L.S. 26.IX Ore 20-21 Alcina.Indd

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L.S. 26.IX Ore 20-21 Alcina.Indd Milano Händel Conservatorio “G. Verdi” Alcina Sala Verdi Mercoledì 26.IX.07 Il Complesso Barocco ore 20/21 Alan Curtis direttore Joyce DiDonato soprano Laura Chierici soprano Sonia Prina mezzosoprano Maite Beaumont mezzosoprano Kobie van Rensburg tenore Vito Priante baritono basso Migrazioni Barocche 76° Philippe Daverio introduce l’Alcina Torino Milano Festival Internazionale della Musica 03_27.IX.07 Prima edizione SettembreMusica Il Complesso Barocco Alan Curtis, direttore Joyce DiDonato, soprano (Alcina) Laura Chierici, soprano (Morgana) Sonia Prina, mezzosoprano (Bradamante) Maite Beaumont, mezzosoprano (Ruggero) Kobie van Rensburg, tenore (Oronte) Vito Priante, baritono basso (Melisso) Georg Friedrich Händel (1685-1759) Alcina (in forma di concerto) 160 min. I Atto II Atto III Atto Migrazioni Barocche Philippe Daverio introduce l’Alcina Gli incanti sonori dell’isola di Alcina Testo a cura di Philippe Daverio Testo a cura di Raffaele Mellace Sono nati a poca distanza di spazio e di tempo, sono morti tutti e due al lavo- Chi va lontan da la sua patria vede ro, ciechi forse per avere scritto troppo sotto le candele, eppure quanto diverso cose da quel che già credea lontane; fu il loro destino. Händel e Bach hanno la medesima formazione religiosa che, narrandole poi, non se gli crede, rigorosamente riformata, sono tutti i due influenzati dall’Italia, possono tutti e stimato bugiardo ne rimane; e due celebrare fino in fondo la solennità barocca, ma quanto è diversa la che ’l sciocco vulgo non gli vuol dar fede, confidenza mistica del primo dalla mescolanza di melanconia e di teatralità se non le vede e tocca chiare e piane; del secondo. Georg Friedrich Händel discende in modo mirabile dalla propria per questo io so che l’inesperienza biografia: lui l’Italia la conosce davvero, Firenze e Venezia dove ottiene i primi farà al mio canto dar poca credenza. successi di palcoscenico, la Roma settecentesca del sofisticatissimo cardinale Ottoboni presso il quale lavora e che è pure il protettore di Corelli. È quindi (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, VII 1) facile da capire il suo uso naturale della lingua e l’inclinazione a quel gusto letterario dell’Arcadia romana di Cristina di Svezia per la follia dell’Orlando. Un gusto per il mito rivisitato che trova terreno naturale nell’Inghilterra di Purcell, il genio che riscattò il teatro dalle punizioni puritane della rivoluzione Messa in scena nella sala ancora recente del Covent Garden di Londra il 16 cromwelliana, e lì lo traccia per quella che sarà una mania barocca in terra aprile 1735 Alcina (hwv 34) fu l’ultimo trionfo scenico di uno dei massimi ope- antipapista quando perfino William Hogarth ne cita i capolavori per decorare risti. Tra le partiture più generose del genio drammatico händeliane, perfetto gli interni dei suoi dipinti, i quali a loro volta sono scene teatrali. Inatteso il pendant delle meraviglie promesse da Ariosto nel canto VII del Furioso, Alcina percorso successivo, visto che Georg Friedrich Händel diventa maestro di cap- non solo resse diciotto recite filate per tornare in scena nei due anni succes- pella dell’elettore Georg di Hannover nel 1710, se ne va a Londra per diventare sivi, ma soprattutto svolse un ruolo fondamentale nella Händel-Renaissance George Frideric Handel (perdendo la dieresi e acquistando la fortuna) come novecentesca, con ben 85 allestimenti tra la “prima” moderna a Lipsia nel nel 1714 cambierà nome l’elettore che se ne viene anche lui in Inghilterra a 1928 e il 2000, passando per la cruciale appropriazione del ruolo eponimo da diventare re George, il primo di tutti i George che tracceranno la gloria bri- parte di Joan Sutherland nel 1957, l’approdo italiano alla Fenice nel 1960 e tannica del Settecento con il cognome aggiunto di Windsor. Che sia poi questa milanese alla Scala nel 1985 in forma di concerto; alcune arie (Verdi prati, l’isola di Alcina, nella quale tutto è fantasia e quindi possibile? L’opera del selve amene, Tornami a vagheggiar, Sta nell’ircana, Ombre pallide) sono oggi 1735 è l’ultima della sua stagione matura dedicata al ciclo di Ariosto e forse la un classico dei recital vocali. più fantasiosa, un culmine del ricciolo barocco trasferito nel comportamento Händel aveva allestito Alcina in tempi di salute incerta, difficili per l’opera degli eroi, dove tutto si contorce e tutto si rincorre. Ruggiero si perde nell’isola italiana a Londra: stagioni che era costretto a completare con produzioni in delle maghe, il suo amore Bradamante lo insegue travestita da maschio, sic- inglese e concerti per organo, il cui successo superava quello del dramma chè nasce l’amore tra Bradamante la maga Morgana, mentre la maga Alcina, per musica dopo gli anni della feroce rivalità tra imprese rivali e all’indo- cinica consumatrice di cavalieri che trasforma in piante e sassi, s’innamora mani della risoluzione del rapporto col socio Heidegger e il King’s Theater. di Ruggiero. Solo che l’amore di Alcina pulsa con tale umanità da farle per- Quella primavera del 1735 gli riuscì tuttavia di formare una compagnia in dere i poteri, mentre Ruggiero apre gli occhi e le distrugge l’urna magica. grado di reggere una produzione importante, fondata sul celebre castrato Tutto crolla, sentimenti, palazzi e incantesimi, tutto lascia spazio allo strazio, Giovanni Carestini (Ruggiero), acerrimo rivale di Farinelli, sul soprano Anna quello degli amori di fantasia e delle aspettative di potenza. Melanconie subli- Maria Strada del Po (Alcina), protagonista di oltre una dozzina di créations mi e solennità da corte. L’opera fu amata moltissimo e dimenticata subito. händeliane, e sulla ballerina Marie Sallé, la cui mise succinta destò uno scan- Il XX secolo le ha ridato gli onori e la gloria. Oggi commuove quanto la dolce dalo tale da costringerla a lasciare l’Inghilterra. cultura che la generò. L’attenzione di Händel era stata attratta da un libretto conosciuto probabil- mente nel viaggio italiano del 1729, L’isola di Alcina, in scena con la musica di Riccardo Broschi a Roma nel 1728 e con il fratello del compositore, il Farinelli, nel ruolo di Ruggiero. Con Alcina Händel completava nel breve torno di due anni quella propria personale trilogia ariostesca (con Orlando e Ariodante) che costituisce forse il momento più cospicuo della straordinaria fortuna del Furioso nella storia dell’opera sei-settecentesca. Insolitamente il Caro Sassone conservò pressoché inalterata la fonte librettistica, evidentemente adatta al pubblico inglese per la ridotta estensione del recitativo, il ricco chiaroscuro di arie (ridislocate o addirittura trasferite ad altro personaggio: emblematico il geniale spostamento di Verdi prati, selve amene laddove viene a sortire un meraviglioso effetto di contrasto drammatico), apparato spettacolare cospi- cuo, completo di coro, balletto e macchine sceniche, tutti mobilitati nella complessa scena finale. La vicenda, derivata dal canto VII dell’Orlando furioso, racconta il salva- taggio, da parte della guerriera Bradamante, dell’amato Ruggiero, vittima degli incantesimi della maga Alcina che, innamorata di lui, lo tiene prigio- niero in un’isola fatata la cui natura lussureggiante altro non è che illusione. e con una parte vocale elementare, prevalentemente per grado congiunto, dà Come altri guerrieri devianti, asserviti a un principio dell’eros estraneo alla voce allo sguardo malinconico con cui Ruggiero contempla il sogno di felicità strada gloriosa della virtù (Rinaldo prigioniero di Armida o Achille a Sciro, che ha vissuto proprio nel momento in cui sta per perderlo irrimediabilmente. mito che Händel metterà in scena nella sua ultima opera, Deidamia), Ruggiero Felice Ruggiero casomai lo è stato, difficilmente lo sarà in futuro, o forse lo è finirà con il prendere coscienza del proprio errore: l’esistenza errabonda ter- soltanto in questo momento in cui assapora il gusto agrodolce della perdita: minerà con il ritorno a casa con la fida Bradamante, mentre riprenderanno un sentimento tradotto in vero prodigio sonoro, quasi che il mago Händel forma umana i cavalieri trasformati in bestie dall’incantatrice. Rispetto alle avesse carpito alla stessa Alcina i segreti dei suoi incanti. altre versioni di questo schema, lo sradicamento dell’eroe dal “cielo di con- tenti” avviene ad opera della donna amata virtuosa, col guadagno della com- plicazione fondamentale per cui Ruggiero è conteso fra due furie innamorate. A rendere ancor più sapida la vicenda, Bradamante compare en travesti, finendo al centro di tensioni erotiche, equivoci e gelosie, in un gioco continuo di finzioni e dissimulazioni che mette a frutto quell’ambiguità sessuale fon- damentale nel melodramma del Settecento. Il cast è infatti congegnato così che il terzetto Alcina-Ruggiero-Bradamante (cantano insieme in Non è amor né gelosia) sia coadiuvato dalla coppia secondaria Morgana-Oronte, essenziale per il gioco pruriginoso d’innamoramenti incrociati, e completato dall’istitu- tore Melisso e dall’adolescente Oberto. Come sempre nel melodramma tardobarocco, il cuore della sostanza musi- cale sta nelle arie, alla cui stesura Händel attese prescindendo dal recitati- vo: complessivamente venti arie col da capo (sei delle quali monumenta- li in sette sezioni, con sei riproposte della sezione principale), cinque nella forma abbreviata dal segno, un’unica aria rondò (Verdi prati, selve amene). Accanto alla forma principe dell’opera italiana, Alcina esibisce un marcato penchant verso il gusto francese e le consuetudini della tragédie-lyrique, negli anni dei trionfi di Rameau: influenza riscontrabile nell’ouverture come nella presenza pervasiva della danza (si pensi allo splendido balletto che chiude l’atto II), assicurata dalla compagnia di Marie Sallé. Se è ineludibile l’appor- to dei personaggi secondari (si pensi a tre arie di Morgana: la freschissima, volitiva Tornami a vagheggiar, che corona l’atto I e sarà poi trasferita ad Alcina; Ma, sospira, con violino obbligato; Credete al mio dolore, in apertura dell’atto III, accompagnata dal continuo), due grandi ruoli si librano sopra gli altri per pretese tecniche e qualità espressiva.
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