«Sono Gli Abitatori Devotissimi Del S. Crocifisso Della Marona» Per Una Storia Della Cappella Al Pizzo Marona Fabio Copiatti E Monica Gagliardi

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«Sono Gli Abitatori Devotissimi Del S. Crocifisso Della Marona» Per Una Storia Della Cappella Al Pizzo Marona Fabio Copiatti E Monica Gagliardi «SONO GLI ABITATORI DEVOTIssIMI DEL S. CROCIFIssO DELLA MARONA» PER UNA STORIA DELLA CAPPELLA AL PIZZO MARONA Fabio Copiatti e Monica Gagliardi a sempre chi osserva i monti che fanno da corona alle Valli Intrasche Dnon può fare a meno di notare una cima che sembra innalzarsi più elevata tra le altre: «Essa [la valle Intrasca] è solcata tutta da strade e sentieri di agevole declivio, per cui si passa da paese a paese e di cima in cima si sale, attraversando minori vallette e burroncelli, sino alle vette dei sovrapposti monti, dei quali il più alto è il Pizzo Marrone [sic] che solleva l’aguzza vetta su tutte le montagne del Verbano». Così scriveva Achille Mauri nel 1836 nel racconto Il Pizzo Marrone e il voto d’una madre, e, qualche anno dopo, anche Luigi Boniforti, nel suo Il lago Maggiore e dintorni, decantando «[...] il mirabile anfiteatro di selvosi monti, di fioriti poggi e ripiani, di più erte montagne dominate in fondo alle valli dall’aereo Pizzo Marone [...]». Ancora nel 1946 don Angelo Fossati, parroco di Intragna dal 1904 al 1956, ebbe a scrivere sul giornale Monte Marona:3 1 A. Mauri, Il Pizzo Marrone e il voto d’una madre, in «Il Giovedì. Lettura per i giovanet- ti», n. 55, 17 novembre 1836, cfr G. Margarini, La storia di un’escursione al Pizzo Marona (e un caso di plagio editoriale), in «Verbanus», n. 7 (1986), pp. 1-39. L. Boniforti, Il lago Maggiore e dintorni, s.d. (ma 1857), p. 140. 3 A. Fossati, La ricostruzione della Cappella della Marona, in «Monte Marona (Il Pro- gresso del Verbano Cusio Ossola)», a. 11, n. 49, 5 giugno 1946, p. 3. Don Angelo Fossati nacque a Castelletto Ticino nel 1876, morì a Intragna il 16 febbraio 1956. 51 «[...] quasi a difesa di questo lembo di cielo, appare la Cima Marona nella sua magnificenza [...] che dà la mano al monte Zeda, qualche centinaio di metri in più di altezza». Il monte Zeda è infatti, con i suoi 156 m, la cima più alta del lago Maggiore, ma dalla piana verbanese è il Pizzo Marona (051 m) ad apparire - per una pura regola prospettica - svettante sul primo. Questo sicuramente contribuì a fare della Marona4 il “monte” per eccellenza degli Intresi e di tutti gli abitanti delle Valli limitrofe. La stessa sezione Verbano Intra del Club Alpino Italiano, costituitasi a Intra nel maggio del 1874, il 5 luglio dello stesso anno volle tenere il proprio battesimo ufficiale sulla vetta della Marona, preferendola al Monte Zeda. Ci piace in proposito ricordare quanto, con felice intuizione, Emanuele Villa scrisse:5 «Il complesso della Marona, col tempo ha acquisito una sacralità religiosa, quale sembra ripudiare, invece, la vicina vetta dello Zeda». Prossima alla vetta del Pizzo Marona sorge una cappelletta, «tenuta in gran devozione da tutti i montanari dei dintorni».6 Sull’origine della devo- zione e, di conseguenza, della cappella aveva scritto don Fossati: «L’origine della divozione al Ss. Crocifisso della Marona si perde nel tempo. Al mio entrare in Parrocchia, 41 anni or sono interrogai non pochi anziani, ma ben poco potei recimolare. E cioè: pare che in antico si fosse collocato su quella cima tanto esposta ai fulmini, da pia persona un piccolo Crocifisso, difeso da due pietre laterali e da una trasversale onde implorare dal Cielo le benedizioni sui numerosi greggi lasciati al libero pascolo. Più tardi, con l’elemosina di pie 4 Per la storia alpinistica del Pizzo Marona e del Monte Zeda si rimanda a: T. Valse- sia, Val Grande ultimo paradiso, parco nazionale, Alberti Libraio editore, Verbania, 006; R. Clemente, P. Amedeo (a cura di), Club Alpino Italiano, Sezione Verbano - Intra, Cronache dei primi venticinque anni 874-899, Alberti Libraio editore, Verbania, 004; L. Rinaldi, Vento della Zeda, Edizioni LibRi, Bodio Lomnago, 1998 (iii ed.), disponibile su http://www. liboriorinaldi.it. 5 E. Villa, Momenti dell’irrazionale nella Valle Intrasca, estratto da «Novara», n. 6, anno 198, p. 18. 6 Mauri, Il Pizzo Marrone..., cit., p. 5 persone o prestazioni gratuite si costruì una piccola cappella senza sagoma. Era piuttosto un antro in cui trovavano riposo e pecore e persone all’imperversare del cattivo tempo. Nel 1900 il Rev. Don Giovanni Bolli, allora reggente parrocchiale di Intragna, a ricordo dell’anno giubilare, attraverso non pochi sacrifici e spese aggiunse alla parte esistente un prolungamento e l’altare per la celebrazione della S. Messa. L’antico crocifisso, collocato in apposita teca, per opera di sacrileghi mascalzoni, mutilato nelle braccia e nelle parti inferiori era tuttavia fino al pre- sente oggetto di pia divozione e da tutti baciato. In generale tutta la valle Intrasca, la valle Cannobina, l’Ossola ed anche tanti forestieri d’ogni ceto, ogni anno si facevano scrupolo di portarsi lassù... ed assai frequente si incontrano madri che lassù recavano i loro bimbi per implorare la benedezione del SS. Crocifisso». Nei paesi della Valle sono conosciute le leggende del «Crocifisso della Marona» e quelle del «Ponte del diavolo» e della «Scala Santa», che spiegano l’origine della cappella.7 Nel 1986 Giorgio Margarini raccolse quanto si sapeva o si era scritto circa l’edificazione della primitiva cappella e le successive ricostruzioni: di certo si poteva affermare che nel 1836 la cappella era già esistente, essendo stata citata nel racconto del Mauri, anche se con la dedica alla Madonna invece che al Crocifisso.8 Nel 1870 ritroviamo il piccolo edificio sacro ci- tato nel racconto Sul Pizzo Morone, come «cappelletta assai venerata dai nostri montanari».9 Il ritrovamento di alcuni documenti inediti conservati nell’Archivio Borromeo dell’Isola Bella e nell’Archivio Parrocchiale di Intragna fornisce ora nuovi elementi utili alla ricostruzione di una storia della cappella. 7 Cfr A.M. Bottacchi, Tradizioni popolari della Valle Intrasca (Novara, Italia) tra pas- sato e presente, tesi di laurea, relatore Prof. G. Guariglia, facoltà di Magistero – Pedagogia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, a.a. 1980-1981, p. 94-97; Villa, Momenti dell’irrazionale..., cit., p.18; P. Chiaberta, Non è vera ma è così. Racconti e favole della Valle Intrasca, Tararà, Verbania, 000, pp. 1-13. 8 La dedica della cappella alla Madonna era forse una licenza letteraria del Mauri. La ri- troviamo però anche in I monti e le valli d’Intra di E. Brusoni («La Rivista Mensile del CAI», n. 7, 1891, p. 0). Si può supporre - come scrive Margarini - che accanto al crocifisso fosse stata collocata un’immagine della Vergine, molto venerata nelle valli Intrasche. Cfr Marga- rini, La storia di un’escursione..., cit., pp. 8-31. 9 A. Anceschi, Sul Pizzo Morone, Tip. Calderini, Reggio nell’Emilia, 1870, p. 14. 53 Il disegno del 657 con l’indicazione della «Chiesa di Marona» (ripr. aut. Archivio Borromeo 5 marzo 2008) «Ecclesia Maronae», anno 434 Si poteva supporre che la devozione al Crocifisso della Marona fosse antica, ma che la presenza di una cappella o luogo di culto in vetta al monte risalisse al medioevo era difficile anche solo da immaginare. Eppure, dai dati emersi nelle ricerche d’archivio, sembra che a secoli così lontani debba farsi risalire la presenza di un edificio sacro sul Pizzo Marona. A rivelare ciò è la trascrizione seicentesca, conservata tra le carte dell’Ar- chivio Borromeo, di una pergamena datata 8 ottobre 1434.10 In essa si discute una lite tra le comunità di Intragna e Miazzina in merito all’utilizzo di pascoli, controversia che si trascinò nei secoli e che all’inizio del Seicento ancora infiammava gli animi degli abitanti dei due paesi. Come spesso accade in casi analoghi, nel documento vengono indicati i confini del territorio11 conteso tra le parti: Cavalova, Casera Vegia, Tro- xellum, Cavaletto, Forcula, Forcula de Cugnola Curta, Pede Asini sono solo alcuni dei toponimi citati nel documento. Tra questi, uno riveste grande importanza: Ecclesia Maronae, «Chiesa di Marona». E «Chiesa di Marona» si ritrova, questa volta in lingua italiana, anche nel disegno allegato al do- cumento, eseguito nel 1657 da Gio. Stefano Borri, podestà di Intra e valli vissuto in pieno Seicento: «In quanto poi all’istromento sopra acennato di concordia seguita fra le suddette Comunità, ne invio qui annessa la copia, acciò possa conoscersi il convenuto anticamente fra le parti, et insieme ho procurato con l’informatione avuta da’ persone informate del sito del luogho, formarne il disegno, qui inserto, per mag- gior chiarezza del negotio». Ma che dimensioni e forma aveva l’edificio chiamato «Ecclesia Maro- nae»? Difficile al momento saperlo, anche se si può supporre che fosse una semplice e piccola cappella, meritatasi l’appellativo di chiesa per l’impor- tanza che aveva quale termine di confine. 10 Archivio Borromeo Isola Bella, Fondo Comuni, Miazzina. 11 Alcuni di questi termini divisori sono forse ancor oggi riconoscibili nei cruciformi incisi sulle rocce della dorsale del Pian Cavallone, cfr A. Biganzoli, Incisioni rupestri nel Verbano, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», LXXXIII, n. 1 (gennaio-giugno 199), p. 39. 55 Registro conservato in Archivio Parrocchiale a Intragna Cronache della Cappella del Ss. Crocifisso di Marona dal 827 al 909 Del fatto che la cappella della Marona fosse importante come «sito di con- fine» parla anche il terzo documento che qui presentiamo, ossia il Registro delle entrate e delle uscite delle cappelle della Marona e del Piancavallone per gli anni che vanno dal 187 al 1909.1 Nella prima pagina di questo registro don Giovanni Bolli, parroco di Intragna dal 1890 circa al 1906,13 annotò alcune date significative della storia della cappella del Pizzo Maro- na.14 E tra queste, proprio in apertura, leggiamo: «Nel 1717 piccolo muricciolo col Crocifisso, chiamato Ecclesia Maronae perché sito di confine».
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