Cultura 18 • AGOSTO 2005

na sera di fine settembre, Buffe e presenti nei miei ricor- seduto davanti all’uscio di di sono le facce degli uomini, casa, vidi passare un an- rosse dal vino e dal caldo quanta Uziano signore che portava una La vendemmia allegria nei loro visi. La giornata brocca sotto braccio. S’indirizza- giungeva al termine, ma nessuno va verso la fontana non so come, osava dichiararla tale, se non per ma quella brocca in terra cotta, il tramonto che ormai era giunto. risvegliò in me vecchi e diletti Il padrone di casa ringraziava ricordi, quasi intristita la mia ricordi di un ragazzino tutti, consegnando ai partecipan- mente, si portò ritroso nel tempo ti una piccola parte della ven- riportandomi alla mia prima in- demmia (sa palte), anche ai più fanzia. alle donne, così creando la scusa piccini. In genere si regalava uva In settembre, i vecchi e saggi dell’ennesima bicchierata. da tavola, che ognuno a casa sua, contadini del mio paese, metteva- Le donne, s’indaffaravano per legava con della raffia per essere no fuori della porta le botti, aspet- cucinare e gli uomini ritornavano appesa all’aria, nell’attesa del tando le prime piogge. Aspettava- alla vendemmia, (sa innenna). Natale (Pasca nadale) quando in no quell’acqua, che doveva strin- A noi bambini, sicuramente per genere si consumava. I grandi, si gere le doghe ai cerchi, e in sardo instradarci, ci riempivano d’uva davano appuntamento al prossi- si diceva (ponnere in linna sos (sa pischeduzza), cesto molto pic- mo anno: “ad annos mezzus”, “sì carradellos). Così quello era il se- colo fatto di canne intessute con deus cherede”si rispondeva qua- gnale, che forse tanti ragazzini fili di roverella. Il compito a noi si esorcizzando quell’augurio. come me aspettavano, la vendem- assegnato, anche se in scala mino- Tutto improvvisamente mutò nel mia era alle porte (s’innenna). Ot- re, era quello che avevano anche i cuore degli uomini: iniziarono a tobre era un mese stupendo per un grandi, portare l’uva alla casetta comprare l’uva dalle grosse bimbo di cinque anni come me, (pinnetta), compito che svolgeva- aziende perché conveniente piut- pieno di gioia. mo molto orgogliosamente. tosto che zappare le loro vigne. Libero da qualsiasi pensiero L’ora di pranzo, rimaneva si- Nel cuore della gente comparve il ostile, partecipavo alle varie ven- curamente la più bella. In genere demone del denaro e tutto si sfal- demmie che si svolgevano nel si preparava due tavoli, uno per i dò incluse le famiglie. Ora non mio paese, invitato dai moltepli- bambini ed uno per gli adulti. Nel c’è più tradizione, né sentimento ci parenti ed amici della mia fa- paiolo, bolliva l’acqua assieme al vien riposto su azione alcuna. Il miglia. La vendemmia, si svolge- bile dormire elettrizzato da quel glie che nascondevano preliba- pesto del lardo, e la carne di pe- tutto all’insegna del gran pro- va con un’allegria inaudita e an- fatto, che l’indomanni era ven- tezze, e vettovaglie d’ogni gene- cora. Venuti a cottura, si serviva gresso, nulla è rimasto all’uomo che la natura pareva condividere demmia (sa innenna). Si iniziava re ed in più noi, ma tanta allegria la pietanza in vassoi di sughero e per l’uomo, non vi son più vi- questa gioia, regalando stupende di buon’ora, gli adulti ed i ragaz- ed ingenuità nei loro sguardi, che chiamati (taulazinos). Ognuno di gne nel mio paese da vendem- giornate di sole. Ricordo, in par- zini andavano prima delle donne son rimasti vivi e scolpiti nella noi, con forchette di canna taglia- miare. Vorrei rivedere, quei vol- ticolare quando si vendemmiava e dei bambini. Il sole era alto nel mia memoria. Si continuava a te per l’occasione, si poteva ser- ti ingenui di madri, che allegre la vigna che era stata del nonno, cielo, ed il calore dei suoi raggi camminare e si capiva che era vi- vire. La mancanza di un proprio cantano speranza ai figli. ed ora era di mio padrino (sa inza aveva asciugato le viti con i suoi cina la destinazione dall’odore piatto, ti faceva sentire ancora di Vorrei rivedere, quei visi alle- de sas albinzos). frutti dalla rugiada del mattino, stupendo che tralasciava nel- più l’affetto per quei cuginetti e gri di gioia e vino, dei nostri pa- La vendemmia era vicina e si ora uomini iniziavano il taglio, l’aria il pesto di lardo, pesto no zii. Ancora una volta, si marcava dri. Nulla è rimasto del nostro avvertiva nell’aria non so spiega- affidandosi a dio con un segno di degli uomini, preparava scaldan- con un timbro indelebile, quello patrimonio fatto di tremila anni re come ma da circa dieci giorni croce (si sinnaiana). Mia madre, do un machete sul fuoco e bat- status di famiglia matriarcale. di cultura contadina, tutto brucia- prima iniziavo a chiedere alla ricordo mi prendeva in braccio, tendo sul lardo, assieme all’aglio Pescata la carne dal paiolo, s’im- to in trent’anni. A me è rimasto mia mamma quando sarebbe sta- lungo la mulatiera che portava ed al prezzemolo serviva per dare mergeva nel brodo il pane tipico solo il ricordo e un gran vuoto to il fatidico giorno. alla vigna (de sas albinzos). Ogni un inconfondibile sapore al piat- del mio paese, (su zicchi). (Le dentro di me, non so cosa potrò S’invitavano parenti ed amici, tanto sostava per riposare ed as- to tipico del nostro paese: il pane donne, preparavano questo pane trasmettere ai miei bambini. Rac- stando attenti a non tralasciare sieme alle altre madri, cantava (a bollitto (pane oddidu) quando la in casa cucinandolo nei forni a conterò i miei ricordi, e pense- alcuno, in fondo anche i grandi duru duru). Mi sembra ancora di carovana giungeva finalmente legna). Venuto a cottura si ripe- ranno, in cuor loro d’avere un aspettavano l’appuntamento an- sentirle quelle giovani voci cari- alla vigna, gli uomini sospende- scava dal brodo e servito a tavo- buon padre che racconta delle nuale con gran fervore. La notte che di speranza. Le vedevi cari- vano per un attimo la vendemmia la, incipriato di buon pecorino. belle fiabe per farli star buoni. precedente mi era quasi impossi- che di mille fardelli, cestini, te- e venivano giù a dar man forte Quanto era saporito! Salvatore Sanna

l critico d’arte Vittorio Sgarbi è durante la conferenza stampa di un profondo conoscitore della presentazione della mostra. “Non è pittura e degli artisti sardi delle In mostra a forse dolore, lacerante dolore – ha varieI epoche. (“C’è tutta un’arte aggiunto – se un pittore, chi vi sarda del Novecento bellissima, a parla o un qualsiasi altro pittore, dimostrare – ha scritto – che l’iso- oltre alla terza torre come urlo di lamento geografico non corrispon- le opere di Antonio Debidda dolore di tutta l’umanità contro gli de affatto a provincialismo, sem- orrori della guerra e delle guerre di mai a provincia, specificità locale, oggi e di sempre, dipinge sulla voluta diversità dal centro del si- tela una borsa di pelle aperta dalla stema”. il pittore scoperto da Sgarbi quale sono usciti sparpagliati qua e Sgarbi – ci segnala Nerio Spiga - là su un marciapiede di una città ha il merito di aver riscoperto due che può essere o Sassari, anni fa un grande pittore che du- no è affascinato dalla potente Roma o Milano, oppure Bologna, e rante gli anni trascorsi dalla sua pittura di Carlo Contini e da accanto ad essa dei mazzetti di fio- morte (1942) era quasi sconosciuto quella più moderna e plastica di ri che non appassiranno mai per- sia dagli intenditori che dal pubbli- Antonio Corriga. Si trasferisce a ché resteranno per sempre bagnati co quasi sconosciuto, Brancaleone Roma negli anni Sessanta e stu- dalla commozione e dalla pietà Cugusi da Romana, considerato ora dia all’Istituto d’arte con Felice della coscienza civile, morale, un pittore di levatura nazionale e Ludovisi e con quell’Alberto Zi- umana e sentimentale dei citta- internazionale. Dopo la riesuma- veri ch’era appartenuto alla fa- dini italiani, oltre che dalla solida- zione della sua grande personalità mosa ‘scuola romana’. rietà presente e futura della storia e artistica da parte del critico a Bran- Debidda – ha scritto Sgarbi - af- del tempo in nome del sacrificio caleone Cugusi sono state dedicate fida alla dialettica fra forma e co- magari di D’antona, di Marco Bia- due importanti mostre, la prima a lore una visione di sintesi dei pae- gi, di Bachelet e di tanti altri?”. Cagliari e la seconda a Sassari. saggi della sua Gallura, mobilissi- “L’arte però – ha proseguito l’arti- Da poco Sgarbi ha scoperto mi, quasi liquidi, nel tentativo di sta sardo – è soprattutto bellezza e un’altra ‘perla’ della pittura sar- trovare la formula di un equili- amore, poesia e passione, inven- da Antonio Debidda. Per il critico brio di natura tanto stupefacente in zione scenica di racconto e narra- d’arte “Debidda ricorda alcuni una simile varietà d’aspetti”. Ri- zione, evocazione e memorie, ri- importanti artisti italiani degli trattista e paesaggista, raffinato ac- cordi, sentimenti e affetti non ob- anni Trenta e Quaranta, Ottone querellista, padrone delle varie bligatoriamente soltanto autobio- Rosai, Mario Mafai, Felice Caso- tecniche pittoriche, dal disegno grafici dell’autore, ma anche vo- rati soprattutto”. Le opere di De- alla tempera, dall’olio all’affre- stri, di ciascuno e di tutti”. bidda “evocano una intensa e seve- Gallurese di nascita, sin da piccolo nici a . E poi e Ag- sco, Debidda, già titolare di cat- La mostra – segnala Nerio Spiga ra spiritualità. sono nature morte di fino alla giovinezza e poi anche gius, Ardara e , Codrongia- tedra di Disegno e Storia del- - ha fatto registrare un clamoroso dimensione ultrareale dove c’è più durante gli anni della maturità - nus ed , , Tula, l’Arte al liceo statale “G. Spano” successo di pubblico. Oltre diecimi- di quanto la realtà ci consente di racconta Nerio Spiga - ha vissuto in , Nughedu Santa Vittoria, di Sassari, scrittore, poeta, scrive la sono stati i visitatori venuti anche vedere. Al rito della semplicità ve- vari centri dell’isola, prima per i , e . Traendo penetranti analisi di critica d’arte. da luoghi di Sardegna lontani da ritiera, si sostituisce quello della frequenti trasferimenti per motivi di da ciascun luogo, da quella gente, Nella mostra “Omissis” l’artista Sassari che hanno lasciato testimo- varietà simbolica”. servizio cui è legato il lavoro del da tradizioni e usanze, dalle parlate ha proposto cinquantacinque opere nianza delle emozioni provate. Le opere di Debidda sono state padre, poi le sue varie residenze per e dalle varianti lessicali e vocali, ma imponenti come dimensione – di- Per Vittorio Sgarbi “in tutte le esposte al Museo d’arte contem- motivi di studio o, infine, della sua soprattutto dal carattere di quegli verse di esse superavano i due opere di Debidda, qualunque sia il poranea Masedu di Sassari in una professione di docente di scuola abitanti, l’intera essenza e lo spiri- metri e mezzo per due metri – e soggetto, si sente il silenzio e la mostra intitolata “Omissis”. media: da Martis a , da Ca- to e la fisionomia dell’autentica ani- come tematica che scorreva sul musica, si afferma il senso di reli- Debidda, sessantacinquenne, langianus a Abbasanta, da Oristano ma sarda. filo del sociale. “L’arte è anche giosità e umanità, che caratterizza- vive e lavora a Sassari da trentanni. dove compie parte degli studi tec- Da giovane studente a Orista- dolore”, ha detto l’artista sardo no la Sardegna e le sue genti”.