1 2 Le mille e una…lirica 3 4 (Riflessi classici nella lirica orientale) 5 6

7 8

9 6. Topoi e metafore riscontrati come tratti peculiari nella lirica del mondo greco e latino trovano sorprendenti affinità 10 con l‟altrettanto ampia produzione in versi araba e, di riflesso, neopersiana. Quest‟ultima nasce nel IX secolo 11 come esperimento letterario di una élite di corte, volto a creare composizioni in lingua persiana secondo 12 modelli arabi. La prima tra le corti ad attrarre attorno a sé una grande pleiade di poeti è la corte 13 ghaznavide di Sultân Mahmud: ad essa appartengono, fra gli altri, il “re dei poeti” 'Onsori (m. 1040 o 14 1049), il celebre Farrokhi (m. 1038) e il poeta epico Ferdousi1. I primi due portano alla perfezione 15 soprattutto la forma poetica della qaside, composizione monorime di lunghezza variabile tra i 15 e i 200 16 versi e dai contenuti prevalentemente panegiristici. La struttura tipica di questa composizione prevede un 17 insieme di sezioni trattanti ciascuna temi diversi: di esse la più interessante dal punto di vista estetico è 18 senz'altro la prima, il nasib, in cui il poeta solitamente descrive la primavera o le feste (come il 19 Capodanno - Nouruz), loda il vino o piange la separazione dall'amato2. Le qaside di poeti, quali 'Onsori e 20 Farrokhi, sono ricche di descrizioni del mondo naturale, ma queste si caratterizzano soprattutto per 21 staticità e mancanza di valenze simboliche. Il paesaggio naturale, che consiste per lo più nelle immagini 22 di un giardino di corte, si arricchisce di metafore preziose, di valore per lo più esornativo: si paragonano, 23 ad esempio, il giardino alla seta, le foglie d'autunno a tavolette di rubino, lo stagno ad uno specchio, ecc. 24 Immagini che restano per ora entro i limiti interpretativi della pura denotazione, estranee ad 25 approfondimenti psicologici da esprimere attraverso allegorie. A offrirne un esempio il nasib di Farrokhi, 26 che descrive un giardino all'arrivo della fredda stagione in una fantasiosa gamma di colori:

27 Ha sollevato l'aria un velo azzurro, 28 l'orto ha piegato il tappeto di seta, 29 lo stagno ha fatto turchine le guance,

1 Ferdousi (Khorasan, 935 -1020) fu autore di componimenti in versi e dedicò 35 anni della propria vita alla scrittura di una grandiosa opera epico-letteraria chiamata “Shāhnāmeh” ("Libro dei Re"), ovvero la storia dell‟ impero persiano, con i suoi valori culturali, le sue antiche religioni (Zoroastrismo), e il suo profondo senso nazionale. I suoi lavori sono annoverati come una componente crucialedella sopravvivenza della tradizione linguistica della Persia, in quanto tali opere hanno permesso a buona parte della lingua di rimanere intatta e codificata. 2 Già nella qasida originaria, come si vede anche dalle Mu‟allaqat, la più famosa raccolta di questa antica forma poetica, erano l‟amore, il viaggio e l‟encomio intrecciati a motivi diversi quali la descrizione e la satira. Motivi rappresentati, in massima parte, non nel momento dell‟accadimento bensì vissuti nella memoria: il poeta rievoca l‟amore per la sua donna ricordando incontri e situazioni passate, rievoca il viaggio compiuto, i luoghi attraversati, le esperienze vissute, gli animali incontrati, la sua cavalcatura e conclude, in linea di massima, esaltando se stesso o un capo (sayyid) tribù o un re arabo, lakhmide o ghassanide che fosse, o denigrando i nemici. Era proprio quest‟ultima sezione, secondo alcuni studiosi, il vero scopo della composizione poetica. Dopo il X secolo, infine, si cominciarono a comporre qaside anche in persiano, ebraico, turco osmanli e ancora in urdu, curdo, pashto, malese, indonesiano e nelle lingue dell‟Africa occidentale quali il swahili e il hausa.

30 il cielo è diventato argenteo in volto. 31 […] L'erba converte in limatura d'oro! 32 Che fa, se gialla è diventata l'erba? 33 Rosea e florida guancia ha il mio signore!

34 Nel XII secolo la poesia persiana inizia però un nuovo corso grazie all'incontro con il sufismo. I poeti 35 sufi, tra cui il celebre Hâfez,3 sin dall'inizio adattano ai loro scopi le forme poetiche preesistenti, cui si 36 aggiungono, nel corso di più generazioni, il masnavi, poema più o meno lungo di natura didattica o 37 narrativa, la quartina o robâ'i, ed infine il ghazal, componimento di circa 5-15 versi dedicato in prevalenza 38 a tematiche amorose. Un esempio di masnavi, opera di Sana‟i, è il “Seyr al-'Ebâd ela 'l-Ma'âd” (Viaggio 39 dei servi di Dio nel regno dei fini), dove il poeta esorta il vento, simbolo del messaggio divino, artefice 40 delle mille metamorfosi in cui consiste la vita del mondo, ad ascoltare le sue stesse parole, quelle che 41 raccontano, come spiega Sanâ'i, la “visione” della propria “creazione”:

42 43 44 45 Salve o messaggero imperiale, 46 che trono hai d'Acqua e di Fuoco corona! 47 Sei il Tappezziere della terra, ma di terra non sei, 48 e sei il Pittore dell'acqua, ma non sei fatto d'acqua. 49 Nella sorte fausta e nell'infausta, 50 tu le nubi sospingi e guidi i vascelli. 51 […] Per tua virtù il fuoco è come messe corallina 52 e l'acqua è simile a corazza di smeraldo. 53 […] T'innalzi sino all'Etere ma non lo superi, 54 vagabondi per l'Oceano ma senza bagnarti. 55 […] Sei calamo che disegna il moto della conoscenza. 56 […] Per te il manto si schiude sul corpo della rosa, 57 il colletto dei cipressi e la veste dei fiori. 58 Innalzi padiglioni sulla superficie del mare 59 e il capo sollevi alle altezze dell'Etere. 60 A primavera i germogli trai dalla terra, 61 l'inverno dall'acqua trai cristalli di ghiaccio. 62 […]Or s'è vero che voli agilmente 63 tra le vette e gli abissi dell'orbe terrestre, 64 libera, o natura angelica, 65 dalla morsa dell'Acqua e del Fuoco, 66 a calci prendi e l'Etere e il Mare, 67 e innalza le tue tende sulla corona delle Pleiadi!

68 Come il vento, calamo del mondo, libero si diffonde tra gli abissi e gli spazi celesti, e l‟amore si fa 69 danza, attesa, armonia, così l‟acqua, il fuoco, gli alberi e i fiori che “corrono” sui rami si innalzano, 70 compagni dell‟aria, in una eterna e divina melodia:

3 (Shiraz, 1320 - 1389) frequentò soprattutto l'ambiente della corte di Shiraz, città da cui pare si sia allontanato solo per un breve periodo. Un motivo dominante informa tutti i versi di Hafez: l'amante respinto, con il cuore infranto, tormentato dalla crudeltà del fato e dall'indifferenza di un'amata lontana. Deluso dal mondo, cerca conforto fra i reietti della taverna, vagheggiando la propria estinzione. Assai noti i versi tratti da “Golestan” (= Roseto), adottati come motto delle Nazioni Unite: <>.

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72 73 L'acqua del mare è tutta agli ordini Tuoi; 74 tuoi, o Signore, sono l'Acqua e il Fuoco. 75 [...] Rami e foglie si sono liberati dalla prigione della terra, 76 alto han levato il capo e sono diventati compagni dell'aria. 77 Quando le foglie erompono dalla scorza del ramo 78 e s'affrettano alte sull'albero, 79 con la lingua del germoglio cantano la lode di Dio, 80 ogni frutto e ogni foglia, una per una. 81 Gli spiriti legati entro l'acqua e la terra, 82 quando lieti si liberano dalla prigione del fango, 83 si levano alti a danza nell'aria, ebbri d'amore di Dio, 84 puri e limpidissimi come il disco bianco della Luna. 85 Danzano i corpi loro; quanto alle anime, 86 quel che esse provano non chiederlo neppure!

87 Ma è soprattutto nella lirica del “ghazal” che la mistica persiana trova la sua più alta espressione.4La 88 fusione completa di fede e poesia si esprime ivi in immagini cariche di senso, anelli che congiungono 89 mondi e valori tracciati dalla pura fantasia. Simboli, talora, polisemici e complessi, ma sempre rapportati, 90 nell‟animo dell‟uomo, al mondo naturale e a necessarie e superiori realtà5. La notte (shab) rappresenta, ad 91 esempio, il regno del Mistero ma anche il regno della Potenza Divina (jabarut), che divide l'Essere (vojud) 92 dal Nulla (adam); la rosa (gol) indica invece la conoscenza al suo manifestarsi nel cuore, laddove il 93 tulipano (lâla) il risultato della più perfetta gnosi (ma'âref). Un medesimo percorso ascensionale guida il 94 devoto, attraverso il deserto (biyâbân) e la brezza (nasim), alla Grazia Divina ('enâyat), al tesoro prezioso 95 della perla (gouhar), come luce di suprema verità. Può però accadere, similmente alle correnti poetiche

4 Il ghazal, il cui nome arabo significa “canzone o elegia d'amore”, oscilla tra i 5 ed i 15 versi ma può arrivare ad averne anche più di 30; in essa ogni verso rima con gli altri e inoltre, nel primo, detto “”, anche il primo emistichio segue la rima generale (a-a-b-a- c-a-d-a-ecc.). L'ultimo verso, il “maqta”, contiene solitamente lo pseudonimo poetico, o “nom de plume” dell'autore, inserito con qualche abile giro di parola nel contesto del verso. La tradizione letteraria persiana identifica Sanâ'i come l' "inventore" o l'iniziatore del ghazal sufi. In realtà i suoi ghazal sono ancora “acerbi” riguardo ai contenuti mistici e molto spesso le loro immagini paiono più legate alla dimensione cortese/terrena che non a quella mistico/metaforica. È quasi sicuro però che i suoi ghazal venissero recitati e musicati durante i “samâ”, le riunioni mistiche con canti, suoni e danze che si svolgevano all'interno delle confraternite sufi, ed è molto probabile che le immagini in essi descritte servissero ad illustrare e simboleggiare dei concetti religiosi. Dell'usanza di recitare e cantare ghazal durante le riunioni mistiche abbiamo testimonianza sin dall'XI secolo, grazie al primo trattato sul sufismo scritto in persiano, il Kashf al-mahjub (Disvelamento dell'occulto) di 'Ali Ebn 'Osman Hojviri (m. 1057). In esso, parlando del sama', l'autore si sofferma su quanto viene recitato durante queste sedute. Oltre al Corano, egli scrive, alcuni mistici sono soliti recitare poesie in lingua persiana che fanno largo uso di metafore ed allegorie. Queste, per loro, ricordano Dio, e permettono a colui che ascolta di entrare in uno stato d'estasi e di comunicare con Lui. Hojviri però considera sconveniente questo genere di poesia e si direbbe memore delle correnti ascetiche del primo sufismo, affermando che solo la poesia «di saggezza, d'edificazione e riflessione sulle manifestazioni divine» può essere considerata '”buona” e lecita. Di opinione diversa è però un altro autore d'origine persiana, il grande teologo e mistico Mohammad Ghazâli (m. 1111), che tratta la questione in una vasta discussione, sempre sul sama', contenuta sia in Ihya' 'olum al-din (Ravvivamento delle scienze religiose, in arabo) sia in Kimiyâ-ye sa'âdat (L'alchimia della felicità, in persiano). Egli ritiene che le poesie d'amore o “bacchiche”, recitate dai sufi o dai partecipanti al sama, non siano sconvenienti, poiché ogni Concetto (ma'ni) espresso in esse si riferisce a Stati mistici (hâl) ben determinati; egli afferma inoltre che <>. 5 Se cerchiamo alcuni di questi simboli tratti dal mondo naturale nel trattato Rashf al-alhâz fi kashf al-alfâz di Sharaf al-Din Hoseyn Ebn Olfati Tabrizi (o Resâla-ye Estelâhât / Trattato di terminologia mistica di 'Erâqi).

96 cortesi, siciliane e soprattutto dello Stilnovo, che al centro della poesia vi sia la bellezza, contingente e 97 fenomenica, di una donna o di un uomo, la cui contemplazione equivale per il mistico all‟ accostarsi alla 98 suprema realtà suprema. In questo vario e fantasioso inventario, i riccioli dell'Amato, ad esempio, 99 diventano metafora degli intricati ed imperscrutabili misteri divini, il suo volto come la rivelazione di 100 essi, le labbra come la compassione e la misericordia con cui Dio accorda l'unione, l‟occhio come il 101 distacco con cui Dio osserva a mantiene al loro posto i suoi servi, e così via. Metafore desunte dal mondo 102 naturale intervengono in questo quadro, arricchendolo ulteriormente: il volto può essere così sostituito 103 dall'immagine del sole o della luna, il ricciolo da quella delle tenebre, le labbra dal rubino, la bocca dal 104 pistacchio, l'occhio dal narciso, il corpo dell'Amato dal cipresso.

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107 108 La gioia che può nascere dalla semplice contemplazione cede il passo, ben presto, al tormento della 109 passione. Così scriveva, ad esempio, la poetessa araba Rabia Balkhi6, accostandosi inconsapevolmente a 110 Saffo, Catullo o Properzio, testimoni, in diverse vicende, di una stesso –e ricercato- dolore: 111 112

113 114 115 116 Sono prigioniera nella infida ragnatela dell‟Amore, 117 nessuno dei miei sforzi porta frutto. 118 Quando cavalcavo la volontà sanguinante, 119 io non sapevo che più forte tiravo le redini 120 e meno mi ascoltava. 121 L‟Amore è un oceano così vasto 122 che nessun uomo saggio lo può attraversare a nuoto. 123 […] Quando vedi cose insopportabili, 124 immaginale splendenti, 125 Bevi il veleno, 126 ma senti la dolcezza dello zucchero. 127

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6 Rabia Balkhi (, 914 -943) fu una famosa principessa di grande fascino, amante della poesia. L‟incontro con Baktash, un servo di suo fratello governatore della città, e il conseguente innamoramento determinarono la sua tragica fine: il fratello,infatti, disapprovando il loro comportamento, allontanò e fece uccidere il servo. Alcuni dicono che fece uccidere anche Rabia, altri che la principessa cadde in una profonda depressione e si suicidò tagliandosi le vene. Con il sangue scrisse i suoi ultimi versi sul muro della sala da bagno diventando così la prima poetessa del mondo islamico.

129 Il travaglio passionale si riscatta, tuttavia, nella catartica adesione a una forma superiore di Amore, quello 130 che investe e permea di sé l‟universo e le sue forme di vita. Della mistica unione, cui la natura fa da 131 sfondo e proiezione, è un esempio, tra i primi, un ghazal di „Attar:

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133 134 135 136 È‟ un mare l'Amore e l'intelletto sta sulle sue sponde, 137 può solo guardare chi rimane sulle sponde. 138 Se fosse l'intelletto una guida nel mare dell'Amore 139 mai troverebbe l'approdo, 140 il mare dell'Amore tocca l'anima e il cuore 141 è muto l'intelletto, è un lattante la ragione. 142 Come puoi sapere tu com'è il dolore d'Amore 143 se mai la sua spada ti ha trafitto al cuore? 144 Ogni mille anni, però, alla costellazione del cuore 145 giunge dal cielo dell'Amore una simile stella! 146 147 148 149 E come l‟uomo si volge a Dio in una eterna e inappagata tensione, così è Dio stesso, altrove7, a porgergli la mano, a 150 condurlo, come lieve primavera, in palazzi al di là delle stelle, nella eterea letizia di trascendenti armonie: 151 152 153

154 155 156 157 Sono venuto a prenderti, a tirarti per l'orecchio 158 a privarti del tuo cuore e di te stesso e a metterti nel Cuore e nell'Anima! 159 Son venuto qual lieve primavera da te, o cespo di rose, 160 ad abbracciarti a me stretto, e a sfogliarti dolcemente! 161 Son venuto a darti posto splendente in questo sublime palazzo 162 per portarti, come preghiera d'amanti, al di là del firmamento! 163 Son venuto perché hai rapito un bacio a un bell'Idolo: 164 restituiscilo allora in letizia, ché son pronto a prenderlo io! 165 166 167

7 I versi sono tratti dalle “Poesie mistiche” di , edite da A. Bausani. 168 Lascia il Fiore (gol), ché tu sei il Tutto (kol), 169 sei colui che ordina la divina parola (qol), 170 Se gli altri non ti conoscono, poiché sei me, ti conosco! 171 172 173 Scenari naturali diventano, come visto, lo schermo di tensioni emotive e spirituali, il quadro in cui si traccia, in forma 174 di metafora, l‟innata aspirazione a più elevate e infinite realtà. Ma se nella lirica persiana maggiore e più fine è la 175 capacità immaginifica, è nella lirica araba, in origine, che immagini simili o di poco variate, compaiono in forme più 176 lineari e stilizzate. Come infatti dimostrato in un saggio di Shafi„i Kadkani8, dal momento in cui prende vita la poesia 177 dari (III-IV sec.d.C.), le due tradizioni tendono sempre più spesso a fondersi in una sorta di koiné letteraria, favorita, 178 tra l‟altro, da una certa affinità culturale nonché territoriale, la stessa che avvicina ai poeti orientali quelli andalusi, 179 della Siria e dell‟Irak. Tra i temi più diffusi, affidati a metafore arricchite talora da artifici di stile9, il vino e la gioia 180 conviviale. Originali nel loro vigore espressivo i versi del poeta arabo Ghazayeri, per il quale il vino è <> (Dissi: “E’ amore?” Rispose: “L’amore l’ha allevato”, / dissi: è luna? Rispose: “La luna l’ha 182 generato”). Con Ibn al-Mu„tazz, imitato a sua volta da poeti persiani, al termine “vino” si sostituisce il più 183 indeterminato “calice”, luna d‟argento, nella trasposizione metaforica, in cui il vino risplende come il sole (Giorno e 184 notte abbevera da quel calice: / in una luna che è come la figlia del sole) o come un bacio e un sorriso di stelle (porgendo 185 sulla bocca un calice pieno di vino / sembra la stella che bacia la luna). 186 Echi oraziani, che inneggiano al vino come fonte di gioia e di poesia, si colgono altresì nelle quartine di Omar 187 Khayyam10, lieto abbandono a un‟ebbrezza soave che fa del mondo, come accadeva in Li Po e in generale nella lirica 188 cinese, un piccolo e segreto paradiso: 189 190 191 Voglio un carico di vino di rubino, e un libro di versi. 192 Mi occorre appena lo stretto necessario, e un pezzo di pane. 193

194 195 196 Poi io e te seduti in un luogo deserto... 197 Questa e' una vita superiore al potere d'ogni sultano. 198 […] Per quanto d'ogni lato io volga lo sguardo, 199 scorre nel giardino un rivo di paradiso. 200 La piana e' divenuta un paradiso, non parlare d'inferno! 201 Siedi qui in paradiso, assieme a un volto di paradiso11.

8 Mohammad Re_a Shafi„i Kadkani, nato nel 1939 in , docente di letteratura persiana, è un autorevole critico, filologo e poeta, che svolge una intensa attività di ricerca nell‟ambito della letteratura mistica, della critica letteraria e stilistica. Il testo, a cui si fa riferimento, è un importante capitolo (L’influsso delle forme dell’immaginario poetico arabo) dell‟opera “Sovar-e khiyal dar she„r-e farsi” (=Forme dell‟immaginario nella poesia persiana), Agah,Teheran 2004, pp. 327-374. 9 Frequente il ricorso a lettere o segni grafici per evidenziare un concetto o una metafora. Ad es., il nome di una lettera dell‟alfabeto arabo-persiano composta da una linea ricurva e un punto possono richiamare rispettivamente un ricciolo e un neo: U. 10 (Nishapur, 1048 - 1131) fu scienziato e teologo, esperto in matematica e astronomia, iniziato a circoli esoterici, condiscepolo di Hasan-e Sabbah, il famoso "Veglio della Montagna" capo della famigerata setta degli Assassini. Le sue "Quartine"(in arabo” Rubayyāt”), sono incentrate, in particolare, sul motivo del vino ma contengono pure altri temi, assai più profondi, come ad esempio: una meditazione originale sulla morte e sui limiti della ragione umana "impotente" di fronte al mistero dell'esistenza. 11 La medesima associazione tra donna e banchetto è uno dei leit -motiv della lirica oraziana (cfr . Carm. 1,6, 17-19: <>). Per Orazio la donna deve essere anzitutto buona amica, poi ottima conversatrice, dolce, disponibile tanto all'amplesso amoroso quanto alla buona tavola, graziosa quanto basta, giovane (ma neppure tanto); deve inoltre saper suonare e cantare ed essere libera da preoccupazioni che intristirebbero il poeta, alieno da legami duraturi. Notevole è infatti l'impegno del poeta nel cercare di eliminare alla radice stessa del sentimento, per così dire, amoroso (e non solo di quello), ogni traccia di asperità; lo scrittore, in tal modo, conferisce ad esso la levigatezza necessaria perché il sentimento risulti armonizzato, integrato nella temperie spirituale di stampo epicureo da cui deriva l‟equilibrata "Weltanschauung"(P. Balestrieri). 202 Nell‟ebbrezza di una lieta primavera, al poeta cantore si unisce l‟usignolo melodioso12, mentre nel vino 203 risplende il “rubino” di un fiore:

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206 Da quando ha mostrato il volto la rosa color di rubino, 207 mai non si stanca di cantar la sua gioia l'usignolo. 208 E‟ lungo tempo che, come me, l'usignolo 209 è stato innamorato del giardino. 210 Schiavo son io della lingua di quell'usignolo, 211 che ieri lodava cantando la rosa color di rubino. 212 O Coppiere! È tempo di fiori, e tu porgi il vino fiorito13. 213 214 215 216 Dalla metafora del vino scintillante come un astro, fragrante e colorato come un fiore, si passa ben presto a un più 217 esplicito accostamento tra il topos conviviale e l‟effimera e preziosa armonia di giardini e paesaggi naturali. 218 Frequenti le immagini di fiori, accostati come in epigrammi ellenistici, a limpide costellazioni (ad es., le “rosee” 219 Pleiadi) o ai bagliori incandescenti del fuoco, come in una lirica di Manjik (<< Le viole di Abarestan sono sbocciate in 220 abbondanza / di color viola, come fuoco che assale lo zolfo>>). 221 Ma la gioia è come sempre fugace, mera illusione come il tempo che passa, tra un presente che è già passato e un 222 domani che appena ci sfiorerà: 223 224 225 226 (XXIX) 227 228 Ah, riempi la coppa, come devo ripeterti 229 che il tempo scivola via sotto i nostri piedi: 230 il domani non è ancora nato e ieri è già morto, 231 perché preoccuparti di loro se l‟oggi è dolce? 232 233 234 235 236 Vengono alla mente le parole di Orazio, che invitava, nell‟ode 914, a pensare a ogni giorno come a un dono prezioso, 237 a reagire alla morte che incombe nella gioia dell‟istante. Legato al suo mondo, in cui si scopre inevitabilmente 238 “polvere ed ombra”, l‟uomo oraziano non trova in credenze religiose conforto o spiegazione, rimuove l‟ angoscia 239 della morte nell‟amore per la vita. Una vita che ignora passioni durature, dove tutto si livella e si equilibra in 240 un‟aurea medietas, e che affida la certezza di una sopravvivenza al ricordo e al miracolo della poesia. 241 Diversamente i poeti orientali, nutriti di dottrine neoplatoniche, che vedono nel mondo imperfetto il gradino più 242 basso di un‟ascesa, il primo anello di un ciclo esistenziale che risplende << nel cristallo del cuore umano>>15: 243 244 Sono passato attraverso i regni dei minerali e dei 245 vegetali, poi lo strumento della mia mente mi ha 246 condotto nel regno animale.

12 Da notare che, nella mistica persiana, la rosa e l‟usignolo rappresentano la coppia di amanti, ovvero dell‟uomo e di Dio. 13 Similmente in questa lirica dell‟afghano Zaher , nato a Mazar i Sharif nel 1991 e morto minorenne il 10/12/08 in un incidente stradale a Mestre(<>). Ancora un usignolo, alla vana ricerca del suo nido, è nelle parole della figlia di Tsura-yuki, come si legge in un romanzo giapponese, a cui l’imperatore ordinò di trapiantare il susino del suo orto nei giardini delpalazzo. La ragazza non si oppose, ma fece accompagnare l’albero da questi versi:<>. 14 Cfr. Ode 9, I, vv.14-15: <>. Le immagini del vino e della rosa, associate alla caducità della vita e della primavera, compaiono altresì in numerose liriche europee moderne e contemporanee. Così, ad es., nei versi della poetessa finlandese Sirkka Turkka (Helsinki, 1939): << Il tempo del vino e delle rose/ sarà passato per te/quando la tua bella persona ti lascerà./Quando ti lascerà, la rosa sarà sola, il vino come statua nel bicchiere>>. 15I versi sono tratti da uno dei più noti componimenti di (Herat, 1006-1088). Non fu un autore molto considerato dai contemporanei, ma aprì la strada a molti discepoli che seguirono le sue orme e ne trascrissero gli insegnamenti. Ci sono giunti così i suoi libri di filosofia e misticismo islamico scritti in persiano e in arabo. I suoi versi rappresentano un intimo colloquio tra l‟anima e Dio sotto forma di monologhi. 247 Arrivato fin qui, sono passato oltre, 248 poi nella conchiglia di cristallo del cuore umano 249 ho avvolto la goccia di consapevolezza in una Perla. 250 In compagnia di uomini buoni 251 ho vagato intorno alla Casa della preghiera, 252 e fatta questa esperienza, sono passato oltre. 253 Poi ho imboccato la strada che conduce a Lui 254 e sono diventato uno schiavo presso il suo cancello. 255 Allora è scomparso il dualismo 256 e sono stato assorbito in Lui. 257 258 259 L‟occhio del poeta, arabo, afghano o persiano, si volge altresì agli spazi celesti, ne scorge, e la rende parola, la limpida 260 e profonda armonia. Nascono così metafore, estranee al mondo greco, che vedono nella luna una barca in un fiume di 261 stelle16 o un prezioso braccialetto d‟argento che adorna la più splendida tra le costellazioni17. 262 E come in ogni forma di lirica, la parola si fa immagine, il colore melodia. 263 Come nella lirica di Abu Nuwas18: 264 265 266

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268 Così rossa è la rosa che sulla gota splende 269 che sa ingannare il cuore. 270 […] Che importa se poi il cuore si fa liuto 271 e in musica convertono le dita il suo lamento? 272

273 Poesia universale, questa come ogni forma di liricità, in cui si scorge come in filigrana il mondo 274 contingente e personale, singola espressione di un cosmo tropologico, in cui voci e tradizioni arrivano 275 distinte <> (L. Capezzone). Poesia che si fonde con la vita, come nell‟ aneddoto che si 276 narra di Nuwas (<< Abu Nuwas, avendo pregato il suo maestro Khalaf al Ahmar di autorizzarlo a comporre dei versi, 277 colui così gli rispose: “Te lo permetterò soltanto quando avrai imparato a memoria mille poemi antichi”. Abu Nuwas 278 s‟eclissò per qualche tempo, poi ritornò ad annunciare al suo maestro che aveva imparato il numero desiderato di 279 poemi. E glieli recitò, in effetti, impiegando parecchi giorni. Dopo di che, reiterò al maestro la sua prima domanda. 280 Khalaf fece allora comprendere al suo allievo che non l‟avrebbe autorizzato a scrivere versi finché non avesse 281 dimenticato completamente i poemi che aveva appena imparato.“E‟ molto difficile, disse Abu Nuwas: ho fatto tanta 282 fatica ad impararli”. Ma il maestro restò della sua opinione. Abu Nuwas si vide allora costretto a ritirarsi per un 283 certo tempo in un convento dove si occupò di tutto tranne che di poesia. Quando ebbe dimenticato i poemi, venne a 284 farne certo il maestro che infine l‟autorizzò a cominciare la sua carriera di poeta.>>), metafora metapoetica, a 285 indicare che il sapere poetico confluisce per poi svanire, si rinnova per sopravvivere all‟oblio. <> (L. Capezzone).

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16 Così in una lirica del persiano Farrokhi (<>). 17 Si può citare ad esempio la similitudine di (<>), che ricorda quella usata da Ibn al-Mu„tazz (<>). Simile l‟immagine dell‟arcobaleno, in una poesia di _aher ibn Fal Chaghani, <>. 18 Nato ad Ahvaz in Persia nel 756, da madre persiana e padre arabo, operò in prevalenza a Baghdad, crogiuolo all‟epoca di diverse culture. Pur avendo coperto quasi tutto lo spettro dei generi allora praticati, dalla qasida tradizionale, alle satire, dai panegirici alla poesia ascetica, a detta dei più grandi storici e critici, non esenti, nel loro giudizio da un certo moralismo, Abu Nuwas avrebbe trovato le sue espressioni più mirabili nella poesia bacchica e nella lirica erotica e soprattutto omoerotica, in uno stile chiaro e diretto, che accoglie e impone termini dalle più importanti lingue dell‟impero.