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GIUSEPPE MILLICO Sonate per arpa · Canzonette per voce e arpa Duetto per arpa e violino

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731303_Booklet.indd 1 28/07/17 16:00 Tactus Termine latino con il quale, in epoca rinascimentale, si indicava quella che oggi è detta «battuta». The Renaissance Latin term for what is now called a measure. k

℗ 2017 Tactus s.a.s. di Gian Enzo Rossi & C. www.tactus.it

In copertina / Cover: Jean-Honoré Fragonard (1732-1806) The Fountain of Love, c. 1785

Si ringraziano / Many thanks to

Alice Talignani per gli studi e le ricerche su Giuseppe Millico Comune di Voghiera - Delizia di Belriguardo

Sound engineer, editing, mastering: Giuseppe Monari English translation: Marta Innocenti L’editore è a disposizione degli aventi diritto

731303_Booklet.indd 2 28/07/17 16:00 www.emanueladegliesposti-harp.com

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Le Sonate per arpa di Vito Giuseppe Millico sono pubblicate dalle Edizioni Ut Orpheus di Bologna a cura di Alice Talignani. The Harp Sonatas of Vito Giuseppe Millico are edited by Alice Talignani, Bologna, Ut Orpheus. k

I testi sono disponibili al seguente link / The texts are available on our website: www.tactus.it/testi Codice / Code: 731303

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731303_Booklet.indd 1 28/07/17 16:00 Vito Giuseppe Millico: soave cantore sull’arpa Il nome di Vito Giuseppe Millico è principalmente legato a diverse raccolte di canzonette ed alla sua fama di virtuoso evirato. Che il genere vocale costituisca la parte più cospicua dell’attività compositiva di un cantante non meraviglia; tuttavia, oltre ad essere «uno de’ migliori cantanti de’ tempi suoi», Millico fu anche «eccellente nel sonar l’arpa» (così lo descrive il Marchese di Villarosa in Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli) e non trascurò di comporre sonate per questo strumento. Si può dire che l’arpa costituisca un fil rouge nell’intera produzione del compositore: spesso compare negli organici delle sue opere ed è ad essa che egli primariamente destina l’accompagnamento delle canzonette. Millico nacque a Terlizzi presso Bari il 19 gennaio 1737. Come spesso accadeva nelle famiglie pugliesi di umili condizioni, fu destinato all’evirazione e mandato a studiare canto in uno dei conservatori di Napoli, probabilmente al Sant’Onofrio, dove più tardi tornò ad insegnare armonia e contrappunto. La formazione che vi ricevette non risultò tuttavia adeguata ad intraprendere la brillante carriera per cui la sua virilità era stata sacrificata. Non avendo alternative, Millico si esercitò a tal punto da riuscire a migliorare notevolmente la qualità della sua voce e a passare dal registro di contralto a quello di soprano. Contro ogni aspettativa riuscì quindi ad intraprendere una carriera che lo portò ad esibirsi sulle maggiori piazze d’Europa: dopo il debutto a Roma nel 1757, tappa fondamentale fu il soggiorno a San Pietroburgo quale membro della troupe operistica italiana del teatro di corte, che costituì il suo primo ingaggio a lungo termine (1758-1765) e al ritorno dal quale gli fu attribuito l’appellativo di Moscovita. Ma l’evento cardine della sua vita fu l’incontro con Christoph Willibald Gluck a Parma nel 1769, in occasione dei festeggiamenti per le nozze tra il duca Ferdinando e Maria Amalia d’Austria. Millico interpretò la parte di Anfrisio nel Prologo e quella di Orfeo nell’ultimo atto de Le feste d ’Apollo, parte che fu trascritta per lui nel registro di soprano. Questo primo incontro fu l’inizio di una lunga amicizia che ebbe reciproci influssi sull’attività artistica dei due musicisti, soprattutto durante il soggiorno di Millico a Vienna (1770-1771), ospite in casa Gluck: se da un lato Millico, stimolato dalle idee riformatrici del maestro tedesco, sviluppò quelle grandi doti attoriali ed espressive che, più di quelle virtuosistiche, gli garantirono il successo, dall’altro lato il cantante terlizzese ebbe un certo peso sia quale 2

731303_Booklet.indd 2 28/07/17 16:00 interprete delle opere gluckiane, sia quale modello, vocale ed espressivo, per la creazione di nuovi ruoli, come quello di Paride nel Paride ed Elena (1770). Ritiratosi dalle scene, nel 1780 entrò al servizio della corte di Napoli, dove rimase fino alla morte, che lo avrebbe colto il 2 ottobre 1802. Qui, con la tranquillità garantitagli dall’impiego presso la corte borbonica, Millico si dedicò più seriamente alla composizione, attività con la quale aveva probabilmente cominciato a cimentarsi a Londra (1772-1774). Pur non abbandonando mai il genere delle canzonette, con cui aveva esordito e che costituisce la parte più cospicua della sua produzione, iniziò a misurarsi con generi di più ampio respiro, quali il dramma per musica (particolarmente degni di nota sono La pietà d ’Amore, su di Antonio Lucchesi, e o Le Danaidi, soggetto fornitogli da Ranieri de’ Calzabigi), il dramma sacro e l’azione teatrale. La sua produzione annovera inoltre musica strumentale, sia solistica sia d’insieme: sonate per clavicembalo, preludi e sonate per arpa, duetti per arpa e violino, che egli compose con ogni probabilità a scopo didattico. Per l’insegnamento, sia in ambito vocale che strumentale, pare che egli avesse una rara predisposizione, sperimentata in primo luogo su se stesso una volta uscito dal conservatorio ed abbandonato da tutti gli insegnanti. Il secondo miracolo che gli era riuscito era stato quello di rendere all’ammirazione dell’Europa la voce della nipote di Gluck, Marianna, inizialmente sottovalutata dallo zio. Cominciò e concluse la sua carriera didattica calcando i parquet dell’aristocrazia: a San Pietroburgo aveva ricevuto l’incarico di dare lezioni di clavicembalo allo zarevič Pavel Petrovič, mentre a Napoli furono sue allieve di canto Emma Hamilton e le principesse Borbone Maria Teresa e Maria Luisa. Maria Teresa apprese inoltre da lui a suonare l’arpa, così come la sorella minore Maria Cristina. Il necrologio di Millico riporta tuttavia che, nonostante la cecità che lo aveva colpito negli ultimi anni della sua vita, «non isdegnò pure di occuparsi assiduamente ad istruire chiunque mostrava genio per la Musica, soccorrendo ancora generosamente, chi dalle povertà sarebbe stato impedito di applicarsi a tale studio». La versatilità di Millico è da attribuirsi alla poliedrica formazione ricevuta dai giovani cantanti dei conservatori napoletani, che comprendeva lezioni di strumento e di composizione. Non è chiaro tuttavia in che modo egli avesse imparato a suonare l’arpa, sulla quale si accompagnava nell’eseguire le sue canzonette (l’arpa non entrò a far parte della regolare istruzione 3

731303_Booklet.indd 3 28/07/17 16:00 conservatoriale di Napoli sino alla terza decade dell’Ottocento). È verosimile che egli si fosse formato su di un’arpa ‘viggianese’, tipica della tradizione popolare napoletana, e che solo più tardi, grazie agli ingaggi operistici europei, avesse conosciuto l’arpa a pedali. Le testimonianze dell’epoca lo ricordano nell’atto di cantare accompagnandosi sul suo strumento prediletto e, non a caso, il letterato napoletano Francesco Saverio De Rogati così lo definisce: «maestro di musica, ed uno de’ primi cantori d’Italia sull’arpa».

Le sonate per arpa e il duetto per arpa e violino Per le principesse Borbone egli compose le sonate per arpa. Molto eterogenee, la maggior parte di esse è costituita da due soli movimenti piuttosto brevi e bipartiti (di ascendenza scarlattiana). Di andamento contrastante, sono accomunati dalla tonalità. Di una rimane un movimento isolato, mentre altre hanno proporzioni maggiori. In particolare l’undicesima sonata, dedicata alla principessa Maria Teresa, futura imperatrice d’Austria, ha dimensioni piuttosto estese: è costituita da tre movimenti (Larghetto - Allegro - Minuetto), due dei quali si rifanno alla forma-sonata classica bitematica e tripartita, ai quali si aggiunge un movimento di danza. Anche il Duetto è dedicato alla principessa Borbone, pertanto l’arpa non figura come un semplice strumento di accompagnamento, ma ha un ruolo fondamentale nel suo dialogare con il violino. La dodicesima sonata non compare invece tra le raccolte manoscritte di Maria Teresa, bensì in un’edizione a stampa pubblicata a Londra intorno al 1820, diversi anni dopo la morte di Millico. Non è possibile perciò pronunciarsi con certezza riguardo alla sua autenticità.

Le canzonette Fu il primo genere con cui Millico si rese noto come compositore, pubblicando la prima raccolta a Londra nel 1774. Le canzonette costituiscono la parte più copiosa della sua produzione e, come dimostra l’ingente numero di manoscritti e stampe giunti fino a noi, circolarono in tutta Europa sotto diverse denominazioni (, Arietta, Barcarola, Canzoncina, Canzone, Canzonet, Canzonetta, Cavatina, Notturno, Romanza, Song) e con variazioni di organico per l’accompagnamento: arpa, clavicembalo, pianoforte o chitarra. 4

731303_Booklet.indd 4 28/07/17 16:00 Che esse però fossero primariamente pensate per l’arpa e che la commutabilità dello strumento avesse il mero scopo di raggiungere un pubblico più ampio, lo dimostra il racconto del pittore ed architetto Johann Christian von Mannlich: nelle sue Mémoires, ricorda una serata a casa di una nobildonna parigina, in cui era stato chiesto a Millico di interpretare alcune delle sue composizioni; egli si era scusato dicendo che non avrebbe potuto eseguirle, dato che non aveva un’arpa a disposizione, strumento al quale aveva destinato l’accompagnamento. Tuttavia, incoraggiato da Gluck, trovò un valido sostituto nel clavicembalo. Oltre ad essere molto apprezzate dai dilettanti nei saloni dell’aristocrazia, grazie alla loro semplicità sia dal punto di vista vocale che strumentale, si dimostrarono molto fruibili anche quali strumenti didattici. Millico compose più di ottanta canzonette, aventi tutte caratteristiche molto simili: una melodia morbida e gradevole anche quando il testo si fa drammatico, un’armonia che si limita a toccare i gradi principali di tonica, sottodominante e dominante, un accompagnamento semplice, che comincia e finisce insieme alla voce, privo di imitazioni, costituito da arpeggi spesso in terzina o accordi consonanti con la melodia. I testi scelti (di cui non si conosce l’autore, dal momento che nelle pubblicazioni di questo tipo solo raramente il nome del poeta compariva accanto a quello del compositore) trattano principalmente delle pene d’amore dei pastori per le loro ninfe, in un idealizzato mondo bucolico. I brani scelti per il presente CD (tratti da quattro differenti raccolte) intrecciano, nel loro susseguirsi, la languida storia d’amore di un pastorello, dapprima illuso e poi respinto dalle belle ninfe che popolano i boschi d’Arcadia.

Alice Talignani

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731303_Booklet.indd 5 28/07/17 16:00 Vito Giuseppe Millico: sweet singer on the harp The name of Vito Giuseppe Millico is mainly connected with several collections of canzonette and with his renown as a virtuosic . Since he was a singer, the fact that most of his compositions were vocal pieces is no surprise; however, besides being “one of the best singers of his time”, Millico was also “excellent in playing the harp” (this is how the Marchese di Villarosa describes him in his Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli), and composed some sonatas for this instrument. In actual fact the harp is a guiding thread in the composer’s overall production: it is often included among the instruments that perform his works, and is adopted above all others for the accompaniment of his canzonette. Millico was born in Terlizzi, near Bari, on 19 January 1737. As was often done by humble families in Apulia, he was marked out for castration and sent to study singing in one of the conservatories of Naples, probably Sant’Onofrio, where he returned later to teach harmony and counterpoint. The training he received, however, did not turn out to be adequate for beginning the brilliant career for which his manhood had been sacrificed. Not having any alternative, Millico practiced so strenuously as to considerably improve the quality of his voice and to rise from the alto range to the soprano one. So, against all expectations, he managed to start a career that led him to perform in the most important European cities: after his debut in Rome in 1757, a crucial stage was his period in St. Petersburg as a member of the Italian company of the court theatre, his first long-term engagement (1758-1765). When he returned to Italy he was nicknamed “the Muscovite”. But the pivotal event of his life was meeting Christoph Willibald Gluck in Parma in 1769, during the celebrations of the wedding of Duke Ferdinando with Maria Amalia of Austria. Millico sang in the role of Anfrisio in the Prologo and in that of Orfeo in the last act of Le feste d’Apollo: this role was transcribed for him into the soprano range. This first encounter was the beginning of a long friendship that gave rise to a mutual influence on the artistic activities of the two musicians, particularly during Millico’s stay in Vienna (1770-1771), where he was a guest in Gluck’s house: on the one hand Millico, stimulated by Gluck’s reforming ideas, developed the acting and expressive skills that led to his success more than his qualities as a virtuoso, on the other hand he was rather influential both as 6

731303_Booklet.indd 6 28/07/17 16:00 a performer of Gluck’s and as a vocal and expressive model for the creation of new roles, such as that of in Paride ed Elena (1770). After giving up his theatrical activities, in 1780 Millico was appointed by the court of Naples, where he was to remain until his death on 2 October 1802. In Naples, thanks to the security afforded him by his job at court, Millico devoted himself more seriously to composition, an activity he had probably started in London (1772-1774). Although he never relinquished the canzonetta genre, with which he had made his debut and which formed the most substantial part of his production, he began to venture on more wide- ranging types of music, such as the musical drama (some particularly noteworthy works of his in this genre were La pietà d’Amore, based on a libretto by Antonio Lucchesi, and Ipermestra o Le Danaidi, on a subject provided by Ranieri de’ Calzabigi), the sacred drama and the azione teatrale. His production also included some instrumental music, both for solo instruments and for groups: harpsichord sonatas, harp preludes and sonatas, and duets for harp and violin, which he probably composed for teaching purposes. It appears that he was particularly talented as a teacher: he tested this first of all on himself, after leaving the conservatory and being abandoned by all his teachers. The second miracle he managed to achieve was to offer to the admiration of Europe the voice of Gluck’s niece, Marianna, who had been initially underrated by her uncle. He began and concluded his teaching career in the exalted milieu of the aristocracy: in St. Petersburg he had been appointed to give harpsichord lessons to the zarevič, Pavel Petrovič, and in Naples he gave singing lessons to Emma Hamilton and the Bourbon princesses Maria Teresa and Maria Luisa. Maria Teresa also learnt how to play the harp from him, and so did her younger sister Maria Cristina. But Millico’s death notice reported that, in spite of the fact that during the last years of his life he had gone blind, “he did not scorn to attend solicitously to the education of anyone who appeared to have a talent for Music, also generously aiding those who would have been prevented by poverty from carrying out this study”. Millico’s versatility can be ascribed to the many-sided training that was received by young singers in the Neapolitan conservatories: it included instrument and composition lessons. It is not clear, however, how he managed to learn how to play the harp, the instrument he used to accompany himself when he performed his canzonette: in Naples the harp was not 7

731303_Booklet.indd 7 28/07/17 16:00 included in the regular conservatory instruction until the third decade of the nineteenth century. It is likely that he had carried out his training on a “Viggianese” harp, typical of the Neapolitan folk tradition, and that only later, thanks to his operatic engagements in other European countries, did he become acquainted with the pedal harp. The contemporary testimonies report that he sang accompanying himself on the harp, and, not surprisingly, the Neapolitan man of letters Francesco Saverio De Rogati called him “music master, and one of the first singers in Italy on the harp”.

The harp sonatas and the duet for harp and violin The harp sonatas were composed by Millico for the Bourbon princesses. They are quite diversified: most of them are formed of only two movements that are rather short and divided into two parts (a form originated by Scarlatti). Their paces are contrasting, but the key is the same. Of one of these sonatas only one isolated movement has been preserved, while others are more substantial. For instance, the eleventh one, which is dedicated to Princess Maria Teresa, future Empress of Austria, is rather lengthy: it is formed of three movements (Larghetto - Allegro - Minuetto), two of which follow the classical three-part forma sonata with two themes and the addition of a dance movement. The Duetto, too, is dedicated to the Bourbon princess, so the harp does not appear only as an accompaniment instrument, but plays a crucial role in its interaction with the violin. The twelfth sonata, on the contrary, is not included among Maria Teresa’s manuscript collections, but has been found in a printed edition published in London around 1820, several years after Millico’s death. So its authenticity cannot be asserted with certainty.

The canzonette This was the first genre with which Millico became well-known as a composer, when he published his first collection in London in 1774. The canzonette form the largest part of his production: as demonstrated by the great number of manuscripts and printed versions that have been found, they were circulated all over Europe under different names (Aria, Arietta, Barcarola, Canzoncina, Canzone, Canzonet, Canzonetta, Cavatina, Notturno, Romanza, Song), and with the accompaniment assigned to different instruments: harp, 8

731303_Booklet.indd 8 28/07/17 16:00 harpsichord, piano or guitar. The fact that they were chiefly conceived for the harp, and that the interchangeability of the instrument had been introduced merely to reach a broader public, is demonstrated by an episode related by Johann Christian von Mannlich, painter and architect, in his Mémoires: during an evening in the house of a Parisian noblewoman, Millico had been requested to perform some of his compositions, but he excused himself, replying that he could not perform them because there was no harp, and that was the instrument for which they were meant. (However, encouraged by Gluck, he replaced the harp with a harpsichord.) Millico’s canzonette, besides being much appreciated by amateurs in the salons of the aristocracy, thanks to the fact that they were easy to perform, both for the singer and for the instrumentalist, turned out to be quite useful for teaching. Millico composed more than eighty canzonette, all with very similar characteristics: a soft, pleasant melody even when the text is dramatic; a harmony that touches only the main degrees, tonic, subdominant and dominant; a simple accompaniment that begins and ends together with the voice, is devoid of imitations, and is formed of arpeggios that are often triplets or chords in consonance with the melody. The texts that have been chosen (whose author is unknown, because in publications of this type the name of the poet was hardly ever mentioned together with that of the composer) chiefly deal with the pangs of love of shepherds for their nymphs, in an idealised bucolic world. The pieces chosen for this CD (drawn from four different collections) relate, in their sequence, the languid love story of a young shepherd who is first taken in, then rejected, by the lovely nymphs who inhabit the woods of Arcadia.

Alice Talignani

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731303_Booklet.indd 9 28/07/17 16:00 DDD Giuseppe Millico TC 731303 (1737-1802) ℗ 2017 Made in Italy

Ignoto (XVIII sec.), ritratto di Vito Giuseppe Millico Anonymous (18th Century), portrait of Vito Giuseppe Millico

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