SULLA SARDEGNA ANTICA

La Sardegna Tolemaica di Mario Cabriolu [email protected]

« […] Non è il geografo che va a fare il conto delle città, dei fiumi, delle montagne, dei mari, degli oceani e dei deserti. Il geografo è troppo importante per andare in giro. Non lascia mai il suo ufficio, ma riceve gli esploratori, li interroga e prende degli appunti sui loro ricordi […]».

«Le geografie», disse il geografo, «sono i libri più preziosi fra tutti i libri. Non passano mai di moda. E’ molto raro che una montagna cambi di posto. E’ molto raro che un oceano si prosciughi. Noi descriviamo delle cose eterne»

Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, cap.XV

2 Sommario 1. Premessa ...... 4 2. Introduzione ...... 5 3. Da distanze a coordinate, da coordinate a distanze...... 5 4. Geografia pratica e geografia scientifica...... 10 5. Criterio di misurazione delle distanze...... 11 6. La Sardegna secondo Tolomeo...... 13 6.1. Alcune divagazioni...... 20 6.2. La carta della Sardegna Tolemaica e le carte moderne ...... 24 6.3. La costa sarda in Tolomeo ...... 27 6.4. Costa occidentale...... 31 6.5. Costa meridionale...... 36 6.6. Costa orientale...... 40 6.7. Costa settentrionale ...... 45 6.8. I centri dell’interno ...... 47 6.9. Le isole...... 57 6.10. I Popoli...... 63 6.11. Gli altri popoli della Sardegna...... 77 7. L’eredità tolemaica...... 79 8. Bibliografia ...... 81

3 1. Premessa

La storia della Geografia della Sardegna giunta fino a noi comincia con Tolomeo, il geografo più famoso dell’antichità, che ha operato ad Alessandria d’Egitto nel II sec. d.C. Sarebbe vano ogni sforzo volto alla ricerca di informazioni più che superficiali sulla nostra isola sia in autori precedenti che in autori classici successivi. A cominciare dal Periplo attribuito a Scilace di Carianda, la cui redazione originaria forse risale al VI sec. a.C., che fornisce alcuni dati di distanza dalla Sardegna alle terre limitrofe. Per passare poi a Diodoro Siculo, a Strabone, a Tito Livio e a Plinio il Vecchio che, negli ambiti delle loro specifiche competenze (geografiche, naturalistiche e storiche) sembrano conoscere una tradizione di scritti anche sulla Sardegna che però non trova in loro un particolare sviluppo di trattazione dal punto di vista geografico. Più di tutti questi autori forse parlava della Sardegna Timeo di Tauriomenio, vissuto nel III sec. a.C., al quale gli autori successivi attribuivano una serie di errori, soprattutto nella descrizione delle terre occidentali, e fra queste anche la Sardegna, e per questo molte sue informazioni non furono riprese dai posteri, con probabile enorme danno per le attuali conoscenze sulle nostre antichità. Altri autori dei quali non sono pervenute per intero le opere, che trattavano anche della Sardegna, dovevano essere Ecateo, Eforo, Aristotele, Eratostene, Polibio e Posidonio, i quali comunque dovevano limitarsi a notizie generiche, quelle in seguito ripetute “alla nausea” sui nomi dell’isola, sulla sua forma, sulla distanza dalle altre terre più prossime e su alcune città principali.

Tolomeo descrive, insieme a tutto il mondo allora conosciuto, un’isola sulla quale, come nel ritratto che Antoine de Saint-Exupéry fornisce del geografo, sicuramente non pose mai piede; e quasi sicuramente non poté attingere a numerosissime informazioni su di essa: non è la cultura e il mondo ellenistico, che tanto sembrava sapere su quest’isola ma che così poco, nei fatti, conosceva di essa, a fornire al geografo i dati sulla Sardegna; fu al contrario la cultura e il mondo romano a produrre le misurazioni, gli elenchi, le descrizioni sulle sue coste, i fiumi, i monti e sulle località interne. E’ questa cultura, priva di eccessi mitologici e molto pratica quando si tratta di render conto dei territori tributari, che fornisce al geografo, allo scienziato di formazione ellenistica i dati che lui trasformerà in capolavori cartacei, capaci, in quanto condensato di saperi universali, di superare i millenni e di attrarre e meravigliare, ancora oggi, i tantissimi sguardi rivolti ad essi.

4 2. Introduzione

La Geografia di Tolomeo (titolo originale Γεωγραφικη Υφηγη, letteralmente Introduzione alla geografia) è stata composta intorno alla metà del II sec. d.C. e la sua redazione ha impegnato lo studioso alessandrino per alcuni decenni. Prima di lui, Marino di Tiro redisse la sua geografia, che costituiva l’insieme delle conoscenze geografiche del tempo: una carta di tutto il mondo conosciuto proiettato sul piano per mezzo di un reticolo a maglie rettangolari (meridiani e paralleli). E’ su questa opera che si concentrò il lavoro di Claudio Tolomeo (90-168 d.C.), vissuto ad Alessandria tra il 120 e il 161 d.C., col proposito di completarla e rettificarla. Nella sua Geografia Tolomeo raccolse le coordinate geografiche di circa 8.000 località, coordinate ottenute a partire da misure di distanze via mare o via terra, giunte allo studioso in modi che ignoriamo.

3. Da distanze a coordinate, da coordinate a distanze

Eratostene nella seconda metà del III sec. a.C. aveva determinato la circonferenza della terra pari a 252.000 stadi. Da tale lunghezza, divisa per 360, è possibile risalire alla lunghezza dell’arco di circonferenza corrispondente ad 1° che risultò pari a 252.000/360=700 stadi. Ipparco accolse queste valutazioni ed effettuò nuove misurazioni astronomiche. Posidonio nella prima metà del I sec. d.C., sulla base di osservazioni astronomiche, valutò la circonferenza terrestre pari a 180.000 stadi. Un grado di latitudine era per lui pari a 180.000 [stadi] / 360 gradi = 500 [stadi/grado]. Marino di Tiro verso la fine del I sec. d.C. assunse come valide le valutazioni di Posidonio sulla circonferenza terrestre e sul rapporto fra grado di meridiano e grado di parallelo pari a 4:5 in corrispondenza del 36° parallelo: un grado di longitudine sul 36° parallelo = 4/5 x 500 = 400 [stadi/grado]. Tolomeo attribuì ad un grado di longitudine la misura costante di 400 stadi indipendentemente dalla latitudine; nella realtà sappiamo che ciò non risponde al vero a causa della progressiva riduzione della distanza fra due meridiani con l’aumentare della latitudine. In tal modo però risultò molto più agevole per il geografo alessandrino il calcolo delle coordinate a partire da dati di distanza e la redazione di carte geografiche. La precisione delle coordinate fornite per le varie località non andava oltre i 5’ (1/12) di grado sia per quanto riguarda la latitudine che per la longitudine, che equivalevano a 500/12= 41,7 stadi e 33,3 stadi rispettivamente lungo i meridiani e i paralleli.

In sostanza Tolomeo usò come base un foglio quadrettato nel quale la distanza fra le linee verticali era pari a 33,3 stadi e quella fra le linee orizzontali era pari a 41,7 stadi e

5 tutte le località descritte geograficamente furono fatte ricadere ai vertici della maglia e mai in posizione interna alla maglia.

Abbiamo parlato di stadi: un problema da risolvere a questo punto è capire quale fosse l’unità di misura adoperata da Tolomeo: «gli studiosi moderni non concordano su un’unità di misura, lo stadio, che pure è fondamentale per tutto il complesso sistema astronomico e geografico di quest’ultimo, in particolare per la traduzione in misure di distanza delle coordinate geografiche (…) I più ritengono che Tolomeo abbia continuato a servirsi dello stadio egiziano di 300 cubiti, usato fino ai suoi tempi, di m 157,50 e basano questa convinzione soprattutto su dati analoghi offerti da lui stesso e dai geografi precedenti sulla misurazione di alcune ben note distanze fra località nel bacino del Mediterraneo. Altri invece, hanno pensato allo stadio italico di 1/8 di miglio, quindi di m 185 (1.480:8), bene attestato nel mondo occidentale nel I secolo d.C., il quale deve essere stato alla base di molti itinerari terrestri e marittimi, anche nelle province orientali dell’impero, usati da Tolomeo»1. Nello studio che segue, specifico per la Sardegna, è stata seguita l’opinione prevalente e cioè che lo stadio adoperato da Tolomeo fosse quello egizio. Tale scelta non è stata effettuata a caso ma, come sarà più chiaro nel seguito dell’esposizione, l’interpretazione risultante risponde in maniera sorprendente alla realtà geografica dell’isola.

Attraverso misurazioni astronomiche non meglio specificate Tolomeo assegnò coordinate fisse ad alcune località; per la Sardegna le località prescelte furono: Caralis, , Turris Libisonis lungo la costa e Gurulis Nova nell’interno. Partendo da queste, attraverso i dati di distanza in linea d’aria, vennero determinate le coordinate per tutte le altre località di una certa regione.

Facciamo un esempio concreto, valido per l’area sud-occidentale della Sardegna: Tolomeo assegnò alla città di Sulci (Solci oppidum) la latitudine di 35° 50’ e la longitudine di 30° 45’. La base cartografica di riferimento era tipo quella riportata in Fig. 1. Dato l’arrotondamento assunto nell’assegnazione delle coordinate, le diverse località furono fatte ricadere in corrispondenza delle intersezioni fra righe e colonne.

Il geografo alessandrino doveva disporre di elenchi di località, prese in successione lungo itinerari costieri o nell’entroterra, con le relative distanze in linea d’aria. Tali elenchi dovevano essere anche accompagnati da descrizioni geografiche che, come è facile constatare non solo per la Sardegna, furono abbondantemente trascurate dal Geografo, che decise di far prevalere il disegno risultante dalla traduzione su carta delle distanze a lui pervenute piuttosto che le informazioni fornite dai rilevatori relative a golfi, insenature, promontori ecc.

1 P.Meloni, La geografia della Sardegna in Tolomeo (Geogr. III, 3, 1-8), Nuovo Bollettino Archeologico Sardo 3/1986, p.209 6 La località più vicina a Sulci, e che la precedeva sulla costa meridionale, era la città di Populum. Non sappiamo quale fosse la distanza riportata su quell’appunto di viaggio ma, per proseguire con l’esemplificazione, supponiamo fosse pari a 63 stadi (che assumendo per lo stadio la lunghezza di 157,5 m, corrispondono a circa 10 km). Il geografo doveva disegnare la circonferenza con centro Sulci di raggio 63 stadi.

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36°30 ' 36°30 '

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Il risultato era simile a quello riportato in Fig. 2 dove i punti rossi e il punto blu sono tutti i possibili posizionamenti della città di Populum a partire dalla distanza rilevata rispetto a Sulci. Tolomeo sapeva che Populum precedeva Sulci lungo un itinerario in senso antiorario, fatto che riduceva da 8 a circa 4 i possibili punti di posizionamento sulla carta (tutti quelli compresi nel quadrante di NO in Fig. 2).

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Fig. 2. Base cartografica Tolemaica per la ricostruzione della geografia del Sud-ovest della Sardegna: ricostruzione della posizione della città di Populum.

In base a quali ragionamenti o grazie a quali informazioni il geografo effettuasse il passo definitivo e cioè la scelta di assegnare una precisa posizione fra le diverse possibili per ciascuna località è per noi un dato oscuro. Pare accertato che lo stesso Tolomeo abbia redatto almeno due versioni della sua opera geografica: «Lo studio diligentemente condotto sui suoi codici ha permesso di identificare due diverse redazioni tolemaiche ed una tradizione post-tolemaica. La prima redazione sarebbe rappresentata dal codice X (Vaticanus graecus 191); la seconda, riveduta dallo stesso Tolomeo e aggiornata sulla base di nuovi dati storici e geografici, dai codici S (Florentinus Laurentianus XXVIII,9), B (Flor.Laur.XXVIII,38), P (Flor.Laur.XXVIII,42) della stessa famiglia. Inoltre da Z (Vaticanus Palatinus graecus 314), dal quale discende E (Parisinus graecus 1403) e da O (Flor.Laur.XXVIII,49), strettamente imparentato con Z dal quale, però, talvolta si allontana per accostarsi alla tradizione post-tolemaica. Quest’ultima è rappresentata dai restanti codici»2. Tornando a Populum, la città nel codice X viene posizionata a ovest rispetto a Sulci (vedi Fig. 2.). La località successiva è pakeia akra, cioè il Crassum promontorium. Anche in tal caso non sappiamo quale fosse la distanza riportata su quell’appunto di viaggio fra Populum e il Crassum promontorium che supponiamo fosse pari a 89 stadi (che assumendo per lo stadio la lunghezza di 157,5 m, corrispondono a circa 14 km).

2 P. Meloni, La costa sulcitana in Tolomeo (Geogr., III,3,3), in AA.VV., Carbonia e il Sulcis Archeologia e territorio, S’Alvure, Oristano 1995, p. 309 8 Il geografo avrebbe quindi disegnato la circonferenza con centro Sulci di raggio 89 stadi.

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In tal caso i possibili punti di posizionamento della nuova località, in assenza di ulteriori informazioni, sono 13. La posizione scelta nel codice X è quella indicata in Fig. 3.

Noi oggi disponiamo dei dati per ricostruire le carte tipo quella fin qui descritta; attraverso tali dati possiamo procedere al contrario e calcolare, con le approssimazioni di cui si è detto, i dati di distanza adoperati in origine da Tolomeo, che costituivano gli appunti dei rilevatori. Ottenuti tali valori possiamo provare a riportarli su una cartina attuale della nostra isola, a partire da località di cui sia certa la posizione in età imperiale romana.

Tutto questo non è un puro esercizio matematico ma ha una finalità importante per tutti coloro che hanno a cuore la corretta localizzazione di molte delle località ricordate da Tolomeo (e non solo) delle quali, ancora oggi, non si conosce la corretta ubicazione. Può anche servire a verificare l’ubicazione di diverse località effettuata in maniera ipotetica dagli studiosi e accettata dai più pur in mancanza di prove inconfutabili.

9 4. Geografia pratica e geografia scientifica

La geografia pratica è una disciplina che ha precipue finalità utilitaristiche, e i cui prodotti erano sin dall’antichità richiesti da sovrani, comandanti di eserciti o da certe categorie di professionisti (mercanti e pirati ad es.) per determinare con facilità posizione e distanze relative tra località conosciute. Gli esempi più noti dell’antichità sono rappresentati dagli Itinerari, sia terrestri che marittimi redatti in età imperiale romana. Riguardo agli itinerari terrestri si tratta della descrizione di tratti viari, fatta attraverso lunghi elenchi di località delle quali è data la distanza fra ciascuna di esse e la successiva (l’esempio più noto è l'Itinerarium provinciarium Antonini Augusti, detto anche semplicemente Itinerarium Antonini). Riguardo agli itinerari via mare distinguiamo fra portolani e peripli. I portolani fornivano normalmente i tempi necessari per giungere da un porto ad un altro collegato ad esso da traffici abituali. (L’Itinerarium Maritimum dà le distanze, espresse in stadi, che separano le varie zone del Mediterraneo e le isole dalle coste) Il periplo nella letteratura greco-latina è la descrizione di un viaggio marittimo, con dati geografici, tecnici e commerciali su mari, porti e città (fra i più famosi dell’antichità è il Periplo di Scilace di Caria, redatto fra il VI e il IV sec. a.C.).

Claudio Tolomeo appartiene alla scuola di matematici che affrontava il problema della rappresentazione geografica in maniera il più possibilmente scientifica. L’intento era quello di fornire delle carte3 che fossero una riproduzione quanto più attendibile di una certa porzione di superficie terrestre e come tale doveva contenere e riprodurre anche tutte le informazioni relative a itinerari via terra e via mare. La rappresentazione geografica fornita da Tolomeo, come vedremo in modo specifico per la Sardegna, è, nel complesso, un prodotto qualitativamente di gran lunga superiore a quelli frutto della geografia pratica, quali ad esempio la Tabula Peutingeriana. Negli aspetti particolari però, e anche più utilitaristici, presenta grosse lacune rispetto agli Itinerari, quali la non descrizione delle principali vie di comunicazione interne o la mancanza diretta di informazioni sui tempi di percorrenza delle rotte via mare. Ecco per quale motivo nelle tavole tolemaiche alla precisa descrizione dei perimetri costieri non corrisponde altrettanta precisione nella descrizione dell’interno: i destinatari di quelle carte non erano gli stessi che erano soliti servirsi di Itinerari e Portolani o, seppur i medesimi, facevano uso diverso dei due lavori essendo il frutto dell’opera tolemaica squisitamente scientifico e, data l’impressione che doveva suscitare alla vista dei ricchi committenti, da esporre quale opera artistica di insuperabile pregio.

3 Molti studiosi sono scettici circa la possibilità che Tolomeo avesse realizzato delle carte a corredo degli elenchi che costuivano la sua opera geografica; questa tesi appare del tutto inverosimile. 10 5. Criterio di misurazione delle distanze

Avremo modo di vedere con quale precisione siano descritti, nella Geografia Tolemaica, in termini di distanze relative fra una località e la successiva, lunghi tratti costieri. Ma come venivano misurate le distanze nell’antichità? Per quanto riguarda quelle via terra, le misurazioni venivano effettuate a passi, da esperti camminatori, detti bematisti4, misuratori di distanze per mezzo di un passo o bema5, addestrati per tenere un passo costante della lunghezza di 0,74 cm; il “passo” come unità di misura, contato al ripetersi della battuta con lo stesso piede, era la somma di due passi consecutivi (destro+sinistro) e misurava 1,48 m. Uno strumento decisamente più preciso e che consentiva la misurazione a fine corsa, senza la necessità di tenere il conto della distanza percorsa strada facendo, era l’odometro, descritto da Vitruvio (De Architectura, libro X, capitolo 9) che consisteva in una serie di ingranaggi collegati ad una ruota che per ogni numero preordinato di giri, a cui corrispondeva una distanza nota, lasciava cadere un sasso dentro un apposito recipiente; la conta dei sassi a fine tragitto consentiva la determinazione delle distanze. Un meccanismo simile, come spiega lo stesso Vitruvio, veniva utilizzato per la misura delle distanze via mare: si impiegava in tal caso una ruota del diametro di 4 piedi, esterna alla nave e tenuta da un asse passante attraverso la fiancata, che doveva tangere l’acqua. Lo strumento forniva misure tanto più precise quanto maggiore era lo stato di calma del moto ondoso.

Acquisito il metodo per misurare le distanze il passo successivo è capire quale distanza dovesse essere presa in considerazione. Per la ricostruzione di una carta era necessario poter determinare le distanze in linea d’aria fra due località. I geografi in effetti utilizzavano differenti criteri di misurazione e ci informa del fatto A.Peretti: «chi calcola la distanza in linea d’aria, chi si basa invece sulla navigazione ep’eutheias (in via retta [n.d.r.]), chi segue quella catà toùs kolpous, o parà ghen (seguendo cioè le sinuosità della costa [n.d.r.]) (…) e chi misura le distanze secondo le pietre miliari delle grandi vie litoranee dell’impero romano»6. Il metodo adoperato da Tolomeo è descritto dallo stesso geografo: «Tolomeo I,13 espone il principio in uso da secoli, già ampiamente applicato da Posidonio, per ottenere la distanza in linea d’aria fra due località del Mediterraneo: si riduce a 2/3 la lunghezza della navigazione parà ghen. Da

4 Alcuni bematisti scelti furono ingaggiati da Alessandro Magno e lo accompagnarono nella marcia di conquista dell’Asia. Le loro misurazioni venivano conservati nell’Archivio Reale. Anche Eratostene si servì dei bematisti per compiere le sue misure. 5 Bema = passo in greco, era una misura di distanza pari a 10 palastaì; palstè = palma era una misura pari a 4 dita, circa 8 cm. La bema era anche equivalente a circa 2 piedi e mezzo. 6 A.Peretti, Il Periplo di Scilace, pag. 346, Giardini editore, Pisa, 1979 11 Strabone II,95 si apprende che Posidonio non fu l’inventore di questo principio, ma altri prima di lui ne avevano fatto uso»7. Una cosa è certa, Tolomeo aveva a disposizione dati raccolti nell’arco di diverse centinaia d’anni ma, come è facile verificare ad esempio per la Sicilia8, non utilizzò i dati forniti da Posidonio. Potrebbe quindi essersi avvalso di misure “recenti” anche se non richieste appositamente per la redazione della sua opera geografica. Infatti nell’opera del geografo alessandrino: «i dati riguardanti la Sardegna offrono anche un elemento di grande interesse per la cronologia della sua fonte: il centro abitato di Acque Ypsitane venne, sotto Traiano (98-117), elevato alla condizione di foro col nome di Forum Traiani, oggi . Tolomeo lo conosceva ancora col vecchio nome, che faceva riferimento alle acque termali, dimostrando, così, che la sua fonte non può essere posteriore a Traiano e che la stessa datazione hanno, quindi, le notizie che egli offre sulla Sardegna»9. Questo fatto è di notevole importanza ai fini della valutazione del perché e con quali novità in termini di misurazioni, Tolomeo abbia modificato la prima edizione della tavola contenente la Sardegna. Se Tolomeo avesse avuto a disposizione nuove misurazioni relative a tutta la Sardegna, avrebbe certamente modificato anche il nome di Acque Ypsitane in Forum Traiani. E’ più probabile che, dopo aver sviluppato una carta che rispondesse il più possibile ai dati di misurazione forniti dai rilevatori e dopo aver completato il disegno dell’intero mondo conosciuto con il posizionamento definitivo delle varie regioni conosciute, Tolomeo si sia concentrato maggiormente sulle correzioni di “forma” di alcuni territori per i quali la carta ottenuta rappresentava un’evidente scostamento rispetto alle informazioni fornite dai rilevatori sul reale profilo costiero. Facendo questo, e quindi facendo prevalere la forma ai dati di distanza, è probabile che abbia ignorato questi ultimi pur di far combaciare la prima con le informazioni in suo possesso. Se così fosse, e dall’analisi della ricostruzione che illustreremo nel seguito pare proprio sia così, la prima edizione Tolemaica dovrebbe essere la più precisa in termini di distanze fra una località e la successiva.

7 A.Peretti, Il Periplo op. cit., pag. 347 8 Il periplo della Sicilia attribuito a Posidonio (in Strabone VI,2), riporta per le singole tratte valori che si discostano, in alcuni casi in modo notevole, da quelli Tolemaici 9 P. Meloni, La costa sulcitana in Tolomeo, op. cit., p. 309 12 6. La Sardegna secondo Tolomeo

Per la Sardegna le località riportate sono 40 litoranee, 14 località interne, 9 isole e 18 nomi di popoli. Riporto di seguito l’elenco dei luoghi e dei popoli e le coordinate per la Sardegna presenti nel codice X (Vaticanus graecus 191), quello considerato corrispondente alla prima edizione tolemaica. «Latitudine e longitudine solo raramente sono in Tolomeo frutto di osservazioni astronomiche: per lo più esse sono soltanto distanze dalla località nominata in precedenza; questo vale in misura notevole per la Sardegna, per la quale le città di partenza per il restante reticolo di coordinate sono, a detta dello stesso geografo, Sulci, Carales, Turris Libisonis nella costa, Gurulis Nova nell’interno»10. «Per quanto riguarda la Sardegna che formava, assieme alla Sicilia, la settima carta, Tolomeo dà il rapporto di 4:5 fra grado di meridiano e grado di parallelo»11. Tolomeo poneva Carales sul 36° parallelo, insieme a Calpe, capi Lilibeo e Pachino, capo Tenaro, Rodi e Isso. In realtà Carales ha una latitudine di 39°12’, ma questo fatto, pur determinante sulla valutazione dei gradi di latitudine a partire da distanze in stadi, non influisce nella nostra ricerca a ritroso di distanze a partire da distanze angolari fornite dal geografo per le quali è noto il rapporto di riduzione. E’ stato dibattuto, come detto più sopra, il problema dell’unità di misura adottata da Tolomeo per quanto concerne lo stadio. P. Meloni ritiene che, nonostante le numerose prove sull’uso dello stadio egizio per la maggior parte delle terre descritte nell’opera tolemaica, per la Sardegna sia da preferire lo stadio italico: «Se pure il dubbio non può essere sciolto per altre province dell’impero, per la Sardegna, sulla base di studi recenti, sembra ormai accertato che Tolomeo si servì dello stadio italico»12. Con quest’ultimo però si ottengono misure tutt’altro che attendibile e mai associabili ai dati reali, come si vedrà meglio anche nel seguito.

tab.1 Località costiere sarde in Tolomeo Costa Occidentale n. Località Long. Latit. Dist.da prec. km Note 1 Gorditanum promontorium 29° 50’ 38° 45’ 2 Tilium oppidum 30° 00’ 38° 40’ 12.38 3 Nymphaeum, portus 30° 10’ 38° 30’ 16.81 4 Hermaeum promontorium 30° 00’ 38° 15’ 22.31 5 Temi fluvii ostia 30° 15’ 38° 00’ 25.21 6 Coracodes portus 30° 20’ 37° 30’ 39.72 7 Tarrae oppidum 30° 20’ 37° 20’ 13.13

10 P.Meloni, La geografia cit., pag.211 11 P. Meloni, La geografia cit., p.215 12 P. Meloni, La costa sulcitana in Tolomeo, op. cit., p. 309 13 8 Thyrsi fluvii ostia 30° 30’ 37° 10’ 16.81 9 Usellis oppidum, colonia 30° 30’ 36° 55’ 19.69 10 Sacri fluvii ostia 30° 30’ 36° 40’ 19.69 11 Othaea oppidum 30° 30’ 36° 30’ 13.13 12 Sardopatoris fanum 30° 30’ 36° 20’ 13.13 13 Neapolis 30° 40’ 36° 30’ 16.81 14 Crassum promontorium 30° 40’ 36° 00’ 39.38 Costa Meridionale n. Località Long. Latit. Dis.da prec. km 14 Crassum promontorium 30° 40’ 36° 00’ 15 Populum oppidum 30° 35’ 35° 50’ 14.14 16 Solci oppidum 30° 45’ 35° 50’ 10.50 17 Solci portus 31° 15’ 35° 50’ 31.50 18 Chersonesus 31° 30’ 35° 45’ 17.06 19 Bithia portus 31° 40’ 35° 50’ 12.38 20 Bithia oppidum 31° 45’ 35° 50’ 5.25 21 Herculis portus 32° 00’ 35° 50’ 15.75 22 Nora oppidum 32° 00’ 35° 55’ 6.56 23 Litus ventosum 32° 15’ 35° 55’ 15.75 24 Cuniucharium promontorium 32° 30’ 35° 55’ 15.75 Costa Orientale n. Località Long. Latit. Dis.da prec. km 24 Cuniucharium promontorium 32° 30’ 35° 55’ 25 Caralis oppidum et promontorium 32° 30’ 36° 00’ 6.56 26 Caralitanus sinus 32° 30’ 36° 20’ 26.25 27 Susaleus vicus 31° 55’ 36° 40’ 45.16 28 Saepri fluvii ostia 32° 00’ 37° 00’ 26.77 29 Solpicius portus 31° 50’ 37° 30’ 40.75 30 Caedri fluvii ostia 32° 00’ 38° 00’ 40.75 31 Feronia oppidum 31° 45’ 38° 10’ 20.50 32 Olbia oppidum 31° 40’ 38° 30’ 26.77 33 Olbianus portus 31° 40’ 38° 45’ 19.69 34 Columbarium promontorium 31° 45’ 39° 00’ 20.38 35 Ursi promontorium 31° 45’ 39° 10’ 13.13 Costa Settentrionale n. Località Long. Latit. dist.da prec. km 35 Ursi promontorium 31° 45’ 39° 10’ 36 Errebantium promontorium 31° 30’ 39° 20’ 20.50 37 Pluvium oppidum 31° 20’ 39° 05’ 22.31 38 Iuliola oppidum 31° 20’ 39° 00’ 6.56

14 39 Tibula oppidum 30° 40’ 38° 50’ Il cod.X dà la long. 44.00 31°40’ 40 Turris Libisonis oppidum 30° 15’ 38° 50’ 26.25 1 Gorditanum promontorium 29° 50’ 38° 45’ 27.06

tab.2 Località dell’interno Sardegna in Tolomeo Centri dell’interno n. Località Long. Latit. Note 41 [1] Erycinum 31° 00’ 38° 30’ Lat. corretta a 38°40’ 42 [2] Heraeum 31° 30’ 38° 40’ 43 [3] Gurulis Vetus 30° 30’ 38° 30’ 44 [4] Bosa 30° 30’ 38° 15’ 45 [5] Macopsisa 31° 15’ 38° 15’ 46 [6] Insani Montes 31° 00’ 38° 00’ Coord. assenti in X 47 [7] Gurulis Nova 30° 30’ 37° 20’ Lat. corretta a 37°50’ 48 [8] Saralapis 31° 15’ 37° 45’ 49 [9] Cornus 30° 30’ 37° 30’ 50 [10] Aquae Hypsitanae 30° 40’ 37° 15’ 51 [11] Aquae Lesitanae 31° 30’ 36° 45’ 52 [12] Lesa 31° 30’ 36° 35’ 53 [13] Aquae Neapolitanae 31° 45’ 36° 30’ 54 [14] Valeria 31° 55’ 36° 30’

tab.3 Le isole sarde in Tolomeo Le Isole n. Denominazione Long. Latit. Note centro centro 55 [1] Phintonis I. 30° 40’ 39° 15’ 56 [2] Ilva I. 30° 10’ 39° 20’ 57 [3] Nymphaea I. 29° 45’ 39° 10’ 58 [4] Herculis I. 29° 20’ 39° 00’ 59 [5] Diabate I. 29° 30’ 38° 45’ 60 [6] Accipitrum I. 30° 00’ 35° 45’ Ieracon 61 [7] Plumbaria I. 30° 30’ 35° 30’ Molibodes 62 [8] Ficaria I. 33° 00’ 39° 00’ 63 [9] Hermaea I. 33° 00’ 37° 20’ Ermaia

15

tab.4 I popoli della Sardegna in Tolomeo I Popoli n. Denominazione Posizione relativa Abitano le regioni più settentrionali dell’isola: 64 [1] Tiboulatioi 65 [2] Korsioi a sud dei quali 66 [3] Korakensioi seguono 67 [4] Karensioi 68 [5] Kounousìtanoi a sud dei quali 69 [6] Alkitanoi (Salkitanoì) 70 [7] Loukouiannesioi (Loukouidonensioi) seguono 71 [8] Lisaronensioi (Aisaronensioi) a sud dei quali 72 [9] Kornensioi Echilensioi (Aichilensioi) seguono 73 [10] Roubrensioi (Rouakensioi) a sud dei quali 74 [11] Keltìnoi (Kelsitanoì) 75 [12] Korpikensioi seguono 76 [13] Skapitanoì 77 [14] Sikoulénsioi a sud dei quali 78 [15] Neapolìtai e 79 [16] Oualentìnoi (Oualentinoì) e i più meridionali 80 [17] Solkitanoì e 81 [18] (Noritanoì)

Se scorriamo anche rapidamente l’elenco leggiamo nomi arcinoti e altri di cui solo gli esperti conoscono l’esistenza: Caralis, Solci, Bithia, Neapolis, Tarrae, Cornus, Bosa, Nora, Olbia, Turris Libisonis, Thyrsi fluvii ostia, Temi fluvii ostia, Caedri fluvii ostia, appartengono alla prima categoria eppure anche fra di esse ci sono località quasi sconosciute sul piano archeologico. Su Bosa ad es. si ipotizza a malapena la localizzazione della città romana e non è stato portato alla luce nessun elemento di rilievo. Su Bithia sappiamo un pò, poco di più. Su Cornus sappiamo molto della città romana e medievale ma praticamente nulla della città fenicio-punica, famosa, tristemente, per le vicende occorse durante la seconda guerra punica. Caralis, Turris Libisonis, Olbia sono tre esempi di persistenza dell’area abitata fino ai tempi moderni e quindi presentano enormi difficoltà nella gestione dell’esistente patrimonio archeologico, in gran parte “sotto” l’edificato attuale. Non è stata volutamente inserita Sulci fra queste ultime località, anche se è proprio fra esse che va inserita, pur se non nella cornice dell’isola di Sant’Antioco, per motivi già noti13 e che verranno esposti comunque nel seguito.

13 M.Cabriolu, G. Vargiu, Cercando Metalla, Envisual, Carbonia 2005 16 Nella quarta colonna della tab.1 è riportata la distanza fra ciascuna località costiera e la precedente, calcolata come segue. Consideriamo il caso concreto rappresentato dalle prime due località dell’elenco: Gorditanum promontorium e Tilium oppidum per le quali la geografia Tolemaica fornisce longitudine rispettivamente pari a 29°50’ e 30°00’ e latitudine rispettivamente pari a 38° 45’ e 38° 40’. Le due località sono posizionate a 10’ di grado di distanza in latitudine, distanza e equivalente a (ricordando che Tolomeo pone pari a 400 stadi la lunghezza dell’arco di un grado di latitudine): - (400 / 60) x 10 = 66,7 stadi e cioè 66,7 x 157,5 = 10,5 km. La distanza longitudinale è di 5’ di grado corrispondenti a (ricordando che per la longitudine abbiamo che un arco di grado è pari a 500 stadi): - (500 / 60) x 5 = 41,7 stadi pari a 41,7 x 157,5 = 6,56 km. Le due distanze ottenute rappresentano le lunghezze dei cateti di un triangolo rettangolo: la distanza fra le due località in esame è data dall’ipotenusa del triangolo e quindi è pari a Radice quadrata di (10,52 + 6,562) = 12,38 km che è il dato riportato nella quarta colonna della tab.1 nel rigo relativo a Tilium oppidum. Allo stesso modo sono state ricavate tutte le altre distanze. Le distanze sono state calcolate solo con riferimento alle località costiere, la cui elencazione faceva sicuramente riferimento ad un periplo. Per le località dell’interno il discorso si complica perché non sappiamo a partire con riferimento a quale o quali città litoranee siano state determinate le loro posizioni. E’ possibile che, disegnato il perimetro dell’isola con il posizionamento delle località costiere, il geografo abbia ubicato le località interne senza poter rispettare i dati di distanza, per altro misurati lungo itinerari terrestri e quindi difficilmente riducibili a distanze in linea d’aria.

Si riporta nella Fig. 4 che segue la ricostruzione fedele della carta Tolemaica della Sardegna sulla base delle coordinate tramandate nel codice X. Solo disegnandola è possibile intuire le enormi difficoltà interpretative del geografo alessandrino di fronte a una raccolta di informazioni su carta di località e relative distanze marine e terrestri e forse con qualche ulteriore informazione che purtroppo non ci è pervenuta e senza che lo stesso studioso avesse realmente visitato i luoghi.

17 ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 1 1 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 3 3 3 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 4 4 3 3 3 3 3 3 3 3

39 °4 0 ' 39 °4 0 '

39 °30 ' 39 °30 '

Errebantium pr. 39 °2 0 ' 39 °2 0 ' Ilva I. Phintonis I. Ursi pr. 39 °1 0 ' 39 °1 0 ' 39 °1 0 ' Nymphaea I. 39 °1 0 ' Pluvium o. Ficaria I. Herculis I. Columbarium pr. 39 °0 0 ' Iuliola o. 39 °0 0 ' Turris Libisonis o. 38 °5 0 ' Gorditanum promontorium 38 °5 0 ' Tibula o. Olbianus p. Diabate I. 38 °4 0 ' Tilium o. 38 °4 0 ' Heraeum Gurulis Vetus Nymphaeum p. 38 °30 ' Olbia o. 38 °30 ' Erycium

38 °2 0 ' 38 °2 0 ' Hermaeum pr. Bosa Macopsisa Feronia o. 38 °1 0 ' 38 °1 0 ' a tia vii osti ii os emi flu Insani montes fluv Th dri 38 ° Cae 38 °

37 °5 0 ' 37 °5 0 '

Saralapis 37 °4 0 ' 37 °4 0 ' Cornus Coracodes portus 37 °30 ' 37 °30 ' Solpicius portus Hermaea I. 37 °2 0 ' Gurulis nova 37 °2 0 ' Tarrae o. Aquae Hypsitanae 37 °1 0 ' 37 °1 0 ' Thyrsi fluvii ostia

ii ostia ri fluv 37 ° Saep 37 ° Usellis o. 36°5 0 ' 36°5 0 ' Aquae Lesitanae tia vii os cri flu Susaleus vicus 36°4 0 ' Sa 36°4 0 ' Neapolis Valeria Othaea o. Lesa 36°30 ' 36°30 ' Aquae Neapolitanae 36°2 0 ' 36°2 0 ' Sardopatoris fanum Caralitanus sinus 36°1 0 ' 36°1 0 '

36° Crassum pr. Nora o. 36° Caralis opp. et prom.

Solci p. Bithia p. Litus ventosum Cuniucharium prom. 35 °5 0 ' Populum o. Herculis p. 35 °5 0 ' Solci o. Bithia o. Chersonesus 35 °4 0 ' Accipitrum I. 35 °4 0 '

35 °30 ' 35 °30 ' Plumbaria I.

35 °2 0 ' 35 °2 0 '

' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' ' 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 1 1 2 2 3 3 4 4 5 5 1 1 ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° ° 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 3 3 3 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 4 4 3 3 3 3 3 3 3 3 Fig. 4. Ricostruzione della carta tolemaica della Sardegna a partire dai dati contenuti nel cod. X (Vaticanus graecus 191)

E’ sicuramente un capolavoro dell’ingegno umano dell’età imperiale romana, e dobbiamo osservarlo con enorme rispetto soprattutto perché è il più antico fra quelli che è giunto fino a noi, anche se, sappiamo, non il primo ad essere stato realizzato. Eppure sarà impossibile sottrarsi a caldo ad un giudizio tutt’altro che positivo, di fronte a tante non corrispondenze rispetto alla Sardegna che oggi conosciamo così bene e ancor più se si pensa che, data l’autorità riconosciuta a Tolomeo dopo la sua riscoperta nel XV sec,. 18 tale ricostruzione della forma della nostra isola ha influenzato i geografi moderni fino al 170014. Infatti accanto a riproduzioni sempre più precise del profilo costiero dell’isola, altri geografi hanno continuato a disegnare l’isola sotto l’influenza della carta tolemaica, come prova la carta sotto riportata edita nel 1796.

Fig. 5. Carta della Sardegna antica del 1796

14 In L.Piloni, Carte geografiche della Sardegna, Edizioni della Torre, Cagliari 1997, p.2, l’autore, a commento della carta tolemaica nel Cod.Urb. greco 82, «il primo documento cartografico della Sardegna pervenutoci dall’antichità» ricorda che «questa prima antichissima carta dell’Isola ha avuto (…) sulle successive raffigurazioni cartografiche della Sardegna una grande influenza che si spinge sino al XVI secolo con echi fino nel XIX.» 19

6.1. Alcune divagazioni

La carta tolemaica ci suggerisce anche alcune considerazioni su quelli che sono veri e propri luoghi comuni circa la cognizione precisa di profilo costiero e dimensioni dell’isola da parte degli antichi. La Sardegna tolemaica non ha punto la forma del sandalo o dell’impronta del piede; tale accostamento di forme, improponibile ad una prima analisi del perimetro dell’isola nella Fig. 4, veniva giustificato con forzature grafiche quali quella evidente nella Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. che riporta la riproduzione di una delle più antiche rappresentazioni della carta tolemaica dove i simboli delle quattro città della costa settentrionale simulano altrettante dita che, con la prominenza dei promontori Errebanzio e dell’Orso che forma l’alluce, danno nell’insieme un pessimo aspetto di piede umano.

Fig. 6. La carta della Sardegna di Tolomeo in trascrizione del sec. XIX (Firenze, biblioteca Laurenziana)

Nell’antichità diversi autori, fra i quali Erodoto, Timeo (in Strabone) e l’autore del Periplo attribuito a Scilace, ritenevano che la Sardegna fosse più grande della Sicilia. Diversi commentatori cercano di giustificare la cosa in termini dimensionali e pensano ad esempio che tale convinzione fosse conseguenza del maggior sviluppo costiero 20 dell’isola sarda rispetto a quello della Sicilia. Strabone ci informa che il perimetro costiero attribuito alla Sardegna era pari a 4.000 stadi (Geografia, Libro V-2,7) e quello attribuito alla Sicilia di 4.400 stadi (Geografia, Libro VI-2,1). E. Pais riteneva che l’errore di Timeo, non riproposto da Diodoro Siculo, fosse dovuto alla riconosciuta scarsa attendibilità delle notizie timaiche circa le cose della Libia, della Corsica e della Sardegna, come riferito da Polibio (XII, 37, 4ª 2). Tali notizie, tranne pochissime cose, non sono giunte fino a noi e ciò costituisce sicuramente una perdita per chi voglia ricostruire le antichità dell’isola. Le carte tolemaiche ci mostrano che ancora nel II sec. d.C. si era ben lontani dall’avere un disegno preciso dei territori tanto che una differenza di superficie quale quella fra le due isole del mediterraneo occidentale non era assolutamente percepibile. La maggior dimensione attribuita all’isola Siciliana era conseguenza della sua ellenizzazione e del fatto che fosse maggiormente conosciuta dai greci, rispetto al territorio sardo. E sono le fonti greche quelle che sono giunte fino a noi. E’solo un caso che tale convinzione coincidesse con una circostanza reale e non frutto di misurazione la cui precisione non avrebbe consentito di rilevare una differenza dell’ordine del 7%15.

Fig. 7. La Sicilia tolemaica con i tre principali promontori e la dimensione della superficie calcolata in km²

15 E’ questa la differenza percentuale fra la superficie effettiva delle due isole 21 Per eliminare ogni dubbio, circa le capacità suddette di determinazione di superfici così vaste in modo preciso, è stata ricostruita la carta della Sicilia tolemaica e ne è stato effettuato il calcolo della superficie, con l’ausilio di un software CAD, utilizzando la stessa unità di misura adoperata per la Sardegna (1 arco di grado di latitudine e 1 di longitudine pari rispettivamente a 400 e 500 stadi egizi). Il risultato è riportato in Fig. 7: la superficie della Sicilia tolemaica misura 23.687 km². La Sardegna della carta tolemaica ricostruita allo stesso modo e riportata in Fig. 4 ha una superficie di 25.290 km²: sembra incredibile, dopo tutte quello che si è detto, ma alla Sardegna Tolomeo assegnava una superficie maggiore del 7% rispetto alla superficie dell’isola sicula. Sarebbe importante riflettere sul perché autori quali Timeo e lo Pseudo Scilace, quando i greci avevano già da tempo colonizzato la Sicilia orientale e la Sardegna stava cadendo sotto il controllo di Cartagine (e sfuggiva quindi all’influenza commerciale greca), ritenessero la Sardegna maggiore rispetto alla Sicilia. La lunghezza complessiva della costa sarda in Tolomeo è pari a 5.370 stadi, enormemente maggiore rispetto ai 4.000 stadi noti a Strabone. La lunghezza complessiva della costa siciliana in Tolomeo è pari a 4.840 stadi, maggiore rispetto al dato di 4.400 noto a Strabone. Dobbiamo però fare una precisazione: lo “stadio” riportato da Strabone è con buona probabilità quello italico16. La misura di 4.400 stadi per la Sicilia è attribuita a Posidonio17 che dava le lunghezze di 1.720 stadi per la costa settentrionale, 1.550 stadi per la costa meridionale e 1.130 stadi per la costa orientale. Strabone ci dice anche che lo stesso geografo di Apamea nella Chorografia, oltre al dato complessivo, riporta distanze maggiori, ottenibili come somma di singole tratte di navigazione lungo un periplo descritto in senso antiorario, così come in Tolomeo e partendo dallo stesso promontorio, il Peloro. Le distanze in tal caso sono fornite in miglia. Dai dati riportati in Geografia VI.2,1 una lunghezza per i tre lati della costa, settentrionale, meridionale e orientale rispettivamente, pari a 263, 165 e 167 miglia pari a 2.100, 1.320 e 1.340 stadi “italici”, ottenuti moltiplicando per 8 i corrispondenti valori in miglia. Confrontiamo tali ultimi con le misure di 2.160, 1.330, 1.350 ricavabili da Tolomeo: la corrispondenza delle misure (apparentemente fortuita perché le singole tratte sono anche molto diverse) potrebbe lasciar intendere che per la Sicilia le misure di distanza a disposizione del geografo alessandrino fossero fornite in stadi italici. Notiamo però come per la lunghezza della costa meridionale i 1.320 stadi ottenuti come somma di tratte di navigazione sia inferiore rispetto ai 1.550 stadi riferiti sempre da Posidonio come lunghezza della costa al netto delle insenature18. Ciò vuol dire che le fonti a disposizione erano differenti e non è escluso che il geografo, disponendo di lunghezze genericamente fornite in “stadi” le trasformasse in miglia dividendo per 8 a prescindere dalla “natura” dello stadio utilizzato. L’utilizzo dello

16 Lo stadio ital/ico era pari a 1/8 di miglio e quindi corrispondeva a 185 m. Il rapporto fra stadio italico e stadio egizio = 185/157,5 = 1,175. 17 Strabone, Geografia VI.2,1 18 Lo stesso geografo dichiarava che quest’ultima misura ovviamente doveva essere inferiore rispetto alla precedente 22 stadio egizio per la Sicilia da parte di Tolomeo può essere facilmente provato eseguendo come per la Sardegna la ricostruzione delle singole tratte con uno strumento CAD e sovrapponendo queste ad una carta attuale della Sicilia. Non deve stupire questa incapacità di determinazione di superfici geografiche così vaste in epoca romana: il fatto che diversi autori ritenessero la Sicilia maggiore rispetto alla Sardegna in termini di superficie non era una conseguenza di misurazioni precise ma era una circostanza casuale, legata soprattutto alla maggior conoscenza che quegli autori avevano della prima rispetto alla seconda. Tale incapacità è sopravvissuta non solo in epoca medievale (la rappresentazione in Fig. 8 è una forzatura dell’autore arabo che sapeva la Sardegna essere un’isola molto estesa, quasi al pari della Sicilia) ma è giunta fino al termine del XVIII sec. tanto che l’abate Madao poteva ancora affermare, riguardo alla Sardegna, che: «non è quest’isola inferiore alla Sicilia riguardo alla sua grandezza»19.

Fig. 8. Carta di Al-Idrisi, manoscritto cartaceo del XII sec., (Bibliothèque Nationale, Paris); la Sicilia al centro e la Sardegna e la Corsica a sinistra.

19 M.Madao, Dissertazioni storiche apologetiche critiche delle sarde antichità, Cagliari 1792, tomo I, p. 271 23 6.2. La carta della Sardegna Tolemaica e le carte moderne

Se effettuiamo un confronto a scala uguale fra le attuali riproduzioni geografiche e quella tolemaica riprodotta in Fig. 4, facendo corrispondere per comodità grafica il Capo del Falcone col Gorditanum promontorium, il lavoro di Tolomeo riprende quota e siamo di nuovo catturati dallo stupore di fronte a tanta corrispondenza!

Fig. 9. Sovrapposizione a parità di scala della carta tolemaica, ricostruita attraverso le coordinate del cod.X, con la rappresentazione del profilo della costa sarda; abbiamo posto Gorditanum promontorium coincidente col Capo del Falcone

Questa sovrapposizione, da sola è prova del fatto che Tolomeo per la Sardegna avesse adoperato lo stadio egizio e non quello italico, utilizzando il quale avremmo un disegno davvero sproporzionato dell’isola rispetto alle dimensioni reali.

24 P.Meloni, convinto che il geografo alessandrino avesse adoperato per la Sardegna lo stadio italico, così commenta e giustifica la cosa: «la forma della Sardegna che si ricava dal testo di Tolomeo è molto più allungata di quanto non lo sia nella realtà; per lui, infatti, anche seguendo la prima redazione, si hanno, fra l’Errebantium promontorium, Capo Falcone (lat. 39°20’) e Chersonesus, Capo Teulada (lat. 35° 45’), 3°35’ di latitudine, quindi (92,50x3+53,59) km 331,45. (…) Invece, come è noto, fra Capo falcone e nord (lat.41°15’) e Capo Teulada a sud (lat. 38°51’) si hanno 2°24’ di latitudine, quindi, con un grado di km 111,111, un totale di km 266,66. (…) Sui motivi di questo allungamento l’opinione degli studiosi concorda sostanzialmente. L’errore è derivato da una errata latitudine attribuita Cartagine, le cui coordinate non sono frutto di osservazioni astronomiche, ma di una elaborazione di distanze ricavate da itinerari marittimi. Per Cartagine Tolomeo (IV,3,7) dà una latitudine di 32°40, mentre essa è, in realtà, di 36°51’, quindi 4°11’, più a nord (…). Questo grave errore non poteva portare se non ad un allungamento della Sardegna, se si pensa che Tolomeo doveva rispettare le distanze che egli trovava negli itinerari marittimi fra i porti sardi e quelli liguri e della costa marsigliese a nord e quelli della costa africana a sud». Questa interpretazione è effettivamente contraddittoria. L’ampiezza della Sardegna in senso longitudinale nel testo tolemaico (cod. X) pari a 3°35’ è stata raffrontata con i 2°24’ reali solo ricorrendo all’uso dello stadio italico. Ricordiamo che 1 grado di latitudine in Tolomeo, per un’errata valutazione del meridiano terrestre, è posta pari a 500 stadi e cioè 78,75 km. Per la Sardegna abbiamo quindi che 3°35’ corrispondono a 3x78,75+(35/60)x78,75 = 282 km, molto vicini ai circa 267 km reali. La cosa più importante poi da sottolineare è che allungare artificiosamente la Sardegna con il ricorso allo stadio italico non vuol dire ridurre la distanza fra questa e le coste europee a nord e africane a sud. Se Tolomeo avesse voluto allungare di proposito l’ampiezza della Sardegna oltremisura l’avrebbe fatto in termini angolari e non utilizzando una diversa unità di misura solo per la Sardegna. Si capisce infatti che la distanza chilometrica di 331,45 km calcolata da Meloni non si traduce in una riduzione di distanza dell’isola dalle coste continentali. Anzi, se utilizzassimo in modo più ampio lo stadio italico per interpretare i dati tolemaici otterremmo esattamente il risultato opposto: la distanza in long. Caralis-Cartagine infatti di 3°20’, pari a 263 km con l’uso dello stadio egizio, diventano 302 km con l’uso dello stadio italico. Se infine dovessimo davvero pensare che Tolomeo abbia usato lo stadio italico solo per la Sardegna, il suo intento sarebbe stato esattamente l’opposto di quello sopra descritto e cioè quello di “limitare” l’ampiezza angolare in senso longitudinale, il che è un assurdo. Per capirci, se Tolomeo avesse voluto attribuire alla Sardegna un’ampiezza in longitudine equivalente a 331,45 km, volendo ridurre le distanze relative Sardegna- continente, avrebbe sicuramente impiegato lo stadio egizio col quale avrebbe ottenuto per l’isola un’ampiezza angolare, fatte le dovute equivalenze, di 4°10’, molto più vantaggiosa rispetto a quella effettivamente prodotta. Definita globalmente la forma della Sardegna andiamo invece ad evidenziare alcuni errori di posizionamento derivanti non tanto da un progetto premeditato del geografo volto alla dilatazione in senso nord sud dell’isola ma a errori nelle misurazioni 25 astronomiche. L’esempio più rilevante a colpo d’occhio è dato da Caralis oppidum, posta sulla costa orientale, dopo una costa meridionale eccessivamente sviluppata, poco più a nord rispetto alla punta più meridionale dell’isola, il Chersonesus. A nord Turris Libisonis non è localizzata entro un ampio golfo, ma più a nord del Gorditanum pr. Al centro Neapolis è posizionata molto più a sud di quanto non fosse in realtà. Di nuovo a sud la costa meridionale è piatta ed estesa 1°55’ in latitudine, da Populum a Caralis, corrispondenti a circa 120 km. Il perché di questi due ultimi errori, relativi per altro al tratto di costa sarda forse più noto in antichità, lo abbiamo osservando le riproduzioni delle carte tolemaiche dell’isola sorella, l’altra grande isola del terzo bacino del Mediterraneo, la Sicilia, che come abbiamo detto figurava sulla stessa carta, la VII, dell’opera geografica di Tolomeo. In essa (Fig. 7) la costa meridionale dal capo Lilibeo al capo Pachino corre praticamente sullo stesso parallelo e la costa settentrionale risulta obliqua, cosa che fa apparire l’isola ruotata in senso antiorario. Lo stesso errore è presente anche nella carta relativa all’Italia dove ad es. il Gargano è posizionato sullo stesso parallelo di Napoli e Otranto è più a sud di Cosenza. Lo stesso errore potrebbe essere stato commesso nella ricostruzione del perimetro della Sardegna. Si è già detto che Tolomeo disponeva per alcune città della Sardegna di misure astronomiche: Sulci, Carales, Turris Libisonis nella costa, Gurulis Nova nell’interno. A questo proposito è rilevante il fatto che Sulci sia posta più a sud rispetto a Carales a una distanza in termini di latitudine pari a 10’ equivalente a circa 13 km, che ci porta molto vicini a Sant’Antioco, da quasi 200 anni considerata la Sulci romana. Se però teniamo conto di quanto sopra detto circa la tendenza a ruotare in senso antiorario l’asse N-S dei territori della Sicilia e della penisola Italiana e quindi, presumibilmente, anche della Sardegna, dobbiamo pensare Sulci leggermente più a nord di quanto non appaia nella tavola Tolemaica. Per quanto riguarda la precisione della riduzione da distanze a coordinate, abbiamo già detto che Tolomeo effettua l’arrotondamento a 5’ di grado, sia in latitudine che in longitudine, che corrispondono a distanze rispettivamente di circa 5,25 km e 6,56 km che sono anche gli errori massimi di arrotondamento nelle due dimensioni. Per quanto riguarda invece l’errore massimo di arrotondamento che possiamo aspettarci, che si ottiene qualora vengano arrotondati contemporaneamente in eccesso (+5’) o in difetto (-5’) le due coordinate, tale errore è variabile fra 7 e 8 km. Si tratta comunque di un caso estremo e, data la tendenza registrata in Tolomeo a rettificare le coste lungo i quattro lati, è presumibile che il geografo abbia arrotondato normalmente una sola delle due coordinate, a seconda del tratto di costa considerato, per cui l’errore massimo ipotizzabile è pari al primo descritto e cioè a circa 5 km per le distanze fra località delle coste occidentale e orientale e pari a circa 6 km per le distanze fra località delle coste settentrionale e meridionale.

26 6.3. La costa sarda in Tolomeo

Passiamo quindi alla ricostruzione degli itinerari che hanno dato luogo alle misure elaborate da Tolomeo per ricavare le coordinate (latitudine e longitudine) presenti nella sua opera geografica. A tal fine ci siamo avvalsi di diverse località per le quali è nota la localizzazione storica (riportate in grassetto nella seconda colonna della tab.5 ). Prendiamo in considerazione i dati di distanza riportati nella IV colonna della tab.5 . La prima località dell’elenco tolemaico, il Gorditanum promontorium, costituisce l’inizio della costa occidentale e dovrebbe (il condizionale è d’obbligo20) coincidere con l’attuale Capo del Falcone. Per accertare la cosa con maggior sicurezza prendiamo in considerazione l’ultimo dato di distanza presente nella tab.1 e cioè quello tra Turris Libisonis oppidum e il promontorio in questione (27,06 km). Su una carta della Sardegna tracciamo una circonferenza, con centro nel Capo del Falcone di raggio 27,06 km (Fig. 10). Tale circonferenza interseca la costa settentrionale sarda nei pressi di (dove sorgeva l’antica Turris Libisonis) a una distanza da questa in direzione est pari a circa 2,5 km, quindi abbondantemente entro la tolleranza di cui si è parlato. Vale a dire che la corrispondenza Gorditanum=Punta Falcone è corretta. A partire da questa località immaginiamo quindi di effettuare il periplo dell’isola in senso antiorario, così come descritto da Tolomeo. Costruiamo dei segmenti rettilinei aventi lunghezza pari a ciascuna delle distanze ricavate e riportate nella IV colonna della tab.1 e riportiamoli in successione lungo la costa sarda in modo tale da far coincidere il vertice finale di un segmento con quello iniziale del successivo o comunque, in presenza di località per le quali è certa la localizzazione, posizionando su queste il punto d’origine del segmento successivo e calcolando lo scostamento. Il risultato che si ottiene è tipo quello riportato in Fig. 11 per mezzo della quale è possibile proporre le corrispondenze fra località tolemaiche e centri attuali riportate nella tab.5 .

Fig. 10. Verifica della corrispondenza del Gorditanum promontorium della Sardegna tolemaica con la punta Falcone

20 Il promontorium Gorditanum di fronte al quale erano note due isole d’Ercole è ricordato da Plinio nel terzo libro della Naturalis Historia. Questa circostanza toglie ulteriori dubbi alla localizzazione. 27

Fig. 11. Sovrapposizione dei segmenti di distanza elaborati a partire dai dati in coordinate della geografia Tolemaica ad una carta della Sardegna attuale: le estremità iniziali di ciascun segmento sono state posizionate in corrispondenza dei “luoghi” ricordati da Tolomeo.

28

tab.5 Proposta corrispondenza fra località citate nella geografia Tolemaica e località odierne Costa Occidentale n. Località Proposta corrispondenza con Annotazioni località attuale 1 Gorditanum promontorium Capo del Falcone 2 Tilium oppidum litorale fronte isola dei Porri? 3 Nymphaeum, portus Porto Ferro 4 Hermaeum promontorium Punta di Poglina 5 Temi fluvii ostia foce del Temo 6 Coracodes portus Putzu Idu la tratta 6 sarebbe superiore alla reale di circa 5 km 7 Tarrae oppidum Tarros 8 Thyrsi fluvii ostia foce del Tirso 9 Usellis oppidum, colonia Usellus 10 Sacri fluvii ostia Foce del rio di Mogoro o del rio Mannu di Pabillonis 11 Othaea oppidum Porto Palma 12 Sardopatoris fanum Piscinas 13 Neapolis S. Maria di Nabùi 14 Crassum promontorium Punta di Cala Domestica Costa Meridionale 15 Populum oppidum Gonnesa 16 Solci oppidum Portoscuso 17 Solci portus Porto Botte la tratta 17 sarebbe superiore alla reale di oltre 7 km 18 Chersonesus CapoTeulada la tratta 18 sarebbe inferiore alla reale di quasi 5 km 19 Bithia portus Porto di Malfatano 20 Bithia oppidum Chia 21 Herculis portus Baia di Agumu o Peschiera di Nora 22 Nora oppidum Nora 23 Litus ventosum Litorale di Giorgino(Porto Foxi) la tratta 23 sarebbe superiore alla reale di oltre 6 km 24 Cuniucharium promontorium Punta della Zavorra?(Litotale di Giorgino) Costa Orientale 25 Caralis oppidum et promont. Cagliari 26 Caralitanus sinus Torre delle Stelle o Solanas? 27 Susaleus vicus Nel litorale tra Piscina Rei e Capo la tratta 27 sarebbe superiore alla Ferrato reale di circa 21 km 28 Saepri fluvii ostia foce del Flumendosa o del torrente di Quirra 29 Solpicius portus Arbatax la tratta 29 sarebbe inferiore alla reale di oltre 7 km 30 Caedri fluvii ostia foce del Cedrino la tratta 30 sarebbe inferiore alla

29 reale di oltre 8 km 31 Feronia oppidum Posada la tratta 31 sarebbe inferiore alla reale di oltre 8 km 32 Olbia oppidum Olbia la tratta 32 sarebbe inferiore alla reale di circa 10 km 33 Olbianus portus Golfo Aranci? la tratta 33 sarebbe superiore alla reale di quasi 7 km 34 Columbarium promontorium Capo Ferro 35 Ursi promontorium Capo d’Orso Costa Settentrionale 36 Errebantium promontorium Punta Falcone o Capo Testa la tratta 36 sarebbe superiore alla reale di oltre 7 km 37 Pluvium oppidum Litorale a sud di Capo di M. Russu? la tratta 37 sarebbe superiore alla reale di quasi 6 km 38 Iuliola oppidum Porto di Vignola 39 Tibula oppidum Castelsardo la tratta 39 sarebbe superiore alla reale di quasi 6 km 40 Turris Libisonis oppidum Porto Torres

Dall’analisi della carta in Fig. 11 e della tab.5 è evidente un’ottima corrispondenza per tutte le prime 26 località, con la sola eccezione della tratta fra il Temi fluvii ostia e Coracodes portus per le quali comunque lo scarto fra distanza tolemaica e distanza reale rientra nell’errore massimo di arrotondamento di cui abbiamo parlato in precedenza. Gli scostamenti maggiori rispetto al dato reale li abbiamo tutti nelle località della costa orientale e vedremo poi come la cosa si giustifica. Passiamo ad analizzare uno per uno i lati della costa così come definiti dal geografo alessandrino.

30 6.4. Costa occidentale

La seconda località, Tilium oppidum ricade lungo il litorale compreso tra l’isola dei Porri e la punta Furana. La località costiera doveva anche essere dotata di un piccolo punto d’approdo, seppur non espressamente citato. I due successivi punti della carta, il Nymphaeum portus e l’Hermaeum promontorium normalmente li si vuole coincidenti con il Porto Conte e con il capo Marargiu in quanto costituiscono il primo il porto più rilevante dell’area e il secondo il capo più visibile in direzione di Bosa. La precisione con cui è determinata la posizione di Bosa non lascia molti dubbi sulla corretta localizzazione dei due punti precedenti nella carta Tolemaica: il Nymphaeum portus coincide col Porto Ferro e l’Hermaeum promontorium con la Punta di Poglina. Non sappiamo quale sia stato il meccanismo di selezione dei punti di maggior rilievo per la definizione della costa sarda da parte di Tolomeo; e, come si è detto nel paragrafo 4 (Geografia pratica e geografia scientifica), sicuramente non sono stati riportati sempre i punti obiettivamente più rilevanti dal punto di vista geografico.

Fig. 12. Porzione NO della Sardegna e le relative “tratte” della geografia tolemaica

31 Tornando all’Hermaeum promontorium e al perché della sua menzione nell’opera geografica, così come per il Crassum promontorium che vedremo più in là, la scelta in tal caso è ricaduta su un promontorio dotato di possibilità di scalo nelle immediate vicinanze. Un altro motivo è che sopra la spiaggia arenosa che serviva da scalo: «osservasi piccola, bella e spaziosa pianura in cui finisce il territorio di Villanova»21. Su quella piana, o nell’immediato entroterra, sorgeva la città di Carbia, ricordata nell’Itinerarium Antonini. Oltre all’importante lacuna in questo primo tratto dell’elenco tolemaico costituita dalla mancata citazione dell’attuale Capo Caccia, non si fa cenno di centri abitati lungo il litorale algherese, che pure dovevano esistere. Notiamo la precisione con cui viene localizzato il Temi fluvi ostia, la foce del Temo. Più a sud il Coracodes portus sembra ricadere nell’area dell’attuale litorale di Putzu Idu, approdo favorevole anche con venti di maestrale che costituiva, insieme alla Cala su Pallosu, l’area di imbarco del sale in epoca medievale (le Saline).

Fig. 13. Porzione OSO della Sardegna e le relative “tratte” della geografia tolemaica

Sulla costa occidentale l’errore geografico più rilevante presente nella carta tolemaica è la posizione costiera di Usellis oppidum. A dispetto di questa svista del geografo però non sembra risentirne il dato di distanza, riportato correttamente (anche se non è chiara

21 G.Cossu, Descrizione Geografica della Sardegna, a cura di I. Zedda Macciò, Illisso, Sassari 2000, pag.120 32 la posizione del Thyrsi fluvii ostia per la definizione del quale è necessario ricorrere a studi specifici sulla variazione della linea di costa in tempi storici); ciò potrebbe dimostrare che i dati di partenza per quanto riguarda le località costiere fossero sia distanze via mare che distanze lungo itinerari terrestri. Per quanto riguarda il Sacri fluvii ostia non è possibile sciogliere il dilemma sempre presente nell’interpretare questo luogo tolemaico e cioè se associarlo alla foce del rio di Mogoro o del rio Mannu di Pabillonis. La prima opzione sembra quella maggiormente corrispondente all’interpretazione dei dati e forse proprio il rio di Mogoro era il fiume sacro, data l’importanza delle aree attraversate dal rio già dal neolitico, per le genti locali. Riportiamo di seguito l’elencazione delle località costiere dalla 10ª alla 14ª (vedere tab.1 ) con le relative coordinate. E’ questo il tratto di costa che più di tutti ha creato problemi interpretativi, data anche l’importanza non solo dal punto di vista geografico ma anche da quello storico-archeologico e della religione degli antichi abitanti di quell’area della Sardegna.

n. Località Long. Latit. 10 Sacri fluvii ostia 30° 30’ 36° 40’ 11 Othaea oppidum 30° 30’ 36° 30’ 12 Sardopatoris fanum 30° 30’ 36° 20’ 13 Neapolis 30° 40’ 36° 30’ 14 Crassum promontorium 30° 40’ 36° 00’

Nella naturale successione delle località, elencate in direzione nord-sud lungo la costa occidentale, Neapolis è un’eccezione, in quanto presenta una latitudine superiore a quella della località che la precede, il Sardopatoris Fanum. I codici Z (vaticanus Palatinus Graecus 314) ed E (Palatinus Graecus 1403) legati alla seconda edizione tolemaica a questo proposito correggono la latitudine di Neapolis a 36°10’, col che viene rispettata la normale successione N-S. Se dovessimo accogliere come esatta la correzione, dovremmo porre Othaea oppidum e il Sardopatoris fanum nel tratto di costa compreso fra il Sacri fluvi ostia e Neapolis ed è questa una naturale conseguenza della proposta corrispondenza Othaea-Othoca, con quest’ultima localizzata nei pressi di Santa Giusta22. La città di Othoca, nominata nell’Itinerarium Antonini non è presente nell’elenco tolemaico e in tal modo si ovvia ad una lacuna in quest’ultimo che appare inaccettabile. Resta però il problema dell’ubicazione del Sardopatoris fanum tolemaico, che si vuole coincidente con quello di Antas23. Se così fosse il testo tolemaico originario (data la

22 P.Meloni, La Sardegna Romana, Chiarella, Sassari 1980, pag. 240; A.Mastino, P.G.Spanu, R.Zucca, Mare Sardoum, Carocci, Roma 2005, p. 181. 23 Il tempio di Antas era dedicato al Sardus Pater. A fronte di numerosissime tertimonianze archeologiche in tutto il sulcis che dimostrano l’esistenza di strutture templari, anche con struttura analoga a quella del tempio di Antas, in pochissimi casi è nota la divinità a cui tali edifici erano dedicati. 33 concordanza dei codici più antichi) sarebbe colmo di imprecisioni e saremmo quindi autorizzati a modificare le posizioni reciproche anche di altre località in maniera del tutto arbitraria. Alcune considerazioni ci portano a pensare di poter accogliere la successione Tolemaica. La prima è il fatto che una lacuna importante lungo la costa occidentale, forse più della mancata citazione della città di Othoca, è la non menzione dell’attuale capo Frasca. La seconda è che la successione in senso antiorario delle località elencate lungo la costa doveva comunque seguire il profilo costiero per cui non scandalizza il fatto che le latitudini possano procedere in senso inverso a quello normale per limitati tratti di costa, in corrispondenza di pieghe e rientranze della stessa. La terza è che nella geografia tolemaica, dovessimo accettare le interpretazioni più accreditate, dovremmo pensare il tratto di costa da Neapolis a Matzaccara (nei pressi della quale si pensa sorgesse la città di Populum24) praticamente disabitato o comunque privo di centri di rilievo. Tolomeo aveva chiaramente notizia di un promontorio lungo quel tratto di costa, segnalato o interpretato malamente in corrispondenza del Sardopatoris fanum, con la città di Neapolis posta all’interno del golfo. E’ questo che dicono le carte tipo la nostra in Fig. 4. Se ora immaginassimo di colmare la lacuna del Capo Frasca e di ridisegnare quel promontorio nella giusta posizione, quella verso nord rispetto ad Othaea e non verso sud, otterremmo un profilo costiero quale quello in rosso in Fig. 14.

Fig. 14. La costa sud-occidentale sarda in Tolomeo; interpretazione e proposta correzione del profilo

24 P. Meloni, La costa sulcitana in Tolomeo, op. cit., p. 310

34

Conseguentemente possiamo ritenere accettabile la localizzazione di Othaea e del Sardopatoris fanum lungo la costa sud occidentale sarda: la prima, distante circa 13 km dal sacri fluvii ostia ricadrebbe nell’area del Porto Palma-Flumentorgiu, il secondo, posto circa 13 km più a sud nel litorale di Piscinas-Arbus, dove in tempi più recenti veniva imbarcato il minerale coltivato nelle vicine miniere di Ingurtosu-Gennamari, probabilmente su un’altura a poche centinaia di metri dal mare, posta fra le foci dei rii Piscinas e Irvi, dove ancora oggi è ricordato il toponimo sa Domu Sciusciada ed è facile ritrovare resti di costruzioni di un antico villaggio, di non chiara età, anche se apparentemente molto povero. Se Othaea non era l’Othoca dell’Itinerarium Antonini localizzata nei pressi di Santa Giusta, è comunque possibile che le due città avessero lo stesso nome, è cioè possibile che Othaea e Othoca fossero due versioni dello stesso nome, visti gli esempi frequenti nella Sardegna romana di città con lo stesso nome ubicate anche in luoghi molto distanti25. Procedendo verso sud il Crassum promontorium era il promontorio di Cala Domestica, che costituisce il punto più occidentale della Sardegna a sud di Tharros e che è stato normalmente trascurato a favore o del capo Pecora o del Capo Altano. Negli ultimi decenni è praticamente unanime fra gli studiosi l’attribuzione a quest’ultimo della corrispondenza col promontorio ricordato da Tolomeo come Pacheia akra, tradotto in latino nel medioevo come Crassum promontorium. Il motivo principale è il fatto che tale promontorio deve precedere Sulci ed è riportato da Tolomeo come il punto terminale della costa occidentale. E così, se Sulci è a Sant’Antioco, data la distanza di quest’ultima dal capo Pecora, la scelta è quasi obbligatoria. Il termine Crassum è traduzione latina dal termine usato da Tolomeo Pachìs, che in greco significa proprio “grosso”. E. Pais ci informa del fatto che Pacheia akra poteva essere stazione cartaginese: «Pachun infatti in fenicio vuole dire vedetta e se si bada bene che nei dintorni di capo Altana anche oggi vi sono delle tonnare, si capirà facilmente il significato di tale parola»26. Questo suggerimento è importante primo perché era normale per i greci ellenizzare termini barbari per semplice assonanza piuttosto che mediante traduzione, secondo perché, chi è stato a Cala Domestica lo sa bene, lì è presente una vedetta medievale costruita probabilmente su preesistente nuraghe: sono ancora visibili nelle vicinanze i resti del villaggio nuragico!

25 Alcuni esempi: la Sulci occidentale e la Sulci posta ungo la litoranea orientale; le due Viniola dell’Itinerarium A.; probabilmente le due Tibula. 26 E.Pais, Sardegna prima del dominio romano, Ristampa anastatica degli Atti della R.Accademia dei Lincei anno CCLXXVIII, 1880-81, pag.87, G. Trois editore 35 6.5. Costa meridionale

La prima località è Populum, coincidente con l’attuale Gonnesa: doveva esistere un porto interno, nell’area dell’attuale Palude Sa Masa, oggi insabbiata da diversi milioni di m³ di sterili mineralurgici prodotti dalla secolare attività mineraria svolta nell’area.

Fig. 15. Porzione SO della Sardegna e le relative “tratte” della geografia tolemaica

Il litorale compreso fra Fontanamare e Porto Paglia è il primo che si incontra per chi arrivi verso il mare dalla regione mineraria di Iglesias. Il monte San Giovanni, che conteneva uno dei più ricchi giacimenti di piombo argentifero dell’area, coltivato almeno da età punica, si affaccia sul mare proprio verso quel litorale che deve aver conosciuto la presenza di uno o più piccoli scali portuali fin da epoche antiche.

Circa Sulci la geografia tolemaica conferma quanto facilmente deducibile da numerosi altri documenti storici: la seconda città della Sardegna meridionale si trovava non nell’isola di Sant’Antioco (che ricadeva nell’area di influenza della città) ma in prossimità dell’attuale Portoscuso, nell’area compresa fra l’attuale abitato e l’area industriale di Portovesme27. Così infatti risulta dalla ricostruzione su carta dell’Itinerarium Antonini, dall’analisi della Sardegna nella Tavola Peutingeriana (vedere Fig. 16), dall’altrimenti incomprensibile testimonianza di Plinio il vecchio che nell’elencazione delle isole minori intorno alla Sardegna ricorda l’isola Enosis (San Pietro?) posta di fronte al promontorio sulcitano, dai miliari ritrovati lungo la strada a Karalibus Sulcos, dalle prime carte geografiche medievali e dall’analisi di documenti medievali.

27 M.Cabriolu, G. Vargiu, Cercando Metalla, op.cit. 36

Fig. 16. La Sardegna nella tavola Peutingeriana: Sulci è indubbiamente una città litoranea.

Ad oggi, nonostante le numerosissime evidenze archeologiche, l’unico scavo ufficiale effettuato nell’area ha consentito il ritrovamento di una necropoli a incinerazione fenicia sulle sabbie litoranee in località San Giorgio. La necropoli, considerata uno dei primi scali coloniali fenici, data l’arcaicità del materiale rinvenuto, faceva capo ad un abitato di cui non si hanno tracce archeologiche. Il Sulcitanus portus indica senza dubbio il Golfo di Palmas e probabilmente, come nel caso del Caralitanus sinus, il punto rilevato rappresentava non un punto d’attracco (tutto il golfo allora era “area portuale”) ma l’inizio del golfo.

Fig. 17. Il golfo di Palmas in una stampa del 1805; le ancore indicano i luoghi dove possono approssimarsi e stazionare vari tipi di imbarcazioni

37 L’isola di Sant’Antioco fra le altre varie denominazioni attestate in epoca romana, delle quali con certezza ci è pervenuta la sola Molibodes nesos della geografia tolemaica (la Enosis di Plinio dovrebbe essere l’attuale isola di S.Pietro mentre è dubbia l’attribuzione alle isole sarde dei nomi riportati nella Tabula Peutingeriana), doveva già allora avere l’appellativo di isola sulcitana, che poi manterrà per tutto il medioevo insieme all’altra denominazione di isola Palma de Sol. Sulla costa meridionale osserviamo che il Bithia portus era l’attuale porto di Malfatano28. L’Herculis portus, vicinissimo alla città di Nora, era posto lungo il litorale a ovest rispetto al centro abitato, o nell’odierna baia di Agumu29 o nella Peschiera di Nora dove, «recenti indagini subacquee hanno evidenziato al centro della cala una depressione quadrangolare di 100 m di lato, ipoteticamente considerata una sorta di cothon, il bacino artificiale proprio delle strutture portuali fenicie»30. L’Herculis portus dista da Nora solo 5’ in latitudine da Nora oppidum e tale distanza «perde molto del suo valore se si pensa che lo stesso (Tolomeo [ndr]) non conosce unità di miglia inferiori a 5’ e, quindi, il porto potrebbe anche essere molto più vicino alla città, forse nella città stessa»31. Poco oltre Tolomeo ricorda due località, i cui nomi, dal greco, sono stati interpretati come Litus Ventosum e Cuniucharium promontorium. Tutti i codici della tradizione tolemaica, escluso il cod. O (Flor.Laur.XXVIII,49)32, riportano la successione Litus Ventosum-Cuniucharium promontorium. Nel cod. O e in quelli della tradizione post- tolemaica la successione è stata invertita, evidentemente per risolvere il problema interpretativo: infatti in base alle distanze deducibili dalle coordinate tolemaiche il Litus Ventosum sembra coincidere con il promontorio della Zavorra e il Cuniucharium promontorium con la spiaggia di Giorgino; dove Tolomeo ricorda un promontorio, in realtà c’è una spiaggia e viceversa. Oltre all’ipotesi dell’errore di trascrizione in origine delle due località è possibile anche che tale errore non esista. Il Litus ventosum potrebbe essere il litorale di Sarroch (porto Foxi) e il Cuniucharium promontorium potrebbe in realtà essere non un classico promontorio ma un’estremità del braccio di sabbia che circondava lo stagno di Cagliari o qualcosa che forse è celato nel nome “oscuro” in greco (kouniou cherion), non chiaramente tradotto in latino. Sembra confermare questa ipotesi la descrizione del Fara che in questo punto della costa descrive la «foce dello stagno di Cagliari ovvero la sua

28 A.Mastino, P.G.Spanu, R.Zucca, Mare Sardoum, op. cit., p. 174. 29 Così è descritta quell’area dal G.Cossu nel 1799: «(…) e passata la punta d’Agamo, si entra nello scalo del medesimo nome anche capace di ricevere piccoli bastimenti che possono varcar con buon fondo», tratto da G.Cossu, Descrizione Geografica della Sardegna, op.cit., pag.96. 30 A.Mastino, P.G.Spanu, R.Zucca, Mare Sardoum, op. cit., p. 172. 31 P. Meloni, La costa sulcitana in Tolomeo, op. cit., p. 314, dove però Meloni si riferisce ad altre due vicine località, la città di Bithia e il suo porto, poste, nel codice X, a 5’ di distanza in longitudine. 32 Vedere par. 3: Da distanze a coordinate, da coordinate a distanze 38 estremità»33; il Fara comunque, accettando le indicazioni della tradizione post-

tolemaica, posiziona il promontorio Cunicularium al capo di Pula.

Fig. 18. Porzione SE della Sardegna e le relative “tratte” della geografia tolemaica

Per quanto riguarda le lacune geografiche presenti nella descrizione della costa meridionale dobbiamo evidenziare fra tutte l’assenza del rio Palmas. A tal proposito stupisce che per la Sardegna il geografo alessandrino elenchi solo 5 fiumi, contro i 20 della Sicilia. Per la Sardegna non sono ricordati diversi fiumi importanti: il Mannu del Campidano e il Cixerri, il Mannu di Sassari, il Coghinas il Liscia e forse il Flumendosa. Altro fondamentale errore di rappresentazione è il fatto che la costa meridionale venga conclusa proprio col Cuniucharium promontorium, distante circa 6 km dal capoluogo sardo Caralis oppidum et promontorium, dal quale la costa procede in direzione S-N. E’ questo l’errore che, come abbiamo visto, ha condizionato per secoli il disegno delle carte dell’isola nel medioevo, che riportavano il golfo di Cagliari rivolto erroneamente verso oriente.

33 I.F.Farae, In Sardiniae Chorographiam, 39 6.6. Costa orientale

La costa orientale tolemaica è quella che presenta i maggiori problemi interpretativi. Caralis oppidum et promontorium è in termini di distanze posizionata in maniera perfetta rispetto all’ultima località certa che la precede, Nora oppidum. Il Caralitanus sinus non sembra chiaramente individuabile: non è l’inizio o il centro dell’attuale spiaggia del Poetto; piuttosto, visto il disegno della carta, l’inizio di un tratto di costa che “fa capo” a Caralis e quindi l’inizio del golfo di Cagliari che è ben rappresentato dall’area di Solanas. Questa lettura è anche suggerita dal seguente passo tratto da G.Cossu, nella sua descrizione della costa sarda in senso orario: «Dopo questo capo (capo Boi [n.d.r.]) piglia principio la baia di Cagliari»34. La successiva tratta, verso Susaleus vicus, sembra decisamente esagerata in termini di distanze (vedere Fig. 18): 45 km dal Caralitanus sinus. Tracciando da quest’ultima località una circonferenza con tale raggio, andremmo ad intersecare la costa a nord in prossimità di Capo San Lorenzo il che non è compatibile con il fatto che la località successiva, il Saepri fluvii ostia sia distante circa 27 km. Quest’ultima località, da sempre ritenuta coincidente con la foce del Flumendosa si trova a sud rispetto al Capo san Lorenzo. Il problema sembra non risolvibile se affrontato in tale maniera. Diversa è la situazione se considerata nell’insieme, cercando di sfruttare la posizione certa di località note (tipo Olbia oppidum) e partendo da esse per posizionare a ritroso le altre, cercando di distribuire uniformemente gli scostamenti o errori riscontrabili, in termini di distanza, che sono anche spiegabili come si vedrà in seguito. Così facendo, e dall’analisi delle seguenti Fig. 21 e Fig. 22, il Saepri fluvii ostia sembra coincidere con la foce del fiume di Quirra e quindi il Susaleus vicus ricadrebbe sull’attuale tratto di costa compreso fra Piscina Rei e il Capo Ferrato, distante in linea d’aria da Solanas solo 24 km. Non è da escludere che tale tratta fosse in realtà la somma di due tratte parziali litoranee, passanti per il Capo Carbonara, oltre l’isola dei Cavoli, la cui indicazione nella carta tolemaica non è presente ed è un’assenza rilevante data l’importanza del promontorio e delle vicine isole per la navigazione costiera e per la definizione della corretta forma dell’isola. Tutti i portolani e le carte medievali, a riprova di ciò, riportano il suddetto Capo. E’ stata riportata in verde in Fig. 18, la linea composta da una spezzata, somma di due tratte rettilinee congiungenti Solanas con la parte nord di Costa Rei la cui lunghezza è pari a circa 45 km, esattamente quanto ricavabile dalle coordinate Tolemaiche. Il motivo reale della differenza notevole fra distanza reale e dato Tolemaico potrebbe anche essere un altro, e cioè quello che caratterizza quasi tutta la costa orientale, sulla quale il geografo ha dovuto effettuare opera di aggiustamento per chiudere il perimetro dell’isola.

34 G.Cossu, Descrizione Geografica della Sardegna, op.cit., pag.167. 40 Alla precisione riscontrabile nella ricostruzione della costa occidentale non corrisponde uguale esattezza in quella orientale e ciò è dovuto sia alla evidente maggior precisione dei dati di partenza per quanto riguarda la prima, ben più popolata e conosciuta della seconda, sia perché una volta disegnate le coste occidentale, meridionale e settentrionale, la costa orientale, l’ultima definita dal geografo, è stata “aggiustata”. Se si osserva la carta in Fig. 9, è evidente come, una volta assegnate le coordinate al Caralitanus sinus a sud e a Olbia oppidum a nord, il geografo ha dovuto “chiudere il cerchio” con la riduzione delle tratte intermedie dalla 29 alla 32 della tab.1 , inserendo un’ondulazione inesistente per allungare artificiosamente le tratte e con il disegno “forzato” della tratta 27, probabilmente l’ultima disegnata, dove il geografo una volta attribuite le coordinate alle due località estreme non ha potuto rispettare le esatte indicazioni di distanza: in essa si passa da una latitudine di 32°30’ del Caralitanus sinus a 31°55’ del Susaleus vicus, una differenza di 35’ equivalente a 36,75 km di distanza longitudinale. Qualora il geografo avesse posto i due estremi della tratta 27 sullo stesso meridiano, la lunghezza della tratta sarebbe stata molto vicina ai reali 24 km, come visibile in Fig. 19.

K o r n e n s i ` hh nrsh h ektu R`doq R o ubr e n s i o i

Aquae Lesitanae K o r pi ke n s i o i Susaleus vicus Lesa

Aquae Neapolitanae 5 2 , 6 Valeria 2 Skapi tan òi

Caralitanus sinus Si ko ulèn s i o i

O uale n tìn o i Caralis o. et pr.

S o lki tan o ì Bithia o. Cuniucharium pr. Nora o. Litus ventosum

Solci p. Bithia p. Herculis p. Chersonesus

Fig. 19. Porzione SE della ricostruzione della prima carta tolemaica con evidenziata la “distanza latitudinale” fra il Caralitanus sinus e Susaleis vicus.

Il Susaleus vicus poco a sud di Capo Ferrato non ha conferme archeologiche. Il Fara nel ‘500 poneva la Villa Susallei sulla costa, 4 miglia a sud rispetto al Capo Ferrato. Dice anche che ai suoi tempi era completamente distrutta, il che potrebbe voler dire che non v’era traccia di abitato su quel tratto di costa.

41 Potrebbe forse aiutarci l’etimologia del nome, che sembra derivare dal greco sousa, plurale di souson, termine di origine semitica che significa giglio: lungo la spiaggia di Piscina Rei, in particolare (ma la cosa è frequente un po’ ovunque nelle spiagge sarde) è possibile osservare la fioritura estiva dei bellissimi gigli di mare.

Il Saepri fluvii ostia, come abbiamo già visto, potrebbe coincidere con la foce del Flumini Durci; normalmente si ritiene che Tolomeo ricordi con quel nome la foce del Flumendosa, il secondo fiume dell’isola; il geografo per la Sardegna ha ricordato pochissimi corsi d’acqua e sicuramente non tutti i più importanti; nulla di strano quindi che non abbia inserito nell’elenco il Flumendosa. La parte terminale del torrente di Quirra è da sempre un punto notevole per i naviganti, in quanto al largo dalla sua foce, a circa 2 km a est, è presente l’isola di Quirra, riportata sin dai primi portolani medievali35. Le carte medievali per lo stesso motivo riportano sempre il borgo di Quirra e solo in periodo tardo il Flumendosa. Ne abbiamo dimostrazione nella carta in Fig. 20.

Fig. 20. Stralcio della Carta della Sardegna dall’Isolario di Enrico Martello del sec. XV (Brithish Museum, Londra)

E’ anche possibile che dal punto di vista geografico la parte terminale del corso del Flumendosa fosse allora un ampio stagno, dotato di più collegamenti col mare, come

35 Traiamo alcuni esempi rilevanti da L.Piloni, Carte Geografiche della Sardegna, op. cit: nella Carta Pisana del XIII sec. della Biblioteca Nazionale di Parigi (quir), nella carta nautica di Pietro Vesconte del 1311 (quira), nella carta nautica costruita nel 1325 da Angelino de Dalorto dove oltre a chira è riportato, prima del Capo Carbonara, il co ferrà (Capo Ferrato); questi due punti rilevanti della costa del sud-est dell’isola, che sembrano riproporre i due analoghi riportati da Tolomeo saranno da qui in poi spessissimo presenti, senza che si faccia cenno al Flumendosa per diversi secoli ancora nelle carte della Sardegna. 42 sembra di intuire da descrizioni anche di pochi secoli fa, quale quella del Cossu: «Ritornando alla suddetta bocca (dello stagno di Porto Corallo [n.d.r.]) si scorre per spiaggia bassa, ed arenosa, seguita da un lungo stagno detto di Flumendosa, da cui ne prende il nome, e passata la foce del sovr’accennato fiume siegue la spiaggia di S.Giovanni tutta come l’antecedente, secondata dal suddetto stagno, che piglia la denominazione da una cappella del suddetto stagno, situato un miglio distante alle falde di monti, che s’innalzano piacevolmente fra terra, ed alla distanza d’un miglio se ne vede un’altra dedicata alla SS. Vergine detta Santa Maria. Terminata la lingua del largo stagno distante un tiro di fucile si trova la torre della Porta in faccia al levante»36 Il Fara per il Flumendosa (che lui, come tutti, ritiene coincidente col Seprum) testimonia la presenza di 3 foci.

Fig. 21. Porzione della Sardegna centro-orientale e le relative “tratte” della geografia tolemaica

36 G.Cossu, Descrizione Geografica della Sardegna, op.cit., pag.161 43 Il punto successivo è il Solpicius portus che sembra ricadere nell’area di Arbatax e quindi là dove normalmente viene ubicato da parte dei diversi commentatori. Allo stesso modo il Caedri fluvii ostia era la foce del Cedrino e Feronia oppidum è stata da tempo individuata nei pressi di Posada. Le ultime tre località sono tutte individuabili a partire dalle coordinate tolemaiche con errori in difetto abbastanza costanti e compresi fra 7 e 9 km. Questo fatto sembra confermare ancor più, se son valide le proposte ubicazioni per gli ultimi 3 punti, la proposta per il Seprum. Olbia oppidum si trovava nei pressi dell’Olbia attuale. L’Olbianus portus, posto a 15’ di grado di distanza in latitudine da quest’ultima, equivalenti a 19,7 km, era posto lungo il frastagliato litorale compreso fra il Golfo Aranci e il Porto di Cugnana37. Anche in tal caso, come in altri analoghi già visti, il luogo tolemaico potrebbe indicare il punto della costa da cui aveva inizio il territorio olbiense e quindi la prima delle numerose aree portuali più o meno attrezzate che facevano capo a Olbia oppidum sul lato nord. L’eccessiva lunghezza del segmento in rosso che origina da Olbia, visibile in Fig. 22, probabilmente comprende l’aggiramento del promontorio di Capo Figari e quindi potrebbe essere corretta l’individuazione dell’Olbianus p. con una delle potenziali aree portuali rivolte a nord-est, quali ad es. il golfo di Marinella.

Il Columbarium promontorium corrisponde al Capo Ferro e l’Ursi promontorium al Capo d’Orso.

37 A.Mastino, P.G.Spanu, R.Zucca, Mare Sardoum, op. cit., p. 198. 44 6.7. Costa settentrionale

L’Errebantium promontorium sembra coincidente con l’attuale punta Falcone ma non è da escludere la localizzazione col più famoso Capo Testa con i locali importanti resti d’epoca romana. Le due città di Pluvium e Iuliola si trovavano a poca distanza l’una dall’altra, alle due estremità dello stesso golfo.

Fig. 22. Porzione della Sardegna settentrionale e le relative “tratte” della geografia tolemaica

Tibula doveva sorgere nell’area dell’attuale Castelsardo. Tale indicazione come è noto38 contrasta con la posizione della città ricordata nell’Itinerarium Antonini come punto di partenza di quattro strade. Si rimanda alla sintesi presentata da P.Meloni circa le differenti ipotesi avanzate e alle sue conclusioni39: «Allo stato attuale della documentazione ed in attesa di accurate ricognizioni sul terreno, è preferibile non schierarsi apertamente per una di queste ipotesi, anche se l’identificazione di Tibula con S.Teresa sembra, senza dubbio, la più accettabile»40. Si tratterebbe quindi di un errore presente nella successione delle località elencate da Tolomeo oppure potrebbe trattarsi

38 A.Della Marmora, Viaggio in Sardegna; V.Angius, Dizionario Geografico Storico Statistico Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna: Sardegna 39 P.Meloni, La Sardegna Romana, op. cit., pagg. 290-295 40 P.Meloni, La Sardegna Romana, op. cit., pag. 295 45 di un caso, per nulla infrequente, di diverse località con lo stesso identico nome posizionate anche a distanze notevoli41. Nell’Itinerarium Antonini la città è ricordata due volte come Portus Tibulae e due volte nella forma Tibula, quasi indicasse due località distinte. le distanze però pare si riferiscano ad un’unica località. Possiamo pensare allora che il Portus Tibulae=Tibula dell’Itinerarium Antonini e Tibula tolemaica siano state località realmente ubicate una nei pressi di S.Teresa, l’altra nei pressi di Castelsardo; ciò che abbiamo visto per Sulci (Sulcitanus portus), per Bithia (Bithia portus), e probabilmente per Cornus (Coracodes portus) e per Caralis (Caralitanus sinus), e cioè la presenza di città e di porto dello stesso nome, posti anche a decine di km di distanza: «Sappiamo, da un numero infinito di esempi, che parecchi porti derivano il loro nome da città che ne erano, talvolta, assai lontane; e che, in tal caso, questi nomi erano loro attribuiti per l’importanza che queste città avevano nella zona e persino nella provincia, e non a causa della loro prossimità immediata; sappiamo, anche, che questo o quel porto di una città conosciuta aveva il suo nome particolare e che lo si designava talvolta sotto questo nome particolare, talaltra sotto quello della città da cui dipendeva; per esempio, il Pireo era conosciuto ora sotto questo nome, ora sotto quello di Porto di Atene, ecc. ecc.»42 La localizzazione della Tibula tolemaica nel litorale di Castelsardo è oggi condivisa in quanto proprio lì «la ricerca topografica ha riconosciuto vari insediamenti costieri antichi dotati di scalo portuale»43.

Lungo la costa settentrionale segnaliamo la non menzione di 3 corsi d’acqua importanti: il Liscia, il Coghinas e il Mannu di Porto Torres, la cui “dimenticanza” non fa che avvalorare la corrispondenza proposta fra il Saeprus e il rio di Quirra. Altra lacuna fondamentale in questo tratto di costa è la non citazione di Longone, importante porto della Sardegna Settentrionale in età medievale e probabilmente già da epoca romana, ricordato nell’Itinerarium Antonini lungo la via a portu Tibulis Longones, distante XXXVIII miglia da Olbia. Longone è normalmente localizzata nei pressi dell’attuale Santa Teresa di Gallura o di Capo Testa. Quest’ultima possibilità sarebbe confermata dal fatto che: «proviene dalla zona dell’istmo di collegamento alla terraferma una lastra funeraria di marmo sulla quale è inciso l’epitafio che Haelia Annia dedica a sua madre Haelia Victoria Longonensis, dove Longonensis sarebbe da ritenersi quale determinazione etnica, ossia indicativa della comunità locale d’appartenenza»44

41 Un esempio nello stesso settore dell’isola è fornito dal nome Viniola, ricordato due volte nell’Itinerarium Antonini e riferito a due distinte città, una da localizzarsi nei pressi dell’odierno porto di Vignola, l’altra nei pressi di Dorgali. 42 A.Della Marmora, Viaggio in Sardegna, volume secondo, Archivio Fotografico Sardo, Nuoro , 2000, pag.181 43 A.Mastino, P.G.Spanu, R.Zucca, Mare Sardoum, op. cit., p. 196. Tale localizzazione è da tempo sostenuta da M.Pittau e si veda al proposito http://www.pittau.it/Sardo/emendamenti.html 44 A.Antona, Il complesso nuragico di Lu Brandali e i monumenti archeologici di Santa Teresa Gallura, collana Sardegna Archeologica, Carlo Delfino editore, Sassari 2005, p.28 46 6.8. I centri dell’interno

Le località mediterranee ricordate da Tolomeo per la Sardegna sono le 14 riportate nella tab.2 e riassunte qui di seguito, secondo l’ordine originario, da nord a sud: 1) Erycinum 2) Heraeum 3) Gurulis Vetus 4) Bosa 5) Macopsisa 6) Insani Montes 7) Gurulis Nova 8) Saralapis 9) Cornus 10) Aquae Hypsitanae 11) Aquae Lesitanae 12) Lesa 13) Aquae Neapolitanae 14) Valeria

Le località interne ricordate dal geografo sono effettivamente poche rispetto a quante dovevano essere presenti nel territorio sardo e che sappiamo esistevano, in base ad es. ai dati archeologici o ad altri documenti quali l’Itinerarium Antonini. Per fare una comparazione immediata, Tolomeo fornisce per la vicina Corsica lo stesso numero, 14, di centri nell’interno mentre per la Sicilia ne elenca ben 41. Il ridotto livello di conoscenza delle aree interne è ulteriormente aggravato dal fatto che dell’elenco fanno parte due città, Bosa e Cornus, che non sono prettamente interne, ma al contrario possono essere considerate costiere, nonostante entrambe in epoca romana non sorgessero immediatamente sul mare. Nell’Itinerarium Antonini entrambe le città sono toccate dalla via litoranea di ponente. L’errore, insieme a quello contrario già registrato per Usellus, è ulteriore dimostrazione del fatto che le informazioni in possesso del Geografo erano particolarmente accurate riguardo i dati di distanza fra le varie località descritte, ma non dovevano contenere molti altri dettagli geografici quali quelli che ad es. ritroviamo nelle descrizioni di geografi più tradizionali quali Strabone.

La determinazione della posizione dei centri interni è stata fatta ricorrendo ai dati disponibili nella forma di itinerari via terra, come abbiamo già evidenziato per la città di Usellus, per la quale abbiamo constatato un’ottima rispondenza circa i dati di distanza deducibili dalle coordinate fornite dal Geografo. Fissate le posizioni delle principali località costiere, in particolare Carales, Turris Libisonis, Tibula, Olbia e Sulki, dalle quali originavano diversi itineraria, era possibile, partendo da queste, tradurre in coordinate i dati di distanza delle località dell’interno.

47 In tal caso però il procedimento inverso già adottato per i centri costieri non sortisce gli stessi buoni risultati e uno dei motivi principali è dato dal fatto che il ridotto numero di località ricordate ci impedisce di determinare con certezza le vie lungo le quali furono misurate le distanze. Già P.Meloni ha tentato di correlare i dati di distanza deducibili dalla geografia tolemaica con i dati dell’Itinerarium Antonini a parità di tratte45. Alcuni fra i percorsi (pochi) che danno distanze confrontabili sono quelli delle seguenti tratte: 1) Aquae Neapolitanae-Carales, dove l’Itin.Ant. dà una distanza di XLVI m.p. concordemente corretti in XXXVI perché obbiettivamente eccessivi e il cod.X tol. 41,55 m.p. 2) Iuliola-Erycinum (Viniola ed Erucium nell’Itin. Anton.), dove l’Itin.Ant. dà XXIV m.p. e il cod.X tol. 22,71 m.p. (accettando la correzione della latitudine da 38°30’ così fornita concordemente dai codici, a 38°40’ in quanto la successione dei centri dell’interno è data da Tolomeo secondo un rigoroso ordine da nord a sud ed il centro successivo, Heraeum, è posto a 38°40’).

Per il tratto 1) la distanza Carales-Aquae Neapolitanae è pari a 61,51 km e il segmento relativo, col primo vertice nel punto tolemaico di ubicazione della capitale sarda, giunge poco oltre le terme di Sardara, a 4 km di distanza da esse (vedere Fig. 23).

Fig. 23. Localizzazione delle Aquae Neapolitane

Lo stesso procedimento applicato ad Erycinum sembra non dare risultati altrettanto positivi, considerata anche la dubbia localizzazione del centro abitato.

45 P.Meloni, La geografia cit., pagg.239-244. 48 Mentre la via da Carales alle Aquae N. seguiva un andamento abbastanza rettilineo tale che la distanza percorsa approssimava abbastanza bene quella in linea d’aria, non si può dire lo stesso nel caso di località collegate da strade tortuose, data la difficoltà per Tolomeo di calcolare le distanze in linea d’aria. Un altro esempio assimilabile al 2) è dato dalla distanza fra Tarrae-Cornus, pari a XVIII m.p. nell’Itin.Anton. e circa 11,4 in Tolomeo che dà un valore eccessivamente piccolo. E’ più probabile che la posizione di Cornus fosse stata determinata con riferimento all’altra località costiera più vicina alla città e ad essa strettamente collegata, il Coracodes portus. Questo risulta posto in Tolomeo a 10,5 km di distanza da Cornus che in linea d’area portano a poco più di 2 km dalla collina di Corchinas dove sono i resti più importanti della città. Lo stesso studio applicato al caso di Valeria, interessante per scoprire la sua localizzazione, sembra non fornire indicazioni decisive: la città risulta distante 54 km in linea d’area da Carales, vicina alle Aquae N., e a est rispetto ad esse, il che ci porterebbe all’interno di una fascia dove ricadono luoghi quali Sardara, Villamar, Barumini, Mandas, Serri. Dovremmo conoscere con quale procedimento matematico Tolomeo tentò di tradurre le distanze misurate lungo itinerari terrestri in distanze in linea d’area; in mancanza di informazioni in proposito potremmo ritenere accettabile la proposta coincidenza di Valeria con Valentia, la città del popolo dei Valentini ricordati da Plinio e dallo stesso Tolomeo e localizzata tradizionalmente nei pressi di Nuragus46. Altre indicazioni presenti in Tolomeo consentono di chiarire meglio il quadro delle conoscenze perché vicinissime a Valeria e alle Aquae Neapolitanae, leggermente più a nord rispetto ad esse, sono presenti altre due località: Lesa e le Aquae Lesitanae. La tradizionale coincidenza delle Acquae Lesitanae con le terme di Benetutti sembra improponibile in base ai dati di distanza e soprattutto alle posizioni reciproche fra le varie località dell’interno nel cod.X. Nel dettaglio Lesa è posta a 17 km di distanza dalle Aquae N. e a 13 km dalle Acque Lesitanae, poste queste ultime a sud-est e a 66 km di distanza rispetto alle Acque Hypsitanae. L’ultimo dato è difficilmente accettabile, perché da Fordongianus verso sud ci porterebbe in linea d’aria all’altezza di Nuramis o della sorgente di acque termali di S’Acqua Cotta in comune di Villasor e tra Sanluri e Samassi qualora ci muovessimo lungo le strade attuali che ricalcano abbastanza bene quelle esistenti in epoca romana. Le Aquae Lesitanae potrebbero allora trovare possibile collocazione o nelle sorgenti termali suddette o nell’area dello stagno, da tempo prosciugato, di Sanluri. Tali località sono entrambe poste a sud rispetto alle terme di Sardara, la qual cosa contrasta evidentemente in modo inaccettabile con le indicazioni tolemaiche. Se prendiamo come punto di partenza le Aquae N., a 17 km di distanza verso nord ci imbattiamo nei pressi di Ales (Lesa?)47 e a 13 km da questa ricadiamo

46 P.Meloni, La Sardegna Romana, op. cit., pagg. 256-257 47 Tale corrispondenza la troviamo proposta anche in W.Hazlitt, The Classical Dazetteer: a Dictionary of Ancient Geography, sacred and profane; Gilbert and Rivington, Londra 1851, p.200 49 all’interno di una fascia fra Senis e Villaurbana dove non abbiamo notizia di importanti sorgenti, termali o meno, tali da poter essere ricordate dai tempi romani.

Fig. 24. Ubicazione approssimativa del villaggio scomparso di Lesei

Il riferimento costiero per il calcolo delle distanze potrebbe essere stato il punto più vicino della costa orientale, il Saepri fluvii ostia, posto a circa 37 km dalle Aquae L. Anche questo dato da solo non è di molto aiuto; è importante però osservare, sempre nella Fig. 4, la posizione di Lesa e delle Aquae L. rispetto alle Aquae N. e alla foce del Sepro: il segmento congiungente queste ultime (evidenziato in Fig. 24 nella carta attuale dell’isola), è tutto a est rispetto alle due località che stiamo cercando! Il che vuol dire che queste ultime possono non essere poste perfettamente a nord rispetto alle Aquae N. Un’altra via da percorrere è la ricerca di eventuali persistenze del nome Lesa: attualmente, oltre il caso di Ales, non sembrano esistere nomi in Sardegna vicini a quello; per i tempi fino al medioevo possiamo ricorrere all’elenco frutto delle ricerche di J. Day48. L’unico caso è quello della villa di Lesei, nel Giudicato di Cagliari curatoria di Seurgus, villaggio ancora esistente a metà del XIV sec. e disabitato nel 158449. La sua posizione, riportata in Fig. 24, è incoraggiante: potrebbe essere nei suoi pressi la Lesa di Tolomeo? E le sue Aquae quali e dove sarebbero? Quest’ultima località, più che ad un centro termale, potrebbe far riferimento ad un’area urbana caratterizzata da famosi bagni. Distanti 2 km in linea d’area da Barumini, in direzione est, sono noti i centri di Santu Luxòri e Bàngius, due thermae rustiche poste nei pressi del fiume

48 J.Day, Villaggi abbandonati in Sardegna dal trecento al settecento: inventario, Editions du Centre National de la Recherche Scientifique, Paris 1973 49 J.Day, Villaggi abbandonati in Sardegna, op. cit., p.51 50 Mannu, del quale utilizzavano le acque50. Il centro di Lesei, che forse sorgeva nei pressi della chiesa di S.Simone fra Villanovafranca e Mandas e nei cui pressi la carta alla scala 1:25.000 dell’IGM riporta il toponimo Casa Corti Luxori, è collegato all’area termale di S.Luxori, nei cui pressi è presente il nuraghe Simone (è curioso l’incrocio dei toponimi nelle due aree), da una vecchia strada, riportata anche nella carta del Lamarmora ceh collegava l’area di S.Simone con Barumini attraverso il ponte sul rio Mannu e da Barumini portava fino a S.Luxori (strada in rosso nella figura seguente). La distanza tra le due località è pari a circa 10 km ed è così compatibile con quella deducibile dalle coordinate tolemaiche.

E’ notevole la dedica a S.Luxori, San Lussorio, dell’area termale prossima a Barumini, localizzata sulla sponda destra del rio Mannu; San Lussorio infatti è il Santo martirizzato sotto Diocleziano a Forum Traiani e lì il suo corpo fu seppellito, in una cripta utilizzata in precedenza per il culto delle acque: è il santo di Fordongianus – Aquae Hypsitanae. Le località proposte sono tutte a sud rispetto a Nuragus; di conseguenza Valeria doveva essere un centro localizzato fra il Campidano centrale e la Marmilla, fra Sardara e Barumini.

50 G.Lilliu, R.Zucca, Su nuraxi di Barumini, collana Sardegna Archeologica, Carlo Delfino editore, Sassari 2005, p.18 51

Prima di esaminare la possibile collocazione delle città interne del settentrione dell’isola analizziamo per un attimo nella seguente Fig. 25, la riproduzione della porzione centro settentrionale della Fig. 9 con la correzione di coordinate e quindi di posizione per Erycinum e Gurulis Nova.

Fig. 25. Porzione centro settentrionale dell’isola con la sovrapposizione della carta tolemaica così come proposta in Fig. 9.

Abbiamo già detto della buona sovrapponibilità generale della carta Tolemaica con le attuali carte geografiche dell’isola ma, mentre per la parte meridionale sono evidenti gli errori di orientazione delle coste, e quindi maggiori gli scostamenti fra le due rappresentazioni, per la parte centro-settentrionale la corrispondenza è davvero impressionante, già nella forma del contorno costiero! La linea di costa di nord-ovest e in particolare quella settentrionale da Turris Libisonis a Tibula è molto discosta da quella reale, ma sono facilmente intuibili le traslazioni da applicare alle porzioni di carta per ottenere la perfetta sovrapponibilità ed è così visibile 52 la corrispondenza di Tibula con Castelsardo o quella di Feronia con Siniscola o del Coracodes portus con Putzu Idu. Evidenziamo la perfetta corrispondenza della foce del Caedrus con quella del Cedrino e della vicinanza della foce del Thyrsus con quella del Tirso. Per i centri dell’interno per i quali è nota la localizzazione le Aquae Hypsitanae ricadono nell’immediata vicinanza di Fordongianus mentre Bosa e Macopsisa costituiscono un’eccezione in negativo. Bosa è posta ad enorme distanza rispetto a Cornus (45 km). La città non solo non viene ubicata sulle rive del Temo ma disterebbe dalla sua foce 25 km! E’ però localizzata a 31,5 km dal promontorio Ermeo, dato che risponde abbastanza bene alla distanza reale in linea d’aria fra Bosa e la Punta di Poglina (circa 27 km). E’ come se i rilevatori avessero riportato per la città non la distanza dalla foce del Temo (che, secondo la testimonianza del Fara che poté osservare della città vecchia «qualche informe e poco suggestivo ammasso di ruderi»51 era pari a tre miglia), ma quella dal promontorio Ermeo così che il Geografo non solo non avrebbe saputo del fatto che fosse una città fluviale ma avrebbe intuito per essa una posizione molto più interna e più a nord rispetto al Temo! Rispetto a Bosa probabilmente era quindi determinata la posizione di Gurulis Vetus la cui ubicazione ha sofferto dello stesso errore di traslazione verso l’alto. I dati di distanza relativa portano a localizzarla nei pressi di Padria, lì dove è posta tradizionalmente, pur con molti dubbi. Macopsisa costituisce un vero rompicapo. Mentre la posizione di Bosa nella carta tolemaica risente della generale traslazione verso l’alto dell’area costiera centro- settentrionale dell’isola, come testimonia anche la posizione della foce del Temo, la posizione di Macopsisa, ad est rispetto a Bosa e distante da questa circa 47 km, distante 25 km dagli Insani Montes (direzione sud-ovest), 39 km da Saralapis (direzione sud) e solo 32 km da Feronia, sulla costa orientale, genera non pochi interrogativi. Qualora considerassimo gli Insani Montes di Tolomeo coincidenti col Monte Ferru, potrebbe apparire accettabile, ignorando del tutto quanto visto e detto a proposito della carta di Fig. 25, la tradizionale coincidenza Macopsisa = Macomer. Anzi, è proprio la vicinanza di questi due nomi a suggerire la localizzazione della città tolemaica, e conseguentemente quella degli Insani Montes52. La cosa non è però così scontata come sembra. Gli Insani Montes, è noto, compaiono altre volte nei testi che parlano della nostra isola53 e, cosa ancora più importante, è la

51 I.F.Farae, In Sardiniae Chorographiam, a cura di E. Cadoni, Ed. Gallizzi, Sassari 1992, p. 187 52 Già E.Pais (E.Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, Vol. II, a cura di A.Mastino, Illisso, Sassari 1999, pp.397-398) aveva evidenziato come fosse contraddittoria la localizzazione degli Insani Montes da parte di Tolomeo rispetto a quelle deducibili da Livio(XXX 39) e da Claudiano (De bell. Gild. 513) che li collocano sulla costa orientale. 53 R.B.Motzo in un suo studio specifico sulla posizione dei Montes Insani (RB.Motzo, La posizione dei “Montes Insani” nella Sardegna, contenuto in “Atti II Congresso Studi Romani”, vol. I, pp. 471-487 (Roma, 1931) ha esaminato criticamente i testi di alcuni autori classici che li citano (Livio, Silio Italico, Claudiano, pausania) e ha dimostrato che «gli insani montes sono tutto il complesso sistema montuoso 53 stessa loro ubicazione al centro dell’isola da parte di Tolomeo che sembra mettere in discussione la loro coincidenza per quest’ultimo con il Monte Ferru. Dall’analisi della Fig. 25, notiamo che sono proprio gli Insani Montes così volutamente interni e centrali ad indicarci la reale volontà del Geografo: tali monti (o meglio il loro punto baricentrico, vista la necessità del geografo di indicare un punto anche per localizzare una catena montuosa) sono posti sullo stesso parallelo delle foci del Themus e del Caedrus, distanti 47 e 63 km rispettivamente dalla due. Nella carta sembra di poterli vedere coincidenti con la catena di monti che attraversano trasversalmente l’isola e che limitano a settentrione la valle del Tirso e cioè la successione della catena del Marghine e del Goceano fino ai monti di Alà. Se poi Saralapis coincidesse realmente con l’attuale centro di Sarule, data l’ottima corrispondenza fra le due località nella carta di Fig. 25, allora Macopsisa non può essere considerata coincidente con Macomer. Una delle maggiori difficoltà ad accettare questa conclusione è il fatto noto che il nome della città è considerato di origine punica e la penetrazione di questi ultimi normalmente non avrebbe interessato le aree interne, lì dove Tolomeo posiziona la sua Macopsisa. Diversi studi però e in particolare quelli di G.Sanna, sottolineano la possibile derivazione di toponimi quali Magomadas, Macumere, Macumelis, Magalau, Magusu, Sirimagus, Magalli ecc, da una comune radice pre-fenicia m(a)g/w- di origine semitica54. Tale radice, e non quella fenicio-punica maqom- significante «sito, luogo, sede», sembra presente anche nella tolemaica Macopsisa55, la qual cosa renderebbe più normale l’esistenza di quel toponimo nell’area interna dell’isola. Aggiungiamo ai soliti elenchi di località che contengono la radice maco/u- mago/u- l’idronimo Maco riportato per la Sardegna dall’Anonimo Ravennate nel VII sec. d.C. di cui non è rimasta traccia ma che conferma la presenza nell’isola di quella radice in toponimi che nulla hanno a che fare con polionimi di origine fenicio-punica. Non abbiamo comunque notizia di persistenze di toponimi con la stessa radice in quell’area della Sardegna, il Goceano, dove il Geografo, come vedremo in seguito, localizza l’area di insediamento dei Cunusitani, probabilmente uno dei popoli delle montagne della Sardegna romana. Rispetto a quale località fu misurata sul terreno la distanza relativa di Macopsisa? Se, come sembra, tale località costituiva uno dei più interni centri abitati lungo la valle del Tirso verso le sue sorgenti, la città di partenza potrebbe esser stata Acque Hypsitanae e Macopsisa andrebbe localizzata nei pressi di Osidda. Rileviamo che il termine Hypsitanae fa forse riferimento ad un toponimo con radice Hyps- che è facile riconoscere nella seconda parte del nome Maco-psisa cosa che, se rispondente al vero, potrebbe testimoniare l’appartenenza dei due luoghi alla stesso territorio regionale, la centrale che culmina nel Gennargentu e che con le sue diramazioni si spinge fino al mare Tirreno, rendendo la costa alta e importuosa e perciò spesso pericolosa alla navigazione». 54 G.Sanna, Sardôa Grammata, S’alvure, Oristano 2005, p. 496-497 55 E’ dello stesso avviso anche M.Pittau e si veda al proposito: M. Pittau, I nomi di paesi città regioni monti fiumi della Sardegna - significato e origine, Cagliari 1997, E. Gasperini Editore, pagg. 108-109, dove l’autore pur accettando la corrispondenza Macopsisa=Macomer, respinge senza esitazione la derivazione del toponimo dalla radice fenicio-punica maqom, che sarebbe invece di derivazione sardiana. 54 valle medio-alta del Tirso con l’evidente scomparsa di entrambi i toponimi nelle carte e forse nel ricordo delle genti sarde. Qualora invece il punto di partenza, di misurazione della distanza lungo un itinerario terrestre, fosse stato più a nord, ad es. Tibula, è possibile che la località sorgesse lungo la valle del Coghinas, ad es. nei pressi di Oschiri. Fra le due proposte la prima sembra la più probabile, data anche la vicinanza (o la coincidenza?) di Macopsisa con la Caput Tyrsi dell’Itinerarium Antonini lungo la ab Ulbia Caralis «per mediterranea»56.

Il centro di Saralapis dall’analisi della Fig. 25 è con ogni probabilità da porre coincidente con Sarule, data anche la vicinanza dei nomi. Anche le sue coordinate sono state evidentemente determinate a partire dai dati di distanza rispetto alle Aquae Hypsitanae, lungo una via principale che costeggiava il Tirso.

Riguardo a Gurulis Nova dobbiamo sottolineare un elemento notevole: tutti i codici danno concordemente per questa località la latitudine di 37°20’. Viene proposta la correzione a 37°50’ per gli stessi motivi che hanno portato alla correzione del dato di latitudine per Erycinum57. Anche per quest’ultima località i codici riportano una longitudine che normalmente viene corretta per rispettare la successione Tolemaica da nord a sud, seguita rigorosamente per i centri dell’interno dal geografo. Il fatto notevole e che nelle due edizioni della geografia attribuite a Tolomeo, constatiamo lo stesso errore che quindi non può essere dovuto ai copisti ma sarebbe da attribuire allo stesso geografo che lo avrebbe trasportato dalla prima alla seconda edizione, la qual cosa, dato il suo rigore nell’assegnazione delle coordinate, sembra un assurdo. La circostanza è senz’altro meritevole di altre attenzioni che non possono trovare sviluppo in questa sede. Tornando a Gurulis Nova, nella Fig. 25 abbiamo riportato le due localizzazioni: quella non corretta, a sud, e quella corretta, a nord; ricordiamo che per dichiarazione dello stesso Tolomeo questa era l’unica città dell’interno per la quale si disponeva di misure astronomiche. La prima localizzazione vede Gurulis Nova posta nei pressi di Tarrae e in posizione mediana rispetto alla congiungente Aquae Hypsitanae-Cornus. La distanza in linea d’area fra queste ultime due località è pari a circa 27 km; la stessa distanza in Tolomeo è di 22,3 km. Se dovessimo dar credito alla tradizione delle coordinate tolemaiche, ai dati di distanza e alle posizioni relative dovremmo cercare Gurulis Nova all’interno del triangolo Milis-S.Vero Milis e Baulado. La localizzazione nord che è chiaramente da preferire nonostante le riserve sopra avanzate, concorda perfettamente con quanti vogliono la città coincidente con Cuglieri. Infatti la distanza della foce del Themus in Tolomeo da quella del Temo, pari a circa 17 km, è identica alla distanza Gurulis Nova – Cuglieri.

56 P.Meloni, La Sardegna Romana, op. cit., pag. 276 57 P.Meloni, La geografia cit., pag.239 55 Quest’ultima corrispondenza, data anche la distanza ridotta fra Cuglieri e Macomer e quella enorme presente in Tolomeo fra Gurulis Nova e Macopsisa, rende ancor più problematica la tradizionale coincidenza Macopsisa-Macomer. Abbiamo già detto delle difficoltà di ubicazione di Erycinum per la quale, dall’analisi della Fig. 25, è facile vedere la collocazione fra Aggius e Tempio Pausania. E’ da preferire la prima in base alle indicazioni dedotte dall’Itinerarium Antonini dove, come abbiamo già visto, Erucium dista da Viniola, la Iuliola tolemaica, 24 miglia romane, equivalenti a 35,52 km, dato che ci porta ad Aggius piuttosto che a Tempio Pausania.

Heraeum è un altro dei luoghi esclusivamente tolemaici la cui localizzazione è totalmente incerta. Trovandosi vicina ad Olbia e all’Olbianus portus dobbiamo ritenere che la sua posizione sia stata determinata a partire da dati di distanza da una o da entrambe queste località. Osservando la Fig. 25 notiamo che in questo tratto di costa mentre il porto olbiense e il promontorio Colombario sono ubicati abbastanza correttamente, almeno per quel che riguarda la latitudine, Olbia è molto più a sud della sua posizione reale, circa 14 km ed Heraeum è più a nord rispetto ad Olbia. Ciò vuol dire che se i dati di distanza dalle due località sono da considerarsi corretti, e conseguentemente anche la posizione relativa, il tempio di Era/Giunone sorgeva a nord rispetto ad Olbia, lungo la strada costiera, forse in prossimità di San Pantaleo. L’alternativa meno probabile è rappresentata dal fatto che la sua ubicazione fosse stata ottenuta in base a dati di distanza riferiti non ad Olbia ma a Iuliola o Pluvium. In tal cosa potremmo proporre la coincidenza di Heraeum con Sant’Antonio di Gallura. Le lacune tolemaica riguardo alle località dell’interno della Sardegna come già si è detto sono tante e rilevanti: - nessuna località interna in tutto il Sulcis-Iglesiente nonostante lungo la via da Caralis a Sulki dovessero sorgere più di un importante centro abitato; - nessuna località interna nel Sarrabus; - Nura, città interna e non costiera dell’itinerarium Antonini non è ricordata da Tolomeo - fra Lesa e Saralapis l’interno dell’isola è deserto!

56 6.9. Le isole

Le 9 isole minori intorno alla Sardegna ricordate da Tolomeo sono quelle elencate nella tab.3 e riportate in sintesi qui di seguito nella forma latina con tra parentesi gli originari in greco: Phintonis (Fintonos), Ilva (Iloya), Nymphaea (Nymfai), Herculis (Herakleoys), Diabate (Diabate), Accipitrum (Ierakon), Plumbaria (Molibodes), Ficaria (Fikaria), Hermaea (Ermaia). I codici successivi a quello X riportano per Ficaria la variante Ficarnia, come può vedersi nella Fig. 26 nella quale è riprodotto l’elenco delle isole presente nel cod. S (Σ).

Fig. 26. Estratto dal Codice noto come Florentinus Laurentianus XXVIII, 9.S(Σ). F. 45 v. contenente l’elencazione delle isole minori della Sardegna.

Di queste, 5 sono prettamente tolemaiche, cioè non riportate da altri autori: Ilva, Nymphaea, Accipitrum, Plumbaria ed Hermaea. Date le posizioni loro assegnate dal Geografo è certa l’identificazione dell’isola Plumbaria con l’isola di Sant’Antioco e dell’isola Accipitrum con l’isola di San Pietro. Quest’ultima è conosciuta da Plinio col nome Enosim. L’Ilva Tolemaica potrebbe essere la Maddalena, ma l’identificazione è tutt’altro che certa. Delle isole Nymphaea e Hermaea parleremo più in là. Delle rimanenti 4: la Herculis insula, l’isola dell’Asinara, è citata anche da Plinio nella Naturalis Historia III,7,84, da Martiano Capella VI, 645 e nella Tabula Peutingeriana, anche se in quest’ultima è dubbia l’attribuzione del nome all’isola dell’Asinara; la Phintonis insula, probabilmente l’isola di Caprera, è citata anche da Plinio nella Naturalis Historia III,6,83 e da Martiano Capella VI, 645; una Diabate o Diabete insula è presente anche in Stefano di Bisanzio 229, 9-11; una Ficaria insula è ricordata anche da Plinio nella Naturalis Historia III,7,84, e da Martiano Capella VI, 645. L’identificazione di quest’ultima è normalmente associata a quella dell’isola Hermaea non solo perché sono queste le due sole isole al largo della 57 costa orientale sarda nella Geografia, ma anche perché mentre nel cod.X le coordinate loro assegnate sono quelle riportate in tab.3 , tutti gli altri codici danno per le due isole posizioni invertite e cioè l’isola Ficaria a sud e l’isola Hermaea a nord. Quest’ordine sembra trovare conferma nel terzo libro della Naturalis Historia di Plinio dove è detto che l’isola Ficaria è posta di fronte al promontorio Calaritano. Conseguentemente Ficaria e Hermaea vengono considerate coincidenti la prima con Serpentara o con l’isola dei Cavoli e la seconda con Tavolara. Il passo di Plinio però non è così esplicito: il promontorio Caralitano viene utilizzato dall’autore anche per determinare la distanza della Sardegna dall’Africa e da Cadice; si tratta indubbiamente dello stesso promontorio ricordato da Tolomeo, evidentemente coincidente con l’attuale Capo S.Elia. L’assenza di isole in prossimità di quest’ultimo porta a considerare il riferimento pliniano in senso più ampio per cui l’isola potrebbe davvero essere l’isola dei Cavoli o magari un qualunque altro isolotto sul lato meridionale dell’isola. In tal caso quindi il cod.X presenterebbe, in termini di coordinate, un’imprecisione corretta nelle edizioni successive. E se anche in questo caso il cod. X contenesse l’informazione esatta e le edizioni successive fossero state “rivisitate” tenendo conto delle informazioni pliniane? Proviamo a considerare questa possibilità. Teniamo presente anche il fatto che Tolomeo nel caso di S.Antioco e S.Pietro a sud- ovest e L’Asinara e l’isola Piana a nord-ovest, ricorda non una sola delle isole di ciascuna coppia, ma entrambe. Nel caso di Tavolara e Molara può sembrar strano che Tolomeo ne conoscesse una sola anche se sin nei primi portolani e nelle carte medievali della Sardegna è comunque segnalata la sola isola Tavolara. Verifichiamo la possibilità che l’isola Ficaria potesse essere posizionata al largo della costa nord ovest della Sardegna. Del nome Ficaria non c’è traccia dall’antichità ai giorni nostri sulle coste di sud-est della Sardegna. Non è questo un fatto così rilevante dal momento che tantissimi nomi dell’antichità sono scomparsi. Assume maggior importanza se associato al fatto che lo stesso nome è invece presente, almeno da epoca medievale, sulla costa di nord-ovest. Già nella Carta Pisana, la più antica carta nautica conosciuta, di origine genovese58 di cui si riporta uno stralcio in Fig. 27, di fronte all’isola di Tavolara è riportato il capo Ficari (sottolineato in rosso). Tale promontorio continua ad essere segnalato in seguito nelle carte medievali con denominazioni simili (Capo Figo in Fig. 28). Anche il Fara conosceva il «Caput Figueri, ubi est optima statio portus Figueri»59 ma, fatto ancor più rilevante, l’autore sassarese segnala di fronte a quel capo la presenza di «Figueris insula parva et fastigiosa contra portum Figueris promontorii Rotargii sita»60.

58 In L.Piloni, Carte geografiche della Sardegna, op.ci., pp.11-13 59 I.F.Farae, In Sardiniae Chorographiam, op.cit., p. 84 60 I.F.Farae, In Sardiniae Chorographiam, op.cit., p. 70 58 Fig. 27. Stralcio della «Carta Pisana» pergamena del XIII sec.; Parigi, Bibliothèque Nationale

Fig. 28. Particolare della carta di Francesco Berlinghieri Fiorentino del 1480; Cagliari, Biblioteca Universitaria

Il Capo in questione ancora oggi si chiama Figari e ha nei pressi l’isola di Figarolo (vedi Fig. 29) che potrebbe essere, nonostante le dimensioni, la Ficaria di Tolomeo. Nell’isola sono stati effettuati ritrovamenti di età fenicio-punica e una cisterna probabilmente di età romana che testimonierebbe la presenza di un insediamento risalente a quell’epoca.

Fig. 29. Il golfo di Olbia chiuso a nord dall’isoletta di Figarolo

59 Il fatto rilevante è registrare la persistenza del nome nella località e constatare ancora una volta come la prima redazione tolemaica, rappresentata dal cod.X, sia probabilmente la più corretta e che con le successive non siano stati apportati in genere miglioramenti. Conseguentemente l’I. Hermaea potrebbe quindi coincidere con l’i. Serpentara o con l’i. dei Cavoli. La sua posizione longitudinale in Fig. 4 è distante dal termine della costa meridionale sarda ed è intermedia fra il Solpicius portus e il Saepri fluvii ostia. Data la dimenticanza del Capo carbonara da parte del Geografo, non è improbabile che nella sua carta siano assenti anche le isole intorno ad esso. L’Hermeaea potrebbe essere perciò sia Serpentara che l’isolotto di Quirra, sempre presente nei portolani medievali data la sua importanza ai fini della navigazione. L’isola Ficaria di Plinio allora potrebbe essere davvero l’attuale isola dei Cavoli e non deve sorprendere la presenza di più isole con lo stesso nome: lo testimoniano in antichità le due isole d’Ercole pliniane e ai giorni nostri le due isole Piane, le due Rosse, le due Coscia di Donna. Il nome Ficaria è inoltre quello di un centro abitato del sud della Corsica, ricordato dallo stesso Tolomeo, il che prova l’esistenza di quella denominazione anche a latitudini maggiori. L’I.Nymphaea la si vuole coincidente con la piccola isola Foradada posta sul lato ovest del promontorio di Capo Caccia e ciò in accordo al suggerimento del Della Marmora che proponeva la cosa quasi in modo provocatorio in opposizione alle tesi dell’Angius il quale, prima di sposare la localizzazione del Cavaliere piemontese che vedeva la Nymphaea coincidente con l’isola Spargi, propose l’individuazione con l’isola Rossa presso Castelsardo61. Dalla Fig. 30 è evidente come la proposta coincidenza i. Nymphaea = i. Foradada sia difficilmente accettabile in base alle indicazioni del cod.X. dal momento che l’isola è posta più a nord delle isole Herculis e Diabate.

Fig. 30. Le isole minori tolemaiche sul lato nord della Sardegna

61 A.Della Marmora, Viaggio in Sardegna, op.cit.,volume secondo, pag.178 60

Tutti gli altri codici danno per la stessa isola la latitudine di 39°30’ (20’ più a nord rispetto al codice X che dà 39°10’) che viene corretta a 38°30’ che è la stessa del Nymphaeum portus. Tale correzione, giustificata dalla volontà di porre l’isola di fronte al porto con il suo stesso nome, costituisce una forzatura che potrebbe allontanarci dalla corretta localizzazione dell’isola tolemaica. Sarebbe come porre a tutti i costi l’Hermaea insula (localizzata da Tolomeo al largo della costa sud-meridionale sarda) di fronte all’Hermaeum promontorium (posizionato lungo la costa nord-occidentale), soltanto perché aventi lo stesso nome. La Nymphaea i. va invece ricercata sul versante nord dell’isola o, ancora meglio, in una delle isole dell’arcipelago della Maddalena, ad es. l’isola di Spargi, vista la posizione delle altre due isole, Phintonis e Ilva coincidenti probabilmente rispettivamente con Caprera e la Maddalena.

Soffermiamoci ancora un attimo sulla Molibodes nesos, l’isola del piombo, l’attuale S.Antioco e sul fatto che in epoca romana nessun autore la chiamasse isola Sulcitana, nome attestato più tardi in epoca medievale (sols), insieme all’altro, in uso nelle carte medievali e noto anche ai geografi arabi, di isola Palma de Sole. Sapere che Plinio chiamava l’isola di S.Pietro, posta di fronte al promontorio sulcitano, Enonis, chiarisce la presenza in età antica di nomi diversi per le varie isole: l’individuazione del nome più in uso in una data epoca potrebbe essere utile per chiarire anche determinati eventi storici o per definire in modo decisivo la geografia antica del Mediterraneo là dove l’interpretazione dei geografi è fonte di discussioni. La Tabula Peutingeriana, della quale riproponiamo in Fig. 31 la porzione riguardante la Sardegna, nella parte occidentale riporta un arcipelago di quattro isole minori denominate: Herculis, Boaria, Bovena, Bertula62.

Fig. 31. La Sardegna nella Tabula Peutingeriana

Sono noti i problemi interpretativi legati a tale rappresentazione della Sardegna: l’isola appare ruotata di 90° in senso orario (l’impronta delle dita dei piedi coincide con il lato nord dell’isola63) e Caralis è posta dove dovrebbe figurare il nome di Olbia; sono invece

62 A.Mastino, P.G.Spanu, R.Zucca, Mare Sardoum, op. cit., p. 31. 63 «L’isola di Sardegna, stesa in figura d’uman vestigio, (…) nel centro del mare mediterraneo, fissa, diciamo così, il suo calcagno dalla parte del mare africano, e volta la punta del piè verso il ligustico, come 61 corrette le posizioni di Sulci, Othoca (Uttea?) e Nura mentre Neapoli è stranamente rivolta verso sud (l’est nella carta). Le quattro isole suddette, anche grazie alla persistenza dei nomi delle due minori in epoca medievale (si veda ad es. la Fig. 32) e fino ai giorni nostri, dovrebbero essere quelle che costituiscono le più note dell’arcipelago sulcitano: S.Antioco, S.Pietro, il Toro e la Vacca.

Fig. 32. Stralcio della carta nautica di Matteo Prunes del 1560 (in L.Piloni, Carte Geografiche della Sardegna, op. cit, p.55, tav.XXIII)

Se così fosse è possibile che l’isola d’Ercole della Tabula Peut. piuttosto che all’Asinara faccia riferimento all’isola di S.Antioco e ciò potrebbe indicare l’antica presenza anche in essa di un tempio dedicato all’eroe greco-fenicio.

in atto di passare dalla Numidia all’Italia, e dal mezzo giorno al settentrione (…)» è questa la chiara ed efficace descrizione che ne fece l’Abate Madao in: M.Madao, Dissertazioni storiche apologetiche critiche, op. cit., p. 170. 62

6.10. I Popoli

I popoli della Sardegna ricordati da Tolomeo (si veda la tab.4 ) sono 17 nella prima edizione della Geografia, 18 nelle successive con l’aggiunta dei Noritanoi. E’ facile constatare come Tolomeo riporti pochissime località relativamente alle aree più interne della Sardegna, in particolare in quella compresa fra il Gennargentu e i monti di Alà; non sono altresì riportate località per l’area del Gerrei e per le aree interne del Sulcis-Iglesiente e della Nurra. Il Geografo pare quindi conoscere in modo limitato l’entroterra sardo e nonostante tutto riporta un interessantissimo elenco di popoli, molto nutrito, che ha numerose conferme sia in documenti archeologici che in sopravvivenze toponomastiche o di etnonimi fino ai giorni nostri. Riportiamo in breve l’elenco contenuto nel cod.X (Vaticanus graecus 191) con tra parentesi la variante del nome nei codici posteriori. Partendo dal vertice nord dell’isola e procedendo verso sud sono ricordati:

1. i Tiboulatioi e i Korsioi, 2. a sud dei quali i Korakensioi; seguono i Karensioi e i Kounousìtanoi, 3. a sud dei quali gli Alkitanoi (Salkitanoì) e i Loukouiannesioi (Loukouidonensioi); seguono i Lisaronensioi (Aisaronensioi), 4. a sud dei quali i Kornensioi Echilensioi (Aichilensioi); seguono i Roubrensioi (Rouakensioi), 5. a sud dei quali i Keltìnoi (Kelsitanoì) e i Korpikensioi; seguono gli Skapitanoì e i Sikoulénsioi, 6. a sud dei quali i Neapolìtai e i Oualentìnoi (Oualentinoì) 7. e i più meridionali i Solkitanoì.

E’ difficile, in base al solo elenco, capire dove localizzare con certezza l’areale di stanziamento di ciascun popolo, soprattutto per quelli meno noti e per i quali non è facile capire se sia stato tramandato il nome fino a tempi recenti. Le localizzazioni proposte nelle carte medievali, che sono interpretazioni dei codici effettuate dai vari studiosi che si sono cimentati in quest’opera, concordano per numerosi nomi di popolo, ma su altri presentano delle differenze, anche sostanziali. E’ decisamente differente il posizionamento dei popoli sulla carta del Codice Urbinate greco 82 nella Biblioteca Apostolica Vaticana che costituirebbe la riproduzione dall’originale Tolemaico e come tale «il più antico documento cartografico della Sardegna pervenutoci dall’antichità»64.

64 L.Piloni, Carte Geografiche della Sardegna, op. cit, p.2 63 Fig. 33. A sinistra la carta del Codice Urbinate greco 82 nella Biblioteca Apostolica Vaticana e a destra la ricostruzione della Sardegna tolemaica di Francesco Berlingeri del 1480. Sono stati sottolineati con lo stesso colore i nomi indicanti lo stesso popolo. Nella carta di destra manca il popolo dei Karensioi, ubicati nella carta di sinistra in alto, sotto i Corsioi.

64 E’ interessante la proposizione di un confronto fra quest’ultima carta e una delle “interpretazioni” medievali in latino offerta in Fig. 33, utile anche per la “lettura” e quindi l’individuazione dei nomi di popolo, più complessa nella carta in greco. Con riferimento a tale figura da qui in seguito chiameremo Dx la carta di destra e Sx la carta di sinistra. E’ ancora diverso il posizionamento dei popoli nella carta riportata in Fig. 6 ma vale la pena effettuare il raffronto e concentrarsi da una parte sugli errori evidenti presenti sulla Dx e dall’altra sulle interessantissime convergenze coi dati reali constatabili sulla Sx. La Sx (carta del Codice Urbinate greco 82) non è la riproduzione su carta del cod.X, come evidente dal confronto con la Fig. 465 ma sembra fare riferimento a versioni successive della Geografia tolemaica: lo testimoniano, già con una rapida occhiata, da una parte la presenza del grosso promontorio Norense a sud dell’isola, dall’altra la forma dei nomi dei vari popoli. Se scendiamo nel dettaglio dell’analisi ci accorgiamo tuttavia che la questione è tutt’altro che semplice; per farlo ci serviamo del bellissimo lavoro cartografico di sintesi realizzato da P.Meloni66 e riportato in Fig. 34 dove, in un’unica tavola, sono rappresentate tutte le versioni della Geografia tolemaica. Confrontiamo la Sx con le varie versioni in Fig. 34: - la forma dell’isola sembra una via di mezzo fra la prima versione della Geografia e la seconda, proprio per la presenza, a sud, del solo promontorio norense e non anche di quello sulcitano - la posizione di Cornus e delle Aquae Lesitanae nella Sx è quella documentata nel solo cod.O di tradizione post-tolemaica! Il primo elemento evidenziato sembra confermare la correttezza dell’attribuzione a Tolomeo della paternità dell’originale della carta del Codice Urbinate greco 82 e dare anzi la prova dell’esistenza di un processo di elaborazione dell’opera che avrebbe visto l’origine di più di due versioni arcaiche della Geografia. Il secondo elemento invece rimette in discussione tutto con Cornus, Saralapis e Aquae Lesitanae poste sullo stesso parallelo come nel solo cod. O. Anche dopo quanto appena emerso la Sx appare di importanza eccezionale per alcuni suoi contenuti “arcaici” e quindi dal suo studio è possibile trarre indicazioni che possono risultare fondamentali. Si potrebbe pensare che essendo la Sx meno precisa di quelle ricostruite in base ai dati del cod.X, in questa siano poco attendibili anche le localizzazioni dei popoli. Ciò non è necessariamente vero in quanto lo spostamento di alcuni centri abitati o la modifica del disegno del profilo costiero presente fra le diverse versioni della Geografia realizzate in età antica (secondo alcuni dallo stesso Tolomeo e comunque immediatamente dopo) non dovrebbe aver prodotto una modifica sostanziale della posizione “relativa” dei diversi popoli rispetto ai diversi centri abitati.

65 Basta osservare come nella Sx Nora sia posta su un ampio promontorio che nella carta di Fig. 4 non esiste e come Cornus sia posta molto più a nord. 66 P.Meloni, La geografia cit., pp.246-248 65

Fig. 34. La Sardegna come descritta nelle diverse versioni della Geografia tolemaica, tratta da P.Meloni, La geografia cit., pp.246-248.

66 Possiamo fare alcuni esempi con riferimento alla Fig. 33: i Salkitanoi della Sx sono posizionati sotto il corso del Temo perché quella doveva essere l’informazione d’origine fornita dal prospettore; lo stesso popolo, indicato come Salcitani nella Dx, è su questa posizionato sopra il corso del Temo sulla base di un ragionamento basato semplicemente sull’ordine col quale sono stati elencati i nomi da Tolomeo; gli Aisaronensioi della Sx, chiamati Esaronensii nella Dx, sono nella prima localizzati a S- SO rispetto ai Monti Insani, nella seconda a SE. Se il posizionamento dei popoli nella Sx fosse attendibile, e lo vedremo meglio nel seguito, potrebbe illuminarci circa la localizzazione dell’areale di stanziamento di quelli più oscuri tramandatici da Tolomeo. Dobbiamo basare una prima verifica sugli etnici associati a città, cioè ai popoli urbanizzati che fanno capo a Tibula, Cornus, Neapolis, Valentia e Sulki e quindi a dei territori più o meno definiti. La Sx fornisce dei posizionamenti sicuramente più corretti e lo si vede sia con riferimento ai Tibulati, troppo ad ovest nella Dx, ma soprattutto ai Valentini e Solcitani, correttamente posizionati nella Sx e semplicemente sovrapposti in quella di destra con il chiaro intento di rispettare l’ordine dell’elenco! Ripercorriamo l’elenco da nord a sud nella Sx:

i Tiboulatioi sono posti lungo l’area costiera che ha come baricentro la città di Tibula, tra il Coghinas e Porto Torres; rimane un dubbio legato alla posizione del Portus Tibulis nell’Itinerarium Antonini probabilmente da localizzare più a nord. Ma, trattandosi di area costiera e di possibilità di “interpretare” la rappresentazione semplificata sulla carta, possiamo pensare che l’area di pertinenza dei Tibulati interessasse la costa a partire da Capo Testa.

A seguire troviamo uno degli etnici più famosi per la prima età romana, i Corsi, popolo dell’isola il cui nome nelle cronache è normalmente associato a Balari ed Iliesi, i quali non sono presenti nell’elenco tolemaico, forse perché le relative popolazioni erano pertinenti a quegli areali ignoti al geografo alessandrino La posizione del popolo nella Sx sembra “costiera”, il che contrasterebbe con quanto detto a proposito dei Tibulati. Si tratta comunque di un popolo stanziato nell’area interna dell’attuale alta Gallura, con limiti territoriali costituiti dal fiume Coghinas a ovest e dal versante settentrionale del Limbara a sud. Più a sud, nel territorio di Berchidda, un cippo terminale ricorda i Balari insieme agli Ema(?)non meglio accertati, in un periodo compreso fra il 19 e il 67 d.C67. Questa informazione chiarisce alcuni dei limiti conoscitivi dell’interno dell’isola da parte di Tolomeo che dimostra così di conoscere soprattutto l’area costiera e solo “alcuni” entroterra.

Seguono a sud i Korakensioi che, qualora non si tratti di una popolazione non urbanizzata, potrebbero fare riferimento a qualche centro abitato il cui nome richiami l’analoga radice Korak-, che in effetti ritroviamo nel suvvisto Coracodes portus che

67 P.Meloni, La Sardegna Romana, op. cit., pag. 263 67 però dovrebbe essere legato alla città di Cornus e al popolo dei Cornensi. Nel nord Sardegna non risultano centri abitati arcaici il cui nome presenti quella radice. La Sx colloca questo popolo nella porzione nord-occidentale dell’isola fra il Nymphaeum portus e l’Hermaeum promontorium che sarebbe come dire nell’area algherese. Saremmo tentati di proporre la correzione di Coracodes in Corallodes che risulterebbe un’ovvia forzatura anche se suggestiva dato l’areale di stanziamento di quelle genti e la fama antica dell’isola nella lavorazione del corallo.

In corrispondenza della Nurra non abbiamo alcun riferimento etnico.

Alla stessa latitudine approssimativamente dovremmo trovare poi i Karensioi e i Kounousìtanoi. I Karensioi sembrano anch’essi legati a uno o più centri abitati; a Fanum Carisii, città posta lungo la litoranea di ponente a 15 o 25 miglia (a seconda dei codici68) da Portus Luguidonis in direzione sud, localizzata normalmente nei pressi di Irgoli. Tolomeo colloca i Carensioi a nord rispetto ai Loukouiannesioi il che sembra contrastare con quanto appena detto. Esisteva però la città di Cares nominata in un diploma militare sardo69 che doveva essere il centro principale di queste genti sarde. La città era posta a 8 km a ovest di Olbia70, quindi a nord rispetto a Portus Luguidonis. Il territorio dei Karensioi, non presenti nella carta di destra in Fig. 33, nella Sx è proprio quello dell’entroterra di Olbia.

I Kounousìtanoi (Cucitani nella Dx) sono uno dei nomi di popolo più intriganti trasmessoci da Tolomeo per la Sardegna, per il quale il Pais71 notava la vicinanza col nome del popolo dei Cinesi-Cineti di area iberica presente in Erodoto72. Lo storico di Alicarnasso definiva i Cinesi-Cineti il popolo europeo più occidentale. Erodoto in realtà non li associa mai all’Iberia ma li nomina sempre con riferimento ai Celti, rispetto ai quali i primi abitavano un territorio confinante posto più a occidente. E i celti di Erodoto, i Keltoi, li ritroviamo nella Sardegna tolemaica nei Keltinoi del cod.X. E’ sorprendente come non si sia vista la vicinanza o, meglio, la corrispondenza dei due precedenti etnonimi che si differenziano tanto quanto i nomi Sardo e Sardano. Sui Kounousìtanoi ripetiamo quanto già detto in altro luogo73 e cioè la vicinanza del nome di quel popolo con il nome più noto fra quelli dati all’isola dagli antichi greci quando questa era ancora pressoché sconosciuta: «Ichnoussa» con riferimento alla sua forma; forma di cui, è certo, i greci stessi allora non potevano aver coscienza. Con le

68 P.Meloni, La Sardegna Romana, op. cit., pag. 287 69 E.Pais, Sardegna prima del dominio romano, ristampa anastatica sull’edizione della Accademia dei Lincei del 1881, Gianni Trois Editore, Cagliari, p.26, dove è detto anche che: «Nel 1358 esisteva presso il luogo ove sorgeva Cares il villaggio di Caressus: cfr. Manno, Storia della Sard. Milano 1835, I, p.416.» 70 J.Day, Villaggi abbandonati in Sardegna, op. cit., p.125 71 E.Pais, Sardegna prima del dominio romano, op.cit., p.26. 72 Erodoto, Storie II,33 e IV,49. 73 M.Cabriolu, G.Vargiu, Cercando Metalla, ed. Envisual, Carbonia 2005, pp. 204-205 68 indicazioni del Terracini74 e di M. Pittau75 interpretiamo così l’etnico: i Kounousìtanoi sono gli abitanti di Cunusi (o Cunuki), come i Solkitanoì abitanti di Solki: Ichnussa è la perfetta traduzione in greco di Cunusi, termine usato da uno dei popoli più antichi dell’isola per denominare se stessi o la propria terra. Tornando alla localizzazione dell’area di insediamento di questo popolo: «La più o meno esatta posizione di questi popoli (Cunusitani e Celsitani=keltini n.d.a.) è indicata dalla lapide terminale trovata presso Fonni (CIL X 7889), ove da una parte si legge Celes., dall’altra Cusin. Ptolomeo colloca i Cunusitani più a settentrione ed i Celsitani più a mezzogiorno. Ciò corrisponde alla circostanza che un Celsitano è ricordato, per quel che sembra, in un’epigrafe trovata in regione vicina alla romana Valentia»76. I Kounousìtanoi nella Sx sono posti all’interno dell’isola, sul versante settentrionale dei monti insani il che non è necessariamente in contrasto con quanto deducibile dalla lapide terminale di Fonni. E’ possibile che il loro territorio di insediamento fosse più ampio di quanto non deducibile dalle indicazioni di Tolomeo il quale ci informerebbe così sul nome di uno dei popoli “Iliesi” quale doveva essere questo dei Cunusitani, visto l’areale di stanziamento, compreso presumibilmente fra i territori storici del Goceano e del Nuorese. La corrispondenza fra le informazioni della lapide di Fonni e della localizzazione dei Cunusitani nella Sx conferma la supposta individuazione di Macopsisa con una città posta alle sorgenti del Tirso. Questa circostanza contrasta con quanto detto sopra sulla conoscenza tolemaica dell’interno dell’isola ma è possibile invece il Nuorese fosse ben più conosciuto di quanto non appaia.

A sud abbiamo poi gli Alkitanoi (Salcitani nella Dx) che sono normalmente associati alla città di Solci orientale, riportata nell’Itinerarium Antonini nella descrizione della litoranea di ponente; questo perché altri codici danno la variante “Salchitani”. Quest’ultimo nome rimanda immediatamente alla regione ancora oggi denominata Sarcidano, mentre dal primo nome sembra discendere Arcidano, entrambi interessanti aree del centro dell’isola. E’ interessante la posizione al riguardo di

74 B. Terracini, Osservazioni sugli strati più antichi della toponomastica sarda, AA.VV., Officine tipografiche reggiane, Reggio Emilia 1929, p. 128: «La constatazione più sicura di un’area entro cui rientri un gruppo caratteristico di toponimi sardi è quella fatta dal Wackernagel, il quale trovò che accanto all’etnico –itanus di tipo ad es. Costantinopolitanus incrociato di -ιτηs e di –anus, non anteriore a Cicerone e proprio in origine ad alcune determinate regioni, esiste un etnico di formazione identica, ma attestato in età più antica, la cui area caratteristica: afro – ibero - aquitano – baleare - sarda e probabilmente sicula può essere fissata dai seguenti esempi: Aquitanus, Turdetanus, Sulcitanus, Saddaritanus, Panormitanus. La fissità di quest’area prova che sotto la veste classica abbiamo qui a che fare con un suffisso etnico di sostrato prelatino, grazie al quale viene delimitata una zona toponomastica» 75 M. Pittau, Origine e Parentela dei Sardi e degli Etruschi, Carlo Delfino Editore, Sassari1995, p. 78: « costituiscono un’ottima guida per la individuazione delle tribù sardo-nuragiche due suffissi da cui sono caratterizzati alcuni nomi etnici, suffissi che sono sicuramente prelatini, innanzi tutto il suffisso –itan- e poi l’altro –at-. (…)» 76 E.Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, op.cit., p.400 69 M.Pittau che propone la possibilità che i due nomi siano non alternativi ma ciascuno indicante una popolazione a sé77. Queste localizzazioni contrastano con la posizione assegnata al popolo in questione da Tolomeo: la Sx in Fig. 33 li pone, come detto, immediatamente a sud rispetto al Temo in una posizione che, a ben vedere, è molto interessante perché la popolazione antica di quel territorio, fino a Cornus, normalmente non ha nome. Gli Alkitanoi di Tolomeo, se fosse veritiera la localizzazione della carta in questione, erano il popolo costiero e dell’immediato entroterra fra Bosa e il Montiferru. Resta la vicinanza di numerosi etnonimi dell’isola: i Solcitani del S-O, i Salcitani del centro, gli Alchitani dell’oristanese e questi dell’area di Bosa nomi molto vicini che, non possiamo escluderlo, potrebbero far riferimento, in età arcaica, ad una stessa popolazione, presumibilmente “nuragica”.

I Loukouiannesioi (Luquidonensii nella Dx) vengono associati alle città di Lugdonec e portus Luguidonis dell’itinerarium Antonini soprattutto per la forma Loukouidonensioi del nome presente nei codici successivi al cod.X. Lugdonec viene collocata dai più in territorio di Oschiri78; M.Pittau in alternativa propone di localizzarla vicino a Ploaghe; portus Luguidonis nei pressi di Posada (con l’identificazione di questa, accolta dai molti, con la tolemaica Feronia79) o, seguendo M.Pittau, a Budoni80. Se tale popolo fosse legato ai due centri abitati suddetti, osservando la Fig. 35, avremmo un primo problema costituito dal fatto che il loro areale di stanziamento sarebbe localizzato più a nord rispetto a quello dei Counousitanoi il che contrasterebbe con l’ordine dell’elenco tolemaico. Il loro territorio si estenderebbe infatti lungo una direttrice orizzontale che dall’interno giungerebbe fino alla costa col P.Liguidonis che costituirebbe il loro sbocco a mare sul lato orientale dell’isola e con il centro di popolamento nell’area logudorese tradizionale. In molti fanno discendere dal nome di tale popolo quello del Logudoro. Al contrario, recenti studi legati alle attestazioni più antiche di quest’ultimo nome nei testi medievali sembrano condurre verso altre strade81. In parte di questo stesso territorio, come abbiamo già detto, nel periodo compreso fra il 19 e il 67 d.C. erano stanziati i Balari, come testimonia una scritta su un masso di confine, posto fra i territori di Monti e Berchidda lungo il corso del rio Sos Caddalzos.

77 M.Pittau, in http://www.pittau.it/Sardo/emendamenti.html: «Alkitanoí questa lezione per il vero è nei codici alternativa dell'altra Salkitanoí; senonché in base al toponimo odierno San Nicolò d'Arcidanu, antico Arcidanu, Arkitano, probabilmente è da recuperarsi come lezione a sé, differente dall'altra. In altre parole, è probabile che gli Alkitanoí fossero una popolazione differente dai Salkitanoí, la quale in origine abitava in qualche parte dell'odieno Monte Arci» 78 P.Meloni, La Sardegna Romana, op. cit., pag. 258: « nei pressi della chiesa di N.Signora di Castro » 79 P.Meloni, La Sardegna Romana, op. cit., pag. 286 80 http://www.pittau.it/Sardo/emendamenti.html: «ho proposto di identificare il Portu(s) Liguidonis, Luguidonis, Luquidonis, attraverso la lezione, pur errata, ma comunque documentata, di Portuli Guidonis, col toponimo odierno Budoni» 81 G.Ruiu, Riflessioni sul toponimo “Logudoro”, Sardegna Mediterranea, Ottobre 2007 70 Fig. 35. Localizzazione delle città la cui pertinenza è attribuita ai popoli dei Loukouiannesioi e dei Carensioi

La Sx di Fig. 33 pone i Loukouiannesioi nel territorio costiero compreso fra Feronia e il corso del Cedrino. Questa localizzazione potrebbe essere la corretta interpretazione di quanto appena detto, con il territorio del versante meridionale del Monte Limbara e dei Monti di Alà di pertinenza dei Balari e con il Logudoro che non avrebbe alcun debito patronimico nei confronti dei Loukouiannesioi.

Abbiamo poi i Lisaronensioi (Esaronenssi nella Dx), che potrebbero essere associati, per assonanza, ai centri di Lesa e Aquae Lesitane ma che sono localizzati in tutt’altra parte rispetto ai due suddetti centri abitati. Nella Sx sono posizionati a nord rispetto ai Cornensi, nel territorio compreso fra Cornus e Saralapis e cioè, apparentemente, il medio corso del Tirso: risulterebbero cioè localizzati sulla stessa latitudine dei Kounousitanoi ma più a ovest rispetto a questi.

I popoli che seguono sono localizzati a sud rispetto ai monti insani a cominciare dai Kornensioi Echilensioi (Aichilensioi) e i Roubrensioi (Rucensi nella Dx).

Per quanto riguarda gli Echilensioi (Aichilensioi) il testo greco sembra proporlo non come etnico a se ma come attributo “Pelliti” dei Cornensi. Già il Pais si accorse del fatto contraddittorio con riferimento ai sardi Pelliti dei quali Amsicora cercò la collaborazione ai tempi della seconda guerra punica: «Sulle coste occidentali non registro il nome di Aichilenses dato in base a Ptolomeo dal La Marmora e da Carlo Müller, i quali lo traducono in Pelliti. Ho già fatto notare a suo luogo che i Sardi Pelliti

71 di Livio XXIII 40, non sono quelli della parte di Cornus, bensì del Centro; l’uso di vestir pelli era del resto comune a tutti i Sardi. In Ptolomeo (III 3, 6), dopo la menzione degli Aesaronones si ha bensì yj’ s yw Αιχιληνσιοι; ma il testo, secondo il mio modo di vedere, è errato. L’esame di tutto il passo di quest’Autore mostra che egli spesso nomina i popoli a due a due. Invece di s m va letto και οι; vi si ricorda un popolo vicino a quello di Cornus».82 Comunque sia i Cornensi pelliti sono posti nella Sx lungo una fascia orizzontale che attraversa tutta la Sardegna a partire dal Coracodes portus. L’areale di pertinenza potrebbe più verosimilmente essere quello tra Cornus e Gurulis nuova e quindi il versante settentrionale del basso corso del Tirso fino al Montiferru.

I Roubrensioi rimandano a Custodia Rubrensis dell’Anonimo Ravennate, di dubbia localizzazione lungo la costa orientale, fra le altrettanto ignote Carzanica e Piresse. Il Pais ci informa che «I Rubr(enses) sono ricordati in una lapide terminale vista in una chiesa rurale di Barì Sardo verso il 1759 dal Prof. M. Plazza»83 per cui, in mancanza di altre indicazioni è lecito localizzare quella popolazione nei pressi di Barì Sardo. Nella Sx il popolo in esame è posto sul versante orientale dell’isola fra il Caedri fluvii ostia e il Solpicius portus, ma molto più prossimo a quest’ultimo, il che corrisponde a pieno col dato epigrafico suvvisto. Il nome Rubrenses (e non Ruakenses, come in altre versioni della Geografia) discende dal latino ruber, il colore rosso; recenti studi volti alla definizione delle variazioni genetiche accorse sull’uomo sardo dall’età nuragica ad oggi84, dimostrano che la regione attuale dove maggiormente risultano conservati geni dei sardi nuragici è l’Ogliastra e in particolare le aree di Perdasdefogu e Seulo. Se oggi le cose stanno così, figuriamoci in epoca romana. E’ possibile che allora i discendenti delle genti nuragiche, in quell’area, continuassero a conservare vecchie consuetudini quale, ad es. quella di tingersi di rosso, tanto da meritare l’appellativo di Rossi per l’appunto, come i libici agricoltori stanziati nell’area costiera a nord del fiume Tritone ricordati da Erodoto85.

Dei Keltìnoi (Kelsitanoì) abbiamo già parlato e la loro localizzazione nella Sx non sembra confermare quella deducibile dalla lapide terminale di Fonni che li citerebbe insieme ai Cunusitani. Quest’ultima riporta i Celes., nome che potrebbe far riferimento

82 E.Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, op.cit., pp.400-401 83 E.Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, op.cit., p.399 84 Caramelli D, Vernesi C, Sanna S, Sampietro L, Lari M, Castrì L, Vona G, Floris R, Francalacci P, Tykot R, Casoli A, Bertranpetit ·J, Lalueza-Fox C, Bertorelle G, Barbujani G., Genetic variation in prehistoric , Human Genetics 122(3-4):327-36. pubblicato in http://www2.webmatic.it/workO/s/113/pr-476-file_it-Human%20Genetics%2000.pdf 85 Erodoto, Storie.IV,191: «A occidente del fiume Tritone, accanto agli Ausei si trovano già dei Libici agricoltori, i quali usano possedere delle case e che si chiamano Massi: essi portano i capelli lunghi dalla parte destra del capo, e si radono dalla sinistra; hanno il corpo tinto di rosso e sostengono di essere discendenti dagli uomini venuti da Troia». I recenti interventi di restauro sui frammenti delle statue nuragiche di Monti Prama hanno rivelato superficialmente residui di tintura di color rosso. 72 ad un etnico differente. Nella Sx i Kelsitanoì sono posti sul versante occidentale dell’isola fra Usellis e il fiume Sacro e l’area di pertinenza potrebbe essere quella fra il Tirso e il rio Mogoro e quindi sembra di dover comprendere fra essi anche gli abitanti di Othoca ad es. o quelli dell’area del monte Arci. Il nome, di probabile origine arcaica visto il suffisso etnico –itanoi, potrebbe essere ricollegato ad un “nome di abitato” del tipo Kelki-Kelsi che è effettivamente attestato in Sardegna in età medievale: un villaggio di nome Kerki era situato a 5 km a sud-est di Porto Torres86, la qual cosa può far pensare ad altri villaggi con lo stesso nome presente in altre regioni dell’isola.

Sui Korpikensioi (Copicesii nella Dx) il Pais affermava: «Ho cancellato il nome dei Corpicenses, che sono accolti anche nel testo di Carlo Müller, il quale però si accorge che sono i Porticenses dell’Itinerarium Antonini.»87 Altri commentatori accolgono la correzione Corpicensi=Porticensi, con Porticenses la località posta lungo la litoranea di ponente dell’Itinerarium Antonini a XX miglia da Sarcopos e a XXIV miglia dalla Sulcis orientale. Con Sarcopos nei pressi di Muravera Porticenses ricadrebbe nei pressi di Tertenia, molto vicina a Barì Sardo e quindi ai Roubrensioi. Tanti autori preferiscono non esprimersi, non riuscendo a collocare in alcun modo questo popolo. L’elenco Tolemaico ha presentato fin qui i nomi a gruppi di 2/3 in corrispondenza di ciascuna fascia longitudinale; in tal caso i nomi proposti sono 4, presentati a due a due; o si tratta di 4 popoli posti su una stessa fascia longitudinale oppure di 2 coppie di popoli che occupano differenti latitudini pur senza la chiara precisazione del geografo. Quest’ultima è l’interpretazione che leggiamo su tutte le carte tolemaiche, compresa la Sx e, questa è l’interpretazione che dobbiamo accogliere come corretta. Il popolo dei Korpikensioi va quindi localizzato non nel centro Sardegna ma sul suo lato orientale: la Sx li posiziona fra il fiume Sepro e Susaleus vicus, vale a dire nel territorio comprendente la Quirra e l’alto Sarrabus, compreso il basso corso del Flumendosa dove normalmente si sogliono localizzare o i Siculensioio o gli Skapitanoi che, come vedremo, sono da posizionare in altri luoghi. Facciamo notare la vicinanza del nome Corpicensi con Sarcopos che, a meno dell’iniziale Sa- del nome della città riporta la stessa forma della radice.

Gli Skapitanoì (Iscapitani nella Dx) quindi sono da localizzare sul lato occidentale dell’isola subito sotto i Keltinoi. Anche su questo popolo normalmente non si riesce a dir molto perché sembra che non abbia lasciato tracce storiche. M.Pittau dice al proposito: «Skapitanoí sono gli abitanti di Sárrapos (San Vito); la lezione però, a mio giudizio, va emendata in Sarrapitanoí.»88

86 Secondo il Pittau a questo nome potrebbe essere associato il cognome Cherchi: M.Pittau, Dizionario dei Cognomi di Sardegna, L’Unione Sarda, 2005, Vol.1, p.205. 87 E.Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, op.cit., p.400 88 In http://www.pittau.it/Sardo/emendamenti.html 73 Il Pais invece: «Ho cancellato il nome di Scapitani, che il La Marmora in base a Ptolomeo pone nella regione del moderno Sarrabus. Ho esposto l’ipotesi, molti anni or sono, che in luogo di Scapitanie di Sarcapos dato dall’Itinerario di Antonino (p. 80 W) sia da leggere Sarapitani. In codesta regione, a Paùli Gerrèi, si è infatti trovata la famosa base trilingue di bronzo dedicata ad Esculapio «Merre» ossia «straniero» (CIL 7856). Ora noi sappiamo che Esculapio (Tac. Hist. IV 84) era identificato con Serapide (Sarapide). Non insisto però su questa mia ipotesi. Il nome dei Sarapitani potrebbe anche mettersi accanto del Sariapis dell’Anonimo Ravennate V 26 (p. 412 ed P. P.). Non è infine da escludere l’ipotesi che il nome del popolo traesse l’origine dal fiume Saeprus (…), il Flumendosa.»89 Bisogna osservare bene la Sx per capire che non è così: la carta posiziona gli Scapitani nel territorio al di sotto del fiume sacro e sopra i Neapolitani che non ha molto senso se ricordiamo la posizione relativa fra Neapolis e il rio Mogoro. Dobbiamo tener conto della deformazione della carta nel lato meridionale dell’isola e osservare che questo popolo, cosa più importante, è posto sulla congiungente Neapolis-Cagliari, nella sua parte superiore, mentre la parte inferiore è occupata dai Valentini. Se i Neapolitani erano insediati su tutto il territorio costiero e dell’entroterra compreso fra Neapolis e il Crassum promontorium, con una diramazione verso le terme di Sardara, gli Scapitani erano gli abitanti della piana che da loro probabilmente ha preso il nome: il Campidano. La vicinanza del nome è tale che è più che lecito pensare a un’evoluzione Scapitani>Iscapitani>Capitani>Capidani>Campidani; ma più che fantasticare su certe trasformazioni è più semplice andare a cercare il significato del termine originario tramandato da Tolomeo: Skapitani (σκαπιτανοι) potrebbe derivare dal verbo greco scapto (σκαπτω) che significa scavo, ma anche zappo, scalzo, sarchio per cui potremmo tradurlo come: coloro che scavano, zappano o sarchiano, “i lavoratori dei campi”; nome che in latino probabilmente suonava come Campitani!

I Sikoulénsioi sono localizzati nella Sx, fra il Susaleus vicus e il Caralitanus sinus, cioè nel basso Sarrabus, l’area comprendente tutto il litorale di Costa Rei fino al Golfo di Carbonara.

Gli ultimi popoli li conosciamo, i Neapolìtai i Oualentìnoi e i Solkitanoì. I primi li abbiamo già incontrati; anche i secondi, i Valentini nella Dx, che dovrebbero essere localizzati nel territorio della Marmilla e della Trexenta e, forse, anche nel basso Campidano. Il territorio di competenza dei Solkitani, infine, è davvero notevole e comprende tutto il Sulcis e anche parte dell’iglesiente. I centri abitati ricadenti nella loro orbita sono tutti quelli costieri a partire da Populum a occidente fino a Bithia e forse Nora a oriente. Infatti il popolo dei Noritani è attestato solo in alcuni codici “derivati” dalla seconda edizione della geografia, e potrebbe trattarsi di un’aggiunta medievale, motivata anche

89 E.Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, op.cit., p.400 74 dalla modifica del disegno dell’isola a seguito della variazione delle coordinate nella parte meridionale dell’isola. Salta agli occhi l’assenza di altri “popoli” notevoli: i Caralitani ad es. o gli Othocensi, i Tharrensi, gli Olbiensi, ecc. cioè i cittadini che abitavano le principali città dell’isola e le relative pertiche. Questo fatto è importante perché nonostante qualcuno di questi nomi sia effettivamente attestato (i Caralitani) in documenti epigrafici, Tolomeo non li menziona e l’assenza deve far riflettere perché potrebbe non trattarsi di semplice incompletezza del dato ma sarebbe il riflesso di un’informazione diversa da come la si intende normalmente. I popoli tolemaici potrebbero cioè essere degli effettivi etnici: e tali forse vanno intesi anche i solcitani, i neapolitani, i tibulati e i cornensi.

Abbiamo già evidenziato la differente versione del nome dei popoli attestata nel cod.X rispetto ad altri codici che fanno riferimento a versioni successive della Geografia. Le varianti più evidenti sono le seguenti90:

N° Varsione cod.X Vers. Prevalente altri codici

1 Alkitànoì Salkitanoì

2 Loukouiannésioi Loukouidonensioi

3 Lisaronénsioi Aisaronénsioi

4 Roubrénsioi Rouakénsioi

5 Keltìnoi Kelsitanoì

tab.6 Varianti più rilevanti nei nomi di popolo nella Sardegna tolemaica

Il caso 4 è fondamentale: solo il cod. E riporta un nome simile a quello del cod.X, Roubénsioi, ma la citata Custodia Rubrensis dell’Anonimo Ravennate testimonia la giustezza della variante del nome tramandato nel cod.X. Potremmo essere tentati di pensare che la stessa circostanza valga per tutti gli altri nomi ma la questione è talmente complessa (oltre a varianti “antiche” degli stessi nomi dobbiamo considerare errori di lettura o di trascrizione o deliberata modifica da parte degli amanuensi) che richiede altre e più esperte analisi. E’ emblematico il caso dei Lisaronénsioi/Aisaronénsioi dove il “λ" iniziale è forse stato confuso con un “α” o viceversa, oppure entrambe le versioni sono frutto di una scelta ragionata, effettuata dal geografo e in ogni caso è difficile capire quale sia la variante effettivamente in uso presso i sardi.

90 P.Meloni, La geografia cit., pag.245

75 Sarebbe importante ad es. conoscere la corretta forma del nome 3) per capire, in base ad analoghi nomi di centri abitati, se l’area di pertinenza del popolo sia effettivamente quella prospettata in precedenza. Nella seguente Fig. 36, sulla cartina attuale della Sardegna sono stati riportati i nomi dei popoli tolemaici e gli areali di stanziamento così come individuati in precedenza. E’ facile vedere che sono perfettamente descritte le aree costiere ad eccezione di alcune porzioni quali quelle relative alla Nurra e a gran parte di quelle che si affacciano sul Golfo di Orosei. Per le aree “interne” esistono due sole direttrici di penetrazione, quella lungo il Campidano, che appare ben conosciuto e quella lungo il Tirso la cui valle e le cui popolazioni erano note, nonostante nella carta Sx di Fig. 33 sia evidente da parte del Geografo una conoscenza tutt’altro che esatta dell’andamento dei fiumi sardi ricordati.

Fig. 36. La localizzazione degli areali di stanziamento dei popoli sardi ricordati da Tolomeo

76 6.11. Gli altri popoli della Sardegna

Riportiamo in breve altri nomi di popoli attestati da altri autori per la Sardegna che possono risultare utili per completare il quadro nelle aree per le quali l’informazione tolemaica è deficitaria. I popoli ricordati da Plinio sono i seguenti: celeberrimi in ea [i. e. in Sardinia] populorum Ilienses, Balari, Corsi oppidorum XVIII Sulcitani, Valentini, Neapolitani, Vitenses, Caralitani civium R(omanorum) et Norenses, colonia autem una que vocatur ad Turrem Libisonis. Il passo è molto discusso relativamente all’attribuzione delle 18 città fortificate. Alcuni ritengono che il dato fosse riferito all’intera Sardegna ma la cosa non sembra credibile, dal momento che lo stesso Plinio ricorda per la Corsica ben 32 città! E le sole città costiere ricordate da Tolomeo superano le 18! Secondo altri il dato sarebbe da riferirsi ai Corsi. In pochi hanno pensato a quella che potrebbe essere la corretta interpretazione del passo con i 18 oppida riferiti ai sulcitani che, come abbiamo visto con Tolomeo, occupavano una vasta area dell’isola, ben maggiore di quella di insediamento dei corsi. Evidenziamo nell’elenco pliniano la citazione di Balari e Iliensi.

Strabone ricorda i seguenti popoli barbari: i Diaghesbei (gli indigeni delle montagne in precedenza chiamati Iolei) e le quattro tribù delle montagne: i Parati, i Sossinati, i Balari e gli Aconiti. A parte i Balari tutti gli altri nomi sono altrimenti sconosciuti e si pensa che il testo straboniano sia stato trasmesso alterato, tanto che sono state fatte diverse proposte di correzione del testo. Riportiamo il solo esempio di M. Pittau emblematico al proposito: «si intravede con sufficiente sicurezza che la tribù dei Sardi che esercitava le razzie nei bassopiani della Sardegna e la pirateria nelle coste della Penisola fino a Pisa, erano per l’appunto i Corsi della Gallura (…). L’aver individuato nei Corsi della Gallura una delle tribù sarde di cui Strabone sta parlando, ci consente anche di individuare e interpretare finalmente, con molta verosimiglianza, un etnico indicato dal geografo greco e per il quale si erano finora espressi numerosi dubbi circa la esatta lezione filologica: i Sossinátoi, che noi invece leggiamo Korsiknoi, cioè i Corsicani»91. Proprio con riferimento ai Sossinati, sempre che il nome sia effettivamente giunto a noi alterato, è proponibile una correzione differente, più semplice, rispetto a quella proposta da M. Pittau, meno elaborata e quasi immediata: Sossinátoi potrebbe derivare da un originario Sossitanoi che già da solo è riconducibile ad altri popoli occidentali, ad esempio i Sassitani iberici ricordati dallo stesso Strabone92. Possiamo anche andare oltre e vedere in questo nome ricordati i Solsitanoi, popolo che estendeva i suoi domini dal Sarcidano, alla Barbagia di Seulo (una delle regioni montuose più aspre del centro

91 M. Pittau, Origine e Parentela, op. cit. 151 92 Strabone, Geografia III 4,2; 5,5 77 Sardegna), fino alle coste di Tortolì e che anche da lì poteva muovere le sue azioni di pirateria verso le coste della penisola.

Altri popoli attestati da vari documenti epigrafici sono i seguenti, con il contributo di E.Pais93: 1. I Nurrenses o Nurritani abitavano le regioni ove è l’odierno Nùoro. Il nome Nurr… è inciso in una lapide terminale ritrovata da me molti anni or sono presso la cantoniera di S. Marta, non lungi da Orotelli (edita in Ephem. Ep. VIII, p. 177, n. 729). 2. Galillenses. La posizione di questi popoli risulta dal decreto del proconsole L. Helvius Agrippa (CIL X 7852) trovato ad Esterzili. Il nome dei Galillenses, come ho già fatto notare, perdura in nomi di famiglie ed in luoghi del Nuorese. Forse è lo stesso nome dei «Galluresi», i quali nel Medioevo si spingevano sino al Nuorese. 3. Patulcenses Campani. Sono ricordati anche essi nella tavola di Esterzili testé citata. L’epiteto Campani fa pensare, occupassero le regioni della sottoposta Marmilla. 4. Diversi dai Patulcenses Campani sono poi i Putulcienses, che abitavano non una pianura, ma la regione collinosa presso Cuglieri (CIL X 7933). Tanto Patulcenses Campani quanto i nostri Patulcienses furono introdotti nell’età romana e probabilmente verso il 111 a.C. Sembra naturale il pensiero che l’epiteto di Campani distinguesse appunto due rami della stessa gente collocati in regioni e posizioni diverse. 5. Nella regione di Cuglieri erano poi gli Eutychiani ed i Giddilitani, ricordati in pietre terminali (CIL X 7930; vedi quanto osservai nei Rendiconti dei Lincei, 1895, p. 934 ss.). 6. Presso il mare era, come risulta dal medesimo titolo 7930, il Portus Olla od Ollae. Non è chiaro se si tratti di veri e propri popoli aventi rem publicam, oppure di gente che occupava vici e latifundia. 7. Vici e latifundia abitavano ad ogni modo i Maltamonenses ed i Semilitenses ricordati nella lapide terminale trovata nell’agro di Sanluri. 8. La pietra vista dal prof. Plazza a metà del XVIII sec. in una chiesa rurale di Barì Sardo ricorda insieme ai Rubr(enses) anche gli Altic() e quest’ultimo è un nome di popolo non ricordato né da Ptolomeo, né da altri scrittori: «Io però non lo registro, perché mi nasce il dubbio se quest’ultimo nome sia stato letto esattamente o se in Altic. non si nasconda qualche altro nome come il Sulpicius portus di Ptolomeo III 3, 4 o la località di Sulcis, ricordata accanto ai Porticenses dall’Itinerarium Antonini, p. 79 W.»94

93 L’elenco che segue è tratto da E.Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, op.cit., pp.402-403 94 E.Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, op.cit., p.399 78 7. L’eredità tolemaica

Sono sicuramente pochissimi gli studi analoghi a quello presentato in questa nota per altre regioni d’Italia, impostati con metodo scientifico e con strumenti adeguati. Si preferisce concentrarsi sui nomi dei luoghi e studiare eventuali sopravvivenze toponomastiche senza tener in debito conto il dato numerico fornito da Tolomeo, che, come abbiamo visto, riveste un’importanza spesso maggiore rispetto alla vicinanza toponomastica arcaico-attuale. Così come viene spesso trascurata la consuetudine, più viva nel passato che nel presente, quando i centri abitati erano più numerosi che nei tempi moderni, di chiamare più paesi con lo stesso nome come è facile constatare per la Sardegna per i tempi romani con le già richiamate due Vignola, due Tibula, due Lugdonec, tre Sulci, ecc. La correttezza dei dati di distanza tolemaici riducono le possibilità di interpretare e di adattare le informazioni del Geografo: meno fantasia e più concretezza quindi; le interpretazioni risultano così costrette in ambiti limitati, all’interno del margine d’errore di cui si è già detto e all’interno di questi limiti va ricercata l’esistenza dei ricordati centri in età storica, indipendentemente da quanto risulta dalla ricerca archeologica che in molte aree della Sardegna è ancora agli esordi. E’ proprio sfruttando la potenzialità dell’informazione tolemaica che potremmo indirizzare la ricerca archeologica in aree ancora poco battute: si pensi al caso eccezionale di Sulci a Portoscuso.

Il quadro dell’isola così come presentatoci da Tolomeo è tutto sommato abbastanza povero, e lo abbiamo visto sia in confronto a quello della vicina Corsica che, soprattutto, rispetto a quello della Sicilia. Qualcuno si sente autorizzato a giustificare, attraverso l’opera tolemaica, la ridotta urbanizzazione dell’isola o, meglio, il numero limitato di centri abitati e quindi la scarsa densità di popolazione in periodo romano, ad esclusione delle aree costiere. E’ proprio il dato sulle aree costiere che fornisce, al contrario, un’informazione decisiva sulla urbanizzazione dell’isola: tante delle città ricordate da Tolomeo non figurano fra quelle che ci hanno restituito resti archeologici e alcune fra le note in tal senso non figurano fra quelle della Geografia. A queste dobbiamo aggiungere anche quelle note attraverso altri documenti (l’Itinerarium Antonini fra tutti) non riportate nella Geografia che restituiscono un’immagine delle coste sarde in età romana maggiormente urbanizzate rispetto a tutte le età successive e fino a qualche decennio fa.

Dobbiamo a Tolomeo il ricordo di tanti toponimi che mai altrimenti avremmo conosciuto per la nostra isola: Tilium, Othaea, Populum, Susaleis, Pluvium e Lesa sono nomi di antichi centri abitati sardi noti solo grazie a Tolomeo; a lui dobbiamo anche il ricordo esclusivo di tanti porti nell’antichità: Nymphaeum, Coracodes, Herculis, Solpicius.

79 Se l’immagine della forma della nostra isola trasmessaci da Tolomeo ha causato un’involuzione nella corretta rappresentazione cartografica avviata nel medioevo con i portolani, dobbiamo guardare con estremo rispetto il lavoro di quel Geografo- Astronomo che mai mise piede su essa, mai la vide. Il Tolomeo astronomo poteva continuamente verificare l’esattezza delle sue rilevazioni: tutte le notti aveva a disposizione, a portata d’occhi, la carta dello sconfinato cielo stellato. Il Tolomeo geografo al contrario immaginava la forma dei continenti, delle isole, dei mari, e lo faceva solo con gli occhi degli altri; e, in più aveva la presunzione di riprodurre su una carta quelle immagini con la convinzione di lavorare a qualcosa di insuperabile.

Villacidro 22.01.2010

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