Nuovi Studi Studi Rivista Di Arte Antica E Moderna 25
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NUOVINUOVI STUDI STUDI RIVISTA DI ARTE ANTICA E MODERNA 25 2020 anno XXV 25 RIVISTARIVISTA DIDI ARTEARTE ANTICAANTICA EE MODERNAMODERNA NUOVI STUDI RIVISTA DI ARTE ANTICA E MODERNA 25 2020 anno XXV REDAZIONE ANDREA BACCHI DANIELE BENATI ANDREA DE MARCHI FRANCESCO FRANGI GIANCARLO GENTILINI ALESSANDRO MORANDOTTI SEGRETERIA DI REDAZIONE ODETTE D’ALBO COMITATO CONSULTIVO INTERNAZIONALE KEITH CHRISTIANSEN MICHEL LACLOTTE JENNIFER MONTAGU MAURO NATALE SERENA ROMANO ERICH SCHLEIER ANNE MARKHAM SCHULZ Gli articoli sono sottoposti a double-blind peer review TABULA GRATULATORIA Giorgio Baratti Silvana Bareggi Antonio Barletta Ezio Benappi Duccio Bencini e Irene Pasti Bencini Brun Fine Art Luigi Buttazzoni e Roeland Kollewijn Maurizio Canesso Carlo Cavalleri Giancarlo e Andrea Ciaroni Ferdinando Colombo Giovanni Cova Minotti Gerolamo Etro Gianni e Cristina Fava Paola Ferrari Enrico Frascione con Federico e Sasha Gandolfi Vannini Marco Galliani, Profilati spa Matteo Lampertico Deborah Lentini e Salvatore Giamblanco Silvano Lodi jr. Mario, Ruggero e Marco Longari Jacopo Lorenzelli Andrea Lullo e Andreas Pampoulides Sascha Mehringer Alfredo e Fabrizio Moretti Maurizio Nobile Gianna Nunziati Carlo Orsi Walter Padovani Andreas Pittas Giovanna Poletti Spadafora Stefano Redaelli, Il Ponte Casa d’Aste Davide Sada Alvaro Saieh Matteo Salamon Simonpietro Salini Giovanni Sarti Tiziana Sassoli Pier Francesco Savelli Mario Scaglia, Sit spa Rob e Paul Smeets Gian Enzo Sperone Paolo Stefani Carlo Virgilio e Stefano Grandesso Marco Voena © 2020 TIPOGRAFIA EDITRICE TEMI S.A.S. - Tutti i diritti riservati Direttore responsabile: Luca Bacchi Direttore editoriale: Alessandro Morandotti Registrazione nr. 912 presso il Tribunale di Trento Pubblicazione annuale. Euro 60,00 Progetto grafico: Paolo Fiumi e Gabriele Weber. Realizzazione a cura della redazione Selezioni colore e bicromia: per conto di Tipografia Editrice Temi - Trento Redazione: 20121 Milano - Via Fatebenefratelli, 5 - Tel. 335 5236681 [email protected]; [email protected] Distribuzione e abbonamenti: Libro Co. Italia, 50026 San Casciano V.P. (Firenze) Tel. 055/8228461 Fax 055/8228462 e-mail: [email protected] ISBN 978-88-99910-34-1 INDICE 5 111 ALFREDO BELLANDI CRISTINA QUATTRINI Una Madonna in trono col Bambino Una tela di Niccolò Tornioli da Amandola dei maestri caronesi Filippo Solari e Andrea alla Pinacoteca di Brera da Giona 117 13 FRANCESCA GAJA SUSANNA ZANUSO Jan Miel su rame. Modelli romani Un amico di Cristoforo Solari: Lelio Valle per una produzione poco nota e una proposta e la memoria funebre dei suoi genitori per gli esordi 25 127 LUCA ANNIBALI ALESSANDRO MORANDOTTI Una proposta per Tommaso da Lugano: le Luce su Giovan Battista Costa, sculture dei monumenti Corner pittore del Seicento lombardo in San Salvador a Venezia un poco trascurato 39 139 VIRNA RavaGLIA ELISABETTA SILVELLO Quattro nuove sculture di Prospero Clemente Da casa Grillo alla collezione Borromeo: la al Casino di Sotto di Novellara storia riscoperta dei dipinti di Luca Giordano e degli arazzi dell’Isola Bella 49 DavID LUCIDI 161 Giambologna e Torino. Tre Crocifissi bronzei PASQUALE FOCARILE dal Real Castello di Racconigi: aperture su Giulio Pignatta, ritrattista nella Firenze Adriaen de Vries, Pietro Tacca, Antonio Susini degli ultimi Medici: opere, committenti e Gasparo Mola e documenti per una ricostruzione della prima attività toscana 71 ALESSANDRO MORANDOTTI 177 Un Cristo portacroce di Nicolò Musso NICOLA CIARLO Un dialogo lungo due secoli: 75 Benedetto da Rovezzano e Girolamo Ticciati FRANCESCA CURTI ai Santi Apostoli di Firenze Su Bartolomeo Mendozzi, caravaggesco dimenticato. Per l’identificazione del Maestro 185 dell’Incredulità di san Tommaso ABSTRACTS ALESSANDRO MORANDOTTI 71 UN CRISTO PORTACROCE DI NICOLÒ MUSSO Esce bene dalla febbre editoriale caravaggesca di questi ultimi decenni il casalese Nicolò Musso, messo a fuoco a partire dalla seconda metà del secolo scorso per le sue relazioni con la famiglia Giustiniani a Roma, la sua patria e la Mantova gonzaghesca. Meglio forse, per un nobile pittore un poco snob ed isolato, non ricadere nel canone dei caravaggeschi immancabili in ogni mostra e in ogni vendita all’asta, per salvarsi così dalla sovraesposizione mediatica. Il profilo molto limpido che in una sequenza relativamente rapida, maestro ed allieva, hanno deli- neato in alcuni medaglioni dai quali bisogna ancora partire è stato seguito da qualche ulteriore attendibile ritrovamento 1, mentre in pochi casi si rimane in dubbio di fronte a nuove attribu- zioni destinate a provare ad accrescere il suo scarno catalogo 2. Scarse le notizie biografiche che lo riguardano; pochi i punti fermi nella sua cronologia, tra la data 1607 che lo attesta a Roma e quella del 1618 che lo ritrova con sicurezza di nuovo a Ca- sale dove rimase fino alla morte presumibile in un anno imprecisato del primo lustro del terzo decennio; esiguo infine il numero di opere che definiscono il suo catalogo. Ciò nonostante, pur di fronte a tutte queste lacune, sappiamo riconoscere le sue scelte nella Roma di Caravaggio, Gentileschi, Borgianni, Saraceni, Manfredi, all’ombra della collezione di Vincenzo Giustiniani, dove un altro pittore piemontese-lombardo “male in arnese” come lui, Giuseppe Vermiglio, era di casa 3. Al ritorno in Monferrato, non si farà irretire dal manierismo tenero e affettuoso di Moncalvo, vero dominatore della scena artistica, mantenendo la sua fisionomia di grande naturalista, pur con qualche minimo “cedimento” specie sul fronte delle scelte compositive e iconografiche “cui adattare, con esiti rivitalizzanti, la pittura naturalista” 4. Spetta a Musso questo asciutto e scattante Cristo portacroce che mi è capitato di incro- IX, 134. ciare 5, un poco trascurato, in un angolo di una casa piena di memorie valsesiane, partico- larmente attrezzata nel ricordo di Pier Francesco Gianoli, un pittore di cui si aspetta uno studio a tutto tondo dopo l’attesa pubblicazione della preziosa silloge documentaria per la cura dei fratelli Sitzia 6. In un close-up dal fuoco molto nitido, un Cristo coronato di spine, avvolto in uno spettaco- lare abito rosso, avanza verso il Golgota portando la croce in spalla. Il colore dell’ampio pan- neggio sottolinea il momento culminante della Passione e si accorda in modo mirabile con le tracce copiose di sangue visibili sulla fronte, sulla tempia e sul collo, tacche colorate sul bianco avorio dei carnati. Il Salvatore stringe con le mani accuratamente disegnate i montanti della cro- ce e di nuovo si apprezza, in questo quadro di essenziali accordi cromatici giocati volutamente a contrasto, lo stacco dei carnati sull’essenza scura del legno. La mano in primo piano, quasi una firma per il pittore, è un brano di intenso naturalismo, dove le ombre sensibili sottolineano l’articolazione delle dita, ben definite. Salta all’occhio la relazione con l’Andata al calvario della VIII, 133. Galleria Sabauda di Torino (1610-1615), un dipinto di orchestrazione più complessa e ambi- ziosa e di qualche tempo più antico, per la temperatura caravaggesca più esibita. La Roma dei Giustiniani, collezione dove il quadro è registrato precocemente 7, le riletture di Gentileschi 72 ALESSANDRO MORANDOTTI e di Manfredi, sembrano lontane dal clima che attiene a questo quadro più intimo, legato al clima dell’Accademia Ambrosiana di Federico Borromeo 8 che sembra estendere la sua ombra verso il Piemonte lombardo, e anche quello sabaudo, estendendosi in territori limitrofi come la città di Casale, dove la presenza dell’opera di Guglielmo Caccia, il Moncalvo, ne garantiva l’eco. Siamo verosimilmente qualche tempo dopo il 1620, e questo quadro si candida ad essere una delle opere più tarde della sua produzione fin qui nota. Musso sembra avere avuto davanti agli occhi un severo dipinto di Daniele Crespi memore degli esempi cinquecenteschi di Andrea Solario o di Bernardino Luini, artisti questi ultimi a cui appartengono simili invenzioni, giocate però con un taglio più ristretto, a mezzo busto e non con questa inquadratura ampia, oltre la mezza figura. In modo non dissimile a quanto avvenne a Giuseppe Vermiglio e, pur in misura minore, a Tanzio da Varallo, anche Musso, di ritorno da Roma, dovette stare in dialogo con il ta- lento disegnativo di Daniele Crespi, senza mai adeguarsi al clima di devozione dolcemente accademica della Lombardia di quegli anni, verso il quale lo tirava il suo quasi conterra- IX, 134. neo Moncalvo 9. Basterebbe pensare alla luce proiettata dall’alto che investe come un faro l’attore di questo monologo sul tema della Passione per capire quale tensione naturalistica investa questa figura proporzionata e diligentemente delineata, degna di stare accanto a un esemplare di Jusepe de Ribera oltre che a un dipinto di Crespi, in un dialogo a tre voci pienamente concorde. Risulta suggestivo valutare la possibilità di riconoscere questo dipinto tra quelli elencati in casa Musso, privi di attribuzione ma forse riferibili al pittore di casa; in un essenziale inventario del 1627 compilato, forse poco dopo la morte dell’artista, a beneficio dei suoi nipoti ed eredi, si ritrovano infatti “Doi quadri a oglio uno del Sig.re che porta la Croce e l’altro della Madona” 10, a suggerire forse che il Cristo portacroce fosse concepito con un pendant da ritrovare. La figura della Vergine addolorata forma spesso un ‘dittico’ devozionale con il Cristo che porta la croce, come ci ricordano, pensando alla tradizione cinquecentesca lombarda così viva nel contesto piemontese-lombardo di inizio Seicento, i due quadri gemelli di Bernardino Luini al Museo Poldi Pezzoli di Milano 11. VIII-IX, 133-134. Sorprende infine l’analogia della costruzione della veste gonfia e segnata da profonde pie- gature che avvolge il braccio del Salvatore con l’analogo dettaglio del quadro della Sabauda, quasi ci fosse un disegno o un cartone in comune. La prima idea si trova qui reimpiegata in un gesto più trattenuto, con una tensione più allentata, in un clima di devozione pacata, meno drammatica rispetto a quanto ci fa vedere il quadro della Sabauda, a cui fa riferimento ancora lo sguardo intenso e dolcemente remissivo del figlio di Dio fissato negli occhi dell’ideale spetta- tore.