La Bilbioteca Del Viaggio Nelle Puglie. Il Settecento E Gli Altri
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ARCHIVI DEL VIAGGIO ADRIATICO Centro Interuniversitario Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" – Facoltà di Lingue e Internazionale di Studi sul Letterature Straniere – Dipartimento Viaggio Adriatico - CISVA di Lettere Lingue Arti. Italianistica e Culture Comparate LA BIBLIOTECA DEL VIAGGIO NELLE PUGLIE IL SETTECENTO E GLI ALTRI SECOLI: LA PUGLIA E L’ADRIATICO A CURA DI ROSANNA LAVOPA Ortelio EDIZIONI DIGITALI DEL CISVA 2013 ISBN 9788866220701 QUESTO VOLUME, A CURA DE CENTRO INTERUNIVERSITARIO INTERNAZIONALE DI STUDI SUL VIAGGIO ADRIATICO (CISVA), È STATO REALIZZATO CON LA COLLABORAZIONE DELLA FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI PUGLIA, DELL’UNIVERSITÀ DI BARI – FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE (DIPARTIMENTO DI LETTERE LINGUE ARTI. ITALIANISTICA E CULTURE COMPARATE) – E DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE SAGARRIGA VISCONTI VOLPI (MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI) 1 Presentazione Questo testo nasce da un progetto di ricerca – denominato Biblioteca di viaggio: le Puglie – del Dipartimento di Lettere Lingue Arti. Italianistica e Culture Comparate (Università di Bari) e del Centro Interuniversitario Internazionale di Studi sul Viaggio Adriatico (CISVA), in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Sagarriga Visconti Volpi (Ministero dei Beni culturali) di Bari e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia. Si trattava della realizzazione di un catalogo digitale di testi e manoscritti presenti nelle biblioteche e archivi pubblici e privati pugliesi, relativi al viaggio nelle Puglie, in base a una ricerca volta alla individuazione, censimento, schedatura, studio e ricostruzione virtuale di tale patrimonio culturale . Lo scopo, raggiunto, è quello di mettere a disposizione di un'utenza internazionale i risultati di tale studio, costruendo un catalogo tematico telematico, consultabile attraverso la biblioteca digitale del portale web scientifico e turistico del CISVA (www.viaggioadriatico.it e/o www.viaggioadriatico.eu) o attraverso un DVD presente in tutte le biblioteche censite, che possa contribuire a creare una rete di collegamento tra di esse, rinviando dall’una all’altra studiosi e viaggiatori desiderosi di approfondire la conoscenza culturale del territorio regionale. Sono state così analizzate le diverse tipologie del viaggio nelle Puglie (legate anche alla diversificazione degli interessi dei viaggiatori a seconda delle Province), gli specifici prodotti letterari corrispondenti e la loro particolare presenza e diffusione nelle biblioteche, ovvero nella cultura del territorio. Tali ricerche, che hanno guidato e accompagnato la costituzione del catalogo telematico, sono confluite nel testo che qui presentiamo, che ha affiancato, con una formula innovativa, alle relazioni di studiosi ed esperti assai noti gli interventi di giovani ricercatori in formazione, realizzando un esempio di quella continuità e di quella proficua trasmissione di impegno di studi che potenzia e fa crescere le risorse umane scientifiche e culturali, legandole allo sviluppo dei territori. Giovanna Scianatico e Pasquale Guaragnella 2 RELAZIONE DI APERTURA Esempi e forme di viaggio nella vecchia Puglia di Fancesco Tateo Da un po’ di anni, in questa serie d’incontri sul viaggio promossi da Giovanna Scianatico, abbiamo imparato, e abbiamo applicato, la ben nota idea che il viaggio metaforico sia altrettanto concreto quanto il viaggio reale. Sicché a tanti ricordi della Puglia e del mare che la lambisce esibiti da viaggiatori moderni, fino alla creazione di un vero e proprio genere letterario, si è aggiunta talora l’informazione che ne danno gli antichi o coloro che resuscitarono le conoscenze corografiche degli antichi, non sempre derivata da esplorazioni reali o da interessi propriamente odeporici. La ‘descrizione’, che oltretutto è una forma letteraria prevista dalla retorica, con un suo statuto e una sua identità, è il viaggio metaforico per antonomasia, al punto da oscurare il viaggio reale, perché quest’ultimo, per chi lo recepisce, non è altro che descrizione, cioè narrazione di cose viste o visibili, e la realtà effettiva del viaggio è una pura e casuale circostanza, un pretesto nel senso specifico della parola, che può anche non esserci stato, e per chi legge è spesso indifferente che ci sia stato o meno, pari a una fiction che vanti retoricamente una fonte reale. Sul modello dell’antico genere corografico, che era certamente fondato anche su racconti di viaggio, ma che nella fattispecie era una raccolta erudita di notizie, non un racconto di viaggio, è fondato il capolavoro della descrizione della Puglia, che se pur è fatta da un residente in Puglia, il salentino Antonio Galateo, non ha alle spalle un vero e proprio viaggio. Ma anche nei casi di una conoscenza non diretta possiamo chiamare viaggio il suo De situ Japygiae, ovviamente nel senso metaforico che si diceva, ossia in quanto è una descrizione, non in quanto la descrizione derivi da un viaggio. Il libro più famoso del Galateo, che Domenico Defilippis ci ha finalmente restituito in un’edizione critica e commentata, è il frutto di una ricerca, e quindi di un viaggio in senso retorico, non è frutto di un viaggio e quindi di una ricerca (la parola historia, ricerca, era applicata sia alla storia sia alla geografia da Erodoto, in quanto narrazione e descrizione del mondo conosciuto). La sua descrizione incorre spesso nella testimonianza di quello che egli ha visto, segue certi percorsi classici del genere corografico, ma non deriva da uno spostamento effettuato in vista della verifica, che diventi testimonianza dello spostamento effettuato dall’autore. Il viaggio non è insomma, nel caso del Galateo, che pur rimane la più classica e organica descrizione regionale, in un’epoca in cui non c’era la moda del viaggio e quindi le testimonianze di questo genere sono rarissime. È invece 3 un pretesto, come nei casi di cui mi voglio ora occupare e che si collocano, l’uno non molto dopo l’evento Galateo, oltretutto assorbendolo, l’altro non molto prima di quell’evento, né sappiamo quanto noto, quest’ultimo, al Galateo, sebbene poteva benissimo essergli noto per la colleganza fra i due autori. I due casi sono quelli di un’opera storica di Giovanni Pontano, famosa, ma non in relazione con la Puglia, e di Leandro Alberti, divenuto recentemente famoso, ma a sua volta non in relazione alla Puglia, di cui pur si è occupato dal punto di vista geografico. Ed è proprio della differenza delle circostanze e degli esiti letterari di queste due testimonianze che mi voglio occupare, cioè della ‘descrizione’, ma in ordine ai rispettivi pretesti. Un viaggio effettuato per una ragione, per così dire, amministrativa, quello di Leandro Alberti, espressamente dichiarato nel suo obiettivo, e un viaggio effettuato per ragioni di guerra quello di Giovanni Pontano, non dichiarato come tale, perché incluso in tutt’altro progetto letterario. Due itinera, se vogliamo usare la comune parola latina, che si riferisce sia al viaggio di piacere, sia alla marcia dell’esercito. Comincerò tuttavia riferendomi ad un viaggio nel senso più proprio della parola, che riguarda dichiaratamente sia il pretesto dell’iter, sia il testo della descrizione/narrazione. Nel bel mezzo di un dialogo destinato a celebrare il primo maestro dell’accademia napoletana, Antonio Panormita, letterato alla corte di Alfonso il Magnanimo e famoso per il suo humour, Pontano introduce l’arrivo di un curioso personaggio, Suppazio, che arriva a Napoli dopo un giro per l’Italia, e viene sollecitato dagli accademici a raccontare la sua esperienza di viaggio disastrosa. Suppazio sembra un eroe picaresco ante litteram, un avventuriero sradicato dalla sua Sicilia, prestato al dialogo umanistico; il personaggio invece ripete l’esperienza dell’avventura finalizzata alla quête, alla ricerca, anche perché quel che cerca, il sapiente, non riuscirà a trovarlo nelle città italiane, tranne a Napoli nella persona scomparsa di Antonio Panormita, il saggio socratico pieno di ironia, di cui parlano gli accademici ma che non c’è più, e forse nell’autore stesso del dialogo, che non appare perché è in casa per un malanno al piede. Era stato a Siena, dove in antitesi con suo nome, Sena, la vecchia, l’amministrazione era in mano ai giovinetti, era stato a Pisa dove pullulavano invece i vecchi, dediti a lavorare il ‘cuoio’, ma senza ‘cuore’; era stato a Lucca, dove si venerava una statua con la testa grossa, come dovevano essere i suoi cittadini; a Prato dove c’era un culto superstizioso per un sacro ‘cintolo’; a Firenze, dove l’eccessiva cura della bellezza che avevano le donne, faceva deviare altrove il desiderio degli uomini. Sistemata la Toscana, che pareva il viaggio di Dante lungo l’Arno, dove non s’incontravano che porci, cani, lupi e volpi (un viaggio concentrato anche quello); evitate le città settentrionali dominate da tiranni, Suppazio era giunto infine a Roma, dove aveva 4 incontrato il peggio, la città piena di postriboli e di grammatici che non lo facevano parlare senza correggergli le forme usate. Mi sono intrattenuto su questo viaggio che non giunge nell’Italia meridionale, non perché qui si sarebbe trovato addirittura il contrario della sapienza, non la mancanza di essa, ma perché qui finivano le città, testimonianza di una prospettiva geografica dell’epoca, laddove l’antiquaria avrebbe fra poco fatto rivivere i rinomati centri urbani della Magna Grecia. Anzi Pontano, in quello stesso dialogo, aveva citato proprio la Puglia come esempio del retroterra napoletano, dove i viaggiatori erano tornati raccontando la più ridicola delle stoltezze, praticata