UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Sede di MILANO

Facoltà di LETTERE E FILOSOFIA Corso di Laurea in LETTERE MODERNE

GUERRA E RESISTENZA IN ALTA BRIANZA E VALLASSINA 1943 - 1945.

Relatore: Chiar.mo Dott. Del Zanna Giorgio

Correlatore: Chiar.mo Prof. Giovagnoli Agostino

Tesi di Laurea di: Bosisio Laura Matricola n. 2900518

Anno Accademico 2008 / 2009 Fin da bambina sono cresciuta con le storie dei miei nonni sulla Seconda Guerra Mondiale; parenti ed amici chiamati alla leva, mandati in Russia e ritornati miracolosamente salvi oppure, come mio nonno, scappati dopo l’8 settembre 1943 e tenuti nascosti nei solai per non essere fucilati o deportati in Germania. I racconti della paura provata durante i bombardamenti, la prepotenza dei fascisti e delle SS, la fame e la miseria patita in quegli anni, sono i racconti che più si sono impressi nella mia memoria. Come mi racconta ancora oggi mia nonna Giuditta, per gente povera come la sua famiglia: «erano brutti tempi, non avevamo niente! Un giorno, andando al lavoro, mi sono accorta di aver perso la “michèta” e avevo solo quella da mangiare. Per strada ho trovato Speranza e gliel’ho detto, lei mi ha fatta subito tornare indietro. Poi per fortuna l’ho trovata per terra, c’era ancora!». Ai racconti della vita passata dei miei nonni, si aggiunge il forte interesse per la storia trasmessami dal mio papà. Ho sempre adorato passare le serate seduta in cucina a guardare, con lui, film sul Vietnam o documentari storici e sono sicura che se oggi fosse stato qui, sarebbe molto orgoglioso di me. A mio papà e ai mie nonni, che per primi mi hanno fatto capire l’importanza del “non dimenticare”, vanno i miei primi ringraziamenti. A mia mamma, che mi è sempre stata vicina e che da sola, in questi ultimi due anni, è riuscita a sostenermi moralmente ed economicamente permettendomi di terminare il mio corso di Laurea va tutto il mio affetto ed un enorme Grazie! Un ringraziamento speciale lo dedico a Raffaella, primo “pilastro” della mia crescita culturale, storica e letteraria; figura fondamentale, per la sua vasta competenza e il suo paziente e costante supporto, durante la stesura del mio lavoro. Al mio fidanzato Luca che mi ha sempre amorevolmente spronata, sostenuta, appoggiata, aiutata e pazientemente aspettata, restandomi accanto nei lunghi fine settimana in cui restavo a casa per stendere la tesi (senza mai lamentarsi); a lui dico un sentito grazie per tutto l’affetto dimostratomi in ogni momento. Un ruolo, non secondario ma anzi, fondamentale, è stata la costante consulenza tecnico-informatica di Massimo che da anni e in ogni occasione ha saputo risolvere i più strani e svariati problemi che io e il “mio computer” gli abbiamo sottoposto. Per te Massimo, dirti grazie credo che non sia sufficiente! Come dimenticare lo speciale appoggio della mia più cara amica Valentina che mi è stata vicina in ogni momento e in ogni modo possibile, anche solo facendo delle commissioni al mio posto, dandomi così modo di continuare a studiare per un esame imminente o di proseguire senza interruzioni nella stesura della tesi. Grazie Vale sei unica! Impossibile dimenticare mio “zio” Maurizio, anche lui sempre presente per aiuti di ogni sorta e consulenze geografiche sui paesi dell’area trattata nel libro. Un grazie anche a tutti coloro che mi hanno permesso, ed aiutata, nella difficile consultazione dei materiali d’archivio: il di , Don Giovanni Re, Silvio e Damiano per l’archivio parrocchiale di Alzate, la signora Rina che mi ha gentilmente mostrato il suo privato archivio famigliare e raccontato con accuratezza la morte di suo cognato partigiano; come lei, ringrazio tutte le persone anziane del paese di Alzate che hanno voluto condividere con me le loro esperienze di vita degli anni 1943-1945. Ringrazio anche Don Gianni per avermi messo a disposizione il Chronicon di Fabbrica Durini; i professori Corbetta e Marazzi per il materiale dell’Istituto Perretta di ; infine ringrazio anche Manuela, l’efficientissima bibliotecaria del mio paese, per avermi sempre trovato in modo rapido e tempestivo tutti i libri che mi occorrevano per la ricerca. La lista di ringraziamenti potrebbe continuare ancora per diverse pagine se ripenso a tutte le persone che in questi anni mi sono state di supporto in ogni modo possibile. Concludo ringraziando il mio Relatore, il Dott. Giorgio Del Zanna, che ha curato lo svolgimento del lavoro e mi ha concesso parte del suo tempo per una migliore redazione della tesi.

ANCORA GRAZIE A TUTTI!

LAURA INDICE

INTRODUZIONE ...... 1

CAP. 1 - L’ARMISTIZIO E LA NUOVA R.S.I...... 6

1.1 - 25 LUGLIO 1943...... 6 1.2 - 8 SETTEMBRE 1943 IN BRIANZA...... 9 1.3 - L’OCCUPAZIONE TEDESCA E LA BRIANZA...... 12 1.4 - LA R.S.I.: RIASSETTO DEL POTERE E TENTATIVI DI INNOVAZIONE...... 21 1.5 - LA CACCIA AGLI EBREI TOCCA LA BRIANZA. POLITICA REPRESSIVA NEL TERRITORIO...... 31

CAP. 2 - LA PRIMA RESISTENZA IN ALTA BRIANZA...... 37

2.1 - PRIMI GRUPPI IN ALTA BRIANZA E VALLASSINA...... 37 2.2 - GIANCARLO PUECHER...... 44

CAP. 3 - LA SECONDA RESISTENZA IN ALTA BRIANZA. ASPETTI PARTICOLARI...... 56

3.1 - I SACERDOTI “RIBELLI”...... 56 3.2 - LA RISPOSTA AI BANDI DALLA R.S.I...... 67 3.3 - LA RESISTENZA DELLA POPOLAZIONE...... 75 3.4 - LO SCIOPERO DEL MARZO 1944...... 79 3.5 - LE “SAP”, IL C.L.N. E ALTRE FORMAZIONI PARTIGIANE...... 82 3.6 - LA RESISTENZA DELLE DONNE...... 88

CAP. 4 - LA REAZIONE NAZIFASCISTA...... 95

4.1 - LE BRIGATE NERE E LE SS ITALIANE...... 95 4.2 - FUCILAZIONI E STRAGI IN ALTA BRIANZA...... 109 4.3 - ALZATE BRIANZA, SEDE DELLA 29ª DIVISIONE SS ITALIANE...... 115

CAP. 5 - DIFFICOLTÀ DELLA VITA QUOTIDIANA...... 133

5.1 - ECONOMIA DI GUERRA. GLI SFOLLATI...... 133 5.2 - BORSA NERA E CONTRABBANDO...... 145 5.3 - FURTI, RAPINE, ASSALTI AI TRENI...... 159 5.4 - OBIETTIVO ALLEATO: ERBA E ALTRE ZONE...... 164 5.5 - MORALE E SVAGHI...... 169 Indice. ______

CAP. 6 - LA LIBERAZIONE: 24 - 26 APRILE 1945...... 173

CONCLUSIONI ...... 184 TABELLA: IL CONTRIBUTO DI TUTTO IL COMASCO ALLA LOTTA DI LIBERAZIONE ...... 188 APPENDICE: SELEZIONE DI COCUMENTI SIGNIFICATIVI DI RIFERIMENTO AI CAPITOLI ...... 190 TAVOLA DELLE SIGLE E DELLE ABBREVIAZIONI ...... 253 FONTI ...... 256 BIBLIOGRAFIA ...... 261

Introduzione. ______

INTRODUZIONE

Il regime totalitario fascista, la vita durante la guerra, la lotta della Resistenza, in poche parole: fascismo, antifascismo e Resistenza in Brianza. Come raccontare tutto questo “a chi non c’era”, a chi non ha vissuto quegli anni di dolore e di sofferenza?. Obiettivo di questo lavoro è stato quello di raccogliere in modo sistematico fonti documentarie, alcune inedite, ancora presenti negli archivi comunali e parrocchiali e salvarle dall’inevitabile usura del tempo consegnandole alla memoria. In base alle conoscenze acquisite, rappresentare gli anni 1943- 1945 in uno spazio geografico, quello dell’Alta Brianza e Vallassina, fornendo così materiale utile alla conoscenza del passato e del territorio, non presente nei libri di storia italiana, ma non per questo meno importante. La suddivisione del testo in capitoli è stata effettuata in ordine cronologico, con alcune parti di approfondimento delle tematiche più significative del periodo preso in esame. Il lavoro inizia con la necessaria premessa storica all’armistizio dell’8 settembre: il clima politico dei “45 giorni Badogliani”, speranze, incertezze, desiderio di cambiamento. È stata poi ricostruita, soprattutto attraverso la stampa locale e i documenti dell’Archivio di Stato di Como, la situazione, come si venne determinando in Alta Brianza e Vallassina, al risorgere del regime fascista nella forma della R.S.I., approfondendo il processo della riorganizzazione del fascismo. Le fonti d’archivio ci mostrano le strutture restaurate del potere fascista e il modus operandi dei capi della provincia: Francesco Scassellati e il suo successore Renato Celio, con il loro seguito di fedelissimi, come il Federale Paolo Porta,

1 Introduzione. ______pronti a tutto pur di imporre il loro volere e reprimere con la violenza e il sangue ogni azione antifascista, in ossequio all’occupante tedesco. È stata ricostruita l’occupazione tedesca e l’intensificarsi della caccia agli ebrei. L’Alta Brianza e la Vallassina furono luogo di confino di ebrei di origine straniera e per la loro configurazione geografica, luogo di transito per l’espatrio in Svizzera, non solo di ebrei, ma anche di sbandati, prigionieri alleati, renitenti alla leva nei ranghi dell’esercito della R.S.I.. A questo proposito è parso interessante e doveroso, dedicare una parte del lavoro alla memoria dei sacerdoti che costruirono un rete di solidarietà e di aiuto, per chi doveva fuggire e offrirono inoltre il loro appoggio alla costituzione delle prime forme di Resistenza. Anche in Alta Brianza e Vallassina, vi furono parroci che parteciparono in modo attivo alla Resistenza, collaborando alla lotta armata (senza imbracciare il mitra) e non solo all’assistenza alla popolazione, agli sbandati, agli ebrei, secondo lo stereotipo che nel dopoguerra voleva i cattolici partecipanti alla lotta di Liberazione quasi unicamente in forma assistenziale. Spesso del resto, i C.L.N. locali si riunivano proprio nelle parrocchie1. Nel breve ritratto del giovane Giancarlo Puecher, prima medaglia d’oro della Resistenza, è posto in rilievo come spesso in Brianza i primi gruppi partigiani furono composti da sacerdoti e laici, vista anche l’importanza che ebbe nella formazione di Puecher, la frequentazione di due sacerdoti resistenti: Don Giovanni Strada, parroco di e Don Edoardo Arrigoni, parroco di . È stata quindi ricostruita la seconda Resistenza in Alta Brianza e Vallassina, nei suoi aspetti particolari: la risposta ai bandi di leva della R.S.I., la Resistenza attiva e passiva della popolazione, la partecipazione allo sciopero del 1 marzo 1944, la crescita delle fila del C.L.N. e la nascita di altre

1 Gariglio Bartolo, Cattolici e Resistenza nell’Italia Settentrionale, Edizione Il Mulino, Bologna 1997, di Carlotti Anna Lisa, Il laicato cattolico in Lombardia e la lotta di Liberazione, p.144. 2 Introduzione. ______formazioni partigiane. Per quanto riguarda le forme della Resistenza civile, quella costituita da azioni non armate, autonome ma costanti nel tempo di difesa della vita, è parso opportuno ricercare una documentazione sull’attività, ancora per molti versi sottovalutata, delle donne, ricostruendo il loro apporto alla Resistenza. Per alcune figure di donne resistenti, sono emersi documenti provenienti dagli archivi di famiglia, per altre segnalazioni trovate nell’Archivio di Stato di Como fatte per il Capo della Provincia. Le fonti d’archivio, hanno documentato la formazione delle Brigate Nere, usate nei rastrellamenti, nella repressione della popolazione, soprattutto nei confronti delle famiglie che avevano figli renitenti alla leva o fuggiaschi in Svizzera. Fanatici ed ex criminali si arruolavano nelle fila della Brigata Nera “Cesare Rodini”, agli ordini del Federale Paolo Porta. L’opera di repressione venne svolta anche da Battaglioni di SS italiane, addestrati in Germania e agli ordini del comando tedesco. SS tedesche ed italiane e i comandi militari tedeschi, si istallarono nel territorio requisendo lussuose ville, scuole e caserme; al loro mantenimento provvedevano le strutture della R.S.I. Il mantenimento dell’occupante tedesco costituì un ulteriore aggravio delle già problematiche condizioni di vita della popolazione. In particolare è stata esaminata la situazione di Alzate Brianza durante il periodo della R.S.I., attraverso i documenti dell’Archivio Storico del Comune di Alzate e del “Liber Chronicus” della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate. Ad Alzate, sotto il comando del Generale tedesco Heldmann, fu posto il quartier generale della 29ª Divisione SS italiane. Don Giuseppe Allievi, riportò sul Liber Chronicus il loro arrivo e la prepotenza, con cui subito si distinsero, quando presero con forza le sedi dove porre le loro basi operative. Questo paese fu emblematico delle dure condizioni di vita che gravarono su tutta la popolazione durante l’occupazione tedesca. Il Liber Chronicus era il “diario”

3 Introduzione. ______che i parroci usavano per annotare a loro discrezione e libertà gli avvenimenti religiosi e civili della comunità. La compilazione di questo documento è attualmente in disuso, ma nel passato, la maggior parte dei sacerdoti ne aveva premurosa cura. Il valore storico è tutt’ora notevole perché in essi sono riportate con esattezza le date in cui sono avvenuti alcuni fatti storici di notevole rilevanza e soprattutto in quanto vi si trova spesso la descrizione dell’atmosfera e delle condizioni di vita del periodo considerato. La fatica e la miseria del vivere quotidiano, sono state ricostruite attraverso l’analisi delle difficili condizioni economiche, andate man mano peggiorando nei 600 giorni della Repubblica di Salò. Le stesse fonti fasciste, soprattutto i Notiziari della G.N.R., nelle loro scarne annotazioni, tracciarono un efficace quadro dell’incapacità delle Autorità Fasciste a fronteggiare la crisi economica, peggiorata dall’arrivo nelle di numerosi sfollati e sinistrati. I Notiziari della G.N.R. e vari documenti d’archivio ci danno un quadro dell’intensificarsi del contrabbando e della borsa nera, importante fenomeno in Alta Brianza e Vallassina, terre vicine al confine svizzero. La stampa locale documentò come la miseria portasse, anche chi non era ladro di professione, a rubare e saccheggiare per mangiare. È stato perciò ricostruito l’episodio avvenuto a , Erba, , dell’assalto al treno che portava pacchi per i prigionieri alleati. Documenti dell’Archivio di Stato di Como e degli archivi dei Comuni di , Erba e Ponte Lambro, hanno fornito notizie sulle fabbriche “ausiliarie”, in Alta Brianza e Vallassina. Fecero parte della sofferenza del vivere anche i bombardamenti alleati; grande tragedia, quello del settembre-ottobre 1944 a Erba, di cui è stata fatta una ricostruzione su documentazione locale, comprendente: il “Liber Chronicus”, redatto da Don Erminio Casati, prevosto di Erba, la cronaca del quotidiano “La Provincia”, dell’1-2-3 ottobre 1944 e gli atti ufficiali

4 Introduzione. ______dell’aviazione dell’esercito americano (U.S.A.A.F.), contenuti in una pubblicazione del Civico Museo Archeologico di Erba. Nella ricostruzione dei giorni della Liberazione, sono stati evidenziati gli aspetti altamente positivi di come fu condotta l’insurrezione e il trapasso dei poteri, oltre al ruolo di mediazione avuto dai sacerdoti. Come avvenne, la liberazione di Erba e dei dintorni, fu emblematico di ciò che accadde in tutta l’Alta Brianza e Vallassina, dove si cercò in ogni modo possibile di evitare violenze e stragi; fecero eccezione, la strage di Bulciago e Rovagnate, dove le “Brigate Puecher”, dovettero fronteggiare sulla provinciale Como-Bergamo, il traffico di colonne nazifasciste, salvando la popolazione dai bombardamenti alleati.

5 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

CAP. 1 - L’ARMISTIZIO e la NUOVA R.S.I.

1.1 - 25 LUGLIO 1943.

Il 25 luglio 1943 Mussolini, recatosi a Villa Savoia convinto di poter ottenere ancora una volta la fiducia da Vittorio Emanuele, fu costretto dal Gran Consiglio a rimettere il suo mandato nelle mani del re. Nello stesso giorno Mussolini fu arrestato e condotto nella prigione del Gran Sasso. Ritirare il mandato di capo dell’Esecutivo, affidato per un ventennio al Duce, significava addossargli l’intera responsabilità dell’intervento e della condotta in guerra. Il regime era crollato e insieme a lui, collassò un’intera società, che si trovò abbandonata a se stessa. La caduta del regime e la formazione del governo Badoglio fu accolta ovunque con entusiasmo. La notizia della deposizione del dittatore venne accolta anche in Brianza da manifestazioni spontanee di gioia e da episodi di violenza contro simboli, sedi ed esponenti del P.N.F., che saranno poi duramente punite, dopo l’8 settembre, con il ritorno al potere del fascismo, con procedimenti penali che il Tribunale Provinciale Straordinario aprirà dal dicembre 1943. La rabbia popolare a lungo repressa trovò così la sua valvola di sfogo. Il Questore Pozzoli in una denuncia al Tribunale Straordinario di Como del 7 marzo 1944, mise in evidenza atti di vandalismo avvenuti il 26-27 luglio 1943, contro la Casa del Fascio di Cantù e violenze contro alcuni fascisti del luogo1.

1 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, denuncia del Questore Pozzoli, del 7.03.1944, foglio N. 0927; Vedi Appendice: Doc. (1); 6 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

Nei diversi centri della provincia il vuoto di potere, in molti casi fu colmato da esponenti dei partiti antifascisti o semplicemente riciclando personaggi politici non completamente fascisti, specie nei piccoli centri rurali, che saranno poi giudicati e rivalutati dal rinato regime. In un pro-memoria, inviato, si presume, al nuovo Capo della Provincia Francesco Scassellati, all’inizio del 1944, Giuseppe Baragiola, Podestà di Alzate Brianza, nei confronti del quale era stata aperta un’istruttoria processuale, proclamò la sua buona e salda fede fascista e la sua innocenza2. Giuseppe Baragiola venne poi riconfermato Commissario Prefettizio di Alzate per un breve periodo di tempo, sostituito in seguito da Arturo Canali. Felice Baragiola, suo cugino, venne invece nominato Commissario Prefettizio di Orsenigo. Il governo badogliano deliberò la sospensione totale del P.N.F., dal 2 agosto 1943 col Decreto legge n. 704 pubblicato sulla “Gazzetta ufficiale”, con le sue organizzazioni: il Gran Consiglio e il Tribunale Speciale. Il testo del decreto fu riportato dal quotidiano “La Provincia di Como”3 del 29 luglio 1943:

“Martedì 28 corrente ha avuto luogo al Quirinale la prima riunione del Consiglio dei Ministri presieduta da S.E. il Maresciallo Badoglio. Il Consiglio, in vista della nuova situazione determinatasi nella vita politica del Paese, ha disposto anzitutto lo scioglimento del partito nazionale fascista. Con lo stesso provvedimento sono state dettate norme perché i vari enti assistenziali, educativi e sportivi già dipendenti dal partito possano continuare a funzionare. Nella stessa riunione del Consiglio dei Ministri è stata, poi, disposta la elaborazione della legge 9 dicembre 1928, n. 2693, concernente il Gran consiglio del fascismo incompatibile con il ritorno alla normalità costituzionale. E’ stata pure disposta la soppressione del Tribunale speciale per la difesa dello

2 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, pro- memoria del Podestà Baragiola, per il Capo della Provincia di Como, gennaio 1944, foglio s.n.; 3 Cfr. “La provincia di Como”, quotidiano, voce ufficiale del fascismo comasco. Sospese le pubblicazioni dal 27 aprile 1945 al settembre 1946 per i suoi trascorsi fascisti; 7 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

Stato, le cui competenze vengono devolute ai Tribunali militari di Corpo d’Armata durante tutto il periodo della guerra attuale” 4.

La pace sembrava vicina ma arrivò il disinganno: il nuovo governo manteneva una stretta linea di continuità con il vecchio, riciclò i Prefetti, mantenne il Senato, sostituì il Tribunale Speciale con il Tribunale Militare5, ma soprattutto, la fedeltà all’alleato tedesco veniva riconfermata: “La guerra [continuava]. L’Italia […] [manteneva] fede alla parola data”, come affermava Badoglio nel suo messaggio alla nazione. L’illusione di una pace immediata svaniva. Il nuovo governo voleva ordine, continuità e obbedienza per ricavare da entrambi i fronti il maggior guadagno possibile. Badoglio ordinava agli italiani obbedienza, serietà, disciplina e patriottismo, ma anche intolleranza verso i disubbidienti. Questo trapelava da un suo proclama “Agli Italiani”, del

26 Luglio 1943 alla nazione:

“ITALIANI! Dopo l’appello di S. M. il Re Imperatore agli Italiani e il mio proclama, ognuno riprenda il suo posto di lavoro e di responsabilità. Non è il momento di abbandonarsi a dimostrazioni, che non saranno tollerate. L’ora grave che volge impone a ognuno serietà, disciplina, patriottismo fatti di dedizione ai supremi interessi della Nazione. Sono vietati gli assembramenti, e la forza pubblica ha l’ordine di disperderli inesorabilmente” 6.

Non vennero così create le premesse di uno stato democratico, vennero mantenute anche le leggi razziali del ‘38 e in modo particolare il nuovo governo non predispose le difese nei confronti dell’ormai diffidente e minaccioso alleato tedesco, lasciando l’Italia indifesa.

4 Cfr. “La Provincia di Como”, 29 luglio 1943, foglio s.n.; 5 Cfr. “La Provincia di Como”, 6 agosto 1943, foglio s.n.; 6 Cfr. “La Provincia di Como”, 27 luglio 1943, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (2). 8 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

1.2 - 8 SETTEMBRE 1943 in BRIANZA.

Il 3 settembre 1943, nei pressi di Cassibile, il Generale Castellano firmò l’armistizio con gli Alleati che L’8 settembre 1943, alle ore 19:45, al giornale radio venne annunciato da Badoglio in persona. La monarchia ottenne così, dagli Alleati, il riconoscimento della propria autorità e la legittimazione a rappresentare lo stato italiano. Il giorno dopo lo stato italiano si disgregò, la famiglia reale fuggì a Brindisi. I governanti evitarono di promuovere la lotta contro i tedeschi, l’esercito fu lasciato a se stesso, senza ordini, l’incertezza e la paura trasformarono l’Italia in un formicaio impazzito di ex militari che cercavano di ritornare a casa . Molti soldati del centro-nord finirono nelle mani dei nazisti. Circa 810.000 furono i prigionieri, 650.000 gli sbandati7. Le autorità tedesche avevano l’urgenza di procurarsi più manodopera possibile, in quanto, sostituendo con lavoratori italiani gli operai tedeschi, era possibile inviare questi ultimi al fronte. I reparti italiani che si opposero con le armi furono trucidati8. I Tedeschi rapidamente attuarono il loro piano di occupazione. Al nord 8 divisioni germaniche comandate da Rommel disarmarono facilmente tutti i reparti italiani che si trovavano ancora nelle caserme. A sud Kesselring con 7 divisioni fece la stessa cosa9. L’11 settembre l’occupazione tedesca fu ultimata. Con la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso il 12 settembre, i tedeschi prepararono il terreno per la costituzione di uno stato fantoccio: la Repubblica di Salò.

7 Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino degli anni difficili. (Luoghi, persone, documenti, ricordi) 1943-1945, Ed. Nodo Libri, Como 2006, p.13; 8 Per una ricostruzione ancora parziale delle perdite italiane Cfr. Klinkhammer Lutz, L’occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Ed. Torino Bollati Boringhieri 1993, pp. 39-40; 9 Cfr. Klinkhammer Lutz, op. cit., p.30; 9 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

La buona disposizione delle autorità territoriali italiane a collaborare, indusse i comandi tedeschi a riconfermarle, molto spesso, nei loro incarichi10; la sostituzione dei prefetti e dei questori sarà operata solo più tardi dal governo della Repubblica Sociale, che aveva l’assoluta necessità, in quel periodo, di assegnare questi ruoli chiave, e non solo, a fascisti di fiducia che anche nel periodo di sbandamento, dopo la caduta del Duce avevano mantenuto una fede salda nel fascismo11. A Como, il nuovo Capo della Provincia Scassellati, sostituì, il Prefetto Chiaromonte solo il 18 ottobre. In quei giorni di caos a motivo della transizione scattò una spontanea e generosa solidarietà popolare nei confronti dei soldati italiani e dei prigionieri di guerra, rivestiti alla meglio, rifocillati, nascosti, aiutati nel loro tentativo di raggiungere le proprie famiglie. La popolazione lanciò così il suo segnale di rottura con la guerra, ostacolata comunque, in ogni modo possibile, dal comando nazista. Sul quotidiano comasco “La Provincia” del 30 settembre 1943, un pressante ordine del Prefetto Chiaromonte, intimava ai cittadini di consegnare ai carabinieri o alla Milizia i prigionieri di guerra alleati, soprattutto provenienti dal campo bergamasco di Grumello al Piano, da dove ne fuggirono 2.500, sconfinando nella provincia di Como per dirigersi verso la Svizzera. Per la cattura di costoro si promettevano ben 1.800 Lire per ognuno:

“[…] E’ a conoscenza del Comando Militare Germanico che dal Campo di concentramento di Grumello del Piano sono fuggiti circa 2.500 prigionieri di guerra, che presumibilmente si trovano tuttora in parte anche nella provincia di Como, e che vengono sostenuti e aiutati dalla popolazione. Ogni cittadino ha

10 Cfr. Klinkhammer Lutz, op. cit., pp.36-38; 11 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, promemoria anonimo , s.d., foglio s.n.; 10 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

l’obbligo di trattenere a disposizione dell’Arma dei Carabinieri o della Milizia i prigionieri che cadono nelle proprie mani, e di avvertire i Corpi suddetti se prigionieri di guerra si trovino nelle vicinanze. Devo avvertire che l’inosservanza di questo ordine od anche il ritardo nella esecuzione del medesimo comporta gravi sanzioni da parte del Tribunale Militare Germanico. Per la cattura di ogni prigioniero di guerra verrà corrisposto un premio di L. 1800 oppure di 20 sterline. Dall’Ufficio Comunale, li 30 settembre 1943” 12.

La Brianza, per la sua conformazione collinare-montuosa e la vicinanza al confine svizzero, fu un rifugio privilegiato per i fuggitivi. Le zone dei Corni di Canzo, di San Salvatore, dell’Alpe del Viceré e del Pian del Tivano nella zona del Monte San Primo, ospitarono dopo l’armistizio centinaia di militari in fuga. I più fortunati scapparono subito in Svizzera. In Brianza e Vallassina, oltre ai militari, arrivarono anche perseguitati politici, prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento, attivisti sindacali e operai, tutti speranzosi di varcare il confine con la Svizzera. Seguiranno, da parte delle Autorità, l’ordine di arresto e la deportazione nei lager. Molti ebrei si nascosero in Brianza e Vallassina mescolandosi con gli sfollati. La speranza di tutti era una sola: la salvezza in Svizzera. Finanza, carabinieri e agenti della Pubblica Sicurezza, pur sottoposti al nuovo regime della R.S.I., le erano ostili perché si sentivano legati al giuramento fatto alla monarchia. In una relazione del 21 gennaio 1944 del Prefetto venne rigettata l’accusa che finanzieri, carabinieri ed agenti della P.S. avessero favorito, dal 9 settembre 1943, anzi incitato a ripararsi in Svizzera. Nella fonte si pone in rilievo il fatto che i pochi agenti di vigilanza ai valichi, si erano trovati nell’impossibilità di impedire l’esodo degli sbandati e dei fuggiaschi13.

12 Cfr. “La Provincia di Como”, 30 luglio 1943, foglio s.n.; Vedi Appendoce: Doc. (3); 13 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, cart.109, relazione del Prefetto contro Finanzieri, Carabinieri ed Agenti della P.S., del 21.01.1944, foglio s.n.; Vedi Appendoce: Doc. (4). 11 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

1.3 - L’OCCUPAZIONE TEDESCA in BRIANZA.

Alla caduta del regime fascista, il Comando Supremo Tedesco, non fu preso in contropiede dall’abbandono del suo alleato. All’incapacità fascista di opporsi al colpo di stato della monarchia, immediatamente dopo l’armistizio, scattò il piano di occupazione del suolo italiano, accuratamente già predisposto. Molti capi fascisti si posero sotto la tutela nazista, per poi rifugiarsi nel Reich. I tedeschi disarmarono, catturarono facilmente e uccisero i soldati italiani, mentre i gerarchi rifugiati in Germania, via radio da Monaco invitarono i reparti italiani a non opporsi ai tedeschi ma anzi a continuare a lottare al loro fianco14. “L’occupazione dell’Italia fu un processo articolato che comportò il trasferimento nella penisola di tutte le strutture dell’apparato del potere nazista: i militari, i ministeri economici di gestione, quelli politici e Himmler con le sue SS. Ognuno voleva una parte di questa nuova terra di conquista”15. L’area occupata fu divisa in settori man mano più piccoli; alla fine del mese di ottobre del 1943 vennero create le Militarkommandantur (zone che raggruppavano alcune province). La Brianza comasca, rientrava sotto la giurisdizione della Mk 1016 con sede a Bergamo e con giurisdizione anche su Como, Varese e Sondrio. Un’ulteriore e successiva frantumazione del territorio, portò alla creazione delle Platzkommandantur (Pk), (cioè: comandi militari provinciali), presenti anche a Como, dove il comandante era il tenente colonnello Plauchner. Nei centri più piccoli, se era possibile, venivano posti dei presidi della Wêrmacht per un controllo capillare dell’area occupata come ad Alzate Brianza16.

14 Cfr. Il messaggio radio di Pavolini citato da Bocca Giorgio, La Repubblica di Mussolini, Laterza, Roma-Bari, 1977, pp.13-14; 15 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, p.19; 16 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.20; 12 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

La Brianza vide così affluire questi militari così diversi nella lingua e nella cultura. I tedeschi scelsero con cura le sedi dei loro presidi, requisirono scuole, creando disagio e sospensione delle attività come alla scuola per l’infanzia di , dove sfrattarono suore e bambini, o a Cantù al liceo femminile; alberghi, come il capiente Bosco Marino interamente requisito ed adibito a dormitorio per le truppe, ma anche splendide ville patrizie con saloni settecenteschi ed ottocenteschi, immersi in splendidi giardini rigogliosi, come a Barzanò, dove 300 SS presero possesso di Villa Della Porta, il cui proprietario, conte Della Porta (che diventerà in seguito comandante di una formazione partigiana) si dovette sistemare in un angolo dell’edificio; 200 uomini si stabilirono a Villa Maria a Meda e truppe SS alla Villa del Soldo di Alzate. Molte, moltissime altre ville vennero sequestrate più tardi anche dai membri della nuova Repubblica Sociale. Verso la metà di settembre, la Brianza era tutta saldamente nelle mani tedesche:

“Nel pomeriggio di domenica reparti motorizzati delle Forze Armate del Reich sono giunti a Como e hanno raggiunto la Caserma e i Comandi militari locali, prendendo contatto con le nostre Autorità dell’Esercito e della M.V.S.N.. La condotta dei reparti tedeschi è stata ed è irreprensibile e non ha dato luogo ad alcun incidente. D’altra parte anche il contegno della popolazione è esemplare” 17.

L’intento rassicurante di questa cronaca giornalistica, non esagerava l’efficienza dei tedeschi. In poche settimane le funzioni di controllo e del mantenimento dell’ordine pubblico furono affidate al comando supremo delle SS, gestito in Italia dal generale Karl Wolff, dal quale dipese soprattutto

17 Cfr. “La Provincia di Como”, 14 settembre 1943, foglio s.n.; 13 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______la lotta al movimento partigiano e per questo scopo, nei primi mesi del 1944 costituì un’organizzazione territoriale che comprendeva zone specifiche di competenza18. Capo delle SS e della polizia fu nominato, per il settore occidentale, (Lombardia, Piemonte, Liguria; Valle d’Aosta), il generale Willy Tensfeld “uomo dai gesti e dai modi imperiosi, convinto di rappresentare il mito della razza ariana, cristallina, superiore. Aveva già portato il terrore nelle pianure dell’Unione Sovietica e l’alto incarico era il frutto della grande considerazione di cui godeva presso gli alti comandi delle SS”19. Pose la sua sede a Monza, a Villa Blanc. Si oppose ai sabotaggi, alle agitazioni operaie e soprattutto si dedicò alla lotta contro i partigiani in Brianza. I tedeschi comunque, si presentarono immediatamente alla popolazione locale con una serie di bandi, non solo restrittivi verso le libertà di circolazione e di movimento, ma anche con bandi molto duri che minacciavano pene severissime, fino alla pena di morte, verso qualsiasi attività di ostacolo all’amministrazione e al controllo tedesco o verso chiunque non avesse rispettati i loro ordini:

“La popolazione della provincia di Como viene pregata di consegnare entro 24 ore tutte le armi al Comando tedesco o di Polizia. Il termine di consegna viene prorogato fino alle ore 18 del giorno p. v.. I fucili da caccia non sono compresi nelle armi da consegnare. Sono pure da consegnare immediatamente tutti gli oggetti di vestiario o armamento dell’Esercito italiano che si trovino in possesso di privati e che appartengono allo stato. Chi verrà trovato in possesso delle armi o altri oggetti da consegnare scaduto il termine fissato, verrà fucilato. Chi si procura contro legge, li accetta da magazzini o depositi o li esporta verrà fucilato”20.

18 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.22; 19 Cfr. Ibidem; 20 Cfr. “La Provincia di Como”, 16 settembre 1943, foglio s.n.; 14 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

Il 19 la frontiera di Ponte Chiasso fu occupata da doganieri e da agenti di polizia tedeschi e alle ore 11:30 del 20 venne chiusa21. Ma fu una chiusura di poche ore, già alle 17:00 il valico venne riaperto ai frontalieri e al trasporto ferroviario di merci22. Le intimazioni a consegnare gli automezzi appartenuti alle forze armate e le armi vennero reiterati più volte, finché “La Provincia di Como” pubblicò l’ultimatum, il 26 settembre 1943, che valeva anche per chi avesse commesso atti di violenza contro i rappresentanti delle forze armate germaniche, o turbato l’ordine pubblico:

“[…] 1- Oggetti di qualunque genere dell’esercito italiano, quali: armi, munizioni, autoveicoli, cavalli, muli, veicoli da traino, carburante, attrezzi, ecc., devono essere consegnati entro ventiquattro ore ai Comandi o Reparti delle Truppe Tedesche. […]. 2. - Chi nonostante l’obbligo della consegna viene trovato in possesso di armi da fuoco, munizioni, granate a mano, esplosivi ed altro materiale da guerra, verrà punito con la morte, oppure con ergastolo, oppure nei casi meno gravi, con carcere. 3. - Chi commette atti di violenza di qualsiasi specie contro appartenenti delle Forze Armate Germaniche, verrà punito con la morte”23.

E ancora, il 29 settembre 1943, era pubblicata sul quotidiano “La Provincia”, l’Ordinanza per la tutela delle Forze Armate Germaniche, del Comandante

Superiore Feldmaresciallo Rommel:

“Per tutto il territorio del Comandante Militare Germanico dell’Italia

Settentrionale ordino quanto segue: 1 I.) Chiunque commetta un’aggressione alla vita di un appartenente alle Forze Armate Germaniche oppure

21 Cfr. “La Provincia di Como”, 21 settembre 1943, foglio s.n.; 22 Cfr. “La Provincia di Como”, 22 settembre 1943, foglio s.n.; 23 Cfr. “La Provincia di Como”, 26 settembre 1943, foglio s.n.; 15 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

appartenente ad un Ufficio Germanico, verrà punito con la pena di morte. 2.) Chiunque commetta un atto di violenza contro le Forze Armate Germaniche, i loro impianti ed istituzioni, verrà pure punito. 3.) Nei casi meno gravi potrà essere applicata la pena dell’arresto o della reclusione. 2 Questa ordinanza entra in vigore con la sua pubblicazione sulla stampa o con l’annuncio per mezzo della radio. Rommel”24.

Come corollario la Prefettura, che era ancora retta dal badogliano Chiaromonte, sullo stesso giornale, il 30 settembre 1943, fece pubblicare, come “specchietto per le allodole”, il comunicato che invitava i militari sbandati a presentarsi volontariamente al più vicino Comando Germanico ed arrendersi, per essere trattati come gli altri soldati che spontaneamente avevano deposto le armi:

“Tutti i militari italiani, attualmente sbandati, che entro sabato 2 ottobre si saranno presentati presso il più vicino Comando Germanico, verranno trattati come gli altri militari italiani, che volontariamente hanno deposto le armi; non verranno né fucilati né in qualsivoglia altro modo militarmente puniti. Tutti coloro che non si presenteranno volontariamente entro il termine indicato saranno considerati insorti e puniti con la morte o alte gravissime pene. I soldati germanici sono venuti a proteggere il nostro Paese dall’invasore e non per dirigere le loro armi contro i soldati d’Italia”25.

Oltre all’indicazione tutt’altro che invitante per i nostri militari sbandati di consegnarsi ai tedeschi per essere poi internati in Germania, con i loro sfortunati commilitoni già catturati e internati, non può non colpire il completo rovesciamento di fronte che si cela dietro la menzogna finale, in cui le truppe di occupazione vengono indicate come i difensori dell’Italia:

24 Cfr. “La Provincia di Como”, 29 settembre 1943, foglio s.n.; 25 Cfr. “La Provincia di Como”, 30 settembre 1943, foglio s.n.; 16 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

“ITALIANI! Le Forze armate tedesche hanno occupato il territorio italiano. Esse non difendono soltanto il suolo italiano, ma garantiscono la sicurezza della popolazione contro tutti coloro che provocano disordini e vogliono impedire il pacifico lavoro della popolazione. Chi pertanto turba la quiete e l’ordine pubblico, chi attenta con congiure, anarchiche o comuniste, alla sicurezza del popolo, sarà giudicato con tutta l’asprezza dei Tribunali di guerra tedeschi. Le Forze armate germaniche sono generose e giuste. Chi però agisce contro le leggi o tenta in segreto di fomentare focolai di agitazione, proverà la durezza delle Forze armate germaniche. I comunisti e i loro compagni di fede ne sono con ciò diffidati”26.

Purtroppo la collaborazione non fu esclusiva prerogativa delle nostre autorità, la collaborazione si estese anche a privati cittadini; ciò si può spiegare solo con il vile espediente di risolvere contrasti di interesse, rivalità e odi, denunciando i propri nemici personali. Questo costrinse gli occupanti a pubblicare un umiliante avviso:

“Chiunque ha l’intenzione di fare delle segnalazioni alle autorità germaniche deve farlo personalmente presso un comando germanico che se ne occuperà RISERVATAMENTE. Le autorità germaniche non prendono in considerazione nessuna segnalazione anonima”27.

Il 1 ottobre 1943, ad una settimana dall’annuncio di Mussolini alla radio della formazione dell’R.S.I., in prima pagina sempre sul quotidiano locale “La Provincia di Como”, il Comando Militare Germanico dell’Italia settentrionale, fece pubblicare un comunicato in cui fu evidente che l’autonomia decisionale era unicamente tedesca, ma lasciò intravedere una tendenza dei vertici militari germanici a mantenere l’apparato amministrativo esistente, ferma

26 Cfr. “La Provincia di Como”, 18 ottobre 1943, foglio s.n.; 27 Cfr. “La Provincia di Como”, 28 settembre 1943, foglio s.n.; 17 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______restando la subordinazione della R.S.I. alla Germania, benché fittizia fosse la pari dignità tra tedeschi e repubblichini. Il comandante militare dell’Italia settentrionale, il Generale di corpo d’armata Witthoeft ordinava:

“1) Le leggi e i decreti vigenti rimangono in vigore sempreché non pregiudichino la sicurezza, l’approvvigionamento o altri interessi delle Forze Armate Germaniche. 2) Tutte le autorità statali e comunali e ogni ufficio pubblico dovranno riprendere la propria attività. Tutti i funzionari ed impiegati dei servizi pubblici sono responsabili di un atteggiamento leale verso le Forze Armate Germaniche. 3) Continueranno ad essere di competenza dei tribunali Italiani tutte le cause civili. La loro competenza nelle cause penali è limitata ai reati non connessi contro i decreti emessi per la salvaguardia delle Forze Armate Germaniche. 4) In caso che una singola Autorità, ufficio ed organizzazione del servizio pubblico non fossero in grado di funzionare i prefetti devono provvedere. 5) I comandi di Presidio Militari Germanici coadiuveranno le autorità locali, gli uffici e le organizzazioni del servizio pubblico e daranno ad esse le istruzioni e direttive necessarie. Deve esistere tra loro la più stretta collaborazione”28.

Come un passaggio di consegna, il giorno seguente il Prefetto della Provincia Chiaromonte divulgò sulla stampa la notizia dell’insediamento dell’Amministrazione Militare della Provincia. Il territorio veniva sottoposto al diritto di guerra tedesco e il Prefetto invitò la popolazione a continuare a lavorare tranquillamente e

“a non compiere atti contro l’ordine e la tranquillità né aiutare persone appartenenti a paesi in guerra con la Germania”29.

28 Cfr. “La Provincia di Como”, 1 ottobre 1943, foglio s.n.; 29 Cfr. Ibidem; 18 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

I comandi del Reich erano ormai disseminati in tutta la Brianza. L’occupazione del territorio italiano era ben vista a Berlino non solo dal punto di vista militare, ma anche per i vantaggi economici che i tedeschi potevano trarne, facendo pagare agli italiani parte delle spese di guerra. Il mantenimento degli alleati-occupanti nella R.S.I., costò 7 miliardi di vecchie lire al mese nel 1943, salirono poi a 10 miliardi nel 1944 e poi a 12 miliardi, per un totale di 200 miliardi di lire30. Non vi fu solo un prosciugamento del denaro, ma anche un vero e proprio saccheggio di beni, mezzi di trasporto, mobilio, vestiti e requisizioni di automezzi, carri, biciclette e non solo, si fecero anche censimenti di cavalli e di altri animali in tutti i piccoli comuni brianzoli. Il sottosegretario alla presidenza, in un comunicato ai vertici della R.S.I., l’8 settembre 1944 scrisse:

“[…] Poi in alcuni paesi della Brianza, si stanno verificando dei fatti molto rincresciosi (sic!), che non tornano certamente a svantaggio di tutti i nemici: alcuni militari e comandi tedeschi “vanno svaligiando”, è la parola, alcune case da dove portano via tutto quanto è trasportabile come materassi, grassi, maiali, indumenti di lana, mobili e altri oggetti. Spesso dalle stazioni vicino a Milano […] si vedono passare dei treni completamente pieni di oggetti più disparati e molto di frequente pieni di mobili d’ufficio […]”31.

Il peso dell’invasione che l’Italia portò sulle spalle fu molto gravoso, poiché l’invasore era avido non solo di denaro, di prodotti industriali e alimentari, ma anche di uomini, di forza lavoro32. Infine, creata la sua ossatura,

30 Cfr. Lazzero Ricciotti, Le SS italiane, Ed. Rizzoli, Milano 1982, p.188; 31 Cfr. Contini Gaetano, La Valigia di Mussolini, Ed. Mondadori, Milano 1982, p.224; 32 Cfr. “La Provincia di Como”, 20 novembre 1943, foglio s.n.. 19 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______sviluppate la radici, l’occupante decise di crearsi il proprio “governo satellite”: la Repubblica Sociale Italiana.

20 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

1.4 - LA R.S.I. : RIASSETTO del POTERE e TENTATIVI di INNOVAZIONE.

Alla caduta del regime fascista, nell’incapacità di organizzare una resistenza al colpo di stato monarchico, seguita dal rifugiarsi sotto l’ala dell’ambasciata tedesca di molti gerarchi fascisti, e la successiva fuga in Germania di molti di loro, si comprese chiaramente che il fascismo sarebbe rinato solo all’ombra della Germania nazista e solo se funzionale ai suoi obbiettivi strategici. Infatti Hitler, insediatosi nel territorio italiano e consolidato il fronte, decise di ricostruire uno stato fascista, il quale non avrebbe potuto rinascere senza che a guidarlo fosse il suo capo-fondatore: Mussolini33. Al Führer serviva un governo collaborazionista in grado di pagare le spese belliche alla Germania e che contribuisse anche con disponibilità industriali umane e desse un suo apporto al mantenimento dell’ordine in tutto il territorio occupato. Seguendo questa strategia Hitler fece liberare Mussolini dalla sua prigione del Gran Sasso, quattro giorni dopo l’armistizio, il 12 settembre 1943 con un’operazione lampo di paracadutisti tedeschi, lo portò in Germania. Il 25 settembre lo fece rientrare in Italia con i suoi più stretti collaboratori: Pavolini, Farinacci, Buffarini Guidi, Preziosi. La nuova Repubblica si ricreò in modo rapido e tempestivo, ma la nuova denominazione fu stabilita in forma ufficiale il 25 novembre 1943 dal Consiglio dei Ministri: Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.). Il governo satellite dei tedeschi era nato e si impiantò saldamente nel territorio. A Como il 14 settembre del 1943, Paolo Porta e altri dieci camerati fedelissimi al Duce, ripresero possesso della Casa del fascio dove “non c’era

33 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, pp.28-29; 21 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______che sporcizia e devastazione […]. Tutto avevano rubato […]”34, così ricorderà successivamente l’avvocato Paolo Porta alla prima assemblea del Fascio repubblicano di Como il 21 novembre 1943 a Palazzo Carducci. Il 15 settembre finalmente tornerà a farsi sentire, tramite Radio Monaco, Mussolini. Il 19 settembre, una domenica, venne ricostruito il fascio di Como che avrebbe controllato anche tutta la sua provincia. Contava poco più di 30 aderenti:

“La reggenza provvisoria dei Fasci repubblicani della provincia di Como riunita nella Casa del Fascio, dopo avere elevato il suo pensiero ai Caduti della Causa e della Guerra rivoluzionaria, saluta con immutata fede il Duce e invita tutti i fascisti di Como e provincia a presentarsi alla Casa del Fascio per iniziare la nuova attività secondo le disposizioni […]”35.

A livello organizzativo, territoriale ed amministrativo, nei Comuni, vi fu la sostituzione del Podestà, che era di nomina regia, con il Commissario Prefettizio, che riuniva in una sola persona tutti i poteri amministrativi e politici. Per la maggior parte, i Commissari furono volti nuovi. In alcuni piccoli centri rimasero i vecchi Podestà, ma questi furono casi rari, il nuovo regime esigeva persone di assoluta e comprovata fede fascista, dalle cariche più basse a quelle più elevate, ma molti ex fascisti rifiutarono gli incarichi e parecchie furono le richieste di congedo per malattia. Molte furono le verifiche che il nuovo regime effettuò su suoi seguaci, ex seguaci o presunti tali, per valutarne la fedeltà e la salda fede fascista. In una segnalazione del 1° aprile 1944 del Capo della Provincia Scassellati al Generale Giovachino

34 Cfr. “La Provincia di Como”, 22 novembre 1943, foglio s.n.; 35 Cfr. “La Provincia di Como”, 19 settembre 1943, foglio s.n.; 22 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

Solinas, Comandante Regionale per la Lombardia, Milano, venne evidenziata l’esemplare condotta del Ten. Medico Dr. Mario Maiocchi del Deposito 27°

Artiglieria Divisionale di Erba:

“[…] il quale, fino dai primi giorni successivi all’8 settembre, non esitò a schierarsi apertamente con le forze attive della zona di Erba che provvedevano alla riorganizzazione del Paese, tenendo in pieno funzionamento il suo reparto di infermieri ed impedendo ogni abusivo allontanamento […]”36.

Mentre in un comunicato del 25 ottobre 1944 del Questore Pozzoli al Capo della Provincia di Como, fu segnalato l’arresto del Dr. Luigi Formigoni, Capo dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Como: “[…] perché aveva svolto deleterie attività antifasciste […]”37. Dalla toponomastica dei paesi, sparirono le intitolazioni delle vie che ricordavano la casa regnante come: i corsi Vittorio Emanuele, le piazze Savoia e gli stemmi Sabaudi dalle bandiere. Accanto al Commissario Prefettizio, il nuovo Partito Fascista Repubblicano (P.F.R.), così denominatosi dopo il 15 settembre, volle mantenere anche il Segretario (o Commissario) del fascio. Per questa carica vennero riesumati gli squadristi della prima ora, fascisti puri e duri, intolleranti e fanatici che dovevano costituire i pilastri portanti del nuovo regime. Per la provincia di Como la carica venne affidata all’avvocato Paolo Porta, un elemento storico del fascio comasco38.

36 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, segnalazione di Scassellati, del 1.04.1944, foglio Gab. 9982; Vedi Appendice: Doc. (5); 37 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, verbale di fermo del Questore Pozzoli, del 25.10.1944, foglio s.n.; 38 PAOLO PORTA, proveniva da una famiglia borghese comasca, studiò giurisprudenza ed esercitò la professione di avvocato. Fu uno dei fondatori del fascio di Como, il 10 dicembre 1920. Squadrista della prima ora, partecipò alla marcia su Roma. Nonostante la lunga militanza non giunse a ricoprire cariche prestigiose durante il ventennio fascista. Col grado di Tenente di complemento di fanteria, si arruolò come volontario e combatté per soli 6 mesi in Albania. Porta fu un fascista convinto, fedele e onesto, dal carattere duro e irreprensibile. Durante il colpo di stato monarchico, mantenne salda la fedeltà al fascio senza mai vacillare. Nei venti mesi della R.S.I., la sua condotta fu ancora impeccabile. La sua pura fede lo portò a 23 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

Alle province veniva assegnato, sempre come massima autorità il Prefetto, con la nuova denominazione di Capo della Provincia. A Como il vecchio Prefetto Chiaromonte fu sostituito il 17 ottobre 1943 da Francesco Scassellati Sforzolini39, a lui si debbono parecchie fucilazioni e deportazioni in Germania,

legare la sua vita a quella di Mussolini, credendo sempre in lui e seguendolo fino alla fine. Per la sua efficienza si guadagnò stima e rispetto e il 7 marzo 1944 venne nominato delegato dei fasci della Lombardia. Il 14 novembre a Verona si tenne il primo Congresso Nazionale del Partito Fascista Repubblicano, Porta riscosse successo con un suo intervento rude e diretto, invitando tutte le milizie ad essere unite e non più divise, i non fidarsi più di nessuno, di essere vigili e attenti, di controllare il territorio con durezza e di regolare i rapporti con la chiesa per lui troppo libera dal controllo. La sua adesione convinta alla scelta di militarizzare il partito, gli farà guadagnare l’incarico di Ispettore Regionale delle Brigate Nere. Organizzò da solo la Brigata Nera “Cesare Rodini”, e la usò massicciamente in tutta la provincia nei rastrellamenti contro i partigiani attuando una repressione dura e spietata , usando anche le armi della doppiezza, della calunnia e servendosi di infiltrati. Una strategia incruenta era invece desiderata dal comando tedesco di frontiera. Favorì il rientro dalla Svizzera dei fuoriusciti e fu tollerante con la classe operaia fino agli scioperi del marzo 1944. Porta oscillò sempre da una intransigente durezza ad una calcolata disponibilità di ordine tattico. Riuscì ad ottenere l’appoggio del Generale Tensfeld, responsabile della Polizia e delle SS nell’Italia nord-occidentale. Il contrasto tra schieramento “moderato” e “oltranzista”, portò il 1° ottobre 1944 alla nomina del Colonnello Vanini a Commissario Federale al posto di Porta, ma fu reclamato a gran voce dai suoi uomini e da tutti i fascisti della provincia riuniti in assemblea. Porta continuerà a comportarsi da federale di fatto fino a quando il 22 gennaio 1945, gli verrà restituito anche il titolo ufficiale di Commissario Federale. Braccio destro di Porta sarà Alfredo De Gasperi. Ricostruì anche il 16° Battaglione Camicie Nere. Collaborò con i due capi della provincia Scassellati e in seguito Celio, con rapporti di rivalità col primo e di contrasto con il secondo. Porta fu fino alla fine fedele al regime, troverà la morte insieme al Duce nei tragici eventi finali di Dongo. Per le notizie bibliografiche: Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, cart. 111, foglio s.n.; Cfr. La testimonianza di Porta Musa Carla, in Marchesi Rosaria, C’era la guerra, Ed. Nodo Libri 1992, p.300; Cfr. Il verbale stenografico del Congresso di Verona, pubblicato da Paolucci Vittorio, La Repubblica Sociale Italiana e il Partito Fascista Repubblicano, settembre 1943 marzo 1944, Urbino, Argalia, 1979, pp.173-175; Cfr. Legnani Massimo, Potere, società ed economia nel territorio della RSI, in AA.VV., La Repubblica sociale italiana 1943-45, a cura di Poggio Pier Paolo, Annali della fondazione “Luigi Micheletti”, n°2, Brescia, 1986, pp.26-27; Cfr. ISCPAPC, F. Gementi, memoriale dattiloscritto inedito dell’ex federale del P.N.F. di Como, Frigerio Carlo, scritto nei mesi successivi alla Liberazione, p.2 e p.16; Cfr. Klinkhammer Lutz, L’occupazione tedesca in Italia 1943- 1945, Ed. Bollati Boringhieri 1993, pp.325, 327 e 328; Cfr. “La Provincia di Como”, 1 ottobre 1944, foglio s.n.; Cfr. Notiziario della G.N.R. di Como, riportato da Pansa G., Il Gladio e l’alloro, l’esercito di Salò, Milano, Ed. Mondadori, 1991, p.170; Cfr. I diari di De Gasperi, in Festorazzi Roberto, San Donnino, cella 31, Milano, Simonelli, 1999, p.175; Cfr. “La Provincia di Como”, 8 maggio 1944, foglio s.n.; Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, pp.90-92-93; 39 FRANCESCO SCASSELLATI SFORZOLINI, nacque a Perugia il 25 febbraio 1901. Si iscrisse presto al partito fascista. Resse la prefettura di Ancona dall’11 giugno 1943. Fu uno dei Prefetti non sostituiti da Badoglio dopo il 25 luglio. Attraversò indenne il regime, il Governo Monarchico e la Repubblica Sociale. Acquistò le sue benemerenze prima nel servizio segreto in Albania, in seguito come Prefetto di Dalmazia dove, come recita la propaganda ufficiale: “nel tormentato settore di Cattaro, durante i tristi tempi della rivolta armata, [seppe] ricondurre le bande ribelli alla ragione, facendo loro deporre le armi e pacificando la turbolenta regione che gli era stata affidata dal Duce come un’estrema trincea da difendere”. Cfr. “La Provincia di Como”, 19 novembre 1943, foglio s.n.; Questo elogio al nuovo Capo della Provincia, nascondeva tra le righe la sua vera natura di “belva”, come ricordò il dr. Luigi Pisanò, funzionario della prefettura repubblicana di Como: “Fui destinato a Cattaro […] [in] Dalmazia, […] dal Ministero mi venne affidato il compito di affiancare il Prefetto Scassellati, che veniva dal Governo albanese dove aveva esercitato un servizio di polizia segreta. Fatto sta che veniva preceduto da una fama poco buona. Ci sono stato solo 30 giorni, ma ho 24 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______appoggiato dal suo Commissario Federale Paolo Porta, con cui avrà una stretta collaborazione per affinità di metodi e carattere, infatti Scassellati trasportò nel Comando i metodi sanguinari usati nella controguerriglia in Dalmazia. Diede libertà di azione all’avv. Porta per raccogliere informazioni sugli sbandati e compiere rastrellamenti. Alle famiglie di soldati renitenti alla leva, se commercianti, venne tolta la licenza di esercizio, sequestrati beni mobili, immobili e la loro stessa casa, fino all’arresto dei parenti degli sbandati. La stessa sorte toccherà ai rifugiati in Svizzera, ai quali il

“Tribunale provinciale Straordinario di Como, [potrà] [irrogare] la pena corporale [ed] anche la confisca dei beni mobili ed immobili. […] se il fuggiasco ha lasciato aziende industriali od agricole, poiché colla fuga è venuto a mancare la diretta gestione dell’emigrato - […] - si provveda alla nomina di un commissario di gestione […]”40.

Per questa sua condotta Scassellati venne rimosso dal suo incarico41 e sostituito il 15 giugno 1944 dal dottor Renato Celio42, con alle spalle già

fatto a tempo a vedere le atrocità commesse da questo improvvisato Prefetto che dimostrò di avere un cuore di belva. Come rappresaglia verso i fuoriusciti, che erano tutti sulle montagne intorno a Cattaro, e che, presi con intelligente tatto sarebbero tornati tutti alle loro case, e sarebbero stati disposti a collaborare con le autorità italiane, qualora fossero stati sicuri di un buon trattamento, egli ordinò l’arresto di tutti i famigliari, donne, vecchi e bambini, di cui molti lattanti, facendoli internare nella stiva affondata di una vecchia nave, sudicia e priva di latrine, prescrivendo che il vitto fosse costituito solo di pane e acqua. Non esitò anche a dare ordine al Comando dei Vigili del Fuoco perché venissero incendiate le case dei fuoriusciti”. Cfr. A cura dell’ Archivio ISCPAPC, Il monito della storia, Como, Graficop, 1999, p.17; Scassellati fu Capo della Provincia di Como dal 18 ottobre 1943, ne lasciò la reggenza il 15 giugno 1944 per essere inviato a reggere la provincia di Novara. Dopo la Liberazione, per il caso Puecher e reati diversi nel dopoguerra, venne processato dalla Corte d’Assise di Como e condannato, con sentenza del 18 maggio 1946 alla pena capitale mediante fucilazione alla schiena. La pena fu poi commutata dalla Corte d’Appello di Milano, il 20 marzo 1948 in ergastolo in base a decreti di amnistia. Nel frattempo lo Scassellati, sotto il falso nome di Francisco Salgada Rossi, con passaporto Paraguaiano, viveva tranquillo a Caracas, gestendo un negozio di abbigliamento. Risultò rientrato in Italia nel 1963. Morì a Roma senza essere imprigionato, il 28 marzo 1967. Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., pp.90-91; Cfr. De Antonellis Giacomo, Il Caso Puecher. Morire a vent’anni partigiano e cristiano, Ed. Rizzoli 1984, pp.196-197; 40 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, relazione riservata personale del Commissario Federale Paolo Porta al Capo della Provincia Scassellati, del 19.11.1943, foglio N. 549; 41 Cfr. I diari di De Gasperi, in R. Festorazzi, San Donnino, cella 31, Milano, Ed. Simonelli, 1999, p.175; 25 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______esperienze di neutralizzazione incruenta delle formazioni partigiane nell’Astigiano. Questo cambiamento dimostrò la volontà dei tedeschi, assecondata dal Ministero degli Interni, di fare del territorio della Brianza, che ospitava le famiglie di molti gerarchi, fascisti e nazionalsocialisti, un retroterra tranquillo della R.S.I.43. Celio, col suo carattere di uomo avvezzo a compromessi, doppi giochi e al proprio tornaconto personale, mal conviveva col duro e rigido Porta, che lo guardava con sospetto e diffidenza non credendo che il nuovo Capo della Provincia provasse veri sentimenti fascisti44. Celio si portò da Asti anche parecchi uomini di fiducia facendo loro ricoprire cariche importanti45. Per quanto riguarda il Questore, rimase sempre il responsabile delle forze di polizia. A Como fu nominato il Colonnello Lorenzo Pozzoli. Ogni questura fu dotata di un Ufficio politico investigativo (Upi), che si distinse in ogni luogo per le persecuzioni a qualsiasi oppositore politico. A guardia dell’ordine della nuova Repubblica, venne creato a fine novembre del ’43 un nuovo corpo armato: la Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.), fondendo la vecchia Milizia volontaria di sicurezza nazionale (Mvsn) ed i carabinieri; al comando della G.N.R. fu posto Renato Ricci ex comandante della disciolta Milizia. Questa nuova milizia che rispondeva ad esigenze sia di carattere poliziesco, sia di carattere militare, veniva utilizzata come

42 RENATO CELIO, nacque a Borghetto di Borbera, in provincia di Alessandria, nel 1904. Dopo essere stato squadrista svolse tutta la sua carriera nel sindacato. Fece parte della Camera dei Fasci e delle corporazioni, quale segretario dell’Unione lavoratori dell’Industria di Messina e, nel tempo, di Littoria, Roma e Milano. Divenne federale di Littoria, combatté sul fronte Greco-Albanese e infine, con la costituzione dell’R.S.I., fu nominato Capo della Provincia di Asti dal 19 ottobre 1943. Trasferito poi a Como, il 1 giugno del 1944 ne prese il comando in modo ufficiale il 15 giugno e diresse la provincia fino al 25 aprile 1945. Successivamente si diede alla fuga. Morì a Roma nel 1964. Cfr. “La Provincia di Como”, 8 maggio 1944, foglio s.n.; altre notizie sulla vita di Celio sono tratte dal raccoglitore riassuntivo n°2 dell’ASC, sulle Carte di Gabinetto, II versamento, Fondo Prefettura, Carte riservate Celio; Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p. 264; Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.91 nota 19; 43 Cfr. Coppeno Giuseppo, Como dalla dittatura alla libertà, Como Graficop 1989, pp.572-573; 44 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, segnalazione di Porta contro il nuovo Capo della Provincia, del 29.09.1944, foglio s.n.; 45 Cfr. Ibidem; 26 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______strumento di controllo del territorio, sia come mezzo efficace per compiere rastrellamenti, anche perché il nuovo esercito repubblicano che il neo- ministro della difesa Rodolfo Graziani doveva creare, ma si rese operativo solo verso l’agosto del 1944 a causa della difficoltà nel reclutamento dei giovani tramite bandi di arruolamento (basti pensare che, una volta terminati i bandi, il 14° Comando provinciale di Como, contava solo 100 ufficiali, 83 sottoufficiali e 479 soldati46) della scarsità di denaro per la ricostruzione di un esercito funzionale, della mancanza di divise, armi, cibo, dei mezzi per dare una minima e dignitosa sussistenza dei reclutati “a forza”, come si legge in parecchie lettere inviate da soldati ai loro famigliari:

“[…] Qui la vita non è civile né militare, è solamente bestiale. […] Qui l’esercito viene chiamato col nome di “Esercito di Franceschiello” oppure se si vuole guardare le nostre divise di “arlecchino” tutte le divise ci sono all’infuori della giusta. E questo non è nulla […]”47.

La G.N.R., pur sostenendo da sola tutto il peso del controllo del territorio, fu un corpo poco unito e compatto. I reparti erano di discutibile affidabilità, poiché pochi erano i fascisti veramente fedeli e convinti ancora presenti nei suoi ranghi, molti ex carabinieri avevano già disertato, altri aspettavano solo il momento opportuno per darsi alla macchia, come anche moltissimi giovani reclutati a forza.

Da un “pro-memoria per l’eccellenza il capo della provincia”, si legge: “[...] si rivela il depresso coefficiente morale dell’8° Btg. Rientrato dalla Germania […].

46 Cfr. Scalpelli Adolfo, La formazione delle forze armate di Salò attraverso i documenti dello Stato Maggiore della R.S.I., Mli n. 72, 1963, p.53; 47 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, copia della lettera spedita dall’autiere Morsero Arturo alla famiglia Gini Teobaldo, del 27.01.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (6); 27 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

Sembra che molti dei soldati aspettino il momento opportuno per darsi alla macchia. La colpa sarebbe anche degli ufficiali che non si preoccuperebbero molto della truppa, una parte della quale sarebbe favorevole a passare nelle “formazioni” ribelli. […]”48.

E ancora da continue indagini sui membri delle forze armate emerge per esempio:

“Il Brigadiere Maiorca è elemento di dubbi sentimenti repubblicani. Anzi, in più discorsi esprime il suo disappunto perché taluni elementi della polizia si sono iscritti al Partito Repubblicano. Fa apprezzamenti sulla guerra e disapprova la continuazione della stessa, poiché - a suo dire - anche i capi dovrebbero convincersi che ormai la guerra è perduta ed è quindi inutile spargere dell’altro sangue. […]. Dopo il fatto dei Carabinieri che si diedero alla macchia piuttosto di compiere taluni servizi, o di indossare la camicia nera; disse che piuttosto di fare dei servizi – come taluni fanno fare – anche lui si darebbe alla macchia, perché è sciocco esporsi. Quando esamina la situazione militare e politica dice che ormai la guerra è vinta dagli inglesi e che anche sotto questi non si dovrà star male perché in fondo è meglio un padrone ricco che povero. […]”49.

Nelle stesse fila germaniche si avvertiva questa disgregazione e lo stato di disagio, unito alla scarsità degli aderenti al “nuovo” partito fascista. In una nota anonima del Partito Fascista Repubblicano datata 4 novembre 1943:

“Lo stesso console germanico a Milano, Von Harlem, la stessa sera del 28 ottobre ’43, parlando in circolo ristretto ha dovuto ammettere che il fascismo rappresenta oggi “un gruppo di forze esigue”. I funzionari poi, i carabinieri

48 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, pro- memoria anonimo per l’Eccellenza il Capo della Provincia di Como, s.d., foglio s.n.; 49 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, comunicazione riservatissima anonima al Capo della Provincia di Como, del 27.08.1943, foglio s.n.; 28 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

persino gli stessi agenti di pubblica sicurezza aiutano con ogni mezzo i soldati che si sono dati alla macchia, i partigiani ed i prigionieri evasi. […]”50.

La G.N.R. fu quindi distribuita in Brianza in modo molto uniforme, presente soprattutto nei principali centri come Como, Monza, Seveso, Meda, ma anche in centri minori come Erba e Cantù, istallandosi prevalentemente nelle vecchie caserme dell’esercito o dei carabinieri. I capi delle province, si crearono squadre di Polizia ausiliaria che rispondevano a loro direttamente, composte da uomini fedelissimi che seguivano i Capi nei cambiamenti di sede, così il trasferimento da Asti a Como del Prefetto Celio fu accompagnato dalla sua banda Tucci. Queste varie polizie speciali non furono mai unificate in un unico corpo51. Grazie ad una disposizione del Duce del 21 giugno 1944, il 25 giugno 1944 una circolare segreta del Quartiere Generale del P.F.R., fissò le modalità e i compiti delle Brigate Nere52. Il nuovo Corpo, posto a fianco della G.N.R., derivava dalle vecchie squadre di Polizia Federale che si erano formate all’interno del P.F.R. e mai sciolte53. L’impiego massiccio di queste Brigate moltiplicò le direttrici di attacco al fronte antifascista. Venne annunciato a Como il ritorno del 16° Battaglione Brigate Nere al comando del seniore Vanini54, ricostituito durante l’assemblea del fascio del

50 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, segnalazione anonima, del 4.11.1943, foglio s.n.; 51 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.125; 52 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, costituzione del corpo delle Brigate Nere, stralcio del Bollettino settimanale N.4- del C.L.N.A.I., in data 30.07.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (7); 53 Ancora nel marzo del ’45, alle disposizioni del Ministro dell’Interno, Zerbio, che intendono “realizzare la universalmente auspicata coordinazione dei servizi di polizia”, Pavolini, rispose con un’abile lettera in cui, nella sostanza, precisa: “per ciò che riguarda la Brigate Nere, nulla è innovato”. Cfr. ASC, Fondo Prefettura, cart. 122, circolare riservata , serie N- n°1, Q.G. 1 marzo 1945, di Pavolini Alessandro ai comandanti delle Brigate Nere e p.c. al Ministero dell’Interno e ai capi delle provincie; 54 Cfr. “La Provincia di Como”, 22 novembre 1943, foglio s.n.; 29 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

21 novembre ’43 nel salone di Palazzo Carducci, nell’atmosfera opprimente creata dal dispiegarsi dell’azione dei G.A.P.: una bomba a mano, inesplosa, era stata lanciata contro la Casa del Fascio. A conclusione dei lavori nel pomeriggio, partì un tram per Erba a disposizione di quanti intendevano partecipare ai funerali dello squadrista Pontiggia, ucciso due giorni prima55. Il quotidiano “La Provincia di Como”, il 23 novembre 1943, così lo ricordava:

[...] nel cielo dei martiri è volata l’anima adamantina dello squadrista Ugo Pontiggia che, per aver amato e servito fedelmente il suo paese, fu barbaramente tolto ai suoi cari da mano sicaria al soldo del nemico. Inchiniamoci al passaggio della spoglia e siano il nostro sguardo e la nostra volontà fissi al volto piangente della patria che risorge rinnovata dal sacrificio dei suoi migliori. […]”56.

Paolo Porta come Commissario Federale e Ispettore Regionale delle Brigate Nere, ne farà un massiccio uso, specialmente della XIª Brigata Nera “Cesare Rodini”57. I principali centri brianzoli, furono sede di presidi di Brigate Nere. In Alta Brianza, una compagnia della Brigata Nera, “Cesare Rodini”, di circa 148 uomini era situata ad Erba, al comando del Maggiore Alberto Airoldi. Le Brigate Nere, furono occupate soprattutto nelle azioni di rastrellamento, durante le quali razziavano beni e generi alimentari con la scusa di reprimere il mercato nero e l’accaparramento58.

55 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.97; 56 Cfr. “La Provincia di Como”, 23 novembre 1943, foglio s.n.; 57 CESARE RODINI, comasco, capitano della G.N.R., caduto in combattimento contro i partigiani a Torre Pellice (Torino), il 3 febbraio 1944. Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.132, nota 69; 58 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p. 114. 30 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

1.5 - LA CACCIA agli EBREI TOCCA LA BRIANZA. POLITICA REPRESSIVA nel TERRITORIO.

Negli archivi di alcuni Comuni Brianzoli, si trovano ancora oggi le disposizioni e i provvedimenti contro gli ebrei. Forse i segni più minacciosi di ciò che si preparava, furono l’obbligo di registrazione presso l’anagrafe e l’annotazione della razza sulla carta d’identità. L’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, segnò una tappa decisiva nella politica antiebraica: tutti gli ebrei di origine straniera furono arrestati e inviati al confino. In Italia si erano rifugiati molti ebrei di origine germanica o slava, ingannati dalla propaganda di Mussolini che fino al 1936 si era proclamato amico della Palestina (in competizione con gli inglesi). Nel 1941, la politica antiebraica nazista passò alla fase dello sterminio chiamata: la “soluzione finale”. Un documento scritto dal regio Questore di Como al podestà di Lambrugo, testimonia il crescente e forte odio razziale tra le fila dei seguaci di Mussolini:

“[…] gli ebrei stranieri internati, usando i mezzi propri della loro razza, in occasione dei rapporti che intercorrono tra loro e la popolazione, cercano e talora ottengono di muovere a compassione suscitando in chi li ascolta e li vede quel senso di “pietismo” dal quale tutti devono rifuggire. Ciò assolutamente non deve ulteriormente verificarsi; a parte i necessari contatti con la popolazione per ovvie ragioni, non devono avere dimestichezza con altre persone tanto più che, sfruttando la loro situazione di internati e rappresentando ad altri la loro situazione economica, tentano di fare presa sull’animo di chi ascolta a mezzo di discorsi di tenore sovversivo ed antinazionale. Pertanto pregasi sottoporre ad assidua vigilanza gli internati, […], diffidandoli ad astenersi dallo avere contatto con le popolazioni a scanso di invio in campi di concentramento”59.

59 Cfr. ASCL, cat. XIII Esteri, dalla Regia Questura al Podestà di Lambrugo, 3.06.1943, foglio N°01827 Gab.; 31 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

Quando i tedeschi si istallarono nel nord Italia, la fase dello sterminio era nel suo pieno sviluppo. Dopo la caduta del Fascio, l’8 settembre 1943, nella gioia del momento, a nessuno venne in mente di distruggere, come per i simboli del regime fascista, gli schedari con le liste di censimento dei cittadini ebrei presenti nei vari Comuni e nelle Prefetture; in questo modo i nazisti, ben coadiuvati dai nuovi fascisti della neonata R.S.I., ebbero il lavoro facilitato. Con l’inizio della guerra, la persecuzione antiebraica si era aggravata e gli ebrei di origine straniera che, come abbiamo visto, si erano rifugiati in Italia per sfuggire alla persecuzione nazista, furono arrestati e inviati al confino. Erba fu luogo di confino per un gruppo di ebrei croati che risultavano essere circa una ventina60. La documentazione si ferma agli inizi del 1943 e non si hanno più notizie degli ebrei croati di Erba dopo l’8 settembre 1943, quando ci fu l’occupazione nazista, con la quale iniziò la vera e propria persecuzione contro gli ebrei. Emblematico del clima in cui vivevano gli ebrei stranieri ed italiani di Erba, fu l’episodio che ebbe come protagonista il Podestà Airoldi. Nel 1938, quando Mussolini emanò i “Provvedimenti per la difesa della razza italiana”, Airoldi diffuse un opuscolo con l’elenco di cognomi ebraici corredato dai versi 80 - 81 del V° Canto del Paradiso di Dante, forzando il testo in senso antiebraico: “Uomini siate e non pecore matte, sì che ‘l giudeo tra Voi di Voi non rida”61. Negli archivi comunali di Lambrugo ed Inverigo è documentata la presenza di ebrei e di oppositori politici; elenchi di cittadini ebrei stranieri si ritrovavano inoltre, in quasi tutti i Comuni dell’Alta Brianza e della Vallassina come ad Alzate Brianza, liste poi trasmesse interamente alla

60 Cfr. ASCE, cart. N.° 138 e cart. N.° 58, in Galli E., Contributi per una storia di Erba, Ed. Responsabile Comune di Erba 2007, p.581; 61 Cfr. Cavalleri Giorgio, La modista di via Diaz. Leggi razziali e ebrei a Como, Ed. Nuove parole 2005, p.21; 32 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______

Questura di Como per essere messe a disposizione degli alleati nazisti62. Quasi tutti gli ebrei scapparono tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943. Non tutti riuscirono a salvarsi, numerosi ebrei stranieri saranno arrestati di lì a poco a , , Civenna e inviati in Germania. Gli ebrei di Civenna- Magreglio-Barni (il Comune di Civenna comprendeva anche Magreglio e Barni), vennero catturati il 13 settembre 1944 in seguito alla rappresaglia per l’uccisione, il 7 settembre 1944, a Vassena di un Tenente tedesco dell’aeronautica di Bellagio, Hermann Weber. Il gruppo composto da 12 ebrei stranieri, residenti a Civenna e Magreglio, fu deportato e non si sa quanti si siano salvati63. Il 15 settembre 1944, una delegazione composta dai parroci di Magreglio e Civenna e dallo scrittore Albert Rausch, riuscì a convincere il Generale Zimmermann a non fare rappresaglie sulla popolazione. La deportazione degli ebrei poté bastare anche per Zimmermann. Per i profughi il Triangolo Lariano era un territorio accessibile; nei paesi della Vallassina si potevano trovare facilmente alloggi, luoghi in cui nascondersi per poi tentare la pericolosa fuga in Svizzera. Un ruolo principale, per la deportazione dei prigionieri dell’Alta Italia in Germania nei campi di sterminio, lo svolse il carcere milanese di San Vittore, centro di raccolta della maggior parte dei prigionieri catturati. Nel carcere veniva loro riservato l’ultimo piano del 4° raggio, composto da 18 camerate contenenti dalle 8 alle 10 persone e l’autorità che lo governava era solo quella tedesca. Da San Vittore uscirono gli ebrei che formarono il primo

62 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, comunicato della Questura di Como al Capo della Provincia, del 28.10.1943, foglio N.03913 Gab.; Vedi Appendice: Doc. (8); 63 Cfr. ASCC, in Ceruti Paolo, Un’altra vita. Albert H. Rausch-Henry Benrath, Ed. Comune di Magreglio, Erba 2001, pp.123-124; 33 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______convoglio di deportati per Auschwitz da Milano stazione Centrale binario 21, il 6 dicembre 194364. Il governo della nuova Repubblica di Salò emanò il 30 novembre 1943, un decreto di arresto ed internamento per tutti gli ebrei. I beni degli arrestati venivano confiscati e messi a disposizione dell’ “Autorità competente” per essere devoluti ai sinistrati dei bombardamenti, almeno così fu stabilito ma non si sa quanto fu eseguito. Per i figli di matrimoni misti, si decise per la vigilanza speciale65. Ad Erba, si costituì un “Ufficio gestione ebraica”, il cui segretario era retribuito in parte con i fondi dei beni sequestrati. La prima ordinanza, dell’ 1 gennaio 1944, riguardò il sequestro di alcune ville, con relativo arredo, di proprietari ebrei66. I beni sequestrati, che avrebbero dovuto rimanere in custodia del Comune, furono divisi fra privati e fra diversi Enti, tra cui la Brigata Nera “Cesare Rodini” di Erba. Una nota del 28 febbraio 1944, dell’archivio comunale di Erba, specificava che dei beni sequestrati all’Avv. Ottolenghi, dichiarato “irreperibile”, fra cui un quadro rappresentante una veduta di Perugia, era stato ritirato dal Commissario Prefettizio Airoldi per farne omaggio al Capo della Provincia67. Il 3 dicembre 1943, il Capo della Provincia di Como Francesco Scassellati Sforzolini, diede istruzioni ai Commissari Prefettizi, affinché i dirigenti di Ospedali, Sanatori, Case di Cura, Istituti religiosi e laici, fornissero gli elenchi dei ricoverati di razza ebraica. Inoltre gli stessi erano diffidati dall’ospitare persone di razza ebraica ed erano personalmente responsabili dell’esattezza

64 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Ed. Bellavite, Missaglia 2006 , p.34; 65 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., pp.34-35; 66 Cfr. ASCE, cart. 437, ordinanza di sequestro, dell’1.01.1944, foglio s.n.; 67 Cfr. AA.VV., Contributi per una storia di Erba, Ed. Responsabile Comune di Erba 2007, p.589; 34 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______dei dati forniti68. Non ci si accontentava così, solo dei vecchi elenchi redatti nel 1938. In Brianza gli arresti furono, per lo più mirati, frutto di delazioni e di operazioni di infiltrati nelle organizzazioni per l’espatrio clandestino di ebrei e di sbandati69. Sul finire del ’43, le zone di frontiera verso la Svizzera furono sorvegliate sempre più rigidamente e le vie di fuga cominciarono a ridursi. Già da ottobre a Canzo si istallarono stabilmente le SS. Molte persone ed intere famiglie ebree che avevano scelto la Brianza come luogo per nascondersi e per ripararsi dai bombardamenti alleati, si trovarono bloccate in Vallassina. La loro vita non fu semplice, nonostante gli aiuti dei partigiani e della popolazione locale per nasconderli e farli espatriare in Svizzera, tanto che si può parlare di una vasta organizzazione per l’espatrio clandestino di ebrei e di sbandati, dovevano evitare nazisti, fascisti, spie a pagamento, traditori e procurarsi di che vivere70. La Brianza fu ed è tuttora zona soprattutto di piccoli paesi, dove si pensava e ancor oggi si pensa tra i suoi abitanti, che un fatto così mostruoso come la persecuzione degli ebrei, sia stato qualcosa di lontano e marginale ma, cercando pazientemente tra le migliaia di nominativi di ebrei italiani morti nei lager, riportati nel prezioso volume di Liliana Picciotto Fargion, “Il libro della memoria”, ci si accorge che l’inferno fu anche nella civile e laboriosa Brianza. I’1 e il 2 dicembre 1943, per citare un esempio, furono attuati quattro arresti fra le località di Cantù, Erba e . In quello stesso mese, dall’1 al 4, furono catturate altre 19 persone a Como città e luoghi limitrofi. In questi giorni in tutta la provincia vennero presi ben 23

68 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte Riservate Scassellati cart.2, ordinanza del Capo della Provincia ai Podestà e ai Commissari Prefettizi, del 3.12.1945, foglio Gab. 163 ris.sp.; 69 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte Riservate Scassellati cart.1, relazione dell’avvocato Roberto Franceschini, Como 16.12.1943, XXII°, foglio s.n.; 70 Cfr. Ibidem; 35 Capitolo 1 - L’armistizio e la nuova R.S.I. ______ebrei che inutilmente si nascosero nelle pieghe della tranquilla e defilata Brianza71. Pare che nessuno degli ebrei catturati in Brianza, circa una quarantina, sopravvisse alla deportazione.

71 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.36. 36 Capitolo 2 - La prima resistenza in Brianza. ______

CAP. 2 - LA PRIMA RESISTENZA in BRIANZA

2.1 - PRIMI GRUPPI in ALTA BRIANZA e VALLASSINA.

La Resistenza all’invasione tedesca si può dire che fu immediata in Italia come in Brianza; era un’opposizione che aveva le sue radici nelle fabbriche, nelle università, nelle prigioni, tra i fuoriusciti e nello stesso esercito. La lotta fu in larga misura un’epopea montanara e contadina: non nel senso che contadini e montanari fossero la componente più forte della Resistenza, non era così, studenti ed operai di città erano probabilmente più numerosi, ma nel senso che senza l’appoggio e la solidarietà delle popolazioni rurali il movimento partigiano non avrebbe potuto sopravvivere. Nel periodo 1943-1945, le campagne e le montagne, ebbero un ruolo di primo piano nella storia del paese. La Resistenza fu anche un movimento di giovani e giovanissimi: tali erano i soldati sbandati dell’esercito, tali quelli che salivano in montagna per sottrarsi alla leva della Repubblica di Salò o al lavoro coatto in Germania; sul quotidiano locale “La Provincia di Como” del

17 settembre 1943 leggiamo un proclama del comando germanico:

“Militari italiani di qualsiasi grado, anche quelli appartenenti a reparti scioltosi, dovranno presentarsi in uniforme SUBITO presso il più vicino Comando militare germanico. I militari che non si presenteranno saranno deferiti al Tribunale di guerra”. “Il luogo di rifugio di anglo-americani evasi dovrà essere subito indicato all’Autorità militare germanica; gli inadempienti saranno severamente puniti”. “Chiunque, trascorse 24 ore dalla diffusione del presente proclama a mezzo radio, volantini e manifestini murali, darà alloggio e vitto o fornirà vesti

37 Capitolo 2 - La prima resistenza in Brianza. ______

borghesi a prigionieri anglo-americani sarà deferito al Tribunale di guerra per l’applicazione di pene gravissime”1.

Nella zona a nord di Milano, sbandati, militari che volevano organizzarsi per combattere il nazi-fascismo, perseguitati politici, prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento, ebrei stranieri e italiani trovarono rifugio tra i rilievi comaschi e lecchesi con la speranza di espatriare in Svizzera. La Brianza con la Vallassina fu un primo rifugio per la sua conformazione collinare e montuosa e la vicinanza con il confine Svizzero. Nella popolazione vi furono atteggiamenti di appoggio e solidarietà. Molti furono nascosti nei solai, nei cascinali, nelle campagne, in attesa di passare il confine Svizzero. Si può dire che il compito più importante della prima Resistenza in questi territori fu quello di organizzare l’espatrio verso il Canton Ticino con l’aiuto di partigiani esperti e di contrabbandieri. La guardia di finanza era poco vigile, essendo ostile alla Repubblica di Salò, o come si sosteneva in parecchi rapporti di indagini effettuate su finanzieri e guardie confinarie, si facevano corrompere dal denaro o distrarre dalle donne:

“La notte dal 16 al 17 hanno varcato il confine presso una dozzina di giovani. Per tener lontane le guardie al servizio vengono usate delle ragazze, le quali intrattengono le guardie intanto che gli interessati varcano il confine. Siccome la Svizzera non accetta più rifugiati per motivi, diremo così militari, pare che il Consolato Svizzero abbia consigliato l’espatrio per motivi politici”2.

Le prime formazioni partigiane furono quelle di Rino Pachetti (Erba – San Salvatore), di Giancarlo Puecher (Lambrugo – Ponte Lambro), di Remo Sordo

1 Cfr. “La Provincia di Como”, 17 Settembre 1943, foglio s.n.; 2 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, relazione anonima, del 2.12.1943, foglio s.n.; 38 Capitolo 2 - La prima resistenza in Brianza. ______

(Corni di Canzo), del Capitano Guido Brugger ( – Bosisio Parini), di Giancarlo Bertieri Bonfanti (Cesana Brianza – Annone), di Renato Saverio (Lurago d’Erba – San Genesio). I principali centri di raccolta per l’espatrio furono quelli del Capitano Brugger a Pusiano e a Bosisio, quello di Giancarlo Bertieri Bonfanti a Cesana Brianza, quello di Don Giovanni Strada parroco di Ponte Lambro, con l’aiuto di Domenico e Paolo Locatelli, e del gruppo Puecher, sempre a Ponte Lambro, quello di Raffaele Banzola a Caslino d’Erba. L’itinerario seguito era: capanna Mara - Bocchetta di Lemna - - attraversamento del lago e salita alla frontiera Svizzera. Un altro centro importante per l’aiuto alla fuga era quello del parroco di Sormano Don Carlo Banfi che accompagnò, lui stesso, in Svizzera molti ebrei attraverso Barni - Pian del Tivano - - attraversamento del lago e salita al monte Bisbino3. A Cantù la prima forma di ribellione aperta fu quella della 14ª compagnia del 3° Battaglione Autieri di Milano, la quale il 10 settembre 1943 al comando del Capitano genovese Ugo Ricci si trasferì compatta verso nord, raggiungendo San Fedele Intelvi. Questo costituì un’eccezione, poiché in genere nessun reparto passò al completo alla ribellione. Ricci decise con gli altri ufficiali, di far passare i mezzi in Svizzera o di nasconderli o di renderli inservibili. Gli autocarri passarono il confine e alcuni militari rimasero con Ricci sui monti, altri andarono in Svizzera. Ricci cadrà in combattimento il 3 ottobre 1944 a Lenno4. Il territorio collinare della Brianza non era idoneo alla guerriglia partigiana poiché non era possibile insediare presidi stabili essendo le alture facilmente espugnabili, come il monte San Genesio, punto più alto della Brianza dove già dal 10 settembre 1943 si era insediato un gruppo di milanesi sbandati

3 Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino degli anni difficili. (Luoghi, persone, documenti, ricordi) 1943-1945, Nodo Libri Milano 1965, p.16; 4 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Ed. Bellavite Missaglia 2006, p.39; 39 Capitolo 2 - La prima resistenza in Brianza. ______originari di Inverigo, , Lambrugo e Merone, organizzati da Renato Saverio, antifascista milanese e sfollato a Lurago d’Erba5. Sul San Genesio si erano insediati altri gruppi di militari con cui il gruppo di Saverio si fuse. Questi primi partigiani, sfruttando la confusione iniziale, percorsero il territorio recuperando nelle caserme del V° Alpini di Lecco e di armi, munizioni, vestiario e cibo. Capo del settore Brianza da cui dipendevano i gruppi del San Genesio, era il Capitano Guido Brugger, già menzionato come organizzatore dell’espatrio di ex prigionieri alleati e che, arrestato pochi mesi dopo, morirà nel campo di sterminio di Mauthausen-Gusen il 26 novembre 1944. Il 10 ottobre i tedeschi attaccarono il San Genesio disperdendo, malgrado l’eroica resistenza dei partigiani, questo primo concentramento6. La meta privilegiata per chi in Brianza voleva diventare partigiano furono le Prealpi intorno al lago di Como e in questa prima fase le azioni contro i tedeschi partirono dalla montagna. In Brianza si dovevano adottare forme di lotta di pianura, particolarmente rischiose da sviluppare, perché tedeschi e fascisti erano presenti in forze. Inizialmente le azioni erano di supporto alla montagna, si recuperavano armi, viveri, vestiario da inviare alle formazioni; si aiutava chi voleva andare in montagna o espatriare. Nella prima Resistenza le maggiori iniziative avvennero nella zona dell’erbese. A Ponte Lambro il 13 settembre 1943 si costituì un gruppo autonomo partigiano per iniziativa di Don Giovani Strada parroco del paese, nella cui canonica si tenevano delle riunioni clandestine7. Questo di Ponte Lambro fu l’unico gruppo che, anche

5 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, p.240; 6 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.40; 7 Il gruppo di Ponte Lambro, era composto da: Franco Fucci, ufficiale sbandato del V° Alpini di stanza a Milano, ma sfollato a Lecco nell’agosto del ’43, da Giovanni Rizzi milanese, da Bonamici ex Sottoufficiale dell’Autocentro di Milano, da Bartolomeo Alaimo, Andrea Ballabio, Enrico Bianchi e soprattutto da 40 Capitolo 2 - La prima resistenza in Brianza. ______se per poco, passò dalla fase cospiratoria allo scontro armato. Deposito di armi per il gruppo di Ponte Lambro era il vecchio monastero di San Salvatore, sulle alture presso Erba. Qui era stata costituita da Rino Pachetti, operaio meccanico delle Ferrovie dello Stato, medaglia d’oro al valore militare, una formazione che veniva impegnata nell’espatrio di militari alleati e nel recupero e occultamento di armi. Gravi dissidi interni ne determinarono ben presto lo scioglimento. Nella zona dei Corni di Canzo si formò un gruppo sotto la guida di Remo Sordo, il quale si appoggiava alla cellula comunista di Valmadrera. L’attività era quella già descritta per le altre formazioni. Quando a Canzo arrivò un forte presidio delle SS tedesche e Italiane, la formazione si sciolse e Remo Sordo si trasferì in Valsassina nella Brigata Rosselli. Verrà catturato e fucilato, con altri quattordici partigiani il 31 dicembre 1944. Da una relazione del 20 novembre 1943 del Capo della Provincia di Como Scassellati, al Comando Germanico, sulle azioni di polizia nei comuni di Erba Canzo e Caslino, risultava che il territorio maggiormente infestato dai partigiani, era quello compreso nel triangolo , , Canzo.

“[…] A CANZO esistono diversi informatori e fornitori di viveri e vestiario per i partigiani. Nella zona di GAIUM i partigiani tengono un posto di avvistamento e blocco con pochi uomini ed alcuni ufficiali armati di rivoltelle e bombe a mano. Inoltre, nei diversi ristoranti del luogo, si riuniscono sovente gli ufficiali della zona. A SAN MIRO AL MONTE esiste un comando partigiano composto di circa una decina di ufficiali e tra questi un capitano medico che passa la visita dei reclutati provenienti da Milano. A I ALPE vi sono circa una settantina d’uomini, in maggioranza italiani, armati di un fucile ogni quattro uomini, con un centinaio di bombe a mano. A II ALPE vi sono circa una settantina d’uomini

Giancarlo Puecher Passavalli. Cfr. Bianchi Gianfranco, Giancarlo Puecher, Ed. Arnaldo Mondadori Editore, Milano 1965, p.16; 41 Capitolo 2 - La prima resistenza in Brianza. ______

italiani, armati pure d’un fucile ogni quattro uomini e cento bombe a mano. A III ALPE vi sono circa un centinaio d’uomini fra slavi, inglesi, francesi, oltre a qualche italiano. Sono armati di fucili – circa settanta – di quattro fucili mitragliatori e numerose bombe a mano (pare quattro a testa) – Vi sono inoltre permanentemente piazzate due mitragliatrici pesanti, dislocate una a nord ed una a sud dell’Alpe. Da informazioni pervenute recentissimamente, pare che nella zona suddetta si siano allontanati alcuni soldati sbandati e diversi prigionieri, che stanno tentando di passare in Svizzera. […]. A ZELBIO secondo informazioni pervenute da diverse fonti, si trovano numerosi partigiani inglesi e slavi, alloggiati nelle case private, che vengono adibiti al taglio della legna. Circa una ventina sono armati di moschetti e di bombe a mano. […]. A SAN PRIMO vi è una banda al comando di un ufficiale e composto di una ventina di uomini, fra italiani inglesi e slavi. Sono armati di un parabellum, di una ventina di fucili oltre a diverse bombe a mano (pare due a testa) Sarebbero vettovagliati ed assistiti da la Oltolina di ”8.

Un’altra formazione autonoma dell’erbese di origine militare, fu la Brigata Ippocampo che dal settembre al dicembre 1943 svolse soprattutto attività di espatrio di ex prigionieri alleati ed ebrei. Ai primi di gennaio del 1944 si spostò nella bassa Brianza, attorno a Monza. Questi primi gruppi anche se non incisero in modo decisivo, sull’occupazione nazi-fascista, gettarono il seme della ribellione: dal gruppo di Ponte Lambro nascerà la “Brigata Puecher”. Nell’area brianzola non si formeranno i G.A.P. (Gruppi di Azione Patriottica), squadre create dal Partito Comunista per combattere nei centri urbani, al fine di creare paura e insicurezza fra i fascisti e gli invasori, ma il suo territorio vide alcune azioni di gappisti, di cui una sarà la causa, il 20 dicembre 1943 a Erba, della condanna a morte di Giancarlo Puecher.

8 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, relazioni sulle azioni di polizia nei Comuni di Erba, Canzo e Caslino, s.d., foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (9); 42 Capitolo 2 - La prima resistenza in Brianza. ______

Il 20 dicembre ’43 alle ore 9.30 venne ucciso lo squadrista Germano Frigerio. I fascisti non riuscendo ad individuare i responsabili, riversarono sugli oppositori locali la colpa, istituendo immediatamente un Tribunale Speciale, che con un processo farsa condannò a morte Giancarlo Puecher in prigione da un mese. Il Prefetto Scassellati, il 21 dicembre 1943, comunicò al Ministro dell’Interno, al Capo della Polizia, al Segretario del Partito, al Comandante della Guardia Nazionale, al Comandante Germanico e al Comandante Militare la sentenza emessa alle ore 3.00 del 21 dicembre 1943 dal Tribunale Speciale di Erba con cui Puecher era stato condannato alla pena capitale e gli altri imputati a pene varianti da trenta a cinque anni di reclusione9.

9 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart. 2, sentenza del Tribunale Speciale di Erba, 21.12.1943, foglio n.154/Ris.sp. 43 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______

2.2 - GIANCARLO PUECHER.

Il 13 settembre ’43, come riferisce la “Relazione storica del parroco Don Giovanni Strada”10, fu costituita, alla presenza di Giancarlo Puecher Passavalli, il primo gruppo autonomo partigiano, formato a Ponte Lambro11. Il modello era quello dell’ordinamento militare, una specie di plotone. I fascisti li considerarono “Badogliani” (cioè seguaci di Badoglio). Il più giovane fra questi primi volontari per la difesa della libertà era G. Puecher, il quale assumendo l’incarico di vice comandante e rendendosi conto del rischio personale e della responsabilità verso gli altri, scrisse una dichiarazione-testamento, nella quale espresse le sue ultime volontà con lucida determinazione ed espressione di ideali e di sentimenti. Il giovane capì subito che lo schieramento da seguire non era quello nazi- fascista; la sua educazione religiosa e l’amor patrio lo portarono a scegliere di non essere spettatore, ma un attore presente ed attivo nella Resistenza. Scrisse Pietro Calamandrei12: “Era giunta l’ora di resistere, era giunta l’ora di essere uomini; di morire da uomini per vivere da uomini”13.

10 Cfr. Bianchi Gianfranco, Giancarlo Puecher, Ed. Arnaldo Mondadori Editore, Milano 1965, p.16; 11 Gli appartenenti al gruppo di Ponte Lambro erano: Sacerdote Don Giovanni Strada, cappellano militare e amministratore generale del gruppo; Fucci Dott. Franco, comandante; Puecher Giancarlo, vice comandante; Rizzi Giovanni, vice comandante; Casanova Gaetano, Furiere; Alaimo Bartolomeo; Ballabio Felice; Ballabio Andrea; Bianchi Enrico. Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., p.16; 12 PIETRO CALAMANDREI, nato a Firenze il 21 aprile 1889, dopo essersi laureato in Giurisprudenza all'Università di Pisa nel 1912 partecipò a vari concorsi e nel 1915 fu nominato professore di procedura civile all'Università di Messina. Successivamente (1918) fu chiamato all'Università di Modena e Reggio Emilia per poi passare due anni dopo a quella di Siena ed infine, nel 1924, scelse di passare alla nuova facoltà giuridica di Firenze, dove ha tenuto fino alla morte la cattedra di diritto processuale civile. Prese parte alla Prima guerra mondiale come Ufficiale volontario combattente nel 218° reggimento di fanteria; ne uscì col grado di Capitano e fu successivamente promosso Tenente Colonnello, ma preferì uscire subito dall'esercito per continuare la sua carriera accademica. Politicamente schierato a sinistra, subito dopo la marcia su Roma e la vittoria del fascismo fece parte del consiglio direttivo dell'Unione Nazionale fondata da Giovanni Amendola. Partecipò, insieme con Dino Vannucci, Ernesto Rossi, Carlo Rosselli e Nello Rosselli alla direzione di "Italia Libera", un gruppo clandestino di ispirazione azionista. Manifestò sempre la sua avversione alla dittatura mussoliniana, aderendo nel 1925 al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Durante il ventennio fascista fu uno dei pochissimi professori e avvocati che non ebbe né chiese la tessera del Partito Nazionale Fascista continuando sempre a far parte del movimento antagonista, collaborando ad esempio con la testata “Non Mollare”. Nonostante ciò, nel 1931 giurò come professore 44 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______

Verso il 17 settembre per le continue sollecitazioni del padre, Giancarlo, con il conte Sormani, tentò di passare in Svizzera, ma non riuscì e nel ritorno si imbatté in una pattuglia di tedeschi che lo portarono in caserma a Como con altri giovani che non erano riusciti ad espatriare. Il giovane, con coraggio e risoluzione, consapevole della imminente deportazione, prese l’iniziativa di convincere l’interprete ad allontanare, con la scusa di reperire i moduli per trascrivere le generalità dei prigionieri, l’ufficiale tedesco e, inquadrati i compagni, uscì dal portone della caserma, salutando militarmente le sentinelle come se si trattasse di un regolare trasferimento. Quando i

14 tedeschi si accorsero dell’equivoco era troppo tardi . Non è facile stabilire, anche con attente ricerche d’archivio, i particolari delle operazioni compiute da Giancarlo Puecher, nelle settimane fra la sua decisione di aderire al gruppo autonomo di Ponte Lambro (13 settembre 1943) e la sua cattura avvenuta la notte del 12 novembre 1943. Nella denuncia che fu inviata dal Questore Pozzoli al Tribunale Speciale militare di Como, era citato l’episodio dell’assalto all’albergo “Crotto Rosa” di Erba, da

universitario fedeltà al regime fascista. Contrario all'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale a fianco della Germania, nel 1941 aderì al movimento “Giustizia e Libertà” ed un anno dopo fu tra i fondatori del Partito d'Azione insieme a Ferruccio Parri, Ugo La Malfa ed altri. In questo periodo (1939-1945) tenne un diario, pubblicato nel 1982. Nominato Rettore dell'Università di Firenze il 26 luglio 1943, dopo l'8 settembre fu colpito da mandato di cattura, cosicché esercitò effettivamente il suo mandato dal settembre 1944, cioè dalla Liberazione di Firenze, fino all'ottobre 1947. Nel 1945 fu nominato membro della Consulta Nazionale e dell'Assemblea Costituente in rappresentanza del Partito d'Azione. Partecipò attivamente ai lavori parlamentari come componente della Giunta delle elezioni della commissione d'inchiesta e della Commissione per la Costituzione italiana. I suoi interventi nei dibattiti dell'assemblea ebbero larga risonanza: specialmente i suoi discorsi sul piano generale della Costituzione, sui Patti lateranensi, sulla indissolubilità del matrimonio, sul potere giudiziario. Quando il Partito d'Azione si sciolse, entrò a far parte del Partito Socialdemocratico Italiano, con cui fu eletto deputato nel 1948. Contrario alla «legge truffa» votata anche con l'appoggio del suo partito, fondò dapprima il movimento politico Autonomia Socialista, e nel 1953 prese parte alla fondazione del movimento di “Unità popolare” con il vecchio amico Ferruccio Parri, che, nonostante l'esiguo risultato ottenuto, fu decisivo affinché la Democrazia Cristiana e i partiti suoi alleati non raggiungessero la percentuale di voti richiesta dalla nuova legge per far scattare il premio di maggioranza. Morirà a Firenze il 27 settembre 1956. Cfr. AA.VV., Nuova Storia Universale-Dizionario di Storia, Vol. 1, Ed. Garzanti, Torino 2004; 13 Cfr. De Antonellis Giacomo, Il Caso Puecher. Morire a vent’anni partigiano e cristiano, Ed. Rizzoli 1984, p.26; 14 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., p.19; 45 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______dove furono asportati dei bidoni di benzina, lì a disposizione dei nazifascisti e borsaneristi, essendo i proprietari dell’albergo famosi fascisti15. L’azione fu fatta passare come avente carattere di comune rapina, mentre si trattava di un’azione politica a scopo intimidatorio contro i proprietari e di un’azione militare per la requisizione del carburante che ormai scarseggiava. Visto che si sapeva che al “Crotto Rosa”, covo di borsaneristi, erano imboscate buone quantità di benzina. Numerose testimonianze smentiscono il fatto che Puecher agisse, in questa azione, come in altre, mascherato. Gianfranco

Bianchi, autore dell’opera “Giancarlo Puecher”, scrisse:

“anche il podestà di Erba, poi commissario prefettizio durante la RSI, Alberto Airoldi, detto Nanni, radunando i suoi ricordi, per rispondere al questionario formulatogli, ai fini dell’accertamento dei fatti da esporre in questa rievocazione, non si è pronunciato sul particolare della maschera”16.

Le azioni avevano il carattere di colpi di mano, piuttosto sporadici, tesi a procurare armi, materiale, viveri, benzina, macchine da inviare ai gruppi che operavano sui monti e in questa fase anche Puecher, come gli altri, era convinto che gli Anglo-Americani, sarebbero giunti presto. Il raggio d’azione di Puecher aveva come centro Ponte Lambro, luogo vicino ai monti sui quali si poteva scappare e non troppo lontano da Lambrugo, dov’era la sua famiglia. Raggruppati una ventina di uomini, Puecher e Fucci requisirono ai contadini i materiali dell’esercito di cui si erano appropriati dopo l’8 settembre ’43, seguirono varie azioni di disarmo di militi della R.S.I.. Dal verbale della denuncia inviata dal questore Pozzoli al Tribunale di Como, vi era scritto che Puecher fu autore di furti di automobili a Milano: una 1100

15 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, relazione del Questore Pozzoli al Capo della Provincia, 10.03.1944, foglio s.n.; 16 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., p.80; 46 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______nera e un’Augusta. A proposito della 1100 nera 6 posti, da una testimonianza al presidio della Milizia Volontaria della Sicurezza Nazionale, fatta dal signor

Airoldi, il giovane Puecher risultava pronto nell’agire e assai audace:

“[…] Verso i primi di ottobre non rammento con precisione il giorno alle ore 11 circa mi trovavo alla Pasticceria Bosisio di Erba; osservai davanti al negozio di elettricista Pizzoni una macchina 1100 6 posti nera sulla strada che porta alla Casa del Fascio, volta in direzione di questa. La macchina era pilotata da un giovane da me conosciuto e precisamente dal Puecher che mi risultava sfollato a Lambrugo. Notai che la macchina non si avviava per quanto il Puecher facesse. Accorsi per aiutarlo ma il motore si era avviato; salutai il detto Puecher con il quale entrai in conversazione. Poiché egli sedeva al volante ed io mi trovavo accanto a lui sulla strada appoggiato alla vettura, volsi lo sguardo all’interno della vettura e notai che tanto sul sedile anteriore e vuoto che su quello posteriore giacevano evidentemente armi sebbene coperte da teli. Il Puecher mi confermò che appunto trasportava armi per conto di certa Guardia Nazionale. Soggiunse che anche la vettura era di proprietà di tale Istituzione. Finalmente mi salutò e partì nella direzione surriferita” 17.

Anche il Comandante Fucci rubò a Milano una Topolino, che aveva sul vetro il foglio di requisizione del comando tedesco18. Il 15 e il 17 settembre Puecher e Fucci recuperarono quattro cavalli e sei muli, abbandonati dall’esercito, dandoli in custodia ai contadini di Lambrugo. Armi vengono recuperate a Bindella, a Erba, a Cusano Milanino. Il materiale è portato a San Salvatore e quando il vecchio convento non fu più sicuro a Ponte Lambro19. L’azione del gruppo di Ponte Lambro era finalizzata a rifornire i gruppi partigiani della vicina montagna. Francesco Magni, nel libro di memorie “I Ribelli della

17 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, verbale di testimonianza di Airoldo Airoldi, 24.11.1943, foglio s.n.; 18 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., p.83; 19 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Ed. Bellavite Missaglia 2006, p.45; 47 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______

Resistenza nelle Prealpi Lombarde”, che è in pratica la storia della 55ª Brigata Rosselli, parla di un incontro che egli ebbe con Puecher nel 1943 a Lambrugo, per consolidare i legami fra montagna e pianura20. Nel novembre del ’43 il gruppo di Ponte Lambro attuò alcune azioni dirette: sabotaggio delle linee telefoniche tedesche nella zona Canzo-Asso. Il 4 novembre la scalinata del monumento ai Caduti di Erba fu ricoperta di volantini che esaltavano la patria e la libertà e una bandiera tricolore fu issata in cima, come fu segnalato il 5 novembre 1943 al Commissario Prefettizio dai militi del distaccamento delle CC. NN.21. Questo primo nucleo partigiano finì per destare l’interesse dei comandi milanesi, che stavano allora organizzandosi. A metà ottobre, a Ponte Lambro, presso la canonica di Don Strada avvenne l’incontro tra Poldo Gasparotto, il colonnello Alonzi, incaricato dal comitato militare del C.L.N. milanese di tenere i collegamenti con il comasco, il colonnello Morandi, il tenente Fucci e Giancarlo Puecher al fine di organizzare nuclei partigiani stabili nella zona del Triangolo Lariano e canali di espatrio più sicuri di quelli che erano stati creati spontaneamente nella zona, dalle popolazioni, dagli antifascisti e dal clero22. Il comandante Fucci23 e il vice comandante Puecher agirono sempre, fino alla cattura, in stretto contatto, essendo i più audaci; assieme vennero anche catturati nella serata del 12 novembre, in modo casuale e come conseguenza di un episodio avvenuto lo stesso 12 novembre alle ore 18 a Erba: l’uccisione da parte di sconosciuti del centurione della

20 Cfr. Ibidem; 21 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, segnalazione del distaccamento delle CC. NN. al Prefetto, 5.11.1943, foglio s.n.; 22 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il comasco tra guerra e guerra civile 1940- 1945, Macchione Editore Varese 2003, p. 241; 23 FRANCO FUCCI, ufficiale sbandato del V° Alpini, reduce dalla campagna di Grecia, di stanza a Milano, ma dopo il bombardamento dell’agosto 1943 sfollò a Lecco. Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.43; 48 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______milizia e cassiere del Banco Ambrosiano Ugo Pontiggia e dell’amico Angelo Pozzoli24. Puecher e Fucci erano del tutto estranei all’episodio, poiché il 12 novembre, provenienti da Milano, dove si erano recati per collegamenti e finanziamenti, avevano raggiunto Canzo e in particolare la villa dove era sfollato l’ex Consigliere Nazionale Alessandro Gorini. Vi sono varie versioni sullo scopo dell’incontro: nella Villa di Canzo il Gorini da collezionista, custodiva alcuni Mauser (fucili) ancora servibili, provenienti dalla campagna Etiopica (inizio 1900) e in un capannone, accanto alla Villa erano depositate le stufe della ditta Triplex eventualmente da usare per avere proventi, per il movimento partigiano, come è citato in una comunicazione al Ministero dell’Interno inviata dal Prefetto Scassellati il 3 febbraio 194425. Comunque è certo che Puecher e Fucci, provenienti da Milano, senza essere scesi a Erba nulla sapevano dell’uccisione del Pontiggia e del Pozzoli. Avrebbero potuto dormire a Canzo, ma verso le 22:30 ripartirono in bicicletta verso Ponte Lambro, nonostante il coprifuoco, con l’intento di fare un’azione intimidatoria al Questore Lorenzo Pozzoli e al Comandante del Presidio di Erba Alberto Airoldi; portavano con sé in una borsa un tubo di gelatina di circa 30 centimetri e due manifestini di minaccia per i due sopracitati. Avrebbero dovuto essere affissi al portone della villa dell’Airoldi in via San Bernardino. La carica non era tale da produrre danni alle persone e alle cose, ma il bagaglio era di certo compromettente. Puecher e Fucci arrivati a Lezza incontrarono una pattuglia di militi della 16ª Legione,

24 Cfr. “La Provincia di Como”, 16 novembre 1943, foglio s.n.; Cfr. “La Provincia di Como”, 21 novembre 1943, foglio s.n.; Cfr. “La Provincia di Como”, 23 novembre 1943, foglio s.n.; Cfr. “La Provincia di Como”, 7 dicembre 1943, foglio s.n.; 25 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, comunicazione del Prefetto al Ministro dell’Interno, 3.02.1944, foglio s.n.; 49 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______

B.N., la famosa G.N.R., arrivati da Como dopo l’uccisione di Pontiggia e Pozzoli. I due, fermati senza essere perquisiti, ma per violazione del coprifuoco, furono accompagnati da tre militi alla caserma dei carabinieri di Erba. Per il Fucci era indispensabile fuggire poiché sarebbe stato identificato come Tenente degli Alpini e denunciato per violazione al bando di presentazione alle Autorità e inviato in Germania o fucilato. Perciò estrasse la pistola, ma l’arma si inceppò e venne gravemente ferito al ventre dal milite che l’aveva in custodia, come riferì nella segnalazione del 13 novembre 1943 alla Prefettura di Como il comandante dei carabinieri26. Puecher che era riuscito a gettar via la pistola, mentre il materiale esplosivo era in una borsa sulla bicicletta del Fucci, fu portato in municipio in balia dei repubblichini, come risulta da una relazione del Comandante del Presidio di Erba, Alberto Airoldi al Capo della Provincia il 24 novembre 194327. Alberto Airoldi, Commissario Prefettizio di Erba, compilò subito una lista di antifascisti del paese facendoli prelevare dalle loro case la notte stessa. Venne prelevato a Lambrugo anche il notaio Giorgio Puecher, colpevole di essere il padre di Giancarlo. L’indomani tutti gli arrestati furono portati a Como: i due Puecher, Silvio Gottardi, Rino Grossi, Gulio Testori e Giacinto Veronelli, furono detenuti presso la stazione dei carabinieri di Como Borghi, gli altri nel carcere di San Donnino. Per alcuni, data l’arbitrarietà dell’arresto, il rilascio avvenne in pochi giorni. I carabinieri esercitavano una blanda sorveglianza verso quei prigionieri politici a cui nulla ancora era stato formalmente contestato. Offrirono anche a Giancarlo Puecher una possibilità di fuga che fu rifiutata per non mettere in pericolo il padre e la famiglia. Giancarlo subiva pesanti e violenti interrogatori

26 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, segnalazione, 13.11.1943, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (10); 27 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, relazione, 24.11.1943, foglio s.n.; 50 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______da parte del Commissario della Polizia Politica Saletta, particolarmente sadico e che amava definirsi “Digitus Dei”, cioè il “Dito di Dio” inflessibile con i nemici e intimoriva i prigionieri giocherellando con qualche arma, alla quale aveva tolto la sicura; voleva i nomi, ma Giancarlo non tradiva, allora gli uomini di Saletta lo picchiavano con asciugamani bagnati e arrotolati e con cinture di cuoio, senza riuscire a piegarlo28. Il 20 dicembre 1943 l’uccisione alle ore 9:30 dello squadrista guardia comunale Germano Frigerio, mentre si dirigeva alla stazione per recarsi a Milano ai funerali del federale Resega, ucciso da tre gappisti, decise la sorte di Giancarlo Puecher. Il Prefetto Scassellati ordinò il coprifuoco da mezzodì e volle, seguendo l’esempio tedesco, dieci esecuzioni capitali per ogni ucciso, contando anche le due precedenti uccisioni di Pozzoli e Pontiggia. Il numero andò poi diminuendo, dieci, sei, poi per ordine di Pozzoli all’Airoldi: “fa là cinq cass de mort”29. Alla fine si scese a quattro, uno solo dovette poi morire. Per disposizioni del Prefetto Scassellati il Questore di Erba Pozzoli improvvisa un Tribunale Speciale30 e “tenendo in mano il foglio degli imputati, indicava con una crocetta rossa quelli che dovevano essere condannati a morte”31. A Erba nell’ufficio del Podestà fu insediata la Corte e in una stanza della segreteria

32 comunale vennero portati da Como gli accusati . L’avvocato Beltramini fu nominato difensore e così raccontò in una sua relazione scritta dopo il processo:

“La lettura di quei capi di imputazione provocò in me quasi un senso di ilarità, compatibilmente col pensiero che mi dava la mia responsabilità di difensore

28 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, relazione, s.d., foglio s.n.; 29 Cfr. Gianfranco Bianchi, op. cit., p.103; 30 Cfr. “La Provincia di Como”, 21 dicembre 1943, foglio s.n.; 31 Cfr. De Antonellis Giacomo, op. cit., p.105; 32 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., p.102; 51 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______

davanti a giudici ammaestrati e incompetenti, e che sapevo non avrebbero avuto il coraggio di essere di parere contrario a quello del deus ex machina della montatura di un simile tragicomico processo, Francesco Scassellati, Capo della Provincia di Como. Non riuscivo a capire per quale ragione e in base a quali fatti quattro di quelle persone dovevano rimetterci la vita! Fatti generici, non accuse specifiche; non menzionati titoli di reato; i fatti più recenti risultavano al 12 novembre 1943, e si notava lo sforzo dei Compilatori di stabilire un certo nesso di causa tra questi fatti, come ripeto, generici, e l’uccisione di Pozzoli e Pontiggia. I fatti più vecchi risalivano addirittura al 1919! E, per questo, si convocava, ora, un Tribunale Straordinario. Notai subito la illegalità della costituzione di un Tribunale Straordinario, non sussistendo, in ogni caso, la fragranza di reato; e tale mia opinione resi subito nota al Presidente del Tribunale che sembrò allora dello stesso parere. […]”33.

Verso le 21:00 del 20 dicembre ’43 iniziò quello che si pretendeva chiamare processo, che si concluse con tre condanne a morte: Puecher, Giudici, Testori Giulio. Dai cinque ai venticinque anni di reclusione per gli altri. L’avvocato Beltramini convinse il Questore Pozzoli, la cui durezza si era ammorbidita, a fare un estremo tentativo presso Scassellati per una modifica del verdetto. Scassellati decise la commutazione della pena di morte in trent’anni di reclusione per i due condannati, conferma della pena capitale per il Puecher34. Il Tribunale Straordinario comunicò agli imputati l’ultima versione della sentenza.

“Puecher: a) per avere in territorio di Erba dopo l’8 settembre del ’43 promosso, organizzato e comandato una banda armata di sbandati dell’ex- esercito allo scopo di sovvertire le istituzioni dello Stato e per commettere furti, rapine e atti terroristici (art. 241 C.P.); b) del reato di cui all’art. 628 C.P.

33 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., pp.104-105; 34 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, sentenza del Tribunale Straordinario di Erba, del 21.12.1943, foglio N.154/Ris.sp.; Vedi Appendice: Doc. (11); 52 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______

per essersi impossessato mediante violenza ed uso di armi, insieme ad altri partigiani rimasti sconosciuti in una sera imprecisata del settembre 1943 in Erba, di alcuni bidoni di benzina depositati presso l’Albergo Crotto Rosa. Tutti gli altri: di associazione a delinquere previsto dall’art. 416 C.P. 34 cpv. per essersi riuniti allo scopo di sollevare in armi un forte numero di sbandati contro in poteri dello Stato - con l’aggravante della continuazione art. 81 C.P. e del tempo di guerra - reati accertati in Erba dall’8 settembre al 20 dicembre 1943”35.

Giancarlo Puecher veniva fucilato per alcuni bidoni di benzina e contro gli altri le accuse furono generiche e false, poiché venivano considerati colpevoli anche per fatti avvenuti mentre erano detenuti. Il processo fu una tragica farsa, “tutti i condannati erano stati fermati a scopo intimidatorio dopo l’uccisione di un fascista e il ferimento di un altro, quaranta giorni prima che fosse ucciso il Frigerio; la condanna era avvenuta per addebiti generici estranei a tale delitto; niente di concreto in ordine ad attività antifascista, stava a carico dei condannati”. L’atteggiamento persecutorio restava quindi soltanto nei confronti di Giancarlo, dovendo giustificare (senza spiegare) la massima pena36. Nell’estate del 1944 a Brescia, l’avvocato Piero Pisenti, guardasigilli della R.S.I. riconosciuta la nullità del processo di Erba e l’arbitrarietà delle condanne inflitte da quel “tribunale”, dopo un’indagine affidata in loco al Procuratore generale dello Stato di Milano Laviani, faceva scarcerare tutti gli imputati37. Appresa la condanna a morte Giancarlo Puecher scrisse una lettera di addio poco prima della fucilazione, nella quale emerge: l’orgoglio per le proprie imprese sportive; il richiamo al sacrificio evangelico; il dettaglio

35 Cfr. De Antonellis Giacomo, op. cit., p.117; 36 Cfr. De Antonellis Giacomo, op. cit., p.118; 37 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, provvedimento di grazia, 1.07.1944, foglio s.n.; 53 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______degli oggetti che materializzano ed esprimono il legame affettivo coi destinatari; l’esortazione ai giovani di lottare per la libertà della Patria. Questa semplice testimonianza spirituale dimostra come Puecher a soli vent’anni andò incontro alla morte con fierezza, coraggio e piena consapevolezza. La testimonianza dell’avvocato difensore Beltramini conferma tutto ciò:

“Aspettai che Puecher avesse finito di scrivere e si fosse comunicato e lo attesi all’uscita della stanza. Aveva lo sguardo fisso ma era calmo. Lo salutai, mi strinse fortemente la mano e mi disse di salutare suo padre. […]. Verso le ore 3 il cappellano (Padre Fiorentino Bastaroli) tornò e mi raccontò che Giancarlo Puecher era morto da eroe. […]. Si era mantenuto calmissimo, aveva pregato fino all’ultimo. Aveva abbracciato uno per uno i militi e il comandante del Plotone di esecuzione, dicendo che stessero tranquilli essendo già da lui perdonati. Aveva chiesto che gli fossero slegate le mani e fu accontentato: si pose davanti al Plotone con la massima calma e morì al grido di: Viva l’Italia, senza la benché minima parola di odio contro chiunque”38.

L’8 gennaio 1944 “La Provincia di Como”, unico quotidiano di Como e Provincia, direttamente controllato dal Capo della Provincia Francesco Scassellati, pubblicò un articolo in cui erano state ricostruite le imprese di Giancarlo Puecher, in una versione costruita appositamente post-mortem e che mirava a fare passare Puecher come un delinquente39. L’articolo era seguito da un corsivo anonimo di chiara ispirazione del Capo della Provincia che ribadiva il giudizio sul Puecher pericoloso bandito:

38 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., pp.123-124; 39 Cfr. “La Provincia di Como”, 8 gennaio 1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (12); 54 Capitolo 2 -La prima resistenza in Brianza. ______

“Il giovane Puecher, alla chiara, inequivocabile luce dei fatti compendiati nei capi di imputazione a suo carico, era un delinquente pericoloso che agiva per cosciente spirito anti italiano, traviato e ridotto a uno stato di aberrante bassezza morale anche per colpa della pessima educazione ricevuta”40.

A Giancarlo Puecher Passavalli il 26 ottobre 1945 fu data da Umberto di Savoia Principe di Piemonte, Luogotenente Generale del Regno, la Medaglia d’oro al V.M., prima medaglia d’oro della Resistenza. Terribile destino fu quello del padre di Giancarlo, Giorgio Puecher; dopo la morte del figlio, ritornò in libertà, non cercò di nascondersi o di fuggire; pensava che il sacrificio del figlio avesse placato Scassellati. Il 15 febbraio 1944 il notaio fu di nuovo arrestato senza nessun capo di imputazione e rinchiuso a San Vittore alla mercé del sadico maresciallo Klem. Giorgio fu poi trasferito al campo di concentramento di Fossoli presso Carpi (Modena), anticamera della deportazione in Germania. Morì a Mauthausen il 7 aprile 1945, la sua salma non ebbe sepoltura poiché fu bruciata in un forno crematorio del campo. La figura eroica di Puecher fu un esempio da cui trassero guida due formazioni di volontari della libertà: la “Brigata Giancarlo Puecher” e il “Battaglione Puecher”.

40 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., pp.132. 55 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

CAP. 3 - LA SECONDA RESISTENZA in BRIANZA. ASPETTI PARTICOLARI.

3.1 - I SACERDOTI “RIBELLI”.

Dopo l’8 settembre il fenomeno del collaborazionismo, fra gli ecclesiastici, si limitò all’ambiente dei cappellani militari, influenzati dalla fascistizzazione dei reparti militari1. Le alte gerarchie ecclesiastiche, mantennero un atteggiamento di prudenza diplomatica e cautela nelle espressioni e tutto sommato di distanza dal fascismo repubblichino. In una nota a Pavolini e al Capo della Provincia Scassellati del 4 marzo 1944, il Commissario Federale Paolo Porta, si scagliò contro la lettera Pastorale per la Quaresima: “Ubi Spiritus Domini, ibi Libertas”2, del Vescovo di Como Monsignor Alessandro

Macchi3, ponendo in rilievo a proposito dell’Alto Prelato che:

“[…] andava cambiando orientamento ma con questa sua Pastorale passa tutti

i limiti […]. [...] Ritengo opportuno che questo sconcio debba cessare […]”4.

Nella Pastorale Monsignor Macchi rivendicava la libertà del Vescovo e dei sacerdoti nella predicazione e nelle opere. Il Vescovo accennava anche alla

1 Cfr. “La Provincia di Como”, 28 Gennaio 1944, s.n.; 2 “Ubi Spiritus Domini, ibi Libertas”: Dove è lo Spirito del Signore, qui è Libertà; Tratto da: La Pastorale del 6 febbraio 1944-Festa di Settuagesima, pubblicato su: “L’Ordine della Domenica”, s.d., foglio s.n.; Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, Posta da Campo 704 riservata personale, del 4.03.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (13); 3 MONSIGNOR MACCHI ALESSANDRO, nato a Gallarate nel 1878, ordinato nel 1903, segretario particolare del Cardinale Ferrari fino al 1915, anno in cui era stato nominato parroco di Sant’Andrea a Milano e nel 1922, Vesovo di Andria in Puglia. Il 26 ottobre 1930, divenne Vescovo di Como. Morì il 1 agosto 1947. Cfr. Vecchio Giorgio, Lombardia 1940-1945. Vescovi, Preti e società alla prova della guerra, Edizione Morcelliana, Brescia 2005, pp.26-28 ; 4 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, op. cit., vedi nota 2; 56 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______libertà della stampa cattolica che era pesantemente limitata dalla censura fascista. Il Capo della Provincia Scassellati, inviò di rimando una lettera a Pavolini e al Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi, in cui buttò acqua sul fuoco alle accuse mosse da Porta dichiarando nella sua conclusione all’analisi della

Pastorale:

“[…] Non è certo la pastorale coraggiosa di un vescovo che si schieri apertamente con noi. Ma non è neppure una pastorale da far gridare allo scandalo. In definitiva io l’ho considerata per quello che veramente è: una lunga chiacchierata, spesso involuta, molto studiata per apparire obiettiva ed agnostica, scialba e tale da lasciare il tempo che trova. Da questo a ritenerla una sconcio ci corre, tanto più che sto iniziando un’opera di cauta penetrazione nell’ambiente ecclesiastico, che, spero, potrà dare i suoi frutti”5.

Le Alte Gerarchie Ecclesiastiche intervenivano, come il Cardinale Schuster6, della Diocesi Milanese, per difendere i propri preti e per evitare episodi di

5 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4 , Posta da Campo 704 , s.d., foglio s.n.; 6 CARDINALE SCHUSTER ILDEFONSO ALFREDO, nacque a Roma il 18 gennaio 1880 da Giovanni (Johann), sarto bavarese (al servizio della corte pontificia come capo-sarto per i reparti di guardie zuave), e Maria Anna Tutzer, di Renon, sudtirolese. Rimasto presto orfano di padre, entrò nello studentato di San Paolo fuori le mura per merito del Barone Pfiffer d’Altishofen. Negli anni successivi si laureò in filosofia al Collegio Pontificio di Sant'Anselmo a Roma, divenne monaco benedettino e il 19 marzo 1904 venne ordinato sacerdote in San Giovanni in Laterano. Monaco benedettino nell'abbazia di San Paolo fuori le mura. In seguito divenne procuratore generale della Congregazione Cassinese, priore claustrale e nel 1918 abate ordinario di San Paolo fuori le mura. Fece parte di Amici Israël, una lega cattolica internazionale contro l'antisemitismo e il razzismo, in cui militavano anche molti ebrei convertiti. Fu nominato da Papa Pio XI arcivescovo di Milano il 26 giugno 1929 e cardinale il 15 luglio 1929. Governò la diocesi in tempi difficili per Milano e per l'Italia. Prese come modello uno dei suoi predecessori più illustri, San Carlo Borromeo: si dimostrò assiduo nell'effettuare le visite pastorali nella diocesi che nei venticinque anni del suo episcopato svolse ben cinque volte[1]. Numerose sono le sue lettere al clero e al popolo, le minuziose e dettagliate prescrizioni specialmente in ordine al decoro del culto divino, i frequenti sinodi diocesani e i due congressi eucaristici. Ristrutturò, per incarico di Papa Pio XI, i seminari milanesi mediante la costruzione del Seminario Teologico e Liceale di Venegono Inferiore, inaugurato nel 1935. Come quasi tutto il mondo cattolico italiano, Schuster si illuse che attraverso la collaborazione la Chiesa potesse cristianizzare il fascismo (ne fa fede una lettera precedente il Concordato e la nomina ad arcivescovo), ma abbandonò tale illusione nel 1937-38. Tra settembre e novembre 1938 vennero emanate alcune leggi che discriminavano gli ebrei italiani (Leggi razziali fasciste). Il 13 novembre il cardinale Schuster dal pulpito del Duomo di Milano, per 57 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______brutalità nazifascista. Infatti Ildefonso Schuster si adoperò per la liberazione da San Vittore di Padre Aristide Pirovano e per il rimpatrio dalla Germania di Don Riccardo Corti, parroco di Giovenzana7. Il federale di Como Paolo Porta, al congresso di Verona (14-16 novembre 1943), convocato da Mussolini per stabilire gli indirizzi della R.S.I., parlando dei rapporti con la Chiesa disse:

“[…] Schuster è quello che ha rotto le corna a tutti i Federali e si è messo contro il Governo. Non possiamo continuare in questo stato di cose. Bisognerà

l'inizio dell'Avvento ambrosiano, pronunciò un'omelia che condannava tali provvedimenti, denunciandone l'ideologia neo-pagana: « È nata all'estero e serpeggia un po' dovunque una specie di eresia, che non solamente attenta alla fondamenta soprannaturali della cattolica Chiesa, ma materializza nel sangue umano i concetti spirituali di individuo, di Nazione e di Patria, rinnega all'umanità ogni altro valore spirituale, e costituisce così un pericolo internazionale non minore di quello dello stesso bolscevismo. È il cosiddetto razzismo». Il testo integrale dell'omelia fu pubblicato il 15 novembre in prima pagina dal quotidiano cattolico L'Italia; il direttore Sante Maggi pagò il gesto con la rimozione dalla carica per evitare la chiusura del giornale, nonostante la difesa di Schuster, che a sua volta fu considerato dal regime un traditore e un antifascista. Come scrisse padre David Maria Turoldo: «Sbagliano coloro che lo pensano coinvolto nel fascismo o altro. Schuster non era né fascista, né antifascista: e non era neppure neutrale. Schuster era un monaco e basta. Monaco è uno che ha solo Dio in testa. Un "monaco in battaglia" dopo essere stato "soldato nel monastero"». Partecipò al conclave del 1939, che elesse papa il cardinale Eugenio Pacelli (Papa Pio XII). Alla caduta della Repubblica Sociale Italiana promosse un incontro in Arcivescovado tra Benito Mussolini e i rappresentanti partigiani, nel tentativo di concordare una resa senza spargimento di sangue. Propose anche a Mussolini di fermarsi in Arcivescovado, sotto la sua protezione, per poi consegnarsi agli Alleati. Il Duce però rifiutò, preferendo tentare la fuga. Quando il 29 aprile 1945 i corpi fucilati di Mussolini e degli altri gerarchi fascisti furono appesi in piazzale Loreto, Schuster informò Riccardo Lombardi, prefetto su nomina del C.L.N., che egli stesso «in porpora» avrebbe dato la benedizione alle salme «perché si deve aver rispetto di qualsiasi cadavere». Allo stesso modo il 14 agosto 1944, quando i tedeschi avevano trucidato quattordici partigiani e avevano abbandonato i corpi nello stesso luogo, Schuster aveva scritto all'ambasciatore tedesco chiedendo che i cadaveri fossero rimossi, «altrimenti sarebbe andato lui a trasportarli». Durante il periodo bellico sostiene attivamente la Carità dell'Arcivescovo, dando il primo incarico di responsabile a Carlo Bianchi, il quale aveva avuto l'idea da una sua lettera pastorale. Carlo Bianchi morirà a Fossoli, fucilato. Shuster, anziano e malato, si ritirò nel seminario di Venegono, dove si spense il 30 agosto 1954. Fu proclamato beato dal Papa Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996. Cfr. Beltrame Quattrocchi Paolino, Al di sopra dei gagliardetti. L'arcivescovo Schuster: un asceta benedettino nella Milano dell'era fascista, Marietti, Casale Monferrato 1985; Cfr. Leccisotti Tommaso, Il Cardinale Schuster, S. Benedetto, Milano 1969, 2 vol.; Cfr. Schuster Ildefonso, Al dilettissimo popolo: parole e lettere alla Diocesi di Milano, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1996; Cfr. AA.VV., Nuova Storia Universale-Dizionario di Storia, Vol. 4, Ed. Garzanti, Torino 2004; 7 DON RICCARDO CONTI, dopo l’8 settembre questo parroco, aveva dato rifugio a sette prigionieri alleati, con la collaborazione della popolazione. Una spia avvisò i fascisti che il 10 ottobre circondarono il paese, catturarono cinque prigionieri e ne uccisero due che avevano tentato la fuga. Don Riccardo fu arrestato e, nonostante i 67 anni, fu deportato in Germania da dove, dopo 17 mesi passati a fare il ciabattino per i tedeschi, poté rimpatriare, molto provato nel fisico, per l’intervento presso le autorità tedesche del Cardinale Schiuster. Cfr. Bonfanti Aloisio, Un popolo per la libertà. Pagine sconosciute della Resistenza cattolica nel lecchese, Ed. Arti Grafiche Lecchesi, Lecco 1977, p.71; 58 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

che voi del Partito insegnate al Governo che un conto è la religione, noi tutti siamo cattolici, e un conto sono i suoi ministri che specialmente nelle Parrocchie dei piccoli paesi, sono quelli che insinuano nell’animo delle madri che i loro figli devono andare in Svizzera e non combattere. […]”8.

La Brianza è una terra di forte tradizione cattolica, per cui le formazioni partigiane di ispirazione cattolica, furono molto più numerose, rispetto ad altre zone lombarde. Molti parroci ebbero un ruolo decisivo nell’orientare i fedeli contro la R.S.I. e subito dopo l’armistizio, alcuni sacerdoti scesero in campo e divennero un punto di riferimento per i perseguitati e gli antifascisti. Nell’erbese, fondamentale fu la presenza e l’attività dei preti nell’organizzazione dei gruppi legati a Giancarlo Puecher e, dopo la sua morte, nella rifondazione dei nuclei partigiani, che nel ’45 si unirono con la divisione Puecher del “Raggruppamento Divisioni Alfredo Di Dio”, formazioni autonome ma di forte derivazione cattolica. Don Giovanni Strada9, iniziatore della Resistenza erbese, già dal 9 settembre 1943, diede ospitalità agli sbandati e aiutò ebrei e prigionieri alleati a fuggire in Svizzera10. Il 13 settembre costituì con Franco Fucci e Giancarlo Puecher, un gruppo partigiano di cui fu cappellano e amministratore11. Dopo la dispersione del gruppo, continuò ad essere sempre punto di riferimento degli antifascisti cattolici del luogo. Parroco di Ponte Lambro dal 1921 al 1949, fu

8 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, p.91, nota 13; Cfr. Paolucci Vittorio, La Repubblica Sociale Italiana e il Partito Fascista Repubblicano, settembre 1943 marzo 1944, Ed. Argalia, Urbino 1979, Verbale Stenografico del Congresso di Verona p.173-175; 9 DON GIOVANNI STRADA, nato a Milano il 28 novembre 1882, morto a Ponte Lambro il 12 marzo 1949. Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino degli anni difficili. (Luoghi, persone, documenti, ricordi) 1943-1945, Ed. Nodo Libri, Como 2006, p.111; 10 Cfr. Banchi Gianfranco, Giancarlo Puecher, Arnaldo Mondadori Editore Milano 1965, p.8; 11 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., p.16; 59 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______uno studioso di economia, amico e collaboratore di Achille Grandi12 (fondatore del sindacalismo cattolico). Il Cardinal Ferrari, lo aveva nominato coadiutore a Cantù, dove si impegnò a favore dei lavoratori. Fra Cantù ed Erba, organizzò le prime leghe bianche dei contadini e una cooperativa a Cantù di lavoratrici del pizzo a tombolo. Nominato parroco di Ponte Lambro, continuò la sua azione sociale, occupandosi del convitto femminile presso il cotonificio che rischiava di chiudere13. Fu una guida spirituale per il giovane Puecher come il parroco di

12 ACHILLE GRANDI, nato a Como nel 1883 e morto a Desio nel 1946, iniziò a lavorare nel 1894, a soli 11 anni come apprendista tipografo, e questa esperienza segnò la sua maturazione. Nel 1906 si sposò con Maria Croato. Fervente cristiano, si adoperò per organizzare le masse cattoliche secondo le indicazioni della Enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII. La presenza nelle zone di Como delle organizzazioni del Partito Socialista Italiano lo sollecitò ad impegnarsi nelle nascenti organizzazioni sindacali cattoliche. Dal 1907 al 1914 fu segretario della Direzione Diocesana di Como dell'Unione Popolare fra i Cattolici d'Italia che era succeduta all'Opera dei congressi, che aveva operato in Italia dal 1874 al 1904. Durante questo periodo frequentò la "Scuola superiore cattolica di scienze sociali ed economiche" di Bergamo conseguendo una preparazione culturale di tipo universitario. Contrario al Patto Gentiloni, nel 1914, in contrasto con il Vescovo di Como, Mons. Alfonso Archi, si impegnò sia nella Direzione delle Opere Cattoliche di Como che nella Lega Cattolica del Lavoro di Monza, assumendo anche la carica di vicepresidente del Sindacato Italiano Tessile (S.I.T.), sindacato che aveva contribuito a far nascere nel 1908. Nel 1918 diventò presidente del S.I.T. ed entra nell'esecutivo nella Confederazione Italiana dei Lavoratori (C.I.L.), la neonata organizzazione sindacale cattolica, guidata dal Presidente Giovanni Gronchi fino al 1922. Grandi guiderà la CIL 1922 al 1926, che raggiungerà quasi due milioni di iscritti. Nel 1919 fu tra i fondatori del Partito Popolare e fu eletto Deputato nelle sue liste nella provincia di Como. Grandi capì subito, diversamente da altri ambienti del mondo cattolico, la gravità della Marcia su Roma. Subito dopo il primo discorso di Mussolini Grandi espresse pesanti giudizi in merito sia all'umiliazione del Parlamento che alle evidenti tendenze dittatoriali. Successivamente difese con forza le minacce delle Corporazioni Fasciste contro le organizzazioni cattoliche e nel 1926 lui decise, pur di non scendere a patti, di sciogliere la C.I.L. prima della pubblicazione ufficiale del decreto del governo fascista. Fu anche critico anche nei confronti dell'Istituto Cattolico per le Attività Sociali (I.C.A.S.) per le tiepide posizioni che assunse con il regime. La sua intransigenza lo portò al rifiuto di ogni collaborazione e collusione con il regime fascista e così, dal 1926 al 1944, si guadagnò da vivere ri-svolgendo l'attività di tipografo presso al "Pontificio Istituto delle Missioni Estere" di Via Monte Rosa a Milano. Nel 1943, dopo la caduta del regime, il generale Pietro Badoglio lo nominò Commissario straordinario della Confederazione dei Lavoratori dell'Agricoltura. Partecipò attivamente nella stesura del Patto di Roma, firmato il 3 giugno 1944. Il Patto fu l'incontro delle tre storiche componenti politiche e sindacali per la ricostituzione del sindacato democratico ed unitario della Confederazione Generale Italiana del Lavoro (C.G.I.L.) e che fu firmato da Giuseppe Di Vittorio per i comunisti, Bruno Buozzi per i socialisti e da Achille Grandi per i cattolici. Grandi, contemporaneamente al progetto dell'unità sindacale, fondò nell'agosto 1944 le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (A.C.L.I.), diventandone (per soli 6 mesi), il primo presidente nazionale. Secondo Grandi le A.C.L.I. dovevano assolvere il compito di rappresentare e formare le coscienze dei cattolici all'interno della C.G.I.L. unitaria. Aderì al partito della Democrazia Cristiana, fu nominato membro della prima Direzione Nazionale come componente della corrente di sinistra che faceva capo a Giovanni Gronchi, ed eletto Deputato nella Assemblea costituente. Cfr. Olivero Andrea, Eredità e attualità di Achille Grandi, Relazione convegno A.C.L.I. per il 60° della morte, 28 settembre 2006; Cfr. AA.VV., Nuova Storia Universale-Dizionario di Storia, Vol. 2, Ed. Garzanti, Torino 2004; 13 Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino, op. cit., p.112; 60 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

Lambrugo, Don Edoardo Arrigoni14, consigliere e amico della famiglia Puecher, che aiutò quando fu colpita da arresti e persecuzioni. Aveva partecipato alla Prima Guerra Mondiale e alla campagna di Libia. Dall’esercito si era congedato con il grado di Tenente. Sostenne Puecher nella sua volontà di aderire alla Resistenza, mettendo a disposizione i locali della parrocchia. Le sue motivazioni erano di fedeltà al governo per lui legittimo e di impegno per il bene comune. Quando la Sepral15, dichiarò di non essere più in grado di garantire il rifornimento alla popolazione, Don Arrigoni fondò il “Comitato degli approvvigionamenti”, composto da persone che misero a disposizione il proprio denaro e la propria opera, rischiando la prigione, per non far mancare il minimo necessario alla popolazione16. A Sormano dopo l’8 settembre, si rifugiarono molti ricercati, soprattutto ebrei e chi li accolse e li aiutò ad espatriare, fu il parroco Don Carlo Banfi17. Partiva di notte con un gruppo di fuggiaschi di ogni età, attraversava il Pian del Tivano, scendeva a Nesso poi, oltrepassato il lago, risaliva la montagna fino al confine Svizzero. Arrestato dalle guardie svizzere, e per intercessione di Mons. Angelo Jelmini, Vescovo di Lugano, venne subito liberato e assegnato come cappellano ad un campo di rifugiati presso Berna18. Seguendo una direttiva che il Card. Schuster gli aveva fatto arrivare attraverso il Vescovo di Lugano (“Nelle attuali condizioni rimanga come e

14 DON EDOARDO ARRIGONI, nato a Bulciago, il 23 ottobre 1894 e morto a Lambrugo il 17 luglio 1967. Parroco di Lambrugo dal 1936. Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino, p.113; 15 Seapral: Sezione provinciale per l’alimentazione, che gestiva la distribuzione degli alimenti per i fascisti; 16 Cfr. Riva Gaetano, Lambrugo e il suo monastero, Amministrazione Comunale di Lambrugo 1990, pp.357- 361-363; 17 DON CARLO BANFI, nato a Sarono il 10 settembre 1903 e morto a Varese l’1 luglio 1994, parroco di Sormano negli anni 1943-1945. Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino, p.112; 18 “Per quanto riguarda la Diocesi di Como (che comprende l’intera provincia di Sondrio) va segnalato il fatto che numerosi preti sono costretti alla fuga in Svizzera, dove l’accoglienza del Vescovo di Lugano, Mons. Jelmini, li conduce a diventare Cappellani dei numerosi internati Italiani, militari e non”. Cfr. Vecchio Giorgio, L’Episcopato e il Clero Lombardo nella Guerra e nella Resistenza (1940-1945), in Cattolici e Resistenza nell’Italia Settentrionale, a cura di Gariglio Bartolo, Ed. Il Mulino, Bologna 1997, p.117; 61 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______dove sta”19), rimase in Svizzera fino a Liberazione avvenuta, dedicandosi all’assistenza religiosa ai rifugiati italiani. Ebbe l’attestato della Comunità Israelitica di Milano, l’attestato del Corpo Volontari Libertà di Asso, il “Brevetto Alexander”, l’attestato dell’ambasciata Britannica di Roma20. Don Banfi era amico e collaboratore dell’ing. Carlo Bianchi, martire di Fossoli, che aveva istituito, nella Diocesi di Milano, l’associazione: “La carità dell’Arcivescovo”, ed era impegnato nella rete “Oscar”21 che organizzava la fuga in Svizzera di molti perseguitati22. Il 18 febbraio 1944, Don Banfi fu denunciato in contumacia, essendo in Svizzera, dal Questore Lorenzo Pozzoli:

[…] per i reati previsti dagli art. 265 – 266 – 270 – 272 – 285 – 286 – 302 – 303 – 306 – 307 del C.P., nonché per la violazione delle disposizioni che regolano il trattamento ai cittadini di razza ebraica, considerati nemici della Patria […]”.

Nella stessa denuncia, inviata al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato e al Capo della Provincia, il Questore Pozzoli dichiarava che:

“[…] Il predetto parroco va lumeggiato con tutti i caratteri richiesti dalla sua losca figura. Egli non solo era un accanito antifascista, al cui scopo aveva sovvertito il suo sacro ministero […] ma era notorio che le sue prediche dal Pulpito servivano per aizzare la popolazione alla disubbidienza alle Leggi dello Stato ed alla lotta contro il nascente Stato Repubblicano. Con tali orientamenti egli si scelse un posto di primo ordine schierandosi da prima a favore degli sbandati, successivamente a fianco dei ribelli e dei loro capi […]. Infine prendeva apertamente le difese degli ebrei, dichiarati nemici della Patria e con questi si allontanava dal territorio della Repubblica, espatriando

19 Cfr. Barbareschi Don Giovanni, Memoria di Sacerdoti “Ribelli per amore” 1943-1945, Centro Ambrosiano di documentazione e studi religiosi, Milano 1986, p.40; 20 Cfr. Ibidem; 21 Oscar: Organizzazione soccorso cattolico degli antifascisti ricercati; 22 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, p.75; 62 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

clandestinamente nella vicina Svizzera, donde non risulta sia ancora rientrato”23.

Collaboratore di Don Banfi nell’espatrio degli ebrei e nell’aiuto ai militari nascosti e ai partigiani fu Don Emilio Meani24. Nelle prediche contestava il potere nazifascista, affermando il dovere di operare le scelte decisive nel segreto della propria coscienza, rispondendone davanti a Dio. Più volte venne ammonito e invitato a smetterla di predicare in quel modo. Il Capitano repubblichino delle SS di Asso, Ara, lo minacciò, con le armi, ripetutamente, di deportazione in Germania. Dopo il 25 aprile 1945, Ara, gli chiederà aiuto, facendo appello alla sua carità. Venne salvato. Nel maggio 1945, Don Emilio si trasferì a Bolzano dove fece volontariato di assistenza nell’ambito della Croce Rossa ai reduci dai lager25. Il prevosto di Lurago d’Erba, Don Abramo Mauri26, nelle sue prediche spesso avversava il regime repubblichino; in un promemoria del 22 febbraio del

1944 della Federazione dei Fasci di Combattimento,

“Si segnala che il parroco di Lurago d’Erba Don Mauri Abramo compie opera di propaganda antifascista. Dal pulpito si è espresso con frasi avverse al regime. La Contessa Sormani e la sig.na Passerini (sfollata a Lurago) hanno assistito ad un colloquio nel quale il Don Mauri pronunciava frasi come le seguenti: ben venga il bolscevismo, evviva l’anarchia, ecc... In una visita che il Commissario Prefettizio ebbe a fare al Mauri, allo scopo di esortarlo a compiere opera di persuasione presso le reclute del 1925, ha avuto modo di costatare e valutare la sua mal celata avversione al regime. La popolazione è evidentemente

23 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, verbale di denuncia, del 18.02.1944, foglio s.n.; 24 DON EMILIO MEANI, nato ad Arcore il 6 marzo 1913 e morto a Seveso l’1 marzo 2000. Coadiutore ad Asso. Cfr. Barbareschi Don Giovanni, op. cit., p.280; 25 Cfr. Don Giovanni Barbareschi, op. cit., pp.281-282; 26 DON ABRAMO MAURI, nato a Monza il 14 dicembre 1888 e morto a Monza il 23 aprile 1968. Cfr. ISCPAPC, cart. bs. Clero, nota del Pfr Comasco,del 22 febbraio 1944; 63 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

sensibile a tale propaganda. Si ritiene, quasi per certo, che l’ostilità del paese a mettersi in linea sia imputabile in primo luogo al detto Mauri”27.

Scassellati che si occupava personalmente dell’attività di Don Mauri, il 13 aprile 1944, inviò una lettera al Cardinale Arcivescovo di Milano Schuster, denunciando l’atteggiamento antinazionale e sovversivo del parroco di Lurago e chiedendo all’Arcivescovo di intervenire presso il parroco “[…] al

28 fine di evitare, per quanto possibile, provvedimenti di necessaria difesa” . Il 6 marzo 1945 Don Mauri fu arrestato e condotto in Questura, ma subito liberato per mancanza di prove. Don Alessandro Pozzoli29, prevosto di Canzo, su di lui fu aperto un dossier presso il Capo della Provincia Renato Celio. Era accusato di fare propaganda antifascista, di essere contro le SS italiane e la Polizia Tedesca e di partecipare alle riunioni della Contessa Porro. In una lettera del Capo della Provincia Celio al Vescovo di Como Alessandro Macchi del 9 marzo 1945, venne riferito che:

“[…] Da fonte fiduciaria molto attendibile mi viene riferito che l’atteggiamento politico del prevosto di Canzo, Don Alessandro Pozzoli, non sia consono agli attuali momenti […] pare che faccia parte di un gruppo di persone “influenti” del paese le quali, clandestinamente, si darebbero convegno onde complottare ai danni della R.S.I.. Per ovviare ad eventuali provvedimenti che potrebbero causare spiacevoli conseguenze per il Don Pozzoli Vi sarei grato se vorreste disporre il suo trasferimento in altra provincia. […]”30.

27 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, promemoria del Partito Fascista Repubblicano, del 22.02.1944, foglio s.n.; 28 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, lettera riservata personale al Cardinale Schuster, contro Don Mauri, del 13.04.1944, foglio n. gabinetto 443 RS; Vedi Appendice: Doc. (14); 29 DON ALESSANDRO POZZOLI, nato a Lurago d’Erba, il 12 agosto 1884 e morto a Canzo il 27 febbraio 1946; 30 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, cart.119, lettera s.d., foglio s.n.; 64 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

In una lettera riservata personale, del 17 marzo 1945, inviata a Renato Celio, il Commissario Federale Paolo Porta dichiarò:

“In occasione della venuta in Canzo delle SS, il Prevosto Pozzoli cercò con ogni mezzo di ostacolare l’occupazione delle “Stelline31”, facendosi parte zelante in difesa degli occupanti nelle persone dei sinistrati di Milano, ma in realtà il vero movente del suo interessamento era quello di ostacolare l’accesso ad una caserma dell’Esercito Repubblicano. Non risulta che egli faccia apertamente propaganda antitedesca e antinazionale perché è molto scaltro e si limita a mezze parole ed a frasi a doppio senso. Nel complesso trattasi quindi di persona perlomeno sospetta […]”32.

Padre Aristide Pirovano33 aveva come obiettivo di fare il missionario, ma gli eventi e il suo grande amore per la libertà lo fecero avvicinare, dopo l’8 settembre, al fronte clandestino, aiutando fuggiaschi ed ebrei a scappare in Svizzera. Collaborò con il C.L.N. di Milano e con l’organizzazione “Oscar” (“Organizzazione soccorso cattolico degli antifascisti ricercati”), celando la sua identità sotto il nome di “Padre Barba”, per la sua folta barba nera. I nazifascisti lo individuarono e il 7 dicembre 1944, venne arrestato dalle SS e portato al Comando Tedesco che aveva sede all’Hotel Regina in via Santa Margherita a Milano, dove fu interrogato e torturato. Venne trasferito al carcere di San Vittore, in isolamento totale, non gli venne permesso di celebrare messa. Durante gli interrogatori venne picchiato e torturato. Uscì

31 Stelline: Palazzo seicentesco dei Conti Meda, sito in Canzo e divenuto poi orfanotrofio dell’ordine delle Stelline, adibito poi ad alloggio per gli sfollati e caserma per le SS italiane; 32 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, cart.119, lettera riservata personale, del 17.03.1945, foglio s.n.; 33 PADRE ARISTIDE PIROVANO, nato ad Erba il 22 febbraio 1915, morto a Lecco il 3 febbraio 1997. Ordinato sacerdote per il P.I.M.E. (Pontificio Istituto Missioni Estere), negli anni 1943-45 economo del P.I.M.E. a Milano e collaboratore ad Erba del parroco Don Erminio Casati. Nominato Vescovo titolare di Adriani nel 1955. Fondatore della missione di Macapà sul Rio delle Amazzoni. Prestò infine la sua opera presso i lebbrosi di Marituba (Brasile). Cfr. Barbareschi Don Giovanni, op. cit., p.315; 65 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______dal carcere il 15 marzo 1944 per intervento del Cardinal Schuster. Ritornò a Erba in domicilio coatto e con grave rischio personale, per la sorveglianza a cui era sottoposto, riprese i contatti con gli antifascisti e divenne segretario e tesoriere del C.L.N. di Erba. Assicurò l’assistenza spirituale e religiosa alla formazione “Puecher”, che agiva nella zona. Durante la Liberazione si adoperò per evitare stragi e rappresaglie ad Erba34. Molti altri sono stati Sacerdoti “ribelli per amore” che in Brianza, con coraggio e solidarietà cristiana, hanno aiutato i perseguitati a sfuggire al loro destino di morte e sostenuto i giovani renitenti alla leva. Così scrisse dieci anni dopo la Liberazione il 25 aprile 1955 Don Onorio Cairoli, redattore del quotidiano l’Ordine, in un articolo del “Corriere della

Provincia”35:

“Già dal settembre dell’armistizio e della Repubblica di Salò, il caso di coscienza si imponeva, ed essi non potevano ignorarlo. Con tutte le attenuanti del groviglio politico unico nella storia, con le giustificazione psicologiche delle opposte convinzioni, con tutte le considerazioni morali per l’altrui buona fede (per quelli in buona fede!) la soluzione oggettivamente era unica e sicura. E così i nostri sacerdoti si trovarono ad essere degli obbiettori di coscienza”36.

34 Cfr. Barbareschi Don Giovanni, op. cit., pp.315 a 317; Cfr. De Antonellis Giacomo, Il Caso Puecher, Rizzoli Milano 1984; Cfr. Bianchi Gianfranco, Dalla Resistenza, Ed. Provincia di Milano, Bergamo 1975; 35 Cfr. Bianchi Gianfranco, Antifascismo e Resistenza nel Comasco, Comune di Como Amministrazione Provinciale, aprile 1975, p.205; 36 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., “Testimonianze e documenti: I nostri preti hanno resistito (Don Onorio Cairoli)”, p.205. 66 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

3.2 - LA RISPOSTA ai BANDI della R.S.I.

Rimesso in piedi lo stato fascista, Mussolini e i suoi ritennero di primaria importanza dotare la R.S.I. di un nuovo esercito. Non si trattava di un vero e proprio bisogno militare, in quella contingenza di guerra, ma di poter partecipare al conflitto alla pari con l’alleato tedesco. Ciò non era nei piani di Hitler che aveva risollevato il fascismo solo per avere mano libera in Italia e potersi servire delle sue risorse per continuare la guerra. Quindi le autorità militari del Reich posero degli intralci alla costituzione del nuovo esercito che il Generale Rodolfo Graziani stava per allestire. Imposero un numero limitato di quattro divisioni con 52.000 uomini da addestrarsi in Germania e non fornirono armi37. I primi giorni dopo l’8 settembre, furono un susseguirsi di comunicati affissi per le strade e pubblicati sulla stampa locale che esortavano alla consegna delle armi, delle munizioni, di autoveicoli, di carburante ecc., alle autorità tedesche38. Il 28 settembre, pochi giorni prima della scadenza del primo generico bando Graziani (2 ottobre 1943), “La Provincia di Como” pubblicava un comunicato del Prefetto Dott. Chiaromonte, rivolto agli sbandati:

“Tutti i militari Italiani, attualmente sbandati, che entro sabato 2 ottobre si saranno presentati presso il più vicino Comando Germanico, verranno trattati come gli altri militari italiani, che volontariamente hanno deposto le armi; non verranno né fucilati né in qualsivoglia altro modo militarmente puniti. Tutti coloro che non si presenteranno volontariamente entro il termine indicato saranno considerati insorti e puniti con la morte o altre gravissime pene. I

37 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, p.81; 38 Cfr. “La Provincia di Como”, 17 settembre 1943, foglio s.n.; “La Provincia di Como”, 18 settembre 1943, foglio s.n.; “La Provincia di Como”, 24 settembre 1943, foglio s.n.; 67 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

soldati germanici sono venuti per proteggere il nostro Paese dall’invasore e non per dirigere le loro armi contro i soldati d’Italia”39.

Al 31 ottobre 1943, 723 sbandati si erano presentati presso i Comuni della Brianza ma, vi erano Comuni dell’Alta Brianza dove il reclutamento fallì completamente come ad , Alzate Brianza, , Brenna, Cantù, Costa Masnaga, Brenna, , Inverigo, Lambrugo, Longone, Merone, , Rogeno, Nibionno e Oggiono40. Un documento del

Comando Militare Provinciale del 26 novembre 1943, affermava:

“Cantù risulta essere zona molto infetta di comunismo. Affissione di manifesti sovversivi, strappati quelli del Capo della Provincia. Maresciallo Pepe con soli dieci carabinieri non basta. Inoltre il maresciallo è da troppi anni in paese. Cambiarlo. Colonnello dell’ufficio leva pare faccia invece propaganda contraria alla presentazione”41.

La risposta al bando si poteva comunque ritenere soddisfacente, ma una volta arruolate, le reclute si resero conto della disorganizzazione; le caserme saccheggiate dai tedeschi erano in totale abbandono, senza riscaldamento, senza attrezzature per la mensa e per il casermaggio, mancavano persino le divise e il rancio era molto scarso. Ciò è testimoniato dalle lettere che le reclute inviavano ai familiari. Molto significativa è la lettera di un arruolato inviata al padre il 21 dicembre 1943:

39 Cfr. “La Provincia di Como”, 28 settembre 1943, foglio s.n.; 40 Cfr. ISCPAPC, Fondo Prefettura di Como, Elenco militari sbandati presentatisi ai Comuni e alle autorità militari entro il 31 ottobre 1943, foglio s.n.; 41 Cfr. ISCPAPC, Fondo Prefettura di Como, Comando Militare Provinciale. Pro-memoria per il Capo della Provincia, 26 novembre 1943, foglio s.n.; 68 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

“[…] papà ti informo che con venti grammi di burro e trenta di formaggio, un po’ di minestra, non si può vivere. Il trattamento è schifoso, figurati che appena arrivato ci hanno tenuti sino all’una di notte in cortile (pioveva) e poi abbiamo dormito per terra con una sola coperta […]. […] bisogna provare per credere, anche se uno ha fede e patriottismo, dopo un giorno gli scappa […]. […] non abbiamo nemmeno il cucchiaio per la minestra, la mangiamo con le mani”42.

In una lettera del 7 gennaio 1944, al Capo della Provincia Scassellati, lo squadrista invalido di guerra, Franco Belletti, padre di una recluta, riferì quello che ebbe a costatare , sul trattamento delle reclute del ’25, nella caserma Valfrè di Alessandria:

“[…] le reclute fanno istruzione vestiti di tela malgrado il freddo intenso e la nebbia; il rancio scarsissimo e spesse volte immangiabile […]. […] pensate eccellenza, che gli furono date le gavette senza i cucchiai, cosa veramente pazzesca, dover mangiare la minestra con le mani. Per avere un po’ di paglia per riempire il pagliericcio, per non dormire sul tavolo di legno, hanno dovuto dare una mancia allo stalliere tedesco”43.

In un verbale del 22 dicembre 1943, si apprende che una recluta della caserma “Le Capannette” di Alessandria, “depresso moralmente e fisicamente”, fuggì per ritornare al comando di Como. La descrizione del trattamento nella caserma di Alessandria era simile a quelle già citate:

“[…] Fummo portati in una caserma zeppa di sporcizia e ci sistemarono nell’unica camerata, i cui castelli non erano ancora sfasciati. Personalmente

42 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, lettera della censura, del 21.12.1943, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (15); 43 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, lettera riservata personale, del 7.01.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (16); 69 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

come altri miei compagni, constatai che il pagliericcio oltre che sporco conteneva degli insetti. […] Al mattino seguente alle dodici circa ci fu servito il rancio. Le reclute arrivate la sera precedente ebbero come rancio, un mescolo di acqua dal colore denso, senza che ci si trovasse del riso e della pasta. […] Da disposizioni affisse apprendemmo esserci inibita la libera uscita per un periodo di quindici giorni. Nessuno della mia camerata già in servizio poté quindi acquistare dei viveri”44.

I giovani arruolati ci ripensarono e prima in pochi poi in gruppi più numerosi cercarono di scappare. Molti che si presentavano nelle caserme, venivano prelevati dai tedeschi per i propri servizi ausiliari o mandati a lavorare in Germania. Nei bandi successivi le autorità fasciste usarono, per far rispettare la leva, sia mezzi coercitivi che allettamenti, cercando anche la collaborazione del Clero e dell’istituzione scolastica. Il 14 novembre 1943, in un promemoria della Federazione dei Fasci di Combattimento a Scassellati, si denunciava la condotta del Provveditore Angeli che agli studenti del setificio, fece un discorso dove si guardò bene dall’accennare ai doveri militari dei giovani. Si insinuò la spiegazione che il Provveditore si fosse lasciato influenzare dal preside “scettico e cinico antifascista” tesserato prima del 25 luglio, divenuto ora un esasperato nemico dello sforzo fascista repubblichino di rinascita nazionale45. Con una circolare dell’11 novembre 1943 il Prefetto Scassellati invitò i Commissari Prefettizi a favorire la presentazione alla chiamata alle armi facendo proposte allettanti alle famiglie: “[…] Siate prodighi di appoggi e facilitazioni alle famiglie dei combattenti, fate propaganda”46.

44 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, verbale di interrogatorio, del 22.12.1943, foglio s.n.; 45 Ibidem; 46 Cfr. Perretta Giusto, La memoria che resiste, Ed. Istituto Comasco per la storia del Movimento di Liberazione, Graficop Como 1988, p.45; 70 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

Ma il 12 dicembre del 1943 in una nota informativa, il Federale della provincia di Como Paolo Porta, comunicò il fermo dei genitori dei renitenti:

“Questa notte sono stati fermati gli elementi di cui all’unito elenco, genitori di giovani che si sono resi irreperibili anziché presentarsi al Distretto per la chiamata alla leva. Qualora i figli dei predetti si presentassero al Distretto vi prego di darmene notizia onde far luogo al provvedimento di liberazione nei confronti dei genitori”47.

In una denuncia del C.L.N. di Orsenigo, a Liberazione avvenuta, il 17 luglio 1945, a carico del Commissario Prefettizio Felice Baragiola e della Fiduciaria dei Fasci Femminili, Giulia Baragiola, sono evidenziati i metodi coercitivi e di terrore, usati dai due sopracitati, nei confronti dei genitori dei renitenti alla leva. Si legge tra l’altro:

“[…] trascorso il termine stabilito, i citati renitenti non si presentarono, e da allora i Baragiola mandarono di nuovo il Messo Comunale in ogni singola famiglia, avvisando che se non avessero adempiuto alla chiamata, avrebbero mandato un autocarro coi repubblicani ed avrebbero incendiato le loro case. Sotto le minacce delle su indicate rappresaglie, gli interessati si presentarono al distretto di Como, da dove partirono poi per la Germania”48.

Si è già visto come parecchi parroci si adoperassero per gli sbandati e per salvare i giovani dalla leva che significava per molti deportazione al lavoro coatto in Germania. A questo proposito il 27 dicembre 1943, in un pro- memoria per il Questore, il Prefetto Scassellati segnalò che il parroco di Brenna, in Chiesa, aveva invitato i fedeli a portare della farina o del grano per

47 Cfr. ISCPAPC, Fondo Prefettura di Como, nota informativa, s.d., foglio s.n.; 48 Cfr. ISCPAPC, Fondo Prefettura di Como, Denuncia del C.L.N. di Orsenigo, contro il Commissario Prefettizio Baragiola, del 19.07.1945 , foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (17); 71 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______fare il pane agli sbandati per le feste: “[…] per quei pover fioeu che sono in giro”. Scassellati ordinò al Questore di procedere al fermo del Parroco contestandogli a verbale le accuse e svolgendo sul posto una rigorosa inchiesta49. Il 21 febbraio del 1944 in un pro-memoria per il Questore da parte del distaccamento militare di Cantù:

“Viene segnalato che un nascosto movimento volto a convincere i militari a disertare al momento opportuno è stato tentato anche al distaccamento di Cantù”50.

Il 15 dicembre 1943 infatti, il Commissario Prefettizio di Cantù, aveva segnalato al Prefetto scritte sovversive su due manifesti incitanti i giovani a presentarsi alle armi51. Il 13 marzo 1944 venne segnalato al Comando della Polizia di Sicurezza Germanica di che tra i legionari dell’8° Battaglione Volontari di stanza a Lecco e appena rientrati dalla Germania, serpeggiava la sfiducia e che molti attendevano il momento opportuno per darsi alla macchia. Tale stato d’animo era anche da attribuirsi all’attiva propaganda di antifascisti del luogo52. Visto l’insuccesso della chiamata alle armi e le fughe dalle caserme le autorità fasciste usarono il “bastone” per far rispettare la leva. Il 16 febbraio 1944 il Prefetto in un pro-memoria al Questore, espresse la necessità di emanare un decreto con cui disporre il ritiro della licenza di

49 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, pro- memoria per il Questore, del 27.12.1943, foglio s.n.; 50 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, pro- memoria per il Questore, del 2.02.1944, foglio s.n.; 51 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, comunicazione per il Capo della Provincia, del 15.12.1943, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (18); 52 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, segnalazione per il Capo della Provincia, del 13.03.1944, foglio gab.205; 72 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______esercizio, di qualsiasi specie, a tutti gli esercenti i cui figli, con obblighi militari, non si fossero presentati alle armi o si trovassero espatriati in Svizzera. Questo: “al fine di poter dare una sonante lezione ai cittadini dimentichi dei loro doveri verso la Patria ed additarli al pubblico disprezzo”. Scassellati ordinò che gli esercizi dovevano essere gestiti da un commissario esperto nel ramo del commercio cui era preposto. L’esecuzione di questo provvedimento era demandata ai Commissari Prefettizi dei singoli Comuni53. Il 18 febbraio 1944 venne emanato il Bando Graziani, firmato anche da Mussolini e dal Ministro della Giustizia Piero Pisenti, con il quale si comunicò la pena di morte ai renitenti alla leva e ai disertori, l’arresto dei parenti e la confisca dei beni immobili. Il Bando, con il terrore, ottenne un buon risultato, come testimonia il Notiziario della G.N.R. comasca del 24 marzo 1944:

“La presentazione al distretto delle reclute nate negli anni 1924-1925 è stata pressoché totalitaria. Si calcola che oltre l’86% dei chiamati abbia risposto all’appello. Notevole anche l’afflusso dei richiamati delle classi 1922-1923. Occorre però notare che molti si sono presentati in seguito alle gravi sanzioni decretate dal Governo Fascista Repubblicano contro i renitenti alla leva e i disertori”54.

Il 18 aprile 1944, fu promulgata da Mussolini un’amnistia per tutti i renitenti che si fossero presentati entro le ore 24.00 del 25 maggio, tra aprile e maggio sono richiamate anche la classi 1914-1917-1918, ma l’esito del bando, nel distretto di Como, che aveva giurisdizione su quasi tutta la Brianza, fu piuttosto fallimentare come è descritto dal Notiziario della G.N.R. del 18 maggio 1944:

53 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, pro- memoria per il Questore, 16.02.1944, foglio s.n.; 54 Cfr. Perretta Giusto, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana della Provincia di Como 1943-1945, Ed. Istituto Comasco per la storia del movimento di Liberazione, Graficop Como 1990, p.18; 73 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

“[…] Alla data del 12 corrente, i richiamati della classe 1914 presentatisi al distretto erano 42, mentre 600 avevano chiesto l’esonero, che pare abbiano ottenuto attraverso i comandi germanici. Dei richiamati della classe 1918 se ne erano presentati 18. I pochissimi che hanno fatto il loro dovere si presentano svogliatamente e con spirito poco consono ai bisogni della Patria. Il morale della truppa in genere non è all’altezza dei tempi […]”55.

Il 27 settembre 1944, il Capo della Provincia Scassellati in una lettera al Commissario Federale Paolo Porta, comunicò di avere intrapreso, attraverso il Questore, opera di persuasione nei confronti dei renitenti e dei disertori:

“[…] perché abbandonino i boschi e le montagne e riprendano la loro attività nel consorzio civile, impiegandoli in lavori di interesse pubblico nei rispettivi Comuni. Questa opera, svolta prevalentemente nella zona montagnosa della Provincia, ha già dato buoni risultati, ed infatti il 17 mattina un gruppo di sbandati dalle montagne sovrastanti Civenna si presentavano al Questore e consegnavano 13 moschetti – 20 caricatori – 8 bombe a mano ed alcune pistole […]”56.

Per indurre all’arruolamento si fece propaganda attraverso articoli della “Provincia”, che si appellavano all’amor di Patria e alla fede fascista delle donne affinché persuadessero gli uomini ad assolvere ai loro obblighi di leva57. In conclusione si può dire che la risposta ai bandi di arruolamento nella Repubblica Sociale Italiana, fu fallimentare, segno di un passato ormai impossibile da imporre.

55 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.28; 56 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, lettera personale, 27.09.1944, foglio s.n.; 57 Cfr. “La Provincia di Como”, 22 gennaio 1944, foglio s.n.; Cfr. “La Provincia di Como”, 9 febbraio 1944, foglio s.n. Vedi Appendice: Doc. (19); Cfr. “La Provincia di Como”, 18 febbraio 1944, foglio s.n.. 74 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

3.3 - LA RESISTENZA della POPOLAZIONE.

I numerosi episodi di generosità, solidarietà e di coraggio della popolazione della Brianza verso gli sbandati, i fuggiaschi e i perseguitati subito dopo l’8 settembre, possono essere considerati una forma di Resistenza contro la guerra, contro il governo della R.S.I. e contro gli invasori tedeschi. E’ vero che ci furono episodi di delazione, di opportunismo e di avidità, ma l’atteggiamento più diffuso della popolazione brianzola, fu quello di aiutare, nascondendo i fuggiaschi in solai, rustici, cascinali ecc., nutrendoli e favorendo il passaggio in Svizzera. Nei confronti della Resistenza, che, come abbiamo visto, in Brianza aveva la natura di partigianato di pianura, per la conformazione collinare del territorio, facilmente controllabile dai rastrellamenti, più che gli aiuti materiali erano importanti l’opposizione passiva e il sostegno morale della popolazione58. In una dettagliata relazione del Capo della Provincia Scassellati del 6 dicembre 1943, si presume al Commissario Federale Paolo Porta, sulle azioni di polizia nei Comuni di Erba, Asso, Canzo e Caslino, territori vicini alla montagna, venne segnalata la presenza di un gran numero di militari sbandati e prigionieri di guerra, aiutati dalla gente del luogo:

“Reputo opportuno”, scrisse Scassellati, “segnalare la situazione politica della provincia e principalmente dei Comuni di Erba, Asso, Canzo e Caslino, nel cui territorio si aggirano in gran numero militari sbandati e prigionieri di guerre delle Nazioni nemiche. […]. Nel territorio dei Comuni di Canzo e Asso, si trova una buona parte degli sbandati. Costoro vivono nei cascinali e nelle baite disseminate nelle immediate vicinanze dei suddetti comuni; la maggior parte invece si trova nel Pian del Tivano, in un albergo. Tra i soldati e gli ufficiali colà

58 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, p.89; 75 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

rifugiati, si troverebbero anche molti civili appartenenti ai partiti antifascisti. Alle stazioni ferroviarie di Canzo e Asso, si è infatti notato un movimento insolito, misterioso di giovani in borghese, con sacchi di montagna ed anche grosse valigie. Da ciò si desume che i partigiani si recano in città per rifornirsi [...]. […] Dal complesso delle notizie fiduciarie fin qui pervenute, appare chiaro che tutti i gruppi di partigiani e prigionieri, sono ben organizzati ed armati, aiutati dalla popolazione del luogo in tutti i modi, specie per quanto riguarda il servizio informativo, vettovagliamento ecc. […]”59.

Notevole importanza sul modo di atteggiarsi della popolazione brianzola, nei confronti della Repubblica Fascista, ebbero le difficoltà della vita quotidiana e in particolare la situazione degli approvvigionamenti. Dopo tre anni di guerra e di razionamento dei viveri, il caos dopo l’8 settembre ridusse ulteriormente le possibilità di sostentamento delle famiglie. Tutto il periodo della Repubblica di Salò vide difficoltà nell’approvvigionamento e proliferazione del mercato nero, talvolta gestito da gente senza scrupoli e senza coscienza60. Le relazioni quotidiane della G.N.R., indirizzate ai vertici del Governo, riferivano la realtà della vita quotidiana nella R.S.I.. Il Notiziario della G.N.R. del 19 maggio 1944, riassuntivo della situazione della Lombardia, offre un esauriente e significativo quadro dell’umore politico della gente comune.

“L’ordine pubblico nelle province lombarde permane normale, ma la situazione resta incerta se guardata per l’avvenire. Per quanto sia tuttora palese la netta opposizione della maggioranza del popolo verso il nuovo Governo, ogni reazione è contenuta nella incertezza della situazione militare e dal fermo atteggiamento col quale gli organi responsabili, vanno imponendosi con le leggi

59 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, relazione, del 6.12.1943, foglio Gab.154/Ris.sp.; 60 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.89; 76 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

e con più adeguati sistemi preventivi e repressivi. […]. Lo spirito pubblico è tuttora depresso. A questo concorrono la propaganda nemica, quella disfattista, le vociferazioni più disparate e, soprattutto, le seguenti cause: il prolungarsi della guerra; la disagiata situazione alimentare; la situazione delle famiglie che hanno congiunti caduti in guerra, e di quelle che hanno i loro cari prigionieri, dispersi, internati o sbandati dei quali non hanno o non possono ricevere notizie; il timore di nuovi bombardamenti aerei nemici, che vengono subiti senza alcuna possibilità di difesa; Il reclutamento forzato ed il successivo invio in Germania dei nostri soldati; L’invio, in parte forzato, di mano d’opera dell’agricoltura e dell’industria in Germania, per il servizio del lavoro; Lo svilimento continuo della nostra moneta; Il mercato nero. […] E’ sempre palese la netta ostilità della maggior parte della popolazione verso il Fascismo. Gli atti del Governo e gli incitamenti alla ripresa vengono giudicati con scetticismo. […] Nel fronte interno vengono seguite con sgomento le notizie di esecuzioni capitali che avvengono in ogni parte dell’Italia non invasa. […]”61.

Le stesse fonti informative repubblichine, quindi, notavano che la gente soffriva, che non vi era fiducia nell’alleato tedesco e che vi era “netta ostilità” della maggior parte della popolazione verso il fascismo. I rapporti fascisti aiutano anche ad individuare la natura del coinvolgimento dei brianzoli con la Resistenza. Sicuramente vi era un tendenza generale ad aiutare, a condividere l’opposizione alla Repubblica di Salò, pur non essendoci una vera e propria attività fiancheggiatrice. E anche se in Alta Brianza, come si è detto, l’azione partigiana non aveva le caratteristiche del partigianato di montagna ma di pianura, e quindi gli aiuti materiali della popolazione non erano così strettamente necessari come in montagna, contava comunque molto l’opposizione passiva e il sostegno morale della gente, che creava una rete di solidarietà con il contributo dei più diversi strati

61 Cfr. Perretta Giusto, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana della Provincia di Como 1943-1945, Ed. Istituto Comasco per la storia del movimento di Liberazione, Graficop Como 1990, p.29. 77 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______sociali. Nel momento del bisogno si riusciva sempre, quando c’era qualcuno da nascondere o da sfamare, a procurare un posto sicuro e del cibo.

78 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

3.4 - LO SCIOPERO del MARZO 1944.

Tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943, le condizioni di vita e di lavoro delle masse operaie e della piccola borghesia erano sempre più in rapido e costante regresso. L’inflazione che immiseriva i salari reali, la penuria dei generi alimentari razionati e il conseguente aumento dei prezzi del mercato libero e della borsa nera, avevano prodotto una sensibile riduzione delle possibilità di approvvigionamento alimentare. Nell’autunno inverno 1942 si registravano le prime azioni di protesta nelle fabbriche di Torino, Milano e Sesto San Giovanni. Tra l’aprile 1942 e l’aprile 1943 furono 2.600 gli arrestati per manifestazioni sovversive nelle zone industriali settentrionali62. Gli scioperi avevano soprattutto un carattere economico e di rivendicazione salariale per fare fronte a condizioni di vita che divenivano sempre più insopportabili soprattutto nelle città. Nel comasco e in Brianza molti operai erano anche piccoli coltivatori, che integravano il magro salario con i prodotti agricoli, destinati al consumo famigliare scongiurando il rischio di vera e propria denutrizione patita dagli operai delle grandi città63. Tutto ciò, in alcuni casi, come accadde in Alta Brianza per lo sciopero generale del marzo 1944, faceva venir meno la volontà di lotta. Va inoltre detto che la massa operaia nelle grandi fabbriche di Milano e di Sesto San Giovanni, favoriva una più forte Resistenza, anche morale, contro la repressione, mentre nelle medie e piccole fabbriche brianzole, la conoscenza tra lavoratori e padroni era più diretta e il ricatto padronale più immediato; quindi era pericoloso esporsi in pochi. Quasi nulla era inoltre la penetrazione del P.C.I. che organizzò il malcontento dei lavoratori e capì che, ormai dopo

62 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, pp.42-43; 63 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.51; 79 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______le numerose agitazioni dei mesi passati, uno sciopero generale era possibile e decise di promuoverlo attraverso i comitati di agitazione64. Queste motivazioni e il tradizionale moderatismo delle terre brianzole furono la causa della mancanza di azioni di protesta. Nello sciopero generale dell’1 marzo 1944, le rivendicazioni economiche furono in secondo piano rispetto a quelle politiche di opposizione al regime fascista e all’occupazione tedesca. L’1 marzo si accese la protesta in tutte la città industriali del nord. Nel milanese, a Sesto San Giovanni, la Breda, la Falck, la Magneti Marelli, furono il fulcro dello sciopero e il punto di riferimento anche per la Brianza dove si scioperò a Monza, Desio, Meda e Mariano Comense. Nella Brianza comasca fu abbastanza attiva la zona di Cantù, dove la filotecnica Salmoiraghi attuò lo sciopero il 2 marzo. Il foglio clandestino “il fronte proletario”, comunicò che si erano astenuti dal lavoro alla Salmoiraghi 350 dipendenti65. Il Notiziario della G.N.R. dell’8 marzo 1944 riferì che dei 600 operai della filotecnica Salmoiraghi, si presentarono al lavoro in 200 circa che abbandonarono alle 10.30 lo stabilimento per solidarietà con i lavori in sciopero66. Le due fonti di opposta tendenza, quindi, concordavano sul numero degli operai in sciopero alla Salmoiraghi. Lo sciopero generale del marzo ’44 fu la più grande protesta di massa avvenuta nell’Europa sotto il dominio tedesco. La reazione nazifascista agli scioperi del ’43-’44 fu evidenziata nelle disposizioni di massima dettate dal Capo della Provincia al Presidente dell’Unione Industriali, al Segretario Provinciale del Sindacato Fascista e al

64 Cfr. Ibidem; 65 Cfr. Gatti Marco, La stampa comasca nella Repubblica Sociale Italiana, Istituto comasco per la storia del movimento di Liberazione, Ed. Graficop Como 1996, pp.226-227; 66 Cfr. Perretta Giusto, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana della Provincia di Como 1943-1945, Ed. Istituto Comasco per la storia del movimento di Liberazione, Graficop Como 1990, p.16; 80 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

Capo della Polizia, in caso di sciopero delle maestranze dell’industria67. Le disposizioni agli industriali indicavano forme di repressione quali “la serrata”, la sospensione dei salari, la chiusura delle mense. Il sindacato fascista prendeva contatto con le rappresentanze degli operai e precisava che qualsiasi movimento sedizioso sarebbe stato considerato alto tradimento contro la Nazione in guerra. Da parte del Capo della Polizia si dovevano predisporre i mezzi, gli uomini e le armi adatte per proteggere gli stabilimenti, le cose e la sicurezza delle persone contro qualsiasi tentativo di violenza. Si doveva inoltre procedere al fermo degli indiziati sovversivi dei vari stabilimenti, al fermo del 5% di operai da tenere come ostaggi e all’immediata costituzione di un Tribunale per giudizi per direttissima68.

67 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, disposizioni di massima, s.d., foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (20); 68 Cfr. Ibidem. 81 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

3.5 - LE “SAP”, IL C.L.N. e ALTRE FORMAZIONI PARTIGIANE.

Le prime formazioni partigiane, sorte dopo l’8 settembre 1943, in Alta Brianza e Vallassina furono messe in grave difficoltà dalla reazione nazifascista. La guerra di liberazione riprese forza dopo le lotte operaie della primavera del 1944. Durante lo sciopero generale dell’1 marzo, le squadre di difesa ideate nelle fabbriche dal P.C.I., avevano dimostrato limiti di organizzazione e di preparazione. Le “SAP” (Squadre di Azione Patriottica), nacquero e si svilupparono come milizia nazionale, le cui fila erano aperte a tutti coloro che, indipendentemente dalla loro fede politica volevano battersi armi alla mano, non per l’avvento del comunismo, ma per la sconfitta del nazifascismo e per la creazione di una libera democrazia. Il sapista se non era un renitente o un ricercato, viveva una normale vita familiare, continuando ad esercitare il suo lavoro, a differenza del gappista che viveva in completa clandestinità. Ogni aderente era tenuto a diffondere la stampa clandestina di ogni partito indipendentemente dalle proprie convinzioni politiche69. Dopo la costituzione delle SAP, nell’estate del ’44, crebbero le operazioni contro i nazifascisti. L’azione delle SAP si spostò verso la Brianza settentrionale come riferì il Notiziario della G.N.R. del 24 giugno 1944:

“Il 13 corrente, in Costa Masnaga, elementi della G.N.R. rinvennero due manifestini sovversivi, incitanti la popolazione a collaborare con le bande armate”70.

69 Cfr. Borgomaneri Luigi, Due inverni, un’estate e la rossa primavera. Le Brigate Garibaldi a Milano e provincia, Ed. Franco Angeli, 1985, p.96; 70 Cfr. Perretta Giusto, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana della Provincia di Como 1943-1945, Ed. Istituto Comasco per la storia del movimento di Liberazione, Graficop Como 1990, p.45; 82 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

Il 30 luglio 1944 il volantinaggio venne ripetuto a Como e in Brianza, come risulta dal Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 14 agosto

1944:

“Negli ultimi giorni del mese di luglio u.s. nella città di Como e in altre località della Brianza venivano rintracciati i numerosi volantini incitanti gli agenti di P.S. ed i militari dei Battaglioni “M” a disertare i reparti e a unirsi ai banditi”71.

Nelle più grosse fabbriche del canturino, (es. setificio Vergani, filotecnica Salmoiraghi, ferriere Orsenigo), dopo lo sciopero generale del marzo ’44, si vennero organizzando dei nuclei di fabbrica SAP. In Brianza agivano, invece, tre Brigate G.A.P. - SAP: la 1ª Brigata Matteotti “Manci”, nella zona di Lurago d’Erba – Alzate Brianza – Alberse – Albavilla – Erba – Pusiano. La 2ª Brigata G.A.P. – SAP Matteotti “Patrizi” aveva tre distaccamenti: uno a Galbiate, uno a Cesana Brianza e uno ad Erba. Infine la Brigata Garibaldi “Pier Amato Perretta” che era attiva sia sulle colline che nella pianura della Brianza72. La consistenza numerica dei gruppi fu, in media, di una decina di persone. L’attività di questi nuclei era indirizzata alla propaganda politica e alla diffusione della stampa clandestina, al sabotaggio della produzione, per evitare la consegna di manufatti ai tedeschi. Alla fine di giugno, per impedire la requisizione del grano da parte dei tedeschi, il comando garibaldino73 ordinò di sabotare le macchine per la trebbiatura del grano. Un Notiziario della G.N.R. del 3 agosto 1944 informava:

71 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.56; 72 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, p.244; 73 Nel giugno 1944 era nato il Comando Raggruppamento Brigate Garibaldi Sap. di Milano e Provincia. Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, p.98; 83 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

“Il 21 luglio u.s., in Mirabello di Cantù, veniva rinvenuta una bomba a mano in una trebbiatrice nelle vicinanze della quale ignoti avevano appiccato il fuoco ad un mucchio di paglia. Spento l’incendio, veniva rimossa la bomba ed inutilizzata”74.

In Brianza nell’estate del 1944, crebbero e si diffusero non solo le organizzazioni politico-militari garibaldine e le formazioni partigiane, ma nacquero e si svilupparono, nei centri maggiori, i C.L.N., grazie all’impulso del C.L.N. regionale lombardo costituito a Milano nel giugno 1944. I C.L.N. nazionali avevano lo scopo di attuare un miglior collegamento con i comitati provinciali e periferici e, via via che la loro organizzazione si rinsaldava, sorgevano anche in Brianza, Comitati di Liberazione e nuclei armati75. Esisteva già prima del giugno 1944 il C.L.N. di Cantù che aveva raggiunto una salda struttura e un’organizzazione efficiente76. Il C.L.N. provinciale di Como inviò nell’estate del 1944 un comunicato alle sedi dei C.L.N. della Provincia in cui sono delineati i “Compiti specifici dei comitati di liberazione”77. Emerge chiaramente e viene ripetuto più volte nel comunicato, come prioritari la difesa e il coinvolgimento di tutta la popolazione. Oltre all’aiuto fornito agli sbandati e ai fuggiaschi, si prospettava un modello di democrazia che avrebbe permesso una maggior partecipazione popolare alla gestione politica ed amministrativa dello Stato. Veniva affrontato il problema dell’assetto futuro dell’Italia democratica, in cui si delineavano problemi nuovi riguardanti strati sociali fino allora trascurati come le donne, relegate dal fascismo al ruolo di madri di futuri soldati o a quello di oggetto di piacere. Si posero quindi le basi per creare gruppi di difesa della donna che

74 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.52; 75 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., pp.104-105; 76 Cfr. Mauri Paola, La Resistenza e la lotta di Liberazione a Cantù, Ed. Comune di Cantù 1975, p.13; 77 Cfr. Mauri Paola, op. cit., allegato n.10; 84 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______affiancassero altri gruppi in via di formazione: il Fronte della Gioventù, le SAP, l’opera del C.L.N.. Un bollettino provinciale indicò lo scopo, le caratteristiche e i compiti dei G.D.D., (Gruppi di Difesa della Donna)78. Il notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 15 agosto 1944 informava:

“Il 31 luglio u.s., in Cantù, venivano rinvenuti manifesti sovversivi incitanti le donne a farsi promotrici di raccolte pro-banditi e a entrare nelle file stesse dei fuori legge perché tutti, anche le donne, devono dare il loro valido e decisivo contributo”79.

Il C.L.N. con queste indicazioni, espressione di una posizione politica assai avanzata, indicava alle donne la via per inserirsi attivamente nella lotta antifascista. I gruppi di difesa della donna furono quasi del tutto assenti in Alta Brianza e Vallassina, a Cantù Maria Veronica Zamboni, già attiva nell’assistenza agli sbandati, riuscì a costituire un gruppo di difesa della donna80. I compiti affidati ai G.D.D. riguardavano l’assistenza alle formazioni partigiane. Il 28 giugno 1944, si costituì ad Erba il più importante C.L.N. dell’Alta Brianza81. A poca distanza da Erba sorsero C.L.N. ad Albavila, Eupilio, Canzo, Asso e, nell’imminenza della Liberazione, in quasi tutti i paesi, per

78 Cfr. Mauri Paola, op. cit., allegato n.11; 79 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.57; 80 Il gruppo fondato da Maria Veronica Zamboni era formato da sei donne: Ratti Angela, Sgariboldi Luigia, Bramani Silvia, Ronchetti Marcellina, Orsenigo Orsola, Primi Rosa. Cfr. Mauri Paola, op. cit., pp.36-37; 81 C.L.N. di Erba: Presidente, Conte Scipione Barbiano di Belgioioso, nome di battaglia: Folchino Cesi, notaio ad Erba, con il compito di tenere i contatti con il C.L.N. provinciale; Mario Pirovano, nome di battaglia: Mario Piazza, ragioniere, incaricato del collegamento col comitato militare di Como e con le formazioni della montagna; Dott. Umberto Cenerelli, nome di battaglia: Umberto, medico del Comune di Erba, teneva i contatti con le formazioni locali partigiane; Conte Ing. Paolo Caccia Dominioni di Sillavergo, nome di battaglia: Silva, maggiore del Genio Alpini e membro dello Stato Maggiore del Comando Regionale Lombardo del Corpo Volontari della Libertà, teneva i collegamenti con le formazioni garibaldine. Cfr. ISCPAPC, Carteggio Brianza, Atto costitutivo del C.L.N. di Erba, 28 giugno 1944, foglio s.n.; 85 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______preparare le giunte comunali insurrezionali e garantire un passaggio ordinato. Accanto alle SAP e ai C.L.N. si ingrossarono anche le fila delle formazioni partigiane. Dopo la tragica fine di Giancarlo Puecher, il suo gruppo, disperso ma non annientato, continuò a lavorare, sempre con l’aiuto del parroco di Ponte Lambro Don Giovanni Strada. Nel mese di giugno 1944, fu costituita ad Erba nella casa dell’antifascista Enrico Rivolta, una formazione autonoma che prese il nome di “Battaglione Puecher”82. Inizialmente furono costituiti tre plotoni83. Si unì a loro il gruppo di Merone, comandato da Mario Galbiati, antifascista fuggito dal carcere di San Donnino di Como84. Le azioni si svolgevano in una zona compresa tra i paesi di Asso, Canzo, Suello, Albese ed Alzate Brianza. Gli uomini erano pochi, circa quaranta, organizzati in evidente modo militare (come si deduce dai termini di impronta militare da loro usati), ed addestrati alla guerriglia ed alla clandestinità, in quanto ad ogni componente era permessa la conoscenza degli altri solo fino ad un massimo di tre persone. Nell’atto di costituzione del C.L.N. di Erba85, fu deciso di affidare a Majnoni ed al suo gruppo il comando militare partigiano della zona. Il “Battaglione Puecher”, si inserì quindi nel corpo volontari per la libertà86. Il programma immediato fu fissato nella raccolta di armi e munizioni e nella diffusione della stampa clandestina.

82 “Battaglione Puecher”: Comandante capitano di artiglieria: Giuseppe Majnoni d’Intimiano, nome di battaglia “Giovanni Mauri”; vice-comandante: suo cugino Giampiero Majnoni d’Intimiano, nome di battaglia “Gatti”, ex ufficiale di marina e mutilato di guerra; commissario era uno dei partigiani processati con Gianfranco Puecher e cioè: Vittorio Testori, nome di battaglia “Vittorio”. Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.108; 83 1° plotone: comandante: Beppe Bosis; commissario: Mauro Gilardi; 2° plotone: comandante: Luciano Zappa; commissario: Piero Corti; 3° plotone: comandante: Enrico Rivolta; commissario: Carlo Frigerio; 84 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.108; 85 Cfr. ISCPAPC, Carteggio Brianza, op. cit., vedi nota 81; 86 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.110; 86 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

Nell’agosto del 1944, fra Annone ed Oggiono da un Nucleo di circa settanta uomini, per iniziativa di Giancarlo Bonfanti87, fu costituita la “Brigata” di “Giustizia e Libertà”, “Paolo Poet”, comandata dallo stesso Bonfanti con il nome di battaglia “Nauta”. La zona operativa era il territorio attorno ai laghi di Pusiano e di Annone88. Ad Asso fu costituita un’altra “Brigata” di “Giustizia e Libertà” da Gioacchino Oleotti, tipografo, legato al Partito d’Azione. Nella sua tipografia, la “Vallassinese”, veniva stampato il giornale clandestino “La Disfida”. Nel gennaio 1945, Oleotti riuscì a convincere il gruppo di artiglieria SS di Asso ad appoggiare di nascosto la resistenza89. Nell’autunno 1944, fu costituita da Umberto Rivolta, nome di battaglia “Sandri”, di Vaprio d’Adda, la “Brigata” divenuta poi divisione “Giancarlo Puecher”90, inserita, all’inizio del 1945, nel “Raggruppamento Divisioni Patrioti”, “Alfredo Di Dio”, di matrice cattolica e di cui era comandante Eugenio Cefis, nome di battaglia “Alberto” e vice-comandante Giovanni Marcora, nome di battaglia Albertino. Alla divisione Puecher fu affidata l’ottava zona operazioni, dove si trovavano i seguenti paesi: Lambrugo, Lurago, Nibionno, Bulciago, Renate, Veduggio, Barzanò, Barzago, Sirtori, Rovagnate, Viganò, Monticello e tutta la vallata fino a Seregno91.

87 GIANCARLO BONFANTI, possedeva, nella sua abitazione di Oggiono, una radio che trasmetteva con il nome di “Radio Brianza Libera”; Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.108; 88 Cfr. Ibidem; 89 Cfr. ISCPAPC, scheda AMG, s.d., s.n.; 90 Divisione “Giancarlo Puecher”: comandante: Pietro Sasinini, nome di battaglia “Sas”; vice-comandante: Conte Gianfranco della Porta di Barzanò, nome di battaglia “Villanova”; commissario politico: Umberto Rivolta, nome di battaglia “Sandri”; Contava tre Brigate: 1ª Brigata: “Guerrino Besana”; 2ª Brigata: “Carletto Besana”; 3ª Brigata: “Livio Colzani”; questi erano i nomi di tre eroici caduti. Cfr. Bianchi Gianfranco, Giancarlo Puecher, Ed. Mondadori, Milano 1965, p.53; 91 Cfr. Bianchi Gianfranco, op. cit., p.52. 87 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

3.6 - LA RESISTENZA delle DONNE.

Il biennio 1943-1945, con i suoi tragici eventi, coinvolse molte donne di tutte la classi sociali che, attraverso una maturazione personale e collettiva, rappresentarono un supporto insostituibile alla lotta di liberazione, purtroppo rimasto minoritario rispetto a quello maschile, nella storiografia della Resistenza. Si è già detto di come il C.L.N. provinciale, nell’estate ’44, con l’invito a costituire i G.D.D. (Gruppi di Difesa della Donna), ponesse le premesse per una riflessione sui diritti delle donne, falsamente esaltate dal fascismo nel ruolo di madre e amante del guerriero. In realtà erano discriminate nel lavoro (salario inferiore a quello dell’uomo ed esclusione da certe professioni), ed escluse dalla vita politica. Nella storiografia della Resistenza c’è stato poco spazio per l’opera delle donne, soprattutto se questa si era allontanata dalla specificità delle operazioni maschili; infatti l’opera delle donne fu in gran parte costituita da azioni non armate, spesso autonome da partiti o organizzazioni, non costanti nel tempo, non collegate fra loro. Resistente è considerato il combattente o il militante di partito, una visione che ha messo in secondo piano l’opera dei civili, sostenitori del movimento partigiano, ma disconosciuta non essendo orientata a fini militari o politici92. La guerra non si combatte solo con le armi e la politica, non è solo quella organizzata. A questo proposito, alcuni storici hanno introdotto la categoria di “Resistenza civile”93, che permette di comprendere e descrivere la lotta di

92 Cfr. Cairoli Roberta, Nessuno mi ha fermata. Antifascismo e Resistenza nell’esperienza delle donne del Comasco 1922-1945, Ed. Nodo Libri 2005, p.69; 93 Per la definizione della categoria di “Resistenza civile”, Cfr. Semelin Jacques, Senz’armi di fronte a Hitler. La Resistenza civile in Europa 1939-1943, Ed. Sonda, Torino 1993 (Ed. orig. 1989) e anche Cfr. Todorov Tzvetan, Una tragedia vissuta. Scene di guerra civile, Ed. Garzanti, Milano 1995; per l’applicazione di questa categoria alle azioni femminili, Cfr. Bravo Anna - Bruzzone Anna Maria, In guerra senza armi, Laterza, Roma-Bari 1995; 88 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______tante donne contro il potere degli occupanti e in difesa della vita. Ciò che spinse queste donne ad esporsi ed a collaborare con la Resistenza, fu l’orrore per una guerra che aveva travolto la vita privata e la quotidianità, recando miseria, morte ed oppressione straniera. Per molte la guerra fu un trauma esistenziale che portò ad una maturazione interiore e ad una istintiva presa di coscienza antifascista. Il rifiuto della guerra significava un materno rispetto della vita, valore specifico dell’animo femminile. Dopo l’8 settembre si ebbe una chiara testimonianza del “Maternage di massa”, forma specificatamente femminile di “Resistenza civile”94: “Il fenomeno”, scrive Anna Bravo, “riguarda tutta l’Italia occupata e suggerisce non tanto una pietà indifferenziata, quanto la disponibilità femminile nei confronti di un destinatario ben determinato, il giovane maschio vulnerabile e dipendente che si rivolge in quanto tale alla donna come ad una figura forte e protettiva, vale a dire a una madre”95. Determinante per alcune donne è stata l’influenza di un ambiente familiare e sociale antifascista, la famiglia, la fabbrica, gli amici. Nacque così l’impegno nei C.L.N. locali, il lavoro come staffette, la militanza nei G.A.P.-SAP e nei G.D.D.. Anche in Brianza e Vallassina ci furono donne che forse per la prima volta si assunsero compiti e responsabilità diverse da quelle abituali. Una Resistenza che si nascondeva sotto l’aspetto della vita quotidiana e che aveva la sua sede nelle case che divennero basi partigiane e luoghi di sostegno e di rifugio. Ciò significò per le donne e le loro famiglie compiere scelte precise, accettare i rischi e subire, in alcuni casi, tragiche conseguenze96. Ada Tommasi De Micheli fu una delle tre donne Italiane medaglia d’oro della Comunità Ebraica. Durante la guerra Ada Tommasi soggiornava a Sormano,

94 Cfr. Bravo Anna – Bruzzone Anna Maria, op. cit., p.17; 95 Ibidem; 96 Cfr. Cairoli Roberta, op. cit., p.71; 89 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______dove in collaborazione con il parroco Don Carlo Banfi prestava soccorso agli ebrei. Continuò la sua opera anche dopo l’arresto in Svizzera di Don Carlo; gli ebrei venivano da lei portati nello scantinato della parrocchia e poi accompagnati in Svizzera. Ne salvò una trentina finché fu arrestata con il marito, il critico d’arte Mario De Micheli, per mandato del Questore di Como, Pozzoli, e del capo della polizia, Saletta. Interrogati per un’intera giornata dalle SS, furono infine rilasciati97. Nel 1982, Ada Tommasi e Mario De Micheli ricevettero il riconoscimento di “Giusti tra le nazioni” dallo Yad Vashem (Israele)98. Olga Maggi Ponti in Porro Schiaffinati, nata a Milano il 2 agosto 1893 e morta a Milano il 29 dicembre 1977 dopo l’8 settembre, guidò con coraggio e determinazione l’antifascismo a Canzo. Fu segnalata la sua opera dai rapporti delle spie del Commissario Prefettizio di Canzo e dell’ufficio politico della G.N.R.. Il 22 novembre 1943, il Commissario Prefettizio di Canzo, Mario Noseda, inviò all’Avvocato Paolo Porta, Commissario Federale di Como, una relazione sulle attività delle bande partigiane e sovversive della zona di

Canzo. A proposito della Contessa Porro scrisse:

“[…] Sull’attività dei rifornitori e degli informatori esistenti nella zona da me controllata le informazioni raccolte concordano nel citare i nomi della Contessa Porro, dell’esercente Angelo Sormani e del figlio del prestinaio Castagna. […]”,

97 Cfr. Archivio Storico del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, Milano, cart.9, b. 9/2, Riconoscimento a benemeriti nell’opera di soccorso, s.d., foglio s.n.; 98 Yad Vashem, l’ente nazionale per la memoria della Shoah, è stato istituito nel 1953 con un atto del Parlamento israeliano. Ha il compito di documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante il periodo della Shoah, preservando la memoria di ognuna delle sei milioni di vittime - per mezzo dei suoi archivi, della biblioteca, della Scuola e dei musei. Ha inoltre il compito di ricordare i Giusti tra le Nazioni, che rischiarono le loro vite per aiutare gli ebrei durante la Shoah. Cfr. AA.VV., Nuova Storia Universale- Dizionario di Storia, Vol. 4, Ed. Garzanti, Torino 2004; 90 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______si nota, leggendo avanti la relazione, la preoccupazione del Noseda di alleggerire le responsabilità della Contessa, essendo a Canzo una persona influente e stimata:

“[…] Sulla contessa Porro molto si è detto, non bisogna dimenticare però che essa è un po’ la tutelatrice dei sinistrati di Milano, e quindi fa pensare che, mentre in un primo momento si è fatta anche tutelatrice di tutti i soldati sbandati, poi, per senso umanitario, non ha potuto rifiutare l’assistenza anche in seguito quando questi soldati divennero partigiani. E’ bene comunque vedere il comportamento della Contessa Porro dopo le operazioni di polizia, prima di procedere all’arresto, che sarebbe dannoso, ed influirebbe molto sulla nostra politica di penetrazione, data la notorietà e l’ascendente di detta signora sulla popolazione” 99.

La Contessa Porro era cugina dell’ammiraglio Antonio Legnani, Capo di Stato Maggiore e Sottosegretario alla Marina della R.S.I. e ospitò a Canzo,nella sua villa, la moglie e il figlio dell’ammiraglio, morto per un incidente il 20 ottobre 1943. La situazione era seguita dal Commissario Prefettizio Noseda che in una relazione del 29 novembre 1943, al Federale Paolo Porta, riferì: “[…] A Canzo è giunta la vedova dell’ammiraglio Legnani, ed è ospitata dalla famiglia Porro”100. In seguito ad un rapporto fatto dal reggente il Fascio di Canzo e Presidente del Comitato Sinistrati di Canzo, lo squadrista mutilato, signor Porroni, al Comando Militare Tedesco del 22 ottobre 1943101, la Contessa Porro venne arrestata dai tedeschi e portata a Como; fu rilasciata e il Porroni dovette lasciare Canzo per motivi di sicurezza personale, sostituito poi da

99 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento,Carte riservate Scassellati cart.4, relazione riservata, 22.11.1943, foglio s.n.; 100 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, relazione riservata, 29.11.1943, foglio s.n.; 101 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, relazione riservata, 22.10.1943, foglio s.n.; 91 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

Mario Noseda. Dopo la liberazione, al processo contro il Noseda, la sua prudente condotta, come già è stato detto, lo salverà dalla pena di morte; fu così condannato a trent’anni di reclusione grazie all’intervento della Contessa Porro che testimoniò a suo favore affermando che pur nascondendo nove ebrei nella sua villa, non fu ostacolata dal Noseda. Nei Giorni che seguirono la Liberazione i partigiani del “Battaglione Puecher”, gruppo Eupilio, inviarono una lettera alla Contessa segnalando l’inerzia dei carabinieri di Asso che non arrestavano degli imputati. Allegarono anche una delazione che la riguardava, trovata in una sede fascista102. Dal documento emerge il ruolo della Contessa nella Resistenza a livello non solo locale, ma anche comasco e milanese. I partigiani si rivolgevano a lei come ad un’autorità riconosciuta. In conclusione e alla luce di quanto è stato detto sulla Resistenza civile al femminile, si può vedere che anche nell’antifascismo di Olga Maggi in Porro Schiaffinati agivano la solidarietà alla scelta del figlio Galeazzo103 che piuttosto di piegarsi ai tedeschi, preferì partire per il lager, l’assistenza ai perseguitati, l’amore di Patria e la fedeltà allo Stato legittimo Monarchico. Nella partecipazione popolare alla lotta per la liberazione, in molte donne l’antifascismo significò condividere i rischi e i sacrifici di figli, mariti, fratelli e fidanzati. Anna Giovenzana e Luigina Oltolini, madri di due renitenti, divenuti poi garibaldini che si erano rifugiati sul monte Cornizzolo, salivano per ripidi sentieri cariche di cibo e vestiario per quei primi ribelli104. Luigia Viganò, nata il 18 luglio 1909 e morta il 4 aprile 1993, di Lurago d’Erba, di professione magliaia, sorella di due partigiani, si impegnò con la famiglia

102 Cfr. Archivio Privato della famiglia Sagramoso Canzo, 14 maggio 1945, s.n.; Vedi Appendice: Doc. (21); 103 PORRO SCHIAFFINATI GALEAZZO, l’8 settembre si trovava al corso allievi ufficiali della marina, nell’isola di Brioni. Tentò la fuga sulla “Nave Vulcano”, ma la nave fu fermato da un sottomarino tedesco. Tutti gli allievi furono catturati. Galeazzo Porro piuttosto che piegarsi ed aderire alla Repubblica di Salò, preferì partire per il lager. Testimonianza orale dell’architetto Enrico Freyrie, Milano, membro del C.L.N. di Eupilio; 104 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, p.168; 92 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______ad aiutare i prigionieri alleati a fuggire in Svizzera. Nel maggio 1944 andò in val Sesia e in val d’Ossola, tenendo anche il collegamento con il comando generale delle “divisioni Garibaldi” a Milano ed a Torino. Luigia fu decorata con la medaglia d’argento dal comando alleato. La sorella Elena fu staffetta della “Brigata Puecher” e della 104ª “Brigata Garibaldi” (Brianza)105. Sidonia Cattaneo, di Cesana Brianza, nata il 23 settembre 1918 e morta i 6 settembre 1990, di professione maestra, partigiana combattente nella “Brigata Paolo Poet” di “Giustizia e Libertà” del distaccamento di Cesana Brianza, che aveva come comandante Giancarlo Bonfanti col nome di battaglia: “Nauta”. Sidonia Cattaneo, svolse anche il ruolo di ufficiale di collegamento con il comando regionale. Un attestato della Presidenza del Consiglio dei Ministri le riconobbe la funzione di comandante di distaccamento con la qualifica di Partigiano Combattente nel periodo 30 settembre 1943, 25 aprile 1945. Lavorò come insegnante a Naggio, paese sulle montagne dell’alto lago, vicino a , paese di confine con la Svizzera e rifugio di bande partigiane. Tornava da scuola in bicicletta il mercoledì e il sabato e il giovedì’ andava di nascosto a Milano con il comandante “Nauta” o da sola e la sera stessa tornava con i messaggi.

Ebbe a dichiarare:

“Mi sono messa completamente agli ordini del Comandante Nauta. Dopo la sua fuga e il suo soggiorno clandestino a Cesello Brianza106, perché ricercato a morte, feci continuamente da staffetta per mantenere le comunicazioni fra il Comandante e Milano. La mia opera l’ho svolta con coscienza e volontariamente”107.

105 Cfr. Archivio Privato della famiglia Viganò di Lurago d’Erba, s.d., foglio s.n.; 106 Cesello Brianza, comprendeva gli attuali Comuni di Cesana Brianza e di Suello che sono divenuti Comuni indipendenti nel 1955; 107 Cfr. Archivio Storico A.N.P.I. di Lecco, schede AMG, s.d., foglio s.n.; 93 Capitolo 3 - La seconda resistenza in Alta Brianza. Aspetti particolari. ______

Vittoria Rossi Anziché, sfollata da Milano (presso la casa San Giuseppe di Alzate Brianza) e Maria Letizia Meda, (sfollata da Milano ad Anzano del Parco), fondarono il C.L.N. di Anzano ed organizzarono un gruppo partigiano con una ventina di militari. L’organizzazione Rossi-Meda, con questo nome era conosciuto il gruppo, aderì alla “Brigata Ticino di Milano”, di ispirazione cattolica, e collaborò con il “Battaglione Patrizi della 2ª Brigata Matteotti” di Albavilla. La zona di operazioni comprendeva: Anzano, Alzate, Orsenigo, ed Albavilla. Il gruppo Rossi-Meda agiva in clandestinità, preparando l’insurrezione assieme al reparto aereonautico di Anzano del Parco. I giorni dal 26 al 28 aprile 1945, partecipò al blocco delle formazioni nazifasciste di passaggio sulla statale. Il 26 ebbe un combattimento con una colonna tedesca proveniente da Como108. Molte altre furono le donne che si adoperarono in Alta Brianza e Vallassina per la Resistenza, ma di esse si è persa ogni traccia non essendo la loro opera riportata negli archivi storici o privati, venendo così dimenticata o rivivendo solamente nelle testimonianze orali di parenti e compaesani. Al di là delle singole esperienze, sta di fatto che, nel biennio 1943-1945, accanto a tutte le qualità nuove che le donne scoprirono di avere e alle capacità che svilupparono (decisioni in campi fino ad allora sconosciuti, coraggio fisico, resistenza psichica, ampliarsi del sentimento di solidarietà), emersero il protagonismo femminile, la determinazione di essere presente e contare nei luoghi dove la Storia si fa.

108 Cfr. Archivio Privato della famiglia di Nino Pontiggia di Albavilla, Relazione sull’attività svolta dalla formazione partigiana di Albavilla, Battaglione Patrizi delle 2ª Brigata Matteotti, s.d., foglio s.n.; Cfr. ISCPAPC, schede CVL e AMG di Vittoria Rossi Anziché, s.d., fogli s.n.. 94 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

CAP. 4 - LA REAZIONE NAZIFASCISTA.

4.1 - LE BRIGATE NERE E LE S.S. ITALIANE.

Nel 1944, come si è visto, i gruppi partigiani si riorganizzarono e ripresero vigore. Sempre più giovani renitenti alla leva, stranieri e civili ingrossavano le loro fila diventando formazioni di combattimento ben strutturate e con obiettivi precisi, guidati da capi militarmente preparati. Si crearono così non pochi problemi ai nazifascisti con azioni di sabotaggio, di guerriglia ed attentati per uccidere i militanti del partito fascista1 e gli occupanti tedeschi, sottraendo con furti e rapine, generi alimentari e armi. A tutto questo si aggiunse, il 4 giugno del 1944, la Liberazione di Roma ad opera degli Alleati. Il Partito sembrava sull’orlo di una crisi e la G.N.R.2 appariva sempre meno compatta ed unita. Il segretario del P.F.R., Alessadro Pavolini ordinò, con una circolare segreta inviata ai Commissari Federali lo stesso 4 giugno di: “[…] evitare sui giornali ogni minimizzazione”, ma di fare anzi “della caduta di

1 Ricordiamo ad Erba le uccisioni degli squadristi: Angelo Pozzoli, Ugo Pontiggia e Germano Frigerio, ma anche di altri numerosi attentati a Cantù e nelle zone limitrofe.; Vedi Cap. 1, Par. 1.4, alla p.30 e Vedi Cap. 2, Par. 2.2, alle pp.48-49 e p.51 di questo testo; 2 Dopo la costituzione della Repubblica di Salò, i vertici del rinato Partito Fascista sentirono il bisogno di riorganizzare anche le forze di controllo interne alla nuova Repubblica. Il 20 novembre 1943 veniva così costituita la Polizia repubblicana (P.r.), alle dipendenze del ministro dell’interno Graziani, (che si rivolgeva così ai suoi militi del nuovo esercito Repubblicano: “Per quanto l’ora possa sembrare grave e oscura, pure in verità vi dico che la nostra riscossa è vicina e più vicina sarà se ognuno compirà il proprio dovere verso la patria. Oggi non è più l’ora degli indugi: o si vince o si muore […]), e la Guardia Nazionale Repubblicana che ingloberà la Milizia, i Carabinieri e la Polizia Africa Italiana sotto il comando di Renato Ricci. I compiti erano: il mantenimento dell’ordine pubblico, far rispettare leggi e coprifuochi, la sorveglianza presso le frontiere, il controllo delle zone montuose e dei partigiani, ostacolare il contrabbando, ubbidire anche all’alleato tedesco. A Como si formò la XVIª legione della G.N.R., che assorbì il 16° battaglione Camicie Nere ed elementi dei carabinieri. Al comando fu promosso il Col. Vanini che lasciò poi l’incarico di comandante al Col. Marabini. Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, p.120; Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Manifesto di Graziani ai comandanti militari provinciali, del 29.07.1944, foglio s.n.; 95 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

Roma il motivo drammatico dello spirito di riscossa e di rivincita […]”3 e invitò i Federali alla massima sorveglianza per evitare il determinarsi di un crollo interno al Partito e “ […] per parte di tutti i vili, i consueti passi per tagliare la corda, per mettere l’altro piede nell’altra staffa, per ritornare agli abbracci universali di settembrina memoria”4. Pavolini inoltre, scontrandosi con le ritrosie di Graziani, avanzò la richiesta a Mussolini di formare un corpo di difesa aggiuntivo alla frammentaria G.N.R.. Il 26 giugno il Duce firmò un decreto per la costituzione del “Corpo ausiliario delle squadre d’azione delle Camicie Nere”, affidando il loro comando generale al segretario del Partito, che a sua volta affiderà il comando delle Brigate nelle varie provincie della Repubblica a fedelissimi Commissari Federali che prenderanno il nome di Comandante di Brigata (tutti comunque di comprovata ed antica fede fascista)5. Pavolini, volle quindi creare o meglio tentare di riprodurre sul modello partigiano un movimento antipartigiano con le stesse caratteristiche6. La loro nuova divisa di riconoscimento per la popolazione, sarebbe stata composta da un giubbetto a vita di panno, ovviamente nero, con sotto un maglione dello stesso colore, il berretto da sciatore e pantaloni alla zuava. Le federazioni fasciste assunsero il nome di “Brigate Nere del Corpo Ausiliario”, dandosi il nome di un caduto gloriosamente morto in servizio per la causa fascista della loro zona7. Per tutta la Provincia di Como, il Commissario Prefettizio Paolo Porta diede vita alla Brigata Nera “Cesare Rodini”, formata da una compagnia comando8 e da due battaglioni9, in onore

3 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, circolare segreta di Alessandro Pavolini, del 04.06.1944, foglio s.n.; 4 Cfr. Ibidem; 5 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, p.113; 6 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.130; 7 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.113; 8 La compagnia comando, era formata dal federale Paolo Porta; dal vice-federale Alberto Airoldi; dal Capitano Elvezio Giorgetti, avvocato e legale della Brigata; da Alfredo De Gasperi, responsabile del settore stampa e propaganda; dal Capo di Stato Maggiore il Te. Col. Giovanni Marinoni ed altri fedelissimi di Porta. Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.132; 96 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______del centurione della G.N.R. Confinaria Cesere Rodini10, ucciso il 3 febbraio 1944 (in un rastrellamento), e ricordato con grandi elogi sul quotidiano “La

Provincia di Como” il giorno dei suoi funerali il 9 febbraio 1944:

“[…] Cesare Rodini, mutilato di guerra, volontario, decorato tre volte al valore militare, già vice-federale, membro del Triunvirato della Federazione comasca dei Fasci Repubblicani, […], è caduto in val Pellice (Torino) in un’operazione contro i ribelli, venduti al nemico”11.

L’arruolamento dei membri del nuovo corpo fu su base volontaria tra gli iscritti al P.F.R. e si poterono arruolare i fascisti di età compresa fra i 18 ed i 60 anni12. La Brigata nera “Cesare Rodini” contava ben 787 squadristi volontari il 15 gennaio 194513 che venivano poi suddivisi in numero diverso, nei vari presidi territoriali, a seconda dell’importanza strategica della zona e della densità abitativa del paese in cui erano insediate. Le Brigate Nere di Erba, comandate da Alberto Airoldi, principale figura amministrativa locale, erano ben 14814, non pochi in una zona particolarmente colpita dagli attacchi dei G.A.P.. Con l’ascesa di queste forze così vicine ai nazisti e al fascismo più ideologizzato ed intollerante, si registrò la decadenza definitiva dalla G.N.R., i cui membri non furono mai “veri” fascisti come quelli delle Brigate Nere,

9 Il 1° battaglione operativo, era comandato dal Maggiore Mario Noseda e comprendeva ben tre compagnie; il 2° battaglione era comandato dal Maggiore Plinio Butti, operò con particolare crudeltà contro i partigiani della 52ª “Brigata Garibaldi”. Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.133; 10 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.132; 11 Cfr. “La Provincia di Como”, 9 febbraio 1944, foglio s.n.; 12 Cfr. l’art. 3 del decreto legislativo n°. 446, del 30 giugno 1944, istitutivo delle BB. NN., in Lazzero Ricciotti, Le Brigate Nere, Ed. Rizzoli, Milano 1983, p.26; 13 Cfr. ISCPAPC, Fondo Prefettura, scat.5, Relazione quindicinale al Comando corpo ausiliario squadre d’azione CC. NN., del comandante dell’XIª Brigata Nera “Cesare Rodini” di Paolo Porta, Pd.C. 704, del 15.01 1945; 14 Cfr. ISCPAPC, Fondo Prefettura, scat.5, Organici della Brigata Nera “Cesare Rodini”, manoscritto, s.n., foglio s.d.; 97 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______essendo per la maggior parte ancora fedeli alla Monarchia come i carabinieri o reclutati a forza o con la promessa di cospicui guadagni:

“Tutti i volontari […] che si presenteranno ai comandi militari Provinciali od ai Comandi Militari riceveranno un premio di arruolamento di Lire 3.000 pagabile in tre rate mensili delle quali la metà andrà alla famiglia dell’arruolato; riceveranno inoltre, all’atto del congedo, un premio adeguato. […] Ma la patria conta soprattutto sull’amore e sulla devozione dei suoi figli […]”.

I Notiziari della G.N.R., prodotti dal Comando Provinciale Comasco, riflettono puntualmente lo stato di questa istituzione militare:

“13 giugno 1944. Dal Comando provinciale di Como, con fonogramma del 12 corrente, viene segnalato che, per timore di essere internati in Germania, alcuni militi lasciano arbitrariamente i distaccamenti, asportando armi e materiali. 10 novembre 1944. Il morale degli ufficiali e della truppa non è molto elevato e ne è anche causa l’indifferenza che le popolazioni tengono nei riguardi dell’esercito repubblicano […]. In questi giorni sono stati affissi bandi d’arruolamento per dieci nuove unità repubblicane. Solo due o tre hanno aderito […]. 13 dicembre 1944. Continue sono le diserzioni nei reparti dell’esercito repubblicano dislocati nella provincia. […]. Ancora nulli gli arruolamenti”15.

E ancora si legge, da una relazione sui fatti che erano accaduti durante il

servizio notturno del Commissario avv. Mario Collini del 5 novembre 1944:

“Il Comando Provinciale G.N.R. ha comunicato a mezzo fonogramma, alle ore 20.30, che i Legionari dell’Ottava Compagnia del Centro Addestramento che

15 Cfr. Perretta Giusto, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana della Provincia di Como 1943-1945, Ed. Istituto Comasco per la storia del movimento di Liberazione, Graficop Como 1990, pp.42-89-105; 98 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

dovrebbe partire domattina per la zona operativa, vi si rifiuterebbero e cercherebbero di fuggire. Ho immediatamente dato riservatissime istruzioni ai pattuglioni di ronda perché aumentassero la sorveglianza […]”16.

Nel testo del decreto per la formazione delle Brigate Nere, si diceva inoltre che il corpo sarebbe stato impiegato per la difesa dell’ordine nella R.S.I., “[…] per la lotta militare e politica contro i ribelli”17, ma che non avrebbe avuto compiti di requisizione, arresti o altri compiti di polizia. Queste disposizioni furono ben presto disattese infatti, in un rapporto anonimo al Capo della

Provincia Celio del gennaio 1945, fu segnalato:

“[…] in pratica avviene, (e questo è il caso della XIª Brigata Nera di Como), che le Brigate operino fermi ed arresti di cittadini, per le più svariate ragioni che vanno da quelle della lotta antipartigiana alle infrazioni annonarie, sostituendosi così a poco a poco, agli organi normali di Polizia.[…]”18.

Compirono inoltre numerosissimi furti19, rastrellarono renitenti e disertori anche nelle case private dei parenti ed amici dei fuggitivi, si impadroniranno nei negozi, nei magazzini e nelle fabbriche di molta merce con la scusa di combattere il mercato nero. Molti dei membri che militavano nella Brigata erano piccoli criminali, ex impiegati delle federazioni, uomini di ogni età che coglievano così l’occasione, con la violenza legalizzata e senza scrupoli, per arrotondare il magro reddito personale. Con questo particolare “secondo

16 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Relazione del Commissario Avv. Mario Collini, del 5.11.1944, foglio s.n.; 17 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Relazione anonima, s.d., foglio s.n.; 18 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Rapporto anonimo al Capo della Provincia Celio, gennaio 1945, foglio s.n.; 19 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.113; 99 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______lavoro”20 esasperarono anche cittadini fedeli alla Repubblica che, stanchi delle loro prepotenze e rapine, inviavano lettere di protesta al Capo della

Provincia Renato Celio:

“[…] Quando in una cittadina tranquilla come la nostra, oltre alle requisizioni di ogni genere, alle imposizioni, agli arresti di cittadini onesti e innocenti si arriva al punto di permettere il brigantaggio nelle vie di Como di spogliare i cittadini perfino delle loro biciclette sotto minaccia dei fucili a mitraglia, questo è il colmo! Questo è brigantaggio fascista! Ma è ora di finirla. State bene in guardia perché la popolazione è all’estremo della pazienza!”21.

Per questo loro particolare “profilo”, furono l’arma perfetta che l’avv. Paolo Porta userà fino alla disfatta finale per opprimere rivolte, incutere timore nella popolazione ed annientare gli “odiati” partigiani. Porta era infatti sostenitore della linea dura ed intransigente. Compito principale della “sue” CC. NN. erano i rastrellamenti eseguiti con accanimento e tenacia principalmente nelle zone montagnose, per stanare, catturare ed eliminare i sovversivi; con la “[…] massima energia”22, (si legge in un rapporto del Questore

Lorenzo Pozzoli del 29 giugno 1944),

“[…] si disponevano i servizi di rastrellamento a largo raggio in tutta la zona della Provincia. […] elementi informatori opportunamente dislocati nei vari punti nevralgici del territorio provinciale, già avevano fatto affluire segnalazioni e notizie indicando le zone maggiormente infestate dai renitenti”23.

20 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.133; 21 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.2, lettera manoscritta dell’ Ing. Cesare Moriti, patriota comasco, al Capo della Provincia Celio, del 17.09.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (22); 22 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Relazione del Questore Pozzoli sulla cattura di militi sbandati, del 29.06.1944, foglio N. 03086 Gab.; 23 Cfr. ibidem; 100 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

Ed ancora, da un rapporto del Capitano Mario Noseda del Corpo Ausiliario CC. NN. della Brigata Nera, “Cesare Rodini” di Como, del 31 luglio 1944, al Commissario Federale Paolo Porta, si legge con quanta “ossessione” e meticolosa precisione Porta, utilizzava gli uomini delle CC. NN. per setacciare palmo a palmo le montagne brianzole:

“Secondo gli ordini impartiti personalmente dal comandante della Brigata Nera “Cesare Rodini”, Paolo Porta, nella notte dal 29/7 al 30/7, è stata rastrellata la zona montana di Santa Valeria. Il rastrellamento è stato compiuto da quattro colonne composte di fascisti della Brigata Nera “C. Rodini” e da un numero di agenti della Polizia. La prima colonna, con l’itinerario più gravoso, […] è partita da Como […] col compito di rastrellare la zona di Brunate, Capanna CAO, Baita Noseda, Baita Esperia, Baita Bondella, Capanna S.Pietro, Capanna Mara, Capanna Palanzone, Rifugio Stoppani e raggiungere l’abitato di S.Valeria. Iniziava l’operazione alle ore 22 del giorno 29/7 e lo terminava alle ora 10 del 30/7. La seconda colonna […], è partita da Magreglio col compito di rastrellare la zona di Pinorancio [Pian Rancio], S. Primo, Alpetto di Torno, Rifugio Stoppiani, raggiungendo l’abitato di S. Valeria. L’operazione veniva iniziata alle ore 23 del 29/7 e terminava alle ore 10 del 30/7. […]. La terza colonna […], iniziava il rastrellamento alle ore 2 da Zelbio e raggiungeva il Rifugio Stoppani, passando da Alpe del Tivano, Alpe del Lingeria le ore 6 del 30/7. La quarta colonna […], rastrellava la zona di Asso, Canzo, , Sormano, , S.Valeria. Iniziava l’operazione alle ore 5 e terminava alle ore 10 del giorno 30/7. Sono state perquisite tutte le capanne le baite delle località attraversate e a tutti gli individui che vi alloggiavano, o che venivano trovati sul percorso, sono stati richiesti i documenti di identificazione. […] le colonne, riunitesi in S.Valeria, sono rientrare alle loro sedi alle ore 10”24.

24 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.2, relazione del Capitano Mario Noseda del Corpo Ausiliario delle CC. NN., Brigata “Cesare Rodini” di Como, al Commissario Federale Paolo Porta, del 31.07.1944, foglio s.n.; 101 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

I rastrellamenti venivano effettuati, molto spesso, a colpo sicuro, anche grazie a spie infiltrate e già in uso prima dell’8 settembre ’4325 e con continui ed assillanti appostamenti, “in cascinali siti in località eccentriche in zone boscose. Sui campanili delle chiese, sui tetti, nei solai, nei luoghi più disparati e persino nei cimiteri”26. Tali azioni coprivano senza sosta tutte le ore del giorno e della notte, infatti “a qualunque ora la squadra operativa [era] pronta a partire ed anzi ve ne [segnalavo] il comportamento superiore ad ogni elogio […]”27. Le CC. NN., diventarono ben presto il bersaglio dell’odio popolare sia per i loro metodi, sia perché operavano anche alle dipendenze dei comandi tedeschi, riservandosi però, come sempre, una certa libertà decisionale e d’azione. Nel gennaio 1945, nei pressi di Fiumelatte28 l’XIª Brigata Nera fucilava, con il solito pretesto della tentata fuga dopo l’arresto, i partigiani Domenico Pasut, Virgilio Panzeri, Carlo Bonacina e Giuseppe Maggi. Questi stessi arrestati erano stati richiesti dalla Questura per metterli a disposizione del Comando Germanico SS di Cernobbio, ma il comando della Brigata si era rifiutato di consegnarli affermando di doverli condurre al comando di polizia germanico a Monza29. Non si trattò di un caso isolato, la soppressione di prigionieri rispondeva alla spietata logica strategica del comandante della Brigata, Paolo Porta. Una logica che non ammetteva

25 Cfr. Come esempio: ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, pro-memoria anonimo, del 20.11.1943, foglio s.n.; 26 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Relazione del Questore Pozzoli sulla cattura di militi sbandati, del 29.06.1944, foglio N. 03086 Gab.; 27 Cfr. ibidem; 28 Il Fiumelatte è un immissario del Lago di Lecco che nasce dentro la Grigna, a 1200 metri di profondità. Con una lunghezza di appena 250 metri dalla sorgente alla foce è tra i più brevi fiumi d'Europa e il secondo più corto d'Italia, preceduto in questa graduatoria solo dal fiume Aril immissario del Garda, che risulta il corso d'acqua più corto al mondo coi suoi 175 metri. Fiumelatte è anche un piccolo borgo frazione di Varenna (LC) le cui case sorgono appollaiate ai piedi del monte Fopp, m. 1033, coronato dai ruderi del castello di Vezio. Cfr. AA.VV., Grande Enciclopedia De Agostini, Edizione Istituto Geografico De Agostini s.p.a., Novara 1993, Vol.10; 29 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Rapporto anonimo alla Questura al Capo della Provincia Celio, gennaio 1945, foglio s.n.; 102 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______duttilità di ordine tattico, come quelle operate all’occorrenza dai comandi tedeschi e anche dalla Questura. Si legge in un rapporto della polizia:

“[…] la Brigata nera, ferma ed arresta, nel Comasco, sbandati o disertori e renitenti, in possesso della dichiarazione bilingue rilasciata dal Comando Germanico SS di Cernobbio e dalla Questura di Como, mostrando di non dare valore alcuno ad un documento che promana da due Autorità di Polizia, che hanno avuto i loro motivi per effettuare il rilascio e cioè quello di operare il progressivo sfaldamento delle bande partigiane che ancora infestano il territorio della Provincia di Como”30.

Motivate ed efficaci, le Brigate Nere divennero il braccio destro dei nazifascisti, distinguendosi come le più sanguinarie interpreti della guerra civile nel Comasco e provincia, rispondendo, in questo modo, alle aspettative tratteggiate da Pavolini:

“Le Brigate nere anelano al combattimento contro il nemico esterno ma sanno che in una guerra come l’attuale, guerra di religione, non c’è vera differenza fra il nemico di fuori e il nemico di dentro. Non è lecito chiamare fratricida la lotta contro chi attenta alla vita e all’amore della Patria. Non è fratello chi rinnega la Madre e le spara addosso”31.

In quasi tutti i paesi d’Europa da loro occupati, i tedeschi avevano formato, arruolando la popolazione del luogo, reparti militari, che avevano inserito a vario titolo nel loro esercito; fra questi spiccavano i battaglioni delle SS. Anche in Italia, ormai paese satellite, si percorse questa strada. Come Pavolini (che sentì la necessità di creare le “nuove” Brigate Nere e la P.S. da

30 Cfr. Ibidem; 31 Cfr. Pavolini Alessandro, Scritto commemorativo della fondazione delle Brigate Nere, riprodotto in Lazzero Ricciotti, Le Brigate nere, Ed. Rizzoli, Milano 1983, appendice iconografica; 103 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______affiancare all’instabile G.N.R. della R.S.I.), anche l’occupante germanico sentì la necessità di creare reparti SS italiani da mettere a disposizione degli ufficiali della Wehrmacht e delle SS germaniche di alto livello32 (stanziate sul suolo italiano già dall’11 settembre, insieme a tutte le strutture dell’apparato del potere nazista33), per sorvegliare e gestire in modo più efficace, concreto e capillare l’intero territorio dell’Alta Italia. Il progetto per la creazione di questo nuovo reparto di volontari italiani inquadrati nelle SS era già stato abbozzato, nell’estate del ’43, da Himmler, prima dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati34. Questo progetto subì per necessità una brusca accelerata, anche per il desiderio espresso dallo stesso Mussolini, il 24 settembre 1943 a Rastamburg (giorno della formazione del nuovo governo repubblicano35), di avere sul suolo italiano questi reparti per compiacere il Führer36. I soldati volontari vennero arruolati in primo luogo tra le centinaia di migliaia di soldati italiani che erano internati nei campi di concentramento in Germania, arrestati dopo l’armistizio37; in particolare aderirono ex-camicie nere, ufficiali dell’esercito, reparti alpini che, più che al giuramento al re, tenevano fede, per moto spontaneo, all’alleanza con i nazisti. I volontari furono migliaia ed immediatamente accolti, per volere di Hitler, senza distinzioni, accanto ai tedeschi. Diversamente, gli italiani che non aderirono, preferendo vivere in condizioni disumane, vennero condotti verso i Läger della Polonia. Gli arruolati furono inviati al centro di addestramento di Musingen. Tutti i volontari venivano schedati, selezionati, indottrinati politicamente sugli obiettivi del nazismo, “la loro vita veniva passata al microscopio come si

32 Cfr. Lazzero Ricciotti, Le SS Italiane. Storia dei 20.000 che giurarono fedeltà a Hitler, Ed. Rizzoli, Milano 1982, p.19; 33 Vedi Cap. 1, Par. 1.3, alla p.12 di questo testo; 34 Cfr. Lazzero Ricciotti, op. cit., p.18; Vedi Cap. 1, Par. 1.2, alla p.9 di questo testo; 35 Cfr. Lazzero Ricciotti, op. cit., p.18; 36 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.118; 37 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.134; 104 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______usava per ogni aspirante SS”38, venivano registrati anche i nomi e gli indirizzi dei famigliari, per evitarne la fuga una volta rientrati sul suolo italiano39. Tuttavia le diserzioni si verificarono comunque, dato che molti si erano arruolati per avere una speranza di darsi alla macchia40. Dal novembre 1943 i reparti addestrati vennero inviati in Italia, dopo il giuramento di fedeltà ad Hitler41. Gli vennero fornite le divise dell’ex-esercito italiano ma con le mostrine rosse delle “vere” SS. Himmler e Wolff, stabilirono che questi reparti sarebbero stati utilizzati per compiti di polizia, di ordine pubblico e di lotta antipartigiana. Himmler riuscì a costituire tredici battaglioni e li sistemò nell’Alta Italia al comando di un generale tedesco alle dipendenze dirette di Karl Wollf. Né Mussolini né Graziani avranno mai potere su questi reparti42. Le SS italiane, come le tedesche, fecero dilagare il terrore con stragi ed efferati delitti. A Milano ed a Monza, agli inizi del ’44, vennero istallate le sedi principali di tre dei tredici Battaglioni che costituivano il “Reggimento Milizia Armata” De Maria (I°, II° e III° Battaglione), prima denominazione delle SS italiane, agli ordini diretti del console della vecchia Milizia (grado pari a quello di Colonnello), Paolo De Maria43, mentre a Como (dopo un breve periodo sarà spostato a Lecco, nella caserma “Sirtori”, sull’altra sponda del lago), alla fine di ottobre del 1944 verrà posto l’VIII° Battaglione “Milizia

38 Cfr. Lazzero Ricciotti, op. cit., p.32; 39 Cfr. Ibidem; 40 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.134; e Cfr. i verbali di interrogatorio stesi dopo la cattura di SS italiane all’indomani della Liberazione in ASC, Fondo Corte d’Assise straordinaria, cart. 28 e 29, in copia anche presso ISCPAPC, Fondo SS italiane; 41 Il giuramento creato per la SS italiane, la conosciamo da una comunicazione del Generalleutnant Canevarin inviata per telescrivente a Parigi al Generale Piero Mannelli . “La formula” da pronunciare, dice il documento, era la seguente: “Davanti a Dio presto questo sacro giuramento: che nella lotta per la mia patria italiana contro i suoi nemici sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler, supremo comandante dell’esercito tedesco, e quale soldato valoroso sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento”. Cfr. Lazzero Ricciotti, op. cit., p.48; 42 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.118; 43 Cfr. Lazzero Ricciotti, op. cit., p.35; 105 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

Armata” anticarro, agli ordini del Maggiore Carlo Pace44. Gli uomini dei tre battaglioni e dell’ottavo, vennero poi ulteriormente dislocati in alti centri o in punti strategici minori della Brianza per un controllo ancor più capillare del territorio45. Nel frattempo Himmler aveva cambiato il nome dei Battaglioni da “Milizia Armata” a “Legione Volontari Italiani” ed infine a “59ª Brigata SS italiana”. Contemporaneamente all’insediarsi di questi reparti, Kark Wolff fece intensificare la propaganda di arruolamento. Sul quotidiano “La Provincia di Como”46 apparivano sovente, con grande risalto, inviti ad entrare nelle SS italiane: uomini delle Brigate Nere, finanzieri, carabinieri, uomini appartenenti al “vecchio regio esercito”, piccoli criminali, ma anche civili, rispondevano all’arruolamento, attratti dal guadagno, dal potere che avrebbero acquisito indossando l’uniforme SS ed ubbidendo alla direzione tedesca senza avere nessun contatto con il governo della Repubblica di Salò47. Oltre ai volontari, l’arruolamento verrà anche proposto-imposto, come alternativa alla fucilazione o alla deportazione per il lavoro coatto in Germania, ai renitenti ed anche ai partigiani rastrellati48. Wolff stabilì nel centro-nord ventinove centri di arruolamento49. A Como ne venne aperto uno. Nel marzo 1944, alcuni reparti di artiglieria dell’VIII° Battaglione di Lecco, vennero trasferiti in Piemonte per rastrellamenti partigiani. Nel novembre

44 Cfr. Ibidem; CARLO PACE, trentino, già ufficiale del regio esercito, dopo la guerra, nonostante i gravi delitti commessi, farà l’albergatore a Lavarone (Trento); 45 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.120; 46 Non solo sul quotidiano “La Provincia di Como”, venivano pubblicati inviti all’arruolamento nelle SS italiane, ma anche sui periodici dei vari Battaglioni, come sul periodico “L’Onore”, che veniva stampato dalla tipografia “La Grafica”, per l’VIII° Battaglione di Lecco. Cfr. Lazzero Ricciotti, op. cit., pp.72-73; 47 Cfr. Lazzero Ricciotti, op. cit., p.58; 48 Cfr. ASC, Fondo Sezione Corte di Assise Straordinaria, sezione Corte d’Assise Straordinaria di Como contro Africanista Giovanni, sottufficiale delle SS italiane, in copia anche presso ISCPAPC; 49 I ventinove centri di reclutamento furono posti a: Savona, Cuneo, Torino, Alessandria, Aosta, Novara, Como, Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Mantova, Treviso, Padova, Bologna, Modena, Firenze, Forlì, Ancona, Macerata, Perugia, Viterbo, Grosseto, Siena, Pisa, Apuania, Genova, Parma, Bolzano. Per ciascuno dei ventinove centri vi era assegnato un comandante dell’Ufficio reclutamento, sottufficiali e una truppa. In seguito si aggiunsero altri sei centri minori di reclutamento. Cfr. Lazzero Ricciotti, op. cit., p.59; 106 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

1944, ultimato il ciclo operativo in Piemonte, i reparti vennero fatti rientrare e stanziati stabilmente nei paesini dell’Alta Brianza come: Mariano Comense, Cantù, Vighizzolo, Montorfano, Alzate Brianza, Fabbrica Durini, Lurago d’Erba, Inverigo, Erba, Canzo-Asso, all’Alpe del Viceré, Valmadrera, Bosisio Parini, Oggiono e in altri paesi brianzoli50. Si acquartierarono in ville lussuose e in case private sequestrandole ai proprietari. Da questi quartieri brianzoli, i reggimenti partirono, di volta in volta, per diverse operazioni repressive anti- partigiane di arresto e di fucilazione di renitenti e disertori51. Ad Oggiono, una compagnia di SS italiane, catturò in una notte 33 giovani, la maggior parte partigiani della 104ª “Brigata Garibaldi”. I prigionieri vennero picchiati sul posto con un nerbo di bue, poi furono portati alla Casa del Fascio di Canzo e poi trasferiti nel secondo raggio del carcere di San Vittore a Milano, dove rimasero per quattro mesi prima di essere avviati in Germania52. Oltre alla ferocia nei rastrellamenti, le SS si distinsero per la violenza arbitraria dei loro gesti sempre impuniti e il terrore che diffusero tra i civili. A Giussano, il 10 novembre 1944, un soldato SS in libera uscita, per divertimento, lanciò una bomba a mano nella centrale piazza Roma53. Ed ancora, a , due soldati si presentarono sotto copertura in una casa colonica fingendosi degli sbandati pronti all’espatrio. Furono portati alla sede del Dopolavoro dove il dispensiere, Meroni Giuseppe ed un suo compagno, Battocchio detto “Carnera”, li avrebbero aiutati. Come emerge da resoconti fatti all’Autorità inquirente della zona, da testimoni oculari terrorizzati, presenti sulla scena, uno finse di sentirsi male e:

50 Cfr. Lazzero Ricciotti, op. cit., p.187; 51 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.121; 52 Cfr. Lazzero Ricciotti, Il sacco d’Italia. Razzie e stragi tedesche nella Repubblica di Salò, Ed. Mondadori, Milano 1994, p.318; 53 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.121; 107 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

“[…] in quell’istante, […] estrasse la rivoltella e con gesti e parole intimò ai presenti di alzar le mani e di portarsi al muro. […] all’intimazione [gli interessati] ubbidirono prontamente e si portarono al muro con le mani in alto. Ciò nonostante gli intimanti fecero fuoco immediato colpendo il Battocchio che ebbe ancora la forza di fuggire e venne poi freddato con una bomba a mano. Il Meroni […] si coprì la fronte con la mani esclamando: “No, Ragazzi. Cosa fate?” e anch’egli venne raggiunto a bruciapelo, […] da un proiettile che lo fece stramazzare a terra nell’interno dello spaccio. La moglie […] accorse com’è umano pensare, […], e anch’essa, colpita al cuore, cadde a terra freddata. […] mentre gli agenti […] compivano questa azione contro persone in quel momento inermi, altri tre individui, facevano la spola per le vie del paese, intimando alla popolazione di ritirarsi, puntando le armi verso persone e sparando colpi in aria. […]”54.

Si complicarono quindi le cose per la Resistenza brianzola. Era già difficile muoversi ed agire in un territorio facilmente controllabile; divenne ancora più arduo con questo potenziamento delle forze di repressione nazifasciste. Ma che il fascista vestisse la divisa delle Brigate Nere oppure quella pseudo- militare delle SS o della G.N.R., i metodi di repressione per chi si opponeva al regime erano gli stessi: percosse, tortura, deportazione ed esecuzioni sommarie.

54 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.2, resoconto di testimoni anonimi all’Autorità inquirente ed alla Questura Repubblicana di Como, s.d., foglio N°. 03864 di prot. Gab.; Vedi Appendice: Doc. (23). 108 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

4.2 - FUCILAZIONI e STRAGI in BRIANZA.

Alessandro Pavolini, il segretario del Partito Fascista Repubblicano, lo aveva detto chiaramente al Duce: “E’ ora di finirla con la politica dell’acqua di rose. Occhio per occhio, dente per dente!”. Roberto Farinacci55, ovvero l’estremismo del fascio, lo aveva ribadito: “Quando i plotoni d’esecuzione funzioneranno, la gente vedrà che si fa sul serio e rientrerà nella normalità”56. Il fascismo repubblichino voleva imporsi su tutta la popolazione, con gli stessi metodi dei “nazisti padroni” e delle loro SS, con la repressione violenta. Il Capo del Governo fascista, diede il via libera alle violenze ed alle fucilazioni sommarie, inviando anche ai Capi delle Provincie il seguente telegramma:

55 FARINACCI ROBERTO, nacque ad Isernia il 16 ottobre del 1892, da famiglia d’origine campana. Divenne seguace di Benito Mussolini e con lui fondò nel 1919 i Fasci di Combattimento; l’11 aprile dello stesso anno fondò il Fascio di combattimento di Cremona, cui diede una connotazione intransigente, imperiosa e poco diplomatica, tollerando, se non addirittura incoraggiando, la veemenza squadrista. Lo squadrismo, del resto, ben si addiceva al carattere sanguigno di Farinacci, che interpretava la politica in modo “molto fisico e poco spirituale”. Fu così che la sua figura venne sempre più identificata, (tanto dai Fascisti quanto dagli oppositori), come “l’inurbano fornitore di manganelli e olio di ricino”. I suoi modi in effetti erano sempre molto schietti. Allo scoppio della Guerra d’Etiopia partì volontario nella Milizia e si distinse per incontenibile audacia ed ardimento. Nel 1939 il Re lo nominò Ministro di Stato e Alto Dignitario della Corona. Scoppiata la guerra, Farinacci si fece strenuo sostenitore, presso il Re e presso il Governo, dell’assoluta necessità dell’entrata in guerra dell’Italia al fianco della Germania. Considerato ormai anche dal Duce un fanatico, fu inviato nel 1941 in Albania quale ispettore governativo delle operazioni belliche. Qui criticò violentemente Badoglio, provocandone l’ira e le dimissioni da Capo di Stato Maggiore. Il 25 luglio 1943 criticò l’ordine del giorno Grandi e presentò una sua mozione, votata solo da lui stesso, dal contenuto piuttosto confuso. In essa si chiedeva al Re di attuare una netta “svolta filo-tedesca”, anche con un nuovo Presidente del Consiglio. La stessa sera si rifugiò nell'ambasciata tedesca ed il giorno successivo si trasferì a Monaco. Durante la R.S.I. fu estromesso dalla vita politica. Insediatosi a Milano presso la Marchesa Medici del Vascello, forse l’unica donna di rilievo della sua vita, il 27 aprile 1945 decide di allontanarsi verso la Valtellina. Episodio curioso narrato da testimoni oculari, Farinacci chiese all’autista di sedersi dietro e di far guidare lui, benché privo di una mano; a Beverate, frazione di Brivio, trovatosi innanzi a un posto di blocco partigiano, decise di sfondarlo a tutta velocità, ma l'auto venne fermata da una raffica di mitra: l’autista morì sul colpo, la Marchesa Medici venne ferita mortalmente (morirà dieci giorni dopo in ospedale), Farinacci, si salvò miracolosamente. Il mattino del giorno dopo, 28 aprile 1945, nel salone del Comune, subì un processo sommario dal Tribunale del popolo e venne condannato a morte per fucilazione presso il municipio di Vimercate, nel Milanese, alle ore 9 e 20 in Piazza Unità d’Italia. Cfr. AA.VV., Nuova Storia Universale-Dizionario di Storia, Vol. 2, Ed. Garzanti, Torino 2004; 56 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, p.122; 109 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

“Poiché alcuni leoni vegetariani continuano a parlare di una eccessiva indulgenza del Governo della Repubblica Sociale Italiana, siete pregati di mandare i dati delle esecuzioni avvenute di civili e militari con processo

sommario dal I° ottobre in poi”.

Fece seguito il telegramma di Buffarini Guidi57: “Precisare numero esecuzioni capitali suddivise per civili e militari, e di esse quante con processo e quante sommarie”58, quasi fossero un ambito trofeo da esibire come monito intimidatorio per tutta la popolazione per ribadire la loro potenza, la loro fermezza, il loro pugno di ferro. Esecuzioni e stragi iniziarono in Italia, subito dopo l’8 settembre ad opera dell’occupante tedesco: l’eccidio degli ebrei di Meina sul lago Maggiore59, la

57 BUFFARINI GUIDI, nacque a Pisa il 4 gennaio 1895. Stimato per moderazione e capacità amministrative, dal maggio 1933 al febbraio 1943 fu sottosegretario agli Interni, subentrando al dimissionario Leandro Arpinati. Nel 1938 sarà tra i firmatari del “Manifesto della razza”, in appoggio alla promulgazione delle leggi razziali fasciste. Membro del Gran Consiglio del Fascismo, il 25 luglio del 1943 diede voto contrario all'Ordine del giorno Grandi. Il 26 luglio, fu arrestato e recluso nel carcere di forte Boccea dal quale fu liberato in settembre dalle autorità tedesche. Seguì Benito Mussolini nella fondazione della Repubblica Sociale Italiana, di cui fu Ministro degli Interni. Nella primavera 1944 Buffarini Guidi si oppose, e fu forse determinante nell'impedire un progetto di legge redatto da Giovanni Preziosi, che appena nominato "Ispettore generale per la razza", il 15 maggio 1944 intendeva presentare un progetto di legge che intendeva estendere lo status di ebreo a un numero maggiore di cittadini italiani. Il 12 febbraio del 1945, fu sollevato dall’incarico dallo stesso Mussolini e sostituito da Paolo Zerbino. Il 25 aprile seguì Mussolini fino a Como dove resosi conto della inconsistenza del ridotto esercito alpino repubblicano insistette a lungo per convincere il Duce ad espatriare in Svizzera. Il giorno seguente, mentre tentava di raggiungere la Svizzera, fu catturato dai partigiani. In seguito fu processato e condannato a morte da una Corte d'Assise straordinaria; la sentenza fu eseguita per fucilazione nel campo sportivo "Giuriati", zona Città Studi a Milano il 10 luglio 1945, poco dopo aver sventato un suo tentativo di suicidarsi con il veleno. Cfr. AA.VV., Nuova Storia Universale-Dizionario di Storia, Vol. 1, Ed. Garzanti, Torino 2004; 58 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, informazioni confidenziali, notizie politiche e militari della R.S.I., riportate da uno stralcio del bollettino settimanale N.4- in data 30.07.1944, dal Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia- Corpo Volontari della Libertà, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (24); 59 Meina: tra il 15 settembre e l’11 ottobre 1943, le Province di Novara e del Verbano, Cusio, Ossola (e particolarmente la sponda occidentale del Lago Maggiore), videro perpetrarsi uno dei primi e più efferati eccidi di ebrei avvenuti in territorio italiano. L’uccisione di 56 persone, fu compiuta da soldati del primo battaglione SS del secondo reggimento della divisione corazzata Leibstandarte “Adolf Hitler”, per iniziativa personale, a scopo di rapina o per puro sadismo, dai comandanti delle quattro compagnie provenienti da Verona e di stanza in quei luoghi. Compiuta l’occupazione del territorio italiano, secondo i piani prestabiliti ben prima dell’8 settembre 1943, nemmeno una settimana dopo la firma dell’armistizio, venne effettuata nelle più note località rivierasche del lago, una vera “caccia all’ebreo”, che si concluse con lo sterminio di uomini, donne, vecchi e bambini assolutamente innocenti. Esecuzioni sommarie e selvagge. Cfr. AA.VV., Nuova Storia Universale-Dizionario di Storia, Vol. 3, Ed. Garzanti, Torino 2004; 110 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______distruzione di Boves60 e la fucilazione di dieci militari italiani, il 19 settembre 1943 a Curtatone (Mantova)61; ma fu solo nel 1944 che si scatenò, come già detto, per ordine dei loro capi, la furia fascista. Fornire un elenco dettagliato e completo di tutti i delitti e di tutte le esecuzioni commesse nella Repubblica di Salò sarebbe impossibile, per questo, ci soffermeremo solo sulla ristretta area dell’Alta Brianza e Vallassina dove, anche qui, si diede il via alle esecuzioni sommarie ed agli eccidi. Nel febbraio del 1944, il maresciallo di polizia Angelo Bruschi divenne Commissario Prefettizio dei Comuni di Lambrugo, Inverigo ed Albavilla. Il suo compito era di intensificare la “caccia” agli sbandati ed ai partigiani e non deluse le aspettative, specialmente dopo il discorso tenuto da Pavolini a

60 La città di Boves che, come Alba si trova nel cuneese (Piemonte), fu il teatro del primo atto di rappresaglia contro la popolazione civile inerme: il 19 settembre 1943, all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre, la 1ª Divisione Panzer SS "Leibstandarte SS Adolf Hitler", colpì la città dalle colline circostanti, dando fuoco a oltre 350 abitazioni e lasciando sul terreno decine di vittime. La città si conquistò così, il triste primato di teatro del primo atto di rappresaglia contro la popolazione civile. La lunga e crudele occupazione militare non valse, però, a piegare la Resistenza. La medesima ferocia si ripeté fra il 31 dicembre 1943 e il 3 gennaio 1944, con un secondo eccidio, durante il rastrellamento per debellare gli attivissimi partigiani della zona: il paese fu nuovamente bruciato, e nuovamente si ebbero decine di vittime tra civili e partigiani. Cfr. AA.VV., Nuova Storia Universale-Dizionario di Storia, Vol. 1, Ed. Garzanti, Torino 2004; 61 Dopo l’8 settembre 1943, in seguito all’armistizio, molti soldati italiani deposero le armi e tentarono il ritorno verso le loro case. Tra questi, vi erano due ragazzi di Rogeno: Luigi Binda ed Angelo Alessandro Corti, trasferiti a Palmanova (Udine), il 7 giugno 1943, in seguito alla chiamata alle armi per Binda, ed un trasferimento per il Corti. Mentre tentavano il ritorno, si imbatterono in pattuglie tedesche impegnate a bloccare soldati italiani, in fuga dalle caserme. Furono catturati ed internati nel “Gradaro”, un campo di concentramento vicino a Mantova. Nello stesso campo si trovava anche Bruno Colombo di Lurago d’Erba. 19 settembre 1943, un commando tedesco chiese una decina di volontari per un breve lavoro: scavare una fossa per seppellire una cassa di documenti. Alcuni prigionieri, tra cui Corti e Binda, si offrirono volontari solo per uscire fuori dal campo. I volontari vennero caricati su di un camion insieme a pale, picconi ed una mitragliatrice pesante. Vennero portati in una valletta, vicino alla Corte Aldriga. Giunti a destinazione, fecero scavare la buca ai soldati mentre preparavano la mitragliatrice. Terminato il lavoro, tutto fu chiaro: i soldati tedeschi legarono uno alla volta i soldati italiani ad un pioppo per fucilarli, il successivo era costretto a trascinare il cadavere del compagno nella fossa comune e, ad intervalli di dieci minuti, in un’ora e mezza tutti erano morti. I tedeschi sistemarono alla meglio la tomba e vi sistemarono una croce con la data dell’esecuzione. Il giorno successivo affissero dei manifesti per le strade di Curtatone in cui si dava notizia dell’esecuzione avvenuta “in seguito ad azioni di militari italiani sbandati contro truppe tedesche”. La storia svelò successivamente che non vi era stata nessuna azione da parte di italiani. Si era trattata di una rissa tra militari austriaci e tedeschi ubriachi, dopo un saccheggio in una villa. L’episodio era stato preso a pretesto per massacrare badogliani traditori. L’esumazione poté avvenire solo all’indomani della Liberazione, dopo due anni, il 10 maggio 1945, per ordine del C.L.N.. Le salme di Binda e di Corti, vennero seppellite nei cimiteri di Rogeno e Casletto dove tutt’ora riposano. Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino degli anni difficili. (Luoghi, persone, documenti, ricordi) 1943-1945 Ed. Nodo Libri, Como 2006, pp.55-60-61; 111 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

Como, il 15 aprile ’44, per arringare i fascisti della provincia, contro i nemici della Repubblica62. Nei cascinali tra Cremnago (Inverigo) e Brenna, si nascondevano cinque63 giovanissimi sbandati e renitenti alla leva. Frequentavano la trattoria del paese, le feste paesane e festeggiavano nei cascinali. Con giovanile incoscienza, non prendevano precauzioni. Avevano rivoltelle ma non erano partigiani, vivevano di espedienti. Il 19 aprile 1944, il Commissario Prefettizio di Inverigo Bruschi64 e la compagnia speciale di polizia antipartigiana del capitano Mario Baletti (con sede a Como), tese loro una trappola. Gli sbandati, come sempre, arrivarono alla trattoria per cena, ma, informati di movimenti sospetti, fuggirono nei boschi. Più tardi, pensando che tutto fosse tornato alla normalità ritornarono. La trappola scattò: la trattoria fu circondata da numerosi agenti non lasciando via di scampo ai giovani che poterono solo, tre dei cinque, buttare la pistola. Arrestati, vennero portati nello scantinato del Municipio adibito a celle di tortura dove furono picchiati. Accusati, senza prove, di aver rapinato un industriale fascista del luogo e di aver compiuto altri furti nel milanese, il 20 aprile 1944, come riporta un articolo del “Corriere della Sera”65, vennero condannati a morte senza processo, dal Capo della Provincia Francesco Scassellati (informato telefonicamente della loro cattura)66. Portati al cimitero del paese furono fucilati davanti a tutta la cittadinanza67. Scassellati ricompensò con un lauto

62 Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino, op. cit., p.56; 63 I cinque sbandati di Cremnago si chiamavano: Angelo Molteni (di anni 24), Carlo Cazzaniga (di anni 24), Alfredo Spinelli (di anni 20), Carlo Colombo (di anni 18), Mario Pelisi (di anni 18); 64 Il Maresciallo Bruschi Angelo, per questa strage e per altri delitti, come la fucilazione dei partigiani: Elio Zampiero e Luigi Clerici a , di Tino Gandola a Bellagio, sarà condannato a morte dalla Corte d’Assise di Como. Venne fucilato ad Inverigo il 2 giugno 1945. Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.123; 65 Cfr. “Il Corriere della sera”, 22 aprile 1944, foglio s.n.; 66 Cfr. ISCPAPC, Fondo Puecher, Notiziario della Questura, cart. Prof. A. Vacchi. Il col. Pozzoli, Questore di Como dal novembre 1943, informa con una relazione personale su dei beni sequestrati ad ebrei della zona e sulla fucilazione dei “cinque” di Cremnago, aprile 1944, foglio s.n.; 67 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.123; Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino, op. cit., Ed. Nodo Libri, Como 2006, pp.56-64-65; 112 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______premio Bruschi, Baletti e gli agenti funzionari per l’ottimo lavoro svolto68. Poco tempo dopo, ad Inverigo, due giovani, forse anch’essi renitenti, non si fermarono per strada all’alt di due repubblichini che spararono senza esitazione, uno dei due fuggitivi venne ferito, l’altro, catturato, fucilato davanti al cimitero69. Altri sei ragazzi, il 13 aprile 1945, subirono una sorte simile ai giovani di Cremnago, questi però, non erano renitenti, partigiani o sbandati, ma SS italiane che avevano disertato. A Canzo, dodici giorni prima della Liberazione, le sei SS non rientrarono in caserma dopo la licenza, forse pensavano che ormai tutto fosse finito e che la pace fosse finalmente tornata, ma era troppo presto. Furono arrestati dai carabinieri, riportati alla loro sede di Canzo e condannati a morte come disertori. Un maresciallo del Battaglione ed il parroco del paese, Don Pozzoli, cercarono di salvarli, ma il comando tedesco fu irremovibile. Vennero fucilati davanti al muro del cimitero. Fu un colpo di coda molto feroce che lasciò molta amarezza nel paese, gli alleati ormai erano vicini, mancavano soltanto dodici giorni. Di lì a poco anche i loro camerati-fucilatori avrebbero disertato70. Molte altre esecuzioni, di certo, avvennero in quest’ultimo stralcio di guerra, dove tutto era concesso, forse in cascinali, per le strade o in boschi isolati, ma non sono rimaste testimonianze scritte o racconti di qualche superstite da ascoltare con interesse. A conclusione di questo paragrafo, vorrei annoverare tra le vittime della violenza nazista anche le numerose persone morte a causa delle sevizie, delle torture e dei pestaggi subiti sotto interrogatorio, nelle caserme o nelle carceri. I metodi repressivi erano talmente duri e privi di ogni scrupolo

68 Cfr. ISCPAPC, Fondo Puecher, Notiziario della Questura, cart. Prof. A. Vacchi, vedi nota 66, p.113; 69 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.124; 70 Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino, op. cit., pp.56-66; 113 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______umano che gli stessi fascisti fecero presente a Sua Eccellenza, il Prefetto di Como e al funzionario Saletta “[…] l’opportunità di trattare più umanamente gli arrestati [sottoposti] a regime duro: tanto duro che un detenuto ebbe a perdere un occhio”71. Ma le richieste caddero sempre nel vuoto. Gli stessi funzionari che stavano al potere fomentavano l’odio e la violenza. Come emerge dalla deposizione di Carlo Pina, antifascista, al processo contro

Saletta e il Questore della Provincia di Como, Pozzoli:

“Detenuto nella camera di sicurezza della caserma di Inverigo, veniva sottoposto a percosse e sevizie da parte del maresciallo della P.S. Angelo Bruschi. Improvvisamente costui prese la pistola e sparò colpendo il Pina al femore, urlando “Toh, muori cane”. Si accorse che non c’erano altri proiettili nell’arma, per cui cercò un’altra rivoltella che gli venne negata dall’agente presente all’interrogatorio, che così salvò la situazione”72.

Non suscitarono scalpore come le grandi fucilazioni di massa pubbliche, ma le vittime furono moltissime e pochi sopravvissero per raccontare la loro sofferenza, l’umiliazione, e la degradazione in cui le vittime, ma soprattutto i loro carnefici, caddero.

71 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, considerazioni obbiettive sui democratici di Como, fuga Mentasti e lettera della polizia indirizzata a firma Annoni alla direzione del partito D.C., del 28.01.1944, foglio s.n.; 72 Cfr. “Il Popolo Comasco”, quotidiano del C.L.N. della provincia di Como, 2 giugno 1945, foglio s.n.. 114 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

4.3 - ALZATE BRIANZA, SEDE Della 29ª DIVISIONE S.S. ITALIANE.

“Ciascuno di noi scrive una pagina di storia: senza volerlo, ma è così. Me ne accorgo ogniqualvolta trovo il tempo di allungare lo sguardo nel nostro archivio: incontro persone che mai avrebbero pensato di riproporsi all’attenzione dei posteri o che anche solo indirettamente hanno influito sul comportamento di una comunità”73. Alzate Brianza, piccolo paese di campagna ai piedi delle Prealpi, è il primo centro che la strada statale Briantea attraversa, dopo aver lasciato sulla sua sinistra la Como-Lecco al bivio di ; luogo di passaggio per Cantù, Erba, Lurago d’Erba, Lambrugo e per la strada statale Como-Bergamo. I vari nuclei del suo abitato sono quasi tutti a cappello sui colli, disposti a cerchio intorno al turrito capoluogo, pur esso in arcioni su quello che può ben dirsi l’Acropoli, il Capoluogo dell’antica borgata. San Pietro, Fabbrica Durini, i Roccoli, Verzago hanno tutti il proprio scranno sul culmine di altrettanti poggi, cui pure potrebbe aggiungersi quello del Soldo, fisicamente agganciato all’abitato di Alzate, quantunque, al giorno d’oggi, sia amministrativamente compreso nel territorio di Orsenigo74. “Stesi fra i «sette colli» son valloncelli e prati verdi, tessellati di quadri a coltivo, tra cui striscia un magro fossatello, emissario di Montorfano, a sostenervi il ponderoso ruolo di «biondo fiume solenne»”75. “Mai avrebbe pensato”, questo piccolo borgo di provincia, che la seconda guerra mondiale avrebbe avuto anche lì ripercussioni, “mai avrebbe

73 Lettera di DON LIVIO GALBUSERA, nato a Sabbioncello di Merate il 5.05.1925, ordinato Sacerdote il 22.05.1948, coadiutore dal 1948 al 1969 presso la Prepositurale S. Vittore Missaglia, eletto parroco di Alzate Brianza il 26 ottobre 1969, morto il 20.05.1987. Lo stralcio riportato è di una lettera indirizzata al lettore del libro di: Gaffuri Luigi M., Alzate Brianza. Storia, ambiente, folclore, Ed. Tipografia Gianbattista Maggi, Ponte Lambro (Co) 1983, p.4; 74 Cfr. Gaffuri Luigi M., op. cit., p.15; 75 Cfr. Ibidem; 115 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______pensato”, di essere coinvolto direttamente in avvenimenti tanto grandi e dolorosi, che avrebbero rivoluzionato e trasformato il mondo allora conosciuto. I giovani vennero tolti dai campi e dalle botteghe del paese e inviati sui vari fronti di battaglia, fronti, a volte, molto lontani; nelle famiglie si trepidava per la loro sorte non sapendo o non essendo in grado di contattarli. Dal 1943, all’aprile 1945, si istituì un ufficio parrocchiale per l’assistenza alle famiglie dei soldati e, per mezzo dell’Ufficio Informazioni del Vaticano e della Croce Rossa, si riuscì a seguire i militari nei loro spostamenti e ad intrecciare con loro una valida corrispondenza, fornendo alle famiglie le notizie, tanto sospirate, dei loro figli. Purtroppo, molto spesso, il parroco, doveva registrarne la morte76. Con l’avanzare della guerra, nella Repubblica di Salò, si cominciava a sentire la carenza, oltre che di soldati, anche di metalli per la fabbricazione di strumenti ed ordigni bellici. Si sequestrava ogni oggetto giudicato inutile o superfluo per essere riconvertito a scopo bellico. Ad Alzate, vennero requisite le campane che per secoli avevano scandito le ore e richiamato tante volte i fedeli devoti alle funzioni religiose. Fu un trauma per l’intero paese, tanto che il parroco, Don Giuseppe Allievi77, sul “Liber Chronicus”78 della parrocchia, per l’anno 1943, annotava il doloroso evento, descrivendo con nostalgia le care campane:

76 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, notizia ritrovabile negli anni 1943 e 1944, fogli s.n.; Vedi Appendice: Doc. (25); 77 DON GIUSEPPE ALLIEVI, nato a Seveso il 15 gennaio 1893, ordinato sacerdote il 22 aprile 1916, eletto parroco di Alzate Brianza il 18 dicembre 1940, ingresso parrocchiale il 30 marzo 1941. Morto ad Alzate il 6 febbraio 1958. Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, foglio s.n.; 78 Liber Chronicus: era il “diario” che il “titolare” di una parrocchia facoltativamente tineva, annotando a sua discrezione e libertà gli avvenimenti religiosi e civili della comunità. La compilazione di questo documento è attualmente in disuso, ma nel passato la maggior parte dei sacerdoti ne aveva premurosa cura. Il valore storico è notevole perché in essi sono riportate con esattezza le date in cui sono avvenuti alcuni fatti e, soprattutto, in quanto vi si trova spesso la descrizione dell’atmosfera del periodo considerato; 116 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

“[…] L’immagine delle campane, la voce delle proprie campane è cara come la voce di mamma, il 27 maggio furono calate dalla Prepositura la quarta e la quinta, e della chiesa di S. Giorgio la terza. La quinta del concerto in re bemolle aveva il diametro di m. 1,34 e il peso di q. 14,30, fusione anno 1805, la quarta diametro m. 1,.18 e q. 9,90, fusione 1876; la terza di S. Giorgio diametro 0,80 e q. 3,00, fusione 1758. Dall’archivio risulta che il campanile fu costruito nel 1577 senza campane. Nel 1601 ne ha una, nel 1617 due, nel 1697 tre dal campanaro Pietro Comollo di Como, nel 1805 cinque”. “[…] O dolci campane dei nostri avi e dei nostri bambini, partendovene avete portato via un po’ di tutto un passato, un po’ di tutto il presente! Un voto facciamo: che non siate trasformate in strumenti di morte, ma piuttosto in una nave ospedale che adempia l’ufficio caritatevole del buon Samaritano che raccoglie i feriti e ne medica le piaghe, finché, dopo aver servito agli uomini, riprendano la primitiva veste, ritorniate al servizio di Dio”, e concludeva con un proverbio

francese dal suono profetico: “Cloches à terre, perdue la guerre” 79.

A partire dall’estate del ’43 il paese si “arricchì” di nuovi ma “provvisori” compaesani: intere famiglie di sfollati milanesi. Come gli altri paesi dell’Alta Brianza e Vallassina, furono numerosi gli sfollati che ad Alzate trovarono rifugio dai bombardamenti alleati che la città di Milano subì ripetutamente fino al termine del conflitto. Si saliva spesso sulla torre del paese (posta in cima alla collina), specie nelle belle giornate serene e ventose, per vedere Milano subire la “violenza” nemica, seppur da molto lontano. Don Giuseppe

Allievi, così amaramente annotava:

“La nostra Milano ha subito un’altra incursione aerea: passò l’uragano e lasciò dietro di sé macerie fumanti, morti e feriti. Continua l’esodo dalla città

79 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, anno 1943, fogli s.n.; 117 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

martoriata di migliaia di persone rimaste senza casa e senza il necessario alla vita. Parecchie hanno trovato ospitalità presso di noi”80.

Venivano sistemati presso la parrocchia, le scuole, ma anche presso abitazioni private. Lo stesso Giuseppe Baragiola, riconfermato dalla nuova R.S.I. Commissario Prefettizio di Alzate81 (per un breve periodo di tempo, avendo già prestato servizio per ben 16 anni), diede buon esempio di solidarietà verso concittadini bisognosi, ospitando una madre con tre figli piccoli nella sua villa, per invogliare, cittadini diffidenti, a seguire il suo esempio82. La maggior parte dei sinistrati aveva perso tutto insieme alle loro abitazioni e necessitava di ogni cosa. Il Commissario Prefettizio, con una lettera inviata alle persone abbienti del paese, forzatamente li obbligava a contribuire, con un generoso aiuto economico e materiale, da buoni fascisti:

“Per provvedere alla sistemazione dei numerosi sinistrati che affluiscono in questo Comune, occorre fare appello alla generosità ed al senso di civismo delle persone abbienti, perché nel delicato momento che la Nazione attraversa, contribuisce, nei limiti del possibile, ad alleviare le sofferenze ed i disagi delle famiglie sinistrate con l’offerta di indumenti personali, effetti letterecci e suppellettili, e con elargizioni di denaro per l’acquisto di quanto possa loro occorrere.[…]”83.

80 Ibidem; 81 Vedi Cap. 1, Par. 1.1, alle pp.6 e 7 e nota n.2 di questo testo; 82 Cfr. ASCAB, cart. 68 - 2 - 1 - 60, Assistenza ai sinistrati e sfollati 1941-1945, richiesta di sussidio al comune di Fontana Ida, ospitata dal Podestà Baragiola, del 31.08.1943, foglio s.n.; 83 Cfr. ASCAB, cart. 68 - 2 - 1 - 60, Assistenza ai sinistrati e sfollati 1941-1945, richiesta di contributi per i sinistrati alle persone abbienti del paese da parte del Commissario Prefettizio Baragiola, s.d., foglio s.n.; 118 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

Questa iniziativa permise al Comune di distribuire, ai “disagiatissimi” che li richiedevano84, generi di prima necessità come lenzuola, pantaloncini, mutande, sottovesti, camicie, pancere, calze, fazzoletti, asciugamani, vestiti da bambino, cibo ma anche sussidi in denaro ai profughi85. Oltre ai profughi, tra il 1943 e il 1944, aumentò il numero di partigiani, che si rifugiavano nei boschi che circondano Alzate. Si ingrossarono le fila delle Brigate “Perretta”, ma, i boschi, divennero anche il luogo di rifugio di molti militari sbandati della zona e di giovani alzatesi che non rispondevano alla chiamata alle armi. L’area era talmente satura di disertori che il Questore di Como Lorenzo Pozzoli, fu costretto a segnalare l’area e a farla “ripulire” dalle

Brigate Nere:

“[…] Nella località di Alzate Brianza-Cantù, è stata segnalata la presenza di un forte nucleo di sbandati che si sarebbero dati convegno nel “Roccolo America” ove sembra che funzioni un vero e proprio ufficio di reclutamento diretto da un partigiano chiamato “il Capitano”. Provvedere dunque a far partire un nucleo di 80 uomini convenientemente armati col compito di circondare la zona di nottetempo e di agire alle prime luci dell’alba”86.

Il Commissario Prefettizio di Orsenigo, Felice Baragiola e la Fiduciaria dei Fasci Femminili, aiutavano la “ripulitura” di tutta l’area, chiamando nei Comuni i famigliari dei renitenti e minacciando di incendiare loro la casa e

84 Cfr. ASCAB, cart. 68 - 2 - 1 - 60, Assistenza ai sinistrati e sfollati 1941-1945, lettera manoscritta di Da Angeli Osvaldo, sfollato ad Alzate dopo i bombardamenti su Milano del 15.08.1943, richiesta di generi di prima necessità, del 5.10.1943, foglio s.n.; 85 Cfr. ASCAB, cart. 68 - 2 - 1 - 60, Assistenza ai sinistrati e sfollati 1941-1945, distribuzioni di generi di prima necessità, del 27.09.1943, foglio s.n.; Cfr. ASCAB, cart. 68 - 2 - 1 - 62, Circolari e provvedimenti interni all’assistenza ai profughi delle terre invase 1944-1945; 86 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Relazione del Questore Pozzoli sugli ordini dati per la cattura di militi sbandati, del 29.06.1944, foglio N. 03086 Gab.; 119 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______tutte le proprietà se non avessero persuaso i figli a consegnarsi alle autorità. Chi si presentava veniva immediatamente internato in Germania87. Nel settembre del 1944, con il rientro di parte delle SS dell’VIII° Battaglione di stanza a Lecco (dopo i rastrellamenti in Piemonte)88, e con l’aumento dei volontari nei ranghi SS, si poté ampliare il controllo del territorio anche in zone minori, ma strategiche, per quanto riguardava i collegamenti stradali. Ad Alzate, sotto il comando del Generale tedesco Heldmann, fu posto il quartier generale della 29ª Divisione SS italiane89. Don Giuseppe Allievi, riportò sul “Lider Chronicus” il loro arrivo e la prepotenza, con cui subito si distinsero, quando presero con forza le sedi dove porre le loro basi:

“Si sono acquartierate in paese parecchie decine di soldati. Alcuni si sono già fatti vedere in Chiesa alle funzioni. Parecchie famiglie hanno dovuto subire disagi non lievi. Le SS hanno invaso l’Asilo Infantile e le aule scolastiche. Le Suore hanno resistito parecchio prima di uscire, ma non avendo avuto nessun appoggio né dall’Amministrazione dell’Asilo che le invitava a tornare al Cottolengo, né dall’Autorità Comunale, un giorno si sono viste mettere sulla strada i mobili e le masserie da parte dei soldati. Nessuno se ne interessò e si aspettava che partissero. Il prevosto le ospitò nella casa del coadiutore vacante e si organizzò pure l’Asilo. Con l’ottobre avrebbero dovuto cominciare le scuole. Le aule erano invase dalle truppe. Nessuno si interessava di provvedere, né l’autorità comunale né l’autorità scolastica di circolo o provinciale. Si era decisi ad abbandonare l’insegnamento nel corrente anno. Passate alcune settimane, il prevosto si diede a provvedere a tanto disordine e apatia: chiamò i figliuoli e le insegnanti in casa parrocchiale e vi distribuì le

87 ISCPAPC, Fondo del C.L.N. di Como, denuncia a carico del Commissario Prefettizio Felice Baragiola e della Fiduciaria dei Fasci Femminili Giulia Baragiola, da parte del Presidente del C.L.N. Fantoni, del 19.07.1945, foglio s.n.; 88 Vedi Cap. 4, Par. 4.1, alle pp.106-107 di questo testo; 89 29ª Divisione SS italiane, o più precisamente 29ª Waffengranadieren Division der italianische (Italienische Nr. 1), nome definitivo che sarà dato alle SS italiane al servizio di Hitler, il 9 marzo 1945, ormai alla fine delle guerra; 120 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

cinque classi elementari nelle sale della medesima e nell’oratorio annesso alla chiesa. Così funzionano le classi tutto l’anno sotto la direzione del prevosto, poiché nessun altro si fa vedere. Alla villa del Soldo, di proprietà del sen. Mario Crespi, ha preso dimora il comando delle S.S. tedesche con un colonnello e gli ufficiali superiori che comandano alle truppe di tutta la zona briantea”90.

Anche nella frazione di Fabbrica Durini venne requisita Villa S. Giuseppe, dov’era sfollato il Collegio omonimo di Monza. Il parroco Don Luigi Vitali91 nel “Liber Chronicus” ne dava notizia, stendendo una relazione che, nella forma, rifletteva alquanto il trambusto creatosi nel ’44:

“Improvvisa requisizione del Collegio S. Giuseppe per scopi militari. Vani tutti i tentativi per stornare un provvedimento così draconiano in un momento sì delicato dell’anno scolastico. La settimana […] fu un vero Calvario per superiori ed alunni. Prima ancora che scadesse il giorno stabilito per lasciare libero il Collegio, si è dovuto sloggiare e rimandare alle famiglie gli alunni”92.

Non solo ville e scuole, ma anche numerosi locali privati vennero, per ordine dei comandanti germanici, messi a disposizione delle loro truppe93. Oltre a requisire abitazioni, si fecero consegnare dal Comune e da privati cittadini, arredamenti, coperte e lenzuola, tovaglie, fucili da caccia, combustibile, benzina, carri e macchine, generi alimentari dai commercianti del paese per il rancio giornaliero, vanghe e picconi e scelsero i cavalli più belli per uso

90 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, settembre 1944, fogli s.n.; 91 DON LUIGI VITALI, nato a Bellano il 6 settembre 1880, Ordinato Sacerdote nel 1905, Parroco di Fabbrica Durini 1918, morto a Fabbrica l’11 agosto 1965. Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia di Sant’Andrea Apostolo di Fabbrica Durini, anno 1944, fogli s.n.; 92 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia di Sant’Andrea Apostolo di Fabbrica Durini, anno 1944, fogli s.n.; 93 Cfr. ASCAB, cart. 128 - 13 - 2 - 04, Locali per SS e reclutamento di lavoratori per la Germania 1944-1945; 121 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______personale94. Per ultimo, vollero lavoratori volontari da ogni Comune della zona, per il grande Reich. L’ordine fu fatto partire dalla Confederazione Fascista degli Agricoltori di Como che, dopo controlli in ogni Comune, stabilì il numero di lavoratori che ogni paese doveva inviare per raggiungere le 4.000 unità richieste dall’alleato. Al Commissario Prefettizio di Alzate (Arturo Canali, sostituto del Baragiola), furono richieste 78 unità (maschili e femminili)95, numero elevatissimo, impossibile da raggiungere se non con la forza. Dal momento del loro arrivo in paese, pesarono fortemente sul bilancio comunale. Energia elettrica, acqua, legname, materiale elettrico, lavori di sbarramento stradali, trasporti di materiali, ferrature di cavalli, medicinali, servizi domestici, lavori di manutenzione e molte altre richieste da soddisfare; l’elenco sembrava infinito e tutto a carico del Comune Alzatese che, per il loro mantenimento, fu costretto a chiedere più di una volta tra il 1944 e il 1945, concreti aiuti in denaro al Capo della Provincia

Renato Celio e alla Prefettura Repubblicana:

“Il Comando della WAFFEN GRENADIER BRIGADE S.S. alloggiate nella Villa Crespi ed altri reparti della detta Brigata, alloggiati nelle scuole di questo Comune hanno richiesto la fornitura di alloggio e relativo arredamento, di energia e di tutto quanto possa servire loro. […]. Per poter provvedere alla liquidazione dei conti fornitori, si prega codesta Prefettura far pervenire a questo Comune un fondo di Lire 20.000, che farà in seguito pervenire i relativi 96 rendiconti” .

94 Cfr. ASCAB, cart. 104 - 8 - 2 - 81, Pratiche inerenti alla requisizione di beni per le Forze Armate Germaniche e sequestro di equini 1944-1945, fogli s.n.; 95 Cfr. ASCAB, cart. 128 - 13 - 2 - 04, Locali per SS e reclutamento di lavoratori per la Germania 1944-1945, circolare espressa urgente per il Comissario Prefettizio Arturo Canali, da parte del Presidente della Confederazione Fascista degli Agricoltori do Como, Luigi Bracciani, del 15.09.1944, foglio di prot. N. 1620; 96 Cfr. ASCAB, cart. 104 - 8 - 2 - 80, Liquidazione delle indennità per le requisizioni operate dalle autorità germaniche ed italiche, 1943-1945, richiesta urgente di sovvenzioni per il mantenimento delle Forze Armate Germaniche, da parte del Comissario Prefettizio Canali, al Capo della Provincia Renato Celio e alla Prefettura Repubblicana, del 25.11.1944, foglio di prot. N. 1948; 122 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

Dalle pochissime fatture rimaste nell’archivio storico del Comune, facendo qualche conto, si nota che, approssimativamente, dall’ottobre 1944 all’aprile 1945 furono spesi per le SS, solo per elettricità, riscaldamento e sussistenza all’incirca 35.000 Lire97. Cifre, queste, altissime per un piccolo paese di provincia come Alzate che faticava a fornire 5 litri di benzina al mese al suo medico condotto, dott. Emilio Cantù (del Consorzio tra i Comuni di Alzate, Brenna, Anzano del Parco, Alserio ed Orsenigo), per poter andare a curare i militari rientrati in famiglia e casi di tifo che iniziavano a verificarsi tra il ’44 e il ’4598. All’inizio del nuovo anno (il 1945) la situazione bellica si fece sempre più dura per i nazifascisti. Anche le incursioni aeree e i mitragliamenti nemici divennero sempre più frequenti come ricordava, in modo pittoresco, Don

Allievi:

“Non la cornamusa pastorale, ma la detonazione bellica romba intorno a Gesù Bambino e si ripercuote sulla bianca, riposante distesa dei campi in queste prime rigide giornate del nuovo anno. Passano nel cielo neri uccellacci e quasi scendono a lambire con l’ali i tetti delle nostre case. Timori, più che speranze invadono il cuore dell’uomo che spinge lo sguardo nell’incerto domani […]”99.

Numerosi uomini di Alzate, vennero reclutati e divisi in squadre dal comando tedesco per costruire posti di avvistamento aereo sulle principali strade di comunicazione e poi costretti a turni di pattugliamento, sotto il controllo di Guardie Comunali. Molti fuggirono o si rifiutarono di prestare servizio100. Alle

97 Cfr. ASCAB, cart. 128 - 13 - 2 - 04, Locali per SS e reclutamento di lavoratori per la Germania 1944-1945, fatture e spese per SS, fogli senza numero; 98 Cfr. ASCAB, cart. 71 - 4 - 1 - 47, Assegnazione supplementare di Benzina ai medici e permessi di circolazione nelle ore di coprifuoco 1941-1946, fogli s.n.; 99 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, gennaio 1945, foglio s.n.; 100 Cfr. ASCAB, cart. 128 - 15 - 1 - 03, servizio di difesa antiaerea 1945, fogli s.n.; 123 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______difficoltà belliche si aggiunse un’aggravarsi delle condizioni di vita dei civili. Al terrore ed allo sfruttamento degli occupanti che spadroneggiavano sul territorio101, si aggiunse la fame. Le poche risorse alimentari presenti venivano requisite per le truppe e i generi alimentari, che la tessera annonaria del fascio consentiva di ottenere, non bastavano più a sfamare. Il Commissario Prefettizio di Orsenigo, Felice Baragiola, sottoscrisse l’8 marzo 1945, per soddisfare i bisogni più urgenti dei 3.000 abitanti del Comune di Alzate, la somma di Lire 200.000 e altri 200.000 versati dal Signor Ripamonti102. Ed ancora il 16 marzo 1945 diede personalmente al Commissario Canali la somma di Lire 20.000: “[…] per [acquistare] derrate di generi alimentari per la popolazione di Alzate Brianza”103. Il 17 marzo le derrate acquistate, durante il trasporto, vennero bloccate dalla G.N.R. di Soresina (Cremona), nonostante fossero scortate da un militare munito di autorizzazione del Comando Germanico della Waffen Brigade Grenadier SS, perché non accompagnato da autorizzazione della Sepral (Sezione provinciale dell’alimentazione), di Cremona. Il Commissario Canali, si rivolse al Capo della Provincia Celio per avere un aiuto:

101 Un esempio della prepotenza tedesca, fu l’episodio di caccia illegale nella zona protetta di allevamento e ripopolamento della selvaggina a Montorfano. Il suddito germanico, Hans Halling, costrinse l’alzatese Gaffuri Giuseppe, ad accompagnarlo nei boschi perché esperto dell’area per una battuta di caccia, comoda e facilitata nella riserva. Avendo un’autorizzazione a cacciare nei boschi Brianzoli, Halling si sentì autorizzato a violare le leggi vigenti delle aree protette. Il Gaffuri, in balia del milite tedesco, lo accontentò, ma quando vennero fermati dal guardiacaccia del luogo, Halling, non riuscendo ad intimorire, con la sua autorità la guardia, diede la colpa al Gaffuri che venne denunciato. Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, denuncia di caccia illegale di un cittadino tedesco e di un alzatese nella riserva di caccia di Montorfano, s.d., foglio s.n.; 102 Cfr. ASCAB, cart. 12 - 11 - 3 - 19, Richieste di assegnazione di generi alimentari per la popolazione alla sezione provinciale dell’amministrazione e pratiche inerenti al trasporto delle derrate alimentari 1944-1945, lettera del Commissario Prefettizio di Alzate Brianza, Arturo Canali, al Commissario Prefettizio di Orsenigo, Giuseppe Baragiola, del 8.03.1945, fogli s.n.; 103 Cfr. ASCAB, cart. 12 - 11 - 3 - 19, Richieste di assegnazione di generi alimentari per la popolazione alla sezione provinciale dell’amministrazione e pratiche inerenti al trasporto delle derrate alimentari 1944-1945, lettera del Commissario Prefettizio di Alzate Brianza, Arturo Canali, al Commissario Prefettizio di Orsenigo, Giuseppe Baragiola, del 16.03.1945, fogli s.n.; 124 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

“[…] Mi è doveroso far presente all’Ecc. Vostra che tali generi sequestrati, in maggior parte farina da pane dovevano servire per la distribuzione alle famiglie meno abbienti del Comune e specialmente per quelle operaie e che i fondi occorrenti per l’acquisto sono stati anticipati da esse in parte e che l’avvenuto sequestro porta una ripercussione ed un disagio non lieve nelle predette famiglie che pur di cercare un miglioramento nell’approvvigionamento hanno sostenuto non lievi sacrifici economici. Chiede pertanto che il vostro autorevole e paterno appoggio ed intervento presso la Guardia Nazionale Repubblicana […] affinché sia restituita la merce sequestrata […]”104.

Con l’arrivo del mese di aprile del ’45, la fine della guerra era percepita da tutti ormai vicina. Vedremo, nel capitolo 6 dedicato alla Liberazione, come le forze insurrezionali, già dal febbraio del ’45, avevano ulteriormente ingrossato i loro ranghi ed intensificato gli attacchi contro i nazifascisti, al fine di recuperare armi e munizioni in vista della vicinissima insurrezione, essendo ormai critiche le sorti degli eserciti hitleriani su tutti i fronti. Nei piani insurrezionali Alzate era molto importante, vista la presenza del Comando della 29ª divisione SS italiane, insediato a Villa Crespi, sotto la direzione del Colonnello Heldmann105. Quando giunse ad Alzate la notizia dell’insurrezione106, i partigiani si prepararono ad affrontare le SS e, come avvenne in molti paesi brianzoli, fu determinante la mediazione del parroco

104 Cfr. ASCAB, cart. 12 - 11 - 3 - 19, Richieste di assegnazione di generi alimentari per la popolazione alla sezione provinciale dell’amministrazione e pratiche inerenti al trasporto delle derrate alimentari 1944-1945, lettera di richiesta di aiuto del Commissario Prefettizio di Alzate Brianza, Arturo Canali, al Capo della Provincia Renato Celio, del 19.03.1945, fogli s.n.; 105 COLONNELLO CONSTANTIN VON HELDMANN, nato a Delmond Lippe il 7 marzo 1893, figura nell’elenco dei prigionieri presenti ad Erba nel maggio 1945. Cfr. Lazzero Ricciotti, Le SS Italiane. Storia dei 20.000 che giurarono fedeltà a Hitler, Ed. Rizzoli, Milano 1982, p.305 e p.308; 106 Non il tutti i paesi del Nord Italia, l’insurrezione avvenne nello stesso giorno. Non si deve pensare all’insurrezione del 25 aprile come ad una sollevazione all’unisono delle forze antifasciste, ma piuttosto ad un susseguirsi di rivolte che si originavano man mano, all’arrivo delle notizie di ciò che stava accadendo altrove. Fu quindi un agire iniziale disordinato, com’è proprio di tutte le insurrezioni, la cui organizzazione è fatta in clandestinità con tutte le difficoltà e gli intralci alle comunicazioni che essa comporta. Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, p.217; 125 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

Don Allievi che riuscì ad incontrare, con una grande determinazione e con forti insistenze, il comandante del reparto SS, la mattina del 26 aprile, evitando, anche qui, inutili spargimenti di sangue107. Così raccontava il parroco nel “Liber Chronicus”:

“Giovedì mattina 26 Aprile di quest’anno di liberazione 1945 verso le 8, tornando dal Santuario, si recava all’Asilo chiedendo del capitano Mojoli, comandante le S.S. Non lo trovò e lasciò detto che glielo mandassero a casa. Qui preferisco narrare il fatto in prima persona. Gli parlai con molta serietà della necessità di lasciare le armi e andarsene, prima che arrivassero i partigiani, per evitare spargimenti di sangue. In paese s’erano fatti dai tedeschi molti preparativi e sbarramenti, intendendo fare resistenza. Il capitano disse che ci avrebbe pensato, poi mi mandò un sottufficiale a chiarirmi che mi aveva ascoltato e aveva lasciato liberi i soldati di andarsene. Incontratomi ancora col capitano Mojoli nel pomeriggio, lo pregai che facesse opera presso il colonnello tedesco Heldmann che comandava tutta la brigata S.S. da Seveso ad Asso e da Lurago a Merate e dimorava ad Alzate nella villa del Soldo requisita al Sen. Mario Crespi. Mi rispose che facendo questo avrebbe arrischiata la vita, perché i tedeschi volevano dare battaglia.

107 L’intervento dei preti in questa fase della Liberazione, fu ovunque fondamentale per evitare inutili lotte, che avrebbero comportato parecchi morti su entrambi i fronti. Dai Vescovi ai semplici preti di campagna, tutti, a vari livelli, svolsero opera di mediazione per il bene comune, anche se non fu il comportamento dei Vescovi ad “ispirare” quello dei parroci dato che, gli avvenimenti accaddero più o meno negli stessi giorni e nelle stesse ore, con assenza di informazioni attendibili tra periferia e centro. È doveroso notare come, posti di fronte a situazioni analoghe, i migliori preti reagirono in modo del tutto simile ai loro Vescovi. Per la Diocesi di Milano intervenne l’Arcivescovo Schuster in persona, come ricorda anche il parroco di Alzate, Don Allievi nel suo Chronicon: “26 Aprile 1945 – Movimento di liberazione – S. Em. Il Card. Arcivescovo Alfredo Ildef. Schuster nel suo studio, nel suo privato riceveva B. Mussolini, R. Graziani e il comandante tedesco per trattare una resa incondizionata, onde evitare un conflitto con le forze armate che avanzavano su Milano e la Lombardia. Questo tempestivo intervento che ha memorabili riscontri nella gloriosa storia dei Papi e dei Vescovi d’Italia, fu la salvezza nella tragica ora”. Come il loro Cardinale, anche alti preti della Diocesi Milanese, senza saperlo, seguirono il suo esempio. Vedi Cap. 6, alla p.174 di questo testo; Cfr. Vecchio Giorgio, Lombardia 1940-1945. Vescovi, Preti e società alla prova della guerra, Ed. Morcelliana, Brescia 2005, pp.566-567; Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, Aprile 1945, foglio s.n.; 126 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

Allora mandai al colonnello un biglietto, chiedendogli di parlargli. Mi rispose che mi aspettava”108.

Le SS tedesche, già una settimana prima della disfatta totale, stavano preparando la loro ritirata. Il colonnello Heldmann, aveva dato ordine di scavare buche molto profonde in tutto il paese e in modo particolare nella via Alciato, centro del paese, per depositarvi una quantità sufficiente di materiale esplosivo per far brillare tutto il paese di Alzate. Il piano ben congeniato, serviva a bloccare la strada statale, in modo tale da coprirsi le spalle mentre sarebbero fuggiti verso Como. Gli abitanti del paese avrebbero dovuto recarsi sull’altura di Verzago per assistere alla distruzione del loro paese, ma grazie a Don Giuseppe Allievi Alzate fu salva. L’episodio è ancora vivo nella memoria dei pochi anziani rimasti; i racconti infatti contengono tutti i medesimi elementi, per quanto riguarda i luoghi, i protagonisti (le SS italiane), la crudeltà di radunare gli abitanti sull’altura di Verzago per assistere alla distruzione del paese e finalmente la mediazione di Don Allievi che salvò il Comune. I testimoni concordano anche nel riferire l’episodio del bombardamento alleato dell’ottobre 1944 alla polveriera che i tedeschi avevano situato sotto la galleria della linea ferroviaria Como-Lecco, il cui traffico era stato interrotto. Il bombardamento arrecò molto spavento, e ancora oggi si possono vedere nel terreno le buche scavate dalle bombe al momento dell’esplosione. Essendo il luogo isolato non ci fu nessuna vittima,

108 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, 26 Aprile 1945, foglio s.n.; N.B.: per questa citazione del Chronicon il libro di Arienti Pietro, op. cit., pp.251-252, non riporta la citazione in modo fedele, ma risulta essere una libera rielaborazione dell’autore, prestare attenzione anche al resto del racconto. Anche nel libro di: Vecchi Giorgio, op. cit., p.567, il piccolo racconto su Alzate, non segue in modo preciso il susseguirsi degli eventi che portano alla salvezza del paese; 127 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______nemmeno fra coloro che si trovavano al lavoro nei boschi per tagliare la legna, rientrati storditi ma illesi nel paese109. Il parroco, incontrò maggiori difficoltà nel trattare con il Colonnello tedesco Heldmann in persona, comandante della 29ª Divisione SS italiane. Il nazista sosteneva che il suo comando di Milano era ancora in efficienza e forte di questa convinzione, non era propenso ad accettare i consigli del parroco, finché non fosse stato messo alle strette. Così proseguiva il racconto di Don

Allievi:

“A lui feci la stessa proposta di deporre le armi e ritirarsi senza spargere sangue, perché sarebbe stata inutile ogni resistenza. Mi rispose che il comando tedesco di Milano era ancora in efficienza, e non poteva prendere questa decisione da solo. Verso sera mi fa chiamare e mi dice che era disposto a fare quello che gli avevo suggerito, purché non si usasse violenza e li lasciasse partire per Como colle armi”110.

Il 27 aprile arrivarono ad Alzate per intervenire nella trattativa, anche gli emissari del Battaglione Nannetti della “Brigata Perretta”. Nel primo pomeriggio una colonna motorizzata tedesca transitò sulla provinciale che attraversa Alzate, proveniente da Como111. I partigiani del luogo, rinforzati da quelli di Anzano e Orsenigo, decisero di affrontarla, disponendosi velocemente in luoghi favorevoli all’agguato ai lati della strada. Ancora una volta il parroco intervenne senza esitazione o paura:

109 Testimonianze orali raccolte mediante intervista di: Rigamonti Emilia (nata il 19.12.1924), Casartelli Francesca (nata nel 1928), Mascarini Caterina, cognata del partigiano ucciso Meroni Attilio (nata il 5.03.1935), Tarcisio Corbetta (nato il 10.06.1931), Bartesaghi Paola (nata il 26.06.1939), Bazzaro Giuditta (nata il 16.04.1926) e Bazzaro Maria (nata il 3.09.1931), Gerosa Bruna Elisa (nata il 9.01.1926), Zappa Maria, Rina Gerosa (nata il 10.10.1927), Corbetta Tarcisio, Antonia Caspani (nata il 3.05.1928); 110 Cfr. Ibidem; 111 Cfr. ISCPAPC, cart. bs. Brigata P. A. Perretta, Battaglione Giancarlo Puecher. Sintesi relazione delle azioni principali fatte dai distaccamenti Cvl settore Erba, aprile 1945, fogli s.n.; Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, 27 Aprile 1945, foglio s.n.; 128 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

“Una colonna motorizzata tedesca saliva da Como verso Brivio. Fermata da ardimentosi giovani armati di Alzate, Anzano e Orsenigo, si aprì una sparatoria. Il prevosto, tra il fischiare delle pallottole che l’hanno più volte sfiorato, si presentava una prima volta per la cessazione del fuoco. Più tardi verso sera si presentava una seconda volta e partecipava all’intesa per rimandare la colonna a Como. In questa ultima azione ebbimo un Caduto: Meroni Attilio. Contro la colonna nemica, che avrebbe voluto aprirsi una strada ai suoi valichi, imbracciò il fucile e corse con un gruppo di ardimentosi a intimare la resa. Appostato su di un colle, detto Montegatto, fu raggiunto alla testa da un proiettile e cadde”112.

Meroni Attilio ricevette il 25 ottobre 1949 la “Croce al Merito di Guerra”, in

113 seguito ad attività partigiana . Altri due giovani, invece, furono feriti. Anche fra i soldati della colonna vi furono alcune perdite. Dopo lunghe ed estenuanti trattative Don Allievi riuscì a far retrocedere nuovamente la colonna verso Como114. Tra la prima e la seconda trattativa con i tedeschi della colonna, arrivarono in canonica dal parroco:

“[…] il colonnello Grassi, uno dei capi del C.L.N.A.I.115 uscito da pochi giorni dal carcere dei fascisti, divenuto capo delle forze armate nella Provincia di Como e

112 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, 27 Aprile 1945, foglio s.n.; 113 Documento tratto dall’archivio della famiglia Meroni-Mascarini, forniti dalla cognata del defunto Attilio: Mascarini Caterina; Vedi Appendice: Doc. (26); 114 Cfr. Ibidem; 115 C.L.N.A.I., Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia. Il C.L.N., era una formazione interpartitica formata da movimenti di diversa estrazione culturale e ideologica. Il primo a presiedere il C.L.N. fu Ivanoe Bonomi a cui spettò, dopo la liberazione di Roma (giugno 1944), di assumere responsabilità di governo con la Presidenza del Consiglio. A lui successero alla Presidenza del Consiglio il 21 giugno 1945 Ferruccio Parri e il 10 dicembre 1945 Alcide De Gasperi. Il C.L.N. ha coordinato e diretto la Resistenza e fu diviso in C.L.N.A.I. (presieduto da 1943 al 1945 da Alfredo Pizzoni) con sede nella Milano occupata e il C.L.N.C. (Comitato di Liberazione Nazionale Centrale); operò come organismo clandestino durante la Resistenza ed ebbe per delega poteri di governo nei giorni di insurrezione nazionale. Il primo atto politico del C.L.N. dopo il 25 aprile 1945 fu l'abrogazione delle leggi economiche fasciste sulla socializzazione delle imprese. Cfr. AA.VV., Nuova Storia Universale-Dizionario di Storia, Vol. 1, Ed. Garzanti, Torino 2004; 129 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

poi questore; con lui [Padre Aristide Pirovano]116 e il capitano tedesco del presidio di Erba [capitano Pfaff, che si era appena arreso dopo la trattativa]117, saliamo alla villa del Soldo [dal colonnello Heldmann] e conferiamo quello che io avevo già ottenuto: sarebbero partite il giorno dopo, sabato, le colonne tedesche di Erba, del parco di Anzano, venute ad unirsi a quelle del Soldo”118.

Qualche ora dopo l’incontro, inaspettatamente, il colonnello Heldmann chiese al parroco un colloquio:

“Verso le 17 di venerdì 27 Aprile il colonnello Heldmann mi chiedeva un colloquio e mi disse che desiderava anticipare la partenza per Como la stessa sera, se non avevo nulla in contrario. Due ore dopo la colonna tedesca con quella di Anzano partivano per Como, dove sarebbero state disarmate e imbottigliate in Val d’Intelvi. Queste furono le pratiche da me fatte per impedire lo spargimento di sangue e la distruzione del nostro paese”119.

Il paese più prossimo ad Alzate, Anzano del Parco, vide dunque partire il proprio presidio tedesco con il gruppo di Heldmann. In precedenza però i partigiani, già nella notte tra il 25 e il 26 aprile, erano riusciti a disarmare i tredici uomini della stazione della G.N.R. di Anzano120.

116 Vedi Cap. 3, Par 3.1 alla p.65 e alla nota 33 di questo testo; N.B., Nel testo originale del Chronicon, il missionario proveniente da Erba è chiamato da Don Giuseppe Allievi P. Pontiggia, ma si tratta di un Lapsus Calami, perché era l’ormai notissimo Padre Aristide Pirovano. Nel Chronicon si trova la correzione di Gaffuri Luigi del 25.05.1980, che approfittando di un rientro in Italia, nel maggio 1980 di Padre Pirovano, ne ebbe conferma da lui stesso che gli raccontò i fatti di quel giorno e di altri episodi di cui fu protagonista in quelle epiche giornate; 117 Vedi Cap. 6, alla p.174 di questo testo; 118 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, 27 Aprile 1945, foglio s.n.; 119 Cfr. Ibidem; 120 Cfr. ISCPAPC, cart. bs. Brigata P. A. Perretta, Battaglione, Giancarlo Puecher. Sintesi relazione delle azioni principali fatte dai distaccamenti Cvl settore Erba, aprile 1945, fogli s.n.; 130 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______

Con la partenza, alle ore 19 di venerdì 27 aprile 1945, di Heldmann e della 29ª Brigata SS, l’autorità nazi-fascista che presiedeva il piccolo paese di

Alzate Brianza, decadde e:

“La notte del sabato il paese echeggiava dei rombanti motori di una interminabile colonna americana che si dirigeva su Como. Tutta la popolazione vegliava nelle strade”121.

Rimpatriò, poco tempo dopo, anche la salma di un altro giovane alzatese morto lottando a fianco dei partigiani: Andrea Fusi. Don Allievi scriveva:

“Torna la salma del fu Andrea, chiamato alle armi appena diciottenne alla fine di Gennaio dello scorso anno [1944], dopo un mese fu mandato in Germania, donde fu rimpatriato in Luglio con la divisione Alpini Monte Rosa. Ai primi di Ottobre s’era dato alla macchia coi partigiani a Capodanno era sorpreso da una squadra fascista a Monello e fu colpito a morte, veniva seppellito nel cimitero locale. Le salme dei due caduti riposano ora unite nel nostro cimitero”122.

La guerra era finita, ma quegli anni di sofferenza vissuti nel terrore rimarranno impressi in maniera indelebile nei superstiti, per tutta la loro vita; e ancor oggi, parlando con gli anziani del paese della guerra, delle SS a Villa Crespi o delle Brigate Nere, si può scorgere nel loro sguardo disagio e un

121 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, 27 Aprile 1945, foglio s.n.; 122 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, maggio 1945, foglio s.n.. Altri partigiani “sopravvissuti”, riconosciuti meritevoli, riconosciuti dalla Commissione Qualifiche Partigiani della Lombardia, per Alzate furono: Berti Mario, militante nella “Brigata Perretta”, per mesi 8; Gaffuri Dino, militante nella “89ª Brigata Poletti e Puecher”, per mesi 10. Cfr. ASCAB, cart. 25 - 12 - 1 - 17, Elenchi dei morti e dei partigiani 1945-1946, fogli s.n.. Alzatesi conosciuti, deportati nei campi di lavoro in Germania, dopo l’8 settembre 1943 e ritornati vivi ai loro paesi furono: Erba Ernesto (nato ad Alzate l’1.01.1921), Caldera Mario (nato a Fabbrica l’1.11.1921); sopravvissuti alla campagna di Russia: Corbetta Emilio (nato ad Alzate il 27.06.1918, morto ad Alzate il 3.12.1998). Testimonianze orali raccolte mediante intervista; 131 Capitolo 4 - La reazione nazifascista. ______residuo di timore che li porta a guardarsi intorno e a chiederti timidamente di abbassare la voce. Don Giuseppe Allievi, nel 1943, scrisse sul “Liber Chronicus” una profezia: la

Pasqua quell’anno fu tanto tardiva come nel 1886 e

“Felice chi vivrà. Perché vedrà tante cose nuove, quantunque gli anni come il nostro siano preannunciati poco lieti. Infatti nella Chiesa di Obermeth, non lungi da Treveri [Treviri], esiste una lapide settecentesca coi seguenti versi: Quum [Cum] divus Marcus paschabit – et Antonius pentecostabit – atque Joannes Corpus dabit – totus mundus lacrimabit [Quando la Pasqua cadrà nel dì di San Marco (25 aprile), la Pentecoste in quello di Sant’Antonio (13 giugno) e il Corpus Domini in quello di San Giovanni (24 giugno), tutto il mondo piangerà]. Quest’anno la profezia si è avverata. La prossima Pasqua simile a questa sarà nel 2038”123.

123 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Alzate Brianza, 1943, foglio s.n.. 132 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

CAP. 5 - DIFFICOLTÀ della VITA QUOTIDIANA.

5.1 - ECONOMIA di GUERRA. GLI SFOLLATI.

Dopo l’8 settembre 1943 il restaurato Governo Fascista si trovò a gestire una situazione economica già immiserita dalla guerra e aggravata da nuovi fattori, quali la siccità (che nel 1943 compromise irrimediabilmente i raccolti1), la mancanza di materie prime, il peso dell’occupante tedesco (che pretendeva per sé quote di produzione obbligatoria agricola ed industriale) e per la Provincia di Como, l’inarrestabile numero degli sfollati. Nel Natale 1943, iniziative a scopo propagandistico, organizzate dal Capo della Provincia (quali il riscatto gratuito dei pegni dell’importo fino a 500 Lire e distribuzione di pacchi viveri alle famiglie), sono emblematiche della situazione di povertà2. Le ordinanze del Capo della Provincia, i Notiziari delle G.N.R. e gli organi della stampa locale, lasciano trasparire una realtà di miseria quotidiana, fatta di razionamenti, mercato nero, rialzo dei prezzi e furti. Il Notiziario della G.N.R. del 5 marzo 1944, annotava:

“[…] il problema alimentare non tende a migliorare e i prezzi salgono vertiginosamente, in modo particolare nei piccoli centri, ove i più abbienti il più delle volte accaparrano le poche provviste che vi sono”3.

1 Per fronteggiare il deficit alimentare, aggravato dalla carestia, le autorità fasciste esortavano la popolazione a coltivare orti. Cfr. “La Provincia di Como”, 6 ottobre 1943, foglio s.n.; 2 Cfr. “La Provincia di Como”, 20 dicembre 1943, foglio s.n.; 3 Cfr. Perretta Giusto, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana della Provincia di Como 1943-1945, Ed. Istituto Comasco per la storia del movimento di Liberazione, Graficop Como 1990, p.15; 133 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

Il 21 ottobre ’43, una delle prime direttive del neo eletto Capo della Provincia Scassellati, mirò a “[…] stroncare la continua corsa al rialzo dei prezzi e

4 riportare le menti e l’attività di tutti all’onesto e al giusto […]” . Sul quotidiano “La Provincia di Como” dell’11 novembre 1943, comparve il decreto del Capo della Provincia per la repressione delle macellazioni clandestine:

“[…] Tutti i trasferimenti fuori del territorio del Comune, di bestiame vivo sia da allevamento che da macello, sono oggi vietati […]. Tutto il bestiame che verrà trovato transitare senza la prescritta autorizzazione, verrà requisito […]. Il consumo della carne bovina, nei pubblici esercizi, a eccezione del sabato nella misura fissata per la popolazione sarà senz’altro ritenuto conseguenza di macellazione clandestina: anche i consumatori saranno deferiti all’autorità giudiziaria […]”5.

Il 29 novembre 1943, una relazione sulla situazione a Canzo del Commissario Prefettizio Mario Noseda, al Federale Paolo Porta e al Comandante della 16ª

Legione CC. NN. Ferdinando Vanini, pose in evidenza:

“[…] il problema più urgente da risolvere è quello dei contadini, i quali stanno vendendo il bestiame per mancanza di mangime. In realtà il mangime si può acquistare al mercato nero a prezzi iperbolici, ed il fieno arriva dal bresciano a 600 Lire al quintale. I contadini chiedono perciò un permesso, che dovrebbe essere concesso dalle Autorità Militari Germaniche, per poter acquistare a 6 Rovato (Brescia) almeno una parte del fieno che occorre per le loro vaccine” .

4 Cfr. “La Provincia di Como”, 21 ottobre 1943, foglio s.n.; 5 Cfr. “La Provincia di Como”, 11 novembre 1943, foglio s.n.; 6 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, relazione del Commissario prefettizio al Federale Paolo Porta e per conoscenza a Ferdinando Vanini Comandante della 16ª Legione CC. NN., del 29.11.1943, foglio s.n.; 134 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

Il Notiziario della G.N.R. del 22 aprile 1944, registrava il continuo rialzo del prezzo dei grassi e l’irregolare distribuzione:

“[…] rimane sempre insoluto il grave problema dei grassi. Il burro al mercato nero ha raggiunto il prezzo di Lire 400 il Kg. E l’olio, quando si trova, si paga sino a Lire 1.000 il fiasco. Anche il prezzo degli altri generi tende ad aumentare, con grave malcontento specialmente delle classi impiegatizie, operaie e delle categorie a reddito fisso”7.

Al fine di aumentare le assegnazioni di prodotti alimentari, venne richiesta e ottenuta la qualifica di località tipicamente industriali oltre che per i centri maggiori Como e Lecco, anche per alcuni paesi della Brianza: Erba, Merone, Cantù e Mariano Comense8. La federazione dei fasci repubblicani, si adoperò per assicurare l’approvvigionamento alle mense aziendali che servivano 76.000 operai9. Dall’1 gennaio 1943, furono istituite le mense aziendali obbligatorie per nutrire i lavoratori, essendo gli alimenti ottenuti con la tessera insufficienti. La mensa forniva un pasto per ogni operaio, costituito da un primo piatto fornito dalla Sepral (Sezione provinciale dell’Alimentazione), al secondo piatto doveva provvedere l’azienda. Tuttavia, spesso, mancavano i generi alimentari e le aziende dovevano provvedere in proprio, ricorrendo anche al mercato nero. In Alta Brianza e Vallassina alcune fabbriche furono classificate “ausiliarie” o “protette”, cioè di interesse bellico quali: la “Metallurgica Meroni” di Erba; la “Lamberti Camillo” tessuti di Erba; la “Fugini Gaetano Coltelli Bulloni” di Erba-Arcellasco; gli “Stabilimenti di Pontelambro”; le “Coltellerie Riunite” di Caslino d’Erba. Altre fabbriche di

7 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.22; 8 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, p.163; 9 Cfr. “La Provincia di Como”, 18 ottobre 1943, foglio s.n.; 135 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______interesse militare vennero decentrate in Brianza da Milano: ad Albese la “Apparecchi Strumenti Aereonautici”; a Montorfano la “Società Telemeccanica. Apparecchi e Strumenti per la Marina da Guerra”; a Rogeno la ditta “Aeroplani Caproni”. Il personale di queste aziende, era sottoposto alla disciplina militare di guerra. Erano previsti i reati di diserzione, sabotaggio, violenza ai superiori, rifiuto di obbedienza. La giurisdizione spettava ai Tribunali Militari10. Le fabbriche per mancanza di combustibile e di materie prime, che in Alta Brianza erano seta, rayon, cotone e metalli, riducevano orari e salari e, a volte, sospendevano la produzione. Ad aggravare tutto questo, si devono aggiungere le disposizioni come “il blocco dei tessuti” per il mercato interno e l’accorpamento dell’industria metallurgica in grandi conglomerati. I Notiziari della G.N.R. posero in evidenza tale situazione. Nel Notiziario del 5 marzo 1944 fu annotato:

“[...] La mancanza di materie prime, soprattutto di materiali ferrosi e di filati, sia di seta che di rayon, ha, in questi ultimi giorni, acuito la già sensibile contrazione del lavoro in molti stabilimenti”11.

Il Notiziario dell’11 marzo 1944, informava:

“Per disposizione degli organi competenti, quasi tutte le cartiere hanno sospeso o ridotto il lavoro a tempo indeterminato per mancanza di materia prima. […] le fonderie registrano una contrazione dell’attività per mancanza di ghisa e di carbone. Alcune torciture e tessiture seriche, difettando di filati, riducono proporzionalmente il numero delle operaie. Il disagio è particolarmente sentito da quelle aziende che, avendo sempre lavorato per conto di terzi, non beneficiano della assegnazione dei filati direttamente

10 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, industrie ausiliarie, cart. b. 92, fasc. 6, da gennaio 1943 al 1945, fogli s.n.; 11 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.15; 136 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

dall’Ente preposto alla distribuzione, ma attraverso commissionari, i quali molto spesso trovano conveniente cedere la loro assegnazione al mercato nero”12.

Per quanto riguardava l’industria metallurgica, il Notiziario della G.N.R. del 19 maggio 1944, così annotava:

“[…] Il decreto che ordina la denuncia e il blocco di metalli non ferrosi ha prodotto negli industriali i più svariati commenti. Si ha l’impressione che la denuncia sia stata imposta dall’autorità germanica e venga da essa autorità seguita e controllata a suo esclusivo vantaggio: si prevede la requisizione totale dei metalli con irrimediabile impoverimento del Paese. Il blocco arresterebbe inoltre larghe zone di attività industriale e provocherebbe la ricerca e l’occultamento dei metalli, per evitare di paralizzare o interrompere le attività produttive”13.

Il 14 giugno 1943, la “Metallurgica Meroni” di Erba inviò al Prefetto di Como, un esposto per l’evidente impraticabilità dei provvedimenti del Governo sull’accorpamento dell’industria metallurgica:

“[…] La sottoscritta si permette però di richiamare l’attenzione della Ecc.za. Vostra sui gravi danni che la proposta concentrazione porterebbe, specie alla nostra azienda, in rapporto anche all’ambiente dove essa svolge il suo lavoro […]. […] Ora nel nostro caso, un simile provvedimento priverebbe del lavoro un ingente numero di operai (450 operai), senza consentire il loro reimpiego in altre aziende, non essendovi industrie similari in zona. […] Circa poi, la pretesa economia nei trasporti e nei consumi, giova osservare che la nostra azienda (stabilimento ausiliario categoria A), partendo dal rottame raccolto nella zona,

12 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.16; 13 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.32; 137 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

attraverso lavorazioni interne, moderne ed autarchiche, giunge ad un prodotto finito in gran parte assorbito e da commesse belliche dirette e da stabilimenti ausiliari della zona, per modo che qualsiasi modificazione dell’attuale struttura, aggraverebbe, e non migliorerebbe il già gravoso problema dei trasporti e dei consumi”14.

Si sono già poste in evidenza le difficoltà che le fabbriche avevano a rifornire le mense aziendali e a questo proposito, il 5 dicembre 1944, il dirigente della “Metallurgica Meroni”, dr. Artioli, scrisse una lettera al Comitato Comunale Approvvigionamenti generi alimentari di Erba, per una richiesta di riso da distribuire ai dipendenti per le feste natalizie e per il miglioramento della mensa aziendale. La richiesta venne respinta con una lettera del Vice Podestà di Erba, in data 20 dicembre 194415. Gli “Stabilimenti di Pontelambro” o come erano da tutti chiamati “Cotonificio”, furono l’industria tessile più importante della zona, con circa 2.000 dipendenti, provenienti anche dai paesi limitrofi (Albavilla, Alzate, Caslino, Castelmarte, Erba, Lambrugo, Proserpio, Pusiano). Dal 1941 divenne “Stabilimento Ausiliario”, cioè necessario alla produzione bellica e questo fece si che il licenziamento degli operai, per la crisi dell’economia di guerra, fosse limitato. Il “Cotonificio”, fu nella zona l’istituzione che più si adoperava in campo sociale, elargendo viveri e somme di denaro ai lavoratori e agli sfollati. Un esempio è la somma di 5.000 Lire donata al Comune di Castelmarte il 18 agosto 194316. Probabilmente fu anche in parte per usufruire della buona organizzazione sociale degli “Stabilimenti di Pontelambro”, che il Commissario Prefettizio Airoldi, cercò di attuare il progetto della “Grande Erba”, cioè l’unione dei

14 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, concentramento dell’industria siderurgica nazionale, cart. b. 105, fasc. 4, da gennaio 1943 al 1945, fogli s.n.; 15 ASCE, aa. 1944-1945, cat. XI, cart. 366. Agricoltura, industria, commercio, fogli s.n.; 16 ASCCm, a. 1943, cat. XI, Agricoltura, industria, commercio. Lettera degli SPL, 18.08.1943, foglio s.n.; 138 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

Comuni di Ponte Lambro e con Erba, ma il progetto incontrò l’opposizione del parroco di Ponte Lambro Don Giovanni Strada, che in una lettera all’Airoldi del 26 aprile 1944, dichiarava:

“[…] la contrarietà la più decisa e assoluta che unanime pervade l’animo di

tutta la popolazione […]”17.

La vita quotidiana era in una forzata ristrettezza per la disoccupazione e per l’insufficienza dei salari e delle razioni delle tessere annonarie. Essendo la Brianza e la Vallassina zone a prevalente economia contadina, la popolazione se la cavava meglio che in città dove vi erano forme di gravissima denutrizione. I contadini stavano meglio degli altri perché riuscivano a sottrarre parte del loro raccolto all’ammasso e alimentare un piccolo commercio di sopravvivenza, facendo anche baratti tra prodotti della campagna e prodotti di contrabbando: in Vallassina un quintale di legna valeva un kg. di sale18. Dopo l’8 settembre infatti la maggioranza delle saline italiane fu sotto il controllo americano e quindi nella R.S.I. vi era un rigido razionamento del sale. La siccità, che si protraeva dal 1943, fece si che i raccolti del 1944 fossero pessimi e a ciò si aggiunse il freddissimo inverno del 1944-1945. La gente soffriva il freddo per la mancanza di legna e carbone. Mancavano anche manufatti di abbigliamento ed oggetti necessari alla vita quotidiana (una delle carenze più sentite era quella delle gomme di bicicletta, il mezzo più usato anche per raggiungere il posto di lavoro). La difficoltà e la miseria del vivere quotidiano, erano gli argomenti principali delle lettere che partivano per l’interno o per l’estero come pose in evidenza la “Relazione settimanale” dell’1-7 gennaio 1945, a cura del servizio di

17 ASCE, a. 1944, cart. 16. Lettera di Don Giovanni Strada, 26.04.1944, foglio s.n.; 18 Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino, op. cit., p.80; 139 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______censura inviata al Capo della Provincia, Celio, e al Comando Militare

Germanico:

“[…] Posta in partenza. Le solite lagnanze sia nella posta per l’interno che in quella per l’estero per le penose difficoltà alimentari aggravate dalla mancata distribuzione di generi tesserati, per i prezzi che non hanno limite, per la borsa nera divenuta piaga che sembra insopprimibile, per l’impossibilità di procurare combustibile da riscaldamento tanto più necessario in questo periodo di eccessivo rigore invernale. Si accusa specialmente la mancanza del sale e si temono le possibili deleterie conseguenze sulla salute fisica”19.

La situazione dell’approvvigionamento alimentare fu aggravata dall’arrivo nella Provincia di Como degli sfollati e dei sinistrati, vittime dei bombardamenti alleati che nei giorni 8, 13, 15 e 16 agosto 1943, oltre a provocare un imprecisato numero di vittime, distrussero migliaia di abitazioni. Uomini, donne e bambini furono costretti ad abbandonare Milano in cerca di una sistemazione più sicura, in attesa della fine del conflitto. Il 9 gennaio 1944 “La Provincia” pubblicò un decreto di Scassellati, diretto a disciplinare l’enorme afflusso di sfollati, considerata la scarsa disponibilità di case e l’eccessivo numero di bocche da sfamare:

“[…] è fatto divieto ai comuni della provincia di Como di aderire a nuove richieste di iscrizioni anagrafiche in tutti quei casi in cui il trasferimento della persona non sia giustificato da validi e comprovati motivi […]. E’ parimenti fatto divieto di rilasciare nuovi permessi di soggiorno a persone sfollate o che intendono comunque prendervi temporanea dimora, eccezion fatta per coloro che dimostrino di essere parenti od affini in linea diretta oppure in linea

19 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.2, Relazione settimanale dal 1 al 7 gennaio 1945 XXIII°, dal comando militare di guerra poste e telegrafo, Como del 08.01.1945, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (27); 140 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

collaterale limitatamente al 2° grado […] dal 15 gennaio 1944-XII cessano di avere comunque vigore in tutti i comuni della provincia di Como le carte annonarie emesse da altre provincie […]”20.

“La Provincia” del 23 gennaio 1944 informò i lettori sul lavoro svolto dal Comitato pro-sinistrati e sfollati dal giorno della sua istituzione: circa 1 milione e 290 mila Lire, spese in cinque mesi, oltre 18 mila capi di vestiario distribuiti, 200 presenze giornaliere in media alla mensa sfollati di Como21. Alla fine di aprile il Capo della Provincia Scassellati emise un comunicato che dimostrò l’insostenibilità della situazione per l’afflusso incontrollato degli sfollati:

“La provincia di Como ha esaurita ogni capacità ricettiva per cui è vietata l’immigrazione nella provincia stessa. I podestà ed i commissari prefettizi non potranno accordare nuovi permessi di soggiorni salvo in casi specialissimi e previa autorizzazione della Prefettura. Le persone che contravvenissero al divieto e che, per quanto diffidate, non abbandonassero subito il territorio della provincia di Como, saranno segnalate alla questura od al competente comando di stazione della G.N.R. per essere senz’altro allontanate”22.

Molti sfollati non si rivolsero alle autorità per avere un permesso di soggiorno, per non dover rinunciare alla propria abitazione e mantenere anche le tessere annonarie dei Comuni di provenienza e avvalersi così di due fonti di approvvigionamento. Per quanto riguardò l’Alta Brianza, il parroco Don Erminio Casati, nel “Liber Chronicus” della parrocchia di Santa Maria

Nascente di Erba, nel 1943, registrò l’arrivo degli sfollati a Erba:

20 Cfr. “La Provincia di Como”, 9 gennaio 1944, foglio s.n.; 21 Cfr. “La Provincia di Como”, 23 gennaio 1944, foglio s.n.; 22 Cfr. “La Provincia di Como”, 28 aprile 1944, foglio s.n.; 141 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

“[…] Questo altro anno di Guerra è stato caratterizzato dall’arrivo nella nostra Parrocchia di molte famiglie, provenienti in gran parte dalla città di Milano, sfollate perché rimaste senza casa distrutta dai bombardamenti aerei inglesi. I più poveri e i più sinistrati di questi sfollati furono ricoverati nei locali delle Scuole del palazzo di via G. Majnoni, trasformate in dormitori, in cucina i refettori. Si costituì un comitato di assistenza ai Sinistrati che pensò all’arredamento dei dormitori e a fornire di indumenti i sinistrati rimasti privi di tutto. Sede di quest’opera di assistenza diventò la Casa Prepositurale dove si raccoglievano indumenti e viveri offerti generosamente dalla popolazione e preparati e distribuiti a un gruppo di Patronesse che si prestano caritatevolmente”23.

La situazione descritta fu comune a tutti i paesi dell’Alta Brianza e Vallassina, dove nacquero comitati pro-sinistrati, composti dal Commissario Prefettizio e dalle persone più abbienti. A Canzo gli sfollati più poveri furono alloggiati nella “Caserma” e fu costituito un comitato pro-sinistrati, il cui presidente era il Commissario Prefettizio Porroni24. Fra il 1942 e il 1943, giunse in Alta Brianza e Vallassina un gran numero di sfollati; ad Erba furono 5.023 che si aggiunsero alla popolazione residente di allora che era di circa 9.000 abitanti. Vi erano problemi di ordine pubblico per le tensioni che esplodevano sia tra gli sfollati stessi, sia con i residenti. Alcune decine di lavoratori erbesi, costretti dalla necessità, cedettero alla propaganda fascista ed emigrarono in Germania per lavorare nelle industrie belliche tedesche25. Il 17 agosto 1943 fu inviata dal Consigliere Delegato Brusa del “Cotonificio Fratelli Oltolina” di Canzo al Prefetto di Como una lettera, in cui si fece presente che la zona era

23 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia di Santa Maria Nascente di Erba, anno 1944, fogli s.n.; 24 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, relazione al Capo della Provincia Scassellati sulla situazione di Canzo, da parte di Ferdinando Vanini, comandante della legione UPI, del 20.10.1943, foglio N.59/B/1 di prot.; Cfr. Liber Chronicus, delle parrocchie di Erba, Alzate Brianza, Fabbrica Durini, Orsenigo; 25 Cfr. AA.VV., Contributi per una storia di Erba, Ed. Responsabile Comune di Erba 2007, pp.579-580; 142 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______piena di sfollati che insistentemente chiedevano di acquistare manufatti tessili, ma il negozio di vendita al dettaglio della ditta Oltolina, era sfornito di merce per il “blocco dei tessuti”; si chiedeva quindi una deroga al Decreto

Ministeriale, vista la situazione di emergenza:

“[…] In questi ultimi giorni il negozio di Asso è stato oggetto di continue pressioni e insistenze da parte di numerosissimi sfollati milanesi per prelevare, dietro consegne dei regolari buoni dei sinistrati, i manufatti tessili di nostra produzione e ciò per sopperire all’urgente inderogabile necessità da parte di loro di rifarsi, sia pure per lo stretto indispensabile, del guardaroba personale, andato distrutto negli ultimi bombardamenti di Milano. Purtroppo il negozio non ha potuto far fronte a tali insistenti richieste perché trovasi quasi completamente sfornito di merce; né può essere rifornito, come sarebbe praticamente possibile, dal Cotonificio Fratelli Oltolina, in quanto le giacenze di manufatti detenute presso quest’ultimo sono bloccate a norma del D.M.(Decreti Ministeriali) 23 giugno 1943”26.

Nella relazione del 29 novembre 1943, il Commissario Prefettizio Mario

Noseda, informava sulle difficili condizioni dei sinistrati di Canzo:

“[…] I sinistrati invece prospettano il problema degli alloggi, della legna e del carbone, dei medicinali e dei ricostituenti per bambini, e chiedono anche per loro, come viene fatto per gli operai, attraverso gli spacci aziendali, di poter avere dei viveri supplementari. Molte sono le richieste avanzate, parecchie sono da scartare, bisogna ammettere però che la situazione dei sinistrati peggiorerà coll’aumentare della stagione rigida, e l’idea di uno spaccio

26 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, cart. b. 105, fasc. 4, Blocco tessuti, del 17.08.1943, foglio s.n.; 143 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

potrebbe essere studiata dall’Ente provinciale di assistenza allo scopo di aumentare almeno il vitto giornaliero”27.

Gli “Stabilimenti di Pontelambro”, elargirono somme di denaro ai Comuni di provenienza dei lavoratori, in cui si erano stabiliti sfollati e sinistrati; un esempio fu la somma di 5.000 Lire, donata al Comune di Castelmarte il 18 agosto 194328. In Alta Brianza e Vallassina alcuni sfollati erano ricchi milanesi, proprietari di ville per la villeggiatura estiva. Altri sfollati, conosciute le bellezze dei luoghi e la salubrità dell’aria, complice la vicinanza a Milano, grazie allo sviluppo dei mezzi di trasporto, ritornarono anche nel dopoguerra come villeggianti e chi poteva, soprattutto negli anni del boom economico, si costruì una seconda casa. Per Civenna, Magreglio, , Sormano, Asso e Canzo, l’essere stati “invasi” da un gran numero di sfollati è stato un importante fattore dello sviluppo dell’economia turistica, che portò in Alta Brianza e Vallassina benessere e impulso culturale.

27 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, relazione del Commissario prefettizio al Federale Paolo Porta e per conoscenza a Ferdinando Vanini Comandante della 16ª Legione CC. NN., del 29.11.1943, foglio s.n.; 28 ASCCm, a. 1943, cat. XI, Agricoltura, industria, commercio. Lettera degli SPL, 18.08.1943, foglio s.n.. 144 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

5.2 - BORSA NERA E CONTRABBANDO.

Si è già posto in evidenza come l’attività censoria della corrispondenza, permettesse alle autorità fasciste di avere un quadro della situazione di malessere della popolazione, che trovava così un’opportunità di sfogo per esprimere la penosa situazione in cui era costretta a vivere29. Il Prefetto di Como Parenti30, nel suo rapporto alla direzione generale della P.S., nel maggio del 1943, così scriveva commentando il contenuto di alcune lettere:

“[…] A proposito di borsa nera e di sanzioni qualche segno di scetticismo: «... qui

è un vero disastro (a Perledo, il 29 aprile): non si trova più nulla; i negozi sono chiusi, le ultime restrizioni hanno spaventato tutti quanti. Così ci fanno saltare i pasti, che disastri!». In fatto di crisi alimentare, di prezzi catastrofici, i soliti commenti si ripetono da ogni parte: una capra Lire 2.750, un maiale di 30 chili, Lire 3.500, un fiasco d’olio

(«che magari è immangiabile»), Lire 220; e questi sono alcuni esempi di tutto il resto, come il fieno a Lire 500 il quintale. Si commentano ironicamente gli

obblighi fatti dalle Autorità: «…siamo obbligati a dare noi pure 15 uova per ciascuna gallina ogni tre mesi; ma invece noi, appena fatte le uova ce le mangiamo intanto che sono belle fresche per paura che prendano la muffa». […] Il complesso della situazione, per la gente che non ha molti mezzi disponibili, è bene descritto e commentato, come esempio che vale per la generalità dei casi, nel seguente stralcio da una

lettera della moglie a un fante PM. 29 del 6 maggio 1943: «… Il pane non è buono per nulla, da solo è immangiabile e di pietanza non c’è niente. Nelle botteghe di Cibrone non si trova più niente: la roba a prezzo nero è per noi inaccessibile: carne a 70, 80, 100 Lire al chilo; un uovo Lire 4, un chilo di farina gialla Lire 15, quella bianca 222, salame Lire 150-180 al chilo, lardo Lire 120 e, con la giornata che si prende, dillo tu se si può comprare la roba a quel prezzo, e quindi si patisce la fame. Se non finisce questa vitaccia della quale non solo io, ma tutti siamo 31 arcistufi, avverrà che noi poveri operai andremo a finire tutti al sanatorio o al manicomio» ” .

29 Vedi Cap. 5, Par. 5.1, alla p.141 e nota n.19 di questo testo; 30 PARENTI EFRE, Prefetto di Como dal settembre 1942 al luglio 1943; 31 Cfr. Bianchi Gianfranco, Antifascismo e Resistenza nel comasco. Rievocazione, testimonianze, documenti, Como, Centro stampa, Comune di Como, Amministrazione Provinciale di Como, aprile 1975, pp.55-56 ; 145 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

Questa la situazione pochi mesi prima della caduta di Mussolini, ad opera dei gerarchi fascisti, la notte tra il 24 e il 25 luglio 194332. La caduta del fascismo portò con sé un breve periodo di euforia, ma “La Provincia” di mercoledì 4 agosto 1943, sotto il titolo “Un sacro dovere per tutti”, affrontò il problema degli ammassi, riportando la popolazione alla realtà dei fatti:

“L’obbligo del conferimento agli ammassi […] giunge a proposito per smentire voci di irresponsabili tendenti a sobillare l’inutilità della consegna dei cereali, e degli altri prodotti agricoli dopo gli avvenimenti del 25 luglio […] la guerra continua […] uomini dei campi e uomini delle officine devono oggi costituire un blocco di volontà smisurata che mira ad un solo scopo […] la Patria. Nessun deviamento è ammesso; nessuna stasi. Un senso di disciplina cosciente deve oggi allignare nel cuore di ogni cittadino […] nessuno dovrà esimersi […] dal conferire i prodotti agricoli all’ammasso”33.

Martedì 10 agosto 1943, dalle pagine del giornale cattolico “L’Ordine”34, il

Vescovo di Como, Alessandro Macchi, fece presente ai parroci la necessità di:

“[…] far giungere dal pulpito ai fedeli, una parola di incitamento, diretta ad esortarli a non venir meno ai doveri di buoni italiani e, specialmente di non sottrarsi a quello inerente all’obbligo del conferimento dei cereali […] per non incorrere in sanzioni penali di inadempienza”35.

Le esortazioni di conferimento agli ammassi non riguardavano solo i prodotti alimentari, ma anche la seta, prodotti di abbigliamento in genere, legname

32 Vedi Cap. 1, Par. 1.1, alla p.6 di questo testo; 33 Cfr. “La Provincia di Como”, 4 agosto 1943, foglio s.n.; 34 Dopo la ricomparsa di Mussolini (settembre 1943), “L’Ordine”, che nel ventennio subì censure e vessazioni, non si dichiarerà più disposto ad accettare nuove limitazioni e soprusi, la redazione decise di sospendere le pubblicazioni, in una riunione presieduta dal Vescovo di Como Alessandro Macchi. L’ordine ricomparve il 28 aprile 1945, con un’apertura a nove colonne: “L’Italia rinasca a un regime di Libertà”. Cfr. Bianchi Gianfranco, Non piacque mai ai fascisti, inserto del settimanale “L’Ordine”, del 26 ottobre 1980; 35 Cfr. “L’Ordine”, del 10 agosto 1943, foglio s.n.; 146 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______ecc. Durissima era la condanna al fenomeno della borsa nera che, con il trascorrere dei mesi, si allargava sempre più. Molti contadini e allevatori, preferivano non dare interamente il proprio raccolto agli ammassi, ma vendere al mercato nero36. I guadagni erano più elevati e valeva la pena correre il rischio. Chi aveva soldi da spendere, poteva comprare di tutto, non mancava quasi nulla al mercato nero. Dopo l’8 settembre si dovettero fare i conti con un esercito occupante e il risorgere del regime fascista. “La Provincia”, che si era subito messa al servizio della R.S.I., il 17 settembre

1943, invitò i cittadini a non effettuare:

“[…] atti ostili di ostruzionismo; non occultamento di merci […], non artificiale alterazione dei prezzi […], buona volontà, disciplina e ancora molta serietà e dignità”37.

Testimonianza del diffuso malessere fu il progressivo aumento, sulla stampa locale, dello spazio dedicato agli appelli contro la borsa nera, alla quale, chi poteva, ricorreva con sempre maggiore consuetudine e al resoconto delle operazioni di polizia contro chi violava le norme vigenti in materia di ammasso. Stava arrivando l’inverno e alcuni Comuni denunciarono in Prefettura la mancata consegna di legna, da distribuire alla popolazione da parte dei rivenditori autorizzati38. Poiché appelli e minacce non davano i risultati sperati, si ricorse agli incentivi. Pochi erano i contadini che portavano il raccolto di patate agli ammassi e Scassellati, dalle colonne de “Il

36 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, p.169 e pagine seguenti; 37 Cfr. “La Provincia di Como”, 17 settembre 1943, foglio s.n.; 38 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, Lettera del Podestà di Rogeno all’ufficio ECOSOL ed alla Prefettura per mancata consegne della legna per la popolazione civile, denuncia degli inadempienti, del 19.11.1943, foglio N. 5215 prot.; Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, Lettera inviata dal Commissario Prefettizio di Capiago-Intimiano al Capo della Provincia e al Comando Coorte Milizia Forestale e all’ECOSOL, del 5 novembre 1943, foglio N.287; Vedi Appendice: Doc. (28); 147 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

Resegone”39 del 5-6 novembre 194340, promise un premio di 45 Lire al quintale, quale supplemento al prezzo base di 120 Lire al quintale, ai pochi agricoltori che avrebbero conferito agli ammassi le patate41. Ma gli incentivi prefettizi non potevano competere con i guadagni della borsa nera e quindi continuarono gli appelli e gli annunci di arresti e denunce per frode in materia annonaria. Sul quotidiano “La Provincia di Como” di mercoledì 16 febbraio 1944 comparve il titolo: “Nessuna tregua al mercato clandestino. 6 arresti e 67 denuncie”. Il quotidiano annunciava:

“Oggi cominceremo l’elenco con quei commercianti che ad ogni verifica, cascano dalle nuvole e non sanno giustificare gli ammanchi di derrate, specialmente se si tratta di pasta, farina, riso e simili […] ma nonostante i giuramenti per attestare il contrario tutti sanno che quei generi sono andati a finire nelle case di coloro che si dichiarano disposti a pagarli dieci o quindici volte di più del loro valore”.

Iniziava poi un elenco di esercenti e di commercianti del comasco e dell’Alta Brianza-Vallassina (Proserpio, , Erba, Zelbio), non in grado di spiegare gli ammanchi; in attesa del giudizio veniva revocata la licenza di esercizio42. “La Provincia” del 13 marzo 1944, informava la popolazione di alcuni provvedimenti presi dal Governo della R.S.I., per aumentare gli organismi preposti alla spartizione e al controllo delle risorse disponibili. Veniva istituita la Polizia Economica, composta da contingenti tratti dalla Guardia di Finanza Repubblicana e dalla Polizia Repubblicana, con compiti di

39 “Il Resegone”, settimanale cattolico lecchese, che divenne quindicinale a partire dall’11 febbraio 1944. Fu costretto a limitare la propria cronaca ad argomenti di carattere prevalentemente religioso. Cfr. opuscolo: 100 anni con il “Resegone”, opusc. G-489, presso la Biblioteca Comunale di Como; 40 Il giornale “Il Resegone”, durante il periodo della R.S.I., uscì sempre riportando contemporaneamente le date di venerdì e sabato; 41 Cfr. “Il Resegone”, 5-6 novembre 1943, foglio s.n.; 42 Cfr. “La Provincia di Como”, 16 febbraio 1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (29); 148 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______accertamento, repressione e denuncia di tutti i reati attinenti alla produzione, lavorazione, ammasso e distribuzione dei prodotti43. Ma la situazione del mercato nero rimase invariata e in peggioramento quella alimentare. Il Notiziario della G.N.R. del 19 maggio 1944, dichiarava:

“[...] Sebbene tutti invochino misure drastiche per stroncare il mercato nero, tutti, in maggiore o minore quantità, vi attingono. Anche i germanici, in un primo momento erano di una disciplina indiscutibile, si lasciano ora allettare dal mercato nero, dal quale attingono largamente per le loro mense. […] Il sale da cucina, del quale si lamenta l’insufficiente e l’irregolare distribuzione, è oggetto di commercio clandestino, a prezzi elevatissimi […]”.

Il mercato nero aveva quasi annullato la circolazione di cambiali e di vaglia:

“[…] Quasi nulla la circolazione cambiaria: anche questo è un effetto del marcato nero, che regola tutto per contanti, senza fattura e con scambi di merci […]”44.

Trafficare nel mercato clandestino significava per alcuni, la sopravvivenza del nucleo familiare, vista la disoccupazione, i magri salari e l’esigua razione di cibo delle quote annonarie, per altri era fonte di facile e ricco guadagno. Si legge infatti nel Notiziario della G.N.R. del 23 ottobre 1944:

“[…] La borsa nera domina la situazione e oltre a risolvere il problema dei rifornimenti di viveri, costituisce una fonte di guadagno per chi la esercita. Essa viene praticata dai più umili popolani ai più ricchi industriali”45.

43 Cfr. “La Provincia di Como”, 13 marzo 1944, foglio s.n.; 44 Cfr. Perretta Giusto, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana della Provincia di Como 1943-1945, Ed. Istituto Comasco per la storia del movimento di Liberazione, Graficop Como 1990, pp.30-31; 45 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.82; 149 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

Le linee ferroviarie e tramviarie, che collegavano la Brianza a Milano e a Como, erano affollate da persone che trasportavano ogni genere di merci del mercato clandestino. In un promemoria per il Questore del 16 febbraio 1944, si legge:

“Viene segnalato che il tram proveniente da Cantù in arrivo a Como alla ore 8 della mattina è sempre occupato da donne e signorine che trasportano ogni genere di merce destinata alla borsa nera”46.

Il mercato nero continuava a dilagare tanto che il Duce, tra le direttive per risolvere il problema alimentare, introdusse la pena capitale per reati particolarmente gravi legati al mercato nero47. Anche la stampa clandestina si occupava della piaga del mercato nero, visto come la conseguenza dell’assoluta incapacità a governare della R.S.I.. In un volantino anonimo, trasmesso dalla Questura al Capo della Provincia il 17 marzo 1945, si poteva leggere a proposito dell’incessante campagna di stampa contro la borsa nera:

“Avete aperto i tromboni degli altoparlanti e versato torrenti di inchiostro su quei libelli che voi chiamate giornali e che pochi fessi ancora comperano per ridere, come per leggere un giornale umoristico. Dai al mercato nero! Fucilazione persino. Anche questa vorrebbe essere propaganda, non per noi che moriamo di fame e di freddo […]. […] Oggi siamo ridotti a 200 grammi di pane al giorno insipido e muffito a 50 grammi di riso e null’altro (sparito zucchero, grassi, sale, carne, latte, patate ecc.). […] Dove va il nostro formaggio che si esportava in tutto il mondo oltre che alimentare l’Italia? Il nostro riso, la nostra farina? E tutto il ben di Dio che queste terre hanno sempre prodotto e che alimentavano l’Italia. Assistiamo alla preda quotidiana da parte dei

46 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, promemoria per il Questore, del 16.02.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (30); 47 Cfr. “La Provincia di Como”, 3 giugno 1944, foglio s.n.; 150 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

tedeschi e fascisti, i primi con garbo, i secondi con la violenza, con la prepotenza, con i soprusi, con i mitra, col terrore […]”48.

In una relazione sulla situazione di Como e Provincia, del 28 dicembre 1944, anonima, presumibilmente inviata ai Capi della R.S.I., sulla situazione dei traffici clandestini e sulla gestione della Provincia da parte delle Autorità fasciste di Como, si definiva la Provincia di Como, nelle sue attività politiche e militari, la peggiore della R.S.I.:

“[…] un bubbone marcio che sempre più si ingrossa […]. La popolazione della Provincia di Como è completamente apatica e priva di ogni senso d’onore e di dovere. L’influenza deleteria in questa provincia dei ricchi, dei facoltosi industriali peggiora continuamente la massa del popolo che allettata dai denari della classe ricca […] dirige tutta la sua attività: nel contrabbando con la Svizzera, nella borsa nera, nel mercato nero, nell’attendismo e nel ribellismo. Le Autorità fasciste di Como: Capo della Provincia, Federale, Questore e Comandante della G.N.R. nulla fanno per risolvere la spinosa questione, ma seguono l’andazzo generale trafficando essi stessi nella maniera più lercia […]. Tutte le Autorità di Como sono coinvolte negli affari più loschi con la vicina Svizzera e con gli industriali; con i quali sono in continua combutta a completo discapito con gli interessi del popolo. […] Mercato nero, contrabbando di valuta, spionaggio, inflazione continua della moneta, affari loschi in Prefettura, in Federazione, in Questura, propaganda anti-militare anti-fascista anti- italiana, pervasa dalle correnti che scendono cariche di odio dalla infetta Svizzera […]”49.

48 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, volantino anonimo trasmesso dal Questore Pozzoli al Capo della Provincia Celio, il 17.03.1945, foglio N.0701 U.P.; 49 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, Relazione anonima su Como e Provincia, del 28.12.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (31); 151 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

Nella Brianza e nel comasco, per la particolare posizione geografica, a ridosso del confine, la borsa nera si innesta con un fenomeno di antiche radici: il contrabbando. Il contrabbando fra Italia e Svizzera fu sempre determinato dalle condizioni politico-economiche dei due paesi, con periodi più o meno intensi, tra cui spicca quello che va dall’autunno 1943, fino al primo dopoguerra, nel quale ebbe caratteristiche di massa50. Una relazione anonima del 15 settembre 1944 informava dell’intenso traffico in località “Alpe Picetti” (a metri 1.200 di altezza, nel Parco del San Primo), di contrabbandieri, renitenti, sbandati e ribelli che transitavano o dimoravano nell’osteria dei “Picetti” che, nella sofferenza del vivere quotidiano veniva descritta come un luogo di abbondanza, di divertimento e di incontro di vite alla “macchia” in gran parte giovani:

“[…] L’osteria normalmente è chiusa durante l’inverno, ma questo inverno scorso è stata sempre aperta, poiché, di contrabbando ospitava dei renitenti e simili, che pagavano molto bene, e la proprietaria, certa Martina…………di Lezzeno51, nota fra i contrabbandieri, ai quali ha sempre ricettato caffè, saccarina, tabacco, ecc. I renitenti, sbandati, ribelli e simili, vi sono tutt’ora, […]. […] La Martina ha sempre del buon vino, specie in bottiglia a Lire 40 l’una, ottimo salame, pane, marmellata ed altro, il tutto senza tessera e a borsa nera, che le viene fornito da un cognato con negozio di alimentari a come essa dice: fa anche da mangiare […]”52.

Dopo l’8 settembre il flusso di prodotti alimentari, tradizionalmente diretto dalla Svizzera all’Italia, subì un’inversione di tendenza, dall’Italia alla Svizzera favorito dalla riduzione dei controlli doganali nella parte italiana. Infatti

50 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.284; 51 Lezzeno, paese sotto il San Primo dopo Bellagio; 52 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.2, Relazione anonima informativa, del 15.09.1944, foglio s.n.; 152 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______numerosi furono i militi della Guardia di Finanza che si rifugiarono in territorio elvetico o non accettarono di aderire alla R.S.I.. Così descrisse la situazione che si determinò al valico di Chiasso dopo l’8 settembre, una nota del 2 aprile 1944 de “I Notiziari della G.N.R.” della provincia di Como:

“Dagli ambienti che ne sono venuti a conoscenza, suscita commenti la situazione che si è venuta a determinare nel personale addetto alla Dogana italiana del Valico di Chiasso dopo gli avvenimenti dell’8 settembre: 37 funzionari, compreso l’Ispettore Generale Bernabei, hanno aderito alla Repubblica Sociale, mentre i rimanenti, che superano la cinquantina, non hanno aderito e si considerano al servizio del governo badogliano, tramite la legazione Italiana in Svizzera. La Repubblica ha sospeso gli stipendi ai funzionari non repubblicani ma costoro, sovvenzionati dalla Legazione Italiana e pare anche da agenti inglesi, continuano a frequentare gli uffici della Dogana. Il lavoro d’ufficio, però, viene svolto quasi tutto dai funzionari repubblicani sotto gli occhi dei badogliani i quali qualche volta si prestano ad aiutarli. Quasi tutti i funzionari, repubblicani e badogliani, hanno le loro abitazioni in Svizzera e vivono per così dire all’estero”53.

Veniva esportato soprattutto riso, ma anche farina di mais, burro e formaggio; oltre a prodotti quali seta, velluto, pullover, biciclette e motociclette smontate ecc. Si importavano caffè, tabacco, sale, cioccolato, orologi, valuta, destinati ad acquirenti di classe sociale elevata e quindi a tutto svantaggio delle classi più povere, poiché venivano sottratti alimenti di largo consumo. Questo tipo di contrabbando, praticato soprattutto dagli abitanti delle zone montuose vicino al confine, era definito da “soma”, poiché colonne di decine di “spalloni” salivano i sentieri di montagna verso la

53 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.19; 153 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______rete che segnava il confine con la Svizzera54. Un articolo del quotidiano “La Provincia” del 26 ottobre 1943, informava sul guadagno dei contrabbandieri di riso:

“Il contrabbandiere compera il riso di produzione 1943, nel Lodigiano a Lire 17 al Kg. Se riesce a introdurlo in Svizzera, anziché percepire le 180-200 Lire corrisposte fino a qualche mese fa, chiede in cambio merce, del tabacco o meglio del caffè. Gli svizzeri sono ben contenti di fare questo cambio e poiché da noi un kg. di tabacco costa, in borsa nera, un migliaio di Lire e non meno viene pagato un kg. di caffè, voi capite quale margine di guadagno abbia il contrabbandiere”55.

I prezzi sopra esposti della merce contrabbandata, erano puramente indicativi perché soggetti ad aumenti molto frequenti, dovuti a carenze dell’approvvigionamento alimentare legale ed al conseguente rialzo della domanda del mercato clandestino oltre alle mutevoli condizioni interne del traffico illegale56. Promemoria inviati ai Carabinieri o alla Questura, riferiscono di segnalazioni in merito a persone di umili origini e molto giovani, che dispongono di molto denaro e possono acquistare:

“[…] pellicce da regalare alle fidanzate operaie”57. “Da accertamenti praticati è risultato che i sottonotati giovani di Maslianico, appartenenti a famiglie che versano in misere condizioni economiche, dispongono di qualche biglietto da mille il che induce a pensare, tenuto conto della loro età, condizione di famiglia, e che non esercitano lavoro continuo e proficuo tale da giustificare il possesso di rilevanti somme, che gli stessi abbiano esercitato o esercitano il

54 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.286; 55 Cfr. “La Provincia di Como”, 26 ottobre 1943, foglio s.n.; 56 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.286; 57 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, promemoria per i Carabinieri, del 16.12.1943, foglio 718 RS.; Vedi Appendice: Doc. (32); 154 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

favoreggiamento di espatri clandestini di ebrei o contrabbando di generi alimentari con la vicina Svizzera […]”58. “Mazzoleni Franco (in frazione Mornello-Maslianico) che, alla sera si riunisce […] all’osteria di Mornello per poi dirigersi verso la località Cascina per favorire il passaggio di ebrei e di viveri, asserisce di aver guadagnato già Lire 100.000 ed assicura che, per Natale arriverà a raddoppiare la cifra. Si segnala altresì che tale Vergani Carlo, ufficiale ora in borghese del distretto di Como, avrebbe venduto 200 lenzuola militari e calze che si crede faccia passare in Svizzera, in collaborazione coi soprannominati contrabbandieri”59. “Viene riferito che troppa gente ha ancora la possibilità di varcare legalmente la frontiera e porta di qua e di la lettere e soldi, bisogna vigilare di più. Anche molti funzionari di dogana sono compromessi. […]”60.

Oltre al riso era molto ricercato in Svizzera l’aglio, per condire la carne di maiale: valeva oro. Poi salami, prosciutti e il grano che, come il riso, le donne andavano a prendere in pianura, rischiando sui treni. In un anno e mezzo le guardie svizzere arrestarono 10.000 contrabbandieri, che passavano qualche giorno al castello di Untervaldo a Bellinzona e poi ripuliti dalle pulci e dai pidocchi, venivano liberati61. Il periodo del contrabbando di massa, nato nell’autunno del 1943, terminò oltre il conflitto mondiale, nell’estate del 1948, quando in Svizzera cessò la penuria di alimenti62. Con la Svizzera si svolgeva un contrabbando, in atto tuttora, che si avvaleva di personale selezionato per il valore della merce contrabbandata: valuta, monete

58 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, denuncia dei Carabinieri alla Prefettura, del 16.12.1943, foglio N.118/18-1 di prot. R.P.; 59 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, segnalazione anonima di un appartenente al P.F.R., del 8.12.1943, foglio s.n.; 60 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, promemoria per il Questore, del 14.02.1944, foglio s.n.; 61 Cfr. Bellosi Cecco, Il paese dei contrabbandieri, Ed. Nodo Libri, Como 1995, p.64; 62 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.286; 155 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______preziose come i marenghi d’oro, orologi di pregio, sostanze stupefacenti63. Il contrabbando di valuta e merce preziosa fu praticato anche dalle autorità fasciste, in particolare dal Capo della Provincia Renato Celio, che ricorse al contrabbando per interesse personale, mascherato da lecite transazioni di affari. Ne è un esempio l’acquisto trattato dal Commissariato per gli approvvigionamenti industriali e alimentari di Como, nel novembre 1944, di circa 9.000 orologi svizzeri, quale pagamento della Svizzera di esportazioni dall’Italia di frutta e verdura, periodo nel quale sul territorio della R.S.I., vi era grande penuria alimentare. L’operazione, autorizzata dal Ministero delle Finanze e dall’ufficio per il Commercio Estero, servì ad approvvigionare i commercianti del settore, fruttando denaro per la R.S.I., ma circa 1.000 orologi restarono a Celio che se ne servì per fare regali al fine di rafforzare il proprio potere personale64. Aveva le radici nel Risorgimento il contrabbando politico, che si avvaleva di contrabbandieri che alternavano ai soliti traffici, missioni particolari come quella di far espatriare antifascisti, ebrei, prigionieri alleati evasi. Per ogni prigioniero alleato fatto espatriare, venivano pagate dalle 100 alle 200 Lire; il denaro proveniva dal C.N.L. di Milano. L’espatrio avveniva, come si è posto in rilievo nel capitolo 3, paragrafo 3.1 “Sacerdoti Ribelli”, attraverso la rete di solidarietà, organizzata da religiosi; le destinazioni terminali erano le canoniche dei paesi dell’Alta Brianza, della Vallassina e del lago, dove i parroci potevano contare sull’aiuto dei parrocchiani. I partiti clandestini (PC, PSI, PP), organizzavano l’espatrio attraverso l’organizzazione di “Soccorso Rosso”65. In qualche occasione i contrabbandieri, non accontentandosi della ricompensa, depredarono di ogni avere i profughi, giungendo talvolta ad ucciderli; per cancellare ogni prova,

63 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.287; 64 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, raccoglitore XV, nota informativa sul Capo della Provincia Celio , s.d., foglio s.n.; 65 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., p.288; 156 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______gettavano i cadaveri negli anfratti di montagna66. I tentativi di reprimere il fenomeno del contrabbando da parte della R.S.I., furono il decreto legge del 24 maggio 1944, con il quale fu chiusa una zona di 3 km. di confine e la sostituzione della Guardia di Finanza con la Milizia Confinaria, affiancata poi dai tedeschi. La Milizia, diversamente dalla Guardia di Finanza, sparava sui contrabbandieri intercettati67. Il Notiziario della Guardia Nazionale

Repubblicana del 27 aprile 1944, informava:

“Como: il 18 corr. Alle ore 20,30 in località “Bressera”, di Casasco Intelvi, una pattuglia della G.N.R. confinaria fu costretta a sparare alcuni colpi d’arma da fuoco contro un gruppo di contrabbandieri che non aveva obbedito all’ordine di fermarsi. Un contrabbandiere, identificato, poi per Giovanni Soldati, rimase ucciso, mentre i rimanenti riuscirono a dileguarsi. I legionari sequestrarono 7 bricolle contenenti riso e formaggio”68.

Il governo svizzero, nei confronti dei rifugiati militari e civili, applicava le norme delle convenzioni internazionali, stipulate all’Aja nel 1907 e a Ginevra nel 1929 e si avvaleva del diritto di uno stato neutrale di fornire asilo ai cittadini degli stati belligeranti. Poteva accordare o meno rifugio sul proprio territorio a beni pubblici e privati degli stati in guerra, ai loro cittadini e ai membri delle loro forze armate, con l’obbligo di disarmarle69. Il contrabbando di “massa” della cosiddetta “epoca del riso” che le autorità fasciste e tedesche non seppero controllare e reprimere, determinò per le popolazioni montane contadine, un’accelerazione nel processo di modernizzazione e nei riferimenti culturali e nel dopoguerra: “Pochi

66 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., pp.289-290; 67 Cfr. Roncacci Vittorio, op. cit., pp.290-291; 68 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.24; 69 Cfr. Broggini Renata, Terra d’Asilo. I rifugiati italiani in Svizzera 1943-1945, Ed. Il Mulino, Bologna 1993, p.43; 157 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______trovarono la propria pace nel ritorno alla terra […]. Non più ad affrontare faticosi percorsi, ma a finanziare in gruppo l’attività […]”70. “Alla massa degli spalloni per fame e al piccolo mondo dei contrabbandieri di tradizione, si unirono personaggi diversi”71 .

70 Cfr. Bellosi Cecco, op. cit., p.67; 71 Cfr. Bellosi Cecco, op. cit., p.65. 158 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

5.3 - FURTI, RAPINE, ASSALTI AI TRENI.

Scorrendo la stampa locale dall’autunno 1943, furono pubblicate con regolarità, quasi giornaliera, notizie di episodi di criminalità, tra i quali ebbero il primato i furti e le rapine a mano armata. I furtarelli per fame erano ormai diventati la routine di ogni giorno. Il 30 settembre 1943, il quotidiano “La Provincia”, comparve con questi titoli principali: “Il colpo del ladro fulmine”, “Un pollaio e una conigliera svuotati dai ladri”, “Furti di patate”, “Il disoccupato trova lavoro rubando una bicicletta”72. Questo stava a indicare un grave peggioramento delle condizioni di vita; i ladri non erano solo ladri di mestiere, ma anche persone qualsiasi, spinte dal bisogno. I furti più frequenti erano quelli di biciclette73. La bicicletta era il mezzo di trasporto più diffuso, più prezioso e sempre più caro, perché si trovava solo al mercato nero, al prezzo di 7.000 Lire (il prezzo fissato era 152 Lire per il tipo unico da uomo e donna)74. I Notiziari della G.N.R. si occupavano di reati più gravi e non è facile distinguerli da azioni partigiane, perché nel lessico usato per stendere le note, come del resto negli articoli di giornale, le parole ribelle, fuorilegge, bandito, venivano usate indifferentemente come sinonimi. Nei Notiziari vi furono notizie di requisizioni fatte da partigiani nei negozi dei paesi e presso i contadini delle valli, pagate in denaro, e se si trattava di automezzi venivano restituiti.

Notiziario dell’ 11 settembre 1944:

72 Cfr. “La Provincia di Como”, 30 settembre 1943, foglio s.n.; 73 Cfr. “La Provincia di Como”, 25 febbraio 1944, foglio s.n.; Cfr. “La Provincia di Como”, 16 marzo 1944, foglio s.n.; Cfr. “La Provincia di Como”, 5 luglio 1944, foglio s.n.; Cfr. “La Provincia di Como”, 23 luglio 1944, foglio s.n.; Cfr. “La Provincia di Como”, 8 novembre 1944, foglio s.n.; Cfr. “La Provincia di Como”, 13 dicembre 1944, foglio s.n.; ecc.; 74 Cfr. Perretta Giusto, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana della Provincia di Como 1943-1945, Ed. Istituto Comasco per la storia del movimento di Liberazione, Graficop Como 1990, p.31; 159 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

“Il 22 agosto u.s. alle ore 17,40 in Lasnigo, 4 banditi armati si presentavano alla rivendita di generi di monopolio gestita da Costanza Amutti e sotto la minaccia delle armi si facevano consegnare Kg. 1,500 di tabacchi, che pagavano”75.

Notiziario del 21 maggio 1944:

“Il 21 corrente, alle ore 10.30, in Premana, elementi ribelli scesi dal monte Legnone, si recarono in automobile a una rimessa donde asportarono l’automobile del medico condotto del luogo dott. Luigi Locatelli. L’automezzo venne successivamente restituito”76.

La Resistenza prestò attenzione a non trarre dai metodi della criminalità organizzata, il proprio finanziamento. Dante Gorreri, segretario del P.C. comasco, scrisse nel suo memoriale:

“Non mancarono azioni di polizia partigiana contro delinquenti comuni che insudiciavano e screditavano il movimento partigiano con ruberie a danno di commercianti e contadini; sul tipo della cosiddetta formazione “Lupo Rosso” operante nella zona del triangolo [Lariano] che non avevano nulla a che fare con le forze patriottiche”77.

Vi furono quindi bande criminali, che si diedero una copertura politica nel territorio che taglieggiavano. La Resistenza ricorse a comunicati e manifestini per smentire l’attribuzione di taluni crimini, anche perché il grado di sicurezza di una formazione partigiana in un territorio, dipendeva dal livello di accettazione della popolazione che lo abitava. Il Notiziario della G.N.R. del

3 agosto 1944, informava:

75 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.66; 76 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.33; 77 Cfr. ISCPAPC, foglio D. del Memoriale dattiloscritto inedito di Dante Gorreri, s.d.; 160 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

“Il 21 luglio u.s. in Como, nelle cassette esterne della corrispondenza venivano rinvenuti dei manifestini sovversivi nei quali i banditi si scolpano di un crimine da essi effettuato, addossandone la colpa ai fascisti e minacciando inoltre la ritorsione”78.

È documentato dalle stesse fonti fasciste che esistevano ladri e bande di rapinatori tra i militari della R.S.I.: si andava dai furti delle biciclette alle rapine a depositi di merci. Il Notiziario del 10 agosto 1944 informava:

“Il 13 luglio u.s. , verso le ore 11, in Como, militi della G.N.R. con brillante azione, arrestavano due banditi facenti parte di un gruppo che aveva tentato di rapinare la ditta Autotrasporti “Angri”di tessuti e altro materiale del valore di 2 milioni ivi depositati. Gli altri banditi riuscivano a dileguarsi a bordo di un’automobile. Il capo banda è stato identificato nel Sergente Maggiore Bruno Alessio delle SS Italiane, addetto al centro reclutamento di Milano”79.

Il Notiziario della G.N.R. dell’ 8 marzo 1945, informava:

“Il 24 febbraio u.s., in Cernobbio, militi della G.N.R. arrestavano l’agente ausiliario della Polizia Repubblicana Angelo Dubini sorpreso in flagrante mentre rubava una bicicletta a certo Andreoli”80.

Banditi di strada, durante le ore serali, fermavano le persone per derubarle. Il

Notiziario del 15 agosto 1944 annotava:

78 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.52; 79 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.54; 80 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.114; 161 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

“Il 20 luglio u.s. verso le ore 22, mentre certo Giovanni Carbianiri transitava sulla strada Verderio Superiore-Cornate, veniva fermato da due banditi armati che lo rapinavano di Lire 1.000”81.

Le abitazioni, soprattutto se si trattava di lussuose ville, venivano assalite da bande di uomini armati. Il quotidiano “La Provincia di Como”, del 4 febbraio 1944, pubblicava la notizia di un ingente furto in una casa di Sormano, abitata da un commerciante milanese ivi sfollato82. Il Notiziario del 30 agosto

1944, riportava la seguente notizia:

“Il 22 corrente, alle ore 16, in Lurago d’Erba, tre banditi armati, penetrarono nell’abitazione di Enrico Rosmini, donde asportarono oggetti d’oro e d’argento del valore complessivo di Lire 190.000”83.

Il 10 novembre 1944, una nota della G.N.R. pose in evidenza:

“Ciò che si nota deficiente è il servizio d’ordine pubblico e di pubblica sicurezza. In alcuni paesi della provincia la popolazione è del tutto abbandonata”84.

La fame, l’esasperazione per la mancanza di tutto, spinsero la popolazione civile ad assalire ad Asso, Erba e Merone, nel settembre del 1943, poco dopo l’armistizio, un treno, di notevoli dimensioni, circa 15 carri che portavano pacchi della Croce Rossa Internazionale per i prigionieri alleati, presumibilmente di Grumello al Piano. Ma, dopo l’8 settembre, i militari alleati erano fuggiti e quindi la Croce Rossa, portò il treno che forse

81 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.57; 82 Cfr. “La Provincia di Como”, 4 febbraio 1944, foglio s.n.; 83 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.61; 84 Cfr. Perretta Giusto, op. cit., p.89; 162 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______proveniva dalla Svizzera nel deposito di Asso. L’assalto al treno iniziò nella stazione di Canzo-Asso85. Poi il convoglio fu spostato ad Erba, dove subì un nuovo assalto86 e il 14 settembre fu portato a Merone, dove arrivò gente anche dai paesi vicini, da Rogeno, , Lambrugo, Lurago d’Erba. Intervenne una squadra di tedeschi per bloccare il saccheggio, uccidendo il Capo Stazione di Merone Mario Costantino, che non era riuscito ad eseguire l’ordine di spostare il treno87. L’episodio è ricordato dalla lapide e dall’articolo di giornale, situati nella sala d’attesa delle Ferrovie Nord di Merone.

85 Cfr. Toppi Alessandro, Ho dormito sulle colline, Ed. Bellavite, Missaglia 2003, p.21; 86 AA.VV., Contributi per una storia di Erba, Editore responsabile Comune di Erba, 2007, p.580; 87 Cfr. Coppeno Giuseppe, Como dalla dittatura alla libertà, Istituto Comasco per la storia del Movimento di liberazione (l’attuale ISCPAPC), Ed. Graficoop, Como 1989, p.301. 163 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

5.4 - OBIETTIVO ALLEATO: ERBA e ALTRE ZONE.

All’inizio dell’autunno 1944, la linea del fronte in Italia si stabilizzò sull’Appennino Tosco Emiliano, sulla Famosa Linea Gotica. L’offensiva alleata, per sfondare la linea difensiva tedesca, fece uso di un massiccio intervento dell’aviazione anglo-americana, che ebbe come obiettivi la distruzione di ogni deposito di carburanti e munizioni (anche minimo), l’attacco a strade, ponti, ferrovie, treni, autoveicoli. In questa strategia di attacco, si collocò il duplice bombardamento aereo subito da Erba nei giorni 30 settembre e 1 ottobre 1944, il più sanguinoso attacco aereo in tutta la Provincia di Como, ad opera di bombardieri medi americani tipo Martin B-26 C “Marauder” del 17° Bombardment Group U.S.A.A.F., particolarmente del suo 95° Squadron, facente parte del 42° Bomb Wing dipendente dalla XIIª Tactical Air Force, in quel periodo di stanza a Poretta nella Corsica settentrionale, al comando del Col. R.O. Harrell88. Don Erminio Casati, prevosto di Erba, nel “Liber

Chronicus” della parrocchia, scrisse per l’anno 1944:

“[…] Le ansie e i timori si accrescono per l’avvicinarsi dei fronti e per la minaccia delle incursioni aeree. Arrivano anche nella nostra parrocchia gruppi di SS italiane e tedesche […]. Con l’accondiscendenza dell’autorità comunale installano un parco di automezzi al cosiddetto Campo Sportivo lungo il Lambrone e un deposito di benzina lungo la ferrovia Nord vicino alla Cascina Sassonia, attirando così l’attenzione dei bombardieri nemici. E purtroppo quanto si temeva avvenne e con tragiche conseguenze. Il 30 settembre di questo anno, vigilia della tradizionale Festa del S. Rosario, verso le ore 14, verso il Palanzone si vedevano sbucare alcuni lucenti apparecchi inglesi89 e

88 Cfr. AA.VV., Civico Museo Archeologico città di Erba, Obbiettivo Erba. I bombardamenti alleati del 1944 sulla città, Ed. Malinverno, Como 1994, p.14; 89 Erano in realtà americani; come da copia degli atti ufficiali dell’aviazione dell’esercito americano (U.S.A.A.F.), vedi: AA.VV., Civico Museo Archeologico città di Erba, op. cit., p.13; 164 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

subito dopo si udiva lo schianto spaventoso delle bombe cadute nelle vicinanze del Mercato. Il prevosto accorse subito verso tale località e si trovò dinnanzi ad uno spettacolo terrificante. Giunto nella corte dei signori Molteni e Nava in via Diaz 8, fra le rovine vedeva straziate tre vittime: due giovani spose e la loro suocera. In piazza del Mercato un deserto sconvolto da un terremoto con grida disperate di spavento e di invocazioni. Il lavatoio all’imbocco della via S. Rocco, schiantato e stritolato e le donne che stavano lavando, sfracellate in modo orribile: di una giovane presente non se ne ebbe più traccia: rimase dispersa dalle bombe cadute sul lavatoio. E la distesa di campagne dietro la piazza Santa Eufemia fin giù al deposito della benzina verso le Cascine Lovatella-Sassonia e Prà del Matto, tutta crivellata di bombe che distrussero ogni cosa e seminarono la morte, colpendo con schegge micidiali quasi tutte le persone che pacificamente stavano cogliendo uva dai filari delle viti sparsi per quei campi. Purtroppo le bombe o per errore o di proposito furono sganciate in modo che quasi non colpirono l’obbiettivo militare che era il deposito della benzina, ma portarono rovina e morte a poveri inermi. Una delle località più colpite fu la via Cattaneo, dove alcune case furono completamente abbattute”90.

La prima incursione, probabilmente per un tragico errore di puntamento del velivolo capo formazione, fallì l’obiettivo sganciando le bombe sull’abitato. Gli americani usarono bombe speciali dirompenti, spolettate per causare il massimo effetto scheggia, ordigni di non grande peso ma micidiali contro bersagli estesi e poco protetti quali automezzi, depositi, persone91. Vennero inoltre, crivellati di colpi, uno stabilimento tessile, subito a nord del deposito e l’adiacente ferrovia. Essendo stato mancato il bersaglio, il piano Alleato di sistematica eliminazione degli obiettivi già pianificati, imponeva una seconda missione, che il 1° ottobre colpiva finalmente il deposito, sconvolgendo

90 Cfr. “Liber Chronicus”, della parrocchia di Santa Maria Nascente di Erba, anno 1944, fogli s.n.; 91 Cfr. AA.VV., Civico Museo Archeologico città di Erba, op. cit., pp.16-17-18; 165 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______ancora l’abitato di Erba, dove complessivamente ci furono 77 morti (60 per il primo attacco e 17 per il secondo), e oltre 200 feriti, molti dei quali terribilmente mutilati92. Il quotidiano “La Provincia”93, diede rilievo all’episodio con l’intento di alimentare l’ostilità verso gli Alleati, facendo leva sul dolore della popolazione, ma non una parola fu scritta, vista la censura, sul deposito di benzina e munizioni, situato troppo vicino all’abitato. Il deposito era stato trasportato ad Erba dall’Alpe del Viceré per allontanarlo dal “Campeggio”, dove stava per istallarsi un battaglione di SS italiane94. Il 10 gennaio 1945, Erba fu mitragliata da alcuni aerei alleati, con un morto e tre feriti, il 5 febbraio, vi fu un’altra incursione con un’azione di mitragliamento che coinvolse l’Alpe del Viceré, ferendo due persone. L’obiettivo era il Villaggio Alpino dei Fasci Italiani all’Estero (detto “Campeggio”), dove si era insediato un reparto di SS italiane95. Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio ’45, le incursioni si intensificarono. Aerei singoli mitragliavano tutto ciò che si muoveva per strada. Uno di questi aerei, la sera del 29 gennaio 1945, fece una strage di pendolari a Lambrugo, attaccando un treno delle Ferrovie Nord: ci furono 7 morti e numerosi feriti. Così narrò il tragico episodio, il parroco di Lambrugo, Don Edoardo Arrigoni

(“Liber Chronicus”, pagine 265-266):

“[…] I treni erano presi di mira dagli aeroplani alleati ed erano diminuiti di numero, e quelli mantenuti, fatti in ora oscure per sottrarli all’osservazione aerea. Anche la ferrovia Nord ha dovuto limitarsi a questa situazione. Nonostante questa prudenza, una sera, e precisamente quella del 29 gennaio,

92 Cfr. AA.VV., Civico Museo Archeologico città di Erba, op. cit., p.19; 93 Cfr. “La Provincia di Como”, 1 ottobre 1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (33); Cfr. “La Provincia di Como”, 2 ottobre 1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (34); Cfr. “La Provincia di Como”, 3 ottobre 1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (35); 94 Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino degli anni difficili. (Luoghi, persone, documenti, ricordi), 1943-1945, Ed. Nodo libri, Como 2006, p.83; 95 Cfr. “La Provincia di Como”, 6 febbraio 1945, foglio s.n.; 166 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

mentre l’unico treno stava per entrare nella stazione di Lambrugo, favoriti da una magnifica luna che faceva spiccare sulla neve alta un metro la lunga teoria di carrozze, alcuni aeroplani, a bassissima quota, lo mitragliavano causando la morte di sette persone e ferendone circa una quarantina”.

Il treno fu colpito nel tratto che va da Cascina Maria di Lurago al ponte sulla statale Como-Bergamo. Il convoglio si fermò immediatamente con la motrice riparata sotto il ponte e tutti i passeggeri che erano rimasti illesi fuggirono per i campi innevati in preda alla paura e in cerca di un rifugio. Proseguiva così il suo racconto il parroco:

“Al primo rumore di mitragliamento, prendendo gli oli santi, mi portai sul posto, e nella confusione, nello strazio, dei morenti e dei feriti, procurai di amministrare l’Estrema Unzione sotto condizione a coloro che mi fu possibile. Le salme vennero provvisoriamente messe nella saletta di aspetto della Stazione. Il pavimento venne macchiato dal sangue uscito in abbondanza dalle tremende ferite operate dalle pallottole esplosive. Per grazia di Dio la nostra popolazione fu risparmiata da sì tremenda strage. I giorni seguenti si svolsero i solenni funerali e il salone dell’asilo venne trasformato in Camera ardente. Le salme vennero di poi trasportate ai propri Comuni di origine. La popolazione partecipò tutta al funerale, meritando la riconoscenza dei parenti delle vittime”96.

Nello stesso giorno, tra Canzo ed Asso, alcuni vagoni di un treno passeggeri, furono mitragliati senza conseguenze97. L’unica via di fuga lungo le strade, per tentare di salvarsi dai mitragliamenti, era di infilarsi in una “buca di sicurezza”. Purtroppo nelle vie di collegamento tra Como-Milano-Varese-

96 Cfr. Riva Gaetano, Lambrugo e il suo monastero, Edizione a cura dell’Amministrazione comunale di Lambrugo, stampato da Modulimpianti s.n.c. Capriate San Gervasio, Bergamo 1990, p.364; 97 Cfr. “La Provincia di Como”, 30 gennaio 1945, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc.(36); 167 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

Erba e Lecco, queste buche a metà febbraio 1945, non erano ancora state scavate98. “La Provincia” del 12 aprile 1945, segnalava la distruzione di carri trainati da cavalli a Lurago, Merone e Rogeno99. Ormai gli attacchi aerei erano un tiro a segno senza obiettivi di rilievo militare, ma di sicuro effetto psicologico.

98 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, p.325; 99 Cfr. “La Provincia di Como”, 12 aprile 1945, foglio s.n.. 168 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______

5.5 - MORALE e SVAGHI.

Piuttosto modesta fu la vita culturale e ricreativa in Alta Brianza e Vallassina, come pure nel comasco, durante il periodo della Repubblica Sociale. La crisi economica ed alimentare, i bombardamenti e i mitragliamenti, l’intensificarsi dell’attività criminale, lasciavano poco spazio allo svago. Ben altri erano i problemi cui prestare attenzione e occuparsi. Lo stesso regime fascista, aveva gestito gli spazi del tempo libero di uomini, donne, bambini, cercando di espropriare di ogni strumento le tradizionali agenzie formative: la famiglia e la chiesa. Nel 1931 furono sciolte le organizzazioni giovanili di azione cattolica e già nel 1926, con l’istituzione dell’Opera Nazionale Balilla, lo scautismo cattolico fu inglobato nella nuova organizzazione. Il 27 ottobre 1937 la G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio), inglobò l’Opera Nazionale Balilla; non fu cosa trascurabile, essendo la G.I.L. una derivazione del Partito Nazionale Fascista, mentre l’Opera Nazionale Balilla, dipendeva dal Ministero dell’educazione. Le attività erano finalizzate all’indottrinamento, all’esercizio fisico e all’addestramento militare. Nell’Alta Brianza, il principale centro di attività della G.I.L., si trovava all’Alpe del Viceré (Albavilla), dove erano le già citate strutture del Villaggio dei “Figli degli Italiani All’Estero”, ma dall’autunno del 1944, nel villaggio si insediarono le SS italiane che avevano la sede di comando nella Villa del Soldo ad Alzate Brianza100. Anche negli anni della R.S.I., il sistema formativo e propagandistico continuò come nel precedente ventennio: il metodo era sempre quello di impedire di riflettere, pensare e studiare liberamente. La stampa fascista e la scuola introdussero, in questo periodo, un nuovo elemento di indottrinamento: la continuità della Repubblica Sociale con la Repubblica Romana del 1849 e le figure di

100 Cfr. AA.VV., ISCPAPC, Taccuino degli anni difficili. (Luoghi, persone, documenti, ricordi) 1943-1945, Ed. Nodo Libri, Como 2006, pp.97-98; 169 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______riferimento furono Mazzini e Garibaldi. Esemplare di questo nuovo corso è l’articolo della “Provincia”, di venerdì 10 dicembre 1943, che uscì con lo scritto di Mazzini: “Giovani in voi respira la Patria!” esaltante i giovani volontari che si arruolavano per la patria101. Il Podestà di Erba, Alberto Airoldi, appassionato di teatro, si impegnò nel 1923 nella costruzione del teatro all’aperto “Licinium”, dove vennero allestiti spettacoli di alto livello culturale con i maggiori attori del tempo102. Ma questo era un divertimento per pochi, la massa si poteva a stento permettere uno spettacolo cinematografico o il ballo domenicale nei locali del dopolavoro o in qualche osteria, anche se questo poteva incorrere nella censura della morale del tempo. Infatti in un promemoria per il Questore: “[Venne] segnalato che nei locali del dopolavoro di Erba si [ballava] fino a tarda sera in compagnia di allegre donnine”103. La già citata relazione sulla località “Alpe Picetti”104, rifugio di partigiani, sbandati, renitenti e contrabbandieri, avvertiva:

“[…] I renitenti, sbandati, ribelli e simili, vi sono tutt’ora e anzi tutte le domeniche pomeriggio vi si balla a lungo all’aperto, al suono di una fisarmonica, naturalmente senza permesso, e vi accorrono specialmente giovanissime contadine del luogo che vengono fin da Bellagio, assieme a dei militari di servizio colà”105.

Nei giornali vi erano resoconti di spettacoli di locali Filodrammatiche che si esibivano davanti a un “folto pubblico”, segno che le difficoltà del vivere non

101 Cfr. “La Provincia di Como”, 10 dicembre 1943, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (37); 102 Cfr. AA.VV., Contributi per una storia di Erba, Ed. Responsabile Comune di Erba 2007, pp.441-442; 103 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, promemoria per il Questore, del 1.04.1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (38); 104 Vedi Cap. 5, Par. 5.2, alla p.153 e nota n.51 di questo testo; 105 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.2, Relazione anonima informativa, del 15.09.1944, foglio s.n.; 170 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______avevano spento la ricerca di svago e di normalità. Il quotidiano “La Provincia” del 13 gennaio 1944, pubblicò un resoconto di Filodrammatici in scena ad

Alzate Brianza:

“[…] La Filodrammatica del locale Dopolavoro, rinnovata nei ranghi, si è esibita davanti ad un numeroso pubblico in una commedia: “Terra lontana” di R. Melani, e questa volta è filata alquanto spedita […]. Il dramma che aveva un carattere sentitamente italiano, ha trovato un pubblico assai numeroso e plaudente”106.

Due documenti dell’Archivio del Comune di Alzate Brianza, dimostrano come tra il 1942 e il 1943, il parroco di Alzate Don Giuseppe Allievi e il Podestà Giuseppe Baragiola, avessero provveduto a rendere agibile e più confortevole il locale “Salone Teatro Ricreativo” di Alzate107 e ad ottenere il nulla-osta per la riapertura della sala cinematografica: “[…] da adibirsi a spettacoli misti in codesto Comune, sui locali della Casa del Fascio […]”108. Il 26 aprile 1944, al Teatro Sociale di Como, si inaugurava una stagione di concerti. Per i meno colti, al Politeama, si esibiva la compagnia di varietà “Osiris-Dapporto” e l’operetta “Il diavolo nella giarrettiera” di Navarrini, Bracchi e d’Anzi. La stampa cattolica deplorava gli spettacoli di varietà in cui “[…] oltre ai balletti in costume succinto, si [ammannivano] al pubblico insulse spiritosaggini a base di sporchi doppi sensi”109. Nel 1944, venne proiettato il primo grande film del neorealismo italiano: “Ossessione”, di Luchino Visconti, non ancora colpito dalla censura della R.S.I.. La ricca borghesia continuava a godersi gli svaghi consentiti dal proprio

106 Cfr. “La Provincia di Como”, 13 gennaio 1944, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (39); 107 Cfr. ASCAB, cart. 128 - 15 - 3 - 04, Teatro Oratoriano di Alzate Brianza 1933-1948, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (40); 108 Cfr. ASCAB, cart. 128 - 15 - 3 - 04, Teatro Oratoriano di Alzate Brianza 1933-1948, foglio s.n.; 109 Cfr. “Il Resegone”, 30-31 dicembre 1943, foglio s.n.; 171 Capitolo 5 - Difficoltà della vita quotidiana. ______ceto sociale e dal proprio censo: le sfilate di moda a Villa d’Este, a Cernobbio e le vacanze sui campi da sci delle stazioni turistiche invernali della Valtellina;

110 il gioco del golf e del tennis .

110 Cfr. Roncacci Vittorio, La calma apparente del lago. Como e il Comasco tra guerra e guerra civile, Macchione Editore Varese 2003, pp.327-328-329. 172 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______

CAP. 6 - LA LIBERAZIONE: 24 - 26 APRILE 1945.

Nell’Aprile del 1945 gli eserciti di Hitler potevano essere considerati sconfitti, poiché perdevano su tutti i fronti di battaglia. Già dal gennaio del 1944 l’esercito russo aveva oltrepassato il confine orientale polacco e si preparava ad iniziare la grande offensiva, che avrebbe definitivamente travolto la resistenza tedesca. Il colpo decisivo alla Germania nazista era arrivato il 6 giugno del 1944 in Normandia, con lo sbarco delle forze alleate che liberarono dall’invasore, Francia, Olanda, Belgio, portandosi fin sui confini della stessa Germania. Nel Marzo del 1945 le prime unità americane e britanniche attraversarono il Reno e penetrarono nel territorio del Terzo Reich. Nell’aprile del 1945 i Russi, dopo duri combattimenti per le strade, entrarono a Vienna. Nell’aprile del ’45 riprese vigore anche l’offensiva alleata in Italia, con lo sfondamento della “Linea Gotica”, ultima difesa tedesca in Italia1. Al crollo della “Linea Gotica” corrispose l’insurrezione generale delle forze partigiane, che precedettero gli Alleati nella liberazione delle città del Nord; a Genova, Torino, Cuneo, Biella, Vercelli, Novara, Milano, Modena, Reggio e Parma, le forze tedesche e fasciste capitolarono nelle mani dei Comitati di Liberazione Nazionale, i quali assunsero i poteri politici ed amministrativi2. Con il febbraio del 1945 in Brianza si entrò in clima insurrezionale, infatti le fonti informative clandestine davano per certa la ripresa dell’offensiva verso la “Linea Gotica”. Apparve ormai chiaro che le sorti della guerra erano a favore dell’alleanza antitedesca. I C.L.N., vollero quindi sfruttare la

1 “Linea Gotica”: linea difensiva che si estendeva da Viareggio a Rimini (dal Tirreno all’Adriatico); 2 Cfr. Sabbatucci G., Giardina A., Vittorio V., Manuale di Storia. 3. L’Età contemporanea, Ed. Laterza, Bari 2000, p.680-686; 173 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______situazione, intensificando i disarmi, gli assalti alle caserme e alle postazioni avversarie3. Nel febbraio ’45, la polveriera di Prà del Matto, ad Erba, fu assalita dal distaccamento di Merone del Battaglione Puecher (“Brigata Perretta4”), guidato da Mario Galbiati; sopraffatte le tre sentinelle, vennero asportate armi e munizioni5. In questa fase il Battaglione Puecher fu molto attivo e concluse una clamorosa azione a Canzo, dove dalla caserma delle SS Italiane, i partigiani con uno stratagemma, fecero uscire un carro carico di ceste di verdura marcia, sotto cui erano stati nascosti, fucili, moschetti, munizioni e bombe a mano, portati poi a Erba in un deposito sicuro6. L’azione più significativa, anche per l’impatto che ebbe sugli operai che entrarono in contatto con la realtà della lotta partigiana, si svolse agli “Stabilimenti di Pontelambro”. Mauro Gilardi, operaio del cotonificio con Giuseppe Bosis, Comandante del distaccamento “Brianza” del Battaglione Puecher, disarmarono le cinque guardie armate alle 6 del mattino al cambio del turno di lavoro, impossessandosi di pistole e mitra. Un’altra audace azione di Bosis e Gilardi, avvenne a Longone al Segrino, dove mentre passavano in bicicletta, assalirono e disarmarono due guardie davanti alla Villa “Vaccari”, sede del comando tedesco. Sempre i due partigiani sopracitati recatisi nell’abitazione a Parravicino, del Capitano Besozzi, comandante delle Brigate Nere, lo costrinsero a consegnare il suo mitra. A Giuseppe Bosis venne poi data, per le

3 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, pp.202-203; 4 PERRETTA PIER AMANO, nato il 24 febbraio 1885, a Laurenzana (Potenza), medaglia d’argento della prima guerra mondiale, fu magistrato ma si scontrò durante il suo operato con il regime fascista e in seguito diede le sue dimissioni dalla magistratura, intraprendendo la libera professione di avvocato, continuando a subire persecuzioni da parte del regime, come la distruzione dello studio, l’arresto e tre anni di domicilio coatto. A Como nel 1941, fondò “Lega Insurrezionale Italia Libera”. Quando uno dei suoi figli morì sul fronte greco, respinse con una lettera, le condoglianze inviategli dal Federale di Como Paolo Porta. Il 13 settembre 1944, una pattuglia di SS, si recò nella sua casa di Milano per arrestarlo. Tentò di fuggire gettandosi da una finestra, ma una raffica di mitra lo colpì e morì pochi giorni dopo in ospedale il 15 novembre 1944. Cfr. Paini Gianni, I giorni della insurrezione. Cantù 25-26 aprile 1945, Ed. La Strada, Cantù 1995, p.6; 5 Cfr. AA.VV., Contributi per una storia di Erba, Ed. Responsabile Comune di Erba 2007, p.618; 6 Cfr. Bianchi Gianfranco, Giancarlo Puecher, Ed. Arnaldo Mondadori Editore, Milano 1965, p.156; 174 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______sue azioni, la medaglia di bronzo7. Il 14 marzo a Brenna alcuni partigiani del Battaglione Nannetti8, di sera, preso in ostaggio il messo comunale, aperti gli uffici, si fecero consegnare le carte annonarie e la macchina da scrivere; riempirono, inoltre, l’edificio di scritte antifasciste, attaccarono manifestini ai muri e distrussero le immagini del Duce9. Le sedi dei Municipi, costituivano un obiettivo assai importante, perché erano poco difese e rappresentavano il centro dell’amministrazione fascista e quindi si ostacolava il meccanismo delle requisizioni e dell’ammasso. Il 16 aprile 1945, al crocevia fra Alzate Brianza e Tavernerio, di giorno, partigiani della “Brigata Perretta”, disarmarono il tenente delle SS Karl Gotz, portandogli via la pistola e i documenti10. Le formazioni partigiane avevano molta necessità di questi prelievi d’armi, in previsione dell’insurrezione ormai certa. Si infittirono anche le azioni di interruzione delle comunicazioni; ad Alzate e ad Erba, furono interrotte le linee telefoniche11. L’intensificarsi delle azioni da febbraio ad aprile ebbe però un suo prezzo, perché si mise in moto, da parte dei fascisti più fanatici, la repressione e quindi vi furono morti e prigionieri. In febbraio venne arrestato Paolo Caccia Dominioni, membro del comitato di liberazione di Erba. In verità, molti fascisti, in previsione del crollo, evitarono misure eccessivamente repressive nei confronti degli arrestati e della popolazione. Anzi, alcuni cercarono di contattare ed aiutare i partigiani. In data 14 marzo 1945, uno stralcio del bollettino settimanale informazioni N°. 32 del Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia, così descrisse il comportamento dei gerarchi fascisti in vista della fine:

7 Cfr. AA.VV., Contributi per una storia di Erba, op. cit., p.618; 8 NANNETTI NINO, nato a Bologna il 26 maggio 1906, morto combattendo in Spagna a Santander il 18 luglio 1937. Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.151, nota n.11; 9 Cfr. ISCPAP, cart. bs. Brigata P. A. Perretta, Relazione della Questura Repubblicana di Como. Attività ribellistica, del 14 marzo 1945, fogli s.n.; 10 Cfr. ISCPAPC, cart. bs. Brigata P. A. Perretta, bollettino del 22 aprile 1945, foglio s.n.; 11 Cfr. ISCPAPC, cart. bs. Brigata P. A. Perretta, Sintesi delle azioni principali del Battaglione Puechr, fogli s.n.; 175 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______

“In un’atmosfera di diffidenza generale e, di reciproco sospetto di rabbia per la vanità dei propri sforzi, i gerarchi del neo fascismo e la feccia di scherani che li attorna vedono avvicinarsi il giorno della decisione. Salvo una minoranza di fanatici, le cui responsabilità non possono far sperare nel perdono o di incoscenti imprudentemente armati o di delinquenti, il gioco è a chi tradisce prima meglio. Approcci con gli antifascisti, vanto di benemerenze (annullate da ben maggiori colpe). Accumulamento di danaro, di viveri e merci, preparativi di fuga, tutto vien messo in atto nella giustificata paura che domani nessuna nazione del mondo darà un asilo sicuro per i criminali nazifascisti” 12.

Correvano voci anche di un tradimento di Celio, Capo della Provincia di Como. In una nota del 6 aprile 1945, un informatore raccontò di una telefonata del Duce al Federale Paolo Porta che gli comunicò di essere in possesso di documenti compromettenti per il Capo della Provincia: “[…] dopo

13 di ché il Duce avrebbe risposto: «Va bene, anche Celio mi tradisce.»” . Nel mattino del 25 aprile 1945, da Milano, gli organi direttivi, della Resistenza diedero l’ordine dell’insurrezione. Non si trattò di una sollevazione all’unisono, ma di un susseguirsi di rivolte in base alle notizie che arrivavano e alla situazione che si determinava in loco. I tedeschi, in Brianza, cercarono di abbandonare in ordine le posizioni e di dirigersi verso i valichi della Svizzera e dell’Austria. Mussolini aveva stabilito come punto di riunione per i fascisti Como. Quindi le colonne repubblichine e tedesche in ritirata transitarono per la Brianza. Per l’Alta Brianza vi furono due vie di comunicazione cruciali: la statale Como-Lecco che passava attraverso Erba e la statale Como-Bergamo, nel tratto da Lurago d’Erba a Rovagnate.

12 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, stralcio bollettino settimanale informazioni N°. 32 del Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia, del 14 marzo 1945, notizie politiche, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (41); 13 Cfr. ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, lettera confidenziale presumibilmente indirizzata al Capo della Provincia Celio, del 6.04.1945, foglio s.n.; Vedi Appendice: Doc. (42); 176 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______

L’insurrezione ad Erba e nei dintorni, fu emblematica di ciò che avvenne nella Brianza Comasca, vale a dire, stato di allerta ed azioni per procurarsi le armi; il 24 e il 25 aprile, sollevazioni e combattimenti contro le colonne naziste o fasciste, che transitavano sulle statali per aprirsi una via di fuga. Il 24 aprile venne assalita la caserma delle SS italiane di Canzo, dove l’azione riuscì, perché le SS si arresero subito e vennero portate prigioniere a Ponte Lambro. In questo modo vi fu un importante apporto di armi al Battaglione Puecher14. Il 25 aprile trascorse in una nervosa attesa, ma trascurando la prudenza del comandante del Battaglione Puecher, Capitano Majnoni15, alcuni componenti più audaci, che abbiamo già visto essere Giuseppe Bosis, Mauro Gilardi a cui si aggiunsero Mario Riboni e Luciano Zappa, senza per questo trascurare il valore degli altri, intrapresero una serie di azioni. Riboni e Gilardi, attaccarono il 26 aprile Villa Rosa, a Carpesino (Erba), facendo così arrendere 15 militi fascisti e ottenendo un buon bottino di armi. Bosis attaccò con il suo distaccamento “Brianza”, Villa Vaccari a Longone, dove catturò 19 SS italiane e notevole quantità di armi e munizioni16. Un centinaio di SS tedesche, con pochi fascisti al comando del Capitano Pfaff, muniti di artiglieria, si barricarono all’albergo della Malpensata, situato sulla statale Como-Lecco, all’imbocco di Erba, accanto al passaggio a livello delle Ferrovie Nord Milano. La resistenza tedesca impedì i collegamenti con i distaccamenti partigiani di Pusiano. Nel frattempo il C.L.N. locale, presieduto dal Conte Scipione Barbiano di Belgioioso17, assunse il comando e decise di avviare trattative con i tedeschi; se ne occupò particolarmente Padre Aristide Pirovano, con

14 Cfr. ISCPAPC, cart. fs. Brigata P. A. Perretta, Relazione sui fatti d’arme che condussero alla Liberazione della zona di Erba, 16 maggio 1945, fogli s.n.; 15 Vedi Cap. 3, Par. 3.5, alla p.86 di questo testo; 16 Cfr. ISCPAPC, cart. fs. Brigata P. A. Perretta, Relazione sui fatti d’arme che condussero alla Liberazione della zona di Erba, 16 maggio 1945, fogli s.n.; Cfr. ISCPAPC, cart. bs. Brigata P. A. Perretta, Battaglione Giancarlo Puecher. Sintesi relazione delle azioni principali fatte dai distaccamenti Cvl settore Erba 1945, fogli s.n.; 17 Vedi Cap. 3, Par. 3.5, alla p.85 nota n.81 di questo testo; 177 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______

Belgioioso. I tedeschi, sperando forse nei rinforzi, chiesero una tregua di 48 ore. Nel frattempo i partigiani del Battaglione Puecher dovettero affrontare alcune situazioni critiche, come il disarmo della polveriera in località Prà del Matto, tragico obiettivo del bombardamento di Erba18, e occupare e disarmare i presidi delle Brigate Nere e delle G.N.R. in cui erano rimasti pochi militi, essendosi gli altri dati alla fuga. Nel pomeriggio di questo intenso 26 aprile giunse una colonna di 400 Brigatisti Neri della “Cesare Rodini”19, al comando del Maggiore Noseda. Un gruppo di 5 uomini comandato da Bosis, riuscì a bloccare il tentativo di infiltrarsi di alcuni militi; nel conflitto a fuoco cadde un fascista e due vennero feriti; tra i partigiani vi furono due feriti non gravi20. Il Noseda, non avendo idea dell’entità della forza partigiana, chiese il permesso di transito per Como, che gli fu rifiutato. Padre Pirovano, con l’ex Commissario Prefettizio di Erba Airoldi, catturato a Como, mentre cercava di fuggire e con l’avvocato Davide Luigi Grassi21, futuro Questore di Roma, liberato il giorno prima da San Donnino, si recarono da Noseda per convincerlo alla resa; alle 2 del mattino del 27 aprile i fascisti della colonna furono disarmati e portati al campo di prigionia di Ponte Lambro. I tedeschi asserragliati alla Malpensata, minacciarono di far fuoco con i loro cannoni sulle case di Erba. L’avvocato Davide Luigi Grassi con Padre Pirovano ripresero coraggiosamente le trattative, finché la sera del 27 aprile, i tedeschi, che volevano proseguire per la Germania, lasciarono Erba. Padre Pirovano si impegnò ad accompagnarli fino a Lecco, ma a Valmadrera, furono attaccati dai partigiani e dovettero tornare ad Erba, arrendendosi al Battaglione Puecher. Il capitano delle SS Pfaff rimase nascosto un mese nella casa del parroco di Erba, finché Padre Pirovano riuscì a farlo fuggire in

18 Vedi Cap. 5, Par. 5.4, alla p. 165, di questo testo; 19 Vedi Cap. 4, Par. 4.1, alla pp. 96-97, di questo testo; 20 Cfr. ISCPAPC, cart. fs. Brigata P. A. Perretta, op. cit., vedi nota 16, p.178; 21 DAVIDE LUIGI GRASSI, consulente militare del C.L.N. di Como, arrestato ad Oggiono il 22 gennaio 1944; 178 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______

Svizzera, pagando un contrabbandiere. Erba era stata finalmente liberata e il tricolore fu issato sul monumento ai caduti e sul campanile della chiesa22. Nonostante la forte tensione creata dai reparti nazisti e fascisti che transitarono per Erba, la Liberazione per la cittadina e i suoi dintorni, non diventò un bagno di sangue e un notevole successo fu il disarmo di alcune centinaia di Brigatisti Neri ed SS. A Pusiano, il fatto più importante fu uno scontro a fuoco fra i partigiani della 2ª “Brigata Matteotti” e due autocarri fascisti. Morirono tre militi e quattro furono feriti23. Il 26 aprile, la statale Como-Bergamo, tra Lurago e Lambrugo, era controllata da numerosi partigiani, i quali fermarono un’automobile e una motocarrozzetta con a bordo un ufficiale e due soldati tedeschi. L’ufficiale Hans Jabtja tentò di reagire, impugnando la pistola, ma venne ucciso24. Più tardi i partigiani di Lambrugo si avviarono con il Comandante Capitano Italo Moro, verso Inverigo, dove le SS facevano resistenza. La caserma fu circondata dai partigiani, ma dei tedeschi uscirono facendosi scudo con alcuni bambini; il partigiano Porro Edmondo lanciò delle bombe in modo da non colpire i bambini e aprire un varco, fu ferito da una mitragliatrice, ma i compagni riuscirono a porre fuori combattimento i tedeschi25. Due monumenti, uno sulla Como-Bergamo, all’altezza di Rovagnate, l’altro a Bulciaghetto, nell’ampio spazio prima di imboccare la strada per Cassago, ricordano lo scontro più duro e sanguinoso dell’insurrezione Brianzola. Lo scontro iniziò verso le 22 del 26 aprile sulla statale a Rovagnate, dove il

22 Cfr. AA.VV., Contributi per una storia di Erba, op. cit., p.619; 23 Cfr. Arienti Pietro, op. cit., p.251; 24 Cfr. Crippa Irene, La vita per l’Italia e per la Libertà. Brigata G.C. Puecher del Raggruppamento Divisioni Patrioti Alfredo Di Dio, Edizione Arti Grafiche Stefano Pinelli, Milano novembre 1945 – in: Una pagina della Resistenza in Brianza. La storia della Brigata Giancarlo Puecher, Edizione Bellavite, Missaglia 25 aprile 2000, p.78; 25 Cfr. Crippa Irene, op. cit., p.79; 179 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______

Sottotenente Adamo degli Occhi, di ritorno da Merate con un camion di partigiani, cadde in un’imboscata di fascisti. Caddero 19 partigiani, i superstiti, fatti prigionieri, furono disposti in piedi su di un rimorchio e usati come scudi umani, tra loro anche Adamo degli Occhi. A Bulciago c’era un forte appostamento del Battaglione Puecher e a Bulciaghetto si accese furiosa la sparatoria, nessuno degli ostaggi fu colpito, ma due furono fucilati per rappresaglia. La colonna fascista continuò il suo viaggio verso Como, dove credevano che il Duce li aspettasse, seminando una scia di morte. Morirono Italo Moro comandante dei partigiani di Lambrugo, Luigi Conti (il giardiniere di casa Puecher), ed Enrico Stellari che si stavano recando a Bulciaghetto in macchina. Anche i fascisti ebbero ingenti perdite. Arrivati al quadrivio di San Rocco, a Lurago, presidiato dai partigiani, intervenne il parroco Don Abramo Mauri26, a scongiurare un’ulteriore strage. Le trattative furono lunghissime, finché la colonna fu lasciata proseguire per Como con gli ostaggi, essendo il numero dei fascisti di troppo superiore. Ma, vicino alla città, vi fu un epilogo inaspettato, le Brigate Nere furono raggiunte dalle notizie dell’insurrezione di Como e dello scioglimento da parte di Mussolini delle Brigate Nere. I militi gettarono le armi e le uniformi e fuggirono. I prigionieri erano liberi. Il bilancio della carneficina di Rovagnate e Bulciago, fu di 37 partigiani, di cui 31 della “Brigata Puecher”. Anche i fascisti ebbero molti morti, circa un’ottantina27. Il parroco di Lambrugo, Don Edoardo Arrigoni, così sintetizzò questi ultimi tragici avvenimenti nel “Chronicon” della parrocchia (alle pagine 267-268):

“[…] le colonne fasciste, fugate dal basso milanese, salirono nell’Italia del Nord, dirigendosi verso Como. Sono un insieme della feccia fascista, e dove

26 Vedi Cap. 3, Par. 3.1, alla p.63 nota e nota n.26 di questo testo; 27 Cfr. ISCPAPC, cart. bs. Brianza, Relazione sul fatto d’arme di Bulciago e Dichiarazione e relazione sui fatti d’armi e per i morti di Rovagnate 1945, fogli s.n.; e Cfr. Crippa Irene, op. cit., pp.86 a 102; 180 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______

passavano, lasciavano strage e morti. Un gruppo di nostri partigiani, mentre si recavano verso Bulciaghetto per prendere contatti e ordini dal Comandante della Brigata Puecher, vennero ad incontrarsi con una di queste colonne e vennero massacrati e derubati. L’impressione nel paese è grande e si temevano cose più gravi. Per fortuna giunsero le colonne americane e fecero prigionieri tutti questi fascisti […]. Le vittime da Bulciago vennero portate a Lambrugo, dove ebbero funzioni solenni. Finalmente dopo cinque anni di guerra, dove il fascismo condusse a rovina completa la nostra Patria, la liberazione! Giorni di festa! Seguono anche funzioni di ringraziamento. Anche gli sfollati finalmente riprendono il ritorno verso Milano”28.

A Cantù, dove operava il Battaglione Nannetti, l’insurrezione, il 25 aprile, partì da Vighizzolo, dove si trovava un presidio di SS italiane. La decisione di attaccarlo fu presa dal Comandante del Battaglione Nannetti, Stefano Tonghini con i comandanti dei distaccamenti, perché scarseggiavano le armi e quindi era meglio avventurarsi sui presidi più deboli. Il comandante del presidio dovette arrendersi perché la caserma era stata abbandonata dai militi a cui era stato promesso un lasciapassare. Prima di mezzanotte, le forze partigiane, senza spargere sangue, si erano impossessate della caserma e della armi29. Si trattava ora di prepararsi a sostenere lo scontro con le formazioni fasciste a Cantù, dove furono istituiti due posti di blocco. All’alba del 26 aprile, giunse un camion di SS italiane provenienti da Alzate Brianza, una pattuglia in perlustrazione si imbatté nel camion dei fascisti e il partigiano Terraneo Gino affrontò da solo, con il suo mitra, il nemico, per permettere ai compagni di avvertire il Comando. Fu ferito gravemente tanto che fu lasciato a terra perché creduto morto30. Appena il camion fu

28 Cfr. Riva Gaetano, Lambrugo e il suo monastero, Edizione a cura dell’Amministrazione comunale di Lambrugo, stampato da Modulimpianti s.n.c. Capriate San Gervasio, Bergamo 1990, p.366; 29 Cfr. Mauri Paola, La Resistenza e la lotta di Liberazione a Cantù, Ed. Comune di Cantù 1975, p.56; 30 Ibidem; 181 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______affrontato dai partigiani, le SS scesero e si rifugiarono in una cascina. La battaglia durò alcune ore. Alla fine i fascisti assediati, si arresero, grazie anche alla mediazione del parroco Don Vittorio Busnelli31, con la condizione della libertà. Giunse un altro automezzo da Brenna, con SS italiane e tedesche e in poco tempo fu sbaragliato. Anche un’auto blindo con a bordo fascisti e tedeschi, in località Cascina Mirabello, fu facilmente sgominata da una pattuglia partigiana. A mezzogiorno Vighizzolo fu liberata e, lasciato un distaccamento partigiano a Vighizzolo, armato un camion, preso ai nazifascisti, iniziò l’avvicinamento a Cantù32. Molte pattuglie partigiane circolavano in perlustrazione nella periferia di Cantù, mentre le trattative per la resa si prolungavano fino a quando, in uno scontro a fuoco, tra una pattuglia partigiana e una di ufficiali delle SS italiane che non voleva arrendersi, furono uccisi i tre ufficiali, questo affrettò la firma della resa. Il Battaglione Nannetti, nel corso dell’insurrezione, ebbe due morti e una quindicina di feriti. Perse la vita anche Bianchi Rina e fu gravemente ferita Sgariboldi Luigia alla quale fu amputata una gamba, collegatrici delle formazioni partigiane. Un camion di fascisti le colpì per strada. Dopo che le SS, stanziate alla scuola di via Parini, ebbero ceduto le armi, anche per la mediazione di Padre Mencarini, missionario del P.I.M.E. (Pontificio Istituto

Missioni Estere), Cantù alle 14 del 26 aprile del 1945, era libera. Il governo della città era già nelle mani del C.L.N. quando il 28 aprile giunsero gli americani33. Questi furono i principali avvenimenti dell’insurrezione in Brianza. A Rovagnate, Bulciago e Cantù, ci furono gli scontri più duri con morti e feriti da

31 DON VITTORIO BUSNELLI, nato a Cesano Maderrno Milano il 10 dicembre 1906, ordinato Sacerdote a Milano il 21 maggio 1932. Negli anni 1943-1945, parroco di Vighizzolo di Cantù (Como), morto a Rescaldina (Milano), il 25 gennaio 1983. Cfr. Don Barbareschi Giovanni, Memoria di Sacerdoti “Ribelli per Amore”, Centro Ambrosiano di Documentazione e Studi religiosi, Edizione Grafiche Boniardi, Milano 1986, p.100; 32 Cfr. Mauri Paola, op. cit., pp.56-57; 33 Cfr. Mauri Paola, op. cit., p.57. 182 Capitolo 6 - La Liberazione: 24 - 26 aprile 1945. ______una parte e dall’altra; molto fu dovuto al fatto di essere collocati sulle vie di transito delle colonne tedesche in ritirata e delle Brigate Nere che cercavano di raggiungere Como. Nella maggior parte dell’Alta Brianza la Liberazione avvenne come un normale passaggio di poteri e molti furono i civili dei vari paesi che collaborarono con i C.L.N. per la normalizzazione della vita sociale e il ristabilimento della legalità; si trattava anche di attuare le idee e i principi che avevano animato la Resistenza, vale a dire democrazia e progresso.

183 Conclusioni. ______

CONCLUSIONI

Il 28 aprile 1945, quando le prime avanguardie esplorative americane comparvero in Brianza, il territorio era completamente sotto il controllo degli insorti e i C.L.N. insediati nei Comuni, gestivano il governo di emergenza di paesi e città. La Resistenza in Alta Brianza e Vallassina, come del resto in tutta la Brianza, trovò subito nei moti del 24-28 aprile, la via migliore per concludere in modo positivo la sua storia. Esistenza non facile quella della Resistenza in Brianza, perché pesantemente condizionata da alcune situazioni: dal punto di vista militare la configurazione geografica collinare e di montagna con vie di fuga limitate che spinse alle forme organizzative del partigianato di pianura; la tradizionale passività della popolazione, la limitata visione entro i confini dei propri paesi e questo spiega la presenza, spesso dirigenziale, fra le forze partigiane di elementi della borghesia e nobiltà milanese, sfollati nelle loro case di villeggiatura. La Resistenza in Alta Brianza e Vallassina riuscì lo stesso a svilupparsi, creando proprie autonome formazioni che dalla fine del ’44 intensificarono la loro attività, come è dato vedere ad esempio dai notiziari della G.N.R. sulle attività sovversive e antinazionali del 1945. Fu efficace azione della Resistenza in Alta Brianza l’aver disarmato i presidi nazifascisti locali, impedendo così cruente quanto inutili violenze; l’aver presidiato le vie di comunicazione salvando la popolazione, le case e le fabbriche dai bombardamenti alleati, viste le colonne di fascisti in marcia su Como che Mussolini aveva stabilito come luogo di raduno. Importante fu pure, l’aver disposto il passaggio dei poteri in modo ordinato, senza contrasti fra le diverse componenti, ma badando a quello che in quel momento era il bene comune: la ritrovata Libertà e la 184 Conclusioni. ______costruzione della democrazia. In molti paesi, l’insurrezione si svolse in modo indolore, come un normale passaggio di poteri e un ordinato andarsene dei presidi nazifascisti, in alcuni, come si è visto, la libertà fu raggiunta combattendo e morendo. Ci dobbiamo chiedere che cosa sarebbe accaduto in Brianza se non ci fosse stata l’insurrezione a fermare, disarmare o rallentare le colonne tedesche e repubblichine che transitavano per le vie della Brianza e si fosse atteso l’intervento dei cannoni alleati: “[…] Nei giorni dell’insurrezione, fu dato ordine alla “Puecher” di tenere sgombro il nastro stradale da Brivio ad Alzate Brianza, perché ci sarebbero stati bombardamenti aerei sulle forze che Pavolini aveva radio convocato da tutta la Lombardia, nel comasco. Umberto Rivolta1, fece sapere di opporsi alle incursioni aeree, affinché non ci fossero rovine di case e di fabbriche con altre vittime nella popolazione. Si impegnò, invece a far compiere lo sbarramento stradale dalla “Puecher”, per impedire il concentramento su Como delle colonne della R.S.I. […]”2. Importante documento fu anche la testimonianza di Raffaele Pinto (“Cremonesi”), sui retroscena del trapasso dei poteri dalla Questura fascista di Como al Comando Militare dell’Insurrezione: “[…] Saputo dell’arrivo imminente a Como di Mussolini e gerarchi, mi recai per conferire col Questore Pozzoli: questi mi promise di fare tutto quanto era nelle sue possibilità e di mettersi a mia completa disposizione: solo desiderava evitare spargimenti di sangue. In mia presenza telefonò a Pavolini e ad Airoldi di Erba, comunicando loro che era mia ferma intenzione di non lasciare accentrare in Como le colonne fasciste. Disse precisamente: «Qui con me è il comandante dei partigiani, dispone di parecchie di migliaia di uomini armatissimi, è deciso ad attaccare, evitiamo

1 UMBERTO RIVOLTA SANDRI, fondatore della “Brigata Puecher” nel febbraio del 1944, di cui fu anche commissario; 2 Cfr. Bianchi Gianfranco, Giancarlo Puecher, Ed. Arnaldo Mondadori Editore, Milano 1965, p.212; 185 Conclusioni. ______spargimento di sangue». […] Stabilito il comando della piazza militare di Como, in Prefettura, la notte del 26 cominciarono a giungervi i parlamentari delle colonne fasciste marcianti su Como. Il disarmo si svolse senza incidenti […]”3. Importante fu in questa fase, l’opera di mediazione svolta dai parroci dei paesi, tendente ad evitare scontri e conflitti sanguinosi e rivolta soprattutto verso i nazifascisti a cui veniva richiesto di deporre le armi, in cambio di una via di fuga verso la salvezza. A Erba, Alzate, Cantù, Lurago, Bulciago, ecc., i sacerdoti riuscirono a risolvere situazioni complicate o almeno a ridurne la pericolosità. Anche il passaggio dei poteri fra i Commissari Prefettizi e i C.L.N. si svolse spesso con la mediazione dei sacerdoti. È fonte di discussione se in linea con la morale cristiana che rifugge da ogni tipo di violenza, non si andasse talvolta a scontrare con la giustizia a cui certi personaggi non avrebbero dovuto sottrarsi. Il Prefetto di Como, Renato Celio, persecutore di antifascisti e soprattutto coinvolto in illeciti traffici lucrosi per sé e dannosi per la popolazione, fu nascosto dalle suore dell’ospedale Valduce. Padre Pirovano nel campo di prigionia di Erba, si adoperò per far rilasciare molti prigionieri delle SS italiane, prima che fosse giudicato il loro operato4. Una risposta a questi interrogativi possono essere le parole di Don Primo Mazzolari espresse in note scritte il 22 aprile 1945, quando ancora era nascosto nel rifugio clandestino ricavato nella sua canonica di Bozzolo:

“È arrivata la buona notizia di Bologna liberata. Mi sono sentito sollevare. Ecco che la radio dice che duecento fascisti sono stati liquidati ancor prima che arrivassero gli americani e i nostri. Capisco la giustizia, conosco la malvagità di tanti di codesti, ma questo non è un tornar da capo, un far come loro? Non c’è

3 Cfr. Bianchi Gianfranco, Antifascismo e Resistenza nel comasco. Rievocazione, Testimonianze, Documenti, Como, Edizione Centro stampa Comune di Como, Amministrazione Provinciale di Como, aprile 1975, p.297; 4 Cfr. Arienti Pietro, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Bellavite Missaglia Editore 2006, pp.264-265; 186 Conclusioni. ______

un’altra maniera di intendere la giustizia? Se non c’è, che significato ha il soffrire e il ribellarsi? Se siamo tutti cattivi, se non possiamo liberarcene, non varrebbe neanche la pena di cambiare colore alla nostra malvagità. Guardo fuori, ma la primavera è così lontana dal mio tormento nell’opulente indifferenza della sua bellezza, che chiudo rabbiosamente la finestra. Come si è soli quando si soffre”5.

5 Cfr. Mazzolari Primo, Diario di una Primavera (1945), Ed. Dehoniane, Bologna 1977, pp. 80-81, in Gariglio Bartolo, Cattolici e Resistenza nell’Italia Settentrionale, Edizione Il Mulino, Bologna 1997, pp.94-95. 187 Il contributo di tutto il comasco alla lotta di Liberazione. ______

TABELLA: IL CONTRIBUTO DI TUTTO IL COMASCO ALLA LOTTA DI LIBERAZIONE

Caduti 494 Feriti 192 Partigiani combattenti 1937 Patrioti 1073 Benemeriti 4024

* Formazioni Garibaldine Caduti Feriti 55ª Brigata "Rosselli" (Valsassina) 90 52 52ª Brigata "Luigi Clerici" 41 24 86ª Brigata "Issel" 21 4 1ª Brigata "Perretta" 20 12 89ª Brigata "Poletti" (Mandello Lario) 18 14 104ª Brigata "Garibaldi" (Brianza) 6 6 176ª Brigata "Garibaldi" (Brianza) 5 6 Gruppo Val 1 S.A.P. Lecco 1 Raggruppamento "Garibaldi" Gruppo Bellagio Gruppo Cacciatori delle Grigne

* Formazioni Giustizia e Libertà Caduti Feriti Brigata "Ugo Ricci" 105 Brigata "Giusiano" 5 3 Brigata "Poet" 3 3 Brigata "Artom" 2 3 16ª Brigata G.L. 2 Brigata "Cecchi"

188 Il contributo di tutto il comasco alla lotta di Liberazione. ______

* Formazioni Autonome Caduti Feriti Brigata "Puecher" 43 28 S.A.P. Mariano Comense 4 13 S.A.P. Como 4 4 Brigata Autonoma "Monti" 3 Gruppi Lariani Ticinesi 2 1 S.A.P. Cantù 2 25ª Formazione Autonoma "Mazzini" 2 Formazione Autonoma Como Brigata Como Brigata "Gasparotto"

* Formazioni Matteotti Caduti Feriti Brigata "Matteotti" 2 1

Caduti nei campi di annientamento tedeschi 95 Caduti per rappresaglia 103 Formazioni varie operanti all'estero 8 6

Fonte: ISCPAPC

189 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

APPENDICE:

SELEZIONE di DOCUMENTI SIGNIFICATIVI di RIFERIMENTO AI CAPITOLI

190 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI Cap. 1

DOCUMENTI: Cap.1 - Par.1.1

(1) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, denuncia del Questore Pozzoli, del 7.03.1944.

191 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(2) - “La Provincia di Como”, 27 luglio 1943.

192 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.1 - Par.1.2

(3) - “La Provincia di Como”, 30 luglio 1943.

193 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(4) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, cart.109, Relazione del Prefetto contro Finanzieri, Carabinieri ed Agenti della P.S., del 21.01.1944.

194 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.1 - Par.1.4

(5) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, segnalazione di Scassellati, del 1.04.1944.

195 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(6) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, lettera dell’autire Morsero Arturo, del 27.01.1944.

196 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(7) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Costituzione delle Brigate Nere, Bollettino settimanale N.4 del C.L.N.A.I., del 30 luglio 1944.

DOCUMENTI: Cap.1 - Par.1.5

(8) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2

197 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

198 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

199 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

200 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

201 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

202 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

203 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI Cap. 2

DOCUMENTI: Cap.2 - Par.2.1

(9) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scasselleti cart.2, relazioni sulle azioni di polizia nei Comuni di Erba, Canzo, Caslino; stralcio sul triangolo di Brunate, Zelbio, Canzo, del 20.11.1943.

204 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

205 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

206 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

207 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(9) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2., cartina topografica dei percorsi di espatrio, nel Triangolo Lariano, del 20.11.1943.

(9) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4

208 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.2 - Par.2.2

(10) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, segnalazione sull’arresto di Puecher e Fucci, del 13.11.1943.

209 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(11) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, sentenza del Tribunale Straordinario di Erba, del 21.12.1043.

210 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(12) - “La Provincia di Como”, 30 luglio 1943.

211 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI Cap. 3

DOCUMENTI: Cap.3 - Par.3.1

(13) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, nota di Paolo Porta sulla Pastorale del Vescovo di Como, inviata a Pavolini e a Scassellati, del 4.03.1944.

212 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

213 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(14) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, lettera riservata al Cardinale Schuster, del 13.04.1944.

214 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.3 - Par.3.2

(15) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, lettera della censura, del 21.12.1943.

215 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(16) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.4, lettera riservata personale al Capo della Provincia, del 7.01.1943.

216 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(17) - ISCPAPC, Fondo Prefettura di Como, Denuncia del C.L.N. di Orsenigo, contro il Commissario Prefettizio Baragiola, del 19.07.1945.

217 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(18) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, comunicazione al Capo della Provincia, del 15.12.1943.

218 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

219 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(19) - “La Provincia di Como”, 9 febbraio 1944.

220 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.3 - Par.3.4

(20) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, disposizioni di massima in caso di sciopero delle maestranze dell’industria, s.d.

221 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(20) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2.

222 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.3 - Par.3.6

(21) - Archivio Privato della Famiglia Sagramoso, Canzo, 14.05.1945.

223 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(21) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, Contessa Porro.

224 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

225 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

226 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI Cap. 4

DOCUMENTI: Cap.4 - Par.4.1

(22) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.2, lettera manoscritta di protesta dell’Ing. Cesare Moriti, a Celio, del 17.09.1944.

227 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(23) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.2, resoconto di testimoni anonimi all’Autorità inquirente ed alla Questura di Como sugli omicidi di Cucciago, s.d.

228 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(23) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, volantino di protesta del Comando della 52ª Brigata Garibaldi per gli omicidi di Cucciago, s.d.

229 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.4 - Par.4.2

(24) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, informazioni confidenziali, notizie politiche e militari della R.S.I., Bollettino settimanale N.4 del C.L.N.A.I., del 30 luglio 1944.

DOCUMENTI: Cap.4 - Par.4.3

(25) - Archivio Parrocchiale di Alzate Brianza, “Liber Chronucus” della Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, anni 1943-1945.

230 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

231 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

232 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

233 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

234 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

235 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

236 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(26) - Archivio Privato della Famiglia Meroni-Mascarini, del 1949.

237 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI Cap. 5

DOCUMENTI: Cap.5 - Par.5.1

(27) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.2, relazione settimanale, dall’1 al 7 gennaio 1945, dal Comando Militare di Guerra Poste e Telegrafo, Como 8.01.1945.

238 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.5 - Par.5.2

(28) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, lettera del Podestà di Rogeno per mancata consegna della legna per la popolazione civile, del 19.11.1943.

239 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(29) - “La Provincia di Como”, 16 febbraio 1944.

240 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(30) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.3, del 16.02.1944.

241 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(31) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.1, relazione anonima su Como e Provincia, del 28.12.1944.

242 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(32) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, promemoria per i Carabinieri, del 16.12,1943.

243 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.5 - Par.5.4

(33) - “La Provincia di Como”, 1 ottobre 1944.

244 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(34) - “La Provincia di Como”, 2 ottobre 1944.

245 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(35) - “La Provincia di Como”, 3 ottobre 1944.

246 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(36) - “La Provincia di Como”, 30 gennaio 1945.

247 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI: Cap.5 - Par.5.5

(37) - “La Provincia di Como”, 10 dicembre 1943.

(38) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Scassellati cart.2, dell’1.04.1944.

(39) - “La Provincia di Como”, 13 gennaio 1943.

248 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(40) - ASCAB, cartella 128 – 15 – 3 – 04, teatro oratoriano di Alzate Brianza.

249 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

DOCUMENTI Cap. 6

DOCUMENTI: Cap.6

(41) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, Bollettino settimanale informativo N.32 del C.L.N.A.I., del 14.03.1945, notizie politiche.

250 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

251 Appendice: selezione di documenti significativi di riferimento ai capitoli. ______

(42) - ASC, Fondo Prefettura, Carte di Gabinetto, II versamento, Carte riservate Celio cart.1, lettera confidenziale a Celio, del 6.04.1945.

252 Tavola delle sigle e delle abbreviazioni. ______

TAVOLA DELLE SIGLE E DELLE ABBREVIAZIONI

a. = anno aa. = anni AA.VV. = Autori vari A.C.L.I. = Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani AMG = Allied Military Governement A.N.P.I. = Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ASC = Archivio di Stato di Como ASCAB = Archivio Storico Comunale di Alzate Brianza ASCC = Archivio Storico Comunale di Civenna ASCCm = Archivio Storico Comunale di Castelmarte ASCE = Archivio Storico Comunale di Erba ASCL = Archivio Storico Comunale di Lambrugo B.N. = Brigata/e Nera/e Brg. = Brigata Btg. = Battaglione cart. = cartella cat. = catalogo / categoria cap. = capitolo CC. NN. = Camicie Nere Cfr. = Confronta C.G.I.L. = Confederazione Generale Italiana del Lavoro C.I.L. = Confederazione Italiana dei Lavoratori C.L.N. = Comitato di Liberazione Nazionale C.L.N.A.I. = Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia 253 Tavola delle sigle e delle abbreviazioni. ______

C.L.N.P. = Comitato di Liberazione Nazionale Provinciale Com. = Comandante Comm. = Commissario C.V.L. = Corpo Volontari della Libertà Doc. = Documento F. = fondo f. = foglio Fig. = figura gab. = carte di gabinetto G.A.P.= Gruppi di Azione Patriottica G.D.D. = Gruppi di Difesa della Donna G.I.L. = Gioventù Italiana del Littorio G.N.R. = Guardia Nazionale Repubblicana Ibidem = Similmente, come sopra già citato I.C.S.A. = Istituto Cattolico per le Attività Sociali ISCPAPC = Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta Como Magg. = Maggiore MK = Militarkommandantur Mvsn = Milizia volontaria sicurezza nazionale n. = nota n°. / N°. = numero op. cit. = opera citata Oscar = Organizzazione soccorso cattolico degli antifascisti ricercati p., pp. = pagina / e pag. = pagina Par. = Paragrafo P.C.I. = Partito Comunista Italiano

254 Tavola delle sigle e delle abbreviazioni. ______

PdA = Partito d’Azione P.d.C. = Posta da Campo P.F.R. = Partito Fascista Repubblicano P.N.F. = Partito Nazionale Fascista P.P. = Partito Popolare Pr. = Polizia repubblicana P.S. = Pubblica Sicurezza P.S.I. = Partito Socialista Italiano PK = Platzkommandantur R.S.I. = Repubblica Sociale Italiana SAP = Squadre di Azione Patriottica Scat. = scatola s.d. = senza data Sepral = Sezione Provinciale dell’Alimentazione Sez. = sezione S.I.T. = Sindacato Italiano Tessile S.M.= Stato Maggiore s.n. = senza numero S.S. = Schutz-Staffeln S.Ten. = Sottotenente Ten. = Tenente Ten. Coll. = Tenente Colonnello UPI = Ufficio Politico Investigativo u. s. = ultimo scorso V.M. = Valor Militare Vol. = volume

255 Fonti. ______

FONTI

a. Materiali d’Archivio

• ARCHIVIO DI STATO DI COMO (ASC).

- Fondo di Prefettura, Carte di Gabinetto, II° Versamento:

1. Carte Riservate Scassellati, Cartelle: 1 – 2 – 3 – 4;

2. Carte Riservate Celio, Cartelle: 1 – 2;

3. Altre Cartelle: b. 92, fascicolo 6 – b. 105, fascicolo 4 – 109 (cat. XII) – 111 (cat. XII) – 114 (cat. VII) – 116 (cat. XX) – 118 (cat. XX) – 119 (cat. VII) – 120 (cat. X) – 122 (cat. X) – 123 (cat. X) – 124 (cat. X).

- Fondo Sezione Corte d’Assise Straordinaria:

4. Cartelle: 28 – 29.

• ARCHIVIO DELL’ ISTITUTO DI STORIA CONTEMPORANEA PIER AMATO PERRETTA DI COMO (ISCPAPC).

- Fondo Prefettura di Como:

1. Elenco militari sbandati presentatisi ai Comuni e alle Autorità militari entro il 31 ottobre 1943; 2. Comando Militare Provinciale. Pro-memoria per il Capo della Provincia; 3. note informative; 4. Denuncia del C.L.N. di Orsenigo; 5. Relazioni quindicinali al Comando Corpo Ausiliario squadre d’azione CC. NN. del comandante dell’XIª Brigata Nera “Cesare Rodini” di Paolo Porta, Pd.C. 704;

256 Fonti. ______

6. Organici della Brigata Nera “Cesare Rodini”, manoscritti.

- Fondo SS italiane.

- Fondo Puecher, Notiziari della Questura:

1. Cartella Prof. A. Vacchi.

- Fondo del C.L.N. di Como:

1. Cartella Baragiola.

- Carteggio Brianza:

1. Atto costitutivo del C.L.N. di Erba.

- Schede AMG.

- Schede CVL e AMG:

1. Vittoria Rossi Anziché.

- Cartella bs.:

1. Clero, note del P.F.R. Comasco.

- Cartella bs. Brigata P.A. Perretta:

1. Battaglione Giancarlo Puecher. Sintesi relazione delle azioni principali fatte dai distaccamenti Cvl settore Erba, 1945; 2. Relazione della Questura Repubblicana di Como. Attività ribellistica; 3. bollettini.

- Cartella fs. Brigata P.A. Perretta:

1. Relazione sui fatti d’arme che condussero alla Liberazione della zona di Erba, 1945.

- Foglio D.:

1. Memoriale dattiloscritto inedito di Dante Gorresi.

257 Fonti. ______

• ARCHIVIO DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA, COMO - LECCO (A.N.P.I.).

- Archivio di Lecco:

1. schede AMG.

• ARCHIVIO STORICO DEL CENTRO DI DOCUMENTAZIONE EBRAICA CONTAMPORANEA DI MILANO.

- Cartella 9, b. 9/2:

1. Riconoscimento a benemeriti nell’opera di soccorso;

• ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI ALZATE BRIANZA (ASCAB).

- Cartelle:  56 – 1 – 6 – 33;  68 – 2 – 1 – 57;  68 – 2 – 1 – 59;  68 – 2 – 1 – 60;  68 – 2 – 1 – 62;  68 – 2 – 1 – 63;  71 – 4 – 1 – 47;  80 – 6 – 1 – 07;  89 – 6 – 2 – 27;  104 – 8 – 2 – 75;  104 – 8 – 2 – 76;  104 – 8 – 2 – 79;  104 – 8 – 2 – 80;  104 – 8 – 2 – 81;  104 – 8 – 2 – 83;  106 – 8 – 2 – 90;  106 – 8 – 2 – 91;  111 – 10 – 1 – 14;

258 Fonti. ______

 120 – 11 – 2 – 30;  121 – 11 – 3 – 18;  121 – 11 – 3 – 19;  125 – 12 – 1 – 16;  125 – 12 – 1 – 17;  128 – 13 – 2 – 04;  128 – 13 – 3 – 01;  128 – 15 – 1 – 03;  128 – 15 – 3 – 04;  128 – 15 – 3 – 06.

• ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI ERBA (ASCE).

- Categoria:

1. N°. 138; 2. N°. 58; 3. N°. 437; 4. XI, cartella 366, aa. 1944-1945, Agricoltura, industria, commercio; 5. n. 16, a. 1944.

• ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI LAMBRUGO (ASCL).

- Categoria:

1. XIII Esteri, dalla Regia Questura al Podestà di Lambrugo;

• ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI CASTELMARTE (ASCCm).

- Categoria:

1. XI, a. 1943, Agricoltura, industria, commercio;

• ARCHIVIO PRIVATO DELLA FAMIGLIA MERONI-MASCARINI (Alzate Brianza).

• ARCHIVIO PRIVATO DELLA FAMIGLIA VIGANÒ (Lurago d’Erba). 259 Fonti. ______

• ARCHIVIO PRIVATO DELLA FAMIGLIA SAGRAMOSO (Canzo).

• ARCHIVIO PRIVATO DELLA FAMIGLIA PONTIGGIA (Albavilla).

• ARCHIVI STORICI PARROCCHIALI.

1. LIBER CHRONICUS della Parrocchia dei Santissimi Pietro e Paolo di Alzate Brianza;

2. LIBER CHRONICUS della Parrocchia di Sant’Andrea Apostolo di Fabbrica Durini;

3. LIBER CHRONICUS della Parrocchia di Santa Maria Nascente di Erba.

b. Opere a Stampa e Periodici Coevi

- Il quotidiano: “La Provincia di Como”, 1943-1945; - Il quotidiano: “Corriere della Sera”, 1944; - Il quotidiano: “Il Popolo Comasco”, 1945; - Il settimanale: “L’Ordine delle Domenica”, 1944; - Il settimanale: “L’Ordine”, 1943; - Il settimanale e poi quindicinale: “Il Resegone”, 1943-1945.

c. Fonti Orali.

- Testimonianza orale dell’architetto Enrico Freyrie, membro del C.L.N. di Eupilio; - Testimonianze orali degli anziani del paese di Alzate Brianza. 260 Bibliografia. ______

BIBLIOGRAFIA

- 100 anni con “Il Resegone”, opuscolo presso la Biblioteca Comunale di Como, opusc. G -489.

- AA.VV., Città di Erba, Civico Museo Archeologico, Obiettivo Erba. Bombardamenti alleati del 1944 sulla città, Edizione Malinverno, Como 1994.

- AA.VV., Civico Museo Archeologico città di Erba, Obiettivo Erba. I bombardamenti alleati del 1944 sulle città, a cura de “I quaderni erbesi”, Edizione Malinvero, Como 1994.

- AA.VV., Contributi per una storia di Erba, Edizione responsabile Comune di Erba 2007.

- AA.VV., Grande Enciclopedia De Agostini, Edizione Istituto Geografico De Agostini s.p.a., Novara 1993.

- AA.VV., Nuova Storia Universale – Dizionario di Storia, Tot. Volumi 4, Edizione Garzanti, Torino 2004.

- AA.VV., Taccuino degli anni difficili. (Luoghi-persone-documenti-ricordi) 1943-1945, a cura dell’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Peretta” di Como, Edizione Nodo Libri, Como 2006.

- AGA ROSSI ELENA, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943, Edizione Il Mulino, Bologna 1993.

- ARIENTI PIETRO, La Resistenza in Brianza 1943-1945, Editore Bellavite, Missaglia 2006.

- ASSOCIAZIONE PARTIGIANI CRISTIANI, Il contributo dei Cattolici alla Lotta di Liberazione, atti del 1° convegno di studi Como, 8-9 dicembre 1962, A.P.C., Roma 1964.

- BARBARESCHI DON GIOVANNI, Memoria di sacerdoti “Ribelli per Amore”, Centro Ambrosiano di Documentazione e Studi religiosi, Edizione Grafiche Boniardi, Milano 1986.

261 Bibliografia. ______

- BATTAGLIA ROBERTO, Un uomo, un partigiano, Edizione Einaudi, Torino 1964.

- BELLOSI CECCO, Il paese dei contrabbandieri, Edizione Nodo Libri, Como 1995.

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- BOCCA GIORGIO, La Repubblica di Mussolini, Edizione Laterza, Roma-Bari, 1977.

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- BRAVO ANNA - BRUZZONE ANNA MARIA, In guerra senza armi. Storie di donne (1940 - 1945), Edizione Laterza, Roma-Bari 1995.

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262 Bibliografia. ______

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- CERUTI PAOLO, Un’altra vita. Albert H. Rausch-Henry Benrath, Edizione Bryan, Milano 1999.

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- DE FELICE RENZO, Il rosso e il nero, Edizione Baldini e Castoldi, Milano 1995.

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- KLINKHAMMER LUTZ, Stragi naziste in Italia: (1943-1944): con un saggio sulla storiografia della guerra contro i civili, traduzione di Susanne Meyer, Edizione Donzelli, Roma 2006.

- LAZZERO RICCIOTTI, Le Brigate Nere, Edizione Rizzoli, Milano 1983.

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264 Bibliografia. ______

dell’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como, Como 2003.

- LAZZERO RICCIOTTI, Il sacco d’Italia. Razzie e stragi tedesche nella Repubblica di Salò, Edizione Arnoldo Mondadori, Milano 1994.

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- LEGNANI MASSIMO, Potere, società ed economia nel territorio della R.S.I., in AA.VV., La Repubblica Sociale Italiana 1943-45: (Atti del Convegno, Brescia 4-5 ottobre 1985), a cura di POGGIO PIER PAOLO, Annali della fondazione “Luigi Micheletti”, n°2, Brescia, 1986.

- MARCHESI ROSARIA, C’era la guerra, Edizione Nodo Libri, Como 1992.

- MAURI PAOLA, La Resistenza e la lotta di Liberazione a Cantù, Comune di Cantù 1975.

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