La pubblicazione è stata resa possibile grazie anche alla sponsorizzazione della BANCA PREALPI

Sede di Opera pubblicata con il patrocinio di

PROVINCIA DI

COMUNITÀ MONTANA, Comuni di: , , , , , , , Revine, San Pietro di Feletto, , Sernaglia della Battaglia, , Tarzo,,.

U.N.P.L.I. Unione Nazionale delle Pro Loco Italiane - Provincia di Treviso

Iniziativa cofinanziata dalla COMUNITÀ EUROPEA Fondi Leader FESR Programma Leader II, Gruppo di Azione Locale (G.A.L.) n° 4 “Associazione Pianura e Collina di Treviso:Destra Piave”, Sub-Azione n° 6.b.1 “Promozione di itinerari turistico culturali” Autorizzazione alla pubblicazione delle foto dei monumeni sacri della Diocesi di Vittorio n.ro 121-2000 del 15 marzo 2000

© Copyright 2000 Cierre Edizioni Via Ciro Ferrari 5, Caselle di Sommacampagna, 37060 Verona telefono 045.8581575, fax 045.8581572 e-mail [email protected] http://www.cierrenet.it

Consorzio Prto Loco Quartier del Piave

Progetto grafico e impaginazione in.pagina S.r.l.,Venezia-Mestre

© Tutti i diritti riservati Riproduzione, anche parziale, vietata L’alta marca trevigiana Itinerari storico-artistici nel Quartier del Piave

Testi di: Silvia Bevilacqua, Katia Bettiol, Dario Canzian, Luisa Cigagna, Enrico Dall’Anese, Mario De Osti, Paolo Furlanetto, Gino Lucchetta, Gianni Marciano, Rosanna Mutton, Gianpierre Nicoletti, Diego Tomasi e Luigi Urettini.

A cura di: Danilo Gasparini

Consorzio Pro Loco Quartier del Piave Ideazione:

CONSORZIO PRO LOCO QUARTIER DEL PIAVE

Pro Loco consorziate: Cison di Valmarino, Col San Martino, Combai, Farra di Soligo, Follina, Miane, Moriago della Battaglia, Mosnigo, Pieve di Soligo, Refrontolo, San Pietro di Feletto, Soligo,Tovena,Valmareno,Vidor

Pro Loco di Pro Loco di Pro Loco di Pro Loco di Cison di Valmarino Col San Martino Combai Farra di Soligo

Pro Loco di Pro Loco di Pro Loco di Pro Loco di Follina Miane Moriago Mosnigo

Pro Loco di Pro Loco di Pro Loco di Pro Loco di Pieve di Soligo Refrontolo San Pietro di Feletto Soligo

Pro Loco di Pro Loco di Pro Loco di Tovena Valmareno Vidor Coordinamento a cura di Danilo Gasparini

Redazione a cura di Luisa Cigagna

Foto di Iris Bortoletto, Gianangelo Breda, Rinaldo Checuz, Enrico Dall’Anese, Nives Dal Vecchio, Roberta De Facci, Luigi Dorigo, Giuseppe Fedato, Bruno Foltran, Alberto Garettini, Luca Marchesin, Gianni Marciano, Leo Munari, Pierluigi Piccin, Silvano Selvestrel, Maurizio Tonetto,Anna Zambon, Luigi Zancanaro.

Le foto storiche sono state messe a disposizione da Raul Bernardi, Danilo Gasperini, Giovanni Toffollati,Daniele Zanco

4 SOMMARIO

AMBIENTE 11 Gelogia e geomorfologia 17 Aspetti naturalistici 28 I palù 33 La flora

STORIA 37 Il popolamento del Quartier del Piave dal Paleolitico all’Età romana 41 Castelli, signori, monasteri e comunità nel Quartier del Piave in Età medievale 49 Il Quartier del Piave in Età moderna e contemporanea

ARTE 57 Itinerario 1 Visitando le chiese, arte e cultura di un territorio (da Longhere a Segusino) 71 Itinerario 2 Le chiese del Quartier del Piave, tra storia antica e ricostruzione 85 Itinerario 3 Tra la pieve di Feletto e le contea di Tarzo 95 Poeti e scrittori nel Quartier del Piave

ECONOMIA 101 La cultura del vino 105 La civiltà del castagno 107 Le malghe e l’attività casearia

FOLCLORE 111 Feste tradizionali 117 Le tradizioni gastronomiche

I COMUNI 123 Cison di Valmarino 141 Farra di Soligo 157 Follina 171 Miane 185 Moriago della Battaglia

5 193 Pieve di Soligo 211 Refrontolo 217 229 San Pietro di Feletto 235 Segusino 241 Sernaglia della Battaglia 249 Susegana 259 Tarzo 269 Valdobbiadene 285 Vidor

295 Bibliografia 300 Informazioni utili

6 PREFAZIONE

Dopo anni di operoso lavoro all’interno delle Associazioni Pro Loco la pubblicazione di questa guida è motivo di soddisfazione perché sintetizza gli sforzi e il lavoro di molte persone che, con spirito autenticamente volontari- stico, si prodigano per la valorizzazione del nostro territorio. La ricchezza storico, artistica, culturale e ambientale di questo spicchio di Marca Trevigia- na chiamato alternativamente Quartier del Piave, Vallata, Altamarca è un bene prezioso che merita di essere conosciuto e tutelato. È stato possibile realizzare questa pubblicazione grazie ad un importante progetto di recupero e promozione del territorio che ha coinvolto profes- sionisti esperti ed appassionati cultori di storia ed arte locale. Ne è uscita una guida che si propone di portare il turista, l’escursionista, il viaggiatore domenicale curioso – forestiero e non – alla scoperta del nostro ambiente e delle sue valenze artistiche, architettoniche e paesaggistiche, attraverso alcuni percorsi a tema ma anche in assoluta libertà passando semplicemente di in paese alla scoperta di angoli caratteristici. Un sottofondo di leggende, tradizioni e blasoni popolari rende curioso e leggero il nutrito apparato storico – artistico dedicato ad ogni paese e alle singole frazioni. Una sorta di viaggio dentro il viaggio, anche attraverso cibi e sapori con suggerimenti per la degustazione dei prodotti tipici e dei vini che hanno reso queste terre famose in tutto il mondo. Nel ringraziare quanti, nel corso del tempo, hanno partecipato e collaborato alla realizzazione di quest’opera e alla valorizzazione del nostro territorio e del suo patrimonio di cultura e tradizione, auguro a tutti una piacevole lettura sperando che queste pagine incuriosiscano e spingano i lettori a diventare prossimi turisti nell’Altamarca.

Roberto Franceschet Presidente del Consorzio Pro Loco Quartier del Piave

7 Per la continua opera di valorizzazione e promozione del territorio svolta dalle Associa- zioni Pro Loco e dai loro Presidenti

CISON DI VALMARINO: Costantino Salton, Lino Magagnin, Raffaele Salton, Mario Pillot COL SAN MARTINO: Bruno Tormena, Luciano Dorigo COMBAI: Giovanni Follador,Adorno Pagos, Maria Vittoria Moro FARRA DI SOLIGO: Silvano Burol, Gimmy Tormena, Daniele Biscaro,Annibale Buset- ti, Gianni Biscaro,Angelo Guizzo FOLLINA: Giancarlo Zago, Leone Nicaretta, Giuseppe Tomasi MIANE: Costante Azzalini, Daniela Casagrande, Luca De Biasi, Guerrino Frezza, Riccar- do D’Agostin MORIAGO DELLA BATTAGLIA: Innocente D’Agostini, Antonio Signoretti, Pierluigi Varago,Adriano Dal Cortivo MOSNIGO: Ivo Vendramini,Roberto Contessotto,Araldo Rizzetto PIEVE DI SOLIGO: Roberto Franceschet, Piero Dal Canton, Luigi Frattina, Mario Sist, Roberto Menegon,Anna Flavia Roman, Franco Donadel, Maurizio Bernardi REFRONTOLO: Livio Zaccaron, Silvano Antoniazzi SAN PIETRO DI FELETTO: Falminia De Martin, Loris Dalto SERNAGLIA DELLA BATTAGLIA: Graziano Appiuma, Antonio Trinca, Giovanni Pederiva, Carlo Balliana SOLIGO: Giulio Stella, Giosuè Signorotto,Arcangelo Busetti, Mario Dorigo, Maria Gra- zia Moschetta,Attilio Dozza TOVENA:Tonino Cecchinel,Mauro Possamai VALMARENO: Franco Dal Vecchio VIDOR: Giuseppe Vidori, Enrico De Poi, Guerrino Da Riva, Angelo Miotto, Ivano Cordiali

Si ringrazia quanti hanno collaborato a questo progetto e alla realizzazione di questa guida

Teresa Ballancin, Rita Ballarin, Fausto Bassotto, Raoul Bernardi, Firmina Bertazzon, Flavio Bottega, Luca Bressan, Bertilla Brunelli, Gianpietro Callegaro, Dilva Carrer, Denis Cattelan, Luisa Cigagna, Luisa Dall’Agnese, Enrico Dall’Anese, Sabina De Faveri, Maria Chiara De Lorenzi, Silvana De Marchi, Gianni Marciano, Flaminia De Martin, Antonio De Osti, Lorenzo De Pizzol, Giuseppina De Vecchi, Marika Dozza, Maria Elena Filippi, Pietro Furlan, Gianantonio Geronazzo, Luigi Ghizzo, Romano Gugel, Giovanna Lorenzon, Piero Lorenzon,Tarcisio Lorenzon, Gino Lucchetta, Paolo Martorel, Giorgio Mies,Annarosa Mongera,Angelo Moschetta, Rosanna Mutton, Fulvio Paladin, Micele Potocnik, Gino Presti, Lidia Rasera, Leopoldo Saccon,Tatiana Santin, Riccardo Scapol,Antonio Signoretti,Terry Silvestrin, Enrico Tonello, Mauro Tonello, Micaela Tonetto, Marina Toppan,Angelisa Tormena, Giancarlo Vettorello, Pierina Vibbani, Luigi Zaccaron, Gianna Zorzenon

8 L’ ALTA MARCA TREVIGIANA

9

AMBIENTE cal- del Giurassico che affio- dolomie e le Nel Cretacico permaneNel Cretacico la piattafor- Va ricordato i detriti che mentre si Va più antiche che possiamo Le rocce rano tra la valle di San Boldo e Miane: di San Boldo rano tra la valle 150 milioni di esse si formarono oltre anni fa sul fondo di un ampio bacino marino (bacino bellunese), si esten- che dall’attuale Cansiglio all’incirca deva fino al Grappa, da delimitato ad ovest un altofondo sommerso da poche deci- ne di metri di acqua (piattaforma trenti- piattaformana) e a est da un’analoga (piattaforma friulana) sul cui limite coral- una scogliera occidentale sorgeva lina (Cansiglio, Pizzoc). monte il fondale ma friulana ovest ma verso più monotono con la marino diventa deposizione di fanghi ed argille calcarei che costituiranno le formazioni del di Soccher, Biancone e del Calcare e ben stratificate, biancastre rocce facil- cari sedimentazione di ingenti quantità di sedimentazione di ingenti detriti che col tempo, e la la pressione di fluidi carichicircolazione di sali minerali, rocce. diventano di un bacino que- depositano sul fondo (subsidenza) via via sprofondando sto va del caricoa causa dell’aumento e che una certaquindi la tendenza di porzio- o meno pro- più a diventare ne di mare fonda dipende dall’equilibrio tra veloci- di sedimenta- tà di subsidenza e velocità zione. sono i Prealpi nelle nostre rinvenire 11

a nostra zona presenta alcune carat- alcune a nostra zona presenta

EOLOGIA E GEOMORFOLGIA Volendo comprendere come si è comprendere Volendo È purtroppo ancora opinione diffusa ancora opinione È purtroppo L

rosione che modella i rilievi;rosione il terzo è la renziale di tutta l’area;renziale il secondo è l’e- la deformazione e il sollevamento diffe- la deformazione e il sollevamento spazio: con il primo è l’orogenesi attore importanza variabile nel tempo e nello senti sulla scena anche se con ruoli di attori principali compre- sono sempre storia geologica ricordando che i tre grandi linee, alcune delle tappe della ritorio è forse utile ripercorrerne, a giunti all’attuale configurazione del ter- paesaggio attuale. contributi diversi, il hanno prodotto da parte dei vari agenti erosivi che,da parte dei vari agenti erosivi con vo anche il processo di modellamento di anche il processo vo mentre tali processi avvenivano era atti- avvenivano tali processi mentre posizione che attualmente occupano; terno del pianeta, hanno assunto la dalle imponenti spinte derivanti dall’in- dalle imponenti spinte derivanti prima diventati rocce e poi, rocce prima diventati deformati chi depositi di materiali sciolti sono ne tettonica. Questo significa che anti- esse vanno inseriteesse vanno tra i rilievi di origi- “morenica” o “glaciale” quando invece che l’origine sia colline nostre delle substrato monoclinale. paesaggio da erosione selettiva su di un paesaggio selettiva erosione da stessi; in termini geologiciè il tipico separati da incisioni parallele ai rilieviseparati da incisioni na mostra una serie di rilievi allungati, saggio fascia della collinare pedemonta- teristiche geologiche singolari. Il pae-

Gino Lucchetta G QUARTIER DEL PIAVE

A mente riconoscibili in tutta la regione sul fondo del mare, strato su strato. Fin- MBIENTE alpina e prealpina. ché la sorgente dei detriti è relativa- Attorno a 65 milioni di anni fa, al mente lontana ed il mare profondo, i passaggio tra Mesozoico e Cenozoico, depositi sono dati da argille e fanghi troviamo che l’area corrispondente alle calcarei alternati nella tipica facies di attuali colline era ancora ricoperta dal Flysch. Queste rocce sono oggi difficili mare; poco più a nord c’erano dei rilie- da osservare perché in gran parte can- vi appena accennati, dei cordoni insulari cellate da una grossa faglia che percorre simili a quelli dell’attuale costa dalmata, la Vallata (faglia di Longhere). Dei pic- che più tardi diventeranno i nuclei delle coli lembi si possono osservare a Miane, Dolomiti e delle Prealpi. Ancora più a a Combai e a Follina (località San Cle- nord l’orogenesi alpina stava per entrare mente). nella sua fase più intensa (fase eoalpina: Quando la linea di costa si avvicina 30-40 m. a.) inarcando e sollevando in al bacino di sedimentazione, cioè la modo deciso le attuali alpi austriache. profondità del mare si riduce a poche Queste terre dovevano trovarsi nella decine di metri, abbiamo una successio- fascia intertropicale come dimostrato ne da materiali fini a materiali più gros- dai resti fossili di coralli ed altri organi- solani, denominati nel complesso molas- smi tipici di ambienti caldi. sa, che testimonia il fenomeno della Mentre la linea di costa tende a spo- regressione. Si tratta di potenti strati di starsi progressivamente verso sud, i sabbie entro i quali si sono conservati detriti erosi dai rilievi alpini vengono fossili di conchiglie di gasteropodi (tur- trasportati dai corsi d’acqua e depositati ritella) e di lamellibranchi (Chlamys)

Prealpi venete, gruppo detto della “Dormiente”

12 GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA insieme con coralli e alghe rosse con toniano) si deposita un potente com- A scheletro calcareo (nullipore). Queste plesso sabbioso con intercalazioni argil- MBIENTE rocce costituiscono oggi la dorsale colli- lose (spessore di circa 200 m), che testi- nare di Zuel, delle Serre e delle Tenade. monia una situazione di mare poco Nel periodo successivo, fino a circa profondo, quasi di spiaggia, in cui sono 10 milioni di anni fa, si depositano fan- abbastanza frequenti i fossili di ricci di ghi alternati con livelli più ricchi di cal- mare e di molluschi. care e con livelli sabbiosi che diventano Si arriva infine (Messiniano) a una sempre più grossi e frequenti con il pas- brusca accelerazione del sollevamento sare del tempo per uno spessore com- delle Alpi che comincia ad interessare in plessivo di circa 1,5 km. Questo è legato maniera diretta anche le Prealpi. Dall’en- con il progressivo accentuarsi dei feno- troterra arrivano ingenti quantità di meni erosivi all’interno delle Dolomiti detriti ghiaiosi trasportati da due impor- e quindi al maggior apporto di detriti tanti corsi d’acqua che possono grosso verso il mare. Tali rocce sono relativa- modo corrispondere agli attuali fiumi mente tenere e facilmente erodibili Brenta e Piave. Nella nostra zona si crea come possiamo osservare attorno a un grande delta che si estende da Bassa- Rolle oppure al Fol di Valdobbiadene. I no a : i vari rami fluviali fossili di coralli, di ricci marini, di mol- divagano tra una piena e l’altra isolando luschi, ci testimoniano un ambiente zone lagunari in cui prosperavano mol- relativamente tranquillo e con acque luschi anche di grandi dimensioni (ostri- calde tutto l’anno. che giganti) mentre nelle fasce emerse Attorno a 10 milioni di anni fa (Tor- cresceva una rigogliosa foresta. In alcuni casi la foresta fu abbattuta e sommersa dai fenomeni di piena ed i resti degli alberi si sono conservati sotto forma di lignite (oggetto di coltivazione mineraria fino al 1950). Questi depositi hanno uno spessore complessivo di circa 1 km e costituiscono oggi la fascia più meridio- nale delle colline che bordano il Quar- tier del Piave (San Gallo, Montello). Nella parte finale del periodo, attor- no a 5 milioni di anni fa (Messiniano superiore), il processo orogenetico sub- isce un nuovo rallentamento che per- mette l’instaurarsi tra e l’attua- le Formeniga di un ampio bacino lacu- stre, delimitato a sud dal Montello, che iniziava appena ad inarcarsi consenten- do la creazione di cordoni detritici costieri. In questo bacino lacustre si andarono depositando argille con inter- calazioni molto discontinue di ghiaie e

13 QUARTIER DEL PIAVE

A sabbie che oggi possiamo ritrovare modo di asportare l’intera coltre delle MBIENTE soprattutto nel felettano; la sequenza, molasse, mentre dove il processo era più che ha uno spessore di meno di 200 m, blando il fenomeno ha interessato solo è caratterizzata da fossili di gasteropodi quella porzione degli strati che per di acqua dolce (Helix), anche se all’e- motivi tettonici, andava via via emer- stremità verso Cornuda sono stati rac- gendo. colti anche resti di organismi di acqua La piegatura e il sollevamento delle salmastra a testimonianza di periodiche rocce avviene in maniera lenta e altret- ingressioni marine. tanto lentamente agisce l’erosione per Attorno a 4 milioni di anni fa (Plio- cui un immaginario viaggiatore che si cene) il processo di orogenesi ha subito fosse trovato a osservare la zona alcuni una brusca accelerazione che solo negli milioni di anni fa, avrebbe riscontrato la ultimi millenni si è andata attenuando. presenza di una estesa superficie semi- Le Prealpi si sono inarcate rapidamente pianeggiante e inclinata verso il mare (circa 1 mm/anno corrispondente a un dalle Dolomiti fino alla linea di costa, da sollevamento complessivo di 4 km), cui emergevano rilievi e dorsali appena mentre l’erosione ha intaccato e aspor- accennate tra cui la dorsale prealpina. tato gli strati man mano che si andavano Tra gli elementi tettonici che hanno sollevando; i detriti venivano trasportati condizionato l’evoluzione della regione verso il mare la cui linea di costa si tro- si possono riconoscere due stili con vava ormai a sud del Montello. L’erosio- orientamenti diversi: una serie di pieghe ne ha naturalmente agito in maniera e pieghe-faglie con direzione WSW- differenziale, preservando le rocce più ENE che evolvono in sovrascorrimenti; resistenti ed intaccando a fondo quelle una serie di faglie con movimenti sia più deboli. Su questa superficie emersa trascorrenti che verticali con direzione esisteva una rete idrografica che eredita- NW-SE.A questi si può aggiungere una va gran parte dei suoi percorsi dalla serie di ricoprimenti con direzione situazione preesistente: il Paleopiave NW-SE che interessano il Friuli e solo scendeva dal Fadalto e, tagliando tra- marginalmente la nostra area. Al primo sversalmente il Quartier di Piave, andava gruppo va la responsabilità della forma- a sfociare in mare presso , zione dei rilievi, mentre il secondo dis- vicino ad un Paleocordevole, che attra- seca le compagini rocciose in grandi versava la stretta di Quero dopo aver blocchi che possono muoversi in modo raccolto anche le acque del Paleoci- relativo; i contatti tra un blocco e l’altro, smon e del Paleobrenta. frantumati dalle faglie, costituiscono Un concetto un po’ più difficile da zone di minor resistenza e su di esse intuire è che l’erosione non ha comin- avrà buon gioco l’erosione. ciato ad agire dopo che l’edificio strut- Il progredire dell’orogenesi dalle Alpi turale dei rilievi ha raggiunto la sua verso la pianura avviene per attivazione configurazione attuale, bensì strato su di fronti successivi di sovrascorrimento: strato, man mano che i rilievi emerge- nel Miocene superiore -Pliocene è atti- vano dal mare: in questo modo, dove vo il fronte periadriatico (fianco nord l’innalzamento era più intenso (Dolo- del Vallone Bellunese); nel Pliocene- miti e Prealpi) l’erosione ha avuto Pleistocene inferiore si attiva il fronte

14 GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA

Bassano-Valdobbiadene-Vittorio Veneto zione chimica delle rocce conglomera- A sul versante meridionale delle Prealpi; tiche con formazione di doline e MBIENTE infine nelle ultime centinaia di migliaia inghiottitoi in superficie e di grotte e di anni si è attivato il fronte più esterno condotte carsiche nel sottosuolo. che passa davanti al Montello ed è chia- Al ritiro del ghiacciaio Rissiano il mato linea di Aviano. In corrispondenza Paleopiave si trova la valle di Fadalto di questi ultimi due fronti abbiamo ostruita, probabilmente da alcune frane, fenomeni sismici che periodicamente ci e modifica quindi il suo corso deviando ricordano che l’orogenesi è ancora in verso ovest a Ponte nelle Alpi e appro- atto. priandosi del letto del Paleocordevole; Nell’ultimo milione di anni una va così a sfociare in mare ad ovest del serie di variazioni climatiche si inseri- Montello. Il drenaggio delle acque scono a turbare i complessi equilibri tra viene allora svolto da un Paleomeschio sollevamento ed erosione fluviale: che partendo dalla Val Lapisina percorre imponenti masse glaciali, che dal cuore l’attuale valle del Soligo. delle Alpi si spingono verso la periferia La glaciazione Wurmiana (da 75.000 della catena, scavano profonde valli e a 15.000 anni fa) ha lasciato tracce ben trasportano ingenti quantità di detriti. visibili in Vallata: la collinetta di Gai non Queste pulsazioni glaciali, intercalate da è altro che la morena frontale del ghiac- periodi relativamente più caldi, furono ciaio mentre lembi di morene laterali si almeno quattro, denominate, dalla più possono osservare a Tovena, a Sottocro- antica alla più recente: Gunz, Mindel, da, a Resera e a Tarzo. I due anfiteatri Riss e Wurm. Come è logico, l’ultima morenici meglio conservati sono però fase glaciale tende a cancellare le tracce quelli di Vittorio Veneto-Colle Umber- delle precedenti per cui diventa estre- to e di Quero. Va tenuto presente che mamente difficile ricostruire l’effettiva durante le fasi glaciali la forza erosiva estensione delle lingue di ghiaccio: pos- dei corsi d’acqua è amplificata dal fatto siamo ipotizzare che seguissero i percor- che il livello marino viene a trovarsi si fluviali preesistenti. Lembi di terreni anche oltre 100 m più in basso del nor- depositati nel corso della glaciazione male: si ha così l’incisione di valli sia Mindel formano la piana di Farrò e di trasversali che parallele alle colline. Col mentre i ripiani di Premaor e del Dove affiorano rocce tenere l’erosione Castelletto di Follina corrispondono al ha modo di agire in profondità, mentre livello di pianura al tempo della glacia- dove sono presenti rocce dure e resi- zione Riss. Queste superfici sono rico- stenti si formano costoni e dorsali, a noscibili e databili soprattutto grazie alla meno che esse non siano indebolite, profonda alterazione (pedogenesi) che si rotte, da disturbi tettonici. I detriti è instaurata durante i periodi intergla- vanno a ricoprire e colmare la depres- ciali e che ha portato alla formazione di sione sinclinalica che si va delineando suoli rossicci molto profondi, detti “fer- nell’attuale Quartier del Piave in segui- retto”, osservabili a Farrò, nel Felettano to al progressivo inarcamento del Mon- e sul Montello. Su queste superfici tello e soprattutto a causa della faglia del molto antiche e mai ricoperte da ghiac- Quartier del Piave che tende a sollevare ciai si impostano i processi di dissolu- la parte meridionale della piana.

15 QUARTIER DEL PIAVE

Massicci prealpini

Sempre durante l’ultima glaciazione laghi con sedimentazione argillosa: un il Paleopiave non riesce più a superare lago si forma a San Giovanni di Valdob- la soglia del Montello che continua a biadene (con resti di difese di Mam- sollevarsi per cui devia verso est, prima mut), mentre uno più vasto si crea in divagando ed alluvionando con detriti Vallata, delimitato ad ovest dalla morena ghiaiosi la piana di Moriago, poi allar- di Gai e a est dalla lingua di ghiaccio gando il varco nei conglomerati messi- che si andava via via ritirando; sulle niani di Nervesa, assumendo così il per- sponde di questo lago prosperava un corso attuale. Tra i detriti del conoide ambiente di foresta fredda boreale che del Piave e quelli del Soligo rimane iso- ci ha lasciato i tronchi fossili delle For- lata una zona depressa in cui si instaura- naci. Di esso rimangono oggi due testi- no condizioni di palude con deposizio- monianze: i laghi di Revine. ne di alcuni metri di argille sopra alle L’evoluzione del territorio degli ulti- argille del Messiniano: si tratta dei Palù. mi 15.000 anni non ha visto grandi Al margine settentrionale dell’area sconvolgimenti e il processo di model- emergono dalla pianura alcuni piccoli lamento del paesaggio è proseguito con rilievi residuali (colle d’Attila) formati quella naturale lentezza che lo rende da argille del Messiniano superiore. quasi inavvertibile alla scala dei tempi In altre zone depresse si formano umani.

16 AMBIENTE ), un ), l’onta- ), i salici e ). A quest’ultimo alix caprea Carduelis spinus Carduelis Populus nigra Alnus glutinosa Attraverso la stretta di Segusino il di la stretta Attraverso Le coperture riparie boscose conser- Il Piave Piave entra nella provincia di Treviso, di provincia entra nella Piave torrentizio mantenendosi a carattere fino a Nervesa,circa con il caratteristico aspetto a rami divaganti. La portata del fiume risente piene nei pe- di sporadiche riodi primaverili e autunnali e di secche soprattutto nel periodo estivo, a causa d’acqua effettuati a degli ingenti prelievi scopo irriguo. Il letto risulta costituito soprattutto da ciottoli e ghiaia grossola- na, anche se i depositi alluvionali sono per la continua impoveriti notevolmente di escavazione.attività fluvia- L’ambiente le, evoluzione, per sua natura in continua aspetti di natu- ancor oggi notevoli offre umani di ralità nonostante gli interventi regimazione e sfruttamento. certa una solo in alcuni estensione vano tratti, il Settolo Basso ad esempio presso Falzè di Piave e presso (Valdobbiadene) (Sernaglia). Qui dominano specie arbo- legate a terreniree saturi d’acqua, come ( il pioppo nero tra questi il salicone (S ( no nero è legato il lucarino ( in si muove uccello che in inverno gruppi, rami terminali appendendosi ai di questi alberi per alimentarsi dei loro frutti. In estate, invece, nel sottobosco farfalle alcune specie di volano diurne 17

SPETTI NATURALISTICI Temperature in genere più basse si più basse in genere Temperature Il settore dell’alto trevigiano qui dell’alto trevigiano Il settore Le precipitazioni raggiungonoLe precipitazioni i La presenza dei rilieviLa presenza a montuosi La temperatura media annuale è di annuale La temperatura media

A VITA NATURALE

LCLIMA Lucio Bonato

L I

Katia Bettiol A Cesen e il Col delle Poiatte. meridionali tra il monte Prealpi delle zioni nevose sono piuttosto frequenti. zioni nevose nord, del Soligo e i versanti la valle ri dei rilievi montuosi, le precipita- dove immediatamente a collinare pio settore registrano comunque alla quote maggio-registrano comunque di Nervesa, il Quartier del Piave, l’am- Piave tra la stretta di Segusino e quella tra la stretta Piave periodo di siccità soprattutto in inverno. il corsoconsiderato comprende del durante la primavera e l’autunno e un durante la primavera 1000-1200 mm annuali, con dei massimi fiume Piave. sco, delle colline e del presenza per la 15-20°C; fre- il clima è quindi piuttosto ratura media, nel mese più caldo, è di rispetto alla pianura. la tempe- D’estate maggiormente esposti all’insolazione mentre i versanti meridionali i versanti mentre sono freddi settentrionalifreddi e nord-orientali, nord impedisce la penetrazione di venti impedisce la penetrazione nord do compresa tra –5 e 0°C. do compresa mite,fred- con una media nel mese più 10-11°C. è relativamente L’inverno QUARTIER DEL PIAVE

A piuttosto localizzate, quali l’Aphantopus in febbraio-marzo, inoltre, i maschi ter- MBIENTE hiperanthus, dalle ali brune, che può esse- ritoriali tambureggiano assiduamente. re osservata con eccezionali densità tra I potenti depositi ghiaiosi all’interno giugno e luglio, e l’Heteropterus morpheus, dell’alveo, relativamente aridi e assolati, che allo stadio di bruco vive esclusiva- tendono ad essere colonizzati da piante mente sulle graminacee dei prati umidi. erbacee e arbusti, in particolare l’olivello In primavera, le fasce boscose risuonano spinoso (Hippophaë rhamnoides), che si del canto sottile ed elegante del rampi- carica in autunno di frutti carnosi rossa- chino (Certhia brachydactyla), un piccolo stri. Il raro dente di leone di Berini uccello in grado di arrampicarsi sui (Leontodon berinii), il cui fiore giallo tronchi degli alberi e che tra le fessure compare tra maggio e giugno, vive delle cortecce trova cibo e posto per esclusivamente sui greti fluviali della nidificare; altrove non è così abbondante. pianura veneto-friulana, e quindi anche Gli alberi maturi e marcescenti che qui nell’alto corso del Piave fino al Montel- ancora rimangono permettono anche lo. I prati secchi e sassosi sono frequen- l’insediamento del picchio rosso mag- tati dall’Oedipoda caerulescens, una caval- giore (Picoides major): il becco di questo letta mimetica che però, quando spicca picchio è adattato a scavare nei tronchi e il volo per fuggire, mostra il colore a ricercare insetti all’interno del legno; azzurro delle ali posteriori. Oltre alla

Il Piave, tra Montello e Quartier del Piave ASPETTI NATURALISTICI A MBIENTE

Un’upupa comune lucertola muraiola (Podarcis strida e fingendo di essere ferito. muralis), su questi terreni vive anche la Gli stagni e i rami marginali dove la più rara lucertola campestre (Podarcis corrente è debole sostengono una ricca sicula): quest’ultima si trova diffusamente comunità di piccoli animali: tra i ciottoli nelle fasce dunali del litorale adriatico del fondo si nascondono dense popola- ma sopravvive nell’entroterra solo in zioni di chiocciole come la Lymnaea, pochi siti localizzati, come presso l’Isola larve di insetti come i Tricotteri e i Ple- dei Morti (Moriago). Tipici uccelli che cotteri, pesci come lo scazzone (Cottus si riproducono in questo ambiente di gobio). Fuori dall’acqua, in estate, vola grava sono l’ortolano (Emberiza hortula- l’Apatura ilia, una vistosa farfalla le cui ali na) e lo strillozzo (Miliaria calandra), lampeggiano di iridescenze purpuree legati alla vegetazione arbustiva e altrove sotto la luce solare; questa specie può non molto diffusi; entrambi sono svilupparsi solo negli ambienti ripari, migratori che raggiungono annualmen- poiché il bruco si nutre esclusivamente te l’Africa centrale per l’inverno. Il cor- di pioppi e salici. In inverno, invece, pic- riere piccolo (Charadrius dubius), invece, coli uccelli provenienti da regioni set- dal disegno facciale bianco e nero, fre- tentrionali si insediano presso queste quenta esclusivamente le superfici acque per nutrirsi: il luì siberiano ghiaiose spoglie, dove pure depone le (Phylloscopus collybita tristis), in particola- uova che ben si mimetizzano tra i ciot- re, svolazza sul pelo dell’acqua per racco- toli; reagisce tipicamente a intrusioni di gliere insetti che galleggiano; lo spion- potenziali disturbatori lanciando acute cello (Anthus spinoletta), diversamente,

19 QUARTIER DEL PIAVE A MBIENTE

Il Piave in piena

perlustra zampettando le rive ghiaiose. volo sull’ampio specchio del fiume; si Nelle acque più profonde del Piave tratta di una delle numerose specie di sopravvive la trota marmorata (Salmo pipistrelli presenti sul territorio, partico- trutta marmoratus), esclusiva dei bacini larmente adattata a predare insetti appe- fluviali dell’alto Adriatico, altrove drasti- na sopra la superficie dell’acqua. camente diminuita. Tra gli altri pesci, la sanguinerola (Phoxinus phoxinus), che si Il Quartier del Piave muove a mezz’acqua, e il barbo comune (Barbus plebejus), i cui barbigli sono uti- Si tratta di un’ampia zona pianeg- lizzati per esplorare i fondali ghiaiosi. giante, estesa per 70-80 kmq, originatasi Durante la notte, il vespertilio di Dau- per l’accumulo di depositi fluviali e gla- benton (Myotis daubentoni) sfreccia in ciali. Incastonato tra il Montello a sud e

20 ASPETTI NATURALISTICI la prima linea di colline prealpine a nord, Nelle abitazioni più rustiche si inse- A il Quartier del Piave è solcato da alcuni diano invece animali più adattabili. Tra MBIENTE piccoli corsi d’acqua, che scorrono verso gli invertebrati, frequente è la Scutigera sud fino ad immettersi nel Piave, quali il coleoptrata, un centopiedi dalle lunghe Raboso, il Rio la Dolsa, il Soligo e il zampe e capace di correre velocemente. Lierza.Vi si trovano inoltre sorgenti d’ac- La faina (Martes foina) è pure diffusa qua regolari (risorgive) e terreni tenden- presso le case rurali, dove spesso trova zialmente paludosi, come i Palù. rifugio: è attiva solo di notte, quando La maggior parte del territorio, dif- esce all’aperto per nutrirsi di piccoli fusamente antropizzato, è occupato da mammiferi e, in autunno, anche di frutti. coltivi, tra i quali si sviluppano reticoli Negli incolti e nelle aree dove l’atti- di siepi. Queste fasce di vegetazione vità umana è meno intensa, possono ospitano una comunità di forme viventi sopravvivere piante e animali di mag- relativamente più ricca e varia dei suoli giore rarità. Ad esempio, nei campi pro- agricoli. Tipica specie arborea è l’acero spicenti l’alveo del Piave presso l’Isola campestre (Acer campestre), spontaneo in dei Morti (Moriago), negli ultimi anni è larga parte dell’Europa e privo di parti- riuscita a riprodursi la pavoncella (Vanel- colari esigenze ecologiche. Sugli arbusti lus vanellus). Questo uccello, presente che si sviluppano sotto questi filari, nei regolarmente nella pianura veneta solo momenti di maggiore umidità si muo- durante l’inverno, durante la stagione vono alcune specie di chiocciole, tra cui riproduttiva fa ruotare in volo le ali in la comune Helix pomatia. Vari uccelli, modo tipico, realizzando spettacolari inoltre, sono legati al paesaggio aperto contrasti di bianco e nero. Nello stesso della campagna e trovano siti idonei per sito, inoltre, nei pascoli abbandonati tra nidificare proprio nelle siepi. Il torcicol- aprile e maggio fioriscono l’orchidea lo (Jynx torquilla), ad esempio, è un pic- cimicina (Orchis coryophora), il cui pene- chio che ben si mimetizza sui tronchi trante odore è simile a quello delle degli alberi, ma che scende spesso al cimici, e la vesparia comune (Ophrys suolo per nutrirsi di formiche; in pri- holosericea), un’orchidea diffusa nel baci- mavera, appena giunto dalle regioni di no del Mediterraneo e altamente spe- svernamento, emette caratteristiche cializzata per farsi impollinare da insetti. “risate”. Il saltimpalo (Saxicola torquata), Nell’ambito del Quartier del Piave, i diversamente, caccia insetti a terra terreni acquitrinosi dei Palù (Moriago) appostandosi su posatoi elevati e tra- costituiscono sicuramente l’area di mag- scorre l’inverno nello stesso territorio. gior valore naturalistico, sia per la relati- L’averla piccola (Lanius collurio), per va spontaneità del paesaggio sia per la quanto in diminuzione nella pianura presenza di piante estremamente rare. veneta, si riproduce ancora in questo Tra queste, la Gentiana pneumonanthe è lembo di campagna, cacciando grandi tipica di prati paludosi e freschi, dove i insetti, ma anche piccoli mammiferi e suoi fiori azzurri compaiono nella piena uccelli. Durante l’inverno, l’albanella estate; nella regione veneta è oggi confi- reale (Circus cyaneus), scesa dall’Europa nata in pochi siti, a causa delle estese settentrionale, cerca piccoli roditori bonifiche degli ambienti adatti. Il Giag- volando bassa sui prati e sui campi arati. giolo siberiano (Iris sibirica), analoga-

21 QUARTIER DEL PIAVE

A mente, si è estremamente rarefatto nella mentre i grandi fiori violetti si sviluppa- MBIENTE pianura padana, essendo legato ai suoli no in settembre. Strettamente legata alle umidi; la sua presenza nei Palù è ancora fasce boscose dei canali di risorgiva è la abbondante e si manifesta con vistose Calopteryx virgo, una elegante libellula fioriture azzurre tra maggio e giugno. dai riflessi metallici, verdi nelle femmine Le acque sorgive che emergono in e blu nei maschi; nella stagione calda, gli più punti nel Quartier del Piave sosten- adulti manifestano uno spiccato com- gono lo sviluppo di comunità acquati- portamento territoriale, rimanendo in che e riparie particolarmente ricche. È guardia su fronde sporgenti sull’acqua e il caso, in particolare, delle Fontane scacciando eventuali intrusi; le popola- Bianche di Fontigo e di Falzè (Serna- zioni di questa specie presenti nella glia). Nei canali, freschi e ossigenati, gal- nostra pianura, inoltre, presentano carat- leggia il ranuncolo d’acqua (Ranunculus teristiche morfologiche peculiari. Piut- trychophyllum), adattato a fluttuare appe- tosto rara è la Hamearis lucina, una pic- na sotto la superficie pur facendo uscire cola farfalla bruna e arancione il cui all’aria i suoi fiori bianchi. Tra gli steli bruco vive sulle primule. Le acque sta- sommersi si muove lo scorpione d’ac- gnanti e ricche di piante acquatiche qua (Nepa cinerea), un grosso insetto sono siti riproduttivi per la rana di Lata- predatore che respira aria tramite un ste (Rana latastei), esclusiva della pianura lungo tubicino posteriore. Sulla superfi- padana ma localizzata; gli accoppiamenti cie, invece, nuotano i girinidi (Gyrinus): avvengono già nel tardo inverno e sono le zampe a paletta di questi coleotteri accompagnati da deboli miagolii. Le permettono loro di roteare rapidamente stesse acque sono frequentate dal topo- al confine tra aria e acqua. Le sponde ragno acquatico di Miller (Neomys ano- ombreggiate si ricoprono in aprile di malus), un piccolo mammifero dall’atti- estesi tappeti odorosi di aglio orsino vità frenetica, abile ad immergersi per (Allium ursinum); il colchico (Colchicum cacciare piccoli invertebrati sul fondale, autumnale), invece, è presente in prima- ma anche prede più grandi che immo- vera solo con il suo apparato fogliare, bilizza con la saliva velenosa.

Rana di Lataste Esemplare di Syntomis phegea

22 ASPETTI NATURALISTICI A MBIENTE

Bosco e vigneto in collina

La regione collinare complesso sistema di valli torrentizie incide questa regione; i principali corsi Tra la valle del Soligo a nord e il d’acqua (Soligo, Lierza e Cervano), in Quartier del Piave a sud si estende particolare, si impostano tendenzial- un’ampia fascia di colline. A ridosso mente secondo una direzione perpendi- della Vallata, i rilievi si sviluppano deci- colare alla precedente. Numerose cavità samente secondo la direzione parallela a carsiche, per lo più di sviluppo limitato, questa, da nord-est a sud-ovest, raggiun- si aprono in questo territorio: tra quelle gendo un’altitudine di circa 600 m. di estensione maggiore la grotta di Fol- Altri rilievi, meno elevati, degradano tron (San Pietro di Feletto) e il Bus de dolcemente verso sud, terminando nelle le Fave (Refrontolo). Nonostante gran colline di Colfosco e di . Un parte della superficie sia stata disboscata

23 QUARTIER DEL PIAVE

A nus ornus). Maturi individui di castagno MBIENTE (Castanea sativa) prosperano negli stessi boschi, come ad esempio presso Rolle (Cison di Valmarino): le cavità naturali di questi alberi permettono la riprodu- zione all’allocco (Strix aluco), un diffuso rapace notturno che emette penetranti grida nelle fredde notti invernali. Pre- senze particolarmente significative sono pure quelle del picchio muratore (Sitta europaea) e della Cincia bigia (Parus palustris): anche questi due uccelli, sta- zionari durante l’intero anno, necessita- no di cavità nei tronchi per allevare la prole. Il Picchio muratore, in particola- re, adatta il foro d’ingresso del nido con fango e imbottisce il fondo dello stesso con pezzi di corteccia. La luce primaverile, che raggiunge il suolo attraverso le chiome ancora spo- glie di questi boschi decidui, genera una fioritura esplosiva di numerose piante Insediamenti rurali erbacee.Tra le più precoci, il campanel- lino (Leucojum vernum) offre i suoi fiori penduli alle visite dei primi bombi per dare spazio a prati e coltivazioni (in (Bombus) che si sono risvegliati dalla particolare vigneti), permangono tuttora pausa invernale, mentre l’elleboro verde alcuni lembi boschivi, soprattutto nel (Helleborus viridis) diviene punto di settore settentrionale, dove si sviluppano aggregazione per gli accoppiamenti di le pendenze maggiori e le quote più alcune api selvatiche. Successivamente elevate. Sui versanti esposti a sud la appaiono il dente di cane (Erythronium copertura è realizzata principalmente da denscanis), una elegante liliacea, l’anemo- specie arboree tipiche delle colline cal- ne trifogliata (Anemone trifolia), partico- caree prealpine e presenti più in genera- larmente abbondante sulle Prealpi vene- le nel bacino orientale del Mediterra- te, e l’erba moscatellina (Adoxa moscha- neo. Tra queste, il carpino nero (Ostrya tellina), che produce un fiore svettante carpinifolia), i cui frutti sono aperti dai ma minuscolo.Il suolo da cui emergono robusti becchi di uccelli granivori quali queste piante ospita una ricchissima il frosone (Coccothraustes coccothraustes), fauna di invertebrati, tra i quali i comu- più raro, e il verdone (Carduelis chloris), ni crostacei terrestri Androniscus dentiger. più comune. Al carpino nero si associa- La presenza del pungitopo (Ruscus no la roverella (Quercus pubescens), una aculeatus) rende il sottobosco verde forma di quercia particolarmente adat- anche durante la stagione invernale. I tata ai substrati aridi, e l’orniello (Fraxi- piccoli fiori portati dalle piante femmi-

24 ASPETTI NATURALISTICI nili si trasformano inoltre, prima dell’in- rapace, accompagnati spesso da suoni A verno, in vivaci bacche rosse. Le foglie sibilanti, disegnano nel cielo lunghi MBIENTE coriacee e pungenti di questa pianta festoni. I prati assolati offrono l’alimento mediterranea sono una difesa sicura necessario ai bruchi di numerose farfalle verso gli animali erbivori. che, da adulte, frequentano lo stesso In estate, invece, il suolo ombreggia- ambiente: così, ad esempio, l’Anthocharis to dei boschi diviene teatro per l’attività cardamines, attiva già da aprile, è una tra della Pararge aegeria, una farfalla dalle ali le prime specie che compaiono in pri- a macchie arancioni e brune: posati mavera, mentre la Lysandra bellargus, sulle poche macchie di luce realizzate dalle ali coperte di intense scaglie blu, dai raggi che penetrano tra le chiome, vola solo nella piena estate. Tra l’erba si questi agili volatori sono pronti ad inse- muove la cicindela (Cicindela campestris), guire ogni altro intruso che si avvicini a caccia di altri insetti, alternando veloci loro. Molto meno veloce è il volo della corse a brevi voli; la larva di questo Syntomis phegea, altra farfalla boschiva, in coleottero vive in un pozzetto scavato alcuni momenti molto abbondante, pro- nel suolo sabbioso, attendendo di affer- tetta dalla colorazione contrastante rare piccole prede che passano nelle bianca e nera delle ali che la rendono vicinanze. Nella tarda estate si aprono i simile alle disgustose zigene (Zygaena). fiori azzurro-viola dell’astro di Virgilio Nelle ristrette incisioni vallive di (Aster amellus), una pianta piuttosto rara ruscelli e torrenti, sempre ombreggiate, nell’Italia settentrionale e che raggiunge fresche e umide, prosperano alcune felci ad est l’Asia centrale. Nei prati fiorisce quali la capelvenere (Adiantum capillusve- pure l’Orchis ustulata, una orchidea dai neris), localizzata in questo territorio ma boccioli apicali di color rosso bruciato, molto diffusa nelle regioni tropicali, più tipica dei versanti montani. Il lodo- dalle delicate foglioline a ventaglio, e la laio (Falco subbuteo), piccolo falco raro scolopendria comune (Phyllitis scolopen- ed elusivo, sorvola questi spazi aperti per drium), dalle lunghe foglie pendenti. cacciare soprattutto nella tarda estate, Nelle pozzette d’acqua dove la corrente quando tipicamente si riproduce: è in è più lenta, i ciottoli nascondono assem- questo periodo, infatti, che può appro- bramenti di Gammarus balcanicus,un fittare dell’abbondante presenza di pic- piccolo crostaceo che si sposta tipica- coli uccelli che hanno già intrapreso la mente coricato su un fianco. Presenza migrazione verso sud. significativa in questi stessi corsi d’acqua Nelle grotte, ben diffuse su queste è quella del ghiozzo padano (Padagobius colline, e più in generale in qualsiasi martensi), un pesce esclusivo della pianu- interstizio nel suolo, vive l’Orotrechus ra padana: tra maggio e luglio, durante holdhausi, un coleottero limitato al terri- la stagione riproduttiva, i maschi comu- torio tra il Cellina e il Piave. Più stretta- nicano con individui dell’altro sesso mente legati all’ambiente cavernicolo emettendo pure ultrasuoni. Sopra il sono il Typhloiulus montellensis, un mille- mosaico di prati e boschi che ricopre piedi cieco, biancastro e che si nutre dei queste colline, la poiana (Buteo buteo) si rari detriti organici che riesce a trovare, e esibisce nelle parate nuziali già alla fine lo Chthonius agazzii, uno pseudoscorpio- dell’inverno: i voli ondulati di questo ne predatore di altri piccoli artropodi.

25 QUARTIER DEL PIAVE

A Dove non è presente il canneto, la quat- MBIENTE trinella (Lysimachia nummularia) può produrre i suoi fiori gialli, mentre la mestolaccia (Alisma plantagoaquatica) innalza steli carichi di pallidi fiori rosati. Proprio attorno a questi laghi vive il Tetartopeus paeneinsularum, un raro coleottero strettamente legato all’am- biente paludicolo. Dalla superficie dell’acqua, tra la pri- mavera e l’estate, emergono i grandi Esemplare di Lysandra bellargus fiori bianchi della ninfea (Nymphaea alba) e quelli gialli del nannufero (Nuphar luteum) tra le ampie lamine gal- La Vallata leggianti delle loro foglie. Sbocciano pure, tra aprile e maggio, i più piccoli L’ampia valle del Soligo (o, come è fiori rosa dell’erba scopina (Hottonia chiamata localmente, la “Vallata”) si svi- palustris): questa pianta, amante delle luppa come una larga fascia pianeggian- acque ombreggiate e pulite di stagni e te tra le colline e le prime montagne lanche, è oggi quasi scomparsa dalla pia- prealpine. E’ un territorio particolar- nura padana, a causa delle estese bonifi- mente ricco di acqua superficiale, con che. Infossata nei sedimenti del fondo sorgenti carsiche che alimentano i due lacustre vive l’Anodonta, un mollusco laghi di Revine e il Soligo, loro emissa- con una conchiglia composta da due rio. Nonostante la diffusa antropizzazio- grandi valve. ne, l’esteso utilizzo agricolo del fondo Tra gli uccelli acquatici che staziona- alluvionale e la regimazione del corso no sui laghi di Revine durante l’inverno, d’acqua principale, la Vallata conserva qualche svasso maggiore (Podiceps ancora singolari valori naturalistici. cristatus) si intrattiene dove la superficie Proprio attorno ai laghi di Santa non è ghiacciata, tuffandosi abilmente Maria e di Lago (Revine e Tarzo), per ricercare cibo. Nella stessa stagione, rimangono residui di tipica vegetazione l’anguilla (Anguilla anguilla) rimane palustre: macchie di canneto, in cui immobile infossata sul fondale, ritornan- domina la cannuccia di palude (Phragmi- do in attività con la primavera: questo tes australis), emergono dalle fasce più pesce, da adulto, abbandona la Vallata, marginali degli specchi d’acqua; dove ridiscende il Soligo e quindi il Piave, fino invece il suolo è più asciutto e soggetto ad entrare nelle acque salate dell’Adriati- solo ad allagamenti stagionali crescono co, raggiungendo infine, dopo una lun- cespi di carice spondicola (Carex riparia) ghissima migrazione, il mar dei Sargassi, e giunco nodoso (Juncus articulatus), due nell’Atlantico tropicale. Qui si riproduce piante erbacee ad ampia diffusione ma e solo i giovani nati intraprendono il localizzate nei siti umidi; un tipico albe- ritorno verso le acque dolci europee. ro che si insedia sui terreni torbosi cir- Ricca è la comunità di animali che costanti è il salice bianco (Salix alba). vivono e si riproducono nei canneti

26 ASPETTI NATURALISTICI marginali. Tra gli uccelli, l’usignolo di Gai (Cison di Valmarino). Tra gli insetti A fiume (Cettia cetti) vi permane tutto che vivono i loro stadi giovanili in que- MBIENTE l’anno, emettendo il suo improvviso e ste acque, l’Ephemera danica da adulto ha potente canto; il cannareccione (Acroce- ali molto delicate, non si nutre e vive phalus arundinaceus), invece, arriva rego- per poco tempo; la Calopteryx splendens è larmente dall’Africa in primavera. Il una tipica libellula di acque fresche e topolino delle risaie (Micromys minutus), correnti, presente con una forma rinve- il più piccolo topo europeo, è agilissimo nibile esclusivamente nella pianura pada- ad arrampicarsi tra le cannucce, aiutan- na e nell’Italia centrale. Lungo le sponde dosi anche con la coda; ad esse intreccia si sviluppano ampi cuscinetti di Fontina- una palla di fili d’erba, che utilizza come lis antipyretica, un muschio strettamente nido. Suo potenziale predatore è il nib- acquatico, e scava gallerie l’arvicola ter- bio bruno (Milvus migrans), un rapace restre (Arvicola terrestris), un piccolo che nidifica sui monti prospicienti la mammifero abituato ad immergersi. Vallata e che può giungere fino ai laghi Nella Vallata, alla fine dell’inverno, tra per cacciare. le piante fiorite del bucaneve (Galanthus Il corso del Soligo presenta i suoi nivalis), il tepore del sole risveglia i primi tratti più naturali a valle della morena di ragni e opilioni, tra i quali il Trogulus

Le Fontane Bianche

27 QUARTIER DEL PIAVE

A nepaeformis, che si muove sopra la super- abituali sentieri. Fin qui giunge anche il MBIENTE ficie del terreno. In primavera l’ululone capriolo (Capreolus capreolus), abbondan- (Bombina variegata) emette i tipici suoni temente presente sui rilievi prealpini. intermittenti: estremamente mimetico Sulle piccole pareti rocciose, anche sul dorso, questo rospo ha invece il ven- in corrispondenza di sorgenti carsiche tre vivacemente maculato di giallo e come quella di Santa Scolastica (Folli- nero, colori che ostenta quando si sente na), fiorisce la cimbalaria (Cymbalaria in pericolo.Tra i campi, di notte è attivo muralis): in questa pianta, i peduncoli il tasso (Meles meles): dai complicati siste- che portano i frutti fuggono la luce, mi di tane sotterranee che scava sui pen- piegandosi verso la roccia e rilasciando dii delle colline, si porta fin lungo il quindi i semi in anfratti adatti alla ger- Soligo alla ricerca di cibo, utilizzando minazione.

I Palù

L’area dei Palù si estende per circa 1000 ettari nei territori comunali di Vidor, Farra, Moriago e Sernaglia. La peculiarità paesaggistica e naturale di questo territorio deriva dal fatto che la sua superficie è di qualche metro più bassa rispetto alle aree circostanti. Sopra i sedimenti fini depositatisi dopo l’ultima glaciazione, inoltre, si è sviluppato un suolo particolarmente argilloso e quindi impermeabile. Come conseguenza l’area è divenuta paludosa, per il ristagno di acque sia di origine fluviale che sorgiva. Due sono i principali corsi d’acqua che attraversano il territorio, entrambi con por- tata notevolmente variabile a seconda delle precipitazioni: il Rospèr, che nasce nelle vicine colline presso Colbertaldo, e il Raboso, che raccoglie anche le acque della catena prealpina retrostante. Alcune sorgenti, inoltre, appaiono sia alla base dei rilievi collinari sia presso gli stessi Palù: è il caso, ad esempio, delle Buse de la Moma, presso Moriago. Gli interventi dell’uomo in questo sito risalgono all’Età del Bronzo, anche se la prima vera opera di bonifica è stata effettuata in epoca romana.Tuttavia l’attuale paesag- gio si deve ai monaci dell’abbazia di Vidor che, attorno al 1200, hanno trasformato il vasto acquitrino in un sistema di campi e canali di drenaggio. La costante presenza di abbondante acqua rendeva, e rende tutt’oggi, i terreni agricoli notevolmente più pro- duttivi rispetto al rimanente Quartier del Piave. I campi, attraverso un complicato siste- ma di chiuse sui canali, venivano regolarmente ricoperti da un velo d’acqua: una tem- peratura costante di 8-10°C, difendendo l’erba delle cosiddette “marcite” dalle gelate invernali, permetteva la raccolta di foraggio durante tutto l’anno. Le frequenti esonda- zioni del Raboso, inoltre, favorivano una naturale fertilizzazione del suolo, per la decan- tazione dei sedimenti portati dalle acque del fiume. Le siepi che circondavano i campi (da cui il nome di “campi chiusi”), oltre a proteggere i canali dall’erosione durante le piene, fornivano legna da ardere e materiale per la costruzione di svariati utensili, non- ché abbondanti risorse alimentari (frutti, funghi, chiocciole, selvaggina). Queste albera-

28 ASPETTI NATURALISTICI A MBIENTE

ture, allineate in direzione nord-sud così da permettere la massima insolazione sui campi, erano organizzate su tre strati, spesso riconoscibili ancor oggi: pioppo nero (Populus nigra), platano (Platanus hybridus), farnia (Quercus robur) e ontano nero (Alnus glutinosa) costituiscono lo strato arboreo; il salice bianco (Salix alba), tenuto tagliato a capitozza, realizza uno strato arbustivo alto; nocciolo (Corylus avellana), frangola (Frangu- la alnus), sanguinello (Cornus sanguinea), sambuco (Sambucus nigra), fusaggine (Euonymus europaeus) e biancospino (Crataegus monogyna) compongono uno strato più basso. Lungo i canali, opportuni sbarramenti fissi arginavano piccoli bacini utilizzati per la piscicoltura: si potevano così pescare l’anguilla (Anguilla anguilla) e la trota (Salmo trutta). Ancor oggi, nonostante l’abbandono di molte pratiche tradizionali ed il tentativo di trasformare i prati in seminativi, i Palù conservano spiccati caratteri di naturalità, testi- moniati dalla presenza di alcune forme di vita particolari. Notevole valore ha il raro giaggiolo siberiano (Iris sybirica) che, frammisto ai candidi fiori della Filipendula (Fili- pendula ulmaria), colora di violetto i prati primaverili. I fossati che drenano l’acqua ancora relativamente pulita sono ottimi siti riproduttivi per gli anfibi, come ad esempio il tritone punteggiato (Triturus vulgaris) e la rana di Lataste (Rana latastei); essi inoltre offrono la possibilità di pescare al martin pescatore (Alcedo atthis) e di rifugiarsi all’arvi- cola terrestre (Arvicola terrestris). Le siepi, con alberi di dimensioni spesso notevoli, costi- tuiscono un habitat ideale per il picchio verde (Picus viridis) ed il picchio muratore (Sitta europaea). Queste entità, unite alla lunga storia umana del territorio, fanno dei Palù un paesaggio unico nel suo genere, degno di salvaguardia e conservazione.

29 QUARTIER DEL PIAVE

A Le Prealpi Trevigiane meno frequente è il giglio di Carniola MBIENTE (Lilium carniolicum), presente esclusiva- A nord della Vallata, si eleva la prima mente sulle Alpi orientali e sulla catena catena montana prealpina: scoscesi ver- dinarica e alquanto localizzato. Nei santi esposti principalmente a meridio- punti dove il suolo è più profondo vive ne e tagliati da alcune valli piuttosto l’Eophila tellinii, un lombrico dalle incassate terminano in un crinale prin- dimensioni eccezionali, potendo rag- cipale che, mantenendosi per lo più al giungere diversi decimetri di lunghezza, di sopra dei 1000 metri di quota, si svi- e con una vivace colorazione a bande luppa dal monte Cesen verso nord-est, rosse e marrone: l’interesse di questa verso il Col Visentin. specie sta anche nel fatto che è presente Buona parte di questi versanti pre- solo sulle Prealpi orientali. I prati aridi senta una vegetazione prativa, talvolta più naturali, accidentati da affioramenti arricchita da arbusti, in quanto utilizzati, di rocce, sono l’ambiente riproduttivo almeno nel passato, per il pascolo. Su ideale per lo zigolo muciatto (Emberiza questi terreni, in particolare, eleva i suoi cia), uccello molto elusivo, che si ali- imponenti steli fiorali l’Asfodelo mon- menta tra l’erba, pronto a fuggire velo- tano (Asphodelus albus), una pianta che cemente in volo lanciando sottili stridii. colonizza facilmente i suoli assolati e Di notte si aggira invece la martora aridi delle Prealpi in quanto adattata alle (Martes martes), predatrice di altri ani- condizioni mediterranee. Meno appari- mali, poco diffusa nel resto del Veneto. scente è la fioritura gialla della orchidea Dove permangono lembi boschivi, è pallida (Orchis pallens), piuttosto rara e il faggio (Fagus sylvatica) la specie arborea dalle esigenze ecologiche simili. Ancor più tipica delle condizioni ambientali

Vista di Quartier del Piave

30 ASPETTI NATURALISTICI A MBIENTE

La piana di Quartier del Piave locali, anche se la sua presenza è stata lar- specie arboree non locali, come l’abete gamente ridotta da interventi umani del rosso (Picea abies), che normalmente passato. Le chiome dei boschi montani cresce a quote più elevate, e varie specie più freschi sono frequentate dal picchio di pino (Pinus). Sintomo di questa situa- nero (Dryocopus martius), che ricerca zione di artificialità è l’estrema diffusio- grossi insetti all’interno dei tronchi, oltre ne della processionaria del pino (Thau- che dal ghiro (Myoxus glis) e dallo scoiat- metopoea pityocampa): i bruchi di questa tolo (Sciurus vulgaris), abili arrampicatori farfalla notturna vivono in colonie che si cibano di faggiole e altri frutti all’interno di grossi nidi di seta, tessuti secchi. Tra i vari animali che vivono tra i rami più alti delle conifere; protetti all’interno dei suoli umidi e ombreggia- da questi rifugi, divorano le foglie aghi- ti, il Dicellophilus carniolensis è uno dei più formi degli alberi, compromettendone tipici centopiedi delle foreste prealpine. la sopravvivenza. Sparsi su questi versanti, sono stati Anche la cincia mora (Parus ater) e il effettuati numerosi rimboschimenti con regolo (Regulus regulus), due specie di

31 QUARTIER DEL PIAVE

A uccelli legate a boschi di conifere, rupi delle Prealpi orientali, dove peraltro MBIENTE hanno qui ritrovato il loro habitat natu- è alquanto localizzato: una popolazione rale, riuscendo quindi a riprodursi a è presente anche in questo settore delle quote relativamente basse. Prealpi trevigiane, con una varietà diffe- Sulle cime arrotondate delle Prealpi renziata. Tra le più abbondanti fioriture trevigiane, come sui dossi sommitali del pendule della cinquefoglia bianca (Poten- monte Cesen (Valdobbiadene), ai mar- tilla alba), tra le fessure della roccia com- gini dei pascoli più intensamente sfrut- paiono anche quelle azzurre del rapon- tati crescono il rododendro (Rododendro zolo di roccia (Physoplexis comosa), altra hirsutum), ben adattato ai terreni calcarei caratteristica pianta alpina orientale. In di alta quota, e la genziana maggiore alcune grandi spaccature tra le pareti, (Gentiana lutea). Le vistose infiorescenze inoltre, il corvo imperiale (Corvus corax), gialle di quest’ultima sono state oggetto costruisce il suo nido e fa echeggiare il di abbondanti raccolte, facendo dimi- suo verso schioccante. nuire la specie in molte regioni prealpi- Lungo le vallette che solcano i ver- ne. santi, è raro che ristagni qualche piccola Su queste stesse praterie vola bassa in raccolta d’acqua, in quanto i terreni car- perlustrazione l’aquila reale (Aquila sificati inghiottono l’acqua in profondità. chrysaetos) e, quando ancora la superficie In pozze come queste, comunque, ad è parzialmente innevata, si esibiscono in esempio presso la sorgente del Pissol (Ci- parate i maschi del fagiano di monte son di Valmarino), può riprodursi la sala- (Tetrao tetrix), elegante uccello terragno- mandra pezzata (Salamandra salamandra), lo delle alte quote. In alcuni siti di par- le cui larve esigono una costante presen- ticolare naturalità, come presso passo za di acqua fresca e ossigenata, e possono San Boldo (Cison di Valmarino), si con- alimentarsi le Velia, insetti volatori capaci servano rare colonie di Peonia selvatica di pattinare sul pelo dell’acqua. (Paeonia officinalis). Nel sottosuolo, dunque, l’acqua ha Le pareti rocciose calcaree che si svi- aperto numerose grotte naturali, come luppano, in particolare, lungo la cresta la grotta Bortolomiol e altre presenti tra i passi di Praderadego (Follina) e di alle falde del monte Cesen (Valdobbia- San Boldo (Cison di Valmarino), ospita- dene). In queste cavità vivono numerose no comunità floristiche di estremo valo- specie di coleotteri interessanti per la re. Il giaggiolo del Cengio (Iris cengialti), loro limitata distribuzione geografica, ad esempio, vive esclusivamente sulle quali gli Orotrechus e i Duvalius.

32 AMBIENTE In alcune aree relativamente ristrette, relativamente In alcune aree del’uo- l’intervento Successivamente Gli ambienti che si estendono dal interglaciali e postglaciali; della piana e dei rilievi con situazioni microtermiche e termofile anche contrapposte; mente modificato il manto vegetale. pe asiatiche, in queste che hanno trovato favorevoli. zone condizioni climatiche nelle quali la morfologia accidentata dis- microclimi delle colline ha creato cordanti, una flora varia e può vegetare ricca di specie, caratteristiche con sia termofile sia steppiche, artico oppure alpine. la temperatura Progressivamente le caratte- più verso sempre si è evoluta ristiche del clima temperato, con un equili- conseguente sviluppo vegetativo brato nei vari orizzonti altitudinali. del di antropizzazione mo nel processo territorio e in particolare nello sfrutta- mento del bosco e dei pascoli montani ha favorito lo sviluppo di alcune specie, ma nel contempo, ha quasi portato alla totale estinzione di altre. con- Possiamo che le attuali condizioni climati- cludere di che permettono l’esistenza vegetativa una flora varia che è stata e complessa condizionata dai seguenti fattori: - varietà dei suoli; - vicende climatiche preglaciali, glaciali, - esposizione e morfologia accidentale - azione dell’uomo, che ha sostanzial- alla dorsale delle corso del medio Piave 33

Presumibilmente durante questo Presumibilmente Alla conclusione del lento ritiro dei L’analisi di tali ambienti da un punto L’analisi La tipologia che si degli ambienti

A FLORA Gianni Marciano L provenienti dai rifugi illiriciprovenienti e dalle step- periodo è iniziata l’invasione di specie periodo è iniziata l’invasione tinentali di inverni freddi ed estati miti. freddi tinentali di inverni mento del clima, con caratteristiche con- fredda ha apportatofredda generale migliora- un ghiacci il termine della recrudescenza vegetazione montano alpina. vegetazione servando però in alcune aree,servando tracce di è arricchita si specie mediterranee, con- un clima temperato, la flora è variata e si nei periodi interglaciali, caratterizzati da un procedimento inverso al precedente inverso un procedimento più esposti all’irraggiamento solare. Per piante termofile delle colline sui versanti ciai, pur mantenendo alcune tracce di ne, dei ghiac- sospinte dall’avanzamento chita di numerose specie montano-alpi- chita di numerose durante le glaciazioni la flora si è arric- L’attuale vegetazione testimonia che vegetazione L’attuale ne verso tipi subtropicali e temperati. subtropicali tipi ne verso carattere tropicale,carattere in graduale evoluzio- mette in evidenza la presenza di piante a la presenza mette in evidenza alcuni resti vegetali di era preglaciale vegetali alcuni resti una serie di eventi. La campionatura di stati influenzati, nel corso delle ere, da alquanto complessa in quanto essi sono alquanto complessa in di vista vegetazionale e floristico, di vista vegetazionale è logiche, climatologiche e vegetazionali. varia e con peculiari caratteristiche pedo- dorsale delle Prealpi trevigiane è molto dorsale trevigiane delle Prealpi estendono dal corso del medio Piave alla estendono dal corso Piave del medio QUARTIER DEL PIAVE

A Prealpi trevigiana, possono essere sche- co-alpina.Vegeta ad una quota che va dai MBIENTE matizzati nel modo seguente: 1500 ai 2500 metri su terreni calcarei 1. il greto del fiume Piave; formati da ghiaie e detriti consolidati. Il 2. le aree incolte ripariali; Dryas è sceso lungo i fiumi e nel trevi- 3. la piana coltivata; giano è approdato seguendo il corso del 4. i campi chiusi dei Palù; Piave. È presente a macchia nella fascia 5. la dorsale delle colline; collinare che va da a Vidor. Si 6. la vallata; tratta di una specie di flora artico-alpina 7. le Prealpi trevigiane. emigrata durante i periodi glaciali che si Per quanto riguarda la flora si posso- è ambientata nel conglomerati in alcuni no solo mettere in evidenza nell’etero- versanti soleggiati delle collina. geneità degli ambienti alcune specie rare, oppure rilavanti quali: il Dryas octo- La Stipa pennata petala, la Stipa pennata (mamai), la Gentia- Pianta chiamata localmente mamai la na pneumonanthe,l’Iris sibirica ed il Lilium Stipa è una specie con distribuzione carnioliucum,oltre alle numerose orchidee europea che si estende dalla Scandinavia spontanee. alla Penisola Iberica fino alla regione Carpatico-Danubiana. Vegeta nei prati Dryas octopetala aridi e steppici che si sono formati Il dryas octopetale o Camedrio Alpi- lungo il corso del fiume Piave e nei no è una specie con distribuzione arti- pendii aridi della fascia collinare.

Orchidea spontanea, Anacamptis pyramidalis

34 LA FLORA A MBIENTE

Dente di cane, Erythronium dens canis

Gentiana pneumonanthe con distribuzione montana Est-Alpino- Specie con distribuzione Eurosibe- Dinarica (Balcani e Grecia) che vegeta riana su prati umidi e torbosi delle zone dai 400 ai 1200 metri, su prati e pendii fredde e temperato-fredde. Nel Quar- rupresti soleggiati e su terreni calcarei. tier del Piave è in via di estinzione a Specie molto rara e di notevole bellez- causa della bonifica degli ambienti palu- za, si presenta in genere con individui stri. Si trova ancora nei campi chiusi dei isolati. È presente sporadicamente lungo Palù e in certe zone collinari di Farra di Soligo. Succiamele rossastro, Omobanche gracilis Iris Sibirica L’Iris Sibirica è una specie con dis- tribuzione Eurosiberiana come la Gen- ziana pneumonanthe, ed è quasi ovun- que in estinzione. Nel mese di maggio fiorisce nei campi chiusi dei Palù e in una ristretta area a nord della collina di San Gallo.

Lilium Carniolicom Il Lilium Carnuolicum è una specie

35 QUARTIER DEL PIAVE A MBIENTE

Orchidea spontanea, Limodorum abortivum

il sentiero che porta a Praderadego e Campanelli di primavera, nella valle di San Daniele. Leucosum vernum

Orchidee Spontanee Le orchidee sono pianti erbacee perenni e, in condizioni climatiche favorevoli, sono in grado di fiorire una volta all’anno. La famiglia delle orchidee spontanee comprende specie geofite o terricole, specie epifite o “figlie dell’a- ria” e specie rampicanti. La loro distri- buzione si può considerare cosmopolita in quanto sono diffuse in quasi tutta la superficie del globo, ad eccezione della grandi aree desertiche e delle zone polari. La maggior parte delle orchidee vegeta nelle zone tropicali ma le fami- glie geofite della specie si sono adattate alle zone temperate, sviluppando un apparato radicale sotterraneo che per- mette loro di sopravvivere alle forti escursioni termiche, colonizzando così gli ambienti più diversi.

36 S TORIA IAVE P Il Neolitico (4500-3000 a.C.),Il Neolitico (4500-3000 con archeo- È assente la documentazione di una frequentazione Testimonianza Non è documentata per ora l’età del i siti archeologici Sono numerosi l’introduzione dell’agricoltura,l’introduzione dell’alle- ceramica, e della produzione vamento favorisce umano, l’insediamento che stanziale,diventa in tutte le regioni parti- in trevigiano padano-alpine e nel colare. e al Neolitico antico logica relativa medio; ben è invece il Neolitico recente a documentato nel Quartiere del Piave Vidor, Nervesa, Sernaglia, il mar- lungo gine meridionale del Montello, Cor- a e a Montebelluna. nuda Neoliti- in età tardo dell’alto trevigiano asce ed ca-Eneolitica sono le numerose isola- rinvenute accette in pietra levigata te e interpretabili come utensili per la da recu- boschive di aree deforestazione al pascolo e alla coltivazione. perare in a.C.) antico (secolo XVII Bronzo nord-orientale:Veneto tutto il il trevi- giano e più in particolare il Quartier del soltanto a tracce insediative rivela Piave del Bronzo partire da una fase avanzata a.C.). medio (secoli XV-XIV e soprat- nella zona collinare individuati del tratto del Piave tutto in prossimità e lungo la fasciaVidor e Nervesa tra delle risorgive coincidenti con l’alto corso del Sile, umide, aree e boschive prative, da piccoli abitate probabilmente 37 UARTIER DEL TÀ ROMANA Q ’E ALEOLITICO ALL

P

La riva destra e sinistra del Piave La riva Solo nella fase avanzata del Mesoliti- Solo nella fase avanzata Gli strumenti litici ritrovati a Follo di a Follo Gli strumenti litici ritrovati La presenza dell’uomo nel Quartier dell’uomo nel La presenza

L POPOLAMENTO DEL Paola Furlanetto

I DAL

non stanziali di cacciatori-raccoglitori. tracce della presenza di piccole comunità tracce della presenza nuda e Montebelluna,nuda costituiscono le vesa: di Falzè,Vidor, i ritrovamenti Cor- erano abitate tra Valdobbiadene e Ner- Valdobbiadene erano abitate tra risorgive e l’area perilagunare. risorgive e l’area lungo la fascia collinare, la zona delle archeologiche nel trevigiano,archeologiche soprattutto tano più numerose le testimonianze tano più numerose fusione delle foreste di latifoglie),fusione delle foreste diven- (clima caldo-umido e conseguente dif- mento delle condizioni climatiche co (5500-4500 a.C.), con il migliora- territori di caccia ben circoscritti. do, familiari in nuclei ristretti vivessero Piave. E’ che in questo perio- probabile tutta Europa, anche nel Quartier del dell’uomo di Neanderthal, diffuso in Paleolitico medio,Paleolitico attestano la presenza Valdobbiadene e a Vidor, e a databili al Valdobbiadene

del fiume in pianura. Piave nel tratto che precede lo sbocco nel tratto che precede Piave mentata soprattutto lungo il corsomentata soprattutto del dalla preistoria antichità, alla tarda docu- ma mostrano una continuità abitativa ma mostrano una continuità insediativi di Montebelluna e Treviso, e di Montebelluna insediativi marginale rispetto agli importanti poli cie, luce una occupazione mettono in e per lo più frutto di raccolte di superfi- nianze archeologiche, pur non numerose del Piave risale al Paleolitico.del Piave Le testimo- QUARTIER DEL PIAVE

gruppi dediti ad attività integrate di alle- distribuiti lungo le testate prospicienti la vamento e agricoltura e alla pratica pianura e i principali tracciati vallivi. venatoria. Centro propulsore, economico e Assumono un particolare rilievo i insediativo, di tutto il comprensorio col- manufatti metallici, come asce, pugnali, e linare-pedemontano è Montebelluna, soprattutto spade, rinvenute nel greto strategicamente al centro di una rete del Piave tra Colfosco e Falzè, tipologi- commerciale che la collegava all’area al- S camente simili a quelle recuperate nei pino-danubiana a nord ed ai centri di TORIA pressi del lago di Revine, nel pianura a sud. Sile, a Quinto e , e affi- Le testimonianze archeologiche, pur ni a modelli dell’area alpi- estremamemte ridotte, riferibili al Quar- no-danubiana. Il ritrova- tier del Piave - un’ascia a Colfosco e una mento anche di pani a Nervesa, una fibula e un piccolo semilavorati di fusione gruzzolo di monete sul Montello - in bronzo, emersi e confermano la frequentazione di recuperati recentemen- quest’area legata al transito verso e te nel greto del Piave, dalle aree alpine, sicuramente in nel tratto tra Vidor e relazione allo sfruttamento delle Colfosco e a Nervesa, risorse boschive ed alle attività di sembra confermare l’i- transumanza. potesi che quest’area, Dal III secolo a.C., con l’ag- economicamente attiva, gravarsi del pericolo gallico, ha fosse sede di manifatture inizio la politica espansionistica di locali a opera di metallur- Roma nella pianura padana, che ghi ambulanti. porterà i Romani al controllo totale Sono rare le testi- di tutta l’Italia settentrionale. monianze archeologi- Manca didascalia Questo processo di penetrazio- che relative alla fase ne graduale, pacifico e profondo, finale dell’età del Bron- che muterà radicalmente, nell’arco zo (secoli XI-X a.C.): il deterioramento di due secoli, il quadro politico, ammini- climatico, la crisi demografica e l’esauri- strativo, sociale, economico e linguistico mento delle scorte alimentari determi- dell’Italia settentrionale, si concretizzò nano il collasso dell’intero sistema inse- soprattutto attraverso la costruzione di diativo dell’età del Bronzo. È solo a par- lunghi assi viari e la creazione di munici- tire dal IX secolo, con l’inizio dell’età pia, città romane amministrativamente del Ferro che nel Veneto, o più precisa- autonome. mente tra Adige e Isonzo, si sviluppa una Profonde riorganizzazioni urbanisti- nuova civiltà originale e unitaria chia- che, secondo canoni romani, interessaro- mata dei Paleoveneti o dei Veneti anti- no le città; si procedette alla ridefinizio- chi, i cui centri più importanti sono Este ne dei confini dei territori che furono e Padova. anche sottoposti a sistematiche operazio- Tutta l’area pedecollinare risulta inte- ni di divisione agraria, le centuriazioni. ressata, durante l’età del Ferro, da nume- Anche il trevigiano con tutta la Vene- rosi insediamenti sparsi, strategicamente tia partecipò a questo processo: nel 148

38 DAL PALEOLITICO ALL’ETÀ ROMANA a.C. la pianura padana fu attraversata bra costituire in epoca romana un’area dalla via Postumia che univa Genova ad scarsamente abitata, marginale e defilata Aquileia; tra l’ 89 e il 49 a.C. divennero rispetto ai centri insediativi e ai territori municipi romani , Altino, limitrofi che appaiono invece fittamente e, in epoca successiva, Tre- abitati. L’assetto insediativo di tutta la viso. Nel I secolo d.C. fu Venetia muta radicalmente a par- completata la via Claudia tire dal II sec. d.C.: la crisi Augusta che collegava economica e politica S Altino al Danubio: dopo determina il collasso del TORIA un lungo rettifilo la stra- sistema centuriato, l’impa- da attraversava il Piave ludamento delle zone all’altezza di Nervesa, si costiere e lo spopolamento univa alla strada per Manca didascalia progressivo delle campagne Oderzo e continuava e delle città. lungo la sponda sinistra del fiume per Nel Quartier del Piave è invece Falzè, Moriago, Mosnigo,Valdobbiadene, documentata una ripresa insediativa a Segusino e Vas. partire dalla fine del II sec. d.C.: risulta- Un tratto della via Claudia Augusta no abitate soprattutto le aree collinari e attraversava dunque il Quartier del Piave la sponda sinistra del Piave.Tombe a inu- che, in età romana, faceva parte dell’este- mazione sono venute alla luce a Pieve di so agro opitergino. La documentazione Soligo, tra Falzè e Sernaglia, a Moriago e archeologica databile alla fine del I sec. una piccola necropoli a inumazione, a.C. – I sec. d.C. è estremamente ridotta: databile al IV sec. d.C., è stata scavata nel in base ad essa il Quartier del Piave sem- 1986 in piazza Maggiore a Vidor.

Resti del ponte romano rinvenuto tra Colfosco e Falzè

39

S TORIA In tempi relativamente più recenti In tempi relativamente la famiglia Spicca in questo quadro TÀ MEDIEVALE il centro di Valdobbiadene, la cittadina di il centro antichità per aver nota fin dalla tarda i natali al poeta e dato probabilmente Fortunato.Venanzio Il dominio vescovo degli ordinari padovani ultraplavense giàpare 915 da un diploma sancito nel si Berengariodell’imperatore I (ove assegnati al parla di possessi cenedesi di Padova),vescovo di un nel quadro riconoscimentopiù vasto che intendeva la funzione di conferire a quel vescovo l’alta tra i punti di raccordo presidiare alpini, e i valichi veneta pianura in un’e- pro- poca contrassegnata dall’insicurezza dalle incursioni degli Ungari.vocata cospicui casati di estrazione furono gli insediamenti nel- locale a prediligere per del fiume l’immediata prossimità costruirvi posizioni di forte predominio locale che, peraltro, i pre- costituivano supposti militari ed economici per lo di un ruolosvolgimento da protagonisti nella vita politica cittadina. Treviso,dei conti di i Collalto che, secondo la tradizione, fatto avrebbero erigere nel 1110, nella località che dà il nome alla famiglia, il castello di cui è oggi ancora una torre;possibile vedere a preferita la venne esso successivamente di San castrense non lontana residenza Salvatore, Susegana, presso grande com- plesso completato nei primi decenni del VIII, XIV secolo dal conte Rambaldo E 41 IAVE IN MONASTERI E COMUNITÀ P , SIGNORI , UARTIER DEL

Q

Cifra di questa realtà è in primo è Cifra di questa realtà Nell’età di mezzo il QuartierNell’età di mezzo del ASTELLI

NEL Dario Canzian

C sponda sinistra del Piave a comprendere sponda sinistra del Piave padovana, fin sulla che si spingevano dei margini settentrionali della diocesi questo proposito lo “sconfinamento” lo questo proposito Piave, appunto. risulta Emblematico a quello su cui si affaccia il Quartier del del fiume nel suo tratto mediano - che punteggiavano la sponda orientaleche punteggiavano qua nel medioevo, signorili le presenze strategica da questo corso rivestita d’ac- Rendono testimonianza della valenza le valli cadorinele valli e la costa adriatica. un’importante via di collegamento tra territorio e che allora rappresentava fiume che limita a occidente il nostro luogo la presenza del Piave, la presenza luogo il grande

senti nel comprensorio medio-plavense. monumenti medievali ancora oggi pre- medievali monumenti portarono all’edificazione degli insigni portarono storico-sociale che e quindi le premesse tono di meglio comprendere il tessuto tono di meglio comprendere rici fu investita, dai quali l’area permet- meni che, macrosto- al di là degli eventi individuare lo svolgersi di alcuni feno- lo svolgersi individuare documentazione più riccadocumentazione più - possiamo partire una dall’XI secolo - complice Marca trevigiana.Marca special modo, In a più contraddistinsero il medioevo nella il medioevo più contraddistinsero svilupparono molti degli elementi che svilupparono una sorta di piccolo laboratorio dove si una sorta di piccolo laboratorio dove politica, come che connota quest’area interno una multiforme sociale e realtà Piave vide nascere e dispiegarsi vide nascere al suo Piave QUARTIER DEL PIAVE

situato su un colle acquisito nel 1245 e quello di Susegana divenissero centri dal comune di Treviso. Le ragioni di di corti feudali, a cui faceva capo una questi insediamenti nella sinistra Piave rete clientelare articolata su diversi livel- vanno ricercate in un particolare feno- li di prestigio e ricchezza: dai vassalli meno socio-istituzionale che riguarda le comitali di più alto rango, come alcuni aristocrazie “d’ufficio” tra X e XI secolo cavalieri del coneglianese nominati nel e che va sotto il nome di insignorimento. testamento del conte Alberto nel 1138; S I conti, cioè, in quell’epoca avevano agli ufficiali rurali, come i gastaldi; ai TORIA concentrato le loro facoltà di governo cosiddetti ‘servi di masnada’, le clientele non sull’intero distretto loro affidato in militari più vicine e fedeli al loro signo- quanto funzionari dell’impero, ma solo re ma di condizione socio-giuridica su quelle terre che appartenevano al umile; per finire con gli stessi abitanti patrimonio della famiglia, e che si trova- dei villaggi circostanti, alcuni dei quali vano a cavallo tra i comitati di Treviso e si legavano ai conti con rapporti vassal- di Ceneda, cioè a cavallo del Piave. Qui latici, sia pure di basso tenore, non avevano dato vita a una realtà politica, implicanti cioè obblighi militari. Dob- comune per i secoli che stiamo consi- biamo pensare, perciò, che la struttura di derando, che gli storici definiscono quei castelli dovesse essere composita, come signoria locale,o signoria di banno. per la molteplicità di funzioni a cui essi Essi, cioè, non si limitavano a godere dei dovevano assolvere: vi erano locali di proventi delle vastissime proprietà fon- carattere strettamente residenziale desti- diarie di cui pure erano titolari, ma nati ad ospitare le famiglie dei conti e riscuotevano esazioni fiscali, arruolava- gli spazi per le riunioni della corte feu- no uomini per le loro milizie e soprat- dale; non potevano mancare poi i tutto esercitavano la giustizia presso la magazzini, le canipe,dove popolazione sottomessa senza confluivano i pro- dover render conto a nessuna venti autorità preordinata. La necessità di avvalersi di collaboratori per l’espletamento di queste funzioni fece sì che il castello di Collalto

Castello di Credazzo

42 L’ETÀ MEDIEVALE delle terre che i conti affidavano ai loro lungo i bordi occidentali del Quartier dipendenti in cambio di canoni in natu- del Piave. E’ il caso della schiatta dei ra; infine, il tutto doveva essere tutelato conti di Colfosco, testimoniata con cer- da un opportuno apparato difensivo, tezza soltanto in un documento del dotato di strutture che dobbiamo 1120. Ma è soprattutto la famiglia da immaginare sottoposte a frequenti Vidor a meritare una speciale attenzio- modifiche e ristrutturazioni per il con- ne. Questo ceppo signorile, i cui primi tinuo rinnovarsi degli strumenti e delle esponenti vengono menzionati fin dal S tecniche di offesa che caratterizzò i 1073 tra i cavalieri di alto rango fedeli TORIA secoli XI-XV. all’imperatore, costruirono attorno al Il potere della famiglia sulla sponda castello dal quale la famiglia derivava il sinistra del Piave attraversò indenne i proprio nome una dominazione estesa diversi regimi politici che si susseguiro- dal Piave al Soligo, che si avvaleva anche no nella Marca, tanto che nel 1312 di diversi porti plavensi, tra i quali quel- l’imperatore Arrigo VII riconosceva for- lo ubicato nella stessa Vidor. Il casato malmente a Rambaldo VIII di Collalto espresse figure di notevole rilievo nella la piena giurisdizione sulle contee di storia di Treviso, come il vescovo Tiso, Collalto e di San Salvatore, alle quali titolare dal 1209 al 1245 di un episco- facevano capo rispettivamente i villaggi pato controverso, poiché le autorità di Collalto, Falzé, Sernaglia, Barbisano, ecclesiastiche gli imputarono, pur senza Refrontolo, e quelli di Susegana, Colfo- rimuoverlo dalla carica, una presunta sco, Santa Lucia. Di fatto, neanche il cedevolezza nei confronti del comune e dominio veneziano, affermatosi a partire scarse capacità di amministrazione del dalla metà del secolo XIV, riuscì a scal- vasto patrimonio della chiesa. Vero zare i conti dal loro ruolo egemone. I momento di svolta nella storia della Collalto continuarono a mantenere famiglia fu la guerra degli anni 1240- nelle loro terre, infatti, uno statuto di 1259, in occasione della quale i da autonomia che le distingueva da tutti Vidor, costretti come molte altre fami- gli altri territori del Trevigiano. glie della nobiltà trevigiana a una netta Come già preannunciato, comun- scelta di campo, si schierarono a fianco que, anche altre importanti stirpi, con di Ezzelino da Romano contro Treviso, buona probabilità derivanti dalla città nelle mani di Alberico, fratello e frantumazione dinastica del avversario dello stesso Ezzelino. Al casato comitale, si dis- potente signore della Marca i da Vidor tribuirono cedettero allora alcune quote del loro castello di famiglia con gli annessi diritti sul distretto castrense. Vidor divenne così uno dei nodi della coordinazione ghibellina nel Veneto; tra le sue mura trovarono ospitalità illustri membri del partito ezzeliniano provenienti anche da aree lontane, come i Paltanieri di Mon- selice. Ma la scelta operata dai da Vidor si rivelò sfortunata: Ezzelino e il fratello,

43 QUARTIER DEL PIAVE

rappacificatisi, com’è noto furono scon- dominato fondiario e militare. Perno di fitti, e la disfatta si tradusse per il casato questa signoria fu il castello di Soligo vidorese in una inappellabile emargina- (già appartenuto alla famiglia omonima) zione dai ruoli di primo piano nella vita sulla sponda sinistra del fiume che attra- politica trevigiana, mentre nel 1276 il versava il villaggio. È interessante rileva- comune cittadino entrava in possesso re come sulla sponda destra del medesi- dello stesso castello di Vidor facendone mo corso d’acqua sorgesse un castello S il centro di un capitaniato. Stabilmente parallelo e più antico, sottoposto a parti- TORIA integrato entro la compagine “statale” di re almeno dalla metà del X secolo all’al- Treviso, il nostro castello ne seguì le ta sovranità del vescovo di Belluno, e da controverse vicende discostandosene questi ceduto nel 1215 al comune di solo per brevi periodi, fino alla precoce Treviso attraverso la mediazione dei affermazione del dominio veneziano su Caminesi. L’esito di questa duplicazione tutto il territorio della sinistra-Piave nel castellana fu la spartizione precisa del 1337. territorio di Pieve di Soligo in due Lungo i margini opposti del Quar- unità giurisdizionali, che toponomasti- tier del Piave, a partire dal primissimo camente vennero poi individuate come XIII secolo, furono invece i da Camino, Pieve del Trevisan e Pieve del Contà. la più cospicua stirpe nobiliare insediata Il castello caminese di Soligo era tra Piave e Livenza, a sviluppare un forte parte in realtà di una dominazione vasta e composita che aveva come suo asse la Valmareno, la vallata cioè che dalla loca- Abbazia di Santa Bona lità di Serravalle si distende quasi fino al in un catastico del 1705 Piave. Tutta quest’area, di importanza strategica in quanto metteva in comuni- cazione i porti medio-plavensi con il valico del Fadalto, fu sottoposta dalla metà del secolo XII alla metà del XIV alla dominazione dei da Camino, tanto che i alcune fonti duecentesche essa viene definita come “valle di messer Gabriele da Camino”. Qui era il cuore dei possedimenti caminesi; qui la fami- glia controllava castelli, come quello di Cison, oppure semplici residenze, come nella località di Mareno; qui risiedevano numerosi i suoi vassalli, i suoi coloni, gli ufficiali rurali. A testimonianza dello speciale rapporto che legava le popola- zioni di questa vallata ai loro signori vogliamo ricordare un episodio verifica- tosi nel castello di Credazzo, presso Farra di Soligo, castello che, sia detto per inciso, nella sua essenzialità tipica

44 L’ETÀ MEDIEVALE delle fortificazioni duecentesche ispira sia dalla possibilità di ricavare prestigio e al visitatore attuale una particolare sug- nel contempo fornire compattezza al gestione. A Credazzo nel 1243 - presu- proprio patrimonio fondiario sottraen- mibilmente nel mastio, ancor oggi ben dolo all’asse ereditario a favore di un conservato - venne alla luce Guecellone ente del quale si manteneva comunque da Camino; in quell’occasione la gente qualche forma di controllo. Furono pro- della contrada, “si recò presso il castello babilmente queste le ragioni che spinse- con letizia e trovò messer Guecellone ro i da Vidor, nella figura di Giovanni S nato”; alcune donne, inoltre, cum gaudio Gravone e del figlio Valfardo, a donare ai TORIA andarono a far visita alla madre del neo- monaci di Pomposa un vasto appezza- nato, ed una di esse, di nome India, gli mento, oltre alla chiesa di Santa Bona di fece da balia fin dal primo giorno. Vidor e ai diritti di attracco sul Piave. I Caminesi mantennero il controllo Nel 1202 il piccolo monastero (che della Valmareno fino al 1349, quando, probabilmente non contava più di tre con la supervisione dei procuratori della monaci) era dotato di un chiostro, e per Repubblica Veneta, Rizzardo da Cami- tutto il Duecento il suo patrimonio no la cedette a Marino Falier, il condot- fondiario si accrebbe costantemente. Ma tiero che sarebbe divenuto doge nel il tenore morale dei monaci doveva 1354, per essere decapitato pochi mesi lasciare alquanto a desiderare. Diverse dopo avendo cospirato contro la costi- visite ispettive dalla casa madre rilevaro- tuzione repubblicana.A partire dal 1355 no la grave corruzione dell’abate Enri- la contea fu affidata ad un podestà vene- chetto (1266-1308), e successivamente ziano, e, presumibilmente nel nono il monastero venne sottoposto a com- decennio del Trecento, ad essa fu unita menda, per finire ai primi del XV seco- la gastaldia di Solighetto, fino a quel lo, ormai distaccato dall’abbazia di Pom- momento rimasta in mano caminese. posa, tra i numerosi enti religiosi appar- Individuati in tal modo i principali tenenti alla nobiltà ecclesiastica venezia- casati signorili operanti nell’area (ai na. quali si aggiungano almeno i da Col Il più importante degli enti monasti- San Martino, possessori di un castello; i ci dell’area fu tuttavia l’abbazia cister- da Soligo, cui si è fuggevolmente fatto cense di Santa Maria di Follina, la cui cenno; i da Rover, cui si farà riferimen- storia si intreccia fin dalle origini con to tra breve), segnaliamo ora un’altra quella dei da Camino. Sorto alla metà presenza destinata a incidere in maniera del XII secolo, il monastero follinate determinante sulla storia del Quartier ricevette nel 1170 dalla contessa Sofia di del Piave nell’età medievale, ossia quella Colfosco, moglie di Guecellone da dei monasteri. Si tratta, come andiamo a Camino, una donazione che compren- vedere, di una realtà strettamente con- deva la chiesa di Santa Margherita di nessa a quella signorile. Conformemen- Serravalle, la chiesa di Santa Giustina de te a un uso risalente ai secoli dell’alto Runchis (l’attuale Santa Giustina di Ser- medioevo, infatti, le famiglie più in vista ravalle), Santa Maria di Lago, San Pietro procedevano spesso alla fondazione di di Mareno, San Salvatore di Colfosco, enti monastici o al loro arricchimento San Nicola, San Vito e San Martino di terriero, mosse sia da scrupoli espiatori, Fonte. Si trattava in sostanza di un

45 gruppo di chiese distribuite su tutta la Valmareno e fin nell’oltrepiave. Grazie a questa donazione e a molti altri acquisti e lasciti di cui poterono usufruire, i Cistercensi divennero i protagonisti assoluti delle attività connesse al merca- to e alla lavorazione della terra in tutta la fascia pedemontana appena definita, ed in molte località del Quartier del Piave propriamente detto, come Pieve di Soligo, Posmon, Farra di Soligo, ed altre. Della potenza e della ricchezza raggiunte dall’abbazia tra XIII e prima metà del XIV secolo è testimonianza la splendida basilica costruita all’inizio del Trecento (ma il chiostro, legato ad una costruzione precedente, risale al 1268) nelle forme tipiche dell’architettura cistercense. Punto di riferimento religioso costante per le popolazioni che abitava- no la Valmareno e il Quartier del Piave, Follina, in quanto fondamentale polo di aggregazione fondiaria, rappresentò anche un interlocutore non sempre facile e spesso concorrenziale - special- mente per quanto riguardava lo sfrutta- mento dei pascoli - per le comunità organizzate di villaggio, alcune delle quali alla fine del Duecento arrivarono ad attaccare armata manu il monastero infrangendo le porte delle stalle ed asportandone dei buoi. Emerge, in que- sto caso, come la popolazione dei rustici, gli abitanti dei villaggi, avesse saputo organizzarsi e difendere i propri inte- ressi, sia pure in modo disordinato e violento. È questo un aspetto sul quale conviene soffermare l’attenzione. Biso- gna sottolineare, infatti, che le capacità di associazione e organizzazione delle collettività plavensi avevano raggiunto già da tempo solidi livelli di sviluppo. Il fatto è testimoniato da casi noti agli

46 L’ETÀ MEDIEVALE studiosi. Nel 1116, ad esempio, un nel 1122, i “vicini” e castellani di Ser- gruppo di consorti di Valdobbiadene naglia, nel cuore del Quartier del Piave, ottennero dall’imperatore Enrico IV il pattuirono con il nobile Artusio Rover, riconoscimento pubblico delle terre signore del luogo per investitura del che essi detenevano in forma indivisa; vescovo di Ceneda, una serie di norme

Abbazia di Follina. A sinistra, torre del castello di Collalto S TORIA

47 QUARTIER DEL PIAVE S TORIA

Il fregio di un capitello dell’Abbazia di Follina

che regolavano l’amministrazione della come le pievi e le regole in campo reli- giustizia e il regime possessorio del gioso - rappresentava una struttura castello, delle case e delle terre concesse aggregativa di base della popolazione a canone. Dunque, le capacità di con- delle campagne. sorziarsi e contrattare dei membri della È dunque questo fitto intreccio di società rurale erano già molto avanzate possessi monastici, poteri signorili all’inizio del XII secolo. Alla fine del incentrati sui castelli e organismi collet- medesimo secolo pressoché tutti i vil- tivi - cioè una serie di strutture sorte, laggi del Quartier del Piave appaiono per così dire, autonomamente, dal basso organizzati nella forma del comune - a connotare la storia politica del rurale, istituzione avente come obiettivo Quartier del Piave nel medioevo. Ne la gestione degli spazi e delle risorse risultò una anomalia rispetto ai contem- comuni, retta da un ufficiale detto meri- poranei processi di omologazione con- ga, su cui gravava l’onere dell’attuazione dotti da forti poteri preordinati (dal dei regolamenti di polizia campestre e comune cittadino, alla signoria, allo di rappresentare la comunità di fronte stato regionale veneziano) operanti nel alle istanze superiori, signorili o cittadi- distretto trevigiano, un’anomalia che ne. certo ha significato isolamento e con- Va osservato che tale istituzione pos- servatorismo, ma che ha anche preserva- sedeva marcati elementi di stabilità, to fino ai giorni nostri un ambiente tanto che era in grado di attraversare paesaggistico e artistico dal fascino indi- indenne tutti i regimi politici, poiché - scutibile.

48 S TORIA La Sinistra Piave era distinta in tre La Sinistra Piave Il Quartier di là del Piave, com- che imperiale, di Venezia a proponendo confermato del essere nel governo sua fedeltà e del feudo in cambio della di Serravalle. suo aiuto per la conquista Nel 1419, terminataguerra la contro gli Ungheresi, da Camino otten- Ercole Valmare- ne la conferma del dominio di no, e di Solighetto, di Fregona ma con l’importante restrizione di non poter ai propri questa prerogativa trasmettere eredi. Nella prima fase, caratterizzata dalla stabilizzazione delle strutture ter- ritoriali dopo le conquiste avvenuta nel veneta di tutta l’area veneziane primo Quattrocento, la situazione poli- non fu aliena da tico-amministrativa modifiche e rimaneggiamenti, ma da e per quasi quel momento in avanti secoli,quattro cioè fino al 1797, possia- “blocco” di un lungo mo parlare carat- o indiretto terizzato diretto dal governo Venezia. di della repubblica locali unità politico-amministrative diverse: il Quartier di là del Piave, la e la Contea di Valmareno Contea di Collalto. 27 villaggi,prendeva l’area racchiudeva Valdob- di dall’attuale comune che va biadene - non Segusino che faceva - e i parte del Quartier di qua del Piave territori delimitati a sud dal Piave, arri- Villanova, che confi- e Fontigo a vando con la contea di Collalto,navano e 49

UARTIER DEL PIAVE TÀ MODERNA E CONTEMPORANEA

E Q La situazione era tuttavia ancora La situazione era tuttavia Per la sinistra Piave l’età moderna la sinistra Piave Per

L Gianpier Nicoletti

I IN assumendo la qualifica di capitano Camino occupò il castello di Cison, podestà veneziano. da Nel 1411 Ercole le, la Valmareno fu governata da un fu governata le,Valmareno la ritornare sotto una giurisdizione feuda- ni. Dopo la riconquista, e in attesa di partire dal 1388, al ritorno dei venezia- sotto gli Asburgo e i Visconti, e i Asburgo sotto gli infine, a prima sotto i signori di Padova, poi tarono il rapido passaggiotarono del territorio Negli anni ’80 le vicende militari por- gnago, delegato del Falier al governo. temente contro Bianchino da Marti- temente contro abitanti della valle si ribellarono violen- abitanti della valle fluida e in movimento. Nel 1351 gli storia della Marca. allora un ruolo di primo piano nella Caminesi che avevano giocato fino ad Caminesi che avevano la Contea di Collalto. i Sparivano zialmente infeudata a Marino Faliero, e veneziano,Valmareno, ini- la contea di sottoposta al governo di un podestà sottoposta al governo zione diretta della podesteria di Treviso, della podesteriazione diretta di ne.l’amministra- tra fu suddivisa L’area non alterare eccessivamente la situazio- eccessivamente non alterare e contesi spinse i nuovi governanti a governanti e contesi spinse i nuovi del ’300 i confini fossero ancora incerti del ’300 i confini fossero nenze medievali. Il fatto che alla metà in cui sono forti le perma- ed evidenti costruendo, un avvio si tratta di tuttavia nale che Venezia va rapidamente va Venezia nale che viene inglobato nel nuovo stato regio- stato nuovo viene inglobato nel inizia con il 1337 quando il territorioinizia con il 1337 quando QUARTIER DEL PIAVE

comprendendo la parte dell’attuale sottoporsi i nuovi signori erano di Pieve di Soligo alla destra del corso rifornirsi di sale presso i magazzini della d’acqua che divide il centro in due Repubblica, il divieto di dare ospitalità parti, denominato allora Pieve del Tre- a banditi e la consegna annuale simbo- visan; sull’altra sponda del fiume Soligo lica di un cero di 10 libbre alla chiesa di era Pieve del Contà sotto l’amministra- San Marco. zione dei signori della Valmareno. A La Contea di Valmareno elaborò nel S unire le due comunità vi era un ponte, corso del tempo una struttura politico- TORIA edificato in legno nel 1557, ma le con- amministrativa assai articolata che pre- tese furono sempre assai vive, sia per vedeva una serie di cariche di nomina ragioni fiscali sia per ragioni ammini- comitale: podestà, avvocato fiscale, can- strative. Quest’area, al pari degli altri celliere pretorio, cavaliere di corte, giu- quartieri, era amministrata dagli organi- dice di seconda istanza, sei ufficiali. Le smi cittadini trevigiani e dal podestà vicinìe dei villaggi - assemblee dei capo- veneziano, dunque se i singoli villaggi famiglia - eleggevano una quaterna di avevano mantenuto le loro tradizionali candidati da cui il Conte sceglieva uno strutture amministrative e di gestione che andava a costituire i dodese (uno per (vicinìa, mariganza), mancava tuttavia villaggio, ma Pieve, Solighetto e Farrò qualsiasi articolazione amministrativa ne eleggevano uno soltanto) che, a loro locale. volta, nominavano alcune cariche, quali La Contea di Valmareno, che com- il degano, i tre giudici di pace, un can- prendeva anche la Gastaldia di Soli- celliere di comunità, un esattore, un ghetto, contava dodici villaggi: Campea, cavaliere di comunità e un nunzio a Cison, Col, Combai, Farrò, Mareno Venezia. Il potere effettivo dei dodese (attualmente Valmareno), Miane, Pre- era, in effetti, assai limitato, tanto che maor, Rolle, Solighetto, Tovena, Vergo- l’energico conte Guido VIII affermava man, Visnà; Follina, pur importante in che avevano “autorità di stabelire se quanto sede di attività artigianali e den- non bagatelle”.Tra le cariche nominate samente abitata, non aveva autonomia dalla base il degano era la più impor- amministrativa ed era aggregata a Mare- tante: a lui spettava il compito di con- no. Nel 1436 la Valmareno fu infeudata vocare l’assemblea dei dodese, inoltre ai condottieri Gattamelata e Brandolino era in continuo contatto con il podestà Bradolini - Venezia ripagava così la loro e con gli organismi di governo di fedeltà e il loro incarico di condottieri nomina comitale. -, ma tre anni dopo il secondo la riscat- La Contea di Collalto era divisa in tò, ottenendo dalla Repubblica il pieno due giudicature, quella di Collalto che controllo del feudo. L’infeudazione pre- comprendeva i villaggi di Barbisano, vedeva l’esercizio del merum et mixtum Sernaglia e Falzè di Piave, e quella di imperium, vale a dire la giurisdizione sia San Salvatore, che includeva Colfosco, sui reati che comportavano pene pecu- Refrontolo, Santa Lucia e Susegana, ma niarie fino a una certa quota, sia su reati a partire dal 1724 l’amministrazione del che prevedevano pene corporali, l’ere- feudo fu accentrata a San Salvatore. Il ditarietà dei benefici e dei vari diritti territorio collaltino, pur incastrato tra signorili. Gli unici vincoli cui dovevano aree amministrate direttamente da

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Pieve di Soligo al termine della prima guerra mondiale

Venezia, mantenne un’autonomia quasi amministrativa), provocando così le ire completa fino alla fine del XVI secolo, del giovane Rambaldo XIII che per potendo i signori di quel feudo far ripicca si diede alla avventurosa vita del valere la derivazione della nomina feu- soldato, assumendo importanti incarichi dale dall’imperatore e per il sostegno sotto gli Asburgo. fornito a Venezia nel periodo che portò Durante il lungo periodo che va alla fine del dominio caminese e alla dall’imporsi del potere veneziano sul formazione del nuovo stato territoriale territorio e fino all’arrivo di Napoleone veneziano. Rientrava nei possessi dei gli avvenimenti militari furono assai Collalto anche una parte dell’area mon- meno numerosi rispetto a quelli, spesso telliana, sulla sponda destra del Piave, convulsi, dei secoli XII-XIV.In realtà la che interessava molto a Venezia per la vita sotto Venezia non fu sempre e possibilità di ricavare buon legname di comunque pacifica. Ancora turbolenta rovere per le proprie costruzioni navali. fu la seconda metà del ’300 quando i Fu forse anche per impossessarsi del Caminesi cercarono di opporsi all’e- Montello, oltre che per un normale spansionismo veneziano, appoggiando processo di accentramento e di omoge- gli Ungheresi. Fu in quei frangenti che neizzazione politica e amministrativa, la Repubblica fece assalire le roccaforti che la Serenissima decise nel 1595, di caminesi, tra cui quella di Solighetto cancellare la sovranità dei Collalto (ma che nel 1379 fu rasa al suolo: la Gastal- il feudo rimase nel loro pieno possesso, dia di Solighetto da quel momento fu mantenendo anche la piena autonomia unita alla contea di Valmareno. L’anno

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precedente era stato distrutto anche il aveva un certo rilievo, ma non assume- castello di Soligo, anch’esso conteso tra va le forme quasi monopolistiche che caminesi e collaltini. invece si riscontravano nelle terre a sud Successivamente due furono i del Piave. La gestione della terra era momenti di maggior difficoltà dello caratterizzata dalla piccola conduzione Stato veneto che interessarono anche il e dalla piccolissima proprietà conduttri- territorio della Sinistra Piave. Nel 1413 ce, fondata sulla coltivazione dei cereali, S le truppe ungheresi si riaffacciarono ai della vite e del piccolo allevamento, TORIA confini, questa volta comandati dall’av- anche grazie ai pascoli comunali ancora venturiero fiorentino Pippo Spano, abbastanza estesi. A parte la fertile piana ricordato dai cronisti del tempo anche del solighese, la limitatezza del territo- per la crudeltà nei confronti di nemici rio utile e le strozzature tecniche non e di prigionieri. Il castello di Collalto permettevano però di raggiungere l’au- fu assediato, ma resistette validamente, tosufficienza alimentare: nei primi seco- non così il castello di Credazzo, li dell’età moderna i cereali prodotti anch’esso dei Collalto, che fu preso e nella Valmareno erano sufficienti per le incendiato. Allontanato il pericolo necessità di una parte soltanto dell’an- ungherese per la sinistra Piave trascorse no. Per tale ragione l’area importava un lungo periodo di sostanziale pace cereali che ripagava esportando vino e militare. prodotti dell’allevamento. Sull’intensa Circa cento anni dopo le imprese di importazione di cereali costruirono la Pippo Spano, altri eserciti si affacciaro- loro fortuna economica alcuni intra- no sui territori della Repubblica, prendenti imprenditori: è il caso dei lasciando segni del proprio passaggio. Si Savoini, tanto che la loro ascesa sociale trattava delle truppe della Lega di Cam- ed economica li pose in contrasto con brai che dal 1509 e negli anni seguenti gli stessi Brandolini. condussero continue operazioni milita- La presenza di materia prima, di ri, prendendo e perdendo città e castel- corsi d’acqua, di forza lavoro permette- li. Ceneda fu presa e governata dagli va anche un fiorente artigianato legato occupanti, nel 1510 fu distrutto il alla produzione di panni lana. La loro castello di Vidor. Cessato anche questo produzione si concentrava particolar- pericolo riprese la vita quotidiana mente in alcune località, come ad caratterizzata dalle tradizionali attività esempio Follina, che doveva il proprio economiche. nome all’attività della follatura della Da un punto di vista economico lana. Alla metà del ’700 vi lavoravano prevalevano naturalmente le attività circa 4.000 operai; i maggiori opifici agricole.Trattandosi di terre soprattutto nella prima metà dell’800 erano le fab- di collina interessavano meno i grandi briche Colles e Andretta. Anche Cison investitori cittadini, come invece era mostrava i segni di un certo dinamismo accaduto per la pianura trevigiana, inve- economico con una discreta presenza di stita prima dai massicci acquisti da parte ruote ad acqua, la cui forza motrice era di nobili e borghesi di Treviso e poi utilizzata per la molatura di attrezzi in dalla nobiltà veneziana. Anche nella ferro e per la follatura della lana, oltre sinistra Piave la proprietà cittadina che per la tradizionale macinazione dei

52 L’ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA cereali; erano inoltre attivi telai da lino requisizioni di animali, fieno, prodotti e da lana. Una produzione particolare alimentari e quant’altro serviva ai solda- era quella che avveniva nel piccolo ti di Napoleone rimasero impressi nella centro di Rolle, dove per secoli fu atti- memoria; a ciò si aggiunsero anche le va la produzione di pentole in terracot- requisizioni di arredi sacri, di cui ebbe- ta, tanto che buona parte delle famiglie ro modo di lamentarsi quasi tutti i par- del villaggio otteneva i loro redditi da roci, lasciandone anche abbondanti quest’attività, poi scomparsa sul finire tracce documentarie per la gioia degli S dell’800, quando le tradizionali terre- storici. Nel parlare di questi fatti gli TORIA cotte furono sostituite dalle pentole ecclesiastici non potevano dimenticare costruite in metallo. Il castello di Cison che i requisitori - per altro le requisi- era anche la centro di importanti attivi- zioni erano pratica consueta degli eser- tà economiche che vedevano i Brando- citi dell’epoca, tanto che gli austriaci lini interessati ad allargare i propri inte- fecero lo stesso - erano i “giacobini” ressi al di fuori della contea, in partico- che avevano giustiziato il re e avevano lare gestendo in proprio lo sfruttamen- cancellato buona parte del clero france- to di alcune miniere della valle Imperi- se. Dopo Campoformio giunsero gli na ad Agordo, dove collocavano anche i austriaci che, a parte qualche intermez- prodotti delle loro terre. zo francese fino alla caduta di Napoleo- La parte settentrionale della Valmare- ne, domineranno fino al 1866, quando no confinava con la podesteria di Bel- il territorio passerà al Regno d’Italia. luno, con cui, attraverso il passo del San Gli anni che vanno dal 1797 al Boldo, era attivo un certo traffico di primo decennio dell’800 segnano una persone e di merci. Risalivano il San tappa importante per l’organizzazione Boldo anche gli zattieri che dopo essere politico-amministrativa del territorio. arrivati fino all’altezza di Falzè di Piave, L’amministrazione locale fu completa- affidavano le zattere ai loro colleghi di mente ridisegnata, subendo anche Nervesa per l’ultima parte del viaggio parecchie messe a punto. I francesi fino alla laguna. Il ritorno avveniva per- crearono il dipartimento del Tagliamen- correndo la Cal Zattera che li avrebbe to e il nostro territorio sarà compreso riportati nel Bellunese. Una certa viva- nei distretti di Ceneda e di Conegliano. cità economica esprimevano i due vil- I comuni saranno più volte aggregati laggi di Pieve: lungo il corso del Soligo tra loro, separati e riuniti in vario prosperavano alcuni impianti molitori e modo. Con la stabilizzazione del domi- più volte si cercò di sviluppare dei mer- nio austriaco si arriverà alla sistemazio- cati settimanali, anche se non sempre ne quasi definitiva dell’assetto ammini- con successo. strativo, con la formazione della provin- Nel 1797, la campagna d’Italia pro- cia di Treviso e con i distretti di Cene- vocava un nuovo rimescolamento da, Conegliano e Valdobbiadene, tra i generale della situazione. A dispetto quali sarà diviso il territorio della sini- della loro prima fugace apparizione, le stra Piave. Nel 1866, con l’aggregazione armate francesi ebbero, comunque, al Regno d’Italia si rimetteva mano alla modo di lasciare un segno a lungo ram- struttura, ma senza operare rilevanti mentato dalle popolazioni del luogo. Le correzioni.

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Le distruzioni prodotte dalla Grande Guerra a Cison di Valmarino

In generale l’800 fu un secolo diffi- ormai un ruolo marginale. Tuttavia, in cile. Oltre che per gli sconvolgimenti controtendenza con questo quadro politici, la società rurale dovette subire fosco, la crisi del settore laniero fu il peso di una situazione socio-econo- compensata nella seconda metà mica difficile. Gli anni immediatamente dell’800, almeno in parte, dalla crescita successivi alle guerre napoleoniche della lavorazione della seta. A Vidor e furono caratterizzate da pesanti carestie Valdobbiadene il settore fu particolar- i cui effetti si ravvisano anche nel calo mente vivace; un impianto fu attivato demografico: nel 1816-17 furono anche a Pedeguarda. numerosi i decessi per fame. Se nel Il segno più evidente di una situa- corso del ’600-’700 l’introduzione del zione economica sempre più deteriora- mais, maggiormente produttivo rispetto ta, in un quadro di sviluppo e trasfor- ai cereali fino ad allora coltivati, ebbe il mazioni capitalistiche in Europa e merito di reggere una lunga e ininter- oltreoceano, fu l’inizio della grande rotta crescita demografica, nell’800 il emigrazione. Il fenomeno scoppiò quasi consumo quasi esclusivo di polenta improvvisamente, senza che la classe determinò il progressivo aggravarsi dirigente potesse rendersi conto del della pellagra. Lo sviluppo industriale problema. La “Gazzetta di Treviso” del europeo e di alcuni centri veneti come 25 novembre 1876 fornì le prime Schio e Valdagno tagliarono fuori le informazioni: nel trevigiano i primi a produzioni degli opifici della Pede- partire provenivano da Follina, Cison e montana, che si trovarono a svolgere Revine.

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I segni di crescita economica che, sia si registrarono i primi decessi per fame. pur timidi, si notano agli inizi del Nella zona immediatamente a ridos- nuovo secolo interessano soprattutto il so del Piave furono pochissimi i fabbri- vittoriese (nel 1866 i due centri di cati che si salvarono da un anno di con- Ceneda e Serravalle furono unificati in trapposti bombardamenti d’artiglieria: un unico comune che prese il nome di alla fine della guerra gli abitanti che Vittorio in onore del re; dopo il primo rientrarono nei paesi dovettero vivere conflitto mondiale la città si chiamerà per molto tempo in baracche di fortuna S Vittorio Veneto), da sempre polo di svi- e l’opera di ricostruzione di edifici TORIA luppo di un certo rilievo, ma non pubblici e privati continuò per alcuni altrettanto nei territori della sinistra anni. Piave, dove la tradizionale industria tes- Anche nella sinistra Piave gli anni sile si trova in una situazione di pro- immediatamente successivi al primo gressiva marginalizzazione. conflitto mondiale videro il riaccender- La prima guerra mondiale segnerà si delle tensioni sociali e politiche, ma un momento di grandi distruzioni e di con l’ascesa al potere del fascismo fu sofferenze anche per la popolazione attuata una rapida normalizzazione. La civile, soprattutto per gli abitanti dei situazione socio-economica era difficile paesi a ridosso delle prime linee. Allo e l’emigrazione riprese subito intensa, scoppio della guerra tutta l’area era soprattutto verso i paesi europei, ma, a inserita nel quadro delle retrovie, ma i partire dalla metà del secondo decennio momenti più tragici vennero dopo la ritirata di Caporetto: la zona a ridosso del Piave divenne primissima linea e le I resti della chiesa a Sernaglia della zone più interne seconde linee e Battaglia immediate retrovie, subendo al contem- po la sorte di zona sottoposta a occupa- zione militare da parte degli austro- tedeschi e di essere obiettivo delle arti- glierie italiane che operavano sull’altra sponda del Piave, sul Montello e dalle pendici del massiccio del Grappa. Dopo la rotta di Caporetto le avanguardie dell’esercito occupante giunsero nei villaggi della sinistra Piave il 9 novem- bre 1917 e vi rimasero fino alla fine di ottobre del 1918, quando a seguito della vittoriosa avanzata verso Vittorio Veneto, furono riconquistati i territori perduti. Con l’occupazione militare la spoliazione del territorio fu completa - del resto nemmeno le truppe austriache se la passavano molto bene - e già a dicembre, durante il durissimo inverno,

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da un lato la chiusura dei mercati inter- paese furono fucilati due partigiani. A nazionali del lavoro e dall’altro la politi- parte queste azioni condotte in grande ca fascista volta a scoraggiare l’emigra- stile, non si contano le azioni di rappre- zione verso l’estero bloccarono anche saglia e le esecuzioni sommarie ai danni questa valvola di sfogo. Terminata la di partigiani o di coloro che furono ricostruzione e venuta meno la possibi- sospettati di dare appoggio ai partigiani. lità dell’emigrazione, il periodo a caval- La fine della guerra e il ritorno alla S lo degli anni ’30 fu assai difficile e duro. democrazia non cancellano le difficoltà TORIA Ancora una volta tragici gli anni economiche, determinate da un’agri- della seconda guerra mondiale, soprat- coltura arretrata e dall’assenza di svilup- tutto dopo il settembre ‘43, quando l’ex po industriale, cosicché riprese intenso alleato tedesco diventò occupante, il flusso di lavoratori verso i paesi euro- impegnato a reprimere il movimento di pei ed extraeuropei. Durante tutti gli liberazione che nell’inverno tra ‘43 e anni ’50 il fenomeno migratorio sarà ‘44 cominciava a organizzarsi, in ciò intensissimo, tanto da spopolare alcune spalleggiato dai fascisti. Partigiani e località. Solo a partire dalla metà del semplici renitenti alla leva trovarono decennio successivo lo sviluppo di atti- rifugio sulle montagne e particolar- vità artigianali e della piccola industria mente nel Cansiglio dove operarono porteranno ad un’inversione di tenden- formazioni numerose e ben organizza- za e alla fine dell’esodo nei primi anni te. Tuttavia, le azioni condotte dalle ’70. Con l’industrializzazione degli anni forze di liberazione avevano conse- ’60 e ’70 inizia una fase nuova della guenze pesanti per la popolazione civi- storia economica e sociale della sinistra le. Nell’agosto del 1944 dopo un vasto Piave - così come anche per le altre rastrellamento i nazifascisti incendiaro- aree del Veneto - caratterizzata da un no per rappresaglia gli edifici di località intenso sviluppo che ha radicalmente Castello a Pieve di Soligo, spararono cambiato le condizioni di vita e il pae- contro l’abitato di Solighetto, incen- saggio, specialmente lungo le arterie di diando molte case. A Solighetto una traffico più importanti, dove fino a nuova scorreria tedesca avvenne a set- pochi decenni addietro i filari si susse- tembre, ancora con molte distruzioni, a guivano regolari segnando la campagna Soligo circa 80 case furono distrutte, coltivata, oggi sono disseminati tanti anche a Follina molte case e stalle sub- capannoni industriali, segno tangibile irono la stessa sorte; sulla piazza del dei cambiamenti intervenuti.

56 ARTE il ) Longhere; a ex parrocchiale dei EGUSINO S I tre borghi di Revine,I tre Santa Maria e Muovendo Muovendo da Vittorio Veneto, si luminoso dipinto del soffitto,luminoso dipinto del opera del (Serravalle Pajetta locale Pietro pittore 1911),1845-Padova è un raffinato esempio dell’attenzione riservata dalla pittura di destinazione sacra ottocente- lezione del purismo la sca verso tosca- no. Longhere, ex parrocchiale presenza dei Brandolini o cogliere le o cogliere dei Brandolini presenza che fu la grandelinee guida di quella ricostruzione secolo a seguito del nostro della prima guerra mondiale. incontra la chiesa e Paolo Santi Pietro dei Santi Pietro e Paolo 57 ONGHERE A L ARTE E CULTURA , DA ( 1

Ecco allora perché un simile percor- Ecco allora perché L’itinerario artistico l’av- che prende L’itinerario ISITANDO LE CHIESE

TINERARIO

V Silvia Bevilacqua

I DI UN TERRITORIO ricostruire l’impulso culturale dato dalla Francesco Frigimelica; è poi agevole sco Da Milano,Arnosti e di Silvestro significative tracce dell’opera di France- significative di Mathias Grempsel, vi sono mentre rilevanti opere di Egidio opere rilevanti Dall’Oglio o lungo la Vallata sono disseminate le più Vallata lungo la il divenire di alcuni momenti culturali: di il divenire individuare il percorso di alcuni artisti o individuare visitatore attento potrà agevolmente visitatore di questo territorio. Parallelamente, il tà sono la vera ricchezzatà sono la vera e particolarità zionali o campestri varie- che nella loro ro di chiese parrocchiali di chiese e di oratoriro fra- re, seppur brevemente, quel gran nume- eminenti e celebrati,ricorda- ma dovrà so non può soffermarsi più solo sui siti ambientale. sentato dalla particolare conformazione di cultura e civiltà il cui ordito è rappre- il cui ordito di cultura e civiltà scono l’originale trama di quel tessuto anche i più recenti abbandoni,anche i più recenti costitui- antiche devozioni, le trasformazioni e sissimi luoghi di culto,sissimi luoghi le cui origini, le sono oculatamente disseminati numero- sono oculatamente disseminati zione distanziano il Meschio dal Piave, zione distanziano il Lungo i 35 km circa che in questa dire- Lungo i 35 km circa civile e religiosa di questo territorio.civile nostra cultura artistica e della storia viaggio attraverso le stratificazioni della viaggio attraverso presso Segusino è un vero e proprio Segusino è un vero presso lata fino a raggiungere del Piave la riva vio da Vittorio Veneto e percorre la Val- e percorrela Veneto Vittorio vio da QUARTIER DEL PIAVE

Lago, costituiscono un interessante Francesco da Paola a cui si accede insieme di testimonianze storiche e arti- percorrendo la Via Crucis con capitelli stiche. Piacevole è camminare per le in muratura.Venne eretto tra il 1696 ed strette e ripide strade selciate del vec- il 1709 grazie alla determinazione del- chio borgo di Revine, osservando le l’allora parroco Giovanni Domenico basse e squadrate case in pietra a vista, Cumano, che volle qui costituire una arricchite anche da alcune immagini vera e propria pinacoteca. Ne risultò un sacre dipinte, testimonianza di una prezioso saggio della pittura della fine devozione popolare sviluppatasi tra Set- del Seicento e dell’inizio del Settecento, tecento e Ottocento (le meglio conser- oggi non più fruibile nella sua interezza vate si trovano in via Mellera, in via in quanto si è dovuto ricoverare la mag- Sottocroda, in via Maestra, in via Selve). gior parte dei dipinti, tra cui si ricorda La chiesa parrocchiale di San Mat- un rilevante ciclo del pittore austriaco teo, la cui facciata in pietra a vista rivol- Mathias Grempsel (Graz 1650 circa -

A ta ad occidente pare pronta ad accen- Cison di Valmarino 1708), presso il

RTE dersi al sole del pomeriggio, è collocata Museo diocesano d’Arte Sacra di Vitto- la pala della Madonna col Bambino in glo- rio Veneto. ria tra i santi Matteo e Mattia, databile al Raggiunta la località Santa Maria è primo Settecento e opera del pittore necessario soffermarsi nella chiesa omo- locale Egidio Dall’Oglio (Cison di Val- nima: dal sagrato erboso che la circonda marino 1705 - 1784), che fu apprezzato e racconta del suo originario aspetto dai Conti Brandolini e che seppe rinno- campestre, si gode un panorama privile- vare la pittura ancora tenebrosa del giato da cui è facile leggere l’orogenesi tardo Seicento all’insegnamento degli della vallata e la distribuzione su di essa artisti veneziani del tempo, tra tutti il dei paesi che si profilano all’orizzonte e Piazzetta e Sebastiano Ricci. che sono segnalati dai quadrangolari Poco sopra la parrocchiale spicca campanili a torre. La chiesa di Santa isolato il bianco oratorio di San Maria è già citata nell’atto di donazio- ne con cui nel 1170 la Revine, oratorio di San Francesco di Paola

58 Cison di Valmarino, il castello contessa Sofia da Colfosco cede alcune parrocchiale di San Giorgio, in stile chiese all’abbazia di Follina. Il sobrio neoquattrocentesco, venne consacrata interno è dominato dal seicentesco alta- nel 1923 e sostituì il precedente edificio re in pietra e dalla tavola di Francesco seicentesco, di cui è ancora visibile ad da Milano (documentato 1502-1548), la est della piazza l’antico campanile, da Madonna col Bambino in trono tra san Gio- cui provengono due pale di Egidio Dal- vanni Battista e san Tiziano, databile al l’Oglio (Cison di Valmarino 1705 - 1540. L’opera è assegnabile alla tarda 1784), Madonna del Rosario e san Dome- attività di questo pittore che fu larga- nico e Sant’Apollonia e sant’Osvaldo, data- mente attivo in quest’area e che seppe te al 1739 e al 1741 e ora collocate coniugare l’originaria esperienza lom- sopra le porte laterali. Vero tesoro di barda con la lezione del Pordenone e questa chiesa è comunque la pala realiz- dei tizianeschi; i risultati sono di evi- zata da Francesco da Milano (documen- dente eleganza, con effetti di acceso e tato 1502-1548) verso il 1540 e raffigu- brillante cromatismo uniti ad una dilata- rante la Madonna col Bambino in trono tra ta monumentalità, che convive con un santi e un committente in cui spicca la attento descrittivismo. metallica figura di san Giorgio; un Nel centro storico di Lago si sono recente intervento di restauro ha ne for- conservati al meglio i caratteri originali tunatamente ripristinato l’originaria di un’architettura rurale spontanea di brillantezza consentendone una rinno- case a più piani addossate le une alle vata leggibilità. altre, costruite in sassi a vista squadrati e All’ingresso del comune di Cison di sulle cui facciate sono ordinati i terrazzi Valmarino, si sfiora la frazione di Soller: in legno coperti, noti come “pioi”. La la chiesa di Santa Giustina che sorge

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isolata su una balza erbosa aiuta forse a quattro dossali lignei eretti tra Seicento ricordare come nei tempi antichi la vita e Settecento: sono un’interessante nella Vallata si svolgesse sui fianchi sopravvivenza delle importanti produ- soleggiati della fascia prealpina e non sul zioni di altaristica e scultura lignea lar- fondovalle, reso malsano dalle periodi- gamente presenti dell’area pedemontana che inondazioni. L’edificio attuale venne fino al volgere del Settecento e che eretto per volontà di Guido IX Brando- vennero poi rapidamente sostituite da lini alla fine del Seicento, ma non vi manufatti in pietra. Il dossale ligneo del sono dubbi che già nel XIII secolo qui presbiterio è opera dell’intagliatore ciso- sorgesse un luogo di culto. nese Sante Moretti (Cison di Valmarino Vero tesoro d’arte è la parrocchiale 1675 – 1756 ca.) ed è datato 1699. In dei Santi Simone e Giuda a Tovena, esso è collocata la pala ottocentesca di impianto tardo seicentesco, anche se della Madonna col Bambino in gloria tra gli rimaneggiata alla metà dell’Ottocento. apostoli Simone e Giuda e le tele con San

A L’interno a tre navate è di notevole Valentino e Sant’Antonio da Padova, opere

RTE effetto scenografico, grazie al rapido sus- del pittore austriaco Mathias Grempsel seguirsi delle campate e dei riquadri che seppe sapientemente recuperare l’e- mistilinei ad affresco di Egidio Dall’O- laborata lezione barocca dei grandi glio che arricchiscono la volta a botte maestri d’oltralpe a un linguaggio misu- della navata centrale. E’ però interessante rato ma egualmente espressivo. notare che qui si sono conservati anche Una breve deviazione verso sud

Tovena, altare ligneo della parrocchiale dei Santi Simone e Giuda

60 DA LONGHERE A SEGUSINO

del catino dell’abside, dove è evidente la ricerca dell’effetto scenografico proprio della cultura decorativa, principalmente di destinazione signorile, del pieno Set- tecento: si noti nell’abside la sagoma lignea dipinta che prosegue la scena del- l’affresco ed è posta a deviare la luce naturale che entra dalla finestrella. L’infeudazione nel 1436 di Brandoli- no IV ed Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, a Cison di Valmarino è momento fondamentale anche per la vicenda artistica della cittadina e dell’in- tera area della Vallata. Il castello che sovrasta l’abitato, sorto sul luogo in cui già dal XIII secolo i Caminesi avevano eretto un fortilizio, è inconfondibile impronta della presenza Brandolini che scelsero di trasformare quella struttura difensiva in residenza signorile. Tra il 1510 e il 1525 Antonio Maria Brandoli- Mura, chiesa di San Gottardo

Cison di Valmarino, chiesa arcipretale porta al pittoresco borgo di Gai raccol- to sul versante occidentale e solatio di un colle che taglia trasversalmente il fondo pianeggiante della Vallata. Isolata sulla sommità sorge la chiesa di San Michele, già documentata nel 1475 e ora visibile nel suo impianto settecente- sco; all’interno si noti il soffitto decora- to da affreschi di Egidio Dall’Oglio. Di fronte a Gai si incontra il borgo di Mura e la piccola chiesa di San Gottardo che conserva un’interessante tela di chiara destinazione devozionale raffigurante i Santi Gottardo e Liberale che implorano la Vergine di proteggere gli animali domestici, opera del pittore bellunese Francesco Frigimelica (Cam- posampiero 1570 circa – Belluno post 1649); al già noto Dall’Oglio sono inve- ce attribuite le decorazioni del soffitto e

61 QUARTIER DEL PIAVE

ni eresse la parte più a nord, che com- prende il grande salone centrale, coi poggioli rivolti verso oriente, l’elegante scalone che scende in rampe successive e ora accoglie una collezione di alabarde e un’armatura di officina lombarda. La parte più a sud venne invece costruita all’inizio del Settecento da Guido IX su progetto dell’architetto trevigiano Otta- vio Scotti ed è arricchita da decorazioni pittoriche, da stucchi e da un arreda- mento che si avvicina più al gusto fran- cese che alla moda veneta. A Egidio Dall’Oglio è assegnabile il progetto

A decorativo dell’elegante cappella di

RTE San Martino, a cui si accede dal corti- le superiore e in cui si osservino le gra- ziose cartelle a valva contornate da stuc- chi policromi entro cui sono raffigurati gli evangelisti. Al centro del paese di Cison si trova l’arcipretale della Purificazione Valmareno, oratorio di San Lorenzo

Cison di Valmarino, chiesa arcipretale, della Beata Vergine, che venne con- pala dell’Assunzione della Vergine (1753) sacrata nel 1746 ed è sicuramente uno dei più pregevoli esempi di chiesa barocca della diocesi di Vittorio Veneto, contraddistinta dall’illusionistica doppia facciata. L’interno si compone di un’unica ampia navata con abside quadrangolare e cappelle laterali di diverse dimensioni e articolazioni, resa luminosa ed elegan- te dalla decorazione in stucco, dai riquadri ad affresco, dalle pregevoli tele e opere scultoree. Avviando la visita dal lato sinistro si noti l’Annunciazione di Egidio, nell’am- pia cappella centrale si osservi il monu- mento funebre a Guido VIII Brandolini con figure di Virtù, opera in marmi policromi eseguita nel 1793 da Pietro Baratta (Carrara 1668 – 1729) secondo

62 DA LONGHERE A SEGUSINO un diffuso gusto che coniuga il classici- mentalità e del rigore formale del Neo- smo a un linguaggio ancora barocco; classicismo. Nella cappella centrale della del Dall’Oglio è la pala de I santi Agosti- parete destra si noti il Transito di San no, Girolamo, Apollonia e Teresa nella suc- Giuseppe, opera di Francesco Fontebasso cessiva cappella; anche le grandi tele (Venezia 1709-1769), affiancata dalla dell’abside, Natività e Martirio di san Gio- Circoncisione e Presentazione di Gesù al vanni Battista e soprattutto l’Assunzione Tempio del Dall’Oglio; memoria dell’a- della Vergine datata 1753 sono del Dal- spetto cinquecentesco della chiesa è l’Oglio e rappresentano appieno la invece il bel fonte battesimale con la maturità artistica del pittore. Il paliotto vasca decorata da cherubini. dell’altare maggiore reca un pregevole Uscendo da Cison in direzione di altorilievo di Giovanni Marchiori (Fal- Follina si intravede, protetta da un alto cade 1696 – Treviso 1778) raffigurante muro di cinta, la chiesa di San Fran- la Preghiera nell’Orto degli ulivi, brillante cesco. Questa venne eretta nel 1504 dai

esempio della particolare interpretazio- frati francescani che qui risiedettero fino A

ne del linguaggio neoclassico data dagli al 1656. L’interno, ad aula unica con RTE scultori veneziani; i due angeli che capriate a vista, racchiude opere che affiancano il monumentale ciborio sono testimoniano la fioritura delle produzio- opera dello scultore Marco Casagrande ni artistiche a Cison tra Seicento e Set- (Campea 1804 – Cison di Valmarino tecento. Il soffitto dell’abside presenta 1880) che fu interprete non solo nel L’Arcangelo Michele di Egidio Dall’O- trevigiano ma in Europa della monu- glio; l’altare maggiore è opera di Sante

Valmareno, altare maggiore della parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo

63 QUARTIER DEL PIAVE

Moretti ed ospita il Transito di san Fran- figure degli apostoli sono un’evidente cesco di Mathias Grempsel datato 1694, ripresa. opera che apertamente rivela le qualità La fondazione e lo sviluppo di Folli- pittoriche dell’artista austriaco ma ciso- na si collegano allo stabilirsi in questo nese d’adozione, che seppe tradurre in sito di monaci benedettini cistercensi un linguaggio semplificato ma non provenienti dall’abbazia di Chiaravalle privo di espressività la grande lezione presso Milano; la scelta di questo luogo, barocca. lontano da città e castelli, ma bisognoso A occidente del castello Brandolini si di interventi agricoli di risanamento, trova l’abitato di Valmareno; percor- ben si accordava con le regole espresse rendo le strette vie del paese in direzio- da san Bernardo. ne della parrocchiale, si incontra l’ora- La cittadina è dominata dalla mole torio di San Lorenzo: sull’architrave è della chiesa basilica di Santa Maria e posta la data 1616. L’interno, pesante- dalla struttura del convento annesso,

A mente snaturato dall’aggiunta di una giustamente definita il più rilevante

RTE navatella sul lato destro, presenta due esempio di architettura tardo-romanica interessanti altari lignei settecenteschi della Marca trevigiana. L’aspetto attuale che ospitano tele raffiguranti San Anto- è il frutto di un vero e proprio recupero nio Abate e Santa Chiara tra san Carlo realizzato tra il 1919 e il 1921, dopo che Borromeo e san Francesco vicine ai modi dalla fine del Settecento gli edifici con- del Frigimelica. Interessanti sono pure i ventuali erano stati adibiti ad abitazioni riquadri che ornano il palco di cantoria private e perciò snaturati nei loro origi- con Scene del martirio di santo Stefano e di nari caratteri architettonici. san Lorenzo. La chiesa venne edificata tra il 1305 Su un terrapieno rialzato sorge inve- ed il 1335, rispettando un codice pro- ce la parrocchiale dei Santi Pietro e gettuale proprio dell’architettura cister- Paolo. La liscia facciata è vivacizzata dai cense. L’elegante rosone in pietra e i finestroni quadrangolari e da riquadri portali d’accesso, le slanciate monofore e geometrici dipinti; l’ampia aula dell’in- le lesene, sono gli elementi in pietra a terno presenta decorazioni ad affresco, vista che ornano la facciata dall’alto le Virtù teologali realizzate verso il 1746 frontone a vento. La loro disposizione e da Egidio e poi affiancate dai Profeti di dimensione concorrono a realizzare quel Bernardo De Marchi ( sapiente equilibrio tra slancio verticale e 1827-1883). L’altare maggiore del tardo compattezza dei volumi che è elemento Seicento è avvicinabile ai modi di Sante caratteristico dell’architettura tardo- Moretti e la pala centrale raffigurante la romanica.L’interno solenne nella sua Madonna col Bambino e i santi Pietro e essenzialità è scandito da tre navate di Paolo, datata 1603, è opera del cenedese cinque campate con archi a sesto acuto Silvestro Arnosti (Ceneda 1650 ca. – su lisce colonne dai capitelli scolpiti. post 1625), esempio del persistere Sopra l’arco trionfale affiorano tracce durante tutto il Seicento dei modelli del di decorazioni murali trecentesche, manierismo veneto, sulla scia delle mentre sulla parete destra si noti l’affre- opere del grande Tiziano, di cui queste sco di Francesco da Milano La Madonna col Bambino in trono tra i santi Giuseppe e

64 DA LONGHERE A SEGUSINO

Antonio Abate, datato 1527 e in cui la l’antico fonte battesimale. Sul chiostro si critica ha ravvisato l’esplicito riferirsi affacciano gli ambienti funzionali alla del pittore alla lezione di Tiziano e vita del monastero, i magazzini, il refet- Francesco Vecellio. Il presbiterio è torio, la sala del camino, la sagrestia, la dominato dal grande dossale ligneo, che sala del capitolo in cui si noti l’altare venne realizzato nel 1921 ad imitazione barocco, opera commissionata nel 1700 di quello eseguito nel XV secolo da dall’abate commendatario Benedetto Ludovico da Forlì per la chiesa venezia- Pamphili a Pietro Baratta (Massa Carra- na di San Zaccaria. In esso è ospitata ra 1668 ca. - 1729) per essere collocato l’antichissima statua in pietra grigia della in chiesa ed ospitare la statua della Madonna col Bambino Regina Duplavis, Madonna col Bambino. oggetto di millenaria venerazione. Oltrepassata Follina la strada sale Vero centro dell’articolato complesso verso il comune di Miane, formato dal- monastico follinese è il chiostro del l’aggregazione delle frazioni di Visnà,

1268: le diverse tipologie di colonne e Vergoman e Miane. A

capitelli in pietra locale sono un vero L’attuale chiesa parrocchiale della RTE gioiello di architettura romanica e di Purificazione della Vergine che simbologia cristiana; al centro di questo domina anche volumetricamente la cit- spazio così elegante e suggestivo, è posto tadina, venne costruita per volontà del

Follina, chiostro della basilica QUARTIER DEL PIAVE A RTE

Follina, basilica

vescovo Sigismondo Brandolini Rota Arnosti (Ceneda 1650 ca. – post 1625) tra il 1874 ed il 1878 su progetto di e datata 1603. Giuseppe Segusini da Feltre, sostituendo Sul passo che divide la Vallata dalle il precedente edificio di cui sopravvive colline di Valdobbiadene, si trova la fra- il cinquecentesco campanile a torre. zione di Combai, caratterizzata dalla Il vasto vano della chiesa ospita alcu- cuspide slanciata del suo moderno cam- ni interessanti dipinti: La consegna della panile che accompagna la chiesa par- chiavi (prima cappella a destra), la Presen- rocchiale di Santo Stefano, il cui tazione di Maria al Tempio (presso il pre- impianto architettonico di primo Sette- sbiterio) e nell’abside la Natività di Gesù cento è stato successivamente rimaneg- sono tutte tele di Egidio Dall’Oglio che giato e si presenta ora quale compiuta rendono esplicita la derivazione del pit- sintesi del gusto tardo ottocentesco. tore degli insegnamenti del Piazzetta. A Guia l’alto campanile ci guida Ad Antonio Zanchi (1631-1722) è asse- verso la parrocchiale di San Giaco- gnata invece la Presentazione di Gesù al mo, una complessa struttura a doppia Tempio, esempio della pittura dei “tene- croce greca e cupola, di impianto neo- brosi” che ebbe larga fortuna nell’arte classico, che si vuole derivata da un pro- veneta della seconda metà del Seicento. getto del Canova, ma completata con Oltre il centro di Miane si incontra decorazioni pittoriche dei primi decen- la località Visnà e l’oratorio dei Santi ni del Novecento, dove non mancano Vito e Rocco: all’interno si noti un accenni al gusto neogotico che ebbe in dipinto raffigurante i Santi Vito, Sebastia- quell’epoca ampia diffusione. no e Rocco firmata dal cenedese Silvestro Di fronte al viale di accesso alla par-

66 DA LONGHERE A SEGUSINO rocchiale sale una strada che conduce all’oratorio di San Rocco. Sulla liscia facciata una lapide ne ricorda l’erezione nel 1463, ma certo l’aspetto attuale dichiara le trasformazioni in epoche successive, sia nella struttura che negli arredi. Procedendo in direzione di Valdob- biadene si incontra la chiesa di Santo Stefano nella frazione omonima. L’alta- re maggiore con bel tabernacolo mistili- neo e i pregevoli paliotti marmorei Miane, chiesa parrocchiale degli altari laterali risalenti al XVIII secolo convivono con una struttura

architettonica dai caratteri spiccatamen- A

te neoclassici e con una complessiva RTE decorazione di gusto neogotico. Un ininterrotto susseguirsi di bassi filari conduce a San Pietro di Bar- bozza: la chiesa è titolata ai Santi Pie- tro e Paolo, una lapide ricorda la fon- dazione della chiesa nel 1636 e le sue ricostruzioni nel 1831 e nel 1946. Le iscrizioni poste sul frontone e sul proti- ro indicano che la chiesa venne eretta per essere sia luogo di culto sia monu- Guia di Valdobbiadene, mento ai caduti, secondo un uso assai oratorio di San Rocco diffuso nel secondo dopoguerra. Le piccole cappelle laterali dell’unica navata sono arricchite da eleganti altari Visnà, oratorio dei Santi Vito e Rocco in pietra completati da recenti statue lignee di produzione gardenese, mentre nella prima cappella a sinistra e in con- trofacciata si notino due minuziose palette seicentesche. Il sontuoso altare maggiore e il bel ciborio sono assegna- bili al XVIII secolo e rispondono appie- no all’intento decorativo e scenografico del tardo barocco; vi è collocata una tela del pittore solighese Paolo De Lorenzi (Soligo 1733 - 1806). La pieve di Santa Maria a Valdob- biadene è storicamente documentata dal 1155 anche se indubbia è l’esistenza

67 QUARTIER DEL PIAVE

in tempi ancora più antichi di un importante centro religioso in questo territorio, noto alla cristianità per aver dato nel VI secolo i natali a san Venanzio Fortunato. L’aspetto attuale della chiesa ha però cancellato la memoria delle edificazioni antiche, romaniche e poi quattrocente- sche, per presentarsi nella sua veste otto- centesca: un elegante edificio neoclassi- co, che venne eretto tra il 1798 ed il 1816, preceduto da un pronao con imponenti colonne realizzato tra il 1825 ed il 1830. Al pieno Settecento (1743-

A 1767) è datato il maestoso campanile,

RTE opera di Francesco Maria Preti (Castel- franco 1701-1774). L’arcipretale ha poi subito notevoli Valdobbiadene, chiesa arcipretale, interventi a seguito delle pesanti distru- Assunzione della Vergine (1540) zioni e depredazioni avvenute durante

Valdobbiadene, chiesa parrocchiale

68 DA LONGHERE A SEGUSINO la Grande Guerra. Dopo Caporetto il 1530) Assunzione della Vergine del 1540 fronte italiano si era infatti stabilito sulla che manifesta l’adesione del pittore ai sponda destra della Piave, mentre Val- modelli di Tiziano, ma con una perso- dobbiadene divenne sede del comando nale interpretazione naturalistica evi- austro-ungarico; durante i furiosi bom- dente in particolare nella rappresenta- bardamenti dell’autunno del 1917 la cit- zione dei volti. tadina subì danni gravissimi. Di Paris Bordon (Treviso 1500 – La visita dei numerosi tesori d’arte 1571) sono invece la pala della Madonna che l’arcipretale racchiude, rende mani- del Carmine tra i santi Rocco e Sebastiano e feste le stratificazioni storiche e la viva- i volti di San Gioacchino e Sant’Anna, cità culturale di quest’area. Si osservi la che si trovano nel secondo altare a sini- grande vasca battesimale monolitica che stra, mentre nel primo altare è posto il reca la data 1422, testimonianza erratica dipinto di Palma il Giovane (Venezia dell’aspetto tardo-medievale dell’antica 1548 - 1628) con San Giovanni Battista

pieve; di fronte è invece posto un tra san Girolamo e sant’Antonio Abate, A

moderno dipinto raffigurante San opera che rende manifeste le grandi RTE Venanzio Fortunato, opera di Ubaldo qualità espressive e gli accesi cromatismi Oppi (1899-1946) che risultò vincitrice del grande pittore veneziano. Pregevole al concorso indetto nel 1923 a Venezia memoria cinquecentesca sono pure i dall’Opera di Soccorso per le chiese bronzetti che ornano il tabernacolo ora rovinate dalla Guerra; il dipinto di Ago- nell’altare della Madonna e che proven- stino Ridolfi (Belluno 1646-1727) Gesù gono dall’antica struttura dell’altare tra i dottori, posto in controfacciata, è maggiore. L’attuale altare barocco del invece traccia dell’arredo seicentesco. Il presbiterio proviene dalla chiesa di San più rilevante complesso di opere d’arte Francesco in Conegliano e sostituì l’al- della chiesa è però quello cinquecente- sco, prima tra tutte la pala dell’abside di Francesco Becca- San Vito di Valdobbiadene, santuario ruzzi (Coneglia- della Madonna del Caravaggio no 1492/93 –

69 QUARTIER DEL PIAVE A RTE

Segusino, chiesa parrocchiale di Santa Lucia

tare cinquecentesco ritenuto troppo fascino del suo originario aspetto cam- ingombrante per le nuove proporzioni pestre. del presbiterio. In prossimità della riva sinistra del Procedendo da Valdobbiadene in Piave sorge Segusino, il cui attuale direzione di Segusino, si incontra la fra- aspetto risente delle profonde distruzio- zione di San Vito. In posizione rialzata ni subite durante la Grande Guerra. La sorge la chiesa parrocchiale, con facciata chiesa parrocchiale titolata a Santa timpanata di gusto neoclassico, della Lucia venne infatti eretta nel primo prima metà del nostro secolo. Poco più dopoguerra a sostituire la precedente avanti si incontra il Santuario della struttura, di cui rimane la torre campa- Madonna del Caravaggio, meta naria in uno sperone che domina il cen- ancor oggi di pellegrinaggi; l’edificio, a tro del paese. Ha una struttura di richia- pianta centrale con alta cupola, conserva mo neoclassico resa frammentaria nella l’immagine miracolosa della Vergine e visione d’insieme dalla presenza di una in una cappellina una raccolta di cupola a metà della navata, di un presbi- moderni ex-voto. terio con deambulatori laterali e dal- Un’ampia curva della strada cinge l’ampia abside. La decorazione muraria l’oratorio di San Giovanni Battista, in toni chiari si ispira al gusto neogoti- un interessante edificio settecentesco di co, più volte adottato nell’arte sacra tra piccole dimensioni racchiuso entro un il secondo e il quarto decennio del basso muretto che ha conservato il nostro secolo.

70 ARTE ,la Bigolino eretta nei primieretta decenni del , parrocchiale di San Michele L’itinerario si avvia da si avvia L’itinerario IAVE P Giudo Cadorin Modolo da o Giuseppe tracce e di trovare dell’arte di Luigi Cima, Carlo Donati o Zanzotto,Giovanni artisti che dovettero a questi tempo ridare volto un in breve o ricostruitiedifici restaurati e convivere arredi dagli commissionati con nuovi artigiani che proprioin que- gardenesi sto periodo qui una forte diffu- ebbero sione. alla storia Anche dell’architettura del primo dopoguerra questo territorio spunti di ricerca: interessanti apre sareb- be infatti possibile partire da qui per un’indagine bel- del sull’attività avviare o su Alpago Novello Alberto lunese quella di Domenico Rupolo che fu lar- nell’intera diocesi cene- gamente attivo dese; particolare merita attenzione poi che non solo fu Possamai Giovanni impegnato come architetto,venne ma degli arredi alla realizzazione interessato delle riedificate dei chiese e all’erezione che nelle piazze monumenti numerosi cittadine ricordano la Grande Guerra e che sono ormai elementi integranti di questo paesaggio. cui Arcangelo Novecento, l’ampia piazza coordina centrale della cittadina; la facciata timpa- nata e la sobria aula dichiarano l’adesio- ne al gusto neoclassico, ma gli arredi di dei intuire lasciano inizio Novecento gravi danni subiti da questo tempio 71 UARTIER DEL Q 2

Accanto a un itinerario a volto È forse pae- quello della rilevanza Guardando da lontano l’ampio Guardando

E CHIESE DEL

TINERARIO Novecento italiano come il veneziano Novecento da artistica di alcuni noti pittori del solita occasione di ripercorrere la vicen- Moriago, l’in- offre il Quartier del Piave da Milano o dalla pala del Pordenone di da Milano o dalla pala del Pordenone dai dipinti della maturità di Francesco centeschi di Santa Maria Nova a Soligo, a centeschi di Santa Maria Nova mentate ad esempio dagli affreschi tre- mentate ad esempio dagli affreschi stiche più antiche di quest’area, docu- ricercare che sono le tracce arti- quelle gli spazi e i temi dell’arte sacra. gnati a rivisitare con nuovo linguaggio gnati a rivisitare con nuovo architetti e gli artisti che furono impe- e gli artistiarchitetti che furono si incrociarono e confrontarono gli confrontarono e si incrociarono trasformò in cui cantiere in un inusitato ricostruita e nel corso di un decennio si Quartier del Piave venne rapidamente venne Quartier del Piave della Grande Guerra, del l’intera area dall’occupazione e dai bombardamenti tura del primo dopoguerra. Devastata un raro catalogo dell’arte catalogo e dell’architet- un raro se chiese, ma è certopure che esse sono tier del Piave proprio dalle sue numero- tier del Piave ciente per avviare una visita nel Quar- ciente per avviare saggistica più che suffi- già un motivo

anche dei più piccoli paesi. anche dei più piccoli niosa casualità, segnando l’esistenza emergono, quasi appuntati con armo- gio su cui gli esili campanili morbido fino a Falzé, un paesag- rivelato ci viene accompagna la riva sinistra del Piave accompagna la riva triangolo alluvionale che da Vidor triangolo da alluvionale che L

TRA STORIA ANTICA E RICOSTRUZIONE Silvia Bevilacqua I QUARTIER DEL PIAVE

dipinti di Francesco Zugno (Venezia 1709-1787), nell’abside La glorificazione del santo Nome di Maria da parte di Inno- cenzo XI e del re di Polonia Giovanni Sobieski datata 1747 e La Madonna del Rosario tra i santi Domenico e Rosa da Lima posta in una cappella laterale sini- stra: tali opere, dove ai decisi stacchi cro- matici si accompagnano vaste aperture di cielo, attestano la diretta derivazione dello Zugno dalle opere della prima Vidor, chiesa arcipretale dedicata al maturità del Tiepolo e sono forse gli Santo Nome di Maria esiti migliori nella sua produzione sacra. Nel soffitto e nelle pareti del presbiterio

A spiccano i moderni affreschi della Resur-

RTE durante la Grande Guerra quando l’in- rezione e Ascensione, Sacra Famiglia,Adora- tero paese, posto sulla sponda del Piave, zione dei magi e Crocifissione, realizzati tra venne devastato. il 1922 e il 1926 da Giudo Cadorin Accompagnando la discesa del fiume si giunge a Vidor. Intorno all’an- no Mille, sul colle che da nord domina Vidor, chiesa arcipreatale, l’abitato, i signori da Vidor eressero un La glorificazione del Santo Nome di castello da cui controllavano le fiorenti Maria da parte di Innocenzo XI e del re attività legate ai transiti lungo il Piave. di Polonia Giovanni Sobieski (1747) Ora al posto di quel fortilizio, passato ai da Romano, alla municipalità di Treviso e alla Serenissima, vi è la chiesa- monumento ai Caduti della Grande Guerra che vide in quest’area una delle fasi più drammatiche. Dopo Caporetto gli italiani in ritirata avevano infatti distrutto il ponte sul Piave bloccando così l’avanzata austro-ungarica del gene- rale Von Bulow sulla sponda sinistra del fiume: fino all’ottobre del 1918 Vidor divenne una postazione austriaca di prima linea con le immaginabili conse- guenze che portarono alla quasi totale distruzione degli edifici civili e delle attività industriali. Anche la settecente- sca arcipretale del Santo Nome di Maria venne gravemente danneggiata e fu riedificata tra gli anni Venti e Trenta; all’interno sono stati conservati due

72 CHIESE DEL QUARTIER DEL PIAVE

Vidor, abbazia di Santa Bona

(Venezia 1892-1976) ed esempio della opposta. Nella sobria chiesa abbaziale si A

pittura solida, sia nella forma sia nelle osservi l’elegante volta costolata del pic- RTE campiture di colore, che fu propria del colo presbiterio che si è fortunatamente Cadorin negli anni Venti, testimonianza salvata dalle pesanti distruzioni belliche della sua ricerca intorno ai maestri del che hanno interessato l’intero comples- Quattrocento toscano. Il Cadorin aveva so; nell’altare si conservano le reliquie soggiornato a Vidor anche nel 1921 per della giovinetta egiziana santa Bona per- realizzare gli affreschi con ariose scene venute quale bottino della prima crocia- di Paesaggio e Le quattro stagioni di villa ta.Vero gioiello è l’attiguo chiostro che Zadra, che si scorge in posizione rialza- presenta gli originari caratteri romanici: ta lungo la strada che conduce al ponte; si notino le belle colonne angolari, i opere fondamentali nella produzione profili degli archi in laterizio e l’affresco non religiosa dell’artista. raffigurante la Madonna col Bambino tra i Dalla strada di fronte alla chiesa arci- santi Giovanni Battista e Gerolamo databile pretale si può raggiungere la riva del alla metà del XV secolo. Piave, dove, immersa in uno splendido Legata alla presenza dei benedettini parco, sorge l’antica abbazia di Santa di Santa Bona è anche la fondazione Bona. L’esistenza di questo complesso dell’antica chiesa di Mosnigo, località monastico è attestata all’inizio del XII dalla vocazione prettamente agricola secolo, quando Giovanni da Vidor la che si incontra proseguendo verso cedette ai benedettini di Pomposa e Moriago; l’attuale parrocchiale di San l’importanza di tale complesso monasti- Martino, fortunatamente preservatasi co si lega non solo alla riorganizzazione dall’espandersi delle lottizzazioni arti- agraria del territorio, ma anche alla sua gianali e industriali, è di impianto otto- posizione rispetto al corso del Piave che centesco e presenta, unitamente ad alcu- proprio in questo punto veniva attraver- ni altari tardo-settecenteschi, il soffitto sato con le barche; ricordiamo infatti che decorato con la Crocifissione, la Gloria di il primo ponte venne eretto solamente san Martino e la Gloria di san Pietro, nel 1871 sul fiume congiungeva l’abba- opere di Giovanni Zanzotto (Pieve di zia con la località Barche sulla sponda Soligo 1888-1960) pittore locale che, in

73 QUARTIER DEL PIAVE A RTE

Moriago della Battaglia, spicchio di cupola della parrocciale di San Leonardo

un periodo di vivaci sperimentazioni parte sopravvissuti non solo alle distru- anche nell’arte sacra, si dimostra ancora zioni belliche, ma anche a quelle specu- coerentemente legato alla pittura natu- lative degli ultimi decenni. Moriago è ralistica ottocentesca. comunque contraddistinto dalla sbrec- Moriago della Battaglia deve il ciata torre di fortificazione e dalla mas- proprio sviluppo all’attività agricola siccia mole poligonale della parroc- avutosi tra il Seicento e l’Ottocento, che chiale di San Leonardo, costruita tra vide lo stabilirsi di alcune nobili fami- il 1924 e il 1928 su progetto dall’archi- glie veneziane che abbellirono la cittadi- tetto Alberto Alpago Novello (Feltre na con i loro palazzotti signorili, in 1889-Belluno1985).All’interno spicca la decorazione del tamburo della cupola, realizzata tra il 1924 e il 1925 da Guido Moriago della Battaglia, Cadorin (Venezia 1892 - 1976) e che chiesa di San Leonardo raffigura La discesa dello Spirito Santo sui Dodici Apostoli. L’essenzialità della com- posizione, le possenti e monumentali volumetrie, i tratti realistici dei volti, per i quali il pittore si era ispirato a cono- sciuti abitanti di Moriago attirandosi anche le accese critiche dei contempo- ranei, sono gli elementi distintivi di quest’opera della piena maturità del pit- tore veneziano e momento di vera cesu-

74 CHIESE DEL QUARTIER DEL PIAVE ra nell’arte sacra del nostro secolo nella diocesi cenedese. Nell’abside della stessa chiesa si conserva poi la bellissima tavola con La Madonna col Bambino tra i santi Antonio abate, Leonardo, Caterina e Gio- vanni Battista del Pordenone (Pordenone 1484-Ferrara 1540 ca.), opera databile al 1527-1528. Sono poi ampiamente documentate le opere di Giuseppe Modolo (Santa Lucia di Piave 1913- 1987) e quelle dello scultore moriaghe- se Carlo Conte (Moriago della Battaglia 1898-1966); nella stessa chiesa è stato poi riparato un affresco staccato risalen- te al primo Cinquecento e avvicinabile ai modi di Giovanni da Mel (Mel 1480- Belluno 1549 ca.). Proseguendo verso sud si incontra la deviazione per l’Isola dei Morti: non Sernaglia della Battaglia, parrocchiale si tratta propriamente di un’isola ma di un lembo di terra che si spinge nelle grave del Piave da cui transitarono le del Sacro Cuore e l’affresco con San truppe italiane il 26 ottobre 1918 che Nicolò in trono dell’abside. In prossimità dopo quasi un anno di guerra di posi- del Piave sorge il santuario di Santa zione sulle pendici del Montello sferra- Libera, eretto nel 1913 in sostituzione rono l’attacco che fu determinate alla di un’antica edicola che veniva illumi- battaglia di Vittorio Veneto. L’intento nata nella notte per segnalare agli zattie- celebrativo si è qui tradotto nella realiz- ri i pericolosi scogli affioranti. zazione di una accurata area botanica, Al nome di Sernaglia della Batta- dove sono raccolte specie pregiate, del glia si lega una delle più importanti santuario della Madonna del Piave e del battaglie della Grande Guerra. Sernaglia, monumento alla Pace. che divenne “della Battaglia” nel 1924, Poco oltre si incontra la frazione di fu occupata dagli austriaci il 10 novem- Fontigo che, come lo stesso toponimo bre 1917 e liberata durante i sanguinosi suggerisce, era importante per la presen- scontri del 26 e 27 ottobre del 1918. za dei molti pozzi in grado di rifornire All’eroica impresa si ispira la fontana d’acqua anche le località circostanti. Al delle Aquile al centro di piazza San centro del paese spicca la facciata geo- Rocco, opera di Giovanni Possamai metricamente ripartita della parroc- (Solighetto 1890-Monselice 1964); la chiale di San Nicolò, eretta nel 1921 fontana in Piazza Martiri della Libertà è su progetto di Alberto Alpago Novello. invece dedicata agli Emigranti, altro L’interno, ad unico vano con cappelle dramma storico del Quartier del Piave laterali, è caratterizzato dalla presenza che dalla fine dell’Ottocento agli anni delle opere di Giuseppe Modolo, la pala Sessanta del nostro secolo vide intere

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Falzè di Piave, parrocchiale di San Martino

generazioni avviarsi dapprima in Sud ni dell’Assunzione della Vergine, a sinistra America e poi nei Paesi transalpini. Al quella di Carlo Donati del 1928, a limite di questa piazza, due cinquecen- destra quella di Giuseppe del 1946. tesche colonne delimitano il sagrato Ritornati in prossimità del Piave si della parrocchiale di Santa Maria raggiunge il limite meridionale della Assunta, riedificata nel 1922 su proget- vasta piana alluvionale del Quartier del to dell’architetto Alberto Alpago Novel- Piave; dove il letto del fiume si restringe lo e affiancata dallo svettante campanile sensibilmente, sorge Falzè Di Piave, parzialmente originario. All’interno, località un tempo nota per il suo porto sopra la porta laterale sinistra, si osservi fluviale. Qui le zattere costituite dai il bel dipinto della Crocifissione datato tronchi provenienti principalmente dal 1732, ma ancora legato alla maniera dei Cadore e destinati a raggiungere la tenebrosi del tardo Seicento. La maggior laguna, sostavano per consentire il cam- parte degli arredi di questo sobrio inter- bio degli zattieri: quelli di Belluno, no è però riferibile alla nuova edifica- dopo aver riposato una notte, si incam- zione della chiesa: nei transetti notiamo minavano per la Cal Zattera e attraverso la pala con San Valentino di Luigi Cima il passo San Boldo ritornavano in Val (Villa di Villa 1860-Belluno 1938) e tre Belluna; mentre la fluitazione riprende- tele di Carlo Donati (Verona 1874- va con gli zattieri di Nervesa, per giun- 1949) San Vincenzo Ferrer, Adorazione dei gere a tappe a Venezia, all’approdo delle magi e Battesimo di Cristo; mentre nel Zattere. presbiterio si fronteggiano due immagi- L’attuale distribuzione urbanistica di

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Falzè risale alla fine della Grande Guer- ignoto pittore locale vicino alle produ- ra, la cittadina venne infatti completa- zioni di ambito bellunese e feltrino. mente distrutta dalle granate austriache Risalendo in direzione di Pieve di nell’ottobre del 1917. Il gruppo bronzeo Soligo si incontra Barbisano, piccola di Giovanni Possamai I tre arditi all’assal- località legata fin dal medioevo alle to della piazza principale non ricorda vicende della famiglia Collalto. L’attuale questo triste periodo ma celebra lo slan- parrocchiale di Santa Caterina cio dei primi fanti che nell’ottobre del venne eretta a partire dal 1902 seguendo 1918 scesero dal Montello e, attraversato un consolidato modello neoclassico; il Piave, costrinsero gli austriaci a una durante la prima guerra mondiale essa veloce e definitiva ritirata. Poco lontano venne però spogliata e gravemente dan- è situata la parrocchiale di San Mar- neggiata tanto che solo nel 1929 si pro- tino, eretta, con il suo svettante campa- cedette alla sua solenne consacrazione. nile, tra il 1923 e il 1930 su progetto Nell’interno si conserva l’originaria

dell’architetto Domenico Rupolo vasca battesimale tardo-seicentesca, l’al- A

(Caneva 1861-1945). L’interno a tre tare maggiore opera di Paolo Possamai RTE navate ospita uno dei più importanti (Solighetto 1859-1938), una tela di interventi di Giuseppe Modolo, pittore Giovanni Zanzotto (Pieve di Soligo molto attivo all’epoca della ricostruzio- 1888-1960) dei Santi Antonio da Padova e ne postbellica nelle chiese del Quartier Antonio abate e un dipinto di Guido Pini del Piave e che qui dimostra di saper compositivamente organizzare gran parte della superficie muraria della chie- Pieve di Soligo, pala di Santa Maria sa. Le Stazioni della Via Crucis si svolgo- Assunta (1540) nell’omonima chiesa no come una serrata narrazione e coniugano l’iconografia tradizionale a immagini che rinviano ai moderni cal- vari della prima e seconda guerra mon- diale, dimostrando quindi non solo le qualità pittoriche ma anche le capacità interpretative dell’autore. Poco a sud del centro abitato sorge il borgo di Chiesuola raccolto intorno all’antico oratorio di Sant’Antonio abate; all’interno un dossale datato 1649 ospita un affresco staccato con la Madonna con Bambino in trono della seconda metà del Quattrocento e attri- buito alla bottega di Giovanni di Francia (Metz 1420-Conegliano 1490 ca.); nella parete destra si noti un altro vivace affresco devozionale dello stesso periodo con la Madonna con Bambino in trono tra i santi Rocco e Sebastiano, opera di un

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(S.Vendemiano 1891–Milano 1963) raf- posto nella “Pieve del Contà”. L’edificio figurante Santa Caterina d’Alessandria tra attuale sorge sul sito dell’originaria i santi Osvaldo e Rocco. pieve del XIV secolo; la nuova chiesa Superato Barbisanello, luogo pre- venne eretta a partire dal 1906 ma, scelto dal soprano Toti dal Monti per interrotta durante la prima guerra mon- erigervi la propria villa, si raggiunge diale, fu definitivamente completata solo Pieve di Soligo, vero capoluogo del nel 1937. Il progetto spetta all’architetto Quartier del Piave. Il territorio che Domenico Rupolo (Caneva 1861- costituisce l’attuale cittadina era un 1945), che si dimostra capace interprete tempo amministrativamente diviso in dello stile neogotico, qui impreziosito due porzioni segnate dal corso del dall’accurata decorazione pittorica di fiume Soligo; dall’inizio del Quattro- gusto rinascimentale. Nel battistero è cento esse vennero denominate “Pieve posta l’Assunzione di Maria di Francesco del Contà” la riva sinistra, in quanto da Milano (attivo in Veneto e Friuli tra

A soggetta ai conti Brandolini, “Pieve del il 1502 e il 1548) datata 1540 prove-

RTE Trevisan” la riva destra, perché aggregata niente dall’antica pieve. L’opera, che al comune di Treviso. Anche la comuni- appartiene alla maturità dell’artista, si tà cristiana fu profondamente coinvolta distingue per l’articolata composizione in tale partizione, ma considerò sempre in due distinti registri, per l’esplicita quale più importante edificio di culto ricerca di monumentalità nelle figure quello dedicato a santa Maria Assunta, assiepate e per i riferimenti alla maniera del Pordenone. In fondo alle navate laterali sono state adattate le complesse Pieve di Soligo, chiesa parrocchiale strutture di due altari seicenteschi anch’essi provenienti dalla precedente chiesa, quello a sinistra della Madonna del Rosario, quello di Sant’Antonio da Padova a destra è datato 1676 e opera di Borto- lo Bettamelli. Nel presbiterio spicca invece il moderno gruppo scultoreo della Crocifissione di Giovanni Possamai, interpretazione aggiornata rispetto ai modelli accademici ottocenteschi di un consueto soggetto sacro. Nella navata sinistra è posta la tomba del “Servo di Dio” Giuseppe Toniolo (Treviso 1845- Pisa 1918), uno dei maggiori sociologi cristiani del Novecento. Docente presso le Università di Padova, Modena e Pisa, fu ispiratore della moderna sociologia cristiana e dei principi della Rerum Novarum di Leone XIII. Nella “Pieve del Trevisan” sorge invece il seicentesco oratorio di Santa

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Pieve di Soligo, oratorio di San Martino

Maria Maddalena; nell’interno trova- della Via Crucis che si avviava dall’arci- no posto due altari lignei tardo seicen- pretale, realizzato alla fine del Seicento e teschi con le rispettive tele, due interes- recentemente distrutto dalla riorganiz- santi sagome lignee dipinte riferibili alla zazione viabilistica. All’interno del pic- pittura dei tenebrosi attivi tra la fine del colo edificio quandrangolare spicca il Seicento e l’inizio del Settecento, avvi- bel Crocifisso e la decorazione a stucco cinabili in particolare alla personalità di della parete di fondo datata 1694 realiz- Antonio Lazzarini (Belluno 1672-1632) zata per ospitare cinque tele con episodi e il dipinto della Trinità e i santi Maria della Passione di Cristo ora rimosse per Maddalena, Giovanni Battista e Ambrogio il loro precario stato di conservazione. assegnato ai modi del Pozzoserrato Solighetto fu sede fin dal XIII (Anversa 1550-Treviso 1604 ca.) e risa- secolo un castello feudale e poi centro lente alla edificazione di primo Seicento di un’ampia gastaldia; nel XIV secolo il della chiesa. territorio passò sotto il dominio della Nei pressi del cimitero a fianco Repubblica di Venezia per essere poi all’oratorio di San Martino, sito di assegnato ai conti Brandolini. Il centro antica fondazione ma riedificato in cittadino si articola intorno alla piazza forme classiche nel 1842, sorge la cap- dove si trovano una bella fontana pella del Calvario. Si tratta dell’edico- monolitica, il possente campanile e la la terminale della “Cal Santa”, percorso mole della ottocentesca parrocchiale

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Soligo, chiesa dei Santi Pietro e Paolo

dell’Immacolata Concezione di tema sacro raffigurando con grande Maria Santissima eretta nel 1855 in solennità La proclamazione del dogma del- stile neoclassico per volontà del conte l’Immacolata Concezione. Nella prima Gerolamo Brandolini II. Nel soffitto cappella a destra si noti un elegante bas- dell’unica ampia navata spicca il grande sorilievo in marmo bianco di produzio- affresco di Giovanni De Min (Belluno ne toscana raffigurante la morte di 1786- Tarzo 1859), una delle ultime Gerolamo Francesco Brandolini Rota opere del pittore bellunese che, sapien- circondato dai figli. Ma è l’insieme degli temente, coniuga pittura di storia e arredi della chiesa che merita attenzione in quanto esempio di una coerenza ese- cutiva insolita nelle chiese di questo ter- Soligo, oratorio di Santa Maria Nova ritorio e che testimonia come alla metà dell’Ottocento si fosse formato un gusto di convivenza e commistione tra stili diversi, dal neoclassico allo stile Impero, dal gusto neorinascimentale al classici- smo. La storia medievale di Soligo è legata alle vicende del suo castello che, posto alla sommità del colle, fungeva da preferenziale punto di veglia verso la valle del Soligo; passato dai Collalto ai

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Soligo, affreschi nell’oratorio di Santa Maria Nova (XIV secolo)

Caminesi e poi alla città di Treviso, esso 1537: la volumetria e la scelta cromatica venne raso al suolo nel 1378 dai vene- nelle figure conferma certo il debito ziani. La tradizione vuole che, tra le dell’artista nei confronti del Pordenone, rovine del castello, un certo frate Egidio, ma quest’opera si distingue per l’insisti- proveniente dalla Lombardia, fondasse ta resa calligrafica riservata ai numerosi nel 1430 un piccolo oratorio dove si particolari che riempiono e movimen- ritirò in eremitaggio, importando dalla tano l’intera composizione. Nel transet- Svizzera il culto di san Gallo, benedetti- to destro, oltre alla raffaellesca tela di no irlandese cui è tuttora dedicato l’ora- Alessandro Revera ( torio alla sommità del colle. 1820–Venezia 1895) della Consegna Architettonicamente rilevante è la delle chiavi, vi è la pala assegnata a Luca chiesa parrocchiale degli apostoli Giordano (Napoli 1634-1705) raffigu- Pietro e Paolo posta a dominare il rante la Madonna col Bambino tra i santi borgo abitato; venne eretta nel 1925 su Giuseppe e Antonio da Padova, probabile progetto di Giovanni Possamai con replica autografa dell’artista napoletano. forme che richiamano un tempio clas- Nel transetto sinistro tre distinti dipinti, sico, pur avendo conservando la navata diversamente databili tra Seicento e della precedente chiesa settecentesca. Settecento, sono composti a formare Nell’altare maggiore è posta la tavola di una sorta di unico telero e riferiscono Francesco da Milano La Madonna col dell’influsso avuto in quest’area perife- Bambino in trono tra i santi Pietro, Paolo, rica da pittori come il Pozzoserrato Floriano e Gallo, realizzata prima del (Anversa 1550-Treviso 1604 ca.) per i

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male con il dipinto del Battesimo di Cri- sto di un capace pittore seicentesco non lontano dalle produzioni di Antonio Bellucci. Racchiuso nel borgo troviamo inve- ce l’oratorio di Santa Maria Nova, cappella gentilizia eretta nel 1350 da Rizzardo da Soligo, figlio naturale del “buon Gherardo”. L’interno si presenta quasi totalmente affrescato ed è un teso- ro d’arte e una testimonianza davvero preziosa della pittura trecentesca e di primo Quattrocento nell’alto trevigiano. Recenti studi di G. Fossaluzza (1994) a

A cui si rimanda per una visita approfon-

RTE dita, hanno qui individuato il susseguirsi e sovrapporsi degli interventi lungo un arco di circa 150 anni. Questi si avviano dai riquadri del presbiterio attribuiti a un frescante di estrazione locale definito “Maestro di Soligo”, segue poi l’inter- vento del 1362 lungo la parete nord; nella controfaccita è invece documenta- Farra di Soligo, ta la fase più tarda assegnabile al cenede- parrocchiale di Santo Stefano se Giovanni Antonio da Meschio (docu- mentato intorno al 1450) e a Giovanni di Francia (Metz 1420-Conegliano Santi Rocco e Sebastiano, Antonio 1490 circa). Gabrieli (Belluno 1694-1789) per La L’uscita da Soligo è segnalata dal consegna delle Chiavi, mentre al settecen- tempietto in stile neogotico di Santa tesco Antonio Tacco di Colmaggiore di Maria delle Grazie che racchiude un Tarzo è assegnabile la tela dei Santi Flo- interessante affresco dell’ultimo Cinque- riano e Gallo. Lungo la navata si noti la cento e riferibile ai modi del Pozzoser- cappella battesi- rato. Il toponimo Farra è attestazione della colonizzazione longobarda, le fare erano infatti i gruppi familiari discen- denti da un comune capostipite o

Col San Martino, oratorio San Vigilio CHIESE DEL QUARTIER DEL PIAVE A RTE

Col San Martino, oratorio di San Martino e, sullo sfondo, la chiesa arcipretale comunque saldamente aggregati, che nostro secolo. La parrocchiale di costituivano veri e propri organismi Santo Stefano, realizzata nel 1912 dal- periferici della capillare organizzazione l’architetto Domenico Rupolo si pre- giuridica e militare longobarda e il senta con la facciata neogotica in lateri- nome di fara indicò in seguito anche il zio ed un interno spoglio, ma elegante territorio occupato da uno di questi nelle forme. gruppi familiari. Farra di Soligo deve La vasca battesimale che reca il cin- il suo aspetto attuale alla presenza vene- quecentesco stemma dei della Torre e il ziana, testimoniata dalle numerose ville coprifonte dipinto all’interno, la pala padronali che i patrizi veneti qui si eres- della Lapidazione di Santo Stefano di sero: villa Caragiani-Ricci che propone Francesco Frigimelica (Camposanpiero una semplificata interpretazione del lin- 1570-Belluno 1649) e il bel ciborio guaggio palladiano, la più antica villa marmoreo posti nel presbiterio rialzato, Savoini, eretta nel XIV secolo, ma rifatta sono sopravvivenze dalla precedente nel primo Cinquecento com’è testimo- chiesa che si può tuttora vedere dietro niato dalle decorazioni a fresco della l’imponente parrocchiale. facciata, la centrale villa Vedovato ele- Superata Farra di Soligo e dato uno gante complesso dei primi decenni del sguardo alle torri caminesi di Cre-

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dazzo, la cui antica origine è già testi- moderno tempietto di San Martino, moniata dalla loro posizione strategica a costruzione ottagonale in laterizio di dominare non solo tutta la pianura del gusto neogotico eretta nel 1927, ma Quartier del Piave, ma anche i naturali segno dell’antichissima devozione per il ingressi da nord, si raggiunge Col San santo vescovo di Tours che si è mante- Martino, risultato dell’aggregazione nuta nel toponimo. avvenuta in tempi recenti di cinque Questo itinerario tra le ricchezze diverse frazioni: Fontana, Canal, Rovere, d’arte antica e moderna del Quartier Giussin e Posmon. Si scorge per primo del Piave si conclude a Colbertaldo l’oratorio di San Vigilio, i cui tratti dalla cui parrocchiale di Sant’An- architettonici consentono di collocarlo drea, posta in posizione panoramica, tra il XI e il XII secolo; si osservino la possiamo nuovamente distinguere il liscia facciata a capanna e la massiccia sinuoso svolgersi del Piave verso la pia- mole del campanile. L’interno presenta nura trevigiana. Alla chiesa, di impianto

A interessanti riquadri ad affresco datati settecentesco, ma rimaneggiata alla metà

RTE alla fine del XV secolo e assegnati alla dell’Ottocento e negli anni Venti, si elegante maniera di Giovanni di Fran- accede attraverso un’elegante gradinata. cia. Nel presbiterio si noti la pala del Marti- Domina la cittadina l’arcipretale rio di sant’Andrea di V.Canever del 1926 dell’Annunciazione del Signore, posta entro una cornice tardo-ottocen- un’imponente costruzione di gusto tesca, mentre gli altari sono interessanti lombardesco edificata dal 1898, ma più manufatti in pietra della fine del Sette- volte restaurata, non solo a seguito dei cento. Radici più profonde con la storia danni causati dall’occupazione austriaca e la devozione locale, ha mantenuto il che l’aveva adibita a polveriera, ma Santuario della Madonna delle anche da quelli provocati da un disastro- Grazie posto sulla collina a nord dell’a- so incendio sviluppatosi nel 1971. Il bitato. La sua origine risale al XIV-XV vasto interno ha la volta decorata con secolo, quando il Santuario apparteneva San Martino divide il mantello con il povero, ai frati Serviti di Santa Caterina di Tre- La Crocifissione e Martirio di san Vigilio, viso. Alla fine del Quattrocento è riferi- opere di Guido Cadorin del 1921 men- bile la lunetta affrescata nella parete di tre i dossali degli altari sono opera di fondo del presbiterio che raffigura insie- valenti artigiani del legno della Val Gar- me la Madonna col Bambino e L’Annun- dena. L’uscita dal paese è indicata dal ciazione.

84 ARTE ARZO T Ecco allora spiegato perché, se una come l’ordinarsi ci appare Il Feletto Ceneda che direttamente esercitava il esercitava Ceneda che direttamente Tarzo, la temporale nella contea di potere cenedesi, delle pievi suddivisione i feudi fino alla caduta della dei Collalto presenti Serenissima, e con- di ordini la presenza vita a gregazioni monastiche che diedero e conventi,eremi l’insediarsi del patrizia- nella terraferma,to veneto il passaggio di Napoleone, portata dalla la devastazione Grande Guerra necessità fino all’attuale un museo, presso le opere di ricoverare unica soluzione possibile per consentire di e segno evidente conservazione la loro un’inesorabile trasformazione culturale, ulteriore passaggio della storia di questo territorio effetti che si spera possa avere solo temporanei. visita turistica e di alle chiese del Feletto risolversi in può obbiettivamente Tarzo una giornata, rapido può non altrettanto il percorso per ricostruireessere e dis- porre i fili delle vicen- cronologicamente de storiche e artistiche che vi sono lega- te. Ma proprio questo è l’aspetto fonda- mentale che ci consente di comprendere isolamento che oggi caratte- l’apparente rizza quest’area, sorta una auto- di fiera non è se non l’orgoglio- nomia che altro di una propria storiasa consapevolezza millenaria. dei rilievi che, partendo dal fianco meri- glaciale che dionale dell’ampia morena Vallata, digradano dolce- ha modellato la 85 ELETTO E LA CONTEA DI F 3

Tanta ricchezza d’arte,Tanta e nello specifi- Le colline su cui si distendono sia il Le colline su cui si distendono

RA LA PIEVE DI

TINERARIO T

Silvia Bevilacqua I un’unica unità territoriale, di il vescovo quale Ceneda e il Cadore costituivano quale Ceneda e il Cadore controllo di un feudo vastissimo nel di un feudo vastissimo controllo corso dei secoli: il i Caminesi che ebbero si susseguirono in questo territoriosi susseguirono nel monianza delle presenze significative che significative monianza delle presenze estetico o di antichità, sono anche testi- miamo ad apprezzare per il loro valore per il loro miamo ad apprezzare degli oggetti che istintivamente ci soffer- che istintivamente degli oggetti festarsi della storia di un territorio. Molti casualità, ma è piuttosto frutto del mani- è ovviamente frutto solo di fortunateè ovviamente co quella prodotta per i luoghi sacri, per i luoghi co quella prodotta non buone”. te per il suo rinomato vino e le “arie te per il suo rinomato vino e le data, giustamente, peraltro principalmen- quest’area che troppo spesso viene ricor- che troppo quest’area sia il patrimonio storico e artistico di quanto vasto e qualitativamente rilevante e qualitativamente quanto vasto Mera a Refrontolo; possiamo intravedere Cesare Vecellio a Tarzo o quella di Pietro Tarzo a Vecellio Cesare re ligneo a Rua di Feletto,re la pala di tela di Egidio Dall’Oglio a Rolle o l’alta- la di Francesco da Milano ad Arfanta,la di Francesco da Milano ad la pieve di San Pietro di Feletto o alla tavo- di Feletto di San Pietro pieve si incontrano, nella affreschi si pensi agli vemente le testimonianze d’arte le testimonianze che qui vemente pubblicizzati colli asolani.pubblicizzati Scorrendo bre- invidiare, ad esempio, ai più rinomati e montana trevigiana e nulla hanno da e nulla montana trevigiana delle più affascinanti della pede- aree to a Tarzo sono indubitabilmente una sono indubitabilmente Tarzo to a Feletto sia i borghi che fannoFeletto riferimen- QUARTIER DEL PIAVE

La storia del Feletto trova le sue documentate radici nelle vicende del ducato longobardo, nel X secolo divenne poi parte del feudo del vescovo di Bellu- no Giovanni II, finché nel XII secolo passò sotto il più diretto controllo di Conegliano e conseguentemente venne sottoposto alla giurisdizione della Repubblica di Venezia quando questa iniziò a consolidare la sua presenza nel territorio cenedese. Dal punto di vista della storia religio- sa, le colline del Feletto sembrano fatte apposta per accogliere sui loro culmini

A allargati le chiese e i campanili, le cui

RTE San Pietro di Feletto, la Pieve presenze sono elementi imprescindibili della veduta d’insieme dell’area che ancor oggi si riconosce nella sua antica mente per arrestarsi nell’incontro con pieve di San Pietro. Conegliano. E il legame tra la cittadina Questa è documentata al 1124, ma veneta e questo suo retroterra non è esisteva già nell’VIII secolo e con buona attestato solo dalle vicende storiche che probabilità sorse addirittura sul luogo di li accomunano, ma si è precisato con evi- un sito pagano di epoca imperiale roma- denza anche in quella che è l’iconografia na, come attesterebbero i resti fittili e del territorio più gradita ai suoi abitanti: lapidei dell’epoca di Caracalla qui rinve- sono felettani infatti i minuti paesaggi nuti. La visione dell’interno dell’attuale che animano gli sfondi delle pale di chiesa rivela con evidenza il sovrapporsi Cima da Conegliano dove, tra fantasia e di numerose stratificazioni costruttive e fedeltà descrittiva, viene sancita l’unione decorative: i grossi pilastri e le strette tra la turrita Conegliano del XIV secolo monofore sono ricordo di un medioevo e le boschive colline che la arginano ancora oscuro, mentre i diversi cicli ad verso nord. affresco mostrano le tappe di un linguag- Il passare dei secoli e il mutare delle gio che dalla tradizione ancora bizantina vicende economiche, hanno poi provo- porta alle rinnovate e più narrative figu- cato il distanziarsi del Feletto da quell’o- razioni che già ci parlano del mondo riginario aspetto boschivo (motivo del gotico cortese. toponimo filix-icis, “luogo dove crescono Alla chiesa si accede attraverso una le felci”), per addomesticarsi nell’ordina- ripida scalinata che accentua l’effetto to disporsi dei filari di viti: mutamento prospettico dell’arioso portico dov’è gra- dell’ambiente e conseguente trasforma- devole sostare per respirare la storia e la zione dell’attività economica dei suoi devozione che pervadono questo luogo abitanti in questa che dall’Ottocento o quantomeno per ammirare da qui lo diventerà una sorta di “monocoltura” del splendido panorama circostante. Sulla prosecco. parete di fondo vi sono alcuni interessan-

86 TRALAPIEVEDIFELETTO E LA CONTEA DI TARZO ti riquadri ad affresco. Se deboli sono le rivela, il dipinto resta una testimonianza tracce del Sacrificio di Isacco (?), in cui è diretta e preziosa della vita quotidiana e comunque sopravvissuto l’intento narra- dei suoi strumenti alla seconda metà del tivo della scena, si osservi invece a sinistra Trecento, momento in cui è attivo que- La Madonna col Bambino in trono e san- sto anonimo frescante locale che ha in t’Antonio abate che, seppur lacunoso, Tommaso da Modena il suo riferimento dimostra la volontà di questo anonimo più moderno. pittore di realizzare delle volumetrie ben L’interno della pieve, pur tra vari definite, precisate con tratto sicuro. La rimaneggiamenti e a seguito delle ripara- figura del santo è direttamente confron- zioni seguite al terremoto del 1873, con- tabile con un dipinto dal medesimo sog- serva ampie porzioni pittoriche che testi- getto nella chiesa frazionale di Bardies, in moniano il susseguirsi degli interventi comune di Mel, e assegnato a un pittore dall’inizio del Duecento fino alla metà attivo tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento. Le figure più antiche

del Quattrocento che fu presente anche sono quelle sull’arcone absidale che si A

nella chiesa caminese di Santa Maria distinguono per il pesante delineo bruno RTE Nova di Soligo. Sopra il raffinato portale delle vivaci campiture e per la scarsa in pietra un’altra immagine de La gestualità dei personaggi, mentre il suc- Madonna col Bambino tra santi: vi ricono- cessivo apporto, collocabile entro il sciamo sant’Antonio abate, invocato per primo quarto del Duecento, è dato dal la protezione sul bestiame e perciò figura ricorrente in quest’area prettamente agricola, san Giacomo maggiore e un San Pietro di Feletto, santo vescovo che, pur in mancanza di il “Cristo della domenica” specifici attributi, identifichiamo con san Tiziano, patrono della diocesi. Dal punto di vista stilistico il dipinto suggerisce una datazione al pieno Trecento, quando ormai gli accenni naturalistici, la ricerca di linee più aggraziate e di forme mag- giormente autonome, contraddistinguo- no anche le opere proprie della devozio- ne popolare. Più noto e certo motivo sufficientemente valido per una visita alla pieve di San Pietro è il Cristo della Dome- nica. Un monumentale Cristo a figura intera è circondato dagli strumenti del lavoro quotidiano e la figurazione è un monito a non svolgere alcun tipo di atti- vità pratica nel giorno domenicale per- ché ciò ferisce il Signore. Si tratta di un’immagine poco consueta nell’arte cristiana, ma al di là dei risvolti dottrinali e dell’immediatezza che la figurazione

87 QUARTIER DEL PIAVE

San Cristoforo incorniciato da quattro santi in Galletti”, denominazione che gli deriva cui le figure risultano animate da una dal ciclo realizzato nella chiesa di San maggiore attenzione ai particolari pre- Giovanni Battista a Serravalle, ma che ziosi delle vesti e dall’arrossarsi delle troviamo attivo anche in Santa Maria gote. All’inizio del Trecento venne deco- Nova di Soligo. Evidente è il riferimento rata la parete sinistra della navata con le alla pittura aggiornata di Antonio Vivari- figurazioni di Sant’Elena, della Crocifissio- ni, ma in esso convivono espressioni ne, di San Pietro, dell’Annunciazione e ancora tardo-gotiche, un linguaggio che della Natività; poco dopo sarà affrescata la ancora alla fine del Quattrocento era calotta dell’abside dove si possono trovare apprezzato in un’area periferica come le tracce di un linguaggio rinnovato agli questa. insegnamenti lasciati da Giotto a Padova Nel 1758 fu invece eretto il pregevole e già sperimentati nel territorio feltrino. altare maggiore con ciborio architettoni- Un’attenta osservazione della calotta co, opera dell’altarista Domenico Ber-

A rivela anche che il sovrapporsi degli nardinelli con interventi scultorei di

RTE interventi pittorici viene realizzato nel Giovanni Marchiori (Caviola di Falcade senso di una rigida conservazione icono- 1696-Treviso 1778); viene spesso consi- grafica: ai lati della Madonna e di San Pie- derato un elemento di disturbo entro tro che qui si riconoscono, emergono questo ambiente prettamente medievale, due frammentarie immagini delle stesse ma esso è certo testimonianza dell’inin- figure ed è logico supporre che anche il terrotta volontà di arricchire la pieve con Cristo benedicente sia sovrapposto a una arredi di elevata qualità. sua stessa immagine. I tesori d’arte del Feletto non si esau- Verso il 1446 è invece da assegnare il riscono certo con la visita alla Pieve di Ciclo del Credo della parete destra della San Pietro, anche le località di Rua e di navata: è una vera Biblia pauperum che Santa Maria, i cui campanili si notano con didascalici episodi esemplifica i guardando verso sud, nascondono gradite dodici articoli della professione di fede sorprese. cristiana. Il ciclo fu realizzato sulla parete Nel 1665 il patrizio veneto Alvise di fronte, ma staccato e qui ricollocato Canal donò agli eremiti camaldolesi il nel 1954 per consentire la visione del colle Capriolo con il cinquecentesco sottostante intervento. Vero gioiello e palazzo, già della famiglia Del Giudice, e prezioso documento di una capacità tec- la piccola chiesa annessa. Cinque anni nica ed espressiva che si piega agli intenti dopo i monaci iniziarono l’erezione di narrativi è la decorazione della cappella una nuova chiesa dedicata a Santa del battistero. Un documento del 1471 Maria Assunta e a San Romualdo e attesta che questa venne affrescata a contemporaneamente furono edificate le seguito del lascito testamentario del pie- celle per i monaci che ancora si vedono vano Giacomo Graziani da Collalbrigo e sul lato orientale del complesso: è la vi sono raffigurate, con naturalistica nascita dell’eremo che verrà chiamato di attenzione per i dettagli e accurate Rua perché esso inizialmente accoglieva impostazioni scenografiche, alcune Scene la villeggiatura dei monaci provenienti della vita di san Sebastiano. Autore di que- dall’omonima località presso Padova. sto ciclo è il “Maestro della Cappella La chiesa del convento venne consa-

88 TRALAPIEVEDIFELETTO E LA CONTEA DI TARZO crata nel 1718, ma nel 1806, quando le to del 1711 assegna la mensa dell’altare leggi napoleoniche imposero la soppres- maggiore a Mastro Domenico France- sione dell’eremo, essa rimase quale cen- schini da Vena, mentre il tabernacolo è tro per la comunità del territorio, tanto opera di Giovanni Possamai (Solighetto che nel 1830 si decretò che questa, e non 1890-Monselice 1964). Nella navata più San Pietro, divenisse il fulcro religio- destra è stato ricollocato il marmoreo so del Feletto. Nel 1854 si provvide a un altare del Rosario eretto nel 1682 dal ampliamento dell’edificio che nel 1873 tagliapietra Antonio Moreschi, su com- venne fortemente danneggiato da un mittenza di Gregorio Querini Stampalia. terremoto; il massiccio campanile a torre Le pareti della chiesa hanno poi accolto è del 1886, mentre nel 1888 venne alcune opere provenienti dall’eremo, tra costruito il presbiterio e ampliata la cui si noti il gruppo di dipinti settecen- navata. Nel 1936 un altro sisma danneg- teschi che raffigurano i maggiori eremi giò la chiesa e nel 1942 si costruì l’attua- calmaldolesi presenti in Italia. le facciata sul cui timpano vennero poste Procedendo verso Conegliano incon- statue provenienti dagli altari settecente- triamo la chiesa di Santa Maria di schi. Feletto dedicata alla Presentazione del L’interno reca le tracce di questi e dei Signore. La prima attestazione della successivi interventi ma resta dominato chiesa risale al 1233, ma l’impianto dall’imponente dossale ligneo, opera dei architettonico rivela la datazione sette- cenedesi Giambattista e Andrea Ghirlan- centesca dell’attuale edificio, che propo- duzzi, qui collocato nel 1681, testimo- ne una semplificata interpretazione del nianza dell’elevato livello tecnico rag- rigore Neoclassico. L’esterno si presenta giunto dall’altaristica lignea in questo con una semplice facciata timpanata, territorio. Il dossale ospita un dipinto di mentre l’interno, ad aula unica con pro- Silvio Sanfiori (Vittorio Veneto 1870- fondo presbiterio rialzato, è impreziosito Conegliano post 1926) che raffigura l’In- da una diffusa decorazione a stucco rife- coronazione della Vergine, san Benedetto e san ribile al Romualdo in cui si scorge anche una raf- XVIII secolo figurazione della chiesa. Un documen- che sottoli- nea gli ele- menti Rua di Feletto, chiesa di architetto- Santa Maria Assunta e nici, indivi- San Romualdo dua gli QUARTIER DEL PIAVE A RTE

Santa Maria di Feletto, chiesa della Presentazione del Signore

spazi per gli arredi e per i dipinti sette- t’Agostino e San Tommaso d’Aquino nella centeschi, elemento importante nella navata. Veri gioielli sono gli altari lignei definizione coerente ed elegante di que- di San Girolamo e della Madonna del sto volume. Il soffitto dell’aula è domi- Carmine, rispettivamente datati al 1728 e nato dalla Presentazione di Gesù al Tempio al 1717, i cui elementi architettonici e accompagnata dai raffinati monocromi decorativi sono una ripresa diretta dal della Visitazione e della Fuga in Egitto, raffinato linguaggio di Andrea Brustolon. penultime opere di Giovanni De Min Pure pregevoli sono le pale che essi rac- (Belluno 1786-Tarzo 1859), caratterizza- chiudono, San Girolamo penitente, opera te, al pari dell’intervento effettuato dallo tardo-cinquecentesca assegnata al Pozzo- stesso pittore neoclassico nella chiesa di serrato (Lodewijk Toeput,Anversa ? 1550 Solighetto, da una solida ambientazione circa - Treviso 1604/5), e la seicentesca architettonica in cui si collocano sia i Madonna del Carmine e santi. personaggi reali del registro inferiore sia Per concludere questa breve visita si le ariose figure che dall’alto accompa- noti anche l’ottocentesco altare della gnano l’apparizione dello Spirito Santo. Madonna del Rosario che conserva Lo stesso soggetto della Presentazione è un’interessante pala datata 1665; in essa presente anche nella pala dell’abside sono unite la figura della Vergine, i quin- opera di Erasmo Bongardo, pittore nato a dici Misteri del Rosario e i santi Dome- e attivo dalla seconda metà del nico e Caterina da Siena Settecento, cui spettano anche altre Alla pieve di San Pietro di Feletto opere in questa chiesa: l’Assunzione della appartenne anche la chiesa di Santa Vergine nel soffitto del presbiterio e San- Margherita di Refrontolo, località che

90 TRALAPIEVEDIFELETTO E LA CONTEA DI TARZO sorge a ovest della pieve stessa. L’esistenza iconograficamente si rifà all’opera di di una chiesa in questo luogo risale Palma il Giovane già in questa chiesa, ma almeno al 1075 e numerosissime sono le ora conservata presso il Museo diocesano testimonianze di interventi operati sulla d’Arte Sacra “A. Luciani” di Vittorio sua struttura architettonica, finché tra il Veneto. L’altare di Sant’Antonio da 1928 ed il 1933, quale conseguenza dei Padova ospita invece una pregevole tela gravi danni avuti con la prima guerra che raffigura Sant’Antonio da Padova con il mondiale, venne realizzata una più radi- Bambino, sant’Osvaldo e san Floriano;in cale risistemazione. L’importante proget- essa è evidente il riferimento al linguag- to fu affidato allo scultore e architetto gio tardo-manierista che derivò dalla pit- Giovanni Possamai e a questo intervento tura veneta del Cinquecento, in partico- sono da assegnare, oltre alla sistemazione lare all’elaborazione fattane da Filippo degli arredi, le decorazioni interne di Zaniberti (Brescia 1585-Venezia 1636) gusto neogotico, la realizzazione del pre- di cui sono certo gli impasti cromatici

sbiterio e del soffitto a cassettoni. morbidi ed i richiami all’antico. A

L’altare maggiore fu eseguito negli Se da Refrontolo risaliamo la valle RTE anni trenta da Paolo Possamai (Solighetto scavata dal torrente Lierza, raggiungiamo 1859-1938), ma in esso vennero collocati la località Rolle dove dalla seconda metà il monumentale ciborio, opera del 1750 del Duecento sorgeva un monastero dei di Giovanni Pigatti, e i due angeli datati benedettini di Nonantola. Oggi vi si 1729 dello scultore trevigiano Vittore trova la chiesa di San Giacomo di Pessetto. La grande pala della Madonna col impianto settecentesco, ma rimaneggiata Bambino in gloria e i santi Margherita d’An- nell’Ottocento. L’altare maggiore è una tiochia, Sebastiano e Rocco rivela un’alta pregevole realizzazione lignea del Sei- qualità pittorica e una particolare atten- cento ed ospita una tela della Madonna col zione al dettaglio che hanno recente- Bambino in gloria tra i santi Sebastiano, Gia- mente suggerito l’attribuzione al pittore como,Antonio abate ed Osvaldo avvicinabile olandese Pietro Mera (1574 ca.-1644), ai modi di Francesco Frigimelica (Cam- documentato a Venezia dalla fine del posampiero 1570 circa -Belluno post Cinquecento fino al 1639. 1649); nella cappella a sinistra la Madonna Al 1613 risalgono i due dossali lignei col Bambino in gloria e i santi Antonio da visibili nelle nicchie della navata che Padova e Rocco è stata invece recentemen- compongono l’altare del Rosario e quel- te assegnata al pittore di origine austriaca lo di Sant’Antonio da Padova. Il primo Matteo Grempsel (Graz 1648-Cison di reca lo stemma del vescovo di Ceneda Valmarino 1708) che fu pittore a servizio Leonardo Mocenigo (1599-1623) unita- presso i Brandolini di Cison.Vero tesoro mente a quello della famiglia Collalto, la di questa chiesa è comunque la Madonna cui contea fin dal 1312 comprese anche del Rosario con san Domenico e san Giorgio, Refrontolo, che a lungo esercitarono il una delle migliori opere di Egidio Dal- diritto di jus patronatus su questa chiesa; l’Oglio (Cison di Valmarino 1705-1784), datato 1933 è invece il dipinto del pitto- pittore locale che seppe introdurre nella re locale Piero Dalle Ceste (Refrontolo pittura ancora tenebrosa del tardo Sei- 1912-Torino 1974) che presentando il cento l’insegnamento degli artisti vene- tema dell’Istituzione della festa del Rosario, ziani del momento, quali Piazzetta e

91 QUARTIER DEL PIAVE A RTE

Refrontolo, chiesa di Santa Margherita

Sebastiano Ricci, di cui sono qui facil- sinistra San Bovo (?), San Rocco e la mente individuabili i riferimenti. Madonna col Bambino. Sulla parete di Risalendo brevemente la costa colli- fondo un secentesco dossale ligneo rac- nare verso nord, in direzione di Resera, si chiude dipinti di Matteo Grempsel: al giunge a Zuel di Qua dove, racchiusa centro la Vergine incoronata tra sant’Andrea tra i filari, si incontra la chiesa di Santa e sant’Antonio abate, ai lati Sant’Osvaldo e Lucia. Si tratta di una costruzione sette- San Paolo. centesca che, esempio ormai raro, ha for- Pittoresca e quasi stretta tra le colline tunatamente mantenuto intatto l’origi- del Mondragon è Arfanta che dal nario sapore campestre. La chiesa è spes- Quattrocento fu sede parrocchiale. Lo so chiusa, ma al suo interno si trova la squadrato campanile del 1722 affianca la seicentesca pala di Santa Lucia e sant’Aga- chiesa di San Bartolomeo di impian- ta assegnata al Grempsel. to quattrocentesco nel cui interno si Proseguendo verso oriente, oltrepassa- conserva una delle più pregevoli opere di to Zuel di Là, si giunge a Resera,un Francesco da Milano (Francesco da Figi- piccolo borgo che racchiude la chiesa no, documentato 1502-1548): la Madon- di Sant’Andrea. Sul muro esterno si na col Bambino tra i santi Bartolomeo, trova una moderna raffigurazione di San Michele, Sebastiano, Antonio abate ed un Giacomo in piastrelle ceramiche dipinte; committente firmata e datata al 1522; in nell’interno si sono conservati cinque essa sapientemente convivono quella riquadri ad affresco di diverse epoche: a particolare attenzione per il delicato destra Santa Margherita e Sant’Agostino,a sfondo paesaggistico e la nota capacità di

92 TRALAPIEVEDIFELETTO E LA CONTEA DI TARZO accendere di compatti colori le monu- tatti che quest’area trevigiana ebbe con il mentali figure, esempio del coniugarsi in vicino territorio bellunese. questo artista dell’originaria formazione Da Arfanta la strada scende ripida lombarda con le novità della pittura attraverso Prapian fino a Corbanese, fra- veneta del Cinquecento. La tavola è zione di Tarzo. L’interno della chiesa posta entro un altare marmoreo opera di parrocchiale dei Santi Gervasio e primo Settecento di Marco Toresini. Protasio è a unico vano, secondo quella Interessanti sono pure gli altari laterali di tipologia che accomuna le edificazioni questa chiesa: a sinistra un notevole settecentesche di questo territorio, e manufatto ligneo del primo Seicento conserva numerose opere di pregio data- racchiude una pala coeva della Madonna bili tra Seicento e Settecento e ciò deter- col Bambino in trono e i santi Antonio da mina l’indubbia armonia stilistica di que- Padova, Giuseppe, Apollonia e Liberale asse- sto interno. Esempi dell’elevata qualità gnata al pittore bellunese Antonio Lazza- raggiunta dalle botteghe settecentesche

rini (Belluno 1672-1732); a destra in un sono i quattro altari laterali in pietra con A

settecentesco altare in pietra è posta la le aggraziate mense a sarcofago centrate RTE Madonna del Rosario tra i santi Caterina da minuti bassorilievi. Nel primo a sini- d’Alessandria, Domenico e Rosa da Lima, stra è posta una tela di Egidio Dall’Oglio opera vicina ai modi del bellunese Anto- o del figlio Bartolomeo La Sacra Famiglia nio Gabrieli (Belluno 1694-1789), inte- e San Giovannino; nel secondo altare della ressante testimonianza dei ripetuti con- stessa parete, dedicato alla Madonna del Rosario, si notino le raffigurazioni pitto- riche dei Misteri allineate sulle paraste Rolle, chiesa di San Giacomo della cornice centrale e portate dagli angioletti della cimasa. Pure al XVIII secolo sono da assegnare i due teleri ret- tangolari con le monumentali immagini di Sant’Antonio abate e di Sant’Agostino che dominano la navata. Nell’abside vi è una pala datata 1614 raffigurante la Madonna col Bambino in gloria tra i santi Gervasio e Protasio, Silvestro e altro santo opera del cenedese Silvestro Arnosti, mentre l’altare maggiore datato 1747 è ornato da due pregevoli statue dei santi titolari, opere di Giovanni Marchiori (Caviola di Falcade 1696-Treviso 1778). L’inventario delle opere settecentesche di questa chiesa si può concludere con uno sguardo all’affresco del soffitto, opera di un poco noto pittore cadorino, Giovanni Battista Dal Colle, eseguita nel 1775. Il nostro percorso iniziato dalla pieve di San Pietro di Feletto si conclude con

93 QUARTIER DEL PIAVE

L’interno a unico vano molto lumi- noso è dominato dalla mole del sette- centesco altare maggiore del Formenti che ospita la pala della Presentazione di Gesù al Tempio, capolavoro di Cesare Vecellio (Pieve di Cadore 1521-Venezia 1601) databile tra il 1575 ed il 1601, pertinente quindi alla struttura cinque- centesca della chiesa. Un attimo di sosta davanti a questa che è certo una tra le maggiori opere del territorio consente di cogliere le particolarità cromatiche, i rapidi passaggi tra i vivaci colori e la cura posta nella definizione dei più

A minuti elementi descrittivi, cifre stilisti-

RTE che inequivocabili della pittura di Cesa- re Vecellio che nella diocesi cenedese ha lasciato il monumentale ciclo nell’arci- pretale di Lentiai. Di notevole pregio sono pure i quat- tro altari in pietra della navata, acquistati Tarzo, chiesa della Purificazione all’inizio dell’Ottocento dal soppresso della Beata Vergine convento di San Francesco di Coneglia- no, e le due tele San Francesco d’Assisi, san Carlo, sant’Antonio abate e la Madonna col la visita alla chiesa matrice dell’antica Bambino in gloria tra i santi Benedetto, Gio- pieve di Tarzo. La località deriva forse il vanni Battista, Rocco e Apollonia, opere nome da un andronimo romano o dalla riferibili all’ambito del bellunese Frigi- sua posizione (al tertio miliarum, rispetto al melica, probabilmente assegnabili al figlio castrum di Serravalle) ed esisteva certa- Pompeo (Belluno 1601-1669). Il nostro mente in epoca imperiale. Dall’inizio del itinerario attraverso l’arte e la storia di Duecento è documentata la pieve dedi- questo composito territorio può coeren- cata a Santa Maria, ma l’attuale chiesa temente concludersi con gli affreschi parrocchiale della Purificazione ottocenteschi delle pareti del presbiterio della Beata Vergine venne edificata a Gesù tra i Dottori e il Battesimo di Cristo, partire dal 1742 e in quest’occasione si ultime opere di Giovanni De Min (Bel- volle costituire un nuovo volume che luno 1786-Tarzo 1859) che morì a Tarzo inglobasse anche due antiche cappelle il 23 novembre 1859, nel periodo in cui che sorgevano a ridosso dell’edificio realizzava proprio queste opere. Esse principale ed erano usate dalle confrater- restano un punto imprescindibile nella nite del Rosario e di San Benedetto. La definizione del percorso stilistico del De facciata venne ristrutturata dal Toffolatti Min, che fu una delle maggiori voci nel 1926, che si affidò a consolidati della cultura artistica dell’Ottocento, non modelli neoclassici. solo nel nostro territorio.

94 ARTE Ricordo della Provincia di Ricordo IAVE P del 1872 enumerava uno a uno i del 1872 enumerava Lo scrittore trevigiano Antonio Cac- Lo scrittore trevigiano la descrizioneNon molto diversa di stioni di una secolare tradizione lettera- stioni di una secolare in toni idilliaci e cantato riache aveva le bellezze del Quartierbucolici del e,Piave al di là del fiume, del Montello, e storia.ad esso unito per natura cianiga nel suo Treviso paesetti e villaggi che vi sorgono e che piccola Soligo la loro di hanno in Pieve capitale: “Salendo ad un poggiuolo si abbraccia in un colpo d’occhio questo terreno trasformato e pieno di prodotti, si ammira uno lo sguardo e poi levando stupendo panorama. A mattina una bella catena di colli a prato, bosco o vigneti che si estende fino a Refrontolo, dira- mandosi da un lato per Feletto, Corba- nese, Arfanta, Formeniga, e quindi Ceneda e Serravalle; formando dall’altro un angolo con Solighetto, Soligo, Farra, Col S. Martino, Colbertaldo, tutti paesel- li sparsi nel territorio a piccole distanze. azzurro delle acque del Al basso il nastro scorre tortuoso fra le rapide ghiaje Piave del suo letto, lambendo da una parte il Montello che termina l’orizzonte con cupe del bosco,l’ombre cor- e dall’altra Vidor, le sponde di rodendo Moriago, Mosnigo, Fontigo, Falzè, e Sernaglia. di Soligo è in un punto più eleva- Pieve to, domina la valle.” e Trecchi Alessandro Vidor che il milanese medie- pone all’inizio della sua novella 95 UARTIER DEL Q

Tratteggiando un rapido profilo dello un rapido profilo Tratteggiando

OETI E SCRITTORI NEL Luigi Urettini P di Comisso possiamo cogliere le sugge- di Comisso possiamo cogliere della carne” d’arte prosa Nella preziosa si modella sinuosa nella consacrazione nella si modella sinuosa panico e faunesco di questa scultura che na tagliato, l’estro si può comprendere faggi del fieno appe- e il denso profumo piena estate solare, dei tra il tremulo Treviso e avendone un’esperienza di e avendone Treviso questo frammento della provincia di questo frammento della provincia gente egli vive e crea.gente egli vive Solo conoscendo nato lo scultore Carlo Conte,nato lo scultore tra questa pagno diseredato. Da questa terra felice è loro opera per costruire la casa del com- loro benessere, la da unire sono così generosi raggiunto con l’emigrazione un certo sero grandisero attori e grandi decoratori, se giungono una fantasia inattesa come fos- Carnevale fannoCarnevale delle mascherate, rag- stravagante spirito d’avventura.stravagante Se di non basta per tutti, per uno ma anche diverse parti del mondo,diverse il lavoro perché lieta per i dolci vini. Molti emigrano in creante.gente è impetuosa, La sensuale, aspira a una vita intensa, gioiosa e pro- castagni. In questa terra tutto interclusa tro fantasticamente di boschi e dense tro mezzogiorno vigneti e die- cesellate da armoniose composizioni di colline, a monti, parte e dall’altra e da lunghe Piave, dei quando esce dalla stretta tata da una parte dalla vasta ansa del tata da una parte dalla vasta del Piave:“Esiste una terra feconda, limi- ci dà una fascinosa visione del Quartiere scultore Carlo Conte,scultore Comisso Giovanni QUARTIER DEL PIAVE

valeggiante; Il Castello di Vidore - Novella quecento aveva cantato le “ombrose Storica del secolo decimoquarto descritta dal querce” del “gran bosco del Montello” marchese Alessandro Trecchi (Milano 1841): nei limpidi sonetti di monsignore Gio- “Nella Marca Trevigiana, rinserrato tra vanni Della Casa e di Gaspara Stampa. belle colline, al cui piede scorre orgo- Monsignore Della Casa era stato glioso il torrente Piave, evvi il paese di nominato nunzio apostolico a Venezia Vidore. Questa terricciuola è fertilissi- nel 1544 da papa Paolo III che lo pro- ma, e gli abitanti ne traggono messi e teggeva. Si era subito distinto per la sua vini abbondantissimi. Quelle verdi colli- attività inquisitoria. “Una vera e propria ne, che con vario pendio s’innalzano le caccia alle streghe - come scrive Ruggiero une sopra le altre, adorne di case e chie- Romano - che si sviluppa lungo due suole, le si vedono spiccare infra le aride direttrici maggiori: perseguitare l’eresia a e gigantesche montagne che in violacee Venezia; esercitare una censura rigidissi- tinte tagliano quel limpido orizzonte, ma sull’attività editoriale e, in genere, sul

A presentano all’occhio una vaghissima commercio librario. Frati, preti, laici, ere-

RTE romantica veduta. ” tici d’ogni sorta, furono oggetto di perse- Sempre a Vidor, Lodovico Menin cuzione da parte del nostro Monsignore, dedica nel 1818 un Poemetto per le faustis- e se la sua opera non ebbe pieno e com- sime nozze Bellati - De Mezzan : pleto successo lo si dovette solo al fatto Qui miri aperti spaziosi colti, che la repubblica di Venezia era troppo Siepi frondose, fonti irrigue e pure gelosa delle sue prerogative giurisdizio- Fresche selvette, annose ampie foreste, nali per consentire al nunzio pontificio Ameni luoghi, ricrescenti colli, di darsi troppo liberamente a questo E falde immense ed aggruppate rupi, sport terrificante. ” Che di soave orror empion lo sguardo... Deluso per non essere stato nominato Soligo e Mareno vengono cantati a cardinale dal nuovo pontefice Giulio III, metà settecento nei modesti versi di tal monsignore Della Casa si ritira nel 1553 Bernardo da Borso nelle sue Stanze per sul Montello, presso l’abbazia e la certosa le Gloriosissime Nozze di Sua Eccellenza il di Nervesa. N. H. Brandolino Brandolini Co. di Valma- Qui scrive la sua opera di maggiore reno e Signore della Gastaldia di Solighetto successo, Galateo, la cui funzione norma- ecc. con Sua Eccellenza la N. D. Elisabetta tiva e sostanzialmente repressiva è stata Contessa Gambara; stampate in Treviso lucidamente messa in evidenza dal presso Giulio Trento, MDCCLXXXVI, Romano: “Se è vero che una delle fun- e dedicate ovviamente a Sua Eccellenza zioni più importanti dell’educazione è il N. H. Brandolino Co. Brandolini: quella di creare il senso di colpa sociale, Come di Solighetto, e di Mareno non v’è dubbio allora che il Galateo di Lungo le valli suol tra i fiori e l’erba monsignore Della Casa è uno dei libri Sorger lieto virgulto, onde l’ameno che più perfettamente, più sottilmente e Colle s’infronda alla stagione acerba, per più lungo tempo, ha conseguito tale E poi di frutta carco al Ciel sereno scopo.” Spiega i rami, e la chioma alta e superba,... La pace e la serenità dei luoghi gli Sono questi i pallidi riflessi della ispirarono molte delle liriche poi raccol- grande poesia petrarchesca che nel Cin- te nelle Rime. In esse è spesso presente il

96 POETI E SCRITTORI DEL QUARTIER DEL PIAVE paesaggio montelliano, come ispiratore l’aggettivo “onesta” non aveva alcun dei pensieri di Della Casa, ormai lonta- significato morale, ma voleva semplice- no dalle pompe e dalle ambizioni del mente significare “d’alto rango”; “corti- potere: giana di lusso” o “d’alto bordo” diremo O verdi poggi, o selve ombrose e folte” noi. Alla povera “Gasparina” non rima- (Canto XLIII); neva che piangere il suo impossibile “Qual chiuso albergo in solitario bosco” amore: (Canto XLV); “Liete campagne, dolci colli ameni, “Vegghiai le notti gelide e serene” verdi prati, alte selve, erbose rive, (Canto XLVII); serrata valle, ov’or soggiorna e vive “E or placido, inerme, entro un bel fiume chi può fare i miei dì foschi e sereni, Sacro ho il mio nido, e nulla altro mi cale.” antri d’ombre amorose e fresche pieni, (Canto LII); ove raggio di sol non è ch’arrive, “Né per Borea già mai di queste querce, vaghi augei, chiari fiumi ed aure estive,

come tremo io, tremar l’orride foglie” vezzose ninfe, Pan, fauni e sileni.” A

(Canto LVI); La tradizione bucolico-elegiaca viene RTE “Penso in mio selvaggio ermo ricetto” radicalmente contestata da Andrea Zan- (Canto LX); zotto, il poeta di Pieve di Soligo; l’ac- “Di là, dove per ostro e pompa e oro centuazione del luogo d’origine ha lo Fra genti inermi ha perigliosa guerra stesso valore di Recanati per Leopardi. Fuggo io mendico e solo, e di quella esca Zanzotto sa andare “dietro il paesag- Ch’i’ bramai tanto sazio, a queste querce gio”, per scoprire il male oscuro, psichi- Ricorro, vago omai di miglior cibo, co e storico, che si nasconde al di sotto per aver posa almen questi ultimi anni. ” dell’idillio, della dolce apparenza bucoli- (Canto LXI); ca.È la tragedia della Grande Guerra in “O dolce selva solitaria, amica Galateo in Bosco, combattuta proprio nel- De’ miei pensieri sbigottiti e stanchi, l’elegiaco paesaggio che ispirava a mon- Mentre Borea ne’ dì torbidi e manchi signore Della Casa i suoi eleganti sonet- D’orrido giel l’aere e la terra implica; ti, e la cui terra rossa è mescolata all’os- E la tua verde chioma ombrosa, antica, same triturato di migliaia di giovani Come la mia, par d’ognintorno imbianchi, mandati al massacro per delle ragioni a Or, che ‘nvece di fior vermigli e bianchi, noi ormai incomprensibili. Ha neve e ghiaccio ogni tua piaggia aprica” Passa per il Montello la “Linea degli (Canto LXIII). Ossari che ad est va fino al mare Adriati- Lo stesso paesaggio viene cantato con co, ad ovest (nord-ovest) continua attra- versi simili (il petrarchismo impera!) da verso il territorio italiano e poi francese, Gaspara Stampa afflitta per il suo amore fino alla Manica. Linee su cui l’Europa, non corrisposto da Collaltino da Collal- ancora oggi, mette in gioco la sua stessa to, fiero signore feudale, imparentato con esistenza, e segnalazione di una faglia: gli Hohenzollern, le cui terre si estende- che nel Montello si sovrappone alla vano dal Montello al di là della Piave. faglia Periadriatica della crosta terre- Un personaggio di tal fatta non pote- stre…” va certo legarsi ad “un’onesta cortigia- “Rivolgersi agli ossari. Non occorre biglietto. na”, qual era Gaspara Stampa. Laddove Rivolgersi ai cippi. Con il più disperato

97 QUARTIER DEL PIAVE

[rispetto. popolani del Soligo, si identifica con i Rivolgersi alle osterie. Dove elementi bisnenti del bosco del Montello; i “due [paradisiaci aspettano. volte niente” secondo un’errata ma Rivolgersi alle case. Dove l’infinitudine del significativa etimologia ottocentesca: i desìo sottoproletari che sopravvivevano di (vedila ad ogni chiusa finestra) sta in affitto. furti campestri. (...) “bisnènt, me parènt (...) E si va per ossari. Essi attendono A questo mio bisavolo-me ed a me gremiti di mortalità lievi ormai, quai prima che arrivi il guardiano [gemme di primavera, a strapparci di bocca la lurida cibaria gremiti di bravura e di paura.A ruota a impedirci il raspare e il rosicchiare [libera, e si va. tra i piedi sporchi della Grande Terra Buoni, ossari - tante morti fuori del sia concesso ancora qualche scasso o scrostatura [qualitativo divario (cionpo gobo zhòt zhabòt zhalèch

A onde si sale a sicurezza di cippo, bisnènt-mi bisnènt me parènt).”

RTE fuori del gran bidone (e la patria bidonista, Per accentuare il tono “basso”, antipe- che promette casetta e campicello trarchista, de Il Galateo in Bosco, Zanzotto e non li diede mai, qui santità mendica, inserisce versi,“riportati in cliché” a mo’ [acquista).” di collage, del “Dottor et Avvocato” Zanzotto inserisce nelle sue poesie, a Nicolò Zotti (accademico dei Solleciti). mo’ di collage, frasi tratte dal retorico Costui aveva pubblicato nel 1683 Bollettino della Vittoria, con effetti grotte- un’Oda Rusticale in dialetto pavano, nella schi e stranianti: quale, sotto lo pseudonimo del villano “(Che sotto l’alta guida) Cecco Ceccogiato da Torreglia (Padova) O boschi non defoliati esalta alla sua “bella” le magnificenze del delle guerre di tanti anni fa, bosco del Montello. quando il ciliegio ai disperati Zanzotto giudica il componimento urli ed al sangue opponeva un salto di qualità. poetico di “meraviglioso sapore e fre- Nell’ora che più intenta al suo banco schezza, ha tutto della selva com’era nel [squartava la battaglia, 1683.” quando come a pidocchi si Ne riportiamo alcuni versi: [sentenziavano destini, “Chi intro a sta lombria, neutrali a sé stavano le bestiepiante della Om’ gh’è a meggiara, a mellia e a mellion [boscaglia Roeri, roeratti e roeron; e a divine fogliate pause portavano i cammini. Chive purpio, accolgò, sborro le duoggie; Stava il ciliegio con le sue gocce rosse E i miè sospier fa tremolar sie fuoggie. privilegiatamente dimenticato e dimentico (...) tra piante qua e là per sbaglio ferite, tra fosse Quence s’alde a meggiara di granate e il bruum delle artiglierie ardenti.” I russignati, que la notte ‘l dì Giovanni Comisso saliva sul ciliegio, I tende a scantuzar: tucrì tucrì; l’ilare sangue ne gustava a sazietà: E i finchi e caonigri a scassafazzo di Giovanni e del ciliegio il privilegio Canta, que mè s’habbù ‘l maor solazzo. lascia ad ogni vivente, o umanità.” (...) Zanzotto, figlio di generazioni di Chive, chive a l’ombria

98 POETI E SCRITTORI DEL QUARTIER DEL PIAVE

Staron (s’te ven) tutti liegri e contenti, La Grande Guerra ha lasciato i suoi E sboreron tante duoggie e piminti: segni, anche topografici, in tutto il Perquè quence ha spandì pene e burzore, Quartier del Piave. E no raceta, el Bosco, altri ch’Amore.” Sernaglia, che un genitivo di specifi- Zanzotto si ricorderà di Checo (Cec- cazione unisce per sempre alla Battaglia cogiato) anche in E S’ CIAO (la poesia del Piave (della quale le nuove genera- in dialetto solighese di IDIOMA) per zioni sono ormai del tutto ignare), ha lamentare la moderna distruzione del avuto l’onore di essere cantata dal “Vate” Montello, ridotto a squallido agglomera- Gabriele D’Annunzio in ispirati versetti, to di villette per vacanzieri domenicali: tra il mistico e il mortuario, che ricorda- “I à pestà-su, squacià-do, brusà no Il Notturno; La Preghiera di Sernaglia: co manère e segat “O fiumi rivalicati, gonfi di giubilo, po’ co mine e canon [come le vene che po co ramade, restèi, capiòt, bandon portano l’orgoglio al cuor della Patria e (pèdo de ‘na queimada brasilèira) ” [sino alla sua Lo scempio di un paesaggio violenta- fronte il vermiglio! to da una “modernità” cieca ed incon- O valli disgombre dove torna una così sulta, con le sue pulsioni di morte, torna [pura dolcezza spesso nell’opera di Zanzotto. che i morti sembran quivi dormire nel Esemplare la prosa Premesse all’abita- [grembo di Maria zione (1963), cronaca tragicomica delle come il Figlio! tribolazioni del poeta per costruirsi una O canti sovrani, santissimi tra gli inni più santi, villetta a Pieve di Soligo, che diventa alzati dall’agonia degli oppressi che metafora premonitrice del tanto esaltato [sentono i liberatori “modello veneto”: “Qui non si è mai alle porte!” trovato un discreto appartamento d’affit- Più consono all’umile storia degli to; tutti pensano a farsi l’abitazione pro- abitanti di Sernaglia della Battaglia il pria, non c’è industria edilizia; e sono poeta Giocondo Pillonetto (1910-1981). riusciti a tirar su, in tal modo, una città Originale figura di oste poeta, ha tra- giardino con tutto lo scomodo delle scorso tutta la vita nel suo paese natale, città giardino e in più i loro capannoni coltivando con discrezione e orgogliosa in mezzo, così da poter respirare polie- solitudine la sua passione poetica. steri in polvere a tutte le ore. E ci sono Zanzotto lo colloca tra i “piccoli le seghe volgenti agli ultrasuoni, sembra maestri” della sua adolescenza, ricordan- che ci arrivino (così almeno non le si do le loro appassionate discussioni:“Per- udrebbe) e non ci arrivano mai che sonalmente gli devo, tra l’altro, delle lun- basti; seghe a segare filamenti nervosi, ghissime, accidentate, entusiastiche con- neuroni, a tutte le ore: sotto c’è il labo- versazioni letterarie, che egli avviava con ratorio e sopra l’appartamento, gentile, me come da fratello maggiore, se non da col tetto a farfalla, farfalla posata su una maestro (dato che era alquanto più inflorescenza di suoni, così la moglie anziano di me), negli anni della mia gode anch’essa col marito industrializza- adolescenza, prima della guerra. Egli to, senza posa, accudendo alle faccende aveva sospeso da poco gli studi, portava domestiche. ” una barba nera allora eccentrica, vestiva

99 QUARTIER DEL PIAVE

tenebrosamente, con mantelle nere che si del dopoguerra, quando i partiti non stagliavano sulla neve delle nostre pas- avevano ancora costituito le loro ferree seggiate, viveva da bohémien, per quan- burocrazie. Anche il padre di Andrea to campestre, con sottintesi ingenua- Zanzotto, Giovanni, antifascista da sem- mente aristocratici nei confronti di chi, pre, fu sindaco di Pieve di Soligo nel da borghese, non approvava le sue fogge 1946-47. alquanto bizzarre, i suoi estri improvvisi. Pillonetto canta la calda umanità Ma come gli era chiaro, fin da allora, che degli emigranti che si organizzano spon- la poesia poteva essere soltanto haut lan- taneamente per riportare al paese i corpi guage! O tutto o niente, per lui; e aveva dei compagni caduti nel lavoro e per ragione. ” costruire una casa ai compaesani più Per questo Pillonetto non volle mai sfortunati: pubblicare nulla dei suoi numerosi scrit- “All’emigrante - 3 ti. Solo poco prima di morire, forse pre- Sì che in quei giorni

A sago della fine, aveva selezionato una per tanto amore

RTE piccola raccolta delle sue poesie. per tanta casta bontà “L’esilità - precisa Zanzotto - deriva parea fosse passato il Signore dall’implacabile autocritica di cui era per le nostre contrade, capace Pillonetto, che in un arco di tanto ammanto di sole quasi cinquant’anni di lavoro ha voluto s’era visto oltre l’ombre. presentarsi solo con queste poche centi- Eppure anche tu sei caduto naia di versi.” oltre l’ombre La raccolta esce postuma nel 1983 per la tua buona sembianza per le edizioni Vallecchi; Penultima Fiaba nel dolore atroce immenso maledetto... - Poesie (1935-1981). Essa comprende (1955) (Casetta di Tile) anche alcuni componimenti che l’autore Nota- A Tile (Gentile Zecchinon) aveva messo da parte, per un’ulteriore [venne fabbricata una piccola revisione. Le poesie più significative casa col concorso di tutti gli emigranti, sono quelle che cantano la dolorosa [tra cui Angelo epopea dell’emigrazione, che interessò il Lucchetta. Subito dopo questi perì in Quartier del Piave dal dopoguerra sino [un tremendo agli inizi degli anni Sessanta. Gli abitanti incidente di lavoro, essendosi di Sernaglia, in particolare, emigravano, [generosamente esposto prima clandestini e poi regolari, nell’Alta per salvare alcuni compagni. ” Savoia, dove facevano i mestieri più A commento di queste poesie Zan- duri, come gli scalpellini. zotto scrive, lamentando la nostra epoca Giocondo Pillonetto, malgrado i suoi di neoricchi immemori dei propri atteggiamenti da anarchico, era in realtà padri: “Quei tempi sono passati. Oggi un cristiano-tolstoiano, come non era non si sa più dire dove ci si trovi, oggi raro trovare un tempo nei nostri paesi sembra che ogni idea di vera umanità e tra gli artigiani culturalizzati. di progresso anche e soprattutto etico- Per questo dopo la Liberazione era culturale sia sparita, oggi tutti hanno stato nominato sindaco di Sernaglia. certo qualcosa di più, ma non sono, non Non era un’eccezione nel clima fluido esistono di più.”

100 E CONOMIA sapiente e instancabile lavoro da secoli da lavoro sapiente e instancabile ha imparato ad amare, e con- conoscere con le sue terre.vivere modo Chi avrà di appropriarsi, anche solo momenta- neamente, queste colline, di potrà il perfetto equilibriocogliere fra tradi- zione, vigneti, di cui gli intrepidi la tutto ciò che è meticolosa cura per natura e il rispettoi suo prodotti per sono un esempio, la moder- e dall’altro dalle strutture di tra- nità che si evince sformazione, di vinifica- dalle tecniche zione e dai metodi di marketing. È pro- prio tra antica cultura questo connubio contadina e moderna capacità di inter- i tempi,pretare uno dei che ha creato migliori esempi viticolo-enologici del Paese,nostro portando i suoi prodotti delle statistiche.alle vette Alla base di tutto ciò, ripetiamo ancora una volta, vi è il paesaggio, e l’e- di cui il viticoltore fannonologo parte, e che è l’unico e indiscusso garante di qualità. Un vino va quindi associato e identificato con l’am- biente, con il territorio, con la gente, fattori questi non esportabili e a garan- dell’unicità e dell’ori- zia e salvaguardia ginalità del prodotto. e giudi- capire Per di una zona,i prodotti care quindi deve posto con attenzione l’accento essere ambiente-qualità.sulla relazione Se di vino ripercor- a un bicchiere davanti riamo mentalmente le ripide colline sulla cui poca terra la vite si è adattata a poca uva,produrre sentie- stretti oppure 101

A ogni modo,A ogni la capire per meglio Posto all’interno di una cornicePosto pae-

Diego Di Tomasi LA CULTURA DEL VINO l’attenta opera del viticoltore, che con to a questo deve essere poi accostata essere to a questo deve la qualità dei vini è la conferma. Accan- sinergismo crea una realtà ideale di cui sinergismo una realtà crea tali e clonali. Elementi questi, il cui rizzazione delle migliori varie- selezioni tà dei suoli e dall’attenta scelta e valo- raggi del sole, diretti dalla ridotta fertili- danti, ai dei versanti dall’esposizione li, dai regimi idrici abbon- non troppo dizioni termiche primaverili e autunna- questo territoriocon- nasce dalle ideali alcuna, di forza qualitativa vera che la mo affermare, smentita senza temere re e alle caratteristichere dei suoli, possia- vitigni alle peculiarità del clima collina- per quanto attiene l’adattamento dei realtà di queste colline,realtà ricordiamo che e perfezionato. le, ha cementato che l’azione del tempo ra a creare un unico mondo,ra a creare inscindibi- entrambi contribuiscono in egual misu- quanto si intersecano l’un l’altro ed quanto si intersecano l’un l’altro è semplice scindere questi due fattori,è semplice scindere in sua cultura, tradizione e operosità. Non componenti: l’ambiente e l’uomo con la prodotti enologici su due si basano prodotti rietà suoi e la consolidata qualità dei dell’intero territoriodell’intero nazionale. La noto- dubbio uno dei più attraenti e ricercatidubbio uno dei più Conegliano e Valdobbiadene è senza Valdobbiadene Conegliano e comprensorio viticolo enologico di saggistica unica e irriproducibile, il QUARTIER DEL PIAVE

ri e stretti filari custoditi con cura o condizioni uniche e privilegiate. Solo ancor più le silenziose contrade, allora brevemente ricordiamo le primavere sarà facile capire di quanti e quali ele- più miti, le estati meno calde, gli autun- menti quel vino è composto. ni più asciutti e dalle temperature più Le colline, le strette valli, i panorami elevate; a questo vanno aggiunte le inte- che si susseguono nel comprensorio del razioni clima-suolo determinate dalla Prosecco, abbracciano una superficie moltitudine di situazioni pedologiche e vitata di circa 3.500 ettari. Nell’insieme orografiche esistenti, di cui il viticoltore si tratta di una vasta zona eterogenea per e la vite ne traggono vantaggio. versanti, pendenze, altitudini e dalla Per quanto riguarda i vigneti, questi variabile composizione dei suoli. Si sono aggrappati ai rilievi o cullati dai passa, infatti, dalle dolci colline di Suse- dolci pendii; le viti sono fitte dove gana, dei Feletti (Refrontolo, San Pietro minore è la possibilità di espandersi e di Feletto, Santa Maria di Feletto, Costa, più distanziate quando maggiore è la Collalbrigo), di Ogliano e Carpesica, vigoria. Le potature sono le stesse dei tutte con prevalente direzione nord- secoli scorsi e soprattutto nelle zone più sud, ai rilievi dalle maggiori altitudini tipiche, la gestione del vigneto è rimasta della dorsale più a nord (Rolle, Cam- immutata con lo sfalcio manuale del- pea, Miane, Combai, Santo Stefano,Val- l’erba, l’apporto di sostanza organica per dobbiadene,Vidor ecc.), dove i versanti bilanciare la scarsità di terreno a disposi- vitati sono esposti prevalentemente a zione delle radici, con l’uso di attrezza- sud, con direzione rettilineaest-ovest, ture solo parzialmente meccaniche per E dalle accentuate pendenze e dalla fisio- la difesa fitosanitaria. Tutto questo fa sì CONOMIA nomia più aspra, ingentilita solo dalla che la fisionomia del paesaggio sia presenza della vite. L’origine geologica rimasta quasi intatta e anzi, in questi del substrato abbraccia tre ere di cui la ultimi anni, si sta assistendo al recupero Terziaria è la più importante. Nella zona di quei vigneti e superfici che la speran- più a nord essa ha dato origine a suoli za industriale aveva fatto abbandonare o costituiti da argille e arenarie marnose, a trascurare. L’uomo, nel mettere a coltura volte anche di discreta profondità; a queste colline, non ne ha modificato questi, sempre nello stesso periodo, si negativamente l’assetto, creando un aggiungono i terreni derivati dalle allu- ambiente monotono e ripetitivo, ma lo vioni preglaciali, più profondi e ben ha reso ancor più suggestivo con la cura lavorabili. Da un punto di vista climati- dei boschi nei versanti meno adatti alla co, l’elemento caratterizzante è la pre- vite, la costruzione di semplici ripari per senza della barriera prealpina Cesen- lui e i suoi animali, l’intercalare sporadi- Col Visentin-Cansiglio, parallela all’asse camente alla vite altre piante da frutto e del sistema collinare vitato che, con i infine con il salvaguardare tutto ciò che suoi 1.500 m di quota, lo protegge dai di seducente la natura ha messo a dispo- venti freddi di provenienza settentriona- sizione. A tutto questo vanno aggiunti i le. In tutto il comprensorio si viene così numerosi paesi le cui genti hanno a creare un tipico clima di collina che, costruito attorno a una chiesa. Questi come tale, si distingue nettamente da borghi, nonostante i tempi siano mutati, quello della sottostante pianura, con conservano ancora la loro impronta di

102 LA CULTURA DEL VINO semplicità e ruralità; il benessere di vecchie di cent’anni, hanno un aspetto oggi, di cui la vite è in parte responsabi- greve ma tenace, l’uva raggiunge la le, ne ha migliorato ancor più l’aspetto maturazione nelle migliori condizioni e con attenti recuperi. Queste contrade, questo ne esalta le qualità organoletti- che appaiono a volte inaspettate lungo il che complessive. percorso del turista, hanno in comune Oltre all’uva prosecco, altri vitigni una serenità e una tranquillità oramai concorrono a completare il quadro aro- dimenticate, che si evidenziano dall’e- matico dell’omonimo vino. Non è raro, spressione quasi incredula di chi le infatti, incontrare nei vigneti piante di incontra per la prima volta. Perera, Bianchetta,Verdiso e Riesling, le Venendo ai vitigni tutt’oggi coltivati, cui uve vengono vinificate assieme al troviamo sicuramente nel Prosecco la Prosecco; il risalire fino a vitigni ancora varietà più diffusa e conosciuta. Si tratta minori non troverebbe conferma nella di un vitigno la cui origine è ancora realtà. Perera e Bianchetta, sono due viti- controversa (Glera del Carso, Serprina gni complementari che, vinificati con le dei colli Euganei), ma che per certo ha uve di Prosecco, arricchiscono e com- trovato la sua massima diffusione solo su pletano il profumo e l’aroma del vino. queste colline. I motivi sono quelli già In questi ultimi anni, molto si sta facen- ricordati e che attendono conferma da do per un loro recupero e per una coloro che ancora non conoscono que- mirata selezione dei biotipi migliori. sti luoghi. Il vino prosecco ha caratteri- Discorso a parte merita il Verdiso, la cui stiche di eleganza, leggerezza e snellez- attuale consistenza si colloca su un’au- E za, doti che lo rendono brioso e gli torevole superficie, data anche la quasi CONOMIA danno gradevolezza e ottima bevibilità. costante presenza di ceppi di questa Il profumo è molto delicato con note varietà nei vigneti di Prosecco. A ogni fruttate (pesca bianca, pera, mela, albi- modo, per il Verdiso è frequente trovare cocca), floreali (acacia, glicine, rosa), vigneti specializzati le cui uve sono vegetali (salvia, bosso) e di agrumi nelle destinate a produrre un vino dal colore annate meno calde. Oltre alle diverse tenue, dal profumo delicato di vegetale versioni del Prosecco DOC (tranquillo, fresco e di frutta matura, dal corpo snel- frizzante, spumante), il consumatore lo e dal gusto fresco e leggermente potrà apprezzare anche la denominazio- acido. La caratteristica che lo rende un ne Prosecco superiore di Cartizze. Si partner ideale se vinificato con il Pro- tratta sempre di un vino ottenuto da secco, è la sua acidità che conferisce fre- uve prosecco, ma provenienti unica- schezza al prodotto. Fino agli anni ’30, il mente da una limitata zona (107 ettari, Verdiso è stato il vero protagonista delle denominata appunto Cartizze), nella nostre colline, tanto che la sua produ- quale non uno, ma molteplici fattori zione superava di gran lunga quella del concorrono a esaltarne la qualità. Ecco Prosecco, e ha contribuito con la sua quindi che i vigneti sono tutti posti su generosità produttiva, ad alleviare e ripide pendenze, perfettamente esposti superare la gravosità dei tempi. Nelle al sole, dove l’acqua non ristagna e dove epoche successive, quando è venuto i suoli presentano un’elevata eterogenei- meno l’imperativo produttivo, il Verdiso tà e una scarsa profondità. Le viti, spesso ha lasciato posto al Prosecco e si è riti-

103 QUARTIER DEL PIAVE

rato entro un perimetro collinare a lui quelli coltivati in altre zone; l’ambiente più confacente (Combai, Miane, Cam- pedoclimatico e la cura per le tecniche pea, Farra di Soligo, Col San Martino, viticole ed enologiche fanno di questo Rolle, Refrontolo e versanti più magri prodotto un vino da dessert molto deli- di Susegana e dei Feletti), ove le sue cato, che già i nostri avi avevano defini- attitudini qualitative si esprimono al to “vino fino e da lusso”. massimo e dove oggi è possibile trovarlo Il Marzemino entra in percentuale e apprezzarlo. non inferiore al 10% a dare un’impronta Altro vitigno bianco presente sulle distintiva e di tipicità alla DOC Colli di nostre colline è l’Incrocio Manzoni Conegliano rosso. Questa denominazio- 6.0.13 (oggi Manzoni bianco), ottenuto ne, da poco istituita, si compone di un negli anni 1930-35 dal prof. Luigi Man- vino rosso da pochi anni entrato con zoni, incrociando la varietà Riesling assoluta autorità e merito tra i grandi renano con il Pinot bianco. Il riuscitissi- rossi nazionali. È ottenuto dalle uve di mo risultato è un vitigno dalle enormi Merlot, Cabernet sauvignon, Cabernet potenzialità qualitative e d’adattamento, franc e Marzemino. dalla produzione contenuta e dall’otti- Le basse rese per ceppo e per ettaro, ma resistenza agli agenti parassitari. Dal- una rigorosa tecnica di vinificazione e l’uva si ottiene il vino più strutturato e di invecchiamento, l’ambiente pedocli- importante delle colline di Valdobbiade- matico unico e la perfetta complemen- ne, Vittorio Veneto e Conegliano; esso, tarità dei quattro vitigni, ne fanno un infatti, riassume in sé le ricche e delicate rosso d’élite la cui potenza in struttura, E sfumature olfattive del Riesling renano l’eleganza e la sua pienezza stanno CONOMIA e in bocca la pienezza e il calore del acquistando rapidamente fama. Gli stessi Pinot bianco.Tipico di questo vitigno è produttori locali, abituati al vino Pro- l’elevato contenuto alcolico assieme a secco da bersi giovane, sono tuttora una straordinaria tenuta acida, è in defi- affascinati dalla tenuta all’invecchiamen- nitiva un vino di classe, deciso, dai pro- to, dall’ottimo affinamento in botte e fumi di glicine, miele, pesca e crosta di dalla maestosità di questo vino rosso. pane. Entra a far parte della DOC Colli Forse però con quest’ultima DOC, non di Conegliano bianco, in quantità non si è fatto altro che dare ragione a chi, inferiore al 30%. già nei secoli scorsi, ha dedicato tempo Venendo ai vitigni rossi, si ricorda ed energie alfine di conoscere prima e innanzi tutto il Marzemino i cui cenni di diffondere poi, le grandi potenzialità storici sono copiosi e concordi nell’esal- di queste colline che ora, associate alle tarne le doti qualitative. La tipologia più nuove tecniche, alla capacità e alla devo- conosciuta è quella “passito” della zona zione viticola ed enologica dei suoi abi- DOC Colli di Conegliano Refrontolo tanti, confermano l’assoluta eccellenza passito. Il biotipo dell’omonima zona, si di queste terre frutto di un eccellente distingue qualitativamente rispetto a paesaggio.

104 E CONOMIA o Cryphonectria Il frutto, però, era senza dubbio il a A partire iniziarono dal Settecento Dall’inizio del ’900 inizia un lento prodotto più importante più e la sua sparti-prodotto da particola- regolamentata zione veniva ri norme. dei alla suddivisione Oltre dettati anche i tempi e boschi venivano le modalità di raccolta. Un documento del 1665, ad esempio, per testimonia consuetudine:Combai una singolare la delle castagne.raccolta collettiva Sulla si radunavano piazza del piccolo paese tutti i capifamiglia 150 persone e oltre frutti alla raccolta dei che provvedevano in modo equo tra divisi poi venivano tutte le famiglie, a seconda dei bisogni. meno queste consuetudini colletti- venir alla nell’Ottocento per poi assistere ve trasformazione in dei boschi comuni demanio dello Stato. ma inesorabile degrado che portò a una del patrimoniodiminuzione castanicolo e raggiunse il suo culmine intorno agli anni ’50; tale fenomeno ha indotto molti esperti futura sopravvi- della a dubitare della castanicoltura da frutto e del venza castagno in generale. di questo I motivi principal-declino si possono individuare mente nell’esodo rurale, più intenso nelle zone di collina e di montagna, nel frutti, dei di mercato del prezzo crollo al cambiamento delle abitudini dovuto alimentari delle popolazioni montane, ma soprattutto alla comparsa e diffusio- corticale ( ne del cancro 105

I boschi di castagno avevano una I boschi di castagno avevano I boschi di castagno insieme ai pascoli I boschi di castagno insieme Il castagno e la castanicoltura da frut-Il castagno e la castanicoltura

A CIVILTÀ DEL CASTAGNO

Mauro De Osti L

per gli animali. costruzione stallatico e la lettiera come vite, da maturi soggetti i come travature carbonaie, polloni come pali da giovani i per alimentare le fornaciper alimentare da calcina o le servigi: utilizzata anche legna da ardere castagno offriva molteplici funzioni e castagno offriva e puniva tutte le trasgressioni.e puniva Il bosco di criteri per i principali colturali interventi famiglia, la Regola appunto, i che dettava ordini approvate dall’assemblea dei capi- dall’assemblea approvate ordini è dimostrata da una serie di norme e ficie boscata; l’importanza dei castagneti estensione pari all’65% dell’intera super- te, danni ed abusi, contro “saltari”. dai prietà erano confinate con cippi e vigila- narie villaggio. singolo di ogni Le pro- tutti i regolieri e cioè le famiglie origi- tà. diritto all’uso di questi beni Avevano gnare con atti ufficiali alle stesse comuni- gnare lo la Repubblica di Venezia volle conse- volle Venezia di lo la Repubblica nio collettivo che a partire dal XVI seco- nio collettivo facevano un tempo partefacevano di un patrimo- montani e alle altre formazionimontani e alle altre boschive no, ecc.), territorio. l’intero come l’uva (Prosecco,Verdiso, Marzemi- come l’uva insieme a colture agricoleinsieme a colture di pregio grado e promuovere, di identificare tier del Piave e ancora oggi e ancora in sono tier del Piave rea collinare e pedemontana del Quar- collinare rea cultura, le tradizioni e l’economia dell’a- to hanno fortemente la condizionato QUARTIER DEL PIAVE

Endothia parasitica). La malattia, di origi- vamente l’utilizzo di fitofarmaci o altri ne fungina, osservata per la prima volta prodotti di sintesi. I castanicoltori della in Italia intorno agli anni ’40 si diffuse Comunità montana delle Prealpi trevi- velocemente nell’intera area castanicola giane, da alcuni anni riuniti in associa- provocando con la forma virulenta o zione, cercano la qualità del loro pro- tipica gravissimi danni, tali da far temere dotto e seguono precise regole di colti- la completa distruzione del castagno. In vazione puntando all’ottenimento di un seguito, fortunatamente, sono comparse marchio (IGP – DOP) che riconosca e delle forme atipiche di cancro dette ipo- tuteli l’unicità delle loro produzioni e virulente nei confronti delle quali l’ospi- allo stesso tempo costituisca una garan- te (il castagno) era in grado di reagire zia per i sempre più numerosi ed esi- escludendole e risanarsi. La forma ipovi- genti consumatori. rulenta, inoltre, una volta venuta in con- La castagna ed il marrone che un tatto con quella virulenta è in grado di tempo erano il “pane dei poveri” e convertirla in ipovirulenta e permettere venivano utilizzati come merce di quindi alla pianta di salvarsi. scambio con la pianura, costituiscono In questi ultimi anni, la castanicoltu- oggi un prodotto in grado di valorizzare ra è oggetto di un rinnovato interesse, e promuovere una vasta area geografica. da attribuire in larga parte al favorevole La ricostituzione e la coltivazione dei andamento dei prezzi raggiunti attual- castagneti da frutto dà vita a popola- mente da castagne e marroni sui mer- menti forestali di rara bellezza; la limita- cati nazionali ed esteri, particolarmente ta densità delle piante da frutto (80/100 E quando si tratta di prodotti di elevato piante ad ettaro), la maestosità dei vec- CONOMIA pregio ottenuti in zone vocate.Anche il chi esemplari, la consociazione delle settore legno si è rivitalizzato: gli assor- piante ad alto fusto con il prato stabile, timenti ricavati dalle piante di alto fusto la frequente collocazione nelle vicinan- trovano impiego nelle sempre più ze dei centri abitati sono solamente numerose ristrutturazioni. Il legname, alcune delle peculiarità fornite da que- una volta stagionato, viene utilizzato ste formazioni vegetali. nella costruzione di mobili, infissi per Nel periodo autunnale le numerose interni e per esterni, travature e pavi- feste dei marroni e della castagna, oltre a menti. garantire la collocazione del prodotto, Il recupero dei castagneti da frutto e fungono da importanti momenti cultu- la coltivazione secondo moderni criteri rali e di formazione. A tal proposito agronomici e selvicolturali sono diven- ricordiamo che nel mese di ottobre, nel tati ormai una realtà; possiamo ragione- corso della Festa dei marroni di Com- volmente affermare che la contrazione bai, nel piccolo centro abitato conflui- delle superfici coltivate è da tempo ter- scono oltre 50.000 visitatori e, cosa più minata e oggi ci avviamo verso un mar- importante, 6.000 bambini delle scuole cato rilancio della castanicoltura. Il mar- elementari e medie percorrono i sentie- rone è oggi un prodotto di nicchia, ri attraverso i castagneti e prendono ecologico, con elevati standard qualitati- coscienza di quella che è stata e sicura- vi, ottenuto con tecniche di coltivazio- mente continua ad essere la civiltà del ne che per tradizione escludono tassati- castagno.

106 E CONOMIA o stèla era ulte- stèla costituita da un semplice bastone In area prealpina questo tipo di prealpina In area riormente così che una metà divisa e custodita dal conferente essere poteva il latte.l’altra da chi riceveva A fine sta- delle famiglie (“fuochi”), con l’obiettivo primario i territorigestire di comuni, costituiti proprio dai boschi e dai pasco- li. ed i pasco- gestione è andata perdendosi di grandeli comuni sono estensione da proprietàstati pian piano sostituiti e di piccole dimensioni. malghe private è diventata La gestione del pascolo quindi di pertinenza della singola fami- glia che, nei periodi estivi, in si spostava montagna con il bestiame.Testimoniano questo tipo di utilizzazione le numerose che,casere o rimesse diroccate a nuovo, si incontrano in quota e lungo i versanti della nostra catena prealpina. In queste spesso difficile, diventava realtà per la singola famiglia, una quantità produrre di latte tale da renderne possibile e red- ditizia la trasformazione;famiglie le vicine ricorrevano così alla messa in e procedeva- delle produzioni comune no insieme alla caseificazione (caseifica- zione turnaria). o a fine Periodicamente stagione, in suddivisi venivano prodotti i base alla quantità di latte conferito. I conferimenti erano attestati dalla di nocciolo tagliato diametralmente, incisa la veniva sulla superficie ottenuta quantità di latte prestata, la tèssera 107 ATTIVITÀ CASEARIA ’

La storia del pascolamento ha segui- Non sono distanti i tempi in cui l’al- Non sono distanti i tempi

EMALGHEEL

Mauro De Osti L pedemontana, la vita nate per regolare le istituzioni presenti anche nella nostra le istituzioni presenti passato, le Regole o Comuni, cioè quel- dola: ricordiamo, limitandoci al recente to quella dell’uomo, spesso determinan- lontane. cio di queste terre magre, accidentate e sgravando il contadino dal faticoso sfal-sgravando me poteva qui procurarsi l’alimento qui procurarsi me poteva fornire per le mandrie. pascoli Il bestia- ardere o da lavoro,ardere ma anche quella di perché in gradoperché di fornire legna da anch’esso necessario all’azienda agricola solamente quella di accogliere il bosco, solamente quella di accogliere ficile accesso. non era vocazione La loro montani, distanti, impervi, spesso di dif- Rimanevano a disposizione i territoriRimanevano agricola degli abitati. in prossimità prati da falciare il resto della superficie prati da falciare il resto prime pendici collinari e montane ed i neggianti e vicini a casa, i vigneti le seminativi occupavano i terreni più pia- occupavano seminativi ritorio a disposizione; metteva orti e miglior modo tutte le risorse ter- che il Diveniva allora necessario nel utilizzare Diveniva ma costituiva garanzia di sopravvivenza. ma costituiva nel senso di produttrice di ricchezza, ra non era un’attività economica intesa economica ra non era un’attività maggior parte delle famiglie l’agricoltu- valle, periodo durante il estivo. la Per animali delle stalle famigliari di fondo- indispensabile al mantenimento degli indispensabile al mantenimento peggio costituiva una consuetudine una peggio costituiva QUARTIER DEL PIAVE

gione i dati trascritti sulle due asticelle na e messo a riscaldare nella caliera di dovevano combaciare, cosi da impedire rame fino ad una temperatura di circa possibili imbrogli. 36° C, la caliera veniva poi tolta dal Le grosse malghe (solitamente fuoco ed aggiunto il caglio che nel giro comuni) invece erano affidate al malga- di un’ora provocava la coagulazione. A ro coadiuvato da alcuni aiutanti. La vita coagulazione avvenuta la cagliata veniva in malga era scandita dalle esigenze rotta in frammenti della dimensione del degli animali, la mungitura doveva esse- riso facendone uscire il siero, tutta la re regolarmente eseguita due volte al massa veniva nuovamente riscaldata fino giorno, mattina e sera e sempre alla stes- a circa 40° C. La cagliata una volta pre- sa ora. Ogni giorno la stalla doveva esse- levata era riposta nello scàtol (stampo in re pulita e le bestie condotte al pascolo. legno di faggio) e pressata per raggiun- I compiti erano ben precisi e talvolta gere la forma tipica; da questo momen- gerarchizzati: la responsabilità della con- to cominciavano una serie di trattamen- duzione della mandrie era affidata al ti necessari alla conservazione e alla sta- vachèr, mentre la caseificazione veniva gionatura e tra questi la salatura e la svolta dal casèr che in genere era l’uomo pulizie periodica della crosta. Attraverso di esperienza, vero responsabile della l’ulteriore riscaldamento e acidificazio- malga. Spesso il vachèr era aiutato da ne del siero restante si ricavava la ricot- altre persone che a seconda delle ta. La puina poteva essere consumata fre- dimensioni della malga potevano avere sca oppure posta ad asciugare ed affumi- compiti generali o ben precisi come la care su dei graticci di legno consenten- E conduzione della vacche in lattazione, done una conservazione prolungata. CONOMIA delle manze, o ancora, delle pecore. Altro prodotto di pregio era il burro, Per poter portare gli animali in ricavato dall’affioramento della panna malga, i singoli proprietari dovevano che, riposta nel burcio, veniva agitata pagare un prezzo per la custodia e l’ali- dolcemente fino a provocarne l’adden- mentazione avendo diritto, nel caso samento; il burro messo in stampo pote- delle vacche da latte, a parte del ricavato va essere subito venduto assicurando al della vendita dei prodotti caseari. malgaro un reddito immediato in attesa Il latte veniva caseificato ogni giorno della collocazione sul mercato del for- dal casèr; il latte appena munto veniva maggio stagionato. filtrato con sistemi molto semplici: una Le infrastrutture che si incontrano tela a maglia larga, o con strati di aghi di nelle malghe sono abbastanza tipiche e pino e licopodio, un erba che in molti semplici, all’insegna dell’essenzialità che dialetti è detta appunto col cioè colino. caratterizza l’alpeggio.Accanto alla casera Il latte munto la sera veniva messo a che ospita il personale troviamo il casel riposare in vasche immerse in acqua che cioè i locali destinati alla trasformazione lo mantenevano fresco permettendo del latte, poco distante la stalla, un l’affioramento della panna, iniziava cosi tempo costituita da una semplice tettoia una prima fermentazione che favoriva ad uno spiovente; le forme chiuse che si la successiva trasformazione. Al latte incontrano sono in genere una tipologia della sera, privato del cao (la panna), costruttiva più recente. Nella malga non veniva aggiunto il latte munto la matti- poteva mancare l’acqua: quella necessa-

108 LEMALGHEEL’ATTIVITÀ CASEARIA ria alla lavorazione del latte veniva rac- molteplici; da una parte la continua colta da sorgenti naturali (fontanei), per il diminuzione della consistenza bovina bestiame invece ci si accontentava di nelle aree pedemontane e montane con raccogliere l’acqua piovana in pozze concentramento in zone di pianura naturali o artificiali lame, pose o fontane. economicamente più convenienti, dal- Le tecniche tradizionali di caseifica- l’altra la scomparsa di razze e individui zione si sono mantenute pressoché vocati al pascolo (Burlina, Bruna alpina, identiche, fatta salva la necessità di Grigia) che invece vengono continua- rispettare le moderne esigenze di igie- mente selezionate per le produzioni a nicità imposte dalla normativa italiana scapito della rusticità. Bisogna tuttavia ed europea. L’adeguamento delle strut- ricordare che a fronte di provvedimenti ture implica però degli elevati costi che restrittivi, recenti normative europee per i malgari, visti i ristretti margini di offrono opportunità e incentivi al guadagno, risultano molto spesso inso- pascolo in montagna permettendo in stenibili, costringendoli all’abbandono questo modo la sopravvivenza di tradi- delle zone montane. Le difficoltà che zioni e cultura ed il mantenimento di l’alpeggio sta attraversando sono tuttavia ambienti naturali legati al pascolo. E CONOMIA

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F OLCLORE fuaz- pane- pinzha, i ragazzi Se le faville buberata buberata . La ricetta tradizionale pre- si consumava, il rito del fuive, buizhe, fuische. pan dal prevedeva di mangiare la prevedeva e Fun verso sera Fun verso poenta pien caliera matina fun verso a farina ciol su ’l sac e va sera verso Fuive poenta pien caliera matina verso fuive poenta molesina a meodì fuive poenta tre olte al dì fun a basa poenta pien cassa. la fine della Verso Dopo aver tratto gli auspici,Dopo aver mentre buberata buberata tentavano di saltare le braci del fuoco. di saltare tentavano Anche questo era di auspicio: come il falò, a saltare riuscivano così sarebbero riusciti dell’anna- le difficoltà a superare ta e gli ostacoli della vita. La pinzha auspici per l’annata, soprat- osservando e delle favil- del fumo tutto la direzione le, dette sciamavano verso occidente il raccolto verso sciamavano stato abbondante,sarebbe se tendevano orienteverso l’annata agricola sarebbe stata scarsa: e altrove: la vin ha detta anche focaccia e pane giallo, vede un impasto di farinavede gialla di gra- noturco, fichi secchi, passa, uva qualche 111 , o panevin fogherata fogherata bruciava e i rovi bruciava panevin . e adulti preparavano Bambini

È una tradizione viva ancor oggi in È una tradizione viva il Mentre La sera precedente l’Epifania,La sera precedente un po’

ESTE TRADIZIONALI

L PANEVIN scoppiettavano, gli traevano i contadini

Gli auspici ’ Enrico Dell’Anese F delle persone più anziane. ormai solo qualche labile rievocazione secoli alle evoluzioni culturali,secoli alle evoluzioni ci resta tico di tale usanza sopravvissuta lungo i tico di tale usanza sopravvissuta sacrale e simbolico. Dello spirito auten- festava invece un intenso contenuto invece festava tutto folcloristici, che un tempo mani- zione, oggicon accenti del praticata zare dell’industrializzazione. zare tradi- Una civiltà agricolaciviltà scomparsa sotto l’incal- tutta la zona, di una ultimo simbolo gente della contrada o della borgata. dell’Ave Maria,dell’Ave di tutta la alla presenza verso sera,verso dei rintocchi allo scoccare inutilizzato, trucioli, che accendevano pro, stoppie, frasche, fascine, fogliame noturco, sterpaglie, tralci di vite, gine- tier del Piave e della Vallata, e della tier del Piave per tempo cataste di rovi, canne di gra- detto anche in qualche partedetto anche in qualche del Quar- buberata bellezza. Era ed è la sera del un suggestivo spettacolo di stupenda un suggestivo accendevano grandi dando vita a fuochi accendevano tempo, nei posti più in vista oggi, si pedemontano, nelle aie dei poderi un dovunque nel grandiosoanfiteatro dovunque QUARTIER DEL PIAVE

seme di finocchio; altri ingredienti vano tra sacro e profano.Talvolta il pane- erano talvolta la farina di segala e la vin iniziava al canto delle Litanie dei zhuca santa. Cotta precedentemente sul Santi. Altro canto tipico era la Pastorela, larin sotto la cenere o contemporanea- che narrava la nascita di Gesù. Si inizia- mente sotto la brace della buberata, veni- va a cantarla durante i filò, la vigilia di va consumata tra canti e grida di festa, Natale e si terminava appunto la sera insieme al vin brulé, vino nuovo riscalda- del panevin. Venivano recitate e cantate to con l’aggiunta di fettine di limone o anche filastrocche beneauguranti per la di mele, droghe alimentari (cannella in nuova annata: cana e broche de garofano) e un po’ di zuc- Qua pan qua vin chero. qua lane e lin Evviva ’l panevin qua vedei e porzhei a pinzha sul larin e la grazhia de Dio sui caretei la poenta sul fondal el Panevin! el vin in tel bocal Il riferimento al granoturco, una eviva carneval delle colture prevalenti era frequente: In alcune località, attorno al panevin, stringhe stringhe bigatèle si consumavano pinzhe di sette diverse che le biave vegna bèle qualità, fatte da sette diverse mani: era da lontan e da vizhin un segno di buona fortuna nelle rela- viva viva ‘l panevin. zioni con gli altri e la comunità paesa- Quello che si chiedeva al panevin era na. Ma anche il richiamo biblico ai sette l’indispensabile per vivere: giorni della creazione era evidente. Pan e vin Dopo la pinzha si mangiavano talvolta la pinzha sul larin le salsicce di carne di maiale ucciso da la massera sua panera poco luganeghe e figalet cotti sulla brace el paron sul caregon del larin: el bambin sul so letin… Dio ne dae bontà e sanità e nutrire i figli: Pan e vin Dio ne mande figadei F La pinzha sul camin, Par sti pore tosatei OLCLORE la luganega sul bachet Che i se onde boca e dei… eviva ’l vecio Simonet Senza però dimenticare chi era nella Ogni contrada aveva il suo vecchio miseria: particolarmente saggio, stimato e anche Pan e vin un po’ scherzoso che, per esigenze di carità e sanità rima si chiamava di volta in volta Simo- par i poret net, Giacomet, Met, Benedet, Mar- che no ghe n’à. chet… Dopo il panevin ci si ritirava in casa, Canti e danze si susseguivano in alle- dove talvolta si consumava la minestra e gria: il pezzo di carne di maiale conservato Magnon, cantòn, per quel giorno. Sul larin grossi ceppi di prima pregòn legna riscaldavano l’ambiente, mentre si e dopo balòn… continuavano ad attingere robusti boc- I contenuti delle canzoni si alterna- cali di vino. Era una serata da trascorrere

112 FESTE TRADIZIONALI in allegria e, come narravano storie e leggende, non si poteva far filò nella stalla, né si poteva rimuovere il palo di sostegno del panevin prima di otto gior- ni, poiché ci si sarebbe ammalati di feb- bri malefiche. Si terminava a notte fonda. Solo i bambini erano andati a letto, subito dopo il panevin: l’indomani, giorno dell’Epifania, sarebbe stata la loro festa.

LAVECIA

Il rito del panevin culminava nel bru- sar la vecia, che simboleggiava l’anno vecchio, spesso poco favorevole. Per esorcizzarlo bisognava bruciare il suo fantoccio, costruito con tele di sacchi Il “panevin” vecchi riempite di canne, scarthoze, i cartocci del granoturco, fieno ed erbe secche. La vecia, veniva conficcata sul LABEFANA palo di sostegno del panevin. Incenerire questa figura che rappresentava l’anno La festa dell’Epifania non aveva un vecchio era un gesto di punizione sim- particolare rilievo nel mondo degli bolica della vecia che si era portata via adulti. Essa concludeva le festività nata- parte dei raccolti: lizie, come ricordava il proverbio popo- El panevin lare: l’Epifania tutte le feste scoa via. la vecia sul camin Anche in chiesa non c’erano riti e ceri- la magna pomi coti monie che distinguessero questa ricor- e la ne asa i rosegoti renza dalle altre. Il racconto del Vangelo F o della vendemmia: di quel giorno, che ricorda i tesori OLCLORE Eviva ’l panevin offerti dai Magi al Bambin Gesù, ha la vecia sul casin fatto nascere la tradizione della festa che la ne bef al vin della Befana, chiamata nella zona anche el panevin. Mantovana, o Deròsega. Dopo il panevin, Tolta di mezzo questa inquietante dunque, i bambini preparavano la cal- figura, non restavano ostacoli alla spe- zetta e la appendevano alla catena del ranza di un raccolto più abbondante per camino perché la Befana la riempisse di il prossimo anno: doni. La Befana era raffigurata come Panevin panevin una vecchia generosa, ma brutta e la pinzha sul larin malandata.Vestiva una gonna lunga fino la vecia sote tera ai piedi e un grembiule trasandato, cal- eviva la panera zava un paio di dalmede e portava sulle spalle una gerla colma di doni. Talvolta

113 QUARTIER DEL PIAVE

arrivava accompagnata da un asino, che VALORI CRISTIANI E PAGANI trascinava a stento un carretto pieno di regali, e recava nelle mani una scopa Il panevin è il simbolo più significati- tutta consumata. vo di un passato la cui religiosità sapeva La Mantovana arrivava a notte fonda accostare, senza offesa, valori cristiani e come recita la filastrocca: pagani. La tradizione fa parte degli anti- La Befana vien de note chissimi riti agrari, nati con l’uomo co le scarpe tute rote preistorico, alimentati dal suo costante col vestì de medalana timore, durante il solstizio invernale, di viva viva la befana perdere il sole e di vedere così esaurirsi Scendendo in cucina attraverso il le forze della vegetazione, le fonti della camino vita. Il rito aveva forse il significato di Panevin panevin esorcismo contro l’inverno che genera la calzha sul camin la morte arborea e conteneva in sé la la torta sul larin capacità di rigenerare la fertilità della la Befana vien do dal camin terra. Segno di questa rigenerazione era panevin il fuoco, il cui significato simbolico In alcune borgate, tre giorni prima nella cultura popolare richiama il con- del suo arrivo, si effettuava una accurata cetto di potenza vivificatrice: il suo pulizia del camino per evitare che la calore invitava la gente a stare insieme e befana si sporcasse. Anche la stalla era metteva in fuga il gelo della solitudine. ripulita dal letame per ospitare degna- E tale potenza rigeneratrice si propaga- mente il somarello, al quale si preparava va alla comunità, agli animali e all’intero un mucchio di fieno e un secchio d’ac- universo, come dimostra l’usanza di qua perché potesse rifocillarsi. Il matti- spargere le ceneri della buberata nei no dell’Epifania i ragazzi correvano campi, nei pollai, nell’acqua dell’abbe- ansiosi e curiosi a guardare nella calzet- veratoio del bestiame; così il salto del ta. La Befana portava talvolta cenere, fuoco o della brace da parte dei giovani carbone, petole, bòtoi, i tutoli delle pan- prossimi al matrimonio assicurava loro F nocchie di granoturco, e altre cose inu- abbondante figliolanza. Il rito di consu- OLCLORE tili, che i genitori mettevano per scher- mare la pinzha, frutto del lavoro di tutti zo, a significare che i bambini erano e scambiata fra tutti, aveva lo scopo di stati anche cattivi. Ma portava poi regali rinsaldare, come si è detto, i vincoli di veri e propri, come qualche indumento solidarietà tra le famiglie della borgata e o giocattolo fatti in casa, e specialmente rafforzare i legami sociali nella colletti- frutta secca o di stagione come noci, vità paesana. Ricco di significati cultu- nocciole, bagigi, carrube, stracaganasse, rali era anche il rito di brusar la vecia. La mele e cachi; raramente qualche man- vecia, simbolo di maleficio, si consumava darino o, in tempi più recenti, caramelle bruciando e con essa scomparivano i e torrone. Il fatto che nel mondo conta- germi delle disgrazie e la morte veniva dino non si avvertissero tante esigenze espulsa dalla comunità: non a caso erano rendeva i bambini contenti di quel i bambini stessi, simbolo della vita, a poco che la Befana portava. preparare il fantoccio. Dalle ceneri della vecia, purificate dal fuoco, nasceva la

114 FESTE TRADIZIONALI buona vecchia, la Befana, che porta i Residuo dell’usanza del Calendemag- doni e con essi la speranza della buona gio era, nella Val Mareno, l’offerta del majo annata. La Befana portava anche mele, nella notte precedente il primo maggio. simbolo di fertilità e di salute; mentre ai Nel Quartier del Piave la stessa usanza bambini cattivi recava il carbone, testi- avveniva invece alla vigilia della dome- monianza di credenze agrarie e simbolo nica delle Palme: era la sera dei strozh. dello spegnersi del fuoco, dell’esaurirsi La tradizione consisteva nello sposta- della vita. I doni, d’altra parte, come re e scambiare nottetempo, a scopo di rammentano i Magi d’Oriente, rivelava- burla, oggetti d’uso quotidiano (carrio- no che ciascuno viveva dell’altro e si le, attrezzi) oppure nell’offerta di un rivolgevano in primo luogo ai bambini, simbolo benevolo o malevolo alle in quanto “frutti” dell’uomo, per accen- ragazze meritevoli di particolare atten- tuare il valore simbolico dell’offerta. A zione per le loro qualità o di biasimo questi valori atavici di una liturgia paga- per la loro condotta o il loro carattere. na il Cristianesimo, dunque, ha sovrap- Così, ad esempio, i giovani portavano posto i suoi simboli. La luce del panevin foglie di ravizzon (che era il pasto delle rischiara il cammino dei Magi che si oche) alle donne stupide; le ortiche alle recano a visitare il Bambinello, simbolo cattive; l’erba detta lengua de vaca alle della vita. I tre Magi erano rappresenta- maldicenti; un lavador alle poco pulite; ti, in qualche contrada, dai tre pali di una pasada, un portello, a quelle già sostegno della catasta di rovi, e, per “passate” di età con riferimento al loro offrire maggiormente la sua luce, il mancato matrimonio; un mazzo di fiori panevin doveva essere allestito possibil- alle più graziose e così via. mente sopra un’altura. Esso veniva acce- Questi e altri doni erano collocati so al suono della campana dell’Ave sulle finestre o vicino alle case, su tron- Maria e tra i canti che si intonavano chi e rami d’albero, dove non di rado attorno al fuoco c’erano le litanie dei venivano appesi fantocci, iscrizioni, sim- santi. boli. Le madri di solito cercavano di svegliarsi molto presto per rimuovere RICORRENZE E TRADIZIONI simboli poco graditi. F A Vidor alle ragazze da marito veni- OLCLORE Accenniamo inoltre brevemente ad vano recapitati i tradizionali putinòt, fan- alcune tradizioni praticate fino ad un tocci con caratteristiche fortemente recente passato o sopravvissute alla simboliche allusive delle qualità e dei civiltà contadina. difetti della destinataria. Ogni anno il martedì ultimo giorno Nel pomeriggio di Pasqua, tempo di carnevale si svolgeva il pagalòsto, sin- permettendo, i ragazzi giocavano al golare gara a bocce disputata nei campi rodoet. Si trattava una piattaforma in del triangolo Solighetto - Pieve di Soli- sabbia bagnata ben battuta, attorno alla go - Soligo. quale si costruiva con della creta, una A primavera i ragazzi giocavano a sponda alta 10 cm sulla quale si poggia- méter vérdo, un gioco con le prime foglie va una tegola, o meglio el cop, posto a della nuova stagione che durava tutta la mo’ di scivolo. Su questo terreno di Quaresima. gioco ben preparato si facevano scorrere

115 QUARTIER DEL PIAVE

Festa dell’uva: carri allegorici realizzati con acini di uva

come palline da biliardo delle uova amori, uscivano sugli argini dei fiumi o sode, dipinte di colori diverso per ogni in collina a magnar la pinzha e i ovi.Un giocatore. La scelta dell’uovo era impor- costume antico anche questo, legato ai tante in relazione al tipo di gioco. riti agricoli della fertilità della terra e Ogni giocatore faceva rotolare il della rigenerazione vegetale. proprio uovo verso la piattaforma. La Altre tradizioni erano legate ai rac- distanza dalla sponda determinava chi colti, in particolare alla vendemmia, alla aveva il diritto di iniziare il gioco. spannocchiatura del mais, alla festa di Costui, facendo sempre rotolare l’uovo san Martino che chiudeva l’annata agri- dal cop, cercava di colpire quelle degli cola. altri giocatori, guadagnando in questo Molte, come si diceva, sono scom- F caso 10 centesimi. Occorreva grande parse, soppiantate dalla civiltà industria- OLCLORE abilità nella scelta delle uova che, in base le, altre sono sorte diventando vere e alle loro forme, potevano essere più o proprie manifestazioni tradizionali. meno veloci e raggiungere distanze Ci riferiamo alle mostre del vino maggiori. con le varie iniziative collaterali, alla I giochi pasquali duravano, specie per festa delle patate e dello gnocco, allo i ragazzi, tutta la settimana fino alla spiedo gigante di Pieve, alla contrada domenica successiva, detta domenica in Francia in quel di Mosnigo, ai vendem- albis. miali di Farra, ai carri allegorici di san Il lunedì dell’Angelo, giorno di Pas- Valentino a Sernaglia e di san Martino a quetta, era dedicato, come accade ancor Refrontolo. A queste e a tante altre ini- oggi, alle prime scampagnate. Famiglie, ziative si accennerà più a lungo nello ragazzi e giovani legati dai primi teneri spazio dedicato ai singoli paesi.

116 F OLCLORE separazione tra cucina dei potenti da una separazione tra cucina dall’altra.parte e cucina povera La testi- monianza scritta e della della tradizione trovare si poteva cultura gastronomica solo nei ricettari dei conventi, nelle rac- colte di cuochi illustri o nelle memorie e nei carteggi di appassionati cultori della materia, si tra- la cucina popolare mentre osterie, nelle antiche mandava all’interno delle famiglie in figlia senza di madre meritare della cronaca. l’onore Prepara- zioni semplici, caratterizzate dal sapiente della terra,uso dei prodotti del bosco, del fiume, stagioni, cibi legati al ciclo delle alle solennità ritualità delle feste e dei riti agrari i soli momenti di che costituivano spesso gastronomica una regola di rottura e dalla parsimonia. imposta dalla povertà Sagre, solennità religiose, celebrazioni e domestiche assumono così un’i- civili dentità culturale che dà unità a una cuci- na varia e multiforme. E se lo sviluppo ‘60 segna lo scom- economico degli anni parire di un mondo arcaico, delle sue tra- dizioni e dei suoi riti, in quel per contro periodo Italia si ha la in tutto il Nord riscoperta della tradizione gastronomica regionale e nella nostra provincia, grazie a personaggi illustri e ad appassionati e intelligenti ristoratori si ha una rilettura e aristocraticadella cucina popolare della che nel corsoMarca di pochi anni ne faranno un polo di grande attrazione turistica e culturale. Ancor oggi il 50% del turismo è turismo trevigiano di tipo 117 1

“La nostalgia del tempo che fu, dell’i- L’opera di valorizzazione e divulga- L’opera Questa citazione per sottolineare

E TRADIZIONI GASTRONOMICHE

Luisa Cigagna L ambientali e la tradizione popolare. ” rapporto tra la specificità delle risorse ne di una identità territoriale, frutto del ricette etniche”, di formazio- al processo danno “coralità e resistenza secolare alle secolare “coralità e resistenza danno ha contribuito, con i piatti rituali che re povera come quella contadina veneta povera re gra! anche una cultura alimenta- Eppure cucina popolare comporterebbe la pella- cucina popolare stita. In Veneto un revival filologico della un revival stita.Veneto In una gastronomia “popolaresca” una gastronomia mai esi- lingo” si basa su un equivoco, inventa “caratteristico”, del “paesano”, del “casa- propinato all’insegna del “tipico”, all’insegna del propinato del darsi un tono. Spesso quello che viene Magris, si rifugia per nella gastronomia passato sempre “morale” passato sempre per dirla alla dillio silvestre, delle “regole buone”dillio silvestre,“regole delle di un

patrizie;è stata, netta sempre infatti, la cimentarono i grandicimentarono cuochi delle case razione di riscoperta del regime in cui si nale italiana inizia intorno al 1930, ope- zione delle ricchezze della cucina regio- nostri predecessori. con le tradizioni gastronomiche dei con le tradizioni gastronomiche tari, poco hanno in comune davvero che la diffusione di diverse abitudini alimen- la diffusione di diverse verso l’introduzione di nuovi prodotti e prodotti di nuovi l’introduzione verso zione della nostra alimentazione, attra- segnato profondamente anche l’evolu- segnato profondamente sociali del ventesimo secolo abbiano sociali del ventesimo quanto le trasformazioni economiche e QUARTIER DEL PIAVE

enogastronomico, merito di una cucina piatti di recupero e piatti di abbondanza, che ha saputo, meglio di altre, resistere gusti semplici e raffinati come il dolzegar- all’usura del tempo e alle mode d’impor- bo l’agro dolce, cucina di terraferma con tazione, grazie alla sapiente conservazio- influenze di venezianità nel baccalà o nel ne dei sapori e dei prodotti originari e saor. La cucina tradizionale della zona del alla rispettosa rivisitazione di alcuni piatti Quartier del Piave conserva anch’essa in chiave più attuale per soddisfare pie- queste caratteristiche: uso dei prodotti namente sia le esigenze del palato che della terra e del bosco, delle carni degli della moderna dietetica. animali da cortile e di stalla, della selvag- Terra ricca e generosa quella della gina, aromatizzata da spezie e aromi pro- Marca trevigiana, nella quale le pietanze venienti dall’oriente, accompagnata da tradizionali si legano profondamente alla ortaggi, funghi, erbe spontanee e dall’im- storia e alle commistioni che commerci, mancabile polenta. Piatto povero, che guerre ed invasioni hanno prodotto. riacquista dignità culturale quando il suo Terra nella quale non sono però mancate ruolo è diventato ormai marginale, ope- carestie e pellagra che hanno spinto razione di riscoperta che nobilita il “cibo molti all’emigrazione, che hanno costret- che sazia ma non nutre”. to, per il passato, le classi meno abbienti Mangiare due volte al giorno con alla massima valorizzazione dei pochi quello che offrono terra e acqua nell’av- prodotti disponibili. La cucina povera vicendarsi delle stagioni, penuria che spesso era ripetitiva, le eccezioni erano affina il gusto e stimola la sperimentazio- costituite dalle solennità religiose o civili ne, polenta con erbe di campo, con for- che diventavano anche solennità gastro- maggio o qualche fetta di insaccato, con nomiche e il “pranzo da festa”, mitizzato pesci conservati sotto sale come la renga e sognato come fatto straordinario, nei periodi di magro. Nell’economia rispecchiava l’alimentazione del ceto contadina subalterna, il maiale e la medio-alto così come si era venuto deli- polenta garantiscono il minimo vitale, la neando nel XVIII secolo, quando l’ospi- sopravvivenza. Cucina senza fretta, nella talità di campagna, della “vita in villa” si quale il poco cibo cuoceva lentamente F basava gastronomicamente sulla genuini- su fuochi dolci per sfruttare a lungo il OLCLORE tà degli ingredienti e dei prodotti reperiti calore della poca legna disponibile. I in loco. Regimi alimentari diversi dun- grassi tradizionali erano lardo, pancetta, que a seconda dei diversi ceti sociali e olio molto più tardi burro l’onto sotil. delle zone di residenza. Prezzemolo, aglio, rosmarino, cipolla, Il modo veneto di mangiare si carat- sedano sono gli aromi tipici della cucina terizza non solo per gli ingredienti, gli povera che ha bisogno di sapori per dare aromi, ma anche per l’uso accorto e gusto ai cibi e che unisce al gusto il sapiente dei prodotti più umili, preparati potere curativo e digestivo delle erbe. senza spreco, con parsimonia anche se Sale e aceto per conservare, perché il non mancavano banchetti aristocratici e vino mal conservato spesso andava in la loro memoria è stata tramandata nelle aceto ma combinato con il dolce della opere letterarie e pittoriche. cipolla produceva quel caratteristico saor, Cucina di contaminazioni e mesco- condimento delizioso e nel medesimo lanze, cucina povera e cucina nobile, tempo conservante per il pesce, al quale

118 LE TRADIZIONI GASTRONOMICHE si potevano aggiungere aglio, alloro e sal- san Martino scadono i patti agrari di via. I dolci invece erano zuccherati con il mezzadria e colonia, si pagano gli affitti, miele, oppure con un particolare scirop- si fanno i bilanci delle annate e a volte si po ottenuto dal mosto di uva cotto e cambiavano padrone e casa. Se i raccolti ristretto. erano stati buoni si faceva festa con Terra generosa di vini fin dai tempi castagne e vino nuovo e, quando era antichi, memoria di coltivazione della possibile, si metteva allo spiedo el gal da vita negli archivi delle abbazie, il vino semenza. bianco di Feletto è conosciuto a Venezia In quel periodo finivano anche i sog- fin dal ’400 e i vini di Conegliano ven- giorni estivi in villa, si godeva dell’autun- gono comprati dai tedeschi “cun utile no dinanzi a tavole ricche di abbondante universale”; il Marzemino, oggi Passito di selvaggina e dei frutti che la terra offriva Refontolo a denominazione d’orgine prima del letargo invernale. Stagione di controllata finirà addirittura dentro un’o- spiedi nella fascia pedemontana dell’alta pera di Mozart grazie al libretto di Marca trevigiana, pollame, selvaggina di Lorenzo da Ponte che ne apprezzava le piuma e di pelo, carni miste di maiale, di virtù anche all’estero. Nell’Historia di Tre- vitello, di pollo e di coniglio, intercalate vigi del 1591 si parla del “vino buonissi- di lardo e salvia, fatte rosolare lentamen- mo della Valdobbiadene” a testimonianza te, mantenute morbide bagnandole d’o- della ricchezza che, fin d’allora, il buon lio e rese più gustose con la tecnica del vino costituiva per queste zone, anche se precot, il segreto di un buon spiedo, ovve- i primi vitigni Prosecco verranno colti- ro “la botta di fuoco” col lardo acceso vati solo tra fine ‘700 primi ‘800. E per che si dà alle carni in cottura, dopo aver- scaldarsi contro i rigori dell’inverno un le salate. goccio di graspa ottenuta con la caliera dea Ai primi di novembre inoltre si cele- graspa e el bidon co la serpentina, scaldata bravano le feste dei Santi e dei Morti alla fiamma delle fascine, in qualche con i dolci tradizionali (ossi da mort e remota casera o dentro qualche profondo favei) e con castagne, bagigi e patate fossato, lontano da occhi indiscreti. E americane accompagnate con vino costante la presenza di aromi e di spezie, nuovo, ancora garbo. A Santa Caterina, F nei dolci, nella preparazione degli insac- festeggiata il 25 novembre, si mangiava OLCLORE cati di maiale, per conzar gli impasti con l’oca arrostita, in tecia o ripiena di pomi e la famosa dosa dei salumi. castagne. Animale utilissimo, come il maiale, per il contadino che ne otteneva IL CALENDARIO GASTRONOMICO carni, grasso e piumaggi per le colzere,la cui funzione era anche quella di animale La cucina contadina ha bisogno di da “guardia”. Le oche erano allevate agganciare il cibo a significati rituali e come cibo di riserva invernale: i ragazzi- propiziatori, il mangiare è stata per secoli ni le portavano a pascolo tra giugno e rito collettivo non scritto. Per i contadini settembre, poi potevano essere ingrassate l’anno nuovo non iniziava il primo di forzosamente per aumentarne la resa gennaio bensì nel mese di novembre, la finale. Il grasso era circa un terzo del stagione dei grandi lavori agricoli era peso dell’animale e veniva conservato in terminata e la terra entrava in riposo. A barattoli e utilizzato in seguito come

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condimento. strutto veniva conservato in battoli per L’autunno nei boschi delle colline condire le pietanze e friggere i dolci di pedemontane è periodo di funghi, che carnevale. Tradizionale anche l’ossada col vanno ricordati tra le specialità stagionali cren, la “cena degli ossi” o a base di bolli- di questa zona oltre agli spiedi, alle gri- to di testa, coda, piedi ed altri bocconi.. gliate di carne, alla cacciagione (fagiani, L’inverno è stagione di zuppe, di lepri, caprioli). A causa della diffusione minestre a base di fagioli, zucca, di pane della cassia la vegetazione originale raffermo, panadele e gran sope che costitui- (querce, faggi, castagni) si è progressiva- vano con l’immancabile polenta la base mente ridotta, i ciodet hanno preso il dell’alimentazione nella stagione fredda. sopravvento sulle altre specie di funghi, Ma uno dei piatti poveri caratteristici ma permangono ancora porcini, brise, della zona nel periodo invernale è certa- prataioli, gallinacci, finferli, ovoli, spugno- mente quello dei pestarei: polentina molle le a costituire la base di tanti menù e e bollente colata nel latte tenuto freddo tour gastronomici che richiamano buon- per far salire in superficie la crema. Altro gustai da tutta la provincia grazie all’abi- piatto invernale è la farina coi fasoi, farina lità dei cuochi che sanno valorizzare di mais cotta nel brodo di fagioli, condita odori e sapori tipici di ogni tipo di col sugo ottenuto dalla rosolatura dei fungo. ciccioli, lasciata raffreddare e tagliata a Tra fine novembre e i primi di fette veniva consumata abbrustolita. Per dicembre avveniva l’uccisione del maiale, la prima colazione, spesso si consumava- quasi una sorta di sacrificio rituale che no puina e salame riscaldati. permetteva di scongiurare lo spettro della Verze, cavoli, broccoli sono gli ultimi fame. Del maiale non si sprecava nulla e prodotti dell’orto prima del riposo inver- tutto contribuiva ad arricchire la dispen- nale; radicchi di campo conditi col lardo sa di casa: salami, soppresse semplici e col e con le frizighe, i ciccioli del maiale. filetto (famose quella della nostra zona La vigilia di Natale prevedeva un grazie all’abbinamento semplice e gusto- pasto unico a base di bigoli in salsa per so di sopressa, pan de casada accompagnato rispettare l’obbligo di mangiar magro. Il F da un buon bicchiere di Prosecco) e poi cappone, cibo da ricchi, veniva allevato OLCLORE luganeghe, figalet (col fegato), ossocolli, per le onoranze che i contadini offrivano pancette, bondiole, la mula (lingua di ai padroni, così come il tacchino. Per i maiale avvolta in un impasto di carne de più il giorno di Natale prevedeva un muset insaccata nella vescica del maiale). piatto di minestra di riso o un vero e Col muso si prepara el muset, le zampe proprio risotto con la salsiccia, carni lesse prendono il nome di pechete e vanno di animali da cortile la pita lessa, erbe cotte con i fagioli, col sangue, il latte e la cotte, fagioli e come trasgressione la farina si ottenevano i baldoni, i budini pinzha de Nadal o Nadalin, un dolce lie- consumati a fette come ghiotta merenda. vitato simile ad un torta Margherita. El sanguet invece era una variante otte- L’uso della mostarda - una marmellata di nuta coagulando il sangue del maiale mele cotte nello zucchero con aggiunta attraverso il calore, ottenuto un compo- di senape e pezzi di frutta candita - come sto solido, lo si tagliava a fette che veni- golosesso del periodo natalizio e del cren vano saltate in padella con cipolla. Lo (radice di rafano grattugiata, addolcita

120 LE TRADIZIONI GASTRONOMICHE con poco zucchero e diluita con aceto) base di erbe primaverili sono una costan- in abbinamento con le carni bollite sono te nella cucina pedemontana, i nomi dati di derivazione austriaca. agli stessi germogli variano da zona a La radice di rafano (raccolta nei mesi zona, le ricette e gli abbinamenti sono con la “erre” altrimenti il suo sapore non infiniti. Bruscandoli (luppolo), s-ciopet (sile- è gradevole) grattugiata, addolcita con ne flata), rust (germogli di pungitopo), poco zucchero (ma questa è considerata rustegot (asparagi selvatici), rosoline (roso- una variante e non a tutti è gradita) si laccio), germogli di ortica. In generale abbina gustosamente col muset che’l peta per le minestre si insaporiscono nel sof- o con l’oca lessa,Altre salse, rosse e verdi, fritto i vegetali prelessati, poi si aggiunge a base di verdure, sottaceti, pomodoro acqua o brodo e infine il riso. E poi radici rendevano sublime il piatto fumante di (cicoria), radicele (rosette basali del tarassa- bollito misto delle grandi feste natalizie a co), galet (valerianella), rucola mata esse si aggiunge anche la peverada di ori- (ruchetta selvatica) per insalate miste con gine medioevale per insaporire la farao- aggiunta di uova sode. I piatti di insalate na. costituivano uno dei piatti unici nei con- L’Epifania chiudeva il ciclo delle feste tadini nei periodi di miseria, piacevole natalizie ed era solennizzata dalla bubarata per l’accostamento dei sapori veniva pre- dei panevin i falò che punteggiavano la parato principalmente con radicchio di notte invernale dal fumo dei quali si campo amaro, fette di polenta, un po’ di traevano gli auspici per l’annata a venire. lardo, qualche cucchiaio di zuppa di Nella notte, per i piccoli, sarebbe passata fagioli avanzata. La festa di Pasqua sotto- la Befana, con doni di frutta secca mele, lineava il vigore primaverile della rinasci- cachi, stracaganassee carrube. ta e l’uovo ne sintetizzava la simbologia. Altro piatto tipicamente invernale Il loro consumo richiamava riti arcaici di erano le trippe, sute oppure in brodo fertilità e benessere, un cestello di uova erano un corroborante piatto unico. sode, colorate con le erbe e i fiori di Carnevale era il trionfo del cibo campo non poteva mancare sulla tavola “grasso”, periodo di passaggio dall’im- pasquale. L’agnello o il capretto, carni mobilità dell’inverno all’inizio della sta- rituali, venivano offerti al sacerdote dal F gione produttiva. Crostoli, fritole e casta- primo battezzato ma venivano raramente OLCLORE gnole, non potevano mancare sulle tavole consumati come alimento nelle nostre di ogni famiglia e nelle osterie il giovedì case. A Pasquetta invece si mangiava la e il martedì grasso. Il mercoledì delle fugazza de pasqua e i ovi innaffiati di vino ceneri chiudeva la baldoria e si tornava a bianco nella prima scampagnata all’aper- mangiare di magro con polenta e renga, to. (aringhe salate cotte nel latte) e ogni La festa di san Marco, patrono di venerdì con sardele, sgombro sott’olio o Venezia, veniva solennizzata dalla fortaja baccalà alla vicentina. frittata semplice o con aggiunta di sala- L’arrivo della primavera e della buona me e a volte anche risi e bisi. Altra festa stagione consentiva un’alimentazione più grande che cadeva sempre a primavera varia, anche se la quaresima di un tempo inoltrata era l’Ascensione nella quale, obbligava a mangiar di magro il merco- dopo i riti di purificazione delle rogazioni ledì e il venerdì. Le minestre e i piatti a si mangiava la bondola col lengual, cibo che

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doveva preservare dai morsi delle vipere si chiude e ci riporta all’inizio del nostro e delle bisce in genere, rito augurale per viaggio di scoperta delle pietanze tradi- la prosperità agricola. Alla Sensa matura- zionali, dei motivi di fondo di questa vano anche i primi frutti dell’anno, le cucina che, pur venendo da lontano, si ciliegie bonorive ed erano particolarmente pongono ancora come presenze vive e gradite. A san Giovanni si raccoglievano non fantasmi, segno tangibile del legame le cuche verdi per il nocino. di questa terra con la sua storia, e che L’estate matura gli ortaggi e la frutta; rappresentano, oltre che un piacere da in occasione delle feste patronali e delle gustare nel presente in qualche amiche- sagre di paese si mangiano animali da vole convito, una ricchezza da protegge- cortile, arrostiti o alla griglia. In alcune re e conservare anche per le generazioni zone, come a Revine Lago erano rino- future. mati gli s-cios cotti e proposti in varie “Il cuoco veneto, può dar mensa abbinamenti. Patate e gnocchi di patate, eccellente senza imitare il francese…” prodotte nella zona di Moriago, costitui- scriveva nel 1905 Albert Cougner ne Il scono una recente acquisizione perché la ventre dei popoli ammonendo quanti, per loro diffusione e il loro uso in cucina un malinteso senso di modernità, comin- risalgono solo al secolo scorso. Il mese di ciavano a far proprie mode estranee alla settembre segna l’inizio della vendemmia nostra tradizione, con l’uso di panne e e delle attività legate alla vinificazione. besciamelle, e contro l’esagerata attenzio- Ottobre era stagione di caccia e quest’at- ne alla preparazione scenografica dei tività, oltre che passatempo da ricchi, era piatti più che al loro risultato culinario. per le classi meno abbienti un modo per Timore che vale la pena di tenere a integrare l’alimentazione sempre scarsa. mente ancor oggi anche se: “La Marca Spesso si trattava di caccia di frodo, con Gioiosa è tornata al suo ruolo…grazie sistemi rudimentali quali tamai, archet, all’eccellenza di molti ristoranti e tratto- vignole e vischio. rie che nello spirito di una garbata ma L’autunno ripropone quindi carni viva emulazione, si sforzano di aumenta- varie in spiedi misti, formaggi di malga o re i pregi della loro cucina, i valori F latteria, freschi o stagionati, cotti alla gri- gastronomici tipici della terra veneta OLCLORE glia oppure consumati con pane caserec- difendendola con la bontà e la genuinità cio. Dall’alpeggio di mezza quota deriva- dei cibi e dei vini.” vano prodotti freschi come la ricotta, Ma riprendendo le parole di Giusep- piccole formaggette vendute nei paesi pe Maffioli:“…non si tratta forse neppu- direttamente dai pastori. Il bosco offre re di difendere o sostenere una cucina funghi, castagne e marroni, l’orto zucche particolare, quanto piuttosto di ripropor- di vario tipo, le vigne uve bianche e re un modo felice di accostarvisi, crean- nere, la cantina vino nuovo. Ma anche i do quelle predisposizioni di scelta e nomi delle uve e dei vitigni risentono quelle condizioni ambientali che con- del trascorrere del tempo e degli effetti sentano di parlare di una cosa all’appa- della selezione naturale o indotta, restano renza comune e consueta, come di un infatti nel ricordo l’uva perera, la profu- fatto civile d’ospitalità, di fraternità, di matissima uva mericana i vini clinto e bacò. amicizia”, perché infondo un piat de bona Il movimento circolare delle stagioni ziera non si nega a nessuno.

122 C OMUNI Toponomastica Il toponime trae la sua origineIl toponime trae la sua dal ai piedi delle La posizione amena Secondo la tradizione, l’antico villag- termine “caesum”termine (tagliato) con rife- rimento all’opera di bonifica e disbo- operata per ren- scamento che si era derlo abitabile. ne fanno e il clima salubre Prealpi ancor oggi rinomato di villeg- luogo giatura storico che unisce l’interesse ed artistico a quello paesaggistico. radego e quello di San Boldo è stata da zona di passaggiosempre negli itinerari con il fel- nord verso di comunicazione trinoe il bellunese. Il territorio fu abitato a partire medio (tra i dal paleolitico 120.000 e i 40.000 anni fa) come testi- moniano i più antichi manufatti della vallata, dalla forza distruttrice preservatisi della glaciazione alpina terminata 12.000 anni fa. Inoltre, terrazzata su un’area il corso del Soligo,sovrastante è stato scopertorecentemente un sito preistori- co riferibile ad un gruppo di cacciatori- V millennio raccoglitori mesolitici del A.C. attestano la pre- Altri ritrovamenti e nel- senza umana nell’età del bronzo l’epoca romana. 123 ALMARINO V

ISON DI La Valmareno, con il passo del Prade- La Il paesaggio della Valmareno si carat- Valmareno Il paesaggio della Il territorio di Cison è comune del

La storia

Ambiente e paesaggio C

Solighetto, e Corbanese. Refrontolo Arfanta, Tarzo, e più all’interno quelli di collinari di Farrò di Zuel), (Corda Rolle, sinistra del quale si innalzano i rilievi Vallata è attraversata dal fiume Soligo, è attraversata Vallata a corde dell’alta pianura trevigiana”. dell’alta pianura corde La definiscono come tipico “paesaggio a definiscono come tipico di colline ad allineamenti paralleli, che si Daniele ad un’altitudine di 261 m s.l.m. fondo pianeggiante da una serie chiuso piedi del maniero e della valle di San e della valle piedi del maniero del la depressione della quale si apre caratteristico storico centro ai è posto a nord,montana delle Prealpi ai piedi di uffici amministrativi e giudiziari.di uffici amministrativi Il le tra montagna e pianura, con la cortina conti della Valmareno e del Podestà,Valmareno sede conti della terizza come zona di transizione gradua- potere politico della zona,potere dei residenza al castello che fu per secoli il centro del secoli il centro al castello che fu per comunale. la sua importanza Cison deve coi suoi rilievi chiude a sud il territorio Passo di San Boldo. di San Passo La frazione di Rolle, mentre Tovena si trova all’imbocco del si trova Tovena mentre le e in prossimità della morena glaciale, della morena le e in prossimità rispettivamente lungo la strada provincia- lungo la strada rispettivamente ta. poste Le frazioni di Mura e Gai sono situato nella parte medio-alta della Valla- situato nella parte medio-alta della QUARTIER DEL PIAVE

Il Castello

gio di Cison sorgeva nella valle di San territori alla nobile famiglia Da Porcia Daniele sotto la protezione della torre quindi, per successione ereditaria, suben- della rocca del “Castelaz di Cison”. trarono i Da Colfosco e in seguito al Gli interessi che si catalizzavano matrimonio dell’unica erede di questa attorno a questa zona di passaggio e ai famiglia, la contessa Sofia con Guecello valichi prealpini portarono probabil- II da Camino a questi ultimi. mente alla realizzazione di torri di Nel corso del XIV secolo il territo- vedetta e di nuclei abitati, anche se di rio subì le conseguenze dell’espansione modeste dimensioni. Dopo la caduta veneziana in terraferma, passando dai dell’impero romano e le invasioni barba- Caminesi ai Veneziani, ai Carraresi, agli riche, con la dominazione longobarda la Asburgo, ai Visconti per tornare poi Valmareno venne assoggettata al ducato definitivamente nel 1388 alla Serenissi- di Ceneda, dove sorgeva, intorno al VI ma che, come aveva fatto in precedenza, secolo un vescovado autonomo. Il lega- vi nominò un Podestà con sede in me della Valmareno con la Diocesi di Cison fino al1436, quando il feudo Ceneda continuò anche dopo la caduta venne ceduto quale ricompensa per del dominio Longobardo, della domina- meriti militari ai due condottieri Era- zione dei Franchi fino all’annessione smo da Narni, detto il Gattamelata, e dell’Italia come feudo della corona ger- Brandolino IV da Bagnacavallo. Dopo manica. Lo conferma il “privilegio” del soli tre anni però, il Gattamelata cedette

C 6 agosto 962 con il quale l’imperatore per 5000 ducati i propri diritti a Bran-

OMUNI Ottone I concedeva al vescovo di Cene- dolino IV che divenne il primo conte da, nominato feudatario dell’impero, un della Valmareno. “beneficio” elencando i territori di sua Il dominio dei Brandolini sul feudo pertinenza, tra i quali era compresa di Cison durerà ininterrottamente per anche la curtis di Tovena. 361 anni, fino al 1797, anno nel quale Il vescovo a sua volta, con analoghi cessava di esistere insieme alla Repubbli- legami di vassallaggio, concesse questi ca di Venezia.

124 CISON DI VALMARINO

to da divisioni e ne riorganizzò le strut- ture politico-amministrative diversifican- do settore artigianale e minerario, incen- tivando la manifattura della lana. La riorganizzazione amministrativa conseguente alle dominazioni napoleo- nica e austriaca vide la Valmareno sparti- ta tra i distretti di Ceneda, Serravalle e Valdobbiadene. Con l’annessione al Regno d’Italia la Valmareno venne attri- buita ai comuni di Follina, Miane, Cison e Pieve di Soligo suddivisione che per- mane tuttora. Nell’800 l’economia vide lo sviluppo del settore caseario, grazie alla fondazio- ne di uno dei primi caseifici cooperativi Il privilegio dell’investitura feudale della provincia e la tradizione vuole che datato 1436 comprendeva la piena giu- qui abbia avuto i suoi natali il famoso risdizione su persone e animali, con giu- formaggio mascarpone. Un progressivo dizio su qualsiasi tipo di causa e con peggioramento della situazione econo- qualsiasi tipo di sentenza, salvo il diritto mica e delle condizioni di vita caratte- di appello a Venezia. Cison divenne rizzò il periodo della dominazione quindi residenza stabile dei conti Bran- austriaca e si protrasse fino all’annessione dolini, capoluogo di contea, sede della al Regno d’Italia spingendo parte della Cancelleria e del Tribunale. popolazione ad emigrare. L’amministrazione della giustizia Nel 1862 i Liberali del paese, costi- penale, ebbe come conseguenza la nasci- tuitisi in un attivo Circolo liberale di ta di un ceto di notai, avvocati, scrivani, impronta anticlericalistica, allontanaro- sbirri e funzionari del feudo che dove- vano provvedere al funzionamento degli uffici amministrativi e giudiziari. Lo scalone con armi e armature La prolungata assenza dei feudatari della valle, come condottieri di “gente d’arme”, causò tensioni nei rapporti fra giurisdicenti e sudditi per circa un seco- lo. In un articolato accordo del 1540, gli abitanti del feudo richiesero la traduzio- C ne, dal latino al volgare, degli”Statuti OMUNI delkla Valle”, per potervisi avvicinare senza barriere linguistiche. Questi statuti furono stampati nel 1600, a cura dell’al- lora podestà Francesco Guerra. Guido VIII Brandolini fra 1668 e 1693 prese in consegna un feudo lacera-

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Lo stemma dei zie alle nuove Brandolini opportunità di lavo- ro offerte dallo svi- luppo della piccola no il parroco Gio- industria, tuttora fio- vanbattista Favero rente soprattutto nel minacciandolo con settore del mobile. scritte sui muri della sua abitazione, Valenze per le sue posizioni architettoniche temporaliste. Questi ritornato a Cison nel Il castello 1867 si dovette scon- A dominare il paesaggio trare con il cappellano all’imbocco della valle del antitemporalista Giuseppe Soligo sorge la mole geome- Moretti. trica del maestoso castello dei Nel Corso della terza guerra di indi- conti Brandolini D’Adda. Sorto come pendenzan, nell’estate del ‘66, un gruppo fortezza militare verso la fine del XII di 200 volontari di Cison e dei paesi secolo venne ampliato e ingentilito nel limitrofi, sotto il comando del garibaldi- secolo successivo dai feudatari Caminesi, no Antonio Buffoni perteciparono alle che vi soggiornarono stabilmente e lotte antiaustriache in Cadore. provvidero ad erigere a scopo difensivo Durante il primo conflitto mondiale una torre e le mura merlate.La sua il territorio fu invaso dalle truppe costruzione sarebbe conseguenza del- austriache e il castello deturpato e spo- l’abbandono dell’anticoCastrum Vallisma- gliato di molte opere d’arte e suppellet- rini andato in rovina in seguito alla fon- tili. Nel corso della seconda guerra dazione del nuovo Castrum Costae mondiale, credendo in una illusoria meglio posizionato per il controllo del- “grande avanzata” degli Alleati nella pia- l’intera vallata. nura padana, a partire dalla metà di La distinzione tra Castrum Vallismarini luglio 1944, le brigate partigiane Tallot, e Castrum Costae nei documenti scom- Piave e Mazzini fecero della Vallata una parve definitivamente intorno al 1400, il “Zona libera” istituendo giunte comu- Castello di Valmareno sarà solo la nuova nali, espressione dei CNL o elette costruzione, mentre la rocca sul Castelaz democraticamente. Naufragando l’avan- cadrà definitivamente nell’oblio. zata alleata, l’esperimento delle “zone L’infeudazione dei Brandolini pro-

C libere” fallì, ad un mese dalla nascita. durrà modifiche e ampliamenti del

OMUNI Cison, diversamente dagli altri paesi castello attraverso i quali verranno assor- della zona, non fu soggetto alle forti rap- bite le parti più antiche del maniero. La presaglie tedesche, grazie all’opera di nuova costruzione della prima metà del mediazione di parroco, podestà e altri XVI secolo, costituisce la parte centrale paesani.Tra le due guerre la crisi econo- dell’attuale castello, ed esternamente è mica accentuò il fenomeno migratorio decorata da affreschi sui quali si aprono che cesserà solo negli anni Sessanta, gra- coppie di eleganti bifore e trifore vene-

126 CISON DI VALMARINO ziane. Nel salone centrale si trovano i no Mattio Grempsel. Feste da ballo e due grandi caminetti della fine del ’600 rappresentazioni teatrali animavano la sui quali spiccano gli stemmi dei Bran- vita della corte di questo piccolo ma raf- dolini con la corona stellata di Cipro, finato castello. inserita dopo che una Cornaro era Intorno ai primi decenni del ‘700 si entrata a far parte di questa famiglia. procedette a un ulteriore ampliamento Lo stemma della famiglia Brandolini della parte meridionale del castello, era inizialmente formato da uno scudo aggiungendo una nuova ala realizzata con tre bande rosse oblique in campo secondo il gusto barocco del periodo: bianco. Sul fondo bianco vennero ricche decorazioni e grandiose propor- aggiunti da Sigismondo I sei scorpioni, a zioni che esaltano il lusso e la magnifi- ricordo dell’insegna di un condottiero cenza della famiglia molto interessanti saraceno da lui ucciso nel corso della sono gli interni degli appartamenti pri- prima crociata. Successivamente Bran- vati, decorati a stucco e in particolare dolino IV nel 1439 aggiunse nella parte quello dell’alcova ornata di anfore, cane- superiore tre trecce rosse in campo stri e festoni fioriti. argentato in ricordo del legame con la Parte dell’ala più antica del castello famiglia del Gattamelata. Dallo scudo andò distrutta nel 1872 a causa di un spunta un braccio armato con una spada grande incendio e subì ancora danni e dal quale si svolge un cartiglio con il devastazione durante la prima guerra motto di Orazio Impavidum ferient, sintesi mondiale. Le strutture murarie non della vocazione di questa famiglia di con- furono però intaccate e dopo lunghi dottieri per istinto e tradizione che prestan- restauri e miglioramenti il castello poté do servizio nella compagnie di ventura, tornare residenza della famiglia a partire secondo le parole di Annibale Brandoli- dal 1929. Durante il secondo conflitto ni D’Adda, “acquistò lustro e notorietà mondiale il castello venne invece adibito con questo singolare fenomeno della ad ospedale. Nel 1959 fu venduto ai storia italiana”. padri salesiani che lo destinarono a cen- Memoria della vocazione militare di tro di cultura e spiritualità. Dal 1998 è questo casato resta una varia collezione stato venduto a una società che, con il di armi e armature disposta lungo le restauro completo di tutto il complesso pareti della scalinata interna del palazzo. e la sua destinazione a centro alberghie- Accanto alle sale di rappresentanza e ai ro e di ristorazione, intende valorizzare locali riservati alla famiglia nobile e alla al massimo la simbiosi di questo edificio servitù, il castello era dotato di locali di storico con il contesto ambientale. servizio come granai, cantine, stalle. Per provvedere al riscaldamento durante il La chiesetta di San Martino C periodo invernale, ogni anno i conti Nel perimetro del castello troviamo OMUNI ricevevano dai loro “distrettuali” 300 la chiesetta di San Martino, di cui si ha carri di legna e 15 di paglia. notizia già prima del 1244 come cappel- Nel XVII secolo il castello era abita- la del castello. Dell’edificio originario to da circa trenta persone tra membri non resta traccia quello attuale infatti è della famiglia nobile e personale di ser- stato realizzato nel 1700 su progetto del- vizio era inoltre presente il pittore stiria- l’architetto Scotti, lo stesso che realizzò

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La piazza del paese con il palazzo municipale

la parte settecentesca del castello. La cap- All’uscita dalla messa, nella Loggia, il pella è riccamente decorata da affreschi Cavalier di Corte rivolto verso la Chie- di Egidio Dall’Oglio, tra i quali pare si sa, leggeva i proclami che potevano trovi anche l’autoritratto del pittore stes- riguardare i dazi, la caccia, il patrimonio so, rappresentato nel monaco che sostie- agricolo, le attività artigianali, la sicurez- ne l’Eucarestia, all’interno del medaglio- za pubblica ai quali i sudditi avrebbero ne che si trova a destra del coro. dovuto attenersi. L’edificio deputato Nella cripta riposano le spoglie mor- all’esercizio del potere feudale, oltre al tali dei Brandolini scomparsi nel corso castello, era la Loggia, costruita nel XVII del 1900. Sulle pareti esterne della cap- secolo. Sede del tribunale, nel quale si pella invece sono murate le lapidi di esaminavano le cause tre giorni alla set- Lippa degli Alidosi, moglie di Brandoli- timana, ospitava inoltre gli uffici ammi- no IV, primo conte di Valmareno e di nistrativi e giudiziari a piano terra e nei Antonio Maria Brandolini cui si deve la sotterranei le prigioni. Il Podestà, assisti- parte cinquecentesca del castello, e il to dal Cancelliere vi amministrava giu- bassorilievo di Brandolino III, il primo dizi sia di carattere penale che civile cui rappresentante della famiglia ad ottenere provvedevano a dare esecuzione gli uffi-

C territori nel Veneto. ciali con funzioni di polizia. Ai piani

OMUNI superiori si trovavano le abitazioni del La piazza del paese Cancelliere e del Cavalier di Corte. Spazio centrale del paese era in passa- to il luogo pubblico dove si dava lettura La Chiesa Arcipretale di Cison dei bandi, delle ordinanze e delle sen- La Pieve di Cison è tra le più antiche tenze criminali alle quali si sarebbe data della diocesi di Ceneda, la si fa risalire al poi immediata esecuzione. VIII-IX secolo e viene documentata dal

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Verci già nel 1170 e citata, col suo pieva- Chiesa di San Francesco no Cassiodorus... de Cisone, nel testamento Sobria ed essenziale risale al XVI di Sofia da Colfosco del 1175. Si appren- secolo come l’annesso convento. Anche de dalla visita pastorale del 1475 che la in questa chiesa sono presenti opere del chiesa era “antichissima e quasi cadente”, Dall’Oglio che, pur non precisamente tanto che si stava procedendo alla sua datate, si assegnano al periodo iniziale ricostruzione, il nuovo edificio rimarrà della sua attività artistica. in funzione fino al 1683, data di inizio della costruzione della chiesa progettata Chiesa di San Silvestro dall’architetto austriaco Paolo Grempsel. A nord di Cison, addentrandosi nella Il nuovo complesso venne completa- valle di Sant’Antonio e superata il to nel 1740 e consacrato nel 1746 dal borgo di Campomolino, si trova l’anti- vescovo Lorenzo da Ponte. Dedicata alla chissima chiesetta di San Silvestro, pro- Madonna Assunta e a San Giovanni Bat- babilmente la prima chiesa parrocchiale tista la chiesa di Cison costituisce un di Cison. unicum decorativo non solo per i suoi Di essa si ha notizia in un documen- marmi preziosi, per gli stucchi policromi to testamentario del 1224 come chiesa e le statue che la ornano, per il notevole di Sancti Silvestri de Cisone. Restaurata e ciclo di dipinti che contiene, ma anche ampliata nel 1594 da Francesco Maria per la particolarità delle sue due facciate. Brandolini, come riportato dall’iscrizio- L’interno ad un unica navata è in stile ne sopra la porta. Racchiude opere di barocco, decorato da affreschi e tele di Egidio Dall’Oglio. Egidio Dall’Oglio che rappresentano il momento centrale della maturità artisti- ca del pittore cisonese. Dello stesso auto- Chiesa della Beata Vergine delle Grazie re sono i dipinti sul soffitto della sacre- stia e sue opere di un certo pregio sono custodite anche nella vicina canonica. L’organo, costruito da Gaetano Calli- do nel 1779, venne rimaneggiato con esiti alquanto discutibili nel 1954 e recentemente è stato oggetto di un ulte- riore restauro che ne ha ripristinato la sonorità originale.

Chiesa di San Vito

Al centro del paese, presso il ponte C sul Rujo, si trova l’oratorio di SanVito; OMUNI è certamente fra le più antiche del paese, ricordata anche nella visita pastorale del Vescovo nel 1475. Al suo interno un altare riccamente intagliato, in legno policromo, contiene una tela del Cenedese Silvestro Arnosti.

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Beata Vergine delle Grazie ROLLE Presso il cimitero, si trova la chiesa costruita in memoria dei caduti della Frazione del comune di Cison di prima guerra mondiale. Valmarino, l’abitato di Rolle è situato L’interno conserva due piccole tele sulle colline a sud di Cison a 260 m circolari su un confessionale settecente- s.l.m. in un contesto ambientale ancora sco in legno che si attribuiscono al Dal- quasi intatto. l’Oglio, mentre il dipinto dedicato alla Vergine dello stesso autore venne trafu- La storia gato nel 1969 e non più recuperato. La storia di questo villaggio è legata Sotto il tempio si trova una grande fin dal XII secolo a quella di Cison: dap- cripta. prima infatti questo borgo fu “regola” o All’esterno, dietro la chiesa si trova il “villa” della Pieve di Cison e in seguito piccolo oratorio di San Felice in Cam- divenne la circoscrizione più a oriente pagna dal quale sarebbero pervenute al dello stesso feudo. Una parte del territo- tempio sia la pala trafugata che il con- rio della parrocchia attuale costituiva, fin fessionale settecentesco. dal 1209, prebenda dei monaci benedet- tini di Nonantola, che reggevano la chie- Chiesetta di San Gottardo sa di Santa Maria Maggiore di Treviso. Presso la località Mura si trova l’ ora- Del vecchio monastero con annessa torio di San Gottardo del quale si ha la chiesa, oggi resta solo la “barchessa”, prima attestazione nel 1319. Al suo ancora in parte visibile vicino al centro interno una interessante tela, dipinta da del paese. Varie erano le comunità reli- Francesco Frigimelica, raffigurante San giose presenti nel territorio e grazie alle Gottardo e santi del primo ‘600. Nell’ab- loro attività agricole e di commercializ- side e nel soffitto della navata opere di zazione dei prodotti della terra, Rolle Egidio Dall’Oglio. rimase fino all’epoca napoleonica un

Rolle, chiesa dei Santi Giacomo e Filippo C OMUNI

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Blasoni popolari

Gli abitanti di Cison sono detti I lof da Zison ovvero i lupi termine che sta ad indicare gli abitanti di una zona selvatica e boscosa, ma sono anche detti in senso dispregiativo sloz (marci) o loz anche se questi termini sono comunque successive interpretazioni del temine lof. Possono anche essere chiamati sgiolz dai tipici mattoni di semicotto usati nella zona. A Tovena hanno fama di amare il divertimento e il canto tanto da essere definiti i car- delin de Tovena. Forse da un fatterello locale deriva la scherzosa filastrocca che dice: Quei da Tovena, i canbia la vècia ... co la dovena!. Dalla rivalità tra paesi nasce invece il detto: Co i sona a Gai, i bala a Tovena! perchè le campane di quella chiesuola, così in alto, non servivano a quelli di Gai, il loro suono infatti si udiva solo in distanza, arri- vando fino a Tovena che trovava il pretesto per mettersi a ballare anche con il suono delle campane. Rolle era rinomata per la produzione della frutta forse per questo i suoi abitanti veni- vano scherzosamente definiti i pér da Role ma essere pér significa anche maturare dopo i perét perciò sarebbero un poco ritardati. Per contro essi sostengono che essere pér è invece sinonimo di maturità e saggezza. Sono detti anche i bronboi da Role (le prugne di Rolle). Per il difficile accesso al paese viene accomunato a Farrò e Arfanta nella fila- strocca che cocsì recita: Role, Refànta e Farò; i ultimi tre paesi che Dio creò.

attivo centro economico. Come per chia solo nel XVIII secolo vescovo molti altri piccoli paesi della vallata, il Lorenzo Da Ponte. XX secolo ha visto una notevole ridu- L’edificio della vecchia chiesa venne zione della popolazione a causa del feno- completamente ristrutturato nel 1700 meno dell’emigrazione e dell’abbandono mentre la torre campanaria fu eretta fra del lavoro in agricoltura. Attualmente le il 1904 e il 1911. All’interno opere di principali attività economiche sono lega- Egidio Dall’Oglio. te a questo settore, alla viticoltura, alla produzione di latte e alla ristorazione. Oratorio di Santa Lucia In località Costa di Zuel si trova l’O- Valenze architettoniche ratorio di Santa Lucia di cui si ha la

prima attestazione nel 1397. Viene poi C

Chiesa dei Santi Giacomo e Filippo menzionata negli atti della visita pasto- OMUNI La prima testimonianza della chiesa rale che il vescovo Pietro Leoni effettuò risale al 1266, si ha poi notizia di un nel 1673. La piccola chiesa fu sempre oratorio in loco dedicato a SanGiacomo oggetto di lasciati e cure da parte di apostolo nel 1300. Nel corso del XVI persone pie che con le loro donazioni secolo Rolle divenne cappella della ne garantivano il mantenimento e la pieve di Cison ma fu elevata a parroc- celebrazione della messa nelle festività e

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assieme a quello di Santa Lucia sarebbe Toponomastica stato introdotto in queste zone dai monaci benedettini.

L’origine del toponimo è incerta e potrebbe derivare dal nome latino del TOVENA rovo, robus. Un interpretazione fanta- siosa fa derivare il nome di questa La località posta lungo la Vallata e località dalla nota produzione di vasel- all’imboccatura della valle che porta al lami per cucina che fino al secolo passo di San Boldo, situata a 256 m scorso producevano le numerose for- s.l.m., è frazione del comune di Cison di naci locali, la locuzione latina che sin- Valmarino. tetizza questa attività sarebbe regio olla- rum ovvero “zona delle pentole” da cui La storia si giungerebbe al nome di Rolle. Scarsissime sono le testimonianze umane riferibili all’età preistorica, alcuni ritrovamenti nella parte centrale della vallata di Tovena risalenti all’età del bron- nei giorni feriali. L’edificio subì un’am- zo fanno presumere che la zona fosse pliamento intorno al 1719 che permise frequentata e forse abitata.Testimonianze di aggiungere il coro e nello stesso indirette e alcuni ritrovamenti risalgono periodo venne eretto il campanile. Suc- poi all’epoca romana, ma è solo a partire cessive ristrutturazioni vennero effettua- dal basso medioevo che la località te nel 1860 e in quel periodo si costruì comincia ad acquistare una certa impor- anche la piccola canonica. Fu la popola- tanza come via di comunicazione tra la zione che si fece carico dei restauri al valle del Piave, il Bellunese e la regione soffitto e alle fondamenta a fine dolomitica. A quel periodo risale ’800 e vi contribuirono probabilmente la torre di vedet- anche alcuni emigranti con ta costruita all’imbocca- le loro offerte. tura del canale di L’interno con- San Boldo a sorve- serva una pala del glianza e protezione pittore stiriano del percorso. L’edifi- Mattia Grempsel cio, di forma qua- raffigurante la drata, venne mante- patrona Santa nuto in funzione

C Lucia che si fa risa- Oratorio di Santa Lucia fino al 1420, quando

OMUNI lire al 1719-20, la sua importanza periodo di amplia- strategica venne mento dell’abside. meno e, forse a causa di questo, la sua Nelle vicinanze di questo oratorio si manutenzione venne abbandonata. Il trova il tempietto semicircolare in stile totale decadimento dell’edificio fu pro- barocco dedicato a Sant’Eurosia e San- babilmente causato da un incendio, che t’Irene il culto di queste due sante, lo rase completamente al suolo. Attual-

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Tovena, casa affrescata mente è visibile solo il perimetro del costruito nel XVII secolo venne poi basamento della torre, i sui frammenti ampliato a metà dell’800 con l’aggiunta sono stati consolidati dal Gruppo delle due navate laterali. Archeologico Cenedese, che ha potuto L’interno della chiesa è considerato anche recuperare alcuni reperti archeo- logici riferibili all’epoca romana e bizan- tina. L’importanza del territorio , come Toponomastica zona di passaggio e di confine, è attestata fin da prima del Mille nel diploma del 962 con il quale l’imperatore Ottone I Per la derivazione del toponimo ci concedeva i diritti feudali sulla curtis di sono due ipotesi il nome Tovena Tovena al vescovo di Ceneda, Sicardo. potrebbe derivare dal temine tof che Per delega del vescovo-conte, il territorio indica una roccia o pietra delle Prealpi passerà poi sotto il dominio di diverse Venete, oppure da top, termine che signorie fino alla venuta dei Brandolini. significa solco, erosione. C

Il nome della località Soller derivereb- OMUNI Valenze architettoniche be dal termine latino solarium che stava ad indicare la “casa rurale di tipo Chiesa Parrocchiale romano”. Detta ipotesi potrebbe essere dei Santi Simone e Giuda attendibile visti i ritrovamenti di alcuni La prima attestazione della chiesa di reperti romani. Tovena risale al 1243. L’edificio attuale,

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uno dei più originali ed eleganti delle IL PASSO DI SAN BOLDO chiese della diocesi e racchiude numero- se opere d’arte. Interessante è il battistero Fin dai tempi più antichi il passo di di epoca medioevale coperto da una San Boldo veniva utilizzato, in alternati- cuspide lignea ottagonale. L’organo si va al Fadalto, quale via secondaria per il deve forse al Callido ed è un tipico superamento dei rilievi prealpini, per un esemplare del ‘700 secondo lo stile vene- rapido accesso al bellunese. Il suo trac- ziano. ciato era poco più che una mulattiera e per questo era gravato di dazi minori; si Chiesa di San Vigilio pagavano infatti solo la muda sulle In località Costa di San Vigilio a nord merci e per il cambio o noleggio dei di Tovena, si trova la Chiesa di SanVigi- quadrupedi. lio di cui si ha notizia per la prima volta Si saliva al passo lungo il canale che si nel 1547. apre dall’abitato di Tovena, sul greto del Il Tomasi afferma che: “Dal XVIII torrente Gravon. Il percorso era stato sono docc. eremiti viventi nel romitorio sistemato in alcuni tratti con una pavi- presso la chiesetta (vi è graffita la data mentazione piuttosto sommaria che per- presso la chiesetta) ” in nota riporta che metteva ai carriaggi di arrivare fino alla “...in zona SanVigilio è impetrato per località detta cargador, limite massimo che ottenere la pioggia… Poco a monte una i carri trainati da muli o buoi potevano fonte perenne che la tradizione assicura raggiungere. A partire da qui la merce “miracolosa” e ripari con graffiti”. proveniente dal Bellunese veniva caricata sui carri che tornavano a valle, mentre Chiesa Parrocchiale Gai quella diretta al passo veniva caricata Posta in bella vista sulla collina more- sulle some oppure portata a spalla d’uo- nica che spicca nella vallata, la chiesa di mo. Dal cargador si proseguiva fino al San Michele è ricordata per la prima capitello del Cristo a quota 635 m, da volta nel 1266 tra le prebende degli stes- dove il sentiero iniziava ad inerpicarsi si monaci benedettini presenti a Rolle. con una pendenza così decisa che, per Si trattava di una chiesa campestre agevolare l’ascesa di uomini e animali, dipendente dalla pieve di Cison che vennero posati trasversalmente al percor- divenne parrocchia soltanto nel 1947. so delle assi di larice che diedero il nome L’edificio attuale risale al 1740 e all’in- di scalon a questo tratto del percorso. Nel terno si trovano affreschi di Egidio Dal- punto di maggior rilievo la quota del l’Oglio raffiguranti l’arcangelo Michele passo è di 706 m. Giunti alla sommità del nella La liberazione di san Pietro, L’annun- valico si trovavano l’antica muda e l’oste-

C cio a Giuseppe, L’Assunzione di Maria in ria, l’edificio della quale venne distrutto

OMUNI cielo. Sull’altar maggiore una pala di durante la prima guerra mondiale. gusto semplice e popolare che rappre- senta San Michele con le bilanco venne La storia scoperta in occasione della rimozione In epoca medioevale l’importanza del della tela di Francesco da Milano raffi- passo e la frequenza del transito di merci gurante la Madonna con Bambino, ora costituiva motivo di attrito le città fra custodita presso la canonica di Tovena. Treviso e Belluno che se ne disputavano

134 CISON DI VALMARINO il controllo, anche perché esso rappre- richiesti per la realizzazione dell’opera, sentava un confine spesso oggetto di pur considerata la sua utilità consentiro- contestazioni. La sua importanza militare no solo la sistemazione del primo tratto venne meno con la conquista del terri- di strada fino al capitello del Cristo. Il torio veneto da parte della Serenissima tratto successivo di strada richiedeva che nel 1420 decise di comprendere opere di sistemazione e consolidamento l’antica Torre di Boldo tra i manufatti onerose per le quali fu richiesto l’inter- inutili il cui mantenimento risultava vento del Genio Civile e dell’Esercito troppo dispendioso rispetto all’utilità che che si dichiarò contrario alla realizzazio- essi fornivano e venne perciò abbattuta. ne dell’opera per motivi strategici. Il passo continuava però a mantenere la Timori non infondati visto che, dopo sua importanza commerciale e, nel 1428, l’occupazione del 1917, furono proprio la comunità bellunese, per garantire la gli austriaci a decidere di completare la riscossione della tassa di passaggio, si fece strada che offriva loro una rapida via di carico dell’acquisto di un’immobile con accesso al fronte sul Piave. I lavori ven- stalla per dare alloggio al daziere. nero svolti da prigionieri italiani e russi Gli introiti di questo balzello veniva- e dalla popolazione locale. Al temine del no in gran parte assorbiti dalle onerose conflitto dovettero essere ricostruiti i spese di manutenzione della strada, ma il due ponti fatti saltare dai nemici in fuga, valico continuava a essere la via più e riparati i danni ai rivestimenti interni breve di comunicazione tra il trevigiano delle gallerie. e il bellunese tanto che, i comuni di Il passo di San Boldo, dopo anni di Mel, Cesana e Valmareno per aggirare il chiusure per contenziosi e lunghi lavori monopolio dei bellunesi pensarono di di consolidamento e manutenzione è costruire un passaggio alternativo per il stato riaperto e adeguato alle esigenze canale di Praderago. A lavori già iniziati, attuali del traffico. I ripidi tornanti che Belluno decise di appellarsi a Venezia per portano alle gallerie ad “elica geometri- la loro sospensione e a questa richiesta si ca” scavate in curva come dentro a un unirono anche Conegliano e Serravalle, cilindro di roccia, costituiscono ancor che temeva un declassamento del Fadal- oggi un percorso suggestivo che offre to. Il decreto di sospensione dei lavori spunti panoramici e paesaggistici sul non si fece attendere, confermando Quartier del Piave, oltre che una rapida ancora la validità di questo passo per l’e- via di comunicazione tra le province di conomia locale. In seguito il controllo Treviso e Belluno. del valico e la sua giurisdizione passaro- no ai conti Brandolini che provvidero La chiesetta di San Boldo alla riscossione della muda. Il culto del santo è attestato fin dal C

Nel corso dei secoli il tracciato del XVI secolo, ma la chiesetta venne OMUNI percorso non subì variazioni, fu soltanto costruita solo nel secolo successivo, vi si a partire dall’800 che si cominciò a ipo- celebrava la messa ogni domenica e il tizzare la costruzione di una strada che, suo mantenimento era a carico dell’oste utilizzando il valico, mettesse più agevol- di San Boldo. La titolarità della chiesa è mente in comunicazione il bellunese stata oggetto di un lungo contenzioso con il trevigiano. Gli altissimi costi chiarito nel 1960 grazie a ricerche stori-

135 Passo San Boldo

che e d’archivio: il nome del santo posto no giunto da nord attraverso il San a protezione del passo altro non è che Boldo. Stremato di fatica egli sarebbe quello di sant’Ippolito, festeggiato il 13 stato soccorso dagli abitanti di questo agosto, non di sant’Ubaldo; Boldo infatti paese ai quali, in segno di profonda gra- è la contrazione in Poltus del nome lati- titudine, avrebbe lasciato la preziosa reli-

C no Ippolito. quia sparendo poi misteriosamente. Il

OMUNI capo della santa poté essere traslato in TRADIZIONI E LEGGENDE chiesa solo dopo numerose processioni e penitenze, un capitello, ricostruito Il culto di Sant’Ottilia recentemente, sorge sul luogo del ritro- Si racconta che la miracolosa reliquia vamento. Il resto del corpo della santa si del capo della badessa di Hohemburg sia trova presso il Monastero di Mont Sainte giunto a Tovena ad opera di un pellegri- Odile di Strasburgo e, particolare curio-

136 CISON DI VALMARINO so, non si hanno notizie di un trafuga- sapevoli dell’attrazione che avevano mento del capo e ciò rende la vicenda di entrambi provato. questa reliquia ancora più curiosa. L’impresa dei crociati si rivela sfortu- nata, dalla Terra Santa giunge notizia di Il molinello del Supplizio una terribile sconfitta e anche Gilberto è Tradizione vuole che attorno ai dato per morto. Alcuni crociati di ritor- castelli aleggino antiche e paurose leg- no dall’impresa recapitano per errore il gende e questa consuetudine non viene suo testamento ad Isoardo che lo reca ad meno neppure per il castello di Cison. Si Amelia. La dipartita di Gilberto, pur rat- racconta che i Caminesi tenessero in tristando Amelia, consente alla giovane crudele dominio le popolazioni loro dar libero corso ai suoi sentimenti e in soggette sottoponendole a sevizie e tor- seguito di unirsi in nuove nozze con ture, la peggiore delle quali era quella Isoardo. Ma la sera delle nozze, un miste- del “molinello”. Si trattava di una mac- rioso cavaliere che cela la sua identità china che straziava i corpi dei condan- sotto la visiera dell’elmo, chiede ospitali- nati facendone cadere i pezzi in un tà per la notte. Come di consuetudine pozzo sottostante.Vuole la leggenda che, viene accolto e gli si chiede di racconta- la sera del giorno dei Morti, il misterio- re le sue avventure. Con voce grave egli so serpente che vive in quel pozzo svegli narra la storia di un cavaliere che, prima con i suoi sibili infernali le anime dei della partenza per la Terra Santa, aveva suppliziati che salgono in superficie con preso come pegno d’amore e di fedeltà imprecazioni e lamenti. la metà di una collana che la moglie por- tava al collo. Credendolo morto in batta- Gilberto e Amelia da Mareno glia, questa donna infedele non aveva I fatti di questa tragica leggenda si però atteso il ritorno della parte man- sarebbero svolti nell’antica rocca di Val- cante del monile prima di congiungersi mareno, il cui signore da poco si era in nuove nozze, aveva preferito seguire il unito in nozze con la bella Amelia. La suo cuore piuttosto che onorare fino in vita tranquilla di questo piccolo castello fondo il suo voto. Ma grazie ad un sorti- viene presto sconvolta dalla chiamata legio, la parte di collana che essa portava alla crociata cui anche Gilberto non ancora al collo si sarebbe trasformata in può sottrarsi. Come pegno d’amore e una serpe che, soffocando la fedifragra, di fedeltà per entrambi, il marito divide avrebbe vendicato il tradimento e punito in due parti la collana che la moglie così la colpevole. porta al collo trattenendone una metà Amelia pervasa dal terrore si lascia per sé. Il tempo trascorre e la giovane sfuggire un grido, mentre Gilberto, svela sposa cerca di colmare la solitudine con la sua identità lanciando ai piedi della C lunghe cavalcate nel bosco, durante una moglie il suo pezzo di collana, sfidando OMUNI di queste incontra un orso che fa così il suo rivale a duello. imbizzarrire il suo cavallo. Fortunata- Isoardo tenta di fuggire portando con mente interviene in suo soccorso un sé Amelia svenuta, ma Gilberto non cavaliere che si rivela essere Isoardo, il intende lasciare tregua ai due fuggitivi, signore di Mura. I due giovani si sepa- deciso a vendicare l’infedeltà. Dopo un rano ed eviteranno di incontrarsi con- lungo inseguimento i due rivali combat-

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tono un duello senza esclusione di colpi, miracolosamente una fonte battesimale. al termine del quale Isoardo e Amelia Il corpo dell’altro Infedele invece si troveranno la morte. Sarà nella profondi- sarebbe trasformato in una testa di bue tà dei laghi di Revine che i due infelici pietrificata che il paladino attaccò all’in- amanti troveranno la pace. gresso di una caverna dove pare si trovi tutt’ora. La campana di Cison Un’altra tradizione della Valmareno PERSONAGGI ILLUSTRI vuole che, nell’imminenza della morte dei membri della famiglia Brandolini, la Egidio Dall’Oglio (1705-1784) campana della chiesa di Cison suoni Una delle più antiche famiglie di alcuni rintocchi funebri senza che mano Cison è quella dei Dall’Oglio che risul- umana la muova. Secondo le testimo- tavano dipendenti dei Brandolini e nianze popolari questo fatto si verificò addetti in particolare all’amministrazione anche nel secolo scorso e nel 1935, dei loro beni. Nel campo delle arti, il quando il conte Brandolino si trovava in più illustre rappresentante della famiglia grave pericolo di vita fu certamente Egidio, che ebbe proba- . bilmente come suo primo maestro il Il “cagador de Orlando” pittore stiriano Mattio Grempsel. In Quando il vento ulula nella gola del seguito egli fu inviato a Venezia, dove San Boldo con particolare violenza, si proseguì i suoi studi come allievo del tratta del paladino Orlando che viene a Piazzetta. Ritornato a Cison seppe liberarsi dei suoi bisogni fisiologici nel armonizzare lo stile veneziano con il luogo detto “el cagador de Orlando”. La contesto semplice e popolare della sua “latrina” dell’illustre paladino è identifi- terra. Pittore fecondo decorò con le sue cata nel canalone verticale a forma di opere molte chiese della Vallata, non dis- rombo che si nota a destra del passo di degnò tuttavia di lavorare anche nel tre- San Boldo, in prossimità delle ultime vigiano e nel bellunese. gallerie. Il famoso ed errabondo Orlan- do sarebbe giunto fin qui al seguito del Bartolomeo Dall’Oglio suo illustre imperatore Carlo Magno, Figlio di Egidio, continuò la tradizio- giunto in Italia per contrastare la ribel- ne familiare, anche se con risultati arti- lione del ducato longobardo del Friuli. stici meno brillanti. Le sue opere sono Combattendo in lungo e in largo nella conservate nelle chiese locali di Santa Marca il paladino, sarebbe giunto sul San Maria di Lago, di San Pietro di Feletto e Boldo dove trovò ad affrontarlo due due tele nella chiesa di Cison.

C infedeli. La fantasia popolare a questo

OMUNI punto confonde Longobardi con infede- Antonio Buffoni (1841-1905) li, ma quel che conta in fondo è il gran- Giovanissimo si arruolò nelle brigate de eroismo di questo cavaliere che dei garibaldine partecipando a varie campa- due risparmiò soltanto quello che chiese gne di guerra tra il 1859 e il 1866. Fu di essere battezzato. Per provvedere alla nominato Capitano dei volontari della conversione il prode cavaliere si raccolse Guardia Nazionale di Belluno e in que- in preghiera e dalla roccia si schiuse sta veste provvide a organizzare i Gari-

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Feste

Sono rinomate la Festa della Primavera, un tempo di San Marco e poi della Genziana) che si celebra il 25 aprile e a cui è legata la tradizionale raccolta dei fiori di San Daniele. In concomitanza della solennità dell’Assunta, ad agosto, si svolge la rassegna “Artigianato Vivo”. Unica nel suo genere in tutta la provincia, la manifesta- zionetende al recupero dell’artigianato artistico e di antica tradizione. È parti- colarmente suggestiva perché i laboratori artigianali e artistici vengono alle- stiti all’interno dei cortili, nelle case e persino nelle caratteristiche ex cantine Brandolini. La sera le vie dei paese e le corti sono illuminate da torce e ani- mate da musicisti; la manifestazione inoltre offre ai visitatori spettacoli teatrali per grandi e piccini, incontri di cultura e storia, mostre di pittura, intratteni- menti musicali di vario genere. A Tovena, in ottobre, durante la Festa dei Patroni Santi Simone e Giuda viene organizzata la Fiera Franca.

baldini convenuti a Cison contro gli potuto rivitalizzarsi attraverso il recupe- Austriaci. ro di un itinerario, chiamato la Via dei Mulini che ripercorre la Rujea eviden- Luigi Alpago-Novello ziando gli opifici attivi tra il XVI e il Medico condotto di Cison, fu tra i XIX secolo. Il percorso parte dal centro relatori dell’Inchiesta Agraria sulle con- di Cison, dal ponte di San Vito fino a dizioni della classe agricola del 1882 per quello a tre arcate in frazione San Silve- la provincia di Treviso. Denunciando la stro. Si incontrano lungo il percorso, i mancanza di investimenti nel settore resti di lavatoi, abbeveratoi e mulini. I agricolo e di aiuti concreti alla popola- folli da panni con annesse chiodare,i zione che, stremata dalla pellagra e dall’e- magli erano concentrati soprattutto a strema indigenza, si vedeva costretta all’e- San Silvestro e Campomolino. Esisteva- migrazione, si attirò le ire dei proprietari no anche una segheria, una filanda e una terrieri che mal digerirono questa latteria. Gli impianti più caratteristici denuncia, fu costretto perciò ad abban- sono il Mulino Fiorin in località Marite- donare la condotta medica del paese. ra e i Mulini di Cencio Ciae a San Silve-

stro. C

PERCORSI NATURALISTICI OMUNI Rifugio Ai Loff La via dei Mulini Il bivacco Ai loff, sotto la Croda del La comunità di Cison e il suo Gevero è raggiungibile attraverso diversi “Rujo” hanno sempre vissuto in una itinerari che sono tutti segnalati. Il più sorta di simbiosi. Questo antico legame, frequentato è quello che sale dal sentiero grazie a un gruppo di volontari, ha dell’Asta, caratterizzato da una piccola

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via ferrata e che offre una grande varietà sante aspetto di architettura rurale. Si di paesaggio e di vegetazione. Si attra- riprende la strada asfaltata e si prosegue versano tratti boscosi e zone aride con per circa 300 m fino ad incontrare sul pareti scoscese, superato un dosso si lato sinistro una stradina che porta alla giunge infine a quota 1134 al rifugio, chiesetta di San Michele da cui si gode aperto in tutte le stagioni con spazio per una notevole vista panoramica. Dal una decina di persone circa. cimitero antistante la chiesa si scende lungo la strada asfaltata fino ad un Sentiero naturalistico della vallata incrocio, dove si devia a sinistra percor- Un’itinerario che offre interessanti rendo via Carso. L’itinerario procede in spunti geologici sul lavoro dell’antico una valletta, tra colture di vite e di mais ghiacciaio del Piave parte dalla piazza e prati da sfalcio. Attraversata la borgata centrale di Tovena in direzione del vec- di Gai di Sopra si segue una carrareccia chio borgo di Mura. Si prosegue poi verso una stalletta e, oltrepassate le col- per una strada bianca che costeggia il tivazioni, ci si inoltra in un bosco di fiume Soligo tra prati e cortili e si arri- castagno. Si arriva al prato delle Case va a un ponte, ci si dirige quindi verso Teson, da qui si prende una mulattiera una bassa dorsale che sbarra gran parte che conduce, dopo poco più di un chi- della vallata e sulla quale è posto il pae- lometro e mezzo al mulino di Fratta. setto di Gai. Questa è una tipica more- Giunti al capitello ci si dirige a nord, na frontale di uno dei rami maggiori lungo la strada asfaltata, fino ad un del primitivo ghiacciaio del Piave. Per ponte che attraversa il canale artificiale avere un’idea interessante della varietà della Tajada in cui scorre il fiume Soli- litologica del materiale trasportato dal go, emissario dei laghi di Revine. Pro- ghiacciaio è utile osservare i blocchi di seguendo per la strada asfaltata si rag- pietra con i quali sono costruite le case giunge la provinciale che riporta all’a- del paese che offrono anche un interes- bitato di Tovena.

Cison di Valmarino, chiesetta di San Vito C OMUNI

140 C OMUNI , due cuspidi di spathe erano infatti i grup- fare fare Toponomastica L’origine del toponimo è lon- del toponimo è L’origine Vestigia longobarde sarebbero ravvi- sarebbero longobarde Vestigia il territorioIn epoca altomedievale pi parentali che vantavano comune che vantavano pi parentali costituivano discendenza e che del popolo l’organizzazione sociale ad seguito vennero longobardo;in anche il territorioindicare sul quale queste genti erano insediate. Di origine sono anche longobarda altri toponimi della zona come Col de Guarda, Col Monguarda, Gardè e Pertegà, come e molti cognomi ArmanGhizzo. e gobarda, le lancia e resti di umboni di scudi. lancia e resti sabili in alcune antiche costruzioni di e Rialto. Credazzo di Farra in due feudi: era suddiviso a oriente il feudo di Farra e a occidente, Col San Martino,verso quello di Cre- dazzo. di Soligo. i Più consistenti sono invece reperti riferibili al periodo longobardo: è stato identi- longobardo un sepolcreto ficato in località Monchera, sulle prime pendici della collina. furono Dagli scavi alcune recuperate 141 OLIGO S

L’epoca romana è documentata in romana L’epoca Ritrovamenti preistorici riferibiliRitrovamenti Capoluogo comunale,Capoluogo Farra di Soli-

ARRA DI

La storia F

attraversava anche il territorioattraversava di Farra Claudia Augusta Altinate il cui tracciato Augusta Claudia epoca della costruzione strada della tombe riferibili imperiale, all’età tardo materiale è andato perduto. di Si trattava Tiziano agli inizi del ’900 ma tutto il genere sono emersigenere in località San misura piuttosto scarsa, reperti di vario rarie a carettere umbro o paleoveneto”. rarie umbro a carettere dicò nel lontano 1925 “iscrizioni fune- dicò nel lontano 1925 alle Antichità e gli Scavi nel Veneto giu- Veneto nel Antichità e gli Scavi alle curiose incisioni che la Soprintendenza diverse località della zona,diverse che recano anche da numerosi massi,anche da numerosi sparsi in un abitato umano antico è documentata sioni piuttosto rilevanti. di La presenza alcune tombe con scheletri di dimen- San Giorgio, luce alla sono venute dove Borgo Grotta, alle pendici del colle di abitato fosse localizzato in località di Farra, si ritiene che il primo nucleo sono stati rinvenuti anche nel territorio anche sono stati rinvenuti tortuoso della Rui. a.C.) (XIII secolo all’età del bronzo fiume Soligo ed è attraversato dal corso fiume Soligo ed è attraversato catena di colline poste a occidente del catena di colline poste pianeggiante, ai piedi della si sviluppa Il territorio, in parte e in parte collinare le frazioni di Soligo e Col San Martino. le frazioni di Soligo e go è situata a 157 m s.l.m.go è situata a 157 m e comprende QUARTIER DEL PIAVE

Al centro del feudo di Farra, sul colle destino dopo la dedizione a Venezia. di San Giorgio erano situati il castellare, Dalle statistiche censuarie risulta che la villa e il castrum che appartennero alle fino alla caduta della Serenissima la fra- famiglie Da Farra e in seguito ai Nord- zione storica più popolata era Soligo, igli che li cedettero poi al Comune di seguita da Col San Martino e da Farra, Treviso, conservando tuttavia in quel mentre dalla seconda dominazione territorio molti beni. austriaca ad oggi l’incremento demo- Il feudo di Credazzo costituiva uno grafico si è sviluppato in favore di Col dei punti strategici del sistema difensivo San Martino, che ha quasi raddoppiato collinare che era andato costituendosi la popolazione rispetto alle altre due tra X e XII secolo per la difesa e l’orga- frazioni. nizzazione del territorio. L’origine del Nel 1816 Farra ottenne l’autonomia castello risale forse al IX-X secolo, amministrativa con le frazioni di Soligo quando la costruzione di nuove fortezze e Col San Martino e da allora appartie- o il mantenimento di quelle già esistenti ne al mandamento di Valdobbiadene. venne affidato a famiglie feudali che L’economia della zona è stata nel esercitavano il potere in funzione del re passato a carattere prevalentemente o dell’imperatore. Furono presumibil- agricolo e zootecnico, nella fascia colli- mente i Collalto ad erigerlo, esercitando nare la produzione vinicola è rinomata le funzioni e le prerogative inter Solicum grazie ai vitigni di Prosecco e Verdiso. et Rabosum flumina che l’imperatore Nel secolo scorso erano presenti aveva loro confermato con un diploma anche una filanda per la lavorazione nel 980. della seta e venne fondata la Latteria La prima comunità cristiana del Sociale di Soligo che contava due suc- luogo pare si sia sviluppata alle pendici cursali, una a Pieve di Soligo (1866) e del colle di San Giorgio intorno alla una a Col San Martino (1894). chiesa omonima, edificata in epoca Attualmente Farra è centro indu- anteriore al Mille. Nel ’300 Farra e striale specializzato nei settori del mobi- Credazzo risultano essere due regole le, meccanico e alimentare. distinte per la gestione dei rispettivi patrimoni e la titolarità della parrocchia Valenze architettoniche spettava alla chiesa di Santo Stefano di Farra detta per questo regola titulata, La chiesa di Santo Stefano mentre Credazzo dipendeva dalla Pieve La designazione di questa chiesa di Sernaglia. A partire dal 1499 le due come regola titulata indica che si trattava comunità cristiane non risultano più dell’edificio di culto di un insediamento

C distinte e sono rette da un unico sacer- infeudato a qualche famiglia nobile che

OMUNI dote e nel territorio risultano tre chiese, di solito provvedeva anche alla costru- tutte bisognose di restauri: la chiesa di zione di un’oratorio per le sacre funzio- San Giorgio, la chiesa di Santo Stefano ni. L’edificio risale al XII secolo ma la e San Lorenzo di Credazzo. prima attestazione si ha soltanto nel Dal XIV secolo, Farra, con le ville e 1225. Parrocchia già nel XIV secolo, la regole d’Oltre Piave appartenne al distret- chiesa, più volte restaurata tra ’500 e to del Comune di Treviso e ne seguì il ’700, si presenta oggi con un’unica

142 FARRA DI SOLIGO navata in stile rinascimentale-barocco. una pala di Palma il Giovane raffiguran- Nell’800 venne ampliato anche il coro, te la Madonna in trono con il Bambino e ma nei primi anni del ’900 si avviò la santi. Fu restaurato nell’800 con il con- costruzione della nuova parrocchiale, corso della popolazione. senza demolire la vecchia chiesa che si trova dietro l’abside del nuovo edificio. Le torri di Credazzo Molte delle pregevoli opere d’arte di Il nome di Credazzo, da creda (creta, cui era adornata si trovano oggi nella argilla), si deve alla caratteristica argillo- nuova parrocchiale. sa del terreno; appare per la prima volta in un documento del 1233 come pos- Chiesa di San Giorgio sesso dei Da Camino e la struttura di Ex parrocchiale, è stata demolita nel cui si parla è quella di una postazione 1938. La costruzione che dominava il difensiva già consolidata con tanto di Borgo Rialto, uno dei primi nuclei abi- curtis ovvero di centro organizzativo e tati di Farra, risaliva presumibilmente ad gestionale del territorio. Attorno al un epoca anteriore al Mille. La prima castello sorgeva il complesso di modeste attestazione risale al 1326 e nel 1396 si abitazioni in legno che costituivano l’a- ha notizia del cimitero che la circonda- bitato della Villa Credacii e la chiesa di va. Il campanile, tozzo e massiccio, aveva San Lorenzo. Il castello si articolava in l’aspetto di una torre fortificata. La pre- tre torri congiunte da una robusta gevole pala del Pordenone dedicata a muraglia sulla quale era possibile il pas- San Giorgio e il drago che costituiva parte saggio delle sentinelle e coniugava esi- dei suoi arredi è ora conservata presso il genze abitative e difensive. Dentro le Museo Diocesano di Vittorio Veneto. sue mura, nel 1243 nasceva Guecellone VI da Camino, da cui nacque quel Tol- Madonna del Broi berto II che sposerà Gaia, “figlia del Chiesa situata nella località Broilo di buon Gherardo” ricordata da Dante nel Farra, attuale cimitero della località, XVI canto del Purgatorio. Per complicati risale all’epoca medievale come testi- passaggi ereditari le torri di Credazzo monierebbe il campanile, forse antica passeranno alla famiglia Collalto fino torre di difesa. La prima attestazione si alla distruzione avvenuta nel 1413 ad ha nel 1326; oggi la chiesa è dedicata opera del condottiero fiorentino Pippo alla Madonna della Neve e nel passato era Spano, che, assoldato dagli Ungari con- meta di pellegrinaggi nei periodi di sic- tro Venezia, dopo aver occupato il Friuli cità. La tela della Madonna con bambino puntò sulle terre oltre il Livenza. Dopo oggetto di devozione popolare è custo- aver distrutto il castello di Rai presso dita presso il Museo Diocesano di Vitto- , giunse a Credazzo, C rio Veneto. radendo al suolo il castello dopo un OMUNI feroce assedio. I Collalto non ravvisaro- Oratorio di San Tiziano no l’utilità di riedificarlo e le torri cad- Di origine antichissima pare sia stato dero in rovina fino ai restauri effettuati eretto dalla popolazione in scioglimento negli anni ’70 ad opera dell’attuale pro- di un voto fatto al santo per la libera- prietario, l’architetto trevigiano Giovan- zione da una pestilenza. Al suo interno ni Barbin.

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Chiesa di San Lorenzo belle statue. Sul portale d’ingresso, sul Situata sul colle a sud del castello di frontone della facciata e sulla chiesetta, Credazzo la chiesa viene citata per la sono ancora visibili gli stemmi di fami- prima volta nel 1210 in un “atto rogato glia. sotto il porticato della chiesa di San Lorenzo”. In origine si trattava di una Palazzo Vedovati cappella castrense, che risultava dotata Così chiamato dal costruttore, risale anche di cimitero. Dal 1422 venne unita ai primi del ’900 e caratterizza con la alla chiesa di Santo Stefano di Farra e sua mole il centro di Farra. Attualmente venne restaurata nel 1537 da mastro è adibito a casa di soggiorno ENAM, Zuane Cividal come attesta l’iscrizione l’Ente di Assistenza Magistrale. sul portale d’ingresso. Le Ville SOLIGO

Casa Savoini Frazione del comune di Farra situata Situata ai piedi del colle di San Gior- a 163 m s.l.m. ai piedi del colle di San gio la parte centrale della facciata si Gallo e del Col de Fer, fu anticamente caratterizza per l’esafora ad arco roton- sede di un feudo munito di un possente do con curiosi capitelli. L’edificio risale castello. Nel passato veniva chiamato al XIV secolo come si rileva dalla trifo- anche Soligo Maggiore per distinguerlo ra ad arco rotondo sulla parte sinistra da Solighetto o anche Soligon della facciata e da alcune decorazioni policrome nel sottoarco del portico. La storia Rifatto in parte nel XVI secolo, nella Tracce di insediamenti molto antichi parte centrale è decorato sulla facciata sono venute alla luce negli anni recenti: da fregi a fresco abbastanza deteriorati, si tratta di materiali fittili molto frantu- su cui sono inseriti alcuni pannelli in mati a causa dei lavori agricoli, databili terracotta raffiguranti le Storie di Andro- all’età finale del bronzo, ulteriori rinve- meda, riferibili alla seconda metà del nimenti farebbero presumere la presen- ’500. Nelle vicinanze si trova un fabbri- za di una necropoli nella quale si prati- cato, antica adiacenza della villa, con cava il rito dell’incinerazione. Ma è a elegante loggia ad archi tondi sempre partire dall’alto medioevo che si ha del XVI secolo denominata “municipio notizia della presenza in questo villaggio vecchio” e presenta affreschi d’epoca di una curia e di un castello sulla collina mal conservati. di San Gallo, che sarà oggetto di aspre contese per la sua posizione strategica.

C Villa Caragiani Ricci Dalle fonti archivistiche risulta che fino

OMUNI Edificio settecentesco in stile palla- al XII secolo si alternarono nel possesso diano con parco e annessa chiesetta, si- di questi beni il vescovo di Ceneda, la tuato in bella vista su una collina. Villa famiglia Collalto e il vescovo di Belluno un tempo ricca di serre e pescheria, e ancora il vescovo di Ceneda che vi oggi si presenta con facciata a colonne e infeudò i Da Camino. L’ubicazione dei ampia scalinata. Sul frontone e agli feudi di questa famiglia spingeva tali angoli del tetto si conservano ancora signori ad appoggiarsi “ora a Coneglia-

144 FARRA DI SOLIGO no, ora a Treviso o al Patriarca di Aqui- leia e a trar profitto dalle loro discordie” Toponomastica e “consolidato il loro potere nella vicina Valmareno, cercavano di rafforzarlo e di estenderlo nel Quartier del Piave…”. Il toponimo è di origine incerta e Nel XII secolo la potenza di questa si deve quasi certamente al personale famiglia toccò il suo apice con il matri- latino Sulla, possibile riferimento alla monio tra Guecellone da Camino e penetrazione romana nel territorio. Sofia da Colfosco nel 1154. “Nozze per Suggestive ma prive di fondamento le quali pervennero alla famiglia in appaiono le ipotesi che farebbero deri- parola, sia per donazioni, sia per lasciti, vare il nome dalle espressioni latine sol ampi diritti e numerose terre nei comi- hic o solis vicus o solivus ad indicare la tati di Belluno, del Cadore e di Cene- posizione soleggiata del sito. da”. Nel XIII secolo le lotte per il con- trollo dell’alto trevigiano videro scon- trarsi molti contendenti tra i quali si senso dei Caminesi, nel 1215. Da questo trovava anche il Comune di Treviso che momento il territorio del distretto sarà ambiva estendere i suoi possedimenti diviso in due parti: una di pertinenza oltre la sponda sinistra del Piave. Nei del comune trevigiano completa di cur- primi due decenni del ‘200 parte del tem et castra e l’altra, su cui si trovava la territorio solighese era già caduto in maggior parte dei beni soggetti alla mano ai trevigiani che avevano conqui- famiglia da Camino la cui corte doveva stato i castelli di Col San Martino e trovarsi nel castello Vicinale di Solighet- Farra; mancava ancora quello di Soligo, to. Da questa divisione, scrive G.P. Ca- sul quale la città riuscì finalmente ad gnin “… si sviluppa la curia di Solighet- acquistare pienezza di diritti, con il con- to come centro di una autonoma e

Chiesetta di San Gallo C OMUNI

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distinta giurisdizione caminese sul terri- centro il feudo nei pressi di Oderzo) e i torio posto sulla riva sinistra del fiume beni tornarono in possesso del vescovo Soligo e precedentemente soggetto di Ceneda che nel 1337 passò il castello all’unico districtus castri Solici. Non di Soligo alla Serenissima.Approfittando può sfuggire il singolare aspetto che dei disordini che sconvolgevano la aveva assunto il paesaggio si Soligo nei Marca trevigiana nel XIV e del non primi decenni del XIII secolo: due ancora consolidato dominio veneziano castelli signorili contrapposti, costruiti in terraferma, i Caminesi “di Sotto” sulla sommità di due colli separati dal- rivendicando i diritti di successione sui l’alveo del Soligo, ai cui piedi si erano possessi di Soligo e Solighetto, ottenen- sviluppate due strutture difensive, nero nel 1343 di acquistare dal Comune diventate il fulcro di due nuovi villaggi di Treviso, che ne deteneva la titolarità, attorno alle rispettive chiese. ” la giurisdizione di Soligo. L’acquirente e L’indipendenza del Comune di Tre- primo titolare fu Rizzardo V di Sotto viso subì fasi alterne e la città, tra 1239 che passò il titolo ai suoi discendenti, tra e 1259, cadde sotto la tirannia dei Da i quali figura quel Rizzardo VIII che Romano e poi, tra 1283 e 1312, sotto la fondò l’abbazia laicale di Santa Maria signora dei Caminesi, che verrà ricorda- Nova e ultimo dei Caminesi a risiedere ta da Dante nella figura del “buon Ghe- in Soligo. Il castello fu definitivamente rardo”nel Purgatorio, per l’astuzia con la distrutti nel 1378 ad opera di Rambaldo quale seppe restare al potere con tutte le di Collalto, incaricato dalla Serenissima apparenze della legalità. La politica di distruggere i castelli caminesi di Ces- oscillante tra guelfi e ghibellini dei suoi salto, Solighetto e Soligo per la fellonia eredi fece scemare la potenza di questa dei loro signori che durante la guerra famiglia che, prese le parti degli Scalige- contro l’Ungheria avevano preso le ri bramosi di entrare in possesso della parti di quest’ultima contro Venezia. Marca, cedette loro molti castelli sui Con la distruzione del castello venne a quali Treviso vantava il dominio, tra i cessare ogni diritto e giurisdizione feu- quali figurava anche quello di Soligo. dale su queste terre e Soligo venne Nel 1318 i trevigiani per rappresaglia aggregata all’amministrazione del terri- contro gli ambigui Caminesi organizza- torio trevigiano all’ombra del Leone di rono una spedizione punitiva che, San Marco. piombata sul Quartier del Piave, dopo aver concessa la libertà ai difensori, Valenze architettoniche atterrò baluardi, fortini, merlature. Fu lo stesso Comune a ricostruire il castello, Il castello

C perché ritenuto avamposto di importan- Sulla tipologia di questo antico

OMUNI za strategica a guardia della Val Mareno, maniero non resta nulla di certo. Le e vennero posti a sua custodia un Capi- molte ipotesi sul’esistenza di una com- tano Generale e sei guardie armate. Nel plessa articolazione fortilizia, che si svi- 1335 si estinse il ramo dei Caminesi “di luppava con mura e torri fino quasi a Sopra” (così chiamati dalla titolarità dei raggiungere l’attuale sede della chiesa feudi nell’alto trevigiano per distinguerli parrocchiale, il cui campanile sarebbe da quelli “di Sotto” che avevano come l’antica torre, sembrano poco probabili

146 FARRA DI SOLIGO in quanto non sono suffragate da docu- messa sotto il cuscino, assicurando così mentazioni archeologiche sicure. Si ha il sonno profondo, oppure veniva notizia da un lascito testamentario di impartita una benedizione che pareva Gabriele da Camino del 1224, che ottenesse lo stesso effetto; all’interno del castello esisteva una chie- sa dedicata a San Biagio e che venne Chiesa di Santa Maria Nova distrutta insieme al castello. Si trattava di Chiamata anche “Chiesuola” fu fon- un primitivo insediamento religioso che data da Rizzardo da Soligo, figlio natu- avrà prosecuzione con la costruzione rale del nobile Giacomo da Camino, della chiesa di San Gallo. intorno al 1350, dopo la peste del 1348, come cappella privata e viene definita Il romitaggio di San Gallo anche come “abbazia laicale”. L’aggetti- La prima attestazione di questa chie- vo nova farebbe presupporre l’esistenza sa risale al 1354 ma non è chiaro se si di un precedente edificio di culto anda- trattasse di una cappella castrense o di to forse distrutto in occasione della lotta un oratorio montano annesso alla chiesa che aveva opposto i Caminesi al Comu- di San Pietro di Soligo; a quella data ne di Treviso nel 1319, oppure nel ter- comunque la chiesa era già identificata remoto del 1348. Un’altra ipotesi sostie- come chiesa di “Sancti Gali de Solico” e ne che l’appellativo sia stato aggiunto risultava già abitata da alcuni eremiti. per distinguerla dalla chieda del locale Secondo la tradizione il piccolo orato- ospedale di Santa Maria dei Battuti, esi- rio situato sulla cima del colle omoni- stente fin dal 1337. mo sarebbe stato eretto intorno al 1430 La cappella rimase in giuspatronato da frate Egidio di Lombardia tra le rovi- dei Da Camino e poi passò in succes- ne del castello caminese distrutto nel sione a dei collaterali. Nel 1871 i soli- 1378 e l’intitolazione al Santo Abate ghesi acquistarono la Chiesuola dagli Gallo venne in ricordo dei suoi primi allora titolari del giuspatronato, i conti anni di vita religiosa trascorsi nell’omo- Spineda de Cattaneis. L’edificio in sassi nima abbazia in Svizzera. Accanto all’o- è a una sola navata con tetto a due falde ratorio fu fabbricata una conveniente e sul lato sud doveva trovarsi un porti- abitazione per gli eremiti. L’affresco raf- cato in legno a protezione degli affre- figurante il santo posto sull’altar mag- schi della parete esterna. Durante la giore risale al 1422, mentre al culto di prima guerra mondiale l’edificio subì san Biagio, già presente all’interno del gravi danni a causa delle artiglierie ita- castello, venne dedicato un altare. Il liane che la colpirono con una bomba. campanile fu eretto nel 1753. Il danno ebbe il merito di far emergere

In passato il romitaggio era meta di dalle intonacature delle pareti i prege- C quanti andavano a cior la son vi si recava- voli affreschi fino ad allora celati. L’ora- OMUNI no per ricevere la benedizione adulti e torio fu sottoposto negli anni ’80 e ’90 bambini che soffrivano d’insonnia.Veni- a notevoli interventi di ristrutturazione vano accompagnati a piedi per la ripida e restauro e divenne oggetto di una salita che conduce alla sommità del interessante ricerca critica, soprattutto colle di San Gallo, qui veniva tolta dalla ad opera del Fossaluzza. La sua impor- croce di legno una scheggia che veniva tanza è dovuta al fatto che si tratta di

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Soligo, affreschi nella chiesetta di Santa Maria Nova

uno dei pochi manufatti caminesi sfug- anonimi frescanti affini al maestro di giti alle devastazioni delle guerre e Soligo che operarono nel 1362. A uno all’incuria degli uomini. L’originaria sono attribuite le prime tre figure, par- struttura ad aula unica fu interrotta nel tendo dal fondo: San Prosdocimo, Santa XVIII secolo dai tre archi su esili colon- Giustina e Santo Stefano. All’altro la suc- ne in pietra tenera. All’interno la chiesa cessiva serie di santi e committenti da conserva una serie non omogenea di Sant’Antonio Abate, San Leonardo Nobi- affreschi appartenenti a varie scuole liacun, forse San Martino di Tours, ancora emiliane del XIV secolo. Secondo il Sant’Antonio abate, San Giorgio e Santa Fossaluzza i notevoli brani in affresco Caterina d’Alessandria, sulla parete di sono da attribuire “ad un frescante di fondo della chiesa Sant’Eustachio. Dello estrazione locale definito “maestro di stesso autore potrebbe essere anche la Soligo”. Crocefissione posta un tempo sopra il Contemporanei all’erezione della portale esterno e ora sulla parete sud. cappella sono il Cristo passo e la teoria L’immagine di Santa Lucia posta a lato di quattro figure di apostoli, sulla parete della porta d’ingresso è attribuita alla

C di fondo del presbiterio. A questo grup- figura di Antonio da Meschio, attivo in

OMUNI po figurativo si legano anche i fram- zona alla metà del ’400, mentre il fram- menti che seguono nella parte sud: mento di San Martino e il povero ,di Decollazione di san Giovanni Battista, poco posteriore, apparterrebbero al Figura femminile orante e Madonna con maestro della cappella Galletti. Bambino, quest’ultima staccata dall’ester- La Madonna con Bambino in trono, al no della stessa parete. La parete nord centro della parete di fondo sotto il Cri- della chiesa è opera di due diversi e sto passo, è riferibile sempre secondo il

148 FARRA DI SOLIGO

Blasoni popolari

Gli abitanti di Farra sono detti i muc da Fara e il termine “muc” deriva forse dalla stor- piatura di qualche parola tedesca per intendere il carattere duro di questi paesani. I cognomi degli abitanti di Farra hanno poi originato questa curiosa filastrocca: Fàra: Gal, galòn, pita e capòn! “Farra: Gallo, Gallone, Gallina e Cappone!”. Molti blasoni poi si riferiscono al modo particolare degli abitanti di Farra di pronunciare la lettera f,in modo tanto aspirato da farla suonare come una h. Una di queste è particolare perché testimonia il passaggio degli zattieri che sostavano presso la fontana di Farra per disse- tarsi durante il faticoso viaggio di una quarantina di chilometri (a piedi!) per tornare nel bellunese, da qui la filastrocca Fàra: fontana fatèra che là fa fin fun! ovvero “Farra, fontana degli zattieri, che fa persino fumo!”. O ancora Le hemene de Hara le va in hilan- da co le hocole che le ha hin hun tradotto significa che “le donne di Farra vanno in filan- da così velocemente che i loro zoccoli fanno persino fumo”. Il fenomeno dell’h aspi- rata è comune nella pedemontana del Grappa e soprattutto accentuato nel feltrino.

Gli abitanti di Soligo sono detti i perét da Soligo che può essere inteso come prematuri mentre i per da Suigo starebbero ad indicare il carattere particolarmente saggio e posa- to di questi paesani. Al “giro della frutta” appartiene anche il blasone dei paesani di Col San Martino detti i susin da Col San Martin.

Fossaluzza a Giovanni di Francia o alla Soligo, affreschi nella chiesetta di Santa sua bottega. Maria Nova Da ricordare anche la presenza di due stemmi trecenteschi: quello dilavato di Rizzardo da Soligo nella parete sud e quello corrispondente ai colori della città di Treviso, nella parete nord, testi- monianza della giurisdizione di questa città sul territorio solighese. Il fondatore affidò la cappella ai Gerosolimitani di San Giorgio di Collalto dal 1356 fino al

1359 e questo spiegherebbe la presenza C di santi di cui era devota la famiglia OMUNI Collalto (san Giorgio, sant’Eustachio, santa Caterina). All’esterno, sulla parete sud si notano un affresco di Sant’Antonio abate, una poco leggibile Pietà e una bella immagi- ne di Madonna con Bambino.

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da che avrebbe condotto alla chiesa da piazza G. Nardi, andando a sostituire l’antico e tortuoso percorso che seguiva i perimetri di alcune proprietà senza attraversale. La strada si presenta ora come una retta che dalla piazza giunge direttamente al campanile della chiesa.

Villa Dolce Circondata da un ampio parco, la villa si trova nel cuore di Soligo, nei pressi della Chiesuola. Le origini di questo complesso, ora di proprietà pri- vata, sono molto antiche come testimo- nia il ritrovamento nella zona nord- ovest di un acciottolato e di attrezzi medievali. Più volte distrutto e rico- struito nel corso dei secoli doveva pre- sentarsi come un complesso residenziale molto imponente. L’edificio subì nel Il santuario di Collagù corso della seconda guerra mondiale danni gravissimi tanto da dover essere demolito, la parte più antica oggi esi- Chiesa dei Santi Pietro e Paolo stente è quella ubicata a nord ed è stata Secondo monsignor Pasin la chiesa restaurata dai proprietari. parrocchiale di Soligo si sviluppò da una cappella edificata nei pressi di una Santa Maria delle Grazie delle torri del castello, ora trasformata in Il tempietto omonimo si trova all’in- campanile. La pieve di Soligo è tra le crocio che, provenendo da Pieve di più antiche della zona e risulta docu- Soligo, porta al centro di Soligo. mentata fin dal 1192 e la prima attesta- Costruito tra 1855 e 1857, andò a sosti- zione della chiesa di San Pietro si ha nel tuire l’antica cappellina dedicata al 1234, trasformata in parrocchia nel nome di Maria delle Divine Grazie, 1446, fu oggetto nel 1475 di restauri e demolita per far posto alla nuova strada ampliamenti. Un radicale restauro fu per Farra di Soligo e per compiere il compiuto anche nel 1720 e la chiesa voto fatto dalla popolazione alla

C assunse i tratti caratteristici degli edifici Madonna in occasione dell’epidemia di

OMUNI settecenteschi, ad una sola navata su cui colera del 1855 che aveva già colpito si aprivano sei cappelle laterali con rela- Pieve, Solighetto e Farra. Il paese non tivi altari. Nel corso dell’800 la chiesa venne risparmiato dal contagio ma la venne abbellita e si procedette anche al malattia perse la sua virulenza all’inizio restauro del campanile che fu compiuto dei lavori. Il nuovo tempietto di stile nel 1867. Nel XIX secolo si procedette gotico racchiude un affresco del Belluc- anche alla costruzione della nuova stra- ci che era custodito nella precedente

150 FARRA DI SOLIGO chiesetta e raffigura una Madonna con Bambino incoronata da due cherubini e Toponomastica ai suoi piedi due spiriti celesti reggono una pergamena con un’invocazione di protezione. L’origine del nome è direttamente riferibile al culto di San Martino, di cui si ha notizia solo nel XII secolo, L’Ospitale di Santa Maria ma che risale certamente a tempi dei Battuti molto anteriori. Non si conosce la data precisa di fondazione della pia confraternita di Santa Maria dei Battuti di Soligo, con tutta probabilità si colloca tra la fine del l’edificio attuale. Alla locale Congrega- XIII secolo e l’inizio del successivo. Il zione di Carità, erede dei cospicui beni Consiglio dei Trecento di Treviso accol- della donatrice, subentrò un’ammini- se favorevolmente nel 1314 la richiesta strazione autonoma con presidente di della confraternita, concedendo che l’o- nomina prefettizia e i lavori per il spedale venisse costruito su un terreno nuovo ospedale iniziarono nel 1908 su di proprietà dello stesso comune. L’o- progetto del cavalier Speroni di Milano. spedale venne eretto sopra la piazza di La cura degli infermi venne affidata alle Soligo e a esso si affiancò una piccola suore Vincenzine del Beato Cottolengo. chiesa con porticato. Donazioni e lasciti L’opera del pio istituto si rivelò assai continuarono fino al XV secolo anche preziosa soprattutto in occasione della da parte di persone non residenti a Soli- prima guerra mondiale, quando si regi- go, a testimonianza dell’importanza di strarono oltre diecimila presenze. questa struttura nel territorio. Come conferma una visita pastorale del 1544 Chiesa di San Vittore l’ospedale era passato ai “fratelli della Nell’omonimo borgo si trova la Scuola di Santa Maria”, così chiamata chiesa di San Vittore di cui si ha la perché situata presso la chiesa di Santa prima attestazione nel 1240 come ora- Maria Nova. torio campestre e montano. A un’unica L’ospedale continuò a esistere e nel navata, racchiude una pala del XVII 1720 era munito di portico o loggia secolo raffigurante una Madonna con sotto la quale si svolgevano riunioni di Bambino. Oggi è dedicata ai Santi Vitto- carattere pubblico. Secondo quanto pre- re e Corona. vedeva la tradizione di queste antiche confraternite i locali andavano abbelliti Il santuario di Collagù C con pitture e decori per quella di Soligo Situato sui colli tra Soligo e Farra, OMUNI si commissionò il lavoro al pittore G.B. era una delle mete più frequentate dei Bellucci che vi raffigurò i santi Pietro e pellegrinaggi effettuati per propiziare i Paolo, Floriano e Gallo. raccolti. Per secoli il martedì successivo Ospedale e portico furono abbattuti alla seconda domenica di novembre nel 1890 quando, per volontà della lungo la collina salivano le processioni signora Margherita Bon Bozzolla, sorse verso il tempietto di Collagù dove si

151 QUARTIER DEL PIAVE venerava la Madonna dei Dolori. Dopo la prima guerra mondiale questa tradi- si configurava come un piccolo feudo. Il zione cadde nell’oblio e venne in parte castello, i cui ruderi erano visibili fino ripristinata grazie alla famiglia Bottari alla fine del secolo scorso, era stato eret- De Castello, che costruì una chiesetta to intorno al 1100, sulla cima del colle nel luogo dell’antico sacello dove sono chiamato ancor oggi Castel. Inizialmen- raccolte anche le reliquie di sant’Emilio. te appartenne ai Collalto, quindi passò Il luogo, immerso tra il verde delle col- ai Col San Martino, e nel corso del XII line, è particolarmente suggestivo e secolo il territorio, col relativo castello tranquillo. passò sotto il dominio del Comune di Treviso che, considerata la sua impor- COL SAN MARTINO tanza, provvide a fortificarlo. La famiglia feudale dei Col San Martino ricoprì Situato in una felice posizione ai incarichi comunali nella città di Treviso, piedi della fascia collinare, il paese com- schierandosi per la fazione guelfa. A prende oggi un nucleo centrale che un metà del XIV secolo il castello torna tempo costituiva la località Fontana, la alla famiglia Collalto e con la dedizione borgata Posmon a oriente, il Canal di Treviso alla Serenissima anche il terri- lungo la valle omonima a nord, la zona torio di Col San Martino entrò nell’or- Rovere a occidente del torrente Rabo- bita della dominazione veneziana. so e l’abitato di Giussin a sud in aperta Nel Settecento il territorio era sud- campagna. diviso in due distinte comunità separate dal corso del Raboso: a destra quella di La storia Col San Martino, a sinistra quella di Alcuni ritrovamenti di monete bron- Posmon. Nel 1816 il paese venne aggre- zee e laterizi ai piedi della collina verso gato al comune di Farra di Soligo. Canal fanno presumere il passaggio Durante il primo conflitto mondiale della strada romana che, puntando verso la popolazione fu costretta ad andare Vidor, portava poi a Feltre. profuga e grande fu il tributo pagato da In epoca medievale Col San Martino militari e civili.

Il Col d’Attila FARRA DI SOLIGO

Feste

A Farra nel mese di aprile Mostra della fragola e dell’asparago con esposizione dei prodotti tipici e ad agosto festa patronale di San Lorenzo. Nel mese di settembre la caratteristica Festa dell’uva con sfilata di carri allegorici realizzati con gli acini d’uva. A Col San Martino “Mostra del del Prosecco doc”” tra marzo e aprile,“La bottega del Prosecco doc., nei mesi di maggio e giugno, Festa paesana nel mese di luglio, a novembre Festa di San Martino A Soligo Festa della primavera il giorno di Pasquetta a San Gallo, a giugno festa patronale dei Santi Pietro e Paolo, a settembre San Vittore e Corona.

Valenze architettoniche del 1475 esistevano nel suo territorio tre chiese: quella di San Martino, di San La Pieve Vigilio con annesso piccolo cimitero e Si ritiene che la primitiva chiesa par- quella di Santa Maria del Silva, chiesa rocchiale fosse la cappella dedicata al parrocchiale situata in campagna tra culto di san Martino e, sorta entro le boschi di rovere nei pressi della località mura del fortilizio situato sul colle dove sorge l’attuale cimitero. Ebbe fun- Castel. La parrocchia ha in effetti origini zioni di chiesa parrocchiale fino al 1904, molto lontane, essendo una delle 36 anno nel quale fu demolita, mentre la pievi della diocesi cenedese cui affluiro- torre campanaria è tutt’ora esistente. no per molto tempo i fedeli sparsi in un vasto territorio circostante. Nel corso del La Chiesa Arcipretale tempo il suo territorio venne suddiviso Demolita la vecchia parrocchiale nel tra le parrocchie di Vidor, Colbertaldo e 1904, il 21 novembre dello stesso anno Mosnigo. Nel corso della visita pastorale venne aperta al culto la nuova grande QUARTIER DEL PIAVE

chiesa, la cui costruzione era già stata caratteristica della chiese altomedioevali. avviata fin dal 1898 su progetto dell’ing. Zardo di Crespano. Subì gravi danni Il tempietto di San Martino durante la prima guerra mondiale. (vedi Intorno al Mille la primitiva cappella itinerario n.2) o chiesa di San Martino, circondata da un piccolo cimitero, era situata entro il Oratorio di San Vigilio perimetro delle mura del castello sorto L’edificio sarebbe stato costruito in sulla collina denominata Castel. Non si epoca carolingia secondo quanto emerso conosce la data della sua demolizione e dai restauri effettuati nel 1979, ma la a suo ricordo restò una croce in pietra prima attestazione della chiesa si ha nel bianca. Il nuovo edificio fu costruito 1217 come ecclesia de Bosmono. Ai secoli sulla medesima altura ma un poco più a XIV-XV risalirebbe un primo amplia- valle per renderne più agevole l’accesso mento dell’edificio con allargamento ai fedeli. Essa presentava caratteristiche della navata, il rifacimento in cotto del architettoniche analoghe a quelle della pavimento e la costruzione della torre chiesa di San Vigilio e fu per secoli meta campanaria in sostituzione della mono- di pellegrinaggi finché non venne fora posta sul colmo della facciata. L’absi- distrutta nel corso della prima guerra de quadrata e la sacrestia risalgono con mondiale. Gli abitanti di Col San Marti- tutta probabilità alla metà del ’500 men- no operarono per la sua ricostruzione e tre gli altari addossati alla parete sono di completarono la chiesa, progettata dal- poco successivi come l’intonacatura a l’architetto veneziano Scotti, nel 1927. marmorino della facciata sud. Interessanti La chiesetta ottagonale, in stile romani- sono gli affreschi interni riferibili a epo- co-gotico si innalza per 25 m di altezza che diverse: il più antico raffigura una e misura 14 m di asse, poggiando su otto Madonna con Bambino seduta e san Nicolò pilastroni che formano ampie arcate, su benedicente e risale ai primi anni del XV queste poggia un ampio tiburio, pure secolo, il San Giorgio che uccide il drago è ottagonale e sopra si alza la cella campa- databile intorno alla seconda metà del naria con la sua svettante cuspide. Al’in- ’400 mentre il San Floriano a cavallo è terno si trovano due piccole cappelle, datato 8 agosto 1489. Opera del tardo una dedicata a san Martino e una alla ‘400 sarebbe anche l’affresco raffigurante Beata Vergine del Carmine con relative i Santi Giacomo e Bernardino da Siena che statue lignee opera del gardenese Stu- reca in mano il Signum Christi. Sull’altar flesser. La devozione al santo di Tour è maggiore una scultura lignea del santo in antichissima e qui in particolare si lega alto rilievo del gardenese Stuflesser, gli alla miracolosa resurrezione di un

C altari laterali dedicati a sant’Antonio bimbo morto pochi istanti dopo la

OMUNI abate e a san Giuseppe riportano due tele nascita che il santo avrebbe operato raffiguranti i rispettivi santi. Nel corso rispondendo alle disperate invocazioni dei restauri del 1979 il pavimento fu della madre. Il santo lo avrebbe restituito ricostruito con le pietre in cotto origina- vivo alla madre dopo averlo battezzato li, rispettando il disegno primitivo che con nome di sua scelta.A questa leggen- delineava due distinte zone: una riservata da si lega la devozione dell’”urna di San al culto e una riservata ai fedeli, tipica Martino” che spinge molte madri in

154 FARRA DI SOLIGO attesa o speranzose di diventarlo a “leva- da quelli di Pieve d’Alpago. La pietra in re” dall’urna benedetta il biglietto con il questione potrebbe essere collegata alla nome da imporre al nascituro, ponendo- presenza dei massi calcarei incisi con lo così sotto la protezione del santo. strani simboli che si trovano sparsi un poco su tutto il territorio. LEGGENDE E TRADIZIONI Giacinto e Agnesina di Credazzo Il Col d’Attila La leggenda pastorale dei due sfortu- La modesta altura di dodici metri nati innamorati venne composta dal che si eleva come un’ondulazione tozza Quirico Viviani nel secolo scorso e e tondeggiante sul livello della pianura venne ambientata presso il castello di tra Farra e Col San Martino viene chia- Credazzo. Le mure, come venivano chia- mato popolarmente Col d’Attila. Vuole mati i ruderi delle antiche torri, non la tradizione che siano state le orde del erano meta di turismo ma ispirarono il condottiero unno a elevare questo stra- poeta solighese che dichiara di aver rac- no tumulo per dare degna sepoltura al colto dalla tradizione popolare la triste loro condottiero. Secondo la leggenda leggenda di Agnesina e Giacinto. egli vi sarebbe stato inumato insieme a Agnesina, pastorella di Credazzo, immensi tesori, in realtà Attila morì viene rapita al fidanzato Giacinto da nella pianura magiara! La fantasia popo- Guecellone signore del castello. Giacin- lare poi attribuisce l’origine del colle to disperato si reca nottetempo sotto le alla volontà del re unno di modificare mura del castello in cui la giovane è addirittura la morfologia del territorio tenuta prigioniera, chiamando la sua per dare uno sbocco al Piave che in amata. Affacciatasi al balcone della torre quell’epoca formava un grande lago tra dov’era rinchiusa ella sentì aprirsi la colline e Montello. Egli avrebbe creato porta della prigione alle sue spalle e, l’incisione tra Montello e Colfosco, veduto lo sguardo lussurioso del temuto accumulando tutto il materiale di ripor- Guecellone, si gettò tra le braccia dell’a- to a Farra, dando vita al colle che prese mato. I due rotolarono lungo la ripida quindi il suo nome. In realtà la collina è scoscesa collina, morendo abbracciati. un residuo morenico glaciale. La leggenda deve la sua origine a un clamoroso rapimento avvenuto nel 1397 La “piera dei mat” quando Francesco da Farra, con l’aiuto La rivalità campanilistica tra paesi di parecchi complici, rapì Alice figlia di attribuisce agli abitanti di Farra una Nascinguerra da Farra. Il fatto venne vena di pazzia che sarebbe stata causata denunciato al podestà di Treviso da tale dalla piera dei mat, una grossa pietra che Zanino, forse dal fidanzato ufficiale della C causava nella popolazione strani com- giovane e figlio del meriga del paese OMUNI portamenti. Gli abitanti di Farra erano (carica analoga a quella del sindaco). Il considerati infatti un poco “strambi” e podestà intimò ai rei di comparire in pare che questa leggenda si debba all’o- giudizio, ma essi si rifiutarono adducen- rigine longobarda della popolazione, dal do come scusa il consenso di Alice al momento che anche gli abitanti di ratto. Furono condannati in contumacia Farra d’Alpago sono detti i mat de Fara e banditi dal territorio del comune.

155

C OMUNI Intorno al Mille il territorio della località Volpera sono state rinvenute Volpera località che sembrano alcune monete romane l’ipotesi di un primo insedia- avvalorare mento urbano, databile tra I e III secolo d.C., sorto lungo il tracciato della pre- sunta Claudia Augusta Altinate. nel ducato di era compreso Valmareno all’autoritàCeneda e sottoposto di alcu- ne famiglie nobili infeudate dal vesco- vo-conte. Nel 1154, il matri- attraverso monio di Sofia da Colfosco e Guecello- ne da Camino, si due di questi casati unirono, dando origine a uno dei più e Friuli.Veneto Fu pro- grandi feudi tra prio la contessa Sofia con il suo testa- mento datato 1170 a contribuire in dell’abba- allo sviluppo misura decisiva zia di Follina. Nell’atto in questione essa le chiese di all’abate Pietro donava Zumelle, Serravalle, Lago, Valmareno, 157

Importante nodo viario a metà stra- In epoca preistorica la frequentazio- Il comune di Follina si trova a un’al- si trova di Follina Il comune

OLLINA Palazzo Barberis-Rusca

La storia F litico quali cuspidi, frecce, raschiatoi. In l’antica abbazia oggi santuario mariano. di manufatti neo- litici del ritrovamenti la produzione dei panni lana e sede del- dei panni lana e la produzione e frammentaria, attestata da comunque paese in passato fu rinomato per centro è documentata in maniera scarsaFollina da tra Valdobbiadene e Vittorio Veneto, il ne umana del territorio di collinare di Valmareno e Farrò. Valmareno di da. le località Sono frazioni del comune collinari di Farrò, e Pedegaur- Premaor Soligo attraverso il varco tra i rilievi il varco Soligo attraverso mità dell’uscita dalla vallata del fiume vallata mità dell’uscita dalla Prealpi trevigiano-bellunesi,Prealpi in prossi- titudine di 200 m s.l.m., ai piedi delle QUARTIER DEL PIAVE

veneziana del 1771. Con la dominazio- Toponomastica ne napoleonica Follina venne elevata a municipalità nel distretto e cantone di Ceneda e le vennero accorpate le fra- Varie sono le ipotesi sull’origine del zioni di Mareno, Col, Farrò e Sottoriva. nome “Follina”, per alcuni potrebbe La piazza del paese fu teatro dell’ese- derivare dal termine latino ab foiba cuzione pubblica mediante fucilazione (fosso, apertura) che richiamerebbe le da parte degli stessi partigiani di due caratteristiche dei terreni emersi in partigiani “del Min e della Mina”, che a epoche remote, dal fondo lacustre della capo di una formazione non regolare, si vallata. Un’altra ipotesi, più attendibile, erano macchiati di furti e atti di violen- ritiene che il nome “Follina” derivi za nei confronti della popolazione. dall’omonimo fiume su cui erano Qualche tempo dopo furono i tede- situati i “folli” o “fulloni” per la lavora- schi a impiccare sulla stessa piazza due zione dei panni lana. partigiani catturati durante i rastrella- I monaci battezzarono la zona menti nei boschi di Valmareno. Sanavalle o anche Valsana indicando Il primo dopoguerra è stato caratte- così che il territorio era stato bonifica- rizzato da una nuova e intensa emigra- to e risanato grazie alla loro opera. zione verso altre regioni italiane e verso In epoca altomedievale i toponimi paesi stranieri come Belgio, Francia e col suffisso “guarda” nel significato di Svizzera. Oggi Follina è attivo centro luogo di vedetta e osservazione atteste- turistico e culturale, sede di attività rebbero la presenza di insediamenti industriali e artigianali che hanno per- longobardi e poi franchi in località Val- messo il ritorno di molti emigranti. guarda, Colle Guarda e Pedeguarda situate lungo il corso del fiume Soligo. L’arte della tessitura Notevole diffusione e importanza economica ebbero nel medioevo le atti- vità legate alla lavorazione della lana. Farrò, Colfosco, Fonte, con tutti i relati- Non è provato che siano stati i monaci vi possessi a questo aggiunse benefici e cistercensi a introdurre queste lavorazio- privilegi che permisero ai monaci di ni in quel di Follina, anche se non è dif- inserirsi proficuamente in un territorio ficile immaginare che nella loro opera ancora da bonificare. Dal XII secolo di promozione economica del territo- dunque l’abitato di Follina si identifica rio, essi abbiano contribuito alla forma- con il monastero che attraverso dona- zione delle maestranze e alla concessio-

C zioni, acquisti e permute si ampliò e ne d’uso delle acque su cui detenevano

OMUNI organizzò fino a giungere in Cadore. i diritti. Varie furono le circostanze che por- A partire dal XIII secolo, infatti, tarono alla decadenza del cenobio, che lungo il corso del Soligo sorsero nume- finì con l’estinguersi nel XV secolo. rosi opifici e la produzione di panni L’amministrazione dei suoi beni fu affi- lana poteva venire immediatamente data ad una serie di abati “commendata- commercializzata grazie ad un mercato ri” fino alla definitiva soppressione settimanale.

158 FOLLINA

La primitiva industria laniera neces- piedi dell’abbazia. L’industria tessile sitava di acque pure e abbondanti che della lana e della seta continuerà a pro- fornivano l’energia necessaria alle mac- sperare anche nel corso della prima chine idrauliche e qualità alle tinture. La metà del ‘900, lasciando gradualmente presenza di manodopera femminile spazio anche ad altre realtà produttive. abbondante e a basso costo, addetta soprattutto alle operazioni di filatura Valenze architettoniche che veniva effettuata a domicilio. Tutti questi fattori furono determinanti per L’abbazia lo sviluppo dell’industria laniera nel Nonostante le approfondite ricerche triangolo protoindustriale compreso tra e i numerosi studi sull’argomento, rima- Cison, Follina, Solighetto, Pieve. Nel ne tutt’ora incerta la data esatta di fon- XVIII secolo gli addetti alle operazioni dazione del monastero di Follina a causa di filatura, lavatura e tessitura della lana di lacune e imprecisioni nelle fonti dis- raggiungevano diverse migliaia di unità. ponibili, anche se sembra ormai accerta- Nel 1750, la fabbrica Tron-Stahl contava ta la presenza di un insediamento bene- da sola 4000 operai. Gran parte della dettino prima del secolo XI. L’anno di lana lavorata a Follina veniva tessuta a arrivo dei cistercensi oscilla tra il 1145- Schio, tornando poi nel follinese per 46 e il 1154-1155, data del matrimonio esservi tinta con i caratteristici colori di Sofia da Colfosco e Guecellone da nero, azzurro e rosso che, come un mar- Camino. chio di garanzia ne attestavano prove- Le donazioni che la contessa destinò nienza e qualità. al monastero si rivelarono decisive per il A fine ’700 nuove tecniche di lavo- suo sviluppo e avviarono la costituzione razione e nuovi macchinari provenienti di un patrimonio fondiario che venne dall’Inghilterra vennero introdotti per ampliato e organizzato nei secoli suc- migliorare la produzione e si aggiunse cessivi. anche la lavorazione della seta. Incre- Il periodo di maggior splendore del mentata dalla diffusione della gelsicoltu- monastero si colloca tra XII e XIV ra nella fascia pedemontana trevigiana. secolo, quando l’opera dei monaci con- Nel XIX secolo, con la diffusione tribuì in misura decisiva allo sviluppo dei tessuti ottenuti con altre fibre natu- economico, culturale e spirituale della rali e la meccanizzazione della produ- zona. La sua rete di aziende agricole e zione, l’industria laniera di Follina subì fattorie si estendeva dalla pedemontana una battuta d’arresto, anche se numerosi fino alla bassa pianura, lungo tutto il erano ancora i lanifici nel suo territorio corso del Piave e costituiva la maggior e a essi si aggiunsero anche alcune filan- bonifica medievale tra Piave e Livenza. C de. La solidità e il prestigio del monastero OMUNI Le difficili condizioni di lavoro e il di Sanavalle, il suo ruolo di guida e con- forte senso di solidarietà presente nella trollo sulle altre fondazioni venete del- numerosa classe operaia, occupata nei l’ordine sono attestati dagli atti dei lanifici, promossero la fondazione della Capitoli Generali di Citeaux. Società operaia di Mutuo Soccorso e istru- Intorno al XIV secolo, con la con- zione la cui sede è ancora visibile ai quista della terraferma da parte di Vene-

159 QUARTIER DEL PIAVE

zia, l’abbazia di Follina si trovò a essere zio del monastero. Nomi illustri ebbero oggetto di interessi e pressioni politiche il titolo di abate commendatario di Fol- che ne determinarono la decadenza. lina, fra tutti ricordiamo san Carlo Bor- Venezia considerava infatti il controllo romeo (1538-1584) che tentò di ridar dei benefici ecclesiastici come una qual- vita alla comunità monastica, senza tut- siasi forma di penetrazione nel territo- tavia riuscirvi. Fu grazie al suo successo- rio e di gestione dello stesso. La dipen- re, il cardinale Tolomeo Gallio di denza di Follina da Chiaravalle Milane- Como, che l’antico cenobio cistercense se, che si trovava in territorio visconteo, venne affidato all’ordine camaldolese il suo legame diretto con la casa madre che lo resse fino alla definitiva soppres- di Citeaux, rendevano questa fondazio- sione del 1771. In quell’anno, per ordi- ne sospetta di legami con la potente e ne della Repubblica Veneta i beni temuta corona di Francia e con i rivali dell’abbazia furono in parte Visconti.Tra i motivi che spinse- messi all’asta e in parte pas- ro la Serenissima a sati al monastero camal- chiedere al dolese di San Miche- papa, nel le di Murano. La 1488, la sop- vendita a privati del pressione del chiostro e delle monastero fol- adiacenze ebbe linate rientra- come conseguenza vano probabil- il degrado e lo sna- mente anche turamento del- queste consi- la struttura derazioni di architettoni- opportunità ca. Si deve politica. alla congre- Il pontefice gazione dei accolse la ri- Servi di Ma- chiesta vene- ria, giunti a ziana, stabilen- Follina nel do che la ge- 1915, la rina- stione del mo- Facciata dell’abbazia di Follina scita spirituale nastero di Fol- e artistica del lina passasse ad “abati commendatari”, monastero, che grazie ai radicali restauri cioè ad ecclesiastici che con il titolo successivi alle devastazioni della prima

C ottenevano il privilegio di goderne guerra mondiale, è tornato all’originale

OMUNI diritti e redditi senza tuttavia l’obbligo purezza architettonica. di risiedervi. L’amministrazione del monastero veniva quindi delegata ad La basilica “agenti” che a volte si rivelarono inte- La tipologia edilizia delle abbazie ressati all’immediato sfruttamento delle cistercensi rivela uno schema unitario risorse disponibili più che alla conserva- nella scelta delle caratteristiche del zione del patrimonio agricolo ed edili- luogo, nella disposizione degli edifici e

160 FOLLINA

Il complesso dell’abbazia, sulla sinistra l’edificio della Società operaia di Mutuo Soccorso, una delle sedi Consorzio delle Pro Loco Quartier del Piave nella destinazione funzionale degli spazi. il profilo a “salienti” che riprendono le L’aderenza a questi dettami appare evi- diverse altezze delle navate interne dente anche nel monastero di Follina, secondo le caratteristiche tipicamente nonostante gli stravolgimenti e i danni romaniche. Il frontone superiore è orna- subiti nel corso dei secoli. L’impianto to da un motivo ad archetti che percorre della chiesa è a croce latina e misura 45 tutte le fiancate, arricchendosi di motivi m di lunghezza per 20 m di larghezza e simbolici dipinti a fresco. Il portale cen- 16 m di altezza; l’edificio è orientato con trale è posto in rilievo rispetto alla fac- la facciata a ovest e l’abside a est in osse- ciata ed è sormontato da una lunetta che quio alla simbologia cristiana della luce. presenta un affresco cinquecentesco mal Iniziata nel 1305 richiese un trentennio conservato. Nella parte centrale della di lavori per il suo completamento.All’e- facciata si apre un elegante rosone. sterno della chiesa, nel transetto setten- trionale del lato nord, è visibile un affre- L’interno C sco raffigurante un Angelo con libro e verga Sobrio e armonioso secondo gli OMUNI si tratta forse dell’arcangelo Gabriele, austeri dettami cistercensi, si caratterizza detto ductor animarum ovvero colui il per la mescolanza di elementi romanici quale conduceva le anime dopo il trapas- e gotici. Ha tre navate e quella centrale so, a conferma del fatto che il terreno si apre con ampie arcate che poggiano adiacente la chiesa e il sagrato erano adi- su robuste colonne cilindriche sormon- biti a cimitero. La facciata si presenta con tate da capitelli: uno di questi riporta

161 QUARTIER DEL PIAVE

l’emblema del “giglio di Francia”, a parte absidale e coi suoi 30 m di altezza conferma della derivazione dal mona- sovrasta il complesso abbaziale. Poderosa stero francese di Citeaux. Le numerose e semplice secondo la tipologia romani- commistioni costruttive e stilistiche pre- co-lombarda, si presenta a pianta qua- senti nell’edificio e nelle sue decorazio- drata, con il tetto basso e con una serie ni, fanno presumere la presenza di mae- di motivi decorativi in cotto a cornici e stranze francesi nella realizzazione del archetti che ne movimentano i lati. Su complesso abbaziale. ogni lato della cella campanaria si apro- Le pareti sopra le arcate della navata no delle bifore a colonnina centrale in centrale sono affrescate con stemmi pietra bianca. Le cinque campane sosti- abbaziali ed elementi decorativi. Sull’al- tuiscono dal 1921 le tre originarie, che tar maggiore spicca una preziosa ancora vennero asportate durante l’anno di lignea in stile gotico fiorito, realizzata occupazione nemica. Sul lato sud spicca nel 1921 da intagliatori veneziani, nella il quadrante del grande orologio secen- cui nicchia centrale è collocata la tesco dovuto ai monaci camaldolesi. Madonna di Follina. La statua è un’inte- ressante esempio di scultura religiosa Il chiostro popolare scolpita in pietra locale di Situato sul lato meridionale della colore grigio, ed è oggetto di culto fin chiesa, secondo i dettami cistercensi, dal medioevo. Si deve infatti ai monaci risale al 1268, epoca di fondazione della benedettini la diffusione del culto prima comunità monastica cistercense. mariano in tutta Europa. La data di compimento è leggibile sulla Davanti all’altar maggiore si trova la lapide a sinistra della porta che immette riproduzione della lastra tombale di nella chiesa, vi sono riportati anche il Sofia da Colfosco; l’originale è andato nome dell’abate in carica Tarino, dei perduto durante i lavori di restauro rea- due monaci costruttori Andrea e Arnal- lizzati nell’800. do e dei due capimastri Zardino e Nelle cappelle ai lati dell’abside si Armano. trovano due tavole policrome che raffi- Il chiostro è di forma quadrata, chiu- gurano rispettivamente la Vergine Addolo- so sui lati da un muretto sul quale pog- rata e la Madonna che accoglie e fedeli. giano eleganti colonnine in pietra locale Sulla parete della navata sinistra dalle forme più svariare, decorate con emergono porzioni di un affresco della motivi geometrici o naturalistici. Su tre seconda metà del XIV secolo che raffi- delle colonne del lato nord si trovano gura San Tommaso d’Aquino con il trattato invece interessanti raffigurazioni simbo- sul Sacramento del Corpo di Cristo di liche; il capitello centrale in particolare

C incerta attribuzione. potrebbe appartenere alla fondazione

OMUNI Nella navata laterale destra un croci- monastica benedettina dal momento fisso ligneo barocco e il notevole affre- che la regola cistercense vietava la raffi- sco di Francesco da Milano Madonna con gurazione di animali. Le figure riportate Bambino tra santi e committente nel 1527. sul capitello sono quattro e rappresenta- no secondo la simbologia cristiana, il Il campanile compimento del tempo in Cristo. La La torre campanaria si eleva dalla civetta indica la notte, il gallo il giorno,

162 FOLLINA la palma il mezzogiorno e la croce il ricorda il committente, il suo procura- Salvatore. tore generale Domenico Da Broi e l’an- La vasca della fontana centrale era un no di costruzione: 1535. fonte battesimale. Si tratta di un esempio di architettu- ra cinquecentesca particolarmente ele- L’abbazia gante, grazie alla fuga di colonnine in Il chiostro era lo spazio interno che pietra bianca che alleggeriscono la base metteva in comunicazione fra loro gli dell’edificio aperta da grandi arcate. spazi e gli edifici del monastero. Un piccolo giardino con fontana L’ala orientale era occupata dai completa lo spazio dell’abbazia verso la monaci; a piano terra, partendo dalla piazza del paese. chiesa, si trovano la sacrestia, la sala del Capitolo, ora cappella barocca, uno sca- La piazza lone rifatto durante i restauri del 1920- L’apertura di nuove strade e vari 21 e al piano superiore il dormitorio interventi edilizi hanno radicalmente dei monaci. Proseguendo si incontrano mutato il contesto originario di questo il parlatorio, la sala di riunione, con una luogo, fortunatamente alcuni edifici sto- tela di Egidio Dall’Oglio che raffigura rici restano a caratterizzarne l’aspetto e la Madonna con Bambino e San Luigi a rendere questo luogo particolarmente Gonzaga nella quale si vede riprodotta elegante. l’abbazia di Follina. Ai piedi dell’abbazia si trova il sei- Nella parte sud del chiostro si trova- centesco palazzo Barberis-Rusca dalla va il refettorio, trasformato in chiesa di sobria facciata con trifora e finestre con San Giovanni, e poi dal 1933, cappella poggioli colonnati. Fu edificato da per i caduti della Grande Guerra. Francesco Fadda nella seconda metà del L’ala occidentale era riservata ai con- Seicento, come coronamento della fab- versi, ovvero ai laici che vivevano nel brica di panni di sua proprietà che si monastero senza aver pronunciato i estendeva verso est. Tutta la proprietà fu voti. Oggi ospita i religiosi della comu- acquistata dalla società Tron-Stahl nel nità dei Servi di Maria. I conversi erano 1740 e poi da Lorenzo Colles nei primi esonerati dalle incombenze tipiche della dell’800. vita religiosa, si dedicavano alle attività Troviamo poi il Palazzetto, semplice manuali nei laboratori e nelle officine edificio dall’elegante facciata costruito situati entro il perimetro del monastero alla fine del ’700. e i monaci, sollevati da gran parte delle Dalla parte opposta della piazza si attività manuali e pratiche di cui neces- trova il complesso del palazzo Gera- sitava il monastero, potevano dedicarsi Savoini-Bianchi che risale nella sua C maggiormente alla preghiera e alla parte più antica, al XVI secolo mentre OMUNI meditazione. altre porzioni dell’edificio sono in stile Scendendo la scalinata che si trova a barocco e neoclassico. Affreschi sette- lato della cappella dei caduti si giunge al centeschi decorano la facciata, nel corti- “chiostrino dell’abate”, fatto costruire le interno un loggiato del XVII secolo. dall’abate commendatario Livio Poda- Sotto l’abbazia, accanto all’arcata del- cataro, arcivescovo di Cipro. Una lapide l’ingresso sud, si trova l’edificio della

163 QUARTIER DEL PIAVE

La piazza del paese Il “Palazzetto”

Palazzo Gera-Savoini-Tandura Lanificio Andretta, ora sede della Biblioteca Comunale

Palazzo Bernardi C OMUNI

164 FOLLINA

Blasoni popolari

“A Folina i parla ben” detto che sintetizza il benessere economico e quindi una certa ricercatezza nel linguaggio conseguente alla fiorente industria dei panni lana e alla posizione di rilievo sociale di Follina rispetto agli altri paesi limitrofi. Ma i follinesi erano anche chiamati i zavat da Folina, perchè consistente era anche la produzione di calzini e ciabatte.

Società Operaia di Mutuo Soccorso bella casa con trifore del XVI secolo datato 1865, le decorazioni esterne che doveva essere una residenza di cac- risalgono al 1890. cia dei conti Brandolini. In località Ligonto, nei pressi della Altri edifici interessanti chiesetta di San Pietro si trova una tipi- Nei pressi dell’abbazia si trova il set- ca abitazione padronale dell’alto trevi- tecentesco palazzo Bernardi , caratteriz- giano risalente al XVIII secolo, purtrop- zato dalla bifora centrale con poggioli. po in parte compromessa. Nella parte meridionale interna l’edifi- Altro edificio interessante si trova in cio si chiude con una elegante loggetta prossimità della strada che porta a Pre- e una piccola torre quadrangolare. Por- maor e Campea, sul lato destro della zioni di affresco e uno stemma sull’arco strada (provenendo da Pieve) e addossa- che introduce al cortile interno, rendo- to alla collina. no l’edificio pregevole ed elegante. In via Paradiso si trova l’ex Lanificio TRADIZIONI E LEGGENDE Andretta , ora sede della biblioteca comunale, si tratta di un interessante La Madonna di Follina esempio di architettura industriale. La Il monastero di Follina è dedicato fabbrica è a pianta rettangolare e a piani alla Regina Duplavis, la cui taumaturgica sovrapposti secondo modelli britannici. immagine era oggetto di devozione L’energia per il funzionamento delle ancor prima della venuta dei monaci macchine, convogliata da un impianto cistercensi. La sua origine è oscura e, centrale, proveniva dall’acqua dell’adia- come spesso accade in queste vicende, cente sorgente di Santa Scolastica. sul suo miracoloso ritrovamento storia

Lungo la direttrice Pieve di Soligo- e leggenda si sono mescolate dando C

Follina, in località Pedeguarda , si trova il origine a varie versioni. Sembra che la OMUNI Castelletto dimora non ufficiale della statua fosse stata nascosta dai monaci famiglia Brandolini, risalente al XVI benedettini sul colle di Roncavazzai, secolo. A questa località è legata la truce che domina Follina, per sottrarla alle vicenda dell’abate Marcantonio Bran- devastazioni iconoclaste che si verifica- dolini detto “la belva umana”. vano anche in Italia nel corso dell’VIII Nel borghetto dei “cortivi” vi è una secolo, sull’onda di questo movimento

165 QUARTIER DEL PIAVE

proveniente dal mondo bizantino. La luogo e sul quel terreno venne edificata memoria del nascondiglio era poi la chiesa a Lei dedicata. andata perduta fino all’anno Mille quando, durante l’aratura su quel colle, i La sorgente di Santa Scolastica buoi che trascinavano l’aratro improv- Nella zona di Follina sono presenti visamente si inginocchiarono rifiutan- sorgenti carsiche alimentate da un baci- dosi di continuare. Il fatto straordinario no sotterraneo di cui non si conoscono indicò ai presenti la necessità di proce- ancora caratteristiche ed estensione. La dere allo scavo per capire che cosa si più famosa è senza dubbio quella situata celasse in quel punto. Dalla terra emer- in località Calzella, ribattezzata sorgente se la statua della Madonna che imme- di Santa Scolastica dai monaci benedet- diatamente venne posta in una chiesetta tini che volevano cancellare il ricordo diroccata che sorgeva nei pressi. Si della divinità pagana cui in precedenza decise di restaurare il sacello che ospita- era dedicata. va la miracolosa immagine, ma a lavori L’acqua sgorga dal fondo in piccoli già iniziati la statua scomparve, facen- getti e mantiene per tutta la durata del- dosi ritrovare in un campo a Follina. l’anno una temperatura quasi costante di Riportata nella chiesetta, la statua circa 12°C. L’origine quasi misteriosa di scomparve per tre volte, facendosi tro- quest’acqua, la sua importanza vitale per vare sempre nel medesimo luogo. I la prosperità del paese hanno probabil- devoti si persuasero che fosse volontà mente contribuito a dar vita alla leggen- della Madonna di essere venerata in da secondo la quale, quando la sorgente quel preciso luogo e, cessato ogni altro cesserà di dare acqua un terribile terre- lavoro, iniziarono la costruzione di una moto distruggerà l’abitato di Follina. chiesa sul luogo dove sorge quella Si può quindi immaginare lo sgo- attuale. mento della popolazione quando, in Una seconda versione vuole che al due occasioni, nel 1822 e nel 1987 la ritrovamento della statua seguisse una sorgente si essiccò! Soltanto dopo lun- disputa tra gli abitanti di Follina e quelli ghe preghiere e penitenze l’acqua tornò di Valmareno perché entrambi desidera- a sgorgare facendo tirare un sospiro di vano conservare l’immagine nelle sollievo ai follinesi. rispettive chiese. Furono i valmarinesi a ottenere l’onore di ospitare la statua La belva umana nella loro chiesa ma, collocata la statua Marcantonio Brandolini, figlio su un carro trascinato da buoi, mentre la cadetto della nobile famiglia che regge- Madonna passava per Follina, essi si va il feudo della Valmareno, si trovò a

C inginocchiarono rifiutandosi di prose- dover scegliere tra carriera militare ed

OMUNI guire. ecclesiastica, non avendo diritto alle Il mattino seguente, pur essendo prerogative della primogenitura. Preferì piena estate, un appezzamento di terre- vestire l’abito religioso, venendo presto no che si trovava nei pressi era coperto nominato abate commendatario dell’ab- di neve.Vista la straordinarietà dell’avve- bazia di Nervesa. nimento, in esso si ravvisò la volontà Interessato più ai beni materiali che della Madonna di fermarsi in quel alla cura d’anime non esitava a usare la

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Feste

A Follina a conclusione del carnevale, in marzo si tiene il Processo alla Vecia. Il mese di ottobre è caratterizzato da una serie di incontri culturali e concerti di musica classica nella suggestiva cornice dell’abbazia. Sempre a Follina, il 22 novembre si cele- bra la festa di San Clemente. A Valmareno, dal 24 aprile al 3 Maggio si svolge l’anti- chissima festa dei Santi Giacomo e Filippo e dal 20 al 29 giugno la festa dei Santi Pie- tro e Paolo.

violenza per ottenere il denaro che rite- tradotto nelle carceri veneziane con neva gli fosse dovuto. La sua indole pre- l’accusa di “omicidi, truffe, stupri e vio- potente e l’impunità che gli garantivano lenze di ogni sorta sui suoi dipenden- la nascita nobiliare e l’abito ecclesiastico ti”. La veste ecclesiastica tuttavia lo sot- scoraggiavano chiunque a far ricorso alla trasse al tribunale civile per consegnarlo giustizia per ottenere ragione dei loro a quello ecclesiastico che, più indulgen- diritti. La popolazione della Val Mareno te, lo destinò al domicilio coatto ad e dell’alto trevigiano sembrava in balia Amelia e alla privazione dell’abito reli- delle intemperanze dell’abate che si gioso. Grazie alle sue conoscenze nella macchiò di omicidi, stupri e violenze. curia romana, nel 1615 egli poté torna- Quando si invaghì della bella Paolina re a Valmareno, covando odio e deside- Noale di Valmareno, non esitò a ricorrere rio di vendetta contro i suoi familiari. al veleno per sopprimere il di lei marito I rapporti con i familiari, già in pre- Alessandro e pare che fosse la stessa Pao- cedenza pessimi, peggiorarono del tutto lina a somministrarlo alla vittima. Dalla e il 25 maggio del 1616, all’uscita da convivenza nacquero dei figli che l’abate una funzione religiosa, il legittimo reg- riconobbe come figli naturali. gitore del feudo Giulio Camillo e Mar- Una denuncia contro Marcantonio cantonio si affrontarono; la tensione giunse infine al podestà di Treviso: nel fece scoccare la scintilla e tra le schiere verbale d’accusa si denunciava l’abate di dei “bravi” delle rispettive fazioni scop- aver intrattenuto una relazione ince- piò una rissa che degenerò in un com- stuosa con la sorella Cornelia che si battimento nel quale Marcantonio mormorava essere incinta. Non si poté venne ferito. Nella fuga verso Follina però dar corso alle indagini perché egli fu inseguito, presto raggiunto e fini- C

Cornelia morì misteriosamente avvele- to ad archibugiate da Sigismondo Bran- OMUNI nata e insieme a lei la sua cameriera dolini. personale, probabilmente l’unica e peri- Il figlio superstite dell’abate fece eri- colosa testimone dei fatti. gere sul luogo del delitto un capitello Solo quando i suoi parenti lo de- che oggi non esiste più, la località però nunciarono, la giustizia poté fare il suo conserva ancora il nome di “capitel de corso. Egli venne arrestato nel 1605 e l’Abate”.

167 QUARTIER DEL PIAVE

Chiesetta di San Pietro a Ligonto

La crudeltà e l’efferatezza dei delitti Antonio Bianchi di cui si macchiò Marcantonio Brando- lini lo fecero soprannominare “la belva Pittore e scultore le cui opere sono umana” e la leggenda vuole che la sua tuttora conservate nell’Ateneo delle arti anima inquieta e quella della sorella a Venezia e a Brera. Cornelia vaghino nottetempo nelle stanze del Castelletto di Pedeguarda. Paolo Bernardi (1761-1821) letterato e poeta. Studiò medicina PERSONAGGI ILLUSTRI all’Università di Padova, ma dopo breve tempo si dedicò completamente agli Jacopo Bernardi (1813-1897) studi ecclesiastici, facendosi prete. Fu Sacerdote, scrittore, patriota erudito eletto maestro nel seminario di Treviso ed educatore, dopo la laurea in filosofia nel 1790. E’ ritenuto uno fra i più rag- insegnò presso il seminario di Ceneda. guardevoli letterati che fiorirono nella Durante i moti del 1848 si schierò con diocesi cenedese gli oppositori degli austriaci e dopo la

C sconfitta del 1849 fu costretto all’esilio, Domenico Rosina (1772-1843)

OMUNI passando dalla Toscana al Piemonte, Agronomo d’ingegno versatile, col- dove rimase per ventisei anni venendo tivò la passione per le scienze naturali nominato vicario della diocesi di Pine- durante tutta la sua vita, raccogliendo rolo. fossili, catalogando pietre e piante. Trascorse gli ultimi anni della sua Fu studioso intraprendente e attivo vita a Follina dedicandosi a opere di sperimentatore di nuovi metodi di col- carità e iniziative benefiche. tivazione e migliorie applicate alle esi-

168 FOLLINA genze dell’agricoltura della zona. mentata anche l’utilizzazione del prato antistante per i festeggiamenti in onore Agostino Moretti (1775-1847) dei santi patroni. Esercitò la professione medica a Fol- lina sotto la guida del padre Benedetto, FARRÒ medico anch’esso. Il suo nome è legato al parere medico, redatto su incarico del A un’altitudine di 257m s.l.m., Farrò vescovo di Ceneda, circa una presunta è un tipico paese di collina immerso tra guarigione miracolosa avvenuta in Pieve frutteti, vigneti e boschi di castagni. Nel di Soligo. tardo medioevo insieme alla frazione di Col apparteneva come villa al distretto Giuseppe Lorenzoni (1843-1914) feudale di Cison. Fu il più benefico maestro dell’astro- Per un breve periodo, dal 1807 al nomia italiana della seconda metà del 1809, fu comune autonomo passando secolo scorso. Iniziò i suoi studi sotto la poi, come frazione, sotto quello di Folli- guida del pìadre, un maestro ele- na. mentare, si laureò in inge- La chiesa, dedicata a San gneria a Padova, nel 1864. Tiziano vescovo e alla Visse per lunghi periodi a Madonna delle Grazie, Follina. appare tra le chiese donate da Sofia di VALMARENO Colfosco all’ab- bazia di Follina Il paese, frazio- nel 1170. L’edifi- ne del comune di cio originario era Follina, si trova Farrò, chiesa parrocchiale un piccolo orato- sotto il castello di rio che oggi Cison, ai piedi del rilievo del Col de costituisce la sacrestia, mentre la chiesa Moi a un’altitudine di 249 m s.l.m. attuale è frutto di svariati ampliamenti e La chiesa arcipretale del XVI secolo restauri susseguitisi nel corso del tempo; è dedicata a Santi Pietro e Paolo e rac- il campanile risale al 1641. chiude interessanti opere d’arte. Rile- All’interno sull’altar maggiore una vante l’edificio della canonica e, in paese, la casa Noale del XVII-XIX secolo. Da segnalare inoltre l’oratorio di San Toponomastica

Lorenzo, la cui prima attestazione risale C al 1224 come cappella dipendente dalla OMUNI chiesa di San Pietro di Mareno e, nella L’origine del nome è incerta tra il campagna, a sud di Valmareno, quello latino far-farris (farro) e fara termine di dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo origine barbarica che indicava un tipi- col suo caratteristico porticato in coppi. co insediamento fortificato longobar- Di questa piccola chiesetta si ha notizia do. a partire dal 1423 e dal 1480; è docu-

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pala che raffigura la Madonna nel tripudio so intaglio nella roccia a quota 625 m, e del Paradiso con San Tiziano e San Carlo” si prosegue per arrivare sotto le pareti attribuita al Frigimelica. strapiombanti della Croda Rossa. Si devia a nord percorrendo il fondo di PERCORSI NATURALISTICI una valletta con densa copertura di car- pino nero e poi di faggio. In questa val- Sentiero Claudia Augusta Altinate letta è presente anche un insediamento L’itinerario segue quella che da molti spontaneo di abete rosso. Si giunge a un storici viene considerata la strada roma- capitello dedicato a San Carlo Borro- na Claudia Augusta Altinate che, parten- meo e da qui, percorrendo una larga do da Altino, incrociava la Postumia, mulattiera, si giunge alla villa di Toti dal risaliva la sinistra Piave passando per Monte a quota 885 m. Si prosegue Susegana e, abbandonato il corso del lungo un ampio spiazzo fino a giungere fiume, svoltando a destra passava sotto la alla conca dove si trova la chiesetta di collina di San Gallo costeggiando la San Gottardo, ora dedicata ai Santi valle del Soligo fino a Follina. Fermo e Rustico. Da qui proseguiva sulla destra del torrente Corin e passando a ovest di Lungo la “Fiadora” Valmareno saliva Cal Maor e percorren- Giunti al centro di Follina, in piazza do alla base la parete di Croda Rossa e IV Novembre, ci si dirige verso la la valle del Praderadego giungeva all’o- chiesa abbaziale, fino ad arrivare in via monimo passo. della Vittoria, dove si trova l’abitazione Proseguiva poi per il castello di dell’abate Jacopo Bernardi. Si prosegue, Zumelle, ove riattraversando il Piave, lasciando sulla destra l’Abbazia, verso il incrociava un’altra via militare, la Feltre- ponte sul torrente Corin, detto “Pont Belluno, per continuare poi verso Cesio. de Cristo” e da qui, si scende una breve Numerosi ritrovamenti sembrano con- scala per raggiungere il sentiero che fermare tale ipotesi e anche il sito forti- per un lungo tratto è fiancheggiato da ficato sul Castelaz sembra avvalorare la una parte dal letto del torrente e dal- presenza di questa strada, che studi l’altra da una canaletta in cui scorre recenti riferiscono piuttosto al periodo l’acqua della sorgente Fiadora posta più alto medievale. a nord. Il percorso parte dall’abitato di Val- Successivamente il sentiero incrocia mareno fino alla località Peroz, si per- a quota 213 m una stradina asfaltata corre una carrareccia che si incrocia più che sale rapidamente. Il tracciato corre volte con una strada bianca, poi si dapprima in leggera salita, poi pianeg-

C riprende una mulattiera sulla sinistra giante attraversando un bosco ceduo. Si

OMUNI fino ad arrivare ad un piazzale, da dove giunge alla Croce, da dove il sentiero a quota 590 m inizia il sentiero. continua a scendere, trasformandosi In località Cal Maor si trova un una piccola stradina che via via si allar- bosco di castagno con imponenti esem- ga fino a giungere al cimitero di Valma- plari; salendo il castagno viene sostituito reno, da dove un comodo sentiero dal carpino nero e dal faggio. Si percor- porta in direzione sud nuovamente a re la Val di Banche superando un curio- Follina.

170 C OMUNI munici- in località Forca di in località Forca amministrato dal Preson nome personale latino che Toponomastica pagus di Ceneda e quindi era già da Miane (come Milliane) deriverebbe Miane (come Milliane) Aemilius da dal proprietario del fondo derivava rustico. A conferma della derivazione latina è il fatto a quell’epo- che Miane ca era pium impor- di una discreta allora un centro tanza, sua vicinanza alla anche per la Altina- Augusta Claudia strada romana te, il passo di Pradera- che attraversava Valmareno. dego sopra per discutere i problemi che la riguarda- i problemi per discutere deci- o per assumere direttamente vano sioni importanti. Del periodo feudale la ristrutturatarestano loggia, centro e degli affari, attività delle pubbliche e l’edificio delle Miane.tratta delle antiche prigioni Si Valmareno; l’edificio,del feudo della in è anteriore al pietra e di mole robusta ’500 ed è strutturato celle con in due soffitto a volta. a far Miane continuò alla fino Valmareno parte del feudo della (1797),caduta della Serenissima durante il periodo napoleonico dipese da Cison come deputazione comunale, mentre, con la dominazione austriaca, venne 171 vici

IANE

Nacquero così la pieve di Santa così la pieve Nacquero Con la diffusione del cristianesimo, Il comune di Miane comprende i di Miane comprende Il comune

La storia M

nità era convocata in regolare assemblea in regolare nità era convocata posto un “meriga”posto un singola comu- e ogni di “regole”.“regola”di A capo di ogni era frazioni le cappelle che presero il nome frazioni le cappelle che presero sto caso la pieve di Santa Maria,sto caso la pieve e per comune dove si situava la pieve, si situava in que- dove comune struttura civile che ebbe come centro il struttura come centro che ebbe civile divisione fornìdivisione l’impianto per la nuova Combai, e Premaor. Campea sud- Tale viso,Visnà,Vergoman, e le cappelle di Maria di Miane che faceva capo a Tre- Mariaa capo di Miane che faceva riuscì a sopravvivere. pievi (centro) e cappelle (frazioni), (centro) pievi con la sua caratteristica in divisione spazzato, l’organizzazione ecclesiastica, barbari l’ordinamento romano venne barbari romano l’ordinamento del territorio, dei e se con la discesa

venne a far capo la gente sparsavenne nei scono la vallata. VII secolo un edificio di culto a cui al bai, la sequenza dei paesi che costitui- nella zona, sorse probabilmente, intorno zione chiude, con la frazione di Com- 259 m. s.l.m. posi- In questa favorevole Cimon (m. 1438), ha un’altitudine di monteSalvedella (m.monteSalvedella 1269) e del monte Crep (m.Crep 1349), Maor, della Croda del pendici delle cime prealpine del monte pendici delle cime prealpine Campea, Visnà e Vergoman.Campea, alle e Visnà Posto centri abitati di Combai, Premaor, QUARTIER DEL PIAVE

L’abitato di Miane

assegnata a Valdobbiadene. Anticamente VIII-IX secolo: è quindi una delle più l’economia del paese era legata soprat- antiche della diocesi di Vittorio Veneto. tutto alla pastorizia, vista la grossa La sua fondazione, anteriore a quella del richiesta di lane dalla vicina Follina, monastero di Follina e la titolarità dedi- rinomata per la lavorazione dei panni cata alla Natività di Maria, testimoniano lana. Il carattere di un’economia pretta- la precocità della diffusione del culto mente agricola si è conservato nei secoli mariano nella zona. Appartenevano alla fino all’unificazione d’Italia, quando, pieve le cappelle di Visnà,Vergoman, oltre ai problemi legati all’incremento Combai, Campea, Premaor e Col. demografico, le annate di siccità o le I pievani sono documentati a partire frequenti grandinate costrinsero molti dal 1224, mentre la prima attestazione lavoratori all’emigrazione. della chiesa è del 1425, da cui si appren- Durante la prima guerra mondiale de che l’edificio, conservato decorosa- Miane fu sede del comando di un mente, necessita tuttavia di alcuni Corpo della Sesta Armata austro-unga- restauri. Nel 1697 iniziano i lavori per ricaArmata. La zona fu invasa il 9 la costruzione di un nuovo edificio su novembre 1917 e sgomberata il 29 progetto dell’architetto Ottavio Scotti: ottobre dell’anno successivo. Cospicuo la nuova chiesa a un’unica navata, con-

C fu il contributo di sangue pagato: ben sacrata dal vescovo Lorenzo da Ponte

OMUNI 125 furono i morti, ai quali è dedicato nel 1746, risulta dotata di notevoli un monumento. opere d’arte del Bellucci e di Egidio Dall’Oglio; al suo esterno era situato il Valenze architettoniche cimitero del paese. La chiesa attuale venne fatta erigere in sostituzione del- Chiesa arcipretale di Miane l’edificio secentesco da monsignor Sigi- La pieve di Miane risalirebbe all’- smondo dei conti Brandolini Rota, poi

172 MIANE vescovo di Ceneda. Si presenta con un’ Subì, infatti, durante il primo conflitto alta facciata composta di tre timpani a mondiale seri danni in quanto fu adibita mezzo cerchi: sopra il portale, una lapi- a cinema per i soldati e successivamente de raffigura i simboli del Sacerdozio e a stalla per i cavalli. dell’Episcopato a ricordo del commit- L’interno, a navata unica, riporta tente del sacro edificio. sullo sfondo un dipinto a olio raffigu- L’immagine della Madonna Pellegri- rante i Santi Pietro e Paolo. Più pregevole na, nella cappella del Rosario è dedicata appare il quadro dell’Annunciazione, con agli emigranti. la riquadratura fregiata dai santi. L’organo a una tastiera è opera del L’altare e il tabernacolo sono databili Callido, probabilmente proveniente al ’700, epoca in cui fu eretto anche il dalla vecchia chiesa, e venne e restaurato campanile. Fino al secolo XVIII l’edifi- dal De Lorenzi. cio era cinto da un portico con funzio- La torre campanaria, posta davanti ne di ricovero e rifugio dei pellegrini. alla chiesa è, secondo la tradizione, ciò che resta di un sistema difensivo del XV Oratorio di San Vito secolo. Situato nella frazione di Visnà, risale al XIV secolo. Al suo interno si può La chiesa di San Pietro Campestre ammirare una pala del 1603 raffigurante Posta a est del centro abitato di i Santi Vito, Sebastiano e Rocco, protettori Miane, è stata recentemente restaurata. contro le pestilenze, opera di Arnosto C OMUNI

Chiesa di San Pietro Campestre Chiesetta di Sant’Antonio a Vergoman

173 QUARTIER DEL PIAVE

Cenedese. Fino a tempi recenti la festa di San Rocco era celebrata con solenne processione e venerazione della reliquia di San Sebastiano.

Chiesetta di Sant’Antonio A Vergoman la devozione verso San- t’Antonio abate è molto sentita. Si hanno notizie di questo oratorio a par- tire dal 1544. L’omonima chiesetta, con pronao cinquecentesco, custodisce una pala con Vergine, Bambino e Sant’Antonio Abate di scuola tizianesca. Sulla predella la raffigurazione dei Santi Pietro, Paolo e Antonio, è attribuita al pittore Rossi di Belluno, primo maestro del Tiziano.

Oratorio di San Michele in Serra Esistente già dal secolo XIV, nei secoli successivi fu “chiericato” goduto Santuario della Madonna del Carmine dai canonici della cattedrale di Ceneda.

Santuario della Madonna ponendola sull’antro della cavità che da del Carmine allora divenne meta di pellegrinaggi e Da uno sperone del monte Cimon, devozione. ad un’altitudine di 600 m, domina la Qualunque fosse l’origine della sta- valletta di Visnà, il Santuario della tua, si decise di collocarla nel capitel vecio Madonna del Carmine, ove si venera più a valle, ma la beata Vergine avrebbe una statua lignea la cui origine è incer- indicato con una straordinaria nevicata ta. Stando alla tradizione, l’immagine fu nel mese di luglio il luogo nel quale rinvenuta da alcuni pastori nella Grotta desiderava sorgesse il santuario a Lei del Lantrel, la cui apertura si vede di dedicato. fianco alla Croda Maor, sotto la cima Storicamente la chiesa viene citata in del Salvedella. Ma le versioni sull’origi- una mappa veneziana del 1683 e nella ne della sacra immagine sono diverse: visita pastorale del 1696 in cui si parla una di queste racconta che la statua del Romitorio del Carmine nel quale

C lignea fosse il dono offerto ai pastori da aveva dimora un certo “Fra Mattio”. I

OMUNI parte di un eremita che, pellegrino in Romit, gli eremiti del Santuario del Car- Terra Santa, l’aveva portata da laggiù in mine sono documentati, anche se in ricordo del monte Carmelo; un’altra maniera non continuativa, fino agli anni invece racconta che la Madonna col ’60. Bambino era apparsa ai pastori nella Nel corso dei secoli il santuario subì medesima grotta e uno di questi ne sostanziali modifiche: nel 1820 fu allun- aveva intagliato l’immagine in legno, gato nella parte della facciata e fu

174 MIANE costruita la sacrestia, nel 1896 fu prati- sione dalla Valmareno. Prati e boschi cato un passaggio tutt’intorno all’edifi- rivestivano una grande importanza eco- cio mentre nel 1913 la facciata fu alli- nomica per le popolazioni di questi neata alla casa del Romit e fu ricavato paesi e spesso per il possesso di questi l’ampio piazzale. luoghi nascevano vere e proprie liti tra All’interno, una pala raffigurante le comunità e gli sconfinamenti erano Madonna col Bambino tra i Santi Simone oggetto di repressione, come riportano Stock e Santa Teresa d’Avila. Sul soffitto, alcuni documenti del ’700 della comu- Madonna del Carmine con lo scapolare in nità di Miane, nei quali si afferma atto di soccorrere le anime del Purgatorio, espressamente che «...i saltari dovevano opera del pittore vittoriese Casagrande. recarsi sul luogo due volte al mese per punire Lungo la vecchia strada che porta al i “forestieri” che passavano illegalmente per il Santuario dalla località “ai Pian” sono ponte.» poste quattordici edicole della Via Cru- Tali contrasti trovarono una soluzio- cis che proseguono poi lungo quella ne solo nel 1838 con un accordo ricor- attuale. dato dalla lapide incisa sullo stesso Il Santuario era meta di affollati pel- ponte: «Quel giorno 6 giugno 1838 dopo legrinaggi, provenienti anche dai paesi una contesa di più secoli venne transatta ogni limitrofi, in occasione della festa della differenza tra la Comune di Mel e quella di Madonna del Carmine l’ultima dome- Miane sul possesso e proprietà di questo nica di luglio. monte tracciando linea di separazione che si veda marcata dadi termini collocati a drittura Valenze paesaggistiche da sinistra di questo ponte Miane provincia di Treviso». Il ponte di Val d’Arc Di notevole valore storico e paesag- Percorsi naturalistici gistico questo arco roccioso si erge all’improvviso a sbarrare la parte finale Per la sua favorevole posizione, ai della valletta che scende dal monte piedi delle Prealpi, il comune di Miane Crep verso il Pianez di Villa.Si tratta di offre la possibilità di numerose escursio- un ponte naturale, unico nel suo genere, ni nel territorio. la cui genesi è dovuta all’azione di ero- sione da parte dell’acqua e a crolli suc- Forcella della Fede cessivi in corrispondenza di alcune frat- Percorso n° 988 della Guida alle ture che hanno interessato la roccia. Escursioni nelle Prealpi Trevigiane Oggetto di diatribe millenarie tra gli Partendo dall’abitato di Miane a abitanti di Mel e quelli di Miane fin dal quota 257 m si raggiunge quota 1260 m C

1369 per la definizione dei rispettivi (Forcella della Fede). Lungo il tragitto, OMUNI confini, lo storico Stefani ritiene che una strada bianca costeggiata di prati e alla base di questo annoso problema ci gelseti, si incrocia una mulattiera a fosse il celebre testamento di Sofia da quota 450 m, seguita per un buon tratto Colfosco, nel quale disponendo di da un torrente. Poi il sentiero si snoda lasciare in eredità al vescovo di Belluno per boschi di castagno e nocciolo, il contado di Zumelle, ne stabilì la divi- orniello. Il nocciolo in particolare è un

175 QUARTIER DEL PIAVE

buon legno da cui si ricavava carbone. le zone maggiormente vocate all produ- Veniva utilizzato spesso per la creazione zione dell’uva Verdiso. di piccoli attrezzi agricoli quali il mani- co dei rastrelli o gli intrecci delle gerle. Sentiero n° 1026 Nell’ultima parte il tracciato si fa più Questo percorso offre un paesaggio ripido fino ad introdurci in una pecceta prettamente collinare. A Campea, in di 70 anni. Superata la lama a quota 810 località Pecol Molin, secondo la tradi- m si attraversano i prati di Pianezze, un zione, esisteva un mulino azionato dal- tempo luogo rinomato per l’alpeggio. l’acqua di una sorgente che produceva Raggiunta la Forcella delle Crepe si una caduta di oltre dieci metri. Nella incontrano le casere di Col d’Agre da stessa località veniva estratta la lignite, cui si gode di un bel panorama sui paesi importante attività economica praticata sottostanti (Follina e Valmareno). L’itine- tra le due guerre. rario prosegue in cresta fino a raggiun- gere attraverso uno stretto sentiero For- “Sentiero dei marroni”, n° 1024 cella della Fede. E’certamente il sentiero che merita particolare menzione, di facile percorri- Sentiero n° 989 bilità, supera un dislivello di 330 m e Altri percorsi raggiungono la mede- richiede un tempo medio di 3 ore. sima meta attraverso il tracciato Miane Partendo dalla piazza di Combai centro- Madonna del Carmine. verso la principale per Valdobbiadene, in prossimità del ristorante Castagno Sentiero n° 989/A d’Oro, una mulattiera conduce al sugge- La stessa meta si raggiunge partendo stivo borgo medievale di Colmellere. dal fondo di Val d’Agre, verso il monte Questo gruppo di case costituisce un Corno. Qui si segue una mulattiera nucleo abitativo completamente auto- larga circa due metri, utilizzata un nomo rispetto al paese. La presenza di tempo come strada per le “musse” o un piccolo forno a legna, i ballatoi in slitte le quali trascinavano a valle, sfrut- legno delle case e il bellissimo gelso tando la ripida pendenza, fieno o legna fanno assumere al borgo un aspetto da ardere. altamente suggestivo. Si entra nella valle di Pecol e si pro- Sentiero n° 992 segue in direzione delle Prade da dove Dalla piazza di Combai attraverso inizia la discesa e mantenendoci a bellissimi boschi di castagni, superando mezza costa il sentiero si sviluppa tra i un dislivello di 870 m, con un tempo secolari e maestosi boschi di castagni

C medio di tre ore si raggiunge la Sella a fino al ritorno a Combai.

OMUNI quota 1260 m, dove confluiscono la strada forestale e il sentiero proveniente Il castagno da Posa Puner. L’importanza e il ruolo che il casta- Sentiero n° 1025 gno ebbe nella pedemontana trevigiana L’itinerario parte dal centro di Com- è ampiamente documentato negli atti bai e si chiude ad anello toccando tutte della Cancelleria del Tribunale di

176 MIANE

Cison, competente a giudicare i reati alla vendita dei beni comunali, al degra- relativi ai danni contro le piante di do e alla compromissione del patrimo- castagno, al loro taglio indiscriminato e nio castanicolo.Venezia aveva già cerca- alle trasgressioni alle norme per la rac- to di correre ai ripari istituendo i Prov- colta dei loro frutti. veditori sopra beni Comunali e ponendo La diffusione del castagno, a scapito sotto la sua tutela tale patrimonio dei boschi di querce e roveri, si ebbe a comune, ma l’assalto ai boschi, la loro partire dal X-XI secolo, quando la usurpazione e riduzione a coltura con- messa a coltura di queste piante venne tinueranno nel corso degli anni non- applicata su larga scala visto il ricco ostante i controlli e le sanzioni. apporto alimentare che i suoi frutti Il bosco si rivelava, infatti, una offrivano. Per tutto il medioevo in miniera di risorse e dal bosco di casta- molte zone di montagna il vero “pane gno si ricavavano: legname, carbone, dei poveri” furono proprio le castagne. ramaglie secche e ricci, foglie e frutti. Il Nella pedemontana trevigiana la casta- legno di castagno, molto simile a quello gna entrava nel regime alimentare in del rovere, anche se meno pregiato, si modi e tempi diversi a seconda degli prestava a svariati impieghi per uso edi- strati sociali e delle diverse situazioni lizio e artigianale, dalla costruzione di locali. Nonostante boschi e pascoli fos- ponti e roste di mulini a quella delle sero di proprietà, porzioni di essi anda- botti. La raccolta di rami secchi e ricci, vano costituivano i cosiddetti “beni utilizzati come combustibile, era regola- della comunità” che potevano essere mentata da precise disposizioni così sfruttati e usati in comune solo dagli come la raccolta di foglie che, fungendo abitanti di quel determinato villaggio, da lettiera per gli animali, mescolate ricavando da questa importante risorsa con il letame, fornivano poi un ottimo di che sostentare se stessi e i loro ani- fertilizzante. mali. Verso la fine del ’500 l’aumento L’utilizzo del legname come combu- della popolazione ebbe come conse- stibile avveniva, oltre che per usi dome- guenze il disboscamento incontrollato stici, anche per quelli artigianali. per ricavare terreni coltivabili. A partire Numerose erano infatti le tintorie, le dal ’600 i cereali minori vennero sop- fornaci di laterizi e di calce che lavora- piantati dal mais; a favore di questo vano in collegamento con i lanifici di nuovo cereale pesavano fattori impor- Follina. Il carbone di castagno inoltre, tanti come il prezzo competitivo rispet- meno pregiato di quello di faggio, era to al grano e il senso di sazietà che dava utilizzato nelle officine dei fabbri. a fine pasto, mentre la castagna, molto La cottura del legno per ottenere più ricca dal punto di vista nutritivo, tale combustibile avveniva da gennaio a C conservava il retaggio della similitudine marzo, ma tutta l’attività preparatoria OMUNI con le ghiande, tradizionale cibo per i precedente e le successive fasi di prepa- maiali, venendo a poco a poco emargi- razione per la vendita richiedevano l’in- nata. tero anno. La maggior parte dei carbo- Lo sfruttamento indiscriminato dei nai era originaria di Combai e la cono- boschi per ricavarne legna da ardere nel scenza delle tecniche di produzione del secolo successivo, contribuirà, insieme

177 QUARTIER DEL PIAVE

carbone venne tramandata e si manten- ste a un’inversione di tendenza, grazie ne fino a qualche decennio fa. Il carbo- ad iniziative economiche in settori ne vegetale prodotto veniva anche diversi, che permettono però di recu- esportato e per incentivare il commer- perare questo settore considerato anco- cio di questo prodotto lo si esentò dal ra marginale. Dall’aspetto folcloristico pagamento del dazio. di sagra paesana la festa dei marroni di Il patrimonio castanicolo costituì tra Combai si trasforma ben presto in una fine ’600 e prima metà del ’700 la serie di manifestazioni che, oltre alla principale fonte energetica per lo svi- riscoperta di questo pregiato prodotto luppo dapprima dell’industria laniera e locale, hanno contribuito a approfon- in seguito di quella serica. Il taglio indi- dirne anche gli aspetti culturali, sociali scriminato delle piante per uso indu- ed economici attraverso convegni e striale verrà drasticamente ridotto, nel seminari e pubblicazioni sulla “civiltà corso dell’’800, da nuove leggi forestali: del castagno” e sul valore di questa leggi che provocheranno tensioni e risorsa naturale che per tanti secoli ha proteste, ma non riusciranno a frenare il sostenuto la vita materiale di tante per- disboscamento massiccio già in atto. sone. Dal legno di castagno si estraeva, infatti, il tannino usato in farmacologia, per la COMBAI chiarificazione dei mosti, in tintoria e nella concia della pelli. Dalla borgata di Vergoman, la strada Nel corso del XX secolo lo sfrutta- prosegue tra castagni e vigneti e rag- mento indiscriminato delle risorse giunge dopo un paio di.chilometri la boschive e l’abbandono delle zone frazione di Combai situata ad un’altitu- montane ebbero come conseguenza dine di 395 m s.l.m. L’abitato, caratteri- l’inselvatichimento dei castagneti e il stico per le case in sasso e l’aspetto dilagare prima del mal dell’inchiostro e montano, visto dall’alto, sembra ripro- poi del cancro della corteccia, con con- durre la forma di uno scorpione. seguente e drammatica riduzione della Sembra che già nel 1031 Combai sia produzione. Effetti patologici che por- citato tra i paesi donati con diploma tano a una nuova consapevolezza del imperiale da Corrado II il Salico al valore di questa risorsa e del patrimo- vescovo di Belluno. In epoca medioeva- nio castanicolo locale. E’ così che alla le fu “regola” della pieve di Miane e fine degli anni ‘40 si creano le prime successivamente passò sotto il dominio iniziative di promozione e di commer- dei conti Brandolini. cializzazione del tipico marrone di L’economia di questo borgo si carat-

C Combai. terizzò fin dal medioevo per la presenza

OMUNI Ma il processo di recupero delle atti- di boschi di castagno i cui frutti permi- vità legate alla coltivazione della pregia- sero per secoli alla popolazione di sfa- ta varietà di castagno non decolla a marsi. causa delle difficoltà economiche che Durante la prima guerra mondiale costringono la popolazione a emigrare gli invasori fecero costruire ai civili una massicciamente fin quasi alla fine degli strada che si inerpicava nel bosco fino anni ‘60. A partire da quella data si assi- alla località Costolada per trasportarvi i

178 MIANE

Blasoni popolari

Gli abitanti di Miane sono definiti i zec da Miane, ovvero degli snob e la rivalità con gli abitanti di Combai ha dato origine a questa singolare filastrocca: Miane; case piane, fémene p…; omeni béc, tosatèi porzelet! In risposta i mianesi deformando il testo latino della preghiera di invocazione per i santi Cosma e Damiano rivendicano la superiorità del capoluogo comunale sulle frazioni: Quei da Combai i prega: San Cosma da Miane, ora pro nobis. Gli abitanti di Combai detti scherzosamente anche i castagner da Conbai per la rinomata produzione di castagne sono chiamati anche combaiot.

cannoni che avrebbero poi bombardato un’unica entrata che all’occorrenza la piana del Piave. Alcuni tratti lastricati poteva essere chiusa. Il portico più anti- di questo percorso chiamato strada de la co risale al 1666. fam sono visibili ancor oggi. L’appellati- vo, ricco di significato, ricorda che i Valenze architettoniche civili affrontarono tale fatica solo per procurarsi di che vivere in un periodo La chiesa di Santo Stefano di feroce carestia per tutta la popolazio- Citata per la prima volta nel 1475, ne; la manovalanza, infatti, veniva retri- negli atti di una visita pastorale, divenne buita con sale e farina. curazia nel 1616 e parrocchia nel 1751 Dalla piazza sono visibili i borghi di con decreto del vescovo Lorenzo da Pedepiai e Brunelli che conservano Ponte.Vi si conserva una pala seicente- caratteristiche abitazioni rurali. Si nota- sca della Santissima Trinità, di autore no i tipici portici di accesso agli agglo- ignoto. merati a corte chiusa, dove le abitazio- ni, addossate le une alle altre, sono dis- Oratorio della BeataVergine poste intorno a un cortile comune ad Addolorata Seguendo la strada che sale al cimi- tero troviamo l’ottocentesco oratorio dell’ Addolorata. La terza domenica di Toponomastica settembre, da secoli, si svolge la solenne

processione con la statua della Madon- C

na. Il santuario, in origine, aveva dimen- OMUNI Il nome del paese sembra abbia sioni ridotte finché il parroco don Rac- avuto origine dalla contrazione di due carelli fece apportare sostanziali modifi- parole latine culmen vallis mentre nei che e fece costruire il portico intorno. documenti antichi viene riportato Da quassù è possibile godere di un come Combajo. punto panoramico notevole su tutta la vallata.

179 QUARTIER DEL PIAVE

Toponomastica

Il nome di Premaor probabilmente derivato dal latino Pratum Maius stava ad indicare un territorio aziendale di una qualche importanza. Pur facendo parte della contea di Valmareno si reg- geva come “regola” con amministra- zione autonoma.

vescovo di Ceneda) e il monastero di Follina, nel 1198. Sul Col Zanin, si possono vedere i resti di un’antica torre di osservazione e difesa detta la “Torresella” che sanciva la presenza di territori di proprietà comune. Questi costituivamo spesso motivo di contrasto con il monastero di Follina, che rivendicava anche su di essi il diritto di imposizione delle decime, mentre la popolazione si rifiutava di pagare tale tassa, richiamandosi all’am- ministrazione autonoma di Miane

Valenze architettoniche

La parrocchiale di San Martino Il paese di Combai Intitolata a San Martino di Tours, conserva al suo interno una pregevole tela del cinquecento raffigurante la PREMAOR Beata Vergine con il Bambino tra i Santi Martino, Rocco e Sebastiano.

C Da Miane è consigliabile una devia-

OMUNI zione per una sorta di angolo di paradi- CAMPEA so: la conca di Campea e Premaor, entrambi posti a sud del comune, a Reperti di epoca romana sono stati ridosso del fiume Soligo. rinvenuti nel territorio di Campea, ma Premaor viene citato per la prima essendo molto frammentari non per- volta nell’atto di permuta di un manso mettono di ipotizzare la presenza di un fra Gabriele da Camino (feudatario del abitato riferibile a quel periodo.

180 MIANE

Territorio boscoso e ricco di selvag- gina, venne prescelto come luogo di Toponomastica caccia dai conti Brandolini, ma Campea fu anche scenario delle rivalità tra i nobili Brandolini e la famiglia Savoini Il nome di “Campeja” viene citato tanto che lo stesso Brandolino VI cadde per la prima volta in una visita pastora- sotto i colpi dell’archibugio di un le del 1473 e la “villa” apparteneva al Savoini suo rivale proprio durante una feudo della Valmareno. battuta di caccia. La natura selvaggia del territorio favoriva la presenza di molti animali sel- vatici tra i quali si annoverava anche Valenze architettoniche l’orso, la cui presenza era documentata fino a due secoli fa. La chiesa di Sant’Andrea La struttura urbanistica del paese è L’edificio in stile rinascimentale, è ben definita e caratterizzata da vecchi caratterizzato dalla forma elissoidale. edifici rustici e dalla villa Gera-Minuc- Consacrata dal vescovo Bellati nel 1863, ci-Bellati. Quest’abitazione signorile, di cui si conserva il ritratto, opera di costituita da due ali che si congiungono Marco Casagrande, sopra la porta latera- ad angolo verso Sud, fu completata nel le destra, fu elevata a parrocchia nel ’700. Sulla facciata principale elementi 1937 dal vescovo Beccegato. decorativi fra i quali una trifora con All’interno è custodito un bellissimo balaustra e mascheroni in chiave d’arco altare-tabernacolo ligneo in stile baroc- al primo piano. co con numerosi bassorilievi. Di note-

Località Campea C OMUNI

181 QUARTIER DEL PIAVE

vole interesse un crocifisso processionale Conegliano fece costruire una singolare del XVII secolo attribuito al Brustolon, cappella di famiglia. La famiglia Gera donato dalla contessa Gera in Bellati. entrò in possesso del complesso abba- Sul soffitto, Madonna di Loreto fra i Santi ziale di Follina dopo la soppressione set- Andrea e Antonio abate, dipinto di Andrea tecentesca del monastero e fu proprio Zanzotto. Vittore a disporre nel testamento che esso tornasse di proprietà ecclesiastica. TRADIZIONI E LEGGENDE Marco Casagrande (1804-1880) I santi Cosma e Damiano Di umili origini manifestò fin da Si narra che l’accesa rivalità tra piccolo una forte propensione al dise- Miane e Combai finì per coinvolgere gno. Supportato da Bartolomeo Gera, anche i santi Cosma e Damiano, dei suo primo mecenate, fu avviato agli quali entrambe le comunità rivendica- studi dell’Accademia delle Belle Arti di vano l’esclusiva titolarità. Gli abitanti Venezia conquistando a soli ventun’anni dei due paesi non perdevano occasione importanti premi accademici, tra i quali per rintuzzare i contrasti e pare che in il primo premio dell’Accademia di occasione delle “rogazioni” le processio- Brera di Milano, nel 1825, con l’opera ni di Miane e di Combai si siano incon- Angelica e Medoro. trate lungo i confini delle rispettive par- Tra le sue opere più pregevoli ricor- rocchie. Durante la recita delle litanie i diamo il grandioso timpano di villa mianesi cominciarono a ripetere: «Sanc- Gera di Conegliano L’architettura fa ti Cosma da Miane, orate pro nobis» amica accoglienza alle arti sorelle: Pittura, mentre gli altri replicavano: «Sancti Scultura, Poesia e Musica compiuto ad Cosma da Combai, orate pro nobis»; in appena ventitre anni, al termine degli breve si passò dalla provocazione alla studi accademici.. zuffa nella quale furono coinvolti anche Socio onorario dell’Accademia delle i sacerdoti. Belle Arti di Venezia, nel 1883 si recò in Ungheria, a Eger, dove fondò una scuo- PERSONAGGI ILLUSTRI la di scalpellini e apprendisti e abbellì con le proprie opere la facciata della Vittore Maria Gera (1758-1836) nuova cattedrale sotto la protezione del Rappresentante della nobile famiglia colto arcivescovo Pyrker. In Ungheria Gera, originaria del Cadore e trasferitasi era uno degli scultori più quotati e la a Campea nel XVIII secolo, fu insigne sua fama si diffondeva anche a livello professore di scienze agrarie e di archi- europeo. Gli furono commissionati vari

C tettura civile. Nei possedimenti cadorini lavori a Pest e a Esztergom, dove realiz-

OMUNI della famiglia progettò e realizzò un zò per la basilica primaziale alcune congegno idraulico a mezzo di una imponenti statue che, ricavate da una chiusa di marmo sul fiume Padola, detto pietra poco resistente, vennero irrepara- stua, dalla quale precipitava una podero- bilmente danneggiate dalle intemperie. sa massa d’acqua in grado di trasportare Dopo i moti del 1848, durante i quali i tronchi degli alberi abbattuti più a prese posizione a favore dei rivoluzio- monte. Nel palazzo di famiglia sito in nari, fu costretto a rientrare in patria

182 MIANE

Feste

Festa dei Marroni La manifestazione di maggior spicco nel comune di Miane è la festa dei Marroni di Combai, che si svolge ogni anno nella seconda metà del mese di ottobre. Nata nel 1945 prima a sostegno della banda musicale del paese e in seguito per le opere par- rocchiali, nel corso di questi cinquant’anni anni, ha riscosso un crescente interesse e un’affluenza di pubblico notevole.

“E’ Verdiso” Nel 1989, durante l’edizione della festa dei Marroni, venne presentato il Verdiso, ottimo vino autoctono, antenato del famoso Prosecco. Il vitigno Verdiso, infatti, è pre- sente nella fascia pedemontana trevigiana da oltre due secoli; il suo impianto era stato imposto ai coloni dell’Abbazia di Follina già nel 1788. Visto il gradimento ottenuto, a partire dall’anno successivo è stata ideata una mani- festazione specifica dal titolo “E’Verdiso” che si tiene nei mesi di maggio-giugno.

Robe de casa nostra Nel mese di aprile la Pro Loco di Miane organizza la rinomata mostra mercato dei prodotti tipici del luogo. Miane vanta infatti un’ottima produzione di formaggi e salu- mi. In contemporanea si organizza l’esposizione di oggetti artigianali lavorati a mano dai contadini del luogo. Si tratta di oggetti un tempo di uso comune oggi quasi del tutto scomparsi come cesti in salice, gerle, dalmede (zoccoli in legno) ecc., testimoni di una creatività e una civiltà da non dimenticare.

con la moglie Maria Kovàcs. Gli furono Deluso e amareggiato rientrò in Ita- commissionate opere a Feltre, Agordo, lia, continuando la sua attività in preca- Serravalle, Conegliano, Cison, dove rea- rie condizioni di salute. Si spense a lizzò le statue per le facciate della chie- Cison nel 1880 e la sua salma riposa sa. Peraltro il suo desiderio era di ritor- sotto una stele per la quale egli stesso nare in Ungheria per terminare le opere aveva scolpito il suo autoritratto. incompiute nella cattedrale di Eszter- gom. Pre Jacobino da Miane C

Chiarito il suo ruolo durante i moti (?1300- 1402) OMUNI del 1848, poté tornare in Ungheria per Nato a Miane agli inizi del 1300, di l’inaugurazione ufficiale della basilica, nobile famiglia, fu avviato agli studi anche se la sua opera non venne mini- nella scuola del monastero di Follina e mamente riconosciuta e il completa- ricevette l’ordinazione sacerdotale a mento dei suoi lavori fu affidato ad arti- Ceneda nel 1325, diventando pievano sti ungheresi. di Soligo.

183 QUARTIER DEL PIAVE

Grazie ai buoni rapporti con la fami- ragazzi, per la durata di dieci anni. glia Da Camino, feudataria del luogo, si stabilì nella città di Treviso, divenendo Giovanni Antiga (1878- 1960) prima rettore della chiesa di Sant’Ago- Di umili origini, fu avviato agli studi stino di Treviso e poi assumendo l’auto- musicali da uno zio sacerdote. Si diplo- revole carica di “primicerio dei cappel- mò in violino col professor Frontali, lani della città e dei borghi”. amico dei più illustri musicisti e com- Dopo vent’anni di intensa e operosa positori dell’epoca. Giovanni cominciò attività abbandonò spontaneamente così a frequentare l’ambiente della gran- l’incarico, nel 1402, spegnendosi poco de musica. Scritturato in Francia, dopo. conobbe il grande compositore Masse- Il suo testamento, datato 1383, si è net che lo accolse sotto la sua protezio- rivelato fonte preziosa di informazioni ne, facendolo nominare organista della storiche su Miane e a esso si deve l’isti- cattedrale di Grasse dove rimase per tuzione del beneficio della chiesa di San alcuni anni. Successivamente passò a Pietro Campestre e della “Commissa- Nizza come organista della chiesa di ria”, ovvero della fondazione mediante San Giuseppe. In questa città si dedicò la quale la sorella di Pre Jacobino, donna all’insegnamento e alla composizione, Francesca, aveva l’obbligo di provvedere scrivendo numerosi lavori per pianofor- alle spese scolastiche a favore di due te e violino.

Il paese di Combai C OMUNI

184 C OMUNI di Moriago villa Moriaci Plavium trans con riferimento alla Alla caduta del regno lon- Alla caduta del regno Il monastero si estinse nel Il monastero Toponomastica . Marilius Il toponimo è d’origine incerta: l’Olivieri lo fa dall’andronimo derivare romano colonizzazione romana del territoriocolonizzazione romana nei primi secoli dopo Cristo. avvenuta e il suo territorio in epoca medievale in gran parte infeudati,vennero come dell’antica fortifi- dimostrano gli avanzi cazione dei feudatari Caminesi, visibili alla chiesa parroc- ancor oggi davanti chiale. di bonifica e risanamento L’opera del territorio a opera dei monaci del- anche il ter- Vidor interessò l’abbazia di ritorio di Moriago caratterizzandone fortemente il paesaggio. Dopo la torre dei Caminesi l’edificio più antico del benedettino sulla paese è il convento Cornarota XVII secolo e i suoi beni vennero nome di Moriago: exesum marm.exesum in Italia successe la dominazio- gobardo ne franca, tracce di cui si ravvisano anche in Moriago nella dedicazione della chiesa parrocchiale a San Leonar- culto, il cui do di Noblat insieme a quello di san Martino, diffuso venne proprio dai franchi. La 185 AT TAG L IA B

ORIAGO DELLA

Oggi è attivo centro agricolo centro Oggi e è attivo L’ipotesi di insediamenti preistorici L’ipotesi Situato nella piana sud-orientale del

La storia M

nio retorico che riportava l’antico un’iscrizione, ora perduta, di Caio Eren- e nel 2000. si presentava Interessante romane antiche sono avvenuti nel 1999 antiche sono avvenuti romane temente ulteriori di tombe ritrovamenti Campo di Feltre, più recen- così come nero alla luce nel 1935 in località alla luce nel 1935 in nero ma di queste presenze resti romani ven- romani resti ma di queste presenze paese e il terrazzo delle Rive. A confer- zione nel tratto fra il Rosper, sopra il hanno ravvisato una probabile centuria- una probabile hanno ravvisato industriale. periodo romano, gli studiosi locali scarti di vasellame dell’epoca.scarti di vasellame il Per divenne “Moriago della Battaglia”. divenne “risse”nelle cui sono stati rinvenuti italiana, dal 1962, il nome del paese anche nel territoriotro moriaghese, menti che permisero la definiva vittoriamenti che permisero la definiva riscon- risalenti trova all’età del Bronzo linee nemiche; in ricordo degli avveni- e 27 ottobre 1918,e 27 ottobre lo sfondamento delle mata “Isola dei morti”,mata la notte fra il 26 mondiale avvenne, nella zona oggi chia- Mosnigo. Durante il primo conflitto Piave. E’ il paese frazione del comune torrenti e dal fiume Raboso e Rosper comune di Moriago è attraversato dai di Moriagocomune è attraversato to a un’altitudine di 121 m m.l.s.,to a un’altitudine di il Quartier del Piave su un territorio su Quartier del Piave piat- QUARTIER DEL PIAVE

acquistati da privati che modificarono Valenze architettoniche irreparabilmente anche la struttura ori- ginale dell’edificio conventuale. Interes- La chiesa di San Leonardo sante il piccolo oratorio di San Gaeta- Non si hanno notizie della chiesa di no. Moriago prima dell’anno Mille, anche Moriago, con la frazione di Mosnigo se la dedicazione a un santo francese fa e la località Nosledo, fu fino al 1797 presumere che la sua fondazione sia un’appendice del comune di Vidor. Da avvenuta anteriormente a quel periodo. quell’anno al 1805 appartenne con La prima notizia certa risale al 1110 e Vidor al distretto di Treviso. Divenne da essa si apprende che la chiesa era comune nel 1807, ma prese di nuovo soggetta all’abbazia di Vidor. Alcuni l’autonomia tre anni dopo quando fu massi recuperati dalla primitiva chiesa riaggregato alla municipalità di Vidor, sono stati inseriti nella facciata dell’at- cantone di Valdobbiadene, distretto di tuale chiesa e riportano antichi simboli Ceneda. Riacquistò l’autonomia nel cristiani datati tra il XIII e il XIV seco- 1819. lo. Dal 1375 Moriago divenne rettorato Dal punto di vista economico il dipendente della pieve di Santa Maria comune ebbe da sempre una vocazione di Sernaglia. agricola basata, oltre che sulla patata, Nel 1870 la chiesa fu ampliata e soprattutto in tempi recenti, sulla modificata, conservando tuttavia all’e- monocultura del mais, favorita dall’in- sterno un aspetto modesto. Semidistrut- troduzione del sistema d’irrigazione. ta alla fine del primo conflitto mondia- Negli anni Sessanta si sviluppò l’indu- le, la chiesa fu demolita all’inizio del stria del legno. 1922, quando fu benedetta la prima Un settore, in particolare quello del vimine, che si ricollega in qualche modo alla tradizione locale delle venghe Palazzo Battaglia del Piave: dai cestoni di una volta si è passati ai mobili in giunco che hanno trovato negli ultimi decenni la via del- l’esportazione. A ricordo del drammatico fenomeno migratorio, che ha inciso profondamen- te sulla vita della collettività moriaghese fino agli anni Sessanta, fu inaugurato nel 1990 il primo monumento in Italia

C dedicato alla donna emigrante, un’origi-

OMUNI nale realizzazione in bronzo opera di Carlo Balljana.. Un evento tragico segnò la memoria dei moriaghesi: l’incendio della locale sala cinematografica del 26 febbraio 1928 che costò la vita a 35 persone sof- focate dal fumo e dalla ressa spaventosa.

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Blasoni popolari

Nella tradizione popolare l’assimilazione delle qualità umane a quelle degli animali può essere usata sia in tono dispregiativo che di apprezzamento, così gli abitanti di Moriago sono detti i gat de Moriago mentre quelli di Mosnigo sono detti i cis da Busni- go dove l’intraducibile “cis” è forse la storpiatura di un vocabolo tedesco. Una curiosa filastrocca recita così: Fontic, Busnìc, Morìac…tre paesi ligadi col spàc: Morìac, Busnìc, Fontìc…tra paesi che no val an fic! che tradotto significa “Fontigo, Moria- go, Mosnigo… tre paesi legati con lo spago; Moriago, Mosnigo, Fontigo…tre paesi che non valgono un fico!”

pietra della nuova, quella attuale, com- Albrizzi. Dopo il matrimonio essi si sta- pletata nel 1924 e consacrata nel ’28. Su bilirono a Moriago conducendo una pianta poligonale a dodici lati con vita brillante e agiata. La famiglia Batta- cupola centrale, stilisticamente d’ispira- glia proveniva da Refrontolo e si inse- zione medievale piuttosto che classica, diò a Moriago fin dal primo ’700, dove fu costruita su progetto dell’architetto possedeva oltre alla villa, terreni e una Alberto Alpago Novello, destando l’in- filanda. teresse dei critici d’arte del tempo, in Il palazzo Battaglia fu restaurato particolare di Alberto Papini. Il campa- dopo la grande guerra con l’aggiunta nile, alto 35 m, sempre su disegno di della gradinata con colonne e archi clas- Alberto Novello, fu costruito in stile sici. romanico e richiama quello della chiesa In posizione centrale rispetto alla di San Martino di Treviso. All’interno piazza, si trova villa Varlonga, interessan- della parrocchiale vi sono interessanti e te per la sua facciata affrescata. preziose opere pittoriche: una pala del Pordenone; nella cupola centrale sono TRADIZIONI E LEGGENDE rappresentati i dodici apostoli dipinti dal Cadorin; le sculture sono di Carlo Quella dei Mamai (Stipa pennata o Conte. Ancora, oltre agli affreschi di Lino delle fate) è una delle tradizioni anonimi secenteschi, l’edificio è arric- paesane più antiche. Si tratta di una gra- chito dalle pitture di Bepi Modolo; vi è minacea con foglie setoliformi fine- anche una preziosa ceramica raffiguran- mente scanalate, il cui pennacchio, C te la Madonna del Piave. bagnato nel latte di calcio ed esposto al OMUNI sole, diventa presto vellutato come la La Piazza del Paese pelle del gatto, o meglio del mamao, ter- Poco discosto dalla piazza del paese mine con cui in dialetto si indica qual- spicca il settecentesco palazzo Battaglia, siasi tipo di pelliccia. I mamai hanno dimora del nobiluomo Bartolomeo e sempre decorato le case di molti moria- della contessa veneziana Antonietta ghesi che per farli conoscere hanno

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Isola dei morti

ideato una vera e propria festa che si che realizzava spesso su supporti di svolge in estate nell’isola dei Morti. recupero. Un importante nucleo delle opere di Carlo Conte si trova oggi pres- PERSONAGGI ILLUSTRI so il Museo Civico di Treviso.

Carlo Conte (1898-1966) Luigi Gay (1904-1980) Pittore e scultore, frequentò le acca- Dopo aver frequentato la scuola sera- demie di Venezia e di Brera. Considera- le di disegno di Pieve di Soligo, fre- to uno fra i grandi scultori contempora- quentò l’Accademia di Venezia non- nei, animò e frequentò i circoli culturali ostante il parere contrario della famiglia. trevigiani del secondo dopoguerra. Il Diplomatosi alternò all’attività di inse- rinnovato interesse della critica ha per- gnamento con la produzione artistica e messo di riscoprire la vasta produzione fu personaggio di spicco nel panorama del “selvatico” Conte, per i tratti spigo- pittorico nazionale a partire dagli anni losi del suo carattere, assegnandoli un Cinquanta. Abile ritrattista si segnalò

C posto di rilievo fra gli artisti nel nostro soprattutto per la produzione di opere

OMUNI ’900. Realizzò sculture in vari materiali, paesaggistiche. pietra, terracotta, gesso e bronzo anche per monumenti pubblici. Tra i soggetti Valenze paesaggistiche preferiti, le figure femminili e le teste di bambini.Versatile nelle maniere espressi- L’isola dei Morti ve si cimentò anche nell’affresco, con E’ così denominato il lembo estremo l’acquerello e altre tecniche pittoriche di terra che si pretende verso il greto

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Mosnigo, i palù, sentiero naturalistico del Piave nelle cosiddette “grave”, da contenuto figurativo e simbolico, che si quando, nella notte tra 26 e 27 ottobre propone di animarlo, ha voluto essere 1918, avvenne il passaggio delle truppe un tributo d’onore al sacrificio dei italiane che aprì la definitiva vittoria ita- “Ragazzi del’99” che uniti ai vecchi liana sugli austro-ungarici. fanti, balzarono per primi sulla riva sini- Il parco costituisce monumento stra del fiume. nazionale a memoria degli arditi e dei La Vergine, ribattezzata Madonnina del fanti caduti nella battaglia di Sernaglia. Piave, è una pregevole terracotta del Nel 1965, per iniziativa dell’allora ’400 di scuola fiorentina donata al par- parroco di Moriago don Pietro Cecca- roco Ceccato dal cavaliere Umberto to, nacque la chiesetta, monumento san- Bandini a nome di tutti i dei “Ragazzi tuario della Madonna del Piave, realiz- del’99”. Accanto alla chiesetta sorge il zata in collaborazione con varie associa- cippo commemorativo ai caduti negli zioni combattentistiche e d’arma. Aper- epici giorni della fine d’ottobre 1918, i to al culto, il santuario divenne subito cui resti riposano oggi nel vicino ossa- meta di pellegrinaggi di persone prove- rio di Nervesa. Il monumento a forma C nienti da varie regioni italiane e l’afflus- di piramide è costituito da pietre tolte al OMUNI so di visitatori fece maturare l’idea di greto del fiume e saldate con calce. Sulla completare definitivamente l’interno sommità spicca una singolare croce rea- della chiesetta con una serie di opere lizzata con il filo spinato dei reticolati inaugurate nel 1970. intrecciati intorno ad un elmetto con- Il progetto del santuario è opera del- torto e arrugginito. La lapide centrale l’architetto Alberto Alpago-Novello. Il reca alcuni versi della Preghiera di Serna-

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Feste

Varie sono le iniziative curate dalla Pro Loco. Al fine di valorizzare alcuni prodotti locali sono sorte la festa dello gnocco a Mosnigo nel mese di giugno; la giornata del fongo una mostra dei funghi, a novembre. Intorno a San Martino si svolge anche la mostra delle caneve monsnighesi. La tradizionale Sagra di San Martino a Mosnigo ha avuto negli ultimi anni un grande successo grazie alla Pro Loco che sta valorizzando questa antichissima sagra paesana. Questa ricorrenza ricorda il pagamento da parte dei mezzadri della quota dovuta al proprietario, mentre ai nostri giorni è segno di allegria e di divertimento. La Pro Loco di Mosnigo alleste un grandissimo tendone riscaldato dove si svolgono una serie di iniziative veramente interessanti come la degustazione dei Clinton, Malbec per i vini rossi, e i vari Prosecchi per i vini bianchi.Trionfo della gastronimia a base di funghi, muset, brasole e figalet con erbe nostrane (radicele) il tutto innaffiato generosamente dai vini genuini dei nostri vigneti Suscitano ogni anno un grande successo anche la pesca di beneficenza, la gara del tiro alla fune e il gran- dioso spettacolopirotecnico che ogni anno conclude la festa.In giugno si allestisce una mostra artigianato la contrada dei vecchi mestieri in un’antica via denominata “Fran- cia”. Altre iniziative sono volte a valorizzare la zona di Palù a nord di Mosnigo. A Moriago, sempre nell’ambito della valorizzazione dei prodotti locali, va citata la mostra della patata nell’ambito dei festeggiamenti a Ferragosto, con assaggi e menù a base di patate, dai primi piatti al dolce, alla pizza.

glia composta da Gabriele D’Annunzio. La storia Nel 1991, è stato inaugurato poco La presenza romana sarebbe docu- distante il monumento dedicato alla vita mentata, secondo lo studioso Luigi e alla pace, opera dell’artista Marbal. Ghizzo dagli evidenti resti di centuria- L’isola dei Morti è raggiungibile zione romana zona nord-ovest di dalla circonvallazione di Moriago attra- Mosnigo, una delle aree meglio conser- verso quella che fu ribattezzata “via vata nel Quartier del Piave di questo degli Arditi”. assetto territoriale dovuto alla domina- zione romana. MOSNIGO In epoca medioevale il paese si pre-

C sentava come un piccolo feudo i cui

OMUNI Frazione del comune di Moriago, il confini erano delimitati dai torrenti paese conserva ancora un aspetto carat- Rosper e Raboso ed era dominato, teristico, per lunghi tratti il centro abita- secondo Marchesi, dai conti di Mango- to, infatti, è racchiuso da una cortina di na detti anche “Rabbiosi” dall’omonimo muri in sassi attorno alla quale corre il corso d’acqua che attraversava il loro perimetro di una strada. La parte nord possedimento. Dal secolo XII anche i confina con la zona dei Palù. territori di Mosnigo, specie le aree

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Martino a cavallo è opera dell’artista Gigi Toponomastica Gasparini di Venezia. La Via Crucis, con figure in bassorilievo uso avorio e cor- nici in noce, è uscita dal laboratorio Come per Moriago, anche il topo- dello scultore Giuseppe Obletter di nimo di Mosnigo è secondo l’Olivieri Ortisei (1925). Di valore sono anche gli un andronimo di origine romana (dal artistici confessionali in faggio e i can- latino Moccinius). delieri in ottone massiccio.

TRADIZIONI E LEGGENDE ancora improduttive, furono coinvolti Nella zona di Mosnigo pare fosse nell’opera di bonifica che si irraggiava molto diffusa una specie di rane chia- dall’abbazia di Vidor. Durante il periodo mate le racole de la signora Mena la cui turbolento del ’300 il territorio passò origine si doveva a un’anziana donna sotto il controllo del comune di Treviso del luogo chiamata appunto Mena. nella cui organizzazione territoriale Abbandonata dai figli a una vecchiaia figurò come villa o regola della pieve di di povertà e solitudine, la Mena aveva Col San Martino. dedicato gli ultimi anni della sua vita ad ammaestrare le rane che vivevano nello Valenze architettoniche stagno adiacente alla sua casa, gli unici esseri viventi rimasti a farle compagnia. Chiesa di San Martino La passione che la donna mise nell’i- Si ritiene che fin dal secolo XII la struire le rane trasformò questi anfibi in cura d’anime dipendesse dall’abbazia di una specie particolare che, in segno di Santa Bona di Vidor; dopo il 1370 la riconoscenza, si sentì in dovere di giurisdizione spirituale passò all’arcipre- ammonire e perseguitare i figli irrico- te di Col San Martino. La prima chiesa noscenti che abbandonavano i genitori fu un oratorio dedicato a san Pietro. nel declino della vecchiaia. Nella visita pastorale del1475 è citata Questa specie mutante di rane si a Mosnigo anche un’altra chiesa dedica- moltiplicò molto rapidamente diffon- ta a san Martino, il cui sacerdote figura dendosi in ogni paese della zona giun- come rettore.Tale oratorio fu ricostrui- gendo fin nel bellunese; il luogo di to intorno al 1590 e nei secoli successi- insediamento della colonia era general- vi ampliato e ristrutturato. Divenne par- mente nelle vicinanze del cimitero. Esse rocchia nel 1676. riuscivano a mettersi in contatto con i

La chiesa attuale risale al 1865 e defunti, raccogliendone le confidenze e C venne costruita grazie alle offerte dei le eventuali lamentele circa la condotta OMUNI fedeli e a un contributo straordinario di dei figli, dopo di che esse si recavano lire 900 da parte dell’imperatrice dagli ingrati figli per compiere la loro Mariana d’Austria. missione. Si narra che un tale Toni La chiesa venne restaurata negli anni Todoverto di Mosnigo si fosse impicca- ‘20 dopo le devastazioni della Grande to a un gelso a causa di una racola che Guerra. La pala dell’altare maggiore San col suo canto lo incolpava di aver

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lasciato morire la madre in solitudine. La bambina spaventata fuggì in un prato, trovò un mulo che si offrì di aiu- La cavera Camorsa tarla, ma quando si trovò di fronte alla Nella zona dei Palù, i campi chiusi capra fu preso dal panico e scappò via. delimitati da fossati e dai filari di siepi Non fu più fortunato nemmeno un che costituiscono il caratteristico pae- cane, che impietositosi dal pianto della saggio del nord di Mosnigo, pare vivesse bambina si era deciso ad aiutarla. la capra Camorsa, un’affamatissimo Finalmente passò di li un gale ostarol ovino che poteva mangiarsi anche i che comandò alla capra di uscire di casa. bambini. La capra rispose con la sua solita fila- Un tempo lontano una bambina strocca recitata in tono sempre più viveva con la madre in una casetta minaccioso. Ma l’intrepido galletto lungo il Rosper, la madre si recava spes- replico: so a falciare l’erba nei prati raccoman- E mi son el galeto col becheto storto dando sempre alla figlia che si recava a Se no tu va fora de qua scuola di chiudere bene la porta di casa Te l’impianterò nel corpo! dietro di sé. Un giorno la bambina si E le saltò addosso beccandole occhi, dimenticò degli ammonimenti materni orecchie, naso e strappandole il pelo dal e, tornata da scuola trovò la cavera corpo. La cavera Camorsa ferita e acce- Camorsa seduta sul larin. Pur essendo cata fuggì cadendo dentro il torrente in spaventata, trovò la forza di ordinarle di piena, oltrepassando il mulino di Moria- uscire immediatamente di casa, ma la go e giù fino al fiume e da allora non fu capra rispose: più vista. Son la cavera Camorsa, La bambina ringraziò il galletto e da coi denti de fero, allora soleva cantare: coi corni che pica, Cavera Camorsa se no tu va fora de qua Va do par quel buso te li piante in te la tripa. E no sta pì vegner suso.

Villa Varlonga C OMUNI

192 C OMUNI pieve, riporta ai secoli plebs, Toponomastica Il termine anteriori e indica una zona al Mille rurale su cui era stanziata una comunità cristiana primitiva. vi nella pieve Solo di battistero,era una chiesa munita da le cappelle minori che cui dipendevano funzioni di parrocchie.non avevano La pieve, rurale come comunità di origine latina viene solitamente contrapposta fara,alla longobarda che indica invece uno stanziamento etnico di origine barbarica. dall’e- Il nome attuale deriva di civile dell’antica pieve voluzione Soligo che, intorno sud- al ’200 venne entità amministrative in diverse divisa da cui derivarono:Trevisan del la pieve destra del fiume Soligo,sulla riva la del Contà o di Solighetto sul lato pieve e la villa di Barbisano soggetta sinistro alla giurisdizione dei Collalto. Queste distinte entità sono state riunitetre nel- solo nel 1928 pur l’attuale comune nel corso dei secoli tra esse avendo legami e rapporti, intrattenuto sempre a sereni. non sempre volte una giurisdizione molto vasta: essa toc- di Susegana e Col- e i colli il Piave cava fosco, est il Lierza, a il torrente a ovest i colli di Farrò. e a nord Patean La par- 193 OLIGO S

Pur essendo scarsa la documentazio- Nel periodo alto medievale pare fosse pare Nel periodo alto medievale Non esistono conferme certe della Capoluogo comunale con le frazioni comunale Capoluogo IEVE DI

La storia P

camente, fin dai secoli intorno al Mille, pievano di questa parrocchia aveva anti- di questa parrocchia aveva pievano delle visite pastorali appare certodelle visite pastorali appare che il dola risalire al IX-X secolo. Dagli atti siastiche della diocesi di Ceneda, facen- una delle più antiche delle pievi eccle- una delle più antiche delle pievi ne si ritiene che la pieve di Soligo sia ne si ritiene che la pieve zona. sulla maggior parte dei territori della zioni dell’epoca, il dominio ad avere cessioni imperiali e delle grandi dona- l’episcopato cenedese, in virtù delle con- trovata una tomba di analogo periodo. di analogo una tomba trovata 1867, del campanile è stata in prossimità località Luminaria, Sernaglia verso e, nel di tranquille zone residenziali. alla luce in è venuta tombe romane moderne artigianali aree e industriali e rurale,carattere se una serie anche di particolarmente prospero, dotata di a di un abitato di epoca romana presenza cittadina si presenta oggi con un aspetto cittadina si presenta socio-economico per l’intera zona.socio-economico per La striale e terziario, polo di gravitazione sviluppatosi soprattutto nel settore indu- nel settore sviluppatosi soprattutto dizionale del comprensorio, noto centro Quartier del Piave”, tra- è il capoluogo m s.l.m.“perla del la da sempre Definita di Solighetto e Barbisano è situata a 140 di Solighetto e Barbisano QUARTIER DEL PIAVE

rocchia comprendeva quindi, già da allo- poteva dar luogo a talune difficoltà ed ra, un territorio situato parte a destra e oneri, oltre che mettere in atto dinami- parte a sinistra del fiume Soligo. che particolari». Ma è difficile delineare l’evoluzione Con la stabilizzazione del dominio storica della «pieve civile di Soligo in età veneziano in terraferma anche per que- medioevale…per la scarsità di documen- ste zone iniziò un periodo di pace e tazione del periodo antico e… per la sua prosperità che ebbe risvolti positivi per caratteristica di territorio di confine fra l’economia e la società, almeno fino alla molte giurisdizioni civili ed ecclesiasti- crisi cinquecentesca conseguente alla che». In questa zona infatti i principali, guerra contro la Lega di Cambrai. Per il ma non unici, referenti erano i vescovi villaggio di Pieve, diventato ormai di Ceneda, Feltre e Belluno, i signori Da comune di Pieve di Soligo, la frammen- Camino, i signori di Collalto, conti di tazione amministrativa continuerà però a Treviso, e il comune di Treviso stesso e permanere, e soffrirà, in conseguenza di «per un lungo periodo essi si contesero questa divisione del territorio, della «… in varia misura e con esiti diversi questo confusione generata dall’esigenza di ver- territorio nel tentativo di esercitare su di sare dazi e imposte a due diversi uffici esso diritti di varia natura». In conse- fiscali e di canalizzare viceversa le entra- guenza di questa situazione, verso la fine te verso un unico sbocco», fenomeno, del XII si giunse alla rottura dell’antica questo, che sembra aver contribuito pieve civile di Soligo che comprendeva «…all’origine di una lunga stagione di le regole di Pieve di Soligo, Farrò, Bar- bisano, Collalto, Falzè, e Soligo, desti- nandole ad amministrazioni diverse. Al Affresco del dazio della “muda”, comune di Treviso spettarono i territori in via Lubin, 1798 sul lato destro del fiume Soligo, mentre il lato sinistro venne suddiviso tra i Col- lalto e i Da Camino, feudatari del vesco- vo di Ceneda. Nel ’300 Barbisano e Collalto entrarono definitivamente nel- l’orbita del feudo collaltino, mentre la parte sinistra di Pieve e Solighetto ven- nero passati alla cosiddetta “Gastaldia di Solighetto” che, tornata in possesso del vescovo di Ceneda, verrà passata con la contea di Valmareno alla Serenissima e

C nel 1436 definitivamente infeudata ai

OMUNI Brandolini. Da questo momento la distinzione tra le due comunità si accentuò visibil- mente e vista la presenza del fiume, che non costituiva di per sé una «frontiera invalicabile, però per uomini e merci passare da una giurisdizione all’altra

194 PIEVE DI SOLIGO conflittualità sociali e del consolidarsi La crescita di Pieve di Soligo inizia nel tempo di fazioni e schieramenti in nel XV secolo: «…il paese era attraversa- lotta tra loro ed evidentemente coinci- to da numerosi flussi di forestieri e la denti con le due parti del paese». Questa dinamicità commerciale che a partire dal frattura strideva contro la formale unità ’400 animò la zona si tradusse così nel della parrocchia, «residuo dell’antica forte aumento dei flussi alimentari verso “pieve” di cui la chiesa di Santa Maria settentrione che portò anche al tentativo Assunta era matrice, formale unità per- di dar vita ad un mercato settimanale». ché nei fatti contraddetta dalla duplice Nel XVI secolo si tentò di superare la gestione della fabbriceria, divisa appunto divisione fisica del fiume con la costru- in due amministrazioni». zione di un ponte sul quale trovò spazio Ma i motivi di scontro nascevano un mercato domenicale spontaneo chiu- anche da ragioni economiche. Alla chie- so poi per “ragioni sanitarie” dal conte sa infatti andavano beni e lasciti che, Brandolini e introdotto poi ufficialmen- gestiti dalla fabbriceria come patrimonio te nella pieve del Contà nel 1638, con della comunità, avevano una consistenza una cerimonia pubblica e con l’emana- ben maggiore rispetto al beneficio par- zione di un regolamento e con la «rego- rocchiale di pertinenza esclusiva del par- lazione et dispensa di poste et luochi” roco. La carica di amministratore della assegnati a chi si presentava per primo. proprietà collettiva era inoltre titolo Le merci erano distribuite lungo le ambito che garantiva ai ceti emergenti quattro strade che confluivano intorno uno status sociale superiore, non più alla chiesa e nella piazza della chiesa stes- legato soltanto alla ricchezza economica. sa dove si vendevano tessuti, ferramenta L’insofferenza verso questa situazione e prodotti caseari; lungo la strada che derivava anche dal diverso sviluppo eco- porta a Solighetto si vendevano frutta, nomico tra le due distinte comunità: gli pollami e bestiame; per la strada che abitanti della destra del Soligo godevano portava a Collalto si vendevano «caprini, di un maggior benessere rispetto a quelli pecorini e porcini»; per la strada che va residenti sulla sinistra del fiume e l’insof- verso Conegliano equini «grossi e ferenza verso un assetto diocesano che menuti di ogni sorte»; per la strada che sembrava penalizzare chi contribuiva di portava al ponte e sul ponte stesso «le più fu, forse, motivo non secondario del biave d’ogni sorte et legumi». Questo conflitto tra le parti. Per tentare di elimi- provocò la maggior circolazione di nare i motivi di discordia tra le due merci con relativo incremento di consu- comunità, nel 1693 si ricorse ad un mi, soprattutto di vino e carni era accol- accomodamento di tipo religioso, ele- ta con soddisfazione dei conduttori del vando a parrocchiale la chiesa di Santa “dazio della muda”. L’osteria era traffica- C

Maria Maddalena nel “Trevisan”, ma «la ta e frequenti erano le liti e le baruffe OMUNI lacerazione sociale e religiosa delle due delle quali spesso erano protagonisti gli Pievi» nasceva anche da cause diverse, zattieri che, provenienti da Falzè, ritor- capitolo non edificante nella storia del navano nel bellunese. paese, era …« lo strascico, fortunatamen- La costruzione del ponte, che avreb- te finale, di un’eredità genetica segnata be dovuto unire più agevolmente gli da fratture e disarmonie secolari». abitanti della pieve, facilitando gli scambi

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Giorno di mercato nella piazza del paese

e la comunicazione tra le due sponde, si un discreto sfruttamento ittico». Sul ver- rivelò invece causa di contese e di lotte; sante agricolo consistente si rivelava rappresentava infatti una sorta di terra di ancora la piccola proprietà contadina e il nessuno, facile via di fuga per coloro i patrimonio comunale mentre a Soligo, quali avevano commesso illegalità o già ad inizio ’500, cominciavano ad arri- delitti in una delle due sponde; attraver- vare gli investitori cittadini.Agli inizi del so di esso si passava infatti da una giuri- ’600 inizia «la penetrazione economica sdizione all’altra e sulla sponda sinistra, dei privati (per lo più veneziani) nell’ac- poco distante dal Soligo si trovava anche quisto dei beni dello Stato Veneziano il confine della contea di Collalto. che aveva bisogno di contanti per finan- Dal punto di vista economico il soli- ziare le costose guerre levantine e per ghese si caratterizzò per un’economia di conservare ciò che rimaneva dell’antica tipo agricolo in grado di fornire surplus potenza. L’intera operazione, se da un per la vendita e per la presenza di attività lato favorì la penetrazione immobiliare artigianali legate alla protoindustria; cittadina e veneziana in zone sino ad

C importante era anche il settore dell’alle- allora esterne al flusso dei capitali, dal-

OMUNI vamento ovino che forniva materia l’altro accentuò le differenze sociali poi- prima all’industria laniera. A Pieve di ché, tra gli acquirenti,…figurò anche Soligo «il motore economico era l’acqua quell’élite contadina che, nel contempo del Soligo che muoveva le ruote dei stava attuando le strategie di affermazio- molti mulini e folloni da lana» cui era ne locale». legato anche l’indotto per la produzione Fu grazie a questo fenomeno immi- di macine e mole e «dava vita anche ad gratorio che vennero introdotte tra fine

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XVII e XVIII secolo a Pieve di Soligo perse la caratteristica di borgo medioe- importanti attività manifatturiere che vale, ma anche il tessuto sociale del gradualmente passarono dalla lavorazio- paese. Furono costruiti in quegli anni il ne dei panni lana a quella della seta. Dal Collegio vescovile Balbi Valier, i Pii Isti- processo di ruralizzazione di una di que- tuti Balbi Valier che comprendevano un ste famigli nobili, quella dei Balbi Valier, ospedale per gli infermi e un collegio scaturirono alcune delle iniziative eco- femminile, ancora, un istituto femminile nomiche e sociali fondamentali per lo di carità e un’orfanotrofio. Furono sviluppo di Pieve di Soligo nel secolo costruite inoltre le scuole elementari e XIX che, dopo la caduta della Serenissi- venne potenziato e migliorato l’assetto ma subì i mutamenti sociali conseguenti viario. All’inizio del ’900 il vecchio e alla dominazione napoleonica. La nuova leggendario ponte di legno venne sosti- classe dirigente si componeva non solo tuito da uno in muratura e il paese di possidenti terrieri ma anche di rap- venne collegato alla stazione ferroviaria presentanti delle libere professioni e del di Susegana. ceto mercantile e nel corso dell’’800, Agli inizi del ’900 risalgono anche la secolo che vide lo sviluppo delle infra- progettazione e l’avvio dei lavori per la strutture e dei servizi, Pieve assunse costruzione della nuova chiesa parroc- buona parte dell’aspetto che ancor oggi chiale che venne completata solo dopo presenta. Gli edifici costruiti dai Balbi la fine del primo conflitto mondiale. Valier contribuirono a trasformare non Con l’invasione nemica iniziata il 9 solo l’assetto urbanistico del centro, che novembre 1917 Pieve si trovò nelle

Villa Morona e la chiesetta della Madonna del Carmine C OMUNI

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retrovie immediate del fronte, venendo gallerie ad archetti. L’interno è ricca- pesantemente bombardata. Durante la mente decorato da fasce a fregi geome- seconda guerra mondiale la popolazione trici e floreali opera di Ferdinando For- subì i tragici effetti dello scontro tra lati. Per la descrizione delle opere d’arte forze fasciste e partigiani. Numerosi vedi itinerario n. 2 furono i rastrellamenti, operati anche Il campanile fu iniziato nel 1948 ed dalle SS che causarono morti e feriti inaugurato nel 1955. nell’agosto del ’44 per rappresaglia con- Dal piazzale della chiesa si notano tro i partigiani furono incendiate le case alcuni edifici interessanti, sulla sinistra, in della frazione Castello. Oggi Pieve di via Marconi. Soligo si presenta come un attivo centro di attività industriali, artigianali, econo- Villa Morona. miche e di servizi; è inoltre sede di radi- Si tratta di un gruppo di interessanti cate istituzioni culturali. edifici che prendono nome dalla fami- glia Morona, trasferitasi da Rolle a Pieve Valenze architettoniche intorno al 1600; a quell’epoca risale il palazzo omonimo che reca sulla porta La Chiesa di Santa Maria Assunta d’ingresso uno stemma in pietra. Appar- La prima attestazione della chiesa tiene al complesso anche la chiesetta risale al 1192. L’edificio dell’antica par- barocca sulla strada, con campaniletto a rocchiale, che esisteva certamente fin dal vela, dedicata alla Madonna del Carmi- XIV secolo, in stile romanico e origina- ne, originariamente cappella gentilizia riamente a una sola navata, venne più della famiglia. volte restaurato ed ampliato nel corso dei secoli. Rispetto alla chiesa attuale era Palazzo Ciassi orientata diversamente e la facciata si Affacciato in via Lubin, di fronte trovava a ovest, verso il fiume Soligo. Fu all’arcipretale, si trova l’edificio seicente- demolita nella primavera del 1924, anno sco, parte delle numerose proprietà che nel quale venne aperta al culto la nuova questa importante famiglia deteneva in parrocchiale. Pieve di Soligo. I Ciassi si orientarono La progettazione del nuovo edificio, già nel ’600 verso la produzione di le cui ragguardevoli dimensioni sovrasta- panni lana in quel di Soligo e, alla fine no l’abitato di Pieve, fu affidata all’archi- del XVII secolo, un’importante manifat- tetto Rupolo che lo disegnò in forma di tura di lana sorse anche a Pieve di Soligo basilica a tre navate in stile neo-romani- nella quale la tessitura avveniva secondo co. La facciata, a mattoni a vista, presenta il nuovo metodo “all’olandese” che

C sul portale una tribuna che termina con garantiva una migliore qualità del tessu-

OMUNI cinque pinnacoli a tempietto e un roso- to. ne. All’interno la navata centrale, inter- Su una parete degli edifici situati sul rotta da una serie di arcate su stretti pila- versante opposto della strada si trova lo stri misura m 49 di lunghezza per 22 m stemma della famiglia Brandolini a di altezza mentre quelle laterali sono segnalare il confine tra le giurisdizioni lunghe m 33 per 11 m di altezza; sopra dei feudi di Cison e di Collalto. L’affre- le navate minori corrono i matronei con sco indica l’antica dogana come recita la

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Feste

Le ottobrate del Quartier del Piave trassero lustro in passato, oltre che dalle casta- gne e dal vino dolce, dal gigantesco girarrosto che sulla piazza di Pieve cuoceva a fuoco lento migliaia di uccellini. Lo spiedo gigante era il motivo principale d’attrazio- ne e una folla incredibile si assiepava intorno ai grandi fuochi cercando di conquistare la sua porzione di poenta e osei. Oggi la tradizione continua, ai primi di ottobre, arric- chita di numerose manifestazioni collaterali. Quella che richiama più gente del luogo, sul calar della sera, è la sfida del tiro alla fune tra le squadre del Contà e del Trevisan che ricorda le grandi rivalità di cui gli abitanti delle due sponde del fiume furono protagonisti nel corso dei secoli. L’antago- nismo oggi riveste solo un carattere sportivo e la parte vincente porta l’ambito palio sulla sua riva del fiume.

scritta: «Qui si paga il dazio muda e tra- tivo che ben sintetizzava i quattro secoli versa a norma della tarifa che esiste in di contese che lo caratterizzarono. mano del dazier. Addì 26 febbraio 1798». Il Centro Balbi Valier Attraversato il ponte, sulla sponda Il ponte destra del fiume Soligo si trova un com- Si ha notizia del ponte di Pieve a plesso di edifici chiamato Centro Balbi partire dal 1557. Il manufatto in legno Valier, dal nome della nobile famiglia poggiava su un pilastro centrale ed era veneziana che aveva iniziato ad essere secondo la descrizione dello Schiratti: presente in quel di Pieve già alla fine del «…tinto di color rosso, dilavato dalle ’600: a quell’epoca risaliva forse la villa piogge e cotto dal sole, coperto da una palladiana sostituita nell’’800 dall’attuale tettoia come quella del ponte di Bassa- edificio. Il palazzo passò alla famiglia no. La tettoia, certo pittoresca, fu demo- Sammartini, imparentata per matrimo- lita col pretesto…che la gente vi si rifu- nio ai Balbi, di cui si rileva lo stemma giava nei giorni di pioggia, così nume- sulla facciata, che vi abitò fino a prima rosa da intralciare il traffico». della seconda guerra mondiale. Il tratto di strada che dalla chiesa A piano terra si trova la cappella pri- scendeva al ponte veniva popolarmente vata dedicata alla Madonna Addolorata C chiamato il codolà (l’attuale via Vaccari) andata a sostituire, nel primo dopoguer- OMUNI dai ciottoli che lo lastricavano consen- ra, l’originaria cappella ottocentesca tendo agli animali di scendere al fiume nella quale erano custodite le reliquie per abbeverarsi senza pericolo di scivo- della Santa Croce, prelevate in Palestina, lare sugli zoccoli. Venne definito dai pervenute ai Balbi dagli antenati. Brandolini il “ponte del contenzioso” in Sul lato opposto sorge la loggia otto- un loro ricorso alla Serenissima, appella- centesca adibita a mercato delle grana-

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glie dopo l’abbattimento dell’oratorio di San Rocco, attorno al quale si svolgeva questo commercio. Lungo Borgo Stolfi, una delle zone più antiche di Pieve, scorre il fronte esterno delle adiacenze del Palazzo Balbi. La zona era spesso soggetta ad allagamen- ti a causa delle piene del Soligo, a memo- ria delle quali restano alcune lapidi mura- te sulle facciate. Interessante è la zona della Roggia con le ruote dei mulini, un tempo appartenente ai Ciassi e ai Balbi.

L’edificio scolastico Villa Daniotti (a sinistra) di piazza Vittorio Emanuele Sorto nell’í800, per iniziativa di Marco Giulio Balbi Valier, nella sua parte bricato con bifora e piccolo frontone, centrale trovava sede il municipio. Il fab- datato 1685. bricato inoltre ospitava il corso comple- to dell’istruzione elementare inferiore e Chiesa di Santa Maria Maddalena superiore, l’asilo comunale e, a comple- La memoria della chiesa è molto tamento dell’istruzione popolare, la antica: di essa si fa cenno in un testamen- “Scuola di disegno per artieri” festiva e to del 1354. Il culto della santa si deve ad poi anche serale, nella quale si alternaro- alcuni devoti che, riunitisi in confrater- no all’insegnamento molti validi docen- nita, si occupavano anche della manuten- ti, tra i quali si ricordano i Conte, i Zan- zione della chiesa. L’edificio è situato zotto, i Fontana e i Possamai. Scopo nell’antico borgo che un tempo costitui- della scuola era quello di fornire agli va l’antica pieve del Trevisan ed è frutto artigiani le nozioni tecniche e culturali di diversi interventi operati a più riprese di base per svolgere con maggior com- tra í600 e í800. (vedi itinerario n.2). petenza il loro mestiere. La scuola regi- strò subito un notevole sviluppo in una Oratorio della Madonna di Lourdes zona nella quale l’artigianato del legno, La chiesa è collocata presso l’attuale del giunco, del ferro e del marmo, ave- collegio vescovile Balbi Valier. Fu costrui- vano assunto un’apprezzabile importan- ta nel 1883 in concomitanza con l’am- za. La scuola cessò la sua attività nel pliamento dell’istituto per orfanelle fon-

C 1966. dato dal conte Girolamo Maria, nel 1840. OMUNI Villa Chisini, ora Daniotti Chiesa di San Martino Lungo l’omonima via sorge il sem- La prima attestazione di questo anti- plice edificio a pianta quadrata e tetto a co oratorio risale al 1177, anche se nella quattro frontoni. Sul lato verso il Soligo diocesi di Ceneda il culto del santo era si trova una trifora con poggiolo in molto antico. In origine si trattava di ferro. Nei pressi un altro modesto fab- una cappella della chiesa di Santa Maria

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Blasoni popolari

I pievigini sono definiti i rusamùr da Pieve, i grattamuri da Pieve, perché sfaccendati e nati stanchi, mentre quelli di Barbisano sono detti scagaroi da Barbisan, perché bulli e gradassi. Sono nominati anche poco decorosamente i pantegan de Barbisan. Gli abitanti di Solighetto sono poco benevolmente definiti da una filastrocca che recita: Eser come quei da Suighét che se i pol…i te lo met!.

dell’Ospedale del Piave (poi Lovadina) chiesa arcipretale. Laureato in giurispru- assieme alle chiese di San Biagio (nel denza e professore presso le università di castello di Soligo) e Sant’Andrea (di Padova, Modena e Pisa fu tra i pionieri Solighetto), che le erano sottoposte. Nel della sociologia cristiana e le sue tesi 1229 il monastero di Lovadina passava a ispirarono l’enciclica “Rerum Nova- quello cistercense di Follina e quindi rum” di papa Leone XIII. anche la chiesa di San Martino entrava nei beni di questo monastero per passare Giovanni Zanzotto (1888-1960) poi, nel 1495, a quello di Santa Maria Figlio del pittore e decoratore degli Angeli in Murano fino alla caduta della Serenissima. Nel 1832, a ponente della chiesetta di San Martino, venne Borgo Stolfi costruito il cimitero che fino ad allora si trovava sul sagrato della chiesa parroc- chiale. L’oratorio necessitava però di urgenti restauri tanto che venne riedifi- cato con il contributo della popolazione e del nobile Girolamo Maria Balbi Valier che vi fece costruire anche il proprio sepolcro. (vedi itinerario n.2)

PERSONAGGI ILLUSTRI

Giuseppe Toniolo (1845-1918)

Nativo di Treviso, aveva sposato una C

Schiratti di Pieve di Soligo e soleva tra- OMUNI scorrere la maggior parte delle vacanze estive in una casa che si affacciava sulla piazzetta del Contà. La sua figura minuta era una presenza familiare per i pievigini che lo consideravano un compaesano, tanto che le sue spoglie riposano nella

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Andrea, egli apprese dal padre artigiano sostegno al sacerdozio e in queste attivi- le tecniche artistiche che perfezionò poi tà benefiche gli era compagna la moglie presso la scuola di Eugenio Bellotto e a Girolama de’ Pagani, già vedova Sam- Bruxelles. Si diplomò all’Accademia di martini. Belle Arti di Bologna nel 1911 e nel dopoguerra si dedicò alla riorganizzazio- Marco Giulio (1832-1890) ne della locale Scuola di Disegno e si Rimasto orfano di entrambi i genito- occupò anche dell’organizzazione di ri in giovane età si trovò padrone di un cooperative tra lavoratori, come quella vasto patrimonio. Di costumi semplici e tra mulitati e reduci, connessa con la sobri si dedicò al miglioramento dei rinomata Scuola Panierai di Barbisano, possedimenti agricoli, introducendo tec- Attraverso queste iniziative, mise in pra- niche agricole innovative; migliorò le tica le sue idee vicine al socialismo, frut- condizioni di vita dei suoi coloni rinno- to di una particolare sensibilità sociale e vando le loro abitazioni. Non ebbe figli politica che lo porteranno a opporsi dalla moglie, la contessa Marta Gradeni- apertamente al fascismo. go che condivise con lui una vita tutta Costretto all’espatrio, decise tuttavia dedicata alla carità. Nel 1883 fondò i Pii di rientrare a Pieve nel í33 incontrando Istituti Balbi Valier. gravi difficoltà di lavoro visto che gli era stato interdetto l’insegnamento. Eletto Antonio Schiratti (1809-1844) sindaco dal 1946 al 1947 avviò una serie Maestro di farmacia proveniente da di iniziative per il sostegno dei reduci e Valdobbiadene, giunse a Pieve di Soligo disoccupati e per porre rimedio ai danni nel 1834. Benché di idee progressiste delle rappresaglie nazifasciste. sotto l’aspetto politico e sociale, seppe Si dedicò all’insegnamento presso le conquistarsi la simpatia anche dei locali scuole pubbliche e nel contempo, conservatori venendo eletto, nel 1840, coadiuvato da Emilio Fontana e Inno- sindaco. Chiamato per il suo carattere cente Gerlin riattivò e potenziò la Scuo- impetuoso e per le sue idee politiche la di Disegno nella quale insegnò fino “dottor zolfanello” si impegnò per la alla morte. Molte delle sue opere si tro- modernizzazione del paese e il migliora- vano in edifici pubblici e privati in Italia mento delle condizioni di vita dei meno e all’estero. agiati. Stimolò la realizzazione di con- sorzi tra i comuni per la realizzazione di I Balbi Valier: nuove strade di comunicazione e Gerolamo Maria (1778-1858) migliorò anche la viabilità di Pieve di Patrizio veneziano che fu, nel 1829, Soligo ampliando la piazza centrale.

C in piena dominazione austriaca il primo Incrementò il mercato settimanale, si

OMUNI deputato in Pieve di Soligo. Alla morte impegnò per la realizzazione delle scuo- del padre entrò in possesso di beni le pubbliche, di un servizio postale gior- cospicui che destinò ad opere di benefi- naliero e del collegamento con il tele- cenza per la popolazione pievigina quali grafo. l’orfanotrofio, l’ospedale, l’oratorio di San Martino, il sostegno alle famiglie Emilia Salvioni (1895-1968) bisognose, le elemosine ai poveri e il Nasce a Bologna da Rosa Schiratti e

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Giovanni Battista Salvionim professore poesia e del Premio Europeo per la Poe- di statistica dell’Università di Bologna. sia della città di Munster, è stato candi- Ogni anno la famiglia trascorre l’estate a dato al premio Nobel per la poesia Pieve di Soligo nella proprietà di cam- 1999. pagna in via Chisini. Emilia si diploma maestra elementare e inizia la pubblica- TRADIZIONI E LEGGENDE zione di racconti e novelle. Negli anni ‘20 inizia la collaborazione con il “Cor- “El Barba Zhucon” rierino” e nel ’26 pubblica il suo primo Nella novellistica popolare el barba racconto per ragazzi. La sua attività let- zhucon, lo “zio tonto”, era raffigurato teraria proseguirà parallelamente alla come un vecchio brutto e vendicativo collaborazione con vari quotidiani fino che passava per le case a portar via i alla morte. bambini disubbidienti rinchiudendoli dentro un grande sacco. La storia di Don Mario Gerlin (1919-1993) questo personaggio, a metà tra il mago e Sindaco di Pieve di Soligo per nove l’orco, veniva mimata ai bambini la sera anni, abbandonò l’incarico per seguire la prima che si coricassero, suscitando forti vocazione religiosa. Ordinato sacerdote emozioni. Il poeta Andrea Zanzotto ha nel 1969 dall’allora vescovo di Vittorio curato l’edizione di questa favola in due Veneto Albino Luciani, partì missionario versioni, una dialettale e una in lingua per il Burundi e poi passò in Brasile tra i italiana. lebbrosi di Marituba. Assegnato alla mis- Si racconta che una madre e una sione di Bambui restaurò ed ampliò il figlia desiderose di mangiar frittelle si vecchio santuario dotandolo di apparec- trovarono senza neanche una fasora, una chiature sanitarie moderne e avviando padella per friggerle. La madre mandò un proficua opera di collaborazione con allora la figlia a chiedere in prestito la l’amministrazione dello stato del Minas pentola al barba zhucon che abitava nel Gerais che alla sua morte intitolerà il bosco con la promessa di mandargli poi moderno ospedale regionale alla sua in cambio un bel piatto di frittelle. Pre- memoria. Fu una figura carismatica per parata una montagna di dolci la ragazza il suo zelo missionario e per le moltepli- si avviò verso la casa del barba zuchon ci attività di assistenza e promozione con la pentola piena di fumanti ciambel- umana viene ricordato con grande sima le e, strada facendo, non seppe resistere e devozione sia in Italia che in Brasile. alla tentazione di mangiarsele tutte. Disperata pensò di ingannare il vecchio Andrea Zanzotto (1921-vivente) impastando delle frittelle finte ottenute

Poeta e letterato è una delle figure con dello sterco di un mulo impastato C più significative del panorama letterario con della sabbia e, non appena deposta la OMUNI italiano del secondo Novecento. Le sue pentola sull’uscio dello zio tonto, fuggì poesie sono state tradotte in varie lingue via. Questo affronto scatenò l’ira del e nel 1999 è uscita nella collana Meri- vecchio che pensò di vendicarsi recan- diani la raccolta delle sue opere.Vincito- dosi a casa delle due donne. Nel frattem- re di premi letterari quali il Premio Fel- po, la madre, venuta a conoscenza del trinelli dell’Accademia dei Lincei per la fatto chiuse tutte le porte e finestre di

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casa, tappando anche i buchi delle serra- ture perché sapeva che il vecchio era Toponomastica anche un poco mago. Ma si dimenticò dello scarico del secer, del lavandino della cucina e da lì il barba zhucon cominciò a Come per Soligo il toponimo salire le scale. I suoi passi pesanti e la sua deriva dal personale latino Sulla nella voce grossa scandivano la salita dicendo: versione diminutiva. «son qua, sul primo scalin! Son qua sul secondo scalin!ª e così via in un crescendo sempre più terrificante. La madre aveva sistemato sotto le coperte del letto della a partire dal ’200 quando il comune di figlia un posticcio fatto dal cuscino Treviso, riuscendo ad acquisire il castello riempito di paglia e aghi e fece coricare di Soligo e relativi diritti, spezzerà l’ori- la ragazza insieme a lei, nascondendola ginaria unità dell’antico districtus castri sotto le coperte. Giunto davanti alla Solici, dividendolo nelle due unità porta il mago riuscì ad abbatterla; entra- amministrative feudali (le curie) di Soli- to come una furia si tuffò sul letto della go e Solighetto.. Come scrive L. De ragazza per mangiarsela, ma si ficcò in Bortoli: «Da questo momento si inizia a gola soltanto aghi e paglia e ferito fuggì parlare del “castrum de Solico domini così lontano che nessuno, da allora, ha Gabrielis”. Il “castrum” in questione è più sue notizie. una nuova struttura difensiva… che almeno dal 1215 costituì il cuore della SOLIGHETTO curia o gastaldia di Solighetto… La giu- risdizione, sorta ad est del Soligo, attor- Frazione del comune di Pieve di no alla chiesa di Sant’Andrea sarà desti- Soligo, si trova sul versante sinistro del nata a diventare luogo di devozione e fiume Soligo a 155 m s.l.m. centro di assistenza religiosa e materiale». Il signore in questione era La storia poi Gabriele III Da Camino, la cui fami- Il territorio assume notevole impor- glia si legava direttamente al feudo della tanza nel medioevo quando, sede di un Valmareno. Il castello di Solighetto, sorto castello e di un feudo, venne ammini- in posizione elevata quasi parallelamente strata come gastaldia, ovvero come terri- a quello di Soligo, era costituito da una torio appartenente al patrimonio fon- parte fortificata e da un borgo. Nella diario regio sul quale i funzionari vicina parte pianeggiante scorreva una (gastaldi) esercitavano poteri ammini- roggia che muoveva le pale di un muli-

C strativi, giudiziari e militari. La gastaldia no. Si trattava di una struttura complessa

OMUNI comprendeva le regole di Farrò, Pede- e articolata nella quale la parte di perti- guarda, parte di Barbisanello e Refron- nenza del signore era ben evidenziata. tolo. I primi signori furono i vescovi di Nel borgo molto presto venne costruita Ceneda che in seguito infeudarono le un’ampia tettoia in legno, in seguito tra- famiglia Da Porcia e Da Camino. La sformata in loggia in muratura, dove si secolare divisione del territorio tra riva svolgevano le attività amministrative sinistra e destra del fiume Soligo inizierà della “curia” e in seguito divenne “casa

204 PIEVE DI SOLIGO del comune”, nella quale alcuni funzio- Valenze architettoniche nari amministravano la giustizia con l’aiuto dei soldati posti a difesa del Il castello castello. Pare che il castello di Solighetto, Sorgeva sopra il poggio della località nel quale i caminesi avevano la maggior tra Solighetto e Pedeguarda che porta parte dei loro beni, non sia stato distrut- ancora il nome di Castelletto. Il suo to come quello di Soligo dall’attacco dei interesse strategico, allo sbocco della Val- trevigiani del 1319 e, dopo l’estinzione mareno, era evidente. La roccaforte fu del ramo dei caminesi di sopra, passò nel distrutta nel 1379. Sulle sue fondamenta 1343 a quello dei caminesi di sotto, i Brandolini ricostruirono un nuovo for- venendo infine raso al suolo da Rambal- tilizio, forse intorno al secondo decen- do di Collalto nel 1379 in rappresaglia nio del 1400, chiamato Castel di Borgo; della condotta caminese. Tornato al la tradizione conservata nella famiglia vescovo di Ceneda, il feudo della Valma- Brandolini dice che vi abbia soggiornato reno, comprensivo anche della signoria il Gattamelata nel breve periodo in cui di Solighetto, passerà poi a Venezia che a fu, con Brandolini, comproprietario del sua volta vi infeuderà il Brandolini e il feudo di Valmareno e della signoria di Gattamelata. Nel 1436 rimasero unici Solighetto. signori della contea di Valmareno i Bran- dolini e il loro dominio resisterà fino alla La villa Brandolini. caduta della Serenissima. La definitiva decadenza del Castellet- Nel primo ’900, Solighetto si presen- to iniziò nei primi decenni del ’700, tava come una ridente borgata in cui al quando i Brandolini lo abbandonarono notevole sviluppo dell’artigianato si e costruirono, poco più a valle, per loro aggiungeva l’attività agricola delle fami- glie patriarcali delle rive e sottorive. A interrompere provvisoriamente le Manca didascalia proficue attività paesane venne la tragica invasione nemica del 1917-18. Nel contesto della Resistenza, nell’a- gosto del ‘44, Solighetto fu teatro di tra- gici episodi di guerra partigiana: in poche ore la frazione si trasformò in un braciere ardente. Negli anni ‘60 Solighetto registrò una profonda trasformazione urbanistica con un intenso sviluppo edilizio, che si C prolungò fino agli anni í80, fenomeno OMUNI connesso anche col ritorno di molti emigranti in seguito al progresso socioe- conomico che si andava profilando nella zona. Oggi la frazione ha assunto la fisionomia di tranquillo e agiato centro residenziale.

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abitazione l’attuale settecentesca villa venne associato a quello di Santa Maria Brandolini di Solighetto. Lo stile della Immacolata in ricordo della solenne villa è quello tipico delle ville venete proclamazione del dogma dell’8 dicem- del XVIII secolo, mentre le finissime bre 1854. Al conte Gerolamo si deve decorazioni a stucco che la ornano sono anche la costruzione della canonica e di d’spirazione prettamente veneziana e gran parte dei fabbricati che circondano posteriori di qualche decennio alla il piazzale della chiesa. Il campanile sorse costruzione della villa. tra 1858 e 1862. (vedi itinerario n.2) Oggi la villa, di proprietà comunale, è sede di convegni e manifestazioni arti- Oratorio di San Zuanet stiche e ospita tra gli altri, il centro cul- Situato sopra un colle sulla valle del turale “Francesco Fabbri”, il Consorzio Lierza, nell’omonima località, l’oratorio di tutela del vino Prosecco Conegliano- di San Giovanni decollato è attestato «in Valdobbiadene, l’Istituto Musicale “Toti teratorio Suligeti ad Sanctum Iohannem Dal Monte” e l’omonimo museo. Dopo de golaç» dal 1355. Si trattava di una una forzata chiusura dovuta a un’inon- chiesa campestre posta in una località dazione che provocò danno a parte del abbastanza sperduta all’incrocio fra le materiale (successivamente riparato dai pievi di Soligo, Cison,Tarzo e Feletto. La frati dell’Abbazia di Praglia), il museo è costruzione di una chiesa in un posto stato riaperto e ora funziona nei giorni così fuori mano deriva forse da antiche festivi, previo accordo telefonico. consuetudini che identificavano come particolare o propiziatorio il luogo. La La chiesa di Sant’Andrea chiesa, raggiungibile attraverso una stra- La prima attestazione della chiesa di da che si diparte poco sopra il molinetto Sant’Andrea di Solighetto risale al 1177 della croda, si trova oggi all’interno di come cappella soggetta all’abbazia di una proprietà privata. Santa Maria di Piave. Passata poi alle dipendenze del monastero di Follina, la Il maglio di Pradella troviamo nel 1475 dipendere dalla chiesa A Solighetto esiste ‘l majo de Pradea, di Pieve. Agli inizi dell’’800 la chiesetta, un locale nel quale due poderosi magli situata dove sorge l’attuale, era definita sono azionati dalla forza motrice dell’ac- piccola e disadorna. A causa della lonta- qua derivata dal Soligo mediante una nanza dalla chiesa parrocchiale, su istanza roggia. Tre ruote muovono complicati dei popolani, l’allora vescovo Falier con- ingranaggi che azionano due magli a cesse nel 1818 il permesso per la conser- stanga in legno con la testa in ferro; il vazione dell’eucarestia. Elevata a curazia principale ha la testa del peso di un

C nel 1830, divenne parrocchia soltanto quintale, mentre il più piccolo pesa 55

OMUNI nel 1856, dopo il completamento dell’e- km. La costruzione si compone di due dificio attuale. La nuova chiesa è dovuta locali, nel primo si trovano i magli, tre alla pietà e alla munificenza dei conti forge e altri macchinari, sempre mossi ad Girolamo e Sigismondo Brandolini- acqua: un trapano, due mole smeriglio e Rota, che la fecero costruire dalle fonda- una trancia o cesoia. Collegati alla stessa menta, dotandola anche del relativo stanga di ferro funzionano, nella stanza patrimonio. L’antico titolare Sant’Andrea più piccola, un ventilatore ad acqua e

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PERSONAGGI ILLUSTRI Feste Fin dal secolo scorso Solighetto fu sede di feconde attività artigianali che Nei mesi di luglio e agosto si svol- valsero al paese l’appellativo di “culla gono una serie di manifestazioni musi- dell’artigianato artistico”. Fra gli espo- cali e culturali denominate Estate in nenti più significativi figurano: villa, nel mese di dicembre si svolge la festa patronale dell’Immacolata. Paolo Possamai (1859-1938) Nella sua famiglia era tradizionale il mestiere di tagliapietra, cosicché il gio- vane Paolo, all’età di 17 anni, era già soprattutto una mola in pietra naturale provetto operaio nel cantiere. Conosciu- del peso di nove quintali. to lo scultore Marco Casagrande ritor- Il maglio ha quasi sempre lavorato nato dall’Ungheria, egli ne acquistò tutti “l’acciaione” cioè il ferro derivato dalle i modelli in gesso. rotaie o dai cerchioni dei vagoni di Avviato a Milano per compiere gli treno e delle locomotive. Durante la studi di scultura, terminati i corsi, otten- seconda guerra mondiale, la penuria di ne notorietà e fama. Alla morte del metallo modificò la produzione che si padre tornò a Solighetto, dove fondò il orientò verso la produzione di caldaie da celebre laboratorio da cui uscirono polenta in rame. Dal ferro delle rotaie o molte delle opere in marmo che abbelli- dei treni si ricavano attrezzi agricoli, scono le chiese della diocesi. mentre lame sono ottenute dalle balestre dei camion e delle automobili. Per una Giovanni Possamai (1890-1964) pala forgiata a mano in acciaio sono Figlio di Paolo, frequentò l’Accade- necessarie otto “scaldate” e dieci “passa- mia di Belle Arti di Venezia e quella di se”: una per il manico, una per allungare Brera a Milano. Diplomatosi nel 1908, il pezzo di ferro e due per allargarlo, una tornò a Solighetto per esigenze familiari per allargare il manico, una per arroton- e negli anni del dopoguerra si specializ- darlo, una per sagomare e stampare, una zò nella produzione di monumenti ai per affilare con la ruota a smeriglio e caduti nelle zone del conflitto, vincendo una per temperare sul davanti. svariati concorsi. Fu inoltre incaricato di sovrintendere TRADIZIONI E LEGGENDE alla ricostruzione di edifici pubblici e religiosi distrutti dagli eventi bellici della

La storia locale è piena di fatti strani prima guerra mondiale. Antifascista irri- C e curiosi di cui spesso sono protagonisti ducibile, nel 1926 il suo studio fu sac- OMUNI esseri fantastici come streghe e folletti. Si cheggiato e andò così perso il lavoro di narra che a Solighetto e a Barbisano le molti anni. anime delle vittime di atti di violenza da Soltanto la mediazione della cognata, parte dei conti Brandolini e Collalto la cantante lirica Toti dal Monte, gli vaghino la notte tra gli alberi prendendo garantì tranquillità in cambio di una spesso la forma di fiammelle. posizione pubblica defilata.

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Attilio Fontana (1884-1964) Fu il miglior artigiano solighettese Toponomastica nel settore del legno del primo ’900; fu fedelissimo cultore e interprete degli stili gotico e barocco. Egli si cimentò anche L’origine del nome deriva dal per- nella scultura, vincendo un premio da sonale latino Barbisius o anche Barbi- parte dell’Accademia delle Belle Arti di dius che avrebbe generato il toponimo Venezia. Spaziava da soggetti a carattere prediale. religioso, ai ritratti e simulacri, a gruppi bronzei e monumenti. Collaborò con Paolo e Giovanni Possamai. La storia Emilio Fontana (1894-1986) Anticamente regola della Pieve civile Fratello di Attilio collaborò fin da di Soligo con i villaggi di Falzè, Farrò, giovane con l’architetto Rupolo e con Collalto e Soligo, venne in seguito asse- Giovanni Zanzotto alla decorazione di gnata alla curia di Collalto. Il consolida- molte chiese. Con il fratello e con Gio- mento dei poteri collaltini sulla sinistra vanni Possamai aprì un laboratorio di Piave, ratificato con vari diplomi impe- mobili artistici da cui uscirono preziose riali, confermerà l’appartenenza del opere d’arte. In seguito la decorazione paese ai feudi di questa potente famiglia, continuò ad essere l’attività prevalente e caratterizzandone storia ed economia. nella tarda età sviluppò una vasta produ- Se, dal punto di vista amministrativo, il zione pittorica. legame con i Collalto appare sancito nel 1312, dal punto di vista religioso, è più Francesco Fabbri (1921-1977) difficile stabilire una data certa a partire Insigne statista e ministro di stato, fu dalla quale la chiesa di Barbisano diven- fondatore, consigliere, dirigente, sindaco, ne autonoma rispetto alla matrice, Santa di vari enti cooperativistici. Eletto depu- Maria Assunta di Pieve. La separazione tato nel 1963, fu relatore per la parte sarebbe avvenuta nel 1366, ma i docu- finanziaria di tutti i più importanti dise- menti originali sono andati perduti. gni di legge tra 1968 e 1972. La frazione ebbe nel corso dei secoli Sottosegretario al Tesoro nel 1972, fu prevalente vocazione agricola, anche se notevolmente apprezzato per la sua atti- qualche attività manifatturiera legata alla vità equilibrata, al di sopra delle parti. tessitura e alla lavorazione dei panni lana Nominato senatore nel 1976, morì a 55 è registrata tra XVI e XVII secolo. Le anni stroncato da una malattia incurabi- trasformazioni più significative di questa

C le. frazione si realizzarono a partire dal XIX

OMUNI secolo con la cancellazione dei privilegi BARBISANO feudali e la vendita dei terreni, e dei benefici ecclesiastici a diversi proprietari. Frazione del comune di Pieve di Aggregata al comune di San Pietro di Soligo, si trova a 127 m s.l.m. tra il corso Feletto nel 1816, passerà poi a quello di dei fiumi Soligo e Lierza, ai piedi delle Refrontolo nel 1822. I rapporti con il colline di Collalto. capoluogo comunale furono spesso bur-

208 PIEVE DI SOLIGO rascosi in considerazione della distanza ziativa nasceva sull’onda della scoperta fra le due località, delle comunicazioni da parte di proprietari e industriali del stradali disagevoli e della scarsità di inve- Quartier del Piave, negli anni ’80 stimenti volti a dotarla di servizi essen- dell’’800, delle virtù regolatrici che deri- ziali, quali l’acqua e le scuole. Per ovvia- vavano dal miglioramento delle condi- re alle difficili condizioni di vita dei pae- zioni di vita sociali e culturali della sani, a fine ’800, grazie all’iniziativa del- popolazione autoctona. Nacquero così l’avvocato veneziano Stefanelli, che associazionismo e forme di cooperazio- risiedeva parte dell’anno nelle sue pro- ne, scuole di avviamento professionale, prietà di Barbisano, nacque l’attività società operaie, banche popolari, latterie industriale della Scuola Panierai, nella sociali e molte altre iniziative che, «spar- quale si produceva oggettistica in vimini gendo in pari tempo l’istruzione e la e giunco. L’iniziativa ebbe il merito di moralitàª, si rivelavano anche potenti sottrarre la popolazione locale all’emi- forme di controllo sociale. grazione verso l’estero, fenomeno che Fu così che lo Stefanelli, alienando interessava invece in misura massiccia alcune sue proprietà in Refrontolo, molti dei paesi del Quartier del Piave. destinò una somma alla formazione pro- Durante la prima guerra mondiale, il fessionale di un giovane del luogo, tale paese subì ingentissimi danni, trovandosi Costante Collatuzzo, che venne inviato nelle immediate retrovie della prima in Austria ad apprendere la lavorazione linea e la popolazione fu costretta all’e- del giunco per poterla poi insegnare ad vacuazione. Nel 1928, con la soppressio- altri giovani del paese. Nacque in questo ne dei comuni minori, tra cui rientrò modo la Scuola Panierai di Barbisano, la anche Refrontolo, Barbisano venne prima fabbrica per la produzione di aggregata con capoluogo al comune di oggettistica in giunco e vimini della Pieve di Soligo. Dal secondo dopoguer- provincia di Treviso. I prodotti della ra, la frazione ha registrato un notevole scuola si affermarono presto, tanto che, incremento demografico e una profonda nel 1907, alcuni di essi furono esposti trasformazione dal punto di vista socio- alla fiera di Milano. I materiali usati economico, con il passaggio dall’econo- erano di provenienza locale, ma anche mia agricola a quella artigiano-indu- estera, come la “canna d’India”. Nel striale. 1917 la scuola venne rilevata da Ugo Baseggio, che avviò anche la produzione dei mobili in legno.Tra le due guerre la La “culla” del giunco scuola Panierai, trasformata in fabbrica, L’inizio della lavorazione del giunco fu ampliata; la sua produzione compren- e dei vimini come attività produttiva si deva una ricca gamma di prodotti per C colloca intorno al 1885, anno in cui Pie- l’arredamento con modelli originali OMUNI tro Stefanelli, in collaborazione con l’al- frutto dell’inventiva degli operai più lora parroco di Collalto don Menin, esperti, o modelli riproduzione di altri decise di avviare un’attività lavorativa già affermati, come la “sedia svizzera”. che garantisse un’occupazione ai conta- Nel secondo dopoguerra l’attività di dini del paese piegati dalla crisi agricola lavorazione del giunco assunse propor- e quindi costretti all’emigrazione. L’ini- zioni così rilevanti d legittimare per

209 QUARTIER DEL PIAVE

Barbisano l’appellativo di “culla del torrente Lierza, la villa risale agli anni giunco”. í20; venne progettata dall’architetto Gio- vanni Possamai di Solighetto. Nel parco Valenze architettoniche vennero piantati numerosi alberi e, poco distante, venne costruita anche una cap- La Chiesa di Santa Caterina pella privata, dedicata a sant’Antonio da La prima attestazione della chiesa si Padova. ha nel 1350 come cappella filiale della chiesa matrice di Pieve di Soligo e pare, Villa Baseggio come riportato più volte in alcune corri- A ridosso della salita che conduce a spondenze tra i parroci e la curia, che la Barbisano provenendo da Falzè, si scorge separazione sia avvenuta nel 1366. Defi- una lunga fila di pini che cela villa nita, nel 1544, chiesa con cura d’anime Baseggio, una curiosa costruzione risa- venne elevata a parrocchia solo nel 1575. lente ai primi anni ‘20 del secolo XX, in Nel XVI secolo la chiesa, andata a sosti- stile liberty. tuire l’edificio originario, risultava posi- zionata verso il centro della piazza con il PERSONAGGI ILLUSTRI campanile incorporato sul lato sinistro e circondata dal cimitero. Nel ’700 si prov- Toti dal Monte (1899-1975) vide alla costruzione di un nuovo edifi- Nome d’arte di Antonietta Mene- cio poi demolito nel 1902 per far posto ghel, nata in quel di e all’attuale chiesa. Rispetto a quella prece- formatasi al conservatorio veneziano, dente, la nuova chiesa era più ampia e si esordì alla Scala di Milano nel 1916. trovava spostata più a ovest. Notevol- Dotata di una voce purissima, con una mente danneggiata dalla guerra fu in eccezionale altezza di registro, fu l’inter- buona parte restaurata e riconsacrata nel prete preferita di Arturo Toscanini e 1929. (vedi itinerario n.2) venne celebrata sulle scene mondiali come uno dei più grandi soprani legge- Oratorio di Santa Croce ri.Versatile nel talento artistico, interpre- Il tempietto fu eretto nel 1885 per tò anche commedie teatrali e film. Scelse dare sistemazione alla croce di legno che come luogo di riposo e villeggiatura la da tempo immemorabile era stata innal- località di Barbisanello, dove, negli anni zata sul luogo. L’affresco della Sacra Fami- ’20 del XX secolo, fece costruire la villa glia, opera di Barnaba Lava, mostra sullo che da lei prese il nome. sfondo il castello di Collalto, così come Ritiratasi dalle scene, si dedicò all’in- si presentava prima delle devastazioni segnamento del canto e si fece promo-

C belliche della prima guerra mondiale. La trice di attività culturali e benefiche.Tra-

OMUNI chiesetta passò in proprietà alla famiglia scorse gli ultimi anni della sua vita a Stefanelli che vi seppellì i propri defunti. Solighetto, e alla sua morte, venne sepol- Durante la costruzione della nuova par- ta nel cimitero di Pieve di Soligo. Nel rocchiale ospitò le funzioni religiose. centro culturale “Franesco Fabbri”, pres- so la villa Brandolini, è stato allestito un La villa Toti dal Monte museo che raccoglie cimeli e ricordi Situata in mezzo al verde lungo il della famosa soprano.

210 C OMUNI roncus Rex Fron- Roncus Frondium”, . In epoca rinascimentale Toponomastica Refrontulo, Rofrontolo, Roncofronto, , delle fronde”, “re colle- sempre L’etimologia del toponimo L’etimologia dium gato alla boscosità della zona. Altra riferibilederivazione al periodo dal termine deriva medievale Roncofrontolo il nome da derivare si volle il terreno,che indicava “ron- o bosco cato”, di arbusti, cioè privo dissodato. “Refrontolo” è da ricollegare alla che fino a della fitta boscaglia presenza qualche secolo fa ricopriva queste col- line. Nel corso dei secoli Refrontolo varianti della indicato con diverse verrà “ stessa radice latina “fascio di ramoscelli scossi dal vento”, da cui della Serenissima. così i bor- Nacquero Vallotai,ghi di Federa, Costa, Casale e Fornaci. Dopo la caduta della Serenissi- ma nel 1797, tornò Refrontolo sotto la giurisdizione della famiglia Collalto fino al 1811, aggregato, anno nel quale venne con le frazioni di Collalto e Barbisano, di Feletto Pietro di San alla municipalità di Conegliano.. nel cantone e distretto capoluo- divenne Nel 1827 Refrontolo con le frazioni di Barbisa- go comunale 211 castrum a Roncofrontu-

Si presume che la zona sia stata abita- Si presume Situato a 216 m s.l.m., grazie alla sua EFRONTOLO passa alla famiglia Collalto e resterà

La storia R

al taglio di legname pregiato per conto dedicavano all’allevamento di bestiame e all’allevamento dedicavano soprattutto ad opera di famiglie che si vale inizia tra il XVI e il XVII secolo, inizia vale delle zone circostanti il borgo medioe- delle zone circostanti glia feudale fino al 1811. Il popolamento lo sotto l’amministrazione di questa fami- secolo successivo il secolo successivo in seguito a quella dei Da Camino. Il in feudo dapprima e alla famiglia Porcia vescovi-conti di Ceneda che lo diedero vescovi-conti lo venne assoggettato all’autorità assoggettato dei lo venne secolo, quando il territorio di Refronto- però notizie documentate fino all’ XI soggiorno e di piacevoli escursioni.soggiorno e di piacevoli ‘900.‘800 e effettuati tra si hanno Non giata oggi come ieri meta di lo rendono ampliamento della chiesa parrocchiale clima, la posizione naturalistica privile- di emersi durante i lavori paleoveneti del Piave. La particolare salubrità del ta in epoche remote, visti i ritrovamenti seguire a perdita d’occhio tutto il corso d’occhio tutto a perdita seguire dorsale e di delle colline prealpine del Monte Grappa, al Montello, lungo la co che permette cime dalle di spaziare sa, infatti, si gode di un punto panorami- del Piave; dal piazzale antistante la chie- viene definito il “balcone”viene definito il sul Quartier felice posizione geografica, Refrontolo QUARTIER DEL PIAVE

di occupazione molti civili morirono a causa degli stenti patiti. Nel corso del secondo conflitto mondiale Refrontolo fu teatro di drammatici scontri tra parti- giani e fascisti che culminarono con l’eccidio di quattro partigiani in una casera delle Mire nell’ottobre del 1944. Come molti altri comuni della pro- vincia alla fine del secolo scorso, anche Villa Ticozzi Refrontolo fu interessato in maniera rile- vante dal fenomeno migratorio, che con- tinuò per tutto il ’900 fino ad esaurirsi intorno agli anni ’70, grazie allo lo svi- luppo della piccola industria e alla pro- mozione del settore vitivinicolo. Oggi l’economia della zona è basata principal- mente sulla lavorazione del legno e sul- l’attività agricola (coltivazioni di mele e di pesche) e vitivinicola e sulla zootecnia.

Villa Capretta Valenze architettoniche

Chiesa parrocchiale di Santa Margherita V.M. L’edificio attuale è il risultato di ampliamenti e restauri operati nel corso del tempo. Si hanno notizie di una pri- mitiva chiesa già intorno all’anno Mille e di un suo rettore nel 1440. La chiesa risulta fabbricata de novo nel 1475 e pre- senta un ricco patrimonio di arredi sacri Villa Caneve Spada, sede mostra vini e paramenti. Il campanile fu completato nel 1613 e in epoche successive, tra ’700 e ’800 la chiesa venne ulteriormente no e Collalto. L’autonomia municipale ampliata fino all’ultimo intervento, suc- venne revocata nel 1928 con la soppres- cessivo alla prima guerra mondiale, del

C sione delle municipalità minori, voluta 1927-28 ad opera dell’architetto di Soli-

OMUNI dal governo fascista; Refrontolo divenne ghetto Giovanni Possamai. La facciata frazione di Pieve di Soligo fino al 1946, dell’edificio è di ispirazione neoclassica. anno nel quale riacquistò la titolarità L’interno conserva pregevoli opera d’ar- municipale, perdendo però la frazione di te (vedere itinerario artistico n.3) Barbisano. Durante la prima guerra mondiale il territorio fu invaso dalle Ville truppe austriache nel 1917 e nell’anno Degne di nota sono la cinquecente-

212 REFRONTOLO

Il Molinetto della Croda sca villa Capretta ora Colles-Lorenzon, sonnolenta Refrontolo, il piccolo villag- di cui si può ammirare il portale a tutto gio italiano che con le sue case e i suoi sesto e l’elegante poggiolo nella parete tetti dai colori smaglianti, con lo snello esterna. La settecentesca villa Ticozzi ora campanile della chiesa e, in fondo, il suo Buosi, apparteneva ai pittori Guglielmo aristocratico castello tutto logge, tuffato ed Emma Ciardi. Sempre al ‘700 risale, tra le fronde cupe di annosi ippocastani, tuffata tra immensi ippocastani. visto dalla vetta di un monte lontano o di un’aereoplano avrebbe dato l’impres- L’isola del Marzemino sione che lì, in quella regione d’Italia, “L’eccellente Marzemino” conosciu- una vita pagana di latina bellezza sognas- to fin dal XVI e decantato anche dal se in un silenzio infinito, in una pace Don Giovanni di Mozart come “nettare sconfinata…». gentile”, oggi denominato Passito di Questa istantanea di Refrontolo, Refrontolo a denominazione d’origine datata 1918, si trova nel romanzo Il controllata, trova in questa zona condi- Disertore dello scrittore ungherese Lajos zioni di produzione. Ottenuto da uve Zilahy e testimonia come, anche se lasciate appassire su graticci, il vino si funestato dalla guerra, questo piccolo presenta di un bel colore rosso rubino paese riusciva a conservare un fascino e carico, dal profumo intenso di more di un’atmosfera particolare, che lo avevano rovo. È amabile, moderatamente dolce reso meta di soggiorno e di riposo di C ed è ottimo per accompagnare i dolci a artisti e letterati. OMUNI basso contenuto zuccherino. Il Molinetto della Croda Valenze naturalistiche A due chilometri a nord di Refron- e paesaggistiche tolo si trova uno dei luoghi più suggesti- vi e frequentati della zona: il Molinetto «Sulla cima del monte si stendeva della Croda, detto anche Gorl del Muner.

213 QUARTIER DEL PIAVE

viene inghiottita per tornare a sbucare Blasoni popolari dentro il bacino, sotto la cascata. È un interessante fenomeno di erosione di rocce molto dure che tuttavia non sono Gli abitanti di Refrontolo venivano riuscite a opporsi al costante lavoro di definiti i copa zhope de Refrontol, gli scavo dell’acqua. “ammazza zolle” ovvero villici dediti Il bacino sottostante è mosso da una solo al lavoro della terra senza speranza corrente circolare che impedisce agli di riscatto. oggetti che galleggiano in superficie di uscire dallo specchio d’acqua. Soltanto grazie a una piena o a piogge intense il movimento viene interrotto, permet- Il sito è particolarmente interessante sia tendo un rapido deflusso. dal punto di vista paesaggistico, che per Il torrente Lierza, che per secoli ha le caratteristiche geologiche, lo stesso azionato le pale del mulino, con le sue nome croda sta ad indicare il tipo di piene improvvise ne ha in alcuni casi roccia maggiormente diffusa: il conglo- anche compromesso le strutture; si merato, un insieme di rocce sedimenta- ricordano infatti le rovinose alluvioni rie formate da detriti duri e teneri del 1934 e del 1941. miscelati insieme. I primi proprietari del mulino furo- Nella zona circostante il Molinetto, no i nobili Battaglia e i primi mugnai tra il 1866 e il 1947, è stata intrapresa furono i Menegon, seguirono poi molti un’attività mineraria per l’estrazione fittavoli tra i quali si ricordano gli Zan- della lignite che occupava circa una cin- noni che rimasero fino al 1840, i Cor- quantina di persone. Il carbon fossile banese detti “Nascinben” fino al 1912, i veniva trasportato fuori dalla Val del Mus Morgan fino al 1923, i Dal Toè e i Fave- (nome della vallata da cui si arriva a ro fino al 1927, anno nel quale fecero Molinetto) con un’apposita ferrovia di ritorno i Morgan che vi rimasero fino cui è tuttora visibile un tratto in località agli anni ’60. Il mulino vide diminuire Crevada, di fronte alle distillerie Bernar- la sua attività dopo la seconda guerra di. La lignite estratta dalle miniere di mondiale, fino a cessare del tutto nel Refrontolo veniva inviata a Castelfranco 1953. per gli impieghi siderurgici della ditta L’edificio venne quindi abbandonato Simmel. e nel giro di alcuni anni si ridusse ad un L’aspetto più caratteristico del luogo rudere pericolante. Un primo interven- è pero dato dalla simbiosi tra la rustica to di consolidamento statico e di restau-

C costruzione e la roccia; l’edificio, in ro si ebbe negli anni ’70, ma è soltanto

OMUNI parte scavato nella pietra e in parte con l’acquisto dell’immobile da parte costruito in mattoni, rappresenta uno del comune di Refrontolo, intorno agli dei rari esempi di architettura rurale del anni ’90, che l’edificio è tornato alle sue XVI secolo in stile composito veneto. caratteristiche originali. Oggi è sede di La cascata formata dal fiume Lierza mostre ed esposizioni e unisce alla ha un dislivello di 12 m, e a metà del è vocazione turistica una valenza didattica visibile un foro dentro il quale l’acqua e culturale.

214 REFRONTOLO

PERSONAGGI ILLUSTRI Feste Domenico Capretta (1813-1883) Ecclesiastico, fu grande sostenitore dei movimenti risorgimentali insieme In primavera, dalla metà di aprile al clero cenedese più illuminato. Scrit- fino ai primi di maggio, si tiene la tra- tore fecondo, conobbe e intrattenne dizionale Mostra del Prosecco e del corrispondenza con i più illustri poeti e Marzemino ora Refrontolo Passito.In letterati suoi contemporanei: Alfieri, luglio si svolge la tradizionale festa di Foscolo, D’Azeglio e altri. L’opera più Santa Margherita. Altri appuntamenti importante della sua vasta produzione è importanti: plurisecolare festa d’estate la poderosa Miscellanea, una raccolta del Molinetto; tradizionale festa di San circa di 50.000 opuscoli, distribuiti in Martino con la sagra delle castagne e i 1853 volumi, acquistati dalla Biblioteca carri allegorici popolari, nella prima Nazionale Centrale di Firenze. decade di novembre; i panevin, tradi- zionali falò alla vigilia dell’Epifania. Anton Maria Antoniazzi (1872-1925) Professore di astronomia presso l’U- niversità di Padova e grande ricercatore, tutto il territorio di Refrontolo e in pubblicò numerose opere a carattere particolare presso le Caneve de Ronch, scientifico e fu membro autorevole della in località Molinetto della Croda. I ter- Regia Commissione Geodetica Italiana. ribili ululati di questi cani atterrivano la popolazione, che li identificava con le Piero Dalle Ceste (1912-1974) urla della anime dannate. A comandare Eclettico artista, seppe esprimersi uti- la muta di questi terribili segugi vi era lizzando varie tecniche quali il mosaico, l’anima dannata di Svaldone che riusci- la vetrata istoriata, la pittura di “buon va ad aizzarli ubriacandoli con un cuc de frescoî e si caratterizzò nei suoi cicli pit- snop e tre mède de vin. torici per il gusto nella composizione, la Mercanti e viandanti spesso costretti forza espressiva, la luce e il colore. a viaggiare fino a tarda notte o prima dell’alba assumevano la stessa mistura di Angelo Lorenzon (1927-1978) vino e grappa per farsi coraggio nel Fu pittore e scultore di pregio. Fin da caso avessero incontrato Svaldone in giovane partecipò a mostre collettive e compagnia dei can de Ceeta. ottenne dalla critica vari riconoscimenti in Italia e all’estero. I “can de Batalia” C

Nella notte i cani che si sentivano OMUNI TRADIZIONI E LEGGENDE ululare potevano essere anche quelli de Batalia. Si trattava in questo caso delle Svaldone e “i can de Ceeta” anime dannate della nobile famiglia Bat- Si narra che Ceeta, anima dannata taglia, che ricordavano coi loro lamenti per furto e omicidio, durante la notte il supplizio della pena eterna cui erano scatenasse i suoi velocissimi cani per stati condannati per le antiche malefatte.

215 QUARTIER DEL PIAVE

Le “Fade” periodi l’attività mineraria rappresentò Tra i personaggi fantastici che popo- per numerose famiglie una provviden- lavano le ore notturne dei boschi e delle ziale risorsa economica. acque si trovano le fate, in dialetto le Gli intinerari alla scoperta delle fade, A Refrontolo si facevano vedere e miniere sono diversi: sentire vicino alla vecchia latteria, in * Dalle case Cesca si prosegue per il prossimità di una sorgente che sgorgava sentiero della Croda del Mus costeg- acqua calda d’inverno e fresca d’estate. giando il ruscello Minador. Sono visibili Potevano danzare leggere sull’acqua alcune gallerie scavate dalla ditta Mar- oppure battere i panni e fare bucato sulla nati e Larizza, la sede della baracca con zhopa . cucina e mensa per i minatori e le cabi- nette di captazione della sorgente di PERCORSI NATURALISTICI acqua potabaile. * Dalla casa Bof si prosegue per il La zona si presta facilmente a passeg- sentiero del Maso Tedesco. La galleria giate ed escursioni offrendo in ogni chiamata Angelo Bianco, scavata su angolo suggestivi e pittoreschi panorami. costone di roccia, ha ancora l’impianto di chiusura posto dal comune di Dal Molinetto della Croda Refrontolo all’epoca in cui si approvi- a San Zuanet gionava dell’acqua della sorgente. Presso Dal Molinetto è facilmente raggiun- le Case Corradini troviamo la galleria gibile l’omonima chiesetta. Questa zona “Corradini”. Sempre da casa Bof è pos- è caratterizzata dalle miniere di lignite: sibile seguire il sentiero che porta al vi sono presenti quattro filoni carboni- suggestivo borgo Vallotai. feri dovuti ai fenomeni geologici che * Dalla mulattiera per San Zuanet, hanno interessato la zona. verso il maso Perera, si incontrano il L’attività di estrazione del carbon borgo Dal Toè e il borgo Cadorin, dove fossile, iniziata nel 1866, è proseguita sono visibili due gallerie, una aperta dal fino al 1947, intensificandosi in corri- gruppo Dal Toè-Salton e l’altra dal spondenza degli eventi bellici; in questi gruppo Perera-Soldan.

Veduta del paese C OMUNI

216 C OMUNI In periodo romano, di Revine l’area Intorno al IX secolo la zona è di Lago era considerata strategicamenteLago era considerata importante di vie di per la presenza la zona verso dirette comunicazione alpina, come testimoniano i numerosi emersi resti in varie località. Sul monte ancor oggiFrascon sono visibili le vesti- gia di una grande fortificazione; un’altra dimensioni di fortificazione romana (250 metri quadrati di considerevoli in località Caste- fondamenta) si trovava gna Maor (castello maggiore) e sopra San Francesco sono visibili le tracce di a base rastre- fortilizio romano un altro di una strada ciot- mata insieme ai resti tolata. dominio dei Da Camino e, all’estinzio- ne del casato, passa sotto il dominio della Serenissima. È proprio durante la in stabilizzazione dei domini veneziani terraferma, e Lago, che Revine trovan- di diversa dosi sottoposte ad aree influenza politica, e religio- economica sa, quelle progressivamente assunsero caratteristiche che tuttora le differenzia- no.estese infatti La Serenissima il suo (Lago), sul serravallese dominio diretto il perdura sul cenedese (Revine) mentre dei vescovi-conti.governo In conse- guenza di ciò, Revine, per la sua posi- zione strategica rispetto al passo del Frascon, un’importanza assunse rilevan- te dal punto di vista economico grazie ai dazi e in generale alla tassazione cui 217 AGO L

In località Stret sono emersi,In località Stret all’inizio Per la sua posizione favorevole e le la sua posizione favorevole Per Il Comune di Revine Lago, di Revine Il Comune situato EVINE

La storia R zona favorita della presenza delle acque. zona favorita della presenza pensare a stanziamenti fissi in questa pensare di vasellame, corna che fanno di cervo interesse: due lame bronzee, frammenti del secolo, di grande reperti archeologici IV e gli inizi del II millennio a. C. età del Bronzo, tra la fine del a dire vale bili tra la fine del Neolitico e la prima Maria testimonianze data- cela preziose congiunge i laghi di Lago e di Santa nel territorio. che Il limo dell’istmo fa e sui rapporti tra uomo e ambiente sugli insediamenti umani di tremila anni sugli insediamenti umani di tremila di aprire di conoscenza inediti squarci laggio palafitticolo che ci permettono sono stati rinvenuti dei reperti dei di un vil- sono stati rinvenuti di un promontorio. antichi. Negli anni ’30, a Colmaggiore, l’altro adagiatol’altro sulle ultime propaggini dei laghi è stata abitata fin dai tempi più uno posto su una pendice pianeggiante,uno posto su una pendice condizioni climatico-ambientali, la zona due nuclei separati dal torrentedue nuclei Piave, inerpicano sul monte. Si distinguono grazioso susseguirsi di case in sassi che si to. storico come un Il centro si presenta trice che collega Follina a Vittorio Vene- Vittorio trice a che collega Follina parte orientale della vallata, sulla diret- ai piedi delle Prealpi trevigiane,ai piedi delle Prealpi nella ad un’altitudine di 260 m s.l.m.ad un’altitudine di 260 si trova QUARTIER DEL PIAVE

gna. Per la sua posizione difficile, la zona Toponomastica più favorevole rimane quella sopra Revine, dando origine quindi a conti- nue contese fra i due paesi. Il toponimo “Revine” deriverebbe Con l’occupazione austriaca l’assetto dal latino Ripa, luogo scosceso, dive- del territorio cambiò: Revine fu assog- nuto poi Ripinae, come figura in alcuni gettata al cantone di Serravalle e Lago a documenti antichi. L’ipotesi più accet- quello di Ceneda. Nel 1871, l’annessio- tata riconduce il toponimo Revine a ne del Veneto al Regno d’Italia favorì la Rouinis, smottamento, frana. costituzione del comune di Revine- La tradizione vuole tuttavia far risa- Lago con le frazioni di Santa Maria e lire il nome a Res-Vignae, luogo del Sottocroda. A causa della crisi economi- vino, derivante dalla presunta presenza ca che colpì la nazione negli anni suc- di una locanda qui situata in epoca cessivi all’unificazione, anche la popola- romana oppure identificativo di zona zione di questo paese fu costretta all’e- ricca di vigneti. Un’altra credenza migrazione. Rimasero in paese i piccoli popolare indicherebbe in Magnader il proprietari terrieri, i pastori che integra- nome dell’antico paese che, completa- vano la loro magra attività pascolando mente sommerso da una frana, sarebbe anche bestiame degli allevatori vittoriesi stato ricostruito prendendo il nome di e gli operai delle fornaci Tomasi, che Ruinae, cioè rovine, in ricordo del occupavano oltre 150 operai, non tutti catastrofico evento. addetti però alla produzione di mattoni Il termine Magnader deriverebbe dal in fornaci; più della metà degli addetti, latino magnanus, fabbro.Tale identifica- infatti, era adibita allo scavo della torba, zione è attendibile in quanto il paese si successivamente della lignite nelle cave e trovava sulla via del Cadore, ricco di altri ancora nelle cave di creta. Rimasero miniere, e l’abbondanza delle acque, il pure i pochi pescatori di Lago e le ven- legno di castagno e la torba erano ditrici di frutta che portavano in città effettivamente elementi utili alla lavo- mele, castagne, noci e nocciole. L’emi- razione dei metalli. Esiste tuttora, grazione, soprattutto degli stagnini, avve- infatti, in questa zona, un luogo identi- niva verso la Val Zoldana, verso i paesi ficato col nome di Magnader. stranieri si avviavano i manovali mentre le donne andavano a servizio in città. Dopo la disfatta di Caporetto, Revi- ne e Lago subirono il peso dell’occupa- erano sottoposte le merci di passaggio. zione militare tedesca e si vennero a

C La popolazione si trovò impegnata in trovare in prima linea durante le fasi più

OMUNI attività pubbliche e amministrative e in cruente del conflitto. La Vallata divenne servizi privati quali ristoro, albergaggio, il centro di un’intensa attività di retrovia cambio cavalli, trasporti ecc. che portò alla costruzione di un aero- Lago invece integrò la propria eco- porto militare a Cison e di una linea nomia agricola con la pesca, peraltro ferroviaria che, passando per Revine, assai povera, e con l’allevamento, che scendeva con una teleferica a Vittorio necessitava però del pascolo in monta- Veneto, per proseguire sino alla seconda

218 REVINE LAGO linea difensiva tedesca a Sacile. anche una funzione decorativa. All’e- Durante la Resistenza, nella zona di sterno della casa troviamo il cortile Revine prese corpo il distaccamento (cortivo) che è da considerarsi parte Tollot, che contava 115 partigiani rego- integrante della costruzione sia per la larmente organizzati. Nel 1943 alcuni sua funzione di elemento di distribuzio- gruppi di volontari delle zone di Lago, ne, sia per la sua insostituibile proprietà Tarzo e Conegliano diedero origine alla di spazio alternativo ai locali stessi del- futura Brigata Piave l’abitato.

Valenze architettoniche Borgo Bridot Caratteristico borgo rurale ancora Case rurali oggi sede di un’azienda agricola. Da L’interesse storico per il comune di vedere la stalla per la presenza di affre- Revine Lago non può riguardare solo schi secenteschi e la cucina con il carat- alcuni edifici, ma addirittura l’intero teristico larin (caminetto in pietra con centro storico delle frazioni di Revine, una panca in legno su tre lati) e con un Santa Maria, Lago e Sottocroda. Nume- arcaico pavimento in lastroni di pietra. rosi sono gli edifici in pietra, o addirit- tura intere borgate ,che hanno mante- Il Santuario nuto le loro caratteristiche arcaiche. Le di San Francesco da Paola case rurali (di cui troviamo numerosi Santuario settecentesco (332m esempi lungo via Maestra e via Mellera) s.l.m.) di stile barocco, voluto da Gio- sono costruite rigorosamente in pietra e vanni Domenico Cumano, protonotaio sassi estratti anche dalle cave circostanti. apostolico, di nobile famiglia vicentina, Gli edifici sono organizzati all’interno parroco di Revine dal 1676 al 1719. di un recinto su di un’area, il cortile Persona ferma e decisa, uomo religioso, (corte), che un tempo ospitava un’atti- modesto, di singolare carattere con la vità lavorativa di tipo agricolo. L’abita- sua figura quasi carismatica impresse il zione è articolata su due piani di cui suo ricordo nelle memorie dei revinesi; uno, quello terreno, accoglie anche fun- si dice, infatti, che egli sia stato sepolto zioni connesse con il lavoro, mentre il seduto su una poltrona ora posta nella primo piano è adibito a camere e fieni- tomba sotto al pavimento dell’oratorio. le. Infine c’è il sottotetto, adibito a gra- Per la costruzione di quest’edificio naio (biaver). Il collegamento fra i due furono impiegate maestranze locali e piani è affidato ad una scala esterna in artigiani di tutta la zona. La torre occi- legno che immette su un ballatoio, dentale dedicata a Maria Vergine Santis- detto “piol”, da cui si accede alle came- sima del Rosario risale al 1692, mentre C re. Il piano (piol), elemento caratteristi- nel 1696 fu completata la via d’accesso OMUNI co delle case della zona, è sempre realiz- con i sei capitelli della Via crucis. Dalla zato in legno ed è costituito da una fine del XVIII secolo fino alla prima serie di travetti che reggono il tavolato. metà del XIX, l’oratorio fu abitato da Il parapetto è realizzato con piccole eremiti e divenne meta di pellegrinaggi asticelle di sezione rettangolare. Il piol, e di devozione popolare, soprattutto nei oltre ad una funzione pratica, svolge periodi di epidemie.All’interno del san-

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tuario si può ammirare una bella pala e spingarda (opere difensive) di fattura rappresentante San Francesco di Paola secentesca, il lavamanine secentesco con l’emblema “Charita”, opera di Egi- (oggi murato sulla facciata), il pozzo dio Dall’Oglio. posteriore e nove archivolti che caratte- rizzano il maniero di fattura secentesca. Castello di Monte Frascon Nel cortile sono sparsi capitelli, basa- A nord del santuario di San France- menti e rocchi di colonna e frammenti sco di Paola, salendo per la vecchia stra- di pietra lavorata. Le opere murarie da si giunge al cortile del castello. Il erano decorate all’esterno con iscrizioni castello medievale (XII secolo), situato alcune delle quali ancora visibili: «Regi- sulla cima del cocuzzolo di monte Fra- na sacratissimi rosari ora pro nobis», scon ( 380 m s.l.m.), fu distrutto nel «Santus Ioseph ora pro nobis». 1282-83 da Bialo e Gelo, conti di San Martino, che in seguito a tale azione La chiesa di San Matteo vennero scomunicati dall’allora vescovo Già nel 1313, in un documento di di Ceneda Marco Fiabane. La costruzio- infeudazione, si fa menzione di una ne, nonostante sia stata rimaneggiata chiesa dotata di un portico a Revine. con opere di demolizione e ricostruzio- Divenuta parrocchia nel 1537, la chiesa ne che hanno stravolto il primitivo di San Matteo ha subito nel corso dei impianto, presenta ancora degli elementi secoli vari rifacimenti. Nel 1611 venne originali: le feritoie e le finestre ad arco allungata e alzata, pur lasciando gli altari nella loro primitiva posizione. Nel 1606 ci fu un allargamento del sagrato, proba- Revine, i “piol” bilmente conseguente all’ampliamento del cimitero. Nei primi anni del ’700 fu aggiustata la piazza a valle della chiesa con i rispettivi muretti, mentre all’inter- no dell’edificio fu ristrutturato il coro e rifatto l’altare della Madonna del Rosa- rio. La facciata fu rifatta nell’Ottocento per far posto all’organo. Il campanile risale agli anni Venti del Novecento. La chiesa conserva al suo interno delle interessanti opere d’arte (vedi itinerario n.1)

C Chiesa di Santa Maria

OMUNI La chiesa di Santa Maria, la più anti- ca della zona, in località Santa Maria, è menzionata nel testamento di Sofia da Camino di Collato, che nel 1170 donò il tempio a San Pietro abate di Follina. All’interno della chiesa vi sono nume- rose tele, tra le quali in particolare un’o-

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I laghi di Revine pera cinquecentesca di Francesco da Chiesa di San Giorgio Milano (1502-1547) raffigurante l’Inco- La nuova chiesa di San Giorgio ronazione della Vergine tra san Giovanni venne edificata nel 1897 su richiesta dei Battista e san Giorgio, e due paliotti cittadini di Lago, che contribuirono alle opere di Egidio Dall’Oglio (1705-1784) spese di costruzione, in sostituzione rappresentati una santo Stefano e san della vecchia chiesa insufficiente per le Giorgio e l’altra l’Annunciazione. Nella esigenze dei fedeli. All’interno della chiesa notiamo inoltre una bellissima nuova chiesa è possibile ammirare le statua lignea della Madonna con bambi- tele di Francesco da Milano (1502- no opera di un autore ignoto. 1547) raffiguranti l’Incoronazione della

All’esterno, uscendo dal sacrato, Vergine tra san Giorgio, san Biagio, san C notiamo il Grap con grata di protezione Apollonia e san Maddalena e la pala di OMUNI di ferro posta nel 1510 a proteggere il san Osvaldo dipinta da Egidio. terreno sacro dagli animali lasciati libe- ramente al pascolo. Uscendo dal sagrato, Oratorio di San Giovanni sulla destra, ai piedi della scalinata Nepomiceno (costruita nel 1784) vi si trova un’origi- Piccolo oratorio privato (dei nobili nale cassetta delle elemosine in pietra. Crucis) abbandonato e quasi ormai

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distrutto, sito in una casa colonica in ti sulle spalle su un asse curvo con ganci località Col della Spina, tra Revine e alle estremità, detto bigol) l’acqua per Serravalle. L’oratorio, risalente alla fine l’uso domestico. del XVII secolo, è dedicato a san Gio- Le Lame, soprattutto per le donne vanni Nepomiceno (1340/1393), santo del paese, divennero luogo di ritrovo boemo annegato nella Moldava, fa parte pubblico e di socializzazione. Oggi di un filone di religiosità popolare lom- restano sede di raccolta d’acqua per la bardo-veneta legata al culto dell’acqua gente del posto, oltre a memoria storica ed in modo particolare alle piene e per i giovani. frane. Oggi dell’oratorio rimane ben poca cosa, sconsacrato probabilmente Valenze paesaggistiche dopo la Battaglia di Col della Spina del 30 ottobre del 1918, anche la devozione Il territorio del comune di Revine è per il santo andò scemando fino a cessa- caratterizzato dalla presenza dei laghi di re con la fine dello scorso secolo. Lago e Santa Maria, di forma e superfi- cie simile tra loro. Il lago di Santa Maria Chiesetta di San Marco ha una lunghezza massima di 1050 m, In località San Marco a Revine Lago una larghezza di 200-500 m e una pro- (dalla località Col della Spina dopo Lon- fondità media di 6,5 m. Il lago di Lago ghere salendo a monte) si trova la chie- è lungo 1200 m, largo 300-500 m e sette dedicata a San Marco risalente al profondo mediamente 19-20 metri. I 1758-60. Si ricorda perché da qui parti- due bacini sono separati da una striscia vano le processioni primaverili e le paludosa larga 200-300 m, tagliata da benedizioni alle campagne (rogazioni). uno stretto canale di comunicazione La chiesetta di modeste dimensioni e che serve da scarico delle acque del mal conservata, presenta sopra il portale Santa Maria verso il lago di Lago. principale lo stemma dei Crucis, antica Entrambi sono emissari del fiume Soli- famiglia di Serravalle.Al suo interno sul- go. Per la loro posizione geografica e l’altare vi si trova la pala di san Marco, per la loro situazione idrologica, i laghi opera di Giovanni Chiarel (1935 ca.). di Revine sono classificati come “eutro- fici”, cioè fertili. Lavatoio “alle lame” L’origine della conformazione fisica Caratteristico e particolare lavatoio del territorio, che ha permesso la for- di epoca ottocentesca, costituito da una mazione dei laghi, va individuata negli vasca di raccolta dell’acqua che era tra- eventi dell’ultima glaciazione: una dira- sportata a valle da una sorta di acque- mazione del grande ghiacciaio del

C dotto formato da tubi di legno e metal- Paleopiave scendeva da Serravalle, pene-

OMUNI lo. La vasca è sistemata sotto un tetto di trando nella Valmareno sino a congiun- legno poggiante su colonne di pietra. gersi all’altro ramo dello stesso ghiac- Nel 1892 fu munita di vasche laterali. Il ciaio che, proveniente dalla Val Belluna lavatoio veniva utilizzato, fino a non superava il passo di San Boldo. Con lo moltissimi anni fa, da tutte le donne del scioglimento dei ghiacci, la massa delle paese per fare il bucato e per attingere acque non riuscendo a defluire né a est (con recipienti metallici detti seci, porta- né a ovest, a causa degli ammassi di

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Blasoni popolari

Sono numerosi i detti riferiti agli abitanti di Revine: sono definiti scarpét da Revine, forse per l’uso comune delle rustiche e comode pantofole in fustagno nero dalla suola in feltro fittamente trapuntata di spago; ma si dice anche Revine… femene marcantine che definisce le donne di Revine come furbe, abili negli affari e nel commercio, ma anche Revine, braghesine perché vezzose e vanitose. Una filastrocca recita: Quei da Revi- ne, i liga le fasine, i crepa le sache, i scoreda… come le vache! ovvero «quelli di Revine, lega- no le fascine, rompono i legacci, e scoreggiano… come le vacche» e ancora: L é Revine n bel paese, fabricà de piere cote: ma l é quatro ioviòte sbecotade da l martorel!, che tradotto recita: «Revine è un bel paese, fatto di mattoni: ma ci sono quattro “giovanotte” rosic- chiate» (dalla figura mitica che aveva l’aspetto di una martora). Gli abitanti di Lago sono definiti fasolon, epiteto loro attribuito per la coltivazione dei fagioli, ma anche per la forma del lago di Lago. Una filastrocca recita: Madona Pele- grina, prega par quei da Lago, ligheli co o spago, e buteli in te l lago! che tradotto significa: «Madonna Pellegrina, prega per quelli da Lago, legali con lo spagno e gettali nel Lago!».

detriti che si erano nel frattempo depo- polle subacquee di lago di Lago e le sitati, determinò la formazione dei pri- numerose grotte esplorate e rilevate dal mitivi lacustri. Gruppo Speleologico Cai di Vittorio Attualmente il lago di Santa Maria è Veneto (bus della Cava, bus del Boral, prevalentemente alimentato da acque di Spelonga di Santa Maria, bus del Latte, sorgenti sotterranee e da torrentelli a bus dei Morti, Grotta Bella, ecc.). regime stagionale, generati dalla pen- Il paesaggio naturale del territorio di denza dei terreni circostanti durante le Revine Lago si presenta pertanto vario stagioni piovose, mentre il lago di Lago anche dal punto di vista della vegetazio- ha come immissario il torrente Piave- ne. Nella fascia lacustre si sviluppa il son, un corso d’acqua di appena un salice bianco che, insieme al fragmiteto, centinaio di metri dalle caratteristiche forma una naturale cintura intorno ai davvero particolari. Il greto del torrente, laghi. Nelle acque convivono galleg- infatti, risulta per la gran parte dell’anno gianti e in abbondanti popolazioni la asciutto, salvo ingrossarsi improvvisa- Nynphea alba e l’Hottonia Palustris, una C mente, scaricando rapidamente e con rarissima primulacea visibile solo in pri- OMUNI violenza la massa d’acqua che proviene mavera quando riporta a fior d’acqua le da un bacino sotterraneo ancora scono- sue frastagliatissime ed eleganti foglie e sciuto. fiori dal color bianco lievemente lillaci- Il territorio di Revine Lago presenta no. Sulle sponde abbondano i prati numerosi fenomeni di carsismo: ne sono molto umidi, ricchi di vegetazione tipi- esempio le sorgenti del Pioveson, le ca dell’ ambiente del lago.

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I laghi di Revine

La zona montuosa e collinare del significativa è quella del “filò”. Una tradi- territorio di Revine Lago è caratteriz- zione tipica del passato e presente in tutti zata da forti pendenze, tranne che alle i paesi contadini del Veneto, ma partico- più elevate altitudini, ove la vegetazione larmente qui radicata. Il filò rappresenta- scompare per lasciare posto a prati e va un momento d’incontro e di socializ- pascoli, un tempo risorsa importante zazione per le famiglie del posto. Infatti, per l’allevamento del bestiame. La vege- alla sera, dopo una lunga giornata di tazione presente è quella tipica di mon- lavoro, gli abitanti del borgo, del cortile o tagna con boschi di conifere e di latifo- della famiglia patriarcale si radunavano glie (castagni, roverelle, faggi, noccioli). nella stalla (staul) durante l’inverno

C (unico luogo sufficientemente riscaldato

OMUNI TRADIZIONI E LEGGENDE e ampio) e nei cortili nel periodo estivo. A filò, mentre le donne filavano (da Il comune di Revine Lago conserva cui deriva il termine), tessevano e cuciva- un patrimonio molto ricco di tradizioni no, gli uomini intrecciavano cesti, impa- legate principalmente alla vita contadina, gliavano sedie e lavoravano il legno. molte delle quali purtroppo sono andate Il filò non rappresentava unicamente perdute. Tra le varie usanze forse la più una serata di lavoro fatta in compagnia,

224 REVINE LAGO ma principalmente un momento di vita de Denever (per la loro particolare pen- pubblica, dove si scambiavano le novità denza), in passato i giovani del paese si del giorno, si leggeva lo sfoi (il foglio divertivano, nelle fredde giornate inver- d’informazione che qualcuno acquistava nali, a costruire la cosiddetta sgezola, il lunedì al mercato di Serravalle). Inol- pista ghiacciata per le slitte. Di sera i tre era un luogo d’incontro tra le ragaz- giovani bagnavano la superficie della ze ed i ragazzi del paese che cercavano strada che poi durante la notte ghiaccia- marito o moglie. va e così il tutto era pronto per il gior- Altra tradizione era il gioco della no successivo. tombola, i canti e i racconti degli anziani, Tra le leggende se ne ricordano due, le fiabe e le storie paesane. Una caratteri- entrambe legate al castello di monte stica di queste ultime era quella di conte- Frascon. La prima racconta che in qual- nere elementi magici, con i quali spiegare che parte del castello sia stato nascosto l’intervento spesso malefico di personag- uno stivale pieno di marenghi d’oro. gi fantastici, fatti che altrimenti non L’altra assicura l’esistenza di una galleria sarebbero spiegabili. In particolare uno di segreta che collega il maniero con il questi personaggi è il Matharol, un sottostante oratorio di San Francesco. ometto vestito di stracci, con il berretto o l’abito rosso, a seconda delle diversifica- PERSONAGGI ILLUSTRI zioni del racconto, che di notte vagava nelle stalle mangiando la polenta e Revine Lago ha dato i natali a bevendo il latte lasciatogli dal pastore. In numerosi personaggi illustri tra i quali si cambio del cibo il Matharol accudiva e annoverano: sorvegliava il bestiame. Altre versioni dicono che egli per dispetto di notte sle- Giuseppe Grava (1935 - vivente) gava le mucche e le liberava dal recinto. Nato a Revine si è diplomato in Altri personaggi misteriosi sono le grafica pubblicitaria e successivamente streghe, identificate scherzosamente in in scultura medaglistica ed è membro una brutta o antipatica vecchia chiamata dell’Associazione Italiana Acquerellisti e Redosega o Derosega. Le streghe veni- della Federazione Internazionale della vano incolpate di essere la causa di Medaglia. Protagonista di numerose malattie; per questo venivano allontana- mostre personali come acquerellista in te dalle case mettendo una scopa di tra- varie città d’Italia settentrionale dal verso alla porta d’ingresso o bruciando- 1962 e di varie collettive medaglistiche ne il fantoccio sopra il “panevin” o in tutto il mondo, ha illustrato tutti i “fogherata”, tradizione quest’ultima libri di G. Tomasi, con cui forma un ancora in uso la notte del 5 gennaio; il sodalizio che ha scientificamente illu- C fuoco simbolicamente bruciando la vec- strato vari aspetti storici e culturali del OMUNI chia si porta con sé anche le disgrazie e Veneto settentrionale. Vive e lavora a le miserie della gente. Revine, è socio del Circolo Vittoriense Tra le altre tradizioni locali si ricor- di Ricerche Storiche. dano le corse con le slitte. In località Ponte de Mel, lungo la “strada napoleo- Giovanni Tomasi (1948 - vivente) nica” via Mellera e lungo la strada Cal Nato a Revine, laureatosi in medici-

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na e chirurgia e specializzato in igiene e Dopo un’esperienza in campo ammini- medicina preventiva presso l’Università strativo come sindaco del suo paese, si è di Genova, attualmente esercita la pro- impegnato, in particolare, nella costitu- fessione presso l’ospedale di Agordo zione di cooperative nel settore agrico- (BL), città dove vive. Studioso di storia lo. Maturando “in situazione” approfon- locale e di dialettologia, è autore del diti e coinvolgenti interessi per la cultu- Dizionario del dialetto di Revine (1983), di ra popolare e, in particolare, per il Revine, storia di una comunità (1984), Slit- mondo contadino. È stato tra i curatori te nelle Prealpi Trevigiane (1986), Attività della pubblicazione Fiabe popolari venete tradizionali in Val Lapisina (1987), Orefice- raccolte nell’alto trevigiano, manoscritto ria sacra nell’antica fornaia di Agordo inedito di Luigi Marson (1984) e ha (1987, con T. De Nardi), I Grava da scritto per varie riviste politico-cultura- Revine (1988). Collabora inoltre con li. Ha pubblicato poesie dialettali per le articoli e saggi su riviste specializzate. Si Edizioni I.S.C.O. È giunto alla seconda occupa inoltre di cultura del Veneto set- edizione delle raccolte di poesie Al tentrionale e di ricerche storiche. «Tràgol Jért» (l’erta strada da trascino) e «Senc». Nel 1997 ha pubblicato La Pla- Giuseppe A. Favaro (1876 - 1960) quette Testamenti. I suoi testi poetici Insigne astronomo, figlio di Dome- hanno ottenuto importanti riconosci- nico Favaro maestro elementare a Revi- menti e sono stati ospitati su riviste ne per cinquanta anni, organista, giudice quali: «Diverse lingue», «Pagine» e «In conciliatore e giurato alla Corte d’Assi- forma di parole». Le sue composizioni se di Treviso. Giuseppe Alessandro fre- sono state inserite nell’antologia televi- quentò le scuole medie superiori presso siva, a cura di Franco Brevini e Gianna il seminario vescovile di Vittorio Vene- Paltenghi, «L’immagine e la maschera» to; si laureò presso l’Università di Pado- (1991) e nell’antologia di poesia neo- va in matematica nel 1899. Fu assistente dialettale Via Terra, a cura di Achille Ser- prima alla cattedra di fisica e poi passò rano (1992). all’Istituto di Astronomia. Si dedicò inoltre allo studio dei fenomeni atmo- PERCORSI NATURALISTICI sferici e geofisici e di astronomia stru- mentale. Collaborò all’iniziativa inter- Sentiero n. 990 “Pian de le Femene - nazionale per la redazione del Catalogo La Posa - Alle Buse” astrofotografico, curando personalmen- Si giunge a quota 1140 lungo la stra- te, per oltre quindici anni, le riprese da che porta fino a Pian de le Femene fotografiche degli astri e i relativi studi. così soprannominato perché pare che

C Viene ricordato anche per i numerosi qui le donne attendessero gli uomini di

OMUNI lavori di astronomia strumentale. ritorno dal lavoro nei pascoli. Fino alla fine del secolo scorso, infatti, pascoli e Luciano Cecchinelli (1947 - vivente) boschi erano beni comunali parte dei Nato e residente a Revine, si è lau- quali veniva assegnata ad ogni capofa- reato in lettere moderne presso l’Uni- miglia per l’allevamento del bestiame. versità di Padova e insegna materie let- Una comoda strada bianca che segue il terarie presso la scuola media di Tarzo. tracciato del vecchio sentiero che con-

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Feste

Revine Lago e i suoi dintorni hanno un nutrito calendario di appuntamenti festaioli: La fogherata, falò alla vigilia dell’Epifania, antica tradizione locale dai contenuti cul- turali, religiosi, ma anche magici e profani. La corsa dei mus a Lago la prima domenica di febbraio per la sagra di San Biagio. In aprile per il patrono san Giorgio, nel centro storico di Lago viene organizzata un’attentissima mostra di Vecie arti e mestieri (vecchie arti e mestieri), ambientata negli storici borghi del paese fino alle rive del lago, animata da artigiani locali che hanno mantenuto e tramandato le tradizioni locali. In settembre, a Revine, per la sagra di San Matteo si svolge la mussada, corsa con le slitte da trasporto di fieno e legname dai monti a valle. In merito esiste una vecchia mulattiera detta “strada delle muse” perché transitata dalle muse (slitte in legno con pattini trainate a mano), che per secoli hanno fatto la spola fra il fondovalle e la Valbel- luna, passando per il passo Frascon ed il Pian delle Femene (quasi certamente il nome ha origine dal fatto che il luogo, per la sua ubicazione, fu centro di raduno delle donne, in attesa dei rispettivi mariti al ritorno dal lavoro nelle zone vicine). Le muse erano gli unici mezzi di trasporto utilizzati su queste montagne perché quasi nessuno poteva permettersi di acquistare un mulo da trasporto. L’appuntamento però a cui è più legato il paese è il presepio vivente, una rappre- sentazione della Natività a cui partecipano coralmente i paesani secondo un copione pressoché inalterato dal 1933. A nord della vecchia piazza di Revine ha inizio una caratteristica irta viuzza in acciottolato, che viene percorsa dalla processione della via crucis, nella tradizionale rappresentazione della sacra Passione di Cristo, e dal presepio vivente. I revinesi hanno sempre dimostrato un certo interesse teatrale e spirito artisti- co; si ricorda in particolare la nascita della compagnia teatrale maschile all’inizio degli anni ’20, fondata da don Antonio Missaglia, con costumi acquistati al teatro La Fenice di Venezia. Il presepio vivente e la Passione di Cristo sin dal 1933, fanno tesoro delle tradizioni e delle caratteristiche morfologiche e ambientali che il paese offre. Salendo la strada suddetta si arriva, dopo aver potuto ammirare dodici caratteristici capitelli, alla chiesa di San Francesco da Paola. C duceva alla Posa dal Pian de le Femene, verso Pian di Frassenè, a quota 1086 si OMUNI soprannominato “Troi del Giaz”. Si giunge alla Sella dove si incrociano prosegue in direzione nord-ovest giun- numerosi sentieri: “la Strada dei Mont” gendo alla località Le Crosere. Dopo proveniente da Revine, il “Tragol dele aver aggirato un colle si devia verso sud Vache” che portava a Lago e la strada e attraversando prati e pascoli si arriva a forestale che conduce a Pianezze attra- Col Saler si prosegue in direzione ovest verso la Val Negra. Arrivati in località

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Posa si supera la baita “da Nino” giun- collegamento tra la pianura e i pascoli gendo così alle Buse a quota 1140. d’alta quota. Le casere servivano per il Da alcuni anni la località La Posa è ricovero di persone e animali, spesso meta di ritrovo di appassionati del volo nelle vicinanze del corpo principale esi- libero che ne hanno fatto il loro punto stevano costruzioni di piccole dimen- di partenza atterrando poi presso un sioni dette “caserin” adibite alla conser- ampio campo presso la località Case vazione del latte e dei suoi derivati. Il Teson. sentiero parte da Revine a quota 235 all’imbocco della Via Crucis del Santua- Sentiero n. 1032 “Via dei Mont rio di San Francesco da Paola. Si svolta o Strada delle Musse” a destra, verso la località Bareda e si pro- La mulattiera costituiva un’antica via cede percorrendo una mulattiera che di collegamento tra la Vallata e il Bellu- costeggia un vallone, detto dei “Borai”, nese. La presenza di resti di una fortifi- fino a quota 504. cazione romana in località Castegna Si lascia a sinistra il vallone per giun- Maor testimonia la sua antica funzione gere ad un bivio dove si prende a destra militare e commerciale. L’uso immemo- verso la località Col de Pel - Madonna rabile di questo sentiero è testimoniato della Neve fino a giungere ad una case- dai solchi lasciati sulla massicciata dalle ra. Al bivio successivo si svolta a destra “musse” (le slitte) usate per i trasporti. per imboccare la strada asfaltata.A quota La partenza avviene dal santuario di 670 si trova la Lama delle Crode e per- San Francesco da Paola a quota 335. Il correndo la provinciale, di imbocca il sentiero costeggia il torrente Pavei, arri- sentiero a sinistra. vando ad un’altura sulla quale sorgeva il Si incontra nuovamente la provincia- vecchio Castello di Monte Frascone. Si le e a quota 800 si prosegue lungo que- risale una mulattiera sul fianco destro sta, fino a giungere ad una mulattiera, del corso del torrente Poner. Si prose- attraverso la quale si arriva alla casera gue a sinistra fino ai due fienili Frare dei Carli in località Val Storta. Si prose- per poi risalire, lungo una strada bianca, gue a destra, superando la provinciale e fino ad un quadrivio a quota 547. attraverso una strada bianca si arriva a Riprendendo la mulattiera ed un sen- quota 1030 alle Casere Bernardi e Fra- tiero che raggiunge il Castel Major si scon e qui s’imbocca il sentiero per il prosegue in salita fino ad attraversare la Pian de le Femene. località Fossette. Si superano il torrente In paese sono inoltre segnalati i sen- Pavei e il Crep de la Ziliga (rondine) e tieri n. 1035 “Antica Via Mestra”, il n. si raggiunge la lama sottostante,giun- 1034a “Sentieri di Lago di Sotto” e il

C gendo alla strada che porta al Pian de le 1034b “Sentieri di Lago di Sopra” facil-

OMUNI Femene. mente percorribili che permettono di apprezzare e conoscere meglio i laghi e Sentiero n. 1033 “Strada dei Cavai” le frazioni e località del comune di Il tracciato ha costituito una via di Revine.

228 C OMUNI , «non filix, filicetus di San Pietro di San Pietro plebanus Toponomastica nell’attività di promozione e dif- di promozione nell’attività Il termine risalirebbe Feletto a La consuetudine delle popolazioni “luogo delle felci”,“luogo luogo indicherebbe le felci.in cui abbondavano Il territo- rio di Feletto, un tempo rigoglioso di boschi di castagno, è faggio e roveri infatti ancor oggi immerso nel verde delle colline, ampi da cui si aprono paesaggi che tanto hanno ispirato la pittura veneta. “felce”, e la sua derivazione Il Marchesan riportaIl Marchesan un docu- inoltre mento del 1314 secondo il quale era compito del solo reggere la propria pievaniam limitata… solo reggere la propria pievaniam alle Regule di Forminica, Mancana, Bagno- lo,Collalbrico, Sancta Maria de Pecollo, Pere- do, Sancto Michele, sollecita- Miravalle…ma re la costruzione di sacelli, oratori, cappel- le…» fusione della religione cristiana nelle zone rurali e periferiche. parte che buona barbariche prevedeva dei territori occupati con la conquista proprietà reale;divenisse il felettano a que- con tutta probabilità apparteneva e nel 1031 possedimenti sto genere Corradol’imperatore il Salico lo donò 229 ELETTO F IETRO DI P

Sono poche le testimonianze riferi- Posto sulle suggestive colline del colline suggestive sulle Posto

AN

La storia S

strelle della facciatastrelle e le pesanti colonne. facciata della chiesa, come le due fine- fittili e da elementi architettonici nella fittili e da elementi architettonici longobarda è accertatalongobarda da ritrovamenti diocesi di Vittorio Veneto. La presenza Feletto è una delle più antiche della è una Feletto momento che la pieve di San Pietro di di San Pietro momento che la pieve territorio,V secolo d.C., tra IV e dal di penetrazione del cristianesimo nel tanza che permane anche nel periodo nella pedemontana trevigiana. Impor- un centro rurale di qualche importanzaun centro fanno presumere che San Pietro fosse che San Pietro fanno presumere Bianco”. tempio pagano, di un precedente resti attraverso la rinomata “Strada del Vino del “Strada la rinomata attraverso nelle fondamenta della chiesa pievana, m s.l.m., è raggiungibilecomune il e inglobati nelle murature bollo romano del coneglianese, ad un’altitudine di 260 nel felettano, i mattoni con mentre e San Pietro di Feletto.e San Pietro alle spalle Posto romana bili a età antecedenti la civiltà Feletto, Santa Maria di Feletto, Bagnolo frazioni del comune: San Michele di infatti si trova a Rua di Feletto e sono a Rua di Feletto infatti si trova cui è composto; comunale il capoluogo il nome da una delle cinque frazioni di il nome da una delle comune di San Pietro di Feletto prende di Feletto di San Pietro comune paesaggio Quartier del Piave, del il felettano che dominano il gradevole felettano che dominano QUARTIER DEL PIAVE

con un placito ai vescovi di Belluno, dai di Collalto e Barbisano. Nel 1819 quali dipendeva la Consorteria di ottenne l’autonomia estesa all’attuale Conegliano. Durante la prima domina- area territoriale comprendente San Pie- zione austriaca, il Feletto divenne muni- tro Vecchio, Bagnolo, Rua, Santa Maria cipalità,rimanendo soggetto al Distretto di Feletto e San Michele. San Pietro di e al Tribunale d’Appello di Conegliano. Feletto ha mantenuto nel tempo il Dal 1807 al 1810 incorporò la munici- carattere di paese prevalentemente agri- palità di Refrontolo e le relative frazioni colo che lo ha caratterizzato anche nel

Particolari degli affreschi interni alla Pieve di San Pietro di Feletto C OMUNI

230 SAN PIETRO DI FELETTO

Rua, palazzo municipale passato: ha come sua attività principale Signore. A questo proposito, commen- l’allevamento dei bovini da latte, possie- tando gli affreschi di San Pietro,V.Sgar- de infatti due Latterie Sociali; altre atti- bi scrive: «È’ un’interpretazione che corri- vità importanti sono la lavorazione del sponde a un invito alla meditazione, all’in- legname e la produzione di vini. dicazione di quel luogo della preghiera e della consolazione, in opposizione al lavoro, Valenze architettoniche che è la Chiesa». Altri esempi di raffigu- razioni simili si hanno nella cattedrale La Pieve di San Pietro di Feletto di Biella, nella pieve di San Siro a La chiesa, edificata forse sui resti di Capodimonte, nella chiesa del Cristo di un tempio pagano, assunse le attuali Pordenone. In tutta Europa esse sono forme, nel XII secolo, come risultato di quasi cinquanta. Su questo affresco H. vari adattamenti. L’ampio porticato Foldan ha fatto uno studio, una pubbli- antistante aveva probabilmente anche cazione. funzione di luogo di raccolta della A sinistra del portale, nell’affresco popolazione durante le assemblee pub- della Madonna con Bambino tra i Santi si bliche. Isolato si innalza il campanile nota un particolare iconografico abba- romanico, con cuspide del XVI secolo stanza raro: quello del Bambino che C sul modello di quello di Aquileia. succhia il latte da una vescica, ritenuto OMUNI La chiesa è preceduta da una scalina- dallo studioso don Nilo Faldon «inte- ta del XIX secolo; sotto l’ampio e rusti- ressante esempio di poppatoio antico co porticato si notano affreschi di epo- che, tra l’altro, si rifà alle vecchie usanze che diverse tra i quali spicca il Cristo delle povere famiglie del luogo». della domenica colpito e offeso dai lavori L’architettura all’interno è di grande che si compiono nel giorno dedicato al fascino, essenziale e quasi povera: a tre

231 QUARTIER DEL PIAVE

Feste

A fine gennaio, inizi febbraio Festa di San Biagio a San Pietro di Feletto, a maggio sagra paesana di San Michele con degustazione di formaggi e vino bianco, nel mese di giugno a San Pie- tro di Feletto Mostra dei vini di collina nell’ex eremo camaldolese, a fine giu- gno festa patronale con degustazione di piatti tipici e dei famosi amoli e pomi de San Piero. A Bagnolo l’ultima setti- mana di settembre Bagnolo in festa con spiedo e vini bianchi. Scorcio di San Pietro di Feletto

strette navate divise da arcate a tutto to». Lo sono, a conferma, la tipologia sesto su grossi pilastri rettangolari, è di dei volti, la definizione dei capelli, i stile romanico rustico e spontaneo. Sul modelli degli abiti e delle calzature. Il fondo abside semicircolare. Le pareti Coletti ritiene l’artista sia «un modesto, della navata centrale, prive di finestre, ma per la sua ingenuità di narratore sono come le pagine di un libro, fatte vivamente popolaresco, abbastanza apposta per accogliere le immagini divertente provinciale, formatosi alla affrescate, destinate per la loro imme- scuola di Antonio Vivarini». E ancora il diatezza a colpire l’immaginazione e a Vancanover aggiunge: «Difficile accer- stamparsi nell’animo popolare. Questo tare se il pittore di Feletto attivo a Ser- è il carattere comune di tutte le pitture ravalle, luogo naturale del passaggio dei di questa chiesa, di varia epoca dal ’200 montanari verso la pianura di Venezia, al ’400, eccezionale esempio di arte sia un pittore veneziano o piuttosto, certamente non incolta che si fa rac- come è probabile, un artista di terrafer- conto popolare e didattico. Secondo ma tra Treviso e Belluno, portato ad Vittorio Sgarbi «l’autore di questi affre- una semplicità popolare ed intima e schi, lungi dall’essere accostabile alla dotato di una rusticità piena di grazia e

C nordica e tagliente cultura dei maestri libera da ogni costruzione intellettuali-

OMUNI della scuola di Tolmezzo, è più vicino stica». (vedi itinerario n.3) all’autore del polittico di San Martino nella cripta del duomo di Belluno e Il Palazzo Agosti soprattutto all’autore degli affreschi con In prossimità dell’antico tempio di le storie di San Nicola nella cappella San Pietro è degno di nota il cinque- Galletti della chiesa di San Giovanni centesco palazzo, con stemma gentilizio, Battista di Serravalle di Vittorio Vene- dei conti Agosti.

232 SAN PIETRO DI FELETTO

Valenze paesaggistiche

Il territorio è di origine morenica e Toponomastica solcato nel sottosuolo da ampie gallerie a carattere carsico. La composizione prevalentemente argillosa del terreno ha Il toponimo, di difficile interpreta- reso estremamente difficile la sua colti- zione, .deriva forse dal latino ruga nel vazione, tuttavia la coltivazione della senso di “strada” . vite è possibile e la produzione di vini del felettano è sempre stata rinomata. Nei primi documenti della Consor- teria di Conegliano si legge che il vino ne capoluogo del comune di San Pietro, dei monti e del Feletto veniva servito situata alla destra del torrente Cervano, sulle mense dei dogi veneziani e dei re sul Col Capriolo a 221 m s.l.m. di Boemia, di Polonia e di Francia. La storia RUA DI FELETTO L’origine del paese si deve alla fon- dazione di un bellissimo eremo camal- Lungo la “Strada del Vino Bianco”, dolese nel XVII secolo, sorto grazie alle scendendo verso Conegliano, dopo donazioni effettuate nel 1665 dal nobile Borgo Antiga si incontra Rua, la frazio- veneziano Alvise Canal in favore della Congregazione degli Eremiti di San Romualdo. Proprietario di molti beni terrieri nella zona, egli donò ai camal- Blasoni popolari dolesi 140 campi trevigiani; nel 1670 provvide anche alla costruzione di una chiesa, dotandola di pregevoli opere Gli abitanti di San Pietro di Feletto d’arte. I monaci giunti nel frattempo dal sono detti i castegner da San Piero per la convento di San Clemente in Isola si bontà delle castagne prodotte in quei dedicarono alla costruzione dell’eremo, boschi, mentre quelli di Bagnolo sono realizzando 14 celle, dipendenze, offici- detti i brosaroi da Bagnol perché il ne, servizi, oratori e le mura claustrali paese è posto in fondo ad un avvalla- entro il perimetro delle quali avrebbero mento che rende il luogo molto fred- condotto la loro vita. Il complesso do d’inverno, il paesaggio è quindi architettonico risultò sobrio e armonio- spesso coperto di brina. Gli abitanti di so, simile per stile e struttura a quello di

Santa Maria sono considerati dei San Giovanni di Rocca di Garda edifi- C

damerini perché vestivano dei mezzi cato nello stesso periodo. Sopravvissuto OMUNI mantelli; sono detti per questo le gabba- alle soppressioni degli ordini monastici ne de Santa Maria. Gli abitanti di San volute dalla Serenissima, incappò in Pietro sono detti anche àmoi da San quelle napoleoniche tra 1806 e 1810: i Piero, ovvero susine forse per la caratte- beni del monastero vennero acquistati ristica di questi frutti un poco aspri. da un certo Domenico Astori che li vendette per poco prezzo a due padri

233 QUARTIER DEL PIAVE

Santa Maria di Feletto, chiesa della Presentazione del Signore

camaldolesi che invano tentarono di Valenze architettoniche ripristinare il monastero. Poiché la chie- sa versava in stato di abbandono, i beni Chiesa di Santa Maria Assunta del monastero vennero passati al vesco- Chiesa originaria dell’eremo camal- vo di Ceneda affinché provvedesse al dolese, fu restaurata e ampliata nel corso trasferimento della titolarità della par- dell’800, senza che ne venisse intaccata rocchia da San Pietro alla chiesa di la navata centrale, nucleo originale del- Santa Maria Assunta di Rua. Il passaggio l’edificio. Impreziosita da pregevoli venne sancito nel 1830 dal vescovo di opere d’arte rimase chiesa fino al 1935, Ceneda, senza particolari celebrazioni quando da essa vennero smembrate le per non inasprire gli animi degli abitanti parrocchie di Bagnolo e San Pietro Vec- di San Pietro che vantavano una più chio.(vedi itinerario n.3) antica fondazione. Nella parrocchia di Santa Maria di Parte dell’eremo venne acquistato a Feletto era compreso anche un altro fine ‘800 dall’amministrazione comuna- eremo camaldolese, quello di San Bene- le che stabilì nel palazzo la sede munici- detto di Feletto di cui si ha notizia fin

C pale, quattro celle vennero adibite a dal 1255, anno in cui si registrano lasciti

OMUNI scuola, mentre altri locali del cenobio in suo favore da parte del conte Sche- furono utilizzati dall’arciprete di Rua. nella di Collalto. Nel 1767 la chiesa, i Durante questi adattamenti andarono campi e le case e in dotazione al con- purtroppo perdute alcune opere d’arte vento di San Benedetto vennero lasciati di Sebastiano Ricci che decoravano le ai monaci dell’Eremo di Col Capriolo sale del monastero. che, a loro volta, li affittarono a coloni.

234 C OMUNI asius stramen a cui si , miglio o dall’etnico (città di Susa), milium Aemilius conferma l’ipotesi Seguguis Segusia” o la derivazione potrebbe o la derivazione che significa appunto solda- da Toponomastica miles Secondo la tradizione sarebbe di Secondo la tradizione sarebbe L’origine del toponimo è di chiara del toponimo è di L’origine dovuto al passaggio di una strada roma- dovuto na.“Stramare” di La derivazione sareb- di originebe sempre latina da (paglia). Segusinus, di un insediamento come derivazione da essa.di coloni provenienti Il ritrova- lapidi romane mento di numerose lungo il percorso della strada romana Opitergium-Tridentum dell’origine latina del sito. origine anche la frazione di romana Milies, dal il cui toponimo deriverebbe latino to; lo fanno ipotesi più accreditate dal personale derivare aggiuntosarebbe - il suffisso (aemiliasus) ricondottaessere al derivazione latina e potrebbe derivare latina e potrebbe derivazione dal personale nella di Collalto. Questa famiglia dete- e questo Treviso il titolo di conti di neva spiega forse in città del pitto- la presenza in quel perio- Treviso Viviano, a attivo re do. In seguito, con la conquista della ter- 235 è un diploma del di quel luogo. Diritti di tra le quali si citava ancora tra le quali si citava Secusino di vicini ville

vicus

Il primo documento nel quale è cita- Situato sulla sponda sinistra del Piave Situato sulla sponda sinistra EGUSINO

La storia S

dene, concesso in feudo a Sche- venne Nel 1358 Segusino, insieme a Valdobbia- Nel 1358 Segusino, insieme a cui nome appare in molti documenti. cui nome appare ne dipendeva dal castello di Mirabello il dal castello ne dipendeva con la Valdobbiadene, la cui giurisdizio-con la fecero un presidio fortificato un presidio confini ai fecero lo del guado e della strada sottostante, ne rispettive rispettive strategica del Piave, sulla valle a control- uomini in base alla residenza nelle uomini in base alla residenza Segusino. Intorno al Mille, la posizione pascoli, sanciti distinguendo gli vennero utilizzo e doveri di custodia di quei utilizzo e doveri

parte dei monti che separano Vas da Segusino da Vas monti che separano diritto di godimento dei pascoli siti sui imperiale del 1167, viene sancito il ungare. Successivamente, in un beneficio tunato per risollevarlo dalle devastazioni tunato per risollevarlo sino, e For- dei Santi Felice al monastero Milies,Rivagrassa. e Stramare to il un piccolo fondo rurale in Segu- situato Sono frazioni del comune Riva Secca, Riva Sono frazioni del comune Rodolfo concede vari benefici, tra cui lo sviluppo urbanistico ed economico. lo sviluppo urbanistico 983, vicentino nel quale il vescovo legate al fiume, ha condizionato che ne vicende di questo paese sono da sempre vicende di questo paese confina con la provincia di Belluno. confina con la provincia Le a 219 m s.l.m., di Segusino il comune QUARTIER DEL PIAVE

raferma da parte della Serenissima, anche del bestiame e un contributo sostanziale Segusino passò sotto la sua giurisdizione, all’economia delle famiglie è dato dal venendo aggregata alla podesteria di Tre- lavoro femminile presso la filanda Piva viso e alla pieve (distretto) di Quero. di Valdobbiadene. Dai documenti storici si apprende Durante la prima guerra mondiale, che gli abitanti di questa zona erano dopo la rotta di Caporetto, Segusino agricoltori, pastori e boscaioli, occasio- venne invasa dalle truppe austrotedesche nalmente dediti alla caccia e alla pesca. che saccheggiarono il paese abbando- Dai boschi si ottenevano grandi quantità nandosi ad atti di violenza contro i civili di legname in parte trasformato in car- inermi. La popolazione fu poi costretta bone, trasportato poi a valle con le zat- allo sgombero con la forza, perché il tere lungo il Piave e usato come merce paese veniva a trovarsi in prima linea. Il di scambio in pianura. La scarsità di ter- tributo che la popolazione pagò alla reni pianeggianti era dovuta alla fre- guerra fu davvero alto, quasi 600 unità quenza delle piene e alla irregolarità del (circa il 26% della popolazione) e per corso del Piave. Con la caduta della Serenissima Napoleone separò Segusino da Quero, aggregandola al distretto di Valdobbiadene, al quale apparterrà sino Feste ai nostri giorni. L’antica autonomia amministrativa di Segusino venne sop- pressa per un breve periodo, tornando Nell’ultimo sabato e ultima dome- ad essere ripristinata con l’annessione nica di ottobre si tiene la Fiera del del Veneto al regno d’Italia nel 1866. Rosario, organizzata dal Consorzio Le avversità atmosferiche degli ultimi Allevatori, per la quale si preparavano anni dell’800, le epidemie, le inondazio- suca in ogni maniera e castagne roste. È ni e il flagello della pellagra costrinsero l’unica nella provincia ad avere un molte famiglie di Segusino a emigrare bestiame, oltre a proposte di specialità oltre oceano. Nel 1882 un folto gruppo locali come il miele, le castagne e i for- di persone si imbarcò per il Messico, maggi tra i quali eccelle il raro “S- dove il governo aveva promesso ampie cec”. concessioni di terre coltivabili. I Segusi- La Festa di Santa Lucia, il 13 dicem- nesi vennero assegnati allo stato di Pue- bre, è organizzata da più associazioni bla, dove fondarono la cittadina di Chi- che lavorano unitamente a favore della pilo e, nonostante le distanze, continua- Parrocchia a cui è devoluto l’introito. rono a mantenere costanti legami con La Festa di San Valentino è organiz-

C la madrepatria. zata dalla Pro Loco e dalla banda citta-

OMUNI Il censimento della popolazione del dina nella frazione di Stramare, dove la 1911 attesta il numero di abitanti a 3035 leggenda narra: »chiunque berrà l’ac- e, nonostante l’inarrestabile flusso qua della sorgente, nel giorno di San migratorio, la situazione dei residenti Valentino, avrà fortuna in amore». non è pessima grazie anche alle rimesse Il Raduno degli Alpini ha invece degli emigranti. Le principali attività luogo l’ultima settimana di luglio. economiche sono legate all’allevamento

236 SEGUSINO

Blasoni popolari

Segusin, magna s-cèc, Segusino mangia formaggino è un detto scherzoso che fa rife- rimento al buon formaggio di malga lavorato in loco, col latte proveniente da Milies. Gli abitanti di Segusino sono anche detti i para-mus de Segusin, vale a dire i “guida- asini”, come riferimento alle attività commerciali di trasporto effettuate da sempre con le bestie da soma.

entità e proporzione del fenomeno non La chiesa dei Santi Gervasio ha eguali in nessuno degli altri comuni e Protasio occupati della provincia di Treviso. Di fondazione assai antica, la chiesa è Alla fine delle ostilità, il paese è pres- posta su un colle ai confini con la frazio- soché distrutto e potrà essere ricostruito ne di San Vito di Valdobbiadene, nel- soltanto grazie alla proverbiale laboriosi- l’ambito dell’antica giurisdizione del tà degli abitanti e agli aiuti d’oltreocea- castello di Mirabello. Risulta documen- no. Lo sviluppo economico di attività tata dalle visite pastorali e vi officiava un alternative all’agricoltura e all’alleva- romito fino al XIX secolo. mento inizierà solo dopo la seconda guerra mondiale, grazie all’insediamento Oratori di San Barnaba di uno stabilimento per la produzione di e Santo Stefano occhiali, che farà da traino a tutte le atti- Risalgono entrambi al XV secolo, vità economiche che in breve sorgeran- anche se il secondo fu ricostruito nel no nel paese. 1949 a seguito dei danni riportati Attualmente l’industria prevalente è durante la prima guerra mondiale e del quella dell’occhialeria, ma sono presenti terremoto del 1943. anche attività legate alla produzione di abbigliamento e alla metalmeccanica. Chiesetta di San Giuseppe Annessa alla scuola materna di Segu- Valenze architettoniche sino, venne completamente ricostruita nel 1919. L’edificio originario risaliva La chiesa parrocchiale alla fine dell’800. Dedicata a santa Lucia vergine e martire, cappella filiale della chiesa di TRADIZIONI E LEGGENDE C

Santa Maria di Quero, è citata per la OMUNI prima volta il 18 luglio 1259 nel testa- El condanà delle Molvine mento di Guglielmo Guicciardini, fon- Secondo una leggenda popolare datore dell’ospedale di S. Prosdocimo di tutte le notti un condannato percorreva Valdobbiadene. Fu completamento rico- la località Molvina trascinando catene struita dopo le devastazioni della prima con forti lamenti per espiare le colpe. guerra mondiale.

237 QUARTIER DEL PIAVE

Gli Arvisa Padre Celestino Una delle due valli che scendono da e Padre Gregorio da Segusino Milies è detta Val de Arvisa dal sopranno- Insigni figure di Cappuccini segusi- me attribuito alla famiglia Coppe, detti nesi (XVII sec.): il primo illustre predi- appunto gli Arvisa. catore, morto nel 1702 in Neapoli di Secondo gli antichi racconti traman- Malvasia in Grecia; il secondo cappella- dati dalla tradizione orale, i tre fratelli no nell’armata veneta e presidente a Arvisa erano dotati di una forza fuori Castelnuovo di Cattaro, morto nel dell’ordinario, tanto che sarebbero stati 1727. capaci de arar la piazha de Valdobiadene.La famiglia degli Arvisa si è estinta, per emi- PERCORSI NATURALISTICI grazione in Messico, nel 1882. Strada Vecchia per “Milies”, sentie- PERSONAGGI ILLUSTRI ro n° 1001 Si parte dal parcheggio degli impian- Viviano (XIV secolo) ti sportivi comunali, dopo la palestra si Pittore del XIV secolo, nato a Segu- imbocca la stradina che accede all’argi- sino, che operò lungamente a Treviso, di ne del Piave. cui però, più volte citato in documenti Si prosegue verso nord, fino all’in- del tempo, non si conoscono le opere. crocio con la strada provinciale. Da qui

Segusino, veduta del paese C OMUNI

238 SEGUSINO un segnale indica la direzione da pren- dere: il sentiero prosegue e dopo un breve tratto di strada asfaltata si attraver- sa la borgata di Corner e si prosegue per via dei Mulini. La val de Mulin, con- serva ancor’oggi i resti di antichi mulini alimentati dall’acqua del torrente Riù che nasce in località Valon, sopra l’abita- to di Stramare. Nel 1649 erano attivi quattro mulini da cereali, provvisti ciascuno di due Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio ruote; la diminuzione della portata del torrente comportò nel Settecento la riduzione delle ruote da otto a cinque. Nei pressi di una falegnameria si Alla fine dello stesso secolo fu messa in imbocca la vecchia strada dei muss che funzione anche una sega da legname percorre il solco del torrente Riù, tra le che soddisfaceva l’esigenza di tutte le borgate Riva Grassa e Riva Secca. Si contrade. Attualmente sono visibili attraversa un piccolo ponte e si risale ancora le costruzioni e le canalette del- una scalinata in pietra scavata su rocce l’acqua. e, raggiunto l’abitato di Riva Grassa, si giunge fino al capitello di Santa Lucia. Da questo punto si segue l’indicazione per via Cal del Pont. Si incontra nuo- vamente il torrente e si prosegue per circa 500 m la strada che lo costeggia. Prima di una salita si esce dalla strada e si oltrepassa il ruscello inoltrandosi nel bosco di fondovalle. Il sentiero si con- fonde con l’alveo del torrente per circa 200 m e al diradarsi della vegetazione sono visibili le case della località di Stramare. È interessante osservare il particolare colore giallognolo delle vecchie case di questa frazione: la tonalità, infatti, deri- va dall’utilizzo dei materiali della cava

di ghiaia e di sabbia della località Stao- C

lét. Dalla frazione, nelle vicinanze di OMUNI una fontana, si nota la mulattiera che sale lungo il lato destro del torrente. Raggiunto un bivio, in prossimità di un capitello in pietra, si prosegue a destra. La mulattiera si inerpica e a quota 600 si esce sulla destra verso una strada car-

239 QUARTIER DEL PIAVE

Località Milies

rozzabile. Percorso 1 km sulla strada San Rocco, da dove inizia la salita per provinciale si giunge a Milies, a quota San Gervasio. Si prosegue lungo la stra- circa 800 m, dove termina l’itinerario. dina per circa 1 km e nelle vicinanze di un casolare, si incontra un sentiero che Val de Terra - San Rocco, sentiero porta nel bosco. n° 1006 Al bivio successivo si continua a Si parte dalla palestra comunale e si sinistra, e oltrepassato il bosco, si giun- raggiunge l’argine del Piave, in prossi- ge a San Gervasio, a quota 354, antico mità di una croce metallica si scende eremo e luogo ancora suggestivo. A utilizzando una scaletta di cemento. pochi passi dalla chiesetta si può ammi- Dopo aver attraversato un ponte di rare un ampio panorama sulla valle del legno, si raggiunge il sentiero che corre Piave e la pianura trevigiana. lungo un lembo di terreno parallelo La discesa può essere effettuata lungo all’argine. la strada che porta a Segusino: la si rag- Si prosegue per circa 700 m, alla giunge per una comoda stradina che si

C fine della vegetazione si percorrono per dirige verso i ripetitori televisivi.

OMUNI 300 m le Grave del Piave fino ad Un’altra via di discesa percorre Val incontrare sulla sinistra una carrareccia. de la Terra attraverso una mulattiera che La si imbocca inoltrandosi fra campi parte dalla chiesetta. coltivati e vigneti, dopo un centinaio di Dopo 100 m si incontrano dei rusti- metri si incontra un sottopasso e si rag- ci abbandonati e si scende per la valle giunge la strada asfaltata. Dirigendosi arrivando al confine tra Segusino e Val- verso il paese si incontra il capitello di dobbiadene.

240 C OMUNI ” del ” ” con il i regole Sernaglia “ “ Seren “ Toponomastica da cui dipendevano anche le da cui dipendevano curia L’origine del nome è incertae fan- L’origine quale, epoca medioevale, in sarebbero di Sernagliastati designati gli abitanti in consorzio per che si erano costituiti locale lo sfrutta- dal signore ottenere mento del fondo e l’uso delle parti comuni. Frutto fantasia della popolare del nome è la derivazione “Serra canaglia”,da collegata all’esi- stenza di un castello feudale in cui stati rinchiusi i malfattori.sarebbero tasiosa appare la derivazione dal nome la derivazione tasiosa appare personale romanzo toriale e franco. longobardo Apparten- di Belluno e Ceneda,ne ai vescovi che la famiglia Della Rove- vi infeudarono re, o anche Rovere. detti Rovèr Essi vi un castello,costruirono in località Castelich, della il centro e ne fecero loro ville di Falzè, Fontigo, e Moriago. Nel corso la zona passò del XIII secolo Treviso, di sotto il dominio del comune potente famiglia dalla retto dei Da Camino, e fu inserita tra le quartiere di Oltrecagnan. Il castello di Sernaglia fu distrutto 1234 ad opera nel Alberto ed Ezzelino delle soldatesche di 241 AT TAG L IA ovvero B Opitergium- pagus, , vicus indica la presenza di indica la presenza ” che correva parallelamente al che correva

Castelich “

Nel corso del medioevo Sernaglia, Nel corso del medioevo Alcuni ritrovamenti in zona Caste- Alcuni ritrovamenti Situato al centro dell’omonima Situato al centro ERNAGLIA DELLA

La storia

S comune rurale terri-comune nell’ordinamento si presenta come come si presenta mento del 762 col nome di “Sernaja”, mento del 762 col nome di citata per la prima in un docu- volta glia,Villanova e Patean. glia,Villanova zona compresa tra gli abitati di Serna-zona compresa inoltre, una centuriazione nella romana studioso locale LuigiGhizzo ipotizza, epoca romana, embrici e mattoni. Lo comunale sono state rinvenute tombe di sono state rinvenute comunale verso Moriago e Vidor. Moriagoverso e Nel territorio Tridentum fino a Falzè,Piave poi proseguendo no al passaggio della strada nianze di epoca romana che si ricollega- che si nianze di epoca romana Soligo. Più consistenti sono le testimo- mo nel territorio di Farra del comune di tati umani in età preistoriche. Il toponi- accampamenti fortificati, diffusi anche nell’ottobre del 1918. nell’ottobre di abi- la presenza nale fanno presumere truppe italiane contro gli austroungaricitruppe italiane contro partilich e in altre territorio del comu- Battaglia di Sernaglia dalle condotta attuale nel 1924, in ricordo dell’epica Fontigo e Villanova. il nome Assunse e Fontigo prende le frazioni di Falzè di Piave, le frazioni di Falzè prende un’altitudine di 117 m s.l.m.un’altitudine di 117 e com- piana, a di Sernaglia il comune si trova QUARTIER DEL PIAVE

Blasoni popolari

Gli abitanti di un paese vengono spesso assimilati, in senso dispregiativo o elogiati- vo, agli animali; gli abitanti di Sernaglia sono detti i òc da Sarnaia, ovvero le oche di Sernaglia, ma anche i patater da Sarnaia per la produzione di patate, oppure si dice ancora Sarnaia… sente canaia! Gli abitanti di Fontigo sono detti i piot da Fontigo, i tacchini da Fontigo e quelli di Falzè Faldèr… zatèr, perché Falzè era il porto delle zattere che scendevano lungo il Piave.

da Romano, dopo la sua demolizione le frazioni nel 1812 e a quella data con- né il comune di Treviso, né i Collalto tava 1680 abitanti. ravvisarono l’opportunità di ricostruir- Negli anni che seguirono l’unità lo. Dal Quaderno del dazio del pane e del d’Italia anche Sernaglia fu interessata al vino del 1283 si apprende che Serna- fenomeno migratorio, che assunse pro- glia, pur essendo sede di un’antichissi- porzioni considerevoli e continuò fino ma pieve, viene tassata in misura mini- agli anni Sessanta. Lo sviluppo della ma rispetto ad altre “regole” vicine, a piccola industria e di numerose attività testimonianza di una ridotta consisten- artigianali si è da allora affiancato alla za demica oltre che di uno scarso produzione agricola, che da sempre ha benessere economico. caratterizzato questo paese. Nel secolo successivo, l’imperatore Enrico VII con un diploma sancisce i L’industria della valigia diritti della famiglia Collalto su molti Negli anni che seguirono l’unità villaggi tra i quali sono compresi Falzè d’Italia Sernaglia diede un notevole e, in seguito, anche Sernaglia. La situa- contributo all’emigrazione verso le due zione di questa pieve civile è alquanto Americhe, mentre nel nostro secolo fu singolare come scrive G.P. Cagnin: «i più accentuata l’emigrazione stagionale villaggi che la compongono infatti verso i paesi al di là delle Alpi, special- sono politicamente sottoposti alla giu- mente verso “le due Savoie” (Francia e risdizione del comune di Treviso, men- Svizzera). tre la regola capo di pieve è inserita Il fenomeno fu così esteso che negli definitivamente nei domini collaltini». anni Sessanta il 90% della popolazione

C Sernaglia rimase villa del feudo di maschile del comune risultava essere

OMUNI Collalto fino alla caduta della Serenissi- «assente per emigrazione». Fu da questa ma nel 1797 e nel quindicennio rivolu- realtà che, nel 1967, nacque a Sernaglia zionario di dominio napoleonico la Comunità Emigranti, la prima del venne accorpata alla municipalità di genere in Italia, un’associazione che Susegana, mentre Fontigo e Falzè aveva lo scopo di assistere e collegare dipendevano da quella di Valdobbiade- tra loro i lavoratori emigrati all’estero ne. Fu elevata a comune con entrambe attraverso un fondo di solidarietà, che

242 SERNAGLIA DELLA BAT TA G L IA faceva fronte alle necessità e alle emer- charta donationis, con il quale si andava a genze di chi lavorava lontano da casa, risolvere una controversia sorta sui beni ma anche dei loro familiari rimasti a offerti alla chiesa di Santa Maria di Ser- casa. L’iniziativa ebbe grande successo e naglia. Assunse notevole importanza a ben presto si estese a molti altri comu- partire dal IX-X secolo, quando la pieve ni. In quell’anno fu inaugurata sempre a civile perse importanza a favore del Sernaglia una fontana-monumento comune di Treviso, mentre la circoscri- all’emigrante di Eugenio Villanova. La zione ecclesiastica conservò una struttu- pietra su cui poggia la scultura custodi- ra amministrativa rispondente alle esi- sce un’urna nella quale è stata deposita- genze del territorio almeno fino all’età ta la terra inviata dagli emigranti di comunale. sedici nazioni e di tutti e cinque i con- L’edificio della vecchia parrocchiale tinenti. fu costruito nel 1520 e più volte Il fenomeno migratorio, chiamato ampliato e restaurato. Il campanile pare dagli abitanti con amara ironia “l’indu- sia stato realizzato su disegno di Andrea stria della valigia” per indicare l’unica Sansovino nel 1640. Entrambi subirono possibilità di riscatto loro concessa, gravissime devastazioni nel corso della cominciò a scemare solo verso gli anni prima guerra mondiale il campanile fu Sessanta per cessare definitivamente alla restaurato mentre la chiesa venne com- fine di quel decennio, quando anche in pletamente riedificata nel 1922 (vedi queste zone cominciarono a diffondersi initerario n. 2). la piccola industria e l’artigianato. La chiesa era molto ricca di arredi e quadri del Frigimelica e altri; pare addi- Valenze architettoniche rittura che la volta fosse affrescata dal Canaletto. Piazza San Rocco L’antico centro storico di Sernaglia si FALZÈ DI PIAVE trovava più a est rispetto a quello attua- le, presso la frazione di Villanova, ma Frazione del comune di Sernaglia con la costruzione della nuova parroc- della Battaglia, si trova nella zona a sud chiale nel XVI secolo, la chiesa di San Rocco, la popolazione cominciò a inse- diarsi attorno a essa, dando origine a un nuovo centro abitato sulla piazza del Toponomastica quale oggi si eleva il maestoso monu- mento, opera di Giovanni Possamai

(1922), eretto in onore degli caduti Secondo l’Olivieri il toponimo C

(vedi itinerario n. 2). potrebbe derivare dal latino filix, felce, OMUNI pianta anticamente molto diffusa nella La chiesa Parrocchiale zona. Meno probabile appare la deriva- di Santa Maria Assunta zione da falde, nel significato di scarpa- Come si è detto la pieve di Sernaglia ta o di falce dalla forma dell’ansa che il è antichissima ed è citata per la prima Piave compie proprio in quel luogo. volta in un documento del 762 detto

243 QUARTIER DEL PIAVE

est della piana del Quartier del Piave a Valenze architettoniche 113 m s.l.m. La “Calzattera” La storia Antico porto fluviale, Falzè rappre- Le ricerche hanno rivelato la pre- sentava il punto di arrivo per gli zattieri senza di una serie di stazioni neolitiche che scendevano lungo il corso del Piave ed eneolitiche sulla riva sinistra del trasportando sulle zate, le zattere, i Piave. L’età del Bronzo è ampiamente tronchi d’albero tagliati e semilavorati documentata da scarti di vasellame in in Cadore, ma anche altre merci e per- terracotta e da spade bronzee. Anche la sone. Giunte a Falzè, le zattere venivano presenza paleoveneta sembra riscontra- consegnate agli zattieri di Nervesa che bile in maniera significativa, soprattutto le accompagnavano fino a Ponte di in località Pedrè. Una lapide emersa nel Piave e poi a Venezia. Gli zattieri bellu- 1977 in località Chiesuola reca caratteri nesi facevano ritorno a casa a piedi, celto-retici, ma non è stata ancora ade- avviandosi verso Follina e il passo di guatamente studiata. San Boldo lungo la strada che da essi Tracce di centuriazione di epoca prese il nome: la “calzattera”. La strada romana sarebbero ravvisabili a nord del tra Falzè e Pieve di Soligo, in qualche paese verso la località Villanova. Duran- tratto è ancora percorribile. Falzè anti- te l’età feudale Falzè appar- camente era solo una grossa borgata tenne prima ai Della Rovere con fiere e mercati e quindi ai Caminesi molto frequentati. e in seguito ai Col- lalto. Tutti questi La chiesa elementi convin- parrocchiale cono che una La prima chiesa, dedi- linea di transito cata a san Martino vesco- molto autentica vo, anticamente cappel- doveva attraversa- la di Santa Maria di re il paese. Pieve di Soligo, era situata Caratterizzato da sul Pedrè, una radura una forte emi- vicina al fiume grazione fin Piave. La dagli ultimi chiesa risulta- decenni del Falzè di Piave, monumento agli arditi va scarsamen- secolo scorso, il te dotata di

C paese fu com- arredi e in

OMUNI pletamente distrutto durante la battaglia epoche precedenti mal amministrata e della Sernaglia dell’ottobre 1918. In custodita. L’edificio sacro venne ricordo dei caduti nel conflitto mon- costruito ex novo alla fine del 500 ed diale, nel 1921 fu innalzato nella piazza elevato a parrocchia nello stesso perio- principale il celebre monumento Tre do. Si ha notizia di arredi e di pregevoli arditi all’assalto, capolavoro bronzeo di opere d’arte, che venneo tutte trafugate Giovanni Possamai di Solighetto. dal nemico durante l’invasione del

244 SERNAGLIA DELLA BAT TA G L IA

Sernaglia della Battaglia, palzzo municiaple

1917. Anche la chiesa cinquecentesca risalirebbero a epoca romana sporadici andò completamente distrutta durante ritrovamenti di mattoni ed embrici le ultime fasi della Grande Guerra. poco distanti dalla località Fontane. Il Quella attuale fu ricostruita ex territorio a nord-ovest di Fontigo fu novo, in posizione più elevata verso il probabilmente centuriato in concomi- centro del paese, e fu aperta al culto nel tanza con quello di Moriago. 1925 (vedi intinerario n. 2). In epoca medievale, la ricchezza

Oratorio di Sant’Antonio Abate Chiamato dal popolo chiesa dei Bac- cheri,oBeccari, l’oratorio risale al 1300 Toponomastica (vedi itinerario n. 2).

FONTIGO L’origine del toponimo pare derivi C

dal latino Fons , sorgente, a causa delle OMUNI Frazione del comune di Falzè, Fon- numerose resorgive che caratterizzano tigo è situato lungo la riva sinistra del gran parte del territorio e in particola- Piave a un altitudine di 114 m s.l.m. re la località Fontane Bianche, zona contraddistinta da un ricco patrimonio La storia faunistico e floristico. Dal punto di vista archeologico,

245 QUARTIER DEL PIAVE

d’acqua della zona incrementò lo svi- radicata nelle popolazioni della zona e luppo di attività legate alla presenza di risalirebbe, secondo la tradizione, a magli, mulini e folli. epoca anteriore al secolo XII. Antica- Nel corso dell’800 la popolazione si mente esisteva a Fontigo, sull’argine del vide costretta a emigrare e il fenomeno Piave, un piccolo capitello dove un ebbe dimensioni considerevoli fino agli affresco rappresentava l’immagine della anni ’60. Madonna e ai suoi piedi, inginocchiata Durante la Grande Guerra il paese in atteggiamento di preghiera, Santa fu completamente distrutto e pesante Libera giovinetta. L’edicola veniva illu- fu il bilancio delle vittime anche fra i minata di notte per indicare agli zatteri civili. che scendevano coi loro carichi dalla Val Belluna il pericolo dei massi affio- Valenze architettoniche ranti in quella località. Nel 1894 l’edi- cola fu sostituita da una modesta cap- Il monumento ai caduti pellina in una località più prossima al Costruito intorno al 1925 sulle fon- paese. dazioni del vetusto oratorio di San All’interno ospita un dipinto di Rocco, fu eretto in ricordo di un’im- Santa Libera, opera del pittore Giovanni boscata che i soldati austriaci tesero a Zanzotto di Pieve di Soligo. Nel 1912 quelli italiani. Originariamente realiz- la popolazione di Fontigo, constatando zato in stile dorico, fu in seguito detur- che la cappella era troppo angusta per pato da interventi di dubbio gusto; l’in- contenere i numerosi devoti che vi terno è decorato da statue lignee dei accorrevano in varie occasioni, decise Santi Rocco e Benedetto, opere dello di costruire nel medesimo luogo un Stuffer, e da un dipinto dell’Addolorata, piccolo santuario più capace e decoro- rappresentata tra i disastri bellici, di so. autore ignoto. Il nuovo oratorio, costruito dalla popolazione locale su progetto del La chiesa di San Nicolò moriaghese Giovanni Varlonga, fu Non si hanno documenti sulla data benedetto solennemente nel 1913. di costruzione della chiesa primitiva; la prima attestazione parla di una «cappel- TRADIZIONI E LEGGENDE la esterna» della pieve di Sernaglia che venne eretta in parrocchia nel 1573. La Il feroce Ezzelino chiesa attuale risale al 1887 e del vec- La figura del ghibellino, podestà di chio edificio conserva solo il coro. Verona, che ebbe da Federico II il

C Quasi distrutta durante la prima guer- governo di Vicenza, Padova e Treviso

OMUNI ra mondiale, la chiesa fu ricostruita nel nella prima metà del XIII secolo e ne 1921, su disegno dell’architetto Alberto sposò la figlia naturale Selvaggia, ha Alpago Novello, e nuovamente consacra- ispirato cupe leggende a causa della sua ta dal vescovo E. Beccegato nel 1926. fama di condottiero crudele e feroce. Si narra che la madre, incinta di lui, avesse L’oratorio di Santa Libera sognato di partorire una fiamma che La devozione a Santa Libera è molto con la sua potenza aveva arso tutto il

246 SERNAGLIA DELLA BAT TA G L IA territorio circostante. La leggenda tramandava essere il prezioso manto vuole anche che fosse figlio del diavolo dell’imperatore Carlo V donato all’ab- e che alla sua morte il padre in persona bazia di Nervesa e messo in salvo nella fosse venuto a prenderlo preceduto da chiesa di Fontigo dai frati che volevano un fumo denso e acre. così sottrarlo alle razzie delle truppe Spesso la fantasia popolare trasforma napoleoniche. Nei primi anni del ’900 in leggenda fatti realmente accaduti ed il parroco cedette il prezioso paramento è probabile che la cattiva fama dell’Ez- a un’antiquario di Venezia che, imme- zelino sia dovuta alle lotte che egli diatamente compreso il grande valore, intraprese per la conquista di castelli lo rivendette per la considerevole che si rivelavano strategici per il con- somma di 16.000 lire al console di trollo del territorio e per il disegno di Germania a Venezia, appassionato cul- egemonia ghibellina, che egli persegui- tore di cose antiche. Il proprietario va con l’appoggio dell’imperatore inviò il prezioso reperto a un laborato- Federico II di Svevia in opposizione al rio di restauro romano, ma incappò nei papa e ai comuni guelfi. Nelle contese controlli del Ministero dell’Educazione furono presi e distrutti i castelli di Col- Nazionale che, venuto a conoscenza bertaldo, Montedeserto, Zumelle,Vidor della vicenda, ne ordinò l’immediato e i paesi di Sernaglia, Fontigo, Moriago, sequestro. Nosledo e Mosnigo, messi a ferro e Accertato che si trattava di un pivia- fuoco perché soggetti ai guelfi cami- le del XIV secolo, per il quale manca- nesi. vano però precisi dettagli storici e arti- stici, il prezioso manufatto venne affi- Il manto di Carlo V dato alla Sovrintendenza dell’Arte Presso la chiesa parrocchiale di Fon- Antica e Moderna di Venezia, senza che tigo era custodito un prezioso piviale in fosse più possibile per la parrocchia di velluto rosso, che la tradizione popolare Fontigo rientrarne in possesso.

Feste

La principale manifestazione consiste nella sfilata dei carri allegorici che si effet- tua ogni anno a carnevale, in concomitanza con i festeggiamenti del patrono san

Valentino. Negli anni Cinquanta la manifestazione aveva assunto una fisionomia C

particolare: era la festa del “grande addio” che gli emigranti della zona si scambiava- OMUNI no prima di partire nei giorni seguenti alla volta dei cantieri d’Oltralpe. Anche i carri allegorici riflettevano uno spirito intriso di tristezza e nostalgia. Oggi essi, pur mantenendo intatto il loro fascino e la loro originalità, riflettono aspetti particolari di vita paesana, ma spesso si ispirano anche a fatti e problematiche del mondo con- temporaneo.

247 QUARTIER DEL PIAVE

PERSONAGGI ILLUSTRI cia paterna in una «calda, umanissima, “appartata” osteria…frequentata da pit- Maria Domenica Sangallo tori, giornalisti e letterati veneti, che (1638-1709) intavolavano con lui prolungati discorsi Fu una delle figure femminili più culturali, tra cui Diego Valeri e Giovan- note nella zona e nacque a Sernaglia da ni Comisso che lo apprezzavano viva- una famiglia di origine svizzera. Otte- mente». Sindaco di Sernaglia nel dopo- nuto dal padre il permesso di dedicarsi guerra, si prodigò attivamente per la alla vita religiosa, con alcune compagne rinascita culturale e urbanistica del fondò a Conegliano un convento affi- paese. Fu poeta e scrittore; nel 1983 fu liato all’ordine domenicano. pubblicta postuma la sua raccolta di liriche Penultima fiaba. A lui è intitolata Marco Guseo (1878-1931) la Biblioteca Comunale di Sernaglia. Nacque a Musile di Piave, in provin- cia di Venezia. Morì a Falzè di Piave, Lino Teofilo Gobbato (? - 1993) dove visse a lungo con la famiglia. Per oltre quarant’anni ha insegnato Ebbe diversi incarichi diplomatici in alle scuole elementari e medie. Socio Cina, un paese della cui lingua, storia e fondatore della Comunità degli Emi- cultura era profondo conoscitore. Scris- granti di Sernaglia e dell’ Associazione se numerosi trattati su argomenti vari Trevigiani nel Mondo, organizzò vari riguardanti la Repubblica cinese, accolti corsi di formazione per adulti e il Centro con plauso e ammirazione. di Lettura e Informazione di Sernaglia. Collaborò per decenni a giornali e rivi- Giocondo Pillonetto (1910-1981) ste. Per il suo impegno nel sociale otten- Costretto ad abbandonare gli studi, ne nel 1960 il premio Notte di Natale classici, egli aveva trasformato la farma- dalla Fondazione Motta di Milano. C OMUNI

248 C OMUNI San Salvatore e comprendeva una fortifi- e comprendeva Si deve probabilmente al conte probabilmente Si deve Già nella prima metà del XIV seco- Il castello dell’acquisto era chiamato dell’acquisto era chiamato dotata di una cazione di tipo primitivo l’agiotopo- chiesa (da cui deriverebbe e posta su un nimo di San Salvatore) terrapieno da una palizzata circondato e un fossato attornoquale si era alla insediamento abi- raccolto un piccolo tato. VIII la costruzione del pri- Rambaldo di cui si castello di San Salvatore mitivo ha già notizia in un documento del 1303 e, nel 1312, con il diploma con- VII furono Enricocesso dall’imperatore giurisdizio- fissate anche le prerogative nali dei domini dei Collalto sui territo- ri pertinenza che rendevano di loro stato”“piccolo questo feudo un indi- pendente le lui leggi e consuetudini fissate da appositi statuti.furono Svin- altra autoritàcolate da ogni che non fosse quella imperiale fino alla seconda metà del XV secolo, le contee di Col- continuarono lalto e San Salvatore anche in seguito a caratterizzare l’im- pianto territoriale della zona fino alla Veneta. caduta della Repubblica di Colfosco lo il castello era una realtà consolidata lo il castello era una realtà di mura,munita torri e anche di un palazzo comitale, del stabile residenza uffici necessari e sede degli signore alle 249 edificare,

venne però fissata la clausola che venne

L’insediamento embrionale oggetto L’insediamento L’acquisto della collina di Colfosco L’acquisto Situato nel territorio di comunale Il comune di Susegana,Il comune con le fra- USEGANA

LCASTELLODISANSALVATORE La storia

I S

re entro detto castello. entro re e che esse avrebbero potuto soggiorna- e che esse avrebbero guado Nervesa/Colfosco) le sue truppeguado Nervesa/Colfosco) territori il (in particolare attraverso be potuto far transitare attraverso questi be potuto far attraverso transitare in caso di guerra avreb- detto comune il castellare con possibilità di “ con possibilità di il castellare rius” su questi territori ceduto anche venne laborare, munire, et defendere dictus castella- diritti vantava trevigiano che il comune lungo la pianura di Susegana. di lungo la pianura ai Oltre sedimenti e della loro giurisdizionesedimenti e della loro possibilità d’ampliamento dei loro pos- possibilità d’ampliamento dei loro rappresentò per i Conti di Treviso la Treviso per i Conti di rappresentò dal Comune di Treviso nel XIII secolo, Treviso di dal Comune orientale dell’omonima collina. spicca con la sua mole sul crinale famiglia dei Conti di Collalto. Susegana il castello di San Salvatore nianze d’epoca feudale legate all’antica nianze d’epoca feudale fascia collinare. le testimo- Notevoli la riva sinistra del fiume Piave e la del fiume Piave sinistra la riva del territorio del Quartier del Piave, fra Ponte dell Priula,Ponte confini si estende ai zioni di Collalto, Crevada, e Colfosco QUARTIER DEL PIAVE

Al nucleo centrale del palatium Toponomastica arroccato nella parte più alta del dosso collinare e chiuso da una pesante sara- cinesca si aggiunsero abitazioni, chiese L’origine del toponimo “Colle e conventi anche al di fuori del peri- Fusco” è longobarda e deriva dalle metro murario del borgo. La porta caratteristiche naturali del sito amman- d’ingresso al castello assunse le forme tato da un bosco talmente fitto da rinascimentali e sorse una torre con essere fusco, scuro. orologio. La chiesa di San Giovanni Battista, tutt’ora visibile entro le mura di San Salvatore, un convento francescano funzioni giuridico-amministrative con- soppresso dopo pochi decenni, il nesse all’esercizio delle potestà signorili monastero carmelitano di Santa Maria della famiglia. Avvocati, medici, gastal- della Consolazione, sorto poco fuori le di, preti, soldati e servitori costituivano mura nel corso del XVI secolo, con la corte del conte e animavano la vita annessa chiesa. Ai piedi della salita che del borgo abitato anche da contadini e porta al castello sorse un oratorio artigiani. devozionale a pianta greca dedicato al All’interno delle mura si trovava la culto mariano e dedicato alla Madonna chiesa di San Salvatore, chiamata Cap- Annunziata. pella Vecchia (per distinguerla dalla suc- cessiva cappella di San Gaetano) nella Gli statuti quale venivano sepolti i membri della La piena giurisdizione sui feudi loro famiglia comitale, elargizioni pecunia- concessi dall’impero significava per i rie e lasciti testamentari abbellirono e Collalto il possesso di prerogative resero questa chiesa un piccolo gioiello signorili molto ampie che prevedevano andato purtroppo perduto con i bom- l’esercizio della giustizia civile e penale, bardamenti del 1918. l’imposizione di tasse connesse all’uso Alla fine del XIV secolo il consoli- delle risorse del territorio o con il suo damento del dominio della Serenissima semplice attraversamento, la presenza di nella terra era ormai avvenuto e le fun- una clientela armata in grado di eserci- zioni militari e difensive dell’impianto tare funzioni difensive nei confronti dei comitale collaltino gradualmente vene- nemici eterni e coercitive nei confronti ro meno. I loro castelli si trasformarono dei residenti. L’insieme di norme e in dimore signorili racchiuse i borghi consuetudini che verranno a regolare le

C abitati e i lunghi periodi di pace con- attività umane e i rapporti tra autorità

OMUNI sentirono opere di rimaneggiamento e e sottoposti ad essa nei feudi collaltini abbellimento per le quali quest’illustre risale al XIV secolo e si deve probabil- famiglia si avvalse di artisti quali Toma- mente a Rambaldo VIII. Di questi so da Modena, il Pordenone, Paolo regolamenti sono purtroppo pervenuti Veronese, Francesco da Milano, Giam- ai nostri giorni solo gli Statuta Collalti bellini, Sassoferrato, Correggio, Caracci mentre per la contea di San Salvatore è e Gerolamo da Treviso. possibile solo presumere un’analoga

250 SUSEGANA stesura. Un rapido sguardo ai loro con- chiesto di custodire gli oggetti lasciati tenuti ci permette di cogliere interes- dai loro avventori nelle camere, di trat- santi aspetti della vita di questo feudo. tare bene i servi o famigli e di non Il conte, o i conti per entrambi i contraffare il vino che andava venduto castelli, erano depositari del potere giu- con le giuste misure. La produzione diziario e potevano delegare l’ammini- viti-vinicola era particolarmente con- strazione della giustizia civile un vicario trollata, la vinificazione doveva avvenire che il mercoledì e il sabato, all’ora di all’interno del feudo e l’uva non dove- vespro, sedeva su uno scranno per svol- va essere esportata. gere il ruolo di paciere. Gli statuti stabilivano inoltre norme La giustizia penale era amministrata di comportamento sociale (uso della dal conte o dai suoi familiari ed era dote, contratti di lavoro) e un tratta- prevista la pena di morte per reati quali mento particolarmente tollerante nei la violenza carnale, l’adulterio, l’incesto confronti degli ebrei residenti nei e la sodomia. L’incendio, il furto e il domini collaltini. danneggiamento di prodotti agricoli Per l’amministrazione del feudo il così come lo spostamento di siepi e conte si avvaleva di funzionari quali il cippi confinari venivano puniti con cancelliere che raccoglieva e dava esecu- pene corporali (fino all’amputazione di zione alle disposizioni stabilite, due una mano) e pecuniarie. Compito del messi comitali, un ragioniere per i luoghi pii vicario era inoltre quello di sovrinten- che si occupava delle questioni relative dere al controllo delle misure di capa- agli edifici religiosi e agli ospedali pre- cità e di peso e vigilare su servizi di senti nelle contee, un avvocato fiscale per interesse sociale quali la panificazione, la riscossione dei dazi. All’entrata del la macellazione e le attività svolte dai ponte del castello scattava il datium locali pubblici. Pesi e misure ogni tre mudae che gravava sugli animali da tiro anni andavano controllati con quelli (cavalli, asini, muli) e sui prodotti quali depositati presso l’ufficio del vicario e vino, olio, lana e panni. Questa tassa se non conformi ivi dovevano essere non era richiesta nei giorni di fiera e il rettificati. La vendita del sale era mono- 7 novembre, giorno del mercato di San polio del conte che incaricava un Prosdocimo. apposito funzionario il salarolus che In ogni villaggio veniva designato non doveva usare pesi contraffatti. I un capo villaggio detto mericus villae panettieri dovevano panificare cum fari- che sovrintendeva il rispetto delle na pura e il prodotto finito doveva esse- regole comuni, denunciava entro tre re bene coctus et levatus e venduto senza giorni dal fatto i reati penali e civili, arbitrarie maggiorazioni di prezzo. Gli controllava la buona tenuta delle strade C animali dovevano essere macellati il e il mantenimento dei confini delle OMUNI martedì e il sabato, giornate in cui i proprietà. Otto giorni prima della festa macellai dovevano mettere a disposi- di San Giorgio (23 aprile) controllava zione del pubblico carne a sufficienza, che siepi e arbusti lungo le strade fosse- anche’essi erano tenuti a mantenere il ro tagliati perché il vicario, passando in giusto prezzo e a vendere senza imbro- ispezione potesse trovare tutto in ordi- gli di peso. Agli osti e locandieri era ne.

251 QUARTIER DEL PIAVE

Il castello in un’incisione antica

COLLALTO La storia Il luogo ha dato il nome alla nobile Frazione del comune di Susegana, il famiglia di origine longobarda che paese è dominato dai ruderi dell’antico deteneva il titolo di conti di Treviso. castello che, utilizzato come osservato- Come funzionari imperiali, erano stati rio dagli invasori durante la Grande investiti prima del Mille di grandi Guerra, fu distrutto dall’artiglieria ita- feudi, dapprima sul lato sinistro dei liana. L’altitudine massima del colle è di fiume Piave e poi anche nell’alto trevi- 183 m s.l.m. giano, dove la famiglia si radicò a parti- re dal XII secolo. I Collalto continuaro- no tuttavia a condizionare la vita politi- ca cittadina, ricoprendo incarichi signi- ficativi e contribuendo all’ascesa o alla Toponomastica caduta dei reggitori della città, nel con- tempo procedeva il processo di consoli-

C damento e ampliamento dei loro posse-

OMUNI L’origine del toponimo deriva dai dimenti nel Quartier del Piave. termini latini collis altus ad indica- Dopo l’estinzione della famiglia Da zione della posizione elevata del Colfosco, acquistarono dal Comune di colle sulla sommità del quale, nel Treviso la collina di Colfosco e relativo 1110 venne eretto l’antico manie- castellare di San Salvatore, estendendosi ro. così verso la pianura di Susegana. Nei primi anni del ’300 la famiglia ottenne

252 SUSEGANA

Come si presentano oggi i resi del castello di Collalto dall’impero ampie prerogative ammini- città subirono un ridimensionamento e strative e giuridiche sui feudi di loro all’antico titolo comitale cittadino pertinenza, dove potevano esercitare un venne gradualmente a sostituirsi quello merum et mixtum imperium cioè una di conti di Collalto. Iniziò in quel sovranità assoluta e sciolta da vincoli periodo una contesa tra questa famiglia esterni tranne ovviamente quella impe- e la Serenissima che intendeva limitarne riale. Da questi diplomi si apprende i privilegi attraverso lo svuotamento dei che il castello di Collalto aveva potestà poteri feudali e l’incameramento dei amministrativa sulle ville di Falzè, Ser- benefici ecclesiastici. La controversia si naglia, Barbisano e Refrontolo, mentre concluse nei primi anni del XVII seco- a quello di San Salvatore competevano lo, con il riconoscimento da parte della Susegana, Colfosco e Santa Lucia. Oltre Serenissima dei diritti feudali della a questi due fortilizi la famiglia posse- famiglia in cambio della limitazione dei deva nel trevigiano quelli di Rai, Cre- poteri giurisdizionali che essi esercita- dazzo, Col San Martino, Musestre, Ner- vano all’interno dei loro territori. vesa e Selva. La famiglia ebbe fortuna a livello C

Nello stesso periodo la famiglia europeo grazie a quel Rambaldo XIII OMUNI ottenne dalla Serenissima l’iscrizione che, arruolatosi come soldato semplice nell’albo del patriziato veneto per in Austria, dopo una brillante carriera meriti militari nella guerra contro miliare ottenne per i suoi meriti un Genova. Con la penetrazione veneziana feudo in Moravia, dando così origine a in terraferma le ambizioni politiche dei un nuovo ramo della famiglia. Il legame “conti di Treviso” all’interno di quella con la casata italiana non venne mai

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meno garantendo ai Collalto la parteci- pazione alla vita culturale centro-euro- Lo stemma pea, i legami con le corti europee e in parallelo con Venezia contribuirono ad arricchire il patrimonio artistico e archi- Lo stemma della famiglia è suddi- tettonico dei due castelli, che divennero viso in quattro parti e composto il centro di una corte raffinata animata dai colori nero e argento. “L’in- da intellettuali, poeti e letterati. quartato a nero e argento dello Il feudo rimase in vita fino alla scudo, era la divisa della comunità caduta della Serenissima, le antiche pre- di Trevigi” come riporta il Bonifa- rogative vennero definitivamente aboli- cio nella istoria di quella città ed te nel corso della seconda dominazione esprime quindi il profondo legame francese tra 1806 e 1813. Gli ex feudi dei Collalto con Treviso. In araldi- di Collalto e San Salvatore furono ca i colori delle insegne hanno inglobati nel cantone di Conegliano simbologie precise che dovrebbero dando origine ai nuovi comuni di riassumere le caratteristiche di Susegana, con la frazione di Colfosco, e coloro che si fregiano del blasone di Sernaglia della Battaglia con la fra- così l’argento, metallo nobile come zione di Falzè, mentre Collalto e Barbi- l’oro è messo in relazione con la sano vennero accorpate a San Pietro di luna ed è simbolo di giustizia, spe- Feletto. Il nuovo assetto amministrativo ranza, saggezza, rettitudine e bel- andò così a sostituire il plurisecolare lezza mentre il nero rimanda al impianto comitale e venne ripreso quasi ferro, metallo associato al Dio della integralmente dal nuovo stato unitario guerra, ma anche al pianeta Satur- italiano con l’annessione veneta del no che evoca tristezza, prudenza, 1866. volontà indomita, negazione delle Il paese di Collalto verrà riunito alla vanità terrene e dello sfarzo. municipalità di Susegana soltanto nel 1889. Durante la prima guerra mondiale i castelli di Collalto e San Salvatore, uti- Il castello lizzati dagli austro-ungarici come osser- Costruito secondo la tradizione nel vatorio e come sede di un comando 1110 dal conte Ensedisio I, si presentava avanzato, subiranno pesanti cannoneg- in origine come un’autentica fortezza giamenti da parte delle artiglierie italia- cinta di mura e munita di ponti levatoi ne. I danni ingentissimi alle strutture con doppie imposte e saracinesche,

C murarie, al patrimonio artistico ed capace di resistere a lunghi assedi. Una

OMUNI archivistico della famiglia hanno cancel- pergamena del 1373 ci descrive il lato secoli di storia. Quel che resta oggi castello come dotato di “mura esterne, del castello di Collalto sono ruderi in porte, punti di bersaglio, postierle, mura gran parte ricoperti dalla vegetazione e del castellare, archi, varie torri (di San dalla vegetazione della collina emerge Giorgio, di San Martino…), un palazzo solo la tozza e suggestiva mole della nuovo, bastie vecchie e nuove, spiazzi torre. d’entrata, spianate, belfredi e bertesche”.

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Sempre da documenti d’archivio si invece resistette all’assedio.Tanta fu l’ira apprende che nel 1422 è uno dei pochi del condottiero che decise di rivolgersi castelli della Marca ad avere un “orolo- contro altri due castelli collaltini, quello gio” sopra la porta di ingresso. di Rai di San Polo di Piave e quello di La sua posizione strategica a control- Credazzo, che vennero presi e rasi al lo del varco di Colfosco e Nervesa, suolo. l’importanza della famiglia che lo reg- Un’immagine del possente e munito geva lo resero oggetto di pesanti assedi maniero di Collalto, così come si pre- nel corso dei secoli. Tra i più lunghi si sentava sul finire del ’500, è visibile ricorda quello del 1378 ad opera di un sullo sfondo di un famoso dipinto di drappello di Ungari ai quali si era unito Cima da Conegliano, la Madonna col il signore di Solighetto Gherardo da Bambino tra san Michele arcangelo e san- Camino. Più terribile fu la prova che la t’Andrea custodito presso la Galleria fortezza dovette subire nel 1412 ad Nazionale di Parma. Nel 1585 il castel- opera del condottiero Filippo degli lo subì gravi devastazioni ad opera del Scolari - detto Pippo Spano - che al conte Furio Camillo che, spinto da vec- soldo del re d’Ungheria guerreggiava chi rancori familiari, assalì il maniero nella Marca trevigiana contro Venezia e facendone scempio. i suoi alleati. Subito un attacco a sor- presa ad opera dei conti Orlando e Altre valenze architettoniche Schenella di Collalto egli pensò di ven- dicarsi espugnandone il castello che Parrocchiale di Susegana Bella chiesa di antiche origini, eretta nel XV secolo e rimaneggiata a più riprese, custodisce all’interno interes- Feste santi affreschi rinascimentali emersi in occasione del recente restauro e una pregevole pala di G. A. Pordenone, A Susegana convivono appunta- capolavoro eseguito in età giovanile menti festivi antichi come le sage (1515 ca.), raffigurante la Madonna col patronali, quali ad esempio la festa Bambino e quattro Santi. di Sant’Antonio nel capoluogo, la festa di Sant’Anna a Collalto o PERSONAGGI ILLUSTRI quella di San Carlo Borromeo a Ponte della Priula, con manifesta- Rambaldo VIII zioni di nascita recente, come o Personaggio politico del mondo tre-

Giochi della Gioventù, la Mostra dei vigiano molto influente nella prima C

vini DOC, la festa del Capitello a metà del ‘300, diede nuovo assetto ai OMUNI Colfosco nel mese di maggio. I due feudi della famiglia grazie al diploma incontri più attesi sono la Festa imperiale del 1312. degli Aquilini sul greto del fiume Fu amico del papa trevigiano Nicco- Piave in maggio e il falò Panevin lò Boccassino (Benedetto XI) da cui effettuato in tutte le frazioni. ottenne il governatorato di Ancona, del re di Napoli Roberto d’Angiò ed ebbe

255 QUARTIER DEL PIAVE

dall’imperatore Federico d’Austria il gloria… di tutte le maleditioni et li più titolo di “consigliere imperiale”. Grazie cattivi auguri che dare può lingua ai meriti militari del fratello Schenella umana, lo investirono le voci degli ottenne per la famiglia l’iscrizione alla scampati alle stragi”. Grazie ai suoi nobiltà veneta tramandata poi a tutta la meriti militari ottenne il feudo di Pir- discendenza. nitz, l’odierna Brtinice (nei pressi di Ottenne per i figli la potestaria di Brno nell’attuale Repubblica Ceca) Belluno e la nomina a vescovo della fondando il ramo “moravo” della fami- stessa città, tentando l’ampliamento dei glia. Morì, forse di peste, nel 1630 all’e- feudi oltre le Prealpi Trevigiane ma il tà di 51 anni, dopo aver servito per suo disegno fallì a causa del potere quasi trentadue anni gli Asburgo. caminese sul quale tuttavia la famiglia riuscì ad imporsi grazie anche agli Collaltino di Collalto appoggi imperiali. A lui si devono con e Gaspara Stampa tutta probabilità gli Statuti che regola- Nato il 22 maggio del 1523, visse fin rono per secoli le contee collaltine. da piccolo nella vivace atmosfera cultu- L’avvento degli Scaligeri nella Marca rale che il padre Manfredo seppe creare Trevigiana vanificò il disegno espansio- nella corte del castello di San Salvatore nista di Rambaldo VIII che, deluso ed e partecipò con il fratello Vinciguerra amareggiato per l’uccisione in una con- alla vita culturale veneziana. Di bell’a- giura del figlio Manfredo, vescovo di spetto e di solida formazione culturale, Belluno, si ritirò nel suo palazzo di San Collaltino conobbe nel 1548, durante le Salvatore fino alla morte. sue frequentazioni veneziane, la poetes- sa Gaspara Stampa (1523-1554) che Rambaldo XIII (1579-1630) innamoratasi perdutamente di lui, com- Quando nel 1595 la Serenissima pose in suo onore un appassionato can- tolse ai Collalto la sovranità sul bosco zoniere di gusto petrarchesco. del Montello per impadronirsi di quella Questo amore tempestoso e assoluto preziosa riserva di legname pregiato, segnò per sempre la vita della poetessa l’allora erede legittimo Rambaldo XIII, mentre per il “giovane, bello nobile e sedicesimo conte di Collalto, si indi- altero Collaltino, la dama rappresentò spettì talmente da lasciare il feudo e forse il capriccio di una stagione, una quindi il titolo per arruolarsi come sol- stimolante avventura amorosa e senti- dato semplice al servizio degli Asburgo. mentale che si protrasse con fasi alterne Dopo aver percorso con audacia tutte le per il corso di tre anni”. Destinato tappe di una brillante carriera militare, com’era per nascita a una nobile sua pari

C lo troviamo nel 1629 comandante dei egli nel 1551 l’abbandonò e “Gaspara ne

OMUNI Lanzichenecchi che assediarono e sac- soffrì fino alla disperazione, ma poi si cheggiarono Mantova. L’episodio è consolò con il patrizio veneziano Barto- ricordato nel capitolo XVIII dei Pro- lomeo Zen e questa volta fu amore di messi Sposi di A. Manzoni. Descritto stemperata sensualità”. I castelli di Col- dal Nunzio Apostolico presente in lalto e San Salvatore rappresentarono per Mantova come: “homo cupo e malin- la poetessa i luoghi del ricordo ove “più conico, che sempre rumina et avido di ch’altrove si ama e si desia”.

256 SUSEGANA

Nel 1554 Gaspara morì, si dice con- cassa dipinta, originale esempio di pit- sumata a causa di quell’amore mal cor- tura duecentesca veneziana è conservata risposto: per due anni infatti essa aveva presso il Museo Correr in Piazza San cercato di incontrare ancora Collaltino, Marco. chiedendo l’intervento del fratello Vin- Il culto della beata si diffuse nei ciguerra sperando in una riconciliazio- feudi collaltini, soltanto nel XVIII seco- ne che non avvenne. La Cassandra fece lo, grazie ad una concessione di Papa pubblicare la raccolta di poesie dal tito- Benedetto XIV che associava il culto lo Rime di Madonna Gaspara Stampa che della santa a quello di San Biagio. Suc- la poetessa aveva riordinato prima di cessivamente la devozione verso la beata morire e attraverso le quali non sarebbe Giuliana veniva esteso al patriarcato di stata dimenticata. Venezia e alle diocesi di Ceneda e Tre- viso. La beata Giuliana da Collalto Nata nel 1186 entro le mura dell’o- La leggenda di Bianca monimo castello da Rambaldo VI e da Nel corso dell’800 il castello venne Giovanna di Sant’Angelo di Mantova, a riscoperto da poeti e letterati che tra le dieci anni Giuliana fu condotta nel sue mura ambientarono la triste leggen- monastero delle Benedettine di Solarola da di Bianca, sventurata ancella fatta nei Colli Euganei dove fu educata e più murare viva dalla gelosa castellana Aica tardi emise i voti e restò monaca. da Camino. All’età di trentaquattro anni seguì la La leggenda, ambientata nel XII consorella Beatrice I d’Este che si era secolo, narra che dopo il matrimonio di staccata dal convento con dieci conso- Tolberto di Collalto con la fredda e relle per fondare una nuova comunità scostante Aica da Camino, la vita al di benedettine nell’isola della Giudecca castello della giovane, legata da affettuo- a Venezia. Si narra che fosse una visione sa devozione al suo signore, fosse diven- celestiale ad ispirare Giuliana alla fonda- tata impossibile. La dama non perdeva zione del nuovo monastero veneziano occasione per angariarla e il pretesto di cui fu badessa fino alla morte avve- per eliminarla venne il giorno in cui, nuta il 1° settembre 1262. Nella città partendo per un lungo viaggio, il conte, lagunare il suo culto si diffuse immedia- entrato a salutare la moglie intenta a tamente dopo la sua morte, il suo inter- farsi pettinare da Bianca, non potendo vento miracoloso scaturì alcuni miracoli esprimersi con i gesti, rivolse alla giova- e alla beata fu attribuito il titolo di pro- ne uno sguardo di saluto attraverso lo tettrice dei sofferenti di “mal di capo”. specchio. Incrociati gli sguardi dei due e

Il suo corpo fu traslato dal cimitero in inteso il profondo affetto che li legava, C un sarcofago di legno dipinto esterna- Aica attese la partenza del conte e poi OMUNI mente di verde con pochi fregi e che fece murare viva dentro una torre Bian- riporta all’interno l’immagine della ca. La giovane perì di stenti e la tradi- monaca genuflessa tra i Santi Biagio e zione vuole che il suo fantasma si aggiri Cataldo. Il corpo della santa venne poi nella zona e compaia soprattutto ai trasportato presso la chiesa di Sant’Eu- membri della famiglia Collalto nell’im- femia dove tuttora si trova mentre la minenza di grandi gioie e sciagure

257

C OMUNI , o anche , per la pre- larix Tartius (derivato da Corbus) (derivato Toponomastica . personale, Di derivazione dal trasformatosi intorno al Mille Corbanus “Nogarolo” latino dal tardo deriva “Resera” da deriva L’origine del toponimo prediale è del toponimo prediale L’origine Tarces sarebbe anche il toponimo Corbanese, sarebbe in si evolve che in epoca medioevale “Corbanexo” o “Corbanesio”,Arfanta dal nome per- come quella di così sonale Hyerophantes. “nogara” (nucaria), noce. Con il suffis- so “-eolus”, si ottiene “noceto”. piante di larice di valenza boschi. nei latino Tarcius, in latina dal personale 259

La parte principale del territorio Il territorio è situato ai comunale

ARZO

Tarzo Ambiente e paesaggio

T L’alternanza di rocce di facile di erosione di rocce L’alternanza dirupato ma anche verde e ubertoso. dirupato ma anche verde sparsi sulle colline. variabilità del paesaggio, e aspro talvolta giore, Nogarolo, Resera e i vari borghi dei rilieviticolare spiega la grande Arfanta e le località di Fratta, Colmag- e la struttura è collinosa comunale par- comunale le frazioni di Corbanese, comunale stagioni. Fanno parte del territorio meta di turismo e soggiorno in tutte le posizione e il clima salubre la rendono salubre posizione e il clima Veneto, est. verso da ovest La sua felice estende da Valdobbiadene a Vittorio a Valdobbiadene estende da una parte della fascia che si collinare piedi delle Prealpi bellunesi e occupa piedi delle Prealpi QUARTIER DEL PIAVE

con altre molto più dure ha prodotto la che e fu compreso nel ducato longobar- successione di lunghi dossi rettilinei do di Ceneda, a questa si fa risalire la detti “crode” paralleli l’uno all’altro: il dedicazione della chiesa di San Michele monte Croce (476 m), il monte Baldo sulla cima del Mondragon, di cui (598 m), il Mondragon (436 m) e il rimangono i resti delle fondamenta, e la monte Piai (542 m) con profonde chiesa di San Martino di Fratta. Al depressioni vallive. L’azione del ghiac- periodo longobardo risale un piccolo ciaio che scavalcava le colline attraverso pavone di bronzo su fibula, oggi custo- i valichi di Nogarolo,Tarzo e Reseretta, dito nel Museo di Castelvecchio di ha prodotto ulteriori modificazioni. Verona. Dopo la caduta del regno longobar- La storia do il territorio di Tarzo fu compreso nel La presenza dell’uomo fin dalla prei- comitato cenedese costituito dai franchi storia è documentata dai ritrovamenti e dal 962, a seguito di una donazione archeologici emersi nella zona dei laghi. dell’imperatore di Sassonia Ottone I, La presenza di diversi livelli archeologici entrò a far parte dei territori dato in e la varietà delle tipologie dei materiali feudo al vescovo di Ceneda. rinvenuti consentono di definire l’ambi- Successivamente il territorio passò al to culturale e cronologico del sito, com- vescovo di Belluno, Giovanni, e per preso tra il Neolitico e l’età del Bronzo. quasi due secoli fu oggetto di contese Nel 1923 a Colmaggiore è stata scoper- tra i trevigiani, bellunesi, feltrini e cene- ta una spada risalente al XV secolo a.C. desi fino al 1195, quando la zona venne e nel 1987 sono stati riportati alla luce i compresa nella giurisdizione di Cone- resti di un insediamento palafitticolo dal gliano e data in feudo a Buto e Marco quale sono emersi dei frammenti litici e di Corbanese con il relativo castello. materiali ceramici. Reperti preistorici in Tuttavia nel 1242 il Castrum novum cum selce sono stati rinvenuti anche nella sua Curia di Corbanese risulta apparte- zona di Corbanese. Nel II millennio nere ai due Da Camino di Sotto. Nel a.C. la zona venne occupata dai Veneti e 1285 Beatrice, moglie del fu Guecello- in seguito da tribù celtiche provenienti ne da Camino, acquistò a nome dei figli dal Friuli. Successivamente il territorio dal notaio Tiziano di Corbanese il venne colonizzato dai Romani ed entrò Castellario Corbanesii con tutta la giuri- a far parte del municipio di Opiter- sdizione del Castronovo. Il restante ter- gium. Dalla dedicazione della chiesa di ritorio di Tarzo, comprendente la villa et Tarzo alla Beata Vergine Maria, si dedu- regula plebanie de Tarzo integre, villa et ce che questa zona fu centro di diffusio- regula Arfante verrà acquistato sempre dai

C ne della religione cristiana per un Da Camino, che lo terranno fino al

OMUNI ampio territorio circostante, fin dai 1307. In quell’anno infatti avvenne la tempi più antichi. Probabilmente, in permuta dei territori di Tarzo con la epoca tardo romana Tarzo era sede di giurisdizione di Portobuffolè, che il un vicus e di una delle prime pievi della vescovo di Ceneda Francesco sottoscris- zona, comprendente le frazioni di Lago se con Tolberto da Camino. e Soller. Da questo momento, fino al 1769, Il territorio subì le invasioni barbari- proprietari dei territori di Tarzo saranno

260 TARZO i vescovi di Ceneda che si fregeranno diventata pieve con nome di Santa del titolo di conte di Tarzo e si faranno Maria di Tarzo. L’attuale edificio, dedica- rappresentare in loco da un visconte. to alla Purificazione di Maria, è frutto di Durante i cinque secoli di dominazione una radicale ristrutturazione settecente- vescovile l’amministrazione territoriale sca della precedente chiesa, costruita nel fu regolata dal 1399 dagli statuti di 1597. La facciata attuale imita quella Ceneda e in seguito da propri statuti della cattedrale di Vittorio Veneto. Il por- che ebbero più edizioni (1444, 1620 e tale in pietra risale al 1860 ed è opera 1775). Fu la Repubblica di Venezia a dei Gerardini di Lago. L’interno conser- decretare la fine della contea, dichiaran- va pregevoli opere pittoriche tra le quali do il vescovo decaduto dal beneficio merita menzione la pala di Cesare Vecel- feudale e procedendo all’incamerazione lio della Presentazione di Gesù al Tempio. dei beni ad esso relativi. Il viceconte Gli altari sono decorati con preziosi venne sostituito da un podestà, il terri- marmi policromi provenienti dalla chie- torio riorganizzato con l’abolizione sa del convento di San Francesco di delle regole e l’annessione per alcuni Conegliano demolita nel 1819. L’organo anni anche della frazione di Lago. a due tastiere della ditta Pugina di Pado- Caduta la Serenissima Tarzo entrò a far va è del 1911 ed è stato completamente parte del distretto di Ceneda, aggregato restaurato nel 1963. In sacrestia Madonna alla provincia di Treviso, costituita nel col Bambino tra San Benedetto e San Rocco 1815. Nel 1848 molti suoi cittadini par- e San Francesco tra San Carlo e Sant’Anto- teciparono ai moti contro la dominazio- nio abate del cenedese Silvestro Arnosti, ne austriaca, altri presero parte poi alle Madonna col Bambino, San Pietro, San imprese garibaldine. Dal 1866, con l’an- Francesco tra San Carlo e Sant’ Antonio nessione del Veneto all’Italia,Tarzo seguì Abate dipinta nel 1744 da Egidio Dal- il destino comune di molti paesi della l’Oglio per la chiesetta di San Pietro alla nostra provincia. Rive. Il campanile risale al 1540 e venne sopraelevato nel 1722. TARZO Villa Grimani-Mondini Centro del territorio e sede munici- Risale al Seicento. Interessanti i due pale, si trova a quota 267 m s.l.m. su una cipressi del giardino e la particolare conca che in epoche remote ospitava un posizione panoramica. lago glaciale. Lo sviluppo urbanistico degli ultimi decenni si è esteso dal Villa Tandura-Mondini nucleo originario verso le colline, Di epoca settecentesca ora è adibita a inglobando le località Rive, Introvigne e scuola materna parrocchiale. C

Corona. OMUNI Villa Lucis-Lucchese Valenze architettoniche Attuale sede del municipio, risale al Settecento ed era la casa del mansiona- La chiesa arcipretale di Tarzo rio.All’interno si trova un’urna in pietra La prima attestazione risale al 1202; utilizzata per le votazioni con gli stem- secondo il Verci già nel 1261 sarebbe mi dei vescovi Mocenigo,Valier e Bra-

261 QUARTIER DEL PIAVE gadin (secolo XVII) e vari quadri di FRATTA E COLMAGGIORE autori contemporanei, quali Primo Moretti e Angelo Costalonga. I due abitati sono sorti sui pendii morenici del versante sud della vallata. Casa Mondini-Mazzucco Fratta, si affaccia sul lago di Lago (o Risale al XV secolo e si caratterizza di San Giorgio) a 25 m s.l.m. e conta per l’elegante bifora della facciata. circa 250 abitanti. Le sue case “a cortili chiusi”, con i poggioli di legno detti Villa Ceschelli pioi, sono a volte decorate da affreschi È un curioso edificio progettato dal- popolari. Particolarmente interessanti l’architetto Rupolo di Caneva agli inizi sono quelli della Madonna con Bambino e del secolo. Sant’Antonio da Padova su una casa nei pressi della secentesca villa Rossi. Località Rive Un tempo l’economia di questa bor- In questa frazione, anticamente chia- gata era legata alle attività agricole e di ma “Rouredo”, si trova la chiesetta di pesca, ma anche alla produzione delle San Pietro, più volte restaurata nel corso grisiole (i graticci ottenuti intrecciando dei secoli. La prima attestazione del le canne lacustri) che venivano utilizza- sacro edificio si ha, indirettamente nel te in agricoltura, per la costruzione dei 1337, attraverso il toponimo del “Castel soffitti nella case e come lettiere per Sanct Piero” e questo fa presumere che l’allevamento dei bachi da seta. in origine si trattasse di una cappella La chiesa di San Martino di Tours castrense. La data 1492 esistente nella risale al XIII secolo e venne ampliata facciata, potrebbe far presumere una nel 1700. Al suo interno l’altare ligneo prima ristrutturazione visto l’esistenza con paliotto, una secentesca pala di San del manufatto ancora nel 1337. Martino. Nell’estate del 1993 furono scoperti Località Colladrà gli affreschi quattrocenteschi dell’abside Vi si trova la settecentesca chiesetta gotica che raffigurano diciotto santi di dell’Annunciazione con lo stemma del difficile lettura perché gran parte delle vescovo Francesco Trevisan (1719-1725). figure venne decapitata dall’ampliamen- to settecentesco; resta leggibile solo quella di un Cristo benedicente fra San Villa Mondini-Mazzucco Pietro e San Giovanni. Dalla frazione è possibile accedere alle sponde del lago e a un parco privato attrezzato con pisci- na e giochi. Con una breve passeggiata si giunge a Colmaggiore, sul lago di Santa Maria. Gli abitanti di Colmaggiore esercitarono per secoli l’at- TARZO

Villa Lucis-Lucchese (municipio)

Villa Grimani-Mondini Villa Ceschelli

Fratta, casa con poggioli in legno Colmaggiore, casa con capitelli votivi tività di produzione di laterizi, sia in gio palafitticolo e poi alla frazione di piccole fornaci locali, dette fornasot, sia Colmaggiore di Sopra, 245 m s.l.m. C in quelle più grandi di Revine. Oggi le Le case si caratterizzano anche qui OMUNI due frazioni contano complessivamente per la particolare architettura: portale 260 abitanti con archivolto in pietra e ancona latera- La parte più bassa del paese, Col- le, cortile interno delimitato da un alto maggiore di Sotto si trova a 237 m muro di cinta, ballatoi di legno sul ver- s.l.m. e da qui, per una breve stradina si sante più soleggiato. Sulla strada princi- accede alla zona archeologica del villag- pale una vecchia casa ha come ingresso

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un caratteristico arco con capitelli voti- foresta il primato di foresta più vecchia vi e affreschi che sono attribuiti ad del mondo. In Europa, infatti, esiste sol- Antonio Dal Gobbo detto “Tacco”, tanto un analogo ritrovamento datato pittore locale che lavorò nella zona però al 12.500 a.C. e in America una intorno al 1600. foresta simile alla nostra risale a 12.000 anni fa. Valenze naturalistiche e paesaggistiche NOGAROLO

La foresta più vecchia del mondo Risalendo dai laghi verso le colline Dalla frazione di Colmaggiore si settentrionali di Tarzo, fra fitti boschi di arriva alle dismesse fornaci Tomasi dove, castagni, si giunge all’isolata frazione di in seguito a scavi archeologici, sono Nogarolo, costituita da vecchie case con venuti alla luce un centinaio di tronchi portici e numerose fontane. Un tempo fossili di larice che hanno un’età varia- era popolosa, grazie alle fiorenti attività bile tra i 14.300-14.700 anni. Si tratta artigianali legate al lavoro degli scalpel- di alberi appartenenti alla specie Larix lini e dei tagliapietre, che lavoravano la decidua (larice) che hanno vegetato in pietra proveniente dalla vicina cava, ma un clima più freddo dell’attuale. Il gia- che prestavano la loro opera anche cimento ha fornito importanti dati sulla fuori zona. Oggi osterie tipiche e un’a- paleobotanica e sulla paleoclimatologia zienda agrituristica situata in una casa della vallata. La ricostruzione paleogra- padronale del XVIII secolo offrono al fica ha permesso di stabilire che dal visitatore specialità caratteristiche della 31.000 al 17.000 a.C., in questa parte zona. della vallata esisteva un grande lago La piazzetta è attorniata da vecchie lambito dalla lingua del ghiacciaio che, case, ed è caratterizzata dalla fontana e provenendo da nord, si fermava all’al- dalla scalinata che sale alla chiesa par- tezza di Revine. Intorno al 15.000 a.C. rocchiale dedicata a San Giuseppe, del il ghiacciaio si è ritirato, lasciando spa- XIX secolo. Sull’altare maggiore si può zio a una stentata vegetazione erbacea ammirare un’interessante Adorazione dei di tundra, mentre sulle sponde del lago Pastori, opera secentesca proveniente, cresceva una foresta di larici i cui tron- come una delle campane attualmente in chi sono stati eccezionalmente conser- uso, dalla villa rinascimentale di Bello- vati. Il loro diametro varia da 25 a 70 stare che un tempo sorgeva nelle vici- cm, sono lunghi fino a 4 m e mancano nanze di Nogarolo. di rami. Sono provvisti di radici e in

C parte più o meno fossilizzati, alcuni CORBANESE

OMUNI esemplari sono esposti presso il munici- pio di Revine Lago. Coi suoi 1379 abitanti è la frazione L’importanza del sito ha richiamato più popolata del comune di Tarzo e un anche recentemente ricercatori univer- importante insediamento produttivo sitari tedeschi e svizzeri che hanno per la lavorazione del giunco e la pro- confermato la datazione dei tronchi a duzione di vini a denominazione d’ori- 15.000 anni a.C. mantenendo a questa gine controllata. Corbanese vanta anche

264 TARZO

Blasoni popolari

I paesani di Tarzo hanno fama di essere sfaccendati, ma sanno ridere di se stessi perché quando qualcuno chiede ragione del loro soprannome rusamùr da Tàrz, essi mostrano le vecchie case senza intonaco, così ridotte per aver offerto troppo a lungo appoggio agli sfaticati abitanti. Sono detti però anche spiazaròi, appellativo che indica la propensione a passeggiare più che lavorare. Gli abitanti di Corbanese sono detti i mus da Corbanése che, se per esteso significa sciocchi, indica anche l’uso diffuso delle bestie da soma per i commerci e i traffici che questi paesani svolgevano. Gli abitanti di Colmaggiore, venivano detti stort, malriusciti e quelli di Fratta pesét perché vicini ai laghi di Revine, ma anche pot,o pacés, perché impantanati. Nogarolo veniva definito bus de i busieri, in altre parole cava dei bugiardi.

un curioso primato regionale: il mag- to nel XVIII secolo e la chiesa fu con- gior numero di addetti al commercio sacrata dal vescovo Lorenzo Da Ponte ambulante di frutta e verdura. L’attività nel 1758 e conserva all’interno varie cominciò a diffondersi già alla fine del opere di pittura e scultura. Pregevole secolo scorso e il commercio avveniva l’organo di G.B. De Lorenzi del 1859, soprattutto verso le zone del bellunese. modificato nel 1950. In sacrestia due L’altura posta sopra l’abitato del paese, statue lignee di san Rocco e sant’Anto- chiamata monte Castello non lascia nio Abate, opere dei fratelli Ghirlanduz- dubbi circa l’esistenza di una fortifica- zi da Ceneda del 1670. zione, confermata da scavi recenti che Interessanti sono alcuni edifici hanno portato alla luce i resti di un segnalati nel catalogo delle ville venete: recinto fortificato del probabile “castel- casa Pescador-Da Rios del XVI secolo, lo di Corbanese” di cui si ha menzione villa Pizzol-Pol del ’700. fin dal 929 come curtis de Orbanisio… in Verso sud, accanto al cimitero, si Marca Trevisana. trova la chiesa santuario della Madonna di Loreto. La prima attestazione della Valenze architettoniche chiesa di Santa Maria di Loreto è del 1551 e in essa è documentata dal 1603

La chiesa parrocchiale anche la residenza di eremiti. All’inter- C

Dedicata ai santi Gervasio e Protasio, no, una tela del XVI secolo del pittore OMUNI la prima attestazione risale al 1216; ele- bellunese Francesco Frigimelica, raffi- vata a parrocchia nel 1537, si ha notizia gurante Madonna col Bambino e nume- del “pievano di Corbanese” fin dal rosi ex-voto e dipinti devozionali, i più 1463. Dalla metà del XV secolo il antichi dei quali risalgono al ’600. beneficio comprende anche quello di In direzione Vittorio Veneto si Arfanta. L’edificio attuale venne edifica- incontra l’oratorio di San Giuseppe nel

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quale si trova una tela secentesca raffi- mente attribuita a san Rocco): citata gurante la Sacra Famiglia. Interessante è per la prima volta in un documento del la scritta sull’architrave d’ingresso: «Jesus 1324, era classificata nel 1550 come Joseph et Maria siant mecum in morte sive chiesa campestre. Al suo interno si tro- in via amen», antica invocazione dei vano interessanti affreschi del ’400 tra i viandanti che passando chiedevano pro- quali spicca una Madonna della Rosa. tezione. Sull’altar maggiore un trittico di Mattia In località Beorche, alla base del Grempsel. colle Castelìch, esisteva fino al XVII La località Reseretta, quasi nascosta secolo la chiesa di Santa Caterina la cui nel fondo valle, è punto d’incontro prima attestazione si ha nel 1423 e che delle vecchie strade che portavano a la tradizione vuole sia scomparsa a Tarzo,Arfanta e Prapian; il luogo è con- causa di una frana. trassegnato da una fontana e da un capitello dedicato alla Madonna della ARFANTA Salute. Curiosa è la suddivisione della bor- Questa frazione di Tarzo si trova in gata di Zuel nelle frazioni di Zuel di posizione elevata, a 365 m s.l.m. e Qua, appartenente a Tarzo, e Zuel di domina il felettano e la pianura circo- Là, così chiamata perché situata nel ter- stante. Il toponimo di origine latina ritorio comunale di Cison. deriva dal nome personale Hyerophantes. Di grande interesse storico è la chie- TRADIZIONI E LEGGENDE sa di San Bartolomeo, la cui prima atte- stazione risale al 1282. L’edificio attuale Al confine tra Corbanese e Tarzo si risale al XV secolo e conserva all’inter- trova il monte Mondragon. Secondo la no significative opere d’arte tra le quali tradizione su questa montagna apparve spicca una pala di Francesco da Milano un uomo misterioso che con la sua pre- Madonna col bambino fra san Bartolomeo, senza produceva effetti maligni sulle san Sebastiano, sant’Antonio abate e san persone. La popolazione, per esorcizzar- Michele Arcangelo con il committente, data- ne la forza negativa, costruì una chiesa ta 22 Agosto 1522. L’organo del 1802 è sulle Crode de San Micèl e fino a qualche un pregevole esemplare del Callido. decennio fa i resti delle mura perime- La chiesa di Arfanta dalla metà del trali della chiesa dedicata a san Michele ’500 fu unita a quella di San Gervasio e Arcangelo erano ancora visibili su que- Protasio di Corbanese. Il campanile sta montagna. Si trattava probabilmente venne eretto nel 1722. della cappella del “castro de Mondragono”,

C distrutto nel XIV secolo, anche se la

OMUNI RESERA prima notizia scritta della chiesa è del 1550. Il sito, particolarmente panora- Il piccolo borgo di Resera, situato a mico, rivestì importanza strategica 350 m s.l.m. è un’oasi di pace e tran- anche nel corso della prima guerra quillità con una notevole vista panora- mondiale, quando le truppe tedesche vi mica sulle Prealpi. Nella piazzetta si stabilirono una postazione di artiglieria. trova la chiesa di Sant’Andrea (popolar-

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Feste

A Febbraio, in occasione della Madonna della Candelora, patrona di Tarzo, sfilata di carri allegorici. Nel mese di maggio Mostra del Vino con degustazione e vendita dei vini DOC nell’ambito della Primavera del Prosecco. Nel mese di luglio, a Fratta, la Pro Loco di Tarzo organizza la Festa dell’Emigrante, ad agosto, a Rasera, Festa di San Rocco e ad Arfanta Festa di San Bartolomeo.A Settembre Festa Settembrina di Corba- nese e infine ad Ottobre, a Colmaggiore, Festa della Castagna.

PERSONAGGI ILLUSTRI del 1855, passò a Conegliano finché monsignor Vian non lo invitò ad entrare, Agostino Carbas (1809-1891) come docente, nel Seminario di Ceneda. Docente di lettere, stimato dal circolo di cultori che ruotava intorno all’Acca- Antonio Dal Gobbo demia dei filoglotti di Castelfranco dove Pittore presente nel cenedese con anch’egli gareggiava con singolari e pitture di gonfaloni del rosario: Tarzo, applauditi componimenti poetici. Tra Osigo, San Martino di Colle, Santa questi due di rilevante importanza: Bontà Maria di Lago, Scuola dei Battuti di di Dio nella direzione delle umane passioni e Fregona, Madonna dei Santi Domeni- Il progresso nell’educazione. Dopo il colera co, Caterina, Benedetto e Sebastiano.

Resera C OMUNI

267 QUARTIER DEL PIAVE

Gianbattista Carlo Mondini si prende a sinistra e ci si inerpica in un (1638-1723) bosco per arrivare fino ad una casa Da Ceneda, illustre medico fisico, colonica ristrutturata a quota 262. Si accademico dei Vigilanti e fondatore risale la Costa di Là e si arriva a un degli Ardenti di Serravalle. È autore del incrocio in prossimità del capitello di copioso volume: Historia delle città di San Gaetano. Proseguendo lungo la Ceneda e del cenedese dal principio dell’era strada asfaltata, incassata tra le rocce si volgare al 1710. giunge a un incrocio che è il punto di arrivo dell’itinerario. Giovanni Tomasi (1890-1946) Alpino del 7° Reggimento, pluride- Variante 1050b corato con due medaglie di bronzo. Da case Merlin a quota 386, in loca- lità Mondragon, si prosegue verso nord- PERCORSI NATURALISTICI est verso Vallandrui e si percorre il suo spartiacque settentrionale. “Perdonanze, Mondragon, Molinetto della Croda, Vallandrui” “Nogarolo, Zuel di Qua -Tarzo, Col Sentiero 1050/1050a/1050b di Stella”, Sentiero 1051/1051a Il percorso inizia in località Perdo- Dalle case a quota 443 ci si dirige verso nanze e lascia sulla sinistra il monte Nogarolo e quindi verso il centro di Stella, arrivando sotto il monte Castello. Tarzo. Il percorso corre in cresta ed è Si continua fino al borgo Molini da molto panoramico. Giunti a Tarzo si dove si prosegue fino al ponte Maset, prende vicolo Diaz, verso la chiesetta di costeggiando il torrente Cervano sul San Pietro e tra coltivazioni e vigneti si lato sinistro. prosegue verso il versante meridionale Si attraversano i borghi di Santa della Val Spinosa fino alle Case Polsa. Si Teresa e Sant’Antonio di Corbanese. Al scende sul letto del rio Parè, arrivando ponte si svolta a destra, verso la località alle omonime case Parè e si prosegue Madonna di Loreto, risalendo la sponda fino al borgo di Arfanta. Si prosegue per sinistra del rio Ricalz fino a quota 148, una carrareccia che segue in quota la dove riceve le acque del rio Pianezze. Si strada asfaltata per Rolle. Percorrendo il prosegue in dorsale verso le case Pizzol, versante del monte Croce si arriva al le case Merlin in località Mondragon. Si bivio per Zuel di Là, continuando verso arriva al rio Lierza, in prossimità della ovest si giunge, per la strada asfaltata, case Rossi e alla confluenza col Rio alla località Fontana Fredda. Percorren- Rosada. Da qui, per una breve deviazio- do il versante sinistro della Val de Mole,

C ne si arriva al suggestivo Molinetto si arriva al borgo di Zuel di Qua, a

OMUNI della Croda (1050a). quota 341, dove termina l’itinerario. Tornando alla confluenza col rio Rosada, si percorre per un breve tratto Variante 1051a la strada asfalta e poi si prosegue su una Da Tarzo si prende la strada verso le carrareccia, lungo il Lierza, su una piana case Casagrande e si prosegue verso Col coltivata. Si supera un piccolo ponte e di Stella, dove ci si ricongiunge con l’i- ci si inoltra per 350 m fino a un bivio, tinerario 1050.

268 C OMUNI , nac- Vallis , da cui (Dobbia- duplavensis si sia sviluppata , con probabile Dubladino permane anche dopo la Vallis Dubladinis Vallis Duplavis Duplavilis o Toponomastica Duplavis L’etimo di Valdobbiadene è piutto- Valdobbiadene di L’etimo dene) fino a l’attuale Valdobbiadene. derivazione latina del toponimo dal derivazione e forse di un alla presenza fiume Piave doppio corso di esso. il Nel Medioevo in nome si evolve sto incerto, le prime testimonianze tra VII riportano il nome VI e Duplavis dobbiadene ma non identificabile esat- tamente con essa. la penuria Nonostante di fonti storiche e le scarse testimonian- ze dell’epoca romana, evidente appare che l’antica lungo tale direttrice, veicolo probabile penetrazione nella zona della di precoce religione cristiana. sulla L’incertezza del localizzazione lungo il Piave precisa sito di que il poeta Venanzio Fortunato.Venanzio Intel- que il poeta lettuale colto e grande viaggiatore, fu una figura di spicco nel panorama cul- VI secolo,turale del fece la professione caduta dell’impero romano e nel 530 romano caduta dell’impero d.C., in una località, a che si è propensi perché Valdobbiadene con identificare egli stesso si definisce 269 ad lungo la valle del lungo la valle (alle Ciliegie), localizzabile nel-

Il passaggio di una strada romana, la La presenza di insediamenti umani in La presenza Posta su un pianoro leggermente su un pianoro Posta ALDOBBIADENE

La storia V

zo segnalava una località chiamata una località chiamata zo segnalava Val- l’attuale territorio di del comune do il corso del Piave, a 42 Km da Oder- documentata dal III secolo che, seguen- Cerasias zone. di una via romana Si trattava Opitergium-Tridentum, Vidor, di embricigo e e mattoni in altre ritrovamenti di aree funerarie di aree a Moria-ritrovamenti selce nel gretodel Piave. Feltre, verso Piave è documentato dai montana offriva e dalla presenza della e dalla presenza montana offriva risorse alimentari che la fascia pede- di gruppi umani, dalle numerose attratti frequentazione di queste zone da partefrequentazione testimonianze che documentano però la tutto Soprapigna. Si tratta di sparute località Milies e lungo rio Teva soprat- Teva località Milies e lungo rio ne naturale. in avvenuti tata da alcuni ritrovamenti produzione di spumanti a fermentazio-produzione è documen- Valdobbiadene di comune settore enologico con una rinomatasettore epoca preistorica nel territorio del agricolo particolarmente sviluppato nel bianco”. industriale Importante centro e punto di arrivo della “Strada del vino punto di arrivo della gode di un clima mite e asciutto ed è il gode di un clima mite monti Barbaria e Cesen,Valdobbiadene declinante a 252 m s.l.m. dai e protetta QUARTIER DEL PIAVE

La piazza del paese La fontana regina Margherita

religiosa in età adulta trasferendosi in ter Daniel di Valdobbiadene in un docu- Francia dove, nel 599, venne nominato mento del 1116. La giurisdizione della vescovo di Poitiers. cura d’anime, per complicati passaggi, In epoca medioevale la località si svi- giunse ai vescovi di Padova che estesero luppò come punto di sosta per il cam- la loro influenza dal Quero fino a Val- bio delle cavalcature in prossimità della dobbiadene. pericolosa stretta di Quero, situata a Intorno al Mille il territorio, situato monte della valle del Piave. Il paese lungo una delle direttrici di comunica- diventò un nucleo superiore, aggregato zione verso il nord, riacquista impor- attorno alla piazza del mercato e in una tanza, grazie alla sua posizione strategica serie di borghi inferiori; al territorio che ne favorirà lo sviluppo demografico poi appartenevano quindici ville o ed economico. Dal punto di vista comuni rurali ben distinti: Guietta, amministrativo i territori dei comuni Guia, San Stefano, Zanzago (con Sac- della Valdobbiadene fecero spesso capo col), Barbozza, Col di Martignago, Riva ai trevigiani, che affidarono il controllo

C di Martignago, Martignago, Pieve, Ron, della zona a feudatari e vassalli minori.

OMUNI Colderove, Funer, San Vito, Villanova e Sorsero dimore fortificate e castelli dei Bigolino con il colmello di San Gio- quali oggi rimane traccia solo nelle vanni. fonti documentali; tra essi ricordiamo il La prima attestazione della chiesa di castello Soprasaccò di Valdobbiadene di Santa Maria di Valdobbiadene è piutto- proprietà della famiglia Col San Marti- sto tarda, risale infatti al XIII secolo no e il castello di Mondeserto, distrutto anche se si ha notizia di un certo presbi- nel 1285.

270 VALDOBBIADENE

Tra la fine del XII secolo e gli inizi luogo di distretto e dotata di impor- del XIII nella società si manifestano vivi tanti uffici pubblici; ma il nuovo gover- fermenti di religiosità che sfociarono no lasciò presto posto alla dominazione nella fondazione di nuovi ordini religio- austriaca che lascerà però immutata la si e nella diffusione di libere forme di sede del commissariato distrettuale di associazione di laici per l’elevazione Valdobbiadene alla quale faranno capo religiosa e l’assistenza chiamate “confra- i comuni di Segusino, San Pietro di ternite”. Si deve alla presenza dell’antica Barbozza, Vidor, Sernaglia, Miane, Confraternita dei Battuti in Valdobbia- Moriago e Farra. La dominazione dene uno dei testi più antichi del “vol- austriaca fu molto invisa e Valdobbia- gare trevigiano”, la cosiddetta Lauda, dene dette non pochi patrioti ai moti ovvero una lode alla Vergine. Dalle fonti antiaustriaci, tra i quali si ricordano il si apprende inoltre che vi erano pre- giovane Francesco Bettoja che venne senti un monastero di monache bene- fucilato nel 1861 all’età di 26 anni a dettine e un convento di frati france- Gorizia e Antonio Grigoletto che, scani. dopo aver ucciso due gendarmi Nel 1330, dopo una dominazione austriaci a Castelfranco nel 1863, riuscì dei Da Romano e una parentesi sotto la a salvarsi con una rocambolesca fuga, giurisdizione di Treviso, Valdobbiadene chiuso dentro una botte. venne invasa e saccheggiata da Rizzardo All’annessione al Regno d’Italia di Portobuffolè, passando quindi agli segue una battuta d’arresto nello svilup- Scaligeri e infine, con tutto il territorio po economico a causa della crisi econo- trevigiano, alla Serenissima. mica e agricola. Nonostante lo sviluppo In epoca veneziana il paese divenne dell’opificio Piva, specializzato nella centro di importanti attività commer- lavorazione della seta, anche la popola- ciali legate alla commercializzazione dei zione di questo comune si vide costretta prodotti agricoli e di quelli derivati all’emigrazione. dalla lavorazione prima della lana poi Nella seconda metà dell’Ottocento della seta; il suo vino acquista rinoman- Valdobbiadene ebbe una certa fortuna za in tutta la Marca per la sua pregiata come stazione climatica e si intensifica- qualità. rono produzione vinicola e specializza- Il connubio tra vite, castagno, prati e zione dell’ agricoltura. pascoli ha caratterizzato nel corso dei Durante il primo conflitto mondiale secoli l’economia di questa terra nella il territorio diventa teatro delle opera- quale confluivano le vie di comunica- zioni di guerra, subendo terribili deva- zione dal trevigiano al bellunese, dal stazioni del patrimonio agricolo ed edi- coneglianese al vittoriese; questa carat- lizio. Il nucleo centrale del paese verrà C teristica di nodo di comunicazione tra quasi completamente ricostruito nel OMUNI nord e sud, est e ovest della Marca ha corso del dopoguerra e si inizia la valo- contribuito a definire le particolarità rizzazione della produzione vitivinicola delle quindici Regole che componeva- con la commercializzazione di spumanti no e compongono la Valdobbiadene. a fermentazione naturale che costitui- Durante la dominazione napoleoni- scono oggi uno dei settori trainanti del- ca Valdobbiadene venne elevata a capo- l’economia.

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Valenze architettoniche del beneficio che dovevano essere, per volontà del Guicciardini, poveri e biso- La piazza gnosi. Per superare queste dispute il Punto di riferimento della collettivi- beneficio passò in commenda e, tra tà come sede delle attività economiche, vicende alterne, si giunse infine alla ste- commerciali e di quelle politico-ammi- sura di uno statuto organico frutto del nistrative, perse il suo aspetto rurale agli compromesso tra gli interessi delle inizi del XIX secolo a opera delle fami- “ville” che facevano capo all’ospedale e glie nobili e benestanti che nella loro la Serenissima. La differenziazione tra veste di pubblici amministratori la dota- opere di carità e assistenza ai malati veri rono di palazzi pubblici e di dimore e propri inizia nell’800, in seguito alle rappresentative del loro prestigio. Le proteste della popolazione che chiedeva attività commerciali e imprenditoriali a questa struttura l’aiuto per far fronte a avviate dalla borghesia richiedevano malattie gravi quali pellagra, vaiolo, infrastrutture indispensabili per lo svi- scorbuto, pazzia, epilessia, isteria, tuber- luppo delle attività manifatturiere e la colosi, anemia e febbri enteriche. Nel commercializzazione dei prodotti. Si 1859 la struttura ebbe la qualifica di rese necessario dotare il paese di strade, “Ospitale pubblico” venendo ammini- servizi e uffici che, garantendo al paese strata dalla Congregazione di Carità di lo sviluppo economico, ne aumentaro- Valdobbiadene. La piena autonomia no anche il prestigio. amministrativa verrà concessa con Dal punto di vista architettonico Regio Decreto soltanto nel 1879, per- poco rimane degli edifici che caratteriz- mettendo all’ospedale di espandere la zarono nel passato questa piazza; durante sua struttura e aumentare gli interventi la prima guerra mondiale, infatti, le arti- di cura. Le devastazioni della prima glierie italiane posizionate sul Grappa e guerra mondiale non risparmieranno sul Montello rasero al suolo gran parte nemmeno le strutture di questo luogo del paese, cancellando molta parte della di cura, provocando danni gravissimi storia sociale e urbana di Valdobbiadene. agli edifici e alle attrezzature.

L’ospedale Guicciardini La chiesa parrocchiale Risale al 18 luglio 1259 l’atto di na- Dedicata a santa Maria Assunta scita dell’“ospedale” voluto da Gugliel- venne eretta nel XIV secolo. Rifatta ed mo Guicciardini per accogliere gli ampliata in vari fasi tra ’600 e nel ’700, infermi delle quindici comunità della si presenta con un ampio pronao dorico valle. Le disposizioni del donatore ven- (vedi itinerario n. 1).

C nero accolte solo alcuni anni dopo la Il ricchissimo archivio parrocchiale,

OMUNI sua morte, avvenuta forse nel 1264, e il numerosi arredi sacri e preziosi paramen- primo edificio sorse in località Ron, ti sono andati perduti a causa delle deva- secondo le indicazioni dell’Ospitale di stazioni della prima guerra mondiale. Ognissanti di Treviso. Il rispetto delle Nel territorio comunale sono pre- volontà testamentarie del donatore senti numerosi edifici di culto ed orato- suscitò fin dall’inizio controversie sul- ri tra tutti ricordiamo il santuario di San l’utilizzo delle rendite e sui destinatari Floriano.

272 VALDOBBIADENE

Sulla strada panoramica che sale da Piva viene citato in uno studio della Valdobbiadene verso Pianezze, si trova il Camera di Commercio di Treviso come santuario di San Floriano di cui si ha un «filatojo, per la riduzione delle Sete notizia fin dal 1424. in Trame ed organzini, unico nella Pro- vincia, superiore a molti, secondo a nes- La filanda suno fra i più accreditati nelle Provincie L’attività manifatturiera legata alla Lombarde. In quello stabilimento, cor- tessitura era ben radicata nella zona già redato di tutti i congegni, di tutti i più nel medioevo: nelle frazioni in cui è reputati meccanismi del moderno pro- presente la forza motrice dell’acqua, gresso, trovano occupazione e sussisten- come in Ron, Martignago e Santo Ste- za oltre a 400 individui, i quali lavorano fano, sono presenti infatti, fin dalla annualmente Libbre 60.000 di seta». seconda metà del ’400, opifici per la La nuova attività, oltre ad occupare lavorazione della lana detti “folli”. L’am- gli abitanti della zona, richiamò mano- pliamento decisivo del settore tessile si dopera specializzata soprattutto dalle ha agli inizi del ’700 con il consolida- aree bolognesi di produzione della seta. mento della pastorizia e l’incremento In poco più di un trentennio di attività della coltivazione del gelso, indispensa- la famiglia Piva riuscirà a concentrare bile per l’allevamento del baco da seta. nelle sue mani tutta la produzione serica Le anagrafi venete documentano nel locale. 1770 la presenza di due filatoi ad acqua Nel 1875 entra in funzione il nuovo a Martignago, una tintoria a Follo, un stabilimento, intitolato a Sigismondo follo panni lana a Valdobbiadene e uno a Piva, suo ideatore prematuramente Santo Stefano e di telai in tutta la zona. scomparso. Realizzato su progetto del- La presenza di opifici legati alla produ- l’architetto milanese Domenico Piotti, zione di panni lana e della seta è dun- verrà diretto dal fratello Celestino. que antica, ma la figura più significativa Durante la sua gestione l’azienda estese per il decisivo sviluppo di questo settore le sue attività anche fuori dall’ambito nel Valdobbiadenese è certamente quella valdobbiadenese, vennero create filande del setaiolo Pietro Piva. Giunto a Val- ad Alano di Piave, Segusino, San Vito al dobbiadene da San Martino di Lupani Tagliamento e un essiccatoio venne nel 1818, pare per risistemare il filatoio- creato a Villotta di Chions. torcitoio della famiglia Bottoia, già nel Dopo la prima guerra mondiale, nel 1827 è in grado di rilevare un antico 1920, sarà ancora il figlio di Pietro, un filatoio di proprietà dei fratelli Alessio. altro Celestino a riattivare l’attività pro- Negli anni successivi, attraverso l’acqui- duttiva della fabbrica, trasformandola sto di immobili e terreni, riesce a tra- nel 1921 in calzificio grazie all’introdu- C sformare l’antica lavorazione della seta zione di macchinari d’avanguardia OMUNI in un sistema produttivo di fabbrica. importati dalla Germania e la produzio- L’opificio si trovava nella località dove ne di calze in seta naturale, col famoso attualmente è sita villa dei Cedri e gra- marchio SI-SI dovuto a Celestino, inizia zie alle continue innovazioni ben presto 1925. si impose sui piccoli laboratori artigia- Dopo la seconda guerra mondiale, nali. Nel 1858 l’opificio serico di Pietro con la concorrenza delle fibre artificiali

273 QUARTIER DEL PIAVE

La filanda Piva

e sintetiche, anche la Sigismondo Piva che organolettiche, si tratta infatti di si trovò costretta ad ammodernare i una vena d’acqua minerale ferro man- processi produttivi e a diversificare la ganica solforosa. Alcuni mesi dopo la produzione per sostenere la concorren- scoperta la fonte viene intitolata “Fonte za dei prodotti americani. Alla produ- Regina Margherita”, in omaggio alla zione di calze si affiancarono la corset- sovrana d’Italia. teria e i costumi da bagno. L’attività di La prima sintesi scientifica sulla torcitura della seta verrà abbandonata a composizione dell’acqua e sulle sue favore delle fibre di nylon e alla fine proprietà terapeutiche vengono pubbli- degli anni ’50; l’ormai necessario cate nel 1885 sulla «Gazzetta Medica» di ammodernamento dei macchinari por- Torino a cura dell’illustre medico Luigi terà al definitivo smantellamento della Alpago Novello che ne esalta le pro- filanda. prietà curative ritenendola una «delle poche sorgenti di acque ferruginose e manga- Valenze naturalistiche nifere, delle quali solo un piccolissimo nume-

C e paesaggistiche ro è noto agli studiosi».

OMUNI L’acqua minerale viene sperimentata La fonte Regina Margherita dai medici locali con successo per la Durante una serie di scavi effettuati cura dell’anemia, della gastralgia nel car- nel 1883 in prossimità della piazza Mag- diopalmo. Valdobbiadene aggiunge alla giore, un certo Venanzio Vanzin scopre salubrità del clima, che la rendevano già una sorgente d’acqua che si rivela pota- meta di ameni soggiorni anche le cure bile e particolare per le sue caratteristi- termali offerte dalla nuova sorgente. La

274 VALDOBBIADENE sorgente scompare però all’improvviso In più occasioni la Serenissima tentò dopo il 1902, e non è stato più possibile di impadronirsi di queste ricchezze, rintracciarne la vena, probabilmente a espropriando le comunità degli antichi causa delle devastazioni della prima diritti e mettendo i beni all’asta per guerra mondiale. finanziare le sue imprese militari. Vi riuscì in parte e i tentativi delle La montagna comunità di recuperare per via legale i Lo sfruttamento delle risorse monta- beni sottratti con la forza fallirono, l’u- ne del Cesen affonda le sue radici nel nico modo per recuperarli fu quello del medioevo. Risale infatti al 1116 uno dei riscatto e nella raccolta delle somme primi documenti nel quale vengono necessarie furono impegnate tutte le sanciti diritti e confini dei beni comuni risorse possibili. dei vicini e consortes, ovvero di quegli Il depauperamento del patrimonio uomini liberi che, si erano appellati alla montano continuò durante la domina- superiore autorità reale per la tutela zione napoleonica e proseguì anche con delle loro proprietà comuni. Dal testo quella austriaca: i beni vennero venduti appare evidente il legame tra uomini e o trasformati nelle loro destinazioni territorio e la concomitanza dei diritti d’uso.Vennero introdotte nuove coltiva- d’uso e degli obblighi di tutela dei beni zioni e la grave crisi della pastorizia, e l’importanza che l’identità territoriale culminata nei primi decenni dell’800, stava acquisendo. Per evitare gli sconfi- ebbe come conseguenza l’abbandono namenti delle greggi nel territorio di delle malghe e delle casere di origine pertinenza di Valdobbiadene, i confini medioevale. verso Belluno vennero fissati sulle vette La riscoperta delle antiche risorse tra Vas, Segusino e il contado di Cesana. della montagna avvenne dopo la prima Il monte Cesen, chiamato un tempo guerra mondiale con il lento recupero “Sovignana”, insieme al monte di Cao delle costruzioni abbandonate e il ripri- di Trò sopra San Vito, rimarranno pro- stino dell’allevamento in malga e della prietà dei quindici comuni, le “regole”, produzione casearia. di Valdobbiadene fino alla caduta della Serenissima. LE FRAZIONI L’uso dei pascoli comuni e ciò che offrivano i boschi andavano a integrare Lo sviluppo economico e urbano l’economia delle comunità agricole, delle quindici “regole” autonome che che evitavano così i rischi della trans- componevano la Valdobbiadene si è umanza stagionale oltre confine. Gli caratterizzato in base alle diverse confor- ordinamenti collettivi stabilivano che le mazioni territoriali e geografiche. Di C concessioni d’uso avvenissero secondo queste singole realtà permangono oggi OMUNI regole precise, per garantire uno sfrut- soltanto le diverse entità parrocchiali che tamento oculato e razionale delle risor- hanno origine e storia antiche. Gli edifi- se. Le rigide disposizioni che tutelava- ci odierni sono spesso prodotto di ri- no queste risorse vitali per le comunità strutturazioni ottocentesche e di rifaci- rimasero in vigore fin quasi alla fine del menti totali conseguenti al primo con- ’700. flitto mondiale.

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le fornaci di san Giovanni che produce- Toponomastica vano laterizi sfruttando lo stesso deposi- to di argilla nel quale a Colbertaldo vennero rinvenuti i resti del mammut L’origine del nome Bigollium pare Gaetano, due crani di Megacero e un derivare dal passaggio fluviale mediante gigantesco cervoide. zattere che fin dai tempi antichi si effet- tuato lungo il corso del Piave.Tradizione Chiesa di San Giovanni Battista vuole che l’attracco delle zattere, chia- Oratorio del 1571 che, in origine, mate zate, e il cambio degli zatèri avve- pare fosse completamente affrescato. nisse nella zona del Settolo e alla Burcia. Non resta nulla di questa parte pittorica a causa del rifacimento ottocentesco dell’edificio e delle successive modifiche conseguenti alla prima guerra mondiale. BIGOLINO Particolare curioso è il campanile con pochissimi metri di alzata. Nella parte meridionale del Settolo Basso, presso le Case Codello, nell’800 si SACCOL trovava un mulino e una fabbrica di ghiaccio rimasti in attività fino al 1936. Il piccolo paese è forse il centro più Il ghiaccio prodotto veniva acquistato importante di produzione del rinomato dall’Ospedale, dai baristi di Valdobbiade- Cartizze. ne, dai gelatai di Covolo e dai pesciven- Al centro della frazione l’oratorio di doli. Un’altra attività caratteristica della San Gottardo eretto intorno al 1860. zona era la produzione e la commercia- Sul Col Croset, in località Bastie, lizzazione di ceste di vimini realizzate sono ancora visibili i resti del castello di con i salici che crescevano lungo il Mondeserto, citato in un documento Piave. 1116, del quale tuttavia non si conosco- L’ambiente del Settolo è stato recen- no, né la data di fondazione, né le even- temente valorizzato da un gruppo di tuali caratteristiche architettoniche. volontari con un percorso naturalistico Risulta già distrutto nel 1285 e poco è e didattico. stato possibile recuperare dai ritrova- menti emersi nel sito. Si può però affer- Chiesa di San Michele Arcangelo mare con certezza che la località era Chiesa parrocchiale di origine molto abitata ancora dall’età del Bronzo. antica, la prima attestazione risale infatti Durante la prima guerra mondiale la

C al 1297, subì numerosi adattamenti nel zona venne nuovamente fortificata dagli

OMUNI corso dei secoli (vedi itinerario n.1). austroungarici che vi insediarono una postazione. SAN GIOVANNI Sulla collina di San Biagio si trovano antiche case coloniche di epoca Frazione di Bigolino nella quale ha medioevale. Interessante si rivela l’osser- sede la Cantina Produttori di Valdobbia- vazione della varia tipologia delle rocce dene. In località Case Isabella si trovano utilizzate nella costruzione degli edifici:

276 VALDOBBIADENE

Blasoni popolari

Una divertente filastrocca raggruppa i paesi dell’alto trevigiano sulla sinistra Piave: San Vido scrozet; Ron se tien in bon; Pieve siorìe; Bigolin legrìe; San Piéro erbaroi; San Stèfen, piazaroi; Guia, al diaol li porta via… dove gli abitanti di San Vito sono definiti cotechini perché il paese è tutt’ora rinomato per la lavorazione delle carni suine; con quelli di Ron è meglio avere buoni rapporti perché sono maneschi e sono anche detti i “Giut da Ron” ovvero i “goffi da Ron”; la pieve è quella di Valdobbiadene e fin dall’antichità era centro propulsore delle attività economiche della zona, Bigolino gente allegra ma anche “Bìgoi da Bigolìn” con allusione lubrica al “bìgol” cioè al verme e alle sue ambi- gue interpretazioni; a San Pietro coltivaerbe (forse vigne); Santo Stefano ambulanti, ma anche sfaccendati; gli abitanti di Guia sono invece un poco rustici. Un altro detto assimila Guia a quei paese solitari che per il loro sito sperduto sono abitati da villani così potenti da aver fatto fuggire persino il Padreterno in persona: Guia: Dio l’à fata…e po l é scanpà via!.

calcare, dolomie, pietra verde del Cado- Il Cartizze re, graniti, arenarie rosse della Val Garde- Un tipo particolarmente pregevole na, porfidi, basalti, a testimonianza del di Prosecco è quello coltivato nella zona trasporto di questi materiali da parte del di Cartizze, località collinare che si col- ghiacciaio del Piave e poi dello stesso loca tra San Pietro di Barbozza, Santo fiume. Stefano e Saccol. In località Ponteggio l’unico edificio La disposizione particolare delle di qualche interesse, ma di recente colline, una composizione mineralogica costruzione, è l’oratorio intitolato alla peculiare del terreno e lo speciale Madonna di Lourdes (del 1971). microclima danno un vino gradevole, Lungo la strada Roccat-Ferrari si usato in massima parte per la spuman- incontra il seicentesco capitello Ferrari tizzazione: il prosecco superiore di dedicato a san Biagio e san Rocco, Cartizze. Il vino si presenta di colore restaurato nel 1995. Poco lontano, sul giallo paglierino o giallo chiaro, ha un colle di Stana sorge l’antico oratorio di caratteristico profumo fruttato e un San Biagio di Stana, nominato in un sapore gradevolmente amarognolo nel documento del 1297. Per secoli rimase tipo secco, fruttato e dolce nel tipo C sotto la giurisdizione della famiglia amabile. OMUNI veneziana Ferrari passando, nella secon- A differenza del Prosecco, che deve da metà dell’Ottocento, in proprietà alla essere consumato come “vino giovane”, famiglia Pivetta che lo ricostruì nel il Cartizze può superare l’anno di vita, 1865, adibendolo a cappella funebre grazie alla sua amabilità residua che della famiglia. Conserva un’iscrizione scompare in una lentissima fermenta- lapidea del primo millennio. zione che ne prolunga la durata.

277 QUARTIER DEL PIAVE

SAN PIETRO DI BARBAZZA te per l’originale epitaffio è la lapide tombale dell’eremita Fra Giuseppe Pilla, Il territorio di questa frazione è di visibile all’ingresso della chiesa. particolare pregio ambientale. si presen- La “casa degli eremiti” si trova in ta infatti come zona di passaggio dalla prossimità della chiesa e fu abitata fino collina alla montagna che lentamente agli anni ’50, quando venne a mancare muta le sue caratteristiche con l’ascen- l’ultima eremita, la “Neta”. dere dell’altitudine. Caratteristiche sono Sempre in Barbozza si trova la chiesa anche le borgate “a corte chiusa” esem- dei Santi Vittore e Corona di cui si ha pio tipico di architettura spontanea notizia fin dal XV secolo. locale e numerose sono le testimonianze Il convento Immacolata di Lourdes artistiche e storiche di oratori e chieset- iniziato nel 1906 e completato nel te. 1912, è ora una casa di riposo per reli- La chiesa parrocchiale dei Santi Pie- giosi. tro e Paolo già menzionata nel 1488, ha Di particolare interesse è il ponte di subito nel corso dei secoli più restauri e pietra che sorge in località Cargador. sistemazioni che ne hanno mutato l’an- In località Castello la tradizione tico aspetto originario. Al suo interno è vuole che sorgesse un antico insedia- di particolare interesse l’altare di San- mento fortificato, di cui pare oggi resti t’Antonio (vedere itinerario n. 1). solo la croce metallica che si erge su un In una facciata di una casa che si piccolo promontorio. affaccia sulla piazza di San Pietro si trova una curiosa epigrafe che testimo- La confraternita del Prosecco nia quanto fosse invisa nella popolazio- Dal sodalizio tra gli enologi della ne la dominazione napoleonica, l’epi- zona, nacque il 14 agosto 1945 la Con- grafe recita così: «Giusto alora che i fraternita del Prosecco: un’associazione che francesi comandava in sti’ paesi e i bate- si prefiggeva di rilanciare i vini locali va el so tamburo xe sta fato su sto’ incentivando nel contempo forme di muro, quando un saco de formento se produzione più accurate e razionali. La pagava lire cento e valeva un bel da sede dell’associazione si trova presso casa trenta do lirete de polenta». Brunoro e la sala dove i “Magnifici Ca- valieri” si riuniscono celebra nei decori L’eremo di Sant’Alberto e negli arredi il frutto della vite. Una In località Barbozza l’edificio di frase latina posta all’ingresso ammonisce maggior rilievo storico è l’eremo di i visitatori: “Chi sicuro scende questi Sant’Alberto, antico luogo di culto e scalini, salendo potrà vacillare”. Durante

C meta di pellegrinaggi delle popolazioni le riunioni i cavalieri siedono su apposi-

OMUNI locali, soprattutto nel periodo estivo, ti scanni, vestendo un lungo mantello quando vi si recava per invocare la rosso rubino, un cappello blu e portano pioggia nei periodi di siccità che avreb- al collo un medaglione dorato. Un bero potuto compromettere i raccolti. posto d’onore è riservato al Capitolo Si ha notizia della sua esistenza fin dal degli Anziani e al Gran Maestro della 1488 e della presenza di eremiti che vi Confraternita. I raffinati intenditori che si ritiravano. Particolarmente interessan- appartengono a questo sodalizio ogni

278 VALDOBBIADENE anno, durante la mostra nazionale dello Spumante, esaminano i prodotti presen- Toponomastica tati scegliendone il migliore.

SANTO STEFANO Il toponimo deriva dal termine gotico Wid che significava “ampio”, In questa località si trova l’antica “vasto” ma anche “legno di bosco”. Di borgata Follo prende il nome dell’attivi- conseguenza Guia potrebbe significare tà di “follatura” dei panni lana, praticata “spiazzo” e Guietta “spiazzo più picco- fin dal 1400. Lungo il torrente Teva, che lo”. Guia e Guietta quindi non hanno garantiva acqua abbondante in tutte le origine comune con Guizza per il stagioni, sorsero anche altri opifici le cui diverso significato che questo termine ruote a coppedel (a cassetta) fornivano la ha guizza infatti identifica un “bosco necessaria energia ai magli e alle maci- custodito” con preciso contenuto giu- ne. Sono tutt’ora visibili un mulino, un ridico. Le “guizze” erano presenti in follo e una tintoria. ogni frazione perché i boschi venivano La chiesa di Santo Stefano risale al tenuti in massima considerazione. Fino 1838 ed è stata restaurata nel 1907. (vedi agli inizi di questo secolo infatti il itinerario n.1) legname era l’unica fonte energetica La chiesa più antica è quella del disponibile, materia prima indispensa- cimitero. Dedicata a Sant’Antonio, risale bile per la costruzione di abitazioni, al 1297 anche se l’edificio attuale è frut- attrezzi di lavoro e preziosa risorsa to dei restauri effettuati nel 1900. commerciale. La chiesa della Madonna Assunta è Una curiosa interpretazione del stata edificata nel 1856. toponimo fa derivare il nome di Guia In Val della Molera si trova la cava di da acucula o acus, da “ago” perché il pietra “molera”, dalla quale per secoli si paese sembra collocato su una punta sono estratti blocchi che poi venivano aguzza. sbozzati per la produzione di macine per i mulini e pietre da fabbrica.

GUIA Padova costruito nel 1694 e riedificato nel 1881. La chiesa parrocchiale di San Giaco- La località Madean sembra far deri- mo risale al 1520, ma nel corso del XIX vare il suo nome dal termine Madegua- secolo subì un radicale rimaneggiamen- na che dovrebbe significare “luogo to. Danneggiata dalla prima guerra umido e boscoso”. C mondiale fu restaurata negli anni Venti. OMUNI Il campanile, la cui prima pietra fu posta SAN VITO nel 1905, fu completato soltanto nel 1972. La frazione di San Vito si trova a ovest In paese si trova anche l’oratorio dei del territorio comunale di Valdobbiade- Santi Sebastiano e Rocco risalente al ne, quasi a ridosso del fiume Piave e a 1488, e quello di Sant’Antonio da confine con il comune di Segusino.

279 QUARTIER DEL PIAVE

La tradizione vuole che proprio a San corso della roggia di Santa Margherita, Vito sia nato papa Benedetto IX (1240- le cui acque fungevano da forza motrice 1304), anche se ormai sono invece delle ruote dei mulini poste all’interno accertate le sue origini trevigiane. La dell’ex stabilimento Piva. leggenda potrebbe aver avuto origine L’antichissima chiesa campestre di dalla presenza di un’abitazione di campa- Santa Margherita, recentemente restau- gna della famiglia Boccassina, ma non ci rata, risale al 1223. sono fonti ad avvalorare questa ipotesi. La chiesa parrocchiale viene menzio- TRADIZIONI E LEGGENDE nata nella decima papale del 1297; semi- distrutta durante la prima guerra mon- “El mazariol” innamorato diale, venne restaurata nel 1920. (vedi Si racconta che el mazariol si fosse itinerario n.1) innamorato di una bella ragazzona Il santuario della Beata Vergine del bruna di Valdobbiadene. Ogni notte, Caravaggio risale al 1826 ed è opera assunte le sembianze di un innocuo dell’architetto trevigiano Andrea Bon. vecchietto, si recava da lei pettinandola L’atrio e la facciata ricca di stucchi e e facendole splendidi doni. Ogni volta decorazioni andarono completamente raccomandava alla ragazza di non parla- perduti a causa dei danni provocati dal re a nessuno dei loro incontri. La giova- primo conflitto mondiale. I restauri ne invece si confidò con la madre, che risalgono agli anni ’20. incuriosita volle vedere i regali del Nella frazione si trovano anche le misterioso visitatore, ma non appena chiese di San Giovanni Battista del aperto il cassetto dove erano custoditi 1488, restaurata nel 1936, di San Luca essi si trasformarono in cenere. Evangelista del 1488, restaurata nel 1924 e di San Marco Evangelista del 1542, La piera al Fos de Marai restaurata nel 1924. In una località detta al “Fos de Ai confini con il comune di Segusi- Marai” pare esistesse una grossa croda no si trova la chiesa dei Santi Gervasio e sopra la quale era incisa questa misterio- Protasio, la cui prima segnalazione risale sa frase: Fortunà chi che me reolta. Si era al 1488. Il sacello edificato sulla sommi- sparsa la voce che sotto il masso si tà del monte Ronzole, oggi chiamato nascondesse una gran quantità di denaro Rondola, era un piccolo oratorio dalle tanto che gli abitanti di Combai e Santo dimensioni esigue di 4 m per 2. Stefano fecero a gara per giungere sul In località Ponteggio l’unico edificio luogo, ma i primi ad arrivare furono di qualche interesse, ma di recente quelli di Guia e tra loro,Tondo, Bortolo,

C costruzione, è l’oratorio intitolato alla Tano, Checo e Goio. Convinti di

OMUNI Madonna di Lourdes (del 1971). impossessarsi del tesoro nascosto impie- garono tutte le loro forze per capovol- VILLANOVA gere il masso e quando vi riuscirono ebbero un’amara sorpresa; anziché tro- L’abitato di Villanova fin dal medioe- vare un tesoro, il masso riportava una vo era uno dei quindici comuni rurali frase eloquente: Adess che me vé reoltà di Valdobbiadene e si trova lungo il stae vero ben!. Si era trattato di una men-

280 VALDOBBIADENE

Feste

Ogni secondo lunedì di marzo antica fiera di San Gregorio e a villa dei Cedri. Nel mese di settembre si svolge la prestigiosa Mostra Nazionale dello Spumante. In marzo primavera del prosecco a Santo Stefano e Guia.Ad aprile la manifestazio- ne prosegue a SanPietro di Barbozza e Saccol.

cionada, ovvero di una beffa vera e pro- servirsi degli arbusti rampicanti per risa- pria ai danni dei malcapitati, opera certo lire l’ultima rampa scoscesa, ma comin- di qualche vicino paese rivale. ciarono a sentire che gli arbusti scuri e pendenti emanavano un odore fetido. La scoreda del Diaul Man mano che proseguivano la salita, Il canalone che si addentra nella gli arbusti tuttavia si facevano sempre montagna a nord est di Guia è cono- più robusti tanto che ormai non riusci- sciuto ancor oggi col nome di Val de vano più ad aggrapparvisi con le mani. Volpere. La tradizione vuole che molto Stavano quasi rinunciano alla salita, tempo fa vi fosse stato confinato un quando un boato terrificante fece roto- losco individuo che oltre al furto e lare giù una gran quantità di sassi, solle- al’imbroglio pare fosse avvezzo anche vando un enorme polverone che si alla compagnia del diavolo. Processato e espandeva assieme a una nube fetida. condannato da un tribunale popolare di Una risata sarcastica sorprese i ragazzi, Guia venne esiliato e di lui non si seppe che compresero di essersi arrampicati più nulla, ma dalla sua scomparsa la val sulla coda del diavolo che si era diverti- de Volpere cominciò a essere teatro di to a spaventarli facendo i suoi bisogni… strani avvenimenti protagonista dei in maniera assai plateale. quali era un uomo-bestia. Narra la leg- genda che un giorno una ragazza tor- PERSONAGGI ILLUSTRI nasse dal canalone in fin di vita, dopo essere stata aggredita e morsicata da uno Venanzio Fortunato strano essere completamente ricoperto (530 - 601 d.C.) di peli, anche se dalle sembianze umane. Venanzio Onorio Clemenziano For- Si racconta poi che questa strana creatu- tunato nasce nel 530 in un’imprecisata ra si avvicinasse alle abitazioni periferi- località lungo il Piave che viene identi- C che al tramonto, attirando l’attenzione ficata con Valdobbiadene, poiché egli OMUNI degli animali domestici che rimanevano stesso si definisce duplavensis. Frequentò pietrificati dal suo sguardo. Trascorsero gli ambienti vescovili di Aquileia, strin- molti anni e queste strane visioni scom- gendo amicizia con il vescovo Paolo, parvero tanto che alcuni giovani si inol- che voleva avviarlo alla vita monastica; trarono nella valle a caccia di nidi. egli preferì invece approfondire gli studi Giunti in cima al canalone, decisero di a Ravenna, capitale d’Italia durante il

281 QUARTIER DEL PIAVE

regno del gotico Teodorico. Poco prima zione della sua opera agiografica e poe- dell’invasione longobarda, all’età di tica. trentacinque anni, intraprese un viaggio per recarsi in pellegrinaggio presso la Nicolò Boccasino (1240-1304) tomba di San Martino a Tours a sciogli- Il beato domenicano nacque a Trevi- mento di un voto fatto in occasione so da una famiglia di modesto livello della miracolosa guarigione da una sociale, legata ai signori di Col San grave malattia della vista. Dopo essere Martino presso Valdobbiadene. Nel giunto a Tours proseguì verso Poitiers, 1275, a diciassette anni, prese l’abito dei dove ebbe modo di conoscere Rade- frati predicatori venendo inviato a Mila- gonda, moglie di Clotario I re dei fran- no per studiare logica e tornare poi a chi. L’incontro con la pia regina e la di insegnarla a Treviso. lei figlia adottiva Agnese, badessa del Delle molte opere che scrisse soltan- convento di Santa Croce, mutò la vita to una venne pubblicata, il Commento al di Venanzio Fortunato tanto che decise Vangelo di Matteo, le altre non ebbero di stabilirsi a Poitiers, dove entrò a far diffusione e in parte andarono perdute. parte del clero e fu ordinato presbitero. Nel 1286 divenne superiore della pro- Fu amico di Gregorio, vescovo di Tour, vincia lombarda, pacificando varie liti e autorevole storico dei franchi. Nel tra conventi e comunità cittadine. La 599, poco prima della sua morte Venan- sua opera diplomatica lo rese famoso e zio fu nominato vescovo a Potiers. gli meritò la nomina a cardinale da Venanzio Fortunato è entrato auto- parte di Bonifacio VIII, che lo ebbe al revolmente nella storia della letteratura suo fianco durante l’oltraggioso episo- latina grazie alle sue opere in poesia e in dio dello schiaffo di Anagni. Il papa, prosa, la più nota delle quali è la Vita imprigionato dai francesi con l’accusa di Sancti Martini e per i suoi inni sacri che eresia e simonia, morirà poco dopo sono ancor oggi in uso nella liturgia essere stato liberto dal popolo insorto; cattolica: l’Ave Maris Stella il Vexilla regis gli succederà proprio Nicolò Boccassi- prodeunt e il Pange lingua gloriosi.Fu no, che assumerà il titolo di papa col Paolo Diacono a dettare l’epitaffio per nome di Benedetto XI il 22 ottobre la sua sepoltura, definendolo “… sommo 1303. poeta… dalla cui santa bocca abbiamo impa- Per pacificare gli animi assolverà dalla rato le gesta degli antichi santi” ad esalta- scomunica i nemici del papato a ecce- zione dei due autori del rapimento del suo predecessore: Sciarra Colonna e il Pianezze cancelliere Nogaret. Morirà dopo qual-

C che mese, il 7 luglio 1304 a Perugia

OMUNI dove si era trasferito non sentendosi più sicuro a Roma e dove ancor oggi si trova la sua tomba. Il suo successore sarà un cardinale francese con il quale si aprirà una lunga stagione di dipendenza del papato alla casa di Francia, che culminerà con il

282 VALDOBBIADENE trasferimento della sede papale ad Avi- all’università di Padova e autore d’im- gnone nel 1309. portanti pubblicazioni sia nel campo della linguistica storica che in quello Angelantonio Fabbro (1711-1787) della critica letteraria. Fu il primo docente di diritto pub- blico ecclesiastico presso l’Università di Celestino Piva (1867-1937) Padova e in seguito bibliotecario della Imprenditore figlio di imprenditori, stessa università. cercò fortuna negli Stati Uniti emigran- do a Brooklyn. Anche negli Stati Uniti Renato Arrigoni (1781-1864) egli intraprese attività industriali legate Medico, fu uno dei massimi espo- alla lavorazione della seta. Tornato in nenti della cultura trevigiana e veneta patria, a Valdobbiadene legò il suo nome del primo ’800. Editore e collaboratore alla realizzazione di molte opere pubbli- del «Monitore di Treviso», autore di che fra le quali le nuove scuole elemen- saggi medico-igienici curò la traduzio- tari, l’acquedotto e la Banca Popolare ne dal tedesco di molte opere soprattut- che nel 1939 prese il suo nome. to a carattere sociale. Coltivò gli studi di storia patria e a lui si deve la prima PERCORSI NATURALISTICI compilazione della storia di Valdobbia- dene pubblicata nel 1834. Fu amico del Strada vecchia Manzoni, di monsignor Crico e del “Valdobbiadene-Pianezze” Canova, di cui conservava un gran L’itinerario parte da piazza Marconi numero di oggetti personali, donatigli a Valdobbiadene e prende per via San dallo stesso artista. Martino in direzione ovest; giunti sul Nel palazzo di famiglia in Valdobbia- piazzale della località SanFloriano si dene, le dodici colonne in pietra viva lasciano le vetture sull’ampio parcheg- del primo piano erano state scolpite da gio e si prosegue per una ventina di Pietro Canova, padre del famoso Anto- metri per prendere sulla destra il sentie- nio, e dono di quest’ultimo, vi faceva ro che un tempo era la vecchia strada bella mostra un gruppo in creta raffigu- per Pianezze. Dopo circa 15 minuti si rante Adamo ed Eva nella scoperta del giunge in località Legunega, superate cadavere del figlio Abele. alcune abitazioni e il bosco si giunge alla trattoria da Vanin a quota 750, poi Giovanni Follador (1785- ?) in località Perer e infine alla conca di Insigne matematico e fisico, autore si Pianezze, passando di malga in malga. trattati di matematica pura, era nato Le costruzioni sono in pietra locale, il nella frazione di Santo Stefano. Avviato “biancone” che sapientemente lavorata C agli studi presso il seminario di Padova, e squadrata, veniva cementata con la OMUNI ne divenne insegnante assumendo in calce che si ricavava cuocendo altra pie- seguito la carica di abate. tra. In ogni malga era scavata una posa (lama) o una cisterna per la raccolta del- Ugo Angelo Canello (1848-1883) l’acqua per uso domestico e per abbeve- Nato a Guia fu professore di storia rare il bestiame. comparata delle letterature neolatine Nel piazzale di Pianezze è situato il

283 QUARTIER DEL PIAVE

Tempio Internazionale del Donatore, visibili sul fondo roccioso della mulat- costruito nel 1962 con lo scopo di ricor- tiera ed è facile immaginare quanta fati- dare i valori della vita e l’opera benefica ca occorresse per risalire il sentiero dei donatori di sangue. all’alba con la slitta in spalla e per scen- dere poi, con il carico, frenato e guidato Sentiero “Val de Marie - Barbaria” solo con la forza delle braccia. Sul piaz- Il sentiero costituiva un importante zale del Cargador avveniva il trasbordo raccordo fra i pascoli dell’area di Milies e dalle slitte ai carri, dopo l’eventuale quelli dei monti Barbaria, Mariech e pesatura che avveniva su un’impianto Cesen. La sua collocazione in direzione artigianale. est-ovest rendeva particolarmente agevo- Attualmente il sentiero è stato recu- le il trasferimento degli armenti dalla perato ad opera di volontari, che hanno zona di Milies ai pascoli più alti. provveduto anche al restauro del capitel- L’itinerario parte dal tornante della lo di San Prosdocimo presso il quale strada proveniente da Miles e diretta a ogni 7 novembre, ricorrenza del santo Forcella a quota 1055. S’imbocca la stra- patrono, viene organizzata una festa a da forestale fino all’incrocio a quota base di castagne e vino novello. 1110, dalla quale si raggiunge l’impianto di risalita del monte Orsere, a quota Anello delle malghe 1325. La mancanza di neve e l’aumento Si tratta di un percorso panoramico della temperatura che non consente a tutto in quota sopra i 1400 m che parte quote così basse l’innevamento artificia- da malga Mariech e prosegue verso il le, hanno decretato il decadimento di monte Cesen passando per la malga quella che era l’unica stazione sciistica Fossazza e casera Forcelletta in località della provincia di Treviso. Il sentiero pro- Lavello Alto. Il sentiero corre in quota segue verso ovest verso la valletta posta sulla Val de Marie, dai ripidi versanti. Il tra il Col Toront e il monte Orsere. In colpo d’occhio che offre questo sentiero breve si giunge al rifugio El Cason sul spazia dal monte Grappa alla valle del monte Barbaria, a quota 1462. Piave. Si prosegue per malga Col Toront e si aggira a nord il monte Orsere, da “Cal dei sas” qui si arriva in Val della Posa e poi a Il sentiero parte dal piazzale chiama- Lavel Basso. Da qui si prosegue verso to cargador , che si trova a monte della malga Barbaria e quindi verso il colle borgata di Ron. La mulattiera che inizia Ortigher. Da questo punto si può tor- da qui si chiama “Cal dei sas” perché è nare indietro a Malga Mariech oppure scavata quasi interamente nella roccia. proseguire verso destra in località Col

C Fino a qualche decina di anni fa era Posanova e poi verso casera Forconetta.

OMUNI ancora utilizzata per trasferire dal monte Da casera Federa si continua verso nord al piano, con l’ausilio delle musse (slitte), per monte Castellet fino ad arrivare alle il foraggio falciato durante l’estate, il Fratte e qui si torna a casera Forcona. Si legname prodotto e il fogliame per le procede ancora verso la località Busa del lettiere nelle stalle durante la stagione Pian de Vedin e si percorre la valle di invernale. I segni dei pattini delle slitte Pecol, arrivando nuovamente alla malga che trainavano i carichi sono ancora Mariech.

284 C OMUNI . bertha + waldaz Bertaldus. , di luogotenente con riferimento all’anti- per il ruolo di guida che Victorius Toponomastica guidor ) il cui culto si diffuse nella zona Altra derivazione faAltra derivazione risalire il topo- la frazione di Colbertaldo la Per Diverse sono le opinioni sull’eti- Diverse attribui- La fantasia invece popolare vitis + oriu Attualmente questa zona è intensa- nimo a rispetto avuto agli altriil paese avrebbe in del Quartiercomuni del Piave epoca medioevale. di origine ono- è invece derivazione mastica dal germanico (illustre, famoso + capo potente); nella forma latina troviamo mologia del nome di Vidor.mologia di del nome Secondo “Vidor”l’Olivieri il toponimo deriva da in questi luo- ca diffusione della vite ghi. sce la paternità del nome alla presenza di un certo Alboino,“fare” lasciato a custode delle (da cui Vittore a san della zona oppure Victor del dopo la traslazione delle spoglie martire dalla Siria dei al monastero e CoronaVittore Santi di Feltre mente coltivata e segnata da uno svilup- mente coltivata e po edilizio che pian piano ha stravolto 285

Scendendo verso la piana alluvionale Scendendo verso Il territorio di Vidor si inserisceVidor Il territorio nel- di Vidor si estende sulla sinistra idrogra- Vidor si estende sulla IDOR

Ambiente e paesaggio

V ni argillosi. umido e pesante caratteristico dei terre- “palù”, il suolo per drenare creati Moriago,dai campi chiusi, costituita i verso il confine con il comune di il confine con il comune verso su suolo leggero e l’altra,su suolo leggero localizzata diverse: aperti una costituita dai campi si incontrano due realtà strutturalmentesi incontrano due realtà coltivazione della vite. coltivazione le le colline sono caratterizzate dalla mondiale, nella zona meridiona- mentre resinosi piantati dopo la primaresinosi guerra bosco originario mescolato ad alberi sole è più scarsa, macchie di presenta line, l’esposizione del nelle zone dove ni. La parte più settentrionale delle col- rocce che per la composizione dei terre- che rocce per le caratteristiche geologiche delle la Teva, il Rosper e il Ruio Bianco,la sia senza del fiume Piave e dei suoi affluenti senza del fiume Piave influito in maniera determinante la pre- paesaggistiche sulle quali ha e ambientali del comune Colbertaldodel comune e Bosco. entità e nel suo insieme ospita diverse pendici del monte Cesen. frazioni Sono occidentale del Quartierl’area del Piave si apre ad anfiteatro dall’abbazia fino alle ad anfiteatro si apre del fiume Piave e la dorsaleche collinare del fiume Piave ritorio greto tra il è compreso comunale fica del fiume Piave a 152 m s.l.m. a fica del fiume Piave Il ter- QUARTIER DEL PIAVE mutato radicalmente il paesaggio. Al megaceri. La campagna di scavo, il limite di questa piana inizia la scarpata restauro dei resti del mammuth in parte del fiume che prosegue nella realtà schiacciati e la ricostruzione delle parti boschiva delle “grave”, caratterizzate dal mancanti, hanno permesso l’esposizione suolo ghiaioso che prelude al corso del del reperto, che dal 1986 si trova presso fiume. il Museo di Storia Naturale di . La storia La zona continuò ad essere abitata Caratteristiche ambientali molto anche in epoca romana ed è probabile varie in un territorio relativamente che parte del territorio pianeggiante ridotto hanno favorito la colonizzazio- della frazione di Colbertaldo, a confine ne del territorio da parte dell’uomo fin con il comune di Moriago, sia stata dai tempi più remoti. La presenza interessata da una sistemazione secondo umana in epoca preistorica è documen- i canoni della centuriazione romana. tata dal ritrovamento di vari reperti che I ritrovamenti di tombe di epoca testimoniano la frequentazione della romana, complete di corredo funebre, zona da parte di cacciatori che trovava- avvalora l’ipotesi di un abitato situato no nella foresta e nella piana alluvionale lungo la direttrice di una strada che animali per le loro battute di caccia. correva parallela al corso del Piave. I Raschiatoi, lame, bulini, punte di frec- corredi tombali composti di monete, cia, frammenti ceramici e manufatti in gioielli, lucerne, ollette, fibule sono visi- selce sono testimonianze preziose delle bili presso il Museo Civico di Monte- ere preistoriche. Parte di questi materiali belluna. è ora esposta nel Museo di Storia Natu- Al centro di importanti vie di comu- rale di Crocetta del Montello. nicazione e quindi di interessi politici e Ma il reperto più prezioso dal punto militari, il territorio del comune di di vista paleontologico, è certamente Vidor acquista in epoca medioevale quello del mammuth “Gaetano” rinve- importanza strategica grazie al suo porto nuto nel 1974 nella cava Codello di fluviale, al castello e all’abbazia. Il castel- Colbertaldo. In precedenza, nel territo- lo sorse probabilmente poco dopo il rio comunale di Vidor, erano stati rinve- Mille come sede del corpo di guardia nuti anche i resti di due che presidiava il porto fluviale e rimase in funzione fino al XVI secolo tra alter- ne vicende e svariati passaggi Vidor, villa Zadra di proprietà. Vidor, le colline circostanti in un’immagine invernale

Nel 1510, durante la guerra che centro di una intensa attività produttiva Venezia sostenne contro la Lega di agricola e artigianale, cui si aggiungeva Cambrai, durante uno scontro con l’e- l’attività del passo di barca che fino al sercito dell’imperatore Massimiliano I 1871, anno di costruzione del ponte, d’Asburgo, comandato dal generale rimase privilegio dell’abate di Vidor Lechtenstein, il castello venne completa- garantendo una cospicua fonte di reddi- mente raso al suolo insieme al villaggio to. Nel ’700 iniziò ad assumere rilevan- di Nosledo che sorgeva a est della loca- za il ceto dei proprietari borghesi che lità Bosco. Sorte analoga ebbe il maniero assumeranno un ruolo trainante nello turrito che sorgeva a Colbertaldo: venne sviluppo economico e politico del ter- infatti completamente distrutto dai tre- ritorio, come ad esempio la famiglia vigiani per evitare che Ezzelino da Parteani che promosse l’introduzione Romano se ne impossessasse. dell’industria serica nella seconda metà Intorno alla metà del XIII secolo del ’700. sorse ad opera dell’omonima e antica Dal punto di vista amministrativo, confraternita il Pio Ospitale di Santa sotto il dominio della Serenissima il ter- C

Maria dei Battuti che dava ospitalità e ritorio di Vidor, con le frazioni di OMUNI assistenza ai numerosi pellegrini e fore- Moriago, Mosnigo e Colbertaldo, stieri di passaggio. L’ospitale rimase in apparteneva al comune di Treviso. Con funzione fino ai primi dell’Ottocento, decreto napoleonico del 1797 fu asse- quando venne trasformato in Congre- gnato alla municipalità di Valdobbiade- gazione di Carità. ne, distretto di Treviso e divenne sede di Nel Cinquecento Vidor risultava un giudice di pace. Nel 1807, sotto

287 QUARTIER DEL PIAVE

l’amministrazione austriaca, perdette le continuando fino ad anni recenti. frazioni di Moriago e Mosnigo, divenu- Durante la prima guerra mondiale il te autonome, mantenendo solo le fra- paese si trovò in prima linea e il ponte zioni di Colbertaldo e Bosco. Nell’Ot- venne fatto saltare dalle mine, permet- tocento, nonostante le arretratezze tendo così l’assestarsi della difesa italiana strutturali dell’economia agricola, si sulla linea del Piave. I bombardamenti assiste allo sviluppo di attività di tipo in preparazione dell’offensiva e in industriale come fornaci di laterizi e appoggio all’avanzata italiana del 25 officine meccaniche, vengono promosse ottobre 1918 lasciarono il paese quasi inoltre iniziative nel settore lattiero- completamente distrutto. caseario e fiorente appare il settore di Oggi Vidor è un attivo centro pro- produzione e lavorazione della seta. Tra duttivo e vitivinicolo. gli impianti funzionanti, la filanda dei fratelli Zadra assunse dimensioni consi- L’abbazia di Santa Bona derevoli, tanto che intorno al 1925 arri- La presenza nella nobiltà feudale vava a occupare circa 500 addetti e col- vidorese di alcuni cavalieri che avevano locava i suoi prodotti sul mercato nazio- partecipato alla prima crociata,promosse nale e straniero. Nonostante la presenza la fondazione dell’abbazia di Santa Bona di queste attività industriali il fenomeno tra il 1106 e il 1110. Le consistenti dell’emigrazione transoceanica e stagio- donazioni consentirono ai monaci bene- nale interessò anche il comune di Vidor dettini di realizzare un complesso mona-

L’abitato di Vidor in una cartolina del 1959 C OMUNI

288 VIDOR

Blasoni popolari

I vidoresi vengono scherzosamente definiti pestarei come il piatto tradizionale della cucina veneta povera a base di polenta e latte, a causa della forma arrotondata della cupola del campanile della chiesa arcipretale, che ricorda appunto la forma del paiolo nel quale si cuoce la polenta. Gli abitanti di Colbertaldo invece sono detti burci perchè facevano il buro battendo il burcio, ovvero la zangola. Erano quindi considerati campa- gnoli rispetto ai Vidoresi. Gli abitanti di Boso, da sempre frazione più povera del terri- torio erano detti baruffanti perché miseria e povertà provocavano spesso liti per futili motivi.

stico che ben presto divenne centro di plesso abbaziale per il suo valore è stato un’intensa opera di disboscamento e inserito nel patrimonio storico e artisti- bonifica del territorio, attraverso inse- co della regione Veneto. diamenti agricoli e l’opera della servitù contadina. Valenze architettoniche La cattiva gestione di alcuni abati e le compromissioni con il potere politico L’abbazia di Santa Bona minarono l’autorità e la fama del mona- Non si hanno date precise circa la stero, che nel XIV secolo passava anche costruzione del complesso abbaziale di per luogo nel quale si conduceva vita Santa Bona di Vidor; per certo appare dissoluta. L’accusa venne confermata da già eretto e funzionante nel 1175. Al un’ispezione che verificò il decadere dei nucleo primitivo appartengono la chie- costumi e la condotta immorale dello sa, il campanile, il chiostro, la sacrestia e stesso abate. Oggetto di interesse e di la sala del capitolo successivamente ven- contese tra le famiglie nobili della pro- nero realizzati i locali; delle cucine, vincia il monastero venne precocemen- ambienti per i novizi, dormitori, sale di te affidato in commenda, entrando in rappresentanza, laboratori e magazzini una fase di declino fino alla definitiva per la gestione dei beni del grande soppressione veneziana nel 1773. I beni patrimonio fondiario del monastero. dell’abbazia furono messi all’asta e Nel corso dei secoli l’abbazia subì acquistati dal nobile Niccolò Erizzo diversi rifacimenti fino ad una consi- passando in seguito agli eredi Maniscal- stente ristrutturazione operata nel C chi ed Albertini, che posero mano ai XVIII secolo dalla famiglia Erizzo, che OMUNI lavori di restauro e ampliamento facen- provvide anche all’ampliamento delle done una dimora privata. Semidistrutta sue adiacenze. Il radicale restauro con- durante la prima guerra mondiale, l’ab- seguente alle distruzioni della prima bazia venne ricostruita e passò in pro- guerra mondiale ha rimesso in luce le prietà alla famiglia Da Sacco, che ne caratteristiche originarie del comples- detiene ancor oggi il possesso. Il com- so.

289 QUARTIER DEL PIAVE

Vidor, chiesa monumentale ai Caduti della Grande Guerra

La chiesa distinguono per i differenti elementi Sobria e semplice nel suo impianto decorativi. Particolari sono le quattro romano, ha un’unica navata con due colonne angolari con i motivi intrec- altari laterali dedicati a San Benedetto e ciati che ricordano quelle del monaste- a San Girolamo. L’altar maggiore risale ro di Follina. La parete sud è decorata al 1592 e custodiva al suo interno le con un grande affresco quattrocentesco venerate reliquie della santa egiziana che rappresenta la Vergine in trono con Bona. Distrutta la chiesa con i suoi Gesù benedicente fra san Giovanni Battista arredi durante la prima guerra mondia- e san Gerolamo. le, le preziose spoglie vennero traslate a Verona fino al completamento dei La chiesa arcipretale di Vidor restauri avvenuto nel 1940. Poterono L’edificio attuale sorse nel XVIII tornare quindi nell’omonima chiesa secolo, in sostituzione della vecchia abbaziale venendo accolte con solenni chiesa di Santa Maria del Castello ubi- cerimonie. cata sulla cima del colle, in prossimità La base del campanile, addossata alla del castello di Vidor.

C chiesa, risale al XIII secolo, mentre la Progettata dall’architetto comasco

OMUNI parte superiore è stata completamente Giovanni Rossi in stile neoclassico, l’e- ricostruita. dificio subì un radicale intervento di restauro in seguito alle devastazioni Il chiostro della prima guerra mondiale. A pianta quadrata, chiuso sui lati da Dedicata al Nome Santissimo di muretti che sostengono una serie di Maria ha un’unica navata e diversi alta- colonne in pietra con capitelli che si ri laterali settecenteschi.

290 VIDOR

L’altar maggiore, in marmo di Car- rara, è sovrastato da un tabernacolo con ai lati due angeli attribuiti al Canova o alla sua scuola (vedi itinerario n. 1).

La chiesa monumento ai caduti Il sito collinare era sede del castello di Vidor e della chiesa ad esso adiacente dedicata alla Natività di Maria. Distrut- to il castello nel 1510, la chiesa venne risparmiata e fino al 1748, anno di completamento dell’arcipretale, rimase la chiesa parrocchiale di Vidor. Spoglia- ta dei suoi arredi e declassata a oratorio campestre, venne completamente distrutta durante i bombardamenti del primo conflitto mondiale. Sulle sue rovine sorse nel 1925 la chiesa monu- Colbertardo, chiesa parrocchiale mento ai caduti opera dell’architetto veneziano Brenno Del Giudice. Durante i lavori di scavo sono emer- navata unica. Le sculture sugli altari se le fondazioni del castello e un tronco sono opera di artisti Valgardena. di colonna ora collocato nel piazzale antistante il monumento. Il santuario Il tempio in stile romanico è prece- della Madonna delle Grazie duto da un porticato, la chiesa è dedi- La fondazione del santuario risale al cata alla Beata Vergine Addolorata. 1346-1353 periodo nel quale giunsero Nella cripta sono custoditi i resti dei a Colbertaldo alcuni Servi di Maria del caduti di Vidor. La statua della vittoria monastero di Santa Caterina di Treviso alata, sulla facciata della chiesa è opera per sfuggire all’epidemia di peste nera dello scultore veneziano Martinuzzi. che era giunta anche in quella città. Risparmiati dal contagio, i frati e la La parrocchiale di Colbertaldo popolazione presero a considerare tau- Cappella dell’omonimo castello era maturgica un’immagine della Vergine dedicata a Sant’Andrea, si presentava custodita forse in un piccolo oratorio adeguatamente decorata e fornita. L’e- del luogo. La comunità monastica visse dificio subì restauri ed ampliamenti tra grazie a donazioni e lasciti e trovò sta- C

XVIII e XIX secolo che ne modifica- bile dimora nel nuovo convento OMUNI rono radicalmente l’aspetto. Completa- costruito tra il 1520-1530. Il santuario mente ricostruita in seguito alle deva- della Madonna si presentava già da allo- stazioni belliche, la struttura attuale, con ra ricco di suppellettili e adornato di la sua facciata di mattoni decorati a parecchi ex voto. vista, riprende gli elementi costitutivi Il monastero visse fasi alterne di del precedente edificio. L’interno è a povertà e relativa prosperità, anche se

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non raggiunse mai la consistenza di altre fondazioni vicine. L’inarrestabile Feste declino si manifestò nel corso del ’700, anche a causa di dispute e controversie con la parrocchia di Colbertaldo che Festa patronale di San Giuseppe a mal tollerava le ingerenze dei frati. Il Vidor il 19 marzo, Mostra del vino in convento venne soppresso nel 1776 primavera, Vidorfest dal 16 luglio. Set- dalla Serenissima, i suoi beni affidati alla tembre vidorese con il palio, in conco- parrocchia di Colbertaldo e da questa mitanza con la millenaria fiera di Santa data il santuario viene nominato come Bona. La festa della Madonna del San- “ospizio”. L’edificio abbandonato cadde tuario delle Grazie cade nel mese di in disuso e alla fine dell’800 lo stabile luglio e il 24 settembre. Dal 25 al 30 viene citato come eventuale lazzaretto novembre si svolge la Rassegna Vini per i colerosi. prosecco Colli di Colbertaldo, in occa- Restaurato negli anni ’80, l’edificio è sione del patrono, Sant’Andrea. meta di gite ed escursioni. Interessante è l’affresco cinquecentesco raffigurante una Madonna con bambino e Annunciazio- ne, opera di un pittore locale. soldati italiani in fuga dopo la rotta di Il ponte di Vidor Caporetto, venne spezzato per impedire Scrive Claudio Pasqual: «Di tutte le agli austriaci di oltrepassare la linea realizzazioni ottocentesche nel settore difensiva attestata sul Piave. delle comunicazioni stradali, quella dalle più ampie ripercussioni economi- TRADIZIONI E LEGGENDE che fu senz’altro la costruzione del ponte sul Piave». La realizzazione di Rosa e Rizzardo un’opera così imponente più volte pen- La leggenda che ha per protagonisti sata e giunta anche alla fase di progetta- Rizzardo, giovane e valoroso capitano zione nel corso dell’800 si concretizzò della guarnigione del castello di Vidor, e solo grazie all’apporto dei comuni limi- Rosa, ultima discendente della nobile trofi che si consorziarono per la sua rea- famiglia dei Da Vidor, è ambientata nel lizzazione. Si deve al primo sindaco medioevo, in un periodo funestato da della Vidor italiana, il nobile Francesco continue guerre tra le fazioni che si Miniscalchi, l’avvio dei lavori per il col- contendevano i castelli della fascia colli- legamento fra la sponda vidorese e nare pedemontana. Bigolino. Il manufatto in legno fu ini- Una sera Rizzardo si trovava fuori

C ziato nel 1871 e venne compiuto nel del castello per una solitaria passeggiata

OMUNI 1876 e nel cantiere di lavoro erano quando venne presto richiamato dai impegnate giornalmente dalle 60 alle rintocchi della campana che dà il 100 persone. Più volte distrutto dalle segnale d’allarme. I nemici, capeggiati frequenti piene, venne definitivamente da Gerardo di Collalto e Rizzardo da demolito nel 1912. L’anno precedente Camino, erano potuti penetrare nel era stato inaugurato un nuovo ponte in castello espugnandolo grazie alla com- pietra che nel 1917, minato dagli ultimi plicità di un traditore che aveva loro

292 VIDOR aperto una delle porte. Rifugiatosi con compagna e quando questa, gravemente gli altri fuggiaschi nell’abbazia, Rizzar- malata, morì, Bona chiese la grazia di do apprese da una cugina e dal suocero poter seguire il suo stesso destino. Fu morente che Rosa era riuscita a metter- esaudita, e tre giorni dopo la morte si in salvo chiudendosi nella torre del della consorella, spirò. Al momento del castello. Con pochi valorosi compagni trapasso il corpo della vergine venne decise di andare ad affrontare i nemici, avvolto da una luce splendida ed emanò penetrando nel castello attraverso un soavissimo profumo fino alla sua tumu- passaggio segreto che lo porta proprio lazione. nella torre dove si era rinchiusa Rosa. I due sposi tentano di fuggire, ma furono Il signor da Vidor rapidamente scoperti e inseguiti. Si Il detto popolare Signor da Vidor, ciòl ingaggiò una lotta corpo a corpo e la barca e vegname cior.. trova la sua origi- nella confusione Rizzardo credette che ne nel privilegio di cui godevano gli Rosa fosse riuscita a fuggire attraverso il abati dell’abbazia di Santa Bona per la passaggio sotterraneo e fosse ormai in gestione del porto fluviale e del passo salvo nell’abbazia. In realtà nel trambu- barca di Vidor. Il diritto, sancito con un sto Rosa era stata catturata dal conte di documento del 1106, continuò fino al Collalto che, pago della sua preda, desi- 1871, anno di entrata in funzione del steva dall’inseguire fuori dal castello primo ponte in legno. La popolazione Rizzardo e i suoi. Questi, giunto infine del paese godeva di una speciale esen- al monastero apprende con orrore che zione non essendo tenuta a pagare il Rosa non vi è ancora giunta; volgendo passaggio ai traghettatori. A ricordare i gli occhi al castello vede la figura della traghettatori, resta nella tradizione donna che tanto amava, precipitarsi popolare la filastrocca che così recita: dalla torre dentro il fiume. Disperato si Signor da Vidor, ciolé la barca e vegnéme unisce a lei nell’infelice destino gettan- cior. Quel da Bigolin l’é masa picinin, quel dosi con un balzo nel fiume e, lasciatosi da Cian l’é an poro can, de quel de Onigo travolgere dalla corrente, poco dopo no me fido, quel da Col no me vol. scompare tra i flutti. Il soprannome signor è rimasto ad identificare la famiglia Reghin, che per Santa Bona, la fanciulla egiziana secoli si è tramandata il mestiere di tra- La tradizione vuole che la fanciulla ghettatore alla barca dell’abbazia. egiziana fosse di stirpe reale perché nata dal nobile satrapo Zabul. Rimasta orfa- PERSONAGGI ILLUSTRI na di entrambi i genitori all’età di dodi- ci anni, rifiutò un ricco matrimonio I signori Da Vidor: C combinato dai parenti, dichiarando di Giovanni da Vidor, nobile feltrino OMUNI voler abbracciare la religione cristiana. col titolo di Miles imperiale in due Costretta alla fuga a causa della sua pro- diplomi rilasciati dal patriarca di Aqui- fessione di fede, si rifugiò in un con- leia, visse intorno all’anno mille. La vento dove, dopo il battesimo, vestì l’a- famiglia era di elevata estrazione sociale bito religioso. Nel convento Bona di e tra XII e XIII secolo i Da Vidor eser- legò di profonda amicizia con una citavano la loro influenza tra il Piave e il

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Soligo e disponevano di un loro seguito bolenta. Una visita ispettiva del 1300 di vassalli e di una masnada, cioè una evidenziava infatti la biasimevole con- clientela rurale armata. I punti di forza dotta dell’abate che conduceva il mona- della famiglia furono sempre il castello, stero con interessi personali, intrattene- il monastero e alcuni portus sul Piave. va connessioni con il potere politico e Con la vendita del castello ad Ezzelino istigava sentimenti di rivolta contro Da Romano i Da Vidor persero la fisio- Pomposa: fu destituito nel 1308, ma nomia di signori rurali per trasformarsi riuscì a farsi reinsediare nella carica in cittadini trevigiani annoverando tra i poco dopo grazie all’intervento dei Da membri della famiglia procuratori del Camino. Tra gli abati commendatari si comune, consoli, giudici e chierici, tra i ricordano il cardinale Girolamo Bon- quali emerse l’illustre vescovo Tiso. compagni e Pietro Ottoboni, che divenne papa col nome di Alessandro Giovanni Gravone VIII nel 1689. Fu il principale donatore di beni a favore della costituenda abbazia di PERCORSI NATURALISTICI Vidor. La tradizione vuole che sia stato lui a riportare il corpo di santa Bona Non esistono in comune di Vidor dall’Egitto, di ritorno dalla prima cro- percorsi naturalistici strutturati, ma è ciata. comunque possibile percorrere tratti suggestivi di sentieri che si inerpicano Abati dell’abbazia di Vidor sulle dorsali delle colline vidoresi, Tra il 1175 e il 1266 il complesso oppure seguire il corso del Teva parten- abbaziale fu retto da otto abati. I loro do da Colbertaldo fino a raggiungere il nomi sono Marco (1175), Auliviero Piave. (1192-1202), Guido (1223), Corrado Le colline di Colbertaldo apparten- (1228), Salomon (1230-1235), Stefano gono alla zona di produzione del rino- (1261), Alberto (1261-1263), Bartolo- mato Cartizze. La conformazione geo- meo (1265-1266).Alla tranquilla età dei grafica di questa zona, il microclima e primi abati seguì un periodo confuso un umore particolare del terreno, con- che ebbe nel quarantennio abbaziale di sentono la coltivazione del Prosecco Endrighetto da Treviso l’epoca più tur- superiore di Cartizze. C OMUNI

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INFORMAZIONI UTILI

Per informazioni

Pro Loco Quartier del Piave Piazza Vittorio Emanuele II 31053 Pieve di Soligo (TV) tel. 0438/980699 fax 0438/985718 e-mail: [email protected] sito internet: www.venetando.it

Sportello Leader di Follina Via Convento 1 31051 Follina (TV) tel. 0438/971666 fax 0438/974245 e-mail: [email protected] sito internet: www.venetando.it

Onda Verde Viaggi di Valsana Servizi pic.soc.coop.ar.l. Via Convento 1 31051 Follina (TV) tel. 0438/970350 fax 0438/974245 e-mail: [email protected]

Finito di stampare nel mese di settembre 2000 da Cierre Grafica per conto di Cierre Edizioni