ANNO I N° 3 NOTIZIARIO ON-LINE NOVEMBRE 2012

Mensile edito a cura del Centro Studi Tradizioni Nautiche - Lega Navale Italiana Sezione di Napoli via Sedile di Porto, 33 - 80133 Napoli - telef. 081.420.63.64 - e-mail: [email protected] I NUMERI ARRETRATI DEL “NOTIZIARIO CSTN” SONO SCARICABILI DAI SITI: www.cstn.it e www.leganavale.it SOMMARIO - Editoriale ……………………………..pag. 1 - Lavori in corso …...……………..pag. 9 - Interventi ……………………………. pag. 1 - Curiosità ………….…..……… ….pag. 10 - - Uno strumento esclusivo …………. pag. 3 - Il mondo dei Pirati …………….. pag. 15 - Eventi ………………….…………… pag. 4 - Libri in vetrina ………..…………pag. 16 - Ritagli di storia ………. ….………… pag. 8 - Bandiera abbrunata …………….pag. 16

EDITORIALE

Colloquiando con Nunzia Berrino, docente Molto spesso lo si dà per scontato, ma la della Federico II, conoscitrice ed ricchezza dei libri e delle carte è un estimatrice del CSTN, abbiamo ascoltato patrimonio simile alla libertà e alla una riflessione profonda che ci sembra democrazia, e come queste va coltivato, opportuno riportare: una verità che può incrementato, è necessario diffonderne la essere d’insegnamento e che bene si cultura. adatta alla nostra realtà . Ecco perché è importante ricordare sempre “Il patrimonio bibliografico e archivistico agli associati, e a tutti, il valore inestimabile richiede un importante impegno umano ed del patrimonio culturale che si conserva e economico per la sua tenuta, gestione e dell’alta responsabilità di cui si fanno carico fruizione. coloro che lo tutelano e lo rendono fruibile”.

INTERVENTI Negli anni ‘60 Franco Fronzoni è stato l’artefice principale della rinascita della Sezione di Napoli. Quel seme da lui piantato cinquanta anni fa non ha smesso di rifiorire, dare nuovi frutti e rigogliosi raccolti. “Spirito Lega Navale” e Centro Studi Tradizioni Nautiche di Franco Fronzoni Certamente non è necessario intrattenerci molto su cosa è la Lega Navale, sulle sue attività, sulle ragioni per cui fu creata: gli scopi statutari sono ultranoti ed appaiono sufficientemente apprezzati, basti la notazione che essa fu sempre preservata, nelle leggi di

1 scioglimento degli Enti non utili (L. 1404 del 14. 12. 1956 , L. 70 del 20.3.1975, e successive). Ragione della sua perdurante utilità è quella di essere stata sempre capace di adeguarsi alle continue, diverse, esigenze, conservando intatto lo scopo iniziale ed il proprio modo di essere. E’ proprio questo modo di essere che, pur mutandosi all’intorno tutti gli scenari e, persino, la consistenza degli Organismi fondatori, le ha consentito di rimanere fedele allo Statuto, nei suoi scopi - articolo 2 - e nelle sue modalità - articolo 3 - ove è delineato “lo spirito” che deve permeare i Soci, ossia,” qualsiasi cittadino italiano che voglia volontariamente perseguirne gli scopi ”, art.1 . Nella parola spirito è racchiusa l'essenza, la continuità, l'adeguamento al presente, lo sguardo al futuro, l'abnegazione di quelli chi vi partecipano, in generale, tutti i Soci. É questo spirito che noi sempre ricordiamo alla base delle nostre attività: che consente alla LNI di vivere i tempi attuali in continuo mutamento sociale e politico, per avvicinare il popolo al mare. Alla conoscenza del mare, come entità fisica da amare e temere, da usare e rispettare. Rispettare sempre e comunque, poiché da esso deriva l'origine della vita, da esso, la sopravvivenza umana, cibo e clima, clima specialmente, che con i suoi flussi ricettivi e dispensativi conferisce all'aria e alla terra quell'acqua che le occorre, indispensabilmente. A noi, l'interpretazione corretta dei suoi fenomeni e del suo utilizzo; ossia la cultura del mare, nelle sue infinite discipline. La Lega Navale la persegue, questa cultura, con caratteristiche che derivano certamente dal suo Statuto, ma anche da quanto prodotto dagli uomini che l'hanno guidata, nel corso di oltre un secolo dalla sua fondazione. É questo sentimento che costituisce il motore degli uomini Lega, nell'occuparsene e nel portare, al suo interno ed all’esterno, conoscenze ed esperienze; di carattere generale e specifico, nella teoria e nella pratica, con le sue organizzazioni centrali e locali. Questo sentimento, che noi definiamo “spirito Lega Navale”, fa sì che, ognuno dei Soci, apporti molto più di quanto chieda, molto più di quanto ottiene, sempre e soltanto compensato dal miglioramento della conoscenza, dell'uso e della pratica del Mare. È con questo spirito che in Lega si va soltanto per parlare di mare, di vela, di subacquea, di storia, di modellismo, di fauna e flora marina, di navi, di uomini, di luoghi, di clima, di venti: ossia della cultura del Mare. E' con questo spirito che si fa cultura del mare in grande ed in piccolo, ognuno a propria misura. Ogni, anche piccolo, Organismo della Lega navale vive in quest’ottica la vita sociale. Questo “ Spirito Lega navale” ha sempre trovato attuazione anche nella sezione Napoletana, nella costruzione della sede e delle attrezzature, nella loro manutenzione, nell'aiuto fra soci in cattive traversie, meteoriche ed anche sociali. In Sezione non si gioca, non si scommette, non si offrono altre occasioni che di parlare di cose di mare e di metterle in pratica, come pure di aiutare a migliorare sedi e attrezzature, con l’apporto volontario, intellettuale e materiale, da parte dei Soci. Chi non ricorda i tempi gloriosi dell’accrescimento della nostra Sede, tutte le tappe a partire da una piccola stanzetta al Molosiglio fino alla conformazione attuale, alla costruzione di pontili ed attrezzature, la realizzazione dei programmi didattici, con il potenziamento della piccola flotta, il riconoscimento del nostro valore tecnico da parte di Circolo velici cittadini, della FIV, dell’Amministrazione Comunale, del locale Dipartimento Marittimo? Tutto con le sole forze dei Soci, forze fisiche, concettuali, economiche e di inventiva. È con questo “Spirito Lega navale, che, ad iniziativa di alcuni pochi propugnatori, nella nostra Sezione di Napoli, si dette vita ad un organismo, il Cento Studi Tradizioni Nautiche (CSTN), per spontanea, sentita, generazione, per generosità di amore e di impegno, verso 2 obiettivi che forse non erano chiari allora, ma che la sensibilità dei promotori avvertiva essere necessari per curare il livello di partecipazione di tutti, per conservare le testimonianze del passato, per correttamente vivere il presente e porsi verso il futuro, nel rispetto della natura e delle necessità degli uomini. Questa specialistica novità vide subito adesione di personaggi anche non soci, che apprezzarono vivamente questa iniziativa, fornendole autorevole partecipazione e confermandone validità. Il CSTN ha visto la sua origine a Castel dell'Ovo, una sua crescita a Sedile di Porto, ed, ivi, una lunga stasi da saturazione logistica, oggi conclusa con la certezza di un nuovo insediamento al Molosiglio, più adatto al suo sviluppo, come perseguito e perorato anche dalla Presidenza Nazionale. Essa intravide in questo Centro l'organismo adatto per il mantenimento documentale del passato ed il luogo di attivazione del pensiero dell'Associazione, in tutte le sue forme di Cultura del Mare, nella più ampia ottica di orientarvi, unitariamente, la partecipazione culturale ed operativa di tutti gli Organi periferici. Sono traguardi, tutti, che inorgogliscono e spronano per un futuro sempre più utile alla comunità e da attuare sempre con lo stesso spirito iniziale: lo “spirito Lega navale ”.

UNO STRUMENTO ESCLUSIVO NELLA STORIA DELLA NAUTICA (TERZA PUNTATA )

Nell’ambito del protocollo d’intesa concordato nel settembre del 2002 con l’Università “Parthenope” con il quale il CSTN s’impegnava ad avviare oltre alla catalogazione del “Fondo Borbonico” composto di 4000 volumi giacenti presso l’Università, una ricerca per l’individuazione e la catalogazione di reperti, oggetti, documenti presenti sul territorio per un futuro ed auspicabile “Museo Navale” della città di Napoli, l’archivio ha predisposto un settore particolare per inquadrare tale ricerca.

Attivando il pulsante “oggettistica” si accede alla successiva schermata che consente la ricerca per soggetto, per settore o per collezione.

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La ricerca per “ soggetto ” consente di mettere a video immagini d’oggetti riguardanti modelli di navi, quadri, attrezzature, oggetti per la navigazione ed altro facenti parte di collezioni private presenti sul territorio. La ricerca per “ settore ” consente la ricerca degli oggetti prima descritti secondo un’appartenenza a settori precisi ed individuati che sono i seguenti:

Marina mercantile Marina militare motonautica vela varie

Infine la ricerca per “ collezione ” consente di riunire in un'unica schermata gli oggetti appartenenti ad un determinato fondo privato.

Attivando quindi il pulsante “ cerca ”, scegliendo il settore marina mercantile e attivando il pulsante “ esegui ” compare la seguente schermata:

4 questa schermata mostra dell’oggetto raffigurato il settore, la collezione, il soggetto, le carattristiche fisiche dello stesso e cioè chi lo ha prodotto, le sue dimensioni, il materiale, poi eventuali note, la sua immagine. Nella parte in alto compare il numero degli oggetti trovati, immediatamente sotto con le apposite frecce è possibile visionare di seguito tutti gli oggetti trovati. Infine nella parte inferiore dello schermo è indicata la collocazione del CD dell’oggetto raffigurato contenente quella immagine ad alta risoluzione. (SEGUE )

EVENTI CHE COZZANO CON LA STORIA

SIGNORI VELISTI SUGLI ATTENTI! …esce di scena la . di Penna Bianca Il 2012 passa alla storia come l’anno dell’uscita dalla scena olimpica della Star, la regina incontrastata di 18 Olimpiadi della Vela dal 1932 al 2012 con un’unica breve parentesi nel 1976. A Weymouth (Olimpiade Londra 2012) la Star ha dato l’addio ai Giochi olimpici perché le autorità che gestiscono la Vela mondiale hanno laconicamente sentenziato che questa barca non è più attuale, ha un costo troppo elevato e male si presta alla spettacolarizzazione che lo sport olimpico è obbligato a dare per poter continuare ad esistere. Ci avevano già provato nel 1976 quando la barca fu esclusa dai Giochi Velici della XXI Olimpiade di Montreal, ma l’assenza olimpica durò poco perché la potente International Star Class Association (ISCYRA) fondata nel 1911 a furor di popolo - è il caso di dirlo - riuscì a farla riammettere immediatamente. Adesso i tempi sono cambiati, gli uomini non sono più quelli e neanche l’ISCYRA è più la stessa e così, con profonda tristezza e grande malinconia, dobbiamo dare l’addio alla più amata delle classi olimpiche di tutti tempi. Tutto il mondo rimpiangerà la Star e noi italiani in modo particolare perché proprio da lei la Vela nazionale ha avuto le soddisfazioni più grandi. Ecco una breve carrellata della sua fantastica storia.

La Star, un monotipo a spigolo con chiglia a bulbo, è stata progettata nel 1911 da Francis Sweisguth dello studio del noto architetto americano William Garden. La sua diffusione negli U.S.A. fu immediata ed incondizionata. Nel 1932 è per la prima volta classe olimpica a Los Angeles (X Olimpiade). Nello stesso anno comincia a diffondersi anche in Europa. Il debutto in Italia avviene nelle Regate di Genova del 1933 (ci piace ricordare la partecipazione attiva del napoletano Riccardo De Sangro Principe di Fondi e del palermitano Enrico Ducrot) e nell’anno successivo a Napoli dove si svilupperà in breve tempo la più numerosa flotta italiana. 5 Seguono poi le flotte di Trieste, Palermo e la Marina Militare in Accademia Navale e sulle grandi unità della flotta navale. Tra i napoletani “della prima ora” dobbiamo ancora ricordare Carlo De Zerbi, Pasquale De Conciliis e Mario Perretti che incrociavano le prue delle loro star, rispettivamente: “Rigel”, “Cita” e “Rayon de Soleil”.

Olimpiadi Record di presenze e i più grandi timonieri del mondo per la Star regina delle Olimpiadi. Gli italiani che hanno scritto il loro nome nell’olimpo della Vela sono: - e Nico Rode (SVMM) Oro 1952, Argento 1956; - Franco Cavallo e Camillo Gargano (CRVI - Napoli) Bronzo 1968 - e Alfio Peraboni (CV Orta/LNI - Mandello L.) Bronzo 1980 e 1984 Campionato del Mondo . Assegnati 95 titoli dal 1922 al 2012. Il predominio americano viene per la prima volta battuto dall’asso tedesco Walter von Hutschler che vince il titolo mondiale nel 1938 a San Diego e lo rivince nel 1939 a (per la prima volta fuori dagli USA). Secondo in questo storico campionato un giovanissimo ufficiale della nostra Marina Militare, Agostino Straulino, che presto avrebbe fatto parlare di se il mondo della Vela. Campioni del Mondo per l’Italia sono stati: Tino Straulino (1952, 1953 e 1956), Giorgio Gorla (1984), (1991) e (1996). Campionato d’Europa Il primo campionato d’Europa si è svolto a San Sebastian in Spagna nel 1932. Nel 1934 a Marsiglia il napoletano Fritz Giannini in coppia con Mario Malfitano vince il titolo e da il diritto a Napoli di organizzare il campionato del 1935. Nelle acque partenopee il titolo venne assegnato a Guido Postiglione in coppia con Nando Gianturco. Seguirà negli anni successivi una lunga serie di vittorie per i forti timonieri azzurri di questa gloriosa Classe. Tra i campioni europei ecco gli italiani: i napoletani Fritz Giannini (1934), Guido Postiglione (1935), Nino Cosentino (1948) e (1965); Tino Straulino con il record imbattuto di 10 titoli (1938, dal 1949 al 1956, 1959); il triestino (1947), il genovese Luigi Croce (1963); il novarese Giorgio Gorla (1985, 1987) e il ligure (2011) Campionato d’Italia Il primo campionato si è disputato a Napoli nel 1935 e fu vinto dal palermitano Enrico Ducrot su Gloriana . Alla fine del 1939 in Italia vi sono già 165 Star che diventano 300 nel 1943. Per una Classe che è stata tra le più diffuse nel nostro paese è impossibile citare tutti i timonieri che hanno conquistato lo scudetto di campione italiano. Tra i più titolati vanno ricordati ancora Agostino Straulino (12 titoli), ed i napoletani Carlo Rolandi (5), Roberto Ciappa (2), Franco Cavallo (2), e Mario Rivelli, l’istriano Dario Salata (3) e i gardesani Albino Fravezzi (4) e Flavio Scala (3). Per la flotta napoletana, la più consistente e con tanti timonieri di valore, oltre quelli già citati precedentemente si ricordano: Riccardo Fondi (olimpionico nel 1936), Ubaldo Fondi, Giorgio Galli, Mario Farina, Lucrino Monaco, Mario Rivelli, Angelo Marino, Sergio Capolino,Vittorio Postiglione, Renato Cosentino, Picchio Milone; questi timonieri ogni domenica in regate di allenamento davano l’impressione di disputare un Campionato Italiano essendo i più forti ed affermati staristi dell’epoca.

Sul piano agonistico gli italiani hanno ben presto imposto la loro classe grazie al gran numero di timonieri ed imbarcazioni sul nostro territorio nazionale. Il duo Straulino-Rode, unico caso nella storia della Star Class , vince nel 1952 la medaglia d’oro olimpica, il campionato del mondo, il campionato d’Europa e il Campionato d’Italia. . I cantieri italiani Lillia e Folli, entrambi ubicati sulle sponde del lago di Como, sono stati capaci di infrangere il predominio delle costruzioni americane, coprendo quasi al 100% gli acquisti effettuati dagli staristi nel mondo. Un enorme patrimonio nazionale che sta per andare in pensione.

6 Va anche ricordato che dalla Star Class sono venuti “i migliori e più affinati timonieri del mondo: quelli di Coppa America invece che di Admirald’s Cup, di Kenwood Cup e delle grandi regate di triangolo delle Level Classes”. Ci piace ricordare gli italiani Francesco De Angelis, napoletano, i fratelli Enrico e di Marina di Carrara e tanti stranieri tra i quali gli americani Dennis Connor, Bill Ficker, , , , lo svedese ed il brasiliano . E’ importante ricordare che l’americano , tre volte Campione del Mondo Star, con la sua North Sails ha introdotto per la prima volta nel mondo velico il taglio delle vele computerizzato.

Per la prima volta dal 1936 l’Italia non è stata presente all’Olimpiade di Londra 2012 nella Classe Star. Un addio doppiamente triste per noi italiani.

7 RITAGLI DI STORIA Sfogliando le vecchie riviste marinare che il CSTN custodisce gelosamente, questa volta la nostra Luisa Breglia ha scoperto e sottopone all’attenzione dei lettori una a dir poco divertente trovata di fine ’Ottocento. Vedi mai che qualcuno volesse ripetere l’esperimento!

Velocipede terraqueo, che bella invenzione per un futuro senza auto! Sarebbe bello poter andare in bicicletta da Posillipo a Portici pedalando indifferentemente su terra e sull’acqua: difficile, ma non impossibile, se riportassimo in vita il velocipede terraqueo, ingegnosa invenzione di più di un secolo fa, sperimentata per la prima volta a Marsiglia. In “Italia marinara” settimanale delle Marine militari e mercantili edito a Napoli a fine ‘800, nel numero 5 del 9 maggio 1891, leggiamo la descrizione di questo buffo mezzo di locomozione, inventato da un certo Signor Romanis e costruito nelle officine Rousseau di Marsiglia. Era costruito come un triciclo a tre ruote.Queste erano formate, ciascuna “da due conche ovali, di ferro laminato, riunite ermeticamente agli orli, tali da rappresentare una specie di lente convessa, vuote al di dentro e rinforzate da traverse solide e leggere. La faccia esterna delle due grandi ruote portava dodici palette, fatte e disposte come le ruote di alcuni battelli a vapore, le quali servivano per avanzare nell’acqua: il diametro era di piedi 4 e mezzo, la convessità massima all’asse era di otto pollici; la distanza di piedi quattro e l’immersione di pollici sedici”. Pare che le prove diedero ottimi risultati. Vi proponiamo l’immagine, ove mai qualcuno voglia trarre ispirazione…..e proporre questo nuovo mezzo, per esempio, alla Capitaneria di Porto, o ancora meglio alle compagnie di navigazione che fanno sbarcare i turisti e già organizzano giri in bicicletta per Napoli….

8 LAVORI IN CORSO.

Laboratorio modellismo Con riferimento all’articolo di Maurizio Elvetico sull’8M. S.I. “ITALIA” nel Notiziario scorso, abbiamo ricevuto e volentieri pubblichiamo una costruttiva precisazione di Luigi Lang, già Segretario generale dell’Associazione Italiana Vele d’Epoca, esperto di classi metriche e autore di varie pubblicazioni sulla materia.

Complimenti per il n. 2 del vostro notiziario; veramente interessante. Unicamente con uno spirito costruttivo, mi permetto di trasmettere alcune mie obbiezioni sull'articolo scritto da Maurizio Elvetico sull'8 Metri Italia. E' chiaro che ci troviamo davanti a una sintesi di 200 anni di storia dello yachting e dei suoi sistemi di stazza; la sintesi come tale é succinta ma ben fatta. Esistono tuttavia alcune imprecisioni che é un peccato che compaiano in un articolo pubblicato dal vostro importante e autorevole notiziario. Piccole imperfezioni o sintesi che é un peccato che esistano (per esempio, non vi sono tre "regole" di stazza, ma un unico "Regolamento della Stazza Internazionale" nelle sue tre versioni). Anche la sua genesi ed i suoi cambiamenti hanno origine diversa, e così via. Penso di ben altro interesse segnalare che la foto pubblicata a pagina 14 si riferisce all'8 Metri S.I. Delphis; esso é stato restaurato in maniera quasi perfetta da un carpentiere argentino ed é ormeggiato a Buenos Aires presso la sua sede distaccata sul Rio della Plata; veleggia regolarmente ed é molto elegante. Ancora complimenti e cordiali saluti Luigi Lang

Risponde Maurizio Elvetico. Prendo atto della precisazione del sig. Lang, che pone in evidenza la differenza tra regole e versioni di uno stesso regolamento, ma è anche vero che ufficialmente (edizione originaria inglese) si fa riferimento a tre rules (che altro non sono che tre regole dello stesso regolamento), ma regolamento e regole sono in inglese indicate con lo stesso termine rule. Comunque ringrazio il sig. Lang per la precisione e, soprattutto, sono a lui grato per aver letto e commentato l'articolo che avevo scritto per rendere più comprensibili quelle formule di stazza che spesso sono richiamate (anche nel sito ufficiale della barca Italia) in maniera piuttosto confusa. Maurizio Elvetico

DONAZIONI Lucia e Francesco Maddalena intere annate delle riviste “Vela e Motore” e “Bateaux” che hanno contribuito a completare le collezioni del CSTN. Giancarlo Ceccarelli vari libri di marineria.

IL CSTN RACCOGLIE, ARCHIVIA E CUSTODISCE OGNI TIPO DI DOCUMENTAZIONE, DEL PASSATO E DEL PRESENTE, CHE ABBIA ATTINENZA A QUALUNQUE TITOLO CON IL PIANETA MARE. VOLUMI, GIORNALI, PERIODICI, PUBBLICAZIONI, FOTOGRAFIE, VIDEO, OGGETTISTICA, MODELLI NAVALI, ETC….VENGONO RITIRATI A CURA DEL CSTN IN TUTTA ITALIA E UNA VOLTA CATALOGATI, SONO RESI DISPONIBILI PER LA CONSULTAZIONE PRESSO LA PROPRIA SEDE.

9 CURIOSITA’ TECNICHE E SCIENTIFICHE

Due pesi, due misure . La storia del metro. di Giuseppe Romano “Sua Maestà ha espresso il desiderio che a chiunque sia garantita la possibilità di far giungere al re suppliche e reclami”: con questo invito Luigi XVI, nell’agosto 1788, convoca gli Stati Generali del maggio 1789, per esaminare il “cahier de doleance” del popolo francese. Sapete quale fu una delle richieste più gettonate? ….”Che non vi siano più sul territorio due pesi e due misure”. Potremmo dire quindi che il metro, come noi lo conosciamo oggi, è nato in quel tormentato periodo. In effetti l’esistenza sullo stesso territorio di centinaia e centinaia unità di misura diverse per lunghezze e pesi era perennemente causa di imbrogli e di liti. Le infinite unità di misura diverse aprivano la porta ad abusi che vedevano sempre soccombenti i deboli verso i poteri forti dell’epoca: ricchi signori, nobili, proprietari terrieri ed altri poteri costituti che potevano imporre a proprio piacimento il proprio sistema di misura nelle proprie terre. Per dare una pallida idea dello stato di confusione vigente all’epoca in Francia ( ma la situazione era la stessa negli altri paesi) ecco di seguito alcune delle unità di lunghezza usate a Parigi: Piede del Re : 32,5 cm Tesa (6 piedi):1,949 m Auna: 3 piedi, 7 pollici , 10 linee:1,188 m Lega: 2283 tese (4,45 km) Lo stesso piede del Re, che a Parigi valeva 32,5 cm valeva, rispetto a questa, in Normandia 0,92 piede di Parigi in Lorena 0,90 = a Strasburgo 0,89 = a Besançon 0,95 = ……….e così via. In Europa, solo per dare un esempio, il piede di Bruxelles vale 0,85 piedi parigini mentre il piede in Russia ne vale 1,09. Per i pesi, la situazione era ugualmente caotica. Solo per avere un pallido esempio, ecco cosa era una delle misure più usate: La libbra poids de marc: Libbra Poids de marc: questa misura, una delle tante, è composta da 13 elementi di rame che si compenetravano (come bamboline Matrioska). La libra valeva 2 marchi, che valevano 16 once, che valevano 28 “gros”, che valevano 384 denari, che valevano 9216 chicchi…. Le premesse per spingere verso una razionalizzazione dei sistemi di misura esistevano tutte, mancava solo il contesto adatto per iniziare un cammino virtuoso che portasse ad unità di misura con caratteristiche di “universalità”: - una misura deve essere tratta dalla natura, trascendente dagli interessi di una singola nazione e quindi capace di attrarre il consenso generale; - una misura che avesse interconnessione con le altre diverse unità di misura (lunghezza, superficie, capacità, peso etc.) in modo che una volta definita la prima, le altre ne venissero di conseguenza. La nuova misura di lunghezza sarebbe così diventato la “misura di tutte le cose”; - la misura deve essere facilmente usabile nell’uso delle dimensioni derivate, quindi suddivisione delle unità in scala decimale; - nomenclatura di prefissi standardizzata: deci-, centi-, milli-, deca-, kilo- etc.

10 Il momento opportuno arriva quindi nel 1789: i migliori progetti di scienziati e razionalizzatori sarebbero rimasti pura fantasia se non fosse intervenuta la Rivoluzione Francese! Comunque la definizione di metro come più tardi fu approvata, legata cioè alla lunghezza del meridiano terrestre non ebbe vita facile. La prima definizione di metro infatti fu legata al periodo di oscillazione del pendolo: purtroppo nella stessa definizione era contenuta la ragione dell’insuccesso di questa proposta che in effetti, tra diverse traversie, fu successivamente abbandonata. L’assemblea Nazionale, maggio 1790, infatti emette un decreto che propone come unità di misura delle lunghezze la lunghezza del pendolo che batte il secondo alla latitudine di 45°. Si richiede anche al Re di Francia di scrivere a Sua Maestà Britannica per invitare il Parlamento inglese a concorrere alla determinazione di unità di misura “naturali”. A seguito di questo invito nell’aprile del 1790, la camera dei comuni a Londra crea una comitato con l’incarico di uniformare dei pesi e delle misure. Nell’ottobre dello stesso anno una commissione di scienziati francesi propone l’adozione della scala decimale per pesi, misure e monete: gli inglesi danno risposta negativa alla cooperazione. In effetti né il Re Giorgio ne il parlamento inglese hanno alcuna voglia di collaborare su qualsiasi progetto, anche con finalità scientifiche, che origina in un paese culla di tali preoccupanti movimenti rivoluzionari. Sotto questa spinta in America viene adottato il sistema decimale per la valuta locale, il dollaro. Non dimentichiamo che dal 1784 al 1789, Thomas Jefferson (1743-1826) prima di diventare segretario di Stato di George Washington e terzo presidente degli Stati Uniti per due legislature, passò 5 anni a Parigi come ambasciatore e ministro del Commercio. Emerge però la difficoltà di giudicare “universale” una misura “locale”, cioè la lunghezza del pendolo che batte il secondo: il periodo di oscillazione di un pendolo varia in funzione della latitudine. Quale latitudine scegliere? Perché 45° e perché no quella di Londra o di altre città? La sua adozione avrebbe comunque costretto all’uso di tabelle di conversione in funzione della latitudine del posto dove si trovava il pendolo. Pertanto nel marzo del ‘91 un comitato scientifico (ne fanno parte tra gli altri nomi come Laplace, Lagrange, Lavoisier, Condorcet) propone come base delle misure la lunghezza del meridiano terrestre, base immutabile e svincolata da qualsiasi fattore decisionale esterno, quindi privo di ogni possibilità di critica: in particolare l’unità di misura sarà “la quaranta milionesima parte della lunghezza del meridiano terrestre”. Vengono scartate l’ipotesi di misurare il raggio della terra (metodo astronomico proposte da Cassini) o la circonferenza all’equatore per le intrinseche difficoltà, visto che la maggior parte dell’equatore giace in Africa, america latina o in mare. Restava la lunghezza di un meridiano (o di una parte di un meridiano, supposta la sfericità della terra); viene quindi creata una commissione per l’esecuzione dei lavori atti ad istituire un “Sistema Metrico Decimale, SMD”. Vengono anche iniziate le prime “triangolazioni” che partendo ed arrivando al livello del mare (dalla costa Nord della Francia sul canale della Manica, Dunquerke, al Mar Mediterraneo, Barcellona), passando tra i diversi punti per Parigi, Orleans, Perpignan, con l’obiettivo di misurare correttamente la lunghezza di questo pezzo di meridiano terrestre. In effetti misure di parte di meridiano terrestre erano già state effettuate nel passato. La novità del momento era la possibilità di utilizzare strumenti di misura in grado di migliorare la qualità delle misure connesse alle triangolazioni necessarie per questa impresa. Lo strumento utilizzato, che praticamente fu creato proprio per questa occasione da un matematico, Jean-Charles Borda, chiamato appunto “cerchio ripetitore di Borda” che, dando la possibilità di effettuare più misurazioni dello stesso punto in successione, senza riportare a zero lo strumento, permetteva di rendere l’errore piccolo a piacere in quanto, in pratica veniva automaticamente calcolata il valore medio di tutte le misurazioni effettuate.

11 Il cerchio ripetitore era il cardine del sistema di triangolazioni trigonometriche. Il meccanismo di una triangolazione per calcolare la distanza tra due punti sulla superficie terrestre (quindi nel nostro caso la lunghezza di un arco di meridiano) consta di 3 fasi: 1) Si scelgono nell’intorno della striscia di terreno che contiene il meridiano da misurare un certo numero di punti ben visibili: campanili, alberi casali etc. Dove non esistono, si creano traguardi appositi, come torri, piattaforme, segnali. Deve essere possibile da ognuno di questi punti vederne altri. Questi punti connessi tra di loro formeranno quindi un reticolo che copre l’arco di meridiano sotto osservazione. 2) Da ciascuno di questi punti si misurano gli angoli sotto i quali si vedono gli altri punti. 3) Si sceglie una base, di solito lunga alcuni km, misurata direttamente . 4) Dalla misura degli angoli e dalla base si ricostruisce trigonometricamente la lunghezza del tratto di meridiano In analisi. Il cerchio ripetitore di Borda

Le differenze di altezza sul livello del mare vengono calcolate attraverso cannocchiali graduati. I punti di inizio e fine dell’arco di meridiano di cui calcolare la lunghezza vengono opportunamente scelti a livello del mare: Dunquerke e Barcellona. Ecco quindi che la stessa scelta del punto finale, Barcellona, in una nazione diversa, serve a dare una “patente” di sovranazionalità e quindi di universalità alla misura stessa anche se lo stato di belligeranza tra Francia e Spagna nel periodo delle misurazioni creò non poche difficoltà ai misuratori stessi. Nella illustrazione a fianco è mostrata una classica rappresentazione di come, analizzando angoli e partendo da una base di lunghezza conosciuta, è possibile calcolare la distanza tra due punti del terreno anche in situazioni orografiche complesse : E’ facile immaginare la difficoltà di una impresa del genere dati i mezzi tecnici a disposizione e la complicazione di percorrere kilometri e kilometri attraverso campagne, monti, città, attraversando valli, fiumi tra lo stupore e la diffidenza delle persone del posto che non capivano cosa facessero questi “visitatori” armati di strani strumenti che si aggiravano nelle loro terre. La diffidenza dei “villani” verso quello sparuto manipolo di persone generò diversi episodi di intolleranza aggiungendo altre difficoltà al già improbo lavoro. Alla fine, dopo infinite difficoltà, il lavoro venne terminato, con una precisione a dir poco “imbarazzante” se la si paragona a misure fatte con la tecnologia attuale: la misura della distanza tra Dunquerke e Barcellona fatta alla fine del 1700 ha uno scarto di soli 10 metri su più di mille Kilometri! Contestualmente viene definita l’unità di massa, il kg, pari alla massa di un decimetro cubico di acqua distillata (altro riferimento a materiali a disposizione di tutti, la cui densità si riferisce a temperature facilmente riproducibili e misurabili con la tecnologia del

12 tempo). Ecco quindi l’unità di massa è indissolubilmente legata all’unità di lunghezza, così come auspicato! Eccoci quindi pronti a far nascere il “metro campione” ed il Kg campione, in platino presso l’ufficio dei pesi e misure di Parigi, pronti ad essere duplicati ed usati in tutto il mondo! (tra parentesi, il campione inviato negli Stati Uniti non è mai giunto, forse per il naufragio della nave su cui era trasportato: che sia questa la causa che in America, pur avendo adottato il sistema decimale per la valuta, il dollaro è infatti suddiviso secondo il sistema decimale, non ha adottato il metro ed il kg. In questo periodo di rivoluzione, anche la misura del tempo fu coinvolta. In verità, per quanto riguarda il tempo, non tutto era da inventare o misurare: la alternanza delle stagioni, il numero dei giorni tra un equinozio e l’altro, la necessità di aggiungere o sottrarre giorni con varie frequenze nel corso dei secoli, erano informazioni oramai pienamente possedute. Quello che poteva essere mutato durante questa “ventata” razionalizzatrice era la suddivisione dell’anno (numero di mesi nell’anno e loro nomi, numero di giorni nel mese) e la suddivisione stessa del giorno su base “decimale. Tra l’altro fu adottata per un breve periodo la suddivisione del giorno in dieci ore, con la suddivisione dell’ora in cento minuti e del minuto in cento secondi : un giorno quindi era formato da 100.000 secondi. Qualcuno ebbe l’ardire di assimilare questo piccolo lasso di tempo al tempo intercorrente …. tra due battiti del cuore di una persona sana, di corporatura media, che camminava a passo di marcia ……. Finalmente, il 15 Fruttidoro dell’anno XIII (cioè il 2 settembre del 1805) viene emesso un editto (autore Laplace) sulla base del quale la riforma del calendario viene dissociata dalla riforma delle misure e dei pesi: la rivoluzione del calendario non sopravvive alla rivoluzione stessa: “”L’anno XIV non ci sarà”. Quello che invece era già stato risolto in quegli anni era la determinazione dell’”ora esatta”, cioè la necessità di misurare il tempo e quindi l’ora in un dato momento della giornata in qualsiasi posto del globo con la massima precisione possibile. La questione è fondamentale per tutti. Lo è in particolar modo per i naviganti in quanto, se è abbastanza semplice misurare la latitudine di un luogo basandosi sull’altezza sull’orizzonte degli astri, non è per nulla facile il calcolo della longitudine. Il massimo che si poteva fare all’epoca era l’utilizzo di tabelle che, in funzione delle fasi lunari e della distanza della luna da alcuni astri in funzione dell’ora del posto, indicavano con una certa approssimazione la longitudine del posto stesso. Il calcolo della longitudine sarebbe stato tecnicamente risolvibile solo se si conoscesse l’ora esatta del passaggio del sole allo zenit, rapportandola all’ora del passaggio allo zenit del sole in un luogo prefissato. La differenza in ore, minuti secondi tra il passaggio allo zenit del sole in un dato luogo, rispetto all’ora del passaggio allo zenit del sole in un luogo di riferimento, avrebbe fornito la “distanza” in longitudine tra i due luoghi. Quindi, quanto più si fosse riusciti a fabbricare un orologio “preciso” tanto più sarebbe stata “precisa” la determinazione della longitudine, per esempio, durante la navigazione anche in pieno oceano.

Un cenno storico. La scelta di Greenwich come meridiano “0” avvenne nell'ottobre del 1884 durante la Conferenza Internazionale dei Meridiani, organizzata a Washington dal Presidente degli Stati Uniti Chester Arthur. La conferenza si rese necessaria per trovare una convenzione, accettata universalmente, che mettesse fine ai diversi standard utilizzati nel mondo per la cartografia e per la navigazione. Infatti, fino al 1884, venivano utilizzati, a seconda dei paesi, diversi meridiani fondamentali: il meridiano di Ferro (isola delle Canarie), quello di Parigi, quello di Greenwich, quello di Monte Mario a Roma etc. Bisognava proprio mettersi d'accordo. La conferenza sopra citata pose quindi fine a questa confusione. La storia del “cronometro marino”, storia invero di per se avventurosa ed affascinante, nasce prima del periodo della rivoluzione francese e quindi già alla fine del secolo XVIII° era possibile fabbricare cronometri con un grado di precisione molto alto. La storia ci dice infatti che utilizzando il così detto “cronometro di Harrison (nome del costruttore)” durante un viaggio di test di 81 giorni di navigazione, il cronometro aveva cumulato solo cinque 13 secondi di ritardo! Un duplicato di questo modello, utilizzato da James Cook nel suo secondo viaggio in torno al mondo, che durò dal 1772 al 1775, dopo tre anni di navigazione aveva cumulato un ritardo di soli sette minuti.

Epilogo. Nel 1960 la Conferenza Generale Pesi e Misure adotta una nuova definizione del metro: essa è basata sulla lunghezza d’onda delle emissioni di una radiazione particolare del gas Kripto e questa definizione aumenta il “grado di precisione” del campione a circa 10 parti su un miliardo. La definizione attuale risale al 1983 ed è basata sulla velocità della luce nel vuoto, forse la più nota delle costanti universali. Il metro quindi è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto nel tempo di 1/299.792.458 di secondo. La precisione di questa misura, con la tecnologia attuale, è pari a 4 parti su un miliardo Invito chi si chiede a cosa mai possano servire misure con questo grado di precisione così spinto, a pensare, per esempio, a calcolare il tempo che impiega un segnale elettrico a passare da un punto ad un altro (distante pochi milionesimi di metro) in un microchip o anche a pensare a come funziona il navigatore che è a bordo di tante autovetture il cui funzionamento è basato sul tempo di percorrenza dei segnali sincronizzati tra i satelliti in orbita attorno al globo ed il nostro apparato navigatore. Restiamo quindi tutti in attesa della prossima definizione del metro. Gli ultimi sviluppi della fisica quantistica, l’analisi sempre più spinta dell’infinitesimamente piccolo e dei fenomeni infinitesimamente brevi renderà probabilmente superati gli attuali standard con la necessità di nuovi campioni ancora più accurati.

Rif. Bibliografico: Il metro del mondo - D.Guedj - Ed. Le Scienze

L’ERA ROMANTICA DELLA VELA

14 IL MAGICO MONDO DEI PIRATI… Il nostro esperto sulla storia dei Pirati, Leopoldo Sorrentino, questa volta ci invita a pranzo con una ottima ricetta ispirata alla filibusta, facile da eseguire per esperti e neofiti dell’arte culinaria. Penne alla Pirata

Ricchissima è la gamma di pietanze che si ispirano ai pirati, corsari , bucanieri e filibustieri. Ve ne sono indicate in ricettari comuni e specializzati, o come nei menù di rinomati ristoranti della nostra penisola. Per l’occasione ho scelto questa ricetta da me arricchita graficamente…………e buon appetito da Leopoldo Sorrentino . (In alto a destra un celebre ritratto d’epoca di Henry Morgan, famoso pirata inglese del ‘600 autore di storiche imprese contro le roccaforti spagnole del centro America di allora, nominato per questo da Carlo II° Stuart baronetto e governatore della Giamaica) Ingredienti per 4 persone: 300 gr di penne rigate, 240 gr di pomodorini pachino 1 provola di bufala, olive nere snocciolate, capperi cipolla rossa, aglio, basilico. Preparazione: in un ampio tegame soffriggere l'aglio e la cipolla, aggiungere i pomodorini, le olive nere disossate i capperi ed il basilico. Lasciar cuocere dieci minuti al massimo. Aggiungere la provola tagliata a cubetti e miscelarla al sugo continuando la cottura fino al disfacimento della provola, completare con la pasta cotta al dente mescolandola al condimento.

Capitan William Kidd, anch’egli famoso pirata.

15 LIBRI IN VETRINA (…raccomandati )

La marineria dell’isola di Pantelleria in epoca moderna Autore Orazio Ferrara Editoriale Agorà, Catania 2012, pag. 61 (€ 10)

Non è vero che un libro per essere interessante debba essere grande e voluminoso. Anche la botte piccola può avere un ottimo vino, anzi quasi sempre è la dimensione giusta per il migliore. Abbiamo scovato, inseguito ed acquistato questo piacevolissimo volumetto che un editore gentlemen siciliano ci ha fatto ricevere prima ancora del pagamento (incredibile, ma vero!). Nella prefazione firmata da Margherita M.D. Bottino si legge: “ Una rigorosa disamina di fonti storiche e dati archivistici uniti ad un corredo iconografico di indubbio spessore fanno di questo saggio di Orazio Ferrara un testo che ha caratteristiche di notevole valore . L’Autore. Inoltre, con una sintassi scorrevole scaldata da ricordi d’infanzia, riesce a rendere avvincente un argomento che, di per se stesso, potrebbe sembrare rivolgersi ad una nicchia ristretta di studiosi di storia locale”.

BANDIERA ABBRUNATA

MARIO BINI E’ morto a Roma l’Ammiraglio di Squadra Mario Bini (1918- 2012), già Capo di Stato Maggiore della Marina Militare e Presidente Nazionale della Lega Navale Italiana dal 1982 al 1989. Grande figura di ufficiale, grande marinaio e soprattutto grande velista. Amava la navigazione e le regate d’altura nelle quali ha portato molto spesso alla vittoria le barche della Marina Militare. Memorabile nel 1958 la Brest-Las Palmas di 1400 miglia al timone di Artica II (2^ Classe RORC) . Estimatore e grande amico di Agostino Straulino, restano indimenticabili le loro sfide a Napoli dove per lunghi anni si sono contesi la vittoria del Trofeo Acton Over 60: Straulino (imbattibile) su Sagittario e Bini (eterno, soddisfattissimo secondo) su Artica II . Con la morte di Mario Bini il CSTN perde un amico e uno dei sostenitori della prima ora. Ricordiamo la sua telefonata con la quale annunziava che ci donava la sua biblioteca marinara e conserviamo gelosamente un suo biglietto autografo del 2005 nel quale con i ringraziamenti per una pubblicazione che gli avevamo inviato ci scrive:… “Grazie al vostro impegno si è salvato un grande bene storico che specialmente noi appassionati della vela apprezziamo enormemente”.

PER COLLABORARE CON IL “NOTIZIARIO CSTN” INVIARE SCRITTI, RACCONTI, NOTIZIE, CURIOSITÀ, FOTOGRAFIE E QUANTO ALTRO D’INTERESSE GENERALE A: [email protected]

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