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PAOLO UCCELLO, , E GLI AFFRESCHI DEL DUOMO DI PRATO

L LETTORE ha compreso che non intendo gusto di proporre un nuovo nome. Ness una delle I considerare nelle pagine che seguono gli affre­ due ascrizioni ricordate è, a mio vedere, sod­ schi famosi di Fra Filippo nella cappella maggiore disfacente e saremo condotti, nel corso del della Cattedrale nostro discorso, pratese ma quelli a suggenrne una quasi altrettanto terza. Comunque famosi della cap­ l'autore degli af­ pella così detta freschi è perso­ dell'Assunta. Ed nalità secondaria anche ha com­ e si ridurrebbe preso che quasi ad un limitato esclusivo argo­ interesse erudito mento del mio il chiarirne e de­ studio saranno le linearne lo stile figurazioni della se pensiamo alla volta e le tre elevata operosità storie delle pa­ della pittura reti (Disputa di fiorentina con­ S. Stefano; Na­ temporanea. Ma tività della Ver­ costui è anche gine e Presenta­ squisi tamen te zione al T empio) recettivo e mi per le quali si è sembra di somma ondeggiato fra il importanza con­ nome di Dome­ siderar la sua nico Veneziano, fatica nelle riso­ proposto dallo nanze che essa Schmarsow, e presenta di certe quello di Gio­ eroiche figure vanni di France­ in primissimo sco, affacciato dal piano a Firenze, Longhi e, recen­ nel decennio temen te, ri petu to 1440-1450; per­ FIG. I - PRATO, DUOMO - LA SPERANZA dal Berenson. chè si possono Le altre storie che completano i due cicli meglio conoscere in tal modo i caratteri di figurativi (Lapidazione di S. Stefano, suo Sep­ quel momento memorabile. E credo che, sulla pellimento e Sposalizio della Madonna) per le scorta di buone fotografie da me fatte eseguire, quali è ormai pacifica l'attribuzione ad Andrea sia possibile giungere su questa via ad ulte­ di Giusto meritano di essere appena menzio­ riori precisazioni. 2) Delimitato il nostro com­ nate. 1) Ma non si creda che io riporti - come pito, nemmeno mi attardo in superflue descrizioni si suoI dire - alla ribalta della critica il mi­ ed in troppo analitiche disamine poichè lo glior gruppo dei suddetti dipinti per lo sterile Schmarsow ha compiuto, sotto questo riguardo,

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FIG. 2 - PRATO, DUOMO - LA VOLTA (Fot. Alinari)

una fatica eccellente alla quale rimando. Ma è vivamente con la linea calligrafica del manto pur necessario qualche riferimento per poter verdognolo, in una curiosa commistione di gotico giungere a porre in evidenza i modi stilistici degli e di rinascimento, come si scorge ad esempio affreschi. Le figure nella volta sono tutte entro una nelle prime storie della Genesi nel Chiostro verde. mandorla raggiata colorita di giallo, concava e di E il piccolo Crocefisso che la Virtù reca nella un suo ben visibile spessore (fig. 2); ma ognuna sinistra ha una libera impostazione e plastica di esse ha un impianto diverso. La Fede, collo­ evidenza che debbono derivare da . cata di tre quarti, ci presenta due elementi co­ Nella Speranza (fig. I), di una posa stati ca, struttivi della forma nel bel cercine dei capelli il corpo giovanile e slanciato assume volume­ biondi e nella veste porporina che cade a cam­ trica consistenza; ma il panno chiaro come pana in pieghe sicure. I quali elementi non gonfiato dal vento ha uno sviluppo prevalente­ risaltano troppo oggi per lo stato precario del­ mente lineare e la testa pallida della giovanetta, l'affresco; ma un tempo dovevano contrastare che si adegua al biondo scolorito dei capelli

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strettI 1n un'infula, prende il valore di un la lucente materia metallica, non richiamano l'ar­ delicato rilievo, contro il disco dell' aureola. matura fragile del S. Giorgio di Gentile ma quelle Nella finezza del suo contorno essa richiama gli dei santi guerrieri di Paolo, che prende occasione aristocratici profili ascritti ora a Domenico Vene­ da certe fogge per trovare belle soluzioni volu­ ziano ora a Paolo Uccello. Un ricordo di questo metriche di forma. La varietà di concezione appare anche nella perfezione dei grani rossi o delle quattro Virtù potrebbe suggerire ad una neri della collana di metallica lucentezza che critica amante delle sottigliezze una distinzione rivela intenti luministici propri del primo; del di mani; la uniformità della tecnica e del cro­ quale è pure un riflesso nella intonazione cro­ matismo tenue, prezioso lo escludono: viene matica dèlla veste rosa, sfumata di toni chiari che così a rivelarsi l'eclettica natura dell' artefice si fanno ancora più lievi nel panno svolazzante. che trova nel colore una propria unità di stile. La Carità (fig. 3) ap­ pare rovinatissima nel manto verdastro, ma ben conservata nel­ l'ovale del volto rosato dagli occhi fermi e in­ corniciato in una zaz­ zera bionda. Gli ante­ nati di questa figura idealizzata si trovereb­ bero in prossimità di Jacopo Bellini se non ricordassimo che l'An­ gelico ci aveva offerto immagini altrettanto delicate e di modulo analogo. La Fortezza reca una colonna alabastrina contro l'armatura gri­ gia risaltantefrail verde della veste e la porpora del manto. Il modulo della testa tondeggian­ te, dagli occhi un po' dilatati, allontana que­ sta Virtù dalle sue raf­ finate compagne, per una ricerca di grandio­ sità atta a meglio signi­ fi carne il carattere e trae ispirazione da Paolo Uccello. Gli spallacci dall'ampia curvatura e l'impeccabile tondo lu­ cente della cubitiera, di cui è posta in evidenza FIG. 3 - PRATO, DUOMO - LA CARITÀ (Fot. Alinari)

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FIG. 4 - PRATO, DUOMO - S. DOMENICO FIG. 5 - PRATO, DUOMO - S. GIROLAMO

Gli elementi geometrici dei costoloni e quelli luminose nei loro fondi rossi contro cui nitide che nelle fasce delle vele si uniscono a carta­ risaltano le vive scanalature della calotta a cei fogliami sanno sempre di gotico. Tornano conchiglia e le sagome chiare di contorno e le questi nell' intradosso dell'arco trionfale stac­ patere coordinate con quelle, che con lieve chia­ candosi verdi o biancastri dal fondo, non più roscuro accennano la perfetta curvatura di un così triti ma piegati a spirali sempre più sottili, tondo incavo. In così piena spaziosità si impian­ in un virtuoso gioco lineare e prospettico in­ tano solidi santi. Il S. Domenico 3) nella sua faccia sieme. Nè meraviglia che siano pausati da quat­ piuttosto melensa accenna un compromesso fra tro nicchie di decisa struttura rinascimentale, l'Angelico e il Lippi (fig. 4), sebbene il piombare

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FIG. 6 - PRATO, DUOMO - S. PAOLO (Fot. Alinari) FIG. 7 - PRATO, DUOMO - s. FRANCESCO delle vesti dalle pieghe diritte e 1'orlo in parte sta figura fosse sciolta ed articolata come lo sono sinuoso del mantello riflettano tendenze già no­ le potenti statue che tuttora ammiriamo; mentre tate nelle Virtù della volta. Ma il S. Girolamo nella nostra immagine la tunica cinerea dalle (fig. 5), visto dal sotto in sù (nella testa ormai semplici pieghe, la cintura che finisce geometri­ distrutta doveva atteggiarsi ad una espressione camente con una fettuccia irrigidita a segmento patetica poi tanto sfruttata), ha una postura più di cerchio e i grani neri del grosso rosario,lumeg­ larga ed animata che ha suggerito allo Schmarsow giati di bianco come fossero di vetro, dimostrano il ricordo delle statue del Campanile del Duomo che quei lontani modelli sono veduti attraverso fiorentino di Nanni di Bartolo e del Ciuffagni o la la originale interpretazione di Paolo Uccello. descrizione vasariana del perduto S. Ivo di Ma­ E nel S. Paolo (fig. 6) che si volle derivato an­ saccio nella Badia. Pure è facile credere che que- cora da Masaccio, da quello smarrito nella chiesa

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FIG. 8 - PRATO, DUOMO - LA DISPUTA DI S. STEFANO (Fot. Alinari)

del Carmine, la concezione masaccesca (conser­ dallo Schmarsow, mentre nei tratti fisonomici vataci nel pannello con lo stesso Santo nel Museo è un misto di Angelico e di Lippi. di Pisa) si modifica attraverso il sentimento pla­ L'eclettico artefice continuò la decorazione stico formale del Doni dal quale deriva il tor­ della cappella. Nell'affresco con Jacopone da tuoso piegheggiare del manto che nuoce invero Todi, già nella parete di fondo ed ora nella all' insieme con la sua calligrafia. Deve inoltre sacrestia, egli giunge, attraverso le sue idealità rimontare a lui la costruzione della testa dalla uccellesche, quasi al capolavoro. 4) La nicchia fronte ampia e la barba che forma una conica allungata ha uno slancio proporzionato alla esigua massa puntuta accordata all'arco così regolare figura di prospetto e la impressionante magrezza dei baffi biancastri. di questa è posta in rilievo dall'ampia campana Il S. Francesco (fig. 7), impiantato con lar­ del saio grigio-chiaro. Le occhiaie profonde del ghezza che l'avvicina al S. Girolamo, raggiunge, volto ossuto risuscitano il folle asceta umbro nella tonaca marrone dai semplici panneggi, la come un fantasma per il quale passa un fremito consistenza e lo spessore di una lamina metallica di vita che gli viene soprattutto dall'impianto e, nel garbo delle maniche, sempre si avvicina diverso delle due gambe stecchite. a Paolo. Assai meno nel volto che appare defi­ Gli alti e i bassi di questi affreschi, nella loro nito nella sua struttura ossea da dolci trapassi mescolanza fra poetiche astrazioni ed intenti di piani come nel Santo omonimo della pala di naturalistici, rivelano non un creatore, ma un Domenico Veneziano agli , ricordato imitatore. E gli stessi contrasti o meglio le stesse

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FIG. 9 - PRATO, DUOMO - UN GRUPPO DI EBREI (PARTICOLARE) (Fot . Alinari) diseguaglianze sono visibili anche nelle storie è la Natività concepita, vedremo, in modo di­ delle pareti che ritengo iniziate con lo Schmar­ verso. Ritengo invece che esse significhino sow dalla Disputa di S . Stefano di fronte alla principalmente aspirazione a grandiosità for­ Sinagoga (fig. 8). La figura del Santo nell'asse male nello sforzo di adeguarle allo stile di Paolo della composizione intende equilibrare i due Uccello. L'eco di questo fu già notato dallo stesso volumetrici gruppi degli oppositori disposti in critico ma supponendolo congiunto a quello di simmetria nello spazio lasciato vuoto dal tempio , ciò che non riesco a scor­ che, per questo intento, è ottagono. E il braccio gere. Il pittore, che si vale in così scarsa misura del Diacono che accenna, con le tre dita alzate del movimento, ama soprattutto di spartire la della sua mano, alla Trinità, giustificherebbe composizione in regolari volumi e si industria l'atto del vecchio concitato che si slancia su di trarre profitto dalla espressione psicologica. di lui ed è trattenuto dai compagni, secondo un Nel gruppo di sinistra (fig. 9) un pingue sacer­ motivo che rende certo più viva l'azione ma a dote dalla gran barba nera, che richiama quella scapito dell'euritmia delle masse, per il sover­ del S. Paolo per la sua massa, congiunge le chiare di questo gruppo sull'altro. mani e leva lo sguardo al cielo come per invo­ Nei primi piani gravitano le figure non per care il perdono divino sul sacrilego Stefano. la sola ragione supposta dallo Schmarsow, cioè Esso ricorda il Noè nel Diluvio presso l'arca, per ricerca di evidenza, data l'altezza eccessiva dipinto da Paolo con una analitica, insistente cui è confinata la scena ; giacchè altrettanto alta determinazione dalla quale, invero, l'artefice di

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I lineamenti del Santo (fig. 12) si addolciscono alla Lippi, riflet­ tono anzi la maniera di Fra Filippo quale ci appare fra il 1440 e il '50, quando egli tempera con la grazia dell' Angelico il suo energico stile di origine masaccesca. 6) N elle altre figure i volumi accentuati oltre che dalle masse, dallo squadro dei volti e dai cappucci e dai berret­ toni tondeggianti ornati d'ermel­ lino e dalle vesti a scanalature diritte come fusti di colonne, ripe­ tono la grandiosità uccellesca, a cominciare dall' iroso contradittore. Ma quella rigidezza geometrica che abbiamo notata in taluno dei per­ sonaggi si va mitigando (fig. 13) attraverso un modellato soffice con varietà di piani che penso di altra fonte. Lo Schmarsow ascrive que­ sta storia a Domenico Veneziano, quasi per eliminazione, perchè gli sembra che non raggiunga la forza di Paolo; e debbo supporre che proprio a Domenico egli riferisca il merito di certi valori luministici messi in giusta evidenza. La luce FIG. IO - FIRENZE, SANTA MARIA NOVELLA, CHIOSTRO VERDE investe di fatti il candido tempio PAOLO UCCELLO : LO SCHERNO DI CAM (PARTICOLARE) (Fot. Brogi) ed inonda le figure non in contrasti Prato si astiene. Tra gli altri personaggi un cor­ chiaroscurali come in Masaccio, ma lietamente pulento individuo di aspetto canonicale gonfia le diffusa così da rendere limpido, puro il colore. guance per irritazione o per scherno ed un gio­ Stendendosi liscia nei volti di polita plastica vane con un grande berretto a mazzocchio inarca uccellesca o addentrandosi in facce ossute di le sopracciglia per stupore. In costoro 1'artista modellato donatelliano, è intenta a riprodurre cerca di congiungere alla ricerca dell'espressione, l'epidermide liscia o a presentarla scabra e pun­ che diviene grottesca e caricaturale, geometriche teggiata per l'effetto della barba rasata, persino stilizzazioni proprie di Paolo. Specie nel secondo a riflettervi le tonalità delle vesti nel loro cro­ come non vedere la derivazione dal figlio di Noè matismo audace, che va dal rosso e dal verde rappresentato di prospetto nella scena con lo tenero, diluito al rosa pallido, e persino al nero; Scherno di Cam nel Chiostro verde? La maestosa poichè nero è il mazzocchio della figura deri­ figura (fig. IO) sarà ricordata anche da quel tardo vata da Paolo. E la luce viene a sfumare i colori, gotico che fu Dello Delli nel grande retablo della soprattutto a determinare la sostanza delle cose: cattedrale vecchia di Salamanca (fig. II). Ed è il pannoso broccato della verde dalmatica del ovvio soggiungere come la calma soluzione volu­ Martire, a melagrane e ad ornati bianchi, il metrica che conferisce così ampia monumenta­ soffice pelo degli ermellini, sino alle filigrane lità si traduca attenuata a Prato ed accompagnata d'argento dei bottoni, agli anelli che ingioiellano da un realismo deteriore a Salamanca. 5) le mani esangui e delicate dei personaggi. Nessun

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dubbio per me che questo amabile descrittivismo pittorico dovuto ad un significante accordo fra luce e colore dipenda assai più da Do­ menico Veneziano che da Paolo Uccello; e basta pensare ai modi, invero tanto più sottilmente raffi­ nati, con cui volti e vesti sono condotti nella grande pala di Do­ menico agli Uffizi. Anche il tem­ pio ottagono, lievemente defor­ mato, ma di un sottile cromatismo nelle sue pareti verdognole e nelle sagome e nella copertura rosa rien­ tra negli esperimenti prospettici che penso rimontare a lui e che saranno sviluppati nella corrente pittorica dell' Italia centrale. Le sfere d'oro che coronano i contraf­ forti dell' edificio non possono però rappresentare una caratteristica personale del Veneziano, come vuole lo Schmarsow, perchè or­ nano il trono della Madonna dei

Carnesecchi a Londra, ma ricor­ FIG. II - SALAMANCA, CATTEDRALE VECCHIA - DELLO DELLI: dare solo una tendenza comune IL PROFETA SAMUELE (PARTICOLARE DI UN "RETABLO Il) (Fot. Arxiv Mas) anche a Paolo di Dono, il quale - sia detto per incidenza - credo abbia contri­ con bianchi pilastri e cancelli gialli a quadrilobi buito decisamente a formare l'artista di Venezia. contro l'azzurro del cielo, memori di quelli che La Natività della Vergine (fig. 14), contrapposta coronano la facciata del Duomo pratese ; la scala alla Disputa, è trasformata in una scena di genere si svolge in prospettiva e reca una sfera sul pila­ cara al mondo gotico e a Masaccio "ornato ". strino che la inizia; la parete è vaiata, il soffitto La puerpera nel fondo della sua camera è seduta si nobilita di ornati geometrici triangolari gialli sul letto in atto di lavarsi; le ancelle portano ed azzurri e il letto ha gradini di legno gialla­ oggetti ed una discende dalla scala esterna verso stro. La giovanetta di profilo in primo piano con i primi piani, dove altre sono intorno alla neonata la sua veste rosa chiarissima a leggere scanalature e tre slanciate e aggraziate visitatrici sopraggiun­ può ricordarci le figure precedenti. L'ostetrica gono, precedute da una giovanetta che reca un seduta che, con atteggiamento diffuso nel medio­ vassoio coperto da una leggera salvietta dalla evo, si accerta del calore dell'acqua nel catino, è quale trasparisce peraltro la forma delle uova sorella, per il suo fermo profilo e per l'ossatura che il vassoio contiene. La scena religiosa è un del suo busto, alle Virtù della volta (fig. 2), men­ pretesto per porre nello spazio elementi figura­ tre tanta possanza va ad annullarsi nella compli­ tivi di varia proporzione. E non questo soltanto. cata grafia linearistica della gonna. Il goticismo Perchè, sebbene la Natività abbia una posizione è più evidente nella ostetrica con la bimba che identica a quella della Disputa, la prima è più altri avvicina al gusto senese, tipo Domenico di profonda e più varia e si attarda in una serie Bartolo, ma che mi sembra realizzata con mag­ di particolarismi ambientali. La camera è sor­ giore efficacia e che sia come nobilitata da una montata da una trabeaz;ione e da una terrazza grazia che deriva dall'Angelico. Nella puerpera

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FIG. 12 - PRATO, DUOMO - S. STEFANO E UN SUO OPPOSITORE (PARTICOLARE DELLA DISPUTA) (Fot . Alinari)

trovo un deciso ricordo lippesco (fig. 15) come dando probabilmente la Natività dipinta dal nel S. Stefano della Disputa; ma delle dia­ Veneziano, convinto come sono che si ispi­ fane dame, certo ritratti, la prima, pettoruta rasse a quel!' esempio insigne. E, prima di tutto, ricorda le principesse di Paolo Uccello come nell' ideare la composizione che è in rapporto ha osservato il Longhi, sebbene meno propor­ iconografico con l'Italia superiore, quindi nelle zionata e quindi meno elegante; la seconda tendenze figurative in cui il formalismo di P. U c­ e la terza, avvolte nel manto copioso, possono cello si fonde con elementi tratti dall' Angelico richiamare ancora · l'Angelico, con in più una e dal Lippi, cosa naturale se pensiamo che sensibilità, che le note cromatiche accentuano, Domenico considerava questi due maestri fra i e una fragilità care al gotico settentrionale. migliori fiorentini contemporanei nella sua lettera Per sostenere l'ascrizione a Domenico Vene­ da a Piero de' Medici del 1438. Del resto ziano lo Schmarsow ricorda la Natività della il colorismo già notato viene a combinarsi vaga­ Vergine in San!' Egidio descritta dal Vasari mente anche qui con la luce in una distillazione nella seconda edizione delle Vite, dove si ve­ di quello dell' Angelico più che di quello di deva Uuna camera molto ornata ed il Putto Masolino che è in tanto maggior contatto coi . che batte col martello l'uscio di detta camera con gotici. Non oserei vedervi con lo Schmarsow il molta buona grazia".7) Il pittore di Prato non lieto lume del sole, cioè una concreta luce so ­ tradusse questo particolare episodico che è com­ lare, ma una più viva attenzione nel rappresen­ prensibile piacesse al Vasari; ma si adoperò a tare le cose in rapporto con la mobilità della luce, trasformare la storia in scena di genere ricor- nei lievi contrasti che essa compie nelle vesti

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FIG. 13 - PRATO, DUOMO -- I CONTRADITTORI (PARTICOLARE DELLA DISPUTA) e nei volti e nei giuochi che crea sugli oggetti. Si di Cambridge. Ma l'ovale vedano ad esempio le bottiglie di vetro che su perfetto della testatavvicinato dallo Schmar­ di un vassoio l'ancella reca a S. Anna o la sow a Paolo Uccellot ed i tratti fisonomici par­ brocca lucente laddove questa si lava (fig. 15) tono da un modulo che è caro a Piero della che ripetono gli stessi effetti dell' armatura Francescat il che rende ancora più legittima la della Fortezza e dei grossi grani di rosario del possibile derivaZiione del nostro dipinto dalla S. Girolamo (fig. 5). Inoltre proprio al gusto di Natività di Santo Egidiot in quanto sappiamo da Domenico dobbiamo riportare quel ricco copri­ una carta del 7 settembre 1439 che il Borghigiano capo rosso a ricami bianchi della ostetrica di lavorava a quegli affreschi in compagnia del suo profilo t quando ricordiamo la somma cura con cui maestro. il Veneziano adorna il piviale di S. Zanobi nella ' La scena sottostante della Presentazione al pala degli Uffizi. Si osservi da ultimo l'ancella Tempio (fig. 16) ha richiamato allo Schmarsow che scende le scale arretrando la persona con il passo vasariano relativo alla stessa storia in posa studiata sul vero (fig. 17). Il rosso vibrato Sant' Egidio dipinta da Andrea del Castagno, della sua veste si riflette nella testa rossastra per giungere a supporre una erronea inver­ cinta da un lieve panno verdognolo svolazzante sione di ascrizione da parte del Biografo e cre­ con minute pieghe che ritroveremo nella madre derla di Domenico. Penso invece che il Vasari del risuscitato nel Miracolo di S. Zanobi nel volesse porre in bella evidenZia l'interesse di

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FIG. 14 - PRATO, DUOMO - LA NATIVITÀ DELLA VERGINE (Fot. Alinari)

Andrea a problemi luministici sull'esempio del quello di Andrea del Castagno in Sant' Egidio Veneziano (tanto più notevole se pensiamo a ma di assai più difficile andamento circolare che certi angeli nella Crocefissione di Sant'Apollo­ è ripetuto nei gradini, per riflesso delle teorie nia) chè l'affresco poteva solo aver generico della Rinascenza presto allignate in Piero e nei rapporto col nostro. L'artefice di Prato ci pre­ suoi seguaci, come ci mostra la famosa Prospet­ senta una composizione in diagonale cara ai tiva della Galleria di Urbino. La balaustra della fiorentini ma si fa eco delle tendenze del gruppo marmorea gradinata, pure adorna di sfere, ci offre Paolo-Domenico-Piero. A cominciare dal fondo la struttura di quelle proprie del Veneto ma sem~ dove biancheggia filiforme una città, con quei plificata fino ad un punto che potremmo dire monti a ne ~vature che prendono talora aspetto Hnovecentesco ti. E il grigio selciato irregolare, piramidale di origine uccellesca, sino alla ricercata della piazza su cui sorge il tempio, con le sue com­ semplicità quasi elementare delle forme architet­ messure è quello stesso che apparirà nella via cit­ toniche. Un edificio a bugnati rossoviola di ori­ tadina del Miracolo di S. Zanobi. Si direbbe però gine brunelleschiano-masaccesca, con la semplice che, come nella Natività, l'artista si fosse preoc­ porta verde dell'affisso chiodato e la sua grossa cupato di dar maggiore evidenza all'accessorio cornice verde essa pure, e i travi sporgenti, ha che all' essenziale. Confinato il tempio verso il una massa grave contrastante col tempio di chia­ fondo, risaltano nei primi piani i tre personaggi rezza marmorea ravvivata da un fregio tricolore. che, come le tre dame sovrastanti, si introdu­ Il quale tempio non è di foggia poligonale come cono nella scena quali richiami palpitanti alla

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FIG. 15 - PRATO, DUOMO - S. ANNA E UN'ANCELLA (PARTICOLARE DELLA NATIVITÀ) (Fot. Alinari) ritrattistica del . Il giovinetto chiesa di Sant' Egidio e l'accenno basta per genuflesso pallido e melanconico, più che dalle determinare la fonte del nostro anonimo pittore. ricche maniche rosse bordate d'ermellino di Passando a considerare i personaggi a sini­ bella consistenza, risulta costruito dal verde stra, il S. Giovacchino paternamente ansioso e mantello con le pieghe regolarmente disposte a devoto, vigorosamente modellato (fig. 18), fu piramide e ravvivate da luci sulfuree. Nei due avvicinato dallo Schmarsow al santo frate nel in piedi gli squadri volumetrici accennano ancora Tabernacolo dei Carnesecchi col quale ha indi­ a Paolo; ed insistente vi è una certa ricerca psi­ scutibili affinità, ma si può meglio collegare cologica (fig. 19). Il primo, biondo, in posa, os­ all' ossuto S. Giuseppe del tondo berlinese con serva la minuscola Vergine che sale le scale del l'Adorazione dei Magi, pure di Domenico. La tempio; l'altro con l'ampio copricapo rosso vol­ S. Anna che, immobile sotto la cappa del manto ge lo sguardo fuori della scena verso la graziosa verde, guarda dolcemente arieggia, nell'ovale del giovane, il cui profilo apparisce nel prossimo volto (fig. 20), Piero della Francesca. Infine su tondo della cornice. Questa volontà d'inserire questo maestro è esemplata la statica ancella nella concretezza della vita le sacre leggende che socchiude gli occhi nel fissare la Vergine. con l'introdurvi ritratti deriva da Masaccio; ma, I sacerdoti e i cittadini sulla soglia del tem­ per testimonianza del Vasari,8) anche Domenico pio per ricevere Maria (figura questa piut­

Veneziano aveva affrescato un Il buon numero tosto meschina nelle sue proporzioni e nell' in­ di ritratti di naturale ff nello Sposalizio della felice profilo) creano un gruppo compatto di

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FIG. 16 - PRATO, DUOMO - LA PRESENTAZIONE AL TEMPIO (Fot. Alinari)

regolari volumi che riecheggia l'andamento cir­ L'esame dei nostri affreschi non sarebbe com­ colare dell' edificio, nella ricerca di un ritmo che pleto se non ci volgessimo ad esaminare le teste Piero avrà caro. E nelle bambine (fig. 21) il nei perfettissimi tondi che pausano le fasce rigore geometrico assume quella armonia di di divisione delle varie storie, dove i fregi di rapporti che rivela all' evidenza un influsso del fogliami si accartocciano seccamente, inserendosi grande maestro. Non solo ma anche il colore nella norma di Paolo Uccello. Tali testine oc­ così apertamente costruttore della forma (si chieggiano in pose varie nelle quali però domi­ veda il cuneo candido della barba del gran sa­ nano arcaicamente il profilo e il prospetto che cerdote (fig. 23) che taglia con la purezza del ne mostrano gli aspetti più tipici. Ai lati della suo tono il manto rosa) ci permette di scorgere Presentazione al Tempio ad un ritrattino di tre un influsso del pittore di San Sepolcro quale quarti di giovane gracile dal volto affilato, che questi doveva apparire, già rivelando sè stesso, potremmo definire prebaldovinettiano, corri­ come collaboratore di Domenico in Sant' Egi­ sponde un profilo pieno di carattere. È la pallida dio. L'autore dei nostri dipinti giunge così fanciulla, che già ricordai, ammantata di bianco ad un curioso compromesso coloristico-formale, contro il fondo bruno, col nasetto all' insù dalle per l'azione di Piero, che in altro ambiente, mobili pinne e con una boccuccia sensuale, che nella scuola ferrarese ad esempio, darà luogo si fissa senza linea di contorno nelle astratte a resultati affini, senza possibilità peraltro di geometrizzazioni di Paolo per via di colore giu­ equivoci. 9) stapposto a colore. Sulla fascia sovrastante un

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FIG. 17 - PRATO, DUOMO - UN'ANCELLA (PARTICOLARE DELLA NATIVITÀ) (Fot. Alinari) ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

giovanetto di prospetto dai biondi capelli lievi, Lapidazione di S. Stefano, un giovine delicato con bianche lumeggiature risuscita un tipo idea­ (fig. 26) che lo Schmarsow avvicina a quello lizzato di fragile grazia goticizzante. Ma una tra i catafratti guerrieri della Battaglia uccel­ figura femminile altrettanto fine, sotto la Disputa, lesca di Londra, è più vicino alle teste che prende un'au­ abbiamo consi­ sterità nel suo derate ma appare sguardo ed un condotto con modulo che l'av­ pennello piut­ vicina a110 spirito tosto affrettato. di Piero; e addi­ Perchè lo stesso rittura copiata da Andrea di Giu­ lui appare l'altra, sto profittò della che sembra una vicinanza del no­ severa vestale stro e, facile (fig. 24), dipinta com' era a subire sotto la Presen­ gli influssi altrui, tazione. Essa ha cercò di imitarlo per vicini due in un taberna­ saldi tipi di cam­ colo della rac­ pagnoli diffiden­ colta Gualino, ti: U11 uomo at­ che è quanto di tempato (fig. 25) meglio sia uscito col rosso copri­ dal suo pen ­ IO capo a mazzoc­ nello. ) Per con­ chio ed un gio- cludere, fra i se­ vane con un condari influssi cappe110ne rosa del Lippi e del­ a duplice larga l'Angelico, pre­ tesa e foderato dominano negli di vaio, i quali, affreschi di Prato nella loro postu­ gli echi di Paolo ra di prospetto, Uccello, di Do­ nel loro squadro menico Venezia­ e nel collettone no e, 111 mIsura FIG. 18 - PRATO, DUOMO - s. GIOVACCHINO (rosa nel primo, (PARTICOLARE DELLA PRESENTAZIONE) (Fot. Alinari) minore, di Piero verde nel secon­ della Francesca. do), aspirante a rigore geometrico, ricordano Dopo la pubblicazione dei particolari degli Paolo, mentre nel modellato di pittorica abilità affreschi è necessario passare in rassegna tutte le ci riportano ancora a Domenico. Così non senza possibili ascrizioni di essi. Taluno vi ha voluto

ragione fu detto dal Longhi che certe Il teste vedere quasi esclusivamente l'azione di Paolo di carattere" preludono quelle che circondano che apparisce infatti fondamentale nella educa­ la Natività del Baldovinetti nel cortile del­ zione dell'artefice: soverchiante nella Disputa; l'Annunziata (1460-62). associata, coordinata ad altre risonanze nelle due Basta un raffronto con le scipite testine nella storie posteriori. parte di Andrea di Giusto per intendere la Ad onta di ciò non credo che si possano differenza sostanziale fra questo ritardatario supporre i dipinti, sia pure per un momento, infelice e il maestro che abbiamo considerato. opera del maestro: sebbene il suo divenire Soltanto un rosato profilo a sinistra della non sia ancora troppo chiaro, un raffronto

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FIG. 19 - PRATO, DUOMO - DUE RITRATTI (PARTICOLARE DELLA PRESENTAZIONE)

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FIG. 20 - PRATO, DUOMO - SANT'ANNA E UN'ANCELLA (PARTICOLARE DELLA PRESENTAZIONE)

con le opere certe escludono senz'altro che si teZ2fa tracciato la Sinagoga della Disputa e con un tratti di lui. L'autore, è, con ogni probabilità, così inesatto sen'>o delle distanze le figurine dei un suo discepolo o collaboratore. due putti in primo piano e quella della Madonna Su di un'altra di per sè seducentissima ipotesi nella Presentazione. Se gli affreschi di Prato fos­ dobbiamo insistere di più: che negli affreschi si sero del Veneziano quelli coevi di Sant'Egidio non affermi Domenico Veneziano fra il I439 e il 40 avrebbero potuto assurgere all'alto insegnamento in un primo periodo, ancor memore di Paolo; preparatore di Piero della Francesca. Ragioni e che, in alcune figure, si possa ravvisare lo di qualità vietano dunque l'allettante battesimo. stesso Piero della Francesca, che lavorava in que­ E, del resto, credo che la datazione loro debba gli anni al suo fianco. Ma le varietà formali notate essere spostata verso il 1445-46 (in pieno ac­ non conducono a varietà di mano poichè la tecnica cordo con quanto scrisse lo Schmarsow) il che è identica nel leggero ed armonico dipingere a rende assolutamente impossibile sia l'ascrizione a piccoli tratti e solo un sottilizzare eccessivo po­ Domenico sia la collaborazione fra lui e Piero. Il) trebbe condurre a distinzioni pericolose, come ho Vogliamo ancora insistere su Giovanni di accennato a proposito degli affreschi della volta. Francesco? Nelle sue opere certe, che vanno dal In secondo luogo, Domenico che nelle opere paliotto di Petriolo (I453) ai Crocefissi di S. Ma­ certe, a cominciare dal Tabernacolo dei Carne­ ria Maggiore a Firenze e di BroZ2fi, dalle predelle secchi, si rivela così esperto disegnatore, oltre che di Casa Buonarroti e di Montpellier al trittico amabile colorista, non avrebbe con tanta incer- Carrand e all'affresco degl' Innocenti, troviamo

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FIG. 21 - PRATO, DUOMO - LE FANCIULLE DEL TEMPIO FIG. 22 - TALAMELLO, ORATORIO DELLA CELLA (PARTICOLARE DELLA PRESENTAZIONE) ANTONIO DA FERRARA : SANTA CATERINA una fermezza anzi una secchezza disegnativa ed Brozzi. Non mancano in questo maestro le affi­ una energia lineare di contorno che allude a tut­ nità col nostro e sono particolarmente visibili nella t'altra origine, cioè al formalismo lippesco- casta­ Madonna e Santi della raccolta Johnson di Fila­ gnesco. Se costui è Giovanni del Cervelliera sap­ delfia, ma la sostanza dei due artisti è diversa. piamo che si allogò col Lippi il quale si obbligava Formalista, sotto il preciso assillo del disegno e di passargli, alla fine del 1450, 40 fiorini d'oro, con una sua tipica grafia, è Giovanni di Fran­ patto non mantenuto che diede luogo ad una lite cesco, mentre il frescante di Prato è soprattutto famosa in cui il Carmelitano fece una pessima colorista di grande sensibilità che resta nel mondo 12 figura. ) Ora io sono tentato di credere fatica gio­ poetico della fiaba, sebbene cerchi di realizzare vanile di una Madonnina adeguandosi ai modi di Paolo Uccello. Basti il nella Collegiata di Fucecchio (fig. 27) rappresen­ richiamo allo squisito profilo di donna in un tata contro marmi policromi e di forme prossime tondo che dissi già condotto solo per via di colore. al Lippi, nelle quali riscontro quel suo segno Passando ad altra ipotesi, non credo che si secco, duro e preciso ad esempio nei panneggi potrebbero ascrivere gli affreschi di Prato al Bal­ del drappo che scende sulla spalla sinistra della dovi netti giovane se pensiamo alle tre giovanili Vergine; le sue minuzie disegnative che rivedremo composizioni di lui nell'armadio dell'Angelico nel trittico Carrand e certe mani noccherute che per l'Annunziata, ora nel Museo di S. Marco, le riappariranno nel S. Giovanni del Crocefisso di quali ce ne mostrano le preferenze disegnative.

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FIG. 23 - PRATO, DUOMO - IL SACERDOTE E GLI ASSISTENTI (PARTICOLARE DELLA PRESENTAZIONE)

Per puro scrupolo non voglio sfuggire da ul­ il suo collo impuntandosi è assolutamente fuori timo ad un' altra possibile attribuzione: al così luo~o e deriva certo da uno dei focosi destrieri detto Maestro della Natività di Castello, dove, fra impennati che Paolo usò per qualche S. Giorgio tante risonanze, ritroviamo impostazioni monu­ combattente), c'è nella predella un senso ele­ mentali alla Piero della Francesca, ed anche sen­ vatissimo del colore con accostamenti audaci sibilità cromatica. Ma l'opera di quell'anonimo come negli affreschi di Prato, colore costruttore mi sembra soprattutto riflettere echi lippeschi e della forma ma in una maniera così poco solida penso che nemmeno questo battesimo potrebbe che le figure restano sempre i personaggi alquanto essere sostenuto con convinzione. fanciulleschi di un mondo fatato. Nei particolari Abbandonate così tutte le ipotesi verosimili, le rispondenze sono significative: il S. Giuseppe una piccola e fine personalità ci viene incontro della Adorazione di Quarata, affine a Domenico a reclamare per la sua mano i nostri dipinti, Veneziano più che a Paolo, segue il tipo del cioè l'autore della predella di San Bartolomeo S. Giovacchino degli affreschi; i re magi pren­ a Quarata presso Firenze (figure 28-30) ritenuta dono quell'aspetto un po' caricaturale che si di Paolo Uccello,13) nome però subito scartato scorge anche nei contradittori di S. Stefano da altri. 14) Perchè, accanto agli evidenti ricordi e il dottore al loro seguito somiglia ai per­ formali e prospettici di quell'artista, talora an­ sonaggi di quella scena. D'altronde i raffronti, che in non felici interpretazioni (nella Adora­ ad un esame attento, si moltiplicano. La barba zione dei Magi ad esempio il cavallo che inarca puntuta del re genuflesso (che ci ricorda quello di

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Masolino nella Collegiata di Castiglione Olona), è inferiore nella ricerca minuziosa e faticosa del una massa bianca contrastante come quella stessa particolare e in certi dettagli grossolanucci e, del gran sacerdote nella Presentazione di Prato nel persistente influsso di Paolo, privo di quello (fig. 23);la barba del S. Giovanni inPatmos (fig. 29) spirito sottile che troviamo nel nostro al quale l'abbiamo già veduta nel S. Paolo (fig. 6) ed in uno il piccolo dipinto è peraltro più vicino che non a dei disputanti con S. Stefano (fig. 9); le mani lun­ Giovanni di Francesco di cui altri l' ha ritenuto. I5) ghe, aristocratiche, senza ossea consistenza del­ Ma il grazioso artefice vive nella storia della l'Evangelista e degli altri due Santi genuflessi pittura fiorentina per la predella di Quarata e (fig. 30 ) erano apparse in varie figure, specie nel per gli affreschi di Prato, dove una squisita sen­ S. Francesco (fig. 7) ' Ad abundantiam osserviamo sibilità da gotico si unisce agli influssi dei grandi anche il paesaggio. Quei nudi monti a nerva­ maestri del Rinascimento e crea un insieme di ture che appariscono nel fondo della Presenta­ charme e di distinzione. Chiudo la parentesi, zione occupano largo spazio nella Adorazione ormai anche troppo lunga, su di lui per non dei Magi della predella in una particolaristica perder di vista quello che è il già dichiarato interpretazione di certe geologiche rievocazioni scopo di questo studio. coniformi o piramidali care a Paolo Uccello Gli affreschi di Prato riecheggiano, si è visto, e a Domenico. Quel bosco folto e frondoso il Lippi e l'Angelico (i due pittori che Domenico alla destra della stessa Presentazione, con foglierelle segnate di chiaro e diramantisi a V si scorge nella scena centrale della predellina e nello scomparto coi due Santi genu­ flessi. E quei virgulti leggeri cre­ scono ugualmente nella Natività di Prato e nella Adorazione di Quarata. Non sono più queste le semplici somiglianze con l'opera di Paolo che volevano giustificare l'attribu­ zione della predella al grande pro­ spettico ma vere e proprie identità di tecnica e di fattura rivelanti la stessa mano. Forse anteriore è la predella nella quale gl'influssi uccel­ leschi sono sover chianti e con essi le spiegabilissime pre2iiosità croma­ tiche le quali mostrano un artefice uso alla miniatura od a pennelleg­ giare piccole cose come cassoni o forzieri, che si trovò squilibrato di fronte ad una decorazione murale. E se è così ed egli si orientò nell'am­ bito di Domenico e di Piero mentre eseguiva gli affreschi nostri, lo smaltato quadretto della Galleria di Carlsruhe con la Natività, S. Giro­ lamo, la Maddalena e S. Eustachio affine ad essi e alla predella lo mo­ strerebbe, qualora fosse suo, molto FIG. 24 - PRATO, DUOMO - TESTA NEL FREGIO (Fot. Alinari)

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tere rinascimen tale. Molto più importan­ ti sono le dedu~ioni che possiamo trarre dallo studio dei dipinti pratesi nei riguardi di Domenico Vene~iano. Il quale, avendo ini­ ziato la decora~ione pittorica della cappella di Sant' Egidio, è ve­ rosimile che ne affre­ scasse innan~i tutto la volta di cui non si sa nulla. Ed io mi chie­ do se le Virtù della cappella di Prato non siano state ispirate da una precedente com­ posizione del maestro, appunto eseguita nella FIG. 25 - PRATO, DUOMO - TESTA NEL FREGIO volta della cappella ricordava nella sua lettera da Perugia del 1438) della ricordata chiesa fiorentina. ma sporadicamente; e d'altronde non è davvero La scena della Disputa suggerisce un'altra osser­ necessario studiare tali artisti che conosciamo vazione. È noto come in Umbria si sia sviluppato, così bene, attraverso il poco che di costoro può specie nel Perugino, quel senso largo dello spa~io avere assimilato il pittore del nostro ciclo. Gli che continua in Raffaello. Esso appare soprat­ affreschi ci interessano soprattutto per gli altri tutto legato allo schema della composi~ione cen­ tre maestri i cui nomi ho posto nel titolo di que­ trale che, dalla Consegna delle Chiavi nella Sistina sto studio. allo Sposalizio di Brera, ama rispondenze rit­ Se la storia di S. Stefano precede le due della miche di masse nei primi piani, coordinate ad Madonna e fu condotta intorno al 1445-46 con un edificio mediano posto nell'asse della compo­ un ricordo così chiaro delle grandiose, volume­ sizione stessa. Prima del Perugino certe archi­ triche forme di Paolo Uccello essa ci assicura che tetture dipinte (di Urbino, di Berlino e di Bal­ in quegli anni Paolo dovette lavorare al Diluvio timora), che rimontano allo stile di Piero sono e allo Scherno di Cam nel Chiostro verde. preziosi precedenti per la conquista spaziale Inoltre i santi nell' intradosso dell'arco della basata su conoscenze scientifiche che un gusto cappella servono, almeno nel loro impianto, a poetico supera genialmente. Ma questa ten­ rievocare certe immagini create dal maestro e denza ha i suoi tentativi anteriori e credo che che sono andate perdute : ricordo gli affreschi a Domenico Vene~iano spetti una parte cospi­ dell' Ospedale di San Matteo e quelli di Anna­ cua nell' averli divulgati. A Prato la Disputa lena, men~ionati dal Vasari.'6l L'artefice di Prato di S. Stefano - mentre per le figure riecheg­ conferma quanto conoscevamo sul conto di gia soprattutto Paolo Uccello - mi sembra che Paolo: e cioè lo sforzo di conciliare eleganze con quel suo tempio centrale debba rimontare lineari e semplicità volumetriche, in una ori­ ad una idea espressa dal nostro già prima, forse ginalissima sintesi fra gotico e rinascenza la nello Sposalizio della Vergine in Sant' Egidio, quale, è ovvio, per le nuove interpreta~ioni che sarebbe così un prossimo antenato di quelli della prospettiva e del colore, assume carat- di Caen e di Brera.

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Ma lasciamo le ipotesi e veniamo a riscontri per l'altare maggiore di San Francesco a Borgo concreti. Come abbiamo già detto, gli affreschi San Sepolcro, compiuta nel 1444. E conosciamo mostrano una sensibilità oltre che al colore alla come il senese impiantasse talora staticamente le luce con un gusto pittorico descrittivo attraverso sue figure e si avvicinasse a fiorentine soluzioni una interpretazione rinnovatrice del naturalismo volumetriche in ideali ricerche di spazio, rile­ fiammingo, come nella stessa Madonna dei Car­ vabili nella pala'di Chiusdino, nel trittico di Cor­ nesecchi. Si può ritenere Domenico il veicolo più tona, nella stessa immagine del Santo d'Assisi diretto fra quella corrente e l'arte fiorentina, pro­ destinata ai Borghigiani, e ora presso il Sig. Be­ cedendo verso la quale giunge ad un sentimento renson, la quale afferma una sua stati ca di qua­ nuovo dellà forma pei contatti con Paolo Uccello, dratura uccellesca, attenuata bensì quale poteva e, laddove apparisce varietà di piani nei volti, con renderla un senese. Un soggiorno di Piero a Donatello ricercatore di modellato atmosferico. In Siena presso il Sassetta prima che a Firenze altri termini, gli affreschi di Prato riflettono nei rientra nell'ordine naturale delle cose. Ma prima loro valori luministici e in parte nella morfologia ancora l'artista deve essersi volto all'intorno nella lo stile di Domenico Veneziano quale doveva ma­ vallata nativa: San Sepolcro era orientata verso nifestarsi nei dipinti di Sant'Egidio a Firenze, cioè 1'Umbria, come il Tevere che scorre non in un primo periodo di cui fa parte anche il tabernacolo dei Carnesec­ chi; mentre il tondo di Berlino e la pala degli Uffizi stanno a rappresen­ tare una più tarda operosità in cui l'artista appare come ingagliardito dalla azione di Andrea del Castagno. Gli affreschi di Prato anche sono istruttivi per lumeggiare indiretta­ mente gli inizi di Piero della Fran­ cesca. Se il Veneziano è primo vei­ colo di tendenze fiamminghe nel­ l'Italia centrale si comprende come sia stato utile il tirocinio presso di lui del pittore di Borgo San Sepol­ cro. Ma il riflesso di forme pier­ francescane nei nostri dipinti prova quale modulo il Borghigiano potesse seguire negli affreschi di Sant' Egi­ dio cui interviene come collabora­ tore. Le figure già segnalate che derivano da Piero, sono di una au­ sterità dignitosa, hanno fronti alte e piuttosto allungate, rievocano cioè certa aristocratica morfologia del gotico fiorito, quale si scorge ad esempio in Masolino e nel Sassetta. Non è possibile che Piero avesse veduto i nobili affreschi di Casti­ glione Olona dipinti intorno al 1435, ma sappiamo che due anni dopo era allogata proprio al Sassetta la pala FIG. 26 - PRATO, DUOMO - TESTA NEL FREGIO

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lungi dalle sue mura. Non scomoderemo per in ispecie 20). lo mi domando quindi se in tanta questo col vecchio Rosini i pittori trecenteschi oscurità di notizie e di opere intorno alle ori­ di Perugia nè col Dennistoun Gentile da Fab­ gini pierfrancescane non si debba immaginare briano od Ottaviano Nelli. Sorvoleremo pure l'artista adolescente, incerto fra Antonio da Fer- sul fatto che nel­ rara e il Sassetta, l'alta valle del recarsi a Perugia Tevere, a Città dove l'incontro di Castello, si era con Domenico soffermato nel Veneziano de­ 1416 Arcangelo termina la sua di Cola da Ca­ venuta nell'am­ merino, il quale, biente che me­ nelle opere certe glio può avviarlo che io conosco, è agli studi della colorista placido prospettiva che e roseo tipo Ma­ stanno alla base soIino, prelu­ della sua arte. dente la limpida Perchè soltanto luminosità della a Firenze le sue rinascenza e immagini solen­ quindi Dome­ ni foggiate sugli nico e Piero. Ma esempi di Anto­ credo sia da ri­ nio da Ferrara cordare che An­ e del Sassetta tonio da Ferrara, avrebbero potu­ rappresen tan te to ottenere la elevato del gotico loro piena esi­ romagnolo, si ag­ stenza e concre­ gIra per un ven­ tarsi in armonie tennio nelle terre di ritmi volume­ di Piero: dal 1420 trici. E questo, al '23 è a Mon­ relati vamen te tone; nel 143 I a tardo, soggiorno Città di Castello, fiorentino spie­ nel '37 a Tala­ gherebbe anche FIG. 27 - FUCECCHIO, COLLEGIATA - GIOVANNI DI FRANCESCO ('?) come la operosi­ mello, nel '39 ad MADONNA COL BAMBINO Urbino. In par­ tà nota di Piero, ticolare negli affreschi di Talamello, accanto a sia tutt'altro che precoce. Gli affreschi di Prato storie di Cristo in cui il pittore favoleggia alla nelle parti che ricordano il grande maestro mi gotica, dipinge grandiose e gravi figure di santi, sembra che chiariscano questo punto ed anche nelle quali egli supera l'ormai invecchiata arte che rivelino bene ciò che Piero deve per le del Nelli e trova una dignità morale ed una conquiste cromatico-Iuministiche a Domenico solennità di stile che colpisce e precorre Piero. Veneziano. 17) Si veda la S. Caterina (fig. 22) che accenna, fra La nostra disamina mi ricorda quel metodo col l'altro, un modulo nelle proporzioni del volto quale gli archeologi si ingegnano di ricostruire piuttosto allungate, tale da prestarsi ad un istrut­ attraverso le copie certe maggiori personalità della tivo confronto con certe teste degli affreschi di scultura del mondo antico, metodo giunto talora Prato che già abbiamo notate (figure 23, 24 ed ad eccessi che sono stati oggetto di critiche

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FIG. 28 - FIRENZE, SAN BARTOLOMEO A QUARATA - ADORAZIONE DEI MAGI

FIG. 29 - FIRENZE (DINTORNI), SAN BARTOLOMEO A QUARATA - SAN GIOVANNI EVANGELISTA

fIG. 30 - FIRENZE (DINTORNI), SAN BARTOLOMEO A QUARATA - SAN GIACOMO E UN ALTRO SANTO

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legittime. Un artista anche secondario, anche che esso rechi preziosi servigi anche allo storico quando copia, compie difatti opera, sia pure dell'arte, nel tentativo di colmare in parte deplo­ inconsapevole, di modesta creazione; pone cioè revoli lacune, come nei casi di cui ci siamo inte­ qualcosa di proprio nell'interpretare la fatica ressati. Perchè gli affreschi di Prato, senza esser altrui e la sua non può certo servire per un giu­ copie, traggono ispirazione da tre grandi maestri. dizio completo dell'altra. Quando però il metodo Ed io mi lusingo che non sia stato del tutto inutile si usi con discrezione e non si costringano le averli considerati nei riflessi che di quei grandi opere a dire più di quello che possano dire, credo essi ci conservano. 18)

I) Gli affreschi furono soltanto descritti dal BAL­ La parete di fondo fu decorata di nuovo nella seconda DANZI, Della chiesa cattedrale di Prato, Prato 1846, pa­ metà del secolo scorso, cioè nel 1872, dopo la remo­ gine 51-52, senza affacciare un nome. Nell'opera di zione di un ingombrante altare del 1667 e la conse­ CAVALCASELLE e CROWE, Storia della Pittura in Italia, guente scoperta della immagine di Iacopone da Todi vol. II, pago 236 e seguenti, è l'eco di una tradizionale che faceva parte del nostro gruppo di affreschi, allora ascrizione all'ancora oscuro Antonio Viti. Ma con acu­ staccata e collocata nella sala del Capitolo. Nella parete tezza sono distinte immediatamente le tre storie infe­ suddetta, sopra le figure dei due apostoli maggiori, si riori dovute ad Il un rozzo artista della prima metà del scorgono ora due stemmi (uno a losanghe d'argento su sec. XV il cui stile difettoso, benchè di carattere più campo rosso, disposte in fascia e alternate di quattro e moderno, ricorda quello delle opere attribuite al Viti" di tre; l'altro con un leone rampante su campo azzurro), dalle altre che si penserebbero Il senza presumere di co­ i quali ignoro se e quale riferimento possano avere con gliere nel vero '" con la volta, incominciate dallo Starnina la storia della cappella. Un terzo stemma con una e che sarebbero state condotte Il a compimento" da lui pianta sradicata di granturco ('?) colorita di verde su ove quell'artista Il fosse più a lungo vissuto". Ma a pre­ azzurro, accostata dl due colombe ad oro affrontate e scindere dalla strana, sebbene ipotetica, attribuzione posate su di una fascia d'argento attraversante, è dipinto dovuta al fatto per gli AA. incomprensibile che gli affre­ sopra il finestrone, ripetendo quello scolpito da un lapi­ schi stilisticamente più rinascimentali si trovano nella cida gotico sopra l'arco frontale della cappella stessa. parte più elevata della cappella e sono stati eseguiti per Appartiene dunque ad una famiglia che fece costruire primi, ancora il fiuto dei conoscitori - o meglio del ovvero abbellire il sacello, che però non sono riuscito a conoscitore, riferendomi al grande italiano - riaffiora identificare. Comunque va escluso che lo stemma sia dei quando i brani pittorici più eletti suggeriscono richiami Bocchineri, famiglia pratese dalla quale si nomina tal­ a Paolo Uccello e a Piero della Francesca. Poi lo volta la cappella del!' Assunta. Infatti lo stemma Bocchi­ SCHMARSOW in Repertorium I. Kunstwissenschalt, XVI, neri, visibile in un tondo robbiano nell' Oratorio del continuando nella distinzione, giudica come di un Buon Consiglio, già di S. Ludovico, reca un gallo rosso tardo giottesco gli affreschi più scadenti e gli altri (che, di profilo su campo d'argento. fra il 1445 e il '46, sarebbero venuti a sostituire le 2) Ricordo con viva gratitudine il Gr. Uff. avv. An­ antiquate pitture eseguite in precedenza nella super­ giolo Badiani, Presidente dell' Opera del Duomo, e ficie da essi occupata e distrutte perchè danneggiate il prof. Adelfo Colzi, Architetto, che mi hanno favo­ dall'umidità), apparterrebbero a Domenico Veneziano. rito, oltre ogni dire, disponendo per le impalcature ne­ Un nome dunque è pronunziato con decisione per la cessarie alla esecuzione delle fotografie affidata alla ben parte migliore; e un nome sarà poco dopo trovato nota perizia della Casa Alinari di Firenze. dal SIREN in L'Arte, 1904, pago 343 per quella inferiore La Sovrintendenza all' Arte della Toscana ha poi nell'eclettico Andrea di Giusto cui la critica l'ascrive provveduto ad una spolveratura degli affreschi che è ormai unanime. Invece, ad onta dei rinnovati sforzi dello stata condotta dal restauratore Benini. SCHMARSOW in L'Arte, 1912, pago 81 e seguenti, non 3) Lo SCHMARSOW in L'Arte cito lo identifica a torto parve sostenibile l'altra ascrizione ed è venuta quella a con un S. Antonio. Giovanni di Francesco, del LONGHI in Pinacotheca, 4) Il dipinto è così noto che non sto a riprodurlo. Che 1928, pago 40. Prima, il solo VAN MARLE, Development si trovasse nella parete di fondo a destra dell'osserva­ 01 the italian Schools 01 Painting, vol. IX, pago 283 e tore, quando fu demolito l'altare secentesco) afferma la seguenti, aveva, anzichè chiarito, confuso il problema Guida di Prato, Prato 1880, pago 101.

attribuendo al mediocre Andrea di Giusto gli affreschi 5) Il Il retablo" di Salamanca fu ideato prima del più belli e alla scuola di lui gli altri. Dopo, il BERENSON, 1445, anno in cui Dello dipingeva la cappella absidale Italian Pictures 01 the , Oxford, 1932, pa­ della chiesa; ma fu certo finito, come rivela lo stile di gine 13 e 342 ha confermato le due distinzioni e rispet­ alcune composizioni e di alcune teste di profeti nella tivamente le due ascrizioni ad Andrea di Giusto e a predella, dopo il 27 giugno 1446, data in cui all'artista Giovanni di Francesco. furono deliberate dalla Signoria fiorentina le insegne ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte della libertà e del popolo. In quella occasione Dello Mentre lo SCHMARSOW, art. cit., accetta la data 1445- dovette recarsi a Firenze e vedere l'affresco di Paolo 46, il LONGHI, art. cit., colloca gli affreschi nel quinquen­ Uccello. Cfr. VASARI, Le Vite, ediz. Milanesi, voI. II, nio 1445- 50. pago 175 e, per la datazione del" retablo '" cfr. GOMEZ 12) Cfr. VASÀRI, Le Vite, ed. cit., voI. III, pago 490. MORENo e SANCHEZ CANTON in Archivo Espanol de 13) M . MARANGONI in Dedalo, 1932, pago 329 e se­ Arte y Arqueologia, IV (1928), pago I e seguenti. guenti. 6) Concordo pienamente col BERENSON, in Bollettino 14) G. GAMBA, in Bollettino d'Arte, 1933, pago 155. d'Arte luglio-agosto 1932, nel pensare l'educazione del 15) Il quadretto di Carlsruhe (pubblicato dalla Lippi diversa da quella che comunemente suppon­ Kunsthistorische Gesellschaft f. Fotograf. Pubblicationèn, gono i monografisti del maestro, i quali lo collegano nella a. VI [1900], tav. XXV- XXVII, come del maestro del sua attività giovanile all'Angelico. Credo cioè che egli trittico Carrand, cioè come di Giovanni di Francesco, muova da una capitale ispirazione masaccesca e che solo mentre prima era ascritto a Piero della Francesca), fu nel quinto decennio del Quattrocento subisca l'influsso classificato insieme con una Tebaide dell' Accademia di Fra Giovanni visibile nel tondo Cook a Richmond Fiorentina (che è di un altro tardo discepolo di Paolo che io ritengo però interamente del Lippi. Partendo Uccello) nella scuola di Paolo dal GAMBA in Rivista infatti dall'affresco nel chiostro del Carmine a Firenze d'Arte, 1909, pago 29. e da una tavoletta della Galleria della Collegiata ad 16) VASARI, op. e ed. cit., voI. II, pago 206. Empoli (che già gli assegnai nel mio Masaccio, Roma 17) S'intende che un povero pittorello dell'alta Valle [1932] pago 82), attraverso una preziosa tavola con la del Tevere, Antonio d'Anghiari, che troviamo umilmente Madonna, angeli e santi nella Raccolta Trivulzio a Mi­ operoso nella sua terra durante gli anni della giovinezza lano ed un piccolo dipinto, pure con la Vergine e Santi di Piero, non può avergli insegnato nulla anche se un nel Museo Condé di Chantilly, ritenuto variamente del giorno si scoprirà che il Borghigiano fece con lui i primis­ Lippi e del Pesellino, si passa facilmente alla Madonna simi passi. Cfr. R. LONGHI, Piero della Francesca, Roma di Tarquinia del 1437 ed alle altre cose note del maestro, [1927], pago II6. Nè Piero può essersi avvantaggiato con un logico sviluppo stilistico. dalla pittura di Ottaviano Nelli che con l'Anghiarese 7) Ed. Milanesi, voI. II, pago 677. aveva dipinto a San Sepolcro i gonfaloni del Comune nel S) lvi, pago 677. 1436. Cfr. EVELYN in L'Arte, 1913, pago 473. Una prova 9) Ha il suo significato questa osservazione perchè indiretta della conoscenza da parte di Piero degli af­ mi ricorda che il BERENSON, ltalian Pictures, pago 342 freschi di Antonio Alberti da Ferrara a Talamello ci attribuisce a Giovanni di Francesco, cioè al presunto verrebbe offerta da un particolare iconografico di quei autore dei nostri affreschi, i due pannelli della Gal­ dipinti dove nella Adorazione dei Magi S. Giuseppe è leria Barberini a Roma con la Natività e la Presenta­ rappresentato di profilo seduto sopra il basto, come zione della Vergine al tempio, già creduti di scuola urbi­ nella Natività del nostro, ora nella Galleria Nazionale nate, e per me ferraresi, affini al miniatore Guglielmo di Londra. Ma questa è opera tarda e non può dimo­ Giraldi. strare che Piero avesse studiato gli affreschi dell' AI­ I O) L. VENTURI, La collezione Gualino, Milano­ berti negli anni giovanili. Senonchè nella predella di Roma 1926, tav. XI sostituisce alla vecchia ascrizione Quarata e nella tavoletta di Carlsruhe il Santo si vale al Boccati quella di "scuola dell' Angelico" ma nel BE­ già di quell'umile seggio e potremmo affrettarci a con­ RENSON, op. cit., pago 13 trovo il tabernacolo, che ha cludere che proprio il Borghigiano avesse introdotto a forma di trittico, sotto il nome Andrea di Giusto. Firenze il curioso motivo, quando egli vi fu nel 1439. II) Già il BALDANZI, op. cit., pago 47, n. I, aveva La iconografia può riserbarci però sorprese impreviste riferito in parte un memoriale dei canonici del 1447 e mi astengo dal dare all'argomento valore di assoluta contro il preposto Niccolò Milanesi (in carica dal certezza. t 1425 al 1448) dove è detto che dalla cappella dell'As­ 18) Mentre si stampava questo articolo vedeva luce sunta questi aveva rimosso circa due anni prima le uno studio su Domenico Veneziano di G. PUDELKO in due finestre di vetro istoriate cioè le due chiusure Mitteilungen des Kunsthistorischen lnstituts in Florenz, della bifora recanti gli stemmi del can. Rainerio da voI. IV, gennaio 1934, pago 145 e seg., che ricordo nel cor­ Prato, che le aveva fatte eseguire oltre quarant'anni reggere le bozze. Ciò perchè vi trovo un accenno agli prima, del valore di più di quaranta fiorini. La remo­ affreschi di Prato in cui sono ribaditi i rapporti fra la zione non poteva avere che uno scopo, quello di lavori Natività e quella perduta di Domenico in Sant' Egidio; di pittura alla cappella. e perchè i nostri dipinti, tolti a Giovanni di Francesco, È anche possibile congetturare che gli affreschi fos­ sono ascritti insieme con la predella di Quarata all'autore sero interrotti in seguito alle dispute e che, allontanato del quadretto di Karlsruhe. Il quale peraltro avrebbe il Milanesi (così benemerito per il Duomo pratese), si eseguito (e in tale conclusione non posso convenire), incaricasse Andrea di Giusto di terminare la decora­ anche un gruppo di opere eterogenee di cui alcune zione pittorica. spettano a Paolo Uccello.

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