volta ed in maniera definitiva, ‘oblato’ a Montecassino; e tutto questo sempre dagli stessi protagonisti, il Vescovo di Trivento e Roberto ‘de Molisio’, figlio di Tristaino e cugino del conte di Bojano 186 . Perché il documento permette di dare ai fatti accaduti nell’area del medio Biferno una lettura diversa e nuova, lo riportiamo nella trascrizione (l’originale si conserva tuttora nell’Archivio di Monte Cassino) del Gattola: “Quamquam decreveramus nullas ecclesiarum Donationes recensere, quasdam tamen hic referre in animo est, quae consensu, authoritateque Gelasii secundi, Callisti II et Anastasii IV nobis concessae sunt, recensebimus etiam ecclesiam S. Illuminatae S. Brunonis nostri caussa. Atque ut ab hac exordiamur, sic de ea scribit Petrus Diaconus cap. 34: ‘Sed et Johannes, Triventinae sedis episcopus una cum Robberto filio Tristayni Limessani castri domino, optulit huic loco ecclesiam sanctae Illuminatae infra fines praedicti castri Limessani, loco ubi dicitur Petra majore, cum omnibus ecclesiis et pertinentiis suis, pena indicta centum librarum auri id removere quaerentibus (an. 1109 Jun)’. Extat hujusce donationis autographum in archivo nostro, estque hujuscemodi: ‘In nomine domini nostri Jesu Christi filii dei eterni, anno ab incarnationis esius millesimo centesimo nono, mense Junio, secunda indictione. Ego Robbertus filius cujiusdam bonae memoriae domni Frostayni, qui dei nutu Limosani castelli sum dominus, declaro me habere quamdam ecclesiam pertinentem mihi per hereditariam successionem infra fines praedicti limosani, quae constructa est in loco ubi dicitur Pesclo majore, in honore S. virginis et martiris Illuminatae. Quam ecclesiam, cum quadam die, divina me inspirante misericordia, cogitans, animadverti utpote facinorum meorum, quorum me nexibus graviter, obstricteque religatum, agnosco absolucionis saltim aliquantulum merear. Et qui nimii thesauri pondere innumerabilium peccatorum onera lavare debuissem munusculo hoc exiguo terribilis judicis praesentiam judicii in diem tantorum absecrationibus SS. Fratruum non iracundam, sed placabilem utinam in ultimo Fidelium cetus loco positus, conspicere possim, et pro animae meae redempcione, et patris mei Trostayni, et matris meae Altrudae, et filii mei Guilielmi, et Ruberti, et animarum parentum nostrorum, videlicet Raonis comitis, et Rubberti, Raonis, Ugonis comitis, et Rogerii filiorum ejus. Deo primitus, et ecclesiae beati Confessoris, et Abbatum omnium patris Benedicti, quae sita est monte castri Casini, ubi sacratissimum ejus corpum humatum est, et ubi tunc omnipotentis providencia dispensante Brunus Signiensis episcopus Abbas, et rector esse videtur, cum omnibus utensilibus suis interius, exteriusque manentibus, et cum aliis subditis illis Ecclesiis, earumque facultatibus universis transactive offerro, atque transmitto in potestate praedicti cenobii S. Benedicti, et ejus rectorum, atque custodum ad tenendum, et dominandum, et faciendum omnia quaecumque ad utilitatem ejus Monasterii placuerint in perpetuum, absque ulla contradictione mea, vel meorum heredum, seu cuiuscumque hominis

186 Non furono infrequenti (e lo dimostra anche quanto era avvenuto per i tre Monasteri della ‘Maccla bona’), anche se si è portati a pensare il contrario, i casi di doppia ‘oblazione’.

115 pro parte nostra, et hoc mea sponte ut fatus sum optuli, una cum consensu, et voluntate Johannis Triventini episcopi. Igitur obligo me ego qui supra Robbertus, et meos heredes quod si hanc oblacionis cartulam evacuare aut minuare quocumque modo quesierimus, vel contradicere his que continet subjaceamus penae composicionis librarum auri centum, ast ego praenotatus Johannes celsa, annuente potentia Triventinae sedis presul sic quod ex eadem ecclesia pertinet pro dei tempore, et S. Benedicti, ac ob fraternum amorem venerabilis pontificis, et Abbatis Bruni, et omnium Fratrum pariter offero, atque concedo, sine ulla reservacione sicut ceterae ecclesiae, quae subditae ibi conceduntur, quatinus eorum sacratissimis adiutus subfragiis, apud eternum bonorum omnium remuneratorem, retribucionem accipere valeam. Et ego qui supra Johannes episcopus una cum nostrorum consensu, et voluntate Canonicorum canonice anathemate perpetuo condemnamus, et excomunicamus successores nostros, et ipsum Robbertum, et eius heredes, et omnes quicumque hanc cartulam oblacionis contraire, vel minuare, seu contraire temptaverint, ut sint anathematizati anathemate Maranata, idest pereant in secundo adventu domini nisi forte resipuerint, et ecclesiae deiquam leserint per emendacionem, et condignam paenitentiam satisfecerint fiat, fiat, fiat. Et haec cartula firma, et stabilis permaneat, et hanc cartam jussu praedicti pontificis Johannis, nec non praenominati Rubberti scripsi ego Johannes presbyter eiusdem ecclesiae Triventinae intus castello Limosano feliciter. + Ego Johannes episcopus Triventinae ecclesiae subscripsi + Ego Johannes presbyter Ego Rizmannus presbyter Ego Rubbertus de abrepa me subscripsi Ego Johannes judex + Ego Johannes Angeli me subscipsi’ ”187 . Successivamente alla ‘donazione’ del 1109, il Monastero di S. Illuminata restò sempre sotto la giurisdizione dell’Abbazia cassinese e, come tale, figura: - in un ‘privilegium’ “datum Laterani… Nonas Februari indictione IIII incarnationis diminicae anno MCXIII (1113) Pontificatus autem domni Paschalis secundi papae anno XIII 188 ; - in un ‘privilegium’ “datum Besulis… Kalendas Octobris indictione I incarnationis dominicae anno MCXXIII (1123) Pontificatus autem domni Calixti Secundi Papae anno III 189 ; - in un ‘diploma’ dell’anno 1137 dell’imperatore Lotario III, dettato in Supplimburgo 190 e rielaborato da Pietro Diacono (Ch. Cass., III, c. 17), nel quale tra i possedimenti abbaziali viene indicata “(ecclesiam)… in castro Lemisano sanctae Illuminatae… ”;

187 GATTOLA E., op. cit., V, note 33 e 34. Quanto alla bibliografia sul Monastero di S. Illuminata di Limosano, riportiamo i pochi elementi indicati dal citato PIETRANTONIO (op. cit., pag. 426): - REG. M.C.: Abbazia di Montecassino; I regesti dell’Archivio: 1°, 68 n. 51 (a. 1368); 2°, 62 n. 13 (a. 1109). - GATTOLA E., Historia abbatiae Casinensis per saeculorum series distribuita, Venetiae 1733, vol. 1°, 333. - CIARLANTI G.V., Memorie historiche del Sannio, 1644, III, 222. - GALUPPI M., Note Storiche Molisane, La Donazione della Chiesa di S. Illuminata all’Abbazia di Montecassino, in IL GIORNALE D’ITALIA del 3/12/1938. - GALUPPI M., Note Storiche Molisane, La chiesa ed il cenobio di S. Illuminata, in IL GIORNALE D’ITALIA del 20/12/1938. - MASCIOTTA G.B., 1°, 276. - BLOCH H., Montecassino in the Middle Ages, Vol. 3, Roma 1986; 427 n. 60, 476, 641 n. 160, 671 b. n. 40a, 676 n. 52, 797 n. 119, 922 n. 52. 188 GATTOLA E., op. cit., pag. 333. 189 GATTOLA E., op. cit., pag. 335. 190 FABIANI L., op. cit., II, pag. 425.

116 - in altro ‘privilegium’ “datum apud Ninpham anno MCLIX (1159)” da Alessandro III nel suo primo anno di Pontificato; - in altro ‘privilegium’ “datum Laterani anno MCLXXXVIII (1188)” da Clemente III nel suo primo anno di Pontificato. Nel 1368, il 5 Luglio, da Montefiascone “Guglielmo, Cardinal vescovo di S. Sabina, uditore e commissario per le cause e gli affari di Montecassino, ai rettori etc. della diocesi di S. Marco e di altrove: li incarica di provvedere alla restituzione perché appartenuti a Montecassino:…, di alcune possessioni di S. Illuminata, prese da Antonio di Galluccio;…” 191 . “L’abbate Giovanni Aragonio, l’ultimo di tutti diede in commenda questa Chiesa il 4 Novembre 1471 al ‘Clerico’ Giovanni Fiorillo da Mercogliano (nota: vicino Avellino) ed al ‘Clerico’ Barnaba Brancia da Sorrento l’11 Agosto 1479” 192 . Col fenomeno della ‘ commenda ’, e come tutti gli altri anche il Monastero limosanese di S. Illuminata, “i grandi antichi cenobi che affondavano le loro radici nell’ordinamento feudale e che erano in stretto rapporto coll’autorità politica (nota: quando, ed è il caso di Antonio di Galluccio con il cenobio di Limosano, non ne avevano subito gli attacchi ai rispettivi patrimoni), subirono una crisi più grave. (…). Per porre rimedio alla situazione di dissesto economico e di decadenza disciplinare, invalse l’uso,…, di affidare ( commendare ) i monasteri in difficoltà all’amministrazione di un prelato della curia o anche a qualche ecclesiastico locale bisognoso di aumentare (nota: frequenti furono i casi di ‘compra’ delle commende) le proprie rendite coi proventi delle ancor ricche abbazie, almeno quando a possessi fondiari. Le tentazioni di usare di tali proventi per i propri esclusivi interessi anziché per la restaurazione della vita monastica era assai forte e quasi tutti i commendatari vi cedettero” 193 . Ed i commendatari del Monastero di S. Illuminata non poterono non essere, e non furono, che come tutti gli altri. Durante i primi anni del XVII secolo, ad occuparsi di quel poco che ancora rimaneva dell’antico cenobio, dopo le usurpazioni di quanti avevano potuto impunemente farle e dopo gli abusi e gli interessi privati dei commendatari, era rimasto “Hercules monacus”, del quale (non sappiamo se a titolo di proprietà sua oppure dell’istituzione monastica) nel 1605 sono documentati “ bona in loco Sanctae Alluminatae ”. Era egli un idealista sognatore, l’ultimo, oppure, come par più vero, uno dei tanti ‘ eremiti ’, assai numerosi in quel periodo, opportunisti, il quale si era ritagliato nella società limosanese di allora la sua area di privilegio? Ci piace di pensare che solo per salvaguardare gli interessi dell’antico e millenario cenobio partecipasse alla “ Particularium Civium multorum Terre Limosani Procuratio ad lites verbo signanter ” del 26 Febbraio 1607 194 . Se, come sembra più probabile e come lasciano pensare gli elementi confrontabili con quelli dell’Inventario del 1723, il “ Benef.o semplice senza cura (animarum) sotto il tit.o di _ _ _ _ _” dell’Inventario del 1712-1713 deve essere identificato (v. paragrafo 2.1) con il “ Beneficio di S. Illuminata ”, il quale di ‘ cattedratico ’ alla Mensa Vescovile di Benevento ancora pagava 20 carlini, ci rimane, insieme alle ultime notizie, la seguente ‘ descrizzione ’: “ la Chiesa sotto il tit.o _ _ _ era situata nelle pertinenze de Limusani poco distante da d.a Terra verso la parte occidentale, qual distanza importera da 500 passi ; le sue coerenze sono, da ogni parte li beni del med.mo Benef.o e Chiesa la quale vedesi p.ntemente diruta 191 REGESTA M.C., I, pag. 68, n. 51, Aula III, Capsula III. 192 GATTOLA E., op. cit., pag. 421 e segg. “Abbas Johannes Aragonius omnium ultimus ecclesiam hanc commendavit die 4 Novembris 1471 Clerico Johanni Florillo a Mercugliano, ut ex eius literis in suo 1. Regesto p. 25, et Clerico Barnabae Brancia a Surrento die 11 Augusti 1479 in eodem Regesto p. 126”. 193 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 73. 194 ASC, Protocolli notarili, Not. Cotriccione (altrimenti detto Covatta) Domenico di Limosano.

117 con alcune reliquie di muraglia, indicante esser stata Chiesa; nell’anno 169_ nella prima S. Visita unito alla Chiesa Arcip.le dall’Emo e Rev:mo Sig.re Cardinal Orsino Arcivescovo ”. Dall’ “ Inventario del Beneficio Semplice sotto il titolo di S. Illuminata,…” del 1723 risulta che “ la suddetta Chiesa diruta nelle pertinenze di detta Terra de’Limusani è nel tutto, come stà descritta nell’Inventario del 1712 (nota: e, se non si identificasse il ‘Beneficio sotto il tit.o di _ _ _ _ _’ con quello di S. Illuminata, non vi sarebbe altro con cui poterlo fare) ;… ed è annessa alla Chiesa Arcipretale per decreto dell’Emo Sig.re Arciv.o Orsini nella p.ima S. Visita nel 1693 ”195 . Come già per quella di S. Silvestro, anche per l’Abbazia di S. Illuminata il Cardinale Orsini ne decretava i rintocchi, mesti e freddi, della campana a morto. Perché tutto ciò nell’area riconducibile all’influenza di Limosano? Ed, inoltre, perché tanto accanimento verso quelle istituzione antiche e cariche di storia?

3.4 - S. Pietro "de Sala" e le altre 'strutture' monastiche alla "Maccla bona"

Una ulteriore conferma alla ipotesi dei notevoli interessi (di grande rilevanza politica allora e, dopo, storica), che, sin da quando era ancora ‘ Ducatus ’, il ‘ beneventanus Principatus ’ ha verso una realtà, che, come entità territoriale, non può necessariamente non essere che di lunga durata, con valenza sia politico-amministrativa (gastaldatus) e sia religiosa (diocesis) sull’intera area del medio corso del Biferno, ed il cui insediamento abitativo di maggiore preminenza, etimologicamente e non solo, passa da Ti-phernum a Bifernum per concludersi, quando l’insediamento stesso si sposta relativamente alla posizione geografica, a Musane (o Mesane ); una ulteriore conferma, si diceva, viene dalla diffusione del monachesimo benedettino, che “risale al periodo posteriore alla conversione dei Longobardi” 196 e, segnatamente, tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII secolo. Che, da parte sua, anche l’Abbazia di S. Vincenzo al Volturno sia stata, oltre che emanazione voluta dal potere politico beneventano, “una fondazione monastica che sin dalle origini presenta un nesso strettissimo con la realtà geopolitica della Langobardia meridionale” e, situata ai confini tra il ducato di Spoleto, quello romano e l’altro di Benevento, “con il praeceptum concessionis di Gisulfo I è stata posta sotto la protezione (tuitio) del felicissimum Palatium cioè sotto la diretta giurisdizione dei duchi di Benevento” 197 con evidenti finalità strategiche, pare cosa definitivamente acquisita. In tal modo la costruzione del Monastero volturnense, coeva a quella di altre diverse istituzioni monastiche poste alla sinistra (quantitativamente assai più numerose che alla destra) del Biferno e nella valle del Fortore, deve farsi rientrare in un disegno ben definito della politica beneventana, che, con l’obiettivo di rendere più sicuri i confini (e le vie di comunicazione), oltre che di contrastare l’incipiente spinta autonomistica, viene a concretizzarsi “tra la fine del sec. VII e l’inizio dell’VIII (presumibilmente tra la morte di Grimoaldo II, avvenuta nel 689, e la morte di Gisulfo I avvenuta nel 706), durante la reggenza (per la minore età di Gisulfo I) di Teodorada, che promuove la fondazione di monasteri e chiese…” 198 .

195 APL, Inventari. 196 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 49. 197 FONSECA C.D., San Vincenzo al Volturno e la Langobardia meridionale, in AA.VV., San Vincenzo al Volturno: dal Chronicon alla Storia, Isernia, pag. 21 e segg., passim. 198 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 52 e seg. L’importanza strategica che, in epoca alto medioevale, l’ambito territoriale del medio Biferno, potendo da esso esercitarsi l’opera di controllo sulle vie di comunicazione, è sin troppo evidente dalla seguente conclusione di BRUNO Ruggiero (v. Il ducato di Spoleto e i Franchi nell’Italia Meridionale, in ASPN 1966-67, pag. 91). “Tralasciate le grandi strade consolari (l’Appia, la Latina, la

118 Nell’ambito di tale disegno rientra sicuramente la fondazione della grande istituzione monastica di “Santa Maria di Castagneto, voluta, intorno al 700 d.C., dalla duchessa longobarda Teodorada” 199 . Questa Abbazia , “ sita prope terram Casalium Cipriano ”, tanto potente ed insigne quanto poco conosciuta, rientrava sin dal momento della sua prima costruzione nell’ambito territoriale della diocesi (e perché non anche del relativo gastaldato?) di Limosano. Di certo ancora oggetto di contesa tra il Papato e Benevento, nel ‘placito’, tenuto il 10 giugno 1053 da Papa Leone IX “in loco Sale iuxta Bifernum fluvium”, essa viene confermata all’abate Liutfrido di S. Vincenzo al Volturno, alla cui Abbazia era da sempre appartenuta 200 . La sua importanza, che fu davvero notevole e che, nonostante dai documenti poco traspaia, tale dovette essere già in precedenza, viene a dir poco evidenziata dalle “Rationes Decimarum”, per le quali (Diocesi di Trivento) “ 4872 – Ecclesia S. Marie de Castenneto (solvit) tar XVIII ”201 . E tale somma, se solo si pensa che molte ‘Terre’ pagavano meno della metà, deve considerarsi del tutto ragguardevole. E che quel complesso monastico amministrasse un patrimonio assai ingente risulta evidente ancora da un atto del 3 Maggio 1593 202 , alla cui stipula partecipa il Notaio Francesco Antonio Santoro, originario di Limosano, nella qualità di procuratore “ Ill.mi et Rever.mj dominj Don pomponij de Magistris civitatis Rome Abatis sive prepositj Abatie sive eccl. S.te Marie de Castagneto nullius Diocesis site prope terram Casalium Cipriano… cum omnibus et singulis suis territorijs, silvis,… aquie fluvij, herbagijs, pasculis, pischerijs, lucris et emolumentis censibus fructibus redimendis et cum omnibus et quibuscumque aliis eius juribus ”. Cinque anni più tardi, il 30 giugno 1598, l’intero complesso patrimoniale dei terreni e della produzione veniva concesso in affitto per ben 700 ducati annui da “ Marcus Ant:s de magistro Abb. Abatie, et Ecc.e S.te Marie de castagnito site, et costrutte prope terram, et pertinentias Casalii Ciprani ”203 . Esso, evidentemente ridotto a ben poca cosa, era stato già trasformato in ‘beneficio’, quando, il 13 Marzo 1723, il Rev.do “ Abbate D.num D. Paulum Francone di.e Civitatis Neapoli Beneficiatum Beneficij sub tit.o di S. M.a delle Castagneta, seù dell’Annunciata ”, affitta il beneficio stesso a D. Nicola Brancia, nobile Patrizio della Città di Sorrento, “per anni tré alla ragione di docati trentacinque l’anno” solamente 204 . Si deve annotare che l’11 Agosto del 1479 anche il cenobio limosanese di S. Illuminata era stato concesso in commenda ad altro esponente di quella stessa famiglia Brancia di Sorrento, e precisamente al “Clerico Barnabae Brancia a Surrento”, che dovette e per lungo tempo essere assai influente. Nell’ambito di quel disegno politico, di cui si diceva, dovette rientrare la costruzione della “Abbatia, seu Ecclesia S.ti Alexandri ”, che deve essere localizzata “nell’agro di e, più precisamente, nella località Colle Sant’Alessandro, posta al confine con l’agro di

Domiziana), i Franchi, come già i Longobardi, seguirono, in genere, come vie di penetrazione nel Mezzogiorno i tracciati che dal territorio di Chieti immettevano nel Molise e nel Sannio”. Se ciò è vero, e non vi è motivo per dubitarne, come e perché non attribuire alla “Strada detta delli Langianesi”, che collegava Lanciano a Benevento attraversando l’intero agro di Limosano, una funzione di grandissimo rilievo? 199 PIETRAVALLE N., Molise: antichi interni, Torino 1990, pag. 55. A proposito di S. Maria di Castagneto il Pietrantonio (op. cit., pag. 402 e 403) scrive: “Il documento più antico è la chartula offercionis, con la quale Gisulfo I, duca di Benevento, nel 703 concede al Monastero di S. Vincenzo al Volturno la Chiesa di S. Maria di Castagneto e sue pertinenze, costruita dalla madre Teodorata (Chron. Vult. III, 26)”. 200 Il citato PIETRANTONIO, nella indicazione delle fonti edite, segnala (a parte UGHELLI, VIII, 122) il solo Chron. Volt., II, 15-18, 58, 105, 131, 249; e III, 14, 25, 87-89, 92, 97, 99, 100, 126, 161 e 163. 201 SELLA P., Rationes Decimarum Italiae, APRUTIUM-MOLISIUM, Roma (Città del Vaticano) 1936. 202 ASC, Protocolli notarili, Not. Di Rienzo Giovanpietro di Fossaceca (Fossalto). 203 ASC, Protocolli notarili, Not. Merone Francescantonio di Campobasso, atti del 28 e del 30 Giugno 1598. 204 ASC, Protocolli notarili, Not. Piccinocchi Giuseppe di Castropignano, atto del 13 marzo 1723.

119 Torella” 205 . Anche se di essa, che pure rientrava nell’ambito territoriale della diocesi di Limosano, si conosce assai poco, vi sono, tuttavia, non pochi elementi, come i frequenti rinvenimenti di reperti di origine romana ed alto medioevale nella zona, che portano a collocarne la originaria datazione al periodo tra la fine del VII e gli inizi dell’VIII secolo. La assoluta mancanza di documentazione, che non è affatto prova della sua inesistenza, ne impedisce una ricostruzione storica. Solo la pergamena datata il 26 Aprile 1370, scoperta solo di recente 206 , oltre alla vita gaudente che vi si conduceva, fa conoscere che “padrone (patronus)” della Abbazia era il nobile Roberto “de petracupa”, che nello stesso tempo era anche il “signore (dominus)” del “castrum petrecupe”. In precedenza (1328), di “Rationes Decimarum” alla Diocesi di Trivento, “ 4930 – S. Alexander (solvit) tar VII ”. E tale importo, che non era di certo irrisorio rappresentando quanto doveva versare un ‘Casale’ di media dimensione, lascia pensare ad un complesso monastico di ragguardevole struttura e di discreta consistenza patrimoniale. Un fuggevole cenno alla Abbazia di S. Angelo in Altissimo , posta “presso il bosco di Trivento già in territorio di Civitacampomarano ora Lucito” 207 , già è stato dato nel precedente paragrafo. Anch’essa, che dalla documentazione viene sempre ricompresa nella giurisdizione beneventana, deve farsi rientrare nell’ambito dei disegni politici del ‘Principatus’. In quanto e perché “venne donata da Arechi, principe di Benevento, a S. Sofia nell’870” 208 , doveva sicuramente essere di costruzione antichissima. Tutti i parametri e le attribuzioni geografiche della “ Ecclesia S. Angeli in altissimo super fluvium Bifernum, in campo Morani cum eadem Ecclesia haereditatem quae est in longitudine milliaria duo, et in latitudine milliarum unum…, una cum cellis suis, in Petra Sancti Angeli ”, permettono di ritenerla (nel tempo è documentata almeno sino alla ‘Concessio Papae Anacleti II’ del 1140) dotata di un patrimonio assai consistente, che le consentiva di rappresentare nella zona un polo di riferimento notevole sia economico che sociale, oltre che essere oggetto di mire politiche. E che, come le altre, anche l’Abbazia di S. Angelo fosse sempre stata e che ancora rientrasse nell’orbita politica limosanese lo proverebbe il fatto che “nell’anno 1148, a Limosano il conte Ugo II teneva corte con i suoi baroni, magnati, giudici e boni homines, per la stipula di una concordia tra Ugo Markese, signore di Lupara e di , e l’abate Giovanni del Monastero di S. Sofia di Benevento, riguardante il

205 BOZZA F., Anche nell’agro di Pietracupa un complesso badiale?, in Vita Diocesana, quindicinale della Diocesi si Campobasso, 15 Ottobre 1998, pag. 7. 206 V. nota precedente. 207 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 409. 208 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 409.

120 pagamento di un tributo da parte degli uomini della chiesa di S. Angelo in Altissimo” 209 , che ne contestavano il diritto. Relativamente alle altre evidenze monastiche, da riferire alla zona nord-orientale e più verso il mare, dell’area del medio Biferno (anche se di alcune una localizzazione, pur approssimativa, risulta assai difficile), sono da menzionare: 1) la “ Ecclesia Sancti Joannis cum omnibus rebus suis in causa Pollucis ”210 , della quale ne è documentata la presenza a partire almeno dalla seconda metà del X (dopo le frequenti incursioni saracene) e fino al XII secolo e che, in quanto sempre sotto la giurisdizione del Monastero di S. Sofia, dovette essere fondata proprio da quest’ultimo, che rappresentò il braccio religioso della politica beneventana. 2) la “ Ecclesia Sanctissime Trinitatis iuxta fluvium Bifernum cum omnibus suis pertinentiis” 211 della quale, forse solo di fondazione più recente, resta valido tutto quanto detto della precedente. 3) la “ Ecclesia Sancti Petri in Balneo in Valle luparia ”212 , che, probabilmente la più recente di tutte (la si menziona per la prima volta nel 1102), ebbe un considerevole sviluppo tanto che per le “Rationes Decimarum”, nonostante posizionasse in territorio della diocesi di Guardialfiera, pagava alla Mensa vescovile di Trivento “ 4883 – S. Petrus de Balneo tar XV ” nel 1309 e, nel 1328, “ 4925 – Monasterio S. Petri in Balneo tar XII ”213 . Sembra del tutto evidente che per la politica beneventana la linea del confine da difendere andava spostandosi sempre di più verso il mare. E, del resto, non si spiegherebbe come i due

209 GENTILE O., Il Sannio pentro: dalla civitas di Boiano alla contea di Molise, Campobasso 1991, pag. 301 e seg. Ad onor del vero, la notizia è di JAMISON E. (I conti di Molise e di Marsia nei secoli XII e XIII, Casalbordino 1932, App. doc. 1), la quale conferma che “nell’anno 1147, Limosano col suo Castellum appartenevano al dominio dei conti di Molise e che qui Ugo II teneva corte”. Quello che segue è il testo del documento che riguarda S. Angelo in Altissimo: “In anno ab incarnatione domini nostri ihesu christi millesimo centesimo quadragesimo octavo. Mense octuberis undecima indictione. Ego UGO markese qui sum dei gratia dominus castelli lupare et castelli calcabottazzi cum omnibus suis pertinentiis. Quoniam quidem humani generi instiga(nte) inimic(o) mentis mee et quorundem meorum hominum pravitas et adversitas tributa quedam et (red)dita ab ecclesia sancti angeli in altissimo et ab hominibus eius ausu peterent et in tamquam iniuriose quadam vice precipue acciperent atque violenter subriperent, et male quesita et surepta fore agnovi. Scilicet quia dominus noster UGO COMES molisianus sedens pro tribunali intus in civitate limosane cum baronibus magnatibus iudicibus aliisque suis bonis hominibus qui subterscripti sunt testes, venit dominus abbas venerabilem atque Religiosam ducens vitam, qui dicitur iohannes sancte sophie beneventane ecclesie cum confratribus et procuratoribus rerum et predicte ecclesie hominum, dampni iniurie actionem coram domino comite et aliis subscriptis pro ecclesia sancti angeli in altissimo, que predicte ecclesie sancte sophie oblata esse multis videatur privilegiis, conquestus de iniuria et violentia super nos egit… Quod EGO PAGANUS IUDEX ET NOTARIUS taliter rogatus qui a supradicto UGONE marcisio, actum in Limosano feliciter Ego qui SUPRA comes UGO testis sum Ego riccardus de molina hoc concedo Ego Julianus castropiniani hoc testifico Ego Raynaldus petre habundanti hoc dico Ego Robbertus habalerij testis sum ”. 210 UGHELLI, X, 485 ( Concessio del 5 Novembre 999), 486 ( Concessio del 6 Marzo 1022), 487 ( Concessio dell’8 Giugno 1038, dove la parola ‘ causa ’ diventa ‘ casa ’), 495 ( Concessio del 6 Novembre 1102, nella quale è indicata “ in casali Petraefictae Sancti Joannis ”). 211 UGHELLI, X, 486 (v. nota prec.), 487 (v. nota prec.), 495 ( Concessio del 6 Novembre 1102, nella quale è indicata: “ ... S. Trinitatis in Patara Findi Sancti Agnelli ”), 500 ( Concessio del 1140, nella quale figura come “ … S. Trinitatis in Petra Findi S. Agnelli ”). 212 UGHELLI, X, 495 (v. nota prec.), 500 (v. nota prec.). E’ sicuramente da posizionare in agro di Lupara, in direzione sud. 213 SELLA P., op. cit.

121 complessi monastici posti alla destra del Biferno (S. Maria di Faifoli e S. Maria di Casalpiano) mai siano rientrati negli obiettivi della politica sofiana e, più in generale, del ‘Principatus’ beneventano. In posizione geografica quasi centrale rispetto alle menzionate strutture benedettine e quasi a chiuderne la linea equidistante dalla importante arteria stradale da posizionare più a valle situava l’area monastica, così importante quanto poco nota, della “ Maccla bona ”, che, mentre attualmente risulta parte nell’agro di Fossalto e parte in quello di Limosano (dove esistono ancora le “ Macchie Colucci ”), rientrava allora per gran parte nella giurisdizione amministrativa del “ Casale di Castelluccio di Limosano ” e per la rimanente parte più piccola nel corpo feudale de “ la Sala ”, posto in agro di Limosano. Sulla importanza del sito riferisce una testimonianza, riportata da Pietravalle Nicoletta (v. Molise Perduto, Roma 1998, pag. 135), di Don Antonio Pizzi, Parroco di Fossalto, il quale afferma che “a Castelluccio, agro attuale di Fossalto, un paese sepolto, abbandonato del tutto dopo il terremoto del 1805, un paese che apparteneva alla diocesi di Limosano prima che fosse soppressa, ho trovato punte di lancia sannite”. Se ne ignorano i motivi per i quali il Pietrantonio214 è portato ad identificare con la provincia Valeria (e, quindi, con una parte dell’Abruzzo) la ‘ provincia ’ di cui parla Gregorio Magno, quando nei Dialoghi scrive: “ Equitius pro suae magnitudine sanctitatis multorum in eadem provincia monasterium pater exsistit ”. Ma, se, come pare, sono gli stessi che gli fanno collocare in Abruzzo il monastero equiziano di “ S. Equizio (poi San Benedetto ) di Pizzoli ”, sembra allora, se non probabile, quantomeno possibile che sia incorso in un errore. E lo proverebbe la ‘bolla’, senza data, di Papa Anastasio IV, il quale però fu Pontefice solamente tra il 1153 e l’anno successivo, con la quale si confermavano all’Abbazia di Monte Cassino “…(ecclesiam sive monasterium) Sancte Illuminate in castello Lemusano ,… …curtem Sancte Marie in Sala , Sancti Benedicti Piczoli ibidem ,…” 215 . Ora, se ‘ S. Benedetto (già S. Equizio) di Pizzoli ’ era “ ibidem ”, ossia “ in Sala ”, “i tanti monasteri equiziani, sia maschili che femminili, dei quali sono andate perdute le testimonianze” 216 e, con essi, una parte consistente e significativa del ‘movimento’ eremitico ed anacoretico prebenedettino, quantomeno quello equiziano, andrebbe riferito, se non esclusivamente, anche al territorio della “provincia” sannitica ed, in particolare, all’area tiferno-musanense 217 . In tal modo anche le ipotesi su S. Martino, S. Silvestro e S. Illuminata, costruiti “ super magno saxo ”, trovano altri riscontri ed ulteriori elementi di conferma. Il carattere di singolarità all’area monastica della “ Maccla bona ” le deriva dalla circostanza per cui in un ambito di territorio relativamente ristretto si riescono a collocare ben tre complessi badiali ed, inoltre, dal cambiamento di ‘titolazione’, che, come si vedrà, interesserà qualcuno di essi. Ma trattasi di una singolarità solo apparente se è vero (v. Chronicon Vulturnense, I) che “eo siquidem tempore rara in his regionibus castella habebantur, sed omnia villis et ecclesiis plena erant. Nec erat formido aut metus bellorum, quoniam alta pace omnes gaudebant, usque ad tempora Sarracenorum”.

214 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 47. 215 KEHR P.F., Papsturkunden in Italien, Reiserberichte zur Italia Pontificia, Acta Romanorum Pontificum, Vol. 5, Città del Vaticano 1977, IV, pag. 69, doc. XXII di Montecassino. 216 V. nota 71. 217 In quest’ottica e nella direzione della buona diffusione del Cristianesimo nell’attuale Molise assume un significato assai particolare anche la famosa “Epistola ad Episcopos per Campaniam, per Samnium et per Picenum…”, che Papa Leone I (Magno) scrisse, curiosamente non indicando l’Aprutium, il 6 Marzo del 459 (o 461) e con cui condannava “alcuni abusi relativi alla circostanza in cui veniva amministrato il sacramento del Battesimo ed il modo con cui spesso si amministrava il sacramento della Penitenza o Confessione (con pubblico libello)”(FERRARA V., Canneto sul Trigno, Vasto 1988, pag. 169).

122 Per la “ Maccla bona ” del periodo tardo-romano è ipotizzabile, così come lasciano pensare: a) la condizione di particolare predisposizione della zona alla organizzazione di latifundia per la produzione cerealicola, b) i frequenti rinvenimenti di reperti basso imperiali, e c) lo sviluppo storico che essa avrà nel futuro, la presenza di non meno di una ‘ villa ’, la struttura produttiva agricola dell’epoca, che porterà al superamento del ‘ municipium ’, la forma amministrativa classica dei romani. E così, “come molte altre badie benedettine… sorte sugli avanzi di città, templi o ville sannitiche” 218 , su quanto restava delle ‘villae’ della ‘Maccla bona’, già sconvolta (V e VI secolo) nel paesaggio dalla crisi demografica e dal movimento eremitico di matrice equiziana, sorsero non più tardi del VII secolo la “ Ecclesia Sanctae Mariae in Lumesano loco Maccla bona ”, la “ Ecclesia Sancti Benedicti de Lemisano ibidem ” e la “ Ecclesia Sancti Petri de Lumesano ibidem ”, la quale ultima sarebbe da situare alle ‘ Lame di S. Pietro ’ dove di essa è ancora possibile trovare qualche pietra lasciata, in quanto inservibile, dai contadini della zona per le costruzioni delle loro ‘ massarie ’. Costituiva quello benedettino tra il VII ed il IX secolo “un fenomeno sostanzialmente nuovo, privo di continuità con il monachesimo dell’età tardo antica, e ciò non solo in senso materiale, ma anche ideale e istituzionale” 219 ed, ancor di più, culturale, in quanto allo spontaneismo del secondo si contrappone per quello una ‘Regola’ precisa. E, mentre la ricomposizione dell’organizzazione religiosa secolare “avveniva in maniera lenta e per di più sotto il controllo quasi totale dei duchi longobardi, è sui monasteri che si concentrò l’azione papale, e ciò non solo per diffidenza nei riguardi dei legami assai stretti esistenti tra episcopato e potere politico, ma anche perché, data la situazione di spopolamento che caratterizzava le campagne meridionali, erano i monasteri i soli a poter svolgere la duplice funzione di centri di ripopolamento e di direzione della vita religiosa” 220 . In tale contesto è del tutto evidente che le strutture cenobitiche minori diventassero sempre di più semplici strumenti a disposizione delle grandi abbazie (e non solo), divenute titolari dal 787 del privilegio dell’immunità negativa per le loro ambizioni e lotte politiche. Ed è così che “l’aggregazione ad esse di un numero sempre crescente di monasteri e di chiese, queste ultime a volte officiate da monaci eremiti o da piccoli nuclei monastici, che, si erano rivelate strumento efficacissimo di animazione religiosa soprattutto nelle campagne”, era destinata a diventare ben presto più estesa ed incisiva 221 . Alla necessità di tenere unita quella gran moltitudine di ‘dipendenze’ si deve il formarsi e la codificazione tra la fine dell’VIII secolo e gli inizi del successivo di consuetudini, che adattavano “alle esigenze di una vasta comunità, non più riunita tutta insieme sotto la guida vigile dell’abate, ma smembrata in più nuclei di diversa consistenza, i cui rettori, i prepositi, si ricongiungevano una volta all’anno, il 1° agosto, al resto della comunità. Era in quell’occasione che essi ascoltavano dall’abate quid facere, quid cavere, quid corrigere, seu qualiter sub Dei praesentia et timore cum regulari observatione vivere deberent ”222 . Una tale codificazione innovativa, ovviamente, avveniva nel pieno rispetto dello spirito della ‘Regola ’, della quale, considerata la larga diffusione del monachesimo benedettino nell’area limosanese, se ne riportano le linee e le caratterizzazioni essenziali. “Poste le basi della vita cenobitica e ascetica nel prologo e nei capp. I-VII, nei seguenti capp. VIII-XVIII sono le norme della preghiera liturgica e comune, mentre i capp. XIX-XX indicano lo spirito che deve vivificarla insieme con l’orazione privata. Sistemata così la vita spirituale, si passa a stabilire l’ordinamento del monastero. I capp. XXI-XXX ordinano la 218 QUARTULLO M., op. cit., pag. 49 e seg. 219 VITOLO G., op. cit., pag. 8. 220 VITOLO G., op. cit., pag. 20. 221 VITOLO G., op. cit., pag. 21. 222 VITOLO G., op. cit., pag. 22.

123 casa nelle sue linee generali, mentre i capp. XXXI-LVII ne regolano il regime materiale. Dal cap. LVIII al LXI si tratta del reclutamento. Il gruppo seguente, capp. LXII-LXVII, dispone la gerarchia e l’ordine della comunità, le sue relazioni con l’esterno. I rimanenti capitoli, dal LXVIII al LXXII, sono delle aggiunte posteriori, intese a delucidare dei punti particolari di disciplina o di ascetica, in relazione soprattutto alla vita di comunità. Il cap. LXXIII costituisce l’epilogo. (…). Questo edificio riceve coesione e garanzia di sicurezza dal voto di stabilità. E’ con esso che san Benedetto prende decisa posizione contro il vagabondaggio e l’arbitrio individuale, i mali che affliggevano e minacciavano il monachesimo dei suoi tempi. Con esso il monaco restava fissato quasi da un’ancora spirituale nella sua via di perfezione, nel santo proposito di perseverare in monastero fino alla morte. Ed il cenobio benedettino assume così quella fisionomia giuridicamente stabile, che, mentre lo rende il modello della vita religiosa, offre alle anime un saldo riparo. (…). Ma soprattutto quest’ambiente è una famiglia ,…, sotto la guida di un padre,… Colui che è il centro e cardine di questa famiglia, l’abbate,…, riunisce nella sua persona gli uffici di maestro e di padre. In questa Regola ,…, è ignorata la parola,…, di superiore : chi presiede al monastero,…, ha il carattere e le funzioni di un padre ( abbas = padre), non di un’autorità temuta; e l’ufficio suo, più che rigida custodia di una disciplina e mantenimento dell’ordine, è la cura delle anime. Scelto dalla comunità e canonicamente installato, la sua carica è di per sé perpetua,… Se l’autorità paterna dà consistenza e carattere a questa famiglia, il raccoglimento e la separazione dal mondo assicurano le necessarie condizioni di ambiente perché vi si possa senza impedimento attendere alla ricerca di Dio. Ogni anima,…, deve procurare ciò, tenendo, …, ad una adesione completa della propria volontà a quella del Signore, mediante l’obbedienza; al conoscimento di se stessa, nell’esercizio dell’umiltà; ad una totale rinuncia del proprio io e di ogni privato bene materiale, con la castità e la più completa povertà personale, per cui deve sperare il necessario dalla provvidenza del padre di famiglia,… Questa vita di unione a Dio si traduce nella preghiera, specialmente in quella che forma l’occupazione principale, non il fine del monaco, l’ opera di Dio , cioè la preghiera liturgica comune, espressione della perfetta comunità di vita. (…). Essa dividerà la giornata del monaco insieme con il lavoro, altro elemento essenziale, che il legislatore nobilita ed estende, sì che ora et labora sarà poi nei secoli il motto sintetico della sua Regola. E se il lavoro assumerà le forme più varie secondo i tempi e luoghi, sarà però sempre tale da salvaguardare l’unica preoccupazione del Santo, quella di condurre le anime a Dio. In vista di questo fine esclusivo, la casa, come una vera domus Dei , sarà ‘saggiamente amministrata’, in modo che ‘nessuno vi sia rattristato o conturbato’. Sarà quindi necessario che l’abate, non potendo far tutto da sé, affidi ad altri ‘parte dei suoi pesi’. Se il numero dei monaci è grande, essi verranno divisi in gruppi di dieci affidati alle cure immediate di decani ; uno di essi, con il nome di preposito , potrà, se proprio lo crederà necessario, coadiuvare direttamente l’abate e farne le veci. La Regola enumera pure altre cariche, i cui ufficiali attualmente disimpegnano anche le attribuzioni degli antichi decani: il cellario , che avrà cura di tutti i beni temporali ‘quasi padre per tutta la comunità’; il maestro dei novizi , ‘un seniore pieno di sollecitudine’ nell’esaminare le disposizioni dei candidati; il forestario ‘la cui anima sarà piena di timore di Dio’; l’ infermiere anch’egli fornito di timor di Dio; il portinaio ‘un vecchio saggio a cui l’età impedisce di vagabondare’. Tutti questi incarichi vanno esercitati secondo le direttive date dall’abate, il quale può rimuovere ciascuno dall’ufficio, qualora lo creda. Oltre questi aiuti, l’abate ha quello di una duplice categoria di consiglieri. (…). Nei casi ordinari l’abate chiederà il parere dei seniori tra

124 i fratelli, i quali costituiscono quasi il senato del monastero. Ma nelle questioni più gravi tutti, come è naturale in una famiglia, saranno chiamati a consiglio. Così il potere discrezionale e paterno dell’abate viene soprannaturalmente temperato e la forma di governo cenobitico,…, appare come un felice equilibrio fra quella monarchica, oligarchica e democratica. Da questa società nessuna età, nessuna condizione o razza è esclusa:…, tutti vi possono trovar posto,… Alla professione, pubblicamente fatta nell’oratorio con la esplicita promessa della stabilità, obbedienza e conversione di costumi, o conversazione, va premesso un anno di noviziato, in un locale separato, e vi si leggerà per tre volte per intero la Regola. I fanciulli (oblati) sono offerti dai genitori. (…). La diffusione di questa società, ossia la propagazione della Regola fu enorme” 223 . Circa l’alimentazione dei monaci, evolutasi di molto nel corso dei secoli e sicuramente migliore e più abbondante rispetto alla gente comune, va detto che la ‘Regola’ di san Benedetto proibiva in modo assoluto l’uso della carne di quadrupedi, mentre consentiva, ma solo implicitamente, il consumo di quella dei volatili (polli, pollastri e galline, capponi, oche e papere, anatre, piccioni e colombe); nel periodo quaresimale però anche tale consumo era severamente proibito. L’uso del grasso animale (lardo) non turbava l’etica alimentare monastica, solo nei periodi di astinenza imposta veniva utilizzato l’olio di oliva. Assai diffuso era il consumo delle verdure. Quanto ai tre complessi cenobitici della ‘ Maccla bona ’, che, pur indipendenti l’uno dall’altro, quasi certamente dovettero essere collegati tra di loro, essi, sin dall’VIII secolo e per un periodo molto lungo, rappresentarono per gli abitanti della zona organismi notevoli di direzione religiosa, di produzione agricola e di organizzazione sociale. Lo lascia ben intendere quella espressione (“ curtem Sancte Marie in Sala ”), con cui una di esse veniva indicata dalla bolla, databile tra il 1153 ed il 1154, di Papa Anastasio IV, specialmente se al termine ‘ curtis ’ deve essere correlato “non quel particolare tipo di conduzione dell’azienda agraria diffusissimo nell’Europa carolingia e noto appunto come sistema curtense, ma soltanto la vecchia grande proprietà fondiaria, coltivata in gestione diretta dal proprietario attraverso il lavoro di servi senza terra propria (definiti nelle fonti famuli , prebendari o mancipia ), magari stanziati sul fondo in nuclei familiari (le cosiddette condome )” 224 ; ossia quella “vecchia grande proprietà fondiaria”, nella quale si erano andati evolvendo i latifundia e le ville del periodo tardo romano e che sta passando nella gestione dei monasteri. Non parve vero all’Abbazia di Montecassino di potersi agevolmente inserire nello scontro della seconda metà del secolo X (v. paragrafo 3.3) tra il Principatus beneventano ed il Clero secolare nell’area del medio Biferno quando, nel 972, oltre a raggiungere senza contropartita alcuna un obiettivo politico, assai importante, rappresentato dalla presenza in un’area territoriale dove era sempre rimasta assente, poté impadronirsi anche della giurisdizione su una “vecchia grande proprietà fondiaria”. Si era nel mese di Settembre del 972, quando, spinti soprattutto dal timore di incursioni saracene, “allo stesso modo furono offerte a questo Monastero tre Chiese , (situate) in Limosano , e cioè Santa Maria , San Pietro e San Benedetto nella località ‘ Maccla bona ’, con tutte le cose e le pertinenze delle stesse Chiese” 225 .

223 BUCCI S., op. cit. pag. 46 e segg. 224 FIGLIUOLO B., Il Molise dalla caduta dell’impero romano all’età angioina, Dispensa inedita, 1992, pag. 4. Fondamentali, per chi voglia approfondire le conoscenze sull’organizzazione religiosa e sociale in epoca alto medioevale, gli studi, veri classici sull’argomento, di DEL TREPPO M. e specialmente “La vita economica e sociale di una grande abbazia del Mezzogiorno: San Vincenzo al Volturno nell’alto medioevo” (in ASPN, 1955). 225 Chronicon Cassinense, II. “… eodem modo oblatae sunt huic monasterio tres ecclesiae in Lumisano, id est Sancta Maria, Sanctus Petrus et Sanctus Benedictus in loco Maccla bona, cum omnibus rebus et pertinentiis earundem ecclesiarum”.

125 E che fosse assai grande l’interesse politico di Montecassino verso l’ambito territoriale del medio Biferno, dove si sta vivendo un lungo periodo di contrasti politici e dove è da “presumere che sia esistita un’unità amministrativa a sud della contea longobarda di Trivento che occupa la media valle del fiume” 226 e che non può non rappresentare anche una entità politica, lo dimostrano le riconferme della sottomissione dei tre cenobi dopo circa un cinquantennio. Queste, fatte nel lasso di tempo durato pochi mesi e singolarmente, sono la “Oblatio Amiconis presbyteri de Sancta Maria in Lumesano loco Maccla bona ” del Giugno 1019, la “ Oblatio Richardi presbyteri de Sancto Petro ibidem ” pure del Giugno 1019 e la “Oblatio Berardi et Amiconis presbyterorum de Sancto Benedicto de Lumesano ” del Marzo 1020 227 . In seguito, dopo la riconferma a Montecassino con la ‘bolla’ di Anastasio IV, della quale già è stato riferito, occorre aspettare le ‘Rationes Decimarum’ per altre notizie sui tre cenobi della ‘Maccla bona’, situati tra Castelluccio di Limosano ed il corpo feudale de ‘la Sala’. A Benevento: “ 4732 – Ecclesia S. Petri de Sala solvit tar III ” nel 1308-1310 228 . A Trivento: “ 4928 – Monasterium S. Johannis de Macla (solvit) tar XV ”; 5018 – Clericis de S. Blasio de Macla Bona (solvunt) tar VIIII ”229 . La decadenza del complesso badiale di S. Pietro , che a Benevento, in quanto ricade nel tenimento di Limosano, paga solo “tre tareni”, deve essere imputata ad un possibile evento di dissesto idrogeologico, del quale rimane traccia nel nome della contrada, in cui situava e che attualmente è ‘le Lame di San Pietro’. Alle altre due strutture monasteriali di S. Maria e di S. Benedetto viene assegnata (secondo una prassi non rara ed abbastanza consolidata nelle cose della Chiesa del basso medioevo) una nuova e diversa titolazione ( S. Giovanni e S. Biagio ), probabilmente nel momento in cui entrambe passano nella giurisdizione della diocesi di Trivento, dalla quale non certo casualmente dipende anche “ 4774 – Castellucium de Lipiosano (che paga) tar IIII.or ”230 . Ed in effetti nella ‘bolla’ di Papa Alessandro III, data da Ferentino il 9 Aprile 1175, la Chiesa di S. Benedetto risulta assegnata alla diocesi di Trivento con le seguenti parole: “… concludens usque ad oppidum Ferrarii, quod est finis eiusdem episcopatus; ascendit denique finis eiusdem usque ad ecclesiam Sancti Benedicti de Maccla bona , que est tui episcopatus, …”231 . 226 DE BENEDITTIS G., Fagifulae: Repertorio… cit., pag. 36. 227 HOFFMAN H., Chronik und Urkunde von Montecassino, in Quellen und Forschungen, LI (1972) da pag. 93 a 260, pag. 122 e seg. L’Hoffman riferisce anche di una ‘ Oblatio Johannis presbyteri de rebus suis in Sancto Johanne et Paulo de Limosano ’ del marzo 1012. Circa le località indicate in tale documento: 1) ‘ Sancto Joanne ’ potrebbe essere identificato o con ‘ San Giovanni della Serra ’, che era assai vicino alla ‘Maccla bona’, oppure con ‘Santo Janni ’, che, come contrada, esiste ancora, ma in prossimità dell’attuale abitato e, perciò, in posizione più lontana rispetto alla stessa ‘Maccla bona’; in entrambe le località esistevano (ASC, Not. Di Rienzo Giovanpietro di Fossaceca, atto del 17 Agosto 1595), nel XVI secolo, dei “ casalenum ecclesie (= cappelle di campagna)”; 2) ‘Sancto Paulo ’ potrebbe ben essere identificato con quella Chiesa di S. Paolo, dei cui ‘Clerici’ si parla al f. 190 della citata Collectoria t. 61 dell’Archivio Vaticano e che la vicinanza con la contrada ‘Santo Janni’ porta a localizzare là dove successivamente sorgerà il Monastero celestiniano di S. Pietro prima e, poi, di S. Maria della Libera. Tornando ai cenobi della ‘Maccla bona’, il DE BENEDITTIS (op. cit., pag. 36) aggiunge che “secondo il Bloch (BLOCH H., Monte Cassino in the Middle Ages, 3 voll., Roma 1986, II, pag. 797) le tre chiese di S. Benedetto, S. Pietro e S. Maria sarebbero da collocare nella contrada Macchia bona (nota: inesistente), presso Limosano”. Al contrario, nella zona vi è una contrada, le “Macchie Colucci”, che, come toponimo ed almeno in parte, ben potrebbe far pensare alla ‘Maccla bona’. L’opera del Bloch risulta molto interessante anche per approfondire le notizie e la conoscenza sul Monastero di S. Illuminata (v. nota 44). 228 INGUANEZ-…-SELLA, op. cit. 229 SELLA P., op. cit. 230 SELLA P., op. cit. 231 KEHR P.F., op. cit. in nota 72, V, pag. 575.

126 Gli importi dovuti da questi ultimi due complessi monastici ( S. Giovanni e S. Biagio ) li fanno ritenere, ancora nei primi anni del XIV secolo, di rilievo e con a disposizione consistenti patrimoni fondiari. Da allora più nulla. Se non che, nel 1595 232 , ridotto a semplice ‘ beneficium ’, esisteva ancora un “ Casalenum Ecclesie de Sancto petro in dicto territorio limosanj et proprie ubi dicitur a San Pietro ”. Di esso e di ben altri cinque ‘ beneficia ’, con altrettante cappelle il nuovo ‘beneficiato’, il “ Reverendus D.nus Toma de aloijsio terre sancti angeli limosanj ”, il 17 di Agosto prende possesso.

3.5 - Emergenze religiose minori e tentativo di ricostruzione del paesaggio medioevale

Da una ‘captio possessionis’, più volte citata, del 17 Agosto 1595, stipulata “in territorio limosanj… et proprie ubi vulgo dicitur lo laco maiure” (che da un documento coevo risulta ancora pieno di acqua) sappiamo che: “Ad preces nobis factas pro parte Reverendi d.ni Tome de aloijsio Archipresbiterj terre sancti angeli limosanj nec non et per reverendum domnum Angelum de rubeis dicte terre limosanj personaliter accessimus et nos contulimus ad sub.tta beneficia, ut infra nuncupata sita in territorio limosanj et… ab uno ad aliud que beneficia sunt: in quodam Casalenum ecclesie dicte de sancto vittorino situm et positum in territorio limosanj et proprie ubi dicitur lo laco maiure super quodam magno saxo iuxta eius fines et ab eo in quodam aliud Casalenum ecclesie dicte de santa Justa in dicto territorio limosanj et proprie ubi vulgo dicit le macchie iuxta eius fines et ab eo in Casalenum sancti Joannis bapta et Evangeliste situm etiam in dicto territorio limosanj et prope dictam viam ubi dicitur a santo Janne , et ab eo in Casalenum ecclesie dicte de Sancto petro in dicto territorio limosanj et proprie ubi dicitur a san pietro iuxta eius fines et ab eo in Casalenum ecclesie dicte de santo Joanne della serra in dicto territorio limosanj et proprie ubi dicitur la serra iuxta eius fines et ab eo in Casalenum ecclesie dicto de santo leone situm in dicto territorio limosanj et proprie ubi dicitur la piana santo leo iuxta flumen bifern j et Confinia a terra limosanj et feudi Casalis de Castell(ucci).o terre fosse. Omnia p.tta beneficia sine Cura et beneventane diocesis” 233 . La ‘ Chiesetta ’ del primo di tali ‘beneficia’, quello di S. Vittorino , che (come già si è visto per S. Illuminata, S. Silvestro e S. Martino) era pur essa posta “ super quodam magno saxo (= sopra una ‘Morgia’)” a “ lo laco maiure ”, quasi certamente, e così come lascia intendere la toponomastica fortemente corrotta nell’etimo, dovrebbe essere quella eretta sopra ‘ la Morgia

232 ASC, Protocolli notarili, Not. Di Rienzo Giovanpietro di Fossaceca (Fossalto), atto del 17 Agosto 1595. V. nota 84. 233 V. nota 89. “Per le preghiere fatteci per parte del Reverendo Don Tommaso de Aloisio Arciprete della Terra di S. Angelo Limosano e per mezzo del Reverendo Don Angelo de Rubeis della suddetta Terra di Limosano accedemmo e ci portammo ai sottoindicati ‘beneficia’, come sotto chiamati, siti nel territorio di Limosano e da uno all’altro tali benefici sono: (ci recammo) in una tal ‘Cappella’ detta di S. Vittorino, sita e posta nel territorio di Limosano e precisamente dove si dice ‘lo laco maiure’ sopra una certa grande pietra presso i suoi confini; e da essa (ci recammo) in una tal ‘Cappella’ detta di S. Giusta nel predetto territorio di Limosano e propriamente dove la gente chiama ‘le macchie’ presso i suoi confini; e da essa (ci recammo) alla ‘Cappella’ dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista, pure sita nel predetto territorio di Limosano e presso quella strada dove si dice a ‘Santo Janne’; e da essa (ci recammo) alla ‘Cappella’ detta di S. Pietro nel predetto territorio di Limosano e precisamente dove si dice a ‘S. Pietro’ presso i suoi confini; e da essa (ci recammo) alla ‘Cappella’ detta di S. Giovanni della Serra nel predetto territorio di Limosano e propriamente dove si dice ‘la Serra’ presso i suoi confini; e da essa (ci recammo) alla ‘Cappella’ detta di S. Leone sita nel predetto territorio di Limosano e precisamente dove si dice ‘la Piana Santo Leo’ vicino al fiume Biferno ed ai confini tra la Terra di Limosano ed il feudo del Casale di Castelluccio della Terra di Fossa(ceca). Tutti i predetti ‘beneficia’ (sono) senza cura e della diocesi beneventana”.

127 di Santa Luttrina ’; il posizionamento e, mancando ogni altra indicazione, solo quello la vorrebbe molto antica. Anche la ‘ Chiesetta ’ del beneficio di Santa Justa , il cui culto nel territorio molisano (v. Palata, ,…) era discretamente diffuso lungo i percorsi tratturali almeno dal IX-X secolo, probabilmente deve farsi risalire a quel periodo; era situata a ‘ le macchie ’ nei pressi dell’incrocio tra la strada che portava a Dirriporri ed a Ferrara e l’altra che dal Ponte, passando al margine del bosco, risaliva sino a Montemarconi ed a Cascapera. Delle ‘ Chiesette ’ dei SS. Giovanni a ‘Santo Janni’ e di S. Pietro , così come anche di quella di S. Leone , probabilmente edificata subito dopo il passaggio di Papa Leone IX nel 1053 “ in loco Sale ”, è stato già detto altrove. Ed è stato detto altrove anche del “benefizio sotto il tit.o di S. Giovanni della Serra ” e di quanto del suo patrimonio rimaneva nel tempo in cui si compilò l’INVENTARIUM del 1712-13. Più di un elemento (il fatto di essere ‘ senza cura ’, il cattedratico che pagava, la posizione sul territorio,…) fa ritenere assai antica anche la Chiesa (v. paragrafo 2.1) del “ Benef.o semplice senza cura (animarum) sotto il tit.o di S. Antonio Abate (o, nel menzionato Inventarium indifferentemente, ‘ sotto il tit.o di S. Antonio de Vienna ’)”, la quale era “ distante dalla Terra de Limusani quasi un miglio nel luogo dove si dice le Macchie, e talm.te diruta, che non si possano ne meno giudicar le sue vestigia ”. Potrebbe essere localizzata nell’attuale contrada ‘la Valle’, che ben soddisfa tutti i parametri indicati nella sua descrizione. E non è affatto da escludere che in essa (magari mutandone il nome in S. Pietro) Pietro del Morrone vi posizionasse l’eremo (v. capitolo seguente) fondato da lui in Limosano e che successivamente i suoi monaci sposteranno, nelle immediate vicinanze dell’abitato, a S. Maria della Libera. Deve essere qui menzionata anche la Chiesa di S. Leonardo , ‘ diruta ’ all’epoca dell’Inventarium (1712), che pure ne indica le dimensioni in palmi 38 x18; situava ad un centinaio di metri circa dall’antico Ponte sul fiume Biferno; siccome la devozione a tale santo si diffuse tra il X e l’XI secolo, è probabile essere stata edificata in quel periodo. E’ quello che ne viene fuori un ambiente nel quale, parallelo alle grandi strutture cenobitiche dove i ritmi della vita religiosa, più che seguire i dettami della ‘Regola’ e della organizzazione benedettina, sono scanditi dai tentativi di incrementare il relativo patrimonio, risulta molto diffuso un monachesimo spontaneo composto da eremiti solitari o da nuclei monastici minimi. Spesso non ortodosso, esso, che in molti casi è fatto da genuina idealità, da contestazione rabbiosa e, sempre, dal sacrificio estremo di una vita inumana, darà origine nel secolo XIII (anche se continuerà a vivere di suo) al movimento francescano ed al desiderio di separazione dal mondo che caratterizzerà non poco l’opera di Pietro del Morrone. Se è in qualche modo vero che “i complessi monastici, tra il X e l’XI secolo ebbero importanza nel determinare lo stanziamento di nuovi centri abitati, la rinascita di quelli parzialmente ed in gran parte abbandonati e il riattamento e l’ampliamento delle vie di comunicazione” 234 , è altrettanto vero che almeno tra le concause che determinarono la decadenza a partire dal XII secolo ed, infine (secc. XIII e XIV), la tendenza alla scomparsa delle strutture monastiche, che in precedenza da sole avevano controllato e gestito economicamente il territorio, è da inserire la formazione della ‘ Universitas Civium ’, che avviene nel momento in cui questa espressione inizia a sostituirsi al termine ‘Terra’, con il quale era stato in precedenza indicato un insediamento abitativo. In qualche modo e con gli elementi (non molti) disponibili, si tenterà di proporre una ipotesi di ricostruzione del paesaggio umano e geografico relativo all’area limosanese così come doveva presentarsi nel momento in cui stavano per iniziare quelle profonde trasformazioni, i

234 PIETRANTONIO U., op. cit., pag. 62.

128 cui effetti maggiori, nel tempo, vanno collocati tra il XIII ed il XV secolo (periodi degli Svevi e degli Angioini). Qualche dato per una ipotesi sulla presenza demografica, innanzi tutto, è possibile derivarlo dalle ‘ Rationes Decimarum (1309)’. E così, stimando in 4000 unità il numero degli abitanti di Limosano (XIII secolo) secondo le indicazioni dei documenti della Collectoria t. 61 dell’Archivio Vaticano (v. paragrafo 1.5), il raffronto con le ‘ Decime ’, che indicano in “ unc III (et) tar XXIIII ” l’importo dovuto da Limosano, porta a determinare (4000/114) in 35 un coefficiente da moltiplicare per ogni ‘tarì’ di decima al fine di ottenere approssimativamente, ma abbastanza realisticamente, la popolazione di ogni insediamento abitativo. Con una tale logica si ha la seguente ricostruzione della geografia degli insediamenti antropici: A) alla destra del Biferno 01 – 5108 (Boiano): Clerici Campibassi unc. I CAMPOBASSO (30x35) 1050 02 – 5036 (Boiano): Clerici Rivi de Limosano tar XII RIPALIMOSANO (12x35) 420 03 – 5061 (Boiano): Clerici Montisagani tar XI MONTAGANO (11x35) 385 04 – 5075 (Benevento): Monasterio S. Marie de Faysulis tar V MONASTERO DI S. MARIA DI FAIFOLI (5x35) 175 05 – 5107 (Boiano): Clerici Colli Rotundi tar III COLLEROTONDO (3x35) 105 06 – 5038 (Boiano): Clerici Petrelle tar VIIII PETRELLA (9x35) 315 B) alla sinistra del Biferno 01 – 4851 (Benevento): Limosani unc. III tar XXIIII LIMOSANO (114x35) 3990 02 – 4840 (Benevento): S. Angelus de Limosano tar XXIIII S. ANGELO LIMOSANO (24x35) 840 03 – 4869 (Trivento): Castrum Ferrarium tar VI FERRARA (6x35) 210 04 – 4745 (Benevento): Prior S. Silvestri de Limosano tar III S. SILVESTRO DI LIMOSANO (il Priore) (3x35) 105 05 – 4749 (Guardialfiera): Clerici Liceti tar V LUCITO (5x35) 175 06 – 4755 (Guardialfiera): Civitas Campumarini tar VI CIVITACAMPOMARANO (6x35) 210 07 – 4879 (Trivento): S. Angelus (in Altissimis?) tar IIII S. ANGELO IN ALTISSIMO (?) (4x35) 140 08 – 4883 (Trivento): S. Petrus de Balneo tar XV S. PIETRO AL BAGNO (15x35) 525 09 – 4769 (Trivento): Rocca Episcopi tar VII ROCCA DEL VESCOVO (7x35) 245 10 – 4774 (Trivento): Castellucium de Lipiosano tar IIII.or CASTELLUCCIO DI LIMOSANO (4x35) 140 11 – 4928 (Trivento): Monasterium S. Joannis de Macla tar XV S. GIOVANNI (già S. Maria) DI MACCHIA (15x35) 525 12 – 5018 (Trivento): Clericis de S. Blasio de Macla bona tar VIIII

129 S. BIAGIO (già S. Bendetto) DI MACCHIA (9x35) 315 13 – 4732 (Benevento): Ecclesia S. Petri de Sala tar III S. PIETRO DI SALE (o Macchia Bona) (3x35) 105 14 – 4777 (Trivento): Fossaceca tar VIIII FOSSACECA (o Fossalto) (9x35) 315 15 – 4779 (Trivento): Petracupa tar III et ½ PIETRECUPA (3,5x35) 120 16 – 4872 (Trivento): Ecclesia S. Marie de Castenneto tar XVIII S. MARIA DI CASTAGNETO (18x35) 630 17 – 4930 (Trivento): S. Alexander tar VII S. ALESSANDRO (7x35) 245 18 – 4931 (Trivento): Clericis de Torella tar VII TORELLA (7x35) 245 Per una maggiore completezza della ricostruzione va aggiunto che, seppur non ricompresi nelle ‘ Rationes Decimarum ’, è notizia da fonti coeve anche di altri ‘ Casali ’, villaggi minimi ed assai modesti per dimensione. Di Cascapera si è già riferito. Il Casale di Covatta situava alla destra, e non molto distante dal fiume, del Biferno, a mezza strada tra Ripalimosani e S. Stefano di Campobasso; poteva contare una settantina di abitanti. Il Casale di Spiracolo , insediamento di una cinquantina di individui collegato al Monastero di S. Illuminata, era “sito in prossimità dell’abitato (di S. Angelo Limosano), e si ritiene che in antico tempo vi sorgesse un villaggio” 235 . Il Casale di Colle Alto , di una ottantina di abitanti, era al confine tra Castropignano e Torella “et proprie in loco ubi dicitur il Colle del Bove, ubi sunt tres confines, scilicet dictorum Territorium demanialium dicte Terre Castripignani, d.ti Feudi Coll’alti, et feudi nominati de Castelluccio, siti in pertinentiis Terre Fossececae”. A margine del quadro della presenza antropica, che i pochi dati disponibili, pur nella loro approssimazione, han fatto emergere, non si può prescindere da qualche annotazione essenziale. Innanzi tutto va detto che gli insediamenti abitativi sono ancora diffusi ‘ vicatim ’, e molto, sul territorio. Il numero, poi, della presenza umana vincolata dal lavoro, inteso come strumento di produzione, ed asservita agli ambiti giurisdizionali dei complessi monastici risulta ancora assai consistente. Vengono, infine, confermati, ed integralmente, tutti gli elementi utili alla ricostruzione degli aspetti geografici e, più importante, della vita socio-economica, già emersi dalla lettura dei documenti della citata Collectoria t. 61 dell’Archivio Vaticano. Quanto agli aspetti geografico-fisici, sono scomparse del tutto le aree paludose lungo il fiume ed, a dominare sul paesaggio, sono rimaste, ancora discretamente diffuse, la macchia cespugliosa ed il bosco, che, nell’agro di Limosano, sarebbero da posizionare nelle attuali contrade Cese, Selva, Selvitella, Foresta, Macchie e Bosco Fiorano. Le ampie zone di incolto si intervallano ancora con le parti coltivate, che, estese per la gran parte intorno ai piccoli ‘Casali’ sono gestite da quei monaci, che, se talvolta e per scelta conducono vita eremitica, assai spesso sono veri e propri amministratori di patrimoni monastici non altrimenti controllabili, rientrano, comunque e sempre, ancora nel disponibile delle grandi strutture cenobitico-curtensi. Circa gli aspetti socio-economici della vita di allora è, prima di ogni altra cosa, emerso che gli esponenti del Clero, sia secolare che regolare, riescono ancora a contrastare nello scontro fattosi aspro, l’affermazione del ‘ dominus ’ laico. Il loro comportamento nella società, vivendo quasi tutti more uxorio con donne, è caratterizzato soprattutto dalla grave piaga del nicolaismo.

235 MASCIOTTA G.B., II, pag. 332.

130 E se gli esponenti del Clero e di quella borghesia intellettuale, sorprendentemente assai diffusa e particolarmente attiva, si trovano al vertice della scala sociale, sul gradino immediatamente più basso vi sono i “millecinquecento uomini armigeri di quella Terra (= Limosano)”, i quali, però, non sembra costituiscano una vera e propria classe sociale, bensì sono i lavoratori ‘attivi’ più agiati, che solo all’occorrenza si fanno carico dei compiti militari. I prodotti (armi, attrezzi di lavoro ed utensileria varia) della fiorente ed assai diffusa ‘industria ’ locale del ferro, vengono fabbricati nelle caratteristiche ‘ fucine ’ ricavate dalla massa tufacea su cui situa l’abitato limosanese. Superati gli schemi dell’economia curtense, risulta molto praticato il commercio, se è vero che anche dai centri viciniori coloro che vogliono comprare o vendere qualcosa vengono a Limosano e vi trovano quanto cercano. La produzione artigianale, oltre che nelle tante ‘poteche ’ concentrate davanti alla ‘ casa della Terra ’ ed in quella piazza, che per secoli ha significativamente mantenuto il nome di ‘ piazza de le botteghe ’, viene venduta anche in forma ambulante dai ‘ caldararj ’, che arrivano sino a Benevento, a Lanciano ed ai centri della Puglia dauna. E con essi è fiorente e frenetico anche il via vai di quei “molti uomini che conducono somari carichi di frumento e di orzo”. Alla base della piramide la classe più consistente è formata dagli “homines laborantes terras”. Ed essendo scarso il coltivabile nella loro Terra, la quale “ha un territorio che da quel lato dove più si estende non si estende per oltre un miglio”, gli uomini di Limosano vanno a lavorare le terre di S. Angelo, di Ferrara, di Castelluccio e di Cascapera. E la mancanza di terra non è il solo problema dei limosanesi di allora. Difatti, siccome nel territorio della loro Terra “non vi è legna sufficiente", essi sono costretti ad andare per legna al territorio di Cascapera, di S. Angelo e di Ferrara. E, poiché spesso si recano anche ai boschi di Montagano e, soprattutto, perché conducono gli animali nei boschi di Trivento e di Petrella, può succedere che persone ed animali vengano “catturati ( capti )” dai guardiani dei boschi. Ed in simili circostanze non sono infrequenti gli scontri armati. E, da ultimo, poiché “nessun pozzo o fonte sta in quella Terra o nel suo territorio, eccettuate due fonti od una di acqua amara, ovvero salza , esistenti ai piedi del Tufo”, gli uomini e le donne sono costretti a recarsi sino al fiume per l’approvvigionamento dell’acqua necessaria per la sopravvivenza. A mo’ di conclusione, si può affermare che, pur tra condizioni di mille difficoltà e di una certa drammaticità, la società limosanese di allora è quella di un centro agricolo molto sviluppato e preminente sul territorio. E questa sua presenza non poteva non venire che da assai lontano ed era certamente di ‘lunga durata’ 236 .

236 BOZZA F., Limosano: società e geografia dopo l’anno mille, in Vita Diocesana di Campobasso, 15 settembre 1998, pag. 6.

131 CAPITOLO 4°

LA ‘ RELIGIONE ’ CELESTINA ED IL MONASTERO DELLA ‘ LIBERA ’

132 133 LIMOSANO: Localizzazione del Monastero di S. Maria della Libera dell’ordine dei Celestini

134 4.1 - S. Pietro Celestino

Una nuova ipotesi di studio finalizzata alla individuazione del vero luogo di nascita di Petrus de Murrone monachus, filius Angelerii , l'eremita, che poi, col nome di Celestino V, diventerà papa, potrebbe venire da una seria ricostruzione critica della progressione cronologica e bibliografica delle fonti e delle sue biografie più significative.

135 Non è il caso di prendere in considerazione la Bolla di Papa Gregorio X, del 22 marzo 1274, di confermazione della Congregazione dei frati di Pietro del Morrone, sorta già verso il 1240 ed alla quale il Papa Urbano IV, il 1° giugno 1263, aveva dato la Regola di S. Benedetto, semplicemente perché in essa non si trova menzione alcuna della patria dell'eremita. E neppure "è il caso di prendere in considerazione la Bolla del Vescovo di Isernia Matteo del settembre 1276; in essa niente è detto, neppure sottinteso, che si riferisca alla nascita del Religioso Fra Pietro,..." 237 . Nonostante abbia trovato eccessiva fortuna tanto da rappresentare "il primo argomento a favore di Isernia" 238 e nonostante (ma forse proprio per tale motivo) sia sin troppo esplicita e precisa nel riportare che " igitur quia ysernienses aliqui cives nec non et quidem alii forenses in unum coniuncti glutino caritatis, opera et labore religiosi viri fratris Petre de Murrone huius civitatis Ysernie civis , ut certo tempore eorum operibus ipsis et pauperibus convivia preparent, ut nemini per eos lesio fiat, ut sacrificia Deo libent, ut infirmi visitentur, pauperes ex ipsis in necessitatis tempore substententur et aliis bonis operibus insistant, Fratariam seu Fraternitatem fecerunt;... ", nemmeno la Bolla del Vescovo Roberto, del 1° ottobre 1289, costituisce prova ed argomentazione sicura. Prima di tutto perché vi osta tanto l'attento esame linguistico sia delle parole che della composizione testuale quanto quello formale dell'atto. In secondo luogo perché il documento, "conservato in pergamena in folio nell'Archivio Capitolare" 239 di Isernia [ma l' isernista "Ciarlanti, ottimo conoscitore" di tale Archivio, il quale pubblica le sue Memorie historiche del Sannio (1644) quasi contemporaneamente e, forse, con e per gli stessi interessi del Telera (1648) e dello Spinelli (1664), "non facendo menzione neppure ad nudam notitiam di questa Bolla del Vescovo Roberto", mostra di non conoscerla e, pur essendogli nota "la Vita scritta dal Marino (1630), favorevole a S. Angelo Limosano", "non ha la minima premura di confutarne gli argomenti"], "rimonta al secolo XVI" ed è rappresentato "da una copia semplice, non autentica "240 . E, da ultimo, perché tali circostanze tutte si associano al fatto che "il primo ad addurre tale Bolla a favore di Isernia fu Celestino Telera, nelle sue Historie sagre degli huomini illustri per Santità della Congregatione de' Celestini "241 . Ma sul Padre Telera da Manfredonia, che "invece di curare l'edizione dell'Autobiografia totalmente conforme all'originale, qua e là, anzi in più punti, ne alterò il testo e dimostra di non potersi rassegnare al fatto che S. Pier Celestino fosse nato in un castello piuttosto che in una città" 242 , "che affidamento possiamo fare, alla luce dei suoi falsi?" 243 . Al contrario e tenendo nella dovuta considerazione: a) che l'abbreviazione Mo.E. , in caratteri gotici, potrebbe ben stare per Mosane , b) che, come aveva già indicato il De Angelis, Ausoni potrebbe ben essere errore del copista nel trascrivere il genitivo della parola Musane e c) che dai Registri della Cancelleria Angioina (Vol. XIV, pag. 145, n. 93), coevi a Pietro del Morrone, e dai manoscritti della Collectoria t. 61 dell’Archivio Vaticano (v. capitolo 1°) si assegna sempre a Limosano, come esclusivo parametro di localizzazione amministrativa, perfettamente in linea con quanto a molte fonti della storia celestiniana, il trovarsi " in

237 DE ANGELIS E., La Patria di S. Pier Celestino, Ravenna 1958, pag. 17. "La Bolla del Vescovo Matteo, conservata in originale autentico nell'Archivio Capitolare di Isernia, è diretta ai Religiosi Fra Pietro del Morrone, Abbate di S. Maria di Faifoli, Diocesi di Benevento, ed ai suoi frati, dimoranti presso Isernia, nella Chiesa di S. Spirito dell'Ordine di S. Benedetto, costruita di nuovo. Nel corpo della Bolla è detto né più e né meno che 'il Vescovo Matteo, col consenso di tutto il Capitolo, nel IX anno del suo Episcopato, esenta dalla giurisdizione vescovile il Monastero di S. Spirito presso Isernia'". 238 DE ANGELIS E., op. cit., pag. 17. 239 FAGIOLO V., Le Confraternite, Campobasso 1996 (postfazione di BUCCI O.), pag. 122. 240 DE ANGELIS E., op. cit., pag. 17. 241 DE ANGELIS E., op. cit., pag. 18. 242 DE ANGELIS E., op. cit., pag. 47. 243 DE ANGELIS E., op. cit., pag. 54.

136 Justitiariatu Terre Laboris ", il cui ‘Giustiziere’ titolare vi si reca per gestire la “Iurisdizione” e per esercitarvi la giustizia; il contenuto dei codici e dei documenti, dai più antichi di fine secolo XIII [per es.: il Prologo (1296) di Roberto de Sale, che recita " in castello Sancti Angeli natus dicitur "] e del successivo [per es.: la Vita 'C' (1303-1306) riferendosi a S. Maria di Faifoli, dice " quod erat in provincia unde ipse exiterat oriundus " e il Ms. C. I. V n. 68 Biblioteca Marciana , il cui modello della terza parte "o fu tracciato contemporaneamente al modello della seconda, o fu elaborato prima del 1319" ed "ebbe per copista il padre celestino Stefano Tirabuschis", riporta, in caratteri gotici del 1400, " in provincia de terra de Mo. E., in uno castello chiamato Sancto Angelo "] a quelli del XV [per es.: la Vita Beatissimi Confessoris Petri Angelerii (1471/1474) di Stefanus Litianus, Abbas Generalis Coelestinus, dove si legge "Petrus de Castello Sancti Angeli, comitatus Molisij, prope Limosanum " e, riferito al luogo della monacazione, " in quo et ipse recepit monasticum habitum, cui nomen erat Sancta Maria in Fayfolis, prope terram Limosani et Sancti Angeli castellum, unde iam ipse oriundus fuit "] e sino a quelli del XVI secolo [per es.: la Vita (1520) di Notturno Napolitano recita " una città Lemusane apellata "], può ben essere riassunto nelle parole del documentato e criticamente severo Daniele Papebrochio: sunt tamen vetusta Mss. (quorum pars prior scitur ex Prologo scripta esse a B. Roberto Salentino) ubi in Castello S. Angeli natus dicitur, et Nocturnus Poeta Limosinum sancti patriam facit: (quae duo loca situ coniunctissima sunt) . A questo punto, un dubbio: ma non è che debba leggersi nella storia della Religione celestiniana , dopo il Concilio di Trento e, con determinazione ancora maggiore, a partire dai primi anni del secolo XVII, un tentativo, tanto evidente nei fatti quanto nascosto ed occultato dalle fonti, di spostare da S. Angelo ad Isernia la patria di Pietro del Morrone? Ad esso, pare, faceva riferimento già Mons. De Angelis, quando scrive: "la leggenda dice che il santo nacque in Isernia dei Sanniti. Quale è la fonte? La letteratura storica del 1600, i cui migliori esponenti sono due: Arnoldo Wion della Congregazione Benedettina di S. Giusta in Padova col suo Lignum Vitae (Venezia 1595), ed il Marini ( Vita et Miracoli di San Pietro del Morrone già Celestino Papa V , Milano 1630), forte del ricchissimo Archivio dell'Abbazia di S. Spirito del Morrone" 244 . Lo stesso Marini, che, "come Abbate Generale della Congregazione Celestina, ebbe a sua disposizione documenti copiosi e sicuri, lavorò con diligenza, intensità e scrupolosità senza pari, e si recò di persona nelle varie città, sedi di Monasteri Celestini, per raccogliere notizie e documenti" 245 , "aiutato nelle ricerche dall'Abbate D. Francesco Aielli" 246 , ne lasciava intravedere l'esistenza, quando scriveva che " La patria del Santo secondo l'opinione volgare fu Esernia... Altri scrittori nondimeno hanno lasciata memoria, che il luogo dove nacque Pietro, fu un Castello chiamato S. Angelo: Così hanno alcuni Manuscritti antichissimi, la prima parte dei quali si professa nel prologo, che fu lasciata scritta di propria mano da un Monaco di Santa vita discepolo del Santo e si ha che fu Beato Roberto de Sale (nota: per la localizzazione, si noti la particolarità dell’espressione)". Ma era il Marini documentatissimo, per un verso, e, per l'altro, costretto da superiori esigenze a mettere in evidenza, a fronte ed in contrasto con le risultanze dei Manuscritti antichissimi esaminati (ne indica: uno che " ora vien conservato dal Molto Reverendo Padre Abbate Don Francesco d'Aielli " ed altri " duoi manuscritti antichissimi, nei quali è descritta la vita del Santo assai minutamente uno dei quali in carta pergamena fu trovato da me gli anni passati in occasione di visita nell'Archivio del nostro Monastero di San Nicolò dei Celestini di Bergamo, e questo fu scritto da un discepolo del Santo,...; l'altro... fu scritto da altri discepoli separatamente, secondo che avevano visto "), i quali coincidono con gli stessi vetusta Mss. del Papebrochio,

244 DE ANGELIS E., op. cit., pag. 35. 245 DE ANGELIS E., op. cit., pag. 11. 246 DE ANGELIS E., op. cit., pag. 30.

137 che indicano, come patria di Pietro, il Castello chiamato Sancto Angelo , il formarsi, in quel preciso momento storico, della opinione volgare , che deve favorire e privilegiare Isernia. I ' falsi ' del Telera, successivamente, rappresenteranno solo ed esclusivamente la fase terminale di quell'intervento tipico della e da Controriforma. Per inciso: una delle prime biografie di Pietro del Morrone "fu lasciata scritta di propria mano da un Monaco di Santa vita discepolo del Santo e si ha che fu Beato Roberto de Sale ". Questa località di origine del Beato Roberto, Sale , è la stessa di quel " loco Sale iuxta Bifernum fluvium " del Chronicon Volturnense del monaco Giovanni (III, 332 A e B), 'sconosciuto' per gli storici, ma che trova la sua precisa collocazione geografica nell’omonimo corpo feudale confinante col "Casale di Castelluccio", il cui clero nelle Rationes Decimarum del 1309 "solvit Tar. IIII.or", ed "è di tomuli mille, e cinquecento incirca" e dove, dominato dal Monastero di S. Pietro de Sala , che, anch'esso, nelle Rationes Decimarum del 1308-1310 "solvit Tar. III", si era accampato col suo esercito Papa Leone IX il 10 giugno 1053 "cum... contra Apulie fines pergens". Quel corpo feudale era, ed è, come S. Angelo, nell'area limosanese e " li Territorij detta la Sala è terminata dell'infratto modo: Incomincia alla strada publica dello Fiume nominato Biferno, quale strada se nomina lo passo della Covatta, e se ne vene sempre per la strada publica suso in sino alla strada che se piglia per andare alla Fonte della Valla, seguitando per lo Frattale traverso, che esce sotto detta Fonte, e se ne vene sempre strada in sino à Fonte Faucione alla Confina, che è fra S. Angiolo, e Limosano, e del resto confina da ogni banda con lo Casale di Castelluccio e Territorij di Fossacieca "247 . Più che una pura coincidenza geografica di nomi, la circostanza starebbe a dimostrare che anche il Beato Roberto de Sale , biografo tra i primi e, sempre tra i primi, seguace filiale e fedele, era, e non poteva non esserlo, originario degli stessi luoghi in cui era nato il suo Maestro. E rappresenta, inoltre, un ulteriore punto a favore del Castellum Sancti Angeli come patria di Pietro del Morrone. Tornando all'intervento modificativo esterno ed accertatane l'esistenza, quali furono le motivazioni, le modalità attuative e, soprattutto, le finalità? Il privilegio, di lunga data e quasi esclusivo, di poter disporre della ricchezza, tanto patrimoniale e fondiaria che del circolante monetario, permetteva al Clero, secolare e regolare, sia nei singoli esponenti che nelle specifiche istituzioni, di menare, e contro ogni morale, vita dissoluta, godereccia e scandalosamente concubina. Più che la cura delle anime, l'unica preoccupazione sua era quella di imitare, se e quando già non vi appartenesse per nascita, i modi di vivere degli esponenti della classe feudo-baronale. Così che parrocchie e conventi erano diventati, pur se una siffatta situazione di disagio non va assolutamente ed in nessun caso generalizzata, ricettacolo di amanti e di prostitute 248 . Derivata da quella cultura monastica alto medievale, che in origine si era concretizzata nell'amministrazione delle attività economico-produttive al servizio dei villaggi-curtes , la gestione dei patrimoni ecclesiastici, via via sempre più ingenti e nel cui alveo anche le cose del sacro erano state ricondotte, si era, col trascorrere dei secoli, mondanizzata, degenerando nello strozzinaggio e nell'usura. Così che la concessione, ad interessi insopportabili, di prestiti, e 247 ASC, Protocolli Notarili, Not. Santoro di Fossaceca, atto 8 luglio 1596. 248 Significativo quanto accadde nel 'Conventino', il primo dei Frati Cappuccini fondato (1530) nel Molise ed il sesto di tutto l'Ordine, di Castelluccio Acquaborrana (). Trascriviamo dalla "Cronichetta", già citata, pag. 531: " Questo fu uno dei primi luochi pigliati in questa nostra Provincia, il quale sì per la paucità di frati come anco per che un vicario del vescovo forzatamente introduceva in detto luogo una sua amica contro il voler de frati, da quali quantunque avisato et pregato ad emendarsi, altramente, pigliandosi li calici, harrebbono lasciato il luogo, persistendo nella sua occecatione et pertinacia, fu da frati lasciato il luogo per vivere conforme la loro purità. Del che poco lui curandosi, il Guardiano d'esso luogo disse che Iddio benedetto l'haverrà castigato per detta insolenza conforme meritava il suo peccato. Ma avvenne in successo di tempo che , volendo il predetto prete intrare nella chiesa maggiore, un suo nemico con un colpo di ronca li spaccò la testa et morse malamente ".

138 monetari e di derrate, rientrava tra le normali attività di monasteri, conventi, parrocchie, confraternite e di quant’altro era all'ombra delle Chiese. Da ultimo, ma non per importanza, grosse e compromettenti devianze dalla ortodossia dottrinale ed, a queste riconducibile, il diffuso traffico di increduli , ebrei e musulmani, già schiavi o da schiavizzare, erano assai presenti nelle strutture del Clero, sia regolare che secolare, come dimostrano i frequenti scontri che si verificavano al loro interno. Le ragioni tutte, cioè, che portarono alla Riforma protestante, le cui radici affondavano in un passato lungo di secoli e che, come la Controriforma, durerà, tra resistenze e difese di interessi più o meno nascosti, ben oltre il Concilio di Trento e certamente per tutto il secolo XVII, si vissero anche dai Celestini e pure nello specifico molisano. Come quelli, se non in misura maggiore, di altre osservanze, i monachi della Religione dei Celestini dovettero risultare coinvolti in sconcezze, sregolatezze e dissolutezze 249 di tale gravità da consigliare ai Superiori della Congregazione di ridare ad essa una nuova immagine, di ridescriverne la storia e, se fosse stato necessario per ri-ottenerne la credibilità di un tempo, di mutare le origini stesse all'Ordine e (perché no?) al suo Santo Fondatore. Era, inoltre, necessario riportare con ogni mezzo la Congregazione nell'alveo della ortodossia, dalla quale alcuni suoi esponenti avevano deviato. Si principiò a por mano ad una tale operazione chirurgica, decisa a Concilio di Trento terminato e che aveva per obiettivo mutamenti tanto radicali quanto complessi, sin dagli ultimi decenni del XVI secolo, come dimostrerebbe la presenza (v. nota 13) nel 1571 a Limosano di Fra' Antonio de' Diano con l’incarico di Commissario deputato per il Rev.mo Generale de' Celestini .

249 E come a Trivento "c'era un convento maschile di Celestini in cui entravano donne, in cui non si osservavano le regole ed in cui si commettevano mali di ogni genere" (v. DELMONACO A., Quelli della Pietra cupa... cit., pag. 117), così anche per il Monastero di Limosano, dove nell'anno 1571 (24 agosto) è provata la presenza di un "commissario deputato per il Rev.mo Generale de' Celestini ", mentre è Priore il Rev.mo Albano, " ordinis ac congregationis S.ti Benedicti, monacus celestinianus ", è da ipotizzare molta rilassatezza nella vita monastica. Un ‘modus vivendi’ del genere durò per un periodo di tempo assai lungo. Lo proverebbe quel memoriale, del quale parla il Not. DE BARDIS Giulio Cesare di Trivento in atto del 1° Ottobre 1645 (ASC, Protocolli notarili), e di cui “tenor Memorialis est: Ill.mo ac R.mo Sig.re Il Procuratore Generale de Celestini dice a V.S. Ill.ma come ad istanza di Malevoli di detta Congregat.ne fù dato a V.S. Ill.ma memoriale contro il Padre D. Pietro de Mercone (il quale almeno dal 7 Gennaio 1742 era ‘Prior Sancte Marie ad Maiellam Civitatis Triventi’) di negotij illeciti, e per V.S. Ill.ma fù ordinato che se ne pigli informatione, e per opra di detto Malevole fù commessa ad un Prete parente suo, il quale Comm.o senz’altra informat.ne subbito cacciò da dentro Monasterio il detto P.re, et le pigliò trentatrè tommola di grano, doi tommola d’orgio, doi tommola di fave, alcune pezze di Cascio, un poco d’oglio, et sale, e tutti l’utensili, biancarie, caldare, legne, candalieri, e sequestrato il Calice, le quale cose sono tanto per servitio, et uso del detto povero Monasterio, e per tale effetto , per tanto supplica V.S. Ill.ma resti servita ordinare che subito siano restituite …”.

139 Negli anni che seguirono alla vicenda (1604-1615) di Suor Giulia de Marco 250 , quasi certamente quell'operazione ebbe un'accelerazione fortissima. Tanto che Papa Paolo V, nel gennaio del 1616 e, quindi, dopo appena sei mesi dalla conclusione di quella vicenda, approva le nuove Constitutiones della Congregazione dei Celestini, nelle quali figura l'elenco delle 'Abadie, Priorati e Chiese ' allora esistenti, tra cui il Monastero di S. Pietro a Limosano, che in questo preciso momento storico cambia anch’esso la titolazione per diventare " di S.ta Maria de' libera, Monasterio di S.to Pietro Celestino ". Semplice coincidenza di date? Ed i vari e quasi singolari donativi patrimoniali al monastero di quel centro da parte di alcune nobildonne delle Terre circonvicine sono pura casualità? O non stanno a dimostrare che la vicenda di Suor Giulia ebbe anche nella provincia un seguito maggiore di quanto dica, o le si faccia dire, la cronaca del tempo? Dopo aver tentato di renderne visibile un minimo di credibilità, l'intervento di rifondare la Congregazione Celestina può dirsi del tutto esaurito con la relazione seguita all'inchiesta voluta e ordinata dalla " santità di N. S. Innocenzo X per (mezzo di) un decreto pubblicato li 22

250 Per una prima conoscenza della vicenda di Giulia de Marco, molisana di Sepino, si veda MASCIOTTA G.B., II, pag. 361-366. Costituendo essa una chiave di lettura assai interessante ed originale per la comprensione della storia e della società del '600, ne riportiamo i tratti essenziali che prendiamo, passim, dall'articolo di PALUMBO C., Giulia De Marco una molisana tra i protagonisti del Quietismo a Napoli nella prima metà del '600, in AM 1992, I, pag. 155 e segg. Nel 1575, "Giulia De Marco nacque a Sepino, in provincia di Campobasso, da un bracciante e da una turca convertita al Cattolicesimo. Servì, in qualità di domestica, nella casa di un negoziante di Cava, prima in Campobasso e poi a Napoli. Uno staffiere la rese madre. Ravvedutasi, rivestì l'abito del Terzo Ordine di S. Francesco. Ma, giovane intelligente e astuta, non ritenne di doversi rassegnare ad imitare la Maddalena del Vangelo. All'età di trent'anni scelse come suo confessore il P. Aniello Arcieri e seppe presto acquistarsi fama di grande santità, riuscendo così a far correre presso di sé gente di ogni sesso e condizione, ingannata dalla sua finta santità. (...). I seguaci di Giulia e di P. Arcieri si distinguevano in due categorie: i nuovi affiliati e gli intimi. I nuovi affiliati, o novizi, venivano attratti e resi costanti mediante un'apparente rettitudine di vita e santità. Gli altri, ormai assicurati al carro di Suor Giulia, venivano gradatamente istradati nella via di una degenarazione morale. (...). Fra tutti gli affiliati si distinse l'avvocato Giuseppe De Vicariis, colto e, ancora, furbo. Fu allora che venne fondata una Congregazione, nella quale si tenevano conferenze serotine con un numero limitato di dieci uomini e di dieci donne per volta. Ma l'inquisitore Mons. Adeodato Gentile, che diffidava delle voci di santità accreditate dalla folla,..., volle procedere ad un'inchiesta. Il risultato fu quale si prevedeva: gravi disordini morali, uniti a sconcezze. Il P. Arcieri fu chiamato a Roma e sospeso dalla confessione; Giulia fu rinchiusa nel Monastero di Sant'Antonio da Padova in Via Costantinopoli. In seguito, Mons. Gentile,..., fece relegare Giulia in un monastero di Cerreto, e poi in un monastero di Nocera. Ma l'interessamento e le pressioni dei Reggenti e dei Consiglieri del Collaterale ottennero che Giulia ritornasse a Napoli, dove fu accolta al suono delle campane e dal popolo inginocchiato a riceverne la benedizione. Presto ricominciarono le riunioni serotine, nelle quali i congregati amavano confessarsi a Suor Giulia, chiamandola mamma,... Finalmente quattro Sacerdoti, stanchi della vita menata nell'assistere alle riunioni serotine, rivelarono ogni cosa al teatino P. Benedetto Mandina. E, questi sostituito, d'accordo con altri confratelli, ma contro il parere del P. Generale, il quale temeva l'odio e le persecuzioni dei potenti partigiani di Giulia e ignorava la gravità dei fatti, riferirono ogni cosa anche al nuovo inquisitore; ma questi,..., ben presto finì per cedere alle pressioni del Viceré. I Teatini allora comunicarono ogni cosa direttamente a Roma, e da Roma venne l'ordine di condurvi "Suor" Giulia e il De Vicariis. A Roma andarono contemporaneamente alcuni figli di Giulia: persone di alta nobiltà e con molto denaro, ma, come la loro madre, furono chiusi in carcere e vi rimasero fino all'aprile del 1615. Il 2 luglio di quello stesso anno Giulia, il P. Arcieri e il De Vicariis fecero la loro pubblica abiura nella Chiesa di S. Maria sopra Minerva. Ivi, per espresso volere del Papa, Paolo V, furono presenti, oltre al Tribunale Supremo dell'inquisizione, l'intero Collegio dei Cardinali, una eletta e folta rappresentanza di Arcivescovi e Vescovi, una moltitudine mai vista di popolo. Subito dopo le abiure furono lette nel duomo di Napoli affinché tutti potessero riconoscere la verità". Tra le numerose lettere scritte a Giulia si conservano quelle a firma di "Religiosi e religiose d'ogni Ordine o Congregazione, (di) Titolati ed Autorità illustri di Napoli, Roma, Milano, Genova,..." e (di) molti Cardinali ed Esponenti della Chiesa.

140 di dicembre 1649, (col quale si stabiliva) che tutte le Religioni debano dar relatione dello stato de propri monasteri ". Poco note le risultanze dell'inchiesta innocenziana che riguarda l'Ordine dei Celestini. Pur tuttavia sappiamo, e senza ombra alcuna di dubbio, che alcuni monasteri storici di quella Religione , come Limosano, vengono, intorno al 1650, irrimediabilmente abbandonati a se stessi. E sappiamo, sempre senza ombra alcuna di dubbio, che sulla Congregazione Celestina, a partire dalla metà del secolo XVII si abbatte quel ciclone che ne doveva spazzare via e per sempre la presenza dalla storia. La progressione del disegno modificativo, alla cui concretizzazione partecipano i massimi esponenti dell’Ordine Celestino, coincide perfettamente con quella delle date delle biografie che danno Pietro del Morrone nato ad Isernia. E' del 1595, quando appena pochi anni (una quindicina) sono trascorsi dal periodo in cui è documentata la presenza di Commissari nei monasteri dell'Ordine, il Lignum Vitae del Wion, che scrive " Aeserniae in Samnitibus humili in loco natus est (è nato in un modesto luogo di Isernia nelle zone Sannite)". Sulle capacità di falsificazione e sulle intenzioni di Arnoldo Wion, che risulta essere stato il primo ad aver fatto il nome di Isernia, si vedano (in DI MEO, Annali …, ad annum 1058, VII, p. 372) i tentativi di falso sulla vita di Papa Gregorio VII, già Desiderio, il quale, originario di Benevento, ‘deve’ “vestire l’abito di monaco nella Cava”, anziché a S. Sofia di Benevento, dove per molti anni visse. E' del 1630, solo, cioè ed ancora una volta, quindici anni più tardi dalla conclusione della vicenda di Giulia de Marco, l'opera del Priore della Congregazione dei Celestini, Lelio Marini, che, come la riferita traduzione letterale dal Wion, lascia ancora seri dubbi. Già si è detto del lavoro (1648) del Telera, Abate Generale dell’Ordine dei Celestini, completamente acritico e non rispettoso dei fatti. Ed è del 1664 e, quindi, a risultati dell'inchiesta innocenziana acquisiti, la Vita di Vincenzo Spinelli, anch’egli Abate Generale della Congregazione dei Celestini. Dimostrato (v. De Angelis, pag. 29 e segg.) che è di "epoca susseguente al 1662" anche il manoscritto della Bolla di Darius Aeserniensis civis , Episcopus , che ne falsifica persino la data di nascita, va aggiunto che anche la ' lezione ' del Breviario Romano , che, prova forte per i laici , vuole Pietro del Morrone nativo di Isernia dei Sanniti, ovviamente raccoglie le risultanze dell'inchiesta di Papa Innocenzo X, essendo "in uso dal 1668". Ora, atteso che attualmente del Celestinianesimo poco o nulla rimane, va registrato che di quell'intervento modificativo ordinato dall'autorità superiore, come delle tante interessate biografie, l'unico risultato che resta consiste nell'aver spostato il luogo natale di Fra' Pietro dal Castellum S.ti Angeli ad Isernia. Perché esso, teso solo al mutamento dell'immagine, non poteva riuscire a sradicare il marcio che, nella realtà molto profondo, venne diagnosticato come male appena superficiale. E, come sempre e da sempre accade quando si misconoscono e si falsificano i fatti, "per molto contribuì a distruggere il Celestinianesimo corrotto , ma per nulla a rifondare il nuovo ". Quanto alle tappe della vita di S. Pietro Celestino, ci si limita a dire delle essenziali. “Pietro del Morrone, figlio di Angelerio e di Maria Leone, nasce nel 1209 in provincia (Giustizierato) di Terra di Lavoro…” 251 . Prima del 1230 entra nel Monastero benedettino di Santa Maria di Faifoli , “prope terram Limosani in quo et ipse recepit monasticum habitum [presso la Terra di Limosano (perché non viene usato il parametro geografico della vicinanza con Montagano?), dove egli ricevette l’abito monastico]”. Per ottenere l’autorizzazione papale a condurre vita eremitica, si incammina, intorno al 1231, verso Roma, ma si ferma dapprima in una grotta della località Scontrone , non distante da Castel di Sangro, e poi sul monte Polleno (attualmente Porrara ), “dove trascorre tre anni in una caverna scavata nella roccia” 252 , secondo le costumanze e gli usi (che ricordano quei

251 GRANO A., La leggenda del chiodo assassino, Napoli 1998, pag. 11. 252 GRANO A., op. cit., pag. 12.

141 numerosi siti cenobitici limosanesi ricavati sulle ‘ morge ’) assai diffusi tra gli eremiti con la vocazione della estrema solitudine. Va, tra il 1233 e l’anno seguente, a Roma, dove, alloggiato presso il Laterano, dopo aver compiuto con diligenza gli studi, viene ordinato sacerdote. Ritiratosi, intorno al 1235, sulla montagna del Morrone , nei pressi di Sulmona, inizia a vivere in caverne ricavate dalla roccia insieme ad alcuni suoi primi discepoli. La santità della sua vita attira, tra il 1240 ed il 1245, molti pellegrini e seguaci; lui, per evitarli, si ritira sulla Maiella in spelonghe sempre meno accessibili. Il 1° Giugno del 1263 Papa Urbano IV incarica il Vescovo di Chieti, nella cui diocesi giurisdizionalmente rientrava la Maiella, di assoggettare alla regola del monachesimo benedettino (i timori del nuovo ed il modo antico di gestire e di essere attaccati al potere, evidentemente, lo fanno ancora preferire al recente francescanesimo) il movimento eremitico, formatosi spontaneamente intorno a Pietro del Morrone, che poteva contare tra l’Abruzzo ed il Molise già su ben 16 ‘loci’ frequentati da circa 600 ‘monachi’. E tra essi è quasi certamente da annoverare il primitivo eremo di S. Pietro, a Limosano, fondato direttamente e di persona da Pietro. Per ottenere la canonica approvazione della sua Congregazione e per sottometterla al Papa, nel 1273 parte, ultrasessantenne, per recarsi a Lione, dove era in corso un concilio ecumenico. Il Papa Gregorio X, dopo aver ritenuto di poterlo escludere dall’elenco dei tanti eremiti sovversivi rivoluzionari che si annidavano nelle numerose sette ereticali e contestatrici, tanto invise e contrastate dalle gerarchia ecclesiastica, gli affida una Bolla pontificia, datata 22 Marzo 1274, con la quale viene riconosciuta la Congregazione, viene definitivamente incorporata nell’Ordine benedettino e ne vengono confermati i beni. Tra il 1276 ed il 1279 “l’arcivescovo di Benevento, Capoferro, chiede a Pietro di rimettere ordine nel Monastero di Santa Maria a Faifoli, dove aveva iniziato la vita monastica, e ve lo consacra abate. Nei due anni che questi guida il monastero ne risolleva le condizioni morali ed economiche, e per la prima volta entra in rapporti con Carlo I d’Angiò, che il 27 settembre 1278 accoglie Santa Maria a Faifoli sotto la sua protezione” 253 . L’arroganza del feudatario di Montagano, Simone, costringe (era l’8 Marzo 1279) l’abate Pietro ad abbandonare il Monastero insieme con tutti i suoi monaci. Deluso da quella amara esperienza, tornò a ritirarsi nel romitorio di S. Onofrio sul Morrone, dove, ed era trascorso circa un quindicennio, lo colse la notizia della sua elezione a Sommo Pontefice avvenuta il 5 Luglio 1294 a Perugia dopo una ‘vacatio sedis’ di circa 27 mesi per la morte di Papa Niccolò IV. Accettata l’elezione, l’eremita Pietro del Morrone si recò a L’Aquila, dove in presenza di pochi cardinali (i più erano rimasti fortemente delusi dall’andamento delle cose), di re Carlo II e di una folla festante venne incoronato il 29 Agosto 1294. “(All’incoronazione) il pio eremita arrivò dal Morrone,…, cavalcando un asinello… Ma fra i presenti, espressamente convocati dal nuovo papa, vi erano anche i capi del movimento semiclandestino dei fraticelli ‘spiritualisti ’, perseguitati fino allora dai tribunali ecclesiastici per il loro fiero anticlericalismo, che si richiamavano alla primitiva regola di San Francesco” 254 . La sua eccessiva sottomissione al potere del sovrano angioino, che lo aveva imposto, fece sì che venisse costretto a lasciare L’Aquila, dove il 18 Settembre aveva creato 12 cardinali (di cui due del suo Ordine religioso), tutti graditi al re Carlo, e con la Bolla “ Etsi cunctos ” del 27 dello stesso mese aveva concesso numerosissimi privilegi ai monaci Celestini, per seguire lo stesso re presso la sua corte di Napoli, passando per Sulmona e Montecassino, dove obbligò i

253 PECE F., Cronologia di S. Pietro Celestino, s.d., pag. 13. 254 SILONE I., L’avventura d’un povero cristiano, Milano ed. 1982, pag. 13.

142 monaci ad abbracciare l’istituto dei Celestini, comando poi abrogato, come tanti altri, dal suo successore Bonifacio VIII. A Napoli gli fu preparata la residenza in Castelnuovo, ma non tardò ad accorgersi di non essere all’altezza della sublime dignità; era attediato dalle brighe dei curiali, e bramava la solitudine della sua cella. Al principio dell’Avvento voleva affidare il governo della Chiesa a tre cardinali e ritirarsi in una cella appartata. Opponendosi un cardinale e tormentato da scrupoli, cominciò a pensare all’abdicazione. Il 10 Dicembre emanò una ‘ costituzione ’ con la quale stabiliva che un Pontefice può rinunziare alla sua alta dignità ed appena qualche giorno più tardi, già il 13, dinanzi ai cardinali della Curia lesse la formula dell’ abdicazione propria, libera e spontanea . Era stato Papa per soli cinque mesi. Gli successe sul soglio di S. Pietro Bonifacio VIII, il quale, temendo che malintenzionati si giovassero della grande semplicità di colui che era stato Celestino V , lo fece condurre e custodire nel castello di Fumone , presso Alatri, dove visse sino alla morte avvenuta il 19 Maggio 1296. Venne canonizzato da Clemente V il 5 Maggio 1313 255 . “Quando, all’Aquila, dopo l’incoronazione di Celestino V, fu riorganizzata la Cancelleria pontificia e si presentarono dal Papa i notai e gli scrittori del predecessore Niccolò IV, venne notata subito tra di loro la presenza di un nuovo scrittore, Niccolò da Limosano (“ N. de Limos ”). E’ un personaggio ben segnalato dai documenti pontifici che vanno dal 5 settembre 1294 al 28 gennaio 1300. Con molta probabilità fu dunque Celestino V a portarlo nel collegio degli scrittori, dove rimase anche al tempo di Bonifacio VIII ”256 . Sulla figura di questo personaggio limosanese, che certamente non dovette essere né secondaria né di poca importanza nella ‘gerarchia’ della Chiesa, occorrerebbe ulteriormente fare indagini, per accertarne l’opera.

4.2 - Dal Cenobio di S. Pietro al Monastero di S. Pietro Celestino

Il fatto che nelle mappe e nei disegni più antichi rappresentanti l'agro limosanese il vallone " la Valle " venga indicato come " torrente S. Pietro " sembra essere, e con buona ragione, una circostanza di ulteriore conferma per quella ipotesi che tende a posizionare in luogo non assai discosto da tale corso d'acqua, alla sua sinistra e propriamente là dove attualmente situa la 'massaria' della famiglia Del Gobbo, il sito del primitivo ed originario eremo, dalla titolazione omonima, fondato personalmente, e prima del 1263, dall'eremita Pietro del Morrone 257 .

255 OLIGER L., voce ‘Celestino V’ in Enciclopedia Cattolica, Firenze 1949. 256 PECE F., Celestino V cerca casa, in IL TEMPO Molise di Martedì 21/10/1997. 257 Poco comprensibile l’atteggiamento, fortemente acritico, del PIETRANTONIO (op. cit., pag. 426) quando dice il sito del cenobio limosanese “ non chiaramente identificato ”. E, se potrebbe essere comprensibile il dubbio per l’originario e primitivo eremo fondato non, come scrive il Pietrantonio che riprende pari pari la notizia dal Masciotta, nel 1312 (ed è trasparente la confusione con la data di fondazione del Convento dei francescani), bensì oltre mezzo secolo prima dallo stesso S. Pietro Celestino (che nella sua area d’origine trovò, come dimostra il Beato Roberto de Sale , larghissimo seguito), non lo può essere in maniera assoluta ed inequivocabile, e lo si vedrà con chiarissima evidenza, il sito del Monastero di S. Maria della Libera nelle immediate vicinanze del centro abitato. Altra grave inesattezza del Pietrantonio è l’indicare quello di Limosano “ dipendenza del Monastero SS. Annunziata di ”, in quanto, se esso è stato ‘ grancia ’ di altro Monastero, lo è stato di quello omonimo (S. Maria della Libera) di Campobasso e solo di esso; ma, nel tempo, siamo già ai secoli XVII (fine) e XVIII. Ancora più confusa la ricostruzione di PECE F. (Badie, Priorati e Chiese celestine nel Molise, in Vita Diocesana di Campobasso, n. 9 del 15 Giugno 1998, pag. 6), il quale, seguendo fedelmente le gravi inesattezze del citato Pietrantonio, identifica (e confonde) il Monastero di S. Pietro Celestino con quello di “S. Pietro de Maccla bona” o “de Sale”, quando scrive: “Oggi della chiesetta sono scomparsi persino i ruderi, ma da testimonianze molteplici di contadini limosanesi mi è stato possibile individuare l’esatta ubicazione. Si trovava in contrada

143 Più di un motivo porta ad identificare il luogo scelto dal Santo Fondatore per organizzare un posto solitario per i seguaci, ogni giorno più numerosi, dell’area limosanese della sua Congregazione con quello della Chiesa, preesistente, del “ Benef.o semplice senza cura sotto il tit.o di S. Antonio Abbate ”, che (v. paragrafo 3.5) era “distante dalla Terra de Limusani quasi un miglio nel luogo dove si dice le Macchie , e (nota: si era nel 1712-13) totalmente diruta, che non si possano ne meno giudicar le sue vestigia”. Quei motivi sono: a) prima di tutto la distanza di “quasi un miglio” dal centro abitato, identica per entrambe le evidenze e che entrambe riesce a ben soddisfare; b) la stessa contrada, poi, de “le Macchie” (dove, successivamente, per S. Maria della Libera sarà documentata la proprietà di diversi cespiti patrimoniali), che ben può essere la stessa per entrambe le emergenze religiose; ed, infine, c) la vicinanza del sito, in zona boscosa e di macchia, alla strada che scendeva da S. Angelo Limosano e da Cascapera, lambendo il bosco Fiorano, ed, attraversato l’antico Ponte, risaliva l’altro lato della valle fino a S. Maria di Faifoli, dove, nel frattempo (era passato appena un trentennio dalla monacazione del Santo) ed al momento della ri-fondazione del nuovo eremo da parte di Pietro, il rigore e l’osservanza della disciplina monastica si erano alquanto rilassate. Inoltre, alla credibilità di quella ipotesi, che vorrebbe posizionata una struttura cenobitica proprio nel luogo dove attualmente situa la ‘massaria’ della famiglia Del Gobbo, oltre ad una tradizione ancora assai radicata, assicura un notevole contributo l’atto, del 18 Ottobre 1582 del limosanese Notaio Ramolo, di una “ Conventus S.ti Francisci minorum Conventualium Terre Limosani ab Antonio de Lione Terre Cirreti emptio Massariae ”, la quale ‘massaria’ era “ sita in loco ubi dicitur Lo laco , seu (a questo punto del testo segue una parola poco leggibile, ma che sarebbe da interpretare con ‘valle’) … S.to pietro ”. E, se, come sembra assai probabile, quel “laco” è da farsi coincidere con il “lago maiure”, all’epoca ancora pieno di acqua, della geografia limosanese, la zona di S. Pietro sarebbe proprio da identificare con quella relativa alla parte più ‘alta’ del vallone “la Valle”. Le ragioni che indussero il futuro Celestino V al ‘cambio’ immediato della titolazione sono da ricercare nella volontà di esprimere la sottomissione e la fedeltà del suo movimento al Papato in un momento in cui nell’area riferibile a Limosano, che, con i suoi 4000 abitanti, era di gran lunga il centro abitato più consistente ed importante, l’idea ghibellina era vincente, e nel desiderio di testimoniare la ortodossia dottrinale della sua aspirazione ideale proprio quando nel diffuso eremitismo idee contestatrici, quando non propriamente eterodosse, erano assai presenti. La famiglia dei ‘ monachi ’ della “ Religione Celestina ”, che, così come sempre accade quando si costringe lo spontaneismo a diventare struttura organizzata e burocratizzata, col trascorrere degli anni andava perdendo la sua esigenza di ricerca della solitudine per assumere sempre di più la connotazione di ‘ ordine ’ monastico in tutto identico ai tanti già esistenti, restò appena un settantennio nell’isolato e modesto ‘ eremo ’, “ distante dalla Terra de Limusani quasi un miglio nel luogo dove si dice le Macchie ”. Difatti, subito dopo che, a partire dal 1312, si ebbe dato inizio da parte della popolazione limosanese (la ‘parte’ guelfa e filo-angioina) alla costruzione del “ più magnifico che veder si possa ” Convento per i francescani, divenne per i ‘ monachi ’ celestini, vuoi per non essere da meno dei ‘ poveri frati ’ minori e vuoi per inserirsi da attori nella vita politica e sociale di Limosano, insopprimibile l’esigenza di stabilirsi in luogo più vicino all’abitato. Le caratteristiche del sito, che, da un lato, permetteva di rimanere “extra moenia” e, con ciò, di quantomeno sembrare di dare osservanza ai dettami di isolamento e di solitudine comandati dal Santo Fondatore, e che, dall’altro, si presentava favorevole alle loro ‘nuove’ esigenze per essere posizionato, così come il Convento francescano, vicino alla importante strada che

Lame di S. Pietro , a 2 chilometri circa dal paese, in direzione sud-ovest”. Al Pece, forse, sarebbe tornato più utile rivolgere la seguente domanda ai più anziani di Limosano: “Dov’era S. Maria della Libera?”.

144 collegava S. Angelo a Limosano, convinsero i monaci a costruire il loro nuovo ‘ Monistero ’ nello spiano “a cento passi” appena dalla porta delle Fucine, vicino sia alla fonte ‘salza’ che all’incrocio tra la menzionata arteria viaria con l’altra che menava a ‘Santo Janni’ e, più in là, sino al bosco. La costruzione del nuovo ‘ Monistero ’, la cui Chiesa, alla quale rispetto al ‘ casalenum ecclesie ’ del primitivo cenobio viene cambiata la titolazione, è dedicata, anziché a Pietro, Principe degli Apostoli, al Santo Fondatore dell’Ordine, S. Pietro Celestino, canonizzato solo da pochi anni, molto probabilmente fu iniziata nel decennio degli anni venti del XIV secolo ed, intorno al 1332, poteva dirsi in procinto di essere già terminata. Era, questa del 1332, la data incisa sulla campana “ appartenente alla Chiesa di Santa Maria della Libera ”, tramandataci dal seguente atto, il cui testo, tanto preciso quanto semplice e genuino, si riporta nel suo contenuto integrale, rappresentando esso una prova assai consistente e decisiva. “Il dì diciotto Giugno milleottocentotrentasei. (…). Avanti di noi Giuseppantonio Lucito, fu Francesco,… e dè qui sottoscritti Testimoni si sono presentati: I Reverendi Padri Religiosi Conventuali di questo Monistero di San Francesco, cioè Padre Vincenzo Carnevale Guardiano, Padre Gennaro Janigro, Collegiale, Padre Erasmo de Angelis, Padre Giuseppe Nardi, e Padre Domenico Zingarelli, tutti sacerdoti; e Fra Salvadore Tenaglia, Diacono, religiosi tutti stanzianti e componenti la famiglia del suddetto Monistero, e cogniti a noi e Testimoni, da una parte. Ed il Signor Don Domenico Robustella di Don Giovanni, Farmacista, ed attuale Sindaco di questo Comune di Limosano, ove domicilia, a noi e Testimoni similmente noto, dall’altra parte. Hanno esse parti dichiarato che nel mille ottocentoventisette la Chiesa di Santa Maria della Libera bisognosa di varie riattazioni fu con approvazione superiore destinata pel Camposano, e per ridurla a quest’uso fu smantellata, e la sua campana deposta. Da quell’epoca fin’oggi l’opera intrapresa è rimasta per taluni incidenti paralizzata, e così del pari la campana è stata inoperosa ed inservibile . Al contrario la Chiesa di questo Monistero di San Francesco trovandosi dotata di una semplice campanella, per essere state le altre più grandi tolte sotto l’occupazione militare, perciò nello scorso anno i suddetti Reverendi Padri richiesero la Campana suddetta per farne uso a maggior comodo di questa popolazione nel frattempo che la Chiesa di santa Maria fosse riattata . Questa domanda accolta, dal Sindaco e Corpo Municipale fu disposto consegnarsi la campana in parola per situarsi nella Chiesa di S. Francesco coll’obbligo della restituzione subito che occorreva alla Chiesa, cui si appartiene; ma perché di tale consegna non se ne formò veruna scrittura, perciò attualmente dietro disposizione di Sua Eccellenza il Signor Intendente di questa Provincia, si deviene alla stipula del presente atto. In vigore di cui i sopranomati Reverendi Padri hanno dichiarato d’aver ricevuto, e di esser stata loro consegnata la campana appartenente alla Chiesa di Santa Maria della Libera, che attualmente trovasi sospesa sul Campanile della loro Chiesa al di sotto della campanella di proprietà del convento. La campana in parola e dell’altezza di palmi tre ed un quarto, e del diametro di palmi due e mezzo, in essa vi è nella parte superiore un’iscrizione numerica in cifre Gotiche, indicante l’anno mille trecento trentadue , epoca in cui si suppone esser stata fusa . Quindi si è convenuto e stipulato: 1. Che i succennati Reverendi Padri, e loro Superiore pro tempore dovranno a semplice cenno de’ rappresentanti del Comune, allorché la Chiesa di santa Maria della Libera sarà completata, restituire la suddetta campana per esser situata al suo destino.

145 2. Che essi medesimi e i loro rappresentanti pro tempore si rendano garanti della stessa campana restituendola sana e tal quale l’hanno ricevuta, e che nel caso di rottura per qualsivoglia ragione non esclusi i casi fortuiti, previsti ed impedibili, saranno obbligati di riformarla dello stesso calibro a loro proprie spese. 3. Che la ritenzione di detta campana presso di loro per qualsivoglia lunghezza di tempo non dà luogo a prescrizione di dritti a prò del Comune, che perciò essi rinunciano espressamente ad un tale beneficio di legge. Per la sicurezza di una tale restituzione essi obbligano ed ipotecano i beni da loro acquistati, all’infuori di quelli ricevuti in dotazione dall’Alta Commissione mista del Concordato, e specialmente le loro rendite annuali. E per l’esecuzione di quanto sopra si è trattato, hanno le parti eletto il domicilio di loro dimora. Di tutto ciò si è formato l’atto presente che si è letto alle parti e Testimoni a chiara ed intelligibile voce. Fatto e pubblicato nel Comune di Limosano in Provincia di Molise, nel Monistero di San Francesco, sito dentro l’abitato di questo Comune, e propriamente nella stanza del Padre Guardiano, presenti per testimoni i Signori Antonio de Angelis figlio di Francesco, Calzolaio, e Pietro Santorelli del fu Pasquale, similmente Calzolaio, ambidue domiciliati nel suddetto Comune, …” 258 . Con la contemporanea, o quasi, costruzione del Convento francescano e del Monastero celestiniano di S. Pietro, entrambi titolati al Santo fondatore del rispettivo movimento religioso, nelle immediate vicinanze del centro abitato, il primo trentennio del XIV secolo fa prendere coscienza all’insediamento del suo nuovo ruolo di catalizzatore economico in concorrenza ed in contrapposizione con la filosofia ‘curtense’ delle antiche abbazie benedettine e rappresenta il chiaro momento conclusivo di una (o della?) profonda svolta nell’organizzazione sociale, economica ed urbanistica di Limosano 259 .

258 ASC, Protocolli notarili, Not. Lucito Giuseppantonio di Limosano, atto del 18 Giugno 1836. 259 Quanto avviene per Limosano è fenomeno generalizzato per diversi centri abitati ‘importanti’ del Molise. Si veda il Cap. 2 di COLAPIETRA R., Profilo storico-critico del Molise da Federico II ai giorni nostri, Campobasso 1997.

146 147 Cosa singolare è che tale mutamento, che rappresenta il culmine di un cambiamento epocale e decisivo nella organizzazione sociale ed economica dell’insediamento antropico limosanese,

148 sia stato originato e provocato dai movimenti religiosi dalla spiccata vocazione ad una vita evangelica, povera e spiritualistica. Evidentemente la loro iniziale forte carica, nel breve volgere di soli pochi anni, già andava esaurendosi e, così come sempre accade, la sete di gestione del potere e le comodità del mondo avevano preso subito il sopravvento sulla esigenza e sul bisogno di assoluto. Col mutare dei tempi e delle condizioni socio-religiose cambiava il modo di essere della collettività. Cambiavano i presupposti al divenire storico di Limosano.

4.3 - Il Monastero: da S. Pietro Celestino a “S. Maria della Libera”

Della Chiesa, che esternamente misurava all’incirca 118 per 32 palmi napoletani (pari a 31,5 per 8,5 m. circa), sappiamo essere stata, così come l’altra, coeva, annessa al Convento dei francescani, ad una sola grande navata, con facciata in pietra viva locale e, almeno originariamente, forse con artistiche sculture, pure in pietra, sui cornicioni. Era di una altezza massima, al centro, di circa 50 palmi (m. 13,5 circa) ed aveva un soffitto a botte fatto di cinque volte, delle quali quella, di forma rotonda, che ricopriva il presbiterio e, probabilmente, anche il coro, era più grande e di dimensione quasi doppia rispetto alle rimanenti quattro, di forma ellittica e perfettamente uguali tra di loro; tutte erano sostenute da altrettanti archi a sesto pieno, che interrompevano la continuità delle mura, assai solide, e che erano sovrastati da grosse finestre, le quali la dovevano rendere oltremodo luminosa. All’interno, le pareti erano ricoperte da intonaci e, quasi certamente, da affreschi e dipinti di buon pregio artistico 260 . Relativamente, poi, alla struttura del Monastero “ ordinis ac congregationis s.ti benedicti monachorum celestinorum ” di Limosano, poiché risulta quasi del tutto introvabile ogni tipo di documentazione, ne è, al contrario, assai difficoltosa una ricostruzione che ne lasci abbozzare, anche approssimativamente, la consistenza del manufatto. Pur tuttavia, ne è da immaginare un fabbricato a corpo unico, costruito su due piani più gli scantinati e con una quindicina di stanzette oltre ai locali per i servizi in comune (magazzini, cucina, refettorio,…), contiguo, se non proprio attaccato, alla Chiesa. L’intero complesso abbaziale, edificato, come si è visto, nelle immediate vicinanze della “Terra de li=Musani”, conservò la sua antica titolazione a “ S.to Pietro à Maiella ” per un periodo di tempo assai lungo ed almeno sino ai primi anni del XVII secolo. E’ quanto con certezza, lo si vedrà diffusamente, lasciano emergere, pur nella loro grafia di difficile interpretazione, sbiadita ed incerta, i protocolli rimastici dei notai limosanesi e, specialmente e prima di tutti gli altri, di quel Nicolamaria Ramolo che rogò tra il 1571 ed il 1603 261 . Dalla loro rilettura, infatti, è possibile, pur tra evidenti mille lacune, definire tanto un elenco dei “ Priori, ac percuraterij dicti Ven.li Monasterij S.ti Petri de Maiella ” che individuare una ‘ progressio ’ di episodi, talvolta anche poco chiari, nei quali pare essere stato coinvolto. Che nel Monastero limosanese sia accaduto qualcosa di veramente strano lo si può già vedere da quella serie di tre protocolli del Notaio Ramolo, tutti del 24 Agosto 1571, del primo (una “D.ni Sebastiani de Alica hispani Capitanej Limosani et Montasagani Consignatio per clamidem persone Fratris D. Nicolai d’Ischia ordinis Celestinorum ”) dei quali (gli altri due sono: una “ Cuiusdam Commissarij Regij Protestatio, et ordines contra dictum Capitaneum Limosani pro causa dicte Consignationis, alias Carcerationis d.i Fratris D. Nicolai d’Ischia ”

260 ASC, Fondo Intendenza di Molise, B. 515, f. 9. Le notizie sono ricavate da una ‘Perizia’, corredata da disegni, del 20 Ottobre 1823. 261 Per i protocolli dei notai più antichi di Limosano, si veda, in ASC, il fondo Amoroso, dal quale non è possibile prescindere per una conoscenza dei fatti della seconda metà del XVI e dell’intero XVII secolo.

149 ed una “ Eiusdem Commissarij Regij alia protestatio, et ordines contra Actuarium d.te Terre Limosani per eadem causa ”), perché più facilmente decifrabile, se ne riporta, pur assai incompleto e lacunoso, il testo. Die 24 mensis Augusti XIII Ind.is 1571. Proprie in terra lim.ni provincie com.tus molisij et proprie in domo m.ci Aloisij Rusij Carcerari dicte terre ubi ad presens cuncta regitur Ad preces nobis infrascriptis Judici, notario ac testibus factas pro parte m.ci d.ni Sebastiani de Alica hispani in presenti anno cap.nej dicte terre limosani et montisagani personaliter accessimus (ad) domum prefatam et cum ibidem essemus per dictum m.cum d.num Sebastianum de Alica hispanum […] cuiusdem commissionj, ac commissionalium litterarum sibi admissarum Rev.mi Abbatis ordinis ac congregationis s.ti benedicti et monachorum Celestinorum dicti R.mi Abbatis m.ci cum sigillo munitarum […] [… … …] nobis omnibus querendi [… … …] dicto sigillo munitus vidimus et per parte dicti R.mi Abbatis dicti ordinis s.ti benedicti per clamidem consignatus Juri dandum frater Jon.cola de hischia monachus dicti ordinis celestinorum carceratus ligatus et cum ferreis […] domino fratri nicolao Ant.io de diano […] monacho dicti ordinis commissario sp.te deputato per Rev.mum Dominum generalem congregationis monachorum ordinis p.ti S.ti benedicti [… … … … … … …] […] compariret m.co ortensio de spiritu […] duci seu capere comitive, militum […] d.ni pomponij marresi, Regij Commissarij contra delinquentes et sumpitos […] cum omnibus militibus legionis seu comitive dicti caporalis, in numero […] ac viris armatis quibusquidem d.no nicolao Ant.io commissario […] ac dicto m.co oratio capurali, ac eius militibus et militibus […]. Presentibus per eundem m.cum Alicam cap.eum ante portam ac […] et pro parte consignatus fui per clamidem […] Jon.cola de hischia carc(eratus) et ligatus consignando eidem carceratum in carcerum crimi(nalem) et per vita […] in armum eundem Joannem colam tenere diligenter ac causa custodire habetur, et debetur, ac eundem […] [… …] Rev.mi Abbati seu generali [… …] [… …] dicti Rev.mi Abbatis seu generalis [… …] [… …] ne dictus Jo.nnes cola fugens [… …] [… … …] gratiam […] ac dicti Rev.mi Abbatis seu generalis [… … …] ac dicti Rev.mi Abbatis seu generalis [… … …] de presente consignatione dictus m.cus Sebastianus Alica cap.neus notarium nicolaum mariam ramulum oppidi limosani […] personam pub(licam) […] conficere debere in publicum actum 262 . Tutto questo accadeva in quell’anno, il 1571 (e siamo a pochi anni dalla conclusione del Concilio di Trento), mentre pare che ‘ Prior ’ ed Abate del Monastero di “ S.to Pietro à Maiella ” di Limosano fosse il “ Rev.mus Ant.ius di diano ordinis ac congregationis s.ti benedicti monachorum Celestinorum ”. Relativamente all’atto almeno cinque sono gli elementi da sottolineare: 1) il “ Capitaneus (capitano) terre limosani et montisagani” è, in maniera poco usuale se è vero che ‘regge’ due terre appartenenti a titolari di feudi diversi, uno spagnolo, il “d.nus Sebastianus de Alica(nte)”;

262 ASC, Protocolli notarili del Fondo Amoroso, Not. Ramolo Nicola Maria.

150 2) ad ordinare l’arresto è (perché ne ha solo da poco preso possesso?) l’Abbate del Monastero limosanese; 3) la consegna di Giovancola “de hischia monachus dicti ordinis celestinorum carceratus, ligatus et cum ferreis ” avviene sotto la minaccia delle armi (“ per clamidem ”); 4) il monaco prigioniero viene affidato a “ fratri nicolao Ant (on) .io de diano monacho dicti ordinis commissario sp(ecialmen).te deputato per Rev.mum Dominum Generalem congregationis monachorum ordinis p(redic).ti S.ti benedicti ”; 5) all’operazione partecipa il Regio Commissario “ contra delinquentes et sumpitos ”. Ma che cosa (problemi di devianza dalla ortodossia dottrinale? lassismo nei costumi? o semplici cose d’armi?) era veramente successo? Quasi impossibile saperlo così come è difficoltoso dare una completa ricostruzione dei fatti, i quali, tuttavia, dovettero essere parecchio seri e gravi se è vero che la detenzione si tenne “ sub pena ducatorum mille ”. Ciò anche se nell’occasione si fece di tutto “ per non aggravare la riputazione del Rev.mo generale ” così da “ mettere in dicta guisa (le cose) …, che isso non si veda ”. La qual cosa e, più in generale, l’intera vicenda inducono a pensare a problemi non proprio circoscritti e né tantomeno circoscrivibili alla sola area limosanese; questi, di contro, sembra investissero l’intera “religione celestina”. E potrebbero essere stati quelli che indurranno, poi e fra non molti anni, le superiori autorità religiose all’intervento modificativo esterno, cui si accennava in precedenza. Anche l’attività patrimoniale del nostro Monastero doveva rientrare nella normalità di allora. Così che nel 1576 ne sono menzionati “ bona S.ti petri delli mosanj ” sin nell’agro di Ripalimosani e, più precisamente, “in loco ubi di(citur) li Ferri (o ‘li cerri’?)”. Sin dal 1578 (9 Aprile) è notizia del “ Rev.di Dom.ni Joannis baptiste Romani monaci ordinis Celestinorum Prioris, ac percuraterij in dicto Ven.le Monasterio S.ti Petri de Maiella in eadem Terra (=Limosano)”, del quale ne è documentato l’incarico anche per gli anni 1580 e 1582 (forse sino a Maggio). E ciò mentre la titolazione del “ Venerabilis Monasterij ” è sempre detta “ S.ti Petri de Maiella ” o, più semplicemente, “ de Maiella ”. Cambiamenti significativi, accaduti, sembra, tra l’aprile ed il giugno del 1582, si riescono a cogliere da una ‘ donatio ’ del “25 mensis Junij” di tale anno. Innanzi tutto e, forse, per l’avvenuta morte di Don Giambattista Romano si ha il ‘ ritorno ’ (cosa abbastanza infrequente nell’osservanza benedettina) del “ R.di D.ni Nicolai Ant.ij de Diano monaci ordinis Celestinorum”, che già era stato il ‘ commissario deputato per Rev.mum Dominum Generalem congregationis monachorum ordinis S.ti benedicti ’ nella vicenda della carcerazione di ‘ Giovancola de hischia ’, a “ prioris, ac percuraterij in dicto Ven.le Monasterijo S.ti petri de Maiella ordinis S.ti benedicti celestinorum in terra p.ta Limosani ”. E, poi, per la prima volta si ha notizia di una “Ven.lis Cappelle S.te Marie de liberj site in ecclesia dicti Monasterij ”, la quale ultima, insieme all’intero complesso abbaziale, da quella sta iniziando a prendere gradualmente e progressivamente la ‘ nuova ’ titolazione, che potrà dirsi pienamente realizzata nel successivo trentennio. Ben si riesce a cogliere l’evidenza di tale ‘ innovazione ’ dalla seguente ‘progressio’ di notizie, tutte ricavate dai protocolli notarili di quel periodo. In un atto del 1605 si parla di una “vinea sita in loco le macchie”, la quale ancora confina “iuxta bona venerabilis monasterij S.ti Petri Celestini seu majella ”. Tuttavia, dalla combinazione di alcuni testamenti, rogati negli anni immediatamente successivi e, cioè, tra il 1606 e l’anno seguente, il passaggio già si concretizza se vengono indicati: - li preti et clero di S.ta Maria majore; - lo clero di S.to Stephano; - li frati di S.to Francesco; - et quelli di mayella .

151 Nel 1607 c’è chi “lassa al monasterio et cappella di S.ta Maria delli liberi…” i propri “bona ob devotione quam assidue habuit et habet Ven.li Cappelle S.te Marie de liberj ”. E che il cambiamento andava incontrando degli ostacoli lo dimostra il fatto che appena pochi anni più tardi e precisamente “die 4° mensis Augustis 1611 (o 1610?)” si ha ancora “ in Terra limosani …, et proprie intus Monasterium S.ti Petri ad Maiella ”, la stipula di una “ Concessio in emphiteusim vinee per Monasterio S.te Marie ad Maiellam Terre Limosani à Jo Paulo de Luca ditte Terre ”, il quale per ottenerla si era rivolto all’Abbate Generale dell’Ordine con la seguente richiesta: “Rev.mo P.re, e patrone Oss.mo Gio:Paulo di Luca delli Musani fa intendere à Vs. Rev.ma, come si ritrova haver pigliato una vigna dal Mon.o di s. Pietro à Maiella di d.tta terra di capacità di t.la due incirca nel loco dove si dice li Patrisi, e d.tta vigna si l’e concessa per D. Thomasi delli Musani Priore di detto Mon.o per anni vinti nove à carta renovandi, e perché d.tto Priore si ha riservato l’assenso di Vs. Rev.ma per d.tta concessione et pagarni il d.tto supplicante t.la uno di grano annuatim a d.tto Mon.o e facendo tal favore la haverà a gratia singularissima ut Deus ”. Concesse il benestare all’operazione, che prova anche l’attività patrimoniale del cenobio limosanese, il “ Ds. Archangelus Mediolani Abbas Generalis Celestinorum ”. Era diventato, nel frattempo, Abbate “ Donno Thoma Petro Paulo Terre Limosani Religionis S.ti Petri Celestini ac Priore Conventi S.ti Petri ad Maiellam ditte Terre (= Limosano)” 263 . Lo stesso ‘Priore’ ed una tale situazione di doppia titolazione perduravano ancora nel 1612, quando “ in Terra Limosani…, et proprie in Ecclesia S.ti Petri à Maiella ordinis Sancti Petri Celestini…, Ant.ius Candizzaro Civitatis Trapani Civis Neapolitanus… ex una parte, et me Not. +++ interveniente pro parte Monasterij S.te Marie a Maiella ordinis S.ti Petri Celestini et eius religionis constructi in Terra limosani, nec non et Rev.do P. D. Thomaso eiusdem Terre Limosani Priore d.ti Monasterij ”264 . Troviamo Abbate, nel 1615 (20 Settembre), “ D. Hieronimus Quaranta ad presens Prior Monasterij Sancte Marie de Maiella terre p.tte Limosanj ” (v., in ASC, il Notaio Mazzerra Gianberardino di Montagano), il quale probabilmente era succeduto nella carica a D. Tommaso Pietropaolo, il quale sembra essere stato di origine limosanese. Ed, inoltre, ben si vede dalla denominazione come la ‘ nuova ’ titolazione del Monastero stava sempre di più diventando quella ‘ufficiale’ e definitiva. Le fonti, a partire da tale data e per un trentennio, tacciono. Ed anche per il periodo successivo dicono molto poco. La presenza di “Priore e Monachi” è, sempre però precedendo gli esponenti del Convento francescano, documentata solo da qualche lascito testamentario. Come quello 265 , del 25 Aprile 1645, con il quale “Joanne Baptista Covatta terre limosani”, dopo aver manifestato la volontà di essere seppellito nella “Ecclesia seu Parrocchialis S.te Marie maioris dette Terre”, chiede la partecipazione al proprio funerale del ‘Clero et Clerici’ di tale Chiesa, della Chiesa Parrocchiale di S. Stefano, dei Priori e dei Monaci del Monastero “ S.te Marie de libera ” e di tutti i frati del “Venerabilis Conventus S.ti Francisci ordinis minorum Conventualium”. O come l’altro, del 3 Gennaio 1648, che parla di “ tutti li Preti et Clerici della Chiesa di S. Maria, et della Chiesa di S. Stefano, et anco tutti li monaci di S.ta Maria de libera, Monasterio di S.to Pietro Celestino , et tutti li frati di S. Francesco di li minori Conventuali ”. Oppure come il ‘testamentum nuncupativum’, del 1650, col quale il “Rev.do D. Leonardo del Gobbo, presbitero Sacerdote Terre Limosani” manifesta la volontà che al suo funerale l’ ufficio venga cantato “ab omnibus presbiteris et clericis d.te Ecclesie (= S. Stefano)

263 ASC, Protocolli notarili, Not. Loffreda Giuseppe di Lucito. 264 ASC, Protocolli notarili, Not. Di Bartolomeo Francesco di Ripalimosani. 265 ASC, Protocolli notarili del Fondo Amoroso, Not. D’Angelillis Donato.

152 ac Ecclesie maioris S.te Marie et a Priore ac Monacis Venerabili Monasterij S.te Marie delibera et ab omnibus fratribus conventus S.ti Francisci ordinis minorum Conventualium”. Doveva essere ancora Abbate (è documentato come tale nel 1648) il “ R.do D. Joanne Baptista Lambugnano Civitatis Bari ad presens Prior Venerabilis Monasterij S.te Marie de Libera et S.ti Petri Celestini ”, il quale molto probabilmente fu l’ultimo della serie a ricoprire l’incarico nel complesso monastico di Limosano. La evidente doppia titolazione del Monasterij S.te Marie de Libera et S.ti Petri Celestini consente di ipotizzare che il processo di ‘decelestinizzazione’, durato per più di mezzo secolo, stava arrivando alla sua fase terminale. Con esso e perché, in seguito al fatto che “ havendo la santità di N. S. Innocenzo X per un decreto pubblicato li 22 dicembre 1649 ordinato che tutte le Religioni debano dar relatione dello stato de propri monasteri ”266 , “con Bolla del 15 ottobre 1652 Papa Innocenzo X ‘dispose per l’Italia l’abolizione di quei conventi, i quali, per il numero esiguo dei propri membri, non potevano più corrispondere all’intenzione dei loro fondatori; i loro beni dovevano essere devoluti per parte dei vescovi ad altri luoghi pii’ (PASTOR L., Storia dei Papi, XIV, 1, cap. IV, pag. 137)” 267 , il ‘Prior e tutti li monaci di S.ta Maria de libera, Monasterio di S.to Pietro Celestino’, abbandonarono, e per sempre, il loro Monastero, il quale, da allora e dopo aver perso ogni riferimento con la titolazione a S. Pietro Celestino, divenne ‘ grancia ’ di quello omonimo di Campobasso. In effetti, nei primi giorni del 1652 (6 Gennaio) il “ Rev.do D. Alonzo Cicala Ordinis Celestinorum Civitatis S.ti Severij ”, ma si ignora a quale titolo, stipula una interessante convenzione sui tipi di prodotti e sulla organizzazione della produzione agricola con “Fran.co de Stefano d’Amico Annicerio ordinario”, il quale “age per se et pro parte triginta quinque Virium …”. Di propria mano, nel suo ‘testamentum nuncupativum’ del 30 Luglio 1658, l’Arciprete D. Luigi Russo scrive che: “ in primis lascio che il mio corpo sia seppellito nella mia Chiesa di S. Maria maggiore avanti l’altare della Cappella nostra di Santo Silvestro et proprio nel tavuto della bon’anima del quondam D. Thomaso russo mio Nepote e che intervenghino al mio funerale il Clero di Santa Maria, et di Santo Stefano et di San Francesco… Item lascio herede di quanto Jo possedo tanto di mobili, quanto di stabili… la Cappella di Santo Silvestro sita nella Chiesa di S. Maria… Item lascio all’hospidale di questa terra un letto ciò è un matarazzo di lana… e si tenga per li sacerdoti che ivi capitarando ad alloggiare ”. La evidente mancanza di ogni riferimento al Clero di S. Maria della Libera ne prova, per la data dell’atto, la già avvenuta partenza, tra il 1652 ed il 1658, del Prior e di tutti li monaci dal Monastero di Limosano, al quale, però, rimase per intero la gestione di tutta l’attività economica e patrimoniale che, in effetti, è già dimostrata dal fatto che il morente Arciprete aveva “imprestato” 24 tomoli di grano in sostituzione di un pari quantitativo andato a male. Ed è ancor di più provata dal fatto che, ancora nel 1716, dall’omonimo Monastero di Campobasso veniva nel “ Venerabile Convento Celestino Sante Marie dè Libera extra moenia ” di Limosano a gestirne il relativo patrimonio il “ Rev.do Padre Don Vincenzo Gargioli (o Gargiuolo ), Celestino ”, il quale, nativo di Vico Equense (Napoli), era ivi di famiglia (il 23

266 BORRACCINO (P.) R. e IASENZANIRO (P.) M. (a cura di), Notamenti … della Provincia di S. Angelo…, Foggia 1987, nota 245 a pag. 69. 267 TESTA E. Campolieto… cit., pag. 120 e segg. Nonostante il forte interessamento, ci è stato impossibile reperire il risultato dell’inchiesta innocenziana relativo ai due complessi conventuali (S. Maria della Libera e S. Francesco) di Limosano, che, quando sarà reso disponibile e quando potrà essere fatto oggetto di uno studio serio ed approfondito, potrebbe fornire dati molto interessanti sulla loro organizzazione e sulla loro presenza- integrazione con l’ambiente e la società limosanese.

153 Febbraio 1717) insieme con “Ad.m R. Pr. D. Celestinus Palladino Prior” ed a “Pr. D. Petrus PetroPaulo a Sulmona”, tutti ‘Sacerdotes’ 268 . Non sappiamo se, dopo la partenza dei ‘monachi’, il Monastero celestiniano di Limosano venisse subito affidato a qualche Religioso o ‘Procuratore’ “dello stesso Ordine”, rimasto ad abitare in loco, oppure a qualche ‘eremita laico’, che con la manutenzione dello stabile e con l’assistenza alle sacre officiature riusciva a ricavarne di che sopravvivere Mentre nel volume dello ‘ Stato delle Anime ’ della Chiesa di S. Maria maggiore 269 , che parte dal 1696 (e va sino al 1702), non vi è alcuna menzione di S. Maria della Libera come luogo di abitazione, in quello, che inizia nel 1721, risulta, almeno sino al 1724, che a “S. Maria della libera Grancia del Monastero dè PP. Celestini di Campobasso: non vi è nessun Religioso, ne hà ben sì Cura il loro Proc.re Nicola Russo ”. Invece, a partire dal 1725, “vi è di residenza Frà Davide di Lorenzo dello stesso Ordine Proc.re ”. Per l’anno successivo viene con più precisione indicato che a “S. Maria della libera Grancia del Monistero dè PP. Celestini di Campobasso, Diocesi di Bojano”, è presente “ Frà Davidde di Lorenzo Converso della detta Religione Stanziante in d.a Grancia e Serviente in d.a Chiesa di anni 60”, il quale ivi e tale rimase sino al 1735, quando, di circa 69 anni, probabilmente fu defunto, se è vero che l’anno seguente al suo posto troviamo “ Frà Nicola d’Angelillis converso serviente a d.a Grancia e stanziante, di anni 18 ”. La presenza nel Monastero di Limosano di un ‘monaco’ dell’Ordine Celestino continuò ancora per alcuni anni. Tanto che, per il 1742, nelle processioni e nelle funzioni religiose “la Croce di Santa Maria della Libera la portava un frate di S.ta Religione Celestina, Frà Celestino Poison …”. Assai probabilmente dopo di quest’ultimo, fu molto presente ed attivo, e per un periodo di tempo discretamente lungo tra gli anni 50 e 60 del secolo XVIII, “ F. Michelangelo dè Rinaldis laico dell’ordine de Celestini ”. Ciò sia per ‘curare’ le cose del Monastero di Limosano che, quale “Procuratore Generale del Rev.do Sig. D. Domenico Albrizio Abate di S. Caterina di Benevento, e di S. Maria Faifoli sistente nelle pertinenze di detta T.ra di Montagano”, quelle della “Badia di S.ta Maria Faifoli” 270 . La presenza di questi ‘ incaricati ’ a Limosano non servì, tuttavia, ad evitare le spoliazioni e gli attacchi sferrati con violenza da interessi privati, i più diversi e diversificati. Persino le ‘reliquie ’, che alcuni elementi fanno ritenere qualitativamente e quantitativamente di notevole importanza, vennero fatte oggetto di appropriazioni, più o meno meschine, da parte di esponenti ecclesiastici e, forse, non. Tutto questo perché non è proprio possibile non dare il credito che merita alla presenza di “ … una buona porz.ne del celizio, seu abbito di S. Pietro Celestino ”, documentata dall’ Inventarium omnium bonorum Archipresbiteri Cosmatis Bussi 268 La presenza di soli tre ‘Sacerdotes’ parrebbe dimostrare che anche il Monastero di Campobasso fosse entrato in una crisi seria e grave. Ciò, specialmente se si pensa al fatto che solo trent’anni prima (24 Settembre 1686) vi stanziavano i: “ R.di P.P. D. Placido dè Vito ad pr.ns Priore Venerabilis Monasterij Sancte Marie dè Libera Ordinis Celestinorum d.e Terre, D. Joanne Bapta dè Martinis dà Benevento, D. Ilario Massaini, et D. Julio Roacci Romanis Sacerdotibus, et P. Fr. Petro à Melficto oblato P.P. de familia in d.o Ven.li Monasterio… ”. 269 APL, Stato delle Anime. 270 ASC, Archivio privato Janigro, B. 16, f. 25. Riportiamo, per la conoscenza di usi e costumanze, il testo di un documento del 20 Febbraio 1748: “ Alla richiesta di Caietano Galuppo della T.ra di Montagano… avendo comprato una vigna dà Giuseppe Michele, sita e posta nelle pertinenze di d.a T.ra nel luogo dove si dice Faifoli renditizia alla sua Badia di S.ta Maria Faifoli,… di prestare… il suo Assenzo, e beneplacito, offerendo a Vs. Rev.ma per il laudemio se li deve carlini trenta… ‘Si concede licenza al supplicante di stipulare le dovute cautele con accettarsi il Laudemio di carlini 30 con donargli il di più che spetterebbe alla chiesa con patto però che le spese di strumento, e copia per la chiesa vadino a conto del supplicante. Limosani 17 ottobre 1747 Jo D. Gennaro della Vipera vicario Per il strumento da stipularsi per parte della Chiesa vi sia presente Fra MichelAngelo de Rinaldis, come amministratore di detta chiesa ”.

154 (nota: defunto il giorno prima) Terre liMusanorum Pro Ven.le Cappelle Sanctis.mi Rosarij ac S. Francisci Xaverij affate Terre , del 1 Agosto 1742 per il Notaio Jamonaco Michele Silvestro (v. ASC) della piazza di Limosano. Era essa la stessa che, come risulta nell’ Inventarium del 1712-1713, “la sudetta Chiesa (= di S. Maria) tiene conservate in Sagrestia” e che così viene descritta: “ Due cassette antiche, in una delle quali vi è un’abito ruvido di color biancaccio con’uno cappuccio, quale per antica tradizione e dicesi esser di S.n Pietro Celestino ”? E, se sì, quale giro aveva compiuto? E per quali interessi? In quanto riesce a soddisfare curiosità ed interesse, riportiamo la descrizione delle ‘altre’ reliquie , allora e con quella, conservate nella Sacrestia della Chiesa di S. Maria: “In’un’altra si conserva un Breviario antico scritto à mano in Carta pergameno con veste di ricamo antico che parimente s’asserisce esser dello stesso Santo. - Un Coltello con manico di legno, col quale dicono che fusse stato scorticato il glorioso Apostolo S.n Bartolomeo ”. Ed inoltre venivano ancora custodite, con cura e forse con una certa gelosia, le seguenti testimonianze, tenute ben distinte (lo si noti) dalle ‘ reliquie ’ celestiniane, della ‘ antica ’ diocesi ‘ Musanesem S. Mariae ”: - Un manipolo Vescovile antico di velluto rosso. - Una Stola all’antica Vescovile rossa di seta fatta in f.a fascia con molti lacci di seta. - Una Testa di Pastorale Vescovile d’avolio. - Due Nistre di drappo bianco antico fatte in f.a di berette colle sue infole pendenti. Dovettero essere proprio quelle interferenze esterne le motivazioni, vere e reali, che spinsero successivamente Campobasso a non limitarsi solo ad amministrare il patrimonio della ‘Grancia’ di Limosano, ma a privarla con decisione di tutto quanto vi rimaneva e, con calcolo freddo e cinico, della sua memoria e dell’intero suo modo di essere. Lo prova quanto ‘ raccontato ’ dall’atto, in ASC, del 30 Maggio 1789, che trascriviamo: “Personalmente costituiti alla nostra p.nza Giorgio Marcantonio, Andrea Piciucco, Clemente di Cristofaro, e Dom.co Donatelli attuali Governanti di questa sud.a Terra di Limosani, li quali spontan.te non per forza mediante il loro giuramento toccata la carta hanno asserito aver preinteso, come jeri ventinove del caminante Mese di Maggio si portò in q.sta sud.a Terra nella Chiesa di S. Maria della Libera il Padre Vicario dè Celestini della Città di Campobasso D. Michele Rota verso le ore dieciotto in dieciannove, tempo in cui le genti stavano tutti occupati, e colà giunto si fece chiamare l’Eremita Giuseppe Angelilli, ed in p.nza dello stesso si prese la corona d’argento in testa dell’imagine della Beata Vergine, e la veste di drappo che la covriva; come pure ritagliò il panno di drappo più d’un palmo che eravi avanti, dove la d.a Imagine si conservava, con restare l’Imagine sud.a spogliata, e sul nudo pavimento della Chiesa, ordinando ancora al nominato Eremita, che gli avesse rimesso per il Procacciolo di quest’anzid.a Terra tutti i candelieri d’ottone, che lui conservava, volendo insiemamente sapere chi avesse conservato l’anello d’oro della Vergine; per cui gli fu risposto rattrovarsi in potere del P. Maestro Fra Giacinto Corvinelli dè minori Conventuali, e nell’atto che tutto questo stava facendo, q.lle donne villane che vi ci si portava, li mandava via dalla Chiesa, dicendo siete curiose andate in vostra casa , forse per non far vedere le sue male procedure. Come infatti Noi Regio Notaro, regio Giudice a Contratti e Testimoni a rich.a di d.i Mag.ci Governanti, e colla loro assistenza essendoci sopra la faccia del luogo conferiti, abbiam già ritrovato il tutto avverato, ed hanno essi costituti asserito volerne di tale attentato tenere ricorso à legittimi Superiori, come pure alla Maestà del n.ro Sovrano, che Dio sempre feliciti, e così hanno giurato in f.a. ”271 .

271 Sulla figura degli eremiti, assai numerosi almeno verso la fine del XVIII secolo anche se erano di antica tradizione, rimasti a ‘mantenere’ le antiche badie registriamo la seguente dichiarazione del 28 Aprile 1784

155 E così, dopo che, se si fa salva la presenza di qualche inserviente ‘eremita’, se ne erano partiti i ‘monachi’ facendo scadere a semplice grancia il complesso monastico limosanese e dopo che, brutalmente ed irrimediabilmente, vennero portati via i tesori religiosi del sacro, altro non rimaneva che il considerevole patrimonio fondiario del già “ Venerabilis Monasterij Monasterij S.te Marie de Libera et S.ti Petri Celestini ”, sulla cui elencazione, dopo la soppressione dell’ordine, esistevano dubbi e perplessità consistenti. Lo dimostra quella lettera, del 6 Marzo 1807, con la quale il “Giu.e di Ripalimosani al Sig.r Intend.e del Contado di Molise” 272 così comunicava: “ … manca quello di q.sto Comuni, mentre gli Am.ri non han ancora terminato la liquidaz.e de’ possessori de’ cap.li censi, e Terreni, che qui posseggono d.i PP. per mancanza della Platea. Per questo motivo dalla Fede della Comune di Limusani non si vedono individuati i possessori de’ capit.li censi, e Terreni di d.i Padri. La ‘fede’, cui si accennava, era la seguente: “ In esecuz.ne degli ordini pervenuteci Facciamo piena, e legale fede noi qui sotto, e croce seg.ti amm.ri di questa Antica Città di Limosano in contado di Molise, qualm.te avendo riscontrato per mezzo del nostro ord.o Cancelliere il libro collegiale dell’anno 1755 generale in esso si è rivelato che li Padri Celestini di Campobasso, sotto il titolo di S. Maria della Libera posseggono in questo tenimento circa 362 tomoli di territorj coltivatorj, escluse alcune vigne che non si nominano in d.o catasto. Come anche nel borgo di quest’antica Città esiste una Chiesa, con un romitaggio di sette stanzioline, ed un orto contiguo appartenentino anche alli sud.i Padri Celestini . Non possiamo attestare le confinazioni de’ terreni, e le persone che tengono d.i terreni a coltura, ne li cap.li, perche a noi manca l’inventario, e la platea che si posseggono dal Priore de Celestini in Campobasso che per la verità si fa fede. Limosano 3 Marzo 1807 + S.C. di me Saverio Bonadie Sindaco S.N. + S.C. di me Giorgio Piciucco eletto S.N. + S.C. di me Gioacchino Jamonaco eletto S.N. + S.C. di me Simone del Gobbo eletto S.N. Luigi Sebastiano eletto Daniele Fracassi cancelliere ”. “I Governanti della Comune di Santangelo Limosani” qualche giorno prima (28 Febbraio) avevano da parte loro attestato che “la Grancia di S. Maria della Libera dè Padri Celestini esistente nella vicina Terra di Limosani possiede li seguenti beni stabili (per complessivi 21 tomoli): - un territorio colonico di tomoli uno, e mezzo nel luogo detto Fonte del Bove,… - un altro territorio di tomoli due c.a nello p.to luogo di Fonte del Bove,… - tomoli quattro e mezzo di territorio nel luogo detto Pozzonero,… - un tomolo coltivatorio e c.a tre altri incolti nel luogo detto la Selva,… - un terri.o di tomolo uno, e mezzo nella Fonte del Bove,… - tom.i due e mezzo alla fonte di S. Pietro… - nel posto del med.o posseggono altri tom.i due,… - tomoli tre di terra alla fonte di S Pietro…”. Qualche anno più tardi, era appena il 1809, per “ la grancia sita nelle Com.i di Limosani e di S. Angelo Limosani composta di territorj seminatorj di circa moggia quattrocento quarantacinque e quarti tre ” furono offerti 1500 ducati dal Sig.r Zurlo di Campobasso e 1550 riguardante S. Maria di Faifoli. “Francesco Jannitto alias Caruso” dichiara e dice: “ Jo dapiù di venti anni addietro a questa parte fò l’Eremito nella Chiesa di S. Maria a Faifoli,…, vicino alla contrada appellata la vigna dell’Abbate… ”. 272 ASC, Monasteri soppressi, B. 10, f. 77.

156 ducati dal Sig.r De Nigris di Campobasso, il quale, perché aveva fatto l’offerta più consistente e vantaggiosa, ne rimase l’aggiudicatario 273 . Da allora più nulla, se non il lento, quanto irrimediabile ed inesorabile, declino, rimase dell’antico Monastero. I tempi ‘nuovi’ della storia avevano fatto di tutto perché ciò accadesse. Ed accadde. Difatti, nel 1859, “ il costituto Signor Tata (era il ‘Signor D. Michele Tata fu Pasqualino in qualità di Sindaco’) … ha dichiarato che dovendosi terminare la già incominciata opera di quel Camposanto, necessita al Comune l’occupazione del suolo di una Cappella, e di due ruderi pertinenti alla Mensa Vescovile di Bojano. E che a tal uopo avendone dimandato all’altro costituto Monsignor Vescovo (era ‘l’illustrissimo D. Lorenzo Moffa fu D. Felice Monsignor Vescovo di Bojano’) , se voleva cedere al Comune i detti suolo, e ruderi mediante un’annua rendita, il predetto Vescovo vi ha aderito, e si è venuto alla stipula del presente atto, con cui si è stabilito: 1. Il suolo della Cappella e i due ruderi di pertinenza della Mensa Vescovile di Bojano (cui erano passati al momento della soppressione) vengono ceduti al Comune di Limosano mediante il prezzo di ducati venti. 2. La detta somma… secondo il Real rescritto de’ quattro Settembre mille ottocento cinquantasette,…, rimane presso il Comune medesimo impiegata a costituzione di annua rendita perpetua al cinque per cento, con l’obbligo di corrispondere al Vescovo pro tempore un ducato l’anno ”274 . La parola ‘ruderi’ e l’esiguità della somma lasciano ben trasparire sia il completo stato di abbandono che il ridotto dimensionamento del complesso, cui si era pervenuti.

4.4 – Il patrimonio e la vita monastica

Delle attività del patrimonio fondiario, che un tempo, se sembra non certo trascurabile già quello desumibile dalla unica descrizione disponibile, databile a circa un novantennio dopo la partenza dei ‘monachi’, dovette essere assai considerevole, di “ S. Maria della Libera Grancia de Padri Celestini ” di Limosano una puntuale elencazione è quella del ‘Catasto Onciario’ del 1743 275 . Se ne riportano gli elementi essenziali. “Jo qui sotto D. Filiberto Gorgonio Priore de V.nle Monastero di S. Maria della Libera di q.sta Città di Campobasso della Congregazione de Celestini dell’ordine di S. Benedetto, in esecuzione degl’ordini emanati à tenore del concordato, tra la S. Sede della M.a del Rè Nostro Sig.re, Dio guardi con quell’esattezza, e puntualità, che si deve, rivelo tutti gl’effetti, che possiede d.a Grancia in questa Terra di Limusani, e sono li seguenti: - Un pezzo di Territorio di tt.la sei, nel luogo d.o Valle fieno …; - Un’altro Territorio di tt.la venti, nel luogo d.o lo Stallone …; questo Territ.o non si sa il luogo, e non si è chiarificato; - Un’altro Territorio di tt.la dieci, nel luogo d.o Colleceraseto …; d.o Territ.o stà in contesa…; - Un pezzo Territorio di tt.la quaranta nel luogo d.o serra Manginola , dentro la Sala , conf.a beni della Terra di Fossaceca, beni del Convento di S. Franc.o e beni della Camera Marchesale…; - Un’altro Territorio di tt.la dieci, nel luogo d.o Collefranco …; - Un’altro Territorio di tt.la dodeci nel luogo d.o Peschio Martino ,…;

273 ASC, Monasteri soppressi, B. 10, f. 78. 274 ASC, Protocolli notarili, Not. Fracassi Aquino, originario di Limosano, della piazza di S. Angelo, atto del 1 Febbraio 1859. 275 ACL, Catasto Onciario, B. 1, f. 1.

157 - Un’altro Territorio di tt.la due, e mezzo nel luogo d.o Fonte Ciferno …; - Item un’altro Territorio di tt.la sei nel d.o luogo, sono uniti con li tt.la due di sopra; - Un’altro pezzo di Territorio in tre corpi di tt.la diecinove, nel luogo d.o Pagliarello , e fonte della noce ,…, con quattro querce, e trentacinque bisceglie…; - Un’altro pezzo di Territorio di tt.la ottanta, nel luogo d.o la Vannara , conf.a con la Fiumara, …; - Un’altro Territorio di tt.la dodeci nel luogo d.o li Spinilli , conf.a strada publica delli Forastieri,…, Grattavone,…; - Un’altro Territorio di tt.la quindeci, nel luogo d.o primo colle incluse alcune vigne…; - Un’altro Territorio di tt.la sessanta, nel luogo d.o l’Acqua Salemma , e Macchie di S. Justa …; - Un’altro Territorio nel luogo d.o piano del Vicario , e morge tomassiello di tt.la dieci, conf.a col Vallone della Valle,…; - Un altro pezzo di Territorio di tt.la cinque con querce nel luogo d.o La Valle ,…; - Un’altro Territorio di tt.la sei, nel luogo d.o la Fontenova e Morge Tomassiello ,…; - Un’altro Territorio di tt.la otto, nel luogo d.o Pietra di Pillo , e Pozzo piloja ,…; - Un altro pezzo di Territorio di tt.la quindeci, nel luogo d.o Macchie dell’Amendole ,…; - Un’altro Territorio di tt.la dieci, nel luogo d.o le Macchie delle Ciaole ,…; - Un’altro Territorio di tt.la tre nel luogo d.o lo Vallone della Valle , questo Territorio si deve chiarificare; - Un’altro Territorio di tt.la tre, nel luogo d. o li Patrisi ,…, stimato non vi è rendita. - Un Territ.o di vigna diruta di tt.la due,…, stimato non vi è rendita. - Un’altro Territorio di tt.la cinquanta, nel luogo d. o le Macchie delli Porrazzi ,…, con piedi d’olive, querce, e bisceglie,…; - Un’altro Territorio di tt.la dieci con querce, et olive,, nel luogo d.o La Valle , e Terriera …; - Un’altro Territorio di tt.la nove, con querce, nel luogo d.o li Tufilli …; - Un’altro Territorio di tt.la trenta, nel luogo d.o S. Vettorino ,…, con due querce,…; - Un’altro Territorio di tt.la uno, e mezzo, nel luogo d. o passo di Campobasso , questo Territ.o stà nell’Inventario senza spiegar li confini, e non si sa dove sia; - Un’altro Territorio di tt.la sei, nel luogo d.o pozzo Piloja …; - Possiede un’Orto nel luogo d.o S. Maria della Libera , e Fonte salsa , di tt.la uno…; - Un’altro Orto dietro le Case , quest’Orto non li possiede, se li deve vedere con li Covatta; - Un’altro Orto sotto le ripe di Zullo , quest’Orto deve verificarsi, che lo possiede, stante non si sa; - Un Territ.o di tt.la due, nel luogo d.o la Foresta , con piedi d’olive…; - Un’Orticello nel luogo d.o S. Martino ,…, questo deve chiarificarsi il luogo, e li confini; - Un Territorio di tt.la quattro, nel luogo d.o S. Maria della Libera , e Macchia di Majella , conf.a con la Via publica, Macchia di Majella,…; - Una Casa nella strada publica, che và per la Terra, ad alto, qual casa non si sa quale sia per l’antichità; - Un’altra Casa nella piazza delli Focini , questa casa, ne tam poco si sa per l’antichità; - Un’altra Casa nella d.a strada…; - Uno Bottale, nel luogo d.o sotto le Botteghe …; ”. Del patrimonio edilizio è da notarsi la triste ed evidente fatiscenza, che lo faceva di molto antico; al contrario, l’estensione complessiva di quello fondiario, ammontante a circa 470 tomoli di terreno, lo rendeva ancora discretamente cospicuo, specie laddove si considera che, dopo la partenza dei ‘monachi’ avvenuta all’incirca novanta anni prima della compilazione del ‘Catasto ’, esso veniva amministrato da ‘procuratori’ senza scrupoli e, talvolta, da ‘eremiti’ laici. In precedenza, durante i secoli XV, XVI e prima metà del XVII, perché amministrata ‘in

158 loco’ e direttamente dal ‘Prior’, portatore e rappresentante degli interessi diretti, la presenza sul territorio, riferibile al Monastero di Limosano, non poté non essere che, quasi certamente, di parecchio più estesa. Tuttavia, ne sfuggono, per la assoluta mancanza di ogni documentazione specifica, gli elementi utili per disegnarne la reale ed effettiva consistenza. La crescita delle disponibilità patrimoniali dovette risultare costante nel tempo in quanto risultanza di ‘ donazioni ’ molteplici e diverse. Come quella (25 Giugno 1582) di “ Berardino de parrocco, alias cecerchia ”, che dona “ Venerabili Monasterio S.ti Petri de Majella ” ogni suo bene mobile e ‘stabile’. Va qui annotata l’esistenza di una serie di atti donativi, che, a conferma dell’eco raggiunto anche nella provincia molisana e, con essa, a Limosano dalla vicenda di ‘ Suor ’ Giulia De Marco (v. paragrafo 4.1), sembrerebbe avvalorare ipotesi già esposte in precedenza e che definire sospette è poco. Quella, che riguarda il cenobio limosanese, si ritrova nei protocolli di notai dei centri viciniori al nostro, che interessano il decennio appena seguente all’anno, il 1605, di inizio della vicenda stessa. Proprio quando, cioè (non sfugga la coincidenza), il Monastero prende la titolazione a S. Maria della Libera. Quanto alla organizzazione della vita quotidiana all’interno del Monastero, a quella, classica e consolidata, dell’ ora et labora , i ‘monachi’, nel tempo ed adeguandosi ad una esigenza diventata sempre di più consuetudine nelle organizzazioni ecclesiastiche, avevano affiancato l’amministrazione delle crescenti disponibilità fondiarie. In tal modo l’Abbazia da luogo di preghiera con annessa azienda di lavoro per una produzione finalizzata alla sola autosufficienza viene sempre più assumendo il ruolo di un vero e proprio centro economico- finanziario, che riesce a regolare, quando non a condizionare, lo sviluppo della ‘Terra’, nel cui ambito situava, oltre che di quelle limitrofe. Fu quanto più o meno accadde, per le diverse fasi di tale processo di laicalizzazione, e, per una datazione di massima, ci si potrebbe riferire alle epoche dei cambiamenti di titolazione, anche per la vita dentro il Monastero limosanese “ de Maiella ”. Prima che, durante la diffusione iniziale dell’Ordine nei secoli XIII e XV, la consistenza patrimoniale assumesse una dimensione tale da richiederne una amministrazione diretta, per le istituzioni monastiche, oltre alla immancabile agricoltura, “lo sfruttamento della pastorizia e la lavorazione dei panni di lana divennero ancora più specifici per quelle zone nelle quali già da secoli venivano praticate. …, data la presenza di pascoli ed acque abbondanti (si legga, per Limosano: fiume), si dovette assistere ad un continuo proliferare di gualchiere o valcaturi gestiti sia dalla corte comitale che dagli ordini monastici che basavano le proprie rendite quasi esclusivamente su tali lavorazioni,…” 276 . In seguito ed almeno, cioè, a partire dal XV secolo la gestione ‘parassitaria’ della rendita derivante dal disponibile patrimoniale dovette prendere il sopravvento e diventare la principale occupazione nel monastero. In questa seconda fase, circa la tipologia dei contratti più frequenti, con cui veniva amministrato il patrimonio, sul quale già gravavano le decime, i censi e le prestazioni più diverse, sono da segnalare l’ enfiteusi a 29 anni , il terraggio e, diffusa oltre ogni misura, la emptio annuum introitum (compra delle annue entrate). I ‘monachi’ della “religione celestina”, anche se osservavano la Regola di S. Benedetto, avevano la facoltà di confessare e di predicare. La qual cosa li avvicinava ai ‘frati’ degli ordini mendicanti. “A capo dell’Ordine stava l’abate di S. Spirito presso Sulmona, eletto per un triennio (nota: anche l’elezione temporanea e non vitalizia del Superiore generale era caratteristica degli ordini mendicanti) dal Capitolo generale. Gli abati uscenti erano chiamati cooabbates . Tutti gli altri monasteri erano retti da priori fino al 1616, quando Paolo V distinse i monasteri in abbazie (con almeno 12 monaci ed inservienti) e in priorati (con 6 monaci e

276 MUCCILLI O., Presenza monastica nel territorio bojanese – Note Preliminari, in Conoscenze 2 (1986), pag. 12.

159 inservienti). L’abito era una tonaca bianca e cappuccio nero e, per il coro, la cocolla nera. Lo stemma dell’Ordine era una croce sulla cui asta inferiore era una S, qualche volta, specialmente in Francia, affiancata da due fiordalisi” 277 . E’ da pensare che quello di Limosano, per il numero limitato di religiosi e perché i documenti parlano sempre di un ‘ Prior ’ al vertice dei ‘monachi’ che vi stanziarono, fosse solo un ‘priorato ’. Di esso poco o nulla si riesce a cogliere dei rapporti, di ogni e diverso tipo, con le altre case religiose (le più interessate non poterono non essere che le viciniori di Campobasso e di Trivento) dello stesso Ordine. Alla definizione di qualche aspetto saliente non solo degli ambienti ma anche della vita monastica dentro e fuori della casa religiosa (ma di quella di Limosano non si hanno che scarni elementi utili a ridisegnarne la struttura della fabbrica) si rende qui necessario analizzarne alcuni, almeno gli essenziali, punti di riferimento. Le stanzette, le celle , dei monaci dovevano risultare di una semplicità estrema. Possiamo immaginarle dotate di uno studiolo formato da uno scanno in legno e da una ‘banchetta’, anch’essa in legno; vi era presente sempre, magari accanto a qualche figurina con scritte capaci di richiamare il religioso alle regole del buon vivere monastico, una, o anche più di una, croce d’abete. Il letto, talvolta con lenzuola o pezze e talvolta senza, doveva essere quasi certamente di tavole, con un capezzale ed un pagliericcio ricoperto, almeno nei mesi più freddi, con un ‘ piumazzo di lana ’. Il luogo deputato alla refezione, agli incontri ed alle riunioni per le decisioni da prendersi in comune (i ‘ consegli ’, i cui verbali venivano riportati in un apposito libro) ed, in modo particolare, quelle concernenti l’amministrazione del patrimonio era il refettorio . Vi ci si ritrovava, di solito al suono di una campanella, al mattino, dopo il canto del ‘ mattutino ’, per una prima colazione, intorno a mezzogiorno, dopo la recita di ‘ sesta ’ o ‘ nona ’, per il pranzo, ed alla sera, dopo l’ora della preghiera che seguiva la ‘ compieta ’, per la cena. Il rivestimento, almeno in parte (la metà circa inferiore delle pareti), era di tavole. Non vi mancava, posizionato sopra il lato della testa del ‘Priore’, un dipinto, raffigurante, assai probabilmente, l’ultima cena. Forse anche la parte alta delle altre pareti era ricoperta di immagini e di quadri che riproducevano episodi importanti della storia dell’Ordine e della vita del Santo Fondatore. Le mense, con gli scanni, di legno, erano spoglie e disadorne. Il posto del superiore doveva risultare ben definito. Nel locale, sufficientemente ampio, è da presumere vi fosse presente un grosso leggio. A colazione, quando dalla Chiesa si passava al refettorio, i monaci trovavano sulla nuda mensa, già apparecchiato e coperto da un tovagliolino, un pane, bianco e nero in egual misura e senza distinzione per il superiore e gli altri componenti la famiglia religiosa. E’ probabile che il pane fosse accompagnato da qualche companatico (spesso un frutto) e, scarseggiando il pane, da cose ricavate direttamente dai campi e dall’orto. A pranzo, così come a cena, non mancava mai l’acqua; non così il vino, di produzione dei ‘monachi’, che pure doveva essere assai frequente sulle loro mense. Era predisposto sulla mensa dal refettoriere un tovagliolino con un panino o un pezzo di pane ed, in più, una scodella. Ordinariamente veniva servita una minestra ed, a pranzo, una pietanza. La prima consisteva di erbe cotte oppure di legumi e/o di ortaggi, tutti di diretta produzione. Mentre si desinava o, a turno, si leggeva oppure si osservava il silenzio. A refettorio, forse prima delle letture, fatte da tutti i Padri, si diceva dai religiosi pubblicamente la propria colpa al ‘Priore’, ricevendone la correzione o la punizione.

277 OLIGER L., voce “Celestini, Ordine dei”, in Enciclopedia Cattolica, Firenze 1949.

160 Dopo il pranzo e, presumibilmente, anche la mattina, venivano lavate rispettivamente le ciotole adoperate a mezzogiorno ed alla sera. Durante questo impegno, eseguito da un paio dei ‘monachi’ della famiglia religiosa, si recitavano delle preghiere ad alta voce. La ‘ libraria ’ merita un discorso a parte. Era un locale, di frequentazione comune, utilizzato per la conservazione sia di libri e manoscritti che dei documenti riguardanti l’attività del Monastero. Pur se, ed anche negli ambienti ecclesiastici, la poca diffusione della cultura rendeva non certo facile l’uso generalizzato dei testi, la tradizione benedettina, cui si rifaceva la “religione celestina”, farebbe pensare ad una biblioteca sufficientemente fornita, della quale, però, non è dato conoscerne la consistenza. Il danno arrecato dall’abbandono, verso la metà del XVII secolo, del Monastero di Limosano da parte dei ‘monachi’, con la conseguente dispersione del patrimonio librario, che prese vie diverse ed ora sconosciute, fece sì che di esso nulla ci pervenisse. E, per la conoscenza e per la ricostruzione delle cose celestiniane, le conseguenze furono irrimediabili e gravi. Poiché tutto ciò che occorreva ai monaci veniva, per quanto e come possibile e secondo il dettame della regola benedettina, approntato dagli stessi entro il Monastero la casa religiosa disponeva, oltre la cucina, di diversi servizi indispensabili. Non si poteva fare a meno di tenere un luogo comune con camino per le giornate più fredde dell’inverno, una foresteria per accogliere i poveri del luogo ed i pellegrini, una lavanderia per “lavar le pezze delle istesse camere”, una sartoria-guardaroba per “rappezzar gli habiti e proveder tutta la famiglia di mutande e faccioletti mondi e netti”, forse una calzoleria ed una falegnameria, certamente qualche locale pluriuso (si poteva incontrare chi si impegnava a rivestire fiaschi, a realizzare cesti di vimini oppure a confezionare scope di migliaccio e di saggina) ed occorrente per la conservazione dei materiali e degli attrezzi di lavoro nella zona dell’orto e, più in generale, dei lavori agricoli. Oltre che per il ritrovo, per la distensione e per il ‘ labora ’ dei ‘monachi’ nell’esercizio dell’agricoltura, l’orto, circoscritto nei periodi iniziali da una semplice siepe (la ‘ fratta ’) e, col passare degli anni, forse per motivi di sicurezza, da un muro, serviva per i lavori propri del giardinaggio (zappatura o vangatura, posa in sede delle piantine, sarchiatura, innaffiamento) e per gli altri riguardanti la coltura delle piante da frutta e del boschetto. Ovviamente dal giardinaggio si ricavavano le insalate, le verdure ed i legumi; dalle piante la frutta e dal boschetto le frasche e la legna per la cucina ed il camino. Un luogo di importanza primaria per la vita monastica era rappresentato dal coro . Doveva essere situato al piano terra e posto, forse intorno o di fronte all’altare, ad un livello alquanto rialzato rispetto al pavimento della Chiesa. Durante il giorno vi si accedeva “richiamati dal tocco della campana, che intimava il silentio della notte”. Al mattino e di notte, invece, si andava al coro dopo il risveglio procurato dal rumore, poco gradevole, della ‘ troccola ’. Nel giungervi, i ‘monachi’ prendevano il posto loro assegnato “con compositione e gran silentio” ed aspettavano i segni convenzionali per l’inizio dell’ufficio da parte dell’ebdomadario. La notte, dopo il canto corale del ‘ Mattutino ’, cui forse si facevano seguire le litanie del Signore, della Madonna e dei Santi, si procedeva al rito della auto-mortificazione della ‘disciplina’. L’ora che apriva la giornata era quella di Prima , seguita dalla messa comune, alla quale assistevano tutti i componenti la famiglia religiosa. Durante il giorno, l’ufficiatura divina era, assai probabilmente, divisa dalla scansione classica delle ore ( Prima , Terza , Sesta , Nona ) delle Lodi e dei Vespri . La giornata si chiudeva, all’imbrunire, col canto della Compieta .

161 162 CAPITOLO 5°

IL CONVENTO FRANCESCANO DEI FRATI MINORI CONVENTUALI

163 164 165 5.1 - Le vicende del Convento

Le ripetute e pressanti richieste (certe quelle del 1310, documentate dalla data delle due iscrizioni su pietra: una sul portale della Chiesa e l’altra nella sacrestia) da parte di una ‘Universitas civium ’, quella di Limosano, che, come si è visto, sta vivendo dal punto di vista demografico, ma non solo, una fase di così forte espansione da essere vista dagli occhi dei

166 contemporanei non solo come una 'bona terra' , ma (e confronti specifici dai documenti vengono fatti anche con Guardialfiera, Larino, Trivento, Termoli e Dragonara, tutte ‘civitas’ sedi di diocesi) quanto la migliore, eccettuata Bojano, di tutta la provincia (f. 154r: est bona terra et melior totae provinciae excepto boyano ) beneventana 278 , indussero il re di Napoli, Roberto d’Angiò, ad avanzare richiesta dell’autorizzazione papale ad erigervi un ‘ convento ’ per i frati francescani. Ciò, nel momento in cui nella ‘Terra’ di Limosano la fase della ‘ angioinizzazione ’ e della guelfizzazione, cui non fu di certo estranea la figura di Papa Celestino V, può dirsi, e con buona ragione, portata a termine. Da Avignone venne subito concessa al Superiore della Provincia Montis Sancti Angeli dei Frati Minori, con la bolla pontificia del 7 Luglio 1312 “ Sacrae religionis vestrae merita ” del Papa francese Clemente V, l’autorizzazione per la costruzione, insieme all’altro omonimo di Larino, del “ Conventus S.ti Francisci ”. Esso, in questo preciso momento storico, rappresenta il tentativo ed il modo di spostare “extra moenia (fuori le mura)” della Civitas non solo la sua nuova azione politica, ma, soprattutto dal punto di vista socio-economico (era stata appena ordinata la chiusura delle tante fucine legate alla lavorazione del ferro), gli obiettivi e le attenzioni, moderne ed in linea con i tempi, della ‘ Universitas Civium ’ limosanese, che con la promessa di dotazioni patrimoniali, munifiche ma costose quanto al sacrificio per la rinuncia, lo stava inseguendo già da diversi anni pur di ridarsi una immagine ed una visibilità conformi all’antico, ma necessariamente diventate diverse a motivo delle mutate condizioni. Tra i ‘ bona ’ sacrificati in tale occasione dai ‘ cives ’ limosanesi e messi a disposizione per l’iniziale patrimonio dell’erigendo ‘convento’, così come mostra la dicitura “ iam ab anno suae fundationis (già dall’anno della sua fondazione)” riportata da più di un documento, è da ricomprendere sicuramente quel “ pezzo di territorio di tt.a duecento ottantotto , con querce, nel luogo d.o Monte Marconi , confina strada publica, beni dell’Uni.tà, Difesa di Cascapera, beni della Terra di S. Angiolo” 279 . Con identica certezza e per la stessa motivazione tra quei ‘ bona ’ è da includere almeno “un’altro Territorio di tomuli quarantadue nel luogo d.o Peschio Corvo , conf.a beni della Terra di Fossaceca, beni della Camera Marchesale, ed altri,…” 280 . E sembrerebbe che quest’ultimo, oggetto ancora durante il secolo XIX di aspra contesa tra i frati del Convento ed il Comune per la vicenda del ‘ tantundem ’ (dovevano essere pagati dai ‘coltivatori ’ i pesi ad entrambe le istituzioni), facesse parte di un unico ed assai più vasto ‘territorio ’, di ampia estensione, se dal ‘ Catasto Onciario ’ viene ricompreso tra quei “Territorij dentro la Difenza della Sala ”, indicati separatamente, e non senza significato, da tutti gli altri del patrimonio del Convento. Essi, tra i quali quello già descritto figura al quinto e penultimo posto 281 , situano tutti nella parte di tramontana della ‘difesa’ e sono:

278 ARCHIVIO VATICANO di ROMA, Collect. t. 61 cit. Al f. 175a espressamente viene riferito che “dicta terra limosani est melior terra… quam plures civitates dicte provincie beneventane ut puta civitates Guardie alferie dragonarie Termolense lesine Montis corbini Vulturarie et florentini”. 279 ASCL, Catasto Onciario, B. 1, f. 1. 280 ASCL, Catasto Onciario, B. 1, f. 1.

281 ASCL, Catasto Onciario, B. 1, f. 1. Con atto del 28 Agosto 1828 “i Religiosi Conventuali di questo Monistero di San Francesco, cioè molto Reverendo Padre Maestro Filippo Fracassi, Superiore del Monistero, Reverendo Padre Giuseppe Borsella Sacerdote, e Fra’ Venanzio Fracassi, Suddiacono, a noi ed a Testimoni ben cogniti, hanno dichiarato: 1° Che questo Monistero prima della soppressione avvenuta durante l’occupazione militare possedeva da secoli una tenuta dell’estensione di tomoli quarantadue nel tenimento si questo Comune in contrada Pesco Corvo. 2° Che questo medesimo comprensorio nel milleottocentoventuno, allorché per sovrana determinazione e munificenza fu questo Monistero ripristinato, fra gli altri beni assegnati in dotazione dall’alta Commissione Esecutrice del Concordato vi fu anche il fondo indicato alla detta Contrada. 3° Che trovandosi

167 - un Territorio di tomuli sei, nel luogo d.o la Sala a Peschio della Volpe ,…; - un’altro Territorio di tt.a quarantadue nel luogo d.o Uomo morto, e Serra di Castropignano , confina beni di S. Maria Mag.re, beni della Unità della Terra di Fossaceca, strada publica, ed altri ,…; - un’altro Territorio di tt.a ventitre, nel luogo d.o Lame Rosse, e Morge del Gesso ,…; - un’altro Territorio di tt.a sei à Colle pizzuto , confina beni della Terra di Fossaceca, e beni della Camera Marchesale ,…; - un’altro Territorio di tomuli quarantadue nel luogo d.o Peschio Corvo; - un’altro Territorio di tt.a dodeci, nel luogo d.o Fonte Falcione, e fonte di S. Sconcio ,… E non sembra essere cosa da tenere in scarsa considerazione la ‘ dotazione ’ di una siffatta notevole estensione di terreno, specialmente se riferita ad un periodo, il primo decennio del ‘300, in cui la congiuntura economico-demografica costringeva gli “homines de limosano” a recarsi a lavorare “terras in castro sancti Angeli, ferrarii, Cascapere, …, et castellucij” e ad andare “per lignas ad silvas montisagani, ad silvas Triventi, ad silvas petrelle”, dove anche vi “ducebant animalia” per il pascolo. E mentre tale sembra essere stato a Limosano il contesto politico-economico, in cui si inseriva il Convento per i frati minori di S. Francesco, occorre considerare anche un reale problema di natura storica. Quali, cioè, furono allora le motivazioni che portarono ad individuare nel sito, in cui ancora posiziona, il luogo dove costruire la ‘fabbrica’ del complesso conventuale? Se non una ‘vera’ risposta a tale interrogativo, quantomeno utili elementi per formulare una ipotesi di studio viene dal già citato 282 brano: "...In molti luochi fundati li centinaia d'anni prima che questa santa Religione (= dei frati cappuccini) havesse origine, si vedeno in esse depinte le figure del nostro Padre san Francesco,... Del che chiaro testimonio ne dà primo una figura di esso Padre nostro depinta nell' antico vescovado della destrutta città dell'homini sani , alias Musane , così registrata nella porta enea dell'arcivescovado di Benevento,..., la quale chiesa hoggi è posseduta da padri Conventuali, apparendo nel choro di essa una simile imagine di un san Francesco, con capuccio e corda come di sopra ". Più che in un ‘convento’, la riproduzione della “figura depinta” del “Padre san Francesco”, che, così come lascia intendere la parola “ primo ”, ancora (ma da quando?) anteriormente al 1615 doveva risultare la più fedele di tante altre, viene, in modo del tutto singolare, detta trovarsi “nell' antico vescovado della destrutta città dell'homini sani , alias Musane ”. E che, poi, tale “ antico vescovado ” debba farsi coincidere con la stessa chiesa del ‘convento’ o con qualche istituzione religiosa situata in quel luogo ancor prima della costruzione del complesso monastico francescano sembra potersi desumere dal fatto che il testo fa chiaro riferimento a quella chiesa, “ la quale chiesa hoggi è posseduta da padri Conventuali ”.

aggregato all’Amministrazione Comunale, fu tentata la via di conciliazione avanti il Consiglio d’Intendenza per la restituzione, ma invano.”. 282 IASENZANIRO M. e BORRACCINO R., CHRONICHETTA de Frati Minori Cappuccini della Provincia di S. Angelo di Puglia... cit. (v. nota 47 del I Capitolo), pag. 100.

168 Chiesa di S. Francesco: Portale.

Insomma, per una ricostruzione quanto più possibile la più corretta, quale il significato da attribuire a quella evidente contrapposizione, usata dal cronista, tra l’espressione “ antico vescovado ” e l’avverbio ‘ hoggi ’? Che senso e, soprattutto, che ruoli e funzioni storiche sono da assegnare a quell’ antico vescovado , probabilmente situato proprio in quel preciso luogo già da prima della edificazione del Convento? E, poi, come spiegare la presenza, sempre “in detta Chiesa” ed ancora, come si sta per vedere, verso la fine del XVII secolo, della “Catedra, ò sia la sedia dell’antico Vescovo…”, della “sepoltura delli Vescovi morti” e di alcuni “cappelli” di vescovi appesi al suo soffitto? Il ruolo, anche se non la progressione nei tempi, di ‘ vescovado ’, svolto dal Convento, emerge con chiarezza dalla seguente “ Fides publica per Mag.cum Dominicum Amoroso Terre li=Musanorum… ” del 19 Aprile 1755 283 , ma che documenta di situazioni e di fatti da riferire nel tempo agli anni intorno al 1680.

283 ASC, Fondo AMOROSO, Not. Amoroso Francesco Antonio, atto del 19 Aprile 1755.

169 “In publico Testimonio costituito il Mag.co Domenico Amoroso Reg.o Giudice à contratti di detta Terra, di sua età di anni novantatre in circa , come ha detto, e dal suo aspetto apparisce, il q.le spontaneamente have asserito alla presenza nostra, come in tempo della sua figliolanza, e poteva allora essere da circa sedeci anni , allora, che il Convento, ora di San Francesco della med.a Terra non veniva abitato da Monaci, ma stava senza nessuno, habitava in detto Convento il Sacerdote q. Lionardo Giancola della stessa sud.a Terra , il quale teneva le Chiavi, ed aveva Cura della Chiesa, e di tutta l’abitaz.ne, ed affittava li fundici di sotto , che erano due, à Cittadini, e detto Don Lionardo teneva molti scolari, e faceva scuola nella Cucina, che stava come si sale la gradinata del dormitorio , e tra l’altri scolari vi era esso Costituto, il q.m Don Giovanni Battista Sabetta, il q.m Don Gaetano Covatta, Domenico Sabetta Fratello del detto q.m Don Giovanni Battista, il q.m Simone, e Nunzio di Luca Figli del q.m Domenico di Luca, ed altri Cittadini, e coll’occasione di andare mattina, e sera colà alla scuola, per ordine di detto q.m Don Lionardo Giancola Maestro, andavano, quando venivano comandati, a sonare le campane, che ivi stavano, ed una volta, sonando con detti suoi compagni scolari ad esso Costituto se li rivoltò la fune nel collo, e lo alzò fino alli travi del Pesolo, e cadde in terra avanti la porta minore della Chiesa che usciva al Chiostro, la quale oggi è rifabricata , e q.lla fune li rovinò il collo; e con tale continuazione, sa benis.mo, ha conosciuto, e veduti in detta Chiesa, che vi erano quantità di altari per tutte le mura, le q.li poi li fece levare la buon Anima del Cardinale Orsini Arcivescovo di Benevento, e soli trè ce ne fece restare, come si vedono oggi ; ed in detta Chiesa, sa benissimo, ci ha conosciuto, veduto, e toccato con le sue mani la Catedra, ò sia la sedia dell’antico Vescovo, con la sua Cupola, e Crocetta sopra, tutta lavorata, scorniciata, intagliata, ed indorata, fatta ad otto angoli, e stava sotto l’Arco della Sagristia sopra la Sepoltura delli Vescovi morti, avanti al q.le arco, vi era un parapetto di pietra, alto da circa tre palmi , ed esso Costituto, con l’altri scolari suoi compagni, quando non erano veduti dal Maestro, andavano a mettersi dentro detta sedia, e sotto detta cupola; ma poi essendo venuti li Monaci in detto Convento, ed il primo Guardiano fù Fra’ Francesco Mancinelli d’Agnone , e quello fece fare Religiosi dello Stesso Convento quali qq.m Fra’ Domenico Giancola Fra’ Giovan Battista Covatta, e Fra’ Francesco d’Amico, ed arrivati questi, posero in polito la Chiesa , e fra l’altri, la prima volta, che fù Guardiano Fra’ Francesco d’Amico , essendo esso Costituto cresciuto in età, ed avendo imparata l’arte del Mastro d’ascia, li fece guastare quel parapetto, che stava nell’Arco della Sagristia avanti la Sepoltura de Vescovi morti, e ci fece fare adattatamente un armadio , che serviva per le suppelletili della Chiesa di detto Convento, ed allora, che si fece guastare detto parapetto, per accomodarci detto armadio, con che detto Fra’ Francesco d’Amico li disse, che quella era la sepoltura delli Vescovi antichi , e detto Fra’ Francesco, per potervi accomodare detto armadio, lo fece mattonare per sopra , e tutti li Vecchi del Paese dicevano, che quella era la Sepoltura de Vescovi ; ed ha soggionto che la porta, e facciata avanti della Chiesa di detto Convento, come presentemente si vede tutta di pietre lavorate fine, con cornicioni, colonnette, e lioncini dimostra essere porta di Vescovato, anzi sopra la finitora di detta porta, sopra il cornicione vi era un Angiolo grande di pietra ben fatto, che faceva cima, con un incensiero di pietra in mano, e lo detto primo Guardiano Mancinelli lo fece levare , perché, non lo sa, et ita juravit, tactis ”. Ed il ruolo di “ vescovado ” risulta, se possibile, ancora più evidente dalla riportata (V. nota 51 al Cap. 1°) “ Captio possessionis ”, del 11 Ottobre 1753, della già Cattedrale di S. Maria, dove si legge che “ Nell’Inventario de beni dell’insigne convento de Minori Conventuali di San Francesco di q.sta sud.a antica Città de li=Musani, formato dalla Corte locale d’ordine Regio l’anno 1724, si fa menzione, e si rapportano in q.lla Chiesa, la Sepoltura de Vescovi di li=Musani, ed i loro Cappelli, al numero di trè, appesi nel cielo della

170 Chiesa, come anche l’effigie del Vescovo scolpita di rilievo in marmo sopra l’Arco dell’Altare Maggiore, che oggigiorno si vede, e vi sono ancora Cittadini di lunga età, che l’attestano, trà quali il Regio Giudice à contratti Domenico Amoroso di anni novantacinque in circa, e freschi ancora, come è il Mag.co Raffaele Giancola d’anni cinquanta in circa, ed altri Cittadini, che han veduto d.i Cappelli appesi in d.a Chiesa del sud.o Convento, quali Cappelli poi imprudentemente furono tolti da un certo Rev.do Padre Mancinelli d’Agnone, che fù Guardiano di d.o Convento, il quale Mancinelli tolse ancora dalla bella prospettiva di fuori di d.a Chiesa, tutta di pietre ben lavorate, e ben connesse all’antica, un grosso e magnifico Angiolo di pietra di rilievo, magnificamente scolpito all’antica, che faciva cima, e corona sopra al cornicione grande ultimo, alla Magnifica, e mai veduta porta di d.a Chiesa, tutta lavorata con colonne di pietre angolate, e colonnette intorno con certe di rilievo, cagnolini, e fogliami concavi mai veduti ”. A questo punto alcune domande: Perché, dopo che già Fra’ Francesco Mancinelli da Agnone, Guardiano (e, pertanto, esponente delle istituzioni), appena si riapre (dopo la chiusura seguita all’inchiesta innocenziana) il Convento, ‘ fece levare ’ la scultura di “ un grosso e magnifico Angiolo grande di pietra ben fatto, magnificamente scolpito all’antica che faceva cima, con un incensiero di pietra in mano ”, pure il gruppo dei frati limosanesi suoi ‘ discepoli ’, “arrivati questi, posero in polito la Chiesa ”? Era quella di distruggere e di coprire (“ ci fece fare adattatamente un armadio ”) le testimonianze antiche una iniziativa decisa ‘in loco ’ o, per il fatto che viene affidata a limosanesi, probabile frutto di ‘ ordini ’ che venivano dall’alto? Quali e quanto gravi le cose da rimuovere, se è vero che anche “ la buon Anima del Cardinale Orsini ” intervenne per far “ levare ” la grande “ quantità di altari per tutte le mura ,…, e soli trè ce ne fece restare ”? E, poi, quale il valore ‘ storico ’ da assegnare all’espressione “ posero in polito la Chiesa ”? E, se si operò con interventi modificativi persino sulle strutture architettoniche ed artistiche, potrebbe essere mai possibile che in quell’occasione non vennero distrutti o falsificati i documenti cartacei e di archivio? Certo è che ora altro non resta che la sola possibilità di avanzare delle ipotesi. O, meglio e più precisamente, delle supposizioni e delle congetture. Sulla maggiore o minore antichità di quel vescovado , del quale il ‘convento’, sembra, abbia occupato la ‘fabbrica’ ed il ruolo. Sulla funzione ‘ storica ’ di quel “ vescovado della destrutta città dell’homini sani, alias Musane ”. Ed, infine, sul perché gli stessi frati “ posero in polito la Chiesa ” ed il Convento, che “in una delle prime Costituzioni dell’Ordine… viene ricordato accanto a quelli siti nelle più importanti città d’Italia” 284 .

284 ASCL, B. 28, f. 188, AMOROSO Gaetano, Relazione circa le condizioni del Convento dei Minori Conventuali e della Chiesa di S. Francesco d’Assisi esistenti in Limosano. Trattasi di una ‘ relazione ’, appunto, di appena sette pagine dattiloscritte, con cui si riscontrava una richiesta, datata 27 Ottobre 1924, da parte della Regia Soprintendenza dell’arte medioevale e moderna al Sindaco di Limosano tesa ad ottenere un rapporto sull’importanza storico-artistica del complesso conventuale limosanese.

171 Chiesa di S. Francesco, Sagrestia: Pietra con la data MCCCX (1310), da riferire alla presumibile richiesta di un convento di francescani da parte dei ‘particulari’ della “Terra Li=Musani”.

Ma, per essere, con più di qualche probabilità, non lontani dal vero, non bisognerebbe forse dimenticare il fatto che a Limosano la ‘ angioinizzazione ’ (e, con essa, le innegabili radicali e profonde trasformazioni del tessuto sociale, economico ed edilizio) ha inizio da quando “ Die XXVI martii XIII ind. (1270) apud Capuam. Concessum est Adenulfo filio Johannis Comitis , Romanorum Proconsulis , et heredibus suis, etc., castrum Limosani, pro unc. LXXX (= nel giorno 26 del marzo 1270 da Capua. Viene concesso ad Adenolfo , figlio di Giovanni , Conte , Proconsole dei Romani , ed ai suoi eredi, etc., il ‘castrum’ di Limosano per 80 once ”285 . Cosa e, soprattutto, chi si nasconde dietro quella espressione? Un alto esponente forse della gerarchia della Chiesa? Ed in che cosa, infine, sono consistiti nella realtà limosanese gli interventi imposti dalla angioinizzazione? Dopo l’immediato, quanto ovvio, ‘placet’ di Re Roberto alla bolla pontificia, “nell’anno successivo, come le memorie ci hanno tramandato, ebbe inizio la costruzione della Chiesa e del Convento che fa un corpo solo con questa” 286 . Anche i documentati ed autorevoli ‘Annales Minorum ’ del P. Lucas Wadding confermano che “il Convento Francescano di Limosano è sorto nel 1313”. Ed oltre che dal Wadding, anche dal fondamentale studio, più recente, del Golubovich risulta evidente che la Provincia di S. Angelo, sempre formata da quattro ‘ Custodie ’, mentre nella ‘Serie Spagnola’ (1263-1270), nella ‘Serie Anglicana’ (1290), nella ‘Serie Sassone’ (c.1300) e nella ‘Serie del Capitolo Generale di Napoli’ (1316) comprendeva solo 22 luoghi (e questi

285 Registri della Cancelleria Angioina, editi (in 21 volumi) dall’Accademia Pontaniana di Napoli a partire dal 1950, Vol. II, pag. 252, N. 64. Nel Vol. VIII, pag. 12, N. 73, si legge: “ Adenulfo , f(ilio) . Johannis Comitis de Urbe ”. E nel Vol. XIV, pag. 145, N. 93, si riporta: “ Concedit Adenulfo de Comite de Urbe… castrum Limosani in Justitiariatu Terre Laboris in donum ”. 286 AMOROSO G., Relazione… (v. nota 7).

172 non sono mai indicati e specificati) di conventi francescani maschili, “nella ‘Serie di fr. Paolino da Venezia’ (1334-1344) detta Polichronicon o Provinciale Ordinis Fratrum Minorum comprende : 4 Custodie e 29 luoghi (a). In quest’ultima serie, a differenza delle altre, vengono, per la prima volta designate anche le località dove sorgono i luoghi. Ecco il testo della Serie di fr. Paolino da Venezia, che riportiamo dagli ‘Annales Fratrum Minorum’ del Wadding (b): Provincia S. Angeli habet quatuor Custodias: Custodia Comitatus (= del Contado di Molise) habet: 1. Iserniae Isernia 2. Venafri Venafro 3. Boiani Boiano 4. Campibassi Campobasso 5. Angloni Agnone 6. Limosani Limosano 7. Planitii Pianise (o Pianisi, a breve distanza da S. Elia a Pianisi). Custodia Civitatis (= di Civitate) habet: Gulion (Guglionesi), Scialeran (Larino), Civitatem (Civitate), Praecinae (Apricena), Termonarum (Termoli), Vasti (Vasto), Montis Odorici (Monteodorisio). Custodia Montis S. Angeli (= di Monte S. Angelo) habet: S. Angeli (Monte S. Angelo), Manfredoniae (Manfredonia), S. Joannis Rotundi (S. Giovanni Rotondo), Vestarum (Vieste), Pesquitii (Peschici), Rodi (Rodi), Caniani (Cagnano Varano), Iskitelli (Ischitella). Custodia Capitanatae (= della Capitanata) habet: Lugeriae (Lucera), S. Severe (S. Severo), Foggiae (Foggia), De Casali Novo (Casalnuovo), Troiae (Troia), Aesculi (Ascoli Satriano), Corneti (Corneto)” 287 . Diventa, pertanto, cosa del tutto indubitabile che il “ Conventus S.ti Francisci ” di Limosano venisse costruito nel breve volgere di appena qualche anno. E, così come dimostra il riportato testo della ‘ Serie di fr. Paolino da Venezia ’ (1334-1344), almeno dai primi anni trenta del XIV secolo (ma sembra certo che lo dovette essere sin da prima) venne già abitato da una regolare ‘famiglia’ religiosa di ‘frati’ francescani. I pochi elementi ‘ originari ’288 , ancora presenti e visibili nella struttura architettonica della Chiesa (il bel portale in pietra finemente lavorato; le ‘ sculture ’ murate, all’esterno, nella parte posteriore; una bella e quasi nascosta iscrizione , riportante a caratteri gotici la data del

287 FORTE D., Movimento Francescano nel Molise, Campobasso 1975, pag. 23 e segg. Il Padre Doroteo Forte cita: (a) GOLUBOVICH Girolamo (P.): Biblioteca biobibliografica di Terra Santa, Quaracchi 1913, tom. II, pp. 241, 244, 245, 249. (b) WADDING: Annales Minorum, tom. IX, p. 216. 288 TROMBETTA A. (v.: Arte nel Molise attraverso il medioevo, Campobasso 1984, pag. 490) scrive: “Con la medesima bolla del 7 luglio 1312,…, il papa Clemente V autorizzò la costruzione di un convento per i francescani anche in Limosano, quindi è probabile che l’edificazione della chiesa di S. Francesco sia stata iniziata in questo anno o subito dopo. Essa, a causa dei numerosi restauri, conserva dell’antico stile romanico- gotico solo il portale in cui ricorrono i noti motivi di colonnine, interposte tra gli stipiti ed i pilastri esterni, con capitelli dalle foglie accartocciate. Nei gusci, che separano le colonnine l’una dall’altra, sono simmetricamente scolpite delle rosette. La lunetta presenta, al centro, l’agnello crocifero, fortemente sbalzato dal piano di fondo e discretamente modellato. Lungo i muri perimetrali sono inserite delle pietre lavorate tra le quali caratteristica quella sul lato est (nota: in realtà trattasi di quello ad ovest), riproducente la figura di un prelato morto, a braccia incrociate sul petto, eseguito con la stessa tecnica gotica locale… Al di sopra della sua testa una mini-città turrita occupa il campo di uno scudo capovolto”. Di tale ‘figura’, che diversi elementi portano a ritenere la parte superiore di una tomba-sarcofago, e delle due altre più piccole, murate poco più in basso e sullo stesso lato esposto ad ovest della Chiesa, andrebbe analizzato il ‘senso’ allegorico e simbolico.

173 1310, ri-murata con evidente casualità nella sagrestia), oltre a quanto, ed è non poco, di artistico e di dovizioso emerge dalla riportata “ Fides publica per Mag.cum Dominicum Amoroso Terre li=Musanorum… ” del 19 Aprile 1755, fanno pensare ad una ‘ costruzione ’ della struttura conventuale, che, almeno nella fase iniziale, doveva presentare caratteristiche, per l’arte e per il rigore dello stile romanico-gotico, di notevole pregio. Una certa conferma verrebbe dal fatto che “il Convento, magnifico fabbricato dagli ampi e luminosi corridoi, venne costruito in pietra del luogo,… […]. (E) le celle hanno l’aspetto caratteristico di quelle del 300, come si conservano a S. Chiara a Napoli ”289 . A questo punto, problemi per lo storico potrebbero rappresentarsi nell’individuare sia il finanziatore (o i finanziatori) in loco di una struttura così imponente per bellezza e per mole architettonica che la provenienza degli artigiani-artisti che vi lavorarono. E, specie se si considera la quasi contemporaneità con la costruzione del Monastero ‘de Majella’, essi, il primo in modo particolare perché dovrebbe spiegare, oltre alla provenienza, la presenza a Limosano di ingenti risorse finanziarie, assumono una non trascurabile importanza. Ma, ciò nonostante, sono di assai difficile soluzione; soprattutto perché “ i documenti antichi della Provincia di S. Angelo , tra i quali quelli del convento di Limosano ,…, sono andati distrutti durante i cinque anni ( 1809-14 ) nei quali le truppe napoleoniche occuparono il convento dei Santi Apostoli (nota: di Roma) trasformandolo in caserma ”290 . E ciò, anche se “dal 1200 al 1814 si sono salvati pochi documenti, dei quali alcuni riguardano proprio il convento di Limosano ”291 . Quando, nei primi decenni del ‘400, per la ricerca di una osservanza ispirata alla povertà più totale 292 , nell’ordine dei frati minori di S. Francesco si consumava di fatto 293 la scissione degli ‘Osservanti’ dai ‘Conventuali’, il convento di Limosano, in quanto ‘ tra i più magnifici che veder si possa ’ e soprattutto perché vi stanziava una famiglia religiosa di frati composta da quei “seguaci delle costituzioni originarie con qualche attenuazione in rapporto alla povertà” 294 , rimase a questi ultimi.

289 AMOROSO G., Relazione… (v. nota 7). 290 Da una lettera del 20 Febbraio 1995, a firma di P. Arturo Saliba , Archivista Generale dell’ Archivum Generale Ordinis Fratrum Minorum Conventualium Romae , indirizzata all’autore, con la quale si riscontrava una precedente richiesta, del 9 Gennaio 1995, di notizie sul Convento di Limosano. 291 Si veda la precedente nota 13. 292 Per avere un’idea della vita, improntata alla povertà più assoluta, che menavano i primi “fratres devoti” dell’Osservanza, trascriviamo dal citato P. FORTE D. qualche brano (pag. 39). “Al tempo di fr. Tommaso (nota: trattasi di fr. Tommaso da Firenze, morto a Rieti nel 1447) si riferisce il Wadding, quando dice che… i Frati vivevano a modo di eremiti segregati in luoghi deserti e in mezzo a boschi, senza curarsi minimamente delle cose dei secolari, né ascoltavano confessioni, né partecipavano a funerali o a pubbliche funzioni. Vita eremitica segregata nei boschi, preghiere e penitenza formavano l’ideale di quei primi Osservanti del Molise. Dal volto macilento essi raramente si mostravano in pubblico per procurarsi il nutrimento necessario con l’elemosine che chiedevano in ginocchio. Con rozze vesti incedevano a piedi nudi, solo in caso di necessità usavano gli zoccoli, onde il popolo li appellava ‘zoccolanti’. Quasi tutti erano fratelli laici ed era difficile trovare qualcuno che volesse essere sacerdote; spesso avveniva che l’intera comunità non poteva ascoltare la Messa nei giorni festivi, onde Papa Eugenio IV commutò, per loro, l’obbligo di ascoltare la Messa in un’altra ora di meditazione. Quei ‘fratres devoti’, con ostinata mentalità, guardavano la vita francescana, in maniera preminente, sub specie paupertatis ”. 293 La ‘ufficializzazione’ della divisione si avrà solo nel ‘500. A tal proposito riportiamo da P. FORTE D. (pag. 133): “… il Cinquecento, secolo di passione per la Chiesa, è il secolo di divisione e riforme per il Francescanesimo; è del 1517 il fatto, ben doloroso, della divisione dell’Ordine dei Minori in Frati Minori Conventuali e Frati Minori Osservanti. Dalla stessa famiglia degli Osservanti sorgono nuove correnti di riforma, quella più forte ed autonoma dei Frati Minori Cappuccini, riconosciuti ufficialmente da Papa Clemente VII nel 1528; quelle subordinate allo stesso Ministro Generale, ma con regolamenti propri, dei Frati Minori Riformati e Frati Minori Alcantarini”. 294 AMOROSO G., Relazione…

174 E che fosse un manufatto ‘notevole’ tanto per la struttura architettonica che per il pregio artistico lo dimostrerebbe il fatto che “in una delle prime costituzioni dell’Ordine, dopo la suddivisione innanzi ricordata, il Convento di Limosano viene ricordato accanto a quelli siti nelle più importanti città d’Italia” 295 . Assai consistente, tra l’altro, doveva esservi pure il patrimonio documentario e librario, che (e la cosa rappresenta ulteriore elemento di prova sull’importanza culturale dell’insediamento limosanese e sul ruolo che esso ancora svolgeva nell’ambito territoriale del medio Biferno) vi si conservava, se è vero che “ le memorie ed i documenti conservati nella sua biblioteca ricca di opere pregevoli pubblicati a Venezia nel 1500 ”296 . Ma come mai e perché proprio a Venezia? La probabile risposta ad una tale domanda deve ricercarsi nella circostanza per cui il P(adre). B(accelliere). Salvatore da Limosano “ nel 1491 fu nominato Baccelliere del Collegio di S. Maria de Avanzio in Padova dal P. M(aestro) Sansone, Ministro Generale dell’Ordine Francescano ”297 . E Padova, appunto e come si sa, dista solo pochi chilometri da Venezia. Occorre, qui ed a mo’ di annotazione, registrare il fatto che sul finire del XV secolo, quando cioè l’Umanesimo sta sfociando nel Rinascimento, Limosano [la “ Napuleucc’ ” (= piccola Napoli), di cui si sente tramandare e raccontare da qualche anziano del paese] ed i limosanesi, come era il P. Salvatore, ancora riuscivano ad ‘ esportare ’ quella cultura, non frutto di mera occasionalità, ma dalle solide radici nei secoli lontani. Essa era, o, in mancanza di ogni altra conoscenza, piace pensare che fosse, quanto rimaneva delle ‘ produzioni ’ di quei “ multos literatos videlicet logistas, doctoralistas…, gramaticos ”, che, assai numerosi, abbiamo trovato presenti nella Limosano dei secoli XIII e XIV. Per trovare, e ne viene, in tal modo e già da allora, documentata anche l’attività fondiaria, la ‘prima ’ notizia ‘ notarile ’ riguardante il Convento si deve arrivare al 18 Ottobre 1582. Trattasi di una “ Conventus S.ti Francisci minorum Conventualium Terre Limosani ab Antonio de Lione Terre Cirreti emptio Massarie (= acquisto da parte del Convento di una massaria da Antonio de Lione della Terra di Cerreto )”, che era “ sita in loco ubi vulgo dicitur Lo laco, seu … S.to pietro ”. L’atto 298 fu stipulato “ in presentia Reverendissimi fratris Paduani Longhi (probabilmente il Padre ‘ Guardiano ’ del Convento) ac fratris Bonaventure esiudem terre fratruum ordinis S.ti Francisci Conventualium (= alla presenza del Reverendo Fra’ Paduano Longo da Limosano e di Fra’ Bonaventura della stessa Terra, frati dell’Ordine dei Conventuali di S. Francesco)”. Per lo stesso periodo, l’ultimo trentennio del XVI secolo, è documentata, oltre, come già si accennava, ad una consistente attività fondiaria ed economico-patrimoniale, anche una forte presenza nel ‘sociale’ del Convento limosanese. Lo testimonia l’esistenza nella annessa Chiesa di ben due ‘Confraternite’, entrambe “ erecte in dicta Ecclesia S.ti Franc.i ”: la “Confraternitas S.me Conceptionis ” e la “ Confraternitas Cordonis S.ti Francisci ”. Qualche notizia sulla prima di esse, almeno relativamente alla composizione ed alla struttura al vertice, è possibile derivarla dalla “ Conventus S.ti Franc.i minor- Conventualium Limosani, et eius Capp.e S.me Conceptionis a Jo: dè Marcho Antonio eiusdem Terre Donatio omnium eius bonorum, domus et vinee irrevocabiliter inter vivos (Donazione irrevocabile tra

295 AMOROSO G., Relazione… 296 AMOROSO G., Relazione… 297 Il P. SALIBA A. (v. la precedente nota 13) ha tratto la notizia dal ‘ Regestum Ordinis’ , II, f. 46. Anche il ‘NECROLOGIO dei Frati Minori Conv. della Provincia Pugliese dei Santi Nicola e Angelo ’ (1957?) compilato dal M.R.P. Gabriele Guastamacchia riporta, al 26 febbraio, “ 1500 circa: P. Salvatore da Limosano = appartenente alla Provincia di S. Angelo, nominato dal P. generale Sansone baccelliere del Collegio di S. Maria de Avanzio in Padova nel 1491 ”. 298 ASC, Protocolli notarili del Fondo AMOROSO, Notaio RAMOLO Nicolamaria.

175 vivi di tutti i suoi beni, di una casa e di una vigna da parte di Giovanni Marcantonio)” 299 . Da essa, del 1589, infatti, oltre a sapere che il “ R. frater Donatus de Marinaccio ”, probabilmente presente alla stipula dell’atto in quanto ‘superiore’, è nel frattempo diventato il “Guardianus ” del Convento (nel cui incarico, o come tale o anche come “ Guardianus et Prior Venerabilis Monasterij dicte Terre ”, a parte una breve parentesi intorno al 1605 quando sembra esserlo stato il limosanese “ R.dus Pater Vincentius Covatta ”, è documentato almeno sino al 1615), apprendiamo dell’esistenza di “ fratri paduani longi (‘Longo’ è cognome ‘storico’ in Limosano), de eadem Terra (così come il ‘frater Donatus’)”, che era il “Cappellani Cappelle Confraternitatis S.me Conceptionis erecte in dicta Ecclesia ” e di “Antonij del Gobbo eiusdem Terre ”, il quale ricopriva la carica di “ prioris <…> in presenti anno dicte Confraternitatis S.me Conceptionis ”. La particolare titolazione di entrambe le Confraternite, specialmente della seconda, le fanno ritenere sufficientemente antiche, pur se è difficoltoso, per la quasi totale carenza di notizie, individuarne la fondazione, così come pure ricostruirne l’itinerario storico. Non trovandole, comunque, più menzionate nei documenti del XVII secolo, se ne deve ipotizzare la scomparsa sin dai primi anni di tale secolo. A parte la caratteristica dell’annualità degli incarichi, quantomeno ai vertici della istituzione, va registrata, per il periodo storico immediatamente successivo al Concilio di Trento, una evidente, quanto accentuata, preminenza della componente ‘religiosa’ su quella ‘laica’. La contemporanea presenza, poi, di ben due Confraternite “ erecte in Ecclesia S.ti Francisci ”, tante, almeno nel numero, quante quelle (SS.mo Rosario e SS.mo Nome di Gesù) della Chiesa di S. Maria e più della sola (SS.mo Sacramento), ma probabilmente assai potente, di S. Stefano e dell’unica (S. Martino) dell’Ospedale, consente di ipotizzare, nella geografia del sociale della Limosano cinquecentesca, un’attività molto dinamica del Convento, nonché della relativa famiglia religiosa dei frati, i quali, spesso e nella maggioranza di essi, erano originari, come si è già potuto notare, “ de eadem Terra (di quella stessa Terra)”. La prima famiglia di frati, quasi certamente completa (ma, se tale, abbastanza modesta), di cui se ne conosce la composizione, è quella, del 1610, che risultava formata da: - R.dus Pater frater Donatus Marinaccio (da Limosano) , Guardianus - R.dus Pater frater Franciscus Civitatis Vastis Doctor Theologus - Frater Berardinus eiusdem Civitatis (forse frate ‘laico’) - Joannes Christofanus (probabilmente neppure ‘religioso’). Nel Convento di Limosano, probabilmente già sin dagli anni immediatamente successivi alla sua fondazione e, quasi con certezza, durante i secoli XV e XVI (ne potrebbe rappresentare una prova pure la ricca biblioteca, cui più sopra si accennava) era stato presente uno ‘ studio ’ assai fiorente per la formazione nelle materie teologiche, smantellato, come lascia intendere la famiglia religiosa ridotta , forse subito dopo le ‘ contro-riforme ’ ordinate dal Concilio di Trento. Tuttavia, è da pensare che, nella fase culminante della ricerca francescana per la disputa sulla definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, il “ Doctor Theologus Pater Franciscus” da Vasto (città, con cui Limosano ebbe sempre ed, in modo particolare, nel primo decennio del XVII secolo, contatti) vi tenesse ancora lezione, magari anche a ‘clerici’ non del proprio ordine monastico, secolari ed a studenti figli di benestanti del luogo. Per il 1649, pur senza che ne sia indicato il nome, è traccia di un “ Pater Guardianus ” del Venerabile Convento di S. Francesco sito “in Terra li=Musani”; e vi sembrerebbe, in tal modo e con lui, documentata l’esistenza di solo un gruppetto assai ristretto di frati. Così, alla fase di sensibile decadenza dal ruolo di punto di riferimento per l’intero ambito territoriale ad essa riferibile, cui era giunta, durante la prima metà del ‘600, la ‘ Terra, olim civitas, de li=Musani ”, era venuto sempre di più accompagnandosi, pur in mancanza di

299 ASC, Protocolli notarili del Fondo AMOROSO, Notaio RAMOLO Nicolamaria.

176 ulteriore e più precisa documentazione, anche un ipotizzabile numero ridotto al minimo dei componenti la famiglia religiosa del suo Convento dei francescani. Dovette, perciò, essere la combinazione di entrambi tali fattori, dopo che “ la santità di N.S. Innocenzo X per un decreto pubblicato li 22 dicembre 1649 ordinato che tutte le Religioni debano dar relatione dello Stato de propri monasteri ”300 , a far sì che “in virtù della bolla Ut in parvis (1654) passò sotto la giurisdizione episcopale” 301 . Ed i suoi ‘pochi’ frati, come dimostra la presenza, nel 1661 e, quindi, appena qualche anno più tardi, del “ P.F. Joannes Batta à Limosani ”, insieme ad altri cinque sacerdoti ‘Patres’, nel “Monasterio Sancti Francisci minor- Conventualium in Terra Campibassi”, immediatamente o quasi se ne dovettero partire. Ed, in effetti, se ne partirono. Così come evidenzia l’atto del 28 Ottobre 1655, del quale, perché, oltre ai nomi e cognomi dei rispettivi capi famiglia, ci fa sapere anche della ‘tensione’ civile e religiosa della società limosanese di allora, se ne riporta integralmente il testo 302 . “… (Si sono) costituiti alla nostra presenza Dominicus de Larenza , Franciscus de Locito , et Franciscus de Amico , Sindici per il presente anno dell’Università della Terra predetta di Limosani ; Vincentius Greco , Donatus valla , Aloysius Marco Ant.o , Felix de gio:Cola , Dominicus de Lisolis , Joannes d’orza , et Joannes Bapta gabriele , electi ad regimen, et gubernium della stessa Università per il presente anno ; et, inoltre, Donatus bonadio, Aloysius Pasquale, Joannes Carolus Covatta, Donatus Donitello, Salvator minicuccio, Thomas Covatta, Minichillus russo, Aloysius russo, Marcus Ant.o sabetta, Vincentius de Venere, Joannes Petrus Parato, Joannes Ant.o Pirrocco, Ciannillus Corsetta, Ciprianus de Cipriano, Franciscus de Angelillo, Joannes Bapta Corvinella, Salvator de Venere, Joannes ricciuto, Donatus Frosolone, Lactanzius Luciano, Ber.nus Jannetta, Pompeus Capillo, Antonius Luciano, Donatus Fracasso, Antonius marco Ant.o, Nicolaus Coccetta, Dom.cus marrone, Franciscus de Luca, Joannes Franciscus de tata, Salvator Covatta, Cesar mariglia, Dominicus Francioso, Joannes marinaccio, Joannes Pescolla, Franciscus Angelus russo, Joannes Martinus de tata, Angelus Corvinella, Dom.cus de tata, Joannes de gio:Cola, Pasqualis Covatta, Franciscus Pirrocco, Nuntius de Luca, Fabius ramolo, Carolus sabetta, Marcus delgobbo, Berardinus Iaccetta, et Jacobus Donatello cittadini et particulari della stessa Terra de Limosani congregati et coadunati in unum nella casa dell’Università nel luogo detto le poteghi dove la stessa Università e i suoi cittadini sono soliti riunirsi ad honorem et laudem di Dio, della sua Madre la Vergine Maria et fidelitatem regiam, chiamati per il mezzo di Pietro Carrelli ordinario Giurato della Corte di detta Terra, con la licenza di Giuseppe scacchis Capitano in detta terra e con la presenza et assistenza di Giovanni Piciucco Coadiuvante per il presente anno con detta Università così come per perfezionare il presente atto, et in vulgari sermone asseriscono come nella Terra predetta vi è il convento, seù monastero di S.to Francesco, et ivi sempre ab antico lanno dimorato li Padri di Minori Conventuali di S. Franc.o per le devozioni che lanno havuto et lanno allabito, et frati di d.o glorioso S. Franc.o quale convento, seù monastero li anni passati fu soppresso per ord.e di sua Beatitudine, e se ne uscirono li frati che vi erano da d.o convento, et al presente sta’ vacuo, et acciò non perdano la devoz.ne verso li frati di d.o S. Franc.o lanno mandata supplicarla in congregazione per ottenere grazia di fare habitare nel monastero p.tto li frati di Minori osservanti dell’istesso S. Franc.o; et hanno intenzione che per d.a Sacra congregazione sia rimesso a Monsig.r Arcevescovo di Benevento, et intendono proseguire q.a loro devoz.ne, e per ottenere le spedizioni p.tte farsi tutte le spese necessarie, che vi occorreranno, e procurarsi recuperare

300 V. la nota 30 al 4° Capitolo. 301 GUASTAMACCHIA (P.) G., Francescani di Puglia, Bari 1963, pag. 115. 302 ASC, Protocolli notarili, Not. DI BARTOLOMEO Francesco di Ripalimosani, atto del 28 Ottobre 1655.

177 l’entrate di d.o monasterio di S. Franc.o esatte (= incassate) per il passato impegarsi in riparazione di d.o monasterio …”. Per tutto ciò, i ‘ costituiti cittadini et particulari ’, i quali, però, sembra non rappresentassero la totalità della volontà popolare, fecero procura al Notaio Donato de Angelillis , concittadino (ma personaggio assai complesso e, probabilmente, discusso, se qualche anno più tardi lo si trova ‘ucciso’), “ per risolvere, e richiedere la reintegra del p.tto convento, seù monasterio di San Francesco ab antico costruito nella p.tta Terra di Limosani soppresso de ordine sanctissimi ai Frati di S. Franc.o Minori Osservanti per la loro devozione, et provveda a comparire in qualsisia Tribunali et Foro maggiore, et minore Ecclesiastico o Secolare, et adire ogni Giurisdizione ordinaria… ”. Ma perché era diventato necessità per i limosanesi il dover “ richiedere la reintegra del p.tto convento, seù monasterio di San Francesco ai Frati di S. Franc.o Minori Osservanti ” e non già a quei frati ‘ Conventuali ’, che “sempre ab antico” lo avevano dimorato? La risposta, che, comunque e nella sua compiutezza, resta cosa assai difficile a darsi, non può prescindere dal fatto che proprio negli stessi anni era stato abbandonato dai suoi ‘ monachi della religione celestina ’ anche il Monastero limosanese di S. Maria della Libera. Ed è certo che mai i “ frati di S. Franc.o Minori Osservanti ” vennero a Limosano; nonostante tutte “ le devozioni che lanno havuto et lanno allabito, et frati di d.o glorioso S. Franc.o ” i limosanesi di allora. I quali, però, di fronte alle decisioni che arrivavano dall’alto tentarono, per come era in loro potere, di ribellarsi. Ed è, si badi bene, cosa non da poco, in quanto segno di grande consapevolezza di vita democratica. Di quella democrazia, di sapore antico, orizzontale e, perciò, più genuinamente vera, di cui, tuttavia, non si riesce a coglierne appieno i valori e che, rimpiazzata con l’altra, più moderna, di tipo verticale, non si apprezza. Appena qualche decennio più tardi, invece, a Limosano e nel suo “ convento, seù monasterio di San Francesco, ab antico costruito nella p.tta Terra di Limosani ” tornarono di nuovo " li Padri di Minori Conventuali di S. Franc.o ". Ed erano, cioè, gli stessi frati che " ivi sempre ab antico lanno dimorato ". Ma quando, seppur con una certa approssimazione, i frati Conventuali presero nuovamente possesso del loro Convento? Una prima, ma sommaria, ipotesi di risposta a tale domanda la suggeriscono i registri dello ‘Stato delle Anime ’303 . Essi al 1688, mentre per l’anno precedente, non riferendovi nessun dimorante, lo lasciano intendere che ancora ‘ stà vacuo ’ di frati, riportano una famiglia religiosa “ nel Convento di S. Franc.o de Min.ri Convent.li ” composta da: - Il P.re Baccelliere Fra’ Carlo da Venafro Guardiano - Fra’ Giovanni dà San Giovanni de Rotondi Sacerdote - Fra’ Gio:Batta dà Limosano Sacerdote - Fra’ Michel’Angelo da San Giovanni de Rotondi Diacono. Ma, dopo aver annotato che, lasciando la presenza di un Padre ‘ Baccelliere ’ e di un ‘Diacono ’ pensare ad uno ‘ studio ’ di formazione teologica, che, pur modesto, sarebbe stato assai difficile organizzare ed impiantare nel tempo breve, ristretto e, comunque, minore di un anno, quale il giusto significato da attribuire al fatto che “ poi essendo venuti li Monaci in detto Convento, ed il primo Guardiano fù Fra’ Francesco Mancinelli d’Agnone ”304 ? Diventa necessario, perciò e rispetto a quanto suggeriscono i registri dello ‘ Stato delle Anime ’, che mai riportano come ‘Guardiano’ il Padre Mancinelli, riconsiderare la data del ritorno dei frati a Limosano e, nel tempo, anticiparla rispetto a quanto emerge dai registri stessi.

303 APL, Stato delle Anime dal 1687 al 1699. Tali registri, che si compilavano annualmente nei primi giorni della quaresima, descrivono, indicandoli casa per casa, la situazione degli abitanti del luogo. 304 V. la nota 6.

178 In aggiunta a tutto questo, anche la presenza del ‘Sacerdote ’ Fra’ Gio:Batta dà Limosano , che, se è la stessa persona (e non può non essere che così) del Fra’ Giovan Battista Covatta della riportata ‘ Fides publica ’ di cui alla nota 6, che, insieme ad altri giovani compaesani, il citato Padre Mancinelli “ fece fare Religioso ”, in quanto nel 1688 già Sacerdote e con alle spalle il relativo corso preparatorio di studi (da allorché il Padre Mancinelli lo “ fece fare Religioso ” a quando diventa ‘ Sacerdote ’), consiglia di spostare più avanti di qualche anno, almeno tra i dieci ed i sette, il ritorno dei monaci. Che sarebbe, in tal modo e con maggiore correttezza, da collocare nel tempo, al più tardi, ai primi anni ottanta del ‘600. Ma perché i registri tendono a ‘ nascondere ’ l’opera del “ detto primo Guardiano Mancinelli ”, il quale lavorò (ma per quanto tempo?) con impegno ad un significativo ridimensionamento da controriforma della consistenza architettonica ed artistica del complesso conventuale e dalla “ facciata avanti della Chiesa ” fece levare , tra l’altro, “ un Angiolo grande di pietra ben fatto, che faceva cima, con un incensiero di pietra in mano ”? Era, quello del ridimensionamento, il prezzo che Limosano doveva pagare per ri- ottenere dei frati francescani ‘ Conventuali ’ più osservanti ? O si volle occultare uno scontro politico-religioso in atto? Assai difficile, se non impossibile, rispondere esaurientemente a tali domande. E’, comunque, certo che l’intervento da controriforma , cui parteciparono anche i livelli alti della gerarchia ecclesiastica, durò diversi anni, se è vero che “ in detta Chiesa, che vi erano quantità di altari per tutte le mura, le q.li poi li fece levare la buon Anima del Cardinale Orsini Arcivescovo di Benevento, e soli trè ce ne fece restare ”. Ed, in più, si dirigeva verso tutte le direzioni, tanto che pure “ la porta minore della Chiesa che usciva al Chiostro… oggi è rifabricata ”305 . Nel Convento, così ristrutturato, probabilmente per ristabilirvi un ambiente più consono e conforme ai dettami della regola monastica, anche se al prezzo di modifiche alla struttura del manufatto, che in quella fase ne causarono il decadimento, assai significativo ed evidente, nel pregio artistico, la vita dei frati riprese a scorrere con una discreta normalità e, scandita dalla piatta quotidianità, con un certo rigore ‘francescano’. E’, almeno per il quarantennio immediatamente successivo alla riapertura, quanto emerge con assoluta chiarezza dalla ricostruzione 306 dell’ elenco (con, talvolta, l’indicazione della relativa ‘Famiglia ’ religiosa) dei Padri Guardiani , Superiori del Convento di Limosano , che, relativamente al periodo dal 1689 al 1809, si riporta in “Appendice 1” al Capitolo. La sua lettura, nonostante, almeno all’apparenza, sembri che per un certo numero di anni ed ancora “nel 1721 vi dimoravano pochi frati” 307 solamente, evidenzia diversi elementi, che suggeriscono qualche considerazione, da cui, per una pur sommaria ricostruzione dei ‘fatti’ relativi al Convento, non è affatto possibile prescindere. Va, prima di tutto, annotata, pur nell’ambito di una ‘ famiglia ’ religiosa piccola , la presenza costante, nel decennio dal 1692 al 1702 (anche se non nel 1701), di ‘ chierici ’. Dimostrerebbe essa aver mantenuto il Monastero limosanese, subito dopo la riapertura, ancora una sede per lo ‘ studio ’ propedeutico alla formazione di giovani, dei quali va registrata una età tra i 17 ed i 24 anni, per la vita sacerdotale. Se si eccettua il 1697, anno in cui gli studenti erano due, il ‘chierico’ attendeva da solo ai suoi studi, probabilmente sotto la guida del Padre Guardiano. Per il successivo trentennio (1703-1732), che coincide con il periodo in cui il Cardinale Orsini regge la cattedra arcivescovile di Benevento e la sua incisiva opera di rinnovamento

305 Le citazioni sono tutte dalla ‘Fides publica” indicata alla nota 6. 306 Per ricostruire l’elenco dei Padri Guardiani, dove e quando possibile è stato privilegiato, per la abbondante disponibilità ed il dettaglio dei dati, l’Archivio Parrocchiale di Limosano (APL), che con i suoi registri dello ‘Stato delle Anime ’, nei quali il Convento figura tra le ‘ case ’ dipendenti giurisdizionalmente dalla “Parrocchia, seù Rectoria” di S. Stefano, rappresenta una fonte inesauribile di notizie. Per gli anni non coperti da tali registri ci si è avvalsi delle risultanze dei “ Protocolli ” dei Notai di Limosano e dei paesi convicini, esistenti in ASC. 307 GUASTAMACCHIA (P.) G., op. cit., pag. 115.

179 locale si attualizza, dopo la probabile ‘ perdita ’ dello studio (anche se nel 1725 vi è di famiglia il limosanese “ Subdiaconus Baccalaverius Frater Michael Angelus Fracasso ”), va registrata nel Convento, insieme ad una presenza significativa e crescente nel numero di ‘Frati laici ’, che è segno dell’iniziale tentativo delle classi meno abbienti di riscattarsi entrando a far parte del Clero, una possibile condizione di osservanza più rigorosa della regola francescana. Bisogna annotare pure come, eccettuato qualche raro e saltuario intervallo, per un lasso di tempo discretamente lungo, a reggere le sorti del Convento sia il “ Padre Fra’ Francesco d’Amico di Limosano ”, che nel 1722 è “ Custos, Guardianus, Archimatrita et Prior ”. Fu lui probabilmente ad adoperarsi per riportare nel Monastero limosanese, se non già da prima, almeno dal 1733 lo studio per la formazione dei ‘ Clerici ’. Ed, essendo coll’avanzare della storia mutati tempi e condizioni, quest’ultimo in questa fase, diversamente da quanto era stato nel passato, serve per la crescita morale e religiosa non più di un solo individuo, bensì di un gruppetto di persone tra Diaconi , Suddiaconi o, in generale, ‘ Clerici ’. Anche per gli anni seguenti (nel 1743 viene usata la parola ‘ Studente ’) è sempre documentata l’attività formativa con la presenza nel Convento di ‘ Clerici in minoribus ’ e nel 1750, anno in cui Padre Filippo Cocucci da Agnone “ dava lezione a monaci, a Preti, ed a secolari ”, di ‘Diaconi ’. Qualche anno più tardi (1753) si registrano nella famiglia religiosa ivi stanziante ancora diversi Padri ‘ Baccellieri ’. Una ulteriore considerazione è che a partire dal 1725 la crescita di importanza del Convento di Limosano subisce una rapida accelerazione; e non solo con la riapertura dello ‘ studio ’. Lo prova, oltre alla dimora di una famiglia religiosa sempre più numerosa, il fatto che il già menzionato “ M.R.P. Maestro Fra’ Filippo Cocucci , della Città d’Agnone ”, trentaduenne appena, vi dimora nel 1744 mentre è “ Maestro e Secretario della Provincia ”. Così come faceva nel 1749 il “ M.R.P. Maestro e Segretario della Provincia Fra’ Michel’Angiolo Fracassi ”308 , che, originario da importante famiglia di Limosano, è di questa il primo di una lunga serie di frati che diedero per circa un secolo non poco lustro al Monastero. Sulla considerazione in cui esso era tenuto dall’Ordine depone, e non poco, il fatto che nel 1772 “vi si celebrò un Capitolo Provinciale” 309 , che vide il “ M.R.P. Fra’ Michel’Angiolo Fracassi ” chiamato al governo della Provincia monastica. E fu cosa tanto ovvia quanto naturale che la accresciuta importanza portasse al formarsi nel Convento o, che è lo stesso, intorno ad esso di un vero e proprio centro di gestione economica nonché di decisione politica. Lo dimostra quella ‘ ribellione ’ rivendicativa, assai moderna (soli due anni dopo la Rivoluzione Francese) per essere del 24 Luglio 1791, con cui “ nella solita Casa dell’Università di questa Terra di Limosani , ottenuto prima licenza oratinus del Sig. Arpip (re) .te D. Ant (oni) .o Giancola per essere giorno di Dom(eni).ca, parimente del Sig. Governatore D. Michelangelo de Bartolomeis ,… congregatosi publico Parlamento per il Mag (nifi). co Sindaco Giorgio Larenza coll’assistenza de’ Mag.ci Governanti , presenza dell’attuale Sig.re Gover.re, come parimente dell’infrascritti cittadini chiamati casa per casa dall’odierno Giurato di questa Corte Cosmo Colavecchio , quali adunati hanno fatto conforme fanno publico Parlamento …” per decidere se “ sarebbe convenevole, che per il proseguimento di tutte le liti contro del Convento incominciate , come per esempio quella del Tandundem, quelle dela rimisura de Terreni anzidetti , ed altre ; non meno che la lite

308 Sulla figura del Padre Maestro Michelangelo Fracassi sappiamo che (v. nota 13) “fu collegiale nel Convento di S. Lorenzo Maggiore a Napoli e laureato il 10 luglio 1742 (R.O.-70, f. 104). Lettore negli studi dell’Ordine. Due volte Segretario Provinciale; eletto nel maggio 1748 (R.O.-71, 73) e nel gennaio 1750 (R.O.- 71, f. 149v). Nel 1772 fu eletto Ministro Provinciale e confermato il 7 giugno (cfr. R.O.-76, f. 23)” dal Capitolo Provinciale che si tenne proprio nel Convento di Limosano. Dal citato (v. nota 20) ‘ NECROLOGIO ’ ricaviamo, sotto il 1° Giugno, che nel 1773 è “morto dopo il primo anno di governo”. 309 GUASTAMACCHIA (P.) G., op. cit., pag. 115.

180 di Cascapera ; fossero destinati per Deputati ad lites quegli stessi Governanti, che han principiato ad agire, e che si trovano pienamente informati de fatti necessarj per la vincita de esse liti ”310 . E che il tentativo di rivendica toccasse assai poco il problema della sola continuità dell’azione amministrativa, ma fosse di sostanza e soprattutto di natura politica lo dimostra l’andamento dell’altra precedente riunione, di “ oggi che sono li 2 di Gennaro 1791 ”, in cui sempre “ nella solita Casa dell’Università di questa Terra di Limosani ottinuta prima licenza oratinus dal Sig. Arciprete D. Antonio Giancola per essere giorno di Domenica con la licenza parimente del Signor Luogotinente D. Nicola Petrone di questa suddetta Terra, congregatosi publico Parlamento per il Magnifico Sindaco Costantino Ricciuto (con l’) assistenza dei Magnifici attuali Governanti, presenza dell’attuale sopra detto Signor Luogotinente, come parimente dell’infrascritti Cittadini chiamati, e citati casa per casa dall’odierna Giurato di questa Corte Cosmo Colavecchio, quali adunati hanno fatto conforme fanno publico Parlamento, prima ad onore e Gloria del Signore Iddio, Servizio Fedeltà alla M. del Re nostro Sovrano, che Iddio prosperi e feliciti, e poi per utile, e quiete comune. Primo debbano sapere le Signorie loro, che alcuni di questa nostra Cittadinanza sono innanzi di noi Magnifici del Governo comparsi, ed’anno dimandato in scritto: Che essendesi dal Convento di S. Francesco di questa nostra Terra voluto fare alcune novità relativamente a’ terreni, che per pura elemosina, e per sentimenti di pietà Religiosa i nostri antenati diedero al medesimo in ispezialità, che niuno di questa Cittadinanza avesse più la libertà dopo la ricolta delle messi di potervi portare i proprj animali alla Pastora, e che per i medesimi territorj niuno di questi Cittadini potesse nemmeno transitarvi ne a cavallo, ne a piedi; effetto questo della temerità e dell’orgoglio di questi pochi Religiosi, che barattano di presente la rendita di esso Convento : Quindi in sequela di que’ pochi ricorrenti moltissimi, e quasi tutti sono ricorsi dagli anzidetti Magnifici del Governo, perché si ponesse una volta alla temerità de’ Frati un valido riparo. Consequentemente noi proponiamo alle Signorie loro alcuni risoluzioni perche ne a’ vantaggio di questo Publico: Primo , se vogliono che si prosegua con essi Frati la lita sul tenimento del Casale , la quale si sa che negl’anni addietro si era quasi portato al compimento, se alcune circostanze non avessero interrotto il proseguimento di essa, e sappiamo nel tempo stesso, che tutti i lumi per essa lite si trovano in mani di alcuni degli attuali de’ Magnifici Governanti. Secondo se diano il consentimento perché si ritolga dalle mani di cotesti buoni Frati il tenimento detto Monte Marconi , mentre vi è chi può dare notizie delle scritture necessarie per conseguire il desiderato fine a vantagio dell’Università sù di questa lite. Terzo Sebbene l’Università si trovi molto inoltrata nel la pretenzione di più centinaia di tt.i di Terreno contro de Monaci suddetti Tutta via per il compimento di tale rivinticazione si dimanda il vostro unanimo consenso.

310 ASCL, Libro de’ publici Parlamenti dell’Università di questa Terra di Limosano principiato a di 22 Giugno 1783, B. 3, f. 3. Nella esposizione dei fatti, dopo aver esordito che “ si ricordano bene le Sig.e loro, che l’anno passato i Religiosi di questo Convento di S. Fran (ces ).co ottennero, servendosi di modi e maniere non buoni, ordini per la censuazione de lori territori ”, si legge: “ molti di questi coloni del Convento, i quali hanno dovuto per forza cenzuire i Territori stessi, sono ricorso da noi dimandando la liberazione da tali vessazioni, e di tenersi ricorso in Regia Camera, o ad altro Tribunale Superiore contro del Convento, che li ha angariati con tali cenzuazioni… (…). Si esprima la volontà di tutti Voi radunati in publico parlamento per proseguirsi contro de’ Religiosi oppressori il Giudizio incominciato, non solo per riventicare i territorj dell’Università occupati da medesimi ne’ vari tempi ma ancora per l’annullazione degli Strumenti fatti fin oggi, e per il castico dovuto loro per la forza aduprata su de coloni, che han dovuto cenzuirsi con patto illeciti quei terreni, i quali in buona parte non sono del Convento ”.

181 In seguito di tutto questo se le Signorie loro vogliano, che non solo i Monaci anzidetti: siano nella necessità di rivocare il banno annunciato relativamente ai loro territorj dati à medesimi dai nostri antenati per puro atto di pietà, ma ancora che questo Convento centro di liti e di dispendioni per questa povera Unità sia convertito in uso di Scuola Publica , basta solo che diano il loro consenzo, perche gli attuali Magnifici del Governo prendino tutti gli espedienti necessarj per togliere da Limosani questa peste , e quindi diano il permesso di poter fare il conseguimento di tutto quello che abbiamo loro esposto le necessarie spese. Inoltre che il tutto si affidi a persona savia, e zelante del bene Publico, la quale possa in nome, e con premura di questa Università trattare tutte le anzidette cose ne’ Tribunali di Napoli. E fattosi le dette Proposte agli infradetti Cittadini vocali, alli quali si sono dati una cecerchia, e un granodindia, la cecerchia designando l’esclusivo, e il granodindia l’inclusivo, dopo destribuiti in detta guisa a ciascuno de’ suddetti Cittadini, si sono raccolti i voti, e si sono trovati settantasette granodindia, e cinque cecerchie. Che perciò la risoluzione è inclusiva, per maggioranza di voti. E così si è concluso ”311 . Oltre ad un senso spiccato di schietta ed assai genuina democrazia ‘partecipata’, ne è venuta fuori, insospettabilmente intensa, una ribellione finalizzata: a che “ si ritolga dalle mani di cotesti buoni Frati ” un ingente quantitativo di terreno da coltivare; a “ che questo Convento centro di liti e di dispendioni per questa povera Unità sia convertito in uso di Scuola Publica ” per soddisfare il bisogno di cultura; e, più in generale ed in modo moderno, a che si “prendino tutti gli espedienti necessarj per togliere da Limosani questa peste ” oppressiva del Clero. Fu quella, cioè, la ribellione che, con cause remote e pur tra mille contrasti, stava per portare alla breve stagione della Repubblica Partenopea del 1799, capeggiata a Limosano, oltre che dall’Abate Don Luigi Amoroso , dal cinquantottenne frate Conventuale “ M. R.ndo Padre Maestro Fra’ Giacinto Maria Corvinelli ”312 , il quale aveva fatto, e forse già da tempo, la coraggiosa scelta di rompere con le antiche ed oppressive logiche del passato per schierarsi con il nuovo , orgiasticamente liberatorio, concretizzatosi, in quella occasione, negli assalti ai centri del potere costituito e la distruzione delle ‘scritture’, nell’incendio del bosco Fiorano e nell’innalzamento dell’albero della libertà da parte dei Rateni. E’ facile presumere che egli fu chiamato a reggere le sorti del Convento come ‘ Guardiano ’ e Superiore per alcuni anni prima della sua soppressione. Non risulta, difatti, tale (anche se era il Sacerdote più anziano della famiglia) dallo “ Stato de’ Religiosi del Convento de’ Minori

311 V. nota 33. Il ‘verbale’ è stato riportato con integrità e fedeltà sia per la conoscenza delle problematiche connesse alle non semplici vicende del Convento come anche per riproporre uno spaccato genuino della vita democratica di allora. 312 Sulla figura del “ P.M. Giacinto Corvinelli ” da Limosano, sappiamo (v. nota 13): “Nell’aprile 1768 fu ammesso nel Collegio dell’Immacolata a Napoli con residenza a Maddaloni. Dopo il triennio 1768-71, il collegiale Corvinelli fu laureato nel 1771 (R.O.-75, f. 53v). Il 24 luglio 1781 fu istituito Reggente nel ginnasio di Campobasso (R.O.-77, f. 144). Nel giugno 1782, per i suoi meriti, fu nominato Definitore Perpetuo (D.P. = benemerito per governo o insegnamento, che acquistavano il diritto di partecipare ai capitoli provinciali)”. E’ il caso qui di ricordare anche la figura del “ P.M. Francesco Corvinelli ”, il quale (v. sempre nota 13) “venne a Roma nel 1748 (è da supporre che all’epoca avesse almeno 25 anni) come collegiale del S. Bonaventura. Il Collegio di S. Bonaventura era stato fondato nel convento dei Santi Apostoli da Papa Sisto V, anch’egli dei Frati Minori Conventuali, il 18 dicembre 1587. Vi si studiava, a livello universitario, e si usciva dal Collegio col titolo di Dottore in S. Teologia (= Padre Maestro). Il 3 ottobre 1601 Clemente VIII aveva concesso il diritto di precedenza ai laureati a Roma su tutti gli altri laureati in altri Collegi dell’Ordine. Il 20 maggio 1751 fu laureato in S. Teologia (R.O.-72, f. 74). Nel 1756, su richiesta di Mons. (Beato) Antonio Lucci OFMConv. Vescovo di Bovino, partì per la Lettura in Larino. Nel 1778 fu eletto Ministro Provinciale della Provincia di S. Angelo. L’elezione fu confermata a Roma dal Ministro Generale, il 19 maggio (R.O.-77, f. 37)”.

182 Conventuali di Limosani ”(v. Appendice 1), compilato il 27 Settembre 1809 313 , dal quale, invece, apprendiamo esserne, nel frattempo e forse per segno di restaurazione e continuità con il passato, diventato “ Guardiano e Maestro ” il P. Filippo Fracassi di Limosani , d’anni 41, che aveva fatto la sua ‘ professione ’ religiosa nel 1784. E quando, poi, diventarono esecutive le disposizioni dei XXXIII articoli del “ Regio Decreto ” del 7 Agosto 1809 firmato da “ Gioacchino Napoleone, Re delle due Sicilie ”, che stabilivano la soppressione, insieme ad altri, anche “ del Convento de’ Minori Conventuali di Limosani” , questi sembra vi trovassero una situazione di probabili contrasti sulla linea politica da seguire in una fase in cui il cambiamento era particolarmente rapido e sull’atteggiamento da assumere circa l’amministrazione di un patrimonio, nel tempo divenuto assai ingente, tra i ‘monachi’ dei Corvinelli e quelli dei Fracassi. Ognuno degli otto frati componenti la famiglia religiosa del Convento (ma ben cinque erano originari “di Limosani”) ebbe a dichiarare al momento della chiusura di voler stabilire la propria dimora, per il prosieguo di sua vita, nel ‘luogo’ dove era nato. Ed, in effetti, nel 1817 il “ Signor Don Filippo Fracassi figlio del fu Diego , ex monaco francescano ”, il quale era stato l’ultimo ‘ Guardiano ’, abitava “nella Comune di Limosani”. A seguito della soppressione, per le operazioni di verifica e di inventariazione di quanto pertinente al “ Convento de’ Minori Conventuali di Limosani ” furono designati i: “ S.r Nicola Petrone di Montagano Cons.e Distrettuale ; S.r Durand Verificatore de’ Demanj ; S.r Cannavina Giud.e di Pace ”314 . Ma a causa di una situazione ambientale tesa quelle non dovettero risultare molto agevoli. Ne è prova il fatto che il “ Giudice di pace ”, il 13 Settembre 1809, da Montagano era costretto a segnalare “ al S.r Cav.le Intendente di Molise ” che “… i briganti furono ieri sera in Santangelo, luogo distante appena un miglio da Limosani, e che domina questo Comune. Essi sono in buon numero, essendo la Compagnia riunita di Fulvio Quici, e di Vincenzo Cipriani ”315 , il quale peraltro era proprio di Limosano. La circostanza però servì solo a ritardare di qualche giorno le operazioni. Perché, come di frequente accade, anche in tale occasione il dissenso di chi subiva le decisioni, prese lontano e senza la conoscenza delle esigenze locali, non ne impedì il loro pratico concretizzarsi. Erano, difatti, appena “ li ventisette Settembre mille ottocento , e nove ”, quando fu compilato il ‘ verbale ’ di affido 316 , che qui si riporta: In Limosani “ Si sono personalmente avanti di noi Incaricati per la soppressione del Convento de’ Minori Conventuali costituiti i Sig.ri Giuseppe Fracassi Sindaco, ed Ambrosio d’Addario della medesima, i quali con giuramento dichiarano aver ricevuto in consegna gl’infrascritti beni: Una custodia di marmo col portellino d’ottone inargentato; Una statua dell’Immacolata Concezione, di S. Fran.co d’Assisi, di S. Antonio; Un Crocifisso grande;

313 ASC, Fondo Monasteri soppressi, B. 9. Il documento è riportato in Appendice 1. Dell’attività dei frati limosanesi, dell’attaccamento all’abito e del loro interessamento per la riapertura non solo del Convento di Limonano, ma anche degli altri Conventi soppressi, sappiamo dal seguente brano (p. 26 e seg.) del citato Padre Doroteo Forte: “Da un esposto di p. Ferdinando D’Amico dei Minori Conventuali (nota: forse rimasto ad abitare ad Isernia) del 24 marzo 1827 (ASC, Monasteri soppressi, B. 7, f. 46), risulta che i rappresentanti del Comune (nota: di Isernia) chiesero il ritorno dei Frati,… Le trattative si avviavano al successo, tanto che il 19 aprile 1826, con atto pubblico, il Comune cedeva al p. Maestro Filippo Fracassi il convento. Si attendeva il ‘Regio exequatur’, quando, cambiato il sindaco, si fecero sorgere tali e tante difficoltà che l’approvazione sovrana non venne. Invano il p. Fracassi tempestò di lettere l’Intendente del Molise mostrando le sue buone ragioni. Tutto fu inutile”. E, risultando il Padre Filippo Fracassi essere il ‘Guardiano’ anche dopo la riapertura del 1821 del Convento di Limonano, non è difficile ipotizzarne un suo fattivo interessamento. 314 ASC, Monasteri soppressi, B. 3, f. 6. 315 ASC, Monasteri soppressi, B. 3, f. 6. 316 ASC, Monasteri soppressi. E’ inutile dire che da tale ‘fondo’ sono state attinte, e, più di una volta, anche senza citarlo, moltissime notizie.

183 un’organo a nove registri con cassa indorata; Due confessionali di noce intagliati; Cinque quadri grandi, uno di S. Paolo, l’altro del rispetto del tempio, il terzo del cieco nato, il quarto la moltiplicazione dei pani, ed il quinto l’apparizione di Cristo alla Maddalena; Due altri quadri uno di S. Ludovico, e S. Rocco, e l’altro della Porziuncola; Due cornocopj di ferro con lampadi d’ottone; Un lettorino di legno con due libri di canto; Un campanello sopra la porta della Sacristia di circa rotola due; Gli altari con tovaglie di tela galante con pezzillo numero cinque; Un guardaroba mobile di legno con un vaso di rame cipro, e aspersorio per l’acqua benedetta; Una croce antica di rame indorato per le processioni; Una cassetta di legno per l’ostia; Due orciuoli di cristalla; Un parato di drappo molto usato di fondo bianco di lama d’argento, cioè un piviale, una pianeta due Tonicelle con borse, e velo uniforme; Una pianeta con borsa, e velo giallo; Una pianeta verde di calamo con borsa, e velo; Una pianeta nuova di tomasco verde borsa, e velo con trene gialle; Una pianeta di tomasco bianco, borsa e velo con trene gialle; Un piviale nero di tomasco con trene gialle; Una pianeta consimile con borsa, e velo; Un piviale di tomaschetto bianco con trene gialle; Un velo umerale bianco fiorato con trene gialle; Un altro di drappetto violaceo, e verde con trene gialle; Due pianete di tomasco una rossa, e l’altra bianca con trene gialle con borse, e veli; Tre camici di tela sottile; Due messali usati; tre cotte usate con pezzillo; Uno stipone con dodeci candelieri grandi di legno usati, e indorati e ventotto piccoli con frasche di tela, e carta per gli altari; Un ombrella di tomasco rosso usato, Una bara di legno per le Statue; Sei ostensorij di rame cipro per le reliquie; Un tumulo di legno indorato pel S. Sepolcro; Una custodietta di legno indorata colorata; Una campana grande di circa cantaja otto col suo battaglio, e due altre campane una di circa un cantajo, e mezzo, e l’altra di circa rotola venti sistenti sul campanile imperfetto; Sette botti di legno due più grandi con quattro cerchi di ferro per ciascuna, in una delle quali ci sono circa ventiquattro barili di vino, e cinque con cerchi di legno; Un tinaccio di legno per lavellare il mosto di circa barili trenta; Trè secchioni per travasar vino; Una scala lunga di legno ad uso di fabrica; Una cassa grande per conservar farina, o grano, sistenti nel fundaco, ed un altro per conservar legumi, o altri generi; Diciassette travi di pioppo, cioè due di circa palmi venti l’uno, e quindici di trenta, o quaranta palmi; Tredici pecore di corpo, tre montoni, due agnelle, un’agnello, quattro capre, tre caprette, e tre capretti date a Sisto Covatta in società nel dì 21 agosto corrente anno 1809; Sei quadri, due cioè mezzani, e quattro grandi, e sedici ovali, e tondi piccioli con diverse imagini; Il Rifettorio guarnito di legno con undeci panche, e sedili; Tre pile di pietra ad uso d’oglio sistenti nel fundaco dentro al Rifettorio, e infine tutto il locale del Convento. Quali effetti stabili, e mobili essi costituiti si obbligano di conservare, ed esibire ad ogni richiesta dello Stato, ad eccezione del grano, vino legna, ed undeci travi venduti, e il prezzo introitato, come da’ processi verbali formati dagl’Incaricati a norma delle istruzioni, e così con giuramento si sono obbligati. Fatto, e chiuso oggi sud.o giorno, et anno; Sindaco Giuseppe Fracassi si obliga come sopra; + Segno di croce di Ambrosio d’Addario, che si obliga come sopra, e non ha firmato per non sapere scrivere; Durand Verif.re; Petrone Consigliere Distrettuale Incaricato ”. E lo stesso giorno, oltre allo “ Stato de’ Religiosi ”, venne redatto anche l’“ Inventario di Tutt’i Titoli, Scritture, Libri di Conti, ed altre carte relative alla proprietà, e rendita, e agli obblighi, e pesi del Monistero de’ Minori Conventuali di Limosani, suppresso in esecuzione del Reale Decreto de’ 7 Agosto 1809 ”. Di esso e di tutti gli altri, che nel dettaglio vennero compilati il giorno dopo, si dirà quando si riferirà del patrimonio. Quanto alla struttura del Convento sappiamo che, all’epoca, “è fissato nel borgo dell’abitato di Limosani. Fu danneggiato alquanto dal tremuoto del 1805: Le sue fabbriche menocché

184 quelle che han sofferto sono in buono stato. Il Chiostro contiene 13 stanze servibili a diversi usi. Il piano superiore ne contiene circa 20” 317 .

Chiesa di S. Francesco: Confessionale in legno.

E, così com’era nello spirito illuministico e francese della legge e dei ‘nuovi’ tempi, presto, molto presto, iniziarono le inevitabili spoliazioni. Nonostante i tentativi, tanto timidi quanto accorati, di contrastarle da parte delle autorità locali. Come apprendiamo da quella segnalazione del “ Parroco Emiliano Corvinelli della Comune di Limosano ”, il quale, già “ li vinti ottobre 1809 ”, dopo aver precisato “ … come essendo stato soppresso con Sovrano Decreto questo Monistero de’ PP. Conventuali, nella di cui Sacristia, e Chiesa sono diversi arredi sacri, e parati, benché usati; e trovandosi allincontro la Chiesa Parrocchiale (nota: già era avvenuta la unificazione delle Parrocchie) di questa Popolazione totalmente sprovveduta di sacri arredi, e suppellettili; supplica… per farli

317 ASC, Monasteri soppressi, B. 1, f. 1.

185 passare alla Chiesa bisognosa, onde far più glorioso, e decente il Culto di Dio ”. Ad essa non tardarono di accodarsi anche “ il Sindaco, e Decurionato del soprad.o Comune ”, i quali, il 2 Maggio 1810, “ con supplica espongono, come avendo la Maestà del Sovrano D.G. commessa a V.E. la distribuzione degli arredi sacri addetti al culto di questo soppresso Monistero de’ PP. Conventuali, l’E.V. con regolar misura, e zelo delegò il Vicario Generale della Curia viciniore di Bojano per informarsi, e riferire. Il Vicario Generale nulla attendendo alle sovrane disposizioni dell’articolo 51 del Real Decreto; cioè che gli arredi Sacri de’ Soppressi Monisteri spettassero primieramente alle Chiese bisognose del luogo, in cui esistevano gli Monisteri, ed indi alle Chiese viciniori, senza veruno informo del Sindaco, Decurionato, e Vicario Foraneo del Comune anzidetto di Limosano sulla necessità, e bisogno sì della Chiesa Arcipretale locale, e della Chiesa coadiutrice, come pure della Chiesa del soppresso Monistero, la quale per sovrana determinazione si tiene aperta per la pubblica venerazione, e dove giornalmente si celebrano quattro e cinque messi sente di aver fatta la distribuzione degli arredi sacri per Chiese estranee, e perloppiù della sua Diocesi, à quali per niun titolo possono spettare. Per tal pregiudizio, e svantaggio, che si arreca alle Chiese locali del detto Comune, ricorrono a V.E., e supplicano di commettere un informo ad un soggetto imparziale per ottenere il positivo, ed assoluto bisogno delle Chiese di detto Comune sprovviste affatto di sacri arredi, per essere del tutto povere, per dare quelle provvidenze di giustizia, che stiman propriamente a norma delle Reali determinazioni. E l’avrà. Nicolangelo Gabriele Sindaco Angiolo Zingarelli Decurione Marcellino Corvinelli Decurione + S. di C. di Ambrosio d’Addario Decurione + S. di C. di Domenico Fiorucci Decurione Francesco Lucito Decurione Luigi Longo Decurione Luigi Sebastiano Decurione Saverio Covatta Decurione Donato MarcAntonio Decurione Quirino Fracassi Decurione e Segretario ”318 . Ed in certo qual modo la stessa cosa successe anche per le campane [e solo 4 ex Monasteri molisani (Limosano, Isernia, i Domenicani di e gli Osservanti di S. Croce) avevano ben tre campane]. Difatti, dallo “ Stato indicante i Luoghi, ne’ quali le Comuni della Prov.a di Molise uniranno le campane ”, compilato in Napoli il 14 8bre 1812, risulta che le tre dei “Conventuali di Limosani” venissero portate a “Isernia per Venafro”. Dopo soli pochi giorni, il 26 dello stesso mese, l’allora Sindaco Giuseppantonio Lucito così scriveva: “ Al Sig.r Intendente di Molise Eccellenza, in data de’ 17 dello spirante ho ricevuto un vostro d’officio, con cui m’incaricate di far trasportare ad Isernia, e da colà a Venafro le campane di questo Soppresso Monistero per consignarsi ad un Incaricato d’Artiglieria, che le riceve. Cerco sapere da V.E. se la campana grande, qual è di circa cinque in sei cantaja, debbo trasportare intiera, o pure spezzata, mentre credo, attese le cattive strade, e monti, che sia impossibile poterla condurre intatta; per cui dovendosi spezzare vi compiacerete autorizzarmi a cambiarla con altra di maggior peso, ma che ha un suono disgustevole in paragone di quella degli ex-Conventuali, anzi il Popolo per sua divozione da più mesi la sospese nel Campanile di S. Stefano, dove vien posta benanche la campana da cambiarsi.

318 ASC, Monasteri soppressi, B. 3, f. 8.

186 Mi lusingo, che V.E. non sarete aliena da questa divozione del Popolo, mentre credo, che non si viene a ledere gl’interessi del Sovrano. Aspetto vostro riscontro (nota: già il 7 novembre il “Ministro della Guerra e Marina” autorizzava il cambio) per eseguirsi da me ciecam.e i Vostri ordini, e col solito rispetto, e stima vi saluto ”319 . Assai diversamente, invece, sembra che andarono le cose per quanto riguardava i locali del Convento. Dopo alcuni anni dalla soppressione, era il 27 Agosto 1813, l’allora Sindaco Vincenzo Tata comunicava all’Intendente di Molise che, “ riscontrando il vostro venerato foglio de’ 17 dell’andante Agosto relativo alla prossima concessione de’ locali demaniali derivati dalla soppressione delle Case religiose, debbo riferirvi, che questo locale, proposto da V.E. alle LL.EE. Ministri dell’Interno, e delle Finanze per Caserma di Gendarmeria, e di Truppe di passaggio, è ottimo per quest’uso ; vi è attaccato un giardino di piccola estensione, ed un territorio di circa tomoli quattro, quali sarebbero necessarj concedersi col locale, perche devesi per essi passare, per portarsi in varj punti di esso, dapoiche dalla parte dell’Occidente non vi è affatto altra strada, ove potersi introdurre dalla porta, che chiamano del giardino ”320 . Ma, nonostante questo, nonostante il decreto 29 Dicembre 1814, con cui Gioacchino Napoleone ordinava che il Convento di Limosani fosse adibito a “Caserma della Gendarmeria Reale, e di truppe di passaggio”, e nonostante il successivo decreto 6 Novembre 1816, che, pur a firma di “Ferdinando IV, Re delle due Sicilie”, confermava totalmente il contenuto del primo, la proprietà dei locali restò “alla Comune”. Il ritorno dei Borboni e quello, dopo le diverse esperienze rivoluzionarie, che, lo si è visto, non sono da circoscrivere al solo ‘decennio’ francese, di una nuova atmosfera politica restauratrice favorì la richiesta, dal basso, della riapertura del Convento. In tal modo e dopo poco più di appena quattro anni, era il 7 Aprile 1818 321 , da Limosano così (e nella richiesta si coglie tutta la nuova atmosfera politica che si respirava, favorita dal recente ‘Concordato’) si scriveva “al Signor Intendente di Molise”: “Il Sindaco, Eletti, e Decurioni del Comune di Limonano umilmente l’espongono qualmente esiste in d.o Comune un locale appartenente ai Padri Conventuali di S. Francesco già soppressi nella passata occupazione militare del Regno. I supplicanti per esperienza sanno, che questi Padri apportavano del grande vantaggio spirituale, e temporale a questa Popolazione. E siccome fra’ d.i Padri vi sono sempre stati dei Soggetti graduati, e di talento; così questa sud.a Popolazione sempre ne ha ricevuto quei utili, che sperar si potevano da uomini letterati, e di buon costume; e nelle annate penuriose dalla Comunità di d.i Religiosi riceveva la gente bisognosa il necessario soccorso. Dietro l’art. 14 del Concordato felicemente conchiuso tra S.M., D.G., e il Santo Padre, questa Comune, Eccellenza, si lusinga di poter riacquistare quei grandi vantaggi, che per la soppressione di d.i Padri aveva perduti. Dapoiché il locale sud.o è uno de’ migliori della Provincia , ed ottimo nella sua totalità. Esso non trovasi addetto ad alcuno de’ pubblici usi. La rendita inoltre appartenente a d.a Religiosa Comunità esiste invenduta nella maggior parte. Siccome poi il d.o locale è situato nel centro del Borgo Maggiore di d.o Comune, e nel miglior sito di esso; così la grandiosa, e magnifica di lui Chiesa non solo è necessaria, perché d.a popolazione vi possa esercitare gli atti doverosi di religione; ma resta ancora a lei molto comoda pel facile accesso alla medesima. Essendo li supplicanti l’organo dei pubblici voti di questa Popolazione ricorrono a V.E., acciò si compiaccia riferire al Re, N.S., perché si benignasse esaudire le suppliche di questo 319 ASC, Monasteri soppressi, B. 4, f. 20. 320 ASC, Monasteri soppressi, B. 4, f. 21. Il documento ha notevole importanza per localizzare con discreta precisione il sito della recente ‘porta giardino ’, che, contrariamente a quanto si possa credere e normalmente si ritiene, situava ai margini meridionali della proprietà del Convento. 321 ASC, Monasteri soppressi, B. 7, f. 49.

187 Comune col ridonarle la Famiglia Religiosa de’ sud.i Padri Conventuali , che fin dal secolo 14. sono stati senza interruzione di spirituale, e temporale vantaggio al Comune sud.o. Nell’atto che tutta la Provincia ammira in V.E. una sollecitudine indefessa, con cui cerca la di lei felicità, non possono credere, che questa Popolazione non sia per ottenere dal Re, N.S., mercé la possente cooperazione dell’E.V., la grazia, ch’ ella domanda, che anzi sicurissima di esser esaudita nelle preghiere, che per di loro mezzo le umilia, preventivam.e ne le ringrazia, porgendo a Dio fervorose orazioni per la conservazione di V.E., e Sovrano ”. L’Intendente di Molise, probabilmente solo dopo che si convinse, e per farlo impiegò circa due anni (il tempo, cioè, necessario alla restaurazione di stabilizzarsi diffusamente anche nella provincia), del radicamento delle mutate condizioni socio-politiche generali, fece sua la pressante richiesta dei limosanesi e, presa carta, penna e calamaio, così accoratamente scrisse “a Sua Eccellenza il Segretario di Stato Ministro degli affari Ecclesiastici”: “Fra le case religiose, che questa Provincia pianse soppresse nella passata Militar Occupazione annoverar devesi particolarmente quella de’ PP. Minori Conventuali di S. Francesco del Comune di Limosani. Era questo Monastero l’ornamento e il decoro, non dirò solo del Comune, ma dell’intera Provincia. Istruzione e pietà pubblica trovavano in esso un grande alimento . Circa venti individui ognor vi si trovavano, dedicati alcuni ad insegnare le Umane lettere, altri le teologiche scienze; non solo agli Studenti iniziati nel Sacerdozio, ma eziandio ai Giovani del Comune in generale, del circondario, e del Distretto . Altri finalmente consegnati alla spiegazione del catechismo, ed alla predicazione dell’Evangelo. Essendo poi il suddetto Comune assai sprovveduto di Chiese, di Parrocchie, ed assai bisognevole d’istruzione, e di freno morale, suppliva bastentemente al bisogno locale la chiesa del detto Monastero , Chiesa vastissima , e maestosa , dove quei Padri dotti , e pietosi insieme con esemplare devozione celebravano frequentemente delle solenni sacre funzioni , che richiamavano sin da lontani Comuni il pubblico concorso . In quanto al locale del Monastero è uno de’ più magnifici che veder si possa , non bisognevole d’altronde che di piccolissime riattazioni. Eccellenza, quanto io soglio essere alieno dall’appoggiar domande per ripristinare de’ Monasteri de’ Mendicanti, altrettanto mi credo in dovere di farlo con propensione, quando si tratta di veder riaperti Monasteri, da’ quali possa la Provincia sperare non dubbj vantaggi in oggetto e di religione, e di pubblica istruzione. La casa religiosa, di cui ho l’onore parlarle, può offrire questi vantaggi, ed è perciò che mi fo coraggio di umiliarle i fervidi voti della popolazione del rispettivo comune accompagnati colle mie calde preghiere ”322 . Era il mese di marzo 1820. Ed anche se le lungaggini burocratiche (ma, forse, di più le informative) fecero trascorrere ancora diversi mesi, la grande costanza della cittadinanza ed il forte interessamento (v. nota 36) del limosanese Padre Maestro Filippo Fracassi (che molto si adoperò anche per la riapertura del Convento di Isernia) l’anno seguente si videro premiati con la riapertura del Convento ed il ritorno dei ‘Conventuali’. Oltre ai tempi ed all’atmosfera che si respirava prima del ritorno dei frati, apprendiamo alcune usanze di allora dalla seguente lettera, del “20 Agosto 1821”, inviata “ Al Signor Intendente della Provincia di Molise ” da “Massimiano Giannantonio del Comune di Limosano con devote suppliche l’espone, che mediante pubbliche subaste (nota: le subaste, cui partecipò anche il Notaio Sig.r Lucito Giuseppantonio, per l’affitto dei locali si erano tenute nei primi giorni del mese di Luglio, quando con tutta evidenza ancora nulla si sapeva della riapertura) , approvate dall’E.V. con suo venerato foglio in data de’ 14. del corrente mese di Agosto, I° Uffizio, N.

322 ASC, Monasteri soppressi, B. 7, f. 49.

188 del Protocollo 170, della spedizione 303., gli restò l’affitto del Locale dell’ex-Convento di S. Francesco per la somma di docati quaranta, e carlini cinque, D. 40:50, pagabili annualmente a questa Cassa Comunale pe’ il corso continuato di anni cinque. Di presente il Supplicante umilia all’E.V., come per mezzo di lettere dirette a questo Padre Regente Fracassi venute da Napoli, si è risaputo, che S.M./D.G./ si è benignata nel giorno 26 Luglio p.p., segnare il Decreto per la ripristinazione di questo Convento, essendo il Decreto suddetto nelle mani del Commissario Generale de’ Minori Conventuali, che si attende a momenti. Per tale notizia tutti gl’Inquilini, a’ quali ne aveva fatto il nuovo affitto, sono già usciti dal Convento sopradetto, per cui il Supplicante non può servirsene in modo alcuno. Stabte dunque tale ragione, supplica l’E.V. ad esonerarlo da tale impegno, onde non sia in avvenire molestato dal Cassiere Comunale, anche per quella rata di tempo, che si dovesse pretendere sino alla restituzione del locale suindicato, e l’avrà come da Dio ”323 . In data 19 settembre 1821 “il Direttore della Reale Segreteria di Stato degli Affari Interni” già scriveva al “Sig.r Intendente di Molise” che, “Essendosi S.M. degnata di approvare l’assegnazione de’ fondi fatta dalla Commissione esecutrice del Concordato per la ripristinazione de’ Conventuali del Comune di Limosano, ella disporrà che dal Sindaco del d.o Comune ne sia subito eseguita la consegna del locale al procuratore del cennato Ordine ”. E così i frati finalmente tornarono. Anche se questa volta, stando almeno a quanto sembra, non appartenevano alla Provincia Monastica di Puglia, bensì a quella abruzzese di S. Bernardino. Lo stesso Padre Maestro Filippo Fracassi , che all’epoca, essendo nato nel 1768, contava tra i 53 ed i 54 anni, ne fu il ‘ Guardiano ’ della prima ‘ famiglia ’, che poté ristabilirsi nel Convento di Limosano. L’ elenco (con indicata, quando è stato possibile ricavarne la composizione, la ‘famiglia’ religiosa) dei Padri Guardiani , Superiori del Convento di Limosano , relativamente al periodo dal 1821 al 1866, anno, come si vedrà, della definitiva soppressione lo si riporta nell’ “Appendice 2” al Capitolo. Sia la presenza di un ‘ Noviziato ’ che quella di un gruppo, talvolta consistente e formato da individui non della stessa età (cosa che proverebbe l’esistenza di più corsi), di frati, che, dopo la ‘ professione ’religiosa dei voti, si preparano al Sacerdozio come ‘ Studenti ’ (più di uno, poi, verrà ritrovato a stanziarvi anche dopo l’ordinazione sacerdotale, cosa che, amministrata da un Vescovo, si faceva molto probabilmente nella stessa Limosano), dimostrano la notevole considerazione, in cui, sin dall’immediato periodo che seguì alla riapertura, il Convento limosanese era tenuto.

323 ASC, Monasteri soppressi, B. 7, f. 49.

189 Chiostro del Convento di S. Francesco: Pozzo.

Alla crescita, per il ‘nostro’ complesso monastico, nel prestigio, tanto grande quanto rapida e concretizzatasi nel breve volgere di soli pochi anni, ed allo splendore, rinnovato e che almeno per alcuni aspetti risulta essere stato per nulla inferiore a quello antico, partecipò assai fattivamente e per circa un ventennio l’opera di un gruppo di ‘ Padri ’ nativi della stessa Limosano e della vicina Montagano. Se ne toccò il punto più alto nel triennio (1844-’46), in cui il “ M. R. Padre Maestro Fra’ Gennaro Janigro ” nato nel 1809, il quale era stato ‘Reggente (o Guardiano)’ sin dal 1835, da ‘ Ministro Provinciale ’ dell’Ordine ed insieme al suo ‘ Segretario ’ Padre Maestro F. Antonio di Capoa, stanziò nel Convento di Limosano 324 . Ma quella stessa sorte che regola le cose degli uomini, a seconda dei casi, con furbizia o con raziocinio, così come fu rapida nel favorirne la fortuna, fu altrettanto rapida a provocarne la decadenza. Sembra che fosse la stessa presenza del ‘ Provinciale ’ all’origine della decisione di ‘spostare’ in altra sede lo ‘ Studentato ’. E, con esso, probabilmente venne tolto anche il

324 La notizia, oltre che dallo ‘Stato delle Anime’ (in APL) cui per le ricostruzioni degli ‘elenchi’ dei Padri Superiori è stato attinto a piene mani, ci viene anche da Agostino Tagliaferri, Sacerdote di Montagano, il quale ne “ I miei ricordi ” scrive: “Non così il 1845,… Un bel dì della precedente estate io mi veggo onorato d’una visita inaspettata del P. Gennaro Janigro de’ Minori Conventuali residente in Limosano, il quale tornava da Roma, dove erasi recato per assistere ad un Capitolo generale del suo ordine”.

190 ‘Noviziato ’, anche se, ancora nel 1849, è “ Novizio Converso ” Fra’ Michele de Ruberti di . Perché quest’ultima pare essere stata cosa del tutto episodica. Già era successo che l’antico “soffitto fatto con mattoni, verso il 1840 crollò, ed allora fu coperto con tre volte a schifo impostate nel senso trasversale sul muro frontale con due archi che interrompono la continuità dei muri, d’ambito longitudinale e di quello tergale. Una di esse copre il Coro, l’altra il Presbiterio e l’altra, che è più grande delle altre due riunite assieme, lo spazio riservato ai fedeli” 325 . Vale a dire, la copertura così come ancora si vede. A partire, poi, dal 1850 le notizie si fanno sempre più rade e diventano molto lacunose. E l’esservi stata lasciata dal superiori dell’Ordine, in così breve tempo, solo una ‘ famiglia ’ di pochi frati, in ogni caso, dimostra che la crisi si era fatta irreversibile. “Il Convento di S. Francesco viene soppresso con il d. lgt. Di Eugenio di Savoia del 7 luglio 1866 che richiamava le disposizioni contenute nel d. lgt. Del 17 febbraio 1861 per le provincie napoletane. Da allora i Frati di S. Francesco, i Minori Conventuali, ubbidienti come loro si addiceva, se ne partirono. Per non tornare più. E Limosano aveva così definitivamente perduto un altro importante punto di riferimento della sua storia” 326 . Dell’enorme patrimonio, specie di quello culturale, non si trova traccia e “le memorie ed i documenti conservati nella sua biblioteca ricca di opere pregevoli, pubblicati a Venezia nel 1500, furono sperperati e venduti con i libri in questa contenuti nell’ultima soppressione” 327 . Della Chiesa (v. ASCL, B. 23, f. 122) “nel marzo del 1931 cadde la facciata prospiciente la piazza Vittorio Emanuele nonché parte del muro opposto. Per volontà del popolo fu riattato e nel 1932 fu riaperta al culto”.

5.2 - L’organizzazione e la vita dei frati

Le decisioni più importanti per il buon andamento della vita monastica e comunitaria e, tra di esse non certo ultime per importanza, quelle relative alla amministrazione del patrimonio conventuale venivano prese in riunioni o, come erano chiamate nel gergo dei frati, ‘ consegli ’ o anche ‘ capitoli ’, che si tenevano nel refettorio , dove si arrivava “ chiamati dal suono della campanella ”. Il relativo verbale era registrato in un apposito “ Libro de Consegli di questo Convento di S. Francesco di Limosani ”. Da una sua pagina, compilata appena il giorno precedente, il Notaio Amoroso Francescantonio, perché ne formasse documento da allegare ad un suo atto del 4 Dicembre 1751 328 , estrasse la seguente ‘ copia ’, che, in quanto fornisce

325 AMOROSO G., Relazione cit. 326 BOZZA F., Limosano nella storia, Ripalimosani 1999, pag. 275. 327 AMOROSO G., Relazione cit. 328 ASC, Notaio AMOROSO F.A., atto del 4 Dicembre 1751. Di esso, per la conoscenza delle costumanze di allora, ne riportiamo la parte più importante: “ Fra’ Giovanni Covatta,…, entrò nella Religione sud.a de minori Conventuali, in cui fece la professione, senza fare alcuna renonza delli beni…: Sendo oggi già passato all’altra vita il d.o Mercurio Padre, pretendeva d.o Fra’ Giovanni da d.i suoi Fratelli Pietro, e Giuseppe Covatta la sua porzione… à die mortis del d.o Mercurio Padre; ma considerando d.o Fra’ Giovanni la grossa miseria in cui sono ridotti li d.i suoi fratelli Pietro, e Giuseppe, pensò supplicarne la Sacra Congregaz.ne de Sig.ri Cardinali sop.a i negozi, e consulta de Vescovi, e Regolari ; e da questa, e dall’eminenza del Sig.r Cardinale Cavalchino Prefetto della med.ma sotto il dì quattro Dicembre millesettecentocinquanta, ne ottenne rescritto, con cui si fe la commessa al Ministro Provinciale , che essendo vero l’esposto, ed ottenuto il consenso del Capitolo del Convento , se li compartiva la facoltà, à suo arbitrio,…; Ed avendo presentato d.o Rescritto al Capitolo del Convento sud.o ; quello congregatosi jeri tré del corrente Dicembre, e proposto l’affare in pleno Capitolo , tutti, riguardo alla povertà di d.i Pietro e Giuseppe…, concorrerono a potersi concordare… ”.

191 preziosi elementi di conoscenza sulle usanze, sulle procedure gerarchiche e sulla vita dei frati, viene integralmente riportata. “A’ dì 3 Xbre 1751 = Si propone in publico Refettorio dal Padre Michele Cimino Guardiano di q.to V.n.le Convento di S. Franc.o della Terra di Limusani a PP. E F.lli stanzianti in esso, come il Laico Professo Fra’ Gio: Covatta, Figlio di q.sto Convento, perche nell’ingresso alla Religione, e sua Professione non fece alcuna renonza à beneficio del Padre, e F.lli de’ beni, che potevano spettarli, sopra l’eredità Materna, e Paterna, conoscendo ora lo stato miserabile, in cui li F.lli, dopo la morte del Padre, sono ridotti; Considerando per la Carità Cristiana privarli incioche può stendersi, anche perche la Religione sua è pietosa, stimò supplicarne la Sacra Congregazione, e q.lla, con suo rescritto in data di quattro Xbre 1750 (nota: esattamente un anno prima; la circostanza farebbe pensare a disposizione che dettava tempi ben precisi) , concorrendo ha benegnam.te commessa al P. Ministro Gen.le, perche essendo vero l’esposto, et ottenuto il Consenso del capitolo del Convento, dia il permesso; intanto detto Fra’ Gio: si contenta ricevere da suoi F.lli, docati venti, e non avendo questi danaro pronto, che ne facessero strum.to censuale, à beneficio del Convento, à sol fine di non vederli astretti in altre miserie maggiori, ma che obligassero à beneficio del Convento, tutti li beni Paterni e Materni, e che l’annuo frutto vita sua durante resti, per comodo di detto Fra Gio:, per suoi Religiosi bisogni, e dopò la morte sua resti in proprietà del Convento, ed altresì, che detti suoi F.lli devono cedere anche un piede d’oliva, che stà sito nel territorio, che oggi possiede Cosmo Piciucco nel luogo la Foresta, e che questo piede d’oliva dovesse vendersi, e cedere anche per uso Religioso di esso Fra’ Gio: diano il consenso, e parere per doverne passare la decisione al P. Ministro Gen.le, à chi dalla Congregaz.ne di Roma sta commessa la cosa, per poterne accappare il suo permesso, e come che = Fra’ Michel’angelo Fracassi si contenta = Fra’ Filippo Cocucci si contenta = Fra’ Giuseppe Paolantonio si contenta = Fra’ Ferdinando Fracassi si contenta = Fra’ Caramuele Farina si contenta = Ita est P.r Guard. Cimini ”. Ci sarebbe da discutere non poco sulla necessità “che detti suoi F.lli devono cedere anche un piede d’oliva, che stà sito nel territorio, che oggi possiede Cosmo Piciucco nel luogo la Foresta, e che questo piede d’oliva dovesse vendersi, e cedere anche per uso Religioso di esso Fra’ Gio:”. Come pure sarebbero da analizzare bene quali fossero i veri motivi per cui Fra’ Giovanni “nell’ingresso alla Religione, e sua Professione non fece alcuna renonza à beneficio del Padre, e F.lli de’ beni, che potevano spettarli, sopra l’eredità Materna, e Paterna”. Fu, cioè, quella omessa ‘ renonza ’ frutto di episodio occasionale e di mera dimenticanza? Oppure non era derivazione da un costume imposto, magari dalla amministrazione del Convento, per accrescerne la disponibilità dei ‘ beni ’ da gestire? Si ritiene che, per non discostarsi troppo dal vero, ci si debba orientare verso questa seconda ipotesi. Sulle modalità e, soprattutto, sulle condizioni ‘imposte’ (e non va dimenticato che, nel tempo, siamo già a periodo di molto più recente) a chi volesse entrare nella ‘ religione ’ dei frati Conventuali e, più nello specifico, nel ‘ Noviziato ’ da essi tenuto a Limosano gettano uno squarcio di luce assai significativa sia l’atto, per il Notaio limosanese Giuseppantonio Lucito fu Francesco, del 17 Maggio 1834, che quello, per il Notaio, pure lui limosanese, ma rogante nella piazza della limitrofa S. Angelo, Fracassi Aquino (ne è evidente il ricordo nella zona di ‘Don Aquino’, ancora esistente nella geografia del paese), del 16 Giugno 1843 329 .

329 ASC, Fondo Protocolli notarili. Come quelli che si riportano nel testo sono diversi gli ‘atti’ che riguardano un individuo “risoluto di farsi Religioso de’ Minori Conventuali”. Con atto del 5 Aprile 1825 il “Chierico D. Luigi Spina del Comune di , figlio del fu D. Federico, e D.a Prassede Doganiero…, Novizio non ancora Professo in questo Monistero di San Francesco dell’ordine de’ minori Conventuali … coll’espresso consenso… del Reverendo Superiore Padre Maestro F. Francesco Cocucci , attuale Maestro de’ Novizi ,… avendo già terminato l’anno del suo noviziato , ha risoluto di fare professione, che perciò ne ha giusta i stabilimenti del

192 Nelle parti più significative si riportano entrambi sia perché, nei patti che con essi vengono stipulati, ognuno è assai differente dall’altro e, soprattutto, sia perché a fare il loro ingresso nell’Ordine si incontrano due persone di estrazione sociale molto diversa. Col primo ‘ istrumento ’, cui, a parte l’interessato, il solo “molto reverendo Padre Maestro Filippo Fracassi, religioso Conventuale, e Guardiano di questo Monistero di San Francesco, …” è presente e partecipa di persona, “ … Francesco del Grosso (nota: fu Gregorio, ‘Contadino nato e dimorante nel Comune di Castelpagano’) ha dichiarato che avendo risoluto di farsi Religioso ha manifestato questa sua determinazione al cennato Padre Maestro, pregandolo a volerlo ricevere nel suo Monistero in qualità di Converso, per quindi professare dopo il tempo stabilito dalle regole dell’ordine. D’altronde il lodato Padre Maestro pria di annuire alle richieste del riferito del Grosso, avendo esaminato lo Stato del Monistero, che trovasi in bisogno di un altro Laico per assistere ai travagli giornalieri, ed al servizio degli altri Padri, si è col consiglio de’ medesimi condisceso a riceverlo, ma sotto i seguenti patti, e condizioni. 1. Che esso del Grosso andando, pria di fare la solenne professione, a mutare di volontà, e spogliando l’abito se ne ritornasse al secolo, se ciò avverrà nel corso del primo anno a contare da questo giorno, non sarà tenuto ad alcuna corrisponsione verso del Monistero, se poi ciò si verificherà dopo il decorso del primo anno, sarà obbligato di pagare al Monistero pel suo mantenimento ducati diciotto all’anno, escluso sempre il primo. 2. Che non ritrovandosi abile ai servizi del Monistero, o pure sperimentandosi di una condotta riprensibile, e non propria per un Religioso, per cui venisse espulso dal Monistero dai legittimi superiori, in qualunque tempo ciò avverrà, non sarà tenuto ad alcun pagamento verso del Monistero, né potrà ripetere dal medesimo alcuna somma. 3. Che siccome egli possiede nella sua padria taluni fondi, cioè una casa di due membri superiori…; ed un orto dell’estensione di una misura circa…, così questi medesimi fondi rimangono assegnati al Monistero sotto la seguente condizione e riserva = Ch’esso del Grosso dovrà godere e percepire le rendite di detti fondi al tempo della sua professione per uso di vestiario, e che due mesi prima di farla, egli dovrà vendere tali fondi ed il prezzo depositarlo nella Cassa del Monistero per impiegarsi in compra d’annue rendite, onde supplire al suo vestiario, che gli dovrà somministrare il Monistero in prosieguo. Finalmente nel caso ch’egli abbandonasse volontariamente la Religione prima di professare, i fondi medesimi restano vincolati, e specialmente ipotecati a favore del Monistero pel conseguimento de’ ducati diciotto annui da pagarsi pel suo mantenimento, come sopra si è stabilito. (…). ”. Col secondo dei due indicati atti “ Noi qui sottoscritti P.re Maestro Giuseppe Borsella Guardiano del Convento de’ Minori Conventuali di S. Francesco di questo Comune di Limosani, non che P.re M.ro Gennaro Janigro, e P.re Venanzio Fracassi tutti sacerdoti componenti, e rappresentanti l’attuale famiglia del detto Convento, precedentemente consiglio conventuale tenuto a norma delle regole monastiche, col presente mandato… nominiamo nostro speciale Procuratore il Sig.r D. Giuseppe Janigro di D. Nicola Avvocato domiciliato in Campobasso, affinché lo stesso ci rappresenti nell’Istrumento, che andrà a stipolarsi tra questa Comunità, ed il Signor Giudice della G.C. Criminale di Molise D. Raffaele Bracale del fu D. Gaetano domiciliato in Campobasso relativamente alla ricezione

Sacro Concilio Tridentino ottenuto dal prelodato Monsignor Generale di questa Diocesi di Benevento la formale licenza in data de’ tre del caduto Marzo … (…). E perché uno de’ principali istituti della medesima Religione è il voto della povertà , così prima di professare intende rimanere orbo di qualunque possidenza, e perciò pel fine suddetto ha risoluto di voler da ora per quando seguita sarà la sua solenne professione,…, rinunciare e donare a pro della sua madre D.a Prassede Doganiero, e de’ suoi germani D. Francesco, e D. Raffaele Spina tutti i suoi beni,…”.

193 di figliolanza di D. Federigo figlio del detto Sig.r Giudice Bracale. Quale stipola verrà fatta sotto i seguenti patti. 1°: Il Signor Giudice Bracale assegna al convento di S. Francesco de’ Minori Conventuali di Limosani per metterlo al caso di dare la figliolanza a suo figlio docati trecento cinquanta. 350:00. con gl’interessi in ragione del sei -6- per cento a contare dal giorno della stipola sino all’adempimento. Questa somma dovrà pagarsi unita agl’interessi corrispondenti nel giorno in cui il figlio di lui D. Federigo ammesso alla figliolanza di detto Convento professerà i voti monastici. (…). 2°: Somministrerà il Sig.r Bracale al figlio D. Federigo un letto competente, un candeliere di ottone ad olio, un tavolino. Un competente numero di lenzuola, facce di cuscini, ferrajolo, camice, ed abito monacale per una sol volta; al che già adempiuto giusta l’assicurazione di D. Federigo che fin dal dì 1.° Giugno corrente entrò in Monastero ed ha fatto conoscere di aver recati detti oggetti. 3°: Si obbliga inoltre il Sig.r Bracale di pagare annui docati quindeci -15:00- al figlio dal giorno in cui entrerà formalmente fino al giorno in cui diverrà sacerdote, onde potersi provvedere di abiti, e fare i viaggi di studio qualora esce dal Convento nativo, ed i viaggi delle ordinazioni a suo proprio conto,… 4°: Qualora terminato l’anno del Noviziato il detto D. Federigo non voglia più abbracciare lo stato monastico, ed abbandonasse il Convento suddetto il Padre di lui D. Raffaele Bracale sarà obbligato di pagare a questo medesimo Convento di Limosani docati settantadue -72:00- per gli alimenti somministrateli per tutto l’anno. 5°: Le spese dell’Istromento e copia da rilasciarsi al Convento di Limosani a carico del Sig.r Bracale. (…). ”. Avendo già accennato in precedenza alla diversità di trattamento da parte della 'famiglia monastica ' a seconda della estrazione sociale di chi era “ risoluto di farsi Religioso ”, non è possibile a questo punto non aggiungere qualche essenziale considerazione. La prima, relativamente ai documenti riguardanti il Convento di Limosano, porta ad evidenziare la consuetudine, molto antica (ma allora quasi certamente era una prassi ‘normale’), avendone trovato traccia tra gli atti del Notaio Ramolo Nicolamaria, limosanese, sin nell'ultimo trentennio del '500, e che si conservava, ma solo per gli 'affari' più importanti, ancora nel secolo XIX, di nominare, per i rapporti verso l'esterno e che, almeno per il periodo più antico, concernevano passaggi di moneta da fissarsi con atto notarile, uno “ speciale Procuratore ”. Anche se sembra essere stato un espediente studiato per aggirare in qualche modo il voto di povertà, di esso, tuttavia, in epoca recente spesso non si teneva più conto. La seconda permette di rilevare come, nell’ultimo atto riportato, mentre da parte del Convento (si noti che con tale termine si viene rimpiazzando quello di ‘Monistero’) non viene in pratica assunta obbligazione alcuna, i cinque ‘patti’ che avrebbero dovuto concordarsi in realtà altro non sono che delle vere condizioni “relativamente alla ricezione di figliolanza di D. Federigo figlio del detto Sig.r Giudice Bracale”. Queste, che, come risulta chiaro da altro analogo atto del “nove del mese di Novembre dell’anno

194 milleottocentotrentaquattro” 330 , potevano variare e variavano da caso a caso, altro non erano che delle vere imposizioni. La terza e, per non essere pesanti, ultima considerazione riguarda il rilevante arricchimento che ne veniva al Convento da un ‘ingresso’ nell’Ordine (e traspare più che evidente l’interesse a farlo, per il prestigio che ne derivava, per gli esponenti della borghesia, che in cambio ricevevano anche la contropartita di poter amministrare patrimoni ingenti). Altro non rimane, a margine di tutto quanto annotato, che rilevare (si veda il ‘patto’ 2°) la composizione delle cose dotali e delle attrezzature necessarie al vivere quotidiano richieste al monacando, il quale risulta, nel nostro caso specifico, che già da alcuni giorni “entrò in Monastero”, portandosi dietro tutte le masserizie “somministrategli” dal padre. A questo

330 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio LUCITO Giueseppantonio della piazza di Limosano. Si trascrive interamente l’atto dal quale è possibile ricavare ulteriori notizie sulle abitudini di vita dei frati. “Il dì nove del mese di Novembre dell’anno milleottocentotrentaquattro. Regnando Ferdinando II° per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, di Gerusalemme. Avanti di noi Giuseppantonio Lucito fu Francesco, Notaio di residenza nel Comune di Limosani in Provincia di Molise, e de qui sottosegnati Testimoni sono comparsi Il Signor Prospero Quaranta fu Salvadore, Ferraro , nato e domiciliato nel Comune di Agnone, ora qui venuto di persona, da una parte Et i Religiosi Minori Conventuali di San Francesco regenti e transeunti in questo Monistero di Limosano, cioè Padre Vincenzo Carnevale, Guardiano, Padre Collegiale (nota: è probabilmente da intendersi come ‘Specializzando’) Gennaro Ianigro, Padre Erasmo de Angelis, Sacerdoti, Fra Eduardo Iammarino, Diacono, e Fra Domenico Zingarelli, Suddiacono, dall’altra parte Tutti a noi ed a Testimoni ben cogniti. Il detto Signor Prospero Quaranta ha dichiarato, che avendo il suo figlio Don Gennaro di condizione Studente risoluto di farsi Religioso de’ Minori Conventuali, ha manifestato questa sua risoluzione ai precennati religiosi, pregando loro a volerlo ricevere in questo Monistero di Limosano in qualità di figlio del medesimo Convento, e spedirlo al luogo proprio del Noviziato, per quindi professare nel tempo stabilito dalle regole dell’ordine, obbligandosi esso Signor Prospero di equipaggiare il suo figlio in tutto l’occorrente, di pagare tutto lo spesato necessario per tutto il corso del Noviziato, e di anticipare al Monistero di Limosano la somma di ducati duecento per tutte le altre spese bisogneranno allo stesso suo figlio dal giorno della sua solenne professione fino a che giunto sarà al Sacerdozio. I lodati religiosi Conventuali, come rappresentanti questo Monistero di San Francesco, previo consiglio tra loro tenuto, essendosi congregati a suono di campanella giusta il loro rito, avendo esaminata la proposizione del Quaranta, e trovatala confacente, hanno deliberato di accogliere nel seno della loro famiglia, e per confratello religioso il nominato suo figlio Don Gennaro, e gli hanno concesso la figliolanza nel medesimo Convento . All’effetto dunque di quanto trovasi preposto e risoluto, si è fissato, e stipulato quanto siegue. 1. Il Signor Don Gennaro Quaranta figlio del detto Don Prospero, semprecché persiste nella sua vocazione di farsi Religioso de’ Minori Conventuali , rimane annoverato da questo giorno nella famiglia di questo Venerabile Monistero di San Francesco in Limosano, e perciò gli vengono rilasciate le lettere credenziali per recarsi al destinato luogo del Noviziato . 2. Rimane a carico di esso Signor Prospero sì la spesa necessaria per l’equipaggio proprio di un Religioso giusta le costituzioni, e destinazioni dell’Ordine, che tutte le altre spese occorrenti in tutto il tempo, che l’enunciato suo figlio Don Gennaro sarà ritenuto nella Casa Religiosa del Noviziato . 3. Il ridetto Signor Prospero in adempimento di sua promessa ha numerato a vista di noi Notaro, e Testimoni in potere de’ prementovati Religiosi la somma di ducati duecento in tanta moneta di argento effettivo, che sono stati presi, e verificati dal Padre Guardiano del Convento. 4. Non professando il riferito Don Gennaro la religione de’ Minori Conventuali, o professandola sotto altra figliolanza, o passando all’altra vita pria di professare, questo Convento, e per esso i suoi rappresentanti sono tenuti all’intera restituzione de’ ducati duecento senza verun interesse, quale restituzione avrà luogo nel solo caso, e subito che si verificherà qualcuna dell’anzidette condizioni. E se il Monistero non potrà per qualche circostanza prontamente restituire l’indicata somma sarà obbligato a pagarne l’interesse dal giorno della domanda fino all’effettiva restituzione alla ragione del dieci per cento. 5. Nel caso di morte del detto Don Gennaro, che siano lontani gli augurj, dopo la professione fatta colla figliolanza di Limosano, questo Convento avrà il diritto di reintegrarsi di tutte le spese erogate pel suo mantenimento in ragione del tempo, che sarà scorso dopo la professione sulla somma di ducati duecento, ed il

195 punto, con quella elencazione non sarebbe affatto difficile una ricostruzione della ‘stanzetta’, nella quale il giovane si preparava alla vita sacerdotale dapprima come ‘ novizio ’ e, poi, dopo un anno di apprendistato (dal Notaio Marone Costanzo di S. Angelo sappiamo che, con atto del 6 Febbraio 1838, D. Pietro Covatta, Accolito, veniva “ammesso alla figliolanza di questo Convento, per accedere alla professione nella Religione de Minori Conventuali”, nell’atto del 8 Marzo 1839 risulta “Novizio” col nome di Fra’ Salvatore e fa la professione il 10 seguente), terminato il quale ‘ professava ’ i tre voti di povertà, obbedienza e castità, in qualità di ‘studente ’ o, meglio, di ‘ chierico ’. Chi alla bontà dei costumi univa sufficienti capacità intellettuali era promosso a sostenere un corso di Filosofia , di tre anni, in cui si approfondiva lo studio della Logica e delle Lettere, ed uno di Teologia , di quattro anni, prima di essere ordinato Sacerdote (momento dal quale veniva chiamato ‘ Padre ’), dove si arrivava passando per gli ordini ‘minori’ del Suddiaconato e del Diaconato . Assai frequente era la presenza nel Convento di Frati ‘ Laici ’ o ‘ Conversi ’, che, da ‘illetterati ’, non potevano essere sacerdoti e nella organizzazione di un ‘Monistero’ svolgevano i servizi più umili (cuciniere, questuante, sagrestano, ecc.). Tali si facevano per sfuggire al rigore, alla maggiore durezza ed alla povertà della normale vita civile. Del Convento almeno sette i punti di riferimento essenziali cui occorre dare un cenno, seppur veloce, per una pur sommaria ricostruzione dello svolgersi quotidiano della vita religiosa: il coro, la stanza, il refettorio, le officine, il chiostro, l’orto con la ‘selva’ e la biblioteca. Il coro del Convento di Limosano, così com’è ancora al presente, essendocene pervenuta ben conservata la struttura lignea, di notevole fattura, nel rifacimento (e non v’è motivo per non credere che tale intervento, forse ad opera di maestranze interne al ‘Monistero’, tendesse solo a migliorare la funzionalità di quello originario, assai più povero ma situato nella stessa posizione, dotandolo esclusivamente di pregio artistico maggiore) tra la fine del ‘500 ed i primi anni del secolo successivo, era posto dietro l’altare maggiore. Oltre ad una consuetudine assai diffusa nei conventi del francescanesimo più antico, porterebbe ad una tale conclusione anche il tentativo di identificare la possibile collocazione della “ figura di esso Padre nostro depinta nell’antico vescovado della destrutta città dell'homini sani, alias Musane,..., la quale chiesa hoggi è posseduta da padri Conventuali, apparendo nel choro di essa una simile imagine di un san Francesco , con capuccio e corda come di sopra ”. Il tentativo in parola porta a posizionare tale “ figura ” (v. nota 5), non più esistente ma che, ancora nel 1615, rappresentava, a riprova dell’importanza del Convento di Limosano, la principale testimonianza (“del che chiaro testimonio ne dà primo una figura di esso Padre nostro depinta ”) sulla foggia dell’autentico vestire del Santo di Assisi, all’interno, ora dippiù dovrà restituire similmente senza interessi, e se una tale restituzione non sarà anche pronta, sarà dal Monistero similmente corrisposto l’interesse come sopra. Le suddette parti hanno accettato quanto si è trattato, e stipulato, e ne hanno promesso l’esatto adempimento. E per l’esecuzione hanno eletto il domicilio nel luogo di loro rispettive dimore. Di tutto ciò si è redatto il presente atto, che si è letto alle parti, e Testimoni a chiara, ed intellegibile voce. Fatto , e pubblicato nel Comune di Limosano in Provincia di Molise nel Monistero di san Francesco, e propriamente nella stanza del Padre Guardiano , presenti per Testimoni li Signori Nicola Maria Gravina fu Luigi, Sartore , e Casimiro Fracassi fu Vincenzo, Musicante , domiciliati nel suddetto Comune, di nostra conoscenza, conoscentino le parti, e rivestiti delle qualità dalla legge prescritte, i quali sottoscrivono con noi, coll’indicati religiosi Minori Conventuali cioè Reverendi Padri Vincenzo Carnevale, Gennaro Ianigro, Erasmo de Angelis, Fra Eduardo Iammarino, e Fra Domenico Zingarelli, mentre il sopracennato Prospero Quaranta crocesegna per essere illetterato, siccome ha dichiarato. + Segno di Croce di Prospero Quaranta Pria di sottoscrivere il presente atto hanno le parti soggiunto, che per il corso di tre anni dal giorno della professione il Monistero dovrà somministrare a detto Don Gennaro solamente ducati sei all’anno pel vestiario, ed il dippiù gli sarà somministrato dal Padre Signor Prospero Quaranta, decorsi i tre anni l’intero vestiario sarà a carico del solo Monistero. Padre Vincenzo Carnevale Guardiano (seguono le altre firme)”.

196 ricoperto da orribile smalto, di una delle due cornici visibili ai lati più esterni del coro stesso. Alla data della “figura di esso Padre nostro depinta”, senza dubbio e per ovvi motivi assai antica e di cui sarebbe da ipotizzarne una collocazione tra il XIV ed il XV secolo, più di una sono le ragioni che portano ad associare o, almeno, ad avvicinare anche quella del quadro, questo ancora esistente, dell’“ingenua Immacolata Concezione…, tavola di vaste proporzioni, di una pittura sciolta e di modi gradevoli nella freschezza narrativa con cui vengono singolarmente presentati i vari attributi della Vergine” 331 . Tornando al coro, vi si accedeva, di giorno, al suono di una ‘ campanella ’. Al mattino e di notte, invece, i frati vi andavano dopo essere stati svegliati dal rumore, più sfumato, della ‘canna ’ oppure, più assordante, della ‘ troccola ’, strumenti tipici del francescanesimo. Nel giungere in coro sia per la preghiera privata che per le ufficiature e per le orazioni prescritte dalle ‘Costituzioni’ e dalle regole dell’Ordine, i frati, dopo aver baciato in terra, prendevano il posto assegnato ad ognuno “con compositione e silentio” ed aspettavano i segni convenzionali impartiti dal Padre Guardiano o da chi per lui. La notte, dopo la recita di ‘ Mattutino ’, si praticava, forse tre volte la settimana, la ‘disciplina ’ “conforme al prescritto delle Costituzioni”. Durante il giorno, l’ufficiatura divina proseguiva con le ‘ Lodi ’, le ‘ Ore ’ (Prima, Terza, Sesta e Nona), il ‘ Vespro ’ e la ‘ Compieta ’. Al mattino, dopo la recita di ‘Prima’ e, forse, delle litanie dei Santi, vi era la messa, alla quale assistevano comunitariamente tutti i religiosi del Convento. Non è da escludere che, dopo di essa, i frati partecipassero ad altre messe di devozione. Le stanzette, che, al dire del più volte citato Amoroso “hanno l’aspetto caratteristico di quelle del ‘300 come si conservano a S. Chiara a Napoli”, almeno nel periodo più antico e fino alla soppressione innocenziana, dovevano risultare assai povere e di semplicità ed essenzialità estreme. La dotazione di ognuna di esse, dove il frate trascorreva gran parte della giornata, vi vedeva presente un tavolino di legno, alquanto rozzo, o ‘banchetta’, da servire o per la lettura, per chi ne era capace, o per lo studio oppure, specie in tempo di malattia o di indisponibilità, per comodo di poggiarvi gli utensili e gli attrezzi con i quali il frate era tenuto ad operare per allontanare i pericoli dell'ozio. Ad un angolo della ‘cella’ era sistemato un letto con trespoli, tavole e “ piumazzo ” (= materasso) di paglia, o di saggina o, ma ciò solo nei tempi più recenti, di lana. A quest'ultimo, lo si è già visto, non mancavano le lenzuola ed il ‘ cossino ’. Al capo del letto era posta una croce in legno, semplice ed essenziale. Ma, stando al contenuto degli inventari del 1809, già nel corso del XVIII secolo le stanze presentavano maggior comodo ed erano dotate di qualche quadro. Il refettorio, nell’economia del Convento, costituiva il luogo per le riunioni del ‘ conseglio ’ e delle decisioni comuni, degli incontri fraterni ed, ovviamente, della quotidiana refezione. I religiosi vi convenivano al mattino, dopo la messa comunitaria, per la colazione; appena trascorso il mezzogiorno, dopo il canto di ‘Nona’, per il pranzo; ed, alla sera, dopo l’ora della preghiera e della meditazione che seguiva alla recita di ‘Compieta’, per la cena. Vi doveva risultare ben definito, pur se non accentuato e molto visibile eccetto che, forse, per un piccolo campanello necessario ad impartire i segni convenzionali, il posto del Padre “Custos, sive Guardianus”. Per colazione, dopo che dalla chiesa passavano al refettorio, i frati, senza alcuna distinzione tra superiore e sudditi, trovavano sulla nuda mensa il pezzo di pane apparecchiato e coperto da un tovagliolino. Sembra probabile che il pane venisse accompagnato da qualche cosa ricavata dall’orto e, nella fattispecie, da un frutto.

331 MORTARI L. Molise, Appunti per una storia dell’arte, Roma 1984, pag. 110. Alla nota 96 la Mortari aggiunge. “L’Immacolata giaceva sul pavimento in sacrestia. (…). Dopo il restauro (Sergio Donnini, 1973), è stata appesa in chiesa”.

197 A pranzo non mancava mai l’acqua e forse, stando almeno alla rilevante produzione che se ne faceva nel Convento di Limosano, neppure il vino. Sulla mensa ogni frate, predisposto dal ‘refettorario’, trovava al proprio posto, oltre al pezzo di pane, una ciotola. Di solito venivano servite una minestra ed una pietanza, a meno che non fosse giorno di digiuno. La minestra è probabile consistesse di erbe e verdure cotte oppure di legumi. Anche per cena veniva servita una minestra. Durante la refezione, o si ascoltavano delle letture oppure si osservava silenzio. Inoltre una volta al giorno, forse prima delle letture, dai religiosi veniva pubblicamente accusata la propria colpa al superiore e se ne riceveva la correzione o la punizione. Per il dopo pranzo ed il dopo cena, veniva concessa ai frati la possibilità di scambiare tra di loro qualche parola. A questi tempi di ricreazione, che è probabile durassero circa una mezzora, seguiva, dopo che ognuno era rientrato nella propria stanza, il silenzio più rigoroso, con la possibilità durante il giorno di “riposarsi alquanto per potersi poi all’hora debita attender a lodare Iddio”. Quanto alle ‘officine’ del Convento limosanese, mentre non si è trovata traccia del ‘lanificio’ (ma è probabile che vi si rappezzassero gli abiti e vi si lavassero i panni), è più che certa la presenza di una falegnameria, dove frati, conoscitori ed esperti del mestiere, vi lavoravano e preparavano manufatti di pregio. Forse ad essi si deve la realizzazione, oltre che del coro, anche dei due confessionali, di notevole fattura artistica, tuttora presenti nella Chiesa. Come in tutti i conventi francescani, anche in quello di Limosano era presente il chiostro interno con al centro la cisterna. Non è azzardato ipotizzare che sulle pareti vi fossero quadri. Dal momento che, ancora nel 1813, al Convento risultava “attaccato un giardino di piccola estensione, ed un territorio di circa tomoli quattro” 332 , coltivato, nel 1809, “a vigna”, è da ritenersi più che certo che tale terreno, almeno nei tempi più antichi, fosse utilizzato per “il commune lavoro dell’horto”, al quale, come era costume per i conventi francescani, nella parte più lontana era unito un piccolo boschetto, detto ‘la selva’. Delimitato, almeno inizialmente, dalla ‘fratta’, solo col passare degli anni e forse per motivi di sicurezza, l’orto venne circoscritto da un muretto. Vi venivano svolti, non solo dai fratelli laici o conversi e dai chierici, ma un po’ da tutti i religiosi, i lavori propri del giardinaggio (zappatura e vangatura, pose a dimora di piantine, sarchiatura, innaffiamento, etc.) e quelli riguardanti le piante da frutta ed il bosco del convento. Un discorso a parte merita la ‘ libraria ’, ossia quel locale in comune adibito a biblioteca, dove, oltre ai libri di più impellente necessità utilizzati sia per la formazione scolastica che per la preparazione e l’aggiornamento dei ‘Padri’, si conservavano i documenti, il materiale cartaceo e gli atti riguardanti l’attività, anche patrimoniale, del ‘Monistero’. Se è vero che “molte notizie circa la storia del Convento non si hanno perché le memorie ed i documenti conservati nella sua biblioteca ricca di opere pregevoli , pubblicati a Venezia nel 1500 , furono sperperati e venduti con i libri in questa contenuti nell’ultima soppressione” 333 , allora non è difficile immaginarne sia la ricchezza, per qualità e per quantità, della documentazione e dei testi che vi si conservavano sin dalla fondazione quanto i danni irreparabili arrecati a tale patrimonio, anche in riferimento alla possibilità di ricostruire la vita dei frati e la storia del Convento, dalle due soppressioni col saccheggio e le dispersioni enormi, che ne seguirono. Ma perché ci si possa fare un’idea, pur sommaria e che deve, comunque, essere riferita ai tempi lunghi e che affondavano le radici in un passato lontano, di alcuni aspetti degli ambienti e della vita di tutti i giorni condotta all'interno del Convento, si riportano le descrizioni, scarne e burocratiche, dell’arredamento e dell’oggettistica, ancora esistenti, dagli

332 ASC, Monasteri soppressi, B. 4, f. 21. 333 AMOROSO G., Relazione…

198 ‘inventari ’ di ciò che fu trovato “ nel Monistero de’ Minori Conventuali di Limosani, soppresso in esecuzione del Real Decreto de’ 7 Agosto 1809 ”334 . La struttura del complesso “del Convento ” era costituita da “ Una Chiesa ad una nave con cinque altari; coro nuovo di legno noce; l’organo con orchesta di pietra; Sacrestia vestita di legno. Nel chiostro nell'entrata di essa a sinistra uno stanzolino di niuno uso, presso di esso due stanze ad uso di fondaco per affitto; procedendo avanti a destra un fondaco a due stanze, attaccato alle quali è la chiesa picciola antica . Entrando dal chiostro, a sinistra un Refettorio grande vestito di legno con pittura , e due stiponi con porte colorite; dietro al refettorio uno stanzino ad uso di dispensa, all’altro lato un altro stanzino con stipone per conservar gli utensili del refettorio ; da detto stanzino si scende alla cantina divisa in due vuoti, in uno de’ quali è uno stanzino per conservare formaggio, e carrafoni . A destra dello stesso Chiostro è la cucina grande, o sia sca (l) datojo con tre finestre; dietro questa è la cucina piccola con fornelli; dietro alla cucina grande è un chiostro piccolo, a destra del quale è l'antica cantina grande per conservar legna, e carboni; attaccato ad essa è la stalla colla pagliaruola di sopra ; attaccato alla stalla è un fondaco per conservare generi. Salendo dal chiostro al quarto superiore, a destra vi sono i luoghi comuni con sei sedie coperte con portellini; dietro di esso è un fondaco anche per generi; avanti la porta di detto luogo è un balcone grande di ferro con porta. Proseguendo all’istesso lato sono quattro stanze grandi, tra esse divise, con quattro balconi di ferro, porte, e vitrate; dietro l’ultima stanza, propriamente nel dormitojo del campanile è un balcone di ferro con porta, e vitrata; appresso di esso a sinistra sono tre stanze, due abitabili, ed una diruta, e vicino a questa propriamente sotto del campanile è un balcone grande di ferro con porta, e vitrata. Tornando da detto dormitojo a destra sono quattro stanze, tre abitabili, ed una per uso di deposito. Proseguendo al dormitojo grande a destra sono tre stanze abitabili, e presso l'ultima è un appartamento con un salone, stanza, e alcoa grande, dentro della quale sono due stiponi con bussole indorate, e colorite; nella stanza è un balcone con pettorale grande di ferro a petto di palumbo (?) , ed una bussola indorata, e colorita; nel salone sono due consimili balconi con porte, e vitrate, e la porta dello stanzone bene lavorata di legno di noce; avanti di essa un balcone del dormitojo grande con porta, vitrata, e ferro. Vicino a detto balcone a sinistra del detto dormitojo è un altro appartamento con una sala grande, due stiponi di legno di noce, e due finestre con porte, e vitrate; presso il salone è una stanza con un stipo con porta, ed una finestra con porta, e vitrata; presso detta stanza un arcovo grande con due stipi uniti, e porte di legno d’abete, ed una finestrina con porta, e vitrata. Dietro a detto appartamento, e propriamente nel dormitojo grande è una cappellina con altare per gl’infermi . Sopra del portone del Convento è alzato per metà un campanile nuovo di pezzi lavorati . In tutte le stanze esistono porte, e vitrate, colle loro rispettive chiave ”. La composizione dell’ arredamento , ossia dei “ mobili, ed effetti, che servono all’uso de’ Religiosi, e che debbono esser loro lasciati in proprietà ”, vedeva al “ Quarto Superiore , nel quartino del Pr. M. Filippo Fracassi esistono: nella saletta due tavolini di legno di noce, e due cantoniere di pioppo, otto sedie a paglia antica colorate verdi; nell'anticamera due comò all’antica con iscansie sopra ad uso di libri, quattro sedie a paglia, un tavolino, o sia scrivania di legno noce, una sedia di appoggio, ed un candeliere d’ottone a quattro lumi; nello stanzino da letto, o sia alcoa, un lettino composto di piedistallo di ferro, e lettiera di legno, un paglione, due matarazzi di tela con lana lunga, due cossini dell’istessa lana ripiena, due lenzuola, un covertino di portanova, una coverta imbottita, due sopravveste di cossini, e due portieri anche di portanova.

334 ASC, Fondo Monasteri soppressi. Buste e fasci diversi.

199 Nel quartino del P. M. Giacinto Corvinelli, un lettino coi piedistalli di ferro, e lettiera di legno, un paglione, due matarazzi ripieni di lana lunga, due cossini, due lenzuola, un covertino biancho di bombace, una coverta cardata, un candeliere d’ottone; nell’anticamera un cantarano all’antica, un tavolino di legno per uso di studietto di libri, due altri tavolini; nella sala, un tavolino di legno, un sofà vecchio all'antica, dodeci sedie a paglia colorate verde, due tavolini all’antica con cornice indorata, uno scavabotto col bambino di cera, ed un orologio d’ottone con cassa di legno. Nelle tre stanze sotto il divisato quarto ad uso di Laici, in ciascuna di esse vi esistono: un letto composto di piedi e lettiera di legno, un paglione, un matarazzino ripieno di lana lunga, due lenzuola, una coverta imbottita, e due cossini, tre sedie, una boffetta rustica, un bacile con un piede di legno. Nelle stanze del dormitorio corrispondenti al giardino esiste in ciascuna: un letto composto di piedi, e lettiera di legno, un materazzino con due cossini pieni di lana lunga, un paglione, due lenzuola, un covertino bianco, e una imbottita, quattro sedie di paglia, un cantarano di legno d’abete, un tavolino alla rustica, un candeliere d’ottone, un bacile con piede di legno per lavar mani. Nelle due stanze abitabili dirimpetto alle sudette, esiste in ciascuna il letto con materazzino, paglione, due lenzuola, una coverta imbottita, una coverta cardata, due cossini con piedi, e lettiera di legno, un tavolino alla rustica, con bacile, e piede da lavar mani. Nella stanza del dormitorio verso il campanile esiste in ciascuna un letto con semplice paglione, manta cardata, e mante vecchie di lana, con tavolini vecchi alla rustica. Nella cucina grande esistono: un uncino, pala, e catena di ferro per il fuocolajo, e caldaja. Nella cucina segreta esistono: un caldajo, e marmitta di rame, e due altri caldaj piccioli usati, quattro tielle con coverchi di rame, due sartaggini grandi di ferro, uno scolatojo, e una stufarola di rame, una grattarola di cacio, tre spiedoni di ferro, sei treppiedi di ferro per uso di cucina, una bilancia con coppa di rame, e statera di ferro, due graticole di ferro, una liccarda con cinque tianelle di rame, e due pignatte anche di rame ”. Relativamente al quantitativo “del denaro contante , degli utensilj d’argento , di altri oggetti preziosi , e di tutti i mobili riserbati allo Stato ", vi furono inventariati “ docati quindeci moneta di rame, ed argento appartenenti alla Comunità provenuti dall’esazione dell’anno corrente 1809. Una sfera d’argento col piede di ramo cipro indorato. Due calici, uno tutto d’argento con patena, e l’altro con la coppa d’argento, e piede di rame indorato. Un incensiere colla navetta, e cucchiarino d’argento. Una piside con coppa d’argento, e piede di rame indorato. Un stellario per l'Immacolata Concezione di metallo indorato. Una croce di foglia di ottone antico indorata. Nel refettorio tutto vestito di legno con sedili tinti a marmo, vi sono undici banche, o siano mense di legno. Nella stanzina dietro refettorio vi sono tre pile, o siano vasi di pietra per uso di oglio. Nella cantina sottoposta alla Chiesa dietro il refettorio vi sono botti di legno N. 7, due di esse le più grandi con cerchi di ferro, e le altre con cerchi di legno. Un tinaccio grande di legno per navellar mosto di circa barili trenta. Tre sicchioni per tramutar vino. Una scala lunga di legno ad uso di fabbrica. Una cassa grande per conservar farina, o grano sistente nel fondaco. Un altro cassone per conservar legumi, ed altri generi . Vi sono bestiami di pecore, e capre in società principiata a 21 Agosto 1809 con Sisto Covatta, e sono: pecore di corpo N. 13, Montoni N. 3, agnelle N. 2, agnelli N. 1; Capre di corpo N. 4, Caprette N. 3, Capretti N. 3. Vi sono di più diciassette travi di pioppo da 30 a 40 palmi, meno che due, che sono della lunghezza di circa 20 palmi. Nel chiostro esistono circa duecento pietre lavorate, e sbozzate di diverse grandezze per uso del Campanile”, evidentemente in costruzione.

200 Inoltre, gli “ incaricati della soppressione del Monistero de’ Minori Conventuali di Limosani ” certificarono “di aver ritrovato nel sud.o Convento tomoli sedici di grano, quattro canne di legno da foco e Ventiquattro Barili di Vino ”. Sopra una essenzialità, che è poco definire ermetica ed oscura, dell’“inventario de’ libri, quadri ed oggetti di scienze ed arti ”, che con sintesi estrema riferisce del rinvenimento di soli “ quattro grandi quadri, due mezzani e sedici ovali e tondi piccoli con diverse jmagini, i quali sono stati trovati nel quartino del Padre Giacinto Corvinelli ”; su tale essenzialità, sulla cui volontarietà non pochi sono i dubbi, mena un pizzico di chiarezza la ‘protesta’ indirizzata “A sua Ecc.za il Cav.r Galdi Intendente di Molise” dallo stesso “ Giacinto Corvinelli ex maestro, ed individuo del Soppresso Monist.o de’ Minori Conventuali di Limosani (il quale) divotamente espone come nella soppressione del sud.o Monistero furono estratti, ed inventariati dagli aggenti della soppressione sedici quadretti di un palmo meno diametrale con effigie, e figure di alcuni Santi , e di Campagnole , e quattro altri di due palmi, e circa mezzo diametrali con figura di S. Francesco uno, l’altro con figura del Ven.le Vescovo Lucci , il terzo col ritratto del Papa Garganelli , e ‘l quarto col ritratto del Cardinale Sciarra Colonna , quali erano ad uso ed ornamento della sua stanza. Ciò si fece dagli aggenti per loro cautela, e per fedel osservanza dell’artic. 6 della Real decretazione, nel quale si ordinava di doversi inventariare li quadri. Ma facendosi attenzione alla Sovrana decretazione nell’art. 6, si conosce ad evidenza, che si parla di quadri preziosi, di antichità, di stima, e di valuta, siccome non sono li dinotati quadri, i quali, in fuori della cornicetta di verniggia indorata, nel Testo sono di bassissimo conto, e di tozza ordinaria mano, non significanti, come si può far ispezzionare per la verità. Quindi supplica V.E. di dare gli ordini opportuni alli consignatarj, o a chi per Regola si deve, di ripassare al Supp.nte li denotati quadretti, e quadri, come quelli, che colla Real decretazione nell’art. 6 li vengono accordati, perché di uso, ed ornamento della propria stanza; e perché non compresi nella Real decretazione dell’artic. 6, non essendo li sunnotati quadretti, e quadri preziosi, e di stima, e valuta, intesa dal Sovrano D.G. E l’avrà a grazia ut Deus ”. La assoluta mancanza di un pur minimo accenno alla consistenza del materiale librario porta ad ipotizzarne le razzie e gli scempi già compiuti. Con i danni facilmente immaginabili. Per la maggiore compiutezza delle notizie si riporta, infine, la descrizione “degli arredi, ed oggetti del servizio del Culto ”. Da essa ricaviamo la seguente organizzazione della Chiesa: “Altare Maggiore . Una custodia di marmo, e porcellina di ottone inargentata; ne quattro altarini della Chiesa vi sono la Statua dell’Immacolata concezione, di S. Francesco d’Assisi, di S. Antonio, ed un Crocifisso grande di legno col Cristo di Cartapesta. Un organo a nove registri con cassa indorata d’intaglio, Due confessionili di noce lavorati ad intaglio. Nel corpo della crociera della Chiesa, e del coro cinque quadri grandi: uno rappresentante la conversione di S. Paolo; il secondo il rispetto, o santificazione del Tempio; il terzo la guarigione del cieco nato; il quarto la moltiplicazione dei pani; e il quinto l’apparizione di Cristo alla Maddalena sotto figura d’ortolano. Due altri quadri, uno rappresentante S. Ludovico, e S. Rocco, e l’altro l’indulgenza della Porziuncula. Ai lati dell’altare maggiore due cornocopj di ferro con lampade d’ottone. Nel coro un lettorino di noce con due libri corali di canto. Un campanello sulla porta della Sacristia per uso delle messe di circa rotoli due. Gli altari sono forniti con tovaglie di tela galante con pezzillo. Sacristia . Uno stipone, osia guardaroba mobile di legno con dentro un vaso di ramo cipro, e aspersorio per uso d’acqua benedetta. Una croce antica di ottone indorata per uso di processione. Una cassettina di legno per conservar ostia. Due ampolline di cristallo. Un parato di drappo di seta molto usato di fondo bianco, o sia lama d’argento fiorato, consistente in un piviale, una pianeta, due tonacelle con borsa, e velo da calice uniformi;

201 un'altra pianeta gialla per uso del bianco trenata bianca, borsa, e velo uniformi. Una pianeta verde violacea di calamo, e seta con borsa, e velo uniformi. Una pianeta nuova di tomasco verde violaceo guarnita di trene gialle con borsa, e vello uniformi. Una pianeta di tomasco bianco guarnita di trene gialle con borsa, e velo uniformi. Un piviale negro di tomasco con trene gialle, ed una pianeta consimile con borsa, e velo. Un piviale di tomaschetto color bianco con trene gialle. Un velo umerale di drappeto color bianco fiorato con trene gialle. Un altro piviale di tappeto verde violaceo con trene gialle. Due pianete di tomasco una rossa, e l’altra bianca con trene gialle di seta, colle borse, e veli. Tre camici di tela sottila per la celebrazione della Messa. Cinque tovaglie di seta sottile con pezzullo per gli altari. Due messali usati. Tre cotte usate di tela sottile con pezzulli. Nella sacrestia sudetta uno stipone con dodici candelieri grandi di legno indorato, e ventotto piccioli con frasche di tela, e carta per paramento degli altari. Un ombrello di drappeto fornito di trene gialle. Una borsa di legno per le statue. Sei ostensorj di ramo cipro per uso di reliquie. Un tumulo di legno colorato indorato per lo S. sepolcro. Una custodietta di legno colorata indorata. Nel dormitorio esistente un campana di circa cantaja otto col suo martello. Sul campanile imperfetto due campane piccole una di circa un cantajo e mezzo, e l’altra di circa rotoli venti ”335 .

335 La situazione degli “ arredi ed oggetti del servizio del Culto ”, è quasi in tutto confermata dallo “ Stato degli arredi sacri, per li quali si son fatte le domande per parte delle Chiese più bisognose della provincia ”. Da quest’ultimo piace riprendere, oltre che la descrizione di “ Un Organo a nove registri con cassa indorata d’intaglio ”, che, pertanto, doveva essere assai ben tenuto, anche quella dei “ Cinque quadri grandi, rappresentanti uno la Conversione di S. Paolo; l’altro il rispetto, e Santificazione del Tempio; il terzo la guarigione del Cieco nato; il quarto la moltiplicazione dei pani; e l’ultimo l’apparizione di Cristo alla Maddalena in figura di Ortolano ”. Tutti gli “arredi ed oggetti” rimasero, tuttavia alla Chiesa di S. Francesco in quanto “ Il Sindaco di quella Comune a nome dell’intiera popolazione fece la domanda in questa ind.za a’ 10 Dec. 1809 di dover la Chiesa rimanere aperta come coadiutrice delle anime di due borghi situati fuori le mura, che colà hanno sempre esercitato il loro culto specialmente in tempo d’inverno, e perché il popolo vi venera Santuari di moltissima devozione ”. E l’Intendente “ con suo rapporto de’ 26 Gen.io 1810 la propose tra le Chiese che devono conservarsi aperte ed ora propone gli arredi che devono rimanergli per l’esercizio del culto,… ”. Per scrupolo burocratico e perché così si costumava, riguardo alla consegna in custodia dei vari arredi e dell’oggettistica, sia sacra che non, venne redatto il seguente verbale. “ Limosani, li ventisette settembre mille ottocento, e nove. Si sono personalmente avanti di noi Incaricati per la soppressione del Convento de’ Minori Conventuali costituiti i Sigg. Giuseppe Fracassi Sindaco, ed Ambrosio d’Addario della medesima, i quali con giuramento dichiarano aver ricevuto in consegna gl’infrascritti beni = Una custodia di marmo col portellino d’ottone inargentato; una statua dell’Immacolata Concezione, di S. Francesco d’Assisi, di S. Antonio; un Crocifisso grande; Un’organo a nove registri, con cassa indorata; due confessionali di noce intagliati; cinque quadri grandi, uno di S. Paolo, l’altro del rispetto del tempio, il terzo del cieco nato, il quarto la moltiplicazione dei pani, ed il quinto l’apparizione del Cristo alla Maddalena; due altri quadri uno di S. Ludovico, e S. Rocco, e l’altro della Porziuncula; due cornocopj di ferro con lampada d’ottone; un lettorino di legno con due libri di canto; un campanello sopra la porta della Sacristia di circa rotola due; gli altari con tovaglie di tela galante con pezzillo numero cinque; un guardaroba mobile di legno con un vaso di rame cipro, e aspersorio per l’acqua benedetta; una croce antica di rame indorato per le processioni; una cassetta di legno per l’ostia; due orciuoli di cristalla; un parato di drappo molto usato di fondo bianco di lama d’argento, cioè un piviale, una pianeta, due tonicelli con borse, e velo uniforme; una pianeta con borsa, e velo giallo; una pianeta verde di Calamo con borsa, e velo; una pianeta nuova di tomasco verde borsa, e velo con trene gialle; una pianeta di tomasco bianco, borsa, e velo con trene gialle; un piviale nero di tomasco con trene gialle; una pianeta consimile con borsa, e velo ; un piviale di tomaschetto bianco con trene gialle; un velo umerale bianco fiorato con trene gialle; Un altro di drappetto violaceo, e verde con trene gialle; due pianete di tomasco una rossa, e l’altra bianca con trene gialle con borsa, e veli; tre camici di tela sottile; due messali usati; tre cotte usate con pezzillo; uno stipone con dodeci candelieri grandi di legno usati, e indorati, e ventotto piccoli con frasche di tela, e carta per gli altari; un ombrello di tomasco rosso usato; una bara di legno per le statue; sei ostensori di rame cipro per le reliquie, un tumulo di legno indorato pel S. Sepolcro; una custodietta di legno indorata colorata; una campana grande di circa cantaja otto col suo battaglio, e due altre campane una di circa un cantajo, e mezzo, e l’altra di circa rotola venti sistenti sul campanile imperfetto; sette botti di legno due più

202 Una “ nota degli oggetti preziosi dei Monisteri soppressi”, che andrebbero aggiunti a quelli indicati, evidenzia come, mentre i due di ‘niun pregio’ (gli ultimi) restarono “per uso della chiesa”, dal Convento di Limosano furono portati via e sparirono definitivamente i tre, i primi dell’elenco, di maggior valore. - Una sfera d’argento col piede di rame cipro dorato, di libre tre di peso e dal valore di 20:40 ducati; - Un’incensiere d’arg.to con navetta e cocchiarino anche d’argento, di libre due ed otto once di peso e dal valore di 18:51 ducati; - Un calice interamente d’argento con patena, di libra una e quattro once di peso e dal valore di 34:00 ducati; - Un’altro calice con coppa, e patena d’argento, piede di rame cipro dorato, di libra una e nove once di peso e dal valore di 6:80 ducati, che “resta per uso della chiesa”; - Una pisside d’arg.to con piede di rame cipro dorato, di libra una e due once di peso e dal valore di 6:23 ducati, che “resta per uso della chiesa”. Alla luce dei documenti riportati, la vita monastica, specie di quella condotta dai frati dentro del ‘Monistero’, è ora meno difficile da immaginare e, soprattutto, più facile la ricostruzione. Anche se, e lo si vedrà molto chiaramente nel prosieguo, perché quest’ultima possa risultare più completa, non si può, in nessun caso ed in nessun modo, prescindere dal dare uno sguardo all’amministrazione dell’ingente patrimonio monastico.

5.3 - Il patrimonio del Convento

Tanto il ruolo che la specificità della funzione amministrativa, da sempre svolti dal Convento nell’ambito territoriale dell’intera area riconducibile al corso mediano del Biferno, risultano più che evidenti dall’elenco, o ‘ inventario ’, “ di tutt’i Titoli, Scritture, Libri di Conti, ed altre carte relative alla proprietà, e rendita, e agli obblighi, e pesi del Monistero de’ Minori Conventuali di Limosani ”, compilato “ li 27 Settembre 1809 ”. Ed emergono da esso, inoltre, la consistenza della massa relativa all’aggregazione patrimoniale, sia monetaria che fondiaria, nonché la tipologia dei vari ‘contratti’ posti in essere e, probabilmente, rinnovati con una periodicità da ritenersi, per la maggior parte dei casi, annuale. Furono rinvenuti: “1°. Un libro generale di Tutti i Capitali in danaro di fogli scritti N°. 78. 2°. Una platea pubblica di tutti li Beni Stabili, che ha sempre posseduto, e possiede il detto Monistero, con fogli scritti, ed indice di piante N°. 7, le piante poi sono n. 62. 3°. Un'altra platea anche di piante non autentica, e legate di fogli scritti N°. 82. grandi con quattro cerchi di ferro per ciascuna, in una delle quali esistono circa ventiquattro barili di vino, e cinque con cerchi di legno; un tinaccio di legno per lavellare il mosto di circa barili trenta; tre secchioni per travasar vino; una scala lunga di legno ad uso di fabrica; una cassa grande per conservar farina, e grano, sistenti nel fundaco, ed un altro per conservar legumi, o altri generi; diciassette travi di pioppo, cioè due di circa palmi venti l’uno, e quindeci di trenta, o quaranta palmi; tredici pecore di corpo, tre montoni, due agnelle, un’agnello, quattro capre, tre caprette, e tre capretti date a Sisto Covatta in società nel dì 21. Agosto corrente anno 1809; sei quadri, due cioè mezzani, e quattro grandi, e sedici ovali, e tondi piccioli con diverse imagini; il Rifettorio guarnito di legno con undeci panche, e sedili; tre pile di pietra ad uso d’oglio sistenti nel fondaco dentro al Rifettorio, e in fine tutto il locale del Convento. Quali effetti stabili, e mobili essi costituiti si obbligano di conservare, ed esibire ad ogni richiesta dello Stato, ad eccezione del grano, vino legna, ed undeci travi venduti, e il prezzo introitato, come da’ processi verbali formati dagl’Incaricati a norma delle istruzioni, e essi congiuntamente si sono obbligati. Fatto, e chiuso oggi sud.o giorno, e anno. Sindaco Giuseppe Fracassi si obbliga come sopra + Segno di croce di Ambrosio d’addario, che si obbliga come sopra, e non ha firmato per non sapere scrivere Durand, Verificatore Petrone, Consigliere Distrettuale Incaricato .”.

203 4°. Copia di platea di Beni, e Rendite di detto Convento di fogli scritti N°. 48. 5°. Varie carte volanti relative alle sudette piante, e platee, di carte scritte N. 22. 6°. Un libro di Censi Bollari del detto Convento della Terra di Limosani, e di quella di S. Angelo, e Fossaceca di fogli scritti N°. 19. 7°. Un libro di Censi Bollari del Convento sudetto in detta Terra di Limosani per l’anno 1809, di carte scritte N. 39. 8°. Un libro di Censi bollari nella Terra di Montagano, e della Terra di Matrice pel 1809 di fogli scritti N°. 20. 9°. Un libro di Censi Bollari del Convento di Limosani nella Terra di Petrella pel 1809 di fogli scritti N°. 3. 10°. Un libro di Censi, ed affitti de’ Territorj del Convento di Limosani con un notamento de’ Bestiami pecore, e capre di fogli scritti N°. 19. 11°. Diverse scritture, o sieno obblighi de’ particolari Coloni de’ Terreni dal 1790, non rinnovati, N. 57. ”336 . Oltre alla evidente e puntuale precisione usata nella gestione, le cui decisioni erano prese nei ‘consegli ’ che si tenevano nel refettorio dai religiosi “ congregati al suono di campanello ”, va sottolineata la diffusione del disponibile fondiario non solo nella ‘Terra’ di Limosani, ma anche in quelle di S. Angelo, di Fossaceca (Fossalto), di Montagano, di Matrice e di Petrella. E, lo si desume da altra fonte 337 , di Castropignano ed addirittura di Larino. Questo a riprova del fatto che il Convento limosanese rappresentava un punto di riferimento notevole per l’economia dell’intero ambito territoriale dell’area del medio Biferno. E non solo, in quanto con atto del 22 Agosto 1860 (v. ASC) “ i Reverendi Padri Conventuali di Limosano Padre Maestro Giuseppe Borsella fu Luigi, e Padre Venanzio Fracassi fu Pasquale, componenti l’attuale famiglia del Convento de’ Minori Conventuali di Limosano… dichiarano che la Religiosa Comunità da loro rappresentata ha delle rendite ne’ Comuni di Apice, Bonito, Montefusco, Mirabella e Grottaminarda, in Provincia di Principato Ultra… (e, per tutelare i loro interessi) istituiscono Procuratore ad lites… ”. Anche se (v. nota 4) sembra che assegnazioni, in tal senso e con una ricostituzione del patrimonio diversa da quello posseduto prima della soppressione, avvennero al momento della riapertura del 1821. Riguardo alla tipologia dei contratti, l’ “ introito ” del corrispettivo, oltre che per canoni di ‘censo bollare ’ o di ‘ affitto ’, era relativo a: ‘ spese di metenda ’, ‘ capitale ’, ‘ prezzo residuale di lana ’, ‘ dichiarazione d’affitto ’, ‘ polizza bancale (o anche ‘ bancala ’)’ e ‘ albarano ’. Il quantitativo da incassare, ma il documento, essendo del 1810 338 , probabilmente riporta una situazione in cui è possibile si fossero già verificate delle sensibili variazioni rispetto alla reale consistenza degli anni precedenti, dai 376 debitori (dal n. 317 al n. 692 dello “ Stato generale di tutte le reste dei Monasteri soppressi… giusta i bastarduoli di ciascun Monistero ”) era così ripartito:

DERRATE DI PRODOTTI CONTANTE Tomoli - quarti - misure Ducati - grani Montante (anno corrente) 148 - 2 - 2 e 1/2 230 - 49.3 Arretrato 20 - 2 - 2 e 1/2 272 - 06.3 T O T A L E 169 - 1 - 1 502 - 55.5

La tabella evidenzia come la gestione amministrativa del circolante monetario fosse diventata preponderante, e non poco, rispetto a quella del patrimonio fondiario. Risulta ciò ancor più

336 V. nota 57. 337 ASC, Fondo Monasteri soppressi. B. 3, f. 11. 338 ASC, Fondo Monasteri soppressi. B. 3, f. 11.

204 evidente laddove si fa un’analisi, pur affrettata e necessariamente veloce, de “ gli stati n.i 1 e 2 de’ beni stabili, mutui, capitali del Monistero soppresso de’ Minori Conventuali di Limosani ”, che “ li 2 Decembre 1809 ” il “ Direttore della Registratura, e de’ Demani ”, insieme “ colle seguenti carte, cioè sette inventarj separati, una dichiarazione de’ Religiosi collo stato di essi, e finalm.e uno stato di consegna ” (che sono state già riportate), trasmetteva (‘complicava’) “ al Sig.r Intendente della Provincia (di Molise)” 339 . Dallo “ stato n. 1° ”, o “ Stato de’ beni stabili…”, risultavano 76 partite, di cui, oltre alla n. 1 (Locale del Monistero ), alla n. 74 ( fondaco e Casa a Limosani ) ed alla n. 75 ( Casa a Limosani ), ben 73 riguardavano ‘ pezzi ’ di “Territorio” e di alcune vigne, tutte nell’agro di Limosano, per una estensione complessiva di ‘ tomoli ’ 315:00:00. Di esse, eccettuata una “Vigna alle Macchie ” estesa ‘ tomoli ’ 3:1:2, che ancora “ si coltiva da’ Monaci ”, le restanti 72 partite, delle quali tutte il Convento era “ padrone assoluto ”, si tenevano in fitto; e la scadenza del pagamento del relativo canone, che ammontava a ‘ tomoli ’ 104:3:1 di grano, era fissata per tutte ad agosto. Una considerazione a parte andrebbe fatta sulla estensione complessiva dell’intero patrimonio terriero. Difatti, contrariamente al dato già riportato, le operazioni di ‘ verifica ’ e di ‘ misura ’, svolte “li quattro del mese di Xbre dell’anno mille ottocento tredeci in Limosani” e, pertanto, dopo ben quattro anni, determinarono una superficie totale di ‘ tomoli ’ 536:2:0 e 2/3 , di cui nell’agro di S. Angelo ‘ tomoli ’ 20:0:0 340 . 339 ASC, Fondo Monasteri soppressi. B. 9, f. 67. 340 ASC, Fondo Monasteri soppressi. B. 12. Il documento, interessante per le descrizioni sul posizionamento delle diverse ‘proprietà’ e per possibili confronti con le risultanze del Catasto Onciario, riporta che: “Oggi che sono li quattro del mese di Xbre dell’anno 1813, mille ottocento tredeci in Limosani. In esecuzione dell’invito fattomi in data de’ 25 dello scorso prossimo 9bre dal Sig. Michelangelo Cancellario Notajo Certificatore del Distretto di Campobasso, io Fabrizio Fazio Agrimensore residente in d.a centrale,…, mi sono recato sopra luogo di varie proprietà demaniali, provenienti dagl’ex Conventuali di Limosani, site in diverse contrade nel tenimento del med.o Comune ; e con l’assitenza, presenza, e intervento del nominato Sig.r Notajo Certificatore, e degl’indicatori Mattia Colavecchia, e Roberto Gravina proprietarj campagnuoli dell’anzidetto Comune di Limosani, ho proceduto con tutta esattezza secondo le regole dell’arte alla misura delle suddette proprietà col passo di palmi sette 7, e col divisore di passi settecento ottanta quattro 784, giusta il costume del paese . Quale misura è risultata nel modo che siegue. 1) La proprietà a Montemarcone posta rimpetto al mezzo giorno parte seminatoria, parte incolta, pietrosa, e parte lamosa dell’estensione di tomoli duecento trenta, e misure due giusta la pianta al n. 1 230.0.2 Si noti che della sopra indicata proprietà vi sono circa tomoli cinquanta lamoso, e circa venti d’incolto, e petroso. 2) Il territorio nel luogo detto Tufilli, e Colle del Fico posto al mezzo giorno di superficie scoscesa parte seminatorio, parte lamoso, e parte incolto con circa mezzo tomolo di vigna, e circa tomoli due di territorio boscoso consistente in querce di mezzana grossezza, dell’estensione tutta l’indicata proprietà di tomoli trentaquattro due quarti, e una misura, de’ quali circa tomoli dodeci sono lamosi, e tomoli cinque sono incolti, … 34.2.1 Nella sud.a proprietà ci è una masseria a fabbrica. 3) Il territorio a Coste Valletta che guarda al mezzo giorno di superficie falso piano di natura seminabile sparso di alquante querciuole, dell’estensione di tomoli quattro, e due misure, de’ quali tomolo uno circa è incolto, 4.0.2 4) La proprietà alla contrada detta Macchia Porrazzi consistente in una vigna con nove piedi di peri, e meli, e con altri cinque piedi di ulive di mezzana grandezza, dell’estensione di tomoli due quarti due, e misure due, con ispiega che la sudetta proprietà è posta al mezzo giorno, di superficie piano inclinato, e manca molto di coltura, 2.2.2 5) Il territorio seminatorio nel luogo detto la Foresta , che guarda al mezzo dì, di superficie piano inclinato dell’estensione di tomoli… 4.1.0 6) La proprietà nella contrada chiamata li Monti , che guarda al mezzo dì, di superficie piano inclinato, dell’estensione di tomoli… 14.0.3 7) Il territorio seminativo alla contrada detta Pozzo Martino guardando il mezzo giorno di superficie falso piano di natura poco fertile, e dell’estensione di tomoli…

205 Dallo “ stato n. 2° ”, o “ Stato de’ capitali quandocumque, mutui, canoni, censi, ed altre annualità di spettanza del Monistero soppresso de’ Minori Conventuali di Limosani…”, invece, ne viene che il numero totale dei ‘ partitari ’ ammonta a 418, dei quali 108 sono per “Censito ” e ben 310 per “ Capitale ”. Mentre i “ Censi ” si pagavano, fatta salva qualche rarissima eccezione, sempre ad agosto, la restituzione del “ Capitale ” poteva avvenire in ogni periodo dell’anno, anche se si deve registrare una certa preponderanza per il mese di agosto e, cioè, all’epoca del ‘ ricolto ’. Occorre aggiungere che il ‘ censo ’ era, sempre ed in ogni caso, riferito a beni fondiari (terreni e case). Ma la notizia più importante, potendo consentire confronti quanto mai utili, riguarda il fatto che il “ Capitale ” dato a mutuo, ad un tasso mai inferiore al 5%, ammonta a 5872,25 ducati.

1.3.2 8) Il territorio a S. Perillo, o sia Peschio Mastrantuono , il quale guarda il Levante di superficie scoscesa dell’estensione di tomoli sei, un quarto, e tre misure, de’ quali un tomolo e mezzo è incolto, e lamoso. Nel detto fondo vi è un albero di ulivo, e quattro piedi di frutta. Si vegga la pianta numero 8 6.1.3 9) Il territorio alla contrada chiamata Casa Paradiso, o Pagliaro Paradiso, o sia Ischia Majura di superficie scoscesa dirimpetto al mezzo giorno di natura arenacea, e cretosa dell’estensione di tomoli 7.0.0 10) La proprietà al luogo detto Fonte Falcione, o sia Sconcio che riguarda il Ponente di superficie scoscesa, e ripida dell’estensione di tomoli tredeci, tre quarti, e tre misure, de’ quali ve ne ha tomoli circa sei d’incolto, e ‘l resto seminatorio poco fertile, come si osserva dalla pianta num. 10 13.3.3 11) Il territorio al luogo detto Colle Lorenzo rimpetto il levante, di superficie scoscesa, dell’estensione di tomoli tre e misure due, de’ quali la metà è vigna con diciotto piedi d’olivo, e il resto seminatorio,… 3.0.2 12) La proprietà al luogo detto Uomo morto, serra di Castropignano, o pure il Carpine che guarda il ponente, di superficie scoscesa, di tomoli quarantadue, e due quarti, de’ quali circa tomoli dodeci sono lamosi, incolti, petrosi, ed arenacei e ‘l resto è coltivabile, ma di poca feracità… 42.2.0 13) Il territorio posto al luogo detto Coste del Lago che guarda il mezzo dì, di superficie scoscesa, dell’estensione di tomoli due, e due terzi di misura, li quali sono tutti lamosi,… 2.0.2/3 14) La proprietà al Peschio della Volpe la quale guarda il mezzo giorno di superficie erta, dell’estensione di tomoli sei, e tre quarti, de quali la maggior parte è inculta e pietrosa, essendovi nel mezzo di detto fondo un gran masso di pietra viva, come si vede dalla pianta num. 14 6.3.0 15) Il territorio al luogo detto Lame rosse, o morge del gesso , che guarda il mezzo dì, di superficie scoscesa ed erta, dell’estensione di tomoli ventidue, due quarti, e una misura, de’ quali circa tomoli cinque, e mezzo sono lamosi, e incolti; il resto è seminatorio poco fertile,… 22.2.1 16) La proprietà al luogo detto Colle del ruojo rimpetto al Levante, di superficie falso piano, dell’estensione di tomoli…, di territorio seminabile alquanto fertile, con quattro querciuole,… 5.2.0 17) La proprietà al luogo detto il Monistero , perché contigua al medesimo, di superficie inclinata, che guarda il mezzo dì, dell’estensione di tomoli…, di territorio tutto seminabile, e molto fertile, contenente quarantasei piedi di olivi di giusta grandezza,… 3.1.1 e 1/3 18) La proprietà al luogo detto Fonte dell’olmo rimpetto al mezzo dì, di superficie falso piano, dell’estensione di tomoli…, di natura seminabile, e fertile, contenente dieci piedi grandi di querce: … 2.3.1 e 1/3 19) La proprietà al luogo detto Colle franco , che guarda al levante di superficie piana, dell’estensione di tomoli…, con quattro querciuole, di natura alquanto fertile, e seminabile 2.2.2 e 1/3 20) Il territorio alle Lame di S. Pietro , che guarda il mezzo dì, di superficie scoscesa, ed erta, dell’estensione di tomoli…, de’ quali tomoli circa venti sono lamosi, incolti, e pietrosi, e ‘l resto seminatorio, con circa un tomolo di vigna nuova… 75.2.1 21) Il territorio al luogo detto sotto al Peschio Martino , che guarda il mezzo dì, di superficie scoscesa, dell’estensione di tomoli…, de’ quali tomoli due sono lamosi, incolti, e pietrosi… 10.3.3 22) La proprietà posta al luogo detto Colle S. Andrea, o sia termine , guardante il levante, di superficie inclinata, dell’estensione di tomoli…, alquanto fertile… 4.2.0

206 Il raffronto tra i dati aggregati complessivi (quello riguardante il solo fondiario di S. Angelo, che, in netta controtendenza, passando nel valore assoluto dai ‘ tomoli ’ 12:0:0 del 1743 ai ‘tomoli ’ 20:0:0 della ‘ verifica ’ del 1813, fa registrare un incremento del +66,67 in termini di %, deve essere ritenuto, in quanto modesto, di scarsa significatività) sia del fondiario che del disponibile monetario riferibili all’agro di Limosano, mostra, rispetto alle risultanze del “Catasto Onciario” del 1743, quel mutamento di direzione di rilevanza enorme nella gestione del patrimonio conventuale, cui più sopra si dava cenno. Nel dettaglio si ha che, mentre per la disponibilità fondiaria, passando dai ‘ tomoli ’ 921:2:0 del 1743 ai ‘ tomoli ’ 516:2:0 del 1813, deve registrarsi un decremento di –43,98 in termini percentuali, per quella monetaria, che a sua volta passa dai ‘ ducat i’ 2507,50 del 1743 ai ‘ducati ’ 5872,25 del 1813, la variazione da registrare evidenzia una crescita, significativa, di +134,19 nel valore percentuale. Altro, poi, non resta da aggiungere se non che, relativamente ai valori assoluti, essi risultano di certo elevati e, perciò, assai indicativi della funzione fortemente condizionante sull’intera economia della zona esercitata dal ‘ Monistero ’ limosanese. E non solo da esso, ma anche dalla “ Grancia ” dei Celestini, se è vero che dallo “ stato de’ Beni demaniali da mettersi in affitto conforme al R.D. del 9 ottobre 1809 ”341 , che reca la data 20 febbraio 1810, risulta, sempre relativamente all’agro di Limosano, per il primo una disponibilità di numerose partite di terreni per ‘ tomoli ’ 283:1:2 e per la seconda di ‘ tomoli ’ 225:0:0, dato che, ed è facilmente intuibile, non la discosta molto da quello. Si aggiunge solo che, circa i sistemi di ‘incasso’, intorno al 1750 “insieme ad altri ‘esattori dell’altri Luoghi Pij’ , anche Fra’ Donato di Tata, limosanese, ‘nel tempo della scogna va per le loro (= dei fittuari e dei censuari) Aie esigendo li detti terratici’ ”342 . A questo punto, ad ognuno la sua conclusione. Pure se sembrano proprio fuori da ogni discussione tanto il ruolo di ‘banca’ svolto dal Convento di Limosano che quello di soggetto economico esercitato da sempre, direttamente o, una volta soppresso, indirettamente, anche dal Monastero dei Celestini. Magari, secondo i più puri principi della concorrenza.

23) Il territorio alla contrada di Colle Pizzuto o S. Croce posto rimpetto al Ponente di superficie scoscesa, dell’estensione di tomoli…, parte seminatorio, e parte incolto, pietroso, ed arenaceo,… 6.3.3 24) Il territorio al luogo detto Lago majuro , che guarda il levante, di superficie erta, e scoscesa, della estens.e di tomoli…, tutto incolto, e arenacea… 5.1.0 25) La proprietà al luogo detto Crocevecchia , che guarda il mezzo dì, di superficie inclinata, dell’estensione di tomoli…, di terreno seminabile, e di buona qualità,… 2.2.2 e 1/3 Sieguono le proprietà nel tenim.o di S. Angelo Limosani, apparteneti agli ex Conventuali di Limosani (nota: trattasi di 4 ‘territori’, eccettuata una ‘proprietà’, estesi rispettivamente tomoli 7.2.0, 3.0.2, 4.3.2 e 4.3.0 e 2/3). TOTALE sono tomoli 536.2.0 e 2/3 Terminata l’operazione della misura, mi sono in seguito occupato della formazione delle piante delle rispettive proprietà, come qui appresso vengono delineate. Fatto, e scritto in Limosani il presente verbale di perizia il giorno, mese, ed anno di sopra enunciati, sottoscritto da me sud.o agrimensore, e da' su riferiti indicatori F.to: Fabrizio Fazio, Agrimensore Ruberto Gravina, Indicatore + S. di C. di Mattia Colavecchia, Indicatore. Ben vero, dalle tomola sud.e 536.2.0 e 2/3 detrattene tomoli ottantanove di lamoso, e settantacinque, e tre quarti circa d’incolto, e sterile, resterebbero netti tomoli 371.3.0 e 2/3 F.to: Fabrizio Fazio” Il numero, che precede la descrizione delle singole partite, corrisponde a quello della rispettive piante, conservate in ASC. Risulta ovvio che alle 4 “nel tenim.o di S. Angelo” corrispondono i disegni contrassegnati dal numero 26 al 29. 341 ASC, Fondo Monasteri soppressi. B. 3, f. 10. 342 BOZZA F., op. cit., pag. 271.

207 Ma se i dati, che si sono potuti registrare, debbono essere letti ed interpretati (e perché non farlo?) come profondamente indicativi di un cambiamento di direzione sia nel metodo della conduzione amministrativa che nell’attenzione verso l’oggetto della gestione patrimoniale, è qui opportuna qualche essenziale considerazione ed alcune domande. Va innanzitutto annotato che, in certo qual modo, il Convento, fatti salvi gli opportuni aggiustamenti derivanti dalle mutate condizioni storico-sociali, ha mantenuto nel tempo lungo di secoli e, se possibile, ampliato, relativamente allo spazio, i compiti che appartennero allo specifico del monachesimo benedettino. Quasi che il concetto di ‘ curtis ’ si sia evoluto e sia stato fatto proprio anche dagli ordini ‘mendicanti’. Si accennava al fatto che la gestione amministrativa del circolante monetario era diventata preminente rispetto a quella del patrimonio fondiario. Ma, tale inversione di rotta, di tanto evidente di quanto fortemente condizionante della società limosanese, quando era iniziata? A quali fattori storici era dovuta? E, soprattutto, vi parteciparono anche le gerarchie più elevate dell’Ordine o era frutto di decisioni prese ‘in loco’? Sembra probabile che essa non debba essere affatto circoscritta al solo sessantacinquennio che va dalla data del ‘ Catasto Onciario ’ (1743) a quella della soppressione del 1809, che sono le date per le quali esistono situazioni di una certa completezza. Il dettaglio, da ritenersi sufficientemente attendibile per le eventuali ricostruzioni ed analisi, della reale ed effettiva consistenza del patrimonio del Convento di Limosano è possibile proporlo, con l’inserimento di qualche nota, dalle descrizioni, essenziali ma interessanti per la toponomastica delle località e delle contrade, del ‘ Catasto Onciario ’ del 1743. “Il Convento di S. Francesco de minori Conventuali di questa Terra , sito nel luogo d.o lo Piano di S. Francesco di stanze sedeci nel dormitorio, stanze otto nel Chiostro, oltre la cucina, e Reffettorio , e la Chiesa fuora le mura della Terra conf(in).a avanti e da due lati (con) strada publica, dietro la Vigna, e Giardino di d.o Convento 343 . Sono in d.o Convento di Famiglia 344 : - Fra’ Francesco d’Amico, Sacerdote an(ni) 65 - Fra’ Filippo Cocucci Maestro e Guardiano della Città d’Agnone an(ni) 31 - Fra’ Carlo de Angelis Sacerdote della Serra Capriola an(ni) 41 - Fra’ Celestino Griffi Baccelliere Sacerdote di Goglionisi an(ni) 26 - Fra’ Giuseppe Filacchione Baccelliere Sacerdote di an(ni) 25 - Fra’ Serafino Cerio Suddiacono Studente di Campobasso an(ni) 21 - Fra’ Antonio Pertosa Clerico in minoribus Studente di S. Nicandro an(ni) 24 - Fra’ Antonio di Tata Laico Professo di questa Terra an(ni) 53 - Fra’ Pietro Ferraro Laico Professo di questa Terra an(ni) 42 - Fra’ Giovanni Covatta Laico Professo di questa Terra an(ni) 41 Possiede il d.o Convento li seguenti beni : - Il Fondo d’una Casa di membri due soprano, e sottano nella piazza di D. Andrea , conf.a con li beni di Francesco Gio:cola, Donato Bonadie, strada publica, ed altri, e ne paga d.o Donato Bonadie ogn’anno grana diece.

343 Alquanto diversa, quanto alla consistenza, è la descrizione dello “ Stato generale de’ Locali appartenenti ai Luoghi pii soppressi , oggi al Regio Demanio, che si propongono agli usi designati col Regolamento approvato da S.M. ai 16 luglio dello scorso anno 1812 ” (v. ASC, Monasteri soppressi, B. 1, f. 1), che, con la data del 20 Febbraio 1813, riporta “Limosano, Mon.o de’ Conventuali soppressi sotto il titolo di S. Francesco. E’ fissato nel borgo dell’abitato di Limosani. Fu danneggiato alquanto dal tremuoto del 1805. Le sue fabbriche, menocché quelle che han sofferto sono in buono stato. Il Chiostro contiene 13 stanze servibili a diversi usi. Il piano superiore ne contiene circa 20. (…).”. 344 La presenza di un “ Suddiacono Studente ” e di un “ Clerico in minoribus Studente ” nella ‘famiglia’ religiosa dimostra l’esistenza di uno ‘ studentato ’ di Teologia nel Convento di Limosano.

208 - Un’altro fondo d’una Casa di membri tré alla piazza delle Botteghe , conf.a con li beni di Franc.o Perrocco, d’Ant.o d’Alesio Marc’Antonio, piazza publica, ed altri, si tiene dà Cosimo Frangiosa, e ne corrisponde ogn’anno grana venticinque. - La metà d’una Casa di membri sei indivisi, nella piazza delle Lisci , conf.a col fundico della Cap.a del SS.mo Sagramento, con Niccolò, e Donato Ricciuto, ed altri, si tiene dall’Eredi di Domenico Sabetta, e ne paga ogn’anno carlini quindeci. - Un’altra Casa di membri tré nel luogo la piazza di D. Andrea , conf.a con l’Erede del q.m Felice Gio:cola con Cosimo Francesco Gravino, piazza publica, ed altri, si tiene da Filippo, e Niccolò Minicuccio, e ne pagano ogn’anno carlini diecinove. - Tré fundici attaccati a d.a Chiesa del Convento , si tendono affittati per uso de Magazzini dal Mag.co Erario della Camera Marchesale, da Cosimo Pasciarella, ed altri Cittadini per carlini trenta. - Un’altra Casa d’una stanza nel piano di d.o Convento , conf.a con l’Erede di Libero, e Gio: Amoruso, ed altri; fu Chiesa di S. Rocco . Discusso è dell’Unità come apparisce dal decreto di S. Visita à fol. 25 à quattro di Luglio 1693 . - Un’altro fondo di Casa alla piazza delli Focini , conf.a beni del q.m Bartolomeo Corvinelli, ed altri, si tiene da N(ota).r Carlo Corvinelli, e ne paga annui carlini tré. - Una Grotta sotto le Ripe della Casa di Raffaele Gio:Cola, in faccia occidente, non s’affitta, sta in demanio. - Un Casalino sotto la Casa di Cosimo di Venere , conf.a con il Casalino di Carlo Fattorino , ed altri, è stato, e stà in demanio. - La metà d’una Casa di membri due, nel luogo d.o Li Tufi , confina con Giuseppe d’Orzo, ed altri, si tiene dà Michele Amoruso, e ne paga carlini dieciotto. - Un’Orto di misure una allo Codacchio , conf.a con la Chiesa di S. Maria Maggiore , ed altri, stava, e stà in demanio. - Un’altro Orto di misure quattro, sotto le ripe , conf.a con beni dell’Eredi del q.m D. Gaetano Covatta, ed altri, affittato à Bartolomeo Frosolone, ne paga carlini due. - Un’altro Orto di una misura, e passi sette, nel luogo sotto lo Baglio , confina con Giacomo Sabetta, ed altri, e n’ha fatto casa nuova Innocenzio Angelilli , ne paga annui grana venticinque. - Una vigna di trantali diecessette, con un’altro tt.o di Territorio per uso d’orto , con tredeci piedi, e dieci piantoni d’olive , appoggiato a d.o Convento , conf.a d.o Convento, Strade publiche , ed altri. - Un’altra Vigna di trentali tré, con tomula cinque, e quarti tré di Territorio intorno , con ventitré querce, cinque bisceglie, e tré piedi d’olive, nel luogo d.o S. Illuminata, e Colle Capogrosso , conf.a strada publica , beni di Gio: Batta Longo, ed altri. - Un’altra Vigna diruta di tt.a uno, e misure sei, nel luogo d.o Fonte Vernavera , conf.a beni dell'’nità, Donato Gio:Cola, ed altri. - Una Vigna di trentali quattro, ed un quarto, con tt.a due e mezzo di Territorio intorno , con otto piedi d’olive, e Querce sei piedi , nel luogo d.o Li Patrisi , conf.a beni di S. Maria della Libera, beni dell’Unità , ed altri. - Un’altra Vigna di trantali tré, e mezzo con quindeci piedi e trenta pranzoni d’olive, nel luogo d’o Vallone Bruno , conf.to da Benedetto Marchetta dopo il Concordato , conf.a beni di Donato Marchetta, beni dell’Unità, ed altri. - Un Territorio di tomula quattro, nel luogo d.o Colle Capogrosso , dato a cenzo à Giuseppe d’Orzo, conf.a beni di d.o Convento, strada vicinale , ed altri, e ne paga annui a d.o Convento carlini sette, e mezzo.

209 - Un’altro Territorio di tomuli sei, e mezzo cenzuato per uso di Vigna à Domenico Sebastiano, Martino di Tata, e F.lli, nel luogo d.o pozzo del Chiajo, e fonte dell’olmo , conf.a con li beni del fù D. Gaetano Covatta, ed altri, e ne pagano di canone annui carlini 16. - Un’altro Territorio di tomuli due, nel luogo d.o lo passo della Pincera, seù Pagliarone , cenzuato à Donato Frangiosa , conf.a beni dell’Unità, ed altri, e ne corrisponde di canone annui carlini nove. - Un’altro Territorio di tomuli quindeci in d.o luogo cenzuato per vigna à Pietro Covatta, Gennaro Bagnoli, Clemente Donatelli, Domenico Matteo, Tomaso Santone, ed altri , conf.a strada publica, beni dell’Unità, ed altri, e ne corrispondono il canone annui carlini 38. - Un’altro Territorio di tomula cinque in d.o luogo con cinque piedi d’olive, cenzuato à Donato Frangiosa , conf.a beni di S. Maria Mag.re, beni di d.o Convento, ed altri, e ne corrisponde di canone annui carlini sei. - Un’altro Territorio di tt.a due cenzuato per vigna à Domenico di Stefano Fracasso, nel luogo d.o Colle Lorenzo con cinque piedi d’olive , conf.a beni d’esso Convento, Niccolò Piciucco, strada publica, ed altri. - Un’altro Territorio di tomuli sei, nel luogo d.o primo Colle , cenzuato per Vigna à Donato ed Ant.o Luciano, e Silvestro Marcantonio , conf.a beni di S. Maria Maggiore, strada publica, ed altri, ne corrispondono di canone annui carlini dodeci. - Un’altro Territorio di tomula due nel luogo d.o S. Silvestro, ed alle castagne cenzuato per Vigna à Gio: Batta, ed Angelo Granitto , conf.a con Cosimo Corvinelli, beni delli Granitti, ed altri, ne corrispondono di canone annui carlini cinque. - Un Territorio di tomula trentadue, nel luogo d.o Li Tufilli , ciò è tomula sei cenzuate per vigna à Niccolò di Paolo Fracasso, Pietro Santone ed altri , conf.a beni di d.o Convento, beni dell’Unità, beni di S. Maria della Libera, ed altri, ne corrispondono di canone carlini sedeci. L’altri tomuli ventisei stanno a Terraggio, si porta nella sua rubrica . - Un Terriotrio di tomuli ventitré, nel luogo d.o La Foresta , ciò è tomuli sette cenzuati per Vigna a Franc.o Ricciuto a q,m Dom.co di Tata, e tt.a sedeci stanno a Terratico, e si portano nella sua rubrica , conf.a beni dell’Unità, ed altri, ne pagano di canone annui carlini sedeci. - Un’altro Territorio di tomuli tré nel sud.o luogo cenzuato per vigna a Carlo Fattorino , conf.a strada publica, beni dell’Unità, ed altri, ne corrisponde di canone annui carlini cinque. - Un’altro Territorio di tt.a quattro, e mezzo nel sud.o luogo cenzuato per Vigna à Donato di Gio: Ricciuto , conf.a beni della Chiesa di S. Stefano, beni dell’Unità, strada publica, ed altri, ne corrisponde di canone annui carlini otto. Che in tutto questi trè corpi sommano tt.a trenta, e mezzo, e l’Inventario antico chiama tomula ventinove, essendo à discapito dell’Unità tt.a uno, e mezzo. - Un’altro Territorio di tt.a uno, e misure tré nel luogo d.o S. Janno, e Casa delli porci , cenzuato per Vigna à Nicolò di Dom.co Busso , conf.a con li beni della Chiesa di S. Stefano, beni di donato Russo, beni dell’Unità, ed altri, ne corrisponde di canone annui carlini quattro. - Un’altro Territorio di tomuli due, e mezzo, nel sud.o luogo , cenzuato per Vigna à Giuseppe d’Annibale Corvinelli , conf.a beni di d.o Corvinelli, beni di Cosimo Piciucco, strada publica. Ed altri, ne corrisponde di canone annui carlini sei. - Un’altro Territorio di tt.a due, nel luogo d.o S. Janni e Vallone bruno cenzuato per vigne dalli q.m Pietro Piciucco e Libero, a Gio: Amoroso li loro Eredi , conf.a con li beni della cappella del SS.mo, beni di S. Stefano, ed altri, ne corrisponde di canone annui carlini 5. - Un’altro Territorio di tt-a quattro, nel luogo d.o Oliveri, e piana del Vicario cenzuato la metà per Vigna à Donato d’Addario, e l’altra metà à Terratico, che si addurrà nella sua rubrica , conf.a con Diego Longo, strada publica, ed altri, ne corrisponde di canone annui carlini otto.

210 - Un’altro Territorio di tomula due nel luogo d.o S. Maria della Libera, ed avanti il Convento , cenzuato a Dom.co di Francesco del Gobbo , conf.a strada publica, beni di D. Domenico di Tata, ed altri, ne corrisponde di canone annui carlini ventiquattro. - Un’altro Territorio di tomula diecisette , de quali l’Inventario 345 li porta in tré corpi nel luogo d.o Colle Lorenzo , conf.a beni della Chiesa di S. Maria Maggiore, ed altri, de quali tomula quattro cenzuati per vigna à Niccolò Piciucco , e ne corrisponde di canone annui carlini sette. L’altri tomula tredeci stanno à Terratico, e si porta nella sua rubrica. Territorij dati a terratico - Un Territorio di tomuli tré, nel luogo d.o S. Maria della libera, e di la della croce Vecchia , conf.a beni della Cap.a di S. Gio:, beni dell’Unità, strada publica, ed altri. - Un’altro Territorio di tomuli cinque, nel sud.o Luogo, che si dice anco Casa Paradiso , conf.a strada publica, Vallone, ed altri. - Un’altro Territorio di tomuli otto, nel luogo d.o Vallefieno , conf.a con li beni della Chiesa di S. stefano, strada publica e beni dell’Unità, con dieci querce e dieci bisceglie. - Un’altro Territorio di tt.a ventuno, nel luogo d.o Colle franco con settantadue querce , però l’Inventario di d.o Convento porta tt.a dodeci, conf.a strada publica, beni di S. Maria Maggiore, beni della Chiesa di S. Stefano, e beni della Commenda di Malta . - Un’altro Territ.o di tt.a quattro con una quercia ed otto bisceglie, nel luogo d.o La piana di S. Janno, e fonte della Chiusa , conf.a con beni d’Ant.o Greco, strada publica, e beni di D. Dom.co Covatta. - Un’altro Territorio di tt.a sette, nel luogo d.o Lo pozzo del Chiajo, e fonte della Chiusa , conf.a con beni della Cap.a del SS.mo Sagramento, beni di S. Stefano, Grattavone ed altri. - Un’altro Territorio di tomuli otto, nel luogo d.o La Colagna con una querce , conf.a beni della Chiesa di S. Stefano, beni dell’Unità, beni della Cap.a del SS.mo Sagramento, strada publica. - Un’altro Territ.o di tt.a otto nel luogo d.o li Spinilli , conf.a beni di S. Maria Mag.re, beni dell’Unità, ed altri. - Un’altro Territ.o di tt.a quattro nel luogo d.o S. Ant (oni) .o , conf.a beni di S. Maria Mag.re, beni dell’Unità, ed altri. - Un’altro Territ.o di tomuli otto, nel luogo d.o Aqua salemme e S. Lonardo , con dieci querce , conf.a strada publica, strada vicinale, vallone, ed altri. - Un’altro Territorio di tt.a sei nel luogo d.o L’Amandole delle Macchie , conf.a beni della Chiesa di S. Stefano, beni di S. Maria Mag.re, ed altri. - Un’altro Territorio di tomuli cinque, e mezzo nel luogo d.o Li Patrisi, e Coste vailette , conf.a Strada publica, beni della camera Marchesale, ed altri. - Un’altro Territ.o di tt.a ventisei , restati dalli tomuli trentadue , nel luogo d.o Li tufilli , come dalla rubrica delli Territorij a cenzo… , conf.a con La Selvitella dell’Unità, strada publica, beni di S. Maria della Libera, ed altri,…, con venti querce e molte bisceglie. - Un’altro Territorio di tomuli cinque nel luogo d.o Laco Majuro , conf.a beni della Terra di S. Angelo, beni dell’Unità, beni di S. Maria della Libera, ed altri con due querce e trenta bisceglie, che ancora non producono frutti. - Un’altro Territorio di tomuli dieci nel luogo d.o Colle della Fica conf.a beni dell’Unità della Terra di S. Angelo, beni della Chiesa di S. Stefano, e beni di q.sta Unità.

345 Difficile individuare a quale ‘Inventario’ ci si riferisce. Sembra, tuttavia, assai probabile trattarsi di quell’“ Inventario de beni dell’insigne convento de Minori Conventuali di San Francesco di q.sta sud.a antica Città de li=Musani, formato dalla Corte locale d’ordine Regio l’anno 1724 ”, al quale fa riferimento il Notaio Amoroso Francescantonio nella citata “Captio possessionis” dell’11 Ottobre 1753.

211 - Un’altro Territorio di tt.a quattro nel luogo d.o Lo Spiracolo e S. Andrea , conf.a strada publica, beni della Cap.a del SS.mo ed altri. - Un’altro Territorio di tomuli sedeci , restati dalli tt.a ventitré nel luogo d.o La Foresta cenzuato per vigne come dalla rubrica delli Territorij a cenzo …, conf.a con… beni di Ascanio Longo, beni dell’Unità, ed altri. - Un’altro Territorio di tt.a tre nella Contrada di S. Maria della Libera, e Colle Ursino , conf.a strada publica, beni dell’Unità. Non stà all’Inventario. - Un’altro Territorio di tt.a due restati dal Territ.o di tt.a quattro , nel luogo La piana del Vicario, e rugheri , che tiene a cenzo per Vigna Donato d’Addario , conf.a con d.a Vigna, d.o (d)’Addario, strada publica, beni dell’Unità, ed altri. - Un’altro Territorio di tt.a tredeci resta delli tt.a diecisette di Territorio a Colle Lorenzo , come dalla rubrica del Territorio a cenzo, che si tiene da Niccolò Piciucco , conf.a beni di S. Maria Mag.re, beni dell’Ospedale, ed altri. - Un’altro Territorio di tomuli sei, e mezzo con quaranta querce nel luogo d.o La Foresta , conf.a beni di S. Stefano, beni di S. Maria della Libera, beni dell’Unità, strada publica, ed altri. Nel Catasto di Catarino di Luca, che lo lasciò dopo il Concordato sono tt.a sei. - Un’altro Territ.o di tomula uno, nel luogo d.o La Casa delli porci , conf.a strada publica, beni di S. Maria Mag.re, ed altri con due piedi d’olive. Nel Catasto di Catarina di Luca. Si ha lasciato dopo il Concordato. Sta mezzo tt.o. - Un’altro Territ.o di tt.a uno nel luogo d.o S. Maria della Libera, e sotto La Vignuccia , conf.a con Giuseppe d’Annibale Corvinelli, strada publica. Lasciato da Catarina di Luca dopo il Concordato. - Un Territorio di tomuli trentaquattro, nel luogo detto La Contrada della Vannara, ed Ischia Majura, e Tufi , confina strada delli Forastieri , strada publica, ed altri. In Inventario in tré pezzi sono tt.a ventuno. - Un’altro Territorio di tomuli novanta, e mezzo nel luogo Contrada della Vannara, Valle Goglielmo, Pagliaro Paradiso, e Morge delle Cese , con ventitré querce , confina beni dell’Unità, beni di Diego Longo, strada publica, ed altri. Porta l’Inventario in più partite tt.a ottantasei, e mezzo. - Un’altro Territorio di tomuli quattro in d.a Contrada, che dice anche Peschio Tomasso , appoggiato al sudetto Territorio, confina beni dell’Università, ed altri. - Un’altro Territ.o di tomuli quindeci, nel luogo d.o La Contrada della Vannara, e Peschio Martino , confina intorno beni dell’Unità. L’Inventario porta in due partite tt.a undeci. - Un’altro Territorio di tomuli sessantadue nella sud.a Contrada, e prorpio alle Lame di S. Pietro , confina beni dell’Università, strade publiche, ed altri. L’Inventario porta tt.a venti in due partite. Territorij dentro la Difenza della Sala. - Un Terriotrio di tomuli sei, nel luogo d.o La sala, e Peschio della Volpe confina beni della Chiesa di S. Stefano, ed altri. - Un’altro Territorio di tt.a quarantadue nel luogo d.o Uomo morto, e serra di Castropignano , confina beni di S. Maria Mag.re, beni dell’Unità della Terra di Fossaceca, strada publica, ed altri. - Un’altro Territ.o di tt.a ventitré, nel luogo d.o Lame Rosse, e Morge del Gesso , conf.a beni della chiesa di S. Stefano, e beni della Camera Marchesale. - Un’altro Territ.o di tt.a sei à Colle pizzuto , conf.a beni della Terra di Fossaceca, e beni della Cam.a Marchesale. - Un’altro Territorio di tomuli quarantadue nel luogo d.o Peschio Corvo , conf.a beni della Terra di Fossaceca, beni della Camera Marchesale ed altri.

212 - Un’altro Territorio di tt.a dodeci, nel luog d.o Fonte Falcione, e fonte di S. Sconcio , confina beni dell’Ospedale, beni della Camera Marchesale. Altri Territorij Demaniali dell’Unità - Possiede un pezzo di Territorio di tt.a duecento ottantotto con querce , nel luogo d.o Monte Marconi , conf.a strada publica, beni dell’Unità, Difesa di Cascapera , beni della Terra di S. Angiolo, ed altri. - Un’altro Territorio di tt.a cinque nel luogo d.o Colle del Rojo , conf.a strada publica, beni del l’Abbadia di S. Michele , beni dell’Unità, ed altri. - Un’altro Territorio di tomuli quattro con querce , nel luogo d.o Colle di Dio , conf.a strada publica, beni dell’Unità ed altri. - Un’altro Territorio di tt.a dodeci, e misure due sterpareto con querce , nel luogo d.o Dirriporri , conf.a strada publica, beni del l’Abbadia di S. Michele , Grattavone , ed altri. - Un’altro Territorio di tt.i dieci nel luogo d.o Coste Izzuni e piano delle canne , conf.a beni della Chiesa di S. Stefano, ed altri. Altri Territorij nel Tenimento di S. Angiolo Limusani à Terratico - Un Territorio di tt.i quattro, nel luogo d.o Fonte Falungo , confina con beni di S. Martino, ed altri. - Un’altro Territorio di tomuli quattro nel luogo d.o la Fonte di S. Pietro , conf.a con li beni dell’Unità di Limusani, ed altri. - Un’altro Territorio di tt.a quattro, nel luogo d.o La cerqua della Difenza , conf.a con Donato Caserio, ed altri, stà in demanio. Capitali, animali e varie Per rendita di più capitali ascendenti in somma di docati due mila cinquecento, e sette, e carlini cinque, stabilita la rendita docati duecento venticinque, carlini cinque, e grana due, e mezzo. Per frutto di capre, e staglio di bovi, stabilita la rendita docati nove, e carlini sette. Per una vigna diruta dimenticata, nel luogo d.o La Valle, di tomula uno, ed un quarto, cenzuata à Pietro Greco , conf.a con Donato d’Angelo Greco, Cosimo Frangiosa, ed altri, e ne corrisponde di canone annui carlini due . Pesi - Per riparo, e mantenimento delli Tetti della Chiesa, e del Convento tutto ogn’anno, che vengono danneggiati da venti impetuosi, ed altro riparo che ricerca tutto il Convento, docati dieci. - Per mantenimento, e riparo de Tetti de Fundici e case, come dalla rubrica di quello, carlini venti. - Per due cavalli, che servono per la carita di legna, e desazione de Terratici, per orgio, ed altro bisognevole, ducati trenta. - Al Garzone, che va con d.i Cavalli trà spese, e salario, docati cinquanta. - Al Barbiere, docati quattro. - Al Medico, docati quattro. - All’Avvocato per le caose del Convento, docati dieci. - Oglio per la lampada avanti il Santissimo sacramento, docati otto. - Per cera in tutto l’anno, per la Celebrazione delle Messe basse, e solenne, officij, docati diciotto. - Per suppellettili Sagre, e mantenimento d’essi, docati sei. - Per vestiario à dieci Frati come dalla rubrica d’essi, docati cento. - Per vitto à med.mi à ragione di un carlino il giorno per ciascheduno, docati trecentosessanta. - Oglio per candele à s.i Frati, docati sedeci.

213 - Mantenimento de letti de Frati, docati dieci. - Per la lavannara, docati sei. - Al Padre Generale, ed Padre Provinciale per visita Tunica, e mantenimento, docati trenta. - Messe basse seù piane, numero seicento cinquantanove, secondo la Tassa Beneventana Sinodale. - Messe cantate con Anniversarij numero sessantasette .”.

APPENDICE 1

ELENCO DEI PADRI GUARDIANI, SUPERIORI DEL CONVENTO DI LIMOSANO (con, talvolta, la indicazione della ‘FAMIGLIA’ religiosa) dell’ORDINE DEI FRATI MINORI CONVENTUALI FINO AL 1809

1582 Frater Paduanus Longhi de Limosano Frater Bonaventura eiusdem terre 1589 Frater Donatus de Marinaccio, Guardianus Frater Paduanus Longi, de eadem Terra 1605 R.dus P. Vincentius Covatta Terre Limosani (? Guardiano) 1609 R.dus P. frater Donatus … Guardianus et Prior Venerabilis Monasterij dicte Terre 1610 R.dus Pater frater Donatus Marinaccio, Guardiano

214 R.dus Pater frater Franciscus Civitatis Vastis Doctor Theologus Frater Berardinus eiusdem Civitatis Joannes Christofanus 1615 Rev.do P. Fr. Donato Marinaccio, Guardiano … 1688 P.re Baccelliere Frà Carlo da Veneafro, Guardiano Frà Giovanni dà San Giovanni de Rotondi, Sacerdote Frà Gio:Batta da Limonano, Sacerdote Frà Miche’Angelo da San Giovanni de Rotondi, Diacono 1689 P.re Frà Bonaventura da Castiglione, Guardiano P.re Frà Dom(enic).o di Limosano, Sacerdote Frà Marc’Antonio del Vasto, Laico Professo 1690 P.re Frà Dom(enic).o di Limosano, Guardiano P.re Frà Gio:Batta di Limosano, Sacerdote Frà Carlo di Limosano, Terziario 1691 P.re Frà Dom(enic).o di Limosano, Guardiano P.re Frà Gio:Batta di Limosano, Sacerdote P.re Frà Donato dà Manfredonia, Sacerdote Frà Donato di Limosano, Laico Professo 1692 P.re Frà Dom(enic).o dà Limosano, Guardiano P.re Frà Gio:Batta dà Limosano, Sacerdote Frà Donato dà Limosano, Laico Professo Frà Gio:B.a da Castropignano, Chierico Professo !693 P.re Gios.e del Vasto, Guardiano P.re Frà Gio:Batta da Limosano, Sacerdote Frà Donato dà Limosani, Laico Professo Frat’Adamo dà Guglionise, Chierico Professo 1694 P.re Frà Gios.e del Vasto, Guardiano P.re Frà Sisto da Civitanova, Sacerdote Frà Donato dà Limosani, Laico Professo Frà Franc.o da Lim.o, Professo ( è Francesco D’Amico, che ha 17 anni ) 1695 Padre frà Carlo dal Castiglione, Guardiano Padre frà Giovanni da Cerza Piccola, Sacerdote Frat’Antonio da Frosolone, Diacono Frà Domenico della Terra di Cantalupo, Laico Professo 1696 Padre Frà Giovanni dà Cerza piccola, Presidente, d’anni 47 Patre Frà Lucio dà Macchia, Sacerdote, d’anni 31 P. Frà Michele dà Morrone, Sacerdote, d’anni 54 Chierico Frà Francisco dà Limosano, Professo, d’anni 19 Frà Donato dà Limosano, Laico Professo, d’anni 27 1697 Padre Frà Domenico di Limosani, Guardiano, d’anni 33 Padre Frà Gio: da Cerza Piccola, Sacerdote, d’anni 48 Padre Frà Dom.o del Castiglione, Sacerdote, d’anni 37 Chierico Frà Gio: di Frosolone, Professo d’anni 21 Chierico Frà Franc.o de Limosano, Subdiacono , d’anni 20 Frà Donato dà Limosani, Laico Professo, d’anni 28 1698 Padre Frà Giovanni di Santo Giovanni Rotondo, Guardiano, d’anni 40 Padre Frà Giovanni da Cerzo Piccola, Sacerdote, d’anni 49 Padre Frà Domenico del Castiglione, Sacerdote, d’anni 38 Chierico Frà Domenico del Vasto, Professo, d’anni 19 Frà Donato dà Limosani, Laico Professo, d’anni 29 Frà Antonio di Limosani, Terziario, d’anni 20 1699 P.re frà Giovanni Campanile di S. Gio: Rotondo, Guardiano, d’anni 41 P.re frà Michel’Angelo di Civitanova, Sacerdote, d’anni 56 P.re frà Gio:Batta d’Afflitto di Foggia, Sacerdote, d’anni 30 P.re frà Franc.o d’Amico di Limosani, Diacono , d’anni 23

215 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico Professo, d’anni 30 Frà Nicola di Napoli, Terziario, d’anni 32 1700 P.re Frà Gio: Campanile di S. Gio: Rotondo, Guardiano, d’anni 42 P. Frà Angelo Pestillo di Mirabiello, Sacerdote, d’anni 56 P. Frà Gio:Batta d’Afflitto di Foggia, Sacerdote, d’anni 31 P. Frà Franc.o d’Amico di Limosani, Diacono , d’anni 24 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 31 Frà Nicola di Napoli, Terziario, d’anni 33 1701 P. Frà Gio:Battista d’Afflitto di Foggia, Guardianus ac Prior, seù Custos Conventi S. Francisci ordinis minorum Conventualium, d’anni 32 P. Frà Franc.o d’Amico di Limosani, Sacerdote, d’anni 25 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 32 Frà Nicola di Napoli, Terziario, d’anni 34 1702 P. Frà Gio:Batta di Afflitto di Foggia, Guardiano, d’anni 33 P. Frà Franc.o d’Amico di Limosani, Sacerdote, d’anni 26 P. Frat’Antonio di San Sovero, Sacerdote, d’anni 26 Frà Michel’Angelo di San Soviero, Chierico Professo, d’anni 19 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 33 Frat’Andrea di Lucito, Laico, e Professo, d’anni 30 1703 P. frà Carlo Romaniello dà Agnone, Guardiano, d’anni 44 P. frà Gio:Battista Covatta dà Limosani, Sacerdote, d’anni 39 P. frà Michele dà Frosolone, Sacerdote, d’anni 28 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 34 1704 P. frà Carlo Romaniello d’Agnone, Guardiano, d’anni 45 Pater Andreas Rotelli P. frà Gio:Battista Covatta dà Limosani, Sacerdote, d’anni 40 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 35 Oblatus Paulus de Amico 1705 P. Frà Gioseppe del Vasto, Guardiano, d’anni 43 P. frà Gio:Battista Covatta dà Limosani, Sacerdote, d’anni 41 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 36 Frà Paolo d’Amico da Limosano, Laico, d’anni 40 1706 P. Frà Geremia di Bovino, Guardiano, d’anni 43 Frà Paolo d’Amico di Limosano, Laico, d’anni 41 1707 P. Frà Franc.o d’Amico di Limosano, Guardiano, d’anni 31 P. Frà Luiggi Alfar.no di Castellone, Sacerdote, d’anni 36 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 38 Frà Paolo d’Amico da Limosano, Laico, d’anni 42 1708 P. Frà Franc.o d’Amico di Limosano, Guardiano, d’anni 32 P. Frà Luiggi Alfar.no di Castellone, Sacerdote, d’anni 37 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 38 Frà Paolo d’Amico da Limosano, Laico, d’anni 43 1709 P. Frà Franc.o d’Amico di Limosano, Guardiano, d’anni 33 P. Frà Luiggi Alferano di Castell., Sacerdote, d’anni 38 Frà Donato di Tata di Limosano, Laico Professo, d’anni 40 Frà Paolo d’Amico da Limosano, Laico, d’anni 44 Frà Pasquo Antonio di Tata di Limosano, Laico, d’anni 24 Frà Nicolò Fracasso di Limosano, Laico, d’anni 24 1710 P. Frà Franc.o di Limosano, Presidente, d’anni 34 Frà Ant.o di lacivita, Laico, d’anni 60 Frà Paolo di Limosani, d’anni 45 1711 P. Frà Franc.o d’Amico di Limosano, Guardiano, d’anni 35 P. Frà Dom.o Gio:cola di Limosano, Sacerdote, d’anni 48 Frà Ant.o dè la Civita, Laico Professo, d’anni 61 Frà Paolo d’Amico da Limosano, Laico, d’anni 46 1712 P. Frà Franc.o d’Amico di Limosano, Guardiano, d’anni 36

216 P. Frà Adamo di Goglionesi, Sacerdote, d’anni 40 Frà Ant.o dè la Civita, Laico Professo, d’anni 62 Frà Paolo d’Amico da Limosano, Laico, d’anni 47 1713 P.re Frà Franc.o d’Amico di Limosano, Guardiano, d’anni 37 P.re Frà Gio:Batta Covatta di Limosano, Sacerdote, d’anni 47 P.re Frà Dom.co Gio:cola di Limosano, Sacerdote, d’anni 46 Frà Ant.o Ferretti dè la Civita(campomarani), Laico Professo, d’anni 63 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 45 Frà Paolo d’Amico da Limosano, Laico, d’anni 48 1714 P.re Frà Gio: di Luca, Guardiano, d’anni 40 P.re Frà Franc.o d’Amico, Sacerdote, d’anni 38 P.re Frà Gio:Batta Covatta, Sacerdote, d’anni 48 Frà Ant.o dè la Civita, Laico Professo, d’anni 64 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 46 Frà Paolo d’Amico da Limosano, Laico, d’anni 49 1715 P.re Frà Franc.o d’Amico, “Custos sive Guardianus”, d’anni 39 P.re Frà Cosmo di Civita Vecchia, Sacerdote, d’anni 34 Frà Ant.o dè la Civita, Laico Professo, d’anni 65 Frà Donato di Tata di Limosani, Laico, e Professo, d’anni 47 Frà Paolo d’Amico da Limosano, Laico, d’anni 50 1716 P.re Frà Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 40 Pad.e Frà Gio: di Luca di Frosolone, d’anni 40 Frà Pasquo di Tata, laico professo, d’anni 28 Frà Paolo d’Amico, laico, d’anni 51 Frà Donato Gio:cola, laico, d’anni 43 1717 P.re Frà Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 41 Pad.e Frà Gio: di Luca di Frosolone, d’anni 41 Frà Paolo d’Amico, laico, d’anni 52 Frà Donato Gio:cola, laico, d’anni 44 1717 Pater Joseph Finy, Baccalaverius, Discretus perpetuus et Guardianus 1718 P.re Frà Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 42 Pad.e Frà Gio: di Luca di Frosolone, d’anni 42 Frà Donato di Tata, laico, d’anni 53 Frà Paolo d’Amico, laico, d’anni 53 1719 P.re Frà Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 43 Pad.e Frà Gio: di Luca di Frosolone, d’anni 43 Frà Donato di Tata, laico, d’anni 54 Frà Gio: di S. Angelo Limosani, laico, d’anni 30 Frà Paolo d’Amico, laico, d’anni 54 1720 P.re Frà Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 44 P.re Frà Gio:Batta Covatta, Sacerdote, d’anni 60 P.re Frà Venanzio d’Orsi da Latino, Sacerdote Frà Gio: di S. Angelo, laico, d’anni 31 Frà Paolo d’Amico, laico, d’anni 55 1721 Pater Franciscus de Amico, Guardiano 1722 Pater Franciscus de Amico, Custos, Guardianus Archimatrita et Prior 1723 Pater Franciscus de Amico, Guardiano 1724 Pater Franciscus de Amico, Guardiano 1725 Pater Venantius Orsi, Guardiano Pater Franciscus de Amico Pater Vincentius Maria del Vecchio Pater Joannes Baptista Covatta Frater Donatus de Tata Frater Joannes Ciavarro 1725 Pater Franciscus de Amico, Guardiano Pater Venantius Miordi a Civitate Vasti

217 Pater Joannes Baptista Covatta Pater Felix Javicola Frater Michael Angelus Fracasso Subdiaconus Baccalaverius Frater Donatus de Tata, laico professo Frater Joannes Ciavarro, laico professo 1726 P.re Frà Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 50 P.re Frà Gio:Batta Covatta, Sacerdote, d’anni 66 P.re Frà Felice Javicolo del Castiglione, sacerdote, d’anni 30 P.re Frà Dom.co Piuq.ro d’Agnone, Sacerdote, d’anni – Frà Donato di Tata, d’anni 61 Frà Giov. Ciavarro, d’anni 37 Frà Paolo d’Amico, d’anni 61 Frà Gio: Covatta, Terziario, d’anni 25 1727 P.re Frà Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 51 P.re Frà Gio:Batta Covatta, Sacerdote, d’anni 67 P.re Frà Venanzio d’Orzo, Sacerdote P.re Frà Carlo d’Angiolis, Sacerdote, d’anni 30 Frà Donato di Tata, Laico, d’anni 62 Frà Gio: Ciavarro di S. Angelo, Laico, d’anni 38 Frà Donato Ciavarro di S. Angelo, Laico, d’anni 33 (è fratello del precedente) Frà Paolo d’Amico, d’anni 62 1728 P.re Frà Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 52 P.re Frà Gio:Batta Covatta, Sacerdote, d’anni 68 P.re Frà Venanzio d’Orzo, Sacerdote, d’anni 33 P.re Frà Carlo d’Angiolis, Sacerdote, d’anni 31 Frà Donato di Tata, Laico, d’anni 63 Frà Gio: Ciavarro di S. Angelo, Laico, d’anni 39 Frà Donato Ciavarro fratello di d.o di S. Angelo, Laico, d’anni 34 Frà Paolo d’Amico oblato, d’anni 63 1729 P.re Frà Lorenzo Muccio, Guardiano, d’anni 65 P. Frà Francesco d’Amico, Sacerdote, d’anni 53 P.re Frà Gio:Batta Covatta, Sacerdote, d’anni 69 P.re Frà Angelico Tosto, d’anni 27 Frà Donato di Tata, Laico, d’anni 64 Frà Gio: Ciavarro, Laico, d’anni 40 Frà Paolo d’Amico oblato, d’anni 64 Frà Gio: Covatta, Laico, d’anni 24 1730 P.re Frà ______(non indicato) – Tuttavia: Pater Johannes Baptista Covatta, Presidens in defectu Patris Guardiani , che era il Padre Francesco Janigro P. Frà Francesco d’Amico, Sacerdote, d’anni 54 P.re Frà Gio:Batta Covatta, Sacerdote, d’anni 70 P.re Frà Carlo d’Angiolis, Sacerdote, d’anni 33 Frà Donato di Tata, Laico, d’anni 65 Frà Pietro Gio:Cola, Laico, di Limosano, d’anni 30 1731 P.re Epifanio Vitullo del Castiglione, Guardiano, d’anni 37 Pater Magister Ferdinandus Ranallo Pater Antonius Jurilli Pater Baccalaverius Michelangeus Fracasso P.re Frà Lorenzo Mucci, del Vasto, Sacerdote, d’anni 67 P. Frà Francesco d’Amico, Sacerdote, d’anni 55 Frà Donato di Tata, Laico, d’anni 66, “che nel tempo della scogna va per le loro (= dei Contadini) Aje esigendo li Terratici” Frà Gio: Ciavarro, Laico, d’anni 41 Frà Pietro del Ferraro, Laico, d’anni 31 1732 P.re Frà Lorenzo Mucci del Vasto, Guardiano, d’anni 68 P. Frà Francesco d’Amico, Sacerdote, d’anni 56 P. Frà Domenico Liberatore di Frosolone, Sacerdote, d’anni 42

218 Frà Michel’Angelo Rog.ro di Matrice, Cl.co Professo, d’anni 20 Frà Donato di Tata, Laico, d’anni 67 Frà Gio: Ciavarro, Laico, d’anni 42 Frà Pietro del Ferraro, Laico, di Limosani, d’anni 32 Frà Francesco Bagnoli, Laico, di Limosani, d’anni 29 1733 P.re Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 57 P.re Frà Gabriele Brunetti del Ratino, Sacerdote, d’anni 35 P.re Frà Giuseppe Torniero di Venafra, Sacerdote, d’anni 38 Frà Bonaventura, Diacono di Cantalupa, d’anni 22 Frater Nicolaus de Cosmo, Clericus, à Celenza, Professus Frater Joachim Cerio, a Campobasso, Clericus Professus Frà Donato di Tata, Laico, d’anni 68 Frà Gio: Ciavarro di S. Angelo, Laico, d’anni 43 Frà Ant.o di Tata di Limosani, Laico, d’anni 42 La presenza, ininterrotta e già da diversi anni, di “Clerici Professi” farebbe pensare alla esistenza di uno ‘Studio’ di Teologia nel Convento di Limosano 1734 P.re Franc.o d’Amico, Guardiano, d’anni 58 P.re Frà Giuseppe Torniero di Venafra, Sacerdote, d’anni 39 Frà Gio: Ciavarro, Laico, d’anni 44 Frà Gio: Covatta di Limosano, Laico, d’anni 29 Frà Pietro del Ferraro, d’anni 33 1735 Pater Gabriel Brunetti, Guardiano 1738 Pater Carolus dè Angelis da Serracapriola, Guardiano 1739 Pater Franciscus d’Amico, Guardiano M.R.P. Maestro Frà Filippo Cocucci P. Frà Michel’Angelo Ruggiero P.Frà Eugenio Maria Salvatorelli P. Girolamo Lago Frà Francesco Antonio Giordani, Clericus Frater Antonius de Tata Frater Petrus Ferraro Frater Johannes Covatta 1740 Pater Franciscus d’Amico, Guardiano 1741 M.R.P. Maestro Frà Filippo Cocucci, Guardiano 1742 Pater Franciscus d’Amico, Guardiano, che muore nel 1743 1743 P. Frà Filippo Cocucci, Maestro e Guardiano, della Città d’Agnone, d’anni 31 P. Frà Francesco d’Amico, Sacerdote, d’anni 65 P. Frà Carlo de Angelis, Sacerdote, della Serra Capriola, d’anni 41 P. Frà Celestino Griffi, Baccelliere Sacerdote, di Goglionisi, d’anni 26 P. Frà Giuseppe Macchione, Baccelliere Sacerdote, di Salcito, d’anni 25 Frà Serafino Cerio, Suddiacono Studente, d’anni 21 Frà Antonio Pertosa, Clerico in minoribus, Studente, di S. Nicandro, d’anni 24 Frà Antonio di Tata, laico Professo, di questa Terra, d’anni 53 Frà Pietro Ferraro, laico Professo, di questa Terra, d’anni 42 Frà Giovanni Covatta, laico Professo, di questa Terra, d’anni 41 1744 Rev. P. Frà Antonio Torilli, Guardiano 1745 M.R.P. Frà Michel’Angel Lalli, Guardiano 1746 M.R.P. Maestro Frà Filippo Cocucci, Guardiano 1747 Padre Frà Carlo de Angelis, Guardiano 1748 Padre Frà Carlo de Angelis, Guardiano 1749 Padre Frà Carlo de Angelis, Guardiano M.R.P. Frà Filippo Cocucci Frà Eugenio Zaccagnino, Studente (?) Frà Giuseppe Paulantonio, Studente (?) M.R.P. Maestro e Segretario della Provincia Frà Miche’Angiolo Fracasso

219 1750 R.P. Frà Benedetto Mezzanotte, Guardiano 1750 R.P. Giuseppe Manzo, Presidente R.P. Baccelliere Giuseppe PaoloAnt.o Diacono Frà Caramuele Farina Diacono Frà Crescenzo di S. Martino Padre Filippo Cocucci “dava lezione a monaci, a Preti, ed a secolari …” 1751 P. Filippo Cocucci è “Regente e Presidente”, in assenza del M.R.P. Frà Michele Cimino, Guardiano 1753 Padre Baccelliere Frà Angelico Tosti, Guardiano M.R.P. Frà Filippo Cocucci M.R.P. Maestro Frà Michel’Angelo Fracassi P. Baccelliere Frà Giuseppe Paulantonio P. Baccelliere Frà Isidoro Gamberale P. Frà Carlo de Angelis 1755 R.P. Frà Saverio Ruggieri, Guardiano 1758 R.P. Baccelliere Frà Caramuele Farina, Guardiano 1762 Frà Ferdinando Fracassi, Guardiano P. Frà Giuseppe Manzi, Sacerdote P. Frà Antonio Filacchione, Sacerdote 1763 R.P. Maestro Frà Michel’Angelo Fracasso, Presidente P. Frà Ferdinando Fracassi P. Frà Gennaro Pilla P. Frà Vincenzo Cappella 1764 R.P. Maestro Frà Michel’Angelo Fracasso, Presidente 1765 R.P. Maestro Frà Michel’Angelo Fracasso, Presidente 1765 P. Frà Michelangelo Fracassi … 1774 P. Frà Caramuele Farina, Guardiano 1775 R.P. Vincenzo Cappella, Guardiano (?) e Procuratore 1777 M.R.P. Ermete Zappone, Guardiano 1778 P. Frà Saverio Carusella, Guardiano 1780 M.R.P. Michelangelo Barile, Guardiano 1781 P. Frà Francesco dè Valeriis, Guardiano 1784 M.R.P. Michele Jammarino, Guardiano 1785 R.do Padre Frà Michelangelo Sammartino, Guardiano M.R.P. Maestro Frà Giacinto Corvinelli R.P. Frà Michelangelo Barile R.P. Frà Gius.e d’Attellis R.P. Frà Franc.o Muccino, Procuratore 1786 M.R.P. Luiggi di Venere, Guardiano 1787 M.R.P. Luiggi Maria di Venere, Guardiano 1789 M.R.P. Ermenegildo Fracassi, Guardiano 1790 M.R.P. Giuseppe de Attellis, Guardiano (?) 1793 M.R.P. Maestro Giuseppe Fracassi, Guardiano 1795 M.R.P. Giacinto Maria Corvinelli, Guardiano 1797 M.R.P. Giuseppe de Attellis, Guardiano (?) 1799 M.R.P. Frà Giuseppe Maria Fracassi, Guardiano 1800 M.R.P. Frà Giacinto Maestro Corvinelli 1801 M. R.ndo Frà Giacinto Maestro Corvinelli …

220 1809 Dallo “ Stato de’ Religiosi del Convento de’ Minori Conventuali di Limosani, soppresso in esecuzione del Real Decreto de’ 7 Agosto Anno 1809 ”, compilato il 27 Settembre dello stesso anno, risulta: P. Filippo Fracassi di Limosani, Guardiano e Maestro, d’anni 41 (Professione nel 1784) P. Giacinto Corvinelli di Limosani, Maestro, d’anni 68 (Professione nel 1781) P. Michelangelo Giancola di Limosani, Sacerdote, d’anni 31 (Professione nel 1796) P. Massimiliano Corvinelli di Limosani, Sacerdote, d’anni 30 (Professione nel 1799) Frà Donato Del Monaco di San Giovanni delli Piani (Chieti), Laico Converso, d’anni 61 (Professione nel 1778) Frà Tomaso Bucci di , Laico Converso, d’anni 60 (Professione nel 1780) Frà Antonio Colavecchia di Limosani, Laico Converso, d’anni 38 (Professione nel 1795) Frà Vincenzo D’Addario, di Limosani, Laico Converso, d’anni 36 (professione nel 1797) “Tomaso Bucci s’appartiene al Convento di Guglionesi – Provincia di Capitanata – dell’Istess’ordine inviato in penitenza in questo (= di Limosano) Monistero ”.

APPENDICE 2

ELENCO DEI PADRI GUARDIANI, SUPERIORI DEL CONVENTO DI LIMOSANO (con, quando è stato possibile, la indicazione della ‘FAMIGLIA’ religiosa) dell’ORDINE DEI FRATI MINORI CONVENTUALI PER IL PERODO DAL 1821 AL 1866

1821 Padre Maestro Filippo Fracassi, Guardiano 1822 Padre Maestro Filippo Fracassi, Guardiano 1823 Padre Maestro Filippo Fracassi, Guardiano, d’anni 56 (Casa 376) Padre Maestro Ferdinando d’Amico, d’anni 54 Padre Maestro Francesco Cocucci, d’anni 58 Fra Luigi Maria Spina, Studente, d’anni 22 Fra Giuseppe Borsella, Studente, d’anni 19 Fra Antonio Colavecchia, Laico, d’anni 53 Fra Vincenzo d’Addario, Laico, d’anno 50 Fra Luigi Bussi, Laico, d’anni 55 Risulta presente nel Convento di Limosano il ‘ Noviziato ’ 1824 Padre Maestro Filippo Fracassi, Guardiano, d’anni 57 (Casa 379) Padre Maestro Ferdinando d’Amico, d’anni 55 Padre Maestro Francesco Cocucci, d’anni 59 Fra Luigi Maria Spina, Studente, d’anni 23 Fra Giuseppe Borsella, Studente, d’anni 20 Fra Venanzio Fracassi, Studente, d’anni 19 Fra Antonio Colavecchia, Laico, d’anni 54 Fra Vincenzo d’Addario, Laico, d’anni 51 Fra Luigi Bussi, Laico, d’anni 56 1825 Padre Maestro Filippo Fracassi, Guardiano, nato nel 1768 (Casa 376) Padre Maestro Ferdinando d’Amico, nato nel 1770 Padre Vincenzo Carnevale, d’anni 51 Fra Luigi Maria Spina, Studente, nato nel 1802 Fra Giuseppe Borsella, Studente, nato nel 1805 Fra Venanzio Fracassi, Studente, nato nel 1806 Fra Antonio Colavecchia, Laico, nato nel 1771 Fra Vincenzo d’Addario, Laico, nato nel 1774 Fra Luigi Bussi, Laico, nato nel 1769 Gennarino Carnevale, d’anni 17 1826 Padre Maestro Ferdinando d’Amico, Guardiano, nato nel 1770 (Casa 380) Padre Maestro Filippo Fracassi, nato nel 1768

221 Padre Vincenzo Carnevale, d’anni 52 Padre Luigi Maria Spina, nato nel 1802 Fra Giuseppe Borsella, Studente, nato nel 1805 Fra Venanzio Fracassi, Studente, nato nel 1806 Fra Gennaro Janigro, Studente, nato nel 1809 Fra Giovanni Petrone, Studente, nato nel 1810 Fra Silvano Chiancone, Studente, nato nel 1810 Fra Antonio Colavecchia, Laico, nato nel 1771 Fra Vincenzo d’Addario, Laico, nato nel 1774 Fra Luigi Bussi, Laico, nato nel 1769 1827 Padre Maestro Ferdinando d’Amico, Guardiano, nato nel 1770 (Casa 380) Padre Maestro Filippo Fracassi, nato nel 1768 Padre Vincenzo Carnevale, d’anni 52 Padre Luigi Maria Spina, nato nel 1802 Padre Giuseppe Borsella, nato nel 1805 Fra Venanzio Fracassi, Studente, nato nel 1806 Fra Gennaro Janigro, Studente, nato nel 1809 Fra Giovanni Petrone, Studente, nato nel 1810 Fra Silvano Chiancone, Studente, nato nel 1810 Fra Erasmo de Angelis, Studente, nato nel 1807 Fra Antonio Colavecchia, Laico, nato nel 1771 Fra Vincenzo d’Addario, Laico, nato nel 1774 Fra Luigi Bussi, Laico, nato nel 1769 1828 Padre Maestro Ferdinando d’Amico, Guardiano, nato nel 1770 1829 Padre Maestro Ferdinando d’Amico, Guardiano, nato nel 1770 (Casa 400) Padre Maestro Filippo Fracassi, nato nel 1768 Padre Vincenzo Carnevale, d’anni 54 Padre Giuseppe Borsella, nato nel 1805 Padre Venanzio Fracassi, nato nel 1806 Fra Gennaro Janigro, Studente, nato nel 1809 Fra Erasmo de Angelis, Studente, nato nel 1807 Fra Eduardo Jammarino, Studente, nato nel 1810 Fra Domenico Zingarelli, Studente, nato nel 1813 Fra Antonio Colavecchia, Laico, nato nel 1771 Fra Vincenzo d’Addario, Laico, nato nel 1774 Fra Luigi Bussi, Laico, nato nel 1769 Fra Ludovico Giancola, Laico, nato nel 1801 1830 Padre Maestro Ferdinando d’Amico, Guardiano, nato nel 1770 (Casa 416) Padre Maestro Filippo Fracassi, nato nel 1768 Padre Vincenzo Carnevale, d’anni 55 Padre Giuseppe Borsella, nato nel 1805 Padre Venanzio Fracassi, nato nel 1806 Fra Gennaro Janigro, Studente, nato nel 1809 Fra Erasmo de Angelis, Studente, nato nel 1807 Fra Eduardo Jammarino, Studente, nato nel 1810 Fra Domenico Zingarelli, Studente, nato nel 1813 Fra Antonio Colavecchia, Laico, nato nel 1771 Fra Vincenzo d’Addario, Laico, nato nel 1774 Fra Luigi Bussi, Laico, nato nel 1769 Fra Ludovico Giancola, Laico, nato nel 1801 1831 Padre Maestro Filippo Fracassi, Guardiano, nato nel 1768 ( Casa 410) Padre Vincenzo Carnevale, d’anni 56 Padre Giuseppe Borsella, nato nel 1805 Padre Venanzio Fracassi, nato nel 1806 Padre Giuseppe ______Padre Gennaro Janigro, nato nel 1809 Padre Erasmo de Angelis, nato nel 1807 Fra Eduardo Jammarino, Studente, nato nel 1810

222 Fra Domenico Zingarelli, Studente, nato nel 1813 Fra Antonio Colavecchia, Laico, nato nel 1771 Fra Vincenzo d’Addario, Laico, nato nel 1774 Fra Luigi Bussi, Laico, nato nel 1769 Fra Ludovico Giancola, Laico, nato nel 1801 1832 Padre Maestro Filippo Fracassi, Guardiano, nato nel 1768 1833 Padre Maestro Filippo Fracassi, Guardiano, nato nel 1768 (Casa 413) Padre Vincenzo Carnevale, d’anni 58 Padre Giuseppe Borsella, nato nel 1805 Padre Venanzio Fracassi, nato nel 1806 Padre Gennaro Janigro, nato nel 1809 Padre Erasmo de Angelis, nato nel 1807 Fra Eduardo Jammarino, Studente, nato nel 1810 Fra Domenico Zingarelli, Studente, nato nel 1813 Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Luigi Bussi, Laico Fra Ludovico Giancola, Laico Fra Francesco del Gobbo 1834 Padre Maestro Filippo Fracassi, Guardiano, nato nel 1768 1835 Rev. Padre Gennaro Janigro, Reggente (Casa 418) Padre Vincenzo Carnevale Padre Giuseppe Nardo Padre Erasmo de Angelis Padre Domenico Zingarelli Fra Salvadore Tenaglia di Orsogna, Studente, d’anni 22 Fra Luigi Morante di Apice, Studente, d’anni 16 Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Ludovico Giancola, Laico Fra Luigi Marrone, Laico, d’anni 21 1836 Rev. Padre Gennaro Janigro, Reggente (Casa 418) Padre Venanzio Fracassi Padre Vincenzo Carnevale, d’anni 60 Padre Erasmo de Angelis Padre Domenico Zingarelli Fra Gaetano Marinelli, Studente, d’anni 23 Fra Giuseppe Nicola Ciafardini, Studente, d’anni 20 Fra Attanasio di Paolo, Studente, d’anni 20 Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Ludovico Giancola, Laico Fra Luigi Marrone, Laico 1837 Rev. Padre Gennaro Janigro, Reggente (Casa 414) Padre Venanzio Fracassi Padre Erasmo de Angelis Padre Domenico Zingarelli Fra Bonaventura di Paolo, Studente, d’anni 21 Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Ludovico Giancola, Laico 1838 Rev. Padre Gennaro Janigro, Reggente (Casa 415) Padre ______(non indicato) Padre Venanzio Fracassi Padre Erasmo de Angelis Fra Bonaventura di Paolo, Studente Fra Pietrantonio Covatta, Studente, d’anni 24 Fra Luigi Chiancone, Studente

223 Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Ludovico Giancola, Laico Fra Francesco Gagliardone Fra Giuseppe 1839 Rev. Padre Gennaro Janigro, Reggente (Casa 413) R.P. Regente Giuseppe Borsella Padre Venanzio Fracassi Padre Bonaventura di Paolo Padre Salvadore Covatta, d’anni 25 Fra ______Quaranta, Studente (?) Fra Luigi Chiancone, Studente (?) Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra ______Fra ______Fra ______1840 Rev. Padre Gennaro Janigro, Reggente (Casa 420) R.P. Regente Giuseppe Borsella Padre Venanzio Fracassi Padre Erasmo de Angelis Fra Paolo Conti, Studente (?) Fra Luigi Chiancone, Studente (?) Fra Antonio Grimaldi, Studente (?) Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Luigi Fra Benedetto Materno 1841 Rev. Padre Gennaro Janigro, Reggente 1842 Rev. Padre Gennaro Janigro, Reggente 1843 Rev. Padre Gennaro Janigro, Reggente (Casa 407) R.P. Regente Giuseppe Borsella Padre Venanzio Fracassi Fra Luigi Chiancone, Studente (?) Fra ______, Studente (?) Fra ______, Studente (?) Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Lodovico Giancola Fra Camillo 1844 Padre Maestro, e Provinciale F. Gennaro Janigro (Casa 411) R.P. F. Regente Giuseppe Borsella R.P. F. Regente Gennaro Quaranta Padre F. Venanzio Fracassi Padre F. Luigi Chiancone F. ______Ficchi… Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Lodovico Giancola Fra Marcellino Marcantonio, nato nel 1827 1845 M.R.P. Maestro F. Gennaro Janigro, Provinciale (Casa 405) Padre Maestro F. Antonio di Capoa, Segretario del Provinciale R.P. F. Regente Giuseppe Borsella R.P. F. Regente Gennaro Quaranta Padre F. Venanzio Fracassi Padre F. Luigi Chiancone Fra Antonio Colavecchia, Laico

224 Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Lodovico Giancola Fra Donato Fra Marcellino Marcantonio 1846 M.R.P. Maestro F. Gennaro Janigro, Provinciale (Casa 387) R.P. F. Giuseppe Borsella R.P. F. Gennaro Quaranta Padre F. Venanzio Fracassi Padre F. Luigi Chiancone Fra Luigi Pece, Studente (?) Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Lodovico Giancola 1847 R.P. F. Giuseppe Borsella, Reggente (Casa 371) R.P. F. Regente Gennaro Quaranta R.P. F. Venanzio Fracassi R.P. F. Antonio Grimaldi (che era nato a ) P. Bonaventura Pece Fra Antonio Colavecchia, Laico Fra Vincenzo d’Addario, Laico Fra Lodovico Giancola Fra Michele de Robertis 1848 Padre Venanzio Fracassi, Guardiano 1849 Padre Maestro Gennaro Quaranta, Guardiano Padre Maestro Giuseppe Borsella Padre Venanzio Fracassi Padre Antonio Grimaldi, che abiterà a Limosano anche dopo la soppressione del 1866 Padre Bonaventura Pece !851 Padre Maestro Giuseppe Borsella, Guardiano Padre Venanzio Fracassi Padre Bonaventura di Paola Michele del Gobbo, fu Domenico, stipula una ‘convenzione’ per “ convivere durante il corso di sua vita tra i Monaci del Convento di San Francesco di Limosano in qualità di garzone …”. … 1860 Molto Rev.do Padre Maestro Giuseppe Borsella, Superiore Il 22 Agosto “ i Reverendi Padre Conventuali di Limosano: Padre Maestro Giuseppe Borsella fu Luigi, e Padre Venanzio Fracassi fu Pasquale, componenti l’attuale religiosa famiglia del Convento de’ Minori Conventuali di Limosani… dichiarano che la Religiosa Comunità da loro rappresentata ha delle rendite ne’ Comuni di Apice, Bonito, Montefusco, Mirabella e Grottaminarda, in Provincia di Principato Ultra …” ed istituiscono un “Procuratore ad lites”. 1866 Soppressione definitiva

225 CAPITOLO 6°

IL MARCHESE, ‘ UTILE SIGNORE ’

226 227 LIMOSANO: Posizionamento sul territorio dei corpi feudali e localizzazione delle evidenze religiose

228 6.1 – Storia della titolarità del feudo

Anche se probabilmente la ‘ Terra ’ di ‘li= Musane ’ diventò feudo vero ed autonomo (nella accezione più comune e più ‘nostra’ del termine) solo nel periodo tra il XI ed il XII secolo con la famiglia dei ‘de Molisio’, una ricostruzione della titolarità dell’unità amministrativa ‘civile ’ riferibile alla sua emergenza insediativa di maggiore evidenza e che, tra l’altro (e la

229 circostanza è troppo significativa perché non la si debba tenere nella dovuta considerazione), era stata “ olim (= già) civitas ” (formatasi tale e nell’attuale sito per la confluenza nel tempo e da più direzioni di ‘gentes’ diverse) non può non farsi iniziare che dai capi famiglia di quel ‘convoglio ’ di cortisani e di baccari concessi “ in gastaldato Biffernensi ” da Arechi lo stesso anno, il 774 (era il mese di Novembre), in cui “appellatus est Princeps gentis Langobardorum (viene chiamato Principe della gente dei Longobardi)” del beneventano e, più in generale, dell’intero meridione. I nomi dei primi, i lavoratori delle ‘ curtes ’ (o anche ‘cortes ’), erano “ Johannem et Walterium cum uxoribus et filiis suis, et omnibus sibi pertinentibus: seu et unam sororem Judari ”; e dei pastori-allevatori erano “ Grauso cum uxore et filiis; sed et norae et nepotes eius, et omnia eius pertinentia: nec non et Sindonem cum uxore et filiis suis ”346 . Ma, forse e, meglio, senza forse, l’entità politico-territoriale, che, tenuta separata e sempre distinta da quella ‘ Bovianensis ’, dalle carte viene detta “ gastaldato Biffernensi ”, esisteva come ed in quanto tale già prima di quella data e pure di parecchio. Sembra possibile ipotizzare che ne dovettero essere a capo gli esponenti di quella “ nobile famiglia de’ Pantasij ”, dalla quale (e perché) “ a relazion del Vipera riconosce Limosano i suoi principj ” e che per diversi secoli si trova a controllare (e la cosa appare di non poca singolarità) vasti ed importanti territori a cavallo della parte centrale del corso medio del fiume Biferno (con Musane ed il relativo ‘ gastaldato Biffernensi ’) come anche di quell’altra riferibile al corso mediano del fiume Fortore (con le città, tutte sedi di diocesi, di Dragonara , di Civitate e di Ferentino , oltre che con il ‘ ducato di Pantasia ’). E’ solo un caso che quel ‘convoglio’ viene inviato proprio “ in gastaldato Biffernensi ”, la cui emergenza insediamentale di maggior significato va riferita a quel centro abitato, che, nella logica di “quell’interessante fenomeno, noto e studiato, che si verificò in Italia durante il periodo alto medievale, specie a partire dal VII secolo, (costituito) dal ritorno, per esclusivi motivi di difesa, ad insediamenti collinari preromani” 347 , è la sede dell' antico vescovado della destrutta città dell'homini sani , alias Musane , e che dal sito di Cascapera o, meglio, di ‘ Ti- phernum ’ si viene ora spostando la dove tuttora situa Limosano? La risposta a tale interrogativo non può che essere negativa. Perché, in generale, i fatti della Storia sono sempre frutto di scelte e mai il risultato di pura occasionalità. E, nello specifico, è ciò ancor più vero specialmente se si tiene conto del fatto che al ‘ nuovo ’ insediamento partecipano, oltre che tale ‘ spostamento ’, anche gli sbandati delle numerose strutture cenobitico-abbaziali in fuga dalle razzie di barbari, di bizantini e di saraceni (già ci si vide costretti a registrare per questo periodo una contrazione dei centri monastici), che stanno depredando il territorio. Sui reali effetti nell’ambito territoriale del medio Biferno della presenza di questi ultimi ed, in particolar modo, dei greco-bizantini (non vanno dimenticate le diverse e numerose testimonianze della presenza del rito greco sia nel Monastero di Faifoli che nella stessa Chiesa ‘ Cattedrale ’ di Limosano) mancano del tutto studi e ricostruzioni. Ciò, tuttavia, non li deve far escludere ed, anzi, sono da ipotizzarne di grande influenza. E, se è vero che proprio a partire da questa fase storica “il moltiplicarsi di fondazioni ecclesiastiche (si realizza) entro il patrimonio delle famiglie potenti” 348 , trova ancor più adeguata spiegazione la ‘scelta’ strategica operata dalla “ nobile famiglia de’ Pantasij ”, la quale, partecipando a questa emergente struttura insediamentale, che riesce bene a coniugare

346 UGHELLI, op. cit., X, col. 438. Per il testo completo del brano vedasi al paragrafo 1.3 del 1° Capitolo e la relativa nota 37. 347 D’ANDREA F., Morcone e le sue porte, Morcone 1984, pag. 8. Il D’Andrea cita da SANFILIPPO M., Le città medioevali, Milano 1973, pag. 9. 348 TABACCO G., La storia politica e sociale, in Storia d’Italia: Dalla caduta dell’Impero Romano al secolo XVIII, Torino 1978, pag. 128.

230 il civile con il religioso, intende affermare il controllo di interessi rilevanti sull’intera area del corso mediano del Biferno. E così, in quanto verosimile, diventa assai credibile la ricostruzione dello scenario in cui quella si concretizza. La contiguità, del tutto particolare, che porta ad associare quasi in un ‘unicum’ architettonico ben definito tanto il ‘Palazzo’, l’edificio da cui emanava il potere civile, che quella ‘Chiesa’ di S. Stefano, la quale, con le sue testimonianze, tra l’altro già documentate e riportate, sulla presenza, da riferire pure ad essa, di ‘ episcopi ’, consente di ipotizzarne una stessa datazione originaria per entrambe le evidenze. La contemporaneità nella costruzione del ‘ palatium ’ e dell’annessa ‘ ecclesia ’, proprio nella posizione più elevata e di dominio dell’abitato, permette alla “ nobile famiglia de’ Pantasij ”, oltre che la netta contrapposizione ai poteri, forse solo religiosi, già storicamente presenti, di affermare in “ Musane ” una maggiore visibilità del ‘nuovo’ modo di amministrare il potere stesso, riuscendo a concentrare nella medesima persona sia il religioso che il civile. Tale reciprocità del ‘modus dominandi’, che viene concretizzandosi ora ed è tipica dell’alto medioevo, entrerà in crisi con l’arrivo dei Normanni ed, in certo qual modo, con l’affermarsi del concetto di ‘feudalità’. E scomparirà del tutto con gli Angioini. Di quella “ nobile famiglia ”, al presente, nessuna traccia rimane a Limosano, se non di quel Pantasia Abdenago , che, “ di nobile famiglia originaria di Limosani (Molise) ”, fondava in Benevento “... nel 1177 una chiesa e una collegiata, quella di S. Spirito, e, accanto ad essa, una confraternita laicale ”349 . Ma, anche se si è, nel tempo, ad oltre un secolo da quando, con l’arrivo dei Normanni, si è concretizzato, nel medio Molise, il ‘cambio’ con i ‘ de Molisio ’ nell’esercizio del potere ‘diffuso’ e circa un secolo prima dalla ‘ frataria ’ fondata da Pietro del Morrone, è quanto basta per provarne l’esistenza, l’operatività e la grande influenza da quella esercitata nel territorio riferibile a “ Musane ”. In precedenza, si accennava alla radicale trasformazione, nella gestione politica del ‘modus dominandi’, che occorre registrare con il passaggio del potere nelle mani delle ‘famiglie’ normanne ai vertici della gerarchia ‘civile’. Uno degli aspetti da tenere maggiormente in considerazione è che con gli esponenti di queste, i quali, per parte loro, pure ‘utilizzeranno’ le gerarchie religiose e se ne serviranno non poco nei loro gioghi di potere e delle alleanze, si concretizza una reale e netta distinzione tra il potere ‘civile’ e quello ‘religioso’, ognuno dei quali, fatta opportunamente salva qualche rara eccezione, è gestito da distinta persona. Una siffatta frattura ed una tale dualità, lo si è già visto nel Capitolo I, provocarono, nello specifico limosanese, non pochi contrasti tra l’ “ episcopus ” della ‘Cattedrale’ di S. Maria ed il ‘dominus ’ “ castri Limessani ”. Sicuramente è da ricomprendersi nella contropartita politica, che la sconfitta di Civitate del 17 Giugno 1053 (ed anche qui sembra opportuno riflettere sulla nient’affatto casuale circostanza, per cui lo scontro tra il Papato ed i ‘ conquistatores ’ normanni si consuma lungo il corso mediano di un fiume, il Fortore, il cui ambito territoriale è ‘dominato’ da quegli stessi Pantasij , che, con un ramo collaterale, detengono anche l’area del medio Biferno con “Musane ”, dalla quale dipende il “ locus Sale iuxta Bifernum fluvium ”, dove una settimana prima della battaglia viene tenuto il ‘placito’ preparativo delle strategie di guerra) costringe il vinto Papa Leone IX ed i suoi successori a riconoscere alla nobiltà normanna, anche il passaggio del potere a Limosano, dove un ramo della ‘casata’ dei ‘ de Molisio ’ rimpiazza la storica “ nobile famiglia de’ Pantasij ”350 . 349 Vedi la nota 34 al Capito II. Comunque, ZAZO A., Dizionario Bio-Bibliografico del Sannio, Napoli 1973; voce 'PANTASIA Abdenago'. 350 Le conseguenze di tale contropartita, così come anche quelle derivanti dal coevo ‘scisma’ d’Oriente (o greco- ortodosso) sulle vicende politiche delle zone molisane, dove, come si diceva, i bizantini ebbero ampia diffusione ed influenze, sono di tanto logiche di quanto risultano scarsamente indagate e, nel migliore dei casi, sottovalutate

231 A parte la “grave lacuna nel testo del ‘ Catalogus Baronum ’, documento indispensabile per la corretta ricostruzione e per la migliore comprensione del primo periodo normanno, (che) ci priva di molti elementi per l’approfondimento nello studio della Limosano di allora” 351 , “la documentazione superstite ci consente (appena) di ritenere che Isernia, Venafro, Boiano, Sepino, Trivento, Limosano , Campobasso, Molise, Rocca Mandolfi e Carpinone facessero parte del demanio del Conte di Molise” 352 . “La contea normanna di Molise che, come tale, ‘ nacque nel 1142 ’(a), è la continuazione, quando ha raggiunto la sua massima estensione, di quella di Bojano che, ‘ fondata da Rodolfo de Molisio (ne è testimoniato quale titolare per la prima volta nel 1053) , vide accresciuta la sua consistenza territoriale, che includeva i sei vescovadi di Isernia, Venafro, Boiano, Trivento, Guardialfiera, Limosano, e parte di quelli di Larino e di Termoli ’(b). I suoi titolari dimostrano sempre la consapevolezza di essere titolari della maggiore e più importante contea del Regno. (…). Del ‘ Comitatus Molisij ’ fanno parte ‘ le ex contee di Boiano, Isernia, Limosano, Sepino, Trivento e Venafro, oltre a numerosi feudi minori, per i quali era tenuto a fornire ben 486 cavalieri e 603 fanti all’esercito regio ’” 353 . Deve essere annotato che, se bisogna, come è anche qui opportuno fare, escludere la pura casualità nei fatti della Storia, ci si trova, sempre ed in ogni caso, davanti ad insediamenti di origine sannitica, ognuno dei quali diventa, prima, ‘ municipium ’ romano e, poi in epoca alto medioevale, ‘ civitas ’ sede di diocesi religiosa e di giurisdizione civile. Non potette, perciò, non progredire che secondo tale ‘ratio historica’ anche il divenire di Limosano e dell’intero ambito territoriale riferibile ad un centro abitato, del quale quello, nella continuità storica, rappresenta l’ultimo anello. Con “la cancellazione dei piccoli potentati di origine longobarda” la nuova nobiltà, di origine franco-normanna, nella fase di spartizione del potere, procede ad accorpamenti. Così e come si è già potuto vedere, Limosano, da ‘sede’ del “ gastaldato Biffernensi ” amministrato dalla “nobile famiglia de’ Pantasij ”, si ritrova a far parte del “ Comitatus Bojanensis ”, del quale, dallo stesso anno, il 1053, in cui è avvenuto lo scontro di Civitate, è documentato titolare Rodulphus (Rodolfo) de Moulins o “ de Molisio ”, che dominò sino alla morte, avvenuta nel 1059, quando gli successe il figlio Guimundus (Guimondo). Dopo la morte di quest’ultimo (se ne ignora la data ed il motivo), mentre la contea di Bojano si ritrova nelle mani del figlio Rodolphus , il secondo con tale nome, titolare di Limosano è Tristaynus ( Tristano , ma nei documenti è detto anche Trostayno , Tristapno o Frostaino ), il quale pure lui è figlio di Guimondo e, quindi, fratello a Rodolfo II. A Tristano (o Tristaino ) succede, come “ Limessani castri dominus (signore-padrone del ‘castrum’ di Limosano)”, il figlio Robbertus (Roberto), che, personaggio assai attivo nello scacchiere politico dell’area limosanese, almeno nei tentativi di ricerca dell’autonomia da Benevento, merita qualche considerazione più attenta.

dalla storiografia nostrana. 351 BOZZA F., op. cit., pag. 88. 352 CUOZZO E., Il formarsi della feudalità normanna nel Molise, in ASPN 1981, pag. 114. 353 BOZZA F., op. cit., pag. 88 e seg. Dall’A. si riportano anche le note e le citazioni:: (a) CUOZZO E., art. cit., pag. 118. (b) CUOZZO E., art. cit., pag. 119. Combinando questo brano con quello di cui alla nota 7 ed escludendo Guardialfiera, diocesi solo dal 1068, emerge ancora una volta la conferma dell’ipotesi di Limosano come ‘civitas’ medioevale, capitale di un proprio gastaldato e sede di diocesi. Ciò, se possibile, ha maggior forza di prova laddove si consideri la assoluta neutralità e la mancanza di interesse di campanile da parte del Cuozzo, studioso autorevolissimo. (c) MORRA G., Introduzione al millecento nel Molise, in A.M. 1980, pag. 76.

232 Il Cronista del Chronicon Cassinense riporta 354 , a margine della donazione (Giugno 1109) cui partecipò “ Johannes, Triventinae sedis episcopus, una cum Robberto filio Tristayni Limessani castri domino ” con la quale “ optulit huic loco (nota: a Monte Cassino) ecclesiam sanctae Illuminatae infra fines praedicti castri Limessani, loco ubi dicitur Petra majore, cum omnibus ecclesiis et pertinentiis suis, pena indicta centum librarum auri id removere quaerentibus ”, fatti ivi accaduti anteriormente al 1084 (probabilmente mentre ‘dominus ’ era il padre Tristano), anno a partire dal quale l’autore diventa ‘ episcopus ’ di Trivento, ed appresi direttamente “ ex ore Alberti huius nostri Cenobi monachi ultimam fere jam aetatem agentis (dalla bocca di Alberto anziano monaco di tale nostro Cenobio)”. Quali i ‘fatti’ accaduti? Li si trascrive direttamente in una traduzione ‘italiana’, assai più comprensibile del testo nell’oscuro latino medioevale, perché molto indicativi di quel che accadde, dal punto di vista politico, con l’arrivo dei normanni nell’area limosanese. “Va annotato con pacatezza che di questo Luogo (= il Cenobio di S. Illuminata) sembra essersene appropriato la cattiveria e la fraudolenza di Alferio vescovo di Trivento . Infatti ivi, mentre era il Preposito (= l’Abate) nella stessa Chiesa della Beata Illuminata, sapendo che la suddetta Chiesa era assoggettata al Monastero di S. Eustasio (nota: o anche ‘ S. Eustachio ’, nel ‘ducato di Pantasia ’) sin dall’inizio della sua (= di quest’ultimo) costruzione e che era stata assegnata a questo stesso Luogo dai Principi Beneventani, e desiderando di sottrarla dalla giurisdizione di questo Monastero, si presentò al Preposito che lo aveva preceduto al Monastero, iniziò a supplicarlo acché gli mostrasse i documenti di quel luogo, dicendo che vi erano custodite anche le carte della sua eredità: lo pregò di consentirgli di prenderle affinché non si perdessero per la forte vecchiaia del tempo. Ritenendo il Preposito non esservi dolo nelle sue parole, gli concede il permesso di cercarle e di portarle via. Quindi tra i documenti trova l’atto di autorizzazione da parte dei Principi Beneventani per mezzo del quale la Chiesa di S. Illuminata fu assegnata al Monastero di S. Eustasio, il quale atto con bastante chiarezza ed apertamente conteneva che detta Chiesa era stata concessa al Monastero del Beato Eustasio dai Principi Beneventani dal principio della sua costruzione. Egli, furente d’invidia ed ubriaco di iniqua follia, rapì il documento, se lo nascose e, tornato a casa propria, minutamente lo strappò ”. Si ritiene di non dover aggiungere, in quanto il cortese e buon lettore può facilmente trarla di persona 355 , alcun’altra annotazione, se non che il ‘fattaccio’ serve a preparare il campo, se ne riferì già nel III Capitolo, all’ingresso, civile e religioso, di Monte Cassino nell’ambito territoriale riferibile a Limosano. E' da tenere nella dovuta considerazione la circostanza per cui “nel 1096 ‘ Robbertus, filius Trosteni, qui dicitur de Principatu ’, partecipa, come riferisce il Chronicon Cassinense , alla prima Crociata” 356 . E ciò perché una tale parentesi nella vita del giovane Roberto, del quale è forse ancora in vita il padre, rende non impossibile l’ipotesi che egli sia appartenuto a quell’ordine cavalleresco, tanto importante quanto poco o nulla considerato, di ‘ guerrieri ’ sorto all’ombra dei Monasteri, che furono i ‘ Templari ’. A quest’ultimo, che proprio adesso sta iniziando a formarsi ed a strutturarsi sul territorio, faranno, in seguito, capo ingentissime ricchezze tanto che regolerà (sia il concetto di ‘banca’ che quello della ‘lettera di cambio’ partono dal suo interno) per circa due secoli l’intera circolazione monetaria ed eserciterà con minuziosità il controllo delle strade e la connessa esazione dei pedaggi. Pur se, relativamente alla possibilità di collegare le due cose, la mancanza di un nesso ‘documentale’ rende quasi del tutto casuale la coincidenza, un minimo di credibilità a siffatta

354 Chronicon Cassinense, IV, 34. Si veda BOZZA F., op. cit. pag. 76 e seg. 355 BOZZA F., op. cit. Si veda l’intero Capitolo dedicato al periodo normanno. 356 BOZZA F., op. cit., pag. 85.

233 ipotesi potrebbe farsi derivare dalla presenza, ancora all’epoca (1743) del ‘ Catasto Onciario ’, di diversi ‘ beni ’ fondiari, significativamente e non senza motivo quasi tutti confinanti con ‘strada publica ’ e nelle immediate vicinanze delle istituzioni monastiche, appartenenti alla “Commenda di Malta, di S. Gio: Gierosolimitano , sistentino nel ristretto, e tenimento di questa sud.a Terra ” di Limosano, per i quali il ‘ Procuratore ’, che allora era “Ascanio Longo”, “ ne corrisponde al Sig.r Commendatore in Bujano… docati sei, e mezzo, ed una forma di Cascio ”357 . Il ‘ dominus ’ di Limosano, “ Robbertus, filius Trosteni ”, dopo che, e risultano così evidenti sia la sua attività politica che l’importanza del ramo ‘limosanese’ dei “ de Molisio ”, nel 1109 ha offerto (‘oblatus’) il Cenobio di S. Illuminata a Monte Cassino e, similmente, dopo che l’anno seguente, il 1110, Gregorio, monaco cassinense, “come si ha nel Catalogo degli uomini illustri di quel Monastero” 358 , diventa l’‘ episcopus ’ della stessa Limosano, alla morte “sotto le macerie del terremoto del 1117” del fratello Simone, conte di Bojano (v. il Capitolo I), gli succede e riunifica in un’unica persona l’alta e la media valle del Biferno. Quando muore Roberto (il quale aveva avuto per moglie una tal “kelgata”), cosa che avviene nel 1128, gli succede il “ dominus noster Hugo Comes molisianus ”, il quale, figlio di Simone, mentre è il secondo per la ‘ contea ’ di Bojano, per la “Terra li=Musanorum” è il primo con tale nome. Il conte Ugo “ molisianus ” (v., anche per le note, sempre il Capitolo I), “sedens pro tribunali in civitate limosane cum baronibus magnatibus iudicibus aliisque suis bonis hominibus ”, nel 1148 (ottobre) è presente alla ‘ concordia ’, stipulata a Limosano,

357 La “ Commenda di Malta S. Giovanni Gerosolimitano possiede i seguenti beni - Un’Orto d’una misura, nel luogo d.o La Contrada di S. Maria della Libera, e Giardinello, conf.a strada publica , ed altri, cenzuato ad Antonio Greco, e ne corrisponde annui di canone grana cinque. - Un Territ.o di tt.a dieci nel luogo d.o Colle Franco, conf.a strada publica , beni del Convento di S. Francesco, ed altri col canone di Francesco, e Pietro Gio:Cola, e Cosimo Cipriano, e ne corrispondono annui carlini tredeci. - Delli sud.i tt.a dieci, ne tiene à Terratico Domenico, e Cosimo di Matteo tomuli tré, e mezzo. - Un Territorio di tt.a sei con quattro mozzoni d’olive ed una quercia, nella contrada delli Patrisi, e macchie delli Porrazzi, conf.a strada publica , beni d’Innocenzio d’Angelilli, ed altri à Terratico. - Un Territorio di tt.a quattro, e mezzo nel luogo d.o S. Silvestro, e Valle, confina strada pubblica , beni di S. Maria della Libera ed altri, cenzuato à Donato Greco, col canone annui carlini cinque. - Un Territorio di tomuli due, e mezzo, nel sud.o luogo , sta unito con li sudetti tomuli quattro, e mezzo, e stà a Terratico. - Un’altro Territorio di tt.a tré, e misure diece, nel luogo d.o Pagliarello, e Frainini , conf.a beni della Cap.a del SS.mo Rosario, beni del D.r Fisico Niccolò Ramolo, ed altri, cenzuato per vigna al D.r Francesco Covatta, Saverio Gio:Cola, ed altri, col canone di carlini due annui. - Un Territorio di tt.a due, nel luogo d.o S. Illuminata, conf.a beni della Chiesa di S. Stefano , strada vicinale , ed altri à Terratico, con quattro bisceglie. - Un’Orto di misure due nella Contrada di S. Maria della Libera, e d.o anco S. Jacovo, conf.a due lati strade publiche , beni della Chiesa di S. Maria Mag.re, ed altri cenzuato à Niccolò Marcantonio col canone annui grana dieci. - Un Vignale di tt.a tré, con otto piedi d’olive, sette querce e ventiquattro bisceglie, nel luogo d.o Colle Capogrosso, confina strada publica , beni della Cap.a del SS.mo ed altri, cenzuato ad Antonio del Ferraro, col canone di quarti tré di grano annui, che sono carlini quattro, e mezzo. - Un Vignale di tt.a uno, nel luogo d.o La Selvitella, e pozzo dello Chiajo, con sei piedi d’olive, conf.a beni di S. Maria della Libera , beni di S. Maria Mag.re, ed altri, cenzuato per vigna à Raffaele Covatta, col canone annui carlini otto. - Un Vignale di tt.a uno, e mezzo, nel luogo d.o Fonte Vernavera, stà unito con li tt.a dieci à colle Franco , che si tiene dà Pietro Gio:Cola, e ne paga annui di canone grana dieci ”. 358 CIARLANTI G.V., Memorie historiche…, III, pag. 222.

234 con Johannes, l’Abbate di S. Sofia di Benevento, riguardante il pagamento di tributi da parte degli uomini del Monastero di S. Angelo in Altissimo 359 . Del resto, e le due cose si confermano a vicenda e rendono più coerente la ricostruzione, anche “nell’anno 1147 Limosano col suo Castellum appartenevano al dominio dei conti di Molise e che qui Ugo II teneva corte” 360 . La continua presenza del “ molisianus ” Hugo in quel centro la dice lunga sulla importanza che ad esso annetteva e sulla considerazione in cui all’epoca, in quanto “ bona terra et melior totae provinciae ( beneventanae ) excepto boyano ”, era tenuto. Del resto, a parte il fatto che, e la cosa ne dimostra l’importanza anche quale centro commerciale, tutti quelli che vogliono “ aliquid emere aut vendere accedunt ad terram ipsam et ibi inveniunt quod querunt ”, “ sunt in dicto castro focularia nongenta et sunt homines habentes incolatum in illo mille quingenti ” o, altrove, anche “ duomilia ” ‘armigeri ’. E, sviluppando tali dati, che sono della più volte citata ‘ Collect. 61 dell’Archivio Vaticano ’, si riesce bene ad ottenere una stima della popolazione tra i quattro ed i cinquemila abitanti, di cui fanno parte “ multi boni litterati et nobiles… et triginta logiste et doctoraliste et medici sex tam phisici quam… ” , oltre a chi “ regit scolas in gramaticalibus ”. Il conte Ugo, che nel 1138, forse per ingraziarselo dopo che aveva partecipato ad alcune di quelle ribellioni, di cui è costellata la sua vita, aveva sposato una figlia naturale del re Ruggero II, morì nel 1160 e gran parte, quella centro occidentale con l’alta valle del Biferno, del suo vasto dominio, forse per contenere i tentativi autonomistici della famiglia dei ‘ de Molisio ’, restò al regio demanio, dal quale l’ebbe a rilevare, nel 1166, Riccardo di Mandra. Di contro, ma da questo momento le ‘ carte ’ si fanno assai carenti, sembrerebbe probabile che i feudi delle ‘ Terre ’ e dei ‘ castri ’ posti ad oriente e nella media valle del fiume e, quindi, anche di Limosano restassero nelle mani dei “ molisiani ”. Al conte Ugo(ne), nel dominio di questa parte del territorio, “gli succede… il figlio Roberto (a). Non si conosce la data della morte di Roberto, ma dal 1216 egli è ricordato unitamente al figlio Ugone (nota: che dovrebbe essere il secondo per Limosano) quale Connestabile di Sicilia (b). In una concessione dell’aprile del 1225 si dice chiaramente che Ugo(ne) è figlio di Roberto (nos Robbertus et Ugo de Molisii domini… qui sumus pater et filius) (c). Un anno dopo si ricorda solo Ugo(ne) e di Roberto non si parla più” 361 , probabilmente perché defunto. “Fino a quando Ugo (ne) è titolare del feudo di Limosano? Chi gli successe? Ebbe egli eredi? Vendette volontariamente il feudo o ne fu spogliato” 362 durante il periodo degli Svevi, assai oscuro per le ricostruzioni delle vicende e la titolarità dei feudi, quando, specie nella fase terminale, le fortune, sull’andamento delle quali le carte tacciono, furono così rapide a crescere di quanto lo fossero nello scemare? Sappiamo solo che, subito dopo l’arrivo degli Angioini, Limosano venne assegnato ad un certo “ Adenulfo ”. Di costui altro non sappiamo se non che era figlio di (riportiamo il genitivo) “ Johannis Comitis, Romanorum Proconsulis ” e che “die XXVI martii XIII ind. (1270 ) [ apud Capuam ]” gli era stato concesso “ castrum Limosani, pro unc. LXXX ”(Vol.

359 Per il testo del documento in questione si veda BOZZA F., op. cit., pag. 90 e seg. 360 JAMISON E., I conti di Molise e di Marsia nel secoli XII e XIII, Casalbordino (CH) 1932, App. doc. 1. La ricostruzione proposta contrasta con l’altra del PIEDIMONTE (La Provincia di Campobasso, Aversa 1905, pag. 47), seguita anche dal MASCIOTTA, che, originata da una evidente confusione tra il titolo nobiliare (Markese) con il cognomen, vorrebbe Limosano dipendere nel 1132 da Marchisio. 361 NOBILE P.L., Campobasso medioevale: le dinastie feudali e le fortificazioni, in ASM (Archivio Storico Molisano) 1980-81, pag. 76. Del testo del Nobile si riportano anche le citazioni: (a) JAMISON E., I conti…, pag. 22. (b) PARROCCHIA di S. Cristina, SEPINO. Raccolta di Pergamene, 1216, n. 43-46. Roberto, già dal maggio 1185, si firma con tale titolo; in JAMISON, op. cit., Appendice doc. n. 5, pag. 89. PARROCCHIA di S. Cristina, SEPINO. Raccolta…, 1225, n. 48. 362 BOZZA F., op. cit., pag. 117.

235 II, p. 252, n. 64), somma questa, 80 once d’oro, molto rilevante. Ciò, anche se al Vol. XIV, p. 145, n. 93, viene riportato che era stato concesso ad “ Adenulfo de Comite de Urbe mil. et familiari castrum Limosani in Justitiariatu Terre Laboris in donum ”363 , con una contraddizione, che, per chi conosce le espressioni di quel periodo, è solo apparente. Una testimonianza resa da “ Andreas petri de limosano ” al tempo, come indica la posteriore annotazione a margine del f. 180, “ Monaldi Arch.pi Beneventani qui sedit ab A. 1303 ad 1333 ” riporta che in precedenza un certo “ dom.nus Joh s comes grau<.>us fecit petitionem d.no pape quam vidit dom.us papa non concessisset nisi facissent omnia quae continebantur in petizione ipsa ”364 . A parte una certa lacunosità del testo, che lo rende in qualche sua parte poco interpretabile, la diffusa costumanza di ripetere al proprio figliolo il nome del diretto genitore, combinata con la compatibilità temporale delle date, permette di ipotizzare in questo “ Johannes comes ” il diretto discendente di quell’Adenulfo, che, a sua volta e come si è già visto, era figlio di un “Johannis Comitis, Romanorum Proconsulis ”. Ma chi era questo “ Comes (et) Romanorum Proconsul ”, il quale, “ de Urbe ”, si adoperò a che, nel contrastato passaggio del potere dagli Svevi agli Angioini, il “ castrum Limosani ” fosse concesso, previo pagamento della ragguardevole somma, per allora, di 80 once d’oro, al figlio Adenulfo? Era egli esponente della nobiltà ‘civile’ di Roma? O, come sembrerebbe con più di una ragione ipotizzabile, apparteneva alle più elevate gerarchie religiose della Chiesa? Del tutto ovvio che non è agevole rispondere a tali domande; è, però, certo che la discesa a Napoli di Carlo d’Angiò (che autorizzò la concessione) si ebbe per sollecitazione del Papa di Roma, o, appunto, “ de Urbe ”, e dopo che entrambi avevano stipulati patti reciproci e che prevedevano impegni precisi da rispettare. Quanto, poi, alla lettura da dare del testo della menzionata testimonianza, va aggiunto solo che la ‘ petizione ’, sottoposta in quell’occasione direttamente al Papa (“ d.no pape ”), che con buona ragione può essere identificato nel francese Clemente V (trattasi di colui che sposta la sede pontificia da Roma ad Avignone), e che lo stesso “ dom.us papa ” vede ed approva alla sola condizione che venissero rispettate tutte le promesse in essa contenute, probabilmente è la stessa con cui sia il giovane “ Johannes comes ” che tutta la popolazione di Limosano avanzarono la richiesta, nel primo decennio del XIV secolo, per la costruzione del Convento da destinare ai frati di S. Francesco. “Quanto allo schieramento politico per il quale dovettero parteggiare i ‘ de Molisio ’ titolari del feudo di Limosano, nella impossibilità di ricavarlo dalle fonti, che irrimediabilmente tacciono, si azzarda l’ipotesi, di una loro probabile partecipazione a favore degli Svevi e della parte contraria al Papato,… Una tale ipotesi giustificherebbe il loro sicuro interesse a riprendersi la titolarità del ‘ Comitatus Molisij ’, specialmente laddove si pensi alla forte instabilità, che ad essi, politici ricchi di esperienza, non poteva certamente sfuggire, del potere dei ‘ da Celano ’, ambigui ed opportunisti. Tutto questo ovviamente in una fase storica, che a caratterizzarla è la ‘ infidelitas ’ facile oltre che una mancanza di visione politica coerente nel tempo lungo asservita, più che al ragionamento, all’istinto. E sopra ogni altra cosa proverebbe quella scelta di campo la concessione del feudo di Limosano ad Adenulfo, da inquadrarsi nell’opera di restaurazione, assai feroce, a cui venne sottoposto anche il territorio molisano dal regime degli Angioini. E ben si comprende così, e solo così, quella fiorente e fervente produzione di armi che nell’abitato limosanese si dovette praticare più o meno di nascosto, ma attivissimamente. Le caratteristiche del luogo, le ‘ fucine ’, dove si era diffusa e sviluppata, ne lasciano ben

363 Registri della Cancelleria Angioina. 364 ARCHIVIO VATICANO, Collect. T. 61 più volte citata (v. Capitolo I).

236 immaginare la notevole consistenza economica e la buona importanza militare per l’epoca. Essa, in quanto probabile frutto di una ‘ riconversione ’ di quei laboratori dei ‘ caldararj ’, di cui ai citati documenti dell’Archivio Vaticano, aveva radici lontane. Del resto, solo lo spostamento, in seguito a decisione politica, di quell’attività da Limosano a Campobasso, cosa ben documentabile ed assai nota, riesce a spiegare la conseguente e contemporanea ‘crescita’, in danno del primo centro, che progressivamente declina, di questa seconda città. Che si è ritrovata ‘ingrandita’ avendo preso sia da Limosano, come da Bojano e dalle altre ‘civitas’ di essa più antiche e cariche di storia. E ben si riesce in questo modo a spiegare, da ultimo, pure l’ostinato silenzio delle carte” 365 . “Il feudo di Limosano, ‘ se il silenzio delle istorie deve attribuirsi a difetto di mutamenti feudali e di cambiamento (ma è più probabile che dipenda dalla volontaria e deliberata distruzione delle cose del soccombente operata dai ‘vincitori’)’, fu degli Acquaviva e, dopo qualche mese del 1417 in cui appartenne a Riccardo Aldomoresco , passò nello stesso anno al ramo dei , che tenevano anche Campobasso. Questa casata lo cedette a Francesco da Montagano , il quale ‘ era Signore di Montagano e tenne Limosano nel 1443 ’” 366 , “anteriormente e di non poco al 1443” 367 . Che un ramo collaterale dei Gambatesa fissò dimora a Limosano e vi abitò a lungo lo prova il fatto che, intorno al 1615, della famiglia di “ Missere ioanp.ta Coccetta…” faceva ancora parte “ Madama (Ip) polita…, madre, (che era) figlia del mag.co m. Joafranc.o monforte de’ gambatesa de anni 40 ”368 . “La più attendibile ricostruzione per l’epoca aragonese delle vicende del feudo di Limosano, nonostante le differenti proposte (a) avanzate, è quella suggerita dal ‘Repertorium Provinciae Comitatus Molisij’, che riportiamo nella sua prosa prolissa e confusa: ‘Nell’anno 1450 Re Alfonso per la morte di Francesco da Montagano , il quale ex haereditate paterna pro communi et indiviso con Giacomo, suo fratello, aveva posseduto le infradette Terre e castelli: Montagano, Frosolone, Guardialfiera, Castelluccio Acquaborrana (Castelmauro), Limosano, Casacalenda, , Lupara, S. Angelo Limosano, Campolieto, Ripabottoni, Matrice, Civitavecchia ( ), Chiauci e Molise , Luoghi abitati , , Serramala (tra e Guglionesi), Olivola (presso Casacalenda), Collecanale (presso Guardialfiera), Collerotondo (in agro di Montagano), Cascapera (tra Limosano e S. Angelo Limosano), Fontasaina (tra Guardialfiera e Lupara), Cancellaria (?), Rocca Sassoni (in agro di Civitacampomarano), luoghi disabitati della Provincia di Comitatus Molisij, oltre a S. Giuliano (di Puglia) e , luoghi della Capitanata, investì don Giacomo , fratello dello stesso Francesco , pro se et suis Haeredibus, mero mistoque imperio et gladio protestate, che così come detto Francesco ed esso Giacomo ed il predetto (de) loro padre le hanno possedute come risulta in Q(uinternione). primo, fol. 139. Quelle Terre e Feudi, essendone per la morte di don Giacomo devoluti alla Regia Corte, Re Ferrante, l’ultimo di ottobre del 1477, vendette all’Illustre Gherardo di Appiano , figlio terzogenito di Appiano di Aragona, Signore di Piombino, affine ed amico suo carissimo, e precisamente Montagano, Casacalenda, Chiauci e Limosano , con i pagamenti fiscali dovuti, e Provvidenti, Guardialfiera, Castelluccio, Lupara, Frosolone, Ripabottoni, Matrice, Campolieto e S. Giuliano senza i pagamenti fiscali ‘cum omnibus eorum Castris, Fortellitiis,

365 BOZZA F., op. cit., pag. 118 e seg. 366 BOZZA F., op. cit., pag. 144. Si veda anche PIEDIMONTE G., op. cit., pag. 48. E della stessa opinione è anche CIARLANTI G.V., Memorie…, V, pag. 159, quando afferma: “Limosano circa l’anno 1417 si possedeva da Rizardo Aldomoresco Maresciallo del Regno, e la vendé poscia a Guglielmo di Gambatesa Conte di Campobasso”. 367 MASCIOTTA G.B., II, pag. 201. 368 APL, Stato delle anime dall’anno 1579 all’anno 1635.

237 venationibus, passagiis, Baiulationibus, Furnis, Molendinis, Baptinderiis platheis, Casalibus abitatis et inabitatis Collerotondo, Fontesaina, sita in tenimento di Guardia, Lupara, Olivola, Collecanale, Gerione, Rocca Sassoni, Avellana, S. Martinello e metà di Cascapera cum titulo comitatus di Montagano, et cum integro eorum Statu per il prezzo di ducati ventiduemila et cum promissione evictionis et integro eorum Statu’, come risulta dal Q. nono, fol. 88. Nell’anno 1495 Re Ferrante II affermando di avere e di legittimamente possedere come cosa recuperata da suoi incaricati stipendiati dalle mani dei suoi nemici, e precisamente la detta Terra di Montagano, la città di Guardialfiera, ed i Castelli di Casacalenda, Castelluccio Acquaborrana, Provvidenti, Ripabottoni, Campolieto, Frosolone, Chiauci, Matrice, e Limosano , Salcito e Pietravalle inabitato del Contado di Molise, avendo riguardo agli ottimi servizi di don Andrea di Capua , Conte di Campobasso e suo primo Camerario, il quale in ogni tempo e fortuna gli si ritrovò sempre prontissimo e per mantenerselo fedelissimo, donò quelle (Terre e Castelli) al detto Andrea per se e per i suoi eredi. Per compensarlo di tali suoi servizi, ‘cum dicto titulo comitatus, cum castris, casalibus, Feudis collectis utili dominio, debitis, censibus, Angariis, Perangariis et Herbagiis, siluis et venationibus et piscariis, Ferreriis et Furnis, passagiis, Scannagiis bonis vacantibus, et comictentium crimen lesa majestatis, portielania, Mercaneva, ponderum et mensurarum, mero e primis et 2/dis causis et etiam contra commectentes crimen lesa majestatis’ con il potere di esigere le tasse dei focolari e del sale in quei Castelli e sino alla somma che riusciva a percepire il predetto Gherardo di Appiano, dal quale promette di liberarlo immediatamente, con il potere di riconoscere (e di privare) i feudi quaternari ed i possessi feudatari, come risultano descritti nei quadernoni della Regia Camera, da ora e per l’avvenire allo stesso Andrea e suoi eredi con la facoltà che se fosse morto senza figli gli era concesso che potesse trasmette tutto ciò a qualcuno dei suoi fratelli, per la presente disposizione che sin da ora si munisce di assenso, così come appare in Q. primo, fol. 123. Nell’anno 1496 Re Federico confermò al don Andrea tutte le Terre predette ed in più gli concesse il Contado di Campobasso con anche annui 500 (ducati?) di pagamenti fiscali di detto Montagano, ed anche la città di Termoli ‘cum jure exiture fractarum frumenti’ fino alla somma annua di Lire (= ducati?) mille, ma non di più, e che se un anno non si potesse esigere, la si incassi (extrahat) nel seguente. Inoltre Serracapriola, Ripalimosano (O)ratino, Rocchetta disabitata che furono di Sforza Gambacorta, ed eredi del q:mo Fataguro. Inoltre Gambatesa, con i suoi pagamenti fiscali e con tutti i diritti come anche i suoi privilegi. ‘Item ad suae vitae decursum la Castellania di Manfredonia, iuxta dictorum quorum privilegiorum formam criminibus, tamen lesae majestatis, Heresis, et falsae monetae et earum cognizione pro publicatione bonorum, quae ratione dictorum criminum veniret imponenda vel faccenda excaeptis’. come in Q. XIII, fol. 154 ’” 369 . Del feudo di Limosano “la concessione e la conferma fattane ad Andrea di Capua, fedelissimo degli Aragonesi, con tutta probabilità avvenne in quanto il precedente barone e, con lui, assai verosimilmente tutta la popolazione avevano parteggiato per Carlo VIII, in occasione del tentativo di costui di impadronirsi del Regno napoletano (a). E che quello di Limosano fosse feudo molto appetibile, perché ricco, ed effettivamente appetito dal di Capua, lo confermerebbe il fatto che “ donno (o ‘dondo’) Andrea ”, che pure disponeva di diversi feudi tra le Terre ed i castella del Comitatus , in esso venne subito a fissar dimora ed, almeno per periodi limitati dell’anno, vi risiedeva, se per lunghi secoli nella

369 BOZZA F., op. cit., pag. 160 e segg. Il testo riportato dall’A. è tratto dal REPERTORIUM PROVINCIAE COMITATUS MOLISIJ, dattiloscritto anonimo presso la Biblioteca Provinciale di CAMPOBASSO, al M945.719, pag. 9 e segg. A proposito del quale, in nota, l’A. aggiunge che “molti elementi fanno ipotizzare la copia esistente essere una trascrizione di un manoscritto del XVI (o XVII) secolo, del cui originale si sono perse le tracce”. (a) Per una sintesi delle ‘differenti proposte’ si veda la nota 20 della pag. 160 dal testo dell’A.

238 toponomastica delle vie di Limosano vi era il ‘ loco ubi vulgariter dicitur a’ la platea de donno Andrea ’, così come riferiscono gli atti notarili almeno sino a tutta la prima metà del ‘700 (b). Situava quella davanti al palazzo baronale e non discosto da esso. (…). Probabilmente sollecitato dallo stesso ‘ donno Andrea ’ di Capua, che, mosso da grande ambizione e da mal celati interessi, mirava ad ottenere nella fase del passaggio al governo vicereale quanto più possibile dal suo essere stato fedele agli Aragonesi, il nuovo re, Ferdinando il Cattolico, gli fece ‘ medesima confermazione nell’anno 1504, come appare in Q. VIII, fol. 179 ’ (c). ‘Nell’anno 1512 al detto Andrea successe il di lui figlio Ferrante (o Ferdinando) , il quale di tutti i predetti possedimenti ebbe l’investitura nella forma ‘cum nonnullis declarationibus, et depositionibus’, come è nel Q. XII, fol. 84. Nell’anno 1516 Joanna et Cardus Peges confermarono quanto sopra al detto Ferrante in F.a, come risulta nel Q. XIX, fol. 15. Nel 1521, Ferrante essendo Governatore Generale della Provincia dell’Abruzzo e Capitano d’armi vendette Montagano, Frosolone, Limosano , Lupara, Casale di Fontesaina, Cascapera , Castelluccio Acquaborrana, Fossaceca con i Casali di Castelluccio , Colle Alto, Tirella ossia Torella e Torre Francolise, Guardialfiera ed annue Lire (ducati?) 300 di pagamenti fiscali di Fossaceca ad Annibale di Capua , suo zio , per un certo prezzo tra essi e col patto ‘de retrovendendo’, come risulta dal Q. XX, fol. 136. Ad Annibale di Capua, che possedette quelle terre, successe il figlio Vincenzo di Capua , Duca di Termoli, il quale nel 1534 denunciò la morte del padre offrendo il ‘relevio’ delle cose predette, come da richiesta Rel. 3°. Nell’anno 1559 al detto Vincenzo successe nei predetti Feudi, ed anche in Termoli con annui ducati 1080 di diritti portuali ed in , Ferdinando di Capua , di lui figlio , il quale ne denunciò la morte ed offrì il ‘relevio’, come da richiesta Relev(io) Settimo, fol. II. Il quale Ferrante (o Ferdinando) al presente (all’epoca, cioè, della compilazione del ‘Repertorium ’) possiede quanto sopra specificato ’ (d). A Ferdinando di Capua successe, ma se ne ignora la data, il figlio Ottavio , che fu l’ultimo dei di Capua ad essere titolare di Limosano” 370 . Se non per il feudo (ma, in certo qual modo, anche per esso), la crisi della “ Terra, olim civitas, li=Musanorum ” tocca, durante la seconda metà del XVI secolo, il punto più acuto della sua gravità. Iniziò con le ‘ prohibitioni ’ degli Angioini e le loro pretese di pagamento ad Adenulfo non solo della “ collectam S. Mariae ”, ma anche di una ‘ colta ’ per i “ pannorum pro vestimentis eius et familiarum ”. E’ da reputarsi essere di molto cresciuta nel non breve periodo in cui il deliberato, ed affatto casuale, “silenzio delle istorie” si è fatto più ostinato. Si era aggravata con i Monforte-Gambatesa, più interessati alla emergente Campobasso. Ed è, con l’arrivo di Annibale di Capua, diventata ormai irrimediabilmente irreversibile. Relativamente alla prima fase, quella iniziale e ‘ socio-religiosa ’, di tale crisi, quale il senso da dare, se non di costituirne la sola parte visibile, a quel prepotente attacco, che ad essa fu 370 BOZZA F., op. cit., pag. 178 e seg. Si riportano, perché di qualche interesse, anche le relative note: (a) ALLEGAZ. FORENSE “per la Università di Limosani contro dell’Illustre Marchese utile Padrone di detta Terra”, Napoli 20 Marzo 1760, in Biblioteca Provinciale di Campobasso. “Dicono, che Ferdinando II di Aragona nel 1495 in ricompensa delli serviggi prestati da Andrea di Capua conte di Campobasso, per la difesa, che fe contro delli ribelli, nel fatto, restò privo di vita Gio: di Capua, che salvò la vita al Monarca. E liberò il Regno dall’invasione di Carlo VIII Re di Francia, li donò perciò molte Terre, e Città per la fellonia di molti Baroni nel contado di Molise, tra le quali vi fu Limosani”. (b) La ‘Platea de’ donno Andrea’, negli atti notarili del ‘600, diventa talvolta la ‘Piazza di Santo Andrea’; pur tuttavia negli atti del Notaio AMOROSO F.A., che iniziò a rogare nel 1712, la si indica assai frequentemente ancora come ‘la Piazza di Don Andrea’. (c) REPERTORIUM PROVINCIAE… cit., pag. 12. (d) REPERTORIUM PROVINCIAE… cit., pag. 12 e seg.

239 contemporaneo, sferrato dagli “ homines Terre Triventi qui diabolico spiritu instigati, hominibus casalis Sancti Agnelli… vassallis Monasteriis, plura animalia abstulerunt nec non commiserunt ignem, arbores inciderunt et terminos per quos distinguitur territorium casalis a territorio dicte Terre Triventi, contra Deum et iustitiam evulserunt ”371 ? Certamente “le ‘ indebite e continue turbative ’ dovettero essere numerose, se si fu costretti a ricorrere alla regia autorità, alla quale ‘ exposuit in nostra presentia Guilielmus de Limosano clericus devotus noster quod nonnulli laici, clericum ipsum in possessione ecclesiarum Sancte Crucis prope Roccam Episcopi, Sancti Felicis de Petrafinda et Sancti Petri de Malamerenda… (nota: tutte in prossimità della linea di confine e non lontane da ‘ Cascapera ’) ex collatione facta sibi a Monasterio S. Sophiae de Benevento in Rectoriam rationabiliter tenit et possedit… turbant indebite ac multipliciter inquietant… ’” 372 . A quell’attacco, tanto ruvido quanto deciso, certamente già si univano gli effetti tanto dell’inserimento dei Francescani nel rapporto, tutto nuovo, con l’insediamento abitativo, che da adesso prende ad assumere un ruolo diverso rispetto al passato, quanto “dell’abbandono dell’antica ‘filosofia’ benedettina abbaziale che ai primi del Trecento avrebbe coinvolto Celestini e Clareni” 373 o ‘ Fraticelli ’, tutti movimenti religiosi che, chi più e chi meno ‘contestatore ’, larga diffusione ebbero, condizionandone sviluppi ed economie di ognuno, nelle immediate vicinanze dei centri più grandi. E Limosano ha visto allora stabilirvisi, se non delle frange ereticali vere e proprie, sia i seguaci di Pietro Celestino che i Francescani, i quali, però e quando inizia ad essere manifesta la sua crisi, nel 1340 si ‘spostano’, con la costruzione del Convento di S. Francesco ‘della Scarpa’, anche a Campobasso. Sui fattori che agirono nella seconda fase del decadimento della “ Terra, olim civitas, li=Musanorum ”, quella ‘ fisico-politica ’, in cui il “silenzio delle istorie” diventa totale e, nel contempo, si ha il concretizzarsi dell’emergere di Campobasso, è possibile proporre solo ipotesi di alcune, ma diverse, concause che si combinarono insieme e tra loro interagirono.. La prima. Semplici raffronti tra i dati delle ‘ Rationes decimarum Ecclesiae ’ fanno registrare, a partire già dal secondo decennio del XIV secolo, l’inizio di un significativo ed assai profondo calo demografico , che, nel momento di maggiore acutezza, porterà la popolazione a contrarsi di oltre il 60 per cento. A Limosano il numero degli abitanti, nel giro di un cinquantennio, arriva probabilmente a scendere sino alle 1500 unità. La seconda. Chi fa delle ricostruzioni storiche sul trecento molisano riferisce dell’andamento climatico in maniera, nel migliore dei casi, generica ed approssimativa. Eppure ebbero a verificarsi mutamenti tali che portarono a profondi sconvolgimenti sia nel socio-politico che nelle economie dei ‘Luoghi’. “ Le alluvioni del Biferno ”374 diventate assai frequenti, oltre che sui tracciati viari e sulle direzioni dei percorsi commerciali, sicuramente dovettero incidere, e non poco, con modifiche radicali anche sui mezzi di produzione. Tanto che, per un certo periodo e fino all’epoca degli Aragonesi, quando, con la ricostruzione delle ‘rocche’ finalizzate al controllo dei rinnovati sistemi viari ed economici, si correggeranno gli effetti della politica angioina, il Biferno smette di avere un ruolo centrale e di traino nell’economia degli insediamenti che situavano nelle sue immediate vicinanze. La terza. E’ indubitabile che, con il rimanere esclusivamente città ‘ pontificia ’, Benevento, cui Limosano era stata legata indissolubilmente per secoli, ha perso, e definitivamente, quel suo specifico ruolo politico che aveva per lunghissimo tempo esercitato. Ed è altrettanto indubitabile che la Napoli degli Angioini, diventando essa il centro della decisione politica,

371 ZAZO A., Chiese, feudi e possessi della Badia di S. Sofia, in SAMNIUM 1964, pag. 26. 372 BOZZA F., op. cit., pag. 97. 373 COLAPIETRA R., Profilo storico-critico del Molise da Federico II ai giorni nostri, Ripalimosani (CB) 1997, pag. 10. 374 COLAPIETRA R., op. cit., pag. 10.

240 inizia a rappresentare quella ‘capitale’ (in senso moderno) che sempre di più attira forze sociali e beni economici da consumare. Conseguenza dei due eventi è, relativamente al Territorio del ‘ Comitatus Molisij ’, lo spostamento dell’asse di interesse economico-politico più verso la montagna, “integrandosi in un disegno essenzialmente pastorale ” 375 . Con la conseguente perdita di importanza della fascia di media collina. Del tutto naturale che le risultanze del combinarsi di tutti questi fattori spingessero verso obiettivi diversi da quelli perseguiti in passato anche gli interessi militari. In tale “chiave restauratrice della feudalità armentaria”, per rimanere negli ambiti territoriali limitrofi a quello che era stato di Limosano, gli Evoli, conti di Trivento e di Castropignano, si avvalgono di tale “vocazione feudale, pastorale e militare” dei due centri per esercitare, “con sfumature in prevalenza ancora tardo medioevali, il controllo strategico delle grandi vie di comunicazione, (ma) senza una intrinseca finalità di valorizzazione e potenziamento delle risorse del territorio medesimo. Non a caso Trivento funge da insostituibile cerniera tra i feudi del Caldora, appoggiandosi da un lato a Vasto e dall’altro ad Agnone, lungo tutta la valle del Trigno”. E, da parte sua Campobasso, “città non a caso al centro del disegno strategico dei Monforte, si orienta verso la pianura non soltanto controllata e dominata dall’alto delle rocche, di una visione ancora essenzialmente militare, feudale e tardo medioevale, bensì interpretata e valorizzata grazie alla preminenza delle fiere e dei mercati connessi con la rete delle comunicazioni, e cioè dei tratturi” 376 . Emarginata, a motivo di fattori agenti tanto di natura fisica che politico-commerciale, dai ‘nuovi’ interessi e dai ‘nuovi’ dominatori, tutti (ma non quelli del nostro insediamento) ‘condottieri’ ed “uomini d’armi”, Limosano, che, per parte sua, non compie nessuna scelta verso il ‘nuovo’, degrada, abbandonata al suo destino. Pur se, nella riduzione schematica, esse non vanno lette nella stretta sequenza temporale, la terza e, quando la decadenza si è fatta irreversibile, ultima fase della crisi, quella ‘ delle alleanze e tardo-feudale ’, è caratterizzata, appunto, proprio dalle alleanze a favore degli schieramenti ‘perdenti’ e, perciò, sbagliate da parte dei ‘ domini ’ titolari e “ utili signori della Terra ” di Limosano. A differenza dei Pandone, filo Aragonesi, che con Francesco, “dopo un primo nucleo costituitosi nell’alto Volturno tra il 1413 e il 1422, si era impadronito nel 1437 di Venafro, formalmente in nome di Alfonso d’Aragona, e quindi, contrapponendosi alla fede angioina del Caldora, ma obiettivamente integrandosi con lui in un disegno essenzialmente pastorale che, ritraendosi da(lla) Terra di Lavoro, si espande fino a Boiano ed al Matese attraverso Carpinone (1440)” 377 , le famiglie ‘ comitali ’ che tennero Limosano, tutte, si trovarono schierate dalla parte degli Angioini. A questi (ma, se ancora nel primo decennio del ‘300 la situazione era assai florida, fu allora scelta, pur non voluta, positiva) indubbiamente furono legati gli eredi di Adenulfo . E, così come (senza avvedersi delle mutate condizioni politiche) lo dovettero essere gli Acquaviva durante quel contrastato periodo relativamente lungo che si inizia dalla morte di Re Roberto (1443), più che probabilmente furono di fede lealista verso chi veniva momentaneamente impadronendosi del potere sia Riccardo Aldomoresco che i Monforte-Gambatesa , i quali tennero Limosano in quel convulso 1417, anno in cui si registra più di un passaggio. Il fatto, poi, che “quelle Terre e Feudi (tra cui Limosano) , essendone per la morte di don Giacomo (da Montagano) devoluti alla Regia Corte, Re Ferrante, l’ultimo di ottobre del 1477, vendette all’Illustre Gherardo di Appiano , figlio terzogenito di Appiano di Aragona, Signore di Piombino, affine ed amico suo carissimo ”, starebbe a dimostrare che pure i ‘ da

375 COLAPIETRA R., op. cit., pag. 16. Ci si scusa per l’adattamento del testo. 376 COLAPIETRA R., op. cit., passim. 377 COLAPIETRA R., op. cit., pag. 16.

241 Montagano ’, che, con Francesco, avevano ottenuto Limosano “anteriormente al 1443”, non nascondessero le loro simpatie per i pretendenti angioini. Gherardo di Appiano , il quale diventa “ utile Signore ” quando il destino della “ Terra, olim civitas, li=Musanorum ” è irrimediabilmente segnato, dimora lontano, assai lontano, dal ‘suo’ feudo e, se non sulla carta e per ‘spremerne’ quanta più ricchezza possibile, non ne conosce neppure la vera identità. Quella ‘ Terra ’ è, per dirla tutta, ridotta a meno di una pura e semplice espressione geografica in una realtà, in cui “disagio economico e trasformazioni sociali si congiungono ad articolare una prospettiva molto complessa, allorché la morte di Alfonso vi ha aggiunto, a partire dal 1458, l’elemento sovvertitore dell’insurrezione baronale e della guerra civile” 378 . Ed, al riguardo, la dice assai lunga sulla figura e sull’atteggiamento politico di Gherardo , il quale da “ affine ed amico suo carissimo ”, dovette trovarsi schierato (e fu cosa inopportuna) contro gli Aragonesi nelle ‘ congiure ’ che, frequenti, si susseguirono in quel periodo, l’espressione che anche Limosano fu “ cosa recuperata dai suoi incaricati stipendiati dalle mani dei suoi nemici ”, Ed il passaggio ai ‘di Capua’ fu perché “ li donò molte Terre e Città per la fellonia di molti Baroni nel Contado di Molise, tra le quali Limosani ”. Tanto che, ed anche qui non è certo un caso, questa “ Terra ” venne privata della presenza del ‘ Giustiziere ’ di Terra di Lavoro, il quale, a partire dallo stesso anno (1495) della concessione del relativo feudo a “ donno Andrea ”, il primo dei ‘ di Capua ’, non vi arrivò più per amministrarvi ed esercitavi la giustizia per i fatti del relativo ambito territoriale. E, poiché era, al momento, tutto quanto le rimaneva del passato splendore, tale privazione, vissuta dai contemporanei con rassegnazione e quasi ‘ nascosta ’, dovette essere cosa non di poco conto. Evidenti i riflessi ed i condizionamenti allo sviluppo delle singole realtà ‘ feudali ’ esercitati dallo schieramento ‘ politico ’ del relativo “ utile Signore ”. La scelta dei ‘ di Capua ’, i quali da tempo hanno preso coscienza delle mutate situazioni politiche ed ambientali e di queste sono ‘espressione’ assai significativa e caratteristica, non poteva non tenere conto ed essere condizionata dal fatto che “ il congiunto Annibale (nota: il quale, fratello di ‘ Andrea ’ e zio di ‘ Ferrante ’, che, a sua volta, era “ Governatore Generale della Provincia dell’Abruzzo e Capitano d’armi ”, nel 1521 diventa titolare di Limosano) è doganiere a Foggia ”379 . Il privilegiare il territorio alla destra del Biferno (basta considerare quelle “ambizioni progettuali tutt’altro che trascurabili, che tra il 1500 e il 1515 avevano attualizzato a Riccia un colloquio assai raffinato per il castello residenziale”) e le realtà ad esso riconducibili altro non fu che conseguenza di tanto logica di quanto ineluttabile. Ma “l’attrazione pastorale tanto favorita dalla grande feudalità dei Di Sangro e dei Di Capua può minacciare di stravolgere l’identità della regione (e delle realtà insediamentali) ove ad essa non ponga qualche argine e rimedio il ‘buon governo’” 380 e, con questo, una sana e corretta gestione finanziaria dei patrimoni. Che non dovette sicuramente essere caratteristica del “domino Ferdinando de Capua ”, se è vero che “ Ferrante de Capua de Termole… per alcune sue occorrenze, et presertim per pagare, et sadisfare diversi suoi creditori ”, il 20 Febbraio 1576, si vede costretto ad iniziare a vendere “ senza patto de retrovendendo al mag.co Dominico de blasijs de la Città de Trivento, la Città de la guardia alfieri…, con suo castello… ”. E meno di un anno dopo, il 16 Gennaio 1577, sempre per gli stessi motivi vende a “Donno Nicolao guido Confalone de civi.te ravellj, ducatus Amalfie ” i quattro feudi di “goglionisij, s.ti Martinj, sancti Julianj et Montorij ”381 .

378 COLAPIETRA R., op. cit., pag. 18. 379 COLAPIETRA R., op. cit., pag. 25. 380 COLAPIETRA R., op. cit., pag. 30. 381 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE RUBERTIS Giovanni della piazza di Trivento, atti delle rispettive date.

242 Ottavio di Capua , l’ultimo della famiglia ad essere titolare di Limosano, “ rileviò ”, quindi, una eredità compromessa sia patrimonialmente che finanziariamente ed, insieme ad essa, un destino irrimediabilmente ed irreversibilmente già segnato. Ed a lui, che pure volle vivere lontano e senza ‘amministrare’ il suo feudo, a nulla valse il solo pretendere di “ extrahere ” da esso il maggior quantitativo possibile di ricchezza finanziaria. Se a tale ‘ voracità feudale ’ si somma quella ‘ fiscale ’ e le frequenti congiunture climatiche sfavorevoli che fecero registrare al Notaio Ramolo Nicolamaria diversi anni di “ nefasta fame ” tra il 1571 e gli inizi del XVII secolo 382 , altro non si ha per la Limosano di quel periodo che un quadro, in cui sopravvive solo un feudo ‘ immiserito ’ e chiuso in se stesso accanto ad una situazione divenuta drammatica per quanto attiene a tutti gli altri aspetti (sociali, culturali, economici, di edilizia pubblica, finanziari, eccetera) caratterizzanti di quella ‘ Terra ’. Già vi si dovette registrare, mentre era in atto l’ascesa ‘ sociale ’ della Chiesa di S. Stefano, che, nel suo ‘essere’ blocco unico col ‘ palazzo ’ baronale, era stata fatta oggetto di maggiori attenzioni ed, a lavori ultimati, subito riconsacrata dallo “episcopo de trittivero, nomine io: bap.ta nellanno 1510, a li quattro de aprile ”, una fase lunga, a motivo della pesante situazione finanziaria in cui si dibatteva la “ Universitas civium ” limosanese, per la “rifatione ” di quella di S. Maria e difficoltosa per le altre opere pubbliche. Ed i problemi di natura finanziaria si erano ancor più aggravati durante l’ultimo ventennio del secolo. Tanto che per debiti di natura ‘fiscale’ la “ Universitas civium ” si vide costretta, il 19 Gennaio 1596, a vendere “ in solutum e pro soluto a D. Ottavio di Capoa la parte del Casale di Cascapera, la Selva delli Monti collo Vallo di Cicco, lo quarto della Sala, lo quarto delle Cese e lo quarto della Foresta ”, mentre, per parte sua, l’ultimo erede dei ‘ di Capua ’, già intenzionato a vendere, comprava sia per rientrare da una esposizione creditizia fattasi poco sostenibile che, di più, per far lievitare il prezzo del suo ‘feudo’ di Limosano. Infatti, dalla ‘ratifica ’, avvenuta “ die quarto decimo mensis Julij none ind.is 1596 in Terra limosani ” sempre per mano notarile 383 , dell’atto di vendita “rogato nella Città di Napoli per mano del Notaio Ottavio Severino ‘esistente nella Camera’ del Notaio Domenico Castaldo” si ha che il debito complessivo ammontava a ben 7164 ducati, tarì 1 e grana 13, parte dei quali, per ducati 2813, tarì 3 e grana 9, era stata (o doveva essere) corrisposta “ corporibus introituum victualibus bonis mobilibus et animalibus ut infra describendis et eidem donno Octavio in solutum datis, et assignatis in satisfactione (vettovaglie, beni mobili ed animali)”. Che tali somme fossero ingenti lo dimostra il fatto che i restanti 4350 ducati costituivano il valore del corrispettivo totale dei cinque ‘ corpi ’ feudali venduti “ cum pacto de retrovendendo ”384 .

382 Durante la seconda metà del XVI secolo si assiste (v. in ASC, Protocolli Notarili del Notaio DE CICCO della piazza di Trivento) ad un generalizzato fortissimo indebitamento, dovuto al tipo di amministrazione ‘vicereale’ del Regno, sia dei baroni (a motivo della vita assai dispendiosa che conducevano) che delle ‘Universitas’, le quali si vedono costrette ad indebitarsi “ per le Carestie et penurie delli anni passati et per li passati fiscali et per lo peso delli soldati de presidio contra forastieri ”. 383 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio SANTORO Francesco Antonio (nativo di Limosano) della piazza di Fossalto. 384 Notevole, per le indicazioni topo-geografiche e sulle strade, nonché sulle costumanze dell’epoca, l’atto di terminazione stipulato, sempre per mano del Notaio Santoro, alcuni giorni prima e precisamente “ nel giorno 8.° del mese di Luglio 1596 nella Terra di Limosano e propriamente dentro il Convento di S. Francesco. Nel predetto giorno si sono costituiti alla nostra presenza: Ferdinando de Capoa (forse figlio di Ottavio), da Napoli , che agisce nel seguente atto in nome e conto di Ottavio de Capoa del Balso , da Napoli, suoi eredi e successori, da una parte; Giovan Battista Ramolo ed Antonio del Gobbo, sindici della Terra di Limosani per il presente anno , che ugualmente agiscono nel seguente atto in nome di tale carica e per parte di detta Università ed uomini della suddetta Terra di Limosani, loro posteri e chicchessia in perpetuo, dall’altra parte. Le parti suddette, come indicate, con il di loro ‘vulgari sermone’ affermano davanti a noi e dicono come nei mesi passati per essa Università ed in suo nome a mezzo di: Gio:Batta Ramolo, Gio:Batta Ursino, Pietro Ranallo e Aloisio Marinaccio, Procuratori di essa Università ed uomini di detta ‘Terra delli mosano’ , diedero e consegnarono ‘in solutum et tro soluto’ al detto Ottavio de Capoa per docati 4350, (somma) che detta Università

243 Il distaccato Notaio, per il ruolo svolto, racconta che “ nel predetto giorno, per le preghiere a noi fatte per conto dell’Università e degli uomini della Terra di Limosano della Provincia di Contado di Molise, ci siamo recati alla Casa della predetta Università sita e posta dentro la predetta Terra di Limosano…, dove l’Università stessa per le decisioni da prendersi è solita riunirsi ed, appena ivi arrivati, vi abbiamo trovato e si sono costituiti alla nostra presenza: Gio:Batta Ramolo , sindico per il corrente anno della Terra suddetta, Giacomo de Addario, Aloisio Marinaccio, Gio:Batta Orsino, eletti al governo ed all’assistenza dell’Università predetta per il corrente anno ed i seguenti cittadini ed Uomini di detta Terra: Giovanni Antonio de Paolo, Fabio Ramolo, Giovanni de Anselmis, Aloisio MarcoAntonio, Antino Perrocco, Angelillo Perrocco, Alfano de Germano, Giuseppe (figlio ) di Franc.o de ed i ‘particulari’ (= singoli cittadini) di essa dovevano al detto Ottavio in parte di una maggiore somma, e gli vendettero i sottoindicati ‘Corpi de Territorij’ , e sono: ‘ la parte dello feudo di cascapera ’, ‘ lo quarto ’ detto ‘ li monti et lo vallo di cicco ’, ‘ lo quarto detto la foresta ’, ‘ lo quarto detto le cese ’, e ‘ lo quarto detto la sala ’, come risulta da pubblico istrumento di detta vendita e ‘in solutum datione fatta seu fieri’ rogato nella Città di Napoli al 19 del mese di gennaio del presente anno 1596 per mano del Notaio Ottavio Severino ‘esistente nella Camera’ del Notaio Domenico Castaldo, al quale si faccia pieno riferimento. E siccome che ‘a detti Corpi de territorij’ non furono assegnati né bene indicati i confini e né fissati i termini, ed al tempo che furono stipulate le surriferite scritture ‘de detta vendita et in solutum datione’ per parte di detta Università fu promesso in esse che tali confini e termini fossero assegnati e messi per il tramite di Gio: Formica, barone di S.to Angelo Limosano e (del) Notaio Ant.o Santoro, come è indicato e risulta da detto istrumento, e poiché detta Università ‘et homini de essa’ intendono rispettare quanto per mezzo di tale istrumento dai suoi procuratori è (stato) promesso e per adempiere a tale patto e fare assegnare e porre tali termini ed il confine, oggi, predetto giorno, senza forza o costrizione, ma in piena libertà, le nominate parti come indicate si sono recate dal predetto Gio: Formica, come sopra Barone, ed insieme a detto Notaio Antonio accompagnati dai seguenti altri cittadini, da essa Università a tale scopo designati, che sono: Pietro (figlio) di Gregorio Ranallo, Santuccio de Angnelillo, Francesco Corvinella ciamberlengo nella detta Terra, Donato Antonio de Alena, ‘Iando’ Covatta, Antino (figlio) di Antonio Buccero ed Aloisio de Angnelillo ‘ molinaro ’ (si sono recati) sopra alli prenominati Feudi e terreni, che unanimemente e di comune accordo hanno ‘terminato et confinato’ detti terreni nel modo seguente. ‘In primis (il) confine del li monti fiorani et vallo de cicco con (i) territorij attorno’ segue questo percorso: incomincia ‘dallo lemito’ che è termine al confine del territorio e ‘ Casale de Ferrare ’ con Limosano, passa ‘ per la strada puplica traverso che và allo Lucito ’, esce ‘vicino lo peschio della Battaglia ’ al lato di sopra ed arriva, sempre per la strada, ‘allo mezzone de cerqua’, che sta nella strada pubblica sopra al terreno del tal Francesco Ritio; su tale ‘mezzone’ a vero segno di termine e di confine è stata fatta da essi sindici ed uomini ‘deputati’ una Croce. (Il confine) ‘seguita per detta strada traverso insino ad un altro mezzone’ vicino alla strada; accanto ‘ a detto mezzone vi stà una preta grossa ferma’ ed entrambe, ‘preta et mezzone’, servono da confine. Anche ad esso ‘mezzone’ è stata fatta ugualmente un’altra Croce. ‘Dalli detti preta et mezzoni’ (il confine) ‘tira traverso subiungendo capo suso’ per il terreno che fu del tale Antonio Perrocco, esce per un’altra ‘cerqua grossa’ ed arriva ad un’altra ‘cerqua’, cui ugualmente è stata fatta la Croce e ‘la quale serve per l’altri termini et confine’. ‘Da detta cerqua seguitando per detto corpo capo suso’ (il confine) esce ‘ad un’altra cerqua grossa’, che ‘stà incoppa de detto territorio’ del detto tale Antonio Buccero, in confine col terreno del Sig.r Marchese ‘de goglionisi’. Anche a tale ‘cerqua’ è stata fatta ugualmente la Croce, (ad indicare) che serve da confine. ‘Da detta cerqua tirando capo suso’, (il confine), passando per lo territorio del Signor Marchese, giunge alla strada pubblica ‘foro de detto territorio’, ‘dalla strada publica reincomincia’ vicino ad essa ‘alla fratta di coppo della vigna de Gio:batta Coccetta’, passa ‘per lo territorio della Corte suso et esce allo mezzone sicco che stà in confine fra lo territorio della Corte et de Franc.o Corvinella’, al quale ‘mezzone’ si è fatta la Croce che serve da confine. ‘Da detto mezzone tira capo suso et esce ad un altra cerqua grossa che stà vicino alla fratta de coppo’ della vigna, che fu di Antonio de Marco; anche ad essa si è fatta similmente la croce (ad indicare) che serve da confine. ‘Da detta cerqua camina traverso (la) fratta di detta vigna et esce (alla) fratta sopra lo vignale con olivi’, che fu del tale Gregorio de Biasio. (Il confine) ‘da detto frattale seguita per direttura vicino alla fratta de coppo de Gio:batta de Lisolis sotto la vigna de Bonadie’, che resta ‘franca alla Università’, tira poi ‘suso et esce allo pizzo de coppa della vigna’ di Pietro (figlio) di Gregorio Ranallo, (ancora) ‘tira capo suso et esce alla cerqua ditto lo collo (di) S.to Antonio che sta nella strada puplica’, cui si è fatta una Croce; ‘ tira per la strada puplica suso detta delli lancianesi ’ ed arriva ‘ allo laco maiuro ’, che è comune, ‘ et da loco tira capo suso per la strada insino allo territorio che confina con S.to Angelo allo titulo dove è la Crocella ’. (Il confine) passa ‘per detta confina de S.to Angelo’, ‘ tira allo vallone della fonte del tufo et camina sempre vallone abascio

244 Angnelillo, Martino de Luca, Benedetto Buongiorno, Giuseppe de Angnelillo, Giovanni Giacomo de Rubeis, Bartolomeo Paganello, Angelo de Rubeo, Antonio Bonadia, Giuseppe de Rosalia, Rocco de Pardo, Annibale de Ricciuto, Giovanni Molinario, Ferdinando de Ricciuto, Antonio de Laurenzio, Pietro Marrone, Antonio Perrocco, i fratelli di Bartolomeo de Cicco: Troiano, Giacomo e Martino, Francesco Corvinella, Donato Antonio de Alena, Pasquale de Minicuccio, (?) Angnelillo, Antonio de Grego, Giuseppe (?), Libero Corso, Giovanni ‘magister’ Lodovico, Pietro de Lisoli, Livio Rubeo, Marco Antonio de Bonadia, Marino Fracasso, Aloisio del maestro Angelo, Giovanni Antonio de (O) nofrio e moltissimi altri in gran numero della parte più anziana dei Cittadini e degli uomini di detta Terra, rappresentanti, a quanto dissero, di tutta la suddetta Università, riuniti e radunati insieme in detto luogo, ivi richiamati da Pietro de Amico, messo e giurato della detta Terra ugualmente presente ”. E tutti, forse per ripartire da zero, ‘ ratificarono ’ la vendita. Ma è del tutto evidente che il ruolo della “ Terra, olim civitas, li=Musanorum ” è, rispetto al passato, radicalmente e strutturalmente mutato. Assai difficoltose dovettero risultare le operazioni di incasso se, era il 27 Febbraio 1599 385 , “… io, Ottavio de Capua del Balso , da Napoli, non volendo mancare alle cose infradette, ma, non potendo essere presente per la distanza del luogo e per (poter seguire) l’interesse di altri miei affari, anche se assente, ma come se fossi presente, con atto fiduciario del Notaio Donato Antonio Santoro della Terra di Limosano faccio e costituisco lo stesso Notaio Donato Antonio Santoro mio procuratore a chè in tale veste ed in mia vece riceva quel tal prezzo del pezzo di terra o ‘ quarto di territorio detto la Sala ’, che gli si deve consegnare per la vendita ‘in solutum’ dalla Università e dagli uomini della Terra di Limosano per il prezzo di ducati insino alla confina del casale de Ferraro ’. ‘ Seguitando per detta confina frà firraro et limosani insino abascio alla strada che và allo lucito detto la strada de S.to Andrea et se tira a detto lemitone vicino (a) detto peschio (del)la battaglia ’. ‘Item la foresta della banda di sopra cam(m)inano le confine come stà(nno) li termini con la Università de S.to Angelo et poi seguita(no) per lo vallone abascio insino alla strada detti delli lancianesi , tira(no) sempre, esco(no) vicino a detta strada insino alle vigne et dall’altra… la strada puplica che sé va a S.to Angelo’. ‘Item la defensa detta le cese ’ è terminata nel seguente modo. (Il confine) ‘ incomincia dallo vallone colle russo abascio seguitando sempre (per lo) vallone insino al la strada puplica detta la strada de Campobasso et poi traverso sempre per detta strada seguitando insino (a) faccia fronte (fino ai luoghi) detti peschij. (Esso) camina sempre per la serra suso’ fino alla strada pubblica ‘detta la Crocella’ ; da questa ‘torna per traverso sempre per (la) strada’ ed esce sotto alla vigna di Bar.o Cammerario. Seguitando sempre per tale strada pubblica, ritorna nuovamente a ‘ detto vallone de colle russo ’. ‘Item li territorij’ del luogo detto la Sala sono terminati nel modo seguente. (Il confine) incomincia alla ‘ strada puplica dello fiume nominato Biferno ’, che si chiama ‘ lo passo della Cuvatta ’, passa sempre per la strada pubblica ‘suso insino alla strada che se piglia per andare alla fonte della valla seguitando per lo frattale traverso che esce sotto a detta fonte et se ne vè(ne) sempre (per la) strada insino a fonte faucione alla confina che è fra S.to Angelo e Limosano ’. Per il resto confina da ogni lato ‘ con lo casale de Castelluccio et territorij de Fossaceca (= Fossalto)’. Quanto sopra, dichiarando che le predette ‘cerque cruciate’ sono tutte in beneficio del detto Signor Ottavio (e che) i prenominati confini e termini, così come sopra fissati ed attestati, sono stati posti ed assegnati dal detto Gio: Formica, come sopra Barone, (e) con la presenza, l’intervento, il beneplacito, l’assenso ed il consenso del predetto Not.e Antonio e del detto Ferrante di Capua, come sopra nominato, e di essi prenominati Sindici et particulari di detta Terra, come sopra indicati e menzionati. Et promiserunt et convenerunt ambe partes… (seguitano le formule di rito). Praesentibus: Valerio Caserio di S. Angelo Limosano, Regio Giudice ai contratti Gerolamo Cannavino di Montagano Cap.o ‘nelli mosano ’ Pompeo Capillo della Terra di Limosano, ‘litterato’ Marco Antonio Lucchese di S. Martino, ‘litterato’ Lucio Gravina Mastrodatti ‘nelli mosano ’ Pietro Antonio de Giacomo della Terra di S. Angelo Limosano, ‘litterato’ ”. 385 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio SANTORO Francesco Antonio.

245 2300, che a me fu dato ‘in solutum’ dall’Università ed uomini di essa in parte dei 4350 ducati col patto di ricompra in virtù del pubblico istrumento ‘fatto seu fieri rogato’ per mano del Notaio Ottavio Severino nella Città di Napoli”. Nel frattempo cede i predetti ducati 2300 da ricevere o da raccogliere in ricezione presso la stessa predetta Università ed uomini al fine di quelli (= i 2300 ducati) impiegare in acquisti di entrate di (beni) burghensatici in ragione dell’otto per cento, dettando tutte le clausole, i patti, gli impegni e le rinunce necessarie ed opportune da farsi secondo le sue precise indicazioni. Svuotato il suo feudo di ogni ruolo ‘politico’ e ridottolo a puro ‘oggetto’ amministrativo e finanziario, quello stesso anno (se non già in precedenza) “volgendo al termine il secolo XVI, Limosano venne alienata – non si sa bene se dai di Capua (nota: come sembrerebbe più verosimile) o dalla Regia Corte – a tal Giambattista Sedeolis ”386 , il quale era una delle tante espressioni di quella classe ‘ borghese ’allora emergente, assai ‘ arrivista ’, che, usando della ‘burocrazia ’ esattoriale, veniva accumulando ingenti fortune, di frequente impiegate, poi, più per allinearsi ed entrare a far parte della casta dei ‘nobili’ e mai negli investimenti legati alle attività di produzione. A quest’ultimo vennero ‘girati’ anche i diritti delle “entrate delli Territorij, e difese” che il Barone aveva comprato “ dalla Terra di Limosano con patto de’ retrovendendo per prezzo di ducati 4350, come appare cautela Mag.ci Sig.r Not. Gio:Vincenzo Cavaliero, le quali sono precisamente la metà della Difesa di Cascapera, li Boschi delli Monti, le Difese di Cesa, e della foresta, e della Sala, Territorij tutti bene per seminar vettovaglie, e pascoli ”. “Era nel 1613 Barone di Limosani Giambattista Sedeolis ”. Ma, “ esercitando egli la carica di Percettore di Terra di Lavoro, risultò Debitore in molte migliaia di ducati, per cui la Regia Corte procedé al sequestro, e vendita del Feudo di Limosani ”, le cui operazioni ‘sub hasta’ rapidamente si conclusero lo stesso anno, rimanendo quello a beneficio di D. Fabio Campanile . Ma, come allora si costumava, appena dopo il ‘sequestro’ subito “fu ad istanza della Regia Corte destinato l’ Ingegniere Dionisio di Bartolomeo a far l’apprezzo di quel Feudo che fecesi d’ordine del Regio Fisco nel 1613 ”387 . Terminate le sue operazioni di verifica e di ‘ apprezzo ’, che, a causa del periodo estivo, furono assai solerti e vennero concluse rapidamente, l’Ingegnere Camerario incaricato ne presentava la relativa ‘ relazione ’ finale già in data “ de’ 10 Luglio 1613 ”. E’ di pochi mesi più tardi, precisamente del 29 Novembre 1613, la “ Captio Possessionis Terre Limosani pro V.J.D. Fabio Campanile de Neapoli Barone Terre p.tte ”, acquistata per 16.000 ducati. Il nuovo ‘barone’ venuto di persona da Napoli, attorniato da un gran numero di persone, che “volevano dimenticare la cattiva ed esosa gestione del Sedeolis”, alla ‘ porta del baglio ’ veniva immesso “ in veram, realem, corporalem, pacificam et expeditam possessionem Terre Limosani civium et altris et alterorumcumque creditibus, mero mixtoque imperio, gladii potestate… per ianuam ipsius entrando, exeundo, eamdem aperiendo, claudendo, ambulando, movendo, entrando, ascendendo, circumspiciendo integrum territorium dicte Terre, mensura, defensas plura, prata, casalia, et loca habitata, et inhabitata,… claves ipsius Janue recipiendo a manibus Angeli Russi, Sindici ”388 . Nonostante la evidente fretta del nuovo ‘barone’, i limosanesi di allora, rimasti delusi già altre volte, attesero l’assenso, del 30 Aprile 1615, da parte del Viceré Conte di Lesmo, prima di stipulare l’atto, era il 19 Novembre di quello stesso anno, del giuramento di fedeltà e del ‘ ligio homagio ’, da presentarsi “ con patto che il d.o Signor Barone l’habbia da firmare, et

386 MASCIOTTA G.B., II, pag. 201. Sembrando lacunosa assai e molto confusionaria la ricostruzione successoria sul feudo di Limosano fatta dal PIEDIMONTE nell’opera più volte citata, si stima di non essere il caso di neppure riportarla. 387 ALLEGAZ. FORENSE, Per la Università di Limosani contro dell’Illustre Marchese utile Padrone di detta Terra, Napoli 1760, in Biblioteca Provinciale di Campobasso. 388 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DI BARTOLOMEO Francesco della piazza di Ripalimosani.

246 osservare Tutti i Capituli , consuetudini dell’Uni.tà scritte et non scritte, come sono stati osservati dall’altri Antiqui Sig.i di questa Terra ”389 . I diversi atti di “ Emptio et insolutum datio Introitum ”390 da moltissimi ‘capi famiglia’ di Limosano a favore del “Dottore Fabio Campanile de Neapoli” sembrerebbero documentare un’amministrazione ‘paternalistica’, almeno per la fase iniziale, da parte del nuovo ‘barone’. Al “ Dominus Januarius Campanile ”,”filius Jacobi ” e nipote di Fabio , che già nel mese di Maggio 1652 è ‘barone’ con, probabilmente, la residenza, almeno estiva, nella ‘sua’ “Terra limosani”, si deve sin dai primi anni in cui ha ereditato il feudo il rifacimento, nella struttura così come di massima è al presente, del “ Palazzo Baronale ”, risultando questo, intorno al 1670, “ nuovamente fatto per d.o D. Gennaro ” e completato. Contrariamente alla opinione del Masciotta (che vorrebbe solo due titolari), quindi, almeno tre furono le generazioni dei ‘ Campanile ’ che tennero il feudo di Limosano, così come, del resto, risulta da una “ fides, seù intercetera instrumenti Emptionis Limosani ”, dalla quale si apprende che “à diece di Giugno mille seicento settanta il D. Gennaro Campanile Barone della Terra di Limosano della Provincia del Contado de’ Molise figlio primogenito, et herede in feudalibus del fu D. Giacomo Campanile similmente figlio, et herede in feudalibus del fu D. Fabio Campanile Seniore… ha fatto vendita liberamente, e senza patto alcuno di ricomprare al I. D. Domenico Rubostella della sopradetta Terra di Limosano…, con il suo Palazzo, seu Fortezza, Case, huomini Vassalli, servizi di Vassalli,…” 391 ; anche se ad una tale scrittura si deve assegnare valore di semplice ‘ compromesso ’, essendo che solo “ con istrumento del 18 novembre 1670 ”392 , “ stipulato in Curte Neapoli manu Mag.ci Notarij Caroli Gratiani ”, si formalizzò concretamente la vendita, il cui corrispettivo, fissato in 17.000 ducati complessivi, fu pagato ratealmente con un’ultima parte (probabilmente 1000 ducati) saldata definitivamente “ à primo di Giugno 1674 ”393 . Nonostante le congiunture demografiche sfavorevoli, la più grave delle quali tra il 1656, quando inizia a manifestarsi il timore del “ conthaggio ”, ed il 1658, il ‘buon’ governo dei Campanile sembra aver portato, oltre alle attenzioni per il loro feudo manifestatesi nel ‘rifacimento’ del Palazzo, ad un certo risanamento finanziario delle casse dell’Università. Le cresciute disponibilità monetarie, accompagnate all’atmosfera rivoluzionaria che i fatti del 1647 con Masaniello avevano portato anche lontano da Napoli, avevano spinto già nel 1655, probabilmente per ‘legalizzare’ l’operato del 1652 394 che si era concretizzato in sequestri se non in veri e propri saccheggi, la stessa “ Università e li particulari a vertere lites , differentias … cum m.co Januario Campanile super petitionibus factis (= richieste)… et signanter su quella della ricompra dei corpi alienati et sunt la selva detta di fiorani, Casal di Cascapera, la defensa della foresta, la defensa delle Cese, la defensa della Sala ; per il pagamento del la bonatenenza del territorio alli Puzzillo, et Collo di S.to Antonio . Per li animali pecorini et bovini per spatio di vent’anni ; per il pagamento della bonatenenza reservata per spatio di anni trentasei a ragione di ducati 50 l’anno, per la bonatenenza del

389 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio D’ATTILIO Giulio Cesare della piazza di Lucito. Relativamente ai ‘Capitoli ’ (dei quali, però, non è stato rinvenuto alcun testo), va detto che per aggiornarli (ma più perché erano assai spesso disattesi), dopo che il Mastro di Campo D. Domenico Robustella sarà diventato il nuovo “Utile Padrone” di Limosano, “ è risoluta questa Università formare li capitoli nuovi, acciò detto Signore, quelli riconosciuti, si degni confirmarli…”(v. atto del 24 Maggio 1673 del Notatio CARRELLI Giandonato della piazza di Fossato). Tali “ Capitula municipalia ” ascendevano, nel testo aggiornato, “ ad numerum sexaginta novem (= 69)”. 390 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio LOFFREDA Giuseppe della piazza di Lucito. 391 ASC, Fondo AMOROSO, Memoriale ovvero Repertorio di antiche scritture, Zibaldone IV, pag. 188. 392 ALLEGAZ. FORENSE, Per l’Università… cit., pag. A2r. 393 ASC, Fondo AMOROSO, Memoriale ovvero Repertorio di antiche scritture, Zibaldone IV, pag. 189. 394 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani. Atto del 7 Luglio 1652.

247 palazzo novo fatto con laverci incorporato sei case di particolari , per le vigne, forna, trappeti,… ”395 . La lotta per riottenere la ‘ricompra’, almeno parziale, della terra aveva iniziato a portare i suoi frutti se l’8 Dicembre 1670, riunitisi per ratificare l’atto del 18 Novembre, i “ costituiti Dominicus Lucito Sindicus pro presenti anno Universitatis Terre Limosani, nec non Carolus Sabetta, Aloisius Pasquale, Jo.es Batta Corvinella, et Fabius Ramolo eletti ad regimen et gubernium Universitatis et homines d.e Terre asseruerunt… diebus elapsis V.J.D. Joannem Antonium del Gobbo d.e Terre Limosani uti Procuratorem specialem constitutum ab eadem Universitate divenisse ad quamdam Conventionem cum Ill.mo D. Dom.co Robustella Tribuno militium et hodierno Barone et D.no eidem Terre… perché l’Università si è convenuta di buon accordio, et per quiete, et sollevatione de suoi Cittadini con l’Ill.re M.ro di Campo Robustella nostro nuovo Padrone, che Dio guardi, ottenere la ricompra delle defense dette La foresta e Cascapera in prezzo di docati seicento, per la quale con altro Conseglio Generale se ne fece Procura in persona del mag.co Dott.re Gio: Ant.o del Gobbo nostro Concittadino per la stipulazione del contratto da farsi, il quale Dottore con l’assistenza di Carlo Sabetta et Gio:Batta Corvinella persone del Governo, et di Aloise Gio:Cola Cittadino che vi assisteva in Napoli nella lite dell’Università, ne ha stipulato con detto Mastro di Campo in d.a Città di Napoli publico contratto con quelli patti et condizioni che in quello si contiene à beneficio dell’Università ” presero atto della ottenuta ‘ricompra’ stipulata lo stesso giorno in cui era avvenuto il passaggio di proprietà del feudo. Ma, a riprova del grande interesse che rivestiva la zona di Cascapera, tale ‘ricompra’ veniva messa in discussione ancora intorno alla metà del XVIII secolo (ma allora lo scontro rivendicativo era nella fase terminale, per cui si ricorreva anche ai colpi propibiti), quando “Die prima mensis Februari Millesimo septincentesimo quinquagesimo primo (1° Febbraio 1751) Neapoli, et in domo propria Infrap.ti Dom.ni Marchionis Limosani sita retro Ecclesiam Spiritus Sancti , l’Illustre Signor Don Francesco de Grazia Marchese di Limosani… spon.te ave asserito…, come nell’anno 1670 possedendo la sud.a Terra di Limosano il fù M.ro di Campo D. Dom.co Robustella, e con essa tutti i Casali, e Feudi Disabitati, trà quali il Feudo quaternato chiamato Cascapera disabitato in Capite à Reg.a Curia de jure Francorum , quale S. M.ro dè Campo D. Dom.co , Barone di d.a Terra, coma sop.a quanto prattico, e prode nell’Armi, altretanto inesperto nelle leggi , à 18 del Mese di Novembre di d.o anno 1670, mediante Istr.nto stipulato per mano del q.m Not.r Carlo Graziano di Napoli, vendé, e cedé all’Università di d.a Terra di Limosano frà l’altre la mettà di d.o Feudo quaternato di Cascapera per lo vil prezzo di docati trecento ,… (…). … fù il sud.o contratto riguardo il sud.o Feudo, ipso jure nullo. (…). … ma per ogni miglior modo, e via, ne ha rivocato, irritato, ed annullato, siccome rivoca, cassa, irrita, ed annulla il sud.o Istrumento in quanto all’alienazione, e dismembrazione della mettà di d.o Feudo di Cascapera come sop.a fatto dal d.o fù M.ro di Campo D. Dom.co Robustella in beneficio della d.a Università della Terra di Limosano in virtù del sud.o Istrum.to de 18 Novembre 1670 …”. Una copia estratta dell’atto, per mano del Notaio de' Falco ‘de Neapoli’, arrivò dopo pochi giorni a Limosano. Tanto che il Notaio Amoroso, prima del 15 dello stesso mese, “ a’ fine di doverveli notificare… ve ( = al Sindico ed eletti) lo notifichiamo, e ne rilasciamo nelle vostre proprie mani altra consimile copia con essa confrontata, e comprobata, affinche non possiate allegare scusa d’ignoranza,… ”396 . Il ‘ Mastro di Campo ’, o ‘ Tribunus militum ’, Don Domenico Robustella , che, già anziano, lo avrebbe comprato probabilmente per i suoi discendenti, tenne il feudo di Limosano, dove nel frattempo si è fatta più visibile la contrapposizione tra i ‘ demanialisti ’ sostenitori di una certa

395 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DI BARTOLOMEO Francesco della piazza di Ripalimosani. 396 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio AMOROSO Francescoantonio della piazza di Limosano.

248 autonomia degli ‘ homines ad gubernium et regimentum ’ ed i ‘ feudalisti ’ schierati dalla parte del ‘barone’, emersa nel periodo dell’ultima generazione dei Campanile, appena sette anni. E’ quanto può leggersi in quella circostanza, per cui, nell’assenza, cosa assai singolare, di ogni partecipazione da parte degli ‘ homines ad gubernum ’ dell’Universitas civium di Limosano, “Don D. Scipione Robustella filio primogenito Do.ni Tribuni Militum D. Dom.ci Robustella Do.ni et p.ni Terre Limosani ” insieme ai soli ‘ eletti ’ di S. Angelo “ in Territorio inter Uni.tem terre S. Angeli Limosani, et Uni.tem terre Limosani… in loco vulgariter dicto, Fonte falcione, prope d.m fontem ,… asseruerunt et dixerunt come per la vicinanza et confinanza… vi sono nate alcune differenze di confine alla parte nominata e chiamata Colle Vaccaro, et ancorche vi sia Istrumento corroborato et asservito in publica forma rogato per mano del q.m Not.r Paduano di Luca della Terra di Gambatesa sotto li sei del mese di giugno dell’anno mille cinquecento quarantasette ”, per risolvere le quali “ le parti dicono essere venute in convenzione et concordia di fare venire un Compassatore per fare compassare et squadrare d.e confine ”, nella persona di “Loffredo Dardinello della Terra di S.to Elia Compassatore ordinario et Architetto” 397 . E non può non ricondursi che a quella contrapposizione anche la ‘risposta’, di qualche mese più tardi (v. nota 44), con la quale si confermava che “ è risoluta questa Università formare li Capitoli nuovi, acciò detto Signore, quelli riconosciuti, si degni confirmarli ”, i quali “Capitola municipalia ”, così riformulati, ascendevano “ ad numerum sexaginta novem ”. Difficile dire se fu la presa di coscienza di una tale situazione di ‘scontro’ tra l’Università ed il proprio ‘utile Padrone’ o il presumibile accordo prematrimoniale, con cui Don Francesco di Grazia impegnava uno dei suoi eredi, Giuseppe, allora quattordicenne, a sposare la figlia di Don Domenico, Paola (troveremo entrambi, lui 29 e lei 17 anni, sposati e con il primo figlio, Emanuele, di soli tre mesi a risiedere nel marzo del 1692 a Limosano) di circa due anni, a più condizionare la decisione di quest’ultimo di vendere il suo feudo. Il passaggio di proprietà dal ‘Tribunus militum’ Domenico Robustella , il quale lo vendette “libere et absque ullo pacto rehemendi ipso Domino Francisco de Grazia ”, si ha per gli effetti del “ publico instrumento rogato manu Notarij Caroli Gratiano die tertia decembris anni millesimi sexcentesimi septuagesimi septimi (= 3 Dicembre 1677)”. Stranamente (o, forse, deliberatamente?) il nuovo ‘barone’ non dimostrò nessuna fretta di prendere il possesso del ‘suo’ feudo della Terra di Limosano, che, questa volta, non fece neppure di persona, ed aspettò il 26 Febbraio dell’anno seguente, “ non volens ipse D.nus Franciscus ad infrascripta vacare, aliis de causis impeditus ”, a nominare come “ suum Procuratorem ” il “ magnificum Joannem Carolum Luongo in dicta Terra Limusani commorantem, absentem uti presentem, ad procuratorio nomine, et prò parte ipsius Domini 397 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio CARRELLI Giandonato della piazza di Fossaceca. Dall’atto, del 25 Settembre 1672, risulta la seguente ‘terminazione’: “ In primis si è posto il primo termine… vicino lo Vallone di Colle Vaccaro con le lettere alla parte di S.to Angelo di una S. et una A. et alla parte di Limosano di una L. et una M. con una Croce fatta sop.a d.o termine, quale stà all’Incontro d’una Pietra grossa che stà in mezzo d.o Vallone, et all’Incontro, alla parte di là di d.o Vallone stando due morgetelle fitte. Et da d.o primo termine tira à direttura capo ad alto dove sta una Pietra fitta, et q.lla stà assignata per secondo termine, sopra la quale ci si è fatta una Croce. Et da d.a Pietra assignata per secondo ter.ne tira à direttura ad alto, si è posto il terzo termine con li testimonj signati con le med.me lettere…, quale termine stà da circa una canna e mezza darusso da una certa Morgitella alla parte destra di q.lla. (il 4° termine e con le stesse lettere; il 5° termine e con le stesse lettere; il 6° termine e con le stesse lettere). Et da d.o sesto termine dira à direttura capo ad alto, et dà allo termine antico che sta vicino la fonte falcione , et si è fatto sopra la Croce, quale termine resta in d.o luogo conforme ab antico è stato, et da d.o termine antico sito alla fonte falcione tira à direttura capo ad alto, et conforme con l’altri termini antichi siti nelli luoghi menzionati in d.o Istrumento rogato per mano del d.o q.m Not.o Paduano, quali termini restano conforme ab antico ”.

249 Francisci constitutis, et prò eo capiendum, et apprehendendum, veram, realem, liberam, et expeditam possessionem, et tenutam supradicte Terre Limusani, esiusque Vassallorum, ac meri, et misti Imperij, et Jurisditionis Civilis, Criminalis, et miste… ”398 . Probabilmente per disposizioni ricevute in tal senso, anche il ‘ magnificus Joannes Carolus Luongo ’, “ Procurator Utriusque Juris Dottoris Domini Francisci de Grazia de Neapoli ”, se la prese comoda. Così, fu solo il 22 Maggio 1678 che, “ ante ianuam majorem d.te Terre limosani ditto vulgariter La porta del Baglio prope Palatio Baronale ”, venne fatta la ‘ captio possessionis ’. Vi parteciparono “ Dominicus de Venera, Donatus Sabetta, et Carolus Fattorinus, Sindeci hodierni Universitatis d.e terre Limosani pro p.ti anno; nec non Joannes Carolus Covatta, Franciscus Ant.us Corvinella, Jacobus Antonius Romano, Carolus del Gobbo, Joannes Lauretius Luciano, et Joseph Gio:Cola hodierni homines eletti ad Regimen, et Gubernium … similiter pro p.ti anno, et nonnulli alij particulares Cives terre p.tte Maiorem, et Seniorem partem Civium eiusdem Terre, totam Universitatem rappresentantes , congregati et coadunati in unum in p.tto loco vocati… per Joannem Petrum Parato Juratum, et Servientem Curie terre ”. Davanti ad essi ed all’immancabile Notaio, chiamato per redigerne la ‘publica’ scrittura 399 , il “Mag.cus Joannes Carolus Longo sponte asseruit mensibus elapsis Dominum tribunum militum D. Dominicum Robustella vendidisse, (et) alienasse Utriusque Juri Dottori Domino francisco de grazia de Neapoli d.m terram limosani, sitam, et positam in Provincia Comitatus Molisij cum eius Castro seu fortellitio, hominibus, Vassallis, Vassallorum reditibus, Angarijs, Perangarijs, bonis membris Corporibus, et introitibus, et cum banco iustitie, et Cognitione primarum, et Secundarum Causarum Civilium Criminalium et mistarum, mero mistoque Imperio, et gladii potestate inter homines, et per homines terre pred.e quatuor litteris Arbitrarijs, et potestate componendi delicta penes de corporali in Pecuniarias commutandi, illas remittendi in toto, vel in parte satisfatto prius parti lese, et cum omnibus, et singulis alijs iuris dittionibus, actionibus, pertinentijs, membris Corporibus introitibus redditibus, acquis fluminis, herbagijs, et iuribus quibuscumque et integro stare vigore instrumenti d.e Venditionis fieri rogato manu Notarij pred.i Caroli Graziano de Neapoli, cui relatio habeatur. Et facta assertiva p.tta d.s Mag.cus Joannes Carolus Longo volens quo supra nomine ad capturam d.e possessionis procedere,…, cepit, et apprehendit, ac realiter, et corporaliter adeptus fecit veram, realem, corporalem, vacuam pacificam et expeditam possessionem, ac tenutam d.e terre limosani, recipiendo Claves ianuarum d.e terre…, aperiendo, claudendo Januam p.ttam vulgariter nuncupatam la Porta del Baglio per eam introeundo, exeundo, ambulando, stando, et camminando per d.m terram, aliaque faciendo, quae actum vere, realis, et Corporalis possessionis denotat… (…). … Accessimus ad Castro, seu fortellicio d.e terre , et dum essemus ibidem… cepit, et apprehendit et corpolariter adeptus fecit corporalem, vacuam, et expeditam possessionem d.i Castri seu fortellitij, recipiendo Claves ipsius a Camerario Donato Donatello , aperiendo, et claudendo ianuas d.i castri… (…). … Accessimus ad aliam ianuam vulgariter ditta la Porta del Borgo ibi denotando attum vere possessionis d.e Terre limosani, illam claudendo, et aperiendo… (…). … Accessimus ad aliam ianuam d.e terre ditta la porta delle fucine illam similiter claudendo, et aperiendo, intrando, exeundo… (…).

398 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani. Procura allegata all’atto di ‘Captio possessionis’ del 22 Maggio 1678. 399 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani. ‘Captio possessionis’ del 22 Maggio 1678.

250 … Devenimus ad quandam Domum d.e Universitatis ubi officiales Curtis d.e terre solent iustitiam ministrare , sedendo pro tribunali cepit, et apprehendit possessionem, et tenutam p.tte Domus cum omnia de Juris dict.ne, et meri, et misti imperij, nec non Civilis Criminalis, et miste recipiendo Virgam, quam d.s Camerarius pro regimine Justitie in manu tenere solebat … … Et… deveniendo exeundo a d.a terra limosani…, devenimus ad locum ditto vulgariter li feudi di Cascapera , et ducti singulatium per alios feudos nuncupatos, et videlicet Fiorano , La foresta , la Sala , et le Cese , feudorum annexorum ad d.m terram limosani, cum omnibus eorum iuribus, reditibus, iuris dittionales, et decime quam de consuetudine per eos ambulando, deambulando herbas per terrenum accipiendo, flores, et ramos arborum incidendo et colligendo, et omnia alia, et singula faciendo que attum vere, realis, et corporalis possessionis signum denotat,… (…)”. La risposta dei ‘ demanialisti ’ all’atteggiamento di sfida da parte del nuovo ‘utile Signore e Padrone’, che, con fare proditorio, di fatto si era riappropriato anche dei ‘corpi’ feudali, per i quali era già avvenuta la ‘ricompra’ da parte dell’Università, fu immediata. Pur di non sottostare a quello che era più che un semplice tentativo di sopruso, nello stesso giorno e, per non perdere tempo, davanti allo stesso Notaio, che era venuto da ‘loco’ terzo, da quelli si preferì contrapporre, nel loro “ vulgariter loquendo ”, una ricostruzione dei fatti dettagliata ed assai documentata al dotto, ma ingarbugliato, latino degli ‘aderenti’ del barone. A tal riguardo, intervennero “ pro parte Universitatis terre limosani, et pro ea Dominicus de Venera eius Sindicus in pr.nti anno, nec non Joannes Carolus Covatta, Jacobus Antonius Romano, Joseph Gio:Cola, Franciscus Antonius Corvinella, Laurentius Luciano, et Carolus del Gobbo hodierni homines de regimine eius d.e Universitatis similiter prò pr.nti anno, ac etiam Valerius Caserio, Dottor Phisicus Dominicus Covatta, Utriusque Juris Dottor Joannes Antonius del Gobbo, Thomas Covatta, Joannes Bapta Corvinellus, Franciscus de Petro Longo, Pompeus Capillo, Dominicus de Angelillis, Gaetanus Corvinella, Joseph Ciprianus, Alexander Covatta, Joannes d’orza, Micahelis de Adario, Angelus de Avertentio, Nuntius de tata, Aloisius Pasquale, Carolus Fattorinus, Salvator Minicuccio, Donatus Carrello, Franciscus Minicuccio, Franciscus Marinaccio, Vincentius del Ferraro, Nicolaus Maria Ramola, Joannes Antonius Perrocco, Pontius Marchetta, Aloisius de Ambrosio, Silvester Sabetta, Joannes de tata, Franciscus Longo, Dominicus Fracasso, Franciscus MarcoAnt.o, Paulus Fracasso, Donatus Sabetta, Thomas del Gobbo, Aloisius Corvinella, Dominicus de Lucito, Marinus Fracasso, Stefanus de Angelillis, Dominicus Gabrino, Bartolomeus Gio:Cola, Petrus Coccetta, Angelus Ricciuto, Joannes Ant.o de Amico, Thomas de Amico, Berardinus Larenza, Joannes Angelus Mattheo, Joannes Bapta Colasurdo, Aloisius MarcoAntonio, et Joannes Petrus Parato , Cives et particulares d.e terre asserendo vulgariter loquendo, come hando avuto da dire adverso detto Atto di possessione , non con animo di repugnare, ma dire, et opporre le raggioni, et azioni, che have d.a Università, e suoi Cittadini, non solo per la confermazione delle Capitolazioni, prerogative, Consuetudini, Pannetta, e stili della Corte , mà anco perche hando inteso, che il Sig. Mastro di Campo D. Domenico Robustella habia venduto li cinque Corpi di feudi, cioè fiorano, Sala, Cascapera, (Cese) et foresta per liberi, e franchi , che però richiedono in nome di d.a Università et tutti suoi Cittadini, presenti, assenti à fare questo Atto publico protestativo, il quale è del tenor seguente . Asseriscono come dovendo il Mag.co Gio:Carlo Longo, come Procuratore del Dott.re Sig. Franc.o di Grazia di Napoli prennere la possessione di questa terra p.tta, e sue Jurisdizioni, come venduteli dal Sig. Mastro di Campo D. Domenico Robustella predecessore Barone di d.a Terra una con il ligio homaggio, però per intendità di d.a Università, et Cittadini, prima di consegnarseli la possessione, et farsi l’atto di d.o ligio homaggio , richiedono …,

251 et con d.a protestazione s’intenna repetita nel principio, mezzo, e fine di d.a possessione a confirmarli ... in nome di d.o Sig.re franc.o di grazia… tutte le Capitolazioni che essa Università tiene, tutti li Privilegij, le Concessioni di gratie di comunità, et tutte le Consuetudini, antichità, soliti, et Consueti di d.a terra, La pannetta, et tutti li stili soliti osservarsi nella Corte di d.a terra, così delle prime, et seconde Cause , et non facenno la Confirmazione predetta , anco si protestano, che non s’intenna data di loro spontanea volontà la d.a possessione, et fatto d.o ligio homaggio … Suggiungono nell’asserzione predetta, come essi Constituti siano anco preintesi, che fra l’altri Corpi venduti dal d.o Mastro di Campo, e compresi nella vennita fatta di d.a terra à d.o Sig.r Francesco per liberi e franchi il bosco di Fiorano di tomola mille incirca, trè parti di Cascapera di tomola seicento in circa, le Cese streppareto di tt.a cinquecento incirca, la defenza della Sala di tt.a quattrocento incirca , li quali cinque Corpi di sopra descritti non possono né si devono vendere per liberi, e franchi, mentre quelli sono beni proprij d’essa Università , et quelli nella veste alienati con il patto de retrovendendo all’antichi Baroni , et da essi surrettivamente retrovenduti all’altri successori Baroni con detto patto de retrovendendo , conforme successe molti anni sono à tempo del Mag.co Gennaro Campanile olim Barone per la recuperazione di d.i cinque corpi per il d.o jus luendi, che competeva ad essa Università per più provisioni della Regia Camera in conformità della Regia Pragmatica fù essa Università reintegrata nella possessione di essi Corpi, et havesse Consignato al d.o mag.co olim Barone l’interesse alla ragione di cinque per cento, conforme per publico instrumento di possessione stipulato per mano di Not.r Thomaso Capocefalo di Campobasso… Dimodo che tutti li Sig.ri Baroni non ponno pretennere altro di d.i cinque Corpi (che) il cinque per cento per il prezzo d’essi imprestate d.ti quattro milia trecento cinquanta che l’interesse di d.o prezzo alla raggione del cinque per cento importano d.ti duecento e diecessette e mezzo, et da quelli dedursi la bunatenenza in virtù di Regia prag.ca è provisioni della Regia Corte, et consequentemente non si possono alienare per liberi, e franchi, stannono soggetti al patto de retrovennendo, come chiaramente si vede nell’istrumento della Vendita di essi fatta all’olim Antichi Baroni di Capua rogato l’anno mille cinquecento novantasei ,… Et come che per le dette pretenzioni, et jus che d.a Università haveva sopra delli cinque Corpi à tempo che il Mag.co olim Barone Gennaro Campanile… era vertita lite…, in virtù di più Provisioni, et decreti della Regia Camera, auditis partibus, fù reintegrata essa Università nella possessione di d.i Corpi, con corrisponnerne il cinque per cento , et per il referito appartato dal detto Magnifico Gennaro Campanile adverso detto decreto, fù detto decreto ricomposto a favore di essa Università confirmato, mà che li frutti, et entrate perveniendo dalli Corpi fossero esatti da essa Università…, tutta volta poi trasferendosi il Dominio d’essa per la vendita fatta al Signor Mastro di Campo D. Domenico rubostella, et vedendo questa Università la benevolenza et affetto che d.o Sig.r Mastro di Campo nuovo Padrone dimostrò ad essa Università et suoi Cittadini di quietarsi et cassare la lite, però à rispetto del d.o Sig.r mastro di Campo,… et non à rispetto del d.o Mag.co Campanile , per il che precedente conseglio publico et procura fatta in persona del Mag.co Dott.re Gio: Ant.o del Gobbo Cittadino di questa terra p.tta fu fatta Convenzione , et accordo con detto Sig.r Mastro di Campo, conf.e per istrumento pubblico stipulato… sotto li dieced’otto di 9m.bre mille seicento sittanta, continente che il d.o Mastro di Campo retrovendesse, et restituisse alla detta Università due Defese delle cinque mentionate, cioè due parti di Cascapera, et foresta , et vedendo d.o Sig.r Mastro di Campo la dimanda essere giusta, essendosi riconosciuto l’instrumento delli olim Baroni di Capua il ius luendi competente all’Università restituì, et retrovendé alla d.a Università le soprad.e due defenze Cascapera, e foresta per il prezzo di d.ti seicento, et benche il prezzo di esse fossero d.ti

252 cinquecento per l’affetto, et beneficij ricevuti dal d.o Sig.r Mastro di Campo amplierno il d.o prezzo in d.ti cento di più, con Corrisponnere l’interesse di essi alla ragione del cinque per cento , con l’evittione in forma promessa dal d.o Mastro di Campo a favore d.essa Università con promissione inclusa di poter pagare d.o prezzo principale in una, o due paghe a sua elettione , et dall’hora, à questa parte in virtù di d.o Instrumento di Convenzione, et ritrovendita fatta la d.a Università, è stata, et sta in pacifica possessione. Et versa vice la d.a Università promise di non proseguire la lite che vertiva …, et quietare d.o Sig.re nelle possessione dell’altre trè defenze restantino, cioè fiorano, Sala, et Cese reserbandosi anco la facoltà à beneficio di essa Università per il ius luendi di ricomprarsi le d.e altre trè defenze di fiorano, Cese, et Sala . Dunque in preiudicio di essa Università il d.o Sig.r Mastro di Campo non può vendere, et alienare liberi, et franchi li d.i cinque Corpi standone soggetti al d.o ius luendi, che ci have d.a Università in virtù di detti menzionati Instrumenti... Per tanto essa Università e suoi Cittadini richiedono d.o Mag.co Procuratore per modum ut supra à non perturbare essa Università nella possessione p.tta di d.i beni, e raggioni che hando da ricomprarsi l’altri trè Corpi fiorano, Sala, e Cese, mà in quelli Conservarsi, et mantenersi, acciò non siano gravati, et però distetuiscono ad ogni atto, che forsi d.o Mag.co Procuratore volesse fare nella possessione p.tta, et si protestano della nullità, et invalidità d’ogni atto contrario che d.o Mag.co Procuratore volesse fare nella possessione p.tta, et facesse ò pretendesse fare adverso la d.a possessione di essa Università, et raggioni, che have sopra d.i beni. (…).”. La risposta, contestuale, del Procuratore fu: “ Signori miei il Protesto, che loro Sig.ri hando Consignato in mano del Sig.r Not.r Carlo Ant.o di luca qua presente è stato da quello in mia presenza publicamente letto, et per letto, et da me mi lo bene inteso, però la mia Potestà, non è altro che di pigliare il possesso di tutti li Corpi Baronali contenuti nella Procura inviatami, et favoritami dall’Ill.re Sig.r Barone di q.ta Terra conforme si è letta, bensì di quanto loro Sig.ri hando preteso, et pretengono in questo atto protestativo, ne avisarò il D.re Sig.r francisco di grazia Padrone, et speramo che non solo habia da concedere quanto loro Sig.ri pretengono, ma cose più maggiori per utile di tutto questo Publico .” 400 . Chiarito il problema ed ottenute le assicurazioni del caso, i ‘ particulari ’ di Limosano, come, del resto, avevano fatto in tante occasioni, l’ultima volta era stato appena l’8 Dicembre 1670, decisero che si presentasse il ‘ ligio homaggio ’. E, per farlo, in questa occasione, anche essi ricorsero ad un ‘procuratore’. Tanto che, il giorno dopo, 23 di Marzo, il ‘ Sindicus ’, gli ‘ eletti ad Regimen et Gubernium ’ ed i “ particulares, et Cives eiusdem terre…, coadunati in Domo solita eiusdem Universitatis, ubi sepius pro negotiis Universitatis predicte congregari solent cum presentia, et interventu Mag.ci Donati Donatelli Locum tenentis Curie eiusdem Terre Limosani in unum congregati, et coadunati ad Consilium Generalem ostiatim vocati per Joannem Petrum Parato hodiernum ordinarium Camerarium, et servientem predicte Terre Limosani ” nominarono “ Procuratorem ”, in quanto “ esperto de fide, prudentia, et virtute, ac integritate ”, il “ Mag.cum Joannem Baptistam Corvinella ”, perché si recasse “ ad prestandum ligium homagium coram Utriusque Jure Dottore Domino franc.o de gratia Utili Domino ”, ma a condizione che facesse “ omnia iusta minutas assignatas per V.I. Dottorem Philippum benincasa de Neapoli ”401 .

400 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani. Atto del 22 Maggio 1678. 401 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani. Atto del 23 Maggio 1678. Dello stesso giorno è un atto di giuramento, per procura, di fedeltà alla Corona da parte del nuovo Barone, Don Francesco di Grazia, e di accettazione del ‘ligio homaggio’, così come autorizzato dalle autorità preposte.

253 Pur se l’azione rivendicatrice non risultò utile, allora, a risolvere definitivamente la questione demaniale (è stato già riferito della ‘ rivoca e cassazione ’ del 1° Febbraio 1751), essa tuttavia era servita assai più alla presa di coscienza ed all’affermazione, per il dopo, di uno spirito nuovo tra i ‘ particulari ’ limosanesi. Una volta che la ‘ Terra ’ di Limosano è stata svuotata di ogni significato politico e non rappresenta più un punto di riferimento territoriale, la funzione del suo feudo è ridotta ad essere per il suo ‘ utile Padrone ’, che abita lontano, solo una riserva, da cui attingere il maggior quantitativo possibile della ricchezza necessaria al suo stile di vita, mentre per i “particulares, et Cives Universitatis ”, inizia a costituire il momento aggregante per ogni rivalsa ‘politica’ ed il terreno dello scontro per la loro azione rivendicativa. All’ avvocato (tale era un “ utriusque iuris doctor ”) Don Francesco di Grazia , il quale, di anni 75 nei primi mesi del 1699, tenne il feudo per oltre un ventennio, era succeduto, già prima della compilazione, che annualmente avveniva nei primi giorni della quaresima, dello ‘stato delle anime ’ del 1700, il “ Sig.re Gioseppe Casimiro di Grazia Napolitano ”, che fu “Marchese di questa Terra di Limosani , commorante in Napoli con tutta la sua famiglia ”. Nel ‘ palazzo ’ di Limosano, posto “ nella Contrada detta di D. Andrea ” e che risultava essere ‘sua’ “ Casa propria ”, abitavano: - D. Nicolò Sacerdote, figlio di Franc.o di Grazia di anni 45 - D. Domenico, fratello di stato libero 37 - Il Sig.r D. Tomaso fratello Sacerdote 32 - Il Sig.r D. Giuseppe fratello ammogliato 38 - D. Paola Robustella, Moglie (di Giuseppe) 25 - Emanuele di 8 anni, Fran.co Maria Eduardo Bonaventura di 5 ed Antonio di 4, tutti e tre figli di Giuseppe e di Paola 402 . Oltre al grado di parentela, risulta difficile individuare le motivazioni che portarono alla successione, nella titolarità del feudo, da Francesco a Giuseppe Casimiro, che erano, forse, fratelli, non per linea diretta, ma per quella collaterale. Va, comunque, detto che è, per quanto riguarda la famiglia di Grazia, particolarità che si deve registrare più di una volta. La circostanza per cui il 15 Aprile 1701 molti ‘particulari’ della Terra di Limosano, e tra essi diverse donne (forse vedove), attestarono di aver ricevuto ognuno un diverso quantitativo di denaro, ammontante complessivamente a cento ducati, “ in nome e parte delli SS.mi D. Nicolò, D. Domenico, e D. Thomaso di Grazia, esequutori delli testamento del q.m D. Giuseppe Casmiro di Gratia Marchese di d.a Terra di Limosani ”, oltre ad un atteggiamento di maggiore disponibilità di quest’ultimo, ne dimostra, a tale data, l’avvenuta morte 403 e che egli tenne il feudo solo per circa due anni. Molto probabilmente (e nonostante che il registro dello ‘Stato delle anime’ del 1708 riporti essere D. Giuseppe ‘ Marchese ’, che deve intendersi solo titolo nobiliare) gli successe, e così la titolarità torna alla diretta discendenza di quel D. Francesco che aveva comprato il feudo, “il Sig.r Domenico di Grazia figlio di Franc.o”, appunto, che nel 1709 ha 46 anni e che, in quanto “commorante in Napoli”, ha delegato (vi è atto di procura in data 22 Luglio 1713) il nipote D. Emanuele a rappresentarlo ed a curarne gli interessi nei suoi possedimenti. Alla morte di costui, avvenuta quasi certamente nel 1728 quando aveva 65 anni, gli succede D. Fran.co Maria Eduardo di Grazia , trentatreenne figlio di “Donna Paola Robustella”, il quale, sposato con “la Sig.ra D. Anna Police” di anni 28, dimorava a Limosano. Ed insieme a lui abitavano nel ‘Palazzo’: - D. Giuseppe, figlio di detti di anni 7 - d. Maddalena, figlia di detti 6

402 APL, Registri dello ‘Stato delle anime’. 403 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio VENTRESCA Gregorio della piazza di Lucito.

254 - d. Annamaria, figlia di detti 5 - “Il Sig. D. Antonio Sacerdote, fratello di D. Franc.o” 33 Nel frattempo e per più anni (almeno dal 1726 al 1729, periodo per il quale sono disponibili i dati dello ‘Stato delle anime’; ma, mancando in quello del 1730, a tale data doveva essere morto) dimorò a Limosano “ l’Ill.mo Monsignor Vescovo D. Tomaso di Grazia ”, che, di anni 61 nel 1729, era figlio di Francesco, primo titolare del feudo. Va annotato lo strettissimo collegamento tra gli esponenti delle gerarchie ecclesiastiche e quelli della nobiltà, i quali ultimi ‘in massa’ (diversi i di Grazia ‘Sacerdoti’) partecipano ad ingrossare le fila dei primi, certamente per godere dei molti benefici riservati al Clero. D. Fran.co Maria Eduardo di Grazia tenne il feudo almeno un ventennio. Alla sua morte, avvenuta dopo il 1749, anno in cui è ancora documentato essere “ Marchese ”, il feudo passò, anche questa volta per via collaterale, al “ Marchese et utile Padrone D. Pietro di Grazia ”, il quale tale risulta almeno dal 1757. Morto costui, gli succede D. Francesco di Grazia , che è “ Marchese ” almeno dal 1775. Ed è tale ancora nel 1780. Dopo tale anno il feudo passa, ma solamente per pochissimi anni, a D. Giuseppe di Grazia , del quale però, morto assai giovane, già il 4 Novembre 1783 “ ad ore quattordici dentro il suo prop .o palazzo e presente cadavere ” si ha “ l’apertura del Testam .o Chiuso (nota: che porta la data del 2 dello stesso mese) dell’Ill.mo Sig.r Marchese di Limosano D. Giuseppe di Grazia ”404 . A quest’ultimo successe “ l’Illustre Sig.r Marchese Barone Don Nicola di Grazia ”, che, figlio del “q.m D. Francesco”, risulta essere “ utile Padrone ” fino al 1803, quando, per l’avvenuta sua morte, il feudo passa a “ D. Aniello di Grazia ”, il quale ne fa redigere l’atto, del 28 Dicembre, della “ captio possessionis ”405 , che, venendo abolita qualche anno dopo la

404 ASC, Protocolli Notarili del Fondo Amoroso, Notaio AMOROSO Gaetano di Limosano. “Io pred.o D. Giuseppe fò, ed istituisco miei eredi universali, e particolari tanto la mia dilettisima Moglie D. Giuditta Ramignani, che il postumo, che nascerà dal ventre pregnante di mia Moglie…”. All’apertura del testamento partecipò “il Sig.r D. Ferdinando Giudice della Città di Chieti, cognato cugino del defunto”. E’ di tutta evidenza che la morte colse D. Giuseppe quando era ancora assai giovane. 405 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio PADULA Giuliano della piazza di Macchiagodena. “ A richiesta fattaci per parte del D.r Fis.co D. Angiolo Zingarelli di questa Terra di Limosani Pro.re speciale dell’ E.mo Sig.r Marchese di Limosani D. Aniello di Grazia …, ci siamo conferiti… nel luogo denominato La Casa dell’Università , laddove essa Università, e Cittadini della med.ma sogliono congregarsi per li pubblici affari ed ivi abbiamo rattrovato il Sig.r D. Vitale Larenza Luog.te attuale della Corte di questa sud.ta Terra, e li Mag.ci Cosmantonio Amoruso, Saverio d’Addario, Costantino Ricciuto, Francesco Greco, Gregorio di Jorio, e Domenico Bussi esercenti Sindaco, ed Eletti rispettivamente al buon Governo, e regolam.to di questa sud.ta Università, come di essa rappresentanti la d.a Università, e suoi Cittadini, ed uomini particolari, ed intervenienti al presente atto in nome de medesimi, dal quale sud.o Sig.r D. Angiolo… si è asserito, chè per la morte del fù Sig.r Marchese di Limosani D. Nicola di Grazia, questa Terra, e tutt’altro compreso a questo Marchesato si è devoluto a d.o E.mo Sig.r Marchese D. Aniello, come apparisce dal decreto di preambolo de ventinove del prossimo passato mese di Ottobre…, per cui il sud.o è succeduto tanto nelli beni Feudali, che nelli Burgensatici, e con essi il palazzo sito in questa Terra, uomini, e vassalli angarj, Perangarj, servizi reali, e personali, Feudi, suffeudi, Feudatarj, suffeudatarj, quaternati, e non quaternati, rustici, piani, et de tabula, censi, entrade, e rendite, e specialmente col Banco della Giustizia, e colla Giurisdizione, e cognizione delle prime, e seconde cause civili, criminali, e miste, il mero, e misto impero, potestà del Gladio, quattro lettere arbitrarie, e colla facoltà di comporre li delitti, e commutare le pene da corporali in pecuniarie, e quelle rimettere in parte, o in tutto, soddisfatta però, e quietata la Parte offesa, e con tutti li proventi, ed emolumenti a d.a Giurisdizione spettanti, e soliti a spettare, ed altresì la Mastrodattia, la Baliva, la Portolania, la Zecca di pesi, e misure, Forni, Taverne Trappeto, e parimenti altri corpi, e beni Feudali, e Burgensatici compresi in d.o Marchesato … (…). E volendo il sud.o Sig.r D. Angiolo Zingarelli… prendere il possesso di questa sud.a Terra… è che d.o Luog.te, Sindaco, ed Eletti in nome di questa Università, e de Cittadini tutti, ed uomini particolari della med.a han dato al sud.o D. Angiolo… il vero, effettivo, corporale, pacifico, e spedito possesso di questa sud.a Terra, e suoi beni, membri, corpi burgensatici, e Feudali, dritti, giurisdizioni, e loro intiero stato, nel modo, e maniera, che gli antichi Marchesi di questa Terra l’han posseduti…, e per l’effetto sud.o l’accennato D. Angiolo in d.o nome

255 feudalità con il Regio Decreto del 12 Agosto 1806 di Re Gioacchino, risulta essere stato l’ultimo della serie. Anche questa volta il ‘possesso’ del feudo, a riprova che ben poche cose erano cambiate nell’atteggiamento del barone “ utile Padrone ”, venne fatto dal “ Procuratore speciale dell’E.mo Sig.r Marchese di Limosani D. Aniello di Grazia ”, che, per l’occasione fu il “ Dottor Fisico D. Angiolo Zingarelli ”, il quale, nonostante dall’atto risulta essere originario “di questa Terra di Limosani”, era, al contrario, uno dei tanti ‘forastieri’ venuti, nel suo caso da Bagnoli del Trigno (da atto del 15 Agosto 1800, difatti, risulta essere il “D.r Fisico D. Angiolo Zingarelli del q.m D. Geremia della Terra di Bagnoli”), in seguito alla censuazione, dopo il definitivo riscatto, di tutti i corpi feudali. L’ultima “ captio possessionis ” del feudo, mentre è del tutto scomparsa, insieme alla mancata indicazione dei nomi dei ‘particulari’ cittadini, ogni loro azione rivendicatrice e, per così dire, la loro passione civica, mostra il tentativo, tanto formalistico quanto patetico, da parte del introdotto in d.o possesso, quello nel med.o nome ha pigliato, e corporalmente si è posto in d.o vero… possesso di questa Terra, e di tutti li suoi beni, membri, corpi, entrade, ragioni, dritti, e giurisdizioni qualsivogliono in questa Terra per Feudo compresi, e loro intiero stato…, nella maniera che siegue. In primo luogo essendosi… portato avanti la porta di questa Terra sull’ingresso della med.a è stato incontrato da d.o Luog.te, Sindaco, ed Eletti, e da molti, e diversi Cittadini di ogni ceto della stessa , e da med.mi è stato ricevuto dandolo il dovuto omaggio, facendo tuttocciò, che dinota, ed induce l’atto del vero… possesso. Pigliatosi il possesso sudd.o rinovando l’istessi atti… ci siamo conferiti nella casa della Corte , in cui vi è una Banca, con sopra alcuni processi, e scritture nella quale è solito amministrarsi la giustizia, e reggersi la Corte, ed indi passati nel carcere di d.a Corte…, ha egli preso il vero… possesso di d.a Corte, del mero, e misto impero, dell’onnimoda potestà, e giurisdizione, civile, criminale, e mista di questa Terra sud.a, e dal pred.o carcere è ritornato di bel nuovo nella sud.a Casa di Corte…, pigliando il bastone, che è solito portarsi da Gov.re e Luog.te di d.a Terra, e con esso pro Tribunali sedente somministrando giustizia, ha preso il vero… possesso di questa pigliando gl’atti, scritture, e processi di d.a Corte, facendo gridare dal Giurato, che se mai ci fosse stata qualche persona, che avesse voluto giustizia fosse comparso avanti di lui a proponere le sue ragioni, perche egli in nome di d.o Sig.r Marchese D. Aniello si asseriva prontamente fargliela , e facendo altre cose, che dinotano il vero… possesso… In oltre siamo andati nella Chiea madre di d.a Terra sotto il titolo di S. Maria Maggiore, ed a suono di campane, nell’ingresso della med.ma colla presenza, ed assistenza del R.do D. Antonio Giancola Arciprete…, e degl’altri Sacerdoti, e Monaci stanzianti in questo Convento il pred.o D. Angiolo… unitamente cogli altri genuflessi avante l’Altare maggiore ha adorato il SS.mo Sagramento dell’Eucarestia, ed indi cantato il Te Deum Laudamus ne siamo usciti da quella portandoci nel palazzo marchesale, dove esso D. Angiolo… ha preso il vero… possesso di quello, passeggiando per il med.mo, ed esercitando tutti quegli atti, che dinotano il vero… possesso, e quindi ci siamo trasferiti nell’altra Arcipretale Chiesa contigua a d.o palazzo sotto il titolo di S. Stefano Protomartire, ed in pr.nza, e coll’assistenza del Rev.ndo Arciprete D. Emiliano Corvinelli, e tutti l’altri sacerdoti e monaci sudd.ti il surriferito D. Angiolo parimenti avanti l’Altare maggiore… cogl’altri tutti genuflesso ha adorato il SS.mo Sagram.to dell’Eucarestia e quindi siamo usciti dalla Chiesa sudd.ta. E finalmente seguitando gl’atti… ci siamo conferiti in un luogo eminente di d.a Terra, e propriamente avanti d.a Chiesa, e da ivi il d.o Luog.te, Sindaco, Eletti, e Cittadini, ed uomini particolari di essa a magior cautela han dimostrato al d.o D. Angiolo tutta la Terra pred.ta, ed il med.o da ivi per aspectum ha preso il vero… possesso di tutti gl’altri Corpi, beni, e membri di d.a Terra col di loro intiero stato…, e collo sparo di molti archibuci, e suono di Campane. Indi pigliando dalle mani di detti Sindaco, ed Eletti le chiavi della Casa dell’Università di questa Terra esibitegli, e presentategli in un bacile, in nome del sudd.to Sig.r Marchese D. Aniello ha preso il possesso di questa Terra…; anzi li med.mi Sig.r Luog.te, Sindaco, Eletti, e Cittadini, ed uomini particolari… hanno dato, e prestato il loro consenso, ed han promesso da ora in poi riconoscere il d.o Sig.r Marchese D. Aniello, e li suoi Eredi, e successori per veri, e legittimi Sig.ri e Padroni di questa Terra, e suoi beni,… Con espressa dichiarazione, che questa sud.ta Terra, e suoi Cittadini, ed uomini particolari, s’intendano, e sieno riserbati tutti, e qualsivogliono privilegj, immunità, grazie, esenzioni, franchizie, e capitoli concessili, firmati, e fatti dalli predecessori Padroni di questa Terra in vigore delle cautele, e scritture, che ne asseriscono… Di poi continuando l’istesso atto uniti insieme col d.o D. Angiolo…, li pred.ti Luog.te, Sindaco, Eletti, Cittadini, ed uomini particolari avanti di noi hanno introdotto il d.o D. Angiolo… nel precitato palazzo, e gli hanno dato, siccome ne ha egli preso il vero… possesso aprendo, e chiudendo le porte, e le finestre di quello, salendo, e calando per la grada, e passeggiando per le stanze, in esse fermandosi,… ”.

256 feudatario di collegarsi e di allearsi alle istituzioni della chiesa ed al Clero, sul ruolo del quale, strettamente collegato alle famiglie ‘nobili’, durante i secoli XVII e XVIII sarebbe da indagare non poco. Non fu, cioè, affatto un caso che il ‘ Procuratore ’ sia ricorso, quasi fosse per D. Aniello l’ultima spiaggia per salvare il salvabile, a genuflettersi nelle due Chiese. E così anche del ‘ marchesato ’ di Limosano (come di tutti gli altri feudi, perché considerati solo come strumento per estorcere la ricchezza prodotta in essi e non come struttura finalizzata ad organizzarne le attività del e sul territorio), interamente svuotato di quel significato istituzionale che il ‘ radicale ’ Abbate Longano, più concreto nelle analisi storiche dei tanti ‘ riformatori ’, pure gli riconosceva e che avrebbe potuto e dovuto rivestire, non restava, ed in questo senso, ma solo questo, fu giusto farlo, che cancellarne la presenza. Del resto, il possesso, l’ultimo della serie, “di tutti gli altri corpi, beni e membri” fuori della ‘terra’ era stato preso dal punto più alto di Limosano semplicemente “ per aspectum ”. Quasi a volerne salutare definitivamente l’addio. Dal ‘ testamento ’ del Sacerdote Donato di Venere , il quale nel 1832 (20 Agosto) si diceva “compratore di tutti i cespiti di rendita ex=Marchesale ”406 , si ha che, tra gli altri beni, aveva “ comprato la quarta parte dell’ex Feudo di Cascapera da D. Vincenzo de Grazia (nota: forse figlio di D. Aniello) , e per questo dal suo erede D. Michele Grimaldi nel dì otto novembre mille ottocento diciotto in tomoli duecento ottanta circa per Notar Antonio Amoroso di Napoli ” e “ tutto il Palazzo ex-Marchesale comprato da me a diciassette Febbraro mille ottocento ventitre ”407 . Lo smembramento del feudo fu solo, e perché, come più spesso di quanto si creda accade, mai lo si seppe cogliere come opportunità storica, non poteva non esserlo, il necessario atto conclusivo di un’epoca, che deve farsi partire da quando si iniziò a considerare quello non come lo strumento del progresso per tutti ed al quale ognuno, per la sua parte, avrebbe dovuto concorrere, ma come l’oggetto esclusivo degli interessi personali per l’ utile Padrone e per i suoi inservienti.

6.2 - I rapporti con la Universitas Civium e con i particulari

Con una netta inversione di tendenza nella concezione sia della struttura che degli elementi amministrativi del Regno, di certo in senso più verticistica, rispetto ai normanno-svevi, i quali “si erano preoccupati di controllare la feudalità e di sottometterla al potere regio attraverso l’azione cittadina dei ministeriales ” ed, ancor di più, con la istituzionalizzazione della “Universitas civium Terre ” ed il favorirne la crescita sino a farla diventare strumento di ‘controllo’ e di contro-bilanciamento dei poteri sul territorio, Carlo I d’Angiò “si appoggiò interamente sulla feudalità, che anzi irrobustì con l’immigrazione della nobiltà franco provenzale (nota: perché non dire di quella proveniente dalle gerarchie ecclesiastiche?), a cui andarono le terre dei traditori 408 . Il vivace dinamismo della “ Universitas civium ” della ‘ Terra ’ di Limosano, assai probabile (pur se solo ipotizzabile in nome della continuità storica) per l’epoca normanna e ben documentata per quella staufica (quando, nonostante la distruzione delle ‘ carte ’ ad opera della violenta ‘ angioinizzazione ’ di matrice guelfa e clericale, deve registrarsi un forte sviluppo di socialità civile), la fece, lo si è già visto, centro commerciale, culturale ed economico-politico di notevole importanza così che: a) gli abitanti delle ‘terre’ vicine che volessero “ aliquid 406 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio LUCITO Giuseppantonio di Limosano, dichiarazione del 20 Agosto 1832 in atti del 1837, pag. 8. 407 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio LUCITO Giuseppantonio di Limosano, testamento del 20 Novembre 1839 in atti del 1844, pag. 255. 408 DE ROSA G., Storia medioevale, Roma 1971, pag. 219.

257 emere aut vendere accedunt ad terram ipsam et ibi inveniunt quod querunt (= qualcosa comprare o vendere vengono a Limosano ed ivi trovano quel che cercano)”; b) “ terra ipsa reputari debet insignis quia habet multos homines sapientes literatos, logistas, doctoralistas, medicos, gramaticos, Judices et artistas… (= quella terra deve ritenersi ‘insignis’ perché ha molti uomini sapienti letterati, dottori, medici, grammatici, Giudici ed artisti)”; e c) riusciva ancora ad esprimere nelle immediate vicinanze dell’abitato ben due complessi conventuali (dei francescani e dei celestini), assai importanti per pregio e per fattura. A quella vivacità, che non poteva non essere che espressione della “ Universitas civium ” intesa come organizzazione civile attiva e partecipata di quei ‘ multos homines sapientes literatos, logistas, doctoralistas, medicos, gramaticos, Judices et artistas ’ contrapposta ad un titolare del relativo feudo ben tenuto a freno specie dal ‘ ghibellino ’ Federico II di Svevia, si contrappone la netta figura di quell’Adenulfo del primo periodo angioino, di origine romana e, se non proprio di estrazione ecclesiastica, ‘ guelfa ’, a favore del quale il Re Carlo I interviene per la “ subventionem ” dovutagli dai suoi ‘ vassalli ’ del ‘castrum Limosani ’409 , che, non senza causalità, è ora diventato tale mentre in precedenza era una ‘ civitas ’. E, per maggiormente favorirne le pretese ed il radicamento nel territorio, il Re dispone che gli “homines castri Limosani” pagassero allo stesso Adenulfo, loro Signore, sia la “collectam S. Marie” 410 che, più odiosa, una colletta “pannorum pro vestimentis eius et familiarium (= di panni per i vestimenti suoi e dei familiari)” 411 . E, perché si erano verificati probabilmente dei contrasti, a cavallo degli ultimi mesi del 1275 ed i primi dell’anno successivo Re Carlo diede incarico al Giudice Johannes de Amicis di effettuare accertamenti circa l’annuo reddito del castello di Limosano 412 . Da questo preciso momento storico, in cui i ‘ francesi ’ angioini prendono il potere nel Mezzogiorno e, per gestirlo, lo ‘ centralizzano ’, togliendolo dalle mani dei ‘ cives ’ ed affidandolo ad una folta schiera di feudatari, e sino all’abolizione della feudalità, avvenuta pur’essa per mano dei ‘ francesi ’, i quali, ancora una volta, non procedono nel senso di un riequilibrio delle forze in campo a favore dei ‘ particulari ’, ma riaffidano la decisione amministrativa agli ‘ intendenti ’, quasi che fossero dei feudatari ‘moderni’, il rapporto tra il titolare di un feudo e la sua “ Universitas civium Terre ” sarà caratterizzato sempre da una forte conflittualità e da scontri violenti. Una volta che il punto dell’equilibrio tra le forze risulta essere stato nettamente spostato a favore del ‘ dominus loci ’, lo sbandamento politico (e, per la concomitanza dello scisma d’occidente, anche religioso) durante il lungo periodo che va dalla morte di Re Roberto (1343) e l’arrivo degli Aragonesi (1442) contribuirà non poco a rendere, pure per il futuro, più faticoso lo sforzo della “ Universitas ” di riappropriarsi del suo ruolo e di recuperare la sua funzione di punto di riferimento e di difesa degli interessi dei ‘ particulari ’. Alfonso d’Aragona (1442-1458) e, maggiormente, il suo successore Ferrante I (1458-1494), per porre un certo freno all’esagerato potere dei feudatari, tentarono di favorire l’azione di rivendica dell’ “ Universitas ”. Fu, con molta probabilità, proprio allora che venne formulata dai ‘ capifochi ’ della ‘ Terra ’ di Limosano, “ cohadunati in publico Parlamento ”, la prima stesura de “ li loro Capitoli e Privilegi ”, che serviranno per porre un certo argine allo

409 Registri della Cancelleria Angioina (in seguito solo RCA), Vol. XII, pag. 225, n. 188; Vol. XIV, pag. 148, n. 112. 410 RCA, Vol. XII, pag. 46, n. 96. 411 RCA, Vol. VIII, pag. 12, n. 73. 412 RCA, Vol. XIII, pag. 95, n. 220.

258 strapotere del loro “ utile Signore e Padrone ”413 . Dei loro miglioramenti, nelle edizioni del 1613 e del 1670, è stato già accennato nel precedente paragrafo. Ma, dal momento che quella dei sovrani Aragonesi, più che una vera riforma di sistema, fu solo il tentativo egoista fatto per limitare il forte potere (e le congiure) di una classe baronale scalpitante e non per rimettere la decisione amministrativa alla “ Universitas civium ”, essa fu di assai scarsa efficacia e quasi di nessun vantaggio per quest’ultima. Ed, inoltre, si dimostrò cosa di stagione assai breve, in quanto il ‘ panfeudalesimo ’ del periodo vicereale riportò nettamente a favore del feudatario la condizione di una ‘ Terra ’. La lettura dei documenti notarili fa in genere registrare per la seconda metà del XVI secolo un fortissimo indebitamento sia dei ‘baroni’ (e, per questi, la spiegazione potrebbe ricondursi alla vita dispendiosa condotta nella Capitale) che delle “ Universitas ”, le quali, per parte loro, si vedono ridotte a ricorrere annualmente a ‘prestiti’ “ per le Carestie et penurie delli anni passati et per li passati fiscali et per lo peso delli soldati de presidio contra forasciti ”. La situazione della “ Universitas civium ” di Limosano era diventata, lo si è già visto, così drammatica da risultare, il 19 Gennaio 1596, indebitata per 7164 ducati circa. Tanto che dovette “ assegnare in pagamento a Don Ottavio vettovaglie (nota: grano, orzo e legumi) , beni mobili ed animali ” per oltre 2800 ducati e, per 4350 ducati, vendere “ cum pacto de retrovendendo ” la sua “ parte di Cascapera, la Selva delli Monti collo Vallo di Cicco, lo quarto della Sala, lo quarto delle Cese e lo quarto della Foresta ”. Si era pervenuti ad un punto tale che essa non riusciva più a difendersi dagli attacchi, che le venivano mossi da tutte le parti, se è vero che in una “ Protestatio pro Universitate limosanj contra M.cum Jo (ann) .em Thomam de Stefano, Reg.m Perceptorem… extraordinarium Reg.e Cam.e Summ.e pro parte J (oan) .nis de paschale dicte terre limosanj sind (ic) .i pro presenti anno ”, del “ 17 7bris 1615 ”, quest’ultimo “ … vulgari sermone dicit come avendo lo detto Com.rio et Compagno asportato et pigliato molti Animali somarini, Matarazzi, lenzole, piumacci coperte sacconi rame, bronzo, piatti vocali, quartari, et altre robbe in quantità che non se ne sape il numero ”414 . Il quadro della pesantezza della situazione risulta assai evidente da una “ Fede del Stato, in chè vive la Terra di Limosano ”415 , con la quale “ Si fa piena, ed indubitabile fede per Noi sottoscritti odierni Sindico, et eletti della Terra di Limosano in Provincia di Contado di Molise obbedire all’ord.e del Sig.re Percettore, precedente altro di S.E., come questa Unità non ha altro Corpo d’entrata, se non che alcuni pochi terraggi di grano, et altre vettovaglie ascend.ti alla summa di tt. 80 (nota: poi corretto a 100) dà fertile in fertile, il prezzo dè quali serve per spese estraordinarie, cioè Prov.ne di Cancelliere, di Predicatori, franchigie di Soldati, Orologio, Corrieri Reggij, spese di squadre di Campagna, che al spesso ci ricapitano, et altri esiti, che possono occorrere; Di maniera che questa Unità pred.a per non havere altro corpo d’entrata, tutti li seguenti debiti soddisfa e paga con l’imposizione che anno per anno si fa inter Cives per aes, et libram ratione bonorum iuxta Catastum, che si forma ogn’anno , e sono: - Alla R.a Corte, et Reggij Assegnatari per li 42 carlini a fuoco per cento trent’otto fuochi, et mezzo anno 581.3.10 - Per li grana cinque (nota: corretto a 6) a fuoco il Mese per la Cavalleria

413 Con una ‘Protestatio’ del 31 Agosto 1703 (ASC, Protocolli notarili, Notaio VENTRESCA Gennaro della piazza di Lucito) “plures cives” di Limosano reclamavano ancora che il Governatore non presenziasse ai loro consigli e pubblici parlamenti, tanto da invalidare l’elezione di venti giorni prima degli “homines ad reggimento” della Terra. 414 ASC, Fondo AMOROSO, Protocolli Notarili del Notaio COVATTA Domenico di Limosano. 415 ASC, Fondo AMOROSO, Memoriale ovvero Repertorio di antiche scritture, Zibaldone secondo, pag. 74. Evidente l’andamento recessivo del numero degli abitanti che fa registrare solo 138 fuochi. Con atto notarile del 22 Febbraio 1617 si dichiarava “che d.a Un.tà è di fuochi cento cinquanta in circa”.

259 anno 82.4. -- - Per li cavalli dodici a fuoco il mese per le squadre di Campagna anno 16.2.16 - Per li cavalli otto a fuoco per la squadra supranumeraria il Mese, che anno sommano 14.0.14 - Alla R.a Corte per li carlini 25 per soldo del Batt.e a piede agiudicatosi la med.a mese per mese anno 17.2.10 - Provisione di santario, che affitta detta esigenza anno 100.-. -- - Provisione dell’esattore, che esigge d.a imposizione 40.-. -- - Al Sig.r Francesco di Grazia Patrone di questa Terra pred.a per antica vendita di Zecca, Portulania, et colta di S. Maria 60.0.00 Che sommano in tutto 912.3.10 Per la qual summa per soddisfare detti Creditori si butta l’imposizione inter Cives per aes, et per libram ratione bonorum iuxta Catastum , e questo è il Stato, in che vive questa Unità, e per chiarezza di ciò n’habbiamo fatta scrivere la presente per mano del sottoscritto nostro ordinario C.allio signata, et formata di nostre proprie mani, e roborata con il solito sigillo dell’Unità. In Limosano li di Marzo 1683 Da inserirsi più le sud.e altre partite - Alla d.a R.a Corte per la metà delle franchigie dè Soldati da pagarsi tanna tanna 16.1.05 Che in tutto fanno docati 928.4.15 ” Nel rapporto con il proprio “ Utile Signore e Padrone ”, da tale condizione di sofferenza, che costringeva la “ Universitas Civium ”, che “per soddisfare detti Creditori butta l’imposizione inter Cives per aes, et per libram ratione bonorum iuxta Catastum”, a subire supinamente ogni tipo di vessazioni ed ingiustizie, il XVII secolo fa registrare, con il riappropriarsi da parte dei ‘particulari ’ di un minimo di consapevolezza civica, il passaggio, quando non ad una ribellione vera e propria, quantomeno ad una reazione di forte litigiosità. E’ quanto sembra evidenziare il documento del 7 Luglio 1652 416 , che, facendo di certo seguito ad un’azione di forza da parte dell’Università di Limosano ed a più che probabili moti rivoltosi da parte dei ‘cives’, riportava le cose a favore del ‘ dominus ’. Con esso “ Achillis Rumone Campiclari, volens exequi servata forma infratte Commissionis de ordine mag.ci Pirri Vincentij Lebboffo Regio Percettore et omni miliori via, posuit et Induxit Joannem Battam Corvinellum Terre Limosani Procuratorem Mag.ci Dottoris Jacobi Campanile Baronis eiusdem Terre Limosani,…, in veram,…, et expeditam possessionem infrattorum feudorum, scilicet il Bosco Fiorano, Cascapera, La Sala, Le Cese et Foresta, ac etiam reintegratione q.rum centum et vigenti debitorum ab Universitate Terre p.tte Limosani, scilicet La Colta de Santa Maria, Zecca, Portulania Camera riservata, et altre ”. Il testo, non sempre comprensibile, ed il “tenor p.tte Commissionis est” che “ Pirro Vincentio Lebboffo Regius Percettor Provincie Comitatus Molisij, et ad infratta per Regiam Cameram Sommarie specialiter deputatus Mag.co Achille Rumone nostro Commissario, in significare qualmente per il Mag.co Dottor Jacovo Campanile Barone di questa Terra dellimosani adversum le pretendenze dell’Unità di detta Terra per li Corpi d.entrate, come Boschi, Herbaggi, Feudi, Cese, et altro che per d.o Barone si possede in d.a Terra, et teritorij d’essa come anco per l’annui d.ti cento vinti che dall’istessa Unità se li rende per la Colta di Santa Maria, Zecca, Portolania, Camera riservata, et altri, et per la Bonatenenza che dall’Unità si pretende , manisole parti si ottenne decreto, quod prestita obbligatione per essersene fatta d.a Camera pro parte dicti Baroni de solvendo quiquid fuorio Iudicatum pro causa p.tta tollatur Sequestrum, et spedite le debite provvisioni à noi

416 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani.

260 dirette, alle quali si diede eseq.ni. Al presente ciò non ostante essendosi di nuovo impossessata l’Unità di d.i Beni, et contro la forma di d.a Provvis.ne et ordini nostri , di nuovo si è comparso in d.a Reg.a Camera per parte di d.o Mag.co Barone, et fatta istanza ordinaria à d.a Unità che per osservanza di d.e provvisioni spedite a beneficio di d.o Comparente, che con effetto non lo molestino, ne faccino molestare, et che non lo turbono dalla Possessione di percepire d.i annui entrate et frutto di d.i Corpi et cossì l’osservino et altrimenti in caso contrario si commette à noi medesimo, acciò così lo faccia osservare sumptibus contravenihientibus, et pigliarne del tutto diligente informatione, acciò costito di d.a Contraventione siano castigati per lo che per d.a Regia Camera sotto li quindici di giugno del corrente anno in Banca di Donato Scognamiglio in virtù di Provvisioni di essa, à noi diretta, ne stà ordinato l’osservanza di d.a promanata provisione à Beneficio di d.o Mag.co Barone spedita, in virtù della quale debbia subbito fare levare ogni sequestro stante l’obbligo fatto , et dovessimo pigliare informat.ne contro li contravenienti per la d.a inosservanza à spese de Contravenienti , quale presa dovessimo mandare in essa Regia Camera, ut decet in potere di d.o Mag.co Ill.mo ad finem providendi. Et perche da noi è stata presa d.a Inf.e dalla quale costa la Contravvenzione di d.a Regia Provis.ne pertanto citra pregiudicio delle pene incorse per essa Unità, e suoi del Governo vi dicemo, et commettemo che debbiate reintegrare a Beneficio del d.o Mag.co Barone non solo li d.i anni cento vinti per le sud.e Cause, che se li devono dalla Unità, ma anco li sotto scritti Beni, et frutti di essi, ponendoli in possesso come vero, et legittimo Patrone, come per sempre prima è stato, il tutto in eseq.ne delle d.e Regie Provisioni con stipularne seu farne stipulato atto Publico, et così… Dato nelli Mosano li sei di luglio mille sei cento cinquantadoi… li dicti anni duc.ti cento vinti; Il Bosco Fiorano, la Sala, le Cese, et Foreste (et Cascapera)… Id est rettus Joannes Batta Corvinella d.e Terre limosani Procurator d.i Mag.ci Baronis ut supra in dictam possessionem et reintegrationem inducto… et apprehendit Corporale, Pacifica, quieta et expedita possessione ut supra in di.s feudis di.s Procurator nomine d.i Mag.ci Baronis singulatim deambulando, ramo collidendo, et multa alia facienda, que aliter Corporalis Possessionis p.tte denotat… ”. L’Università e li ‘ particulari ’ in quell’occasione non si fecero affatto intimorire e non si arresero. Ed, anzi, con la ‘procura’ del 28 Ottobre 1655 417 , intesero far capire che totale doveva diventare lo scontro per “ vertere lites, differentias… cum m.co Jacobo Campanile, Barone p.tte Terre, et Januario Campanile eius filio super petitionibus fattis contra eos… et signanter ” su quella della ricompra dei corpi feudali alienati “et sunt la selva detta di fiorano, Casal di Cascapera, la defensa della foresta, la defensa delle Cese, la defensa della Sala. Per il pag.to della bonateneza del territorio alli Pozzillo, et Collo di S. Antonio. Per li animali pecorini et bovini per spatio di vent’anni. Per il pag.to della Camera reservata per spatio di anni trentisei a rag.e di duc.ti 50 l’ano. Per la bonat.a del palazzo novo fatto con laverci incorporato sei case di part.i ; per la vigna, forna, tappeto, Taverna, et Massaria..., et per le altre caose…”. Lo scontro durò diversi anni senza esclusione di colpi. A parte la posizione, si era già all’11 Febbraio 1669, dei “ costituiti Lattanzio Luciano, Salvator Minicuccio, Nicolaus Covatta, Aloisius Marc’Antonio, Cianne de Tata, Thomas de Amico, Berardinus Bagnolo, Jacobus Gravino, Donatus Frosolone, Dom.cus Bagnolo, Dom.cus de Thomaso, Franciscus Marinaccio, Joseph Gio:Cola, Dom.cus Santone, Io.es Piciucco, Fran.cus de Vendera, Angelus de Vendera, Jo.es Angelus Matteo, Dom.cus de Angelillo, Silvester Sabetta, Fran.cus Angeli Russo, Jo.es Ant.us Fattorino, Dom.cus de Tata, Jo.es Ant.us de Orlando, Annibal Corvinella, Jo.es Pascariello, Vincentius de

417 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio DI BARTOLOMEO Francesco della piazza di Ripalimosani

261 Vendera, Jo.es Berardinus Romano, Jo.es Carolus Covatta, Carolus Longo, Micarius Mottola, Vincentius de Alena, Alesanter Covatta, Pompeus Capillo, Carolus Sabetta, Jo.es Minicuccio, Tomas Marc’Antonio, Dom.cus de Abramo, Jonnes Luciano, Jo.es Petrus Parato, Pascus Antonius Gravino, Fran.cus Marc’Antonio Dom.cus Greco, Berardinus Fracasso, Jonne Carrello et Fran.cus de Amico, omnes cives particolari, et habitatores Terre Limosani ”, i quali, visibilmente contrari al “ Governo di detta Terra in questo present’anno per mala volontà particolare che have con il Sig.r Barone ” ed ancor di più all’ascesa di Gio:Ant.o del Gobbo , “ erano convenuti con d.o Sig.re che ogni volta che se li restituivano duecento cinquanta docati per il prezzo d’una defensa detta la foresta, che d.o Sig.re ci la restituiva senza lite alcuna ”. Sono nella risposta del giorno dopo, 12 Febbraio 1669, il dramma e le condizioni dell’Università, quando “ ad preces factas per franciscum Antonium Greco Sindicum hodiernum p.tte terre Limosani, per Jo.em Carolum Longo, Petrum del ferraro, et Jacobum de Luca electos ad Consilium, et Gubernum p.tte terre pro p.nti anno, personaliter accessimus… in platea publica ante domum Rev.di D.i Donati Covatta Archipresbiteri Sante Marie d.e terre ubi invenimus Ill.rem Dominum Januarium Campanile Baronem terre p.tte, et dum ibi essemus requisivimus pro inf.to actu conficiendo p.ttum Ill.em Dominum Januarium , et p.tti predominati Sindicus et electi nos requisiverunt quia p.ntem actum exequi deberemus in vulgari sermone descriptum pro maiori facti intelligentia et est tenoris seguentis. La Università della Terra di Limosano, et per essa l’hodierno Sindico fran.co Ant.o Greco, et Gio:Carlo Longo, Pietro del ferraro, et Giacomo di Luca eletti, presentiscono che il Sig.r Gennaro Campanile Barone di essa habbia fatto ragunare una quantità di gente di d.a terra nel suo Palazzo, et ragunati si è lasciato intendere si d.o Sig.re Barone, come anco altri suoi familiari che have una quantità di grano d’India, et altro grano buono, et tutto volerlo distribuire alle d.e genti ragunati purche le d.e genti si sottoscrivessero ad un memoriale del tenor seguente. In primis che d.e gente dichiarino per la lite vertita per il passato fra d.a Unità, et d.o Sig.r Barone non s’habbia da innovare, ne disperderci cosa nulla, ma che s’habbia d’attendere alla lite della foresta solo, et non ad altre defense et pretent.ni che può havere la d.a Unità, il tutto in grandissimo preiud.io di d.a Unità, come anco per la Cerqua tagliata da M.ro Pietro, che non s’habbia da spendere un Cavallo, et anco per il sindicato d’Alesandro Covatta olim M.rod’atti, et Donato fracasso olim Luogot.te similmente che non ci s’habbia da spendere cosa nulla similmente in grand.mo preiud.o di d.a Unità, et contro le Reg.e Parag.che, et perche non è stato per vero zelo di soccorrere alli d.i poveri Cittad.ni lo d.o grano tralasciando l’alterazione di prezzo del d.o grano d’Indio più di quello vale et l’ha comprato ma perche hoggi conosca che la d.a povertà si ritrova in grand.me necessità nel vivere, è andato sudducendoli con d.o grano non solo per farsi fare d.a dichiarazione et altre particolarità che si contiene in d.o memoriale fatto da Gio:Carlo Covatta, Pompeo Capillo, con altri, quali sono andati sudducendo gran quantità di d.ti Cittadini non solo fuora delle loro Case, mà anco dentro le proprie loro Case con prometterli del d.o grano, acciò si fossero firmati in d.o memoriale, et ciò sia vero non essere stato vero amore verso d.ti poveri Cittadini in somministrarli di d.o grano per il loro vitto, si conosce, che essendoci andati alcuni part.ri Cittadini con supplichevole parole, acciò l’havesse distribuito un poco del d.o grano, et obbligatione alla restitut.ne di esso a suo tempo, li furono risposti dal d.o Sig.r Barone, che si sottoscrivessero in d.o Memoriale, et s’havessero pigliato il grano, et come che d.i part.ri Cittad.ni conobbero che d.o Memoriale non era cosa giusta, et in grand.mo pregiud.o di d.a Unità, non si volsero sottoscrivere, furono dal d.o Sig.r Barone con viliss.me parole ingiuriati, et di più ritrovandosi alcuni part.ri Cittad.ni di d.a terra inquisiti à d.o Sig.r Barone, et essendoli andati ad impetrare gratia per d.a loro inquisit.ne, li furono risposti, si dal d.o Sig.r Barone, come anco da Gio:Carlo Covatta suo familiare, che si fussero sottoscritti al detto Memoriale,

262 che volentieri li faceva la gratia di d.a loro Inquisit.ne, similmente molte di d.e persone stimulate dalla necessità del vivere andorno al luoco dove si distribuiva d.o grano, et essendo richiesti se volevano grano che avessero fatto conf.e all’altri, et perche la maggior parte di esse sono persone Idiote che non conducevano, ne tam poco quello che facevano si sono firmati in d.o Memoriale con un segno di Croce solo, et non altro senza esserli specificato il contenuto di d.o Memoriale, e perche d.e persone che hanno fatto d.o segno di Croce s’immaginavano che d.o segno era per l’obbliganza di d.o grano conf.e si vede da alcuni di d.ti part.ri che hanno avuto del d.o grano con patto che si fussero firmati conf.e all’altri et essendo stati chiamati alla dirma di d.o Memoriale, non ci sono andati perche hanno inteso che d.a firma consistente in un segno di Croce non sia per l’obbliganza di d.o grano, ma serv.ne di grand.mo preiud.o di d.a Unità, et vedendo questo d.o Sig.r Barone subito l’ha mandato ripigliarlo d.o grano, similmente essendoci andate alcune povere Donne acciò l’havesse distribuito un poco di grano per il loro Vitto li sono state risposte si da d.o Sig.r Barone come anco da quelli che havevano la cura di distribuire d.o grano che ci fussero andati li lor mariti, et quelle che non havevano mariti, che ci fussero andati li loro primogeniti che ci l’havrebbe dato affinché d.ti huomini si fussero firmati in d.o Memoriale, similmente come Alesandro di Sebastiano tiene docati trenta del d.o Sig.r Barone da restituirsi in fine anni conf.e appare per obbliganza et essendo richiesto il d.o Alesando à firmare in d.o Memoriale, non ci s’ha voluto passare et hora viene forzato alla restituz.ne di d.ti denari, il tutto per non haver voluto firmare in d.o Memoriale, del quale si conosce non essere vera compass.ne della povertà conf.e hanno rappresentato alli d.i Cittadini ma più presto per arrivare a qualche suo buon fine, et il tutto in grand.mo preiud.io di d.a Unità, del quale d.a Unità se ne protesta si contro chi è andato sudducendo d.i Cittadini à favore di d.o Sig.re come anco contro d.o Sig.r Barone, et contro tutti d.i Cittadini sottoscritti à simile et altre cause che siano in pregiud.io di d.a Unità… ”. Al che, parodiando in certo qual modo il Pilato del Vangelo, il Campanile si limitò a rispondere “ che quanto s’è detto et esposto da d.i del Governo, non è punto di verità, ma quello che d.o Barone ha fatto, ha fatto per vero zelo et per agiutare la povertà, et vuole dare quanto have per agiutare li poveri conf.e have fatto per il passato ”418 . I documenti non riportano come si concluse la vicenda. Ma è certo che la famiglia dei Campanile in meno di due anni vendette (o fu costretta a vendere?) il feudo. Sulla considerazione, in cui si tenne la “ Universitas civium ” di Limosano dal ‘Mastro di Campo’ Don Domenico Robustella e dai suoi familiari, la dice lunga la singolare esclusione, di cui già si riferì, degli “ homines ad gubernum ” dalla “ censuazione et concordia ” per la terminazione, che si tenne il 25 Settembre 1672, del confine con S. Angelo. Il XVIII secolo, oltre che dai tentativi da parte della “ Universitas ” per la ‘ ricompra ’ dei ‘corpi ’ feudali, che si concluse con quella loro ‘ censuazione ’, di cui si riferirà altrove, con gli atti, assai significativi per lo spirito che li improntava circa la pratica attuazione di esigenze di un certo ‘ socialismo ’ diffuso, fortemente innovativo e di gran lunga anticipatore rispetto ai tempi, del 31 Dicembre 1796 e del 30 Aprile 1797, che, tra l’altro, fece sì che arrivassero a Limosano per abitarvi numerosi ‘ forastieri ’ con le rispettive famiglie, è caratterizzato dagli scontri relativi alle pretese, tanto assurde quanto per nulla lungimiranti, da parte del ‘ Padrone ed Utile Signore ’ di esercitare, quando non di imporre, gli “ jus prohibitivi ” sia sulla “libertate Civium in moliendis oliviis (= libertà dei cittadini di macinare le olive)” che su quella di cuocere nei ‘ Forni ’, che non fossero ‘ marchesali ’. Circa lo ‘ jus prohibitivo ’ della “ libertà di macinare le olive ” il punto più alto dello scontro lo si toccò nel Gennaio del 1729. E’, difatti, del 3 di tale mese la “ Fides publica pro Unitate

418 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio CARRELLI Gian Donato della piazza di Fossaceca.

263 Terre li=Musanorum ”419 , assai importante, oltre che per il fatto che vi presero parte alcune donne, per conoscere usi e costumanze dell’epoca, con la quale “ si sono personalmente costituiti nella presenza nostra Giuseppe di Giovan Martino di Tata di anni ottantatrè, Silvestro Franciosa di anni settantadue, Lionardo d’Amico di anni settanta, Domenico Luciano di anni settantuno, Angelo Greco di anni ottantatrè, Orazia Covatta di anni cinquanta et Orazia Antonia d’Amico di anni sessanta…, li quali spontaneamente hanno asserito…, come se bene, in d.a Terra de li=Musani vi sia stato e vi sia il Trappeto per macinar olive, e far oglio, che ogn’anno si è affittato, e si affitta dalla Camera Marchesale à Cittadini, che applicano à d.o affitto ; Mai però li Cittadini di d.a Terra, hanno potuto essere forzati, e costretti dall’Affittatori di d.o Trappeto, né da altri à portare le loro olive à macinarli in d.o Trappeto, per non esservi mai stato jus prohibendi , essendo sempre stato lecito ad ogni Cittadino, à loro disposizione, e libera volontà di andare a macinare in d.o Trappeto, e in altro luogo che li è piaciuto, senza poter essere impedito dà alcuno; e per la libertà, in che sempre hanno vissuto i Cittadini per tutto lo passato, chi è andato in d.o Trappeto, chi se li hà fatto in casa, e chi è andato altrove, tanto che il fù Mastro Alessandro Sebastiano sempre andava à macinare le sue olive nella Terra di Lucito…; come sempre anche ci andava Domenico Sebastiano suo Fratello…, come anche il q.m Medico Lucatelli di questa Terra sempre mandava le sue olive, in d.a Terra di Lucito; la Moglie del q.m Angelo Romano se li faceva in casa; li q.m Tomaso Covatta, e Giovan Carlo Covatta hanno sempre tenuto la mesa di legno in lor casa, et ancora la tengono li suoi eredi, dove facevano l’oglio a pede, e veniva ogn’anno à farli un certo Ciannone di Montagano, il quale anche lavorava in casa di Domenico Carrozzo, vicino la Porta del Borgo, e faceva oglio à tutti quelli Cittadini di questa Terra, che volevano servirsi di lui, non ostante che macinava d.o Trappeto, e sempre in tutto il tempo di lor vita, i Cittadini han vissuto in d.a libertà ; anzi un anno, il fù Don Scipione Robustelli Padrone di questa Terra dè li=Musani volle costringere il d.o q.m Mastro Alessandro Sebastiano à portare le sue olive à macinare nel Trappeto di questa Terra, e impedirli di portarli in Lucito, essendosi risentiti l’Università, e suoi Cittadini di tal proibizione, non poté d.o Sig.re restringere la libertà nella quale si ritrovava l’Unità, e suoi Cittadini, li quali sempre sono andati à far oglio dove li è piaciuto, e così fin oggi li Cittadini hanno sempre continuato nella loro libertà antica ; et in tutti gl’anni à dietro, varij Cittadini , perche conoscevano, in andar fuora, l’utile, e l’avanzo loro, che non ritrovavano, e non ritrovano in d.o Trappeto, dove ci hanno sperimentato molta perdenza, perche l’Affittatori, in macinare l’olive, tengono la macina alzata, che non troppo macina, danno pochi miscoli, e la varra corta, che non puo torcersi l’oglio, perche lasciandosi per essi loro la Noccia, la tornano à macinare, e ne cacciano tanto più oglio, che non ne cacciano i Cittadini nella prima molitura della olive ; sono andati liberamente à far l’oglio nella Terra della Petrella fin l’anno passato, mille settecento ventotto, senza che fossero stati impediti, né ostacolati da alcuno, per essere detti Cittadini nell’antica libertà; ed han soggiunto detti Constituti, che han sempre inteso dire dà loro Antenati, e quelli dall’Antenati loro che li Cittadini di d.a Terra de li=Musani sempre sono stati in libertà di poter andare a far l’oglio dove li pareva, e piaceva, senza poter essere astretti à portare l’olive in d.o Trappeto , et ita iuraverunt ”. Ci si stava preparando allo scontro. E bisognava farlo per bene. E, così, qualche giorno più tardi, era il 7 Gennaio, “ si sono personalmente costituiti… Antonio Angelilli di anni settanta, Mastro Pietro Piciucco di anni sessantaquattro, Gasparo Covatta di anni sessanta, Laur’Antonia Covatta di anni cinquantatré, Catarina Covatta di anni quarantacinque, e Vincenzo d’Amico di anni cinquantacinque,…, li quali spontaneamente hanno asserito, che

419 ASC, Fondo AMOROSO, Protocolli Notarili del Notaio AMOROSO Francesco Antonio di Limosano. Dello stesso Notaio sono tutti gli atti che riguardano la vicenda e che, per non appesantire il lavoro, si eviterà di citare.

264 in d.a Terra de li=Musani non vi sia mai stato Jus prohibendi sin oggi pred.o giorno, di poter essere i Cittadini costretti a portare à macinare le loro olive, e far oglio nel Trappeto di questa sud.a Terra, essendo sempre stati li Cittadini, quantunque macinasse il Trappeto, à loro libera volontà, di andare à macinare l’olive, e far l’oglio dove li è piaciuto ,… ”. Ed ancora il 12 Gennaio, sempre del 1729, “ si sono personalmente costituiti… Lionardo Marchetta di anni sessantatré, Pietro Santone di anni sessanta, Francesco Ricciuto di anni cinquantatré, Giovan Battista d’Orzo di anni cinquantacinque, Donato Franciosa di anni cinquanta, Francesco Corsetta di anni sessanta, ed Anna Cornacchione di anni cinquantanove,..., li quali spontaneamente hanno asserito… come, se bene in q.sta Terra sud.a vi sia il Trappeto dà macinar l’olive, e far oglio, mai li Cittadini, per la libertà, in che sempre hanno vissuti, hanno potuto esser forzati, è costretti andare a macinare le loro olive in d.o Trappeto ,… ”. A parte il cenno, assai importante, ad un precedente tentativo fatto già da Don Scipione Robustella di limitare la libertà “in moliendis olivis”, come erano andate esattamente le cose lo si apprende dalla “ Protestatio prò Unitate Terre li=Musanorum ” del 18 Gennaio, quando “ ad istanza, e richiesta fattaci dalla Mag.ca Università di d.a Terra , e per essa dalli suoi Mag.ci Sindico, ed eletti, Domenico del Gobbo Sindico, Francesco Gravino, Cosmo Minicuccio, Benedetto Pasciarella, Libero Amoroso, Donato del Gobbo, e Nicola Cipriano, persone del Governo della sud.a Unità ,…, ci siamo personalmente conferiti avanti di V.S. Mag.co Diego Longo Attuario della Corte Marchesale della d.a Terra , li quali Sindico ed eletti,…, dicono, come essendosi preteso dall’Affittatori del Trappeto di d.a Terra, Donato Marchetta, Giuseppe Russo, Domenico Russo e compagni, introdurre un Jus prohibendi à Cittadini, li quali sempre, et ab antiquo, fin oggi hanno vissuti in libertà, di poter andare à macinare le loro olive, ove li è piaciuto, ò di far l’oglio à pede nelle proprie case : fecero sin dalli primi di Novembre prossimo caduto, emanare un bando penale, proibendo con esso i Cittadini, di non servirsi più della solita libertà, costringendoli senza ragione ad andare forzosamente à macinare in d.o Trappeto, il q.le ogni Cittadino l’hà fuggito, e lo fugge, per ragione che l’olive, in esso, poco, anzi nulla si macinano, e pochissimo oglio se ne ricava, à ragione, che li d.i Affittatori si lasciano le d.e olive meze macinate, che chiamano la noccia, e poi la tornano a macinare per essi loro, e ne cavano tanto più oglio, che non ne cacciano i Cittadini nella prima molitura, et altro di danno, che se ne conosce ; al q.le bando si risentì l’Unità sud.a con sua istanza presentata in essa Corte alli otto di Novembre mille settecento ventotto, e lo rivocò, doppo di che, Luzio Fracasso Erario della Camera Marchesale pretese comparire in Reg.a Camera, et ivi esponere cose lontanissime dal vero, dalla quale ne ottenne provisioni, con cui si ordinò alla Corte di d.a Terra, che ritrovandosi l’Ill.mo Marchese nel possesso del Jus prohibendi, in tale caso avesse fatto mantenere il med.mo nel possesso; in pié delle quali provisioni, la Vostra Corte citò l’Unità protestante a vedere il giuramento de Testimoni dà esaminarsi sopra il tenore delle provisioni, chiamando per testimoni Domenico di Luca persona da campagna non saputa del fatto, Mercurio Covatta Inimico dell’Unità per la lite che passa con esso, Giovan Battista Granitto parziale della parte, e Silvestro Franciosa, cognato dell’Erario ; al che essendosi opposta l’Unità med.ma, dichiarò sospetti i Testimoni, e sospetta la Corte sud.a, con sua istanza presentata nella med.ma nello stesso giorno quattordici di Gennaro corrente mille settecento ventinove, nel qual giorno dà V.S., e Vostra Corte li furono fatte notificare d.e provisioni; ciò non ostante pure procedestino all’essame di d.i Testimoni, ributtando Silvestro Franciosa, il quale deponendo il vero, fu licenziato, et in sequela, con insanabili nullità, à precipizio, il giorno seguente, alli cinque (nota: ma dovrebbe essere il 15) del corrente Gennaro, mille settecento ventinove, senza voto di Consultore, senza far procedere di munizione, ò almeno citazione ad dicendum causam quare non dovessero i Cittadini essere

265 sottoposti ad un tale Jus prohibendi, che mai hanno patito; se li spiccica decreto, col quale si ordina, che l’eletti non turbino l’Ill.re Possessore dal possesso di d.o Jus prohibendi, in che mai è stato, togliendo à Cittadini quell’antica libertà, che sempre han goduto; sotto la pena di onze venticinque d’oro, del qual decreto l’Unità protestante, nello stesso giorno quindici Gennaro mille settecento ventinove ne propose la nullità per capita, à riserba dell’altre da proporsi in Reg.a Cam.a, ove reclamava, e rivocò con d.a istanza il nuovo bando ingiustamente fatto emanare, demandando parimente in esse gl’atti su tal cassa fabricati fin dal mese di Novembre Mille settecentoventotto; dopo di che essa Unità protestante alli sedici del corrente Gennaro, con sua istanza presentata ad essa Corte, domandò gl’atti tutti originali à percontare, e gli furono allora denegati, à caosa che correva giorno di festa, ed essendo tornati questa mattina diciotto del corrente in d.a Corte, e richiedendo a V.S. Sig.r affittuario, e Corte in solidum, detti atti tutti, gli sono stati all’in tutto denegati, sotto colore di haverne fatta la rimessa in Reg.a Cam.a, facendoli sentire di vantaggio, in presenza di Pietro Santone, e Cosmo Greco, ivi ritrovati à caso, di non aver inserito in d.o processo l’istanza della Protestante, presentata fin dalli otto di Novembre mille settecento ventotto, ne quelle presentate alli quattordici, e quindici, e sedeci del corrente, anzi ha preteso restituirli alli detti eletti protestanti, in pregiudizio delle ragioni dell’Unità, e suoi Cittadini; che però dicendo di nullità di tutti gl’atti dà voi fabricati, come allegati sospetti, cum iuramento, per li Testimoni invalidamente esaminati, e per l’altre nullità proposte in dette loro istanze, alle quali ineriscono, e per altre da proporsi in Reg.a Cam.a, come altresì, si protestano citra quos per non essersi inseriti in processo le rag.ni dell’Unità, del che dà hora ne fan ricorso, e reclamano à d.a Reg.a Cam.a, e si protestano di tutti danni, spese, ed interessi, patiti, et pathienti, et acciocché non possiate allegare scusa d’ignoranza, costituendovi in mala fede, dolo, ò lata culpa, his sumptis, ne lo notificano ”420 . Non poco sarebbe da dire sulla collusione tra il potere economico degli ‘ Affittatori ’ (e pure la Camera, o Corte, Marchesale si gestiva in ‘ affitto ’) e quello dei ‘ dipendenti ’ dall’ “ Utile Signore ”; sui ‘mezzi’ a disposizione dell’Università per difendersi dagli attacchi, quando non veri e propri soprusi, sferrati dal feudatario; e sulla considerazione che quest’ultimo teneva per l’organizzazione sociale ed economica dei suoi ‘ vassalli ’. Ma, se qui si facesse ciò, si correrebbe il rischio di andare fuori dal campo in cui si sta seminando. Registrato il tentativo (ed anche in questo caso veniva fatto dal ‘ figlio ’ del Mastro di Campo) anticipatore e premonitore di Don Scipione Robustella, è durante i primi anni del XVIII secolo che, dopo la parentesi di un venticinquennio circa di gestione più ‘illuminata’ e tranquilla da parte di Don Francesco prima e, poi, di Don Giuseppe Casimiro, con quel Don Domenico, che, terzo titolare del feudo, rappresenta la ‘ seconda ’ generazione della famiglia di Grazia, inizia a riacutizzarsi la virulenza dello scontro, in cui però da adesso il Marchese è da una parte sempre più solo e, dall’altra, il numero dei ‘ cives ’ si fa numeroso. E’ del 30 Agosto 1703 la “ Protestatio ” di circa cento cittadini (dei quali sono indicati tutti i nomi), che “ dichiarano, che mai da immemorabile tempo si è costumato, né usato, che il Mag.o Gub (ernator) .e debia intervenire ne’ consegli publici, ma solo il Mag.co 420 A proposito della moralità o, meglio, della scarsa moralità degli ‘ Affittatori ’ del Trappeto, va detto che Donato Marchetta, qualche anno prima, era stato ‘ carcerato ’. Da un atto del 7 Ottobre 1725 (Not. Amoroso) si sa di un “ processo formato da quella Corte de li=Musani per la caosa del furto del grano del Palazzo, si ritrova deposizione sopra la fuga di Donato Marchetta carcerato, a limatura di ferri, che quello teneva… Fù chiamato dal Mag.co Gov.re Gaetano li Partiti, dal quale li furono consegnati le chiavi della Cucina di d.o Palazzo, dove stava carcerato Donato Marchetta, e li ordinò, che fosse andato a vedere se d.o Donato si avesse cacciato li ferri, ed essendo andato… in d.a Cucina, et aperta quella colle sud.e chiavi,…, ivi entrarono, ed avendo osservato molto i ferri, che teneva alli piedi d.o Marchetta, ritrovarono, che se bene la zeppa di ferro andava meno della metà del palo di ferro, per essere d.a zeppa alquanto lasca, però d.a zeppa non poteva mai uscire di q.lla maniera che stava, ne conobbero, che fosse stata limata d.a zeppa, e visto tutto ciò se ne uscirono da d.a Cucina, con lasciare d.o Marchetta ivi dentro carcerato, e ferrato come prima,… ”.

266 Camerario dell’Ill.mo S.r M.se Padrone di d.a Terra , della qual cosa si protestano con tutti termini di dovere, et d’ogni danno, et interesse, che forsi per d.o fatto potesse sortire, non pregiudicandosi li loro Capitoli, e Privilegij, ma che il Sig.r Governatore esci da d.a Casa di d.a Mag.ca Unità acciò li Cittadini… per loro servizij, et utile del publico possono proponere tutto quello li sarà necessario à loro favore con l’intervento del p.tto Mag.co Camerario ”421 . Nella “ Replica di d.o Mag.co Governa.re ” egli “ dice, che non impediscie à publici Cittadini di ricorrere per la giustizia l’assiste à piedi di S.E., e suo Regio Collaterale Consiglio, che ivj portino le loro raggioni, e frà tanto fa istanza che in virtù dell’Ordine di S.E. P.ne, e suo R.o C.le Consiglio, che si debia mandare in esequuz.ne il d.o Ordine,…, che debiano fare nuova elettione, stante così è sua volontà,…, et a Contravenienti di loro si debiano confiscare tutti li loro beni secondo nelle pene incorse, e che si adnotino tutti li Cittadini intervenienti in d.o publico parlamento, et che ad uno, ad uno dichino, et dichiarano il lor parere, e se vogliano mandare in esequz.ne l’ordine predetto,…”. Qualcuno, forse per timore, tentò allora anche la via del compromesso, se è vero che “ intesa la protesta p.tta da tutti i Cittadini si è soggiunto unico actu dal Mag.co D.r Fisico Giacinto Corvinella , il quale è d’opinione, che per la quiete Universale di tutti i Cittadini, che in virtù dell’Ordine del Principe esibitosi, il quale ordina che si faccia nuova elettione delle persone del Governo di d.a Terra di Limusano à causa che il parlamento fatto alli Dieci Agosto presente Anno, Mille Settecento, e Tre per d.o effetto s’adnulla, à causa, che non vi ci fusse intervenuto il Mag.co S.r Go.re, Dico, come s.a ho detto, son d’opinione, Che li Mag.ci del Governo passato continuassero l’Officio per dieci, quindici, o venti giorni, et sino a tanto, che il publico porta le sue ragioni, Capitolazioni, antichità, et consuetudine, et quelle liquidarsi con quello giusto ordine, che sarà di giustizia ”. Ma, “ intesa la proposta da tutti Cittadini ”, questi imposero “ unica voce, et nemine discrepante, Che vogliono il Governo nuovo nuovamente eletto, come per il precisato Consiglio appare sotto la data delli dieci del presente mese d’agosto con osservarsi tutti loro Capitoli, et ogni altra Consuetudine antica, et non altrimenti, stante l’esposta fatta in Sacro Consiglio appresso di S.E. si è conosciuto evidente esser surrettizia per le cause notorie che d.i Citadini rappresenterando appresso Sua E.za ”. I cento è più ‘ cives ’ limosanesi si erano, dunque, resi conto che lo scontro stava per rivestirsi dei connotati della globalità e che, se volevano mantenere, almeno in parte, quei diritti e quei ‘privilegi ’, di cui avevano “ab antiquo” 422 sempre goduto, dovevano prepararsi a “ vertere lites ” ed anticipare, se possibile, le mosse del loro ‘Marchese’.

421 ASC, Fondo Protocolli Notarili, Notaio VENTRESCA Gregorio della piazza di Lucito. 422 Che Limosano abbia goduto di antichi diritti e questi abbia sempre reclamati lo prova il fatto che “nella seduta consiliare del 28 maggio 1636, il Comune di Benevento accoglieva la seguente istanza del sindaco e degli eletti di Limosani: ^ Ill.mo et Rev.mo Monsignor Vice-Governatore di Benevento et molto illustri et molto eccellenti Consoli et Consilieri di detta Città, l’Università et particulari della Terra delli Musani, umilmente fando intendere alle SS.VV. in questo pieno e spettabile Consiglio, come detta Università e successivamente li suoi cittadini sono da tempo immemorabile stati franchi et immuni nella città di Benevento da qualsiasi pagamento di datio, doghana et ogni altra imposizione ordinaria che pagano i forestieri, così come li medesimi cittadini et oriundi della città di Benevento et è noto a bona parte delle SS.VV. acciò che per l’avvenire non vi sia novazione alcuna et che dalli officiali doghanieri et altre persone non informate di tali privilegi et immunità, detta Università et suoi particulari non siano molestati, presentano davanti le SS.VV. le fedi di dette loro franchitie, le quali fando istantia si conservino con le altre scritture di detta Città ad futuram rei memoriam et supplicano anche le SS.VV. che senza alcun pregiuditio dei primi privilegi, decreti et scritture qualsiasi a favore di detta Università e particolarmente per detta causa, si degnano confirmare per decreto tutte le sopra dette franchitie, immunità et esentioni che altre volte le sono state concesse et confirmate et il tutto l’haverà a gratia ut Deus ^. Firmarono l’istanza ‘ Vincenzo da Lena ’ Sinico e ‘ Joseppe Lenguecitto ’ eletto; gli altri quattro eletti col solito segno di croce. Poi, ‘facto verbo, inter consiliarios’ sulla validità dei documenti esibiti, venne decretato che ‘dicta Terra Musanorum’ fosse esente e libera da ogni contributo fiscale” (v. BOZZA F., op. cit., pag. 177).

267 E’ quanto avvenne circa la pretesa “ se abbia l’Illustre Marchese jus proibitivo delli Forni , e se possa a’ Cittadini impedirne la costruzione di quelli per cuocere il pane per proprio uso, e delle di loro case, Famiglie, ed Operarj: e se la Università, che gode la Gabella sul pane, che si fa a vendere, possa aprir Forni per la Cottura di quello ”423 . Al riguardo “non abbiamo rastro di documento che prima del 1704 i Marchesi di Limosani avessero a’ loro Vassalli fatta la proibizione di tener nelle proprie Case i Forni”. Ed, anzi, “solo rilevasi che nell’anno 1704 comparve nel S.C. la Università di Limosani, e propose varj gravami. Nel primo disse il seguente: ^ Quia cogit, et compellit Cives, et Vassallos, ut accedano ad coquendum panem in suo Furno tantum eum et nullum competat jus prohibendi, et sit libertate dictorum Civium coquere ipsum panem ubi maluerint, sicuti a immemorabili dictam facultatem habuerunt, et postmodum dicti Barones vi, et metu praedictam libertatem adimere quaesiverunt, prohibenda ne alia Furna construerentur… ^, e speditasi la controsupplicata fu notificato al Procuratore dell’Illustre Marchese, il quale oppose varie eccezioni, e particolarmente oppose di non potere gli Amministratori dell’Università intentare tal lite…”. Il solo anticiparlo, evidentemente, non bastò. Tanto è vero che “nell’anno 1708 comparve nell’istesso S.C. il Marchese di Limosani, e con sua istanza disse, di ritrovarsi nel legittimo possesso del jus proibitivo delli Forni, dimandò che niente si fusse innovato, e che pretendendo qualche cosa la Università l’avesse formalmente dedotto nel S.C.”; ma senza “che niun atto proibitivo dal Marchese di Limosani si dimostra, che ha preceduto alla lite introdotta”; ed, inoltre, gli atti proposti non erano “valevoli a dimostrare l’acquiescenza de’ Vassalli col lasso del tempo di 30 anni”. Di nuovo “nell’anno 1728 comparve nella R. Camera il Marchese di Limosani, disse che tra i corpi feudali possedeva il jus prohibendi i Forni, ed i Trappeti ad uso di macinar olive, che i Cittadini volevano interrompergli quel possesso, quando con bandi penali aveva proibito a’ Cittadini di macinar l’olive in altri Trappeti, che alli suoi… Si spedirono le provvisioni colla clausola verum habens , le quali furono presentate alla stessa Corte di Limosani a’ 15 Gennaro 1729, notificate agli Eletti di quel tempo. La quale Corte nell’istesso giorno esaminò tre Testimonj Cittadini (nota: della vicenda già si è riferito), i quali deposero il possesso del jus proibitivo del Forno, e del Trappeto. In vista delle quali deposizioni la Corte locale pubblicò li bandi, acciò nessuno Cittadino andasse a macinar le Olive in altri Trappeti dell’estere Terre”. Ma “non ostante questo bando, e non ostante questo preteso jus proibitivo nell’anno 1754 il S.C…., a ricorso dell’Università di Limosani esimé da questo preteso jus prohibendi delli Trappeti l’uso proprio delli Cittadini, ed ordinò che fosse lecito a’ medesimi di servirsi di lor ragione,… Ma se il bando, che parlò della sola proibizione di portare l’olive a triturarle negli esteri Trappeti, parlato ancor avesse del jus proibitivo delli Forni; Come il bando apparisce pubblicato nel 1729. Così i trenta anni a die prohibitionis per tirarne l’acquiescenza de’ Vassalli, non sarebbero elassi, perché a’ 14 Giugno 1749 s’istituì dalla Università di Limosani il giudizio nel S.C. per lo permesso di tener i Forni nelle proprie Case, non ostante il vantato jus proibitivo ”. In quest’ultima occasione il Barone fece ricorso anche all’inquinamento delle prove, così che “a’ 25 Giugno 1749 (nota: erano trascorsi appena undici giorni dall’azione della Università) comparvero nella Regia Camera alcuni pochi Cittadini ( promossi, ed istigati dall’istesso

Tali ‘privilegi’, che “i Limosanesi, come originari, godevano in Benevento” (SARNELLI P., op. cit., pag. 224), e probabilmente anche altri ‘diritti’ risultavano “per l’insegnia et iscrittioni che stanno sopra la porta del Borgo di essa città” (CIARLANTI G.V., op. cit., pag. 222). 423 ALLEGAZIONE FORENSE, Per la Università di Limosani contro dell’Illustre Marchese utile Padrone di detta Terra, Napoli 20 Marzo 1760; in Biblioteca Provinciale di Campobasso al n. 2339. Il documento, utile per la ricostruzione della vicenda, contiene anche notizie sulla storia della titolarità del feudo. Come sempre, se ne omette il facile ricorso alla citazione.

268 Signor Marchese ), i quali lagnandosi della gabella chiamata della panatica , che la Università esige dalli Venditori del pane, credendo, che detta Gabella si fosse imposta senza regio assenso, e nell’istanza dissero che non erano tenuti ad altro jus proibitivo, se non di portar ad infornar il pane nelli forni feudali, senza esser permesso di tenere, o edificare forni, siccome ab immemorabili si era praticato… In vista della quale istanza furono spedite provvisioni, che si dovessero monire le Parti, e frattanto essendo vero, che la detta gabella si sia imposta senza regio assenso, si dovesse far quella dimettere”. Ed anche se “i Testimoni che si esaminarono non avevano la necessità di deponere del jus prohibendi vantato dal Marchese di Limosani, questi perché erano Cittadini, e Vassalli del Marchese, deposero secondo il medesimo aver già premeditato, per eludere il giudizio istituito nel S.C. giorni 15 prima di proponersi il giudizio nella Regia Camera”. E, siccome “che questa gabella non si è tolta, né più quel promosso giudizio si è proseguito”, risultava evidente, in quel frangente, che “premeva solo al Marchese di far conoscere di essere in questo possesso”. Ma, nonostante “il S.R.C. a 11 Agosto 1750 ordinò, quod facta declaratione in publico parlamento, et per segreta suffragia, an Universitas velit, nec ne litem prosegui cum Illustri Marchione dictae Universitatis, providebitur, et committatur Regiae Audientiae, quod destinet unum ex Regiis Auditoribus pro parlamento praedicto… ”, era chiaro che “un tal decreto fu proferito ad oggetto che dall’Illustre Marchese fu opposto, che non potevano gli Amministratori della Università proseguire la lite intentata, senza far precedere il publico parlamento”. Trattavasi, perciò, di un vantaggio appena illusorio poiché la reale situazione era che “dopo varj atti seguì il parlamento al 1 Novembre 1752 col quale con pienezza di voti di 151 Cittadini fu stabilito il proseguimento di detta lite, e sette soli Cittadini furono di sentimento di non doversi la detta lite proseguire”. E neppure della ‘informazione’ “ del 1758 , avvenuta in occasione della verificazione del solito, se nella Taverna del Marchese si poteva vender pane”, quando, ancora una volta, “egli fè deponere da’ suoi Vassalli di possedere il corpo feudale delli Forni col jus prohibendi ”, in quanto “una informazione presa a stenti, ed in frode del giudizio promosso nel S.C. non deve fare specie alcuna, perche è in tempo che il processo era istrutto per proponersi la causa”. Risolta nel 1754 la ‘lite’ sulla “ libertate in moliendis oliviis ” a proprio favore, le vicende di quella sullo jus proibitivo di costruire i forni si protrassero ancora per alcuni decenni. Era, difatti, essa ancora in piedi il “23 9bre 1788”, quando, “convocatosi publico parlamento”, per 2° argomento doveva discutersi “come pure essendosi dal Sig.r Marchese con provisione del S.R.C. ordinato a Cittadini, che dovessero cuocere il pane nel forno della Camera Marchesale, e non nelli forni che i Cittadini si anno fatto per di loro uso, e comodo, dopo che questa Unità per tale lite avesse disperse più migliara, et oggi per una connivenza delli passati Governanti si vedano i dritti dell’Unità, e Cittadini lesi; per ciò sta bene la lite, che quasi stà a buono termine si prosiegua per rendersi una volta per sempre se competa ò nò a Cittadini di questa Unità il dritto di tenere i forni”. E nel “publico parlamento” del 30 Maggio 1791 al “3° punto” è ancora riproposta la materia della discussione nei seguenti termini: “crediamo anche bene per vantaggio di questa Unità proporre nuovamente alle Sigg.e loro per la conveniente risoluzione, la transazione proposta altra volta trà questa Nostra Unità, e dell’Ill.re Possessore di essa il Sig.r Marchese D. Nicola di Grazia, il quale come sapete, è pronto di cedere intieramente qualunque dritto egli possa avere sopra i Forni, la fabbrica de’ forni medesimi a disposizione, ed in proprietà di questo Publico. Contendandosi egli di avere annualmente in denaro ò in grano una annuale contribuzione in compensa della sua cessione: il perche dicendo di formarsene Istrumento; e si vorrebbe sapere dalle Sig.rie loro qual summa siate pronto a dare, o qual quantità di grano si penza annualmente di dare, dicano ogn’uno il loro sentimento, come meglio pareranno”. E “su d.a proposta è stata ben intesa da tutti i Cittadini congregati ed in unica voce, et nemine descripante hanno riferito, che nel parlamento passato

269 si disse che si fosse formato il piano della pretenzione dal sud.o Sig.e Marchese, come che hora non si e presentato detto piano, niente si è conchiuso lo detto Parlamento del sud.o Terzo punto” 424 . Si trattava, però, di una concessione dopo che “i tre mentuati luoghi Bosco Fiorano, Cese, una col Casale, sono stati ricomprati da Cittadini assoluti per mezzo delle imposizioni sofferte per formare il pieno di ducati quattro mila cinquecento cinquanta oltre delle spese erogate per il corso di anni 30 per mantenere la lite con l’utile Padrone: tale ricompra fu fatta nell’anno 1778. Dopo tale ricompra de luoghi suddetti sono venuti ad abitare in questa Terra diversi Forestieri” 425 . E la si faceva con l’obbiettivo di ottenere l’appoggio del proprio “utile Padrone” nella ‘lite’ contro il Barone di S. Angelo, che, per parte sua, reclamava la divisione ed il distacco della sua quarta parte del feudo di Cascapera 426 . Cosa, che, nonostante tutti gli sforzi, nel 1796, dal de Attellis si ottenne. Per la conoscenza del patrimonio della “ Camera Marchesale di questa Terra olim Città de Limusani ” si riportano le risultanze del più volte citato ‘Catasto Onciario ’427 . 424 ASCL, Libro de’ Publici Parlamenti dell’Università di questa Terra di Limosano principiato a dì 22 Giug: 1783, B. 3, f. 3. 425 BOZZA F., op. cit., pag. 226. 426 BOZZA F., op. cit., pag. 249 e seg. 427 ASCL, B. 1, f. 1. Pur se fatto con grafia di difficile interpretazione, si trascrive per la conoscenza delle cose di quel periodo, da uno 'stralcio' del 1670, che " Nell' apprezzo della Terra di Limusani fatto da Dionisio di Bartolomeo ( eletto per d.a Regia Camera sotto li 10 di Luglio 1613 ) fra l'altre è Nota dell'Intrate feudali, che il Barone riceve dalla d.a Terra ", e sono: - In primis dalla d.a Terra riceve ducati Settanta l'anno li quali si pagano per la Colta di S. Maria, per la Zecca, e portulania, e per la Cassa dell'Erario, e per una pena incorsa per havere alli Tempi passati dato ricetto al Forascito Angelillo. - La Mastrod'attia, quale quest'anno si è venduta insieme con il trappeto dell'oglio, ducati 60 , prima era solito vendersi separata, e si vendeva ducati 90. - La bagliva si è venduta ducati 30 , prima si vendeva ducati 60. - La Taverna, e Chianca con due pezzi di Vignali venduti ducati 35 , e prima si vendevano ducati 50. - Li proventi, che prima rendevano ducati 50 , al presente rendono poco, ò vero niente. - Allo fonte S.ta Maria vi è una Vigna , la quale per l'Assenza del Barone si vende la vendemia ogn'anno, e quando si è venduta venti, e quando 15 ducati; quest'anno si è venduto ducati 8; per coltivare d.a vigna vi è spesa di ducati 4 Inc.a, e si paga di censo ducati 2 alla Chiesa di S.ta M.a Magg.re. - Le rendite di censi per lo solo tenimento di certi Casalini, e territorij, e Vigne d'oliveti, li quali rendono in tutto ducati 6 e tt.a 10 di certo apprezzo per la difesa, e territorio di Cascapera ; l'entrate di essi se divide in tre parti, la metà è della Terra delli Mosani , l'altra mettà spetta mezzo al Barone d'essa, l'altra mettà al Barone di S. Angelo, questa quarta parte del Barone de limosano e feudale, e haverà reso quest'anno tt.i venti. - Vi sono molti pezzi di territorij seminatorij, quali stanno in diversi luoghi, quali quest'anno hanno reso tt.a 30 frà orgio, e grano ; tutte queste Intrade soprad.e sono feudali, le quali il Barone riceve dalla soprad.a Terra de limosani. E' nota dell'Intrate burgensatiche delli Territorij, e defese, che il Barone Sadeolis comprò dalla Terra di Limusano con patto de retrovendendo per prezzo di ducati 4350, come appare cautela stipulata per Notar Gio:Vincenzo Cavaliero . I quali sono queste: La mettà della Difesa di cascapera, ch'e soprannominata li Boschi delli Monti, la difesa di Cesa, e della foresta, e della Sala ; Territorij tutti bene per seminar vittovaglie, e pascolo d'animali, e li Boschi per esca di Porchi, e per taglio di legname morto; con tutto che questi beni sieno così buoni, quest'anno vi è seminato poco, ò niente; la causa di questo è, che tanti altri Cittadini sono soliti tenere una quantità d'Animali, che bisognano per coltivare detti Territorij, e per consumare li pascoli, come sono bovi per arare la terra, vacche per fave, e pecore, e capre per sonsumare li pascoli, e porci per esca delli boschi; A ora per non vi essere il Barone, e li Cittadini di d.a Terra sono poveri, non vi è chi possa fare la compra di questi animali, e questa e la causa, che la povera Terra non rende le gabelle, ne li pascoli; e detti non rendono l'Intrade, e sim.le la Bagliva, et ogni cosa và mancando, e diminuendo la Terra e li Vassalli ne andrà male in peggio, e questo è quanto dell'entrade burgensatiche . Et seguita con l'infratti Corpi d'entrade: La Giurisdizione de prime, e seconde cause civili, criminali e miste, Item anno ducati sessanta, quali si pagano ogni anno per l'Unità per la Colta di S. Maria, Zecca, e Portulania, et altro; Item il Jus Scannagij, seù rotolaggio; Item la Mastrod'attia; Item il Trappeto; Item la bagliva; Item due forna; Item la taverna, e

270 “L’Ecc.a del Sig.r Marchese Sig.r D. Franc.o di Grazia, utile Padrone d’essa, habitante in Napoli, come Cittadino di q.lla Capitale, Possiede in questa sud.a Terra olim Città de Limusani l’infratti beni allodiali, e Feudali, come in appresso si descrivono, e rivelati dal suo Mag.co Erario, come dalla sua rivela, discussa nell’atto della discussione, alla quale stà tralasciata. Le preventive sue proteste sono. Non di meno costretto a dovere fare d.a rivela, ed essere inteso io sotto in d.o apprezzo, e discussione in ossequio di d.i Regali ordini,…, non con animo di pregiudicare punto alle rag.ni di dett’Immunità di titoli, decreti,, privilegij, e natura feudale, che appartengono ad esso Ill.re Sig.r Marchese, per qualsisia titolo, e causa, e speditamente, come Privilegiato Napoletano, Padre Onusto, e con espressa riserba delle rag.ni, e privilegij sud.i d’avvalersene, e giovarsene così nel petitorio, come nel possessorio, anche sommarissimo nella Liquidaz.ne dell’onciario, e tassa dà farsi come sopra, e non altrimenti, ne d’altro muodo rivela possedere d.o Ill.re Sig.r Marchese nel Territorio, e tenimento di questa sua Terra di Limusano l’infratti beni, ciò è: - Il Bosco Fiorano (nota: a margine è indicato “ Si è protestata l’Unità come dal suo foglio, s’acclude ”), seù li Monti di tt.a mille in circa , che confina col Feudo di Ferrara , con li beni de Minori Conventuali di S. Franc.o di questa Terra, li Territorij di S. Angelo ed altri Territorij Padronali di questa Terra, vie publiche, ed altri confini, che contiene molta parte del suo Territorio senza alberi, e non atto à semina, per essere valli, e colli infruttiferi, ed inculti, trà fertile in fertile di Ghiande, fida di Erbaggi, e fida à legne morte, levatane la spesa de Guardiani, che devono di continuo giorno, e notte custodirlo, per evitare da danni de tagli di alberi fruttiferi di Ghiande, vigilare che non entrino à pascolare animali non fidati… - La Difesa della Sala (nota: a margine è indicato “ Si è protestata l’Unità come dal suo foglio, s’acclude ”), seù Casale di tt.a mille, e cinquecento incirca di territorio senza alberi, parte lavorandino per seminarsi, e parte per erbaggi, confina con Territorio di S. Angelo, con Fossaceca, lo fiume biferno , ed altri,… - La Difesa delle Cese (nota: a margine è indicato “ Si è protestata l’Unità come dal suo foglio, che s’acclude ”) di tt.a duecento sessanta in circa sterparo quasi tutto, per non essere il Territorio atto à semine, serve per erbaggio, confina colla via publica dà due lati , con li beni dell’Arcipretura di S. Maria Mag.re di questa Terra, vallone corrente , ed altri,… - Lo Territorio à Colle Sant’Antuono di tt.a tre in circa ,… - Lo Territorio alle Coste della Selva di tt.a otto in circa ,… - Lo Territorio à Colle della noce di tt.a quindeci (nota: a margine è indicato “ Dicono essere tt.a dieciotto ”) in circa ,… - Lo Territorio al Colle della Corte alias Taverna di tt.a dieci, in circa ,… - Lo Territorio alla Piana delli Spinilli di tt.a dodici in circa ,… - L’Ischia Majura, seù piana della Grotta di tt.a dieci in circa ,… chianche, con due pezzi di Vignale; Item alcuni censi proprij; Item la parte della Difessa, e Territorio di Cascapera; Item molti pezzi di Territorij siti in diversi luochi convicini di d.a Terra, e li sottoscritti altri Corpi d'Entrade burgensatiche comprati per detto q.m Gio:Batta in tempo viveva dall'Unità di d.a Terra; In primis la mettà della difesa del d.o territorio di Cascapera, Item li boschi delli Monti, e le difese di Cesa, della foresta, e della Sala, e si dichiarò, che per l'espressione delli sudetti Corpi particolari non si fusse fatto pagamento a qualsisiano altri beni, et Intrade, Corpi, giurisdizioni, e come che per il sud.o Regio Tribunale furono venduti in genere con detta Terra, et anche con tutti l'altri beni, Corpi, Intrade, e Giurisdizioni tutte burgensatiche, come feudali descritti, et annotati nell'infratto apprezzo fatto di detta Terra per il q.m Dionisio Di Bartolomeo… De più in d.a Terra il Barone have uno Censo enfiteutico detto il Censo dell'animali, che sono ducati novanta sette, che si ricevono dà 45 particolari debitori, delli quali doi ne sono morti, che pagavano docati sette, e questi sono persi in tutto, quali restano docati 90, che si esigono dà 43 debitori, ò vero Censuali. Tutte queste entrade ho ritrovato…".

271 Delle due Difese della Sala, seù Casale, e Cese, e delli restanti pezzi de Territorij descritti, non si può portare di ciascuno d’essi la rendita particolare, poiche essendo parte di seminatori, e parte inculti, che servono solo per erbaggi, il frutto si ricava inconfuso, ed ingenerale del Teratico, che s’esigge, dà quelli, che ci seminano à rag.ne di tt.a uno, per ogni tumula dieci di grano, ed altre vettovaglie, e biade, che si raccogliono, ed il frutto si ricava dall’erba di d.e due Difese, si esigge non per ragione di Territorio particolare, che si affittassero, e vendessero le sue erbe, mà ingenerale si fidano gl’animali à tanto per cento, restano à libertà de Fidatarij di pascolare in esse due Difese, mentre l’herba degli altri sud.i Territorij, non si vende, per essere demaniali, ma solo sop.a d.i pezzi di Territorij si ricava il sud.o Terratico. - Il Territorio à S. Janno di tt.a cinque in circa ,… - Il Territorio del Palazzo sotto la vigna Marchesale, di tt.a trè in circa ,… - La Stalla alla porta del Borgo , e la Torre del Baglio , dedotte le spese, per riparo del Tetto, trà imbrici, e Mastria, quando s’affittano,… - Le Grotti sotto le ripe del Palazzo … - Il Palazzo Marchesale non rende cosa alcuna, anzi porta molto dispendio, per l’accomodazione, e ripari annui, che richiede. - Una Nevera, alias Fossa murata per uso di nevera attaccata alle mura di S. Franc.o de minori conventuali, vicino la strada che si dice della Croce Vecchia, di questa non se ne fà uso, si per avere sempre abitato, e per abitare il Sig.r Marchese in Napoli sua Padria, come per non essere fornita di Travi, e Tetto, con che non se ne ricava cosa alcuna. - La vigna Marchesale di trantali dieciotto , non solo non porta alcuna rendita, mà porta di spesa accidente quel poco di vino, che si ricava, il quale si dà in conto delle fatiche all’Uomini, e Donne, nel tempo, che si coltiva d.a Vigna,… - Per cenzi redimibili dà diversi Cittadini annui docati trentuno, grana quarantaquattro, e cavalli quattro ,… - Dall’Unità di questa Terra annui redimibili docati trenta ,… - Pesi - - Deducendosi il Patrimonio dell’Ill.re Sig.r D. Antonio di Grazia F.llo utrinque del d.o Ill.re Sig.r Marchese , il quale Sig.r D. Antonio si è ordinato Sacerdote dall’Arcivescovo di Benevento, alla di cui Diocesi questa Terra appartiene, come primo Cittadino, qual Patrimonio, che si trova assegnato, e situato sopra questa Terra importa annui ducati quaranta,… - Allo Scirvano, e Razionale della Camera, per lo registro, e conti docati dieci ,… - Carta per d.i Conti, Lettere, libri d’esigenza, ed altri bisogni della Camera carlini vinti ,… - Oglio per affare della med.ma carlini quindeci ,… - Al Camerlengo che và ogni Lunedi in Campobasso à portare lettere al Procaccio, e pigliare quelle che vengono, e per li servizij, che fa al Palazzo, pane un rotolo al giorno à grana due il rotolo, annui ducati sette, e grana trentadue ,… - Al med.mo Camerlengo vino una Carafa il giorno, à tornesi trè la Carrafa annui ducati cinque, e grana quarantanove ,… - Al med.mo Camerlengo una canna di legno annui carlini dodeci ,… - Al med.mo Camerlengo un pajo di scarpe annui carlini dieci ,… - Al med.mo Camerlengo carrafe sei d’oglio à grana quindeci la carrafa, annui carlini nove ,… - Al med.mo Camerlengo, un letto per uso di d.o, che stanzia al Palazzo per la cura d’esso annui ducati dodeci ,… - Per lettere al Procaccio annui carlini venti ,…

272 Resta il frutto de beni allodiali, che annui riceve il d.o Ill.re Mio Sig.r Principale, indi. - Beni Feudali, con Giurisdizione - - La Mastrod’attia , la quale stà in demanio, per non esservi chi l’affitta. - La Bagliva delli danni dati . - La Zecca, e Portulania, e Colletta di S. Maria concordata ab antiquo, con l’Unità, la q.le per d.a concordazione, ne corrisponde ogn’anno alla Cam.a Marchesale docati sessanta. - Beni Feudali senza Giurisdizione - - Piazza, e Trappeto , qual trappeto ogn’anno vuole molta spesa di vite, strofine, delfino, chianconi, accomodi di Lettere, tetto, ed altro, oltre il canone di carlini due l’anno alla Chiesa di S. Maria Mag.re. - La Taverna, scannaggio , la quale Taverna ricerca molti ripari di fabbrica, imbrici per lo tetto, che in ciascun anno devono comprarsi per li venti impetuosi, che li trasportano, e fracassano li legnami, che s’infracidano per le piogge, e nevi, e Mastria. - Le due forna , queste ricercano anche le spese di fabbriche, ed accomodazioni, che ogn’anno si ricercano ne tetti, nelle mura, e nel forno stesso, che consumato dal fuoco, ricercano anno per anno riparo, nella lamia, nel suolo, di nuovi mattoni, lisce morte, calce, Mastria, pale consumate dal fuoco, ed altro bisogno per il mantenimento delle proprie cose de forni, e forni sud.i, essendo due situati in due quartieri divisi, Tavole d’Abete per trasportare il pane, che si fanno venire dà paesi lontani, non essendovene in questa Terra, duplicate persone per trasporto di legne, con vitture per cuocere il pane, orzo per d.e Vitture, ed altro, che occorre. - La Pesca del Fiume - La quarta parte dell’affitto della Difesa di Cascapera (nota: risulta annotato al margine “Si è protestata l’Unità, come dal suo foglio s’acclude, onde si rimette alla Reg.a Cam.a per la sua discussione ”). - Sopporta d.o mio Principale pur anche i seguenti pesi - - Per adua alla Reg.a Corte in trè terzi à dieci Gennaio, à diece Maggio, à dieci Settembre, in unum carlini trentaquattro, e grana cinque,… - Al Mag.co Governatore, per provisione, letto, et vettuagli docati quaranta ,… - Allo Scrivano della Corte, per sua provisione, oglio, e carta , docati quattordeci ,… - Alla Ven.le Chiesa di S. Maria Mag.re per canone allo trappeto , carlini due,… - Al Ven.le Convento di S. Franc.o per fitto della Pagliarola, per uso della Taverna , carlini quindici,… E ciò oltre il donativo per rag.ne di fascia e dono gratuito fatto dalla Fedelissima Città Baronaggio, e Regno à S.M., che Dio guardi, come ordine Regio notificatomi per il Corriere del Sig.r Percettore Sinibaldi di questa Provincia à due del Mese di Maggio di questo corrente anno 1741 ”.

273 CAPITOLO 7°

LA ‘ UNIVERSITAS CIVIUM ’

274 275 LIMOSANO: l’antico centro storico ovvero la “ Terra ”

276 7.1 - I rapporti con le Terre confinanti e con l’esterno

La più fedele ricostruzione della condizione, riferibile al XIII secolo e che, lo si vedrà, di certo partiva da molto lontano, della “ Terra ” di Limosano evidenzia, non solo che essa è una “bona terra est melior totae provinciae excepto bojano ”, ma, soprattutto, che di una tale condizione di preminenza “ a maiore parte hominum dicitur et tenetur ”. Se non il primo, almeno uno dei motivi è che “ terra ipsa reputari debet insignis

277 per eo quia habet multos homines sapientes literatos, videlicet logistas, doctoralistas, medicos, gramaticos, peritos in Jure, notarios, judices et artistas et alios probos et divotes homines ”. Quanto, poi, alla consistenza del numero degli abitanti, la stima più attendibile pare essere del Notaio Leonardo, limosanese, il quale, desumendo i dati da un “ quadernum Collecte ”, riferisce di “ focularia nongenta ”, di “ quatuor milia ” persone e di uno scontro armato contro gli “ homines montis agani ”, cui partecipano “ mille quingenti homines armigeri de terra ipsa (= Limosano)”. La testimonianza, infine, del “ presbiter primianus de sancto angelo de limosano ”, riportando che gli abitanti delle ‘terre’ circonvicine che vogliono “aliquid emere aut vendere accedunt ad terram ipsam et ibi inveniunt quod querunt ”, permette di individuare in essa un centro, notevole oltre che per la cultura, assai vivace dal punto di vista commerciale ed economico 428 . Una tale situazione di floridezza, eccezionale e, ad un tempo, sorprendente (ma che mai può essere spiegato solo con una congiuntura episodica e momentanea) specie se riferita al solo periodo di transizione, confuso ed oscuro, come quello svevo, per la cui ricostruzione i documenti sembrano essere assai carenti, creava non pochi problemi. Per quello relativo all’approvvigionamento idrico “homines et mulieres eunt ad dictum fluvium (= Biferno) ad auriendam aquam per eo quod nullus putheus aut fons est in terra ipsa aut in territorio suo exceptas duas fontes aut unam aque amare seu salite existentes in pede Tufi dicti loci ”. Una tale soluzione, di certo non definitiva, poteva bastare? Siccome “ in territorio dicti castri non sunt ligna sufficentia per usu hominum dicte terre ”, per provvedersene “ homines dicte terre eunt ad territorium cascapere, sancti angeli, ferrarij, ad silvas montisagani, Triventi, petrelle”, così che “ homines limosani ”, insieme agli animali stessi, venivano “ capti per eo quod ducebant animalia in silvis seù territorio Triventi et petrelle ”. Poteva essere sufficiente una soluzione tanto provvisoria? E potevano bastare, per risolvere il problema alimentare di una “moltitudine copiosa” di abitanti, solo i “ plures homines ducentes somarios oneratos frumento et ordeo ”, che “ in uno die ” arrivavano, provenienti dalla ‘ civitas ’ di Ferentino, “ ad ipsam terram limosani ”? Il riferimento a decisioni, riguardanti la richiesta ed il proseguimento del “ negotium unionis ” della diocesi “Musanense” con quella di Ferentino (nell’alta Capitanata e sul medio Fortore), prese “ in parlamento facto in ecclesia Sancte marie ” (la giurisdizione ecclesiastica, forse, dipendeva dal fatto che il problema era di natura religiosa) al tempo e “ pro parte populi Tristayni ”, il quale fu “ Limessani castri dominus ” nell’ultimo trentennio del secolo XI, sicuramente prova la lunga durata (da allora, almeno, e sino al primo decennio del ‘300, quando, rispetto a Campobasso che paga solo “ unc. I ”, pari a 30 tareni, il clero limosanese pagava di ‘ rationes decimarum ecclesiae ’ ancora “ unc. III tar. XXIIII ”, pari a 114 tareni) della condizione di “ terra insignis ” per Limosano, che “ est de Justitiariatus Terrelaboris et Comitatus Molisii ” e dove “ Justitiarios Terrelaboris exercent Jurisditionem eorum in dicto castro ”. E quel “ parlamento ” dimostra ancor di più l’esistenza, già istituzionalizzata e nel lungo periodo, di tale forma di democrazia diretta e partecipata, che, in modo autonomo rispetto al ‘ dominus ’, amministra gli affari degli “ homines ” di una “ Terra ”. Tanto che una delle motivazioni, che poteva del tutto invalidare o, nel caso di una ‘ lite ’ con le altre istituzioni tanto pubbliche che private, portare a decisioni sfavorevoli, era la omessa discussione del relativo argomento nel ‘ publico parlamento ’. In un regime di democrazia ‘vera’, una tale pubblica assise rappresentava, perciò, il momento della mediazione degli interessi nel quale si impartivano le linee guida, dentro le quali, per il bene di tutti, doveva muoversi l’operato dei “ Sindici, et eletti ad gubernum et regimentum Universitatis ”, il cui incarico era annuale e che, per risolvere il problema della continuità dell’azione

428 ARCH. SEGRETO VATICANO, Fondo Avignonese, Collect. t. 61, Benevent(anae) Civit.is & Ducatus Varia 1132-1312.

278 amministrativa, venivano, al momento della elezione che si faceva intorno al 10 Agosto, scelti in una rosa di nomi proposta dagli uscenti. Non è da escludere che il “ congregarsi publico parlamento dei Cittadini chiamati casa per casa dal Giurato della Corte ” abbia tratto origine, seguendo il percorso che aveva determinato il formarsi degli stessi insediamenti dalla loro crisi, dalla organizzazione delle istituzioni monastiche La geografia dei centri abitati di quel lungo periodo, assai più complessa, perché fatta di numerosi villaggi pur se di ridotta dimensione, di quella, più a maglia larga, che si venne formando dalla seconda metà del XV secolo e che uscì fuori dalla ricostruzione seguita al “terremotus magnus ” del 1456, mostra una “ Terra limosani ”, la quale “ habet proprium territorium quod ab illo latere unde plus extenditur non extenditur ultra unum miliare ”. Ai margini di tale ‘territorio’, di molto limitato ma che pure doveva produrre tanto da soddisfare i bisogni di “ quatuor milia ” individui, sono da collocare il ‘ Casale ’ di Ferrara (confinante con l’agro di Limosano, quello di Lucito e con il fiume Biferno), il ‘ Casale ’ di Cascapera (racchiuso nei ‘territori’ di Limosano, di Lucito, di Trivento, o, più precisamente, di ‘ Rocca del Vescovo ’, e di S. Angelo), il ‘ Casale ’ di Castelluccio di Limosano (delimitato dalle ‘Terre ’ di Limosano e, più prossima ad essa, di Fossaceca) ed il ‘ Casale ’ di Sala , del quale i confini sono stati già descritti altrove. Quasi per più riempirlo ed ancora con il modo di essere ‘vicatim’ dei Sanniti, sparsi sul territorio di Limosano (che, rispetto alle altre ‘Terre’, doveva risultare di scarsa boscosità e poco cespuglioso), ci si poteva imbattere in alcuni gruppi con meno di dieci abitazioni; di essi, però, se non dello Spiracolo e di quelli, come “ Colle de le Càsere ” da collegare alla “ Ecclesia S. Martini ”, legati alle strutture monastiche non restano tracce e, nella più parte dei casi, neppure il nome. Tra i primi problemi da risolvere, che si presentarono alla “ Universitas Civium Terre limosani ”, probabilmente dovette essere quello, legato al venir meno del ruolo economico svolto durante l’alto medioevo dalle abbazie e dai cenobi e, con esso, alla scomparsa degli agglomerati curtensi, della confinazione e della terminazione con le ‘ Terre ’ convicine. La ‘nuova’ situazione geografica degli insediamenti, che, col venir meno delle piccole entità, sta formandosi, impose alle ‘ Terre ’ più grandi che si organizzavano, “ congregatosi publico parlamento per il Sindico pro presente anno, et con l’assistenza dell’attuali Governanti , presenza delli Cittadini chiamati casa per casa, quali adunati hanno fatto conforme fanno publico parlamento… per l’utile e vantaggio di questo publico ”, di determinare i confini del rispettivo ‘territorio’. Non è difficile immaginare che la definizione, documentata, di questi, che si avrà nel periodo tra il XVI ed il XVIII secolo, ricalcherà quelli fissati allora. Dalla “ fides publica ” del 23 Giugno 1712, con la quale “ si è personalmente costituito Giovanni Battista Amoroso…, il quale, à richiesta del Mag.co Antonio Busso Erario dell’Ill.mo Sig.r Marchese della detta Terra de’ Limosani, Domni Dominici dè Gratia, ave asserito qualm.te sa gli termini dividentino gli Territori di detta Terra di Limosano dà quelli della Terra di Fossaceca ”, sappiamo che il confine tra le due “ Terre ” limitrofe “ principia dà un termine di pietra fissa, seu Morgia al Grattavone delle macchie di Sant’Angelo , chiamato Collevaccaro , et Peschio corvo , et dà quello và ad un’altro termine anco di pietra, detto lo termine di Peschio Corvo , et dà là se ne tira ad un altro termine vicino la via, che và alla detta Terra di Fossaceca, et dà quello và ad un’altro termine à Fonte Vitelli , et dà Fontevitelli alla Morgia del Gesso , et dalla Morgia del Gesso all’ homo morto , confinante con selva di Bruscia , et dà selva di Bruscia và al termine del carpeno , et dal Carpeno al Lago Madalena , et dal Laco Maddalena all’altro termine sotto lo Lago Maddalena , et dal detto termine sotto detto lago Maddalena alla cornice del muro del Molino di Fossaceca alla parte di dietro di detto Molino , tutti termini di pietra.

279 Più ave asserito, che nelli sudetti Termini di Peschio Corvo, et Collevaccaro, dà cinquant’anni à questa parte à Richiesta di Don Leonardo… in quel tempo Arciprete della Terra delli Casali , et compassatore, seù Agrimensore concordemente eletto sì dall’huomini del Governo della Terra di San’Angelo, come dall’huomini del Governo di quel tempo della Terra di Fossaceca, et quelli del Governo di quel tempo della Terra de’ Limosani, per farne riconoscere et osservare gli sudetti termini,… furono da esso asserente, richiesto come sopra, fatte lettere con scalpello, et puntillo ne lati et fianchi di detti Termini di pietra, cioè dalla parte di Fossaceca la lettera -F- et dalla parte di Limosano la lettera -L- . Et per aver inteso da suo zio, et suo Padre defunti, che erano in lor tempo Affittatori di detto molino, che gli Cittadini di Limosano avevano unita, seù precedenza nel macinare, à causa, che detto Molino stava situato dentro il Terr.o di Limosano ”429 . La linea sulla quale erano sistemati i termini, che dividevano i territori delle “ Terre ” di Limosano e di S. Angelo, nasceva dall’incrocio con il riferito confine con Fossaceca e, molto probabilmente in seguito a contrasti e ad “alcune differenze” già sorte sin da allora, fu fissata con “ istrumento corroborato et assensu in publica forma rogato per mano del q.m Not.ro Paduano di Luca della Terra di Gambatesa sotto li sei del mese di giugno dell’anno mille cinquecento quarantasette ”. La sistemazione del 1672 era la seguente: “In primis si è posto il primo termine… vicino lo Vallone di Colle Vaccaro con le lettere alla parte di S.to Angelo di una S. et una A. et alla parte di Limosano di una L. et una M. con una Croce fatta sop.a d.o termine, quale stà all’Incontro d’una Pietra grossa che stà in mezzo d.o Vallone, et all’Incontro, alla parte di là di d.o Vallone stando due morgetelle fitte. Et da d.o primo termine tira à direttura capo ad alto dove sta una Pietra fitta , et q.lla stà assignata per secondo termine, sopra la quale ci si è fatta una Croce. Et da d.a Pietra assignata per secondo ter.ne tira à direttura ad alto, si è posto il terzo termine con li testimonj signati con le med.me lettere…, quale termine stà da circa una canna e mezza darusso da una certa Morgitella alla parte destra di q.lla. (il 4° termine e con le stesse lettere; il 5° termine e con le stesse lettere; il 6° termine e con le stesse lettere). Et da d.o sesto termine dira à direttura capo ad alto, et dà allo termine antico che sta vicino la fonte falcione , et si è fatto sopra la Croce, quale termine resta in d.o luogo conforme ab antico è stato, et da d.o termine antico sito alla fonte falcione tira à direttura capo ad alto, et conforme con l’altri termini antichi siti nelli luoghi menzionati in d.o Istrumento rogato per mano del d.o q.m Not.o Paduano, quali termini restano conforme ab antico ”430 . Così come era accaduto nei già riportati casi con Fossaceca e con S. Angelo, fu dopo uno di quei contrasti, aspri e violenti, che, di origini assai lontane, caratterizzarono, finalizzati al possesso della terra, di forte litigiosità il corso dei secoli XVII e XVIII, che si ebbe la risistemazione, che anche questa volta ricalcava fedelmente e sempre il tracciato “ ab antiquo sistente ”, dei termini “ nelle confini de’ Territorij della Difesa di Cascapera della Terra di Limosani, e Territorij della Terra di Lucito ”. Correva il giorno “ undeci del mese di 8bre 1723 ”431 , quando “ col presente valituro come publico instrumento giurato,…, dichiariamo

429 ASC, Fondo Amoroso, Notaio AMOROSO Francesco Antonio della piazza di Limosano. 430 ASC, Fondo Protocolli notarili, Notaio CARRELLI Giandonato della piazza di Fossaceca, atto del 25 Settembre 1672. Si veda la nota 52 del Capitolo VI. 431 Il documento, assai prezioso soprattutto per la ‘ piantina ’ allegata (ma che facilmente si riferisce al documento, di cui alla seguente nota 5), è stato rinvenuto del tutto casualmente ed in una posizione affatto logica. Del resto, da una ‘ scrittura ’ del “ 10 Gennaro milleottocentodiciotto 1818 ”, che l’accompagna, risulta che “ a richiesta dell’ecc. Notajo Sig.r D. Gaetano Amoroso residente in questo Comune di Limosano, io qui sottoscritto Notar Giuseppantonio Lucito di Francesco, di residenza nell’istessa Comune, mi son portato nella sua casa di abitazione, sita nella strada de’ Tofi, dove il medesimo parlandomi ha dichiarato, che… avendo egli

280 noi sottoscritti, e Croce signati Sindico, huomini del regimento, e persone anziane, e vecchie della Terra di Lucito, unitamente, ed amicabilmente venuti, e concordati colli Mag.ci Sindico, eletti, e persone sottoscritte anziane della Terra sud.a di Li:Musani , come essendo insorte differenze ne sud.i confini, e per evitare le liti, che partoriscono discordie, spese considerabili, e rangori siamo vinuti all’infratta Convenzione, Concordia, ed accordio, havendo fatto elezione di due Agrimensori, che dividono la differenza,…, colli quali uniti siamo portati in d.e confini, e principiando la misura, e recognizione delli med.i dalla Quercia di Furcoli detta La Quercia delle trè Confini, così chiamata, perche divide li Terreni di d.a Difesa di Cascapera di Limosani, Terreni di Lucito, e Terreni della Città di Triventi . Situata d.a Quercia à mezzo giorno, cinque passi sopra la strada publica, che porta a S. Angelo limosani, e Civita Campomarani tirando per linea retta à basso in faccia à mezzo giorno, passi due cento ventisei in mezzo una macchia coltivatoria, ivi si è posto, e piantato un Termine de’ communi consensu di pietra viva rustica…, e dà là caminando per l’istessa linea di mezzo giorno, anche per basso, passi cento quaranta quattro, si è gionto sopra un Colle, chiamato il Colle delle lami della Rocchia di Ciacio , ivi si è piantato un’altro Termine di pietra viva piana rustica…, e d.o Termine dà una parte, cioè dà Levante, ove stanno situati i Terreni di Lucito, tiene impressa, fatta à colpi di scalpello la lettera L., che denota, e dice Lucito, e dalla parte di Ponente e parte di mezzo giorno tiene impressa la lettera M. dico M., che significa Li=Musani, perche ivi stanno situati i Terreni di d.a Difesa di Cascapera della sud.a Terra di Limosani, e dà d.o Termine così piantato, continuando la misura, caminando, e calando per d.o colle à basso per certe lami in faccia a mezzo giorno, tira per una serrina in mezzo à d.e lami passi cento ottanta e dà là tira compassando fuore di d.e lame ad un cerro, dove si sono fatte due Croci, e dà d.o Cerro tira per linea retta passi cento sessanta per l’istessa linea di mezzo giorno sotto l’incotte di M.ro Pietro Piciucchi di limosani , sopra una collina in mezzo ad una sepe Cento sessanta, ivi si è piantato communemente un’altra Termine di pietra morta piana con Testimoni, e Lettere sud.e, dà la continuando il compasso per l’istessa linea à traverso per lame, e coltivatorij passi cento se passa in un basso di una collina, e prop.o sotto l’aja di Ant.o Donatelli sotto Colle Alesandro in un fossetto, che ambi noi, e nostri Cittadini hanno confessato essere luogo di Termine antico frà d.i Territorij, e che per filios Iniquitatis sin dal Mese di Maggio 1723 sia stato ammosso , ivi nel med.o luogo communemente si è piantato un altro Termine di Pietra viva alla parte di Lucito con lettere stese LUCITO , e dalla parte di Limosani la sola lettera M. , che denota come sopra li:Musani, e dà là caminando per l’istessa linea di mezzo giorno à traverso sotto collina passi due cento trenta due in una collina detta li Cirratti , ivi si è piantato un altro Termine di pietra viva piana rustica alla parte di Lucito colle lettere stese LUCI , e dalla parte di limosani la sola lettera M. , e dà la calando per l’istessa linea di mezzo giorno s’incontra con un vallone con passi cento quaranta, e dà d.o Vallone tornando indietro passi trenta sopra un Colletto , seù greppe in faccia à ponente all’istessa linea indietro si è piantato communemente un’altro Termine di pietra con lettere sud.e, e dal sud.o Vallone salendo per linea di mezzo giorno passi ottanta incirca per essere luogo impratticabile in una ammerza , così chiamata all’uso paesano in faccia à Levante si è piantato un altro Termine di pietra con le sud.e lettere, e Testimonij della med.a pietra / e qui facendo parintesi si dichiara che il Termine dopra il Colletto li Cirratti è stato comfessato communemente, come è stato confessato l’altro sotto Colle Alesandro / e dà d.o Termine all’Ammersa tirando anche per traverso passi cento venti due, si è gionto sopra una ora rinvenuta a caso nel suo Archivio fra talune carte inservibili, e inette, una Scrittura antica portando la data de’ undeci, 11, Ottobre millesettecento ventitre 1723, che tratta di una convenzione, ed accordo tenuto dagl’allora Agenti dell’Università di questo Comune con quelli del Comune di Lucito per la fissazione de’ termini nella difesa di Cascapera appartenente a Limosano, e terreni del Comune di Lucito… ”.

281 mezza Serrina anche in faccia à Levante, à latere, e sotto del Colle ginestro , ivi si sono piantati due Termini uniti per linea uguale, uno congionto coll’altro, uno di pietra più grossa con lettere dalla parte di Lucito stese LUCI , e dalla parte di limosani con la sola lettera M. di pietra piana rustica con poche botte di punta di Martello sopra, e l’altro di pietra rustica colle med.e lettere, q.li termini stanno piantati sotto un Ciglione, ed appoggiati al med.o , e dà là caminado per l’istessa linea traversa poco sopra mezzo giorno passi cento trenta, s’incontra colla via, che esce anche per traverso alla Fonte delle Crugnali , ed indi continuando strada strada con fratte, seù siepe sopra, e sotto passi settanta, si è gionto in mezzo alla med.a via in una quercia con una Croce fatta à colpi d’accetta e dà la caminando per l’istessa strada, quasi à mezza Luna passi cento, e dieci, si è gionto dentro la med.a strada al Ciglione di sotto ad un Cerro, à piedi del quale vi è una pietra piantata rustica in piedi del d.o Ciglione, che si dice dà esse parti Termine, che divide il Terreno della Ven.le Chiesa di S. Stefano di Limosani sotto d.a Fonte delle Crugnali , che confina colli Terreni di Lucito; Dichiarando che il Termine divisorio del Terreno di S. Stefano, cioè continuando il camino per sopra d.o Territorio via via è lontano dalla Fonte de' Crugnali , che stà in mezzo alla med.a via, la quale porta alla Terra di limosani passi trenta cinque,…, volendo onninamente stare coll'accordo, e concordia sud.a de’ Communi consensu fatta coll’Intervento di d.i Mag.i Agrimensori, e persone del Governo, ed anziane di entrambe esse Terre; Protestandoci però ambi noi parti, che colla presente Concordia non s’intenda à ciasciduna di noi indotto pregiudizio alcuno coll’Interessi, che passano col Terzo, ciò è colli Terreni di Ferrara Feudo antico dell’Università di Lucito, per il quale d.a Unità di Lucito ne stà in Corrente di pagare l’Adoho al Reg.o Fisco , benche si possiede dal Mag.co Barone D. Orazio d'Attellis di S. Angelo Limosani, sotto colore d’Impegno, come l’anni passati si osservò dà un Instrumento in bergamano rogato per mano di Notar d’Ambrosio di Limosani , letto…; com’anche d.a Concordia non pregiudichi in conto alcuno la d.a Unità di Limosani, né suoi Cittadini per la Causa, che tiene con d.o Mag.o Barone d'Attellis ne’ Confini di d.o Feudo di Ferrara, perche sé bene vi sia di differenza frà noi per basso, ed altro dalla via sud.a sia d.o Feudo per la Confina à basso di d.o Territorio di S. Stefano, dal di cui Ciglione di sotto dovrebbe come si pretende, e si è preteso dalla d.a Unità di Limosani pigliar la linea, come duce in alto verso Limosani con d.o Feudo di Ferrara, non potendosi controvertire per essere dà Tempo immemorabile posseduto da d.a Chiesa di Limosani, ed attualmente si possiede anche in virtù di Platea pubblicamente fatta, e rogata per mano di Notar Nicola Maria Ramoli dà più di cento anni, come costa dalla d.a Platea, che si conserva nell’Archivo di d.a Chiesa, mentre quanto si è concordato fra noi è stato de’ Communi consensu, senza pregiudicare le raggioni tanto dell’una, quanto dell’altra parte, che competono contro il d.o Feudo di Ferrara ,…, mà dovendosi videre le raggioni con d.o Feudo, debba vedersi secondo il possesso antico de' Terreni ,… ”. Dovette essere più generalizzato di quanto si possa solo pensare l’intervento, come quello, tanto evidente quanto rilevante, del de Attellis per il feudo di Ferrara, da parte dei feudatari, i quali nel lungo periodo intervennero, e non poco, a condizionare gli equilibri, per loro natura già assai precari, che “ ab antiquo ” si erano formati nei rapporti tra ‘ Terre ’ circonvicine. Sulla precarietà dei confini, sulla toponomastica dei luoghi, nonché sui percorsi delle strade, e sui sistemi (come il continuo ricorso alle terminazioni più antiche), vecchi di secoli, per risolvere i contrasti e le lotte tra ‘ Terre ’ limitrofe ben riferisce la “ transactio, conventio, et concordatio super finibus territorium Defensae nominatae Cascapera Universitatis Terrae Li=Musanorum, et demanialium Terrae Sancti Angeli Li=Musanorum ”, che,

282 preceduta il 14 dello stesso mese da ‘publico parlamento’, si stipulò il 19 Ottobre 1744 432 “nelli Territorij, fini, e confini de Demaniali della Terra di Sant’Angelo li=Musani, e della Difesa di Cascapera della Terra, olim Città de li=Musani , in Provincia, e Contado di Molise, e proprio ne luoghi de medesimi confini, sopra la faccia de med.mi luoghi, come in appresso, chiaramente, con le loro nomenclature, si spiega, si dichiara, e si nomina ”. Vi presero parte “ li Mag.ci Francesco Bonadie Sindico, Nodar Carl’Antonio Corvinelli, Cirusico Domenico Longo, Antonio Larenza, Giuseppe Russo, Cosmo d’Addario, et Antonio Mariglia, Persone del Governo dell’Unità della Terra, olim Città de li=Musani,… et li Mag.ci Cosmo Girardi Sindico, Pietro Caserio, Francesco Ciarallo, e Francesco Marrone, Persone del Governo dell’Unità della Terra di Sant’Angelo li=Musani ”. Con tale atto, notevole per struttura e per contenuti, " entrambe esse Parti, spontaneamente hanno asserito… come essendosi preteso da Cittadini di Sant'Angelo, fin dall'anno mille settecento trentanove, sboscare, e cedere la Difesa di Cascapera della d.a Unità de li=Musani , con occupare strade, e terreni, mutare i confini, e togliere termini , se ne fè dall'Unità di d.a Terra de li=Musani ricorso in Reg.a Camera della Summaria, e da quella, …, se ne diè la commessa, e se ne delegò l'informo criminale, alla Corte Marchesale della Terra della Ripa li=Musani, la quale, fatto l'accesso sop.a la faccia de luoghi, con esperti, Prattici, e Periti forastieri, e con due Agrimensori,…, costatò l'occupazione non men de

432 ASC, Fondo Amoroso, Notaio AMOROSO Francesco Antonio della piazza di Limosano. All’atto, del quale manca la ‘ pianta ’ più volte ivi richiamata, è allegata una copia “ estratta dal suo prop.o originale Publico parlamento esistente nel libro Magistrale de’ Publici Consegli di questa Terra olim Città di li=Musani, nell’Archivo della sua Università ”, dalla quale risulta che: “Oggi quattordici del Mese di Ottobre dell’anno 1744, li=Musani. nella solita Casa dell’Università, con l’Assistenza del Mag.co Gaetano Zingarelli, Gov.re di d.a Terra. Congregato Publico parlamento, nella solita Casa dell’Università, par il Mag.co Franc.o Bonadie Sindico Attuale, coll’Intervento dell’infratti Mag.ci del Governo, e coll’Assistenza del sud.o Mag.co Gov.re, come anche dell’Infratti Cittadini, chiamati, e citati, Casa per Casa dall’Ord.o Giurato di questa Corte Marchesale, Libero Bagnolo, quali tutti uniti, e Congregati, hanno fatto parlam.to di molte cose;… Et tra l’altre cose si propone alle Sig.rie Vostre, come li è noto, la Causa delli Confini della Nostra Difesa di Cascapera , quali Confini sono stati dimessi dà Cittadini di S. Angelo, con occupare, non solo le Strade Publiche, togliere Termini, è carpire molte quantità di Terreni, in più parti di d.a Difesa, con molta devastaz.ne d’Arbori fruttiferi, per la qual Causa sé né fè ricorso in Rega Cam.a, fin dall’anno 1739,…, la quale avendovi fatto accesso, e pigliata Informaz.ne, né risultarono criminalmente inquisiti, è fatti contumaci diciotto persone di d.a Terra di S. Angelo, con tuttociò non avendo cessato di devastare, ed occupare, se né son fatti altri ricorsi in d.a Reg.a Cam.a,…, ed ultimamente a nuovi ricorsi, perche li d.i Cittadini non cessavano di occupare, e devastare, dalla stessa Reg.a Cam.a, e stato spedito, il suo Att.rio Sig.r D. Ant.o Orsini, col ord.e di dovere accedere in d.i Confini, fare la ricogniz.ne, pigliarne Informaz.ne e ridurre ogni cosa ad pristinum, citra prejudicio delle pene Fiscali, nelle quali sono ricorsi li d.i inquisiti di S. Angelo, et facendo d.o Sig.r Att.rio residenza, nella Terra di Lucito, luogo terzo , dà ivi hà spedita citaz.ne alle due Unità, Testimoni, ed Agrimensori, che si fossero conferiti, in d.i Confini, come già d.o Sig.r Att.rio, le due Unità, Testimoni, ed Agrimensori, alli 12 e 13 di questo Mese, si son portati sop.a la faccia del luogo, à fare la Visita di quelli , per divenire poi all’esame de’ Testimoni, ed al di più che richiedono le sue incombenze; Et stantino le cose sud.e, ci ha fatto sentire l’Unità di S. Angelo, che per evitare maggiori dispendij, vuole che amichevolmente si riconoscano detti Confinj, volendo dipendere totalmente dal saggio del Sig.r Barone di S. Biase, il quale, come persona savia, e di tutta la cognizione, non saprà far torto à nessuno, non ostante, che egli avesse laudato, in tal Causa, e questa Unità, se né fosse gravata, per li giusti motivi, che ben sapete; mentre fatta meglior consideraz.ne, ed osservati migliorm.te detti confini, le linee, li Termini Antichi, e le scritture, che parlano di quelli ,…; Pertanto si propone alle Sig.rie Vostre, affinché ogn’uno dia il suo Voto, e parere. Quale proposta dà tutti ben intesa hanno, una voce, et nemine discrepante, concluso, e determinato, che… concorrono nella domanda fatta dall’Unità di S. Angelo, mà che debbano rimettersi l’Antichj Confinj, si debbano osservare l’Antichj Terminj, e le scritture,…, e rimettendosi d.i confinj, nell’Antico loro sito altre sì la Strada Publica chiamata del Procaccio, che entra al Termine della Crocella, passa, per Fonte Murato, ed escie alla Strada Langianese, e piantati i Termini, per d.i Antichi Confini, stipularsene publico strumento , per futura cautela,…, e la cosa si riduchi all’Antico sito, che à tutti è noto . E cossi, una voce, et nemine discrepante, hanno concluso, e determinato .”. (Seguono i nomi).

283 termini, e quantità de terreni della med.a Difesa di Cascapera, che delle publiche strade antiche, tra quali di quella chiamata del Procaccio, e grosse devastazioni d'arbori fruttiferi di d.a Difesa di Cascapera , ne restorono criminalmente inquisiti, e contumaci dieciotto Cittadini occupatori, e Devastatori della med.a sud.a Terra di Sant'Angelo; e non ostante detta criminale inquisiszione e contumacia, non cessorono le genti di Sant'Angelo di viappiù devastare, sboscare, ed occupare d.a Difesa in maniera eccedente, e togliere all'intutto d.e Publiche Strade . Perche la d.a Reg.a Camera,…, trattava avanzare gl'atti devorosi di giustizia contro d.i Cittadini di Sant'Angelo occupatori, e Devastatori, si stimò… rimettere la decisione di tanti eccessi,…, al savio arbitramento del Dottore dell'una, e l'altra legge, Ill.mo Sig.r Don Prosdocimo de Blasijs, Barone della Terra di , il quale, accappato il consenso dell'una, e l'altra Parte, usò tutte le diligenze, e fatti gl'atti concernentino all'affare, alla fine devenne all'arbitramento, e laudo, del quale, perche se ne conobbe l'Unità de li=Musani molto gravata ,…, se ne reclamò alla stessa Reg.a Camera… Dal qual reclamo ne nacquero varij ricorsi, e se ne spedirono ex utraque parte, più provisioni, e delegazioni, con interesse notabile di amendue le Unità,… Lo che assodato, ultimamente, à nuovi ricorsi della d.a Unità de li=Musani, la stessa Reg.a Camera,…, spedì il suo Mag.co Attuario in capite, Sig.r Don Antonio Orsini, con la facoltà di accedere sop.a la faccia de luoghi, e ridurre ad pristinum il tutto, stantino le molte prove portate dall'Unità de li=Musani, e de Testimoni forastieri annosi, e di scritture, e scritture proprie della stessa Unità di Sant'Angelo, trà quali quella della Commenda di Malta, sotto il titolo, e vocabolo di San Vennitto, celebrata dalla stessa… fin dall'anno mille settecento, e quattro . (…). Ed essendo già venuto d.o Sig.r Don Attuario Orsini, si è ritirato nella Terra di Lucito, luogo terzo, con dar principio alle sue incumbenze, avendo spedita citazione alle Parti, Testimoni, ed Agrimensori, con eligere pur anche un terzo Agrimensore Regio Privilegiato, Mag.co Agatangelo della Croce, della Terra del Vasto Girardi, e già lunedì dodeci, e Martedì tredici del corrente Ottobre, con le Parti, Testimoni, ed Agrimensori sud.i, fè l'accesso su la faccia de luoghi di d.i confini , visitando quelli, ne formò itinerario, per indi devenire al di più, che richiedevano le sue incumbenze. Stando dunque le cose in questo stato,…, per conchiudere una tale concordia, ne han congregati publici parlamenti, con li quali si da la potestà, e facoltà all'Amministratori di ambe esse Unità, di devenire ad un tal atto christiano ,… … consideratosi da esse Parti l'esito incerto delle liti, non men il grave dispendio, rancore, odij, e trapazzi, che sogliono queste partorire, che l'utile di amendue esse Unità, ed avutasi etiandio considerazione alle prove di d.a Università de li=Musani, tanto de Testimoni vecchi forastieri, publici attestati, e scritture, tra quali quella della Commenda di San Vennitto confinante con d.a Difesa di Cascapera , ambe esse Parti sono venuti alla presente convenzione, ed accordo,… (…). Per locché, avendo, in virtù di d.i publici parlamenti , ambe esse Parti data ampla, e libera facoltà al sud.o Sig.r Barone Mediatore, ed alli pred.i due Agrimensori (nota: il secondo era il " Mag.co Giuseppe Giovannitto della Terra dell'Oratino ") presenti, di potere buonamente concordare amichevolmente, essi pred.i Sig.r Barone Mediatore, ed Agrimensori,…, con la presenza, assistenza, ed intervento di ambe esse Parti, e coll'intervento ancora di più, e molti Cittadini dell'una, e l'altra Unità,…, le Parti pred.e, portandosi… sopra la faccia de luoghi, han cominciato, e dato principio alla misura, linea, e compasso, dal luogo chiamato comunemente, La Serra del Lago , e Crocella , alla Via di sopra, e proprio alla Via Croce , dove principia l'antico confine di d.a Difesa di Cascapera, e Demaniali di Sant'Angelo, qual luogo si è dato, et accettato da ambe esse Parti, per primo termine, e confine, essendo all'orlo superiore della Strada, il fosso evidente dell'antico termine . Quivi, sebbene havesse dovuto piantarsi il nuovo termine nello stesso antico fosso, come si era determinato, per

284 non variare il confine antico ; Perche tanto d.o Sig.r Barone Mediatore, quanto d.i Mag.ci Agrimensori han determinato doversi rimettere in esse, l'antica Strada , che si chiamava del Procaccio , ed oggi tolta, e coltivata da Cittadini di Sant'Angelo, quale caminava per tutto d.o confine, entrando nel d.o luogo chiamato la Crocella , passava dietro li Pagliarini di Caserio , per Fonte Murato , ed usciva alla Strada Maestra Lancianese ; e che d.a Strada debba essere larga di palmi quattordeci , dandone sette Sant'Angelo sopra i suoi terreni demaniali, e sette Li=Musani sopra la Difesa di Cascapera, per tutto il tratto del confine sud.o, appunto, come anticamente era ,… Hà voluto d.o Sig.r Barone, che si compiacesse l'Unità de li=Musani, à cedere al fosso dell'antico termine, con dare, da questo, un compasso di sette palmi di terreno, per poter piantare il termine più basso, e far che con la cessione di questi sette palmi di terreno, venisse il termine piantato in mezzo la Strada, alla vista de Cittadini, e Forastieri, che per colà passano , mentre il termine antico stava piantato all'orlo superiore di d.a Strada, e non con tanta faciltà si vedeva ; e compiaciutisi l'Amministratori de li=Musani, quivi… si è piantato un Termine di pietra viva, con lettere scolpite, cioè, dalla parte di Cascapera L.C. , che denota Li=Musani Cascapera, e dalla parte di Sant'Angelo S.A. , che denota Sant'Angelo; Qual termine si è piantato, come sopra, un passo distante dal fosso del termine antico, che vi era, verso levante ; Distante dal qual Termine, anche verso levante, un passo, in mezzo d.a Strada, si è ripiantata la Croce di legno, nello stesso antico fosso, in cui era situata la Croce antica , come si vede nella Pianta (nota: non rinvenuta) , che si forma in questa Concordia, e presente atto, lit: A. ; e da questo Termine così piantato, tirando la linea retta verso tramontana, e compassando con passi cento, e uno, si giugne sopra una collina, in questo luogo si è piantato altro Termine di pietra viva , con le stesse lettere scolpite di sopra denotate, e sopra d.o Termine si è scolpita à scalpello una linea retta, ut in Planta lit: B. ; Da questo Termine caminandosi per l'istessa linea retta, in faccia à Tramontana, compassi duecento, e nove, si giugne allo Vallone chiamato della Fonte dell'Oppio , che viene dalla parte superiore, ut in Planta lit: C. ; Per tutto questo tratto, cioè dal Termine della Crocella, e Serra del Lago , fin questo luogo chiamato, come sopra, Vallone della Fonte dell'Oppio , han dovuto rilasciare, ed han rilasciati i Cittadini Coloni di Sant'Angelo, tomuli ventidue di terreno, à beneficio dell'Unità de li=Musani, per avere i sud.i Cittadini di Sant'Angelo, colla coltura, oltrepassati il confine sud.o. Ed alla d.a Unità di Sant'Angelo, per caosa d'essersi piantato il primo termine sette palmi più à basso del fosso del termine antico alla Crocella, sono rimasti per tutto questo stesso sud.o tratto, dalla Crocella al Vallone dell'Oppio , tomuli cinque di terreno. Ed oltrepassando d.o Vallone, per la stessa linea, si passa di sotto il luogo detto li Pagliarini delli Caserij , passi trenta, ut in planta lit: T. , e caminando dal d.o Vallone della Fonte dell'Oppio , passi cento, e trè, si giugne sopra un'altra Collina , chiamata della Valle di Luccaro , e proprio un passo distante da una grossa, ed antica quercia , alla parte superiore, in mezzo la strada , ut in Planta lit: D. , quivi si è piantato un'altro Termine di pietra viva, con le stesse lettere scolpite, e nel corpo di d.a quercia, che riguarda d.o termine, à maggior cautela si è impresso, ed inciso un segno a muodo di Croce. Sebbene dal d.o Vallone chiamato della Fonte dell'Oppio , il confine antico,…, caminava per la d.a publica Strada antica, quale venendo dal detto antico termine della Crocella all'orlo superiore della Via, ed intersecando d.o Vallone, passava, come in atto si vede, che passa dietro li d.i Pagliarini vecchi di Caserio, per non essere in questa parte guasta, dietro alli quali Pagliarini, in mezzo d.a Strada, sotto un antica e grossa quercia, vi era un termine, ed in atto si conosce, e vede il suo fosso, e continuando la d.a Strada antica, giugneva al termine di pietra fissa con segno di Croce antica al canto superiore della med.a Strada, che ocularmente ora si vede. Detto Sig.r Barone mediatore ha voluto per rendere concorde, e retta la linea pigliata nel nuovo termine piantato alla Crocella un passo sotto al fosso dell'antico termine, che stava

285 all'orlo superiore della Via Croce, che si lasciasse la Strada antica, che passava, e si vede, che passa, per non essere in questo luogo guasta, dietro d.i Pagliarini di Caserio, e si facesse passare sotto di quelli ; e compiacendo l'eletti dell'Unità de li=Musani al d.o Sig.r Barone, si è fatto passare il d.o confine, e linea, come sopra, passi trenta, sotto d.i Pagliarini , per dove si giugne, come si è detto, alla d.a Collina chiamata della Valle di Luccaro , ove rincontra la Strada antica, e si è piantato in mezzo d.a Strada, come sop.a, il sud.o termine a pie' della d.a antica quercia, ut in planta lit: D. ; Per tutto questo tratto dal Vallone dell'Oppio , fino al nuovo termine piantato à pie' d'una grossa, ed antica quercia nella Collina della Valle di Luccaro , in mezzo l'antica Strada, con la variazione di d.a antica Strada, da dietro li Pagliarini di Caserio, fin passi trenta avanti quelli ,…, si son rilasciati à beneficio dell'Unità di Sant'Angelo, tomuli trè di terreno. Da questo termine così piantato, continuando la stessa linea retta di tramontana passi sessantacinque per mezzo la med.a Strada antica, che in atto vi è non guasta, si giugne, scendendo alquanto, all'antico Termine di pietra fissa viva naturale, con segno di Croce antica fiorita , all'appendino della Valle di Luccaro , alla siepe superiore di d.a Strada ; l'asta del qual segno di Croce antica in d.o Termine di Pietra fissa,… tirava per linea retta à Fonte Murato , essendo questo l'antico confine confessato anche dà gente di Sant'Angelo. Hà voluto d.o Sig.r Barone, che si togliesse da detto Termine di pietra fissa, il d.o Segno di Croce antica, che indica per linea retta à Fonte Murato, e che si lasciasse d.a linea, che indica d.a Croce, e si caminasse alquanto a man sinistra passi cento ottantacinque verso basso, per giugnere al mezzo della Valle di Luccaro ; e compiacendo li Mag.ci eletti dell'Unità de li=Musani al d.o Sig.r Barone mediatore, si è fatto togliere dal d.o Termine di pietra fissa naturale, la d.a Croce antica, che vi era impressa, dal Scalpellino della d.a Terra di Sant'Angelo, nomine Domenico Baldassarro, e vi si sono fatte scolpire dal med.mo, verso levante, dove stà situata la Difesa di Cascapera, le lettere L.C. ,… e dalla parte di Ponente, dove stan situati li Demanij di Sant'Angelo, S.A. ,…, ut in Planta lit: E. ; e sopra d.a pietra fissa, si è scolpita una lunga linea; la metà della q.le, dalla parte di dietro verso Mezzogiorno, è correlativa alli retroscritti piantati termini, e l'altra metà avanti verso tramontana, è corrispondente, e correlativa al termine seguente, che in appresso si descrive. Dietro alla qual pietra fissa, distante un passo, nella stessa siepe superiore di d.a Strada, dove è detta pietra fissa, vi è una quercia, in faccia al corpo della quale, vi è un Segno di Croce antica rincarnata, che indicava, ed indica la d.a pietra fissa, termine antico; e da questa pietra fissa, così nuovamente segnata, caminando alquanto à man sinistra in faccia à borea, passi cento ottantacinque, calando alquanto, si giugne in un luogo mezo appendino, nel mezzo della Valle di Luccaro , vicino al luogo chiamato il Carbone , trè passi distante dal principio d'una corrente d'acqua piovana, seù di raccolta , ut in planta lit: F. Quivi si è piantato un'altro termine di pietra viva con le lettere S.A. dalla parte di Ponente,…, e dalla parte di Levante, ove stà la Difesa di Cascapera, L.C. ; Sopra del qual Termine, vi si è scolpita à scalpello, una linea curva, ò sia angolo ottuso, metà della quale è relativa alla precitata pietra viva fissa naturale, ut in planta lit: E. , e l'altra metà indica verso Tramontana, e Ponente, il Termine, che deve in appresso piantarsi,… Da questo Termine così piantato, voltando a man sinistra, in faccia à Ponente, e Tramontana, calando alquanto, e poi salendo passi cento settantuno, si è gionto ad un Montetto , ove è un complesso di pietre, in cui, dalla parte di Ponente, dove sono li Demanij di Sant'Angelo, si sono scolpite le lettere S.A. , e dalla parte di sotto, verso Levante, ut in Planta lit: G. , ove è la Difesa di Cascapera, si sono scolpite le solite lettere L.C. ; Dalla parte di sopra al qual complesso di pietre, verso ponente, si è determinato dover correre la strada designata, lontana da un altro complesso di pietre, che stà più sopra, nel tenimento di Sant'Angelo, passi dodeci. Dal qual complesso di pietre così segnato, caminando per linea retta a Fonte Murato , trà Ponente, e

286 Tramontana, passi sessantanove, ut in planta lit: H. , si è piantato un'altro termine di pietra viva, con le stesse lettere scolpite, lontano da d.o Fonte Murato , e proprio prima di giugnere in quello, passi tredeci. Da questo Termine caminando per la stessa linea retta li sud.i passi tredeci, si giugne al d.o Fonte Murato , che sempre è stato, ed è Termine, qual Fonte stà sito in pie' d'un grosso Masso di Morge in faccia à Tramontana, ut in planta lit: S. , lontano dal Vallone chiamato di Fonte Murato , passi quindeci. (…). Intorno al qual Fonte Murato, ambe esse Parti, per commodo commune, tanto per essi, che per loro animali, e de Fidatarij di d.a Difesa di Cascapera, han voluto doversi rilasciare communemente, un tomolo, ed un quarto di terreno inculto ; trà qual giro, à fine di evitare anche liti, si è assodato, pattuito, e concordato doversi anche porre quattro termini, in questo modo, cioè, due nelle pietre fisse, uno verso Ponente, l'altro verso Levante, e due altri affiggersi verso Tramontana con segni di Croce, come si vedono designati nella Pianta, nel giro di d.o Fonte Murato lit: S. , e sua diceria + + + +. , e nella pietra fissa più adiacente, più prossima, ed in faccia à d.o Fonte, scolpirsi,…, le parole = Communis Fons, et aqua = denotando essere il Fonte comune, e termine , qual sempre è stato, se bene il Territorio avanti, lasciato per comodo, sia, ed è dell’Unità de li=Musani . Dal qual Fonte camminado per linea retta, li detti passi quindeci per l’antica Strada , e trapassando il d.o Vallone, si sale dal Vallone altri passi quindeci. In mezzo dell’imboccatura dell’antica Strada, che chiaramente si conosce, mentre tutta l’altra, che camina avanti, guasta, e coltivata si vede da Coloni di Sant’Angelo; quivi in d.a imboccatura di Strada , si è piantato un altro termine di pietra viva, con le stesse lettere scolpite, ut in planta lit: I. .Se bene da questo termine caminava il confine antico più alto ad un Montetto , dove è un antico Sorbo , in cui vi erano segni di Croce antica, ed ora di fresco guasti con istrumento di ferro,… ha voluto d.o Sig.r Barone Mediatore, che l’Unità de li=Musani, per equità facesse passare d.o confine tredeci passi, e mezzo sotto d.o Sorbo; quindi compiacendo li Mag.ci eletti dell’Unità de li=Musani, compassando d.i Mag.ci Agrimensori dal d.o termine piantato nell’imboccatura di d.a Strada antica guasta , ut in Planta lit: I. , e caminando per la stessa linea retta in alto in faccia à Tramontana, passi settantatrè, si giugne al l’appendino del Colle sotto d.o Sorbo , come sopra, passi tredeci, e mezzo, trà la Commenda di San Vennitto , e Cascapera ; quisi si è piantato un altro termine di pietra viva, con le solite lettere impresse, ut in Planta lit: K. . Da questo luogo, caminando per la stessa linea alquanto à man sinistra passi cento sessanta sei trà Cascapera, e demanij di Sant’Angelo, ò sia Commenda di San Vennitto, lasciando il Confine antico, per compiacere a d.o Sig.r Barone, stante tirava sopr’al Sorbo, si giugne ad una grossissima, ed antica quercia incendiata, e caduta à terra per l’incendio, à coste di un Valloncino , volgarmente chiamato Grattavone , in faccia a Tramontana. Alle radici del tronco incendiato di d.a quercia, si è piantato un altro termine rustico di pietra viva, con le pred.e lettere scolpite, ed una linea curva, ò sia angolo ottuso, scolpita sop.a, ut in planta lit: L. , la metà della quale linea, dalla parte di dietro in faccia à mezzo giorno, è correlativa, e richiama il termine posto, passi tredeci, e mezzo sotto il Sorbo, e l’altra metà di d.a linea in faccia a Tramontana corrisponde, ed è correlativa ad una Quercia antica borgnosa, con una coacervazione, e mucchio di pietre attorno , ut in planta lit: M. , lontana da d.o termine passi cento sessantotto; qual Quercia antica borgnosa con mucchio, e coacervazione di pietre attorno, ut in planta lit: M. , si è destinata anco per termine, con esservi impresse, ed incise… due Croci à colpi d’accetta, da uno de Cittadini di Sant’Angelo, che è intervenuto trà gl’altri, nomine Pietr’Antonio di Paolo, alias di Lella. (…). E da questa Quercia borgnosa antica, con mucchio di pietre attorno, ut in planta lit: M. , caminando per la stessa linea à dirittura, compassi ventotto, si giugne al la Strada publica Maestra Langianese (nota: sulla sua antichità si veda la nota 39 al Capitolo VI) , che pur anche si vede ristretta colla coltura dà Coloni di sant’Angelo; quivi si è piantato l’ultimo termine di pietra viva con

287 le solite stesse lettere scolpite, cioè verso Levante, dove è Cascapera, con le lettere L.C. , alla parte di Ponente verso li demanij di Sant’Angelo, ò sia Commenda di San Vennitto, S.A. , e dalla parte di Tramontana, con lettere stese scolpite VIA LANG. , che denota, e dice Via Langianese , ut in planta lit: N. . Et ancor che il confine di d.o tratto, à tenore della Scrittura della Commenda di san Vennitto, che chiama per confine Cascapera, e Strada Langianese , avesse dovuto caminare molta pezza più sopra, che assorbiva le morge di Colle Ceraso , di muodo, che l’Unità di Sant’Angelo, secondo d.a Scrittura… non passa con suoi Demanij di là delli territorij di San Vennitto , con cui confina Cascapera. Pure cedendo l’eletti de li=Musani à detto confine designato da d.a Scrittura propria dell’Unità di Sant’Angelo,…, han dovuto rilasciare, ed han rilasciato li Cittadini di sant’Angelo, dalla detta quercia incendiata, fino alla Strada Langianese , à beneficio dell’Unità de li=Musani, tomuli cinquanta di terreno, per avere i Cittadini di quella ecceduti con la coltura, e sboscazione, ed oltrappassati il confine sud.o. E dal d.o Termine piantato, come sop.a alla Strada Langianese , ut in planta lit: N. , caminando, e calando strada strada Langianese passi centotrentaquattro trà Cascapera, e colle delle Fosse , così nominato da Santangiolesi, si giugne in una viocciola , che dalla d.a Strada Langianese entra, e fa confine trà lo d.o Colle delle Fosse , e Bosco di Triventi , chiamato la Rocca del Vescovo , ut in planta lit: O. , e continuando il camino per d.a Strada Maestra Langianese passi duecento venti trà lo d.o Bosco di Triventi , chiamato Rocca del Vescovo , e Cascapera, si giugne alla Cerqua antica , chiamata dà ogn’uno delli trè Confini ,…, ut in planta lit: P. , perche fa termine, e confine frà il territorio di Lucito, della Difesa di Cascapera de li=Musani, e Bosco di Triventi, e qui da questa banda, ha sempre terminato, e termina il confine di Cascapera, senza alcuna contesa, verificandosi anche da una scrittura di confinazione trà la Unità di Lucito, e quella de li=Musani, celebrata nel dì undeci di Ottobre, mille settecento ventitré, che d.a Quercia si chiama delli trè confini, per essere termine trà li Territorij di Cascapera, Lucito, e Triventi; nel corpo della qual Quercia, per segno di vero termine, vi è una pietra incarnata, né altra quercia vi è, che si chiamasse di trè confini. E terminato questo confine,…, che comincia dal luogo chiamato la Serra del Lago, e Crocella , e termina… alla Quercia delli trè Confini ,…, si è pur anche,…, devenuto alla terminazione, da quest’altra banda di d.a Difesa di Cascapera, incominciato pur anche dal d.o termine piantato nella Serra del Lago, e Crocella , e caminado verso basso, Serra Serra, e Strada Strada passi cento ottantatrè in faccia alla Petrella, in mezzo d.a Strada, che è strada publica , e viene da San Biase, e camina serra serra, e va à Lucito, Ferrara, ed alla Petrella, in mezzo d.a Strada si è piantato un altro termine di pietra viva; dalla parte di Tramontana, dove sta situato Cascapera, con le solite lettere L.C. , e dalla parte di mezzo giorno, dove sono siti li Demanij di sant’Angelo, S.A. , ut in Planta lit: Q. , e caminado più avanti Strada Strada passi cento sessantasei, si è gionto nel luogo comunemente chiamato la Serra della Palomba , nel qual luogo, in mezzo la Strada publica , un passo lontano da un mozzone di quercia, che stà in faccia a mezo giorno, si è piantato un altro termine di pietra viva, con le lettere scolpite, dalla parte di mezo giorno,…, S.A. , e dalla parte di Tramontana dove sta Cascapera, L.C. , dalla parte di Levante, dove sta la Difesa di Monte Marconi de li=Musani , le lettere LI.M. , denotantino li=Musani Monte Marconi, ut in planta lit: R. , sopra del qual termine, vi sono anche scolpite trè linee concatenate l’una con l’altra: una tira, ed indica la via à traverso in faccia a Levante, qual via fa confine trà Cascapera, e Monte Marconi, e la stessa linea caminando in dietro, in faccia a ponente, anche per via, fa confine trà Monte Marconi de li=Musani, e li Demanij di sant’Angelo, chiamati dalli Santangiolesi solamente la capanna di Beneditto , e camina questo confine sempre trà li demanij di sant’Angelo, e Demanij de li=Musani, sino li confini di Fossaceca, come si hà

288 da un’antico strumento di convenzione, celebrato tra d.e due Unità, fin dall’anno mille cinquecentoquarantasette, sotto il dì sei di Giugno, per mano del q.m Nodar Paduano di Luca della Terra di Gambatesa . Qual confine de demaniali sud.i, dal d.o termine piantato alla Serra delli Peschi della Palomba fino li d.i confini di Fossaceca…; e l’altra linea scolpita in d.o Termine alla Serra delli Peschi della Palomba , che nasce dall’altra linea ivi scolpita, e forma quasi un < Greco, tira in faccia a Ponente per la via ad alto della Serra del Lago, e va à rincontrare il termine antecedentemente detto, e piantato, ut in Planta lit: Q. in mezzo la Strada, e Serra trà Cascapera, e Demanij di sant’Angelo. Dichiarando, che Serra Serra, acqua pendente in faccia à Tramontana, sono terreni di Cascapera, e Serra Serra, acqua pendente in faccia à mezo giorno, sono terreni de Demaniali di sant’Angelo. (…). … e reintegrata prima, restituita, e rimpossessata l’Unità sud.a de li=Musani, in tutti d.i luoghi rilasciati,…, secondo l’antichi confini, che cominciano dall’antico Termine della Crocella all’orlo Superiore della Strada Via Croce, passa per dietro li Pagliarini Vecchi di Caserio, và alla pietra fissa, come sopra descritta con segno di Croce antica, à Fonte Murato, e dà là al Sorbo, e confina con tutti li territorij di san Vennitto, alla Strada Langianese . (…). Si è convenuto in oltre trà esse Parti, specialmente per futura, e perpetua cautela di ambe esse loro, e per convalidazione del presente strumento di concordia, impetrare, ed ottenere, del tutto, Regio assenzo, come così esse Parti, spontaneamente… han promesso, e con giuramento si sono obbligate, trà lo spazio di sei mesi, vèl quam citius per impetrare, ed ottenere il d.o Regio assenzo, e quello impetrato, ed ottenuto, esibirli, e presentarli à me infratto Notajo, à fine d’inserirli, per futura, e commun cautela, nel presente strumento, e farne di quello notamento,… ”. A margine di tale importantissimo atto molto ci sarebbe da dire sia sull’importanza del ‘nodo’ di strade “ antiche ”, che passavano per Cascapera, il cui etimo non è difficile da collegare alla ‘ statio ’ di “ Ad PYR (um)” della ‘ Tabula Peutingeriana ’ (v. Cap. I), e sia sulla rilevanza dell’insediamento antropico, la “ Tiphernum ” sannita, che, come documentano i numerosi reperti rinvenuti e che continuamente si rinvengono nella zona, deve essere ivi posizionato. La tirannia del tempo e dello spazio costringe ad annotare solamente la maggiore estensione, con l’accorpamento, cui Limosano ha sempre ispirato la propria azione amministrativa, in un ‘ unicum ’ dei terreni della Difesa di Cascapera, che, e la cosa non è certo priva di un suo significato in quanto ben si può associare all’ antico vescovado della destrutta città dell'homini sani , alias Musane , confinava con la “ Rocca Episcopi (= Rocca del Vescovo)”, del territorio di quella “ Universitas civium ”. La situazione dei rapporti con le Università limitrofe, fatta di contrasti frequenti e di non sempre facili ‘ricomposizioni’, emerge tutta dal “ publico parlamento ” del “19 8bre 1788”, nel quale ancora “ si propone a loro Sig.ri qualmente tenendo usurpato li Cittadini di Triventi, una buona porzione di Territorio della Terra di Cascapera, e conoscendosi il grande pregiudizio che si recarebbe all’Unità, ed insieme l’interesse, il danno, si è pensato amichevolmente con l’Unità di Triventi di rimettersi i Termini antichi, e riporsi questa Unità nel primo stato, per mezzo de’ Regij Compassatori, ed Agrimensori, che colà dovranno condursi per l’espediente, e tutto farsi mediante la intelligenza di loro Sig.ri, …”433 . Ed, ancor di più, specie per quanto concerne la globalizzazione degli scontri e l’accerchiamento che la “ Terra di Limosano ” stava subendo, vien fuori dal “ parlamento ” del “23 9bre” di quello stesso anno, dal cui ‘verbale’ risulta che “ avendo usurpati i Cittadini

433 ASCL, Libro de’ Publici Parlamenti dell’Unità di questa Terra di Limosano principiato a dì 22 Giugno 1783, B. 1, f. 1. Tale ‘ registro ’, discretamente conservato, è il solo pervenuto che riguarda i ‘verbali’ delle riunioni del ‘publico parlamento ’ di Limosano. Ciò, nonostante che un “ libro de’ Consegli ”, nel quale si verbalizzavano le decisioni prese, veniva tenuto, e se ne è trovata traccia, anche nei periodi di tempo più antichi.

289 di Lucito, di Triventi, e di Santangelo quantità di Terreno nella Tenuta di Cascapera, e quelli Cittadini di Fossaceca parimente nel luogo del Casale, Demaniali di questa Unità, si pensò buonamente trattare la misura per ridursi all’antico stato; ma come essi con gabbo le anno differiti venire ad una amichevole misura, e si sono permessi i terreni usurpati seminarli, anco con permettersi ammuovere i Termini . Perciò si è penzato tenere parlamento se debbiasi procurare la misura delli nominati Corpi, per essere l’Unità reintegrata, e rifatta delli Terreni, delli quali ne è stata spogliata, e fare quanto mai sarà espediente per lo riacquisto di essi ”434 . L’interesse comune, però, poteva talvolta consigliare ‘accordi’ tra Università confinanti. Come quando, era il 29 Maggio 1791, pur di contrastare in qualche modo il de Attellis, “l’Unità di Lucito ha ricercate più volte noi, perche volesse unirci coll’Unità medesima per ritogliere dal medesimo Sig.r Marchese di S. Angelo, il feudo di Ferraro , il quale secondo si rileva da scritture antiche non meno da quelle che sono state riunite dall’Unità di Lucito, che dalle altre che si conserva dal Sig.e Nodar Amoroso, porzione del feudo sud.o di Ferraro apparterebbe a Luceto e porzione a questa Unità ”435 . Sulla linea del confine, tuttavia, che divideva i territori, da riferire al ‘ Casale di Ferrara ’ che fu ‘ feudo ’, posti tra Limosano e Lucito più a valle della Difesa di Cascapera e sino al Biferno, la cui conoscenza avrebbe potuto di certo portare ad utili e preziose notizie sulla localizzazione e sulla consistenza dell’insediamento antropico ivi situato, che dovette essere assai antico, nulla è stato trovato. Se non una 'comunicazione' del Sindaco Vincenzo Tata "al Sig.r Intendente", del 14 Dicembre 1814, con cui si precisava che: " con vostro venerato foglio del 1 Ottobre mi ordinaste, che unitamente a due Periti di questo Comune avessi assistito alla nuova terminazione del Feudo di Ferrara di spettanza al Comune di Lucito , in confine coi territorj del mio Comune,… Per mio dovere debbo rassegnarvi, che la nuova terminazione del Feudo di Ferrara fu eseguito nel dì 11, e 12 del corrente Mese , fatta esattamente colla mia assistenza, di due Periti di qui, del Sindaco ed Eletti di Lucito, nonché de' Periti, e dell'Agrimensore d'Andrea ". Ma le carte, pur se di epoca assai recente, non si trovano. Molto probabilmente perché le relative ‘ scritture ’ furono usate in occasione di ‘ lite ’ con il relativo feudatario, che, come si è potuto vedere, solo nel XVIII secolo pare essere stato il de Attellis, il quale era pure titolare di S. Angelo.

7.2 - I rapporti con i particulari e con l’interno

Apparteneva ad una società, nella quale, a dispetto di un forte senso di quella ‘democrazia’ orizzontale che, con la sua “ unica voce, et nemine discrepante ”, voleva tutti i ‘capifuoco’ partecipi delle decisioni per “ utile, vantaggio e quiete comune ”, il limosanese “Joseph rossi”, che, ancora il 25 Luglio 1687, riferisce, “ come esso Giuseppe rossi fu fatto libero in virtù d’instrumento rogato per mano di Pubblico notaro…”436 . A caratterizzare quella società era una condizione della donna, di cui ancora durante il XVII secolo è documentato, nel triventino assai più che nel limosanese, l’assoggettamento al mundio , istituto giuridico di origine longobarda, con cui la si affidava al mundualdo , molto spesso un esponente del Clero, il quale, cui quella doveva essere sottomessa in ogni cosa ed anche nei capricci più bassi del sesso, ne amministrava e ne gestiva a proprio arbitrio e piacimento la capacità di agire e di volere. Va detto, però, che la caratterizzava anche una

434 V. nota n. 6. 435 V. nota n. 6. 436 ASC, Fondo Protocolli notarili, Not. DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani.

290 ‘cultura ’, in certo qual modo diffusa, come dimostra quel “Carlo di Carlo Fracasso Vaticale un’altra casa di membri trè…, dato in affitto à Niccolò di Venere, et à scolari della Terra di Montagano , nel luogo detto lo Sopportico di Natale ,…, e ne riceve per d.o affitto carlini trentadue ”437 . Erano frutti, frequenti assai più di quanto si possa immaginare e sempre di quella rude ed essenziale società e sono essi ben documentati, gli omicidi, anche di matrice ‘ politica ’, come di certo fu quello del Notaio Donato De Angelillis , che il 28 Ottobre 1658 era stato nominato dal “ publico parlamento ” procuratore dell’Università nelle vertenze contro il Barone e, dopo che “ al tempo de suo Sindacato et officii Capitanatus ” era stato fatto già oggetto di attentati, di ingiurie, di offese e di maltrattamenti, risulta il 23 Marzo del 1659 essere stato ucciso l’anno prima 438 . Poteva esercitarsi, in quella società che pretendeva il “ nemine discrepante ” per la decisione da far valere presso il terzo, una vera ‘ opposizione ’? Come poteva questa essere esercitata? Quale il ruolo, che essa poteva svolgere, all’interno della istituzione “ Universitas civium ”? Una risposta, pur non esaustiva, a tali domande, viene dal seguente atto ‘ protestativo ’, del 13 Febbraio 1705 439 , col quale “ Franciscus Colasurdo, Joseph de Tata, Dom.cus de Pascale Gravina, Antonius Donatelli, Liberus Ant.s Romano, Cosimus Fracasso, et Cosimus Gravina , qui cum Juram.to, sponte non vi… asseruerunt… come essendosi li giorni passati, e proprie sotto li ventotto del passato mese di Dicembre dell’anno scorso 1704 convocato Parlamento dal Sindico, et eletti del Governo di d.a loro Terra di Limosani, in esequizione ancora per quello che fù dalli medesimi rappresentato, dell’ordini del P. Consigliero Commissario in Napoli della Caosa ultimamente introdotta nel S. R. C. ad istanza di d.o Governo, in nome e parte della sud.a loro Uni.tà di Limosani, contro l’Ill.mo Sig.r Marchese di quella, per determinarsi se devesi fare la lite… Perche dal Sindico, ed eletti di d.a Unità si dubitava, che convocati tutti li Cittadini, si come è stato solito pratticarsi nelli Parlamenti, che si sono fatti per le cose trovarsi l’Interesse utile di d.a Terra, e per l’altre occorrenze, si sarebbe fatta qualche opposizione dalla maggior parte di essi, è Come che essendosi così dal Governo presente, come da altri due precedenti promosse, così nella Reg.a Aud.a Pro.le, come nella Reg.a Camera, nel Reg.o Colla., et avanti di S. C. ancora, di menar liti, et Cause sotto diversi titoli, e pretenzioni à loro arbitrio, e volontà contro dell’Ill.mo Sig.r Marchese loro Pat.ne, altro non si è fatto, che spendere molte Centenara di docati, senza ottenere né pure una minima cosa in beneficio di d.a Unità, per il qual’effetto si sono da trè anni a q.sta parte attassate le Terre de Cittadini in assai mag.r Summa di q.lle erano solite stabilirni, e tassare negl’anni precedenti, in gravissimo danno così loro, come di tutto il publico di d.a lor Patria, vedendosi giornalmente crescere i pesi, e le Tasse senza niun profitto da d.o tempo in qua di d.a Unità, ma solam.te di q.lli pochi, che hanno mano in q.sti negozi… … perciò non solamente lasciarono di fare citare, secondo il solito, dal Giurato della Terra i Cittadini di q.lla per d.o Parlamento, mà non fecero ne meno chiamarli tutti, per il sospetto che havevano se li fusse fatta contradditione, e si fusse conchiuso di vedere prima le spese fatte per d.e liti, e Cause,… … e per potersi più cautelam.te approfittare à spese, e danno del publico, fecero Intervenire nel Parlamento sud.o la maggior parte di q.lli Cittadini, che pareva loro, che potevano aderire, e condescendere à quel tanto essi proponevano, e q.llo che fù peggio fecero nel med.mo Parlamento dare la voce non ad’uno per Casa, conforme è stato, et è solito pratticarsi nella d.a Unità, quando si son fatti li Parlamenti, ma à più d’uno,

437 ASCL, Catasto Onciario, citato, pag. 41. 438 ASC, Fondo Protocolli notarili, Not. CARRELLI Giandonato della piazza di Fossaceca. 439 ASC, Fondo Protocolli notarili, Not. CARRELLI Giandonato della piazza di Fossaceca.

291 ammettere in esso Parlamento à dare la voce due, e tre per Casa, quanti vi ne fussero stati, et intervenuti, anzi che non diedero né meno tempo, che si fusse saputa la convocazione del d.o Parlamento, perche la matina istessa, che q.llo si congregò fecero, non dal Giurato, ma da altre persone chiamare q.lli pochi Cittadini, che loro piacque, e si trovarono à tempo, che la maggior parte di essi era fuori della Terra per proprij negozij, quando lo stile, e costume di d.a Unità, conforme si è sempre praticato di convocarsi, e citare tutti dal Giurato il giorno, al più tardi la sera innanzi dell’appuntato Parlamento, affinché possano tutti Intervenirci…”. A parte le informazioni, di grande interesse, sulle ‘ procedure ’ per lo svolgimento di un “publico parlamento ”, le quali tutte vengono riproposte dall’analogo atto del 28 Febbraio seguente, cui furono presenti (e così diventa chiaro il formarsi nel tempo di una opposizione ) “Cosimus Gravina, Didacus Longo, Benedictus del Gobbo, et Antonius de Angelilli ”, è difficile (o non lo è?) capire se a questi ‘ conservatori ’ interessasse più mantenere il rapporto privilegiato, di cui evidentemente già godevano, con l’ “ Ill.mo Sig.r Marchese loro Pat.ne ” o più la semplice questione della ‘forma’ nella convocazione. Altra risposta a quelle domande e, di non trascurabile interesse, altre notizie sulla formazione di una opposizione ‘ conservatrice ’ (e, si noti, trattasi più o meno delle stesse persone), non più ‘ aventina ’, vengono dalla “ fides publica ”, del 19 Aprile 1705, di “ Antonij Donatelli, Josephi de Tata, Francisci Fracasso, Francisci Colasurdo, Lutij Fracasso, Liberi Antonij Romano, Cosimi Fracasso, et Dom.ci Gravina, Hominum, et Civium Terre Limosani…, asseruerunt… Come questa matina diecinove del Corr.te essendosi congregato nella Terra di Limosano loro Patria publico conseglio ad Insta (nza) delli Sindico, ed eletti di d.a Terra per alcuni affari di quell’Unità, e precise per le liti, che d.a Unità tiene coll’Ill.mo Sig.r Marchese, nel qual Consiglio (nota: perché non ‘Parlamento’?) essendono Intervenuti essi Constituti, non hanno voluto acconsentire à q.llo è stato proposto da d.i Sindico, ed eletti, che perciò si protestano in virtù del quale atto publico d.o Consiglio essere nullo, et invalido, e li quattro Deputati eletti in d.o Conseglio non si devono accettare, perché devono stare tutti li Cittadini intesi di q.llo, che si fa, e non quattro persone sole (nota: è cosa assai curiosa come i conservatori riescano a nascondere spesso i propri obiettivi ed i propri interessi nel voler maggiori garanzie di democraticità orizzontale , mentre i progressisti celano i loro nel perseguire una organizzazione verticale ), secondo l’uso, et antica Consuet.ne di d.a Terra; e per l’esclusiva, che hanno proposto nel med.mo Conseglio di voce ostile, e pessima di q.lli che sono concorsi in fare l’Instanza, che si costringessero l’Amministratori dell’Unità alla redditione de Conti, con essendone quelle persone discole, e di qualche mala Indole , non devono essere escluse, quando dicono di loro pareri secondo è di giustizia, e secondo riguarda l’utile, e beneficio del publico; e per quello hanno proposto per l’herbaggio à Cosimo del Gobbo . Si protestano essi Costituti, che d.o erbaggio di nessuna maniera deve concedersi a d.o del Gobbo, per essere l’Animali di d.o Cosimo Animali indohanati, quali non possono pascolarsi , in virtù di Decreti ottenuti l’anni passati,… (nota: le ragioni portate per la richiesta di ‘ nullità ’ dipendevano dal fatto che, in contrasto con quanto preteso dalle autorità della ‘ Terra ’, non si era avuta la unanimità nella decisione) ,… E li d.i quattro Deputati, che s’asseriscono essere eletti in d.o Conseglio ne meno devono essere ammessi, perché quelli che sono stati eletti hanno dato il voto à se medesimi, e si sono sottoscritti in d.o Conseglio , quando che essi non dovevano esserci presenti , come anche perche uno delli sud.ti quattro è il d.o Cosimo del Gobbo, che per essere del Governo non può essercitare tale Officio ; e si dà anche per Nullo il d.o Conseglio, perche in q.llo non si potevano dire le loro raggioni, e pareri quietamente, anzi per haver voluto il Sig.r Gov.re di d.a Terra di Limosani

292 far’ordine, che tutti si fussero stati quieti, e che ogn’uno avesse dette le sue raggioni e pareri quietam.te, e senza disturbo, e rumore, che altrim.te ne sarebbero stati puniti, tutti l’aderenti di d.o Dottor Cosimo del Gobbo, e di Giacinto Corvinelli hanno gridato con alzare le mani, in maniera che se d.o Gover.re non aveva a starsi uno quieto, avrebbe passato qualche pericolo, e di tutto q.lo rumore, e contraditione al d.o Mag.co Gov.re ne sono stati Capi li sud.i del Gobbo, e Corvinelli, quali prima di tutto hanno controvenuto, e tutti l’hanno aderiti, anzi il d.o del Gobbo hà cominciato à commandare in d.o Conseglio , che si fusse fatto non tè che contro il Gover.re, che per le troppe gride non s’è Inteso il che habbia detto, onde il sud.o Gover.re have avuto à caso starsi quiete, che perciò più tosto si può chiamare un’atto disordinato che Conseglio , e li detti Costituti si sono partiti dal Conseglio sudetto , seù atto impertinente contro la giustizia, e contro la libertà de Cittadini … Anzi li Cittadini, che sono Intervenuti in d.o Conseglio sono stati prima sedotti, et abbonati, con esserli stato dato un poco di grano per imprestito, e quelli per la loro miseria, e povertà sono concorsi ad aderire al alcuni pochi… Di più si protestano, e dicono di nullità di detto Conseglio nel quale anche hanno proposto di voler imponere nuove Imposizioni, e gravare li Cittadini di d.a Terra per Causa di spese, che si fanno, e si vogliono fare da detti del Gobbo, e Corvinelli per Causa dell’imprese liti, quale proposizione risultando in grandissimo danno, e pregiudizio de poveri Cittadini , quali per tante spese inutili, ed esorbitanti, e fatte à loro mero Capriccio… e vogliono essi Costituti, che d.a proposizione, e conclusione fatta, non se ne debba havere nessuno conto, mà che si debbia stare sempre al solito, senza angariare, e gravare li poveri Cittadini con d.e Imposizioni…”. Troppo evidente lo scontro, che è di origine lontana ed ha caratterizzato già la seconda metà del XVII secolo, tra i borghesi emergenti, che, favorito, in questa fase, dai contemporanei sconvolgimenti politici più generali, si nascondevano dietro gli interessi contrapposti tra i feudalisti , più ' conservatori ', ed i demanialisti , più ' progressisti ', per parlarne. Il '700 limosanese fu, nell'aspetto di maggiore importanza, caratterizzato dalla ' retrovendita ' e dalla riacquisizione alla disponibilità del demanio della " Universitas civium Terre " dei tre 'corpi feudali ' (il Bosco Fiorano , le Cese e la Sala ), che ancora mancavano. Tra e dopo mille vicissitudini 440 la ' ricompra ' fu cosa fatta solo nel 1778, anno (precedente alla rivoluzione francese, a riprova del fatto che già si respirava un certo clima anche da noi) a partire dal quale l'evento favorì la formazione di tante aspettative, nella società non solo di Limosano ma anche delle 'Terre' limitrofe, da portare una ' immigrazione ' di massa di molti ' forastieri '. L'avvenuto riscatto di quei corpi feudali, inoltre, fece sì che gli amministratori, per parte loro, si trovarono improvvisamente a dover affrontare, con la disponibilità di un patrimonio fondiario così ingente, il problema di come renderne partecipe, " nemine discrepante ", il maggior numero possibile di 'Cittadini'. E che, pure per la ' discussione ' politica, di certo accesa e vivace, che si era creata nell'ambiente e si faceva dalle diverse componenti sociali della " Universitas civium Terre Limosani ", fosse cosa affatto trascurabile lo dimostra il fatto che, in modo assai innovativo rispetto ai sistemi amministrativi tradizionali, sarà adottata, dopo un periodo di una quindicina di anni, una soluzione ' socialista ', che, di parecchio precorritrice del formarsi di quella idea, verrà democraticamente posta in essere in una realtà insediamentale locale, quella limosanese, che, pur ridimensionata, così dimostrava di essere ancora punto di riferimento 'culturale' importante. Di certo si dimostra ' moderna ' rispetto alla decisione amministrativa del 2 Dicembre 1658, quando, forse a causa di una probabile congiuntura demografica sfavorevole, il " Sindicus et eletti Terre Limosani (nota: Berardino Fracasso , Sindico Terre Limosani in hoc p.nti anno, Valerio Caserio, Jacobo Lucatelli Medico, Salvatore Covatta, Aloisio Pasquale et Jo:Batta

440 Si veda la essenziale ricostruzione della vicenda in BOZZA F., op. cit., pag. 225 e seg.

293 Colasurdo , eletti ad gubernum et Consilium d.te Terre pro p.nti anno)… ad conventionem devenerunt cum Sindico et elettis Terre S. Angeli (nota: Francisco Carosiello , Sindico Terre Sant'Angeli in hoc p.nti anno, Angelo d'Imbuccio et Nicolao d'Elia , eletti ad consilium et Gubernum d.te Terre pro p.nti anno )… et ex nunc liberi affittaverunt et arrendaverunt ac in affictum et arrendamentum dederunt… quaddam territorium tumulorum quattuorcentum in circa quod vulgariter nuncupant le stirpara di Montemarconi , situm et positum in pertinentiis d.te Terre Limosani iusta feudum Ferrari, Torrente Fiorana, iusta territorium Luceti Casale Cascapera, iusta Terram S.ti Angeli et alios si qui sunt fines… pro ducati decem de Carl.o argenti pro quilibet anno " ed alle seguenti condizioni: "In primis la d.ta Università di Limosani et per essa li suoi sindico et eletti promettono assignare… le solite confine di d.to territorio acciò si possa sapere per coltivarlo. Item che d.ta Università di S.to Angelo possano coltivare et scodere dette stirpara, e lo terraggio (nota: che si pagava solo quanto il relativo terreno veniva coltivato) di d.to territorio sia di d.ta Uni.tà di S.to Angelo alla q.le sia lecito pascolare in d.to t.rio con tutte et qualsisia sorta d'animali etiam per li territorij di Chiese et particolari conforme d.ta Università di Limosani ci have il pascepascolo et attione, ma che d.ta Università di S.to Angelo nello scodere delle stirpara siano tenuti lasciare cinq.o arbori per tomolo per relevare arbori, et per d.o tempo di anni sei la d.a Uni.tà di Limosani possano pascolare con li loro animali et legnare legna morta in d.o territorio ut supra affittato conforme l'antico solito senza impedimento alcuno "441 . E che quella soluzione ' socialista ', fuor di ogni dubbio anticipatrice di tempi nuovi, fosse il frutto di un serio dibattito ‘ politico ’, al quale tutti parteciparono con passione e che nasceva da una riflessione lunga di almeno un decennio, lo provano le proposte e le discussioni, che ne seguirono, del “ publico parlamento ” del “ 19 8bre 1788 ”442 . Quando, e si era prima della

441 ASC, Fondo Protocolli notarili, Not. CARRELLI Giandonato della piazza di Fossaceca. 442 ASCL, Libro de’ Publici Parlamenti… cit. Per una migliore comprensione, oltre che della squisita sensibilità civica, delle 'cose' della Limosano di quel periodo, si propone una ricostruzione essenziale, da tale 'registro', delle notizie concernenti sia la gestione dei 'corpi' feudali' che quelle di particolare interesse e particolarità. 6 Marzo 1785 : "(…). Quarto; si propone a loro Sig.ri, qualmente vedendosi il bosco Fiorano quasi ridotto all'esterminio e come dentro, e fuori d'esso vi sono quantità di Viscieglie, le quali coll'industria potrebbero col tempo formare un altro bosco per vantaggio, ed uso de Cittadini, si è pensato esse riallevare, coll'opera di una giornata à fuoco per non caricarsi questa Unità d'interesse; Si propone per ciò a loro Sig.ri acciò stimano quel che li pare di vantaggio. Intesa da tutti i Cittadini Congreati la su divisata proposta, è concluso, e determinato che si riallevino le Viscieglie e dentro, e fuora dello Bosco Fiorano non solo coll'opra di una giornata à fuoco, ma di trè, e quattro ". 24 Aprlile 1785 : "(…). 2. Essendosi dal Marchese di Santangelo fatta la petizione sopra l'attrasso de frutti di Montemarcone nella summa di doc.ti 2764 contro questa Unità e si è pretesa la divisione di Cascapera; Non ci è Avvocado in Napoli, che facesse petto a tale petizione, mentre D. Luigi di Girolamo Avvocado di questa Unità è passato a miglior vita… . Letta, e ben intesa da Cittadini votanti è stato conchiuso di eligersi l'avvocado in Napoli col Solito Onorario, e per magioranza de voti è restato conchiuso di mandarsi in Napoli D. Amadeo Corvinelli tanto per assistere alle due interessanti Cause mosse dal Sig.r Barone de attellis contro questa Unità, quanto per destinare un novello Avvocado in Napoli per la difesa di questa Unità,… 3. Si è proposto se si devono esitare docati diecie secondo il solito per la Festa di S. Ant.o; Si è concluso di commun consenso, che si facci tale esito per il Santo, per aver veduti negl'anni passati miracoli potenti ". 23 Aprile 1786 : "(…). 2. Si propone alle Sig.e vostre, qualmente trovandosi da molto tempo introdotta lite da questa Unità con il Venle Convento di S. Fran.co per rapporto alla Casa vecchia di S. Rocco,…; giacche si vede da tutti, che una tale Casa et stanza di S. Rocco è un Mucchio di pietre,… 3. Si propone a loro Sig.i qualm.e essendosi dato mano al Campanile senza speranza di terminarsi per mancanza di danaro; Si è pensato farsi una Cedoletta di cinque Carlini a fuoco per le persone non tanto Commode, e per le persone commode dieci Carlini, o più o meno, acciò con il ritratto si potesse terminare con il tempo una opera, che serve… ". 24 Febraio 1788 : "1°: Si propone alle Sig.rie loro qualmente Vi sono molti Forastieri, che in questa Terra

294 rivoluzione francese, “… vedendosi una grande estensione di Territorio nella med.a Tenuta di Cascapera atto alla Colonia, e pochi Cittadini se ne sono fatti li Padroni col scodersi a poco a poco, e molti altri Cittadini parte devono andare nelli Paesi Forastieri, e parte vivono senza Colonia, per cui si vede crescere la miseria; Si è dalli Amministratori risoluto di rendere esso intieram.te Seminatorio, e ridursi a Coltura; ma come vi è l’impedimento recato a questa Unità dal Sig.r Barone di Santangelo, il quale per mezzo di alcuni Provisioni hà impedito la Colonia; perciò gli esercenti Governanti pensano di far togliere l’impedimento e ridurre esso a Colonia, per indi dividersi à fuoco trà Cittadini; per non stare sempre suggettata questa Unità, e Cittadini, ad interesse, e spese, e Carcerazioni, ed altre violenze . possegono beni, senza che si fossero fatte per l'addietro le imposizioni per le bone tenenze; quindi vedendosi l'aggravio che si è recato, e tutta via si reca alla Unità si è stimato eligere due deputati in publico Parlamento acciò questi facessero le imposizioni sopra delli sud.i beni che Forastieri anno in questa sud.a Terra… 2°: Si propone similmente alloro Sig.ri qualmente tenedosi da Cittadini animali Forastieri, senza che essi pagassero l'erbaggio, o fida, e recono alli Cittadini del pregiudizio, si perche ci sono le pecore, che pagano la doganella, si ancora Capre, e Bovi che pregiudicano per il pascolo; si è penzato che volendosi tenere animali de forastieri, in ogni cento pecore, e capre, debbano corrispondere docati sei à beneficio di questa Unità e li Bovi in ogni uno Carlini tredici,… ". Tra il 1788 ed il 1791 e quando gli attacchi venivano da tutte le ' Terre ' confinanti, per far fronte alle pretese del Barone de Attellis, che intendeva separare la sua quarta parte del feudo di Cascapera, l' Universitas civium di Limosano, pur di difendersi in qualche modo, arriva persino a riconoscere (si veda il ' Parlamento ' del 10 Gennaio 1790) al Marchese D. Nicola di Grazia lo 'jus proibitivo' sui forni. Dal ' Parlamento ' del 24 Luglio 1791 si ha notizia di molte " liti contro del Convento incominciate, come per esempio quella del Tandundem, quella della rimisura de Terreni anzidetti, ed altre ". E se dal ' Parlamento ' de " li nove di 8bre 1791 " risulta ancora una situazione controllabile che "dovendosi proseguire la lite di Cascapera contro il Sig.r Marchese d'Attellis, e avendo le Sig.e loro in altro antecedente Parlamento fissato a questo riguardo un degno Avvocato in Napoli per l'interesse della nostra Unità… ", da quello " congregatesi " appena tre mesi dopo, " li 22 Gen.o 1792 ", ne viene fuori una, che dire drammatica è poco. In esso " Si propone alle Sig.e vostre, come abbiamo in tempo una lettera del Sig.re Patrone Marchese di questa Terra ricevuto in questa settimana, che esso s'è unito col Barone di S. Angelo pretendendo, che la Contrada di Cascapera sia feudale, e ne vogliono spogliare questa Unità dal possesso e Dominio, che da tanti secoli vi rappresentano ; similmente si è saputo, che gli atti siansi portati in espedizione per decidersi la Causa… Propostasi tutto ciò il Popolo radunato nel presente parlamento, si è concluso di un animo Consenzo, che si facesse tutte le spese necessarie e tutto quello occorrerando per difendere le raggioni dell'Unità con i due Patroni di questa Terra di Limosani, e di S. Angelo ". Il 2 Gennaio 1791 si era tenuto un ' Parlamento ' assai importante per l'argomento che venne proposto e che lascia immaginare forti tensioni anche religiose. "Primo debbano sapere le Sig.e loro, che alcuni di questa nostra Cittadinanza sono innanzi di noi Mag.ci del Governo comparsi, ed'anno dimandato in scritto : Che essendosi dal Convento di S. Fran.co di questa nostra Terra voluto fare alcune novità relativamente à terreni, che per pura elemosina, e per sentimenti di pietà Religiosa i nostri antenati diedero al medemo in ispezialità, che niuno di questa Cittadinanza avesse più la libertà dopo la ricolta delle messi di portare i proprj animali alla Pastora, e che per i medemi territorj niuno di questi Cittadini potesse nemmeno transitarvi ne a Cavallo, ne a piedi; effetto questo della temerità e dell'orgoglio di quei pochi Religiosi, che barattano di presente le rendite di esso Convento. Quindi in sequela di que' pochi ricorrenti moltissimi, e quasi tutti sono ricorsi dagli anzidetti Mag.ci del Governo, perché si ponesse una volta alla Temerità de' Frati un valido riparo. Consequentemente noi proponiamo alle Sig.e loro alcuni risoluzioni per che ne è vantaggio di questo Publico. Primo, se vogliono che si prosequa con essi Frati la lite sul tenimento del Casale , la quale…; Secondo, se diano il loro concedimento perché si ritolga dalle mani di cotesti buoni Frati il tenimento detto Monte Marconi , mentre vi è chi può dare notizie delle Scritture necessarie per consequire il desiderato fine avantagio dell'Unità su di questa lite; Terzo, sebbene l'Unità si trovi molto inoltrata nella pretenziona di più Centinaia di tt.i di Terreno contro de Monaci sud.i, Tutta via per il compimento di tale rivinticazione si dimanda il vostro unanimo consenzo . In seguito di tutto questo se le Sig.e loro vogliano, che non solo i Monaci anzidetti: siano nella necessità di rivocare il banno anunciato relativamente ai loro territorj dati à med.mi dai nostri antenati per puro atto di pietà, ma ancora che questo Convento centro di liti e di dispenzioni per questa povera Unità sia convertito in uso di Scuola Publica, basto solo che diano il loro consenzo, perche gli attuali Mag.ci del Governo prendino

295 Si propone alle Sig.e loro qualmente come pure per togliere una volta per sempre le continue liti, e dispendij per la novità delle Cesa , si è penzato di far scodere tutta la piana persino l’incolta di Diego Longhi, che oggi si possiede dalli Figli di Nicola d’Amico, lasciandosi intatto il Corpo intiero delle visceglie e delle quercie, e si tira dal Vallone, dove tiene il territorio Saverio Battilana, e cossi si deve stendere la Colonia per sino il Vallone delle Cese, con dividersi parim.te à fuoco , acciò cessino le liti, gli odij, e gl’interessi, e l’Unità non ne venghi interessata. (…). Si è conchiuso unica voce, et nemine discrepante, che si ricorresse nella Reg.a Cam.a per togliersi l’impedimenti tanto in Cascapera, quanto nelle Cesa, acciò si evitino tanti interessi, che soffrono questa Unità, e Cittadini, e gli poveri potessero con la Coltura procacciarsi del pane, per non andare fuora, ne vedersi tante miserie. Cossi si è risoluto, e conchiuso, e che si spenda quel danaro necessario per tali Cause ”. Una volta individuato l'obiettivo da perseguire, occorreva far convergere il consenso, il più generale possibile, dei 'Cittadini' sopra il metodo da applicarsi sulla divisione "à fuoco", che, ufficialmente, " fu risoluta in Parlamento fin dal dì 29 Luglio 1792". Fu necessario, perciò, arrivare al " 30 9mbre 1794 " perché, preso atto dei risultati raggiunti a quel momento dalla ' Commissione ' dei ' Deputati ', che, per essere alquanto restia (succede sempre nelle realtà piccole), impiegò più di due anni a portare a compimento il mandato assegnatole, ne venisse formalizzato il dibattito ed al successivo " 7 Xmbre " (non risulta mai tenuto altro 'parlamento' in così breve lasso di tempo) per fissare concretamente e definitivamente le condizioni da applicare. Nella prima di quelle discussioni " si propone alle Sig.e loro qualm.te essendosi… fatta la elez.ne a scielta de Deputati per la divisione, e cenzuazione del Demanio, e Luoghi Boscosi di questa Unità , tutto per il vantaggio de Cittadini acciò ogn'uno si potesse godere, coltivare, e migliorare la rispettiva quota, e porzione uguale fra tutti Cittadini con pagarsi a beneficio di questa Unità quello verrà giudicato da periti in forma di canone. I Sig.ri Deputati… sono nel voto dimandare tanto in effetto anco per discarico del di loro impiego; perciò da noi di unita colli Sop.a Mag.ci Deputati si è stimato convocarne parlamento publico per la mentuata cenzuazione, e divisione; e perche porta dell'interesse, che non deve soffrire l'Università ma i Cittadini rispettivi , conviene perciò farsi sapere alloro Sig.ri affine ne siano pienamente informato. Quindi dovendosi dar principio, si è penzato, che anticipatamente si dassero carlini cinque a fuoco, stando poj al calcolo di quello ricaderà da pagarsi nel tempo, che ognuno si prenderà la porzione uguale, e di annualmente il canone, che si assegnerà; e perche vi sono molti Cittadini, che non hanno pronto il danaro, si è stimato di pagarsi alla fina di Luglio con quello interesse caderà, è quelli Cittadini benestanti dovrando pagarli subito e in mano del Sindaco, o di una persona che si destinerà per le spese, che ocorrono,… tutti gli espedienti necessarj per togliere da Limosani questa peste, e quindi diano il permesso di poter fare per il conseguimento di tutto quello che abbiamo loro esposto . (…). E fattasi la quale Proposta agl'infratti Cittadini vocali, alli quali si sono dati una cecerchia, ed un granodindia, la cecerchia designante l'esclusivo, el granodindia l'inclusivo, dopo distribuiti in d.a guisa a ciascuno de' sud.i Cittadini, si sono raccolti i voti, e si sono trovati settantasette granod.a, e cinque cecerchie. Che perciò la risoluzione è inclusiva, per maggioranza di voti. E così si è concluso ”. 10 Gennaio 1796. “Si propone alle Sig.e loro, qualmente non solamente dal Barone di S. Angelo si continua ad inquietare questa Unità per la divisione della quarta parte di Cascapera, ma ancora fin dall’anno passato è stata mossa lite dalla Unità della stessa Terra di S. Angelo contro di questa Unità, ed ave domandata, che apartinesse a quel Publico di S. Angelo, non solo la quarta parte di Cascapera, ma anche altri tt.a 100 di territorio, è specialmente, quelli che sono nello Spiracolo, e nella Foresta, asserendosi tenersi da questa Unità per pegno li tt.a 100 sud.i per Ducati 160, e per che le sud.e liti sono interessanti si è perciò dalli Sig.r Avvocadi in Napoli, e specialmente dal Sig.e Marchese di questa Terra, si è penzato, che fosse necessario una persona di Cognizione, e Puntuale, per assistere alle sud.e liti, che tencano inquietata questa Unità. (…)”.

296 Tale cenzuazione, e divisione specialmente in questo luogo, è di sommo utile, vantaggio, e quiete, poiche oggi i luoghi Boscosi sono di pochi Cittadini; colla divisione sarebbe di tutti . I detti luoghi Boscosi come si trovano, non possono fruttare in ogni anno da fertile in fertile ducati settanta col peso di mantenere due guardiani, a quali si pagano ducati settanta due, oltre del notabile danno, che si reca, tagliandosi, incidendosi, e rovinandosi senza rispetto da poche famiglie. Cenzuandosi, e dividendosi recarebbe ad ogni individuo dell'utile, e ne sarebbe Patrone utile di quelle robe, e lo costuderebbe come popille dell'occhi proprj, averebbe l'uso delle ghiande, e di legnare, benche dovesse migliorare la rispettiva rata, con rilevare le bisceglie…; la Unità poi per detta censuazione almeno introiterebbe ducati 350 in ogni anno, con sparambio delli ducati 72 che si dà oggi per la custodia alli Guardiani. Cosi ancora cenzuandosi i terreni demaniali, dove da fertile infertile renderebbero docati mille, colla cenzuazione, e divisione darebbero da circa ducati 1800, la quale rendita metterebbero insicuro la Reg.a Cassa e sarebbero i Cittadini lontano dalle Reg.e Collette . Per provedere al pascolo dell'animali si è penzato di lasciarsi tutto lo stirparo del Bosco Fiorano, e porzione delle Cese, acciò sia di comodo alli rispettivi pastori. Pendende la divisione, si penza togliere i Guardiani, li quali recano più danno, che utile all'Unità; e si è riflettuto per la custodia mandarsi li stessi Cittadini à fuoco, trè ò quattro il giorno, e meglio si risolverà. Per evitare qualunque frode defferenza, e suspetto si deve la divisione far sequire per contrada, e con bussola. Quindi sopra le dette proposte diano i loro pareri accioche si possa eseguire con sollecitudine la distribuzione, e cenzuazione del demanio di questa Unità, tanto de Luoghi Boscosi, che seminatorij, e che sii il fine della quiete, della pace de' Cittadini, non meno che fruttuosa e di utile a questa Unità ". La discussione certamente dovette risultare assai coinvolgente; e fece subito emergere dubbi, perplessità e non pochi problemi. Tanto che " congregatosi publico Parlamento " appena sette giorni più tardi, " si propone alle Sig.e loro qualmente à Mag.ci deputati si sono fatti i seguenti dubj accio loro Sig.ri risolvino, e sono: 1° I tre mentuati luoghi Bosco Fiorano, Cese una col Casale , sono stati ricomprati da Cittadini assoluti per mezzo delle imposizioni sofferte per formare il pieno di ducati quattro mila cinquecento cinquanta, oltre delle spese erogate per il corso di anni 30 per mantenere la lite con l'utile Patrone: tale ricompra fu fatta nell'anno 1778. Dopo tale ricompra de luoghi sud.i sono venuti ad abitare in questa Terra diversi Forastieri. I Cittadini anno domandato, che essi venissero giustamente esclusi dalla partecipazione de Corpi ricomprati, con il sangue de' mede.mi Cittadini . 2° Vi sono taluni Padri di famiglia, parti doppo la ricompra, e parti sono circa due anni ai diloro figli anno assignati le porzioni, e vivano separati. Oggi vi è il dubio se si debbono considerare nella divisione, ed i Padri viventi, ed i Figli. 3° Vi sono delle Vedove , che non formano alcun fuoco: Vi è nato il dubio se debbano entrare nella partecipazione, o loro si debba ante divisionem assignare pochi alberi atto alla Cessione, per il proprio di loro uso, senza peso . 4° Da diverse Famiglie dopo la morte de respettivi Padri, molto tempo dopo la ricompra, che trovasi non sono dieci anni tra di essi si è fatta la divisione, e da certe altri sono due anni, che si sono divise: Vi è il dubbio, se tutti debbano entrare nella eguale partecipazione, specialmente ne luoghi Boscosi, poco importarebbe, se si considerarebbe ne luoghi Demaniali Seminatorj .

297 5° Se in quelle Case dove vivono soli ecclesiastici, che non formono fuoghi, si debba fare entrare nella divisione, e partecipazione, o pure assignarsi ante divisionem questo di alberi per l'uso, senza peso . 6° Se l'utile P.ne, che ha fatto sempre, ed attualmente fa dimora nella Capitale deve entrare nel ripartimento: essendovi il dubbio, che i Corpi cennati sono stati ricomprati dai soli cittadini con il proprio sudore , e detti Corpi si tenevano dal medesimo in pegno. 7° Finalmente dovendosi devenire alla partizione de Luoghi mentuati ed elezzione delle rispettive rate: Si domanda la maniera per il proprio regolamento , se ogn'un per bussola deve eliggersi, e prendersi la rata, e facendosi la tavolata, ed ogn'una di esse forse costerà di quaranta cosette, o siano porzioni, o più o meno. Si metteranno nella bussola tutti i nomi di quelli che entrano nella partecipazione, quello che sarà il primo di una strada del paese, ad uscire dalla bussola prenderà una delle tavolate, con tutti gli altri della Strada uno dopo l'altro, sino a che sarà compiuta la tavolata, e così bussolandosi la detta volta, si farà lo stesso fin tanto che saranno compiute le tavolate, e le strade, accio non ci fosse menome inganno, e frode, si domanda per ciò il regolamento . Esposti i sud.i dubij, e letto uno per uno a Cittadini congregati si è risoluto nemine discrepante, che si sciogliessero dalla Reg.a Cam.a, e per essa dal Sig.e Comis.o, come Illuminato per potersi subito eseguire quanto si risolverà per la sollecita Divisione, e così si è conchiuso, e determinato "443 . Sciolti i 'dubbi' con la comunicazione del "18 Aprile 1795" che venne " dalla Reg.a Cam.a, e per essa dal Sig.e Comis.o, come Illuminato ", la Commissione impiegò circa un altro anno di lavoro, per portarlo completamente a termine; e solo dopo " il ripartimento fù perfezionato, e fù pur anche fissato il canone di cadauno de Cittadini ". Tutti gli atti e la ' relazione ' finale dei " Mag.ci Deputati ", così come era solito farsi, furono sottoposti " per l'approvazione de Cittadini in parlamento; cosi una tale approvazione seguì a di 26 Luglio " 1796. Ne era trascorso di tempo; ma era stato raggiunto, pur tra non pochi intoppi e con qualche fatica, un risultato ' storico ', concreto, di grandissima importanza. Bisognava solo formalizzarlo. Cosa che si fece il "trent'uno decembre 17novantasei in questa Terra di Limosano in Provincia di Contado di molise ". E con un atto, stracolmo di genuina passione civica, del quale, perché rappresenta il ‘ coro ’ dei suoi partecipanti come formato da degli autentici giganti, se ne trascrivono i nomi, i patti e le condizioni. Si costituirono "li Mag.ci Domenico di Nicola d'Amico, Rotilio Fracassi, Francesco Puglia, e Saverio di Antonio del Gobbo attuali Amm.ri dell'Unità di questa Terra di Limosano ,… da una parte; e l'infratti Cittadini Capifuochi di questa anzid.ta Terra di Limosano Michelangelo Luciano, Gennaro Covatta, Cosmo di donato Ricciuto, M.ro Nicola Gravina, Antonio d'Addario, M.ro Giuseppe Jammarino, M.o domenico Gravina, Pietro di Gio: Marcantonio, Francesco di Gio: Minicucci, Gio:Batta Donatelli, Pardo Corvinelli, Giorgio Marinelli, Francesco di Gius.e Giancola, Giorgio di Antonio Marcantonio, Francesco Marchetta, Giacomo d'Addario, Francesco Ramolo, Carlo Greco, Francesco di Cosmo Gravina, Crescenzo Valentini, Domenico Minicucci, Pardo Greco, Saverio e Gennaro d'Addario, Giosafatto Fracassi, Antonio di Venere, Costantino Marcantonio, Saverio Fiorucci, Carmine Jamonaco, M.o Vincenzo Pasciarella, Francesco di Nicola Greco, Libero Ricapito, Francesco d'Orza, Nicola Cipriano, Giorgio Matteo, Adamo d'Eliseo, M.ro Domenico Covatta, Costantino Ricciuto, Eliseo Giancola, Saverio Minotta, Eliggio Donatelli, Giovanni Greco, Michelangelo Romano, Michelangelo di Gioacchino Fiorucci, Cosmo di Lib.o del Gobbo, Domenico Gabriele, Vincenzo di michele Ricciuto, Saverio

443 ASCL, Libro de’ Publici Parlamenti… cit.

298 Mariglia, Domenico di Iorio, Francesco di donato Marcantonio, Michelangelo di Nicola Romano, Libero Frosolone, Sebastiano di Gregorio, M.o Vincenzo Bussi, Vincenzo di Cosmo Luciano, Francescant.o Gabriele, Domenico di Costanzo Russo, Nicola di Gregorio, Simone del Gobbo, Nicola di Paola, Vincenzo Covatta, Domenico Fiorilli, M.o Cosmo Ant.o Bussi, Pietro Cipriano, Domenico Bonadie, Vincenzo Romano, Mattia Colavecchio per nome di suo marito Gius.e Zillo assente, Francesco Angelilli, Donato Minicucci, Modestino Minicucci tanto per se quanto nel nome e parte di suo nipote Pupillo Pasquale Minicucci, Basso Falciglia tanto per se quanto per parte di suo nipote Pupillo Domenico d'Orza, Pietro di Pasquo Ricciuto, M.o Gius.e Pasciarella, Giacomo Paradiso, Santillo Ricciuto, Angelo Granitto, Bartolomeo Piciucco, Francesco di Tata, Nicola di Costantino d'Amico, Michelangelo di donato Giancola, Bernardo Larenza, Mag.co Iggino Giancola, la vedova Costanza Bagnoli per suo figlio Pupillo Nicola Covatta, la vedova Domenica Fratre per suo figlio Pupillo Luiggi Longo, Gio:Berardino Romano, Michelangelo di Venere, Saverio d'Amico, Domenico Marchetta, Cosmo di Nicola d'Amico, Francesco Fattorino, M.o Carmine e Nicolant.o Bagnoli, Saverio di Cosmo Covatta, Giorgio di Donato Marcantonio, Vincenzo di donato Marcantonio, la vedova Mariantonia Ricciuto per suo figlio Pupillo Domenicangelo Perrocco, Pasquale Fiorucci, Domenica Germano per suo marito Domenico Fiorucci assente, Nicola di Gio:Batta Amoroso, Mag.co Francesco Fracassi, Francesco di Gio: Giancola, Gius.e e Antonio di Andrea Venere, Donato Fiorucci, Crescenzo Donatelli, Pasquale Jamonaco, Mag.co Federico de Sanctis, Francesco di Nicola di Biase d'Amico, Vincenzo di Venere, M.o Libero Lucito, Antonio Fracassi, Domenico di Donato Covatta, Saverio Bonadie, Giorgio Bonadie, Domenico Vitullo, Michele d'Amico, Domenico di Cosmo Luciano, Francesco Jamonaco, Alesio d'Amico, Cosmo di Michele del Gobbo, Eggidio Piciucco, Michele d'Aloise Busso, Francesco di Saverio Minicucci, Francesco di Michele Marcantonio, Domenico Ricapito, Tomasino Minicucci, Nicodemo del Gobbo, Antonio Romano, Michelangelo Amoroso, Costantino e Fran.co Amoroso, Donato Ruta, Lionardo Marcantonio, Cosmo Jamonaco, Nicola Donatelli, Vincenzo di Michele Minicucci, Nicolantonio Gravina, Andrea Romano, Andrea di Cosmo Ricciuto, Carmine e Gius.e Covatta, Paolo Covatta, M.o Nicolantonio Pasciarella, Carmine Gabriele, Saverio Marcantonio, Diego di Venere, Vincenzo d'Orza, Costanzo Russo, Giorgio Perrocco, Michele Fracassi, Luiggi Piciucco, Domenico di Michele Piciucco, Domenico del Monaco, Saverio di Antonio del Gobbo, Donato Luciano, Michele di Gregorio, Pompilio Fracassi, Saverio Ramolo, Antonio di Clemente Piciucco, Gius.e:Antonio Ricciuto, M.o Raimondo di Gregorio, Luiggi di Venere, Antonio di Angelo Jamonaco, Vincenzo d'Ambrosio, Francesco di donato Greco, Martino d'Addario, M.o Gius.e Minicucci, Andrea Donatelli, Francesco Sav.rio Bonadie, Nicola di Eggidio Longo, Berardino Fratijanni per se e per suo nipote Pupillo Antonio di Baldassarre Gravina, Gaetano Russo, e M.ro Michelangelo Pasciarella, ed erede di Donato Germano, Pietro di Fran.co Ricciuto ,… dall'altra parte. Le summentovate Parti… hanno spontaneamente asserito… come… già si elessero in publico parlamento gli Deputati, che furono gli Preti D. Amadeo Corvinelli, D. Francesco d’Addario, D.r Fisico D. Daniele Fracassi, Mag.co Vitale Larenza, Pietro di Pasquo Ricciuto, e Francesco di Gio: Giancola ; si procedé… alla dovuta misura non solo del Bosco Fiorano, seu de monti, Cese, Selvitella, e Coste di piena proprietà di questa med.ma Unità , e col consenso de Cittadini Congregati in publico parlam.to si devenne primieramente alla divisione del cennato Bosco, col farsene del med.o undeci Ripartimenti, o sia undeci grandi divisioni, con lasciarvi tra l’una, e l’altra uno intermedio Stradone per comodo di tutta la Cittadinanza; quindi di ciascun ripartimento se ne fecero tante suddivisioni, quanto erano gli Capifuochi, e sopra la faccia del Luogo si assignò a ciascuno

299 Capofuoco la sortita porzione nella capacità di tomola due, e mezzo per ciascuno, e nelle Cese, Selvitella, e Coste di circa misure dieci per cadauno; In alcuna porzione vi sono alberi molti, in altre meno, ed in altre niente; e si tassarono gli rispettivi annui canoni secondo la bontà, e qualità de luoghi, e numero degli alberi de divisi sortiti Fondi… E volendo esse Parti ridurre ad effetto quanto nel Reg.o assenso si prescrive,…, hanno gli enunciati Mag.ci Rappresentanti nel nome di questa med.ma Unità conceduto in enfiteusi perpetuo , e per titolo di d.a Concessione… hanno… dato agli sopradetti, ed infrascritti Cittadini, qui presenti ed accettanti… tanto la porzione del Bosco Fiorano, quanto delle Cese, Selvitella e Coste nella quantità come infra indicata; qual Bosco stà situato dalla parte di Tramontana, confinate con Montemarconi, da Levante, da mezzo giorno e da Ponente confinante con altri demani di questa Unità; le Cese stà situato da Tramontana, e Levante; la Selvitella tutto a Levante, e le Coste a mezzo giorno; quali Corpi confinano tutti con altri demani di questa Unità. Sapendosi ben vero dai soprascritti rispettivi Cittadini Capofuochi gli di loro respettivi fini, e Confini delle loro respettive porzioni, nei quali sono ognuno di essi nell’attuale possesso. Per la quale dunque censuazione come sopra fatta; Perciò ognuno di essi… si è obbligato di corrispondere, e pagare in beneficio di questa med.ma Unità il loro respettivo annuo canone del modo che segue: - Michelangelo Luciano al Bosco carlini dieci, ed alle Cese grana quindeci; - Gennaro Covatta al Bosco carlini dieci, ed alle Cese grana quindeci; - Cosmo di Donato Ricciuto al Bosco carlini nove, ed alle Cese un carlino; - M.ro Nicola Gravina al Bosco carlini dieci, ed alle Cese grana quindeci; - Antonio di Michele d’Addario al Bosco carlini quattordeci, Cese grana quindeci; - M.ro Gius.e Jammarino al Bosco carlini otto, alle Cese grana due; - M.ro Domenico Gravina al Bosco carlini dodeci, Selvitella g.a quindeci; - Pietro di Gio: Marcantonio al Bosco carlini dieci, ed alle Cese grana quindeci; - Fran.co di Gio: Minicucci al Bosco carlini tredeci, Cese carlini due; - Gio:Batta Donatelli al Bosco carlini otto, Cese granda quindeci; - Pardo Corvinelli al Bosco carlini dodeci, Cese grana quindeci; - Giorgio Marinelli al Bosco carlini sei, Selvitella grana quindeci; - Francesco di Gius.e Giancola al Bosco carlini sei, Cese grana quindeci; - Giorgio di Antonio Marcantonio al Bosco carlini otto, Cese grana sedeci; - Francesco Marchetta al Bosco carlini sei, Cese carlini due; - Giacomo d’Addario, con Ambrosio, al Bosco car: sedeci, Cese car: tre; - Fran.co Ramolo al Bosco car: undeci, Cese grana quindeci; - Carlo Greco al Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - M.o Fran.co di Cosmo Gravina al Bosco carlini sei, Cese grana quindeci; - Crescenzo Valentini al Bosco carlini otto, Cese grana quindeci; - Domenico Minicucci al Bosco car: dieci, Cese carlini due; - Pardo Greco al Bosco car: dieci, Cese carlini due; - Magnifico D. Carlo d’Antonio Corvinelli Bosco car: sei, Cese grani quindeci; - Saverio, e Gennaro d’Addario al Bosco carlini sei, Cese carlini tre; - Giosafatto Fracassi al Bosco carlini quattordeci, Selvitella grana quindeci; - Antonio di Venere al Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Costantino Marcantonio al Bosco carlini otto, Cese grana quindeci; - Saverio Fiorucci al Bosco car: sette, Cese carlini due; - Carmine Jamonaco al Bosco car: dieci, Cese un carlino; - M.ro Vincenzo Pasciarella al Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Fran.co di Nicola Greco al Bosco car: sei, Cese grana ventisei;

300 - Libero Ricapito al Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Fran.co d’Orza al Bosco car: sei, Cese grana tredeci; - Nicola Cipriano al Bosco car: sedeci, Cese carlini due; - Giorgio Matteo al Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Adamo d’Elisio al Bosco car: sei, Cese un carlino; - M.ro Dom.co di Gio:Carlo Covatta al Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Costantino Ricciuto al Bosco car: nove, Cese grana diecisette; - Eliseo Giancola al Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Saverio Minotta al Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Eliggio Donatelli al Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - Giovanni Greco al Bosco car: dieci, Cese carlini due; - Michelangelo Romano di Gius.e al Bosco car: sette, e mezzo, Cese grana quindeci; - Michelangelo di Gioacchino Fiorucci al Bosco car: dieci, Cese grana quindeci; - Cosmo di Lib.o del Gobbo al Bosco car: undeci, Cese grana quindeci; - Domenico Gabriele al Bosco car: sette, alle Coste grana ventisei; - Vincenzo di Michele Ricciuto al Bosco car: sette, Cese un carlino; - Saverio Mariglia al Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - Domenico di Jorio al Bosco car: dieci, Cese grana quindeci; - Fran.co di donato Marcantonio al Bosco car: cinque, Cese grana quindeci; - Michelangelo di Franc: Romano al Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Liberio Frosolone al Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Sebastiano di Gregorio al Bosco car: sei, Cese carlini due; - M.ro Vincenzo Bussi al Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Vincenzo di Cosmo Luciano al Bosco carlini sette, Selvitella grana quindeci; - Francescant.o Gabriele al Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Domenico di Costanzo Russo al Bosco car: cinque, Cese grana quindeci; - Nicola di Gregorio al Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Simone del Gobbo Bosco car: otto, Selvitella grana quindeci; - Nicola di Paola Bosco car: sette, Cese un carlino; - Vincenzo Covatta Bosco car: otto, Cese carlini due; - Domenico Fiorilli Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - M.ro Cosmant.o Bussi Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Pietro Cipriano Bosco car: cinque, Cese grana quindeci; - Domenico Bonadie Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Vincenzo Romano Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Mattia Colavecchio per suo marito assente Gius.e Zillo al Bosco carlini sei, Coste grana quindeci; - Fran.co Angelilli Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Donato Minicucci Bosco car: sette, Cese carlini due; - Modestino Minicucci per se, e suo nipote Pupillo Pasquale di Gio: Minicucci Bosco car: tredeci, e mezzo colle Cese; - Basso Falciglia per se, e suo nipote Pupillo Domenico d’Orza Bosco car: undeci, Cese grana venticinque; - Pietro di Pasquo Ricciuto Bosco car: dieci, Cese car: tre; - M.ro Gius.e Pasciarella Bosco car: dieci, Cese grana quindeci; - Giacomo Paradiso Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Santillo Ricciuto Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Angelo Granitto al Bosco car: nove, Cese carlini due; - Bartolomeo Piciucco di Pietro al Bosco car: otto, Cese grana quindeci;

301 - Francesco di Tata al Bosco car: sette, Selvitella grana venticinque; - Nicola di Costantino d’Amico Bosco car: sei, Selvitella grana quindeci; - Michelangelo di donato Giancola Bosco car: sei, Cese grana venticinque; - Bernardo Larenza Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - Mag.co Iggino Giancola Bosco car: sei, Cese carlini due; - la Vedova Costanza Bagnoli per suo figlio Pupillo Nicola Covatta al Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - la Vedova Domenica Fratre per suo figlio Pupillo Luiggi Longhi Bosco car: sette, Cese grana tredeci; - Gio:Berardino Romano al Bosco car: otto, Cese car: due; - Michelangelo di Venere Bosco car: otto, Cese car: due; - Saverio d’Amico Bosco car: otto, Cese car: due; - Domenico Marchetta Bosco car: dieci, Cese grana quindeci; - Fran.co Fattorino Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - M.o Carmine e Nicilant.o Bagnoli Bosco car: otto, Cese carlini due; - Saverio di Cosmo Covatta Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Giorgio di donato Marcantonio Bosco car: sette, Cese carlini due; - Vincenzo di donato Marcantonio Bosco car: cinque, Cese grana quindeci; - la Vedova Mariant.a Ricciuto per suo figlio Pupillo Domenicangelo di Saverio Perrocco al Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Pasquale e Domenico Fiorucci Bosco car: otto, alle Cese unito anche Michele loro Fratello grana cinquantacinque; - Nicola di Gio:Batta Amoroso Bosco car: nove, ed alle Cese grana quindeci; - Mag.co Fran.co Fracassi Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Fran.co di Gio: Giancola Bosco car: tredeci, Cese grana quindeci; - Gius.e e Ant.o di Andrea di Venere Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Donato Fiorucci Bosco car: sei, Cese carlini due; - Crescenzo Donatelli Bosco car: dieci, Cese grana quindeci; - Pasquale Jamonaco Bosco car: dieci, a le Coste carlini due; - Mag.co Federico de Sanctis Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - Franco di Biase d’Amico Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Vincenzo di Venere Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - M.ro Libero Lucito Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Antonio Fracassi Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Dom.co di donato Covatta Bosco car: dodeci, Cese grana quindeci; - Saverio di Pasquale Bonadie Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Giorgio Bonadie Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Domenico Vitullo al Bosco car: cinque, Selvitella grana quindeci; - Michele d’Amico al Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Domenico di Cosmo Luciano al Bosco car: otto, Selvitella grana quindeci; - Francesco Jamonaco al Bosco car: nove, Cese Carlini due; - Alesio d’Amico Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - Cosmo di Michele del Gobbo Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Eggidio Piciucco Bosco car: sette, Selvitella un carlino; - Michele di Aloise Busso Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - Franco di Sav.rio Minicucci Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Franco di Michele Marcantonio Bosco car: dieci, Cese carlini due; - Domenico Ricapito Bosco car: dieci, Cese grana quindeci; - Tomasino di Sav.rio Minicucci Bosco car: sei, Cese grana quindeci;

302 - Nicodemo del Gobbo Bosco car: dieci, Cese grana quindeci; - Antonio Romano di Nicola Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Michelangelo Amoroso Bosco car: cinque , Selvitella carlini due; - Costantino, e Franco Amoroso Bosco car: nove, Cese carlini tre; - Donato Ruta Bosco car: otto, Cese car: due; - Leonardo Marcantonio Bosco car: dodeci, Cese grana venticinque; - Cosmo Jamonaco Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Nicola Donatelli Bosco car: otto, Cese carlini due; - Vincenzo di Michele Minicucci Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Nicolant.o Gravina Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Andrea Romano Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - Andrea di Cosmo Ricciuto Bosco car: sette, Cese carlini due; - Carmine e Gius.e Covatta Bosco car: otto, Cese carlini due; - Paolo Covatta Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - M.ro Nicolantonio Pasciarella Bosco car: otto, Cese carlini due; - Carmine Gabriele Bosco car: tredeci, Cese grana quindeci; - Saverio Marcantonio Bosco car: dieci, Cese carlini due; - Diego di Venere Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Vincenzo d’Orza Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Costanzo Russo Bosco car: dieci, Cese grana quindeci; - Giorgio Perrocco Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Michele Fracassi Bosco car: nove, Cese car: due; - Luiggi Piciucco Bosco car: otto, Cese carlini due; - Domenico di Michele Piciucco Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Domenico del Monaco Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Saverio d’Ant.o del Gobbo Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Donato Luciano Bosco car: sette, Cese grana quindeci; - Michele di Gregorio Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Pompilio Fracassi Bosco car: sette, Selvitella carlini due; - Saverio Ramolo Bosco car: otto, Cese carlini due; - Ant.o di Clemente Piciucco Bosco car: nove, Cese grana quindeci; - Giuseppe Ant.o Ricciuto Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - M.ro Raimondo di Gregorio Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Luiggi di Venere Bosco car: otto, ed alle Cese grana quindeci; - Ant.o di Angelo Jamonaco Bosco car: dodeci, Cese carlini due; - Vincenzo d’Ambrosio Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Franco di Donato Greco Bosco car: otto, Cese grana quindeci; - Martino di Nicolang.lo d’Addario Bosco car: undeci, Cese grana quindeci; - M.ro Gius.e Minicucci Bosco car: dieci, Cese grana quindeci; - lo med.mo Gius.e per suo nipote Andrea Donatelli Bosco car: undeci, Cese ca: due; - Franco Saverio di Titta Bonadie Bosco car: sei, Cese grana quindeci; - Nicola di Eggidio Longhi Bosco car: dodeci, Cese grana quindeci; - Berardino Fratijanni Bosco car: sei, Cese un carlino; - lo med.mo Berard.no per suo nipote Pupillo Ant.o di Baldassarre Gravina al Bosco carlini sei, alle Cese un carlino; - Gaetano Rossi al Bosco carlini otto, ed alle Cese grana quindeci; - Pietro di Franco Ricciuto al Bosco carlini otto, ed alle Cese grana quindeci; - Nicola di Donato Germele al Bosco car: sei, Cese grana quindeci.

303 Con espressa dichiarazione che li soprad.i Cittadini si sono in diversi giorni costituiti per la presente censuazione, ma di volontà, e per comune consenso di ambe le Parti si è data l’epoca del tempo de trent’uno dicembre di questo spirato anno 17novantasei, affinché la med.ma censuazione principia nell’entrante nuovo anno 17novantasette; per cossi terziatam.te corrispondere il rispettivo canone,… Stante dunque la Concessione come sopra fatta…, essi rinomati Costituti Cittadini hanno dichiarato di esserne ben contenti, e sodisfatti della loro rispettiva porzione, e rispettivo canone annessovi; e perciò hanno promesso… di corrispondere, e pagare a beneficio di quest’anzidetta Unità,… il loro rispettivo canone,… per quello che ad ognuno di essi spetta, ed appartiene terziatamente, cioè il primo terzo nella fine del venturo mese di aprile dell’entrante anno 17novantasette, il secondo terzo nella fine di agosto del med.mo anno, e l’ultimo terzo infine di decembre di questo istesso anno 17novantasette; e così successivamente… continuare a corrispondere, e pagare giusta la data dei sopraenunciati tempi terziatamente lo già stabilito annuo canone, seu censo inaffrancabile;… Più hanno promesso, e con giuramento essi suddivisati Cittadini si sono obbligato di non affatto occupare cos’alcuna degli stradoni rimasti, e restati per comodo di tutto il Publico, né delle strade vicinali lasciate tra una porzione coll’altra, e di non occupare gli luoghi riservati al Pascolo, che a tal effetto non si sono divisi… Inoltre essi med.mi Cittadini hanno promesso, e con giuramento si sono obbligati di migliorare, accrescere, ed aumentare ognuno di essi la loro rispettiva porzione, come sopra a sorte spettatali, con quei aumenti, e migliorazione necessarie, come quelle di farvi crescere, rilevare, e riprodurre almeno trent’alberi per ogni tomolo; e di non dannificare, né far fare danno nelle porzioni aliene, né vicini, né lontane, ma che ognuno di essi, secondo con giuramento si è obbligato… di ben custodire, conservare, ed accrescere la sua rispettiva porzione,… Parimente… li summenzionati Cittadini si sono obbligati, che se ciascuno de med.i, in ogni futuro tempo vorrà vendere, ed alienare a beneficio di altro Cittadino la sua quota, seu porzione, in questo caso debba cerziorare, ed avisare gli Amm.ri pro tempore dell’Unità, altrimenti la vendita s’intende sempre nulla, ed invalida, e come non fatta… (…).” 444 . Il 30 Aprile 1797, che era il giorno previsto per il pagamento della prima terza parte del canone, dai “ costituiti Mag.ci Domenico di Nicola d’Amico, Domenico di Gio:Carlo Covatta, e Pasquale Jamonaco attuali Governanti dell’Unità di questa Terra di Limosano… da una parte e l’infrascritti Cittadini Capicuochi di questa anzid.a Terra di Limosano, gli nomi dei quali in appresso si descriveranno… dall’altra parte… volendo esse Parti ridurre ad effetto quanto nel Reg.o Assenso si prescrive,…, hanno gli Riferiti Mag.ci Rappresentanti nel nome di questa med.ma Unità conceduto in enfiteusi perpetuo , e per titolo di detta Concessione… hanno dato agl’infratti Cittadini qui presenti, ed accettanti… tanto la porzione del Bosco Fiorano, quanto delle Cese, Selvitella, e Coste nella quantità sop.a indicata,… sapendosi ben vero da sopradetti Cittadini Capifuochi, e da ciascuno di essi rispettivamente gli di loro rispettivi fini, e confini delle di loro rispettive porzioni, nei quali sono, siccome si ritrova ognuno di essi nell’attuale, reale, e corporale possesso ”445 . Come i sogni, che anticipano la realtà ed assai spesso la precorrono solamente, debbono sempre rimanere nella sfera della poesia in cui si fanno e, quando vogliono uscirne, sono destinati ad essere del tutto dimenticati, così anche la “ripartizione” dei Corpi feudali fatta dai limosanesi, che altro non fu che un bellissimo sogno, ma pur anche e sempre un sogno, era destinata a fallire ed a rimanere solo un episodio.

444 ASC, Protocolli Notarili, Notaio CORVINELLI Melchise(dech) della piazza di Limosano. 445 ASC, Protocolli Notarili, Notaio CORVINELLI Melchise(dech) della piazza di Limosano.

304 Difatti, meno di quarant’anni dopo, era il 14 Giugno del 1834, alla presenza questa volta di ben due Notai, Corvinelli Fortunato e Lucito Giuseppantonio, tra il Sindaco Don Domenico Robustella ed i “ capi di famiglia ” (ben 257 ‘partitari’, dei quali risultano, come già allora, indicati i rispettivi nomi) “ si è devenuto alla stipula del presente atto. In virtù del quale tutti i Capi di famiglia… hanno rinunciato a favore del Comune di Limosano,…, tutti i dritti, ragioni ed azioni loro competenti, tanto nelle quote proprie ricevute nella divisione, quanto nelle altre da loro acquistate, e pervenute per qualsiasi titolo,… Questa cessione, e rinuncia s’intende fatta sotto li seguenti patti, e condizioni. 1°. Che tutti i quotisti rinuncianti restano condonati dalle pene cui avessero potuto incorrere per lo avvenuto sboscamento, di cui se ne ignorano gli autori. 2°. Che dal venturo anno mille ottocento trentacinque 1835 in poi essi restano esonerati, e disobbligati dal Canone che si corrispondeva al Comune, e dal Contributo Fondiario. 3°. Che essi rinuncianti… goderanno l’uso Civico dopo ripristinato a bosco per le sole legne morte, siccome lo godevano prima della divisione, e che i Cittadini sono preferiti nel pascolo, cassata la stretta difesa, a qualunque forestiere,… 4°. Finalmente restano aperte le seguenti strade ciò è quella di sopra detta del lago Majuro che conduce a Cascapera. Quella del mezzo detta del brecciaro, che conduce a Monte Marconi. E quella di sotto detta del Fonte del Fico, che conduce all’inforcatura, o sia ai limiti del tenimento di Limosano, e l’ex Feudo di Ferrara, per le quali è permesso il passaggio anche con ogni specie di animali,… (…). Tutte le altre strade esistenti dentro la tenuta di Fiorano, capricciosamente fatte da quotisti per loro comodo particolare restano chiuse espressamente al passaggio degli animali: i contravventori saranno puniti ai termini della Legge. (…)”. Ma nel breve volgere di circa trent’anni si erano vissuti mutamenti grandi. Quei cambiamenti che fanno voltare pagina alla Storia. E che tolgono ogni spazio alla sopravvivenza dei sogni e della poesia. Uno di tali mutamenti dipendeva dal fatto che, siccome " nelle porzioni rispettive ricadute a ciascun Cittadino, non si ebbe l'avvedutezza di porvi i termini lapidei, ma i confini furon distinti con alcuni segni apposti alle querce; queste nella ricordevole epoca del 1799 (nota: quando il Bosco venne incendiato), furono tutte recise, perciò oggi tutto è confusione, e ogni Cittadino ignora i confini della sua porzione toccatagli in sorte "446 .

446 ASC, Atti demaniali di Limosano, B. 1, f. 2. Da una 'comunicazione' del 12 Febbraio 1813 "al Sig.r Intendente di Molise", dalla quale risulta "come che il libro d'esazione contiene il nome di tanti individui, de' quali alcuni sono assenti da più anni dal Comune, talché non se ne ha notizia; altri morti senza eredi; ed altri finalmente mandati nella grande armata di Spagna, più non sono tornati. Or costoro godevano la loro porzione, e oggi l'han rimasta derelitta, senza che il Comune ne facci veruno introito. (…). Dippiù la divisione, e censuaz.e del Bosco sud.o fu fatta nell'anno 1795 e 1796. (…) Si stima assolutamente necessario di limitare con termini lapidei tutte le porzioni toccate nella divisione a' rispettivi cittadini, e questa dovrebbe farsi a spese del Comune, che annualmente ne introita il censo dal nominato Bosco Fiorano". La distruzione, durante i fatti del 1799, degli antichi documenti è confermata dalla seguente dichiarazione del 17 Febbraio 1826, con cui "il Signor Don Gaetano Amoroso del fu Francescantonio, ex Notaio,… essendo stato richiesto per parte del Reverendo Don Emiliano Corvinelli attuale Arciprete di questa Chiesa sotto il titolo di Santa Maria Maggiore di questo Comune di Limosano, di attestare, se dalla Scheda antica del fu Notar Scipione di Ambrosio di Limosano, che si era conservata ed amministrata sempre da esso costituto Notar Amoroso sino all'anno millesettecentonovantanove, 1799, in cui fu saccheggiato la di lui casa,…, così esso costituito Don Gaetano Amoroso ha dichiarato… di non esservi, non solo la detta Scheda antica del detto fu Notar Scipione d'Ambrosio di Limosano, ma bensì quelle di varj altri Notari antichi, quella del fu suo padre, e quella sua propria,… (che) furono sempre da esso costituito ex Notaio conservate ed amministrate, cioè quella del fu Notar di Ambrosio sino all'anno millesettecentonovantanove, 1799, in cui fu dispersa, e le altre…".

305 Così la “ Universitas civium ” non più si chiamava Università o Unità ; era diventata la “Comune ”. E i ‘ Capifuochi ’ erano diventati i “ capi di famiglia ”. Ma non era la stessa cosa. Quei mutamenti avevano comportato che, col diventare più ‘moderni’, i limosanesi si erano fatti più egoisti, più diffidenti, più rivolti a se stessi. Ma meno rispettosi dei bisogni altrui. Da ultimo e per concludere, non può non registrarsi, accanto ad una 'partecipazione' fuori dell'ordinario, uno spirito di contestazione, quando non di vera ribellione, continuo nel tempo fatto di secoli, assai forte tra i limosanesi. Traeva esso origine dal fatto che quella di Limosano fu, sempre e da sempre, area di fermenti particolarmente vivaci, tanto di laici che di alcuni preti, i quali assai spesso si trovarono ad essere coinvolti in movimenti anche non ortodossi quanto a dottrina. E' documentabile, a partire dal periodo della 'riforma' (per i precedenti, pur se le contestazioni furono forti ed al riguardo basti solo pensare a Pietro del Morrone ) e sino ancora al XX secolo, la nutrita presenza di ' protestanti '.

7.3 - Il patrimonio della "Universitas civium"

Testimonianza concreta di una organizzazione in senso ed in direzione comunitaria o, più propriamente, ' uni (versi )taria ' della gestione delle disponibilità, di formazione assai antica e, comunque, da attribuire a periodo non più tardi di quello medievale, relative al patrimonio fondiario, che per Limosano era consistente di molto e che rientrava interamente dentro la linea di quel 'confine', di cui già è stato riferito, è il " distinto notamento di tutti i corpi demaniali, che si posseggono da questa Commune, che sono come siegue 447

447 ASC, Atti demaniali di Limosano, B. 1, f. 1. Una ricostruzione storica dei fatti che interessarono Cascapera si ha dalla seguente comunicazione datata 23 Febbraio 1808 (ASC, Atti demaniali, B. 1, f. 2): "In vista degl'ordini generali co' quali vengono incaricati i Sindaci di ciascun Commune nel procurare i mezzi di far conoscere per via de' loro Avvocati le Cause de' rispettivi Communi contro l'ex Feudatario, mi veggo nel dovere di ripeterle quanto con altra mia umilissima le umiliai, delineandole il quadro d'una lite, che questo Commune crede molto giusta, e proficua rimettere in Campo contro l'ex=Marchese de Attellis della limitrofa Terra di S. Angelo, e contro D. Aniello de Grazia ex=Marchese di questa Commune di Limosano. Il quadro esatto della lite è, come siegue. Prima del 1742 questa Università di Limosano corrispondeva alli preaccennati ex=Feudatarj de Attellis, e de Grazia duc: 10 per cadauno in ciascun anno, per la Difesa di un vasto Terreno denominato Cascapera. Essendosi formato lo stato Discusso dalla passata Reg.a Cam.a nell'anno 1742 si ordinò, che li due anzid.i ex=Feudatarj fra 'l termine di mesi tre, avessero esibito il titolo, per cui si esigevano li d.i ducati 10 per ciascuno. In progresso da circa anni 25 fù mossa la lite in d.a abolita Re.a Cam.a dall'attuale ex=Feudatario di S. Angelo, d'accordo forsi con quello di Limosano contro questa Università, cercando oltre la parte delle rendite della mentovata Difesa di Cascapera, anche la divisione di d.o Corpo, pretendendo che la metà fusse di questa Università, l'altra metà di amendue essi ex=Possessori. Fabbricati diversi atti, fù ordinato dalla R.a Cam.a che si riconoscesse la sud.a Difesa di Cascapera, se era suscettibile di comoda divisione. Fù creduta tale, e fù divisa di fatto provisoriam.e per ordine della stessa R.a Cam.a, che ordinò contemporaneamente che i Cittadini di Limosano non potessero esser rimossi dalla Colonia, non potersi mutare la superficie del Luogo, riserbandosi a questa Università e Cittadini l'uso del pascolo; come anche la giurisdiz.e a questa di Limosano;… Nella divisione la quarta parte, e la migliore fu assegnata all'ex=Possessore di S. Angelo, dal quale, subito posto in possesso, furono i Coloni di Limosano con violenza esclusi dall'uso della Colonia, e spogliati anche de' terreni ridotti ad uso di semina da' medesimi, che furono e sono seminati da Cittadini di S. Angelo. Di questa violenza,…, se ne tenne ricorso in d.a Reg.a Cam.a in dove… fù decretato, che il ricolto ed i frutti si depositassero penes tertium; contro del quale decreto se ne produssero capi di nullità dall'attuale ex=Possessore di S. Angelo, il quale temendone forse la sollecita discussione, fè tagliare i seminati non giunti al perfetto maturo; ed in tale posizione è rimasta la causa, la quale rimase deserta per manovre di chi allora regolava gl'affari di questo Pubblico, e che forse badò più a riempirsi la propria tasca, che a difendere i giusti dritti della Padria, giusta la pubblica voce. Ora… si crede opportuno rimetterlo in piedi per non far rimanere sospeso un'affare di tanto rimarco, che ha non poco pregiudicato al dritto di Colonia, e di Pascolo di questa Commune,… e per tale pendenza si è destinato in

306 Bosco Fiorano terreno frattoso Tomoli 800 Pascipascolo in d.o Bosco " 130 Cese terreno seminatorio " 250 Selvitella terreno seminatorio " 050 Questi anzid.i tre corpi demaniali si trovano da più anni divisi, 1230 e censiti a Cittadini, e danno di rendita annua ducati 290 certa, e non decimale. Cascapera terreno seminatorio Tomoli 500 500 Questo Demanio si affitta anno per anno a Cittadini. In questo anno stà affittato per d.i 300. La Sala territorio seminat.o Tomoli 1000 1000 Questo Corpo demaniale si coltiva da Cittadini, e da questa Commune se ne esigge la rendita annua a terraggio, cioè in ogni dieci tomoli di prodotto si esigge un tomolo. Altri demanj sparsi in diversi luoghi tutti terreni seminatorj, la Tomoli 1500 1500 di cui rendita si esigge a terraggio come sopra In unum tutti i terreni Demaniali di questa Commune sono Tomoli 4230 " A parte la vicenda, lunga appena poco meno di due secoli, della " vendita cum pacto de retrovendendo " prime e, poi, della ' ricompra ', nel tempo, dei corpi feudali, del cui trovarsi nel possesso della " Universitas civium Terre Limosani " sembra pressocché impossibile la ricostruzione (pur se il far parte di 'corpi' unici porta ad ipotizzarne l'iniziale formarsi intorno a ' Casali ' sparsi); a parte questo e senza considerare neppure le ' indebite ' appropriazioni da parte di 'Cittadini' rivoluzionari (i quali si muovevano secondo una logica 'individualista' e brigantesca), che alla data (20 Marzo 1808) del " notamento " ne avevano ridotta di parecchio la consistenza (la Sala dai " mille cinquecento tomoli in circa " era passata ai soli " tomoli 1000 "), va comunque detto che la disponibilità del patrimonio fondiario che faceva capo a

Napoli l'Avvocato Sig.r D. Antonio de Giacomo". Dalla "Allegazione Forense" di quest'ultimo, datata 25 Gennaio 1810 (ASC, Atti demaniali, B. 1, f. 2), si ricavano le notizie più antiche della storia di Cascapera. Sulla conclusione della vicenda fa piena luce l'atto stipulato il 29 Dicembre 1820 "avanti di noi Giuseppantonio Lucito fu Francesco, Notajo", al quale furono presenti "Il Signor Don Vincenzo Lucito fu Libero, Farmacista ed attuale Sindaco di questo suddetto Comune… e… il Signor Serafino Minotti di Palmo, Proprietario e Sindaco attuale del limitrofo Comune di Santangelo limosano…". Con esso "i comparenti… hanno dichiarato… che il detto Comune di Santangelolimosano essendo stato reintegrato sin dall'anno milleottocentodiciassette di una quarta parte del territorio di Cascapera, e di tomoli cento di terreno allo Spiracolo, posseduti da Limosano, quali fondi l'aveva dati in pegno sin dalli ventiquattro Luglio millecinquecentonovantanove per ducati centosessanta, D. 160.00, e che a ventinove Novembre del seguente anno milleseicento aveva ceduto in paga a questo medesimo Comune per ducati centottantuno, D. 181.00, fra capitali ed interessi, col patto della ricompera in perpetuo, secondo la sentenza della Commissione Feudale emanata a diciassette Agosto milleottocentodieci, e registrata in Napoli li diciotto Ottobre di detto anno,…, eseguita la prima volta dal Commissario del Re ripartitore de' Demanj in questa Provincia, ed indi questa esecuzione dietro i reclami di questo Comune di Limosano approvata dalla Regia Corte de' Conti con sua sentenza de' Ventotto Novembre milleottocentosedici, e registrata in Napoli… li dodeci Aprile milleottocentodiciassette…, ed approvata ancora da Sua Maestà a quattro Marzo di detto anno, come dagli atti sistenti nell'Intendenza della Provincia di Molise, l'istesso Comune di Santangelolimosano, rimase in vigore di detta sentenza condannato a restituire al Comune di Limosano li suddetti ducati centottantuno, prezzo di detto dazione. Avendo ora il detto Comune di Santangelolimosano soddisfatto, e pagato a questo Comune di Limosano l'enunciata somma di ducati centottantuno,…, perciò dietro tale soddisfazione questo Comune di Limosano ne fa col presente atto ampla e finale quitanza… Intendendosi insomma cessati, ed annullati li due istrumenti suddetti del millecinquecentonovantanove e milleseicento per quanto riguarda la soddisfazione, e restituzione de suddetti ducati centottantuno prezzo della dazione".

307 quella istituzione era notevole. Così come, in ogni caso di formazione antica, erano ingenti i quantitativi dei " territorij " di tutte le altre 'istituzioni'. Un quadro generale della situazione complessiva viene fuori dal seguente " Verbale "448 , che però, perché redatto quando erano avvenuti già diversi cambiamenti ed 'attacchi' e quando la "Universitas " già era stata trasformata in " Comune ", consente solo una idea relativamente precisa e puntuale sulla gestione dei relativi patrimoni: "Oggi che sono li tre del Mese di Ottobre del mille ottocento undici in Limosano. Io qui sottoscritto Secret.o del Sig.r Commss.o del Re incaricato della divisione dè demanj…, avendo fatto riunire nella mia presenza il Decurionato di questo pred.o Comune l'ho invitato a formarmi lo stato, e la descrizione di tutti i demanj ex-Feudali, Eclesiastici, e Comunali esistenti nel tenimento di questo predetto Comune ; ed esso prestandosi a tale invito mi ha formato lo stato richiesto nel seguente modo. Territorj ex-Feudali - L'unico territorio ex-Feudale è il quarto di Cascapera , che colla sentenza della Commissione Feudale del 17 Agosto 1810 è stato dichiarato di pertinenza del Marchese di Grazia . Questo territorio… si è ritrovato di tomoli duecentoottanta, e sei misure . I Cittadini in forza della rammentata sentenza vi rappresentano i pieni, e commodi usi civici, … La sua natura è tutta coltivatoria, e li coloni sono l'istessi Cittadini di Limosani, che li posseggono da tempo immemorabile coll'obbligo di corrispondere il solo terraggio in ragione di decima al Marchese… Territorj Ecclesiastici - Nel tenimento di Limosano vi sono molti terreni appartenenti ai Soppressi Monisteri di S. Francesco e de' PP. Celestini ,… Questi terreni sono tutti coltivatori, e nello stato presente parte di essi trovansi censiti a diversi Cittadini,…, e parte si danno ad affitto temporaneo…, eccettuata una vigna, un territorio ed un giardino adjacente al Monistero di S. Francesco,… Non si sa precisa origine di tutti, ma vi è tradizione, che il locale di Monte Marconi fu dato in dote al Monistero di S. Francesco nella sua fondazione dal Comune di Limosano … Gli abitanti di Limosani vi hanno esercitato, e tutta via vi esercitano i diritti Civici di pascere, ed acquare, eccettuatane le vigne, ed altri territorj chiusi. - Vi sono benanche i terreni appartenenti alle due Parrocchie di S. Maria, e S. Stefano , ma essi sono in parte censiti, ed in parte posseduti da Coloni perpetui inamovibili,… - Vi sono inoltre i terreni della Badia di S. Michele di jus Padronato del Sig.r Giuseppe Chiovitti del Comune di ,…, i quali quantunque siano soggetti al pascolo dei Cittadini, sono però tutti occupati dà coloni perpetui, che ne corrispondono il censo in grano al Censuario generale di d.i fondi Sig.r Domenico Fiorucci. - Vi sono anche i terreni del Padronato Laicale sotto il titolo di S. Giovambattista appartenente al Sig.r Saverio Covatta di questo Comune. (…) . - Vi sono pure i terreni appartenenti al Beneficio di S. Silvestro, alle Cappelle del Rosario, e Sacramento, alla Commenda di Malta, ed al Beneficio di S. Antonio di Vienna ,…, e dell'istessa natura sono i terreni del Pio Ospedale. Territorj Comunali - Il Comune di Limosano possiede un vasto demanio Comunale . Questo demanio parte è coltivatorio, e parte boscoso. Il coltivatorio è diviso in terreno di antica coltura, e terreni di nuova coltura. Il primo è posto a scacchi in molti luoghi del tenimento, ed in mezzo alle proprietà de' Luoghi Pii, e de' particolari. Ve ne sono però quattro pezzi grandi riuniti in tre soli locali, cioè il quarto di Cascapera, la Sala, la Foresta, e la metà di Monte marconi. Fra tutti questi territorj Comunali ve ne sono molti lamosi, ed incolti per la loro sterilità. La loro estensione… ascende a tomoli cinque mila cento ottantasei, e tre quarti , cioè mille

448 ASC, Atti demaniali di Limosano, B. 1, f. 2.

308 cento sessanta sei, ed una misura di prima, duemila settantuno e mezzo di seconda, e mille ottocento quarantotto, ed undici misure di terza classe. (…). Essi però sono posseduti d'antichi Coloni sotto la corrisposta dell'ottava del ricolto ne' luoghi siti meno un miglio distante dall'abitato, e della decima ne' luoghi posti a distanza maggiore. Alcuni di essi li posseggono a titolo di compra fattane d'altri Cittadini, altri si trovano averli acquistati o coll'occupazione, mentre erano incolti, o colla divoluzione, a cui si era dato luogo, coll'esserne stata da altri abbandonata la coltura per lo spazio di un triennio . In varj luoghi vi sono delle Massarie a fabrica per ricetto degli animali , ed in varj altri vi sono delle migliorie di vigne, ed oliveti. - Il secondo consiste ne tre locali denominati le Cese, la Selvitella, e le Coste. La prima di tomoli cento settantadue, ed una misura; la seconda di tomoli dieciannove, e dieci misure; e la terza di tomoli sei, e quattordici misure della misura paesana, ch'è di seicento canne quadrate per ciascun tomolo . Tutte tre furono nel 1796 con tutte le sollennità di parlamento ,…, divise egualmente alla ragione di misure dieci per ogni quota, e censiti a tutti i capi di famiglia, che ascesero al numero di trecento ventisette ,… - Il territorio boscoso , che porta il nome di Fiorano fu anche esso censito, e diviso nel 1796 colle stesse sollennità pratticate per le Cese, Selvitella, e Coste. La di lui estensione ascende a circa tomoli mille , compresa una picciola parte lasciata indivisa all'estremità del med.o nel luogo detto le Coste per pascolo degli animali. La porzione assegnata ad ogni famiglia fu di tomoli due, e mezzo anche all'uso del Paese, ed a ciascuna quota fu assegnata dai Periti il canone corrispondente alla di loro rispettiva qualità e tutti i canoni riuniti ascendono alla somma di docati duecento cinquanta. Deve però avvertirsi, che alcuni censuarj, dopo aversi presa la quota loro spettata su i terreni delle Cese, Selvitella, e Coste, ricusarono la porzione spettatagli del Bosco, per cui non vollero né stipular l'istromento di censuazione, né corrispondere il canone fissatogli dai Periti; e ciò non ostante ebbero l'ardire di recidere la maggior parte degli alberi esistenti nelle porzioni ad essi destinate, e di lasciarle nello stato desolato, in cui si trovano. Questi censuarj, giusta il notamento esistente nell'Archivio Comunale, ascendono al numero di dieci. Avendo io poi insieme col decurionato osservato con gli occhi proprj la qualità del terreno, su di cui è piantato il Bosco, ho veduto che il med.o in generale è tufaceo, sassoso, lamoso, ed assolutam.e dissadattato alla coltura, per cui è necessario, che resti nello stato incolto, e boscoso, in cui si trova. Il presente atto, dopo essere stato letto al Sindaco, e decurionato, ed all'Agente del Sig.r Marchese di Grazia, è stato dallo stesso Sindaco, Agente, e cinque decurioni sottoscritto, avendo tre altri dichiarato di non sapere scrivere, e questi sono Ambrosio d'Addario, domenico Fiorucci, e Tobia Bussi. F.to: Giuseppantonio Lucito Sindaco Igino Giancola Decurione Francesco Lucito Decurione Luigi Sebastiano Decurione Saverio Covatta Decurione Vincenzo Tata Decurione Angiolo Zingarelli Agente del Marchese di Grazia F.to: illeggibile " Per un minimo di approfondimento risulta, a questo punto, inevitabile partire dalla seguente domanda: data la ragguardevole quanto evidente estensione: a) dei “ territorj ex-Feudali ”, che per l’avvenuta abolizione della feudalità, al momento del ‘ Verbale ’ (ed un minimo di confronto è possibile già solo con le risultanze, riportate, del Catasto Onciario ), risultano pure considerevolmente ridotti; b) dei “ territori Ecclesiastici ”, i quali anche avevano già

309 iniziato a soffrire di attacchi e di rivendicazioni; e c) dei “ territori ” del “ vasto demanio ” della “Universitas civium ”, quali potevano essere le reali disponibilità fondiarie, destinate alla produzione, nella proprietà dei ‘particulari’? Occorre in via preliminare precisare che non rari dovettero essere i tentativi, che, pure nella loro occasionalità, ben dimostrano una mobilità (che andrebbe fatta oggetto di indagine approfondita) assai più frequente di quanto si possa pensare ed un interesse costante nel tempo (è stata trovata traccia: di coinvolgimenti con i "tedeschi" durante i primi anni del secolo XVIII, di rapporti commerciali per il tramite di Lanciano con mercanti 'milanesi', di un signore della "Republica di Genua" che nel 1778 investe in attività commerciali situate alla "Piazza delle Poteche"), di inserimenti provenienti dall'esterno nel possesso del fondiario limosanese. Una di queste 'appropriazioni' è così documentata: " … facciam vera fede, anche con giuramento noi qui sotti Sindaco, ed eletti di questa Comune di Limosano… qualm.te il Cardinal Ruffo possiede in questa Comune un territ.o nel luogo d.o il Frainile di tomoli due e mezzo… Come anche possiede altro territorio nel luogo d.o Colle d'Amico, che non sappiamo il quantitativo… Quali sud.i corpi si possedevano ab immemorabile dalle V.bili Cappelle laicali del SS.mo Sacramento, e Rosario: ma da circa dieci anni se ne imposessò il sud.o Cardinal Ruffo, non sapendosi per qual dritto, o motivo…"449 . A parte la episodicità di tali inserimenti (l'ultimo citato di una certa particolarità e non privo del significato squisitamente 'politico' da riferirsi al movimento sanfedista del Cardinale Ruffo collegato ai fatti nell'area molisana, tanto notevoli quanto scarsamente considerati almeno nel rapporto e nel coinvolgimento sul territorio, della Rivoluzione del 1799), una situazione assai attendibile, pur nella sua approssimazione, è quella che, ma occorre ben valutare e fare i conti con le variabili sia delle ' rese ' di allora (grano ed orzo: 1/4; farro: 1/5; avena 1/3,5) che della diffusione delle colture accessorie (vigna, maggese, erbacee, ecc.) e della 'veridicità' delle 'rivele ' stesse, si riesce a ricavare dalla ' scrittura ' (la sola con 'dati' aggregabili rinvenuta) con cui " l'Unità della Terra di li Musani in Provincia del Contado de Molisi, e per essa li suoi hodierni Sindico et eletti per obediri alli Regij Ordini circa la vendiz.ne di grano, et orgio, et d'eligere un Uomo Publico per rivelarle, fattane letture, come con la presente eligeno il Mag.co N.r Carlo Ant.o di Luca della Terra della Ripa de liMusani in poter del quale li Massari e Campieri vadano a rivelare (la) vera quannità de' lo grani, et orgio hanno in questa presente raccolta 1679, mediante publico banno emanata per Gio. Ant.o d'alendo Giurato, e Serviente della Corte Baronale di d.a Terra di Limusani: et in fede di ciò si haveranno fatte scrivere "450 . La aggregazione dei dati e la loro rielaborazione hanno consigliato di proporre i seguenti due prospetti, ai quali il cortese e buon lettore vorrà dare una sua autonoma interpretazione. 1 - RACCOLTA 1679: Analisi per quantitativo di prodotto riferito ai produttori

N. % TIPOLOGIA PRODUTTORI GRANO % MEDIA ORZO % MEDIA 46 58,97 Produttori da 00,00 a 10,00 256,75 12,56 5,5 60,5 13,44 1,31 13 16,67 Produttori da 10,00 a 25,00 195 9,54 15 36 8 2,5 6 7,69 Produttori da 25,00 a 50,00 237 11,6 39,5 42 9,33 7 7 8,97 Produttori da 50,00 a 100,00 480 23,49 68,5 83,5 18,56 11,94 5 6,41 Produttori da 100,00 a 150,00 640 31,31 128 138 30,67 27,56

449 ASC, Fondo Intendenza di Molise, B. 44, f. 35; Nota del "3 febraro 1808" sottoscritta da: "Libero Lucito Sindaco, Igino Giancola p.mo eletto e Domenicangelo Jacovone eletto". 450 ASC, Fondo Protocolli notarili, Notaio DE LUCA Carlantonio della piazza di Ripalimosani, atto del 16 Settembre 1679. I quantitativi dei prodotti sono in 'tomoli'; ogni tomolo corrisponde a circa 50 Kg.

310 - - Produttori da 150,00 a 200,00 ------1 1,28 Produttori da 200,00 a oltre 235 11,5 235 90 20 90 78 100 TOTALI 2043,75 100 26,20 450 100 5,77

2 - RACCOLTA 1679: Analisi per destinazione del prodotto

GRAN ORZ GRANO % ORZO % O O QUANTITATIVO PRODOTTI RIVELATO 2043,75 100 450 100

A 1 Collette all'UNIVERSITA' 60,75 - B 1 Terraggio all'UNIVERSITA' 57,25 2,87 2 Terraggio alla CORTE BARONALE 38,5 3 3 Terraggio al CLERO di S. MARIA 16,87 2 4 Terraggio al CLERO di S. STEFANO 19 9,5 5 Terraggio alla Confraternita ROSARIO - - 6 Terraggio alla Confraternita SACRAM. 7,75 2 7 Terraggio al Convento di S. FRANC. 0,5 - 8 Terraggio al Monastero della LIBERA 5 - 144,87 19,37 C 1 Censi al CLERO di S. MARIA 9,25 - D 1 Decime al CLERO di S. MARIA 54 7,5 2 Decime al CLERO di S. STEFANO 86,5 18 140,5 25,5 E 1 Debiti con la CORTE BARONALE 173,5 15,5 2 Debiti con la Confraternita ROSARIO 85,12 - 3 Debiti con la Confraternita SACRAM. 420,19 4 678,81 19,5 F 1 Altre OBBLIGANZE DIVERSE 39,56 2 TOTALE "PESI" (da A a F) 1073,74 52,54 66,37 14,75 VENDUTO subito 146,5 7,17 20 4,44 DISPONIBILE per la 823,51 40,29 363,63 80,81 SOPRAVVIVENZA

Allo stato il solo elemento mancante, per una valutazione complessiva della situazione, è quello relativo alla popolazione, che, nel 1669 (appena un decennio prima delle operazioni legate alla ' rivela '), era per Limosano di ' fuochi ' 138 451 e, quindi, di circa 1100 abitanti. Tale dato, che porta a stimare il numero de " li Massari e Campieri " o, meglio, degli addetti alla produzione nell'agricoltura in circa il 60% della popolazione totale (78 produttori su 138 fuochi), viene, almeno per grandi linee, confermato anche dalle risultanze del Catasto Onciario (1742), i cui dati opportunamente rielaborati 452 fanno stimare in circa il 74% del totale (237 capifuoco) il numero complessivo (che, quindi, comprende anche 'salariati' e non proprietari) dei ' Massari ', ' Bracciali ' e ' Faticatori' . Il quadro completo e dettagliato della composizione sociale dell'intera popolazione, stando almeno alle indicazioni del Catasto Onciario , si può vederlo dal quadro di cui alla nota 25. Esso dimostra, discretamente vivace ma, solo se si eccettua qualche caso assai raro, con una produzione destinata all'esclusivo consumo locale, un artigianato (calzolai, ferrari, funari, falegnami, sartori, scarpari) relativamente diffuso e che operava totalmente in strutture a prevalente carattere familiare, nelle quali era inesistente la manodopera salariata. Da segnalare, infine, che diverse risultano essere quelle professioni (mandese, scardalano, vaticale), che l'andare avanti del carro della storia ha reso definitivamente scomparse.

451 MASCIOTTA G.B., II, pag. 200. 452 BOZZA F., op. cit., pag. 252.

311 Un cenno a parte va riservato all’organizzazione ed al posizionamento di quelle produzioni ‘industriali’, che, quasi tutte collegate ai corsi d'acqua, si occupavano o della trasformazione dei prodotti agricoli (mulini) oppure della lavorazione dei panni. Abbiamo già visto (nota 2) che il confine tra Limosano e Fossaceca (Fossalto) iniziava “ alla cornice del muro del Molino di Fossaceca alla parte di dietro di detto Molino ” e che in esso “gli Cittadini di Limosano avevano unita, seù precedenza nel macinare, à causa, che detto Molino stava situato dentro il Terr.o di Limosano ”. Questo mulino posizionato alla confluenza del ‘vallone’ con il corso del fiume Biferno e del quale è ancora notizia nel 1712, doveva essere quasi certamente molto antico, di grande dimensione ed a più macine ed inoltre non deve essere confuso con l’altro “ Molino con una macina d’essa Unità (nota= Fossaceca) sito nelle pertinenze della stessa e propriamente nel luogo detto l’araciardino ”, per il quale nel 1725 il Notaio di Fossaceca Festa Marco stipula un contratto di “ Affictus Molendini pro Mag.ca Universitate Terre Fossacecae ”. Se questa era la situazione a monte, va detto che, sempre alla confluenza del relativo ‘vallone’ con il Biferno, anche all’estremità a valle del territorio di Limosano, ed in epoca di tempo più antica da esso molto probabilmente doveva partire la linea di confine con Lucito, situava il “ Molino di Ferrara ”. Una per tutte la menzione, e se ne dimostra che era attivo, della ‘ Attestatio ’ del 20 Dicembre 1760 453 , con la quale “ Nazzario Bozza ed Arcangelo di Francesco Marrone… anno asserito e dichiarato… come la sera verso le due ore della notte delli due di Maggio di questo sud.o corrente anno Mille settecento sessanta furono chiamati da Francesco Carrafiello Guardiano dell’Ill.re Sig.r D. Francesco d’Attellis Barone della sud.a Terra di Santangelo che per ordine di d.o Sig.r Barone fossero andati al Palazzo che doveva parlarli di cose premurose; dove essendo andati essi costituti ivi ritrovarono il Sig.r Barone, e seco vi stavano il Sig.r Nicola Antonio Cannavino Governatore di d.a Terra, Nicola di Jacovo erario, Nazzario Minicuccio e Domenico di Paolo Molinari del Molino di Ferrara…”. Durante la discussione delle “ cose premurose ” uno dei due ‘Molinari’ arrivò ad affermare che “ quando V.E. mi fa buono la Ricevuta, e l’acqua mancante e la Valchera il di più che devo son pronto a pagarli ”. Considerato che nella toponomastica della geografia dell’agro limosanese, tra la contrada Colle Diego ed il Biferno, esiste ancora (ma è in procinto di esservi cancellata) una “ strada del Mulino Vecchio ”, potrebbe essere localizzato, se non proprio confuso ed identificato con questo “ di Ferrara ”, poche centinaia di metri più a monte, ed alla confluenza con il vallone anche quel ‘molino’, posseduto da “ Gisinulphus et uxor eius Clara ”, parte del quale, nel 1080, venne devoluta alla Chiesa di S. Martino 454 . A mezza strada circa tra quello di Ferrara e l’altro di Fossaceca, ma alla destra del corso d’acqua, posizionava, pure esso parecchio antico e di proprietà del feudatario di Montagano, “un molino a tre macine animato dalle acque del fiume Biferno con due fabbricati che ne sono dipendenti, uno cioè prossimo al molino, e l’altro attaccato al fondo denominato la Piana ”; di questi uno era certamente utilizzato per “ Valchera ”. Queste attività produttive situavano, ed il nome, che di per se già evoca quello di abitazioni molto antiche, sembrerebbe di un certo significato, alla " contrada detta Tufo o Piana delle Grotti, ed anche Lavandaje ". Quanto, poi, alle “ Valchere ”, che consistevano in macchine per l'industria tessile alimentate ad acqua, i cui magli, per darne morbidezza, battevano le stoffe prodotte localmente, ed alla loro presenza, che risulta essere assai diffusa, sul territorio, va detto che erano ubicate nelle immediate vicinanze ed a valle dei mulini più significativi per utilizzarne le acque di scarico. Rappresentavano la prova della buona presenza delle produzioni sia di lino (messo a

453 ASC, Fondo Protocolli notarili, Notaio PETRONE Giuseppe della piazza di Montagano. 454 BOZZA F., op. cit., pag. 96.

312 macerare nelle acque del fiume Biferno) che di lana, alle quali deve essere riferito anche il mestiere, poi scomparso, dello 'scardalano'. Di tutto ciò ne da ampia testimonianza la disposizione testamentaria del 26 Dicembre 1783 455 con cui Carmina Covatta stabilisce " che delli braccia ventisette di panno lana che si trovano di presente in valchiera , vuole…". Quel " panno lana ", così come diversi altri tipi di ' panni ', era di certo il frutto del lavoro ai 't elari da tessere ', che, numerosi, si trovavano nelle abitazioni di allora. Anche di altri mulini più piccoli, meno significativi e meno antichi dei precedenti è stata trovata traccia. Come, innanzitutto, di quello, ugualmente a tre macine, situato " in tenimento di questo Comune alla contrada Piana Donatelli, ed alimentato dall'acque del fiume Biferno ", e che è, o potrebbe essere, quello stesso che il 21 Febbraio 1826 " alcuni naturali di Limosani intendono edificare un mulino nel loro tenimento sulle sponde del Biferno… nella Contrada denominata Piana del Ponte "456 . Nel 1852 (atto del 28 Gennaio per Notaio Fracassi Aquino, limosanese, ma della piazza di S. Angelo) risulta ancora perfettamente attivo e funzionante (vi si effettueranno consistenti lavori di ammodernamento solo qualche anno più tardi, e precisamente nel 1859) il " molino a tre mole sito nella Contrada Piana Donatelli, tenimento di Limosano, animato dalle acque del fiume Biferno ". Certamente da non confondere con il precedente è il mulino, del quale si parla nell'atto del 18 Febbraio 1815 457 , con il quale " i Fratelli Liborio, e Giuseppe Greco di Francesco, Contadini proprietarj, abitanti in detto Comune…, hanno dato, e concesso a titolo di affitto a Domenico d'Amico del fu Nicola, Contadino, dimorante nel Comune medesimo,…, un molino da essi costruito nel luogo dicesi Vallone delle Cese, consistente in una piccola casetta a pian terreno con una sola macina. Tale affitto si è effettuito nel modo, che siegue 1° Che tutte le riparazioni della casetta, durante l'affitto, saranno a peso degli Affittatori, menoché questi non provino che siano divenute necessarie per fatto e trascuraggine del Fittuario, il quale allora sarà obbligato di farle a sue spese. Quelle poi della macina saranno a carico del Fittuario. 2° Che le imposizioni saranno a peso degli affittatori ad eccezione de' diritti di patente che saranno pagati metà dagli affittatori, e metà dal Fittuario. 3° Che tutti i ferri addetti al meccanismo della macina, non che un'ascia, una sega, un scalpello, e due martelline tutti nuovi, saranno restituiti in fine dell'affitto, come sonosi ricevuti. 4° Gli Affittatori saranno tenuti di terminare la fabbrica del conservatojo dell'acqua, detto communemente Fota, per tutto Agosto del corrente anno, in caso contrario sarà formata dal Fittuario a loro danno. Questo affitto durerà per anni due, 2, continui, li quali cominceranno dal dì otto, 8, Settembre di questo corrente anno,…, e ciò mediante l'annua corresponsione di ducati 455 ASC, Fondo Protocolli notarili, Notaio AMOROSO Gaetano della piazza di Limosano. 456 ASC, Fondo Protocolli notarili, Notaio LUCITO Giuseppantonio della piazza di Limosano. Con atto del 21 Settembre 1828 "Michele d'Addario fu Francesco e Luigi Rossi" prendono in affitto la sua porzione del "molino, che trovasi sito alla Contrada Piana Donatelli, in tenimento di questo Comune" dal "Signor Don Antonio Corvinelli fu Vincenzo Sacerdote", da questi "tenuta in società coi Signori Don Giovanni Robustella, Domenicangelo Jacovone, e Romualdo di Gregorio anche di Limosano, non che Don Domenico Petrunti di Campobasso". Lo stesso Don Antonio Corvinelli, il 30 Maggio 1830, affittava sempre la sua porzione a "Giovanni Romano fu Michele ed il di costui figlio Michele Romano, ambi Contadini". Dal relativo atto risulta che della Società erano entrati a far parte anche i "Fratelli Fiorucci di Limosano", i quali, come si vedrà, erano stati proprietari di un piccolo mulino, poi dismesso, sul Vallone della Valle. 457 ASC, Fondo Protocolli notarili, Notaio LUCITO Giuseppantonio della piazza di Limosano.

313 quaranta, 40:00, che saranno pagati, cioè ducati venti, 20:00, nella fine di Gennaio, e ducati venti, 20:00, nella fine di Aprile di ciascun anno durante l'affitto in pace ". Da ultimo occorre riferire che " ve n'era in Limosano un altro in sito improprio, animato nel solo verno dalla piena di un torrente. Tal molino era posseduto dai fratelli Fiorucci "458 , che lo dismisero per entrare nella società che stava per realizzare l'altro alla Piana Donatelli, ed era situato, pur se se ne ignora la posizione precisa, lungo il corso del Vallone La Valle . Nella geografia delle produzioni non può tralasciarsi di riferire di " una macchina completa da fare maccheroni volgarmente detta ingegno con la rispettiva campana di bronzo del peso di rotoli cinquantadue, una con tutti gl'istrumenti, ed utensili relativi, vale a dire trafile di rame al numero di cinque una di vermicelli, una di perciatelli, una di mezzani, una di tagliarelle, e l'altra di zite; un frullone per la semola farina e pe tutto altro; cinque crivi da far semola, tre secchioni, una tinella, un bancone con cassettino di legno cerro, una barra, due madie, un tavoliere per lavorar la pasta con due stanghe, ed un mangano detto comunemente monaco, il mascolo di legno che va dentro la serofina, un altra vita all'infuori di quella che si trova nella macchina stessa, ed altri piccoli oggetti relativi alla macchina medesima ", che il 10 Dicembre 1860 459 per " il convenuto prezzo di ducati cento ottanti,… " veniva affittata ad "Aquino Minicucci di Domenicangelo Maccheronajo " del Comune di Limosano. Era essa, e così ne viene provata l'esistenza a Limosano da diversi anni di tale tipo di produzioni, diversa da quell'altra " macchina da lavorar maccheroni, consistente in un torchio con corrispondente vite di legno, in una campana di bronzo, quattro trafile di rame, quattro crivi di cuojo, due secchioni di abete, un forlone con tutti gli altri utensili, ed ordigni addetti alla macchina suddetta ", che il 23 Gennaio 1850 460 "Domenico Gravina del fu Nicola Falegname", padre, per soddisfacimento di un debito di 95:00 ducati, era costretto a vendere a "Michele di Domenico Gravina", figlio.

INDICE

CAPITOLO I: La Diocesi da ‘tifernate’ a ‘musanense’ pag. 9 1.1– Tifernum: ipotesi di localizzazione 13 1.2 – Il proto-Cristianesimo 17 1.3 – Le vicende alto medioevali 21 1.4 – Musane e la sua diocesi 26 1.5 – La reintegratio di Papa Anacleto ed i processi tra il 1132 ed il 1312 32

458 ASC, Fondo Intendenza di Molise, Allegazione "Pel Comune di Limosano contro Jacovone, Di Veneri ed altri", Napoli 1836, pag. 18. 459 ASC, Fondo Protocolli notarili, Notaio FRACASSI Aquino, nativo di Limosano, della piazza di S. Angelo Limosano. 460 ASC, Fondo Protocolli notarili, Notaio CORVINELLI Fortunato della piazza di Limosano.

314 CAPITOLO II: Le istituzioni religiose ‘secolari’ 43 2.1 – La Chiesa ‘Cattedrale’ di S. Maria Maggiore 47 2.2 – La ‘Parrocchiale’, “seu Rectoria ”, di S. Stefano Protomartire 61 2.3 – Le Confraternite 76 2.4 – Le altre istituzioni, il Clero ed i patrimoni degli ecclesiastici 89

CAPITOLO III: Le strutture e le organizzazioni del Clero regolare 105 3.1 – S. Martino vescovo e S. Croce 109 3.2 – S. Silvestro 115 3.3 – Il cenobio di S. Illuminata 119 3.4 – S. Pietro “de Sale” e le altre ‘strutture’ monastiche della ‘Maccla bona’ 127 3.5 – Emergenze religiose minori e ricostruzione del paesaggio medioevale 136

CAPITOLO IV: La ‘Religione’ Celestina ed il Monastero della ‘Libera’ 143 4.1 – S. Pietro Celestino 147 4.2 – Dal Cenobio di S. Pietro al Monastero di S. Pietro Celestino 154 4.3 – Il Monastero: da S. Pietro Celestino a “S. Maria della Libera” 160 4.4 – La vita monastica ed il patrimonio 169

CAPITOLO V: Il Convento francescano dei frati minori conventuali 175 5.1 – Le vicende del Convento 179 5.2 – L’organizzazione e la vita dei frati 204 5.3 – Il patrimonio del Convento 217 Appendice 1^ 229 Appendice 2^ 236

CAPITOLO VI: Il Marchese, “Utile Signore” 241 6.1 – Storia della titolarità del feudo 245 6.2 – I rapporti con la “Universitas Civium” e con i ‘particulari’ 274

CAPITOLO VII: La “Universitas Civium” 293 7.1 – I rapporti con le Terre confinanti 297 7.2 – I rapporti con i 'particulari' e con l'interno 310 7.3 – Il patrimonio della "Universitas civium" 326

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