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Università degli Studi di Pisa Corso di dottorato in Storia, Orientalistica e Storia delle Arti XXIII ciclo

Dal servizio di leva alle missioni umanitarie: il mutamento dell'immagine dei militari nella cultura popolare dalla contestazione del 1968 fino alla strage di Nassiriya

Tutor: Chiar.mo Prof .Alberto Mario Banti Candidato: Andrea Chicca

1 Indice

Introduzione 4

Capitolo 1: I periodici "Oggi" "Gente" e "Famiglia Cristiana" prima delle missioni internazionali 10 Introduzione

1.1 I periodici prima della guerra del Golfo 12 1.2 L'obiezione di coscienza al servizio militare 20 1.3 Il commercio delle armi 30 1.4 Le guerre in cui non sono stati coinvolti italiani 40 1.4.1 Conflitti arabo israeliani 40 1.4.2 Afghanistan 43 1.4.3 la guerra delle Falkland 44 1.5 Il servizio di leva dei militari italiani 46 1.6 Le calamità naturali e gli incidenti 76 1.6.1 Belice 1968 76 1.6.2 Friuli 1976 77 1.6.3 Irpinia 1980 78 1.6.4 Casalecchio di Reno 1990 79

Capitolo 2: le donne nelle forze armate 81

Capitolo 3: le missioni internazionali 95 Introduzione 3.1 Libano 96 3.1.1 La morte di Montesi 103 3.2 la guerra del Golfo 106 3.2.1 La vicenda di Bellini e Cocciolone 111 3.3 Somalia 120 3.3.1. Lo scandalo Somalia 135 3.4 Dopo l'undici settembre: Iraq e Afghanistan 139 3.4.1 L'undici settembre 139

2 3.4.2 L'attacco in Afghanistan 146 3.4.3 L'invasione dell'Iraq 151 3.4.4 L'arrivo dei soldati italiani in Iraq 166 3.4.5. Nassiriya. 169

Capitolo 4: I morti nelle missioni internazionali e il caso Scieri 177 Introduzione 4.1 I morti nelle missioni internazionali 173 4.2 Il caso Scieri 183

Capitolo 5: I film, i fumetti e le serie Tv sui militari 186 Introduzione 5.1 I film e i fumetti fino alla metà degli anni '70 186 5.2 Gli anni '70 e i primi '80: la commedia erotica e i fumetti sulla leva 204 5.3 Un altro modo di fare satira: Sturmtruppen e L'ultima burba 220 5.4 Alcune commedie con argomento militare che non coinvolgono i soldati di leva . 228

5.5 I film drammatici: Profumo di donna, Marcia trionfale e Soldati 365 giorni all'alba 230

5.6 Il periodo di mezzo: film e serie Tv tra la seconda metà degli anni '80 e i primi '90 234

5.7 Il paradigma del soldato di pace: Nassiriya per non dimenticare, Le Ali 241 5.8 Due commedie sulle missioni internazionali: Ci sta un francese, un inglese e un napoletano e Missione di pace 245 5.9 Film drammatici per il cinema: Radio West e Venti sigarette a Nassirya 248

Conclusioni 252

Bibliografia, sitografia e filmografia 254

3 Introduzione

Nella chiesa romana si onora il sacrificio di due alpini, morti a Kabul per fare il loro dovere e guadagnare un pugno di euro in più. Fuori invece va in scena l'ingorgo dello status symbol: decine e decine di auto blu, tutte con autista, che cercano di depositare le autorità al riparo dalla pioggia. E poi trovare un

parcheggio.1

Alla morte di ogni soldato italiano in missione all'estero la basilica di Santa Maria degli Angeli, la chiesa utilizzata dallo stato per le sue funzioni, è gremita di politici di ogni colore: ministri, sottosegretari, onorevoli, segretari di partito: tutti devono essere presenti a un dolore privato che diventa anche un rituale pubblico Ad ogni funerale di soldato italiano morto all'estero questa scena si ripete: la politica rinnova i suoi riti, e per mezzo dei suoi rappresentanti più autorevoli convince la nazione della giustezza di mantenere la pace nel mondo morendo nei deserti dell'Afghanistan o dell'Iraq perché gli interessi nazionali si troverebbero molto al di là dei nostri confini. Ne sono un esempio i funerali delle vittime di Nassiriya nel 2003: i politici erano in prima fila, mentre alcuni familiari hanno trovato posto solo in piedi, verso l'uscita della chiesa. Il lutto della nazione quando muoiono i soldati italiani all'estero è diventato un rituale canonizzato: le salme sono accolte all'aeroporto militare di Ciampino da qualche alta personalità, a volte persino il presidente della Repubblica, e portate alla basilica di Santa Maria degli Angeli per un rituale pubblico.

Si potrebbe ipotizzare che durante il servizio militare di leva non ci siano stati decessi, e che l'Italia non fosse quindi abituata a veder morire i propri militari; per questo ognuno di loro oggi diventa un eroe, anche se muore di malaria o mentre fa jogging. In realtà molte persone sono morte o hanno subito menomazioni durante il servizio militare di leva, prima delle missioni di pace all'estero, iniziate stabilmente nel 1992. I molti decessi, a volte a causa dell'inefficienza della sanità militare, sono passati sotto silenzio, ma questo silenzio ha riguardato anche i pochi caduti nel mantenimento della pace internazionale. I caduti nell'eccidio di Kindu del 1961 ebbero la medaglia d'oro al valor militare alla memoria solo nel 1994, più di trent'anni dopo. Uno dei primi morti

1 Gianluca di Feo e Paolo Forcellini, L'onda blu del privilegio, in "L'Espresso", a. LI, 6 maggio 2006, http://espresso.repubblica.it/palazzo/2006 maggio 25/news/l-onda-blu-br-del-privilegio-1.714

4 nelle missioni di peace-keeping, il capitano Carlo Olivieri, ha ricevuto una medaglia solo nel 1991, ben diciotto anni dopo il suo decesso, avvenuto all'inizio della guerra del Kippur. Non si sa se alte personalità fossero presenti ai funerali, ciò che è certo è che la sua morte venne ignorata dalla quasi totalità della stampa. La costruzione delle nostre glorie militari come soldati e portatori di pace, quindi, non si è imposta subito all'opinione pubblica italiana, e non è stata, fino agli anni '90, uno dei pilastri del concetto di nazione.

Questa tesi si propone di indagare la presentazione che viene fatta dei militari in quasi quarant'anni di storia italiana, dal 1968, l'anno della contestazione, al 2003, l'anno della strage di Nassiriya; scopo è osservare quali siano le fondamenta di questo mito e quale fosse l'immagine dei soldati negli anni precedenti a questa costruzione. Dal campo di ricerca della prima parte di questo lavoro è stata esclusa la stampa quotidiana e quella di approfondimento politico; si è preferito concentrarsi su periodici di costume a grande tiratura come "Oggi" e "Gente", e sul settimanale cattolico "Famiglia Cristiana". Nella seconda parte si è trattato di mezzi più propriamente popolari come i fumetti e il cinema. Le testate utilizzate per la prima parte sono state scelte perché popolari, a grandissima tiratura, ufficialmente non politicizzate, e perché i loro lettori vi ricercavano principalmente notizie che non avevano niente a che fare con la vita militare. La persone che leggevano "Oggi" o "Gente" erano infatti interessate alle feste dei divi, agli amori della famiglia reale in esilio e alle vicende, spesso presenti, della famiglia Mussolini. Con la lettura di articoli sull'esercito, sui militari e sulla politica si esercitava un orientamento a favore della maggioranza di governo e si ribadiva, nonostante gli scandali, nonostante il nonnismo, nonostante i graduati autoritari, che il paese e le sue forze armate erano sani. Le riviste prese in esame hanno grandi tirature, ma queste, anche se importanti, non danno la dimensione della circolazione delle copie dei tre settimanali presi in esame. Questo genere di produzione editoriale infatti viene lasciato nelle sale d'aspetto dei medici e degli uffici e quindi ogni copia passa di mano molte volte prima di essere gettata. Il carattere, per “Oggi” e “Gente”, di periodici di costume, adatti, appunto, ad essere lasciati in luoghi pubblici per intrattenere le persone, fa sì che coloro che le sfogliano non siano solamente lettori intenzionali. Per “Famiglia Cristiana” il fatto che sia spesso comprata da parrocchie e oratori fa sì che il pubblico potenziale sia quello dei cattolici praticanti italiani, in diminuzione negli anni 2000, ma altissimo nei primi anni

5 di diffusione della rivista. Nel periodo preso in esame le copie vendute da “Oggi” e da “Gente” si sono mantenute stabilmente oltre le 600.000 per il settimanale della Rizzoli fino al 1990, e sopra le 500.000 per il periodico della Rusconi. Nel 1990 “Gente” vendeva 755.000 copie, contro le 613.000 di “Oggi”.2 “Famiglia Cristiana”, invece, si colloca ben al di sopra delle vendite dei giornali precedenti, superando durante gli anni '70 e fino ai '90 il milione di copie, anche grazie alla distribuzione tramite le parrocchie e l'associazionismo cattolico.3 “Oggi” e “Gente” hanno lo stesso pubblico di riferimento e si contendono i lettori: non sono settimanali femminili come “Anna”, “Gioia” o “Cosmopolitan”, ma hanno un pubblico in prevalenza femminile, benché vengano letti anche da maschi. Il pubblico dei giornali è vario, ma solitamente di cultura medio bassa e avanti con gli anni, come dimostrano i molti servizi sulle glorie delle guerre passate o, con gli anni '80 e l'esplosione del culto di Padre Pio, dei miracoli del frate di Pietralcina, soprattutto in “Gente”. Come nota Ugo Volli:

La lettura di un settimanale non è mai un “genere di prima necessità”, né sul piano informativo né su quello dell'intrattenimento e della condivisione dei gusti e degli interessi (che sono i motivi fondamentali del consumo di comunicazione di massa). Non si apprende da un settimanale né lo scoppio di un guerra, né l'ubicazione di una farmacia aperta o il programma di un cinema, né la propria identità sociale[...] Le notizie che un settimanale può dare, se sono significative, in linea di massima sono state ricevute prima dalla televisione e poi dai quotidiani; si tratta dunque di una “terza lettura”, che si giustifica solo con un taglio particolare, con un'identificazione forte di valori e interessi.[...] Le sorelle Carlucci, Clinton, il campionato di calcio, la Lega Nord, la ricerca biologica trovano posto su “Novella 2000”, su “Panorama” e su “Gente”; la differenza sta negli spazi, nell'ordinamento e nell'inquadratura delle notizie, nella conoscenza presupposta dal lettore.4

“Oggi” e “Gente” presentano caratteristiche simili e si possono collocare a metà tra “Panorama” e “Novella 2000”: vi sono articoli ed editoriali in cui si prende posizione sui fatti politici, ma la gran parte dei servizi è dedicata alle cronache mondane, ai

2 Nel 2013, a titolo di confronto, le tirature dei setttimanali sono tra le 397.000 copie per “Gente” e le 500.000 per “Oggi” e “Famiglia Cristiana”. http://www.fieg.it/documenti_item.asp?doc_id=229 30 agosto 2014 3 Cfr. Ugo Volli, I settimanali, in Valerio Castronovo, Nicola Tranfaglia (a cura di), La stampa italiana nell'età della tv, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 303 4 Ibid. pp. 301-303 6 consigli pratici e ai fatti di costume. "Famiglia Cristiana" presenta alcune caratteristiche particolari, che la differenziano in parte dagli altri due periodici: era distribuito nelle parrocchie e spesso letto per i suoi articoli di argomento religioso; anche qui il servizio militare e il ruolo delle forze armate erano argomenti secondari, ma venivano così a conoscenza di un pubblico molto variegato per idee e convinzioni, dai cattolici conservatori al cattolicesimo democratico nato dopo il Concilio Vaticano II. Tutte queste persone, che spesso dibattono nelle interessanti "Lettere" al settimanale, pur essendo espressione di un mondo molto diverso al suo interno, leggono gli stessi articoli sull'esercito e la leva, formandosi quindi un'opinione grazie al settimanale cattolico. La scelta dei settimanali è quindi motivata dal fatto che questi siano una lettura di “terza scelta”, che rispecchia valori di appartenenza più che fornire notizie. Coloro che acquistano una copia di “Oggi” e “Gente”, cercano una lettura d'evasione e desiderano far parte di un mondo di dive, teste coronate, ricchi imprenditori. A lato dei servizi principali dei settimanali, nel presentare l'attualità politica e i problemi del paese, i direttori e i giornalisti ne danno una presentazione funzionale all'universo piccolo- borghese di riferimento dei lettori. Un modo nuovo di presentare i militari in missione all'estero ha inizio con la morte di Filippo Montesi, giovane marò di leva caduto nel 1983 durante la missione di mantenimento della pace in Libano. Se la morte di Olivieri era avvenuta nel silenzio della stampa, Montesi riceve invece notevole attenzione mediatica, divenendo il prototipo del caduto nelle missioni all'estero. Il rituale pubblico era ancora da perfezionare e i funerali si svolsero a Pesaro, vicino alla sua città natale; egli ricevette solo una semplice croce di guerra, a fronte di medaglie d'oro al valore dell'esercito che saranno concesse poi a morti di malattia. Ciò nonostante, per l'opinione pubblica è lui, e non Carlo Olivieri, il primo caduto in una missione di pace. Con l'impegno internazionale dell'Italia all'estero, iniziato stabilmente con la guerra del Golfo, la retorica che si era usata in Libano per la morte di Montesi viene affinata e fatta propria dai media: stampa, televisione, radio. È infatti con la guerra del Golfo e in seguito con la missione in Somalia che la costruzione dell'italiano come portatore di pace e buon soldato si impone all'opinione pubblica; viene fatta propria anche dalla stampa periodica presa in esame, accanto ai fatti di costume. Proprio perché queste testate trattano di tutt'altro vengono lette da un pubblico meno

7 politicizzato e più suggestionabile da una storia confezionata con buona dose di sentimento, abnegazione al dovere e commozione. Nassiriya è stata il punto di arrivo di questo processo: tutti i partiti politici, dai postfascisti ai postcomunisti, hanno aderito alla retorica nazionale di quei giorni, accettando senza riserve l'immagine del soldato come costruttore di pace. I periodici, anche "Famiglia Cristiana" che era contraria alla guerra, hanno magnificato le virtù dei soldati italiani; il settimanale cattolico è giunto ad affermare in un articolo del presidente di Pax Christi, Tommaso Valentinetti, che colui che manifesta per la pace e il soldato in missione umanitaria percorrono lo stesso sentiero. Con Nassiriya si è imposto dunque un pensiero unico e un modo di guardare alle vittime che le ha per sempre canonizzate in una retorica funzionale ai disegni dello Stato.

Il secondo tipo di fonte preso in esame in questo lavoro sono i film, le fiction e i fumetti riguardanti la vita militare. Il percorso, autonomo fino a un certo punto da quello dei settimanali, inizia poi a convergere con quello della carta stampata, e il paradigma del soldato di pace si impone anche nel cinema (nonostante i molti film nei quali l'esperienza della leva è messa alla berlina). Per un certo periodo a determinati prodotti cinematografici ne corrispondono di grafici. Il fumetto, però, dopo gli anni '90 diviene sempre meno una forma di intrattenimento popolare e acquista il ruolo di mezzo di comunicazione colto, che si esprime attraverso la forma più raffinata della graphic-novel; da questo momento il cinema e la fiction restano i mezzi privilegiati con cui si forma l'immagine dei militari italiani. Con gli anni '60 abbiamo molti film di guerra a basso costo a imitazione dei modelli americani: ambientati nella seconda guerra mondiale, con trame avventurose, vi si celebrano il valore e il coraggio. Questi lungometraggi hanno come specchio i fumetti di guerra, spesso pensati per il mercato inglese, disegnati in Italia o in Sudamerica (e poi riproposti in Italia su licenza). Si tratta, per tutte e due le fonti, di prodotti popolari, adatti a un pubblico non molto colto e con storie elementari e lineari. Nei fumetti, di solito, l'universo femminile, è quasi assente, e le storie preferiscono concentrarsi sul valore e il coraggio maschili. Nei film sui militari, di cui un esempio sono i "musicarelli", le donne sono presenti, la storia d'amore è sempre casta e sottintende una morale sessuale tradizionale, derivata dalla mentalità contadina. Gli scherzi in caserma e il nonnismo sono assenti; l'aspetto deteriore della vita militare che viene presentato è invece quello della posizione di potere per ottenere piccoli vantaggi

8 personali, spesso indirizzati ad ottenere lo status della classe sociale più elevata. Con gli anni '70 e l'avvento della commedia scollacciata, i film diventano farse volgari, nelle quali è esagerato in modo comico il mondo militare, e la censura su alcune delle peggiori situazioni in caserma viene meno; vi sono gli scherzi tipici del nonnismo, viene presentato il sesso (in varie forme: riviste pornografiche, prostitute, apprezzamenti alle ragazze) come una delle ossessioni del servizio militare. Ciò accade in parallelo anche per i fumetti erotici a basso costo, che condividono il linguaggio e le aspirazioni dei soldati con le commedie. La commedia di questo tipo inizia a decadere con l'inizio degli anni '80, ma i suoi cliché, i suoi registi, i suoi sceneggiatori, e in parte i suoi attori, entrano nelle nuove serie sui militari che riescono, utilizzando la struttura dei vecchi prodotti, a presentare i militari come seri ed efficienti. All'inizio degli anni '90 il cambiamento nella presentazione dei militari avviene con i prodotti per la televisione: "College", "Classe di ferro" e "Aquile". Qui si riprendono i temi della commedia degli anni '70, depurati delle volgarità più evidenti e dei toni più caricaturali; si presentano i militari come buontemponi dediti agli scherzi, ma efficienti quando si tratta di svolgere compiti seri. Lo slittamento nella presentazione dei militari è poi diventato definitivo negli anni 2000: vengono abbandonati i cliché della commedia e, tramite prodotti di largo consumo come le fiction, l'immagine dell'italiano portatore di pace viene canonizzata e resa accessibile a un pubblico più vasto di quello che occupa gli schermi cinematografici. I prodotti più seri e ragionati, interessanti anche da un punto di vista cinematografico, non raggiungono gli ascolti e le cifre dei film per la televisione, e quindi restano confinati a un mercato di appassionati o quasi.

La tesi si colloca quindi in un ambito storico-culturale, e intende ricostruire il processo che ha portato alla costruzione di un'immagine, quella dell'italiano portatore di pace, che si è imposta nei media con un processo di costruzione iniziato con la caduta del muro di Berlino. La scelta di un ampio periodo, anche a scapito della completezza dello spoglio, è stata effettuata proprio per osservare quali siano le modificazioni dell'immagine dei militari in un arco di tempo piuttosto lungo. La tesi cerca di osservare il fenomeno della costruzione del soldato di pace e dell'immagine dei militari decostruendone gli aspetti fondamentali e cercando di individuare i tasselli di una costruzione mediatica, quella del soldato italiano migliore

9 peace-keeper del mondo, che si avvale di stereotipi vecchi e nuovi, rielaborati nel corso del tempo. Questo mito oggi è utilizzato da ogni forza politica, anche quelle post- comuniste. Tuttavia in passato, sul terreno della leva, dell'obiezione di coscienza e delle manifestazioni per la pace, gli articolisti dei settimanali presi in esame hanno diviso in due l'opinione pubblica che chiedeva riforme del servizio militare: si è costruita così una narrazione che dipingeva i cattolici stessi come coloro che avrebbero desiderato veramente la pace, mentre i comunisti avrebbero perseguito l'obiettivo con lo scopo segreto di consegnare un paese disarmato a una potenza straniera. Per arrivare alla visione concorde che si impone dopo la strage di Nassiriya, quando i sondaggi registrano un deciso aumento di chi valuta come positiva la missione in Iraq5, si è cercato di procedere a ritroso, individuando i vari temi che ritornano in seguito o che verranno abbandonati in favore di una nuova visione dei militari italiani. Come detto, si è cercato di scegliere mezzi di comunicazione adatti a un pubblico meno colto e quindi più facilmente influenzabile dalla persuasione occulta esercitata dai rotocalchi e dal cinema. La scelta dei settimanali è stata effettuata trascurando quelli specifici di approfondimento come “L'Espresso”, “L'Europeo”, “Panorama”, perché scelti da lettori che cercano conferme esplicite e consapevoli ad una loro idea politica e sociale. La platea di lettori di “Oggi” e “Gente”, con tirature decisamente più alte rispetto ai periodici citati sopra, cerca conferma implicita dei valori piccolo-borghesi di riferimento e si augura che, in fondo, il comportamento del re o di Sofia Loren, non sia differente rispetto al loro. Coloro che leggono i rotocalchi, pur essendo spesso politicamente e socialmente conservatori, non cercano questa corrispondenza in un ambito strettamente politico, ma in quello, più ampio, dei fenomeni di costume. Secondo questo modo di rapportarsi alle fonti sono comprensibili i servizi con amanti di principesse e teste coronate nelle varie guerre, e dei personaggi famosi che presenziano al funerale delle vittime di Nassiriya. Differente è il caso di “Famiglia Cristiana”, settimanale che si avvale di un pubblico potenziale vasto ed eterogeneo, quello dei cattolici praticanti, a volte coincidente con gli altri due periodici, a volte profondamente diverso per inclinazione e cultura. In questo modo si può notare come viene dibattuto nei periodici moderati il problema militare, dato che queste produzioni editoriali si collocano all'interno di un quadro di rispettabilità e valori tradizionali, e quale sia la loro visione di un problema che si presenta sotto varie forme come quello del servizio militare e anche del rifiuto di esso.

5 Cfr Ilvo Diamanti, La scoperta della vulnarabilità, „la Repubblica“, 14 novembre 2003 http://www.repubblica.it/2003/k/sezioni/esteri/iraq7/diama/diama.html 10 Anche nel caso del cinema e dei fumetti si è cercato di decostruire il fenomeno nei suoi elementi essenziali osservando poi come questo passaggio, che sembra repentino e coincidente con le missioni all'estero, è invece leggermente precedente e graduale e quale sia il limite di un'ironia ad uso di un pubblico dai mezzi culturali modesti e con una visione del mondo fondamentalmente tradizionale.

11 I periodici “Oggi”, “Gente” e “Famiglia Cristiana” prima delle missioni internazionali

Introduzione

Il primo mezzo di comunicazione che intendo analizzare in questa tesi è la stampa periodica a larga diffusione. Oggetto della tesi è l'immagine popolare dei militari, e ritengo quindi proficuo concentrare l'attenzione sui settimanali di costume più diffusi: “Oggi”, “Gente” e “Famiglia Cristiana”. Questa tesi tralascerà dunque volutamente gran parte della stampa “impegnata”. E' da notare che le tirature di queste riviste, pur se considerevoli, rappresentano in realtà solo una parte dei lettori: queste pubblicazioni sono infatti spesso lasciate nelle sale d’aspetto dei medici e dei parrucchieri, e, nel caso di “Famiglia Cristiana”, anche in parrocchia. Per questa ragione tali riviste, che “ufficialmente” hanno un mercato per due terzi femminile, sono lette, o almeno sfogliate, anche da molti uomini. Nella scelta dei periodici “Famiglia Cristiana” occupa un posto a sé rispetto ad “Oggi” e a “Gente”: il primo foglio, infatti, oltre ad essere espressione di una parte della Chiesa ( e una parte non sempre in linea con le gerarchie vaticane), ha la fisionomia di un giornale di approfondimento con articoli di politica, attualità e cultura; i secondi, invece, sono piuttosto dei settimanali di costume nei quali la politica e la cultura giocano un ruolo secondario rispetto agli articoli di gossip e di cronaca. Da una parte questi giornali sono favorevoli ai partiti di governo della prima repubblica e sono, per questo, anticomunisti: da questo punto di vista i militari sono presentati in modo generalmente positivo. D'altra parte, però, sono letti da un pubblico che spesso cerca dal giornale soluzioni a problemi pratici, quali, ad esempio, il doversi confrontare delle famiglie con le lungaggini e le assurdità dell’istituzione militare. Le lettere, soprattutto per “Famiglia Cristiana”, sono infatti colme di problemi di ragazzi che devono affrontare la naja lontani da casa e perdere il lavoro, o un anno di studio; che hanno fatto domanda di esenzione perché parte di una famiglia numerosa o perché studiano, e che hanno visto queste domande respinte o non evase. Questo tipo di pubblicazioni, a differenza di altre politicamente più impegnate e che criticano da un punto di vista politico l’istituzione militare, ha spesso parole di rimprovero per la burocrazia o, in alcuni articoli, aiuta i lettori con consigli pratici e spiegazioni di leggi. Con la fine della naja questi interventi di tipo pratico diventano meno frequenti poiché i

12 rapporti con l’istituzione militare si limitano ai volontari. Interessante diviene quindi la visione che questo tipo di stampa dà dei militari in missione e dei caduti. Si può dire che essa si uniforma in gran parte a quella della maggioranza di governo, anche se non mancano le critiche, soprattutto ad opera di “Famiglia Cristiana”. Dei tre giornali, “Gente”, edito da Rusconi, è quello più conservatore ( a titolo di esempio, quando l’ “Espresso” scopre il piano “Solo” giunge a giustificarlo nelle linee generali). Durante gli anni ’90 “Oggi” si schiera invece a favore del centrosinistra, ospitando anche Antonio Di Pietro come giornalista pro tempore, inviato a seguire la guerra in Afghanistan, e la “stanza” di Indro Montanelli con editoriali di commento sulla politica e l’attualità. “Gente”, invece, ospita come editorialista politico Mario Cervi, ex vice di Montanelli al “Giornale” che, dopo avere seguito il suo direttore alla “Voce”, è ritornato al “Giornale” e ne è divenuto il direttore, schierandosi per il centro destra. I tre periodici, quindi, anche se di orientamento moderato e con un pubblico abbastanza simile per estrazione sociale e composizione, presentano delle differenze percettibili. Per quanto riguarda i periodici fino ai primi anni '90 è interessante notare come tra “Oggi” e “Gente” vi siano vari passaggi importanti di giornalisti e anche di direttori, che in qualche modo confermano la sostanziale equivalenza tra i due rotocalchi, la cui formula a metà tra il settimanale di approfondimento e quello di gossip, si rivela vincente in termini di tirature e vendite. L'artefice di questo tipo di settimanale è il direttore di “Oggi” dalla fondazione al 1956, Edilio Rusconi, che lascerà il settimanale della Rizzoli per fondarne uno proprio: “Gente” di cui sarà anche direttore dalla fondazione ai primi anni del periodo preso in esame. Questo segnala come le due testate siano in fondo equivalenti per scelte e contenuti editoriali, e che questi siano in concorrenza per lo stesso tipo di pubblico, e che le differenze, almeno fino agli anni '90, siano minime. “Gente” è forse leggermente più conservatore e in “Oggi” c'è uno spazio maggiore riservato all'attualità, anche se prevalgono gli articoli di costume. Come ha fatto notare Nello Ajello:

Confortato dalle alte cifre di vendita, “Oggi” diventa così il prototipo del rotocalco “seconda maniera”. L'equilibrio fra tecnica e contenuto è rigoroso. A riconosciuto che, se era nelle intenzioni della direzione e della proprietà offrire un prodotto radicalmente conformista, un organo ufficiale del farisaismo piccolo-borghese – recante l'immagine di un' Italietta stretta intorno al suo re lontano e al suo papa vicino, fatta di fidanzati innamorati, ma rispettosi, di spose

13 felici, di bimbi paffuti, torte con le candeline, di corredi all'antica e di cerimonie nuziali - la riuscita non potrebbe essere più completa. […] “Oggi” e i suoi epigoni, che non tarderanno a spuntare, si spingono più avanti. Diffondono una lezione di qualunquismo engagé6

Nel periodo preso in esame i direttori delle testate cambiano molto poco, e cambia poco la linea editoriale dei settimanali. “Oggi” ha due direttori dal 1968 al 2003: Vittorio Buttafava dal 1964 al 1976 e Paolo Occhipinti che tiene la direzione del fino al 2005, salvo una parentesi di tre anni alla direzione (1979-1982) del comparto periodici della Rizzoli, in cui è sostituito da Willy Molco. Se nell'impostazione di Buttafava il settimanale è ancora simile a quello fatto uscire da Rusconi nel 1945, con Occhipinti si ha una certa apertura verso notizie di attualità e lo spazio dedicato al commento, ad opera di firme prestigiose e di diverso orientamento politico, dei fatti politici e sociali diventa maggiore. “Gente”, invece, si mantiene fedele alla formula del fondatore, con un editoriale di commento alla politica e la gran parte dei servizi dedicati ai fatti di costume, teste coronate, candeline, bambini paffuti, dive e divi. Rusconi, per i molteplici impegni editoriali, ha lasciato la direzione ad Antonio Terzi, che l'ha tenuta fino al 1981, dopo due anni di parentesi di Gilberto Forti la direzione passa a Sandro Mayer, che la tiene fino al 2005, quando passa il testimone a Pino Aprile. A titolo di curiosità, quest'ultimo è autore di un fortunato saggio di controstoria risorgimentale: Terroni in cui si spiegano le ragioni di una supposta prosperità del regno del sud prima della conquista piemontese.7 Con la direzione di Mayer viene scoperto un importante filone in grado di attrarre lettori: Padre Pio. In ogni numero si susseguono le testimonianze di miracoli e di fatti della vita del frate di Pietralcina, abbassando ancora di più, se possibile, il livello del settimanale. Con il 1994 e lo schieramento del settimanale a favore del centro-destra la formula del miracolo assume anche caratteri grotteschi, come quando, invece di padre Pio, ad operare la guarigione è Silvio Berlusconi.8 6 Nello Ajello, Il settimanale d attualità, Valerio Castronovo, Nicola Tranfaglia (a cura di), La stampa italiana del necapitalismo, Laterza, Roma-Bari 1976, pp 200-202 7 Pino Aprile, Terroni. Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del sud diventassero meridionali, Piemme, Milano 2010 8 Riccardo Morante, Mio figlio era ormai nell’aldilà ma con la sua voce Berlusconi ha fatto il miracolo, 14 “Famiglia Cristiana” è espressione del mondo cattolico e non ha mai avuto direttori laici. I direttori sono stati Don Giuseppe Zilli dal 1954 al 1980 e Don Leonardo Zega dal 1980 al 1998. Dopo un breve intermezzo, dal 1999 ad oggi la direzione è affidata a Don Antonio Sciortino. Di solito sono i vari direttori a rispondere nella rubrica “Colloqui con il padre”, nella quale i lettori chiedono risposte su fatti di attualità e vita religiosa. Fino alla caduta del muro di Berlino il settimanale era molto critico verso l'Unione Sovietica e il blocco orientale, anche quando erano in corso tentativi di distensione. Per questo motivo, nonostante a volte il settimanale sia critico su alcune politiche governative come quelle sul traffico d'armi e l'obiezione di coscienza, la maggioranza al governo viene comunque sostenuta. Con la fine della guerra fredda il settimanale diventa indipendente dal punto di vista politico, criticando i vari schieramenti quando non seguono la dottrina cattolica, anche riguardo agli interventi militari di peace-keeping.

I periodici prima della guerra del Golfo

“Oggi” non si presenta in formato tabloid, ma in grandi fogli ricchi di illustrazioni che occupano una buona parte delle pagine. Il target è principalmente femminile e non molto colto. Il periodico si presenta pieno di consigli utili: lettere spedite a specialisti di medicina, all’avvocato, al prete, al linguista o all’insegnante per quesiti di lingua (e quindi per non fare brutta figura in occasioni formali). La maggior parte dei servizi si occupa di cronaca nera e rosa, ma non manca la politica, della quale si occupava il giovane Sandro Mayer; il settimanale ospita anche interviste a politici con domande dei lettori. La maggior parte degli articoli di politica riguarda problemi pratici, e alcuni esponenti dell’area di governo offrono risposte su burocrazia o le leggi, in modo da far sentire le istituzioni vicine alla gente. Queste interviste sono però fatte solo ad esponenti dell’area di governo, compreso il PSI. Il giornale si occupa di inchieste a puntate su numerosi argomenti, e molto spesso vi sono servizi fotografici a puntate su prima e seconda guerra mondiale. Nelle risposte alle lettere il direttore è decisamente conservatore, con punte di antimodernismo quando discute della Chiesa. Verosimilmente, questo incontrava i gusti dei lettori, alla ricerca di

in „Gente“, a. XL, 12 agosto1997, pp. 6-8

15 un foglio in qualche misura rassicurante e vicino al loro sentire. Molto interessante in “Oggi”, ma anche in “Gente” sono le corrispondenze abbondantissime con articoli di gossip sulla famiglia Mussolini, anche con testi, tutto sommato, marginali. Un esempio è l’articolo del 21 marzo 1968 nel quale la vedova Mussolini richiede la pensione di reversibilità per il marito impiegato statale per vent’anni come Presidente del Consiglio. Un’altra famiglia di cui si parla moltissimo, in toni quasi nostalgici o comunque positivi è la famiglia Savoia, con relative vicissitudini degli eredi. I due giornali non sono monarchici né fascisti, ma è probabile che abbiano fiutato delle buone notizie per articoli di cronaca rosa. Questo esempio fa capire il possibile pubblico dei due fogli. Verosimilmente i lettori sono conservatori, probabilmente un po’ avanti con gli anni che ricordano con piacere, o almeno con nostalgia gli anni trascorsi, anche senza avere aderito pienamente al regime. Per i veri nostalgici esisteva la stampa monarchica o neofascista. Una parte dei lettori di “Oggi” e “Gente” erano membri di quella borghesia che aveva aderito al fascismo per convenienza e ne aveva deplorato gli eccessi, pur non palesando il proprio dissenso. Quella che viene chiamata, riprendendo un termine di Levi9, “zona grigia”, e che coincideva con la maggior parte della popolazione italiana che non aveva parteggiato per nessuno dei due schieramenti durante la guerra civile. Un possibile elemento che avvalora l'identificazione di una parte del pubblico di “Oggi” con questo strato sociale è la lunga collaborazione di Indro Montanelli con il settimanale, iniziata negli anni ’70 e conclusasi solo alla morte del giornalista toscano. Dalla biografia in due volumi di Gerbi e Liucci10 si comprende come Montanelli sia stato la voce di quella parte della popolazione italiana che amava vivere tranquilla, senza riconoscere le colpe del fascismo che aveva blandamente appoggiato. Montanelli, che scrisse in collaborazione con Longanesi la biografia dell’usciere di Mussolini,11 è uno dei personaggi principali con cui si identificava quella borghesia che voleva in fondo autoassolversi dal fascismo, e fare di esso una dittatura da operetta, blanda e tutto sommato simpatica (a differenza del nazismo). Questo modo di vedere il passato era tutto sommato condiviso dalla maggior parte della borghesia italiana, la quale deplorava contemporaneamente gli eccessi resistenziali e le punte più efferate del fascismo

9Cfr. Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986 10Cfr. Sandro Gerbi, Raffaele Liucci, Lo stregone e l’anarchico borghese, Einaudi, Torino 2006 11Indro Montanelli e Leo Longanesi, Memorie del commesso di Mussolini, ed or. Longanesi Milano 1946 II ed. 1983 16 repubblicano. Il pubblico di “Oggi” e “Gente” era quindi costituito da una fetta di persone certamente nostalgiche del tempo che fu, ma non tanto da aderire a movimenti neofascisti. In sostanza da tutte quelle persone che si riconoscevano, più o meno convintamente, nei partiti di governo e si auspicavano, più da conservatori che da reazionari, che le cose cambiassero il meno possibile.

Un esempio, relativo all’immagine dei militari, del tipo di target dei giornali è dato da “Oggi” e “Gente” del 1968: sono presenti in ambedue inchieste a puntate sul cinquantenario della vittoria: in Gente, il reportage “la guerra che vincemmo” dura da inizio marzo a fine di aprile ed è sotto la supervisione del generale a riposo degli alpini Emilio Faldella, il quale aderì alla Repubblica Sociale, ma nel contempo creò una rete clandestina a sostegno del Regno del Sud per impedire l’invasione slava della Venezia Giulia12, Il generale aveva partecipato da giovane ufficiale alla prima guerra mondiale e i servizi a puntate sono quello che un pubblico conservatore può aspettarsi: lettere piene di amor di patria, testimonianze della vita di trincea, biografie degli eroi come Battisti, Oberdan e Sauro.13 Scelte non dissimili sono fatte da “Oggi”, che dedica alla vittoria un servizio a puntate con testimonianze private, anche di militari di alto grado in pensione, non dissimile da quello dell’altro settimanale.14 Servizi simili esistono ad ogni ricorrenza di quella che è la vulgata storica nazionale, per il Risorgimento, ma soprattutto per le due guerre mondiali. Il pubblico del giornale, quindi, non voleva articoli scomodi, ma semplicemente ricordare, come aveva sempre fatto, avvenimenti che pensava importanti, magari con l’aggiunta di qualche dettaglio di colore. Questo modo di vedere la nostra tradizione storica non abbandonerà mai questi fogli e si riscontra anche in “Famiglia Cristiana”. Fino agli anni ’90 inoltrati nei vari giornali si riscontrano articoli storici, fatti soprattutto da testimonianze dirette, sui principali fatti militari che hanno coinvolto l’Italia. “Famiglia Cristiana” non fa eccezione e i servizi seguono lo stesso tenore di quelli di “Oggi” e “Gente”. Dato che il giornale è cattolico nei servizi storici sono presenti spazi

12 http://www.vecio.it/cms/index.php/i-nostri-eroi/137-generale-emilio-faldella 13 La guerra che vincemmo, (a cura di) Emilio Faldella, in “Gente”, a. XI, 23 marzo 1968-3 aprile 1968 14Cfr. Lorenzo Vincenti, Il comandante ci disse: “Signori allievi, da oggi siamo in guerra” in „Oggi“ , a. XXIII, 30 maggio 1968, pp 72-77; L. Vincenti, Una mostra di cimeli e una testimonianza appassionata sulla giornata del 4 novembre. Un popolo pazzo di gioia in “Oggi”, a.XXIII, 7 novembre1968; L’eroina di Vittorio Veneto che nel 1918 rischiò la fucilazione per l’Italia e il suo amore, in “Oggi”, a.XXIII, 14 novembre1968; Ho dato due vite alla patria, in”Oggi”, a.XXIII, pp.98-100. 17 più ampi per il ruolo della Chiesa cattolica e del papa. I lettori dei tre periodici vogliono una storia di tipo divulgativo con testimonianze e aneddoti, divertenti e commoventi. “Famiglia Cristiana”, comunque, offre anche esempi di articoli a puntate di divulgazione storica senza dedicarsi solo alla testimonianza e al reportage patetico che offre solo emozioni. Gli articoli di divulgazione storica di “Famiglia Cristiana”, infatti, sono per gli anni ’70 e parte degli anni ’80 di Gianfranco Bianchi (1915-1992) ex partigiano di ispirazione cattolica e docente di storia contemporanea e storia dei trattati, prima alla Cattolica di Milano e in seguito all’Università di Trieste. Negli articoli la parte di divulgazione era affidata a Bianchi, mentre della ricerca di testimonianze e di aspetti di colore si occupava Cenzino Mussa prima, e in seguito Guglielmo Sasinini che seguì anche la guerra in Libano. Ho trovato notizie di Sasinini in un articolo del “Corriere” che lo descrive come uno dei capi del sistema di intercettazioni che faceva capo alla Telecom di Marco Tronchetti Provera. Sasinini, da giornalista di “Famiglia Cristiana” era passato alla security Telecom e aveva in seguito svolto attività di dossieraggio per conto dell’azienda, per questo è stato messo sotto processo e condannato a sei anni e mezzo. 15 Evidentemente il giornalista ha sfruttato le sue relazioni nel mondo militare, quando seguiva le varie operazioni di peace keeping per “Famiglia Cristiana”, per fini diversi da quelli giornalistici. “Gente”, come ho già spiegato, è il giornale più a destra dei tre e i suoi servizi sono ostili al compromesso storico, visto come una manovra dei comunisti per prendere il potere. Gli articoli di punta erano di Enrico Mattei (1902-1987), prestigioso giornalista e direttore de “La Nazione” dal 1962 al 1967. Mattei iniziò a scrivere nel 1921 e nel dopoguerra divenne uno dei maestri del cosiddetto “pastone”16, ovvero il commento miscellaneo ai fatti politici.

Gli articoli di Mattei sono conservatori; ecco un esempio in cui si scaglia contro la rivoluzione dei garofani in Portogallo e ammonisce a non credere al compromesso storico:

15 http://archiviostorico.corriere.it/2007/aprile novembre Sasinini_spiava_c apo_della_polizia_co_9_070411088.shtml ; http://www.ossigenoinformazione.it/2013 febbraio giornalisti-e-dossier-illega li-telecom-risarcito-mucchetti-condannato-sasinini-19927/

16http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987 settembre 15/la-morte-di-enrico-mattei- il-maestro.html

18 E a nulla sono serviti due episodi attraverso i quali si è tradita e rivelata, oltre i veli trasparenti di tante mascherature la vera essenza del comunismo. Uno è stato il deciso rifiuto del congresso di dire una sola parola di riserva contro il comportamento dei comunisti portoghesi, che, d’accordo con il movimento comunisteggiante delle forze armate, hanno messo fuori legge, formazioni politiche seguite [..] da un terzo del paese. L’altro è stato la procellosa, ovvero

oceanica, ovazione che ha accolto il rappresentante di Breznev Kirilenko17

Il giornale segue quindi una linea decisamente spostata a destra, come fatto notare da Pier Paolo Pasolini negli Scritti Corsari: egli si scaglia contro l’editore Rusconi, definendolo come uno degli artefici della rivoluzione antropologica degli italiani.

Quanto all’operazione Rusconi penso che sia molto avanzata (dal punto di vista dell’evoluzione capitalistica) e già tutta dentro il cinismo noetico (presupponente una filosofia neo-edonistica che sostituisce tutto […]); e che tuttavia combatta come la situazione oggettiva vuole (per l’Italia e per il Cile) delle battaglie

ritardate (che presuppongono ancora forme di fascismo tradizionale).18

Pasolini accusa Rusconi di essere spostato a destra, e tuttavia di fare il gioco non di una destra tradizionale, ma della civiltà dei consumi che sta appiattendo culturalmente il paese. Rusconi di “Gente”, però, almeno formalmente si muove sempre su un piano di tradizione e rispetto di valori di un tempo e quindi i suoi articoli, nonostante tutto sono somiglianti a quelli dei giornali vetero-conservatori. Il periodico è ricco di cronaca rosa, e la politica è relegata agli editoriali o al commento dell’editore o dell’editorialista di punta. In questi anni l’editorialista è, appunto, Enrico Mattei, mentre in seguito il suo posto verrà preso da Mario Cervi. “Oggi”, invece, presenta una linea editoriale meno ostile al centro sinistra e ne è la prova un servizio del settembre 1968 sulla primavera di Praga, La Russia è impazzita!19, nel quale si sottolinea il dissenso del PCI con la decisione russa di intervento militare in Cecoslovacchia, anche se si rende noto che la maggior parte dei militanti di base è vicino alla Russia e che i rapporti con l'Unione Sovietica sono intatti, nonostante il dissenso. L'articolo riporta un tentativo, compiuto da Enzo Jannacci ad una festa

17Enrico Mattei, La Russia è impazzita, in “Gente”, a. XIX, 31 marzo 1975.

18Cfr Pier Paolo Pasolini, Scritti Corsari, Garzanti, Milano 1990, Ed or. 1975 p.154.

19Enrico Basile, I capi del PCI parlano di Praga. La Russia è impazzita! in „Oggi“, a. XXIII, 12 settembre1968 pp 24-26

19 dell'Unità, di cantare “Bella Ciao” per solidarietà ai cecoslovacchi che resta nell'indifferenza dei militanti. Ci sono quindi differenze, anche se non enormi, tra “Oggi” e “Gente”, ed entrambi differiscono in modo netto da “Famiglia Cristiana”.

L'obiezione di coscienza al servizio militare

Il tema è importante, soprattutto prima delle leggi che hanno regolato la materia, nel 1972 e poi fino al 1998. Prima della legge, infatti, coloro che rifiutavano il servizio militare obbligatorio erano infatti puniti da uno a due anni, da effettuarsi dopo il servizio di leva (dpr 237/64). La prescrizione del reato scattava cinque anni dopo i 45 anni d'età, età prevista per il congedo illimitato. I tentativi di lesione per sottrarsi agli obblighi di leva rientravano invece nell'ambito della giustizia militare e, fino al 1986, erano puniti secondo il codice militare di pace. Nel 1986 è intervenuta una sentenza della corte costituzionale che ha stabilito, per coloro che si procurano infermità prima della visita di leva, e che quindi sono civili, la non applicabilità del codice militare di pace e che questi siano sottoposti alla giustizia civile. I tentativi di ferimento per non prestare servizio militare, perciò, incorrevano in pene molto più severe della semplice renitenza. La questione dell'obiezione di coscienza in Italia ha avuto notevoli risonanze, soprattutto da parte cattolica, e “Famiglia Cristiana” è stata in prima fila nel seguire, con molta partecipazione, il cammino legislativo e nel rispondere a lettere di aspiranti obiettori, che ponevano questioni di principio, o volevano semplicemente consigli pratici sui passi burocratici da effettuare. Negli anni della legge sull'obiezione (1972) “Famiglia Cristiana” dà ampio risalto al problema, con interviste e servizi agli obiettori di parte cattolica, servizi in cui si dichiara, in linea con le decisioni del Concilio Vaticano II e la nuova visione del rapporto tra il credente e l'istituzione militare, l'obiezione di coscienza una scelta meritoria.

Come detto, “Gente” è schierato a destra, ostile al compromesso storico, con toni paternalistici, come è comprensibile nell'editoriale di fine anno del 1971 del direttore ed editore Edilio Rusconi:

Sì amici, il nostro compito è di servire voi, la vostra città, la nostra città, la

20 nostra gente, le nostre istituzioni, la nostra Patria che ha nome Italia, la nostra patria più grande che ha nome Europa. Altri, lettore, può fare meglio e di più; ma ciò che facciamo è con purezza di cuore e con amore verso tutti i nostri

concittadini.20

Quest'ultimo settimanale non segue quindi le vicende della legge sull'obiezione, ma il tono degli editoriali del direttore-editore, è simile a quello citato negli interventi sul movimento studentesco, nei quali, oltre a bollare come perdigiorno gli studenti, si plaude alle cariche della polizia che ristabiliscono l'ordine; nel 1975, poi, Enrico Mattei nell'editoriale E se facessimo un patto?21 propone un patto con l'MSI in alternativa all'accordo con i comunisti.

Diverso è invece il caso di “Oggi”, non pregiudizialmente ostile, che si occupa anche di informare i lettori sui progressi della legge. Uno degli articoli più interessanti di “Oggi” è Per Geova non va soldato 22: il pezzo raccoglie l'intervista a Giuseppe Ginestra, di professione autista, ed appartenente ai Testimoni di Geova, da sempre contrari al servizio militare, anche durante le guerre mondiali. Nonostante si possa pensare che il pubblico del giornale sia conservatore e che quindi i testimoni di Geova possano essere visti come una setta, l'articolo definisce il loro credo una religione e mostra rispetto per il gesto di Ginestra, che ha pagato il suo rifiuto a servire lo stato con tre anni nelle carceri militari. La vicenda è singolare perché l'obiezione di coscienza ha riguardato, prima della legge che la istituì, pochi gruppi sociali: alcuni cattolici di sinistra vicini a Don Milani, i Testimoni di Geova e gli anarchici. “Famiglia Cristiana“ è stato un settimanale che ha dedicato all'obiezione di coscienza di stampo cattolico, come vedremo in seguito, moltissimi articoli, collegati al pensiero della Chiesa post-conciliare, ma per sua natura ha sempre diffidato dell'obiezione praticata dai Testimoni di Geova. I toni verso questa corrente religiosa sono sempre stati astiosi e non è mai stato riconosciuta loro coerenza nell'esercitare il rifiuto delle armi; sono stati invece considerati come esibizionisti. “Oggi”, quindi dedica un articolo nel 1968 a un obiettore che fa parte di un culto

20 Edilio Rusconi, editoriale, in „Gente“, a. XIV, 31 dicembre 1971 pag 5.

21 Enrico Mattei, E se facessimo un patto?, Gente, a. XVIII, 31 marzo1975.

22Vittorio Schiraldi, Per Geova non va soldato, in “Oggi” , a XXIII, 28 novembre1968, pp. 92-93

21 minoritario e non ben visto dalla maggior parte della popolazione, e ne riconosce le ragioni senza alcun pregiudizio. Solo alla fine l'articolo si chiude con una domanda relativa alle trasfusioni di sangue. Questo è l'unico articolo di rilievo di “Oggi” sull'obiezione di coscienza al servizio militare. Il settimanale segue comunque il cammino della legge e promette di occuparsene in risposta a una lettera del 1971, ma non si rilevano articoli, a parte un breve trafiletto sul cantante dei Beach Boys che ha passato il suo periodo di leva facendo il cantante nelle prigioni e negli orfanotrofi. Nelle lettere o nei trafiletti, comunque, si danno delucidazioni sulla riforma del servizio militare o sulle possibili esenzioni. “Famiglia cristiana”, fino a che esiste il servizio di leva, si schiera nettamente a favore dell'obiezione di coscienza, anche se vi sono dei distinguo che riguardano la posizione della Chiesa sull'argomento.23

Il percorso che ha portato la Chiesa all'accettazione del rifiuto di servire la patria con le armi è complesso e non univoco. Ancora dopo la seconda guerra mondiale coloro che, in nome di Dio, si rifiutavano di svolgere il servizio militare erano condannati in quanto non obbedivano all'autorità secolare. La chiesa cattolica, poi, riconosce dei motivi fondati per una guerra giusta: se la guerra è difensiva, e se il bene che viene fatto è superiore al male, ovvero se c'è “proporzione fra il danno che la guerra provoca e il bene che essa deve difendere”24 “Famiglia Cristiana”, come settimanale cattolico, dà notevole spazio a questioni di fede e teologia, e in particolare la rubrica “Risponde il teologo” offre spunti molto interessanti per la nostra analisi. In questa pagina c'è la domanda di un lettore su questioni inerenti i più disparati problemi religiosi a cui rispondono teologi di fama (tra cui anche il futuro papa Benedetto XVI). Molto spesso le questioni vertono su problemi di pratica religiosa o sui dogmi di fede, ma a volte possono essere poste domande sul comportamento che devono tenere i cattolici in questioni importanti come l'appoggio alla guerra o al servizio militare. Molte risposte su queste questioni sono date da Severino Dianich, uno dei più importanti teologi italiani. In un articolo il sacerdote e teologo ha lamentato che il

23 Cfr. Daniele Menozzi , Chiesa pace e guerra nel novecento, Mulino, Bologna 2008

24 Severino Dianich, Risponde il teologo, in „Famiglia Cristiana“, a. LI, 18 marzo 1982

22 periodico nella rubrica fornisse risposte a domande tutto sommato marginali per un cattolico (come quando confessarsi o prendere l'eucarestia) e che sarebbe stato felice di rispondere a questioni più importanti, come fa poi di seguito nei vari interventi su temi etici di notevole interesse e sul magistero della Chiesa sulla guerra. Dianich, quindi, inizia a collaborare in modo continuativo con la rivista, occupandosi in particolare delle questioni della legittimità della guerra e del servizio militare fino all'inizio degli anni '80. Suoi articoli appaiono in seguito sulla prima guerra del Golfo. Dianich, nato in Istria nel 1934 si è formato nel clima del Concilio Vaticano II e in seguito è stato uno dei fondatori dell'associazione teologica italiana (1967), che ha poi diretto dall'89 al '95. Egli è certamente a favore della riforma della Chiesa cattolica e della continuazione dello spirito del Vaticano II, il suo pensiero sulla guerra e sul servizio militare in una rivista a grande diffusione è quindi molto interessante. Prima di Dianich vi sono risposte sull'argomento di Bernard Haring, uno dei massimi teologi del '900, che ebbe incarichi importanti nella preparazione del Concilio Vaticano II e fu uno dei principali collaboratori della Gaudium et Spes, uno dei documenti più importanti usciti dal concilio. Nonostante si rivolga ad un pubblico generalista, “Famiglia Cristiana” ha quindi come collaboratori teologi di punta; questo ne fa una fonte autorevole sul magistero della Chiesa riguardo alcune questioni fondamentali e, anche se non sempre, un potente organo di diffusione del pensiero di una parte della Chiesa Cattolica, di solito non la parte più reazionaria. Il giornale prende posizione a favore dell'obiezione di coscienza ed anche dell'obiezione fiscale cioè il rifiuto di pagare quella quota di tasse che vanno all'esercito, vi sono articoli favorevoli al Costa Rica, l'unico stato senza esercito al mondo e a un tentativo, fatto da un'associazione Svizzera nel 1989, di abolire l'esercito nel proprio paese.25 Nonostante articoli contrari al complesso militare-industriale, inchieste anche dure sulla leva, il periodico non prende mai posizione contro il servizio militare, e, se difende l'obiezione di coscienza, lo fa come scelta del singolo per motivi religiosi. Il problema dell'obiezione da parte cattolica ha radici profonde e se durante le due guerre mondiali la Chiesa non aveva alcun dubbio a dichiarare che la coscrizione

25 h ttp://www.swissinfo.ch/ita/politica/Il_tabu_dellesercito_nel_mirino_dei_pacifisti.html? cid=31890324 e cfr. Giuseppe Zois Il 26 novembre gli svizzeri sono chiamati alle urne per un referendum storico. a che ci serve l’esercito? In „Famiglia Cristiana“, , a. LVIII, 22 novembre1989, p. 82 e In Svizzera ci provano: l’esercito forse è inutile, in „Famiglia Cristiana“, a. LV, 16 luglio 1986, p. 22. Sul Costarica: Pietro Pozzolini, Quel paese disarmato, in „Famiglia Cristiana“, a. L, 17 marzo1981, p. 15, Il Costarica viene additato come esempio positivo di disarmo unilaterale possibile.

23 obbligatoria era un male della modernità, e ad auspicare che l'ordine potesse essere mantenuto tramite contingenti volontari, ha sempre ribadito che non era di sua competenza giudicare se la coscrizione obbligatoria dovesse essere mantenuta. In linea di principio, quindi, riconosceva l'obiezione, anche se all'atto pratico la questione della sua legittimità era demandata all'autorità civile, a cui non era possibile disobbedire su questo punto. La concezione della Chiesa cambia dopo l'uso delle armi nucleari e la guerra che diventa bellum omnium interficiendum26 rende impossibile la guerra giusta, e quindi, in qualche modo, per alcuni ambienti cattolici legittima l'obiezione di coscienza. Il dibattito sulla liceità dell'obiezione alla luce della possibilità di un conflitto globale prosegue per tutti gli anni '50 con la Chiesa stretta tra due esigenze:

La cautela pontificia sembra riconducibile alla difficoltà di conciliare due radicati convincimenti: non si poteva rinunciare al principio naturale della legittima difesa, reso acuto dal timore di un'espansione comunista; ma al contempo si valutava immorale la guerra moderna con la sue incalcolabili

potenzialità distruttive.27

Il dibattito sull'obiezione continua fino al '58, quando Pio XII, preoccupato dall'espansione comunista, due soli anni dopo i fatti di Ungheria, condanna l'obiezione di coscienza al servizio militare, anche alla luce della guerra atomica. Saranno il pontificato di Roncalli e il concilio Vaticano II a far accettare l'obiezione di coscienza in campo cattolico. La Pacem in Terris28 e la Gaudium et Spes29 pongono in primo piano l'impegno per la pace e la saldano insieme all'impegno contro la disuguaglianza, e nel contempo rifiutano la pace come semplice equilibrio del terrore, auspicando il disarmo.

Pertanto tutti i cristiani sono chiamati con insistenza a praticare la verità nell'amore (Ef 4,15) e ad unirsi a tutti gli uomini sinceramente amanti della pace

per implorarla dal cielo e per attuarla.30

26 Cfr.D. Menozzi op .cit. p. 172 27 Id. p. 177 28 Giovanni XXIII, Pacem in Terris, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1963. disponibile all'indirizzo: http://www.vatican.va/holy_father/john_xxiii/encyclicals/documents/hf_jxxiii_enc_11041963_pacem_ it.html 29 Paolo VI, Gaudium et Spes, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1965. http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat- ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html la parte su guerra e pace è la II cap V. 30 Paolo VI, Gaudium et Spes cit., parte II cap V sez. 77. 24 Vengono poi messi in discussione alcuni comportamenti in guerra, e si dice che questa deve essere, quando è scoppiata, almeno mitigata. Non si condanna la professione delle armi, sempre se esercitata con retta coscienza.

Coloro poi che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell'esercito, si considerino anch'essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere,

concorrono anch'essi veramente alla stabilità della pace. 31

Il concilio Vaticano II quindi, sembra aprire all'obiezione di coscienza, almeno come scelta del singolo, ma le condanne della guerra atomica, più radicali nella Pacem in Terris, che introduce il principio che non vi può essere una guerra giusta alla luce della mutua distruzione, sono attenuate in virtù della prudenza e la guerra, pur se condannata, è esplicitamente accettata quando si tratta dell'ultima ratio possibile.

E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il

diritto di una legittima difesa.32

Alcuni teologi progressisti, tra cui Giuseppe Dossetti33, prima politico di spicco della corrente di sinistra della Democrazia Cristiana e deputato alla costituente, poi sacerdote e teologo, presente al concilio come assistente del cardinal Lercaro, hanno criticato la prudenza della Gaudium et Spes, e hanno aperto una riflessione sulla legittimità del rifiuto della guerra e di una pace senza compromessi fatta propria da una parte del mondo cattolico.

Solo in questo modo si può comprendere come il magistero della Chiesa Cattolica sia in realtà ambivalente rispetto all'istituzione militare, proprio perché organizzazione ecumenica e operante in realtà diverse tra loro, e che questo pensiero si rifletta negli articoli di “Famiglia Cristiana”, che offrono notevoli spunti e sembrano contraddittori. “Famiglia cristiana” non crede alle iniziative per il disarmo promosse dai comunisti e

31 Ibid. sez. 79 32 Ivi 33 G. Alberigo Giuseppe Dossetti al Vaticano II in Transizione epocale, studi sul Concilio Vaticano II, Il Mulino, Bologna 2009, pp 478-481 25 nei suoi articoli di geopolitica. Almeno fino agli anni '80, paventa sempre il rischio di una escalation del conflitto nucleare e crea paura nei lettori con la descrizione di fantascientifiche armi atomiche dei russi.

La rinuncia della bomba a neutroni, la sola arma tattica in grado di fermare la marea d’acciaio dei 20.500 carri armati che potrebbero dilagare dall’Est nell’Occidente europeo, lascia le difese atlantiche, per ora, in balia della fortuna. Si dice che l’Europa sta commettendo l’errore degli anni ’30 quando Hitler si

armava e le democrazie no34

Durante gli anni '70 vi sono molti articoli di questo tenore in “Famiglia cristiana” e quindi, oltre a rimarcare la sua appartenenza al campo occidentale, il settimanale non esclude la deterrenza nucleare e, anzi, in alcuni articoli la invoca.

L'ambiguità del settimanale, che è comunque vicino al pensiero della chiesa cattolica che non pensa al disarmo unilaterale, ma all'obiezione di coscienza come una scelta personale del singolo, da non attuarsi su così larga scala in modo da compromettere la possibilità dell'autodifesa. L'atteggiamento non pregiudiziale nei confronti dei militari si vede anche dalle pubblicità delle accademie militari o di bandi di arruolamento delle forze armate, che vengono ospitate tra le sue pagine.

“Famiglia cristiana” è dunque tra i tre settimanali quello che dà più spazio al mondo militare ed anche al mondo dell'obiezione di coscienza. Il suo atteggiamento, però, non è pacifista: anche se il disarmo unilaterale è un pensiero auspicabile, è ancora lontano e impossibile data la presenza dell'URSS che minaccia di invadere l'Europa grazie alla sua superiorità schiacciante nelle armi convenzionali. Per gli altri due settimanali, invece, l'obiezione è un pensiero trascurabile e da relegare alle lettere dei lettori o alle note nelle prime pagine. Ciò che vogliono sapere i lettori di “Oggi”(“Gente” tace sull'argomento) sono semplicemente consigli pratici su come fare e dove portare le domande o quali benefici o problemi si hanno con l'obiezione, con l'eccezione dell'articolo sul testimone di Geova che si è rifiutato di fare il servizio militare. Quello che è certo è che l'atteggiamento di “Famiglia Cristiana” è ambivalente ed interessante perché la redazione ha giornalisti vicini ad un cattolicesimo progressista e giornalisti ancora preoccupati da una possibile invasione delle truppe del patto di

34Renzo Carnevali la potenza russa è diventata quasi schiacciante in Europa. Lo squilibrio del terrore, in “Famiglia Cristiana”, a. XLVIII, 2 dicembre 1979, pp. 70-77. 26 Varsavia. Le lettere al periodico su questo, come su altri punti sono molto interessanti perché riflettono le varie del mondo cattolico: alcune provengono da persone molto conservatrici, altre invece recepiscono le istanze progressiste del pensiero cattolico e vanno oltre i proponimenti della pubblicazione. Nell'aprile del 1979, nelle “lettere” c'è un dibattito interessante relativo all'obiezione, suscitato da un articolo di Cenzino Mussa35 del marzo 1979, nel quale viene intervistato un obiettore che ha scelto il carcere per evitare il servizio militare. Nel numero del 6 di aprile una lettera si schierava decisamente a favore dell'obiezione di coscienza, proponendo la riduzione della durata del servizio di obiezione e una procedura più snella per l'accettazione delle domande, ovvero che non venissero accettate solo quelle manifestamente contraddittorie.36 Nel numero del 18 il dibattito si è ampliato, e il giornale ha ospitato due interventi di lettori di opposto parere, segno che tra il pubblico del giornale vi era quella pluralità di orientamenti che si registrava anche in redazione. Il primo, di Piergiorgio Acquistapace della Lega per l'Obiezione di Coscienza del Molise, che segnala come la scelta dell'obiezione sia coerente con il Vangelo; e un altro di Ermanno Molteni, che difende la legge, dichiarando che il servizio militare in un paese non imperialista non è un crimine e che la minore durezza del servizio civile faceva ritenere giusto che la sua durata fosse aumentata rispetto alla leva. Il dibattito prosegue anche con l'approvazione della legge (rispetto ai pochi articoli di “Oggi” e al silenzio di “Gente”), con una notevole partecipazione da parte dei giornalisti ed articoli non favorevoli al mondo militare, che denunciano le lunghezze burocratiche o le strategie che vengono messe in atto dal sistema per sabotare, con cavilli e pretesti, la possibilità di fare un servizio alternativo.

Già nel 1979 un articolo denuncia i trucchi messi in atto dai militari per sabotare dall'interno l'obiezione di coscienza con domande trabocchetto alla visita per rendere gli obiettori abili alla naja, costringendoli a fare un periodo di servizio lontano da casa, quando ci sarebbe, in un posto più vicino un'associazione in grado di sfruttare al meglio le competenze professionali dell'obiettore.37

35 . Cenzino Mussa, chi sono, cosa vogliono gli obiettori di coscienza in Italia. In carcere per amore della pace, in „Famiglia Cristiana“, a. XLVIII, 18 marzo1979, p. 20-22 36 Angelo Cavagna (lettera al settimanale) in “Famiglia Cristiana“, a.XLVIII, 06 aprile 1979, pp. 10-11

37 Franca Zambonini, L'obiettore è scontento in „Famiglia Cristiana“, a. XLVI, , 6 febbraio1977 e Pier Michele Girola, dodicimila “no” alla “naja” , in „Famiglia Cristiana“ cit. , a. L, 19 luglio 1981, pp.30- 31

27 Vi sono poi anche relazioni sui fermenti nel mondo cattolico a proposito della non violenza: come già spiegato precedentemente, la Pacem in Terris di Giovanni XXIII e in seguito la costituzione apostolica Gaudium et Spes del Vaticano II hanno riaperto in grande stile un dibattito che sembrava, nonostante tutto, chiuso anche nell'ipotesi di un conflitto atomico almeno per quello che riguarda l'obiezione. Il mondo cattolico, sia con i prelati che con i laici, durante il Vaticano II e negli anni successivi, ha avuto un nuovo impegno al di fuori degli schemi precedenti ed il grande dibattito ha permesso il fiorire di molti movimenti che hanno operato nella società civile, anche con metodologie innovative, come ad esempio le comunità cristiane di base.

“Famiglia cristiana” negli anni '80 dà molto spazio al Ser. Mi. G., il servizio missionario giovani, che spesso accoglie giovani che si recano a fare servizio civile all'estero e tutte quelle associazioni cattoliche che fanno della non violenza una bandiera. Nel 1982 vi sono infatti due articoli sul convegno “Cristiani e non violenza” che vede la partecipazione di molte associazioni di volontariato: Agesci, pax Christi, Mani tese, Gioventù aclista. Gli atti del convegno sono stati poi pubblicati nel 1983 a cura dell'Agesci e quindi degli scout cattolici italiani. A margine del convegno si parla della vicenda di un metalmeccanico milanese che perde il lavoro pur di non fabbricare mine antiuomo, in ottemperanza ai comandamenti evangelici.38 L'operaio, il milanese Maurizio Saggioro, viene anche intervistato in un altro articolo del giornale39, segno dell'interessamento a questi temi, non solo riguardo alla legge sull'obiezione di coscienza.

Molto interessante è anche un articolo del 198240, in cui vi è l'intervista al presidente della commissione difesa, il democristiano Bartolo Cicciardini che afferma come l'esercito di leva sia democratico e quindi voglia, in qualche maniera, fare gli stessi interessi dei gruppi democratici. La tesi di Cicciardini è infatti la seguente: l'esercito democratico, fatto da cittadini comuni, protegge dalla propensione alla violenza dei militari professionisti a cui dovranno essere affidate le forze armate se l'obiezione renderà impossibile o molto difficile il servizio di leva. Il profilo politico di Cicciardini non sembra far pensare a sofismi, infatti egli è un esponente progressista della Dc ed un

38Cenzino Mussa, La crisi di coscienza di un metalmeccanico milanese. “Le mine uccidono e io non le faccio” in „Famiglia Cristiana“, a. L, 29 novembre 1981 e Perché ai giovani piace la non-violenza in “Famiglia Cristiana”, a. L, 05 dicembre 1981 39 Cenzino Mussa, Le speranze di Maurizio Saggioro “uomo di pace” “finiamola tutti di fabbricare armi” in „Famiglia Cristiana“, a. LI, 07 febbraio1982, pp. 30-32 40Pier Michele Girola, Un fenomeno in crescita irrestibile. Si fa valanga l’obiezione di coscienza, in „Famiglia Cristiana“, a. LI, 02 maggio 1982, pp.34-36 nell'articolo si dice che ormai un italiano su dieci ha intenzione di svolgere il servizio civile.

28 ex dossettiano in gioventù; quindi la sua difesa dell'esercito di leva come espressione del popolo in armi è probabilmente dovuta a un suo convincimento e non al tentativo di far digerire a un pubblico ostile la leva militare. Nel mondo cattolico, anche in seno al cattolicesimo progressista, ci sono varie anime che si agitano e che spesso dibattono. Ciò che rende particolarmente interessante “Famiglia Cristiana” è quello di dare spazio anche a opinioni dissenzienti come quella di Cicciardini.

Oltre a Cicciardini nell'articolo viene intervistato il segretario generale della Caritas, che invece è favorevole all'obiezione e afferma che è necessario permetterla e non ostacolarla. L'articolo riporta anche uno specchietto sul commercio di armi, uno dei temi più importanti di cui si è occupato il settimanale e che verrà discusso in seguito.

Il settimanale dà conto anche di un altro convegno sugli squilibri internazionali, a Riccione, con la presenza di padre Alex Zanotelli e dei rappresentanti del clero di America Latina e Africa, nel segno di quelle encicliche, come la Populorum progressio, che hanno reso testimonianza dell'impegno della Chiesa nella lotta al sottosviluppo.41 Nel convegno si parla di traffico di armi e di obiezione di coscienza, che vengono collegate quindi al sottosviluppo e agli squilibri mondiali. Il settimanale, in più occasioni, dedica servizi a Don Milani, che viene citato anche nelle rubriche “Risponde il teologo”, e “Colloqui col padre”. Per i quindici anni dalla morte, in particolare, si sofferma sui suoi scritti più famosi e chiede, nello specchietto, un cambiamento, in senso meno restrittivo, della legge sull'obiezione di coscienza.42 Questi non sono gli unici articoli sull'obiezione di coscienza, ma danno un quadro generale del pensiero cattolico sull'argomento ed esprimono, sia per il numero che per la varietà (“Risposte del teologo”, “Colloqui col padre”) posizioni diverse. Con la guerra del Golfo, guerra considerata giusta per riparare un torto, ma problematica perché all'inizio degli anni '90 la Chiesa era orientata verso il pacifismo e la risoluzione non violenta dei conflitti, il settimanale da un lato farà dei servizi sulle

41Paolo VI, Populorum progressio, Libreria editrice Vaticana, Città del Vaticano 1967. http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/encyclicals/documents/hf_p- vi_enc_26031967_populorum_it.html Renzo Giacomelli, Un convegno a Riccione sugli squilibri internazionali. Esportare la pace, compito difficile, in „Famiglia Cristiana“, a LI, 30 maggio 1982 p. 34 42 A quindici anni dalla morte di Don Milani. Un “sovversivo” fedele al vangelo, in „Famiglia Cristiana“ , a. LI, 27 luglio1982, pp. 57-58. e Tre “ragazzi” del parroco di Barbiana raccontano affettuosamente la vita del grande sacedote-educatore a vent’anni dalla scomparsa. Don Milani prete speciale in „Famiglia Cristiana“, a. LVI, 22 luglio 1987 e Luigi Lorenzetti, Risponde il teologo: Spese militari e obiezione di coscienza: qual è il giudizio della Chiesa? , In „Famiglia Cristiana“, a. LXIX, 28 febbraio 1990, p.17 Nell'articolo cui Don Milani è citato nella lettera del lettore. Lorenzetti, in realtà, risponde che per ora la totale non collaborazione non è possibile, ma la chiesa deve trovare un metodo di risoluzione alternativo dei conflitti.

29 motivazioni dei combattenti, dall'altro renderà conto dei problemi che una guerra sotto egida Onu ha portato nel mondo cattolico. Da questo punto di vista Famiglia Cristiana offre molti più spunti di riflessione per il suo atteggiamento sulle cose militari rispetto a “Oggi” e “Gente”, proprio perché espressione di una istituzione, la Chiesa Cattolica, con molti diversi orientamenti al suo interno e perché è un periodico di approfondimento politico e sociale, laddove gli altri sono principalmente di costume.

Il commercio delle armi

Il commercio delle armi occupa molto spazio in “Famiglia Cristiana”, che dedica ad esso articoli abbastanza duri. Ne trova molto meno, invece, in “Oggi” e “Gente”; probabilmente ciò è dovuto al fatto che questi ultimi sono per lo più periodici di costume, e non si occupano molto di questioni internazionali o di temi di questo tipo. Abbiamo visto, nel paragrafo sull'obiezione di coscienza, il percorso che ha portato la Chiesa ad accettare la rinuncia al servizio militare. Nella Pacem in Terris la parte relativa al disarmo va dalle sezioni 59 alla 63 della parte III. La sezione esordisce ponendo in correlazione il problema del commercio di armi con il sottosviluppo, quest'ultimo generato dalla mancata utilizzazione dei fondi per la difesa per opere di maggiore utilità sociale:

Ci è pure doloroso costatare come nelle comunità politiche economicamente più sviluppate si siano creati e si continuano a creare armamenti giganteschi; come a tale scopo venga assorbita una percentuale altissima di energie spirituali e di risorse economiche; gli stessi cittadini di quelle comunità politiche siano sottoposti a sacrifici non lievi; mentre altre comunità politiche vengono, di conseguenza, private di collaborazioni indispensabili al loro sviluppo

economico e al loro progresso sociale.43

Il commercio di armi è quindi, per i cattolici, un peccato grave e “Famiglia Cristiana” si sofferma più volte sull'argomento, anche con titoli e contenuti ad effetto. Analogo spazio viene dedicato alle manifestazioni dei gruppi cattolici a favore di una limitazione, anche attraverso mezzi legislativi, della vendita di ordigni bellici. Il settimanale si fa poi promotore, nei suoi servizi, di una campagna per rendere il commercio legale delle armi più trasparente in termini di informazione pubblica, ed

43 Giovanni XXIII, Pacem in Terris, cit., sez III, § 59 30 eliminare il segreto di stato sul loro commercio. Questo tema suscita notevole interesse nella parte cattolica soprattutto dopo il concilio Vaticano II, ma è stato anche fatto proprio da gruppi di sinistra. Il settimanale cattolico vuole, con la sua sensibilizzazione ai lettori sul tema, non lasciare il monopolio a gruppi di sinistra, che possano in qualche maniera apparire interessati e scagliarsi contro l'esportazione di armi in un'unica direzione, ovvero solo contro gli Usa e il blocco occidentale. Bisogna notare, in proposito, che le condanne di “Famiglia Cristiana” colpiscono entrambi i blocchi, indistintamente; in particolare attaccano l'esportazione di armi italiana, che viene fatta verso paesi come Iran o Iraq, che tra anni '70 e '80 hanno combattuto una guerra sanguinosa e i cui regimi sono poco democratici. Nel 1986, a margine dello scandalo Iran-Contras, si è scoperto il ruolo dell'Italia nella vendita di armi a paesi la cui politica estera era in contrasto con quella nazionale, in particolare proprio a Iran e Iraq. Il governo degli Stati Uniti, sulla carta nemico della Repubblica Islamica dell'Iran, aveva autorizzato la vendita di materiale bellico all'Iran stesso senza autorizzazione del Congresso, (necessaria in questi casi); e si era scoperto che il porto italiano di Talamone, in Toscana, era stato un porto di scalo per le navi americane dirette in Iran. Le industrie italiane avevano anche partecipato alla fornitura di materiale bellico, utilizzando depositi di munizioni dell'esercito per stoccare i prodotti in attesa di essere imbarcati. La pressione dell'opinione pubblica, sostenuta da alcuni gruppi di sinistra (radicali in testa) e cattolici portò il governo a legiferare sull'argomento con il cosiddetto “decreto Formica” (4 dicembre 1986). Prima del 1986 il commercio di armi era regolato, in ottemperanza al codice Rocco, come una questione di competenza del Ministero della Difesa e di quello del Commercio Estero, a cui l'esportatore di armi doveva chiedere una licenza rinnovabile. Il codice penale vietava anche la pubblicità di movimenti di materiale bellico nel paese e così, di fatto, sul commercio di armi era posto il segreto di stato. Quando nel 1977 si mette mano alla legge alla disciplina sul segreto di stato44, si pensa che il commercio di armi non rientri più tra le notizie non divulgabili. A questo proposito, però, la commissione Difesa della Camera non si pronunciò sull'argomento lasciando di fatto un vuoto legislativo. Nel 1986-1987, con il decreto Formica e le successive leggi, viene regolamentata la procedura delle concessioni delle licenze, ma non viene fatta una nuova legge organica sul commercio legale di armi. Solo nel 1990 si mette mano ad una legge coerente che

44 http://www.camera.it/_bicamerali/sis/norme/l801-77b.htm 31 regoli il traffico di armi in ogni suo aspetto e imponga al governo di riferire semestralmente in parlamento sulle licenze concesse, portando così l'opinione pubblica a conoscenza della destinazione delle armi fabbricate in Italia.45 Riguardo all'Iraq, la condanna per la vendita di armi italiane ritornerà in occasione della prima guerra del Golfo del 1991. L'interesse di “Famiglia Cristiana” per il tema inizia abbastanza presto. Già nel 1977 vi è una curiosa intervista all'”uomo che vive sulla follia del mondo”, un venditore autorizzato d'armi, di cui viene posta in risalto la normalità del suo lavoro e dei suoi sentimenti.46 Ovviamente la valutazione umana e della sua attività risulta negativa, ma è l'unica intervista, “dall'altra parte della barricata” effettuata dal settimanale. In seguito vi sono molti articoli circostanziati sul commercio legale di armi in Italia, e alcuni riguardano anche i problemi occupazionali che potrebbe comportare lo smantellamento delle industrie che fabbricano ordigni bellici. Abbiamo visto in precedenza che il settimanale si è occupato di Maurizio Saggioro, il metalmeccanico milanese che aveva preferito il licenziamento alla fabbricazione di armi, e quindi si cerca di comprendere come e se questa manodopera può essere riassorbita per produzioni civili. Il settimanale, di solito, dà risposta affermativa ed è a favore della riconversione dell'industria bellica, almeno per quanto riguarda le ditte che si dedicano all'esportazione.47 Il lungo articolo ha al suo interno un'intervista all'ammiraglio Falco Accame, spesso interpellato per questioni militari, che si scaglia contro il traffico d'armi e la presenza di ufficiali in divisa alle fiere di armi di aziende private, e del costume, per gli ufficiali in congedo, di trovare impiego come dirigenti delle fabbriche belliche. L'articolo continua mettendo in evidenza la vendita di armi a paesi come Sudafrica e Libia, all'epoca isolati diplomaticamente, uno per l'apartheid, l'altro per la dittatura, dai toni fortemente antioccidentali, di Gheddafi. Sulle fiere di armi, in margine alla guerra delle Falkland, vi è una foto di una mostra di questo tipo in copertina, con la dicitura, abbastanza forte: “eroi delle Falkland siete morti per questo”.48 45 Per le questioni legislative sull'argomento è utile l'articolo: http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Pubblicazioni/OsservatorioStrategico/Documents/228 88_paper06_05.pdf 46C. Ragaini Samuel Cummings, lo sconcertante re dei mercanti d’armi. L’uomo che vive sulla follia del mondo, in "Famiglia Cristiana", a. XLVI,30 giugno1977, pp. 58-62 47Pier Michele Girola, Il traffico mondiale delle armi prodotte in Italia vendiamo la morte, ecco le cifre in "Famiglia Cristiana", a. XLVIII, 18 febbraio 1979, pp.32-36 48"Famiglia Cristiana", a. LI, 07 novembre1982, p. 1 32 Bisogna dire che la condanna delle produzioni belliche è maggiore per quel commercio verso quei paesi che, in stato di permanente guerra o pace armata, soffrono di miseria o sottosviluppo a causa della corruzione e del fatto che una percentuale molto pesante del Pil sia spesa per la difesa.49 Esistono anche articoli riguardanti la condanna del traffico d'armi verso paesi sviluppati, uno su una vendita di armi da parte della Beretta agli Usa50, ma il ruolo delle forze armate non è messo in discussione e quindi, anche se il commercio viene condannato, è in qualche misura tollerato in alcuni casi per esigenze di difesa. Per quanto riguarda le armi occidentali, che devono difendere il paese da attacchi provenienti da est il settimanale è molto meno duro e le considera necessarie, dedicando ai nuovi aerei da combattimento Tornado e dei G222 da trasporto un servizio elogiativo in cui il capo di stato maggiore dell'aeronautica definisce sicuri, senza smentite, gli F104.51 Tra '80 e '81 vi sono vari articoli di condanna del commercio d'armi italiano, soprattutto riguardo ai paesi del terzo mondo, e due articoli formati da interviste: una all'onorevole Paolo Caccia, presidente del comitato armamenti. Nella rubrica “Opinioni a confronto”, compaiono poi due interviste: una a Pietro Armani, vicepresidente dell'Iri, naturalmente a favore e una del presidente dell'associazione metalmeccanici Alberto Tridente, contrario al fatto che in Italia si continui a fabbricare armi.52 Nel primo articolo viene contestato il commercio di armi verso il terzo mondo, visto come una delle piaghe che portano al sottosviluppo di questi paesi contribuendo al passivo della bilancia commerciale. Per quanto riguarda i paesi sviluppati si sminuisce il ruolo che il commercio di armi ha nell'attivo commerciale, facendo intendere che la scelta sia penalizzante anche dal punto di vista economico. Nell'intervista a Paolo Caccia53, membro della “Commissione parlamentare d'inchiesta e di studio sulle commesse di armi e mezzi ad uso militare e sugli approvvigionamenti”,

49Contratto di solidarietà per il terzo mondo, in "Famiglia Cristiana", a. XLVIII, 28 ottobre1979, p .28 50Aldo Giobbio, Accordo della Beretta con l’esercito americano per la vendita di più di 300.000 pistole. Un affare di piccolo calibro, in "Famiglia Cristiana", a. LIV, 1-6 gennaio 1985, p. 109. Nell'articolo si dice che il commercio di armi, comunque, non può essere considerato alla stregua di altri commerci. 51Massimo Ferrari, Fatti del giorno Un’arma più azzurra, in "Famiglia Cristiana", a. XLIX, 06 luglio 1980 52 Claudio Moschin Ultime notizie dagli arsenali di tutto il mondo. Sempre più florida l’industria delle armi, in "Famiglia Cristiana", a. XLIX, 20 luglio1980, pp. 39-41; Pier Michele Girola, Vendiamo armi non la morte in "Famiglia Cristiana", a. XLIX, 10 agosto1980; Opinioni a confronto. Anche l’Italia tra i primi esportatori. Armi, un industria immorale?, in "Famiglia Cristiana", a. L, 8 novembre1981, pp.30-31 53 http://storia.camera.it/deputato/paolo-caccia-19370422/componentiorgani#nav Caccia fu poi arrestato nel 1994 per tangenti, quasi alla fine di tangentopoli. E' ritornato nella politica locale con i centristi dell'UDC. 33 esponente della Dc che nella sua carriera parlamentare si è dedicato soprattutto alle questioni della Difesa, divenendo vicepresidente della commissione della Camera tra gli anni '80 e '90, l'intervistato cerca di rassicurare i lettori del settimanale: con la commissione di inchiesta e i certificati d'uso (che devono essere autorizzati dal Ministero della Difesa e del Commercio, come detto in precedenza) è impossibile vendere armi a terroristi e guerriglieri. L'onorevole, in seguito, loda anche l'esercito e afferma che le forze armate, dopo l'istituzione della rappresentanza militare, sono diventate una palestra di democrazia. L'altro articolo intervista è doppio: da una parte Pietro Armani54, vicepresidente dell'Iri, che afferma, in buona sostanza, quanto sostenuto da Caccia nella precedente intervista, con l'aggiunta che la produzione di armi da esportazione permette al paese di avere un'economia di scala che contiene i costi della difesa; dall'altra Alberto Tridente55, segretario della FIMCISL ed attivo nel programma di riconversione dell'industria bellica nella federazione europea dei sindacati metalmeccanici, afferma che la riconversione è possibile e cita l'esempio della riconversione dell'aviazione militare in aviazione civile. Vi sono poi vari articoli contro il commercio legale di armi e il periodico non nasconde che il commercio legale prende la via di paesi non democratici e, alcuni come Libia e Iran, nemici del blocco occidentale. Il settimanale si concentra comunque sul traffico d'armi diretto verso il terzo mondo perché i corrispondenti possono avere notizie di prima mano sulle vittime delle guerre attraverso le missioni cattoliche che operano in quei paesi.

Questo interesse si salda con quello del servizio civile, a volte proprio nelle missioni cattoliche, che viene visto come meritorio e come scelta coraggiosa per i giovani. Il traffico d'armi va quindi a colpire proprio quei popoli che devono essere aiutati a uscire dalla povertà e dal sottosviluppo, come più volte ricordato dai documenti ufficiali della Chiesa. Da qui alcuni articoli che si scagliano contro le triangolazioni del commercio legale di armi che permettono, eludendo i controlli, di vendere a stati a cui sarebbe formalmente proibito. Le triangolazioni funzionano in questa maniera: si vendono armi

54 Pietro Armani, laureato in giurisprudenza e docente universitario, prima repubblicano e poi confluito in An, di cui è stato deputato nel 1996, è stato vicepresidente dell'Iri ed ha avuto una lunga carriera nella holding statale, essendo entrato nel consiglio di amministrazione nel 1973 ed essendo rimasto, prima come membro, poi come vicepresidente, fino al 1992. 55 Alberto Tridente, nato a Torino nel 1936 e operaio FIAT, è stato segretario nazionale dei metalmeccanici della CISL dal 1973 all'81, distinguendosi per una linea improntata a un cattolicesimo democratico di sinistra: nel 1973 è stato protagonista dell'organizzazione del boicottaggio del rame cileno; nell'81 ha lasciato l'incarico di segretario della Cisl ed è stato poi eletto nel 1984 come indipendente in Democrazia Proletaria prima in regione e poi al parlamento europeo. Stretto collaboratore di Lula durante la militanza sindacale dell'ex presidente brasiliano, fino alla morte (nel 2012) è stato referente di molte attività di ong piemontesi in Brasile. http://www.alpcub.com/alberto_tridente.htm 34 ad un acquirente autorizzato di un altro stato, che non è nella lista nera dei paesi a cui non si possono vendere armi, che si occupa poi di girare la commessa al vero acquirente. Questo problema è sentito da un periodico cattolico, che spesso riporta la voce dei missionari nel terzo mondo o dà cronaca dettagliata dei viaggi di Giovanni Paolo II in quei luoghi, insistendo sempre sulla sua predicazione di pace.

Un problema sentito, come detto, è quello dell'indotto economico e della riconversione: parlando in modo più pratico è impossibile una riconversione totale dell'industria bellica, che è auspicata, ma sempre vista come utopica. Negli articoli si dice anche che sono 200.000-300.000 i posti di lavoro dipendenti dall'industria bellica e che questo porta quindi a una diffusa omertà sulle reali dimensioni del commercio d'armi legale, e rende difficile una riconversione.56

Le due vicende più interessanti prima del 1990 e quindi dei venti di crisi nel Golfo Persico, che saranno trattati nella parte relativa alle missioni internazionali, sono quella degli euromissili a Comiso nei primi anni '80 e della guerra Iran-Iraq in seguito.

Come detto, “Famiglia Cristiana”, ancora negli anni '80, teme l'avanzata comunista e quindi i discorsi sul disarmo, la pace e la moratoria sul commercio di armi sono condizionati all'appartenenza al campo occidentale e alla sua possibilità di difendersi da quello sovietico. La vicenda più intricata da dipanare per il settimanale sarà quindi quella più importante dei primi anni '80 e cioè l'installazione degli “euromissili” a Comiso, decisa dal governo Spadolini nell'81.

Come per l'obiezione di coscienza al servizio militare, nel caso degli euromissili la Chiesa non ha una posizione univoca e non vuole confondersi con altri gruppi pacifisti,

56Pier Michele Girola, I paradossali risvolti del commercio internazionale di armi. Predichiamo pace, vendiamo guerra, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 20 luglio 1982, pp. 58-61; Pier Michele Girola, L’80% delle nostre esportazioni belliche finiscono sui mercati del Terzo Mondo. Troppi clienti poveri per le armi italiane, in "Famiglia Cristiana", a. LIV, 22 maggio 1985, pp. 40-41; ; Alberto Bobbio, Un convegno a Roma sul traffico delle armi: una questione morale oltre che politica. Un commercio con troppi segreti, in "Famiglia Cristiana", a. LIV, 30 ottobre1985, p.49 Il settimanale dà conto di una riunione di: Acli, pax Christi, gruppo Abele; Claudio Ragaini, Il vescovo di Trieste, primo firmatario di un documento che ha sollevato tante polemiche ci parla dell’iniziativa di pace dei cattolici veneti che ha raccolto migliaia di adesioni. “Dobbiamo batterci contro il commercio della armi.”, in "Famiglia Cristiana", a. LV, 22 gennaio1986, pp. 40-41 l'articolo è una lunga intervista al vescovo che si è schierato contro il commercio di armi; Renzo Giacomelli, Gli italiani e le armi: un sondaggio esclusivo condotto per il nostro giornale rivela il rifiuto del ricorso alla violenza. Per una cultura di pace, in "Famiglia Cristiana", a. LIV, 29 gennaio1985, pp. 42-43. Nel sondaggio si dice che la maggior parte degli italiani disapprova il commercio di armi; Beppe del Colle, Parlando di pace riempiono gli arsenali, in "Famiglia Cristiana", a. LV, 8 ottobre 1986, p. 21; Claudio Ragaini, fuoco di contestazioni e chiarimenti sul progetto di legge che regolamenta il “mercato della morte” Una pioggia di cartoline sulla vendita d’armi, in "Famiglia Cristiana", a. LV, 22 ottobre 1986, pp. 57-58; Roberto Zicchitella, mentre infuriano le polemiche intorno ai carichi imbarcati nel porto toscano di Talamone e finiti in Iran, la Camera dei Deputati approva finalmente la nuova legge. Vendite d’armi, cadono i segreti, in "Famiglia Cristiana", a. LV, 10 dicembre1986, pp. 25-26; Aldo Giobbio, ma l’Europa sa difendersi?, in "Famiglia Cristiana", a. LV, 10 diicembre 1986, p. 27. 35 accusati di fare l'interesse dell'Unione Sovietica. Il PCI, infatti, nonostante già nel 1976 avesse affermato, per bocca del suo segretario Enrico Berlinguer, che si sentiva più sicuro sotto l'ombrello protettivo della Nato, si batté contro l'installazione dei missili in Sicilia facendo valere la sua forza organizzativa e di mobilitazione. Quindi il settimanale cattolico non può prendere una posizione nettamente contraria, che favorirebbe l'Unione Sovietica, ma allo stesso modo non può sconfessare i movimenti cattolici che si oppongono alla proliferazione delle armi e all'equilibrio del terrore. La soluzione adottata è simile a quella dell'obiezione di coscienza: distinguere tra buone e cattive proteste, tra gruppi cattolici sinceramente orientati alla pace e al disarmo e pacifisti unidirezionali, che protestano per le armi Nato e non per le testate sovietiche puntate sull'occidente, con lo scopo di fare il gioco degli avversari. Il primo articolo è del 1981: poco dopo la decisione di installare i cruise a Comiso e prima che i lavori di ampliamento della base abbiano inizio. Il settimanale raccoglie le voci della cittadinanza e queste sono sfavorevoli per le motivazioni più diverse: gli agricoltori temono espropri, i gruppi cattolici più avanzati sono contrari alla guerra , il parroco locale, invece, teme che con i militari arrivi la corruzione dei costumi.57 La maggior parte degli articoli sull'argomento, però, sono degli anni 1983-1984, e si fondono con altre considerazioni di fondo, prima tra tutte quella legata al commercio di armi, che viene visto come la stessa faccia di una medaglia; e poi quelli relativi all'apocalisse nucleare, anche per la reazione che aveva suscitato nel mondo il film americano The day after, uscito negli USA proprio nell'83, e in Italia nove mesi dopo. Negli anni delle proteste per i missili a Comiso, quindi si intrecciano, tra le colone del settimanale, più temi diversi: quello della riduzione degli armamenti e della contestuale riduzione del commercio legale di armi, fortemente voluto dai gruppi cattolici e quello della possibilità, sempre dietro l'angolo con la pace fondata sul terrore, di una possibile degenerazione bellica che il film the day after, ha fatto conoscere in modo capillare al grande pubblico. Nell'ultima parte del 1983 c'è un articolo al mese sui missili e sul commercio di armi e, spesso, il problema viene visto insieme, come parte di una lotta più ampia da parte di alcuni gruppi cattolici per la costruzione di una cultura della pace auspicata anche dalle gerarchie ecclesiastiche.58

57 Che vita sarà con i missili tra gli ulivi? in "Famiglia Cristiana", a. L, 16 settembre 1981.

58 Pier Michele Girola, Dopo gli incidenti di Comiso e i cortei di protesta. Missili e commercio di armi, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 9 ottobre 1983, p. 41;Pier Michele Girola, Lo stanco dibattito per l’installazione dei Cruise. Il missile appassiona, ma non i parlamento, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 27 novembre 1983, pp. 44-45 36 Non manca, nell'articolo del 9 ottobre 1983, un'intervista ad Accame sulle commistioni tra il commercio di armi e le gerarchie militari. Viene dato anche conto del dibattito parlamentare sull'installazione dei cruise in un'aula semideserta, a far notare quanto fosse in realtà poco importante la vicenda, nonostante le proteste. Il tema ritorna con un certo interesse all'inizio del 1984 con la giornata della pace, che cade, dal 1968, il primo gennaio. Paolo VI aveva voluto questa celebrazione sull'onda dell'impegno cattolico nei confronti della pace mondiale e della collaborazione agli organismi internazionali atti a evitare conflitti tra popoli. La giornata non si rivolge solo ai cattolici, ma si propone di avere l'adesione “di tutti i veri amici della pace”59 Nell'istituzione della prima giornata della pace Paolo VI, però, non aveva parlato di pacifismo incondizionato e, anzi, aveva deplorato il pacifismo inteso come un impegno in qualche maniera pigro e strumentale, e aveva affermato che questo impegno per la pace non può tradursi in un rifiuto di massa del servizio militare.

Così, da ultimo, sarà da auspicare che la esaltazione dell'ideale della pace non debba favorire l'ignavia di coloro che temono di dover dare la vita al servizio del proprio Paese e dei propri fratelli quando questi sono impegnati nella difesa della giustizia e della libertà, ma cercano solamente la fuga della responsabilità, dei rischi necessari per il compimento di grandi doveri e di imprese generose.

Pace non è pacifismo, non nasconde una concezione vile e pigra della vita, ma proclama i più alti ed universali valori della vita; la verità, la giustizia, la libertà,

l'amore.60

Questo modo di vedere l'impegno per la pace nel mondo è tipico di una parte del mondo cattolico e di "Famiglia Cristiana", riguardo ai problemi della vita militare e del pacifismo. Nei vari articoli su Comiso si deplorano le manifestazioni di DP e PDUP contro la base NATO, come strumentali e al soldo dei sovietici, mentre si esaltano come disinteressate le manifestazioni da parte cattolica.

Nel 1984 il problema della pace è legato a quello degli euromissili e del commercio di armi61: data la consonanza con la giornata mondiale della pace, lo spazio dato a questo 59 Paolo VI, Messaggio del Santo Padre per la celebrazione della giornata mondiale della pace 1 gennaio 1968, Tipografia editrice vaticana, Città del Vaticano 1968. http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/messages/peace/documents/hf_p-vi_mes_19671208_i-world- day-for-peace_it.html 60 Ibidem 61Il messaggio di Giovanni Paolo II per la giornata della Pace. La pace nasce da un cuore nuovo,in "Famiglia Cristiana", a. LIII, 1 gennaio1984, pp. 30-33; Renzo Giacomelli, I vescovi italiani e gli euromissili, in "Famiglia Cristiana", a. LIII, 1 gennaio1984, pp. 33-34; Pier Michele Girola, Un’industria e un commercio che non fanno onore al nostro paese. A chi vendiamo armi? Basta con i segreti, in 37 genere di questioni è decisamente superiore e il commercio di armi e la vicenda di Comiso sono trattati a poche pagine di distanza: nell'articolo viene riportato il parere dei vescovi italiani sulla base Nato a Comiso, dove si afferma che il diritto all'autodifesa non può essere negato, ma è necessario percorrere tutte le strade: in sostanza, un sì condizionato. L'articolo sul commercio di armi, invece, invoca trasparenza su una pratica vista come immorale e che resta coperta da segreti che permettono la vendita a stati come Sudafrica e Libia, che violano i diritti umani.

In altre parole, la vicenda di Comiso fa comprendere, ancora una volta, i limiti di un impegno pacifista, che resta confinato all'ambito cattolico e non ha niente a che fare con iniziative simili portate avanti da altre parti politiche ed ideologiche.

L'altro shock collegato con la vicenda di Comiso è stata la proiezione del film americano The day after, sui danni di una possibile guerra nucleare. Il film, che non ha ricevuto molti consensi di critica, è stato accolto con molti preoccupati interrogativi dal pubblico americano e, dopo nove mesi, dal pubblico italiano. La trama del film è abbastanza semplice: in seguito a tensioni tra Stati Uniti e Russia in Germania Est, si arriva all'escalation nucleare, e si descrivono le condizioni del mondo dopo il conflitto. Il film ha avuto notevole successo di pubblico sia in Usa che in Italia ( si è piazzato terzo negli incassi della stagione 1984) ed è stato distribuito gratuitamente anche nei paesi del blocco orientale. La finzione cinematografica ha permesso di comprendere, almeno in parte, quale potrebbe essere l'esito di un conflitto nucleare tra le due superpotenze e quindi nei giorni seguenti nella rivista vi sono diversi articoli su una possibile guerra nucleare, e sulle armi di distruzione di massa che vengono progettate i quegli anni (tra le quali la bomba N). Il progettista di questo ordigno, Samuel Cohen, viene intervistato dal settimanale e non ha alcun rimorso per la costruzione della bomba a neutroni e, anzi la considera un modo di moralizzare la guerra atomica, in quanto il suo ordigno ha effetti limitati come distruzione e fallout radioattivo. L'intervista continua con il fisico che si dice sfiduciato per la situazione mondiale e pensa al fatto che gli Stati Uniti non debbano impegnarsi molto in Europa, limitando le truppe e fornendo solo materiale bellico.62

L'impegno contro le armi nucleari negli anni'80 è notevole e vi sono diversi articoli, sia su personalità cattoliche sia laiche, che di altre confessioni religiose come l'ebreo tedesco Günther Anders, noto per il suo impegno contro gli armamenti nucleari, che

"Famiglia Cristiana", a. LIII, 1 gennaio1984, pp.37-40 62 Renzo Giacomelli, Parla lo scienziato americano che ha inventato la terribile arma. La mia bomba N, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 10 luglio1983, pp. 26-28 38 nota come si possa protestare contro il nucleare solo nelle democrazie, e non in URSS e che questo possa creare problemi al mantenimento della pace.63 Vi sono poi anche interviste a fisici impegnati nei progetti atomici, nelle quali si cerca di capire il loro punto di vista nell'accettare compiti simili. Infine in questa carrellata di personaggi direttamente coinvolti nelle questioni dell'arma atomica vi è un'intervista a Ronald Reagan, tradotta dal francese, nella quale il presidente americano afferma di avere lavorato per la pace, e che questa si raggiunge solo con l'equilibrio.64

Per quanto riguarda la vendita di armi all'Iran vi sono alcuni articoli dove si denuncia la vendita di aerei Aermacchi MB 326, mascherati da aerei civili, all'Iran e dove si dice che le commesse di materiale militare sono controllate per la maggior parte dall'Efim, una consociata dell'IRI.65 Il periodico quindi denuncia anche una connivenza dell'industria statale con un commercio che raggiunge dittature e paesi nemici.

Durante la guerra, quindi dal 1980 al 1988, vi sono altri due articoli sul commercio di armi verso le dittature come quella iraniana,66 che viene condannato senza riserve.

Va detto che si tenta, con l'intervista all'onorevole Paolo Caccia, già citata, di dare diritto di parola al governo su questo tema, anche se gli articoli che denunciano la vendita di armi a dittature impegnate in guerre sanguinose, come l'Iran, continuano.

Quella che viene presentata come una vittoria dei gruppi di pressione cattolici, figlia della coda italiana dello scandalo Iran-Contras, e della mobilitazione di protesta seguita alla notizia dell'imbarco a Talamone di armi destinate all'Iran è l'approvazione del decreto Formica, che ha in parte regolamentato il commercio di armi.67

63La polemica pacifista della chiesa americana. Un vescovo del Texas contro l’atomica in "Famiglia Cristiana", a. LI, 26 agosto 1982. Nell'articolo il vescovo texano, ritratto su un cavallo come un cowboy, si scaglia contro il programma di riarmo di Reagan, dato che toglie fondi allo stato sociale; Renzo Giacomelli, 24 ottobre, giornata dell’Onu per la pace. Se non cambia la sua logica il mondo è perduto, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 23 ottobre1983, pp. 34-39 dove è contenuta l'intervista a Gunther Anders; Carlo Cavicchioli, Gli Stati Uniti dopo la proiezione in tv del film sulla guerra atomica. “Il giorno dopo”: un popolo sotto choc, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 4 dicembre1983, pp. 46-47; Beppe del Colle, Un saluto di pace tra gli opposti egoismi, in "Famiglia Cristiana", a. LIII, 22 aprile 1984, pp. 21 sulla Pasqua che dovrebbe essere festa di pace ed aiutare a superare i conflitti nel mondo; Ida Molinari, Guerre stellari? Una follia, in "Famiglia Cristiana", a. LIII, 2 settembre 1984, pp.26-31. Lunga intervista ad Hans Bethe, uno degli scienziati a capo del progetto per la costruzione della bomba H. Bethe, negli anni '70 '80 ha preso posizione contro le armi nucleari e contro il riarmo del presidente Reagan, ma si è detto sempre a favore del nucleare pacifico. Nell'intervista si augura che armi più intelligenti aiutino a rendere obsolete quelle nucleari. 64Robert Lacontre, Intervista esclusiva con il presidente degli Stati Uniti. Ronald Reagan “crediamo di avere lavorato per la pace”, in "Famiglia Cristiana", LIII, 5 febbraio1984 pp. 36-38. Ovviamente l'intervista è una traduzione di una intervista apparsa sui quotidiani francesi. 65 Pier Michele Girola, Vendiamo la morte, ecco le cifre, cit. 66 Pier Michele Girola, predichiamo pace, vendiamo guerra, cit. E Pier Michele Girola, Un’industria e un commercio che non fanno onore al nostro paese. A chi vendiamo armi? Basta con i segreti, cit. 67 Pier Michele Girola, mentre infuriano le polemiche intorno ai carichi imbarcati nel porto toscano di Talamone e finiti in Iran, la Camera dei Deputati approva finalmente la nuova legge. Vendite d’armi, cadono i segreti, cit. 39 Nella vicenda della guerra Iran-Iraq, quindi, il settimanale cattolico prende nettamente posizione contro il commercio di armi a dittature e a stati del terzo mondo, uno dei motivi di fondo dell'impegno cattolico nel periodo e del pensiero della Chiesa. Anche se vi è l'intervista all'onorevole Caccia, che si difende dall'accusa che l'Italia venda armi a paesi in guerra o dittature, gli articoli di condanna di questa pratica continuano

Si è detto dunque che l'interesse del settimanale cattolico negli anni '80 è notevole riguardo a vari temi: ordigni nucleari, commercio di armi e forme di opposizione alla leva, dall' obiezione di coscienza, all'obiezione fiscale. "Gente" e "Oggi", non hanno molti articoli sull'argomento, anche nei periodi di discussione della legge sull'obiezione. Vi sono invece articoli durante i terremoti o i disastri naturali nei quali i soldati di leva sono tra i protagonisti: sempre presenti, sono fotografati ed intervistati. Questi settimanali, a differenza di "Famiglia Cristiana", preferiscono le cronache dal bel mondo ai problemi di attualità, spesso confinati in poche pagine all'inizio o alla fine. L'interesse per i militari arriverà solo con le missioni internazionali, e quindi con un nuovo impegno dell'Italia nel mondo.

Le guerre in cui non sono stati coinvolti italiani

Conflitti arabo-israeliani

Nel 1968 “Oggi” pubblica corrispondenze dalla guerra dei sei giorni, probabilmente scritte nel 1967, con un inviato mandato dal giornale. “Gente”, invece, si occupa della guerra attraverso traduzioni da “Newsweek” o altri giornali stranieri, come per la corrispondenza di Peter Townsend. Il servizio riassuntivo della guerra del giornale ha anche un pregevole corpus di foto ad opera di un fotografo del giornale menzionato nel servizio: Aldo Guidi. Più che essere un articolo di geopolitica, la corrispondenza di “Oggi” cerca di andare incontro al gusto dei lettori. Propone quindi una guerra narrata “in prima persona”: vi è, ad esempio, la descrizione di come il giornalista ed il fotografo hanno salvato un medico giordano, e di un'autocolonna attaccata da Mirage israeliani.68 Nell'annata 1972 è interessante un articolo di Sandro Mayer, (oggi più conosciuto come direttore di testate scandalistiche quali “Di Più”, o per servizi e libri su Padre Pio) che

68 Maurizio Chierici , Aldo Guidi (foto) Abbiamo vissuto in prima linea la guerra tra Israele e Giordania, in "Oggi", a XXIII, 04 aprile 1968, pp. 20-25 40 da inviato di “Oggi” in Israele in quello stesso anno mostra una qualche simpatia per la causa palestinese.69 Negli altri due giornali non vi sono articoli di geopolitica, ma si trovano alcune corrispondenze interessanti dalle guerre arabo-israeliane (1968 e 1973): pur essendo predominanti i toni patetici e la descrizione delle sofferenze, rientrano comunque nel genere della corrispondenza di guerra. Queste riviste, nonostante si occupino soprattutto di costume, si servono di corrispondenze di giornali esteri o di persone contattate in loco; i servizi sono corredati anche da reportage fotografici, che certamente riescono ad appassionare il pubblico.70 Interessante è l'equidistanza dalle parti in conflitto, il settimanale della Rizzoli, quindi, non prende posizione, come non prenderà posizione, a differenza di “Gente”, sulla guerra del Vietnam. Tra gli articoli citati non manca la cronaca mondana perché tra le corrispondenze tradotte dall'inglese di “Oggi” c'è, come detto, quella di Peter Townsend, asso volante della seconda guerra mondiale, noto anche per aver avuto per un periodo, una storia d'amore con la principessa Margareth, sorella di Elisabetta II. La storia si era poi dovuta interrompere poiché non era possibile giungere al matrimonio dato che Townsend era divorziato. I lettori di giornali di costume come “Oggi” e “Gente” si ricordano certamente del pilota inglese, e così si può aggiungere una nota di colore ad un servizio sulla guerra del Kippur. Vi è da segnalare, in "Gente", un articolo interessante su Carlo Olivieri, militare italiano impegnato in operazioni di peace-keeping, morto all'inizio della guerra del Kippur. Nè “Oggi”, né “Famiglia Cristiana” segnalano l'avvenimento, bisognerà aspettare la morte di Filippo Montesi in Libano nel 1983 perché i militari italiani morti all'estero abbiano maggiore visibilità. Torneremo a breve sulla vicenda; bisogna però fare prima il punto sulle operazioni di peace keeping e su cosa significano nei vari momenti storici per comprendere come mai questo avvenimento sia passato sotto silenzio nella stampa di costume.

69 Sandro Mayer.Fra gli arabi vittime della vendetta ebrea. Ho sentito l’urlo dei bambini sepolti vivi dalle bombe di Israele, in "Oggi", a. XXVII, 26 settembre1972, pp. 23-27 70 L’eccezionale testimonianza di un medico italiano sulla guerra in medio oriente, Ho ascoltato le parole dei feriti, ho visto morire le donne soldato. In "Gente", a. XVI, 12 ottobre1973, pp 6-11; Un famoso eroe dell’altra guerra telefona dal fronte d’Israele. Peter Towsend: non avevo mai visto una guerra così crudele in "Gente", a. XVI, 2 novembre1973, pp. 14-16 e Franco de Giorgi, Chi era il giornalista Nicholas Tomalin. Dalle cronache mondane alla morte sul fronte del Golan, p.18 in "Gente", a. XVI, 2 novembre1973, Leo J Wollemborg Che cosa insegna il conflitto arabo-israeliano La vera sconfitta è l’Europa, in “Oggi”, a. XXVIII,8 novembre1973, pp.29-32; Marcello Minerbi, la feroce guerra tra arabi e israeliani nella sconvolgente testimonianza di un combattente ebreo. Ho ucciso un uomo e adesso lui mi guarda. In "Oggi", a. XXVIII, 01 novembre1973, pp. 29-33 41 Oggi si tende a parlare di operazioni di peace-keeping di prima e seconda generazione seconda del tipo di operazione: nelle prima missioni di peace-keeping truppe sotto bandiera Onu poco armate o disarmate controllavano, da posti di osservazione, il rispetto degli accordi. Non erano parte delle forze in campo e non avevano la potenza militare per interporsi tra le parti, dovendo quindi limitarsi al ruolo di osservatori; con la fine della guerra fredda e, di conseguenza, con il venir meno della difficoltà per il consiglio di sicurezza Onu di intervenire a causa dei veti incrociati, si è passati ad operazioni di peace-keeping più consistenti, con truppe armate pesantemente e in grado di intervenire tra le fazioni in lotta per giungere a un disarmo; in questo secondo caso si preferisce parlare di Peace Enforcing, ovvero di imposizione della pace. Ad oggi le missioni hanno anche una componente di aiuti umanitari e di ricostruzione del tessuto sociale distrutto dalla guerra. La missione Onu in Libano del 1982 è a metà tra il peace- keeping ed il peace-enforcing, data la rilevanza numerica delle truppe impiegate. Nel 1973 il confine arabo-israeliano era vigilato da osservatori Onu di diversi paesi, che dovevano controllare che non vi fossero sconfinamenti e che gli accordi di pace venissero rispettati. Il primo morto italiano in operazioni di questo genere, il capitano Carlo Olivieri, ebbe la sfortuna di saltare su una mina mentre abbandonava il suo posto di osservazione, all'inizio della guerra. "Gente" è l'unico periodico, tra quelli presi in esame, che si occupa del capitano Olivieri; questo interesse pare frutto di un caso fortuito, ovvero dell'amicizia personale del giornalista Paolo Poggio con Gianni Minà, che conosceva personalmente il caduto.71 La biografia del capitano Olivieri è quella di un militare che, dopo il servizio di leva, ha scelto di entrare a tutti gli effetti nell'esercito. Nell'articolo si parla di Gianni Minà superiore del caduto, che viene interpellato dal giornalista di "Gente" e con cui l'ufficiale era in contatto anche dopo la naja. Il ritratto di Olivieri è quindi tracciato da Minà: il giornalista non parla di patria, ma fornisce motivazioni che Franco Battistelli, nel suo manuale di sociologia militare, avrebbe definito moderne e cioè la visione della vita militare come un impiego.72

71 Piero Poggio, L’ufficiale italiano caduto nel Sinai. La sua vita per la pace, in "Gente", a. XVI, 23 novembre 1973, p. 18

72 Cfr. F. Battistelli T. Ammendola, Manuale di sociologia militare, Angeli, Milano 2008. Le motivazioni per la scelta della vita militare, divise secondo Charles Moskos in: paleomodene (patria, onore etc...), moderne (carriera, buon impiego, posto fisso) e postmoderne ( desiderio di avventura, voglia di fare qualcosa di diverso) verranno riprese più tardi. Charles Moskos (1934-2008) è uno dei maggiori sociologi militari contemporanei: le sue ricerche sui gruppi combattenti dalla guerra del Vietnam alla seconda guerra del Golfo sono state utilizzate dal dipartimento della difesa americano per migliorare le condizioni dei soldati americani; è stato anche consigliere di Nelson Mandela nei lavori per la creazione di un esercito multirazziale in Sudafrica.

42 Nell'articolo si parla delle idee simili tra Olivieri e Minà e del fatto che il primo avesse intrapreso la missione all'estero per avanzare di grado ed avere dei soldi con i quali assicurare una vecchiaia felice a moglie e figli. La morte di Olivieri, quindi, anche per un giornale che spesso utilizza in senso conservatore la retorica patriottica come "Gente", non tocca i tasti della patria, ma piuttosto quelli del lavoratore morto in terra straniera.

Afghanistan

Riguardo alla successiva guerra in Afghanistan, "Famiglia Cristiana" prende nettamente posizione a favore dei resistenti all'avanzata russa e cita spesso Norberto Bobbio, presidente del comitato di solidarietà per la resistenza afghana,73 che è presente in due articoli, uno dei quali è una lunga intervista. Le ragioni dei Mujaheddin vengono descritte come confuse, ma si afferma che l'invasione sovietica resta da condannare, e la presa di posizione a favore dei resistenti, nonostante l'integralismo islamico, è totale, anche se si preferiscono gli indipendentisti di Massoud. Le corrispondenze degli anni '80 sono moltissime, come si evince dalle note e tutte a favore dei resistenti. Le mosse di Mikhail Gorbaciov, presidente dell'URSS, volte a trovare un accordo, sono state per la maggior parte dei casi bollate come strumentali e tese a rompere il fronte della resistenza all'invasore sovietico.

La guerra delle Falkland

La guerra delle Falkland durò dalla fine di marzo al 20 di giugno del 1982 e si concluse poco prima dell'inizio della prima missione di peace keeping italiana di una qualche

73 Mariapia Bonante, Con la primavera, ripresa la guerra dei russi contro un popolo. Afghanistan, massacro quotidiano in "Famiglia Cristiana", a. LII, 06 febbraio1983, P 54-55; A quattro anni dall’invasione sovietica. Afghanistan, il Vietnam Russo in "Famiglia Cristiana", a. LII, 07 settembre 1983 P. 32-39; Vincenzo Maddaloni condannato dal tribunale dei popoli l’intervento sovietico. Afghanistan: la “sporca guerra” russa, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 25 novembre 1982, pp. 32-35; la visita in Italia di un medico Afghano che combatte a fianco dei mujaheddin. Servono ospedali nell’Afghanistan della resistenza in "Famiglia Cristiana", a. LIV, 13 febbraio 1985, p. 116. dove si fa proprio un appello di Bobbio per mandare viveri e vestiario ai resistenti e Odile Botti, Donne in Afghanistan. l’altra faccia della guerra in "Famiglia Cristiana", a. LVI, 28 aprile 1985, pp.58-64; Morire da Mujaeddin. L’esperienza di un medico italiano ai confini dell’Afghanistan in id. 11 febbraio 1987; ntervista con il senatore Norberto Bobbio, presidente del Comitato internazionale di solidarietà con la residenza Afghana. Passa per l’Europa la pace in Afghanistan in "Famiglia Cristiana", , a. LVI, 25 marzo1987, pp.56-57 dove si auspica che la vera pace si possa raggiungere con una trattativa che includa i ribelli come soggetti di diritto internazionale; Afghanistan. La piaga di Gorbaciov, in "Famiglia Cristiana", a.LVI, 8 luglio1987 ed altri articoli fino al 1989

43 importanza in Libano nel 1982, che iniziò nell'agosto 1982 e si concluse nel 1984. “Oggi” e “Gente” sono principalmente giornali di costume e spesso si occupano, più che della vicenda bellica, delle teste coronate presenti come il principe Andrea, che ha partecipato alla guerra come pilota di elicotteri.

“Oggi” dedica ampio spazio, almeno all'inizio, alla guerra delle Falkland, cercando di spiegare le motivazioni di un conflitto per un territorio che non pare di vitale importanza per nessuno dei due contendenti. In mezzo al servizio, al solito, vi è la stanza di Montanelli che verte sulla ricerca, da parte dell'Inghilterra, del prestigio militare perduto.

In seguito, una decina di pagine dopo, vi è un servizio sul principe Andrea, di stanza sulla portaerei Invincible come pilota di elicotteri, anche se la maggior parte delle foto sono per le truppe inglesi che stanno partecipando alle operazioni militari.74 “Gente”, invece, non dedica al principe Andrea un servizio, ma parla della fine della guerra e di come vi siano comportamenti cavallereschi da parte dei militari inglesi75; il settimanale, infatti, giudica la guerra assurda sotto il profilo economico e militare, e per avvalorare questa tesi pubblica interviste a militari, economisti e anche a un documentarista, Serge Bertino. Nonostante ciò, vi è, nei servizi, una certa prevalenza per la ragioni dell'Inghilterra invasa.

“Famiglia Cristiana” dedica anch'essa alcuni servizi al principe Andrea, ma fa una cronaca più puntuale della guerra, e vi è una condanna delle sue ragioni, anche grazie alle rubriche di teologia e alla vicinanza ai movimenti non violenti cattolici. In realtà, come è consueto, le corrispondenze di “Famiglia Cristiana” non si limitano agli articoli di costume, ma offrono un panorama diverso e variegato della guerra e delle motivazioni di entrambi i contendenti. In questi anni il pensiero della Chiesa è decisamente a favore della non-violenza e una guerra, come quella delle Falkland, per un territorio di scarso interesse è giudicata dal giornale più importante per la politica interna dei due paesi belligeranti che per quella estera: la giunta militare argentina era in crisi di consensi e così il governo della Thatcher che riesce ad ottenere la rielezione grazie all'entusiasmo nazionalista.76

74 A. Santini, Storia, a volte grottesca, delle isole al centro della crisi Le Falkland: 150 anni di litigi per pecore, schiavi, whisky. In "Oggi", a.XXXVII, 22 aprile1982, pp. 12-15; Indro Montanelli, L’invincibile flotta cerca tutto il prestigio perduto, ivi; Battesimo del fuoco alle Falkland per il figlio della regina Elisabetta sulla portaerei “Invincibile”Andrea, arrossendo, disse: “comandante, non ho paura.”, In "Oggi", a.XXXVII, 22 aprile 1982, pp 25-27. 75Un funzionario inglese racconta come è stata conquistata l’isola del Sud Georgia. Ho l’onore di invitare a pranzo gli ufficiali argentini prigionieri in "Gente", a. XXV, 14 maggio 1982. 76C. Cavicchioli, Perché gli inglesi hanno perso le Falkland. Una sconfitta dell'imprevidenza, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 08 aprile1982, pp. 43-45. V. Maddaloni; L’appello dell’argentino premio 44 Nel primo articolo, dopo l'invasione delle isole da parte degli argentini, si dice addirittura che la Gran Bretagna, grazie alla diminuzione dei finanziamenti alle basi militari, ha quasi offerto all'Argentina l'invasione.77 In seguito due servizi: “E l'Inghilterra si ritrova di colpo militarista”, “Falkland, un trionfo e le sue amarezze” descrivono il consenso del paese per la guerra e la determinazione del primo ministro, la cui elezione non era affatto scontata. Nel secondo articolo, scritto e pubblicato alla fine della guerra, si parla di come in questa breve guerra ci siano stati molti eroi e medaglie, che la Gran Bretagna ha sfruttato in funzione propagandistica. Per quanto riguarda le lettere dei lettori, anche in questo caso si assiste a diverse posizioni. Ve ne sono due particolarmente interessanti: quella di un cattolico pacifista che critica le armi in copertina del numero del 10 ottobre 1982, recante il titolo Comprate sicuri è collaudato in battaglia, e si domanda se sia giusto mettere armi in copertina (il servizio del 10/10 parlava della guerra delle Falkland e di come questa abbia generato profitti per i commercianti d'armi di tutto il mondo).78 Nella seconda lettera, di un emigrato italiano in Argentina, si contesta al giornale la neutralità in occasione del conflitto, e si chiede che vengano appoggiate le ragioni dello stato sudamericano79 Il periodico dà conto delle voci dissenzienti rispetto alla giunta militare e di come queste, ad esempio le madri di Plaza de Majo, pensino all'appoggio alla giunta per la guerra in cambio di libere elezioni da tenersi dopo di essa; e anche di personalità del mondo cattolico che si sono adoperate per la pace: il papa e il premio nobel Adolfo Perez Esquivel, architetto e esponente di spicco dell'opposizione cattolica alla giunta

Nobel per la Pace. Esquivel: l’Europa può scongiurare il disastro, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 16 maggio1982, pp, 28-29 E l’Inghilterra di colpo si ritrova militarista in "Famiglia Cristiana”, a. LI, 23 maggio 1982 pp 30-31; Vincenzo Maddaloni, Storie di emigranti italiani nel conflitto argentino. Cercavamo un mondo di pace e abbiamo i figli in guerra, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 23 maggio 1982 (a titolo di curiosità tra gli emigrati italiani intervistati in Argentina c'era Luigi Pallaro, all'epoca presidente dell'associazione degli imprenditori italiani in Argentina, poi eletto nel 2006 come senatore nella circoscrizione estero nelle elezioni che portarono alla vittoria di Prodi. Pallaro, all'epoca, era favorevole alla guerra delle Falkland); Vincenzo Maddaloni, La guerra raccontata dalle madri dei desaparecidos. Se mio figlio fosse alle Malvinas, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 6 giugno1982, pp 44-51, V. Maddaloni, Il lungo viaggio della speranza del papa in Argentina. La lunga strada della pace, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 27 giugno1982, pp. 40-44; Salvato dal principe, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 18 luglio1982 pp.37-39; Dietro una parata voluta da Margaret Thatcher. Falkland: un trionfo e le sue amarezze,in "Famiglia Cristiana", a. LI, 07 novembre 1982 pp 42-44

77 Cfr. C. Cavicchioli Perché gli inglesi hanno perso le Falkland, in "Famiglia Cristiana", a.LI, 18 aprile 1982, pp. 43-45 78 Lettere in "Famiglia Cristiana" cit., a. LI, 07 novembre 1982 p.13, l'articolo, invece è Carlo Cavicchioli, l'incredibile salone aeronautico di Franborough. Comprate sicuri è collaudato in battaglia , in "Famiglia Cristiana" cit., a. LI, 10 ottobre 1982 pp. 72-76 a N. Fallani, Aerei e missili come al mercato, 10 ottobre 1982, pp. 77-79La copertina invece mostra una foto del salone, con il pubblico che si aggira tra gli stand, e recita: eroi delle Falkland siete morti per questo.

79 lettere, in "Famiglia Cristiana", a.LI, 20 giugno 1982, p.10 45 militare. Il settimanale ha sempre un atteggiamento ostile alle dittature sudamericane, e spesso ospita lunghi servizi sulle comunità di base e su ecclesiastici in prima linea nell'assistenza sociale ai poveri e nella lotta alle dittature (molti sono infatti i servizi su Romero in Salvador o su Helder Camara).

Il servizio di leva dei militari italiani

Il servizio di leva dal 1945 alla sua abolizione, con la legge 226 dell'agosto 2004, ha significato per l'Italia un movimento enorme di persone in luoghi lontani dalla famiglia di origine, e spesso ha causato esperienze traumatiche che sono state raccontate nei diversi media con toni dall'ironico al drammatico. I giornali si occupano del servizio di leva e spesso, in occasione di fatti di cronaca che hanno portato gli occhi del paese sulle caserme, raccolgono con interviste gli umori dei soldati, degli ufficiali e di chi fa funzionare la macchina militare. In casi di nonnismo o abusi la condanna dei giornali è unanime, ma le differenze emergono anche in questo campo di indagine. “Famiglia Cristiana” è, al solito, il giornale che fa servizi più equilibrati e, anche se “Oggi” si schiera a favore dell'obiezione di coscienza, vi sono servizi che parlano di campagne di destabilizzazione della sinistra contro le forze armate. “Oggi” e “Gente” sono giornali di costume, i cui lettori, per la maggior parte donne, vogliono sapere le ultime novità in fatto di moda, cosa fanno i personaggi famosi e del bel mondo e tra questi vi sono servizi ricorrenti nel 1968 sul chirurgo sudafricano Christiaan Barnard, autore del primo trapianto di cuore e, tra i militari, di Moshe Dayan, reduce dal trionfo israeliano della guerra dei sei giorni. I giornali dell'epoca ospitano lunghi servizi sui due personaggi; per quanto riguarda Moshe Dayan, si può immaginare che abbia contribuito anche la benda sull'occhio e il temperamento del generale, incline a ricercare la popolarità. Dayan in “Oggi” e “Gente” veniva descritto come lo stratega infallibile e un genio militare, a cui si doveva il merito della vittoria israeliana contro gli arabi. L'opinione pubblica moderata italiana era spaventata dall'Egitto di Nasser e dalle sue ambizioni di potenza regionale, anche perché lo stato egiziano riceveva aiuto dai sovietici e non era chiara, come lo fu in seguito con Sadat, la sua appartenenza al campo occidentale. Per quanto riguarda il servizio di leva “Famiglia Cristiana” offre, al solito, il panorama più interessante, anche perché non si occupa della leva solo in occasione dei casi di

46 cronaca più eclatanti e negli anni cerca di comprendere cosa si agiti nei soldati, soprattutto tra coloro che nella vita civile, erano cattolici praticanti e avevano ricercato, con esperienze diverse come quella del volontariato o dei gruppi di base, di vivere la propria fede. La leva è, appunto, una delle grandi tappe dell'iniziazione dei giovani e i media vi si sono dedicati nei modi più svariati: fumetti, film e serie televisive, giornali di cronaca e di denuncia; oltre a ricevere questa attenzione dai media popolari, la naja è stata oggetto, soprattutto al cinema e in televisione, di pellicole con i registri più vari: dalle commedie scollacciate al film d'autore di denuncia dell'arbitrarietà e dei soprusi che regnano nelle caserme. La difesa della patria è sacro dovere del cittadino, recita l'articolo 52 della Costituzione, e questo, fino al 2004, ha comportato per il cittadino l'obbligo di servire sotto le armi, lontano da casa e dagli affetti, catapultato in una realtà con regole completamente diverse rispetto alla vita civile. Le forme di adattamento, o disadattamento sono state molte: dal nonnismo80, all'assunzione di droghe e ai comportamenti devianti. Tutti questi aspetti, particolarmente difficili da sopportare nella vita militare, erano diffusi; nonostante ciò, vi è stata una generale accettazione del modello del servizio di leva e della vita da caserma, come dimostrano soprattutto i film che, anche se comici, mettono in evidenza i problemi della vita militare. Per quanto riguarda i giornali, solo “Famiglia Cristiana” offre servizi sui problemi, anche gravi della leva. Nel 1982 questi problemi sono addirittura oggetto della rubrica “Colloqui col padre”, che occupa le prime pagine(le rubriche fisse di “Famiglia Cristiana” sono due: “Colloqui col padre”, in cui un sacerdote risponde a interrogativi sulla vita d'oggi, e “Risponde il teologo”, di cui abbiamo già parlato e in cui si offrono delucidazioni teologiche). Nei “Colloqui col padre” il religioso che risponde alla lettera è, in pratica, un padre confessore che dà consigli ai lettori su come affrontare la vita e i suoi problemi. Nella lettera un militare di leva denuncia l'abbrutimento dei suoi compagni: si parla di un soldato già “fumato” all'inizio della mattina, si dice che nessuno ricorda il venerdì santo in caserma, e che allo scrivente non dispiace quindi montare di guardia; chiede inoltre al religioso di ricordare i soldati nella messa, e parla di una patria senza pace e senza guerra. Il prete risponde che il suo spirito di ricerca di Dio fa di lui un testimone

80Cfr. (a cura di) Franco Battistelli, anatomia del nonnismo, Angeli, Milano 2000.

47 di Cristo e che la gente, nel tentativo di sopportare e durezze della vita militare, cerca conforto nelle droghe e nell'abbrutimento81. E' interessante rilevare che, come avviene in altri casi, il giornale riporta i casi peggiori della vita militare, ma non imputa questi problemi alla vita militare stessa, bensì alla debolezza delle persone. Quello della droga è un problema che ritorna diverse volte nei servizi di “Famiglia Cristiana”, a sottolineare che il periodico dà comunque conto di quello che avviene nelle caserme italiane: ai lettori più giovani non sfuggiva il periodo di abbrutimento, di noia e totale spaesamento con cui molti identificavano il servizio militare, e anche le vie d'uscita, più o meno accettabili da questo periodo. La via d'uscita auspicabile, almeno per i singoli, era l'obiezione, che permetteva di fare cose utili al mondo, ma molti usavano, per rendere sopportabile la naja, altri tipi di evasione.82 Il titolo stesso, E' vero che in caserma si impara a drogarsi? , non intende minimizzare il problema e infatti l'equazione caserma, come avviamento alla droga e abbrutimento ha trovato spazio nelle pagine del settimanale. Come esperto di questioni militari viene intervistato l'ammiraglio Accame, che, come abbiamo visto, non rinuncia in più frangenti a dare la sua opinione, che si trova d'accordo con quanto detto nel titolo:

In un ambiente sordo e chiuso ad ogni istanza, non v’è dubbio che il tossicomane non solo si viene a trovare in uno stato di completo abbandono che ne aggrava le condizioni psichiche generali, ma si vengono a precostituire tutte le condizioni necessarie perché si formino nuovi adepti fra quegli elementi

psicologicamente più deboli, in una sorta di reazione a catena.83

Segue comunque un'intervista al Generale Lisai, direttore della sanità militare, che, invece, difende l'istituzione e afferma come ci si droghi di meno in caserma, citando al riguardo statistiche sulla vita militare.

L'intervista al generale Lisai viene smentita in seguito da molti lettori in una raccolta di lettere dal titolo “La droga nelle caserme”84, dove i lettori stessi affermano che la relazione dei vertici militari è troppo ottimistica e che la droga in caserma gira, proprio a causa dell'alienazione comportata dalla vita militare.

81Colloqui col padre: Ciao, soldatino inquieto in "Famiglia Cristiana ", a. LI, 09 maggio1982, p. 4. 82Cenzino Mussa Un problema angoscioso per molte famiglie. E’ vero che in caserma si impara a drogarsi?,in “Famiglia Cristiana”, a. XLVIII, 14 ottobre 1979, pp. 66-71 83ivi. p 68. 84 La droga nelle caserme in lettere, in "Famiglia Cristiana", a. XLVIII, 29 novembre 1979, p. 9 48 La condizione nelle caserme è un problema che rientra anche in molte lettere dei lettori tra il '77 e il '78; la scelta delle lettere, e una risposta piccata che il settimanale dà a un generale, fa comprendere come, con tutti i limiti già espressi, vi sia un forte impegno per la democratizzazione della vita di caserma e per la denuncia dei gravi problemi connessi al servizio militare.

In quegli stessi anni, tra il 1977 e il 1978, venne messa a punto la riforma del servizio militare e vennero istituite, nel luglio 1978, le rappresentanze militari: un modo per democratizzare la vita militare e impedire che le forze armate fossero un'istituzione chiusa al mondo esterno85. Questo fatto, a ridosso dell'approvazione della legge, provoca un dibattito sul settimanale. Si fronteggiano varie posizioni, si parla dell'efficacia dell'esercito come istituzione in grado di formare il carattere dei giovani e si imputa il fallimento, per i giornalisti e i lettori, agli ufficiali, che, dando un cattivo esempio, non svolgono la loro funzione educativa. Nonostante questo, le forze armate come istituzione non vengono messe in dubbio.

Nel 1977 un soldato non si dichiara d'accordo con la riforma dell'esercito perché permangono le vecchie abitudini: scarsa igiene, mancanza di democrazia degli ufficiali, uso di delatori per sapere se in caserma vi sono persone che sbagliano.86 In seguito, tra luglio e settembre del '78 che vi sono dieci lettere, anche quattro per numero, sulla vita in caserma.

Due lettere del 1978 parlano del sesso nella vita militare: da sempre la vita di caserma, anche se questo aspetto verrà poi trattato in modo più approfondito nella parte relativa ai fumetti e ai film, è stata un'iniziazione sessuale per molti adolescenti o giovani. Il servizio militare è stato, per la maggior parte delle persone nate prima del 1986, il primo vero allontanamento da casa e per alcuni, nelle generazioni ancora precedenti, l'unico. I militari, quindi, sono lontani da casa e in una comunità prettamente maschile dove vige il machismo e sono frequenti gli scherzi e le goliardate di carattere sessuale e il ricorso a letture pornografiche o alla prostituzione.

Come settimanale cattolico, "Famiglia Cristiana" lamenta questa deriva nell'ambito della morale sessuale, dando la colpa agli ufficiali, visti in modo paternalistico come educatori che devono dare anche l'esempio morale.87

85 http://www.difesa.it/Giustizia_Militare/Legislazione/Regolamenti/Pagine/Normediprincipiosulladiscip linamilitare.aspx 86Non sono d’accordo con la riforma dell’esercito lettere, in “Famiglia Cristiana”, a. XLVI, 16 ottobre 1977, p.10 87AA.VV. Nell’esercito chi aiuta moralmente i giovani in lettere, In "Famiglia Cristiana", a. XLVII, 23 luglio1978 sono due lettere di soldati che lamentano la mancanza di educazione morale in caserma, con 49 La risposta della redazione alle lettere è emblematica della linea del settimanale, che auspica un miglioramento della condizione dei soldati, senza tuttavia mettere in discussione l'istituzione.

certa ostilità per le forze armate –grave e pericoloso fenomeno – è dovuta anche al fallimento di certi ufficiali come esempi di vita.

E' necessario quindi eliminare le mele marce nel corpo sano. In risposta alle lettere menzionate, ve ne sono tre molto interessanti: una, di un soldato di leva, che in sostanza ribadisce quanto detto dai coscritti in altri momenti sulla mancanza di democrazia nelle caserme:

la caserma, come il lager, è una istituzione che sopprime la libertà ed è il caso di cambiarla e di fare del servizio militare una vera occasione di crescita della

persona.88

Il colonnello Ferruccio Botti, invece, parla dell'ufficiale come esempio di educazione che, però non può agire dove le carenze educative sono gravi e dovute all'ambiente di provenienza. E' molto interessante la lettera del generale Luigi Pratesi, che si scaglia contro il settimanale, reo di pubblicare lettere di madri ansiose, screditando così l'istituzione militare. La soluzione di Pratesi sarebbe quella di mettere tutto a tacere per il bene del paese e di mandare le lettere, non ai giornali, ma al comando interessato. In sostanza il generale è ostile a un'istituzione militare che non sia autoreferenziale e che possa aprirsi verso il mondo esterno. E suggerisce al settimanale di mantenere un „silenzio intelligente“ sulla vicenda. La risposta della redazione, è però, contrariamente a molte altre volte in cui il settimanale si occupa di vita militare, molto poco diplomatica, visti anche i toni accesi della lettera stessa.

Ci riesce difficile mantenere il silenzio intelligente che lei chiede generale per due motivi: Primo perché forse la nostra idea di intelligenza differisce alquanto ufficiali che usano linguaggio triviale e permettono l'uso di riviste pornografiche o approvano la scelta di servirsi di prostitute. 88AA. VV. Parlano un colonnello, poi un soldato poi un generale in “Famiglia Cristiana” cit., a. XLVII, 27 agosto1978, p.10 50 dalla sua. E perché quando lei definisce “stupide” le lettere di madri di militari,

abbiamo l’obbligo di rispondere con tutto il rispetto.89

In settembre vi sono lettere sulle cattive abitudini in caserma, soprattutto su questioni sessuali e di educazione a cui i lettori sono molto sensibili: una risposta alle lettere sul ruolo degli ufficiali viene pubblicata nel settembre del 1978, scritta da un cappellano militare, che riprende i consueti temi paternalistici dell'ufficiale che deve essere educatore e dare il buone esempio.90

L'altra risposta al generale Pratesi viene da quattro militari che dibattono sulla bestemmia in caserma e hanno posizioni differenti: alcuni dicono di cercare di portare cultura in caserma, altri affermano che la colpa è della mancanza di educazione dei giovani in generale, e non c'è nessuna opera di corruzione portata dalla vita militare.91

A parte lo scambio verbale intenso cercato dal generale Pratesi in questa vicenda, "Famiglia Cristiana" mantiene una linea equilibrata sul ruolo dell'istituzione militare e gli ufficiali di carriera, anche se mostra di recepire i fermenti del mondo cattolico.

Poco dopo, all'inizio del 1980, compaiono due lettere che mettono in luce aspetti devianti del servizio militare e quanto possa essere distruttivo per persone già fragili. La prima, pubblicata nel numero del 10 febbraio 1980, si intitola significativamente Tornare puliti dalla caserma e parla del nonnismo, ancora tollerato da ufficiali e graduati; la seconda del 2 marzo 1980, è invece un'accusa alla sanità militare che ha sottovalutato la depressione di un soldato, intervenendo quando era troppo tardi: il giovane, infatti è morto in manicomio poco dopo essere stato rimandato a casa.92 “Famiglia Cristiana” non si mostra insensibile a questo tema: il caso di nonnismo che ha avuto più eco in Italia è stato, nel 1999, il caso di Emanuele Scieri, avvenuto nella caserma della brigata “Folgore” a Pisa; ha avuto risalto anche nei periodici di costume come “Oggi” e “Gente”. Negli anni precedenti, ovvero nei decenni '70 e '80, solo “Famiglia Cristiana” si occupa dell'argomento, con articoli che sono comunque duri ed accusano la sanità militare di inadempienze. Tra 1985 e 1986 vi sono due articoli interessanti sul tema, che mettono sotto accusa la

89AA. VV. Parlano un colonnello, poi un soldato poi un generale, in "Famiglia Cristiana", a. XLVII, lettere 27 agosto1978 p.10 90 Lettere, Famiglia Cristiana cit., a. XLVII, 17 settembre1978, p.10 91 Bestemmia, nella mia caserma si fa così in lettere., in "Famiglia Cristiana", a. XLVII, 24 settembre 1978 p.11 92Tornare puliti dalla caserma e , in “Famiglia Cristiana”, a. XLIX, 10 febbraio1980, p. 10 e Perché nostro figlio è morto, in Famiglia Cristiana cit., a. XLIX, 2 marzo1980, p.12 51 sanità militare e denunciano il periodo della naja come inutile. E' interessante notare che negli stessi mesi nel giornale sono presenti interviste ad alte personalità militari, come quella al capo di stato maggiore del 1984, descritta in seguito, dove vi è una fondamentale consonanza tra ciò che pensa il settimanale e l'istituzione militare. Il primo dei due articoli tratta il caso di un geniere morto in circostanze poco chiare e mette sotto accusa la sanità militare, vista come arretrata; il secondo articolo parla dell'Anavafaf93, un'associazione che ha come presidente l'ammiraglio Falco Accame, e che si occupa di ricercare la verità sulle morti in caserma, e quantifica in 477 i morti durante il servizio militare nel 1984. L'articolo denuncia inoltre lo scarso controllo parlamentare delle caserme e la scarsa considerazione dei diritti dei militari.

E' interessante notare come in questa fase, nonostante i morti in caserma siano molti, nessuno ne parli nella stampa generalista: il culto dei morti inizia con le missioni all'estero, ed è tributato (gli articoli sono successivi alla morte di Filippo Montesi) solo a chi muore in missione.94

Abbiamo quindi una prima morte nel 1973, quella del capitano Olivieri, alla quale viene dato poco risalto; la morte di Montesi in Libano che avrà, invece, notevole spazio, e le morti ordinarie in caserma che sono poste sotto silenzio, o quasi, ed hanno notorietà solo con il caso Scieri del 1999.

Sono inoltre interessanti due servizi su Vladimiro Nesta, ufficiale carrista morto suicida il 29 settembre 1986 dopo uno scandalo che aveva coinvolto il suo reparto: secondo gli articoli di cronaca coevi95 un sottoposto del tenente colonnello aveva voluto punire un reparto che si era dimostrato poco marziale nelle manovre con una marcia forzata di 40 km sotto il sole cocente. L'episodio era stato denunciato ed era finito, grazie ai parlamentari del PCI, addirittura in Parlamento, oltre ad avere avuto un certo rilievo negli organi di informazione. Il comandante del reparto, Tenente Colonnello Vladimiro Nesta, nonostante l'inchiesta avesse in qualche modo ridimensionato il suo ruolo nella vicenda, avrebbe però compiuto il gesto estremo, sparandosi con la sua pistola d'ordinanza per cancellare qualsiasi macchia verso la sua persona.

93 L'Anavafaf: Associazione Nazionale Assistenza Vittime Forze Armate e Famiglie dei caduti è un'associazione, nata dall'attivismo di Falco Accame, che intende fornire assistenza „in ogni sede“ alle vittime di infortuni durante il servizio militare. Tra le ultime attività dell'associazione vi è un libro, ad opera di Accame, sull'uranio impoverito e sui suoi effetti sui militari italiani. 94Renata Maderna, Per un figlio morto in divisa, in "Famiglia Cristiana", a. LIV, 14 aprile1985, pp 110- 112; Beppe Del Colle, In un solo anno è accaduto a 477 militari. Morire di “Naja” in tempo di pace, in "Famiglia Cristiana", a. LV, 2 aprile1986, p. 23 95 http://archiviostorico.unita.it/cgibin/highlightPdf.cgit=ebook&file=/archivio/uni_1986_09/19860930_ 0007.pdf&query=m.ab. 52 “Famiglia Cristiana”, essendo un settimanale cattolico non può ovviamente giustificare il suicidio. Prende quindi una posizione equidistante, definendo il tenente colonnello Nesta un uomo da capire.96

Ciò che in realtà è più interessante è l'articolo successivo, che si occupa della caserma e del deserto culturale e sociale in cui essa è immersa. Vi sono, nel numero successivo, lettere che lamentano lo stato delle caserme nel Friuli e di come esse non offrano niente ai militari in libera uscita. Vi è poi una lunga intervista al diretto superiore di Nesta, che pensa al clamore sulla vicenda come a un complotto che si serva del nonnismo per screditare le forze armate.97

“Oggi” e “Gente” non si occupano di queste vicende, almeno in questi anni; nel 1971 un articolo di “Oggi” dipinge l'esercito come la più grande azienda d'Italia e pensa che tutte le delegittimazioni siano dovute all'attacco di forze di sinistra.98 Nel 1975, però, nelle lettere una madre lamenta l'inciviltà dei compagni di naja del figlio, caratterizzata da battute e scherzi atroci99 Tra le questioni importanti poste da “Oggi” c'è quella della possibilità di un golpe in Italia, con interviste a personaggi di rilievo della politica e della cultura, appartenenti a diverse aree: Giulio Andreotti afferma che è necessario contrastare i principi e prevenire le minacce prima che vengano attuate; Flavio Orlandi del Psdi non nega che vi siano tentativi eversivi, ma si mostra fiducioso; Giancarlo Pajetta del Pci, definisce i tentativi della destra velleitari , ma ad ogni modo pericolosi per le alte complicità di cui godono; tra le personalità della cultura, invece, sono stati intervistati Alberto Moravia e Franco Ferrarotti, persone note all'opinione pubblica come intellettuali di prestigio. Il sociologo e lo scrittore si trovano concordi sul fatto che questi tentativi di golpe non hanno rilevanza, ma che sia necessario prestare attenzione al malessere politico che li ispira.100 Sempre nel 1975, Indro Montanelli richiede che l'esercito venga utilizzato per il contrasto al terrorismo, e che abbia compiti di ordine pubblico, dato che lo stato è

96 Beppe del Colle, Editoriale, Il suicidio dell’ufficiale. Non eroe né martire, ma un uomo da capire in "Famiglia Cristiana", a. LV, 15 novembre 1986 p. 21. 97 Il suicidio di Vladimiro Nesta porta a una serie di servizi sui vari aspetti della vita militare, raccolti in vari articoli: Roberto Zichitella, Fuori dalla caserma il deserto, e Non confondiamo la naja col night, che raccoglie l'intervista al generale Gala, diretto superiore di Nesta e una chiusura sugli ostacoli all'obiezione di coscienza, Alberto Chiara, Troppi ostacoli e difficoltà burocratiche: le domande si stanno contraendo. Intanto, crolla l’obiezione. in "Famiglia Cristiana", a. LV, 15 ottobre1986, pp. 48- 54. 98Perché le forze di sinistra hanno scatenato una campagna di accusa indiscriminate contro l’esercito. La più grande azienda d’Italia. 25 dicembre 1971 in "Oggi" cit. pp. 32-43. 99Il suo ragazzo è militare in "Oggi "cit., a. XXX, 9 aprile 1975 p.4 100Francesco Palladino, Una grande inchiesta di “Oggi”: le domande terribili che si pongono gli italiani. E’ davvero possibile fare un “golpe” in Italia? In "Oggi", a.XXX, 5 maggio 1975, Pp. 26-27. 53 insufficiente e i detenuti evadono facilmente dalle carceri.101 Questo articolo, che tende ad eccitare gli animi dei lettori più reazionari, mette in luce l'orientamento più conservatore di “Oggi” rispetto a “Famiglia Cristiana”, almeno per quanto riguarda l'orientamento politico.

Tutti e tre i settimanali ospitano tra le loro pagine i bandi di arruolamento delle forze armate e delle accademie militari, e ciò fa pensare che non siano ostili alle istanze dei militari. Nel 1975 Famiglia Cristiana dà conto di una interessante polemica relativa al trattamento economico e alla mancanza di democrazia nell'esercito ad opera dei sottufficiali. Vengono quindi pubblicate due lettere con lamentele, tra settembre e novembre; si rende nota la lentezza della carriera e i pochi scatti di stipendio, ma le rivendicazioni che si leggono nella lettera di una moglie di sottufficiale toccano nel profondo la struttura delle forze armate:

1) Rendere umane e democratiche le forze armate, con nuovo regolamento di disciplina e codice penale 2) Carriera meno umiliante e deprimente perciò più rapida 3) Stipendio che permetta di vivere, di mantenere la famiglia con tranquillità, e da aggiornare con rapidità 4) Formare una rappresentanza come è stato fatto per la polizia102

In queste lettere si parla anche del "caso Sotgiu". In realtà ve ne sono due, in qualche maniera intersecati: uno, più, famoso che si svolse a margine dello scandalo che seguì l'uccisione di Wilma Montesi e che coinvolse il figlio del segretario della Dc dell'epoca, e uno riguardante le proteste dei sottufficiali. Giuseppe Sotgiu, avvocato discendente da una famiglia di antifascisti e membro del PCI, difese il giornalista che indicò il figlio del segretario della DC, Attilio Piccioni, come coinvolto nell'omicidio Montesi, proponendosi come moderatore dei costumi corrotti. In seguito si scoprì che anche l'avvocato frequentava una casa di appuntamenti in compagnia della moglie. Giuseppe Sotgiu è in realtà anche il nome di un sottufficiale dell'aeronautica, che partecipò alle manifestazioni del militari democratici per un migliore trattamento nelle caserme. Notando la presenza di persone con macchine fotografiche e telecamere (si trattava in realtà di carabinieri in borghese che avevano il compito di fotografare e schedare i

101I. I. Montanelli Contro i guerriglieri Br chiediamo aiuto all’esercito. In "Oggi ", a. XXX, 20 gennaio 1975 p. 7 . 102Lettere, in"Famiglia Cristiana", a.XLIV, 22 settembre 1975, p.9 54 sottufficiali coinvolti) arrivò a con uno di essi, che in seguito si qualificò come maggiore dei carabinieri, e quindi venne condannato per insubordinazione pluriaggravata e finì nel carcere militare di forte Boccea. Il collegio difensivo del sottufficiale Sotgiu era composto dagli avvocati Marotta e Sotgiu, entrambi personalità di rilievo della sinistra, e penalisti di chiara fama, che, nonostante tutto, non riuscirono ad evitare una condanna, poi sospesa con la condizionale. Durante il processo, però, molti sottufficiali si rifiutarono di ricevere il rancio in caserma e lo gettarono via, compiendo quella che è stata la prima protesta organizzata di militari di carriera dal dopoguerra103 e dando luogo a movimenti, come il coordinamento dei sottufficiali democratici. Per la sinistra extraparlamentare, invece, nacque il movimento dei proletari in divisa, che si affermò dopo il 1968 e si rese protagonista di azioni simili a quelle dei sottufficiali. "Gente", che è il giornale più schierato a destra tra i tre, tace sul problema della protesta dei sottufficiali, mentre "Oggi" dedica a questa vicenda un articolo in cui si intervista Falco Accame, schierato con la protesta.104 Accame, militare e militante del PSI (sarà deputato tra il 1979 e il 1983 e vicepresidente della commissione difesa) e, ad oggi, presidente dell'Anavafaf (Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate e nelle famiglie dei caduti)105 che si occupa delle vittime del servizio militare in tempo di pace, e che si è occupata anche del caso uranio impoverito. Accame torna a collaborare con "Oggi" anche in seguito, intervistato come esperto in casi di problemi in caserma o sullo scandalo Somalia del 1997.106 Accame ha grande feeling con i media e infatti in "Famiglia Cristiana" è citato più volte;107 offre il suo parere di esperto su molti argomenti, quali, ad esempio, le donne

103 http://old.grnet.it/allegati/Sotto_le_stellette.pdf è un breve libro che raccoglie le testimonianze e le ragione della protesta dei militari democratici, disponibile in internet. 104Gian Paolo Rosetti. Lo sfogo del comandante che si è dimesso per difendere il suo equipaggio. Oggi le lamiere in marina contano più degli uomini in "Oggi ", a. XXX, 04 agosto 1975, pp.66-68. 105 http://www.anavafaf.com/ 3 maggio 2014 106Dobbiamo aver paura per i nostri figli pestati in caserma? Risposta di Falco Accame in "Oggi " cit., , a. XLIX, 04 marzo 1994 p.7 e Torture in Somalia: si scoprono cose ancora più terribili? Risposta di Falco Accame in "Oggi", a. LII, 3 settembre 1997, p.5; La risposta, critica con la commissione di inchiesta, è che bisogna andare fino in fondo.

107Di seguito, gli interventi di Accame in "Famiglia Cristiana" divisi per argomenti. Sul traffico d'armi: Pier Michele Girola. Il traffico mondiale delle armi prodotte in Italia vendiamo la morte, ecco le cifre. in "Famiglia Cristiana", a. XLVIII, 18 febbraio1979, Pp.32-36 e Pier Michele Girola Dopo gli incidenti di Comiso e i cortei di protesta. Missili e commercio di armi. in "Famiglia Cristiana", a. LII, 9 ottobre 1983, p.41; sui sottufficiali Mai più sottufficiale,in "Famiglia Cristiana", a. L, 22 febbraio1981, p. 28; breve intervista nella rubrica come vanno le cose; sul servizio militare Otto mesi di mini naja,in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, I 17 gennaio 1978, pp. 14-15; sempre nella rubrica „come vanno le cose“, Cenzino Mussa Un problema angoscioso per molte famiglie. E’ vero che in caserma si impara a drogarsi?, in "Famiglia Cristiana", a. XLVIII, 14 gennaio1979, pp. 66-71,Alberto Chiara. 55 soldato, i vari casi di nonnismo, la riforma della naja e altro, mentre invece non collabora con "Gente". Accame sale alla ribalta dei media nel 1975 e in seguito, come si vede, mantiene per un certo tempo il palcoscenico mediatico come un militare di carriera progressista, sensibile alle istanze democratiche che si levano da più parti per delle forze armate moderne. Accame infatti sarà spesso critico verso le forze armate e per una democratizzazione più spinta dell'istituzione militare, e si schiererà sempre contro le zone d'ombra delle collusioni tra ambiente militare e commercio d'armi. Il fatto che "Oggi" e "Famiglia Cristiana" accolgano una voce comunque critica, mentre invece "Gente" non se ne serva come collaboratore fa capire che tra i tre periodici vi sono delle differenze. I pareri di Accame verranno citati di volta in volta nelle sezioni sui vari argomenti, anche perché, in alcuni casi risultano interessanti. Il settimanale spesso si è schierato contro i problemi della vita militare e contro l'autoritarismo, anche se non ha mai messo in dubbio la legittimità dell'istituzione. Su esercito e addestramento sono infatti interessanti i vari articoli, anche qui abbondanti e diversificati come per il problema dell'obiezione di coscienza, sul servizio di leva e sui suoi problemi: abuso di droghe, nonnismo, sensazione di noia e inutilità. Come accennato in precedenza, le lettere di soldati cattolici di leva testimoniano infatti lo spaesamento e la mancanza di senso che si prova durante il servizio militare, e il settimanale non cerca di nascondere nulla. Se vi sono delle critiche sui cappellani militari vengono comunque pubblicate nelle lettere, ma gli articoli sono a loro favore, nonostante vi siano anche articoli celebrativi su Don Milani. Il settimanale, naturalmente, dà conto di varie istanze del mondo cattolico e non può prendere posizione contro le gerarchie ecclesiastiche. Così, se da un lato elogia L'obbedienza non è più una virtù come uno dei testi che hanno portato una generazione di cattolici a interrogarsi sull'obiezione di coscienza, non prende posizione contro i

L’esercito si fa pubblicità. Mezzo miliardo per documentare interventi di protezione civile e creare consenso intorno ai soldati. Parla il capo di stato maggiore. la Naja si è rifatta il look, in "Famiglia Cristiana", a. LVI, 28 ottobre1987; su un sottomarino russo avvistato nel Golfo di Taranto Comandante cosa ha spiato nel golfo di Taranto?in "Famiglia Cristiana", a. LI, 28 marzo 1982, si tratta di una intervista immaginaria degli onorevoli Caccia e Accame al comandante del sottomarino russo; Sulla costruzione dei dragamine a Bocca di Magra Mariagrazia Cucco, un ponte, una nave e una storia quasi da ridere. Riuscirà il cacciamine a raggiungere il mare?, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 10 ottobre1982, pp. 34-38; Sulle donne soldato Cenzino Mussa, opinioni a confronto: Anche le donne con le stellette,in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, 30 maggio 1977, p.15 intervista a due persone di parere opposto: Falco Accame (favorevole) e Immacolata Detti Mazzonis (contraria ) e Franco Mazza, Donne soldato anche in Italia? Anna prendi il fucile.in "Famiglia Cristiana", a.XLIX, 30 marzo1980, pp.60-64; sul nonnismo A. Chiara, Dal caso Folgore alla riforma dell’esercito. Attenti al “nonno”,in "Famiglia Cristiana", a. LXVIII, 5 settembre1999, pp. 18-23 56 cappellani militari.108 Simile è l'atteggiamento del giornale sull'America Latina: se da un lato si intervistano i preti sudamericani e si dà ampio spazio ai movimenti cristiani della regione, "Famiglia Cristiana" non dà alcuna notizia di contrasti tra Giovanni Paolo II e i vescovi latinoamericani, ad esempio assimilando il papa a Oscar Romero durante il viaggio di Wojtyla in Salvador. Ai lettori che chiedono conto della benedizione del papa a Pinochet, infatti, si risponde che il papa è obbligato a intrattenere rapporti con le autorità di paesi non democratici, e che la via per la democrazia non deve passare attraverso la violenza. Nonostante tutto il giornale è comunque schierato contro la dittatura e vari articoli sul Cile descrivono in maniera attenta e senza reticenze cosa avviene. Anche Gente dedica un articolo al Cile e al golpe e, pur non essendo il giornale di sinistra, non tace niente della dura repressione seguita alla presa del potere da parte di Pinochet109 Il pensiero è simile riguardo a cappellani militari e dittature, come spiegato nelle rubrica "Risponde il teologo": i cappellani benedicono persone e non ideologie e, quindi, possono anche benedire soldati delle dittature, senza per questo offrire un sostegno a quei regimi.110 Interessante da questo punto di vista è una risposta di un lettore sul problema dei cappellani, che cita come esempio di pacifismo e abnegazione alla sua missione padre Reginaldo Giuliani, medaglia d'oro al valor militare nella guerra d'Etiopia, dove morì con il suo reparto di camicie nere.111 Nonostante ciò le lettere contrarie ai cappellani vengono pubblicate, anche quelle scomode, come nel 1975112, quando un militare di leva risponde a un cappellano che lamenta la scarsa partecipazione alla messa dei militari; il giovane afferma che questi, essendo ufficiali di carriera, sono lontani dal mondo dei soldati di leva e vicini ai loro parigrado. La lettera continua dicendo che viene ricordata con piacere una messa tra commilitoni proprio per l'assenza del cappellano. Il giornale si serve comunque dei cappellani come di una fonte di informazione preziosa

108 Don Lorenzo Milani, L'obbedienza non è più una virtù, Feltrinelli, Milano 1998 (ed or.) 1965. Il testo, una risposta polemica ad un articolo di giornale dell'associazione dei cappellani militari che negano la possibilità dell'obiezione di coscienza, ha importante diffusione negli anni successivi al Vaticano II e diventa uno dei pilastri del cattolicesimo riformatore negli anni '60. Un esempio di come il pensiero di Don Milani ha portato alcuni cattolici a interrogarsi sul servizio militare è contenuto in uno scritto di uno degli ex allievi del sacerdote alla scuola di Barbiana: Franco Gesualdi, Signor No. Una storia di naia che diventa presa di coscienza politica e civile, Guaraldi, Rimini 1972 109Cfr. Vincenzo Maddaloni Per il Cile di Pinochet l’ora della Barbarie, in "Famiglia Cristiana", a. LV, 24 settembre 1986 P. 36; Renzo Giacomelli Le vittime di Pinochet torturtate con animali vivi, in "Famiglia Cristiana", a. LVI, 15 luglio 1987, p.35; e Dal Cile dopo il “Golpe” le immagini più drammatiche in "Gente", a. XVI, 12 ottobre1973, pp. 25-26 110Cappellani militari e amor di patria in lettere,in "Famiglia Cristiana", a. LV, 7 dicembre 1986 111In lettere, "Famiglia Cristiana", a.LVI, 15 luglio 1987 112in lettere, "Famiglia Cristiana", a. XLIV, 24 agosto 1975 57 per sapere cosa si muove all'interno del mondo della naja. Sono infatti due gli articoli che riportano il loro punto di vista113, oltre a due risposte del teologo sull'obiezione di coscienza e sul ruolo dei cappellani militari, e a un'intervista al capo dell'ordinariato militare nel 1982. Il primo articolo cerca di rispondere alle critiche che vengono fatte per lettera da alcuni lettori sul fatto che i cappellani siano, come militari di carriera, più vicini agli ufficiali che ai soldati di leva. L'articolo cerca di rimandare al mittente le critiche e quindi dà conto delle varie attività del laicato cattolico in collaborazione con l'ordinariato militare, volte anche alla promozione culturale in caserma. Viene anche liquidato come un impegno non gravoso quello dell'inserimento nella struttura militare, affermando che è un obbligo a cui sottostare, ma che i cappellani devono obbedire al vescovo e non ai superiori diretti. Nell'articolo tra i gruppi laicali che aiutano i cappellani è presente anche “Comunione e Liberazione”, che riceve servizi favorevoli dal giornale. Il secondo articolo, invece, è una indagine promossa dai cappellani militari per comprendere come i giovani vivano il servizio militare: le risposte sono uguali in tutta Italia, e annoverano tra le cose brutte della vita militare il nonnismo e la noia; tra quelle belle, solidarietà, disciplina e obbedienza. La posizione dei cappellani militari è problematica all'interno degli eserciti, come ha fatto notare Joanna Bourke114, perché sono parte di una religione che si basa sull'amore e la rinuncia alla violenza, e tuttavia svolgono un ruolo importantissimo di supporto nei confronti dell'istituzione militare. I cappellani, in sostanza, cercano di razionalizzare la guerra e di offrire conforto e giustificazione per azioni che non possono essere concepite come razionali. Lo scollamento tra i cappellani e i comportamenti che devono giustificare è poi reso evidente dal fatto che, pur essendo ufficiali, non possono portare armi e partecipare ai combattimenti. In sostanza svolgono un importante ruolo di propaganda bellica, fornendo supporto morale ai combattenti e incitandoli a fare ciò che loro, per la natura del loro ministero, non possono fare, ovvero uccidere e partecipare attivamente agli scontri. Le interviste di Gordon C. Zahn, in uno studio degli anni '60, ci mostrano come la

113Angelo Montonati La vita religiosa nelle caserme, Il cappellano serve ancora, in "Famiglia Cristiana", a. XLV, 12 ottobre1976, pp31-34 e Alberto Chiara Secondo un indagine promossa dai cappellani militari. Questi i modelli di vita dei giovani in servizio di leva , in "Famiglia Cristiana", a. LV, 10 dicembre 1986 P. 18, Renzo Giacomelli Incontro con l’ordinario militare, Monsignor Bonicelli. In missione tra i giovani di leva in "Famiglia Cristiana", a. LI, 14 febbraio 1982. 114Cfr J. Bourke, Le seduzioni della guerra. Miti e storie di soldati in battaglia, Carocci , Roma 2001 (ed or. 1999) pp. 239-268.

58 maggior parte dei cappellani militari approverebbe o comunque non dissentirebbe in modo forte da ordini contrari alla convezione di Ginevra come l'uccisione di prigionieri. I cappellani, quindi, nonostante siano dipendenti dal vescovo e non dalle forze armate, si sentono più vicini ai loro compagni di reparto e, in caso di guerra, per la maggior parte obbedirebbero all'istituzione militare piuttosto che ai comandamenti della Chiesa.115 Ovviamente la vita di guarnigione nelle caserme italiane non richiedeva di solito scelte così estreme; ma, come detto, in alcune lettere citate, si lamenta una sorta di lontananza dei cappellani rispetto ai soldati semplici, anche di fede cattolica, proprio perché ufficiali “con le stellette” e più vicini al modo di sentire dei superiori, e dell'istituzione, che a quello della truppa di leva che dalla vita civile porta esperienze diverse, anche in campo religioso. Così “Famiglia Cristiana” per questo tema, come per altre questioni scottanti come il pacifismo, non può che tenere una posizione in qualche modo contraddittoria. Si elogiano Don Milani e i suoi scritti, ma si elogiano anche i cappellani militari e il loro impegno nell'istituzione militare e nel renderla più umana per militari di leva, senza far notare le possibili contraddizioni. Tra i servizi interessanti c'è invece quello relativo ad Angelo Carletto, un mulatto figlio di un soldato italiano e di una donna etiope, che si è suicidato dopo una vita sbandata e in cerca di una sua identità. Il giornale parla di razzismo diffuso e del fatto che ai mulatti vengano dati quei lavori che gli italiani rifiutano, uscendo in questo modo dalla cronaca rosa e di costume per parlare di un caso scomodo. Tra le foto di Angelo Carletto ce n'è, a detta del giornale, una sola sorridente, quella del servizio militare, con la didascalia: sognava una patria. L'esercito qui è visto quindi come una delle poche istituzioni in grado di unire persone diverse.116 “Gente” si occupa ancora meno di “Oggi” dell'esercito, anche se sono presenti, come negli altri periodici, diversi articoli di carattere agiografico sulle guerre passate, e il comportamento dei militari degli anni correnti passa in secondo piano. “Gente” è, come detto, tra i tre giornali quello più conservatore, e non pensa quindi a criticare le forze armate. Negli editoriali del direttore dopo che è stato scoperto il golpe de Lorenzo, infatti, si minimizza e si dipinge il tentativo come un'esagerazione. Il giornale della Rusconi in un articolo arriva ad assolvere De Lorenzo per avere cercato di fare una lista di personalità che, in caso di guerra con il blocco sovietico, si sarebbero certamente

115 Ibid. p. 259. 116Andrea Panozzo, Gli sconvolgenti retroscena del suicidio che ha messo Parma sotto accusa. né bianco né nero, sto bene solo con i morti, in “Oggi”, a. XXXVII, 24 febbraio1982, pp. 22-24. 59 schierate dalla parte di questi ultimi.117 Sono però numerose le interviste ai militari di carriera e ai capi di Stato Maggiore. Nel 1982 vi è una intervista al generale Umberto Cappuzzo, capo di stato Maggiore dell'esercito, la cui presentazione è molto lusinghiera, e le domande dell'intervista sono tese a mettere il generale in buona luce. Il generale è presentato infatti come:

Un soldato umanista che parla quattro lingue, scrive saggi tradotti all'estero e, nonostante gli alti studi di strategia internazionale, preferisce l'immagine dell'uomo attento ad analizzare i problemi di ogni giorno, tenendo d'occhio valori “semplici e

concreti”.118

Quindi, ancora una volta la critica non si spinge fino ai quadri più alti o a delegittimare l'istituzione ed il settimanale, in fondo, difende le forze armate a cui vengono attribuiti compiti di pace. Cappuzzo, dopo essere stato pensionato, con una certa riluttanza perché avrebbe voluto terminare la carriera da Capo di Stato Maggiore della Difesa, è diventato, dal 1992 al 1994, parlamentare nelle file della Democrazia Cristiana.119 Il generale Cappuzzo ritorna anche in un articolo di “Gente” del 1981 dove si parla di supposti contrasti tra il capo di stato maggiore dell'esercito e quello della Difesa, generale Santini. L'editoriale di Mattei, afferma che ambedue i militari sono seri ed equidistanti dalla politica e pensare che abbiano un ruolo o un altro è solo propaganda comunista per minare l'unità delle forze armate.120 Il generale ritorna anche intervistato come esperto da “Oggi” sulla guerra delle Falkland, alla quale è contrario.121 Se nel modo di presentare le forze armate “Famiglia Cristiana” è il giornale che critica in modo più incisivo l'istituzione, con lo scopo, abbiamo visto, di una sua democratizzazione (e non di una sua abolizione), “Oggi” e “Gente”, non dovendo rivolgersi a lettori con un orientamento religioso di riferimento, sono certamente più liberi nei servizi riguardo ad aspetti legati alla morale sessuale. “Oggi”, ad esempio, ospita tra le sue pagine pubblicità con donne nude o poco vestite, mentre “Famiglia Cristiana”, ovviamente non può farlo.

117G. Cavallotti, editoriale, in "Gente", a. XI, 31 gennaio 1968, pp. 5-8 118Cenzino Mussa, Generale e se ci aggredissero nel Mediterraneo? In "Famiglia Cristiana", 14 marzo 1982, p. 44. 119 http://www.senato.it/leg novembre BGT/Schede/Attsen/00000465.htm e per la carriera militare http://www.anrp.it/associazione/organigramma/_cappuzzo.htm egli era presidente dell'associazione reduci dai capi di prigionia ed è morto il 13 maggio 2014 durante la scrittura di questa tesi. 120E. Mattei, Qual è il generale più buono?, In risposta alla lettera di lettera del lettore di Cecco Matteucci, in "Gente", a. XXIV, 25 dicembre 1981. 121F. Palladino, Per una guerra assurda si rischia la catastrofe, in "Oggi ", a. XXXVII, 24 maggio 1982, pp. 28-32. 60 Questi due giornali destano invece interesse notevole negli anni '70 per due servizi, uno per parte, su transgender in cui il cambio di sesso non viene visto come un abominio, ma come una possibile scelta. Ai fini di questa tesi, ciò è interessante perché la definizione dell'identità maschile passa, fin dal XIX secolo e dalla nuova politica, per quella del cittadino in armi, mentre invece alla donna è lasciato l'ambito domestico e la cura dei figli. I transgender in questo caso sono spiazzanti perché hanno scelto il proprio sesso mediante operazione chirurgica. Nei due articoli, di “Oggi” e “Gente”, il denominatore comune che sembra caratterizzare la passata mascolinità dei due soggetti è rappresentata proprio dal servizio militare: si dice, infatti che la donna in questione un tempo era un sergente o un fante. Nell'articolo di "Gente" su un transgender tedesco in cerca di pubblicità che imita Anita Ekberg facendo il bagno nella fontana di Trevi, il giornalista ritorna due volte nel titolo sui suoi trascorsi in fanteria, e all'interno del settimanale vi è un servizio fotografico sul bagno nella fontana, nel quale il transessuale è attorniato da ragazzi che fanno da cornice con gesti e le cui battute vengono riferite all'interno della corrispondenza. Alla domanda dell'intervistatore se essi sapevano che era un uomo e aveva fatto il servizio militare rispondono che la cosa non poteva essere vera perché era una bella donna e non un uomo.122 Il giornale non condanna l'accaduto né il protagonista della vicenda, a parte per lo scompiglio provocato da un bagno nella fontana di Trevi in piena stagione turistica, ma piuttosto classifica l'avvenimento tra le bizzarrie. Anche “Oggi” ha un servizio simile, nel 1975, questa volta su un transessuale italiano, che viene intervistato con una certa comprensione per le sue scelte. Anche qui il denominatore comune dell'identità maschile, che rientra nel titolo, è quello del servizio militare.123 L'interesse è, ovviamente, per la curiosità e la notizia volta a stupire i lettori, ma è interessante che il servizio militare, ritorni in tutti e due i servizi come identificativo della mascolinità. La rivista, infatti, dedica al servizio militare anche articoli elogiativi sulle varie armi, come quello, già menzionato, sulla “Folgore”, nel quale si difende l'umanità e la professionalità di soldati spesso visti dall'opinione pubblica come esaltati. Vi sono servizi di questo tipo sui carabinieri, che per i loro compiti non sono presi in

122Pietro Palumbo, Chi è l’ex sergente dell’esercito tedesco arrestato a Roma per atti osceni. dalla caserma di fanteria allo “strip” nella fontana di Trevi in "Gente",a. XV, 23 settembre1972 123Mila Murzi, Eccezionale intervista con l’ex ufficiale romano che ha cambiato sesso. Ero un fante: dopo quattro operazioni sono donna. 28 luglio 1975, in "Oggi", a. XXX, pp. 21-24. 61 considerazione in questa tesi, e soprattutto sugli alpini. Gli alpini sono infatti, con i carabinieri che sono a contatto con la gente comune per compiti di pubblico servizio, il reparto militare più amato e vicino alla gente, e quindi riscuotono approvazione ed hanno spazio sui giornali. Se ne occupano, infatti anche “Oggi” e “Gente”. Molti servizi sugli alpini riguardano il loro ruolo nelle guerre mondiali: il fronte alpino nella prima e quello russo nella seconda con vari resoconti, spesso a puntate, sulle campagna di Russia con interviste a testimoni e reduci famosi come Giulio Bedeschi. “Famiglia Cristiana” nel 1978 dedica agli alpini un servizio lunghissimo (quasi trenta pagine) corredato da molte fotografie e testimonianze, simile a quello già fatto per la “Folgore”.124 Vi sono molte interviste a militari di tutti i tipi: di leva, di carriera, ufficiali e soldati semplici, oltre ai reduci. Ciò che è interessante è la constatazione, anche da parte dei comandanti e poi confermata dai militari di leva, del fatto che la vecchia retorica della patria sia sentita come vuota:“per fortuna oggi non c’è bisogno che parlino di Patria, di bandiera, di sacri confini da difendere”125. Un soldato di leva intervistato e poi un comandante di ritorno da un'esercitazione con i militari di leva dichiarano che i giovani non sono mossi dalle motivazioni di retorica e patria, ma solamente dall'emulazione e dall'esempio. A questo proposito è interessante uno studio di Franco Battistelli, sociologo che si occupa di vita militare in collaborazione con gli stati maggiori, riguardante la vita militare e la motivazioni dei soldati di leva di carriera: egli parla di un modello tripartito per lo studio dei motivi che conducono gli uomini alla vita militare che si divide in motivazioni paleomoderne, moderne e post-moderne.126 Nel sistema di valori paleomoderno rientrano i valori tradizionali di patria, difesa dei confini, servizio verso la nazione; in quello moderno quelli di lavoro sicuro, benessere economico e buona paga e in quello post-moderno lo spirito di avventura, la voglia di vedere posti nuovi o di fare esperienze fuori dal consueto. Il sociologo, negli anni della ricerca (anni 2000) rilevava che le motivazioni paleomoderne erano di gran lunga minoritarie rispetto alle altre, e spesso concentrate nei militari di carriera, mentre invece

124V. Maddaloni, L'incredibile spirito di corpo delle “penne nere” Ieri e oggi gli alpini, in "Famiglia Cristiana", a. XLVII, 4 maggio 1978, pp. 78-105. Il servizio sugli alpini deve essere stato preparato per mesi perché a una lettera del luglio 1977 che lamentava lo scarso spazio dato a questo corpo in occasione del raduno annuale si era risposto che era in preparazione un articolo molto esteso. (Cfr. Alpini sempre alla ribalta, in “Famiglia Cristiana”, lettere 3 luglio 1977, p.8. La risposta del giornale è che non sono stati tenuti in considerazione perché è in preparazione un grandissimo servizio sulla vita degli di tutti i giorni del corpo perché: “Gli alpini fa piacere incontrarli sempre”). 125Ivi 126Cfr. F. Battistelli T. Ammendola, Manuale di sociologia militare, Angeli, Milano 2008

62 le altre due erano più proprie dei giovani. Le interviste di “Famiglia Cristiana” sugli alpini sembrano confermare quanto detto nel testo di Battistelli già nel 1982 e quindi segnalano uno spostamento dell'asse di valori da quello del servizio e della patria a quello del mestiere o del servizio da fare senza avere demeriti per i compagni vicini (il gruppo primario). Gli alpini, tra i soldati più amati dal grande pubblico, oltre a tornare varie volte in occasione di manifestazioni che li coinvolgono, sono ricordati anche durante le esercitazioni Nato in Norvegia. Il giornale è comunque preoccupato dall'avanzata del comunismo e dalla sua aggressività, almeno verbale: vi sono vari articoli di geopolitica che vertono sull'inferiorità numerica della Nato rispetto alle forze del patto di Varsavia e sulla necessità di un deterrente nucleare e di un numero importante di forze convenzionali sul confine. L'articolo sugli alpini elogia le manovre Nato in Norvegia (quindi vicino al confine con l'URSS) e il loro ruolo di deterrente contro il comunismo127 “Gente”, invece, parla degli alpini, oltre che nei servizi storici con interviste a Bedeschi o a soldati delle due guerre mondiali, in occasione della ristrutturazione dell'esercito del 1975. Nel 1975 l'esercito italiano attraversò un'importante riduzione numerica per esigenze di bilancio e per permettere un maggiore ammodernamento delle strutture e delle dotazioni. Molte unità si trovarono quindi ridotte di numero e questo causò un certo panico tra i militari. Durante questo periodo ricorrono spesso voci infondate sull'abolizione di corpi militari come gli alpini. “Gente” sfrutta quindi l'attaccamento dei lettori e dell'opinione al corpo per un lungo servizio che verte sul lato emozionale: si tratta di una lunga intervista al generale in pensione Ennio Donà nel quale egli rivendica le sue glorie militari e chiede che il corpo non venga sciolto.128 Anche “Oggi” nel 1975 si schiera contro la riforma dell'esercito, e in particolare contro la riduzione numerica dei corpi alpini, dando un'originale impostazione tecnica, ovvero dicendo che gli Alpini sono adatti alla guerriglia di Mao129 in caso di invasione comunista. L'impostazione dell'articolo è di Montanelli, che usa il suo passato di ex militare e di divulgatore storiografico per imporsi come esperto di guerra. L'articolo si conclude con la retorica dell'attaccamento alla bandiera e dell'onore dei corpi alpini, che

127Con gli alpini alle manovre Nato in Norvegia. A trenta sotto zero per avvisare Breznev in "Famiglia Cristiana", a.XLIX, 13 settembre 1980, pp. 97-100. 128Ho fatto la Russia e la Resistenza: mi lasciate difendere gli alpini? In “Gente”, a. XVII, 17 marzo 1975, pp. 34-39. 129Indro Montanelli, Gli alpini sono adatti alla guerriglia di Mao, in "Oggi", 19 febbraio1975.

63 sono capaci di conservare questi valori anche dopo il servizio militare, nella vita civile.

Dopo Montanelli, che ha una “stanza” nel settimanale che conserverà fino quasi alla morte, “Oggi” schiera contro la riduzione anche Giulio Bedeschi, fortunato autore del bestseller Centomila gavette di Ghiaccio130 e uno dei reduci più famosi, insieme a Mario Rigoni Stern, della campagna di Russia. Nell'articolo si parla del ridimensionamento degli alpini e se ne teme l'eliminazione, anche se il servizio è corredato dall'intervista a un sottosegretario alla difesa che spiega nel dettaglio la ristrutturazione, tacitando i dubbi sull'abolizione dei corpi alpini.131 Gli alpini, ovviamente in chiave positiva, ritornano anche in un articolo di Nantas Salvalaggio, nel quale si contrappone la protesta extraparlamentare, che ha a Bologna una delle sue sedi principali, con gli alpini che hanno scelto proprio il capoluogo dell'Emilia Romagna come sede del raduno nazionale. L'articolo fa perno su una retorica conservatrice della patria, che viene contrapposta a una gioventù allo sbando.

Sotto le scritte anarcoidi I “veci” parlavano di patria, di onore, di disciplina. La

cultura del lambrusco ha preso a calci quella dell’ L.S.D, era ora.132

All'articolo segue un'intervista al generale Cappuzzo, capo di Stato Maggiore dell'esercito in un articolo di condanna della guerra delle Falkland.133

Per concludere la rassegna sulle truppe alpine, militari ben voluti all'opinione pubblica ed usati da questi periodici per “operazioni simpatia” che intendono avvicinare i cittadini, che si occupano dell'istituzione militare solo per la chiamata alla leva di figli o parenti, alle forze armate. Dato il carattere di costume dei settimanali presi in esame, l'istituzione militare deve essere resa familiare, e quindi si usano spesso i nomignoli con cui si designano gli alpini: bocia (ragazzi) per le reclute, e veci (vecchi) per i veterani. Questo lessico familiare ha l'effetto di rendere più vicino il corpo alla gente e quindi di far sentire appartenenza alla nazione e alla forze armate.134

130Giulio Bedeschi, Centomila gavette di ghiaccio, Mursia, Milano 1963.

131Giulio Bedeschi, Vogliono davvero eliminare gli alpini? In "Oggi", a. XXX, 19 febbraio 1975, pp. 19-23. 132Nantas Salvalaggio Con tutte quelle Penne nere Bologna sembrava meno rossa nella rubrica “I Nostri eroi”, in “Oggi”, a. XXXVII, 24 maggio 1982, p.17. 133F. Palladino, Per una guerra assurda si rischia la catastrofe, in "Oggi", a. XXX, 24 maggio 1982, pp. 28-32 134Claudio Moschin, In Val Pusteria ai Campionati internazionali di sci delle truppe alpine, tradizionale confronto sportivo per i soldati “di montagna”. “Bocia” e “Veci” alle olimpiadi grigioverdi, 64 L'ultimo articolo preso in esame è del 1989 ed è relativo al passaggio ai fuoristrada ed il pensionamento dei muli; è ovvio che periodici di questo tipo non possano passare sotto silenzio un avvenimento che fa leva sull'emozione, che, in definitiva, è il veicolo con cui il servizio militare viene fatto accettare ai lettori e con cui le forze armate, nonostante gli scandali, riescono ad ottenere consenso.135

Le proposte di rinnovamento del servizio militare, spesso accompagnate da un'intervista al solito Accame, occupano notevole spazio nei settimanali, anche per una caratteristica di queste riviste: molto spesso le questioni riguardanti il servizio militare sono più pratiche che relative a questioni di fondo sulla legittimità del servizio militare, soprattutto per “Oggi” e “Gente”; per “Famiglia Cristiana”, vi sono sia servizi che si occupano del pensiero dei movimenti cattolici riguardo alla guerra, all'obiezione di coscienza e al servizio militare, che trovano notevole spazio nelle pagine del settimanale.

Negli anni in esame i lettori di tutti e tre i settimanali, nelle lettere scrivono che il servizio militare è troppo lungo e che ferma i giovani un anno dopo il diploma, costringendoli a rimandare l'ingresso nel mondo lavorativo, o ad iniziare, in alcuni casi, l'università con un anno di ritardo.

Queste considerazioni di carattere pratico trovano ovviamente spazio e la vicinanza ideale dei settimanali all'area di governo, confermata per “Oggi” e “Gente” da articoli fortemente critici sul '68 in cui i manifestanti vengono definiti “figli di papà che vanno in manifestazione in Triumph”136 e in cui si definiscono le riforme universitarie portate avanti dal ministero sufficienti.

Non sono dissimili i toni di “Gente” che definisce, per bocca del suo direttore Rusconi gli studenti “Cinofascisti, sovietcong o confusionari impreparati a sostenere gli esami” e si ribadisce che gli studenti veri sono a studiare e patiscono dei disagi causati dai pochi protestatari per i quali sono una punizione tutto sommato „blanda“ le manganellate delle forze dell'ordine.137

in "Famiglia Cristiana", a. LV, 26 marzo 1986, pp.62-66; Bergamo è con gli Alpini in "Famiglia Cristiana", a. LV, 4 giugno 1986. Piccolo trafiletto sull’adunata nazionale degli alpini, che ha portato 400.000 persone a Bergamo.

135Pietro Radius, L’esercito italiano dà il definitivo addio a un animale entrato nella storia come il fedele, ma autonomo collaboratore delle truppe alpine, lo sostituirà un trattore. Ciao, mulo, in "Famiglia Cristiana", a. LVIII, 6 dicembre1989, pp. 80-83.

136Vittorio Buttafava, nelle risposte alle lettere in "Oggi ", a XXIII, 12 maggio1968, p. 5. 137Edilio Rusconi, editoriale, in "Gente", a.XI, 06 marzo1968 p.4 65 Anche se "Oggi", tutto sommato, sembra voler conoscere le ragioni della protesta e intervista alcuni studenti che partecipano alle occupazioni, si specifica, comunque che questi contestatori sono figli di professori universitari e di famosi urbanisti, quindi un modo per disconoscere le ragioni della protesta ed abbassarle a una semplice ed inutile moda.138

Questi periodici svolgono anche un'azione di propaganda politica, che arriva a quelle persone che non leggono giornali di approfondimento o generalisti, e non hanno una presa di posizione netta. Gli editorialisti e i notisti politici come Rusconi e Mattei in "Gente", o come Montanelli e Vittorio Buttafava di "Oggi", si occupano dell'educazione politica delle masse con un linguaggio piano e accattivante, facendo leva sui tasti della conservazione e della perpetuazione dello status quo a rischio di esproprio proletario.

Si può quindi capire che questi giornali intervengono non su battaglie ideali, ma su piccole questioni di tutti i giorni: l'avvicinamento del servizio, l'esonero per famiglie numerose o motivi di studio... Interviste o risposte di interessamento da parte degli enti preposti possono diventare un mezzo utile per avvicinare il potere alla gente e dimostrare che i pericolosi cambiamenti sono inutili, dal momento che le forze di governo stanno facendo il possibile.

"Gente" nel 1983, intervista infatti il ministro della Difesa, l'onorevole Lelio Lagorio del Psi, per ribadire che il bilancio del Ministero è, tutto sommato, contenuto e non pesa sui contribuenti.139 Una settimana dopo, però, vi è un servizio sul Costarica, unico stato al mondo senza esercito, candidato al Nobel per la pace. Come per altre curiosità, la corrispondenza non ha valore di un deciso impegno del giornale per l'abolizione delle forze armate, anche perché "Gente" si è sempre schierato a difesa di esse, anche nei casi più dubbi come quello del Golpe De Lorenzo e, in seguito, del caso Gladio. Il servizio rientra quindi nelle curiosità e non ha alcun valore per determinare la linea politica del giornale o l'atteggiamento nei confronti delle forze armate.140

In “Oggi,” invece, i problemi pratici dei militari hanno maggiore visibilità: nella rubrica tribuna politica, a volte, vi sono interventi dei membri del governo su questioni pratiche, che spiegano ai lettori (che dai dati sono spesso madri di figli che devono fare il servizio militare) alcune questioni pratiche.

138Cfr. "Oggi", a. XXIII, 7 marzo 1968. 139Parla il ministro della difesa. Eccessive le spese militari? Ma se l’Italia è al penultimo posto, in "Gente", a. XXVI, 18 marzo 1983. 140Il Costarica candidato al Nobel per la pace Niente esercito qui l’hanno abolito, in "Gente", a. XXVI 25 marzo1983. 66 All'inizio del 1968, ad esempio, vi è un servizio in cui si spiegano i cambiamenti in programma per il servizio militare, dalla scelta del servizio civile all'estero, che durerà due anni, alla cancellazione della norma che prevede il carcere per gli obiettori di coscienza. Nel servizio è interessante, però, una critica che viene rivolta alla mansione di attendenti, che diventano in tutto e per tutto i camerieri degli ufficiali, e nel servizio viene domandato se accompagnare i bambini a scuola può essere compatibile con la difesa della patria.141

La figura dell'attendente venne abolita solo nel 1968 e quindi Tremelloni, che già poteva vantare una diminuzione del numero, rispose che era in cantiere una soluzione definitiva al problema. Quella dell'attendente è una figura particolare che ha avuto il suo successo anche al cinema con il film omonimo, Gli attendenti appunto, di del 1967, che narra le vicissitudini di un condominio di ufficiali con i loro attendenti, capitanati dal colonnello ed amministratore Vittorio De Sica, che sarà esaminato nella sezione relativa al cinema.

In seguito la rubrica si occupa dei possibili casi di esonero dalla leva e quindi di probabili modifiche all'iter legislativo, ma nel 1968 e nel 1973 vi sono due servizi con possibili proposte per diminuire la durata del servizio militare: una parte dai giovani che vorrebbero la naja ridotta a sei mesi e una del presidente dell'MSI Gino Birindelli, ex ufficiale della X Mas, che vorrebbe anch'esso ridurre la ferma a sei mesi.142

La proposta del presidente del MSI è di carattere populista e cerca il consenso tra i giovani: essa prevede la netta separazione del servizio di leva, di soli sei mesi, da quello dei volontari di tre anni. La scelta per il servizio volontario, però, dà diritto, al ritorno alla vita civile, al diritto di precedenza negli impieghi pubblici perché i volontari hanno quel rigore etico che può essere dato solo da un lungo servizio militare.

Anche “Famiglia Cristiana”si occupa di questioni pratiche e, di solito, lo fa con interviste ai ministri o ai sottosegretari competenti. Spesso queste sono favorevoli all'area governativa, come l'intervista del 1975 al ministro Vito Lattanzio, intitolata significativamente, La caserma accanto a casa, che parla, oltre che degli avvicinamenti a casa per i militari che hanno problemi familiari, della rappresentanza collettiva e della possibilità di presentare petizioni.143 Nel 1978, invece vi è un dibattito sulla durata del

141Tribuna politica in "Oggi ", a XXIII, 01 febbraio1968, p. 12. 142 Giorgio Scerbanenco, Sei mesi di naja dovrebbero bastare, in “Oggi”, a. XXIII, 14 novembre1968, pp.17-18 e L. Vincenti, La proposta più “rivoluzionaria sulla naia. Tre anni per i volontari, sei mesi per le altre reclute in “ Oggi”, a. XXVIII, 18 ottobre1973. 143Nino Piccione, Parla il ministro: che cosa sta cambiando nel servizio militare: La caserma è accanto casa, in “Famiglia Cristiana”, a. XLV, 21 novembre 1976. 67 servizio militare, che nasce dalla proposta del deputato Falco Accame di ridurre il servizio militare ad otto mesi.144 Il ministro della difesa risponde che è impossibile scendere, per questioni di addestramento, sotto i dodici mesi.

Nella rubrica opinioni a confronto vi è, nel 1977, una interessante doppia intervista sulla legge che prevede la rappresentanza militare e la possibilità, per i militari di carriera, di iscriversi a partiti politici e inoltre istituisce il servizio civile. Una disposizione minore riguarda invece la libera uscita, che può essere fatta in abiti civili.145

I due intervistati sono l'onorevole Pasquale Bandiera, repubblicano, vicepresidente della commissione difesa, e quindi una della persone che più ha lavorato al testo, e l'ammiraglio Franco Micali Baratelli, capo di stato maggiore della Difesa. L'ammiraglio esprime perplessità sulle questioni più scottanti, mentre invece non ha nessun dubbio sulla libera uscita in abiti civili: per il militare, infatti, l'iscrizione a partiti politici apre la strada alla lottizzazione dell'esercito e lede la sua autonomia; per l'onorevole Bandiera, invece, l'impianto della legge è buono perché apre alla democrazia nelle forze armate, e comunque pone dei limiti alla partecipazione politica.

Nel 1981 vi è una proposta per un'importante riforma del servizio militare che abbassa la durata del servizio militare a un anno per tutte le armi e istituisce graduatorie pubbliche per il servizio di ufficiali di complemento. E' interessante che il titolo dell'articolo, Il soldato lascia la ramazza ai civili, parli di quei compiti percepiti come estranianti come quello di ramazzare e di fare inutili pulizie. L'articolo dice che i compiti dei soldati saranno d'ora in poi solo militari, e quindi anche qui vi è una difesa istituzionale.146 La legge che stabilisce in dodici mesi il servizio militare per tutte e tre le armi, in realtà, venne promulgata solo nel 1986.147

Poco dopo la pubblicazione della legge il settimanale ne dà notizia abbastanza dettagliata e la definisce una legge contro il mal di caserma. Abbiamo trattato in precedenza il suicidio del tenente colonnello Vladimiro Nesta e la risonanza nazionale

144Otto mesi di mini naja, nella rubrica “Come vanno le cose”, in “Famiglia Cristiana”, a. XLVII, 17 gennaio 1978, pp. 14-15. La proposta di legge, non accettata è invece presentata solo nel 1979: http://www.camera.it/_dati/leg07/lavori/stampati/pdf/28040001.pdf 145Opinioni a confronto Com’è questa riforma della disciplina militare?, In “Famiglia Cristiana”, a. XLVI, 2 ottobre 1977, pp. 23-24 Le legge, approvata poi nel luglio 1978 ha introdotto la rappresentanza militare, una sorta di sindacato militare con poteri limitati. Viene inoltre introdotta la possibilità per i militari in servizio di fare attività politica, purché in abiti civili e al di fuori dell'orario di servizio. http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1978;382 146Presto la riforma del servizio di leva. Il soldato lascia la ramazza ai civili, in "Famiglia cristiana ", a. L, 19 aprile 1981. 147http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1986-12-24;958 68 che ha avuto quel gesto. “Famiglia Cristiana” dedica alla caserma dei carristi un servizio più lungo di quelli che di solito dedica ad avvenimenti simili, e dove vi è una accusa al servizio militare.148

La legge del 1986 sembra, per il settimanale, andare nella direzione giusta perché, si nota, aumentano le licenze, la ferma in Marina viene ridotta a dodici mesi e aumentano le possibilità di inserimento lavorativo.149 Il servizio si chiude però con una nota amara relativa all'obiezione di coscienza, le cui domande stanno crollando dopo il boom seguito all'approvazione della legge. Questo è infatti un terreno di scontro con i militari, che sono accusati dai giornalisti del settimanale di boicottare le domande con lungaggini burocratiche, o cercando in tutti i modi di scoprire in ogni obiettore una persona che vuole sottrarsi alla vita militare.150

Un altro servizio interessante si ha con le interviste ai giovani che partono per la leva e ai loro ufficiali: la naja è vista in tono positivo e si dice come i problemi precedenti siano in parte risolti con una nuova leva di ufficiali che comprende le nuove generazioni: questi sono descritti come a metà tra umanisti e psicologi, e si parla anche dei migliori equipaggiamenti.151 Anche qui il giornale, vicino alle forze di governo, fa un servizio favorevole alle forze armate e in qualche maniera cerca di accreditare la vulgata che il servizio militare sia una tappa fondamentale della formazione dell'individuo e che, nonostante le storture, già in via di risoluzione, sia un periodo positivo nella vita di un giovane.

Il servizio militare, però, viene visto in modo ancor più positivo quando lo spirito cattolico viene portato nelle caserme con il consenso dei superiori: vi sono molte interviste ai cappellani e ai gruppi cattolici, anche quando sono critici verso il servizio militare. Se gli appartenenti ai gruppi cattolici rendono più cristiana la naja con iniziative supportate anche dai cappellani e dai parroci l'approvazione è totale, come nel caso del contro di accoglienza militari di Casale Monferrato, gestito dai gruppi locali.152

Un altro centro simile a quello di Casale Monferrato è a Battipaglia, dove sono alloggiati degli ex militari di leva, che hanno scoperto la loro vocazione in caserma e

148Cfr "Famiglia Cristiana", a. LV, 15 ottobre 1986, pp. 48-54. 149R. Zicchitella, Naja meno pesante con le norme varate in Parlamento. Una legge contro il mal di caserma, in “Famiglia Cristiana” , a. LVI, 7 gennaio 1987, p. 26 150Alberto Chiara, E l’obiettore aspetta, op. cit, p. 27. 151Cenzino Mussa, l’arrivo in caserma: come cambiano le tradizioni. Il primo giorno della “naja”, in “Famiglia Cristiana”, a. LIII, 22 gennaio 1984, pp. 64-67. 152Roberto Zichitella, Gioco, sport, musica, preghiera, impegno sociale e un clima di vera fraterna amicizia. C’è un altro modo di fare il soldato, in “Famiglia Cristiana”, a.LV, 29 ottobre 1986, pp. 60-62. 69 studiano teologia sotto la guida di un sacerdote. Nel servizio viene accusato l'esercito di non dare abbastanza spazio a queste esperienze e di costringere chi sente vocazioni simili a nascondersi e a palesare il proprio modo di vivere la fede solo dopo la leva.153

Nel 1984 vi è una interessante intervista a Lamberto Bertolucci154, Capo di Stato Maggiore della Difesa, che parla a tutto campo sui compiti dell'esercito. La missione in Libano è da poco finita e il bilancio che traccia il capo di Stato Maggiore è positivo rispetto ai compiti assolti e, in qualche maniera in linea con il settimanale; egli pensa a un pacifismo “buono” non strumentalizzato dalle forze politiche e, anche se si dichiara favorevole all'obiezione di coscienza pensa ad accertarne la genuinità e spera, per il futuro, in una riduzione del numero dei militari.155

Il titolo dell'intervista, è dato da alcune domande relative a un possibile conflitto atomico e al possibile uso di armi nucleari. Il generale risponde che gli armamenti, se non servono a mantenere la pace, sono inconciliabili con il Cristianesimo e che l'uso degli armamenti nucleari deve essere solo deterrente.

Tra le interviste a militari al vertice ve ne è una interessante perché atipica: l'intervista alla moglie di Ambrogio Viviani, generale dell'esercito ex comandante del controspionaggio italiano e coinvolto nello scandalo P2. Viviani si era dimesso dall'esercito in polemica con i vertici da cui sosteneva di non essere stato difeso perché era entrato nella loggia massonica come infiltrato, e su diretto ordine dei superiori. La versione del generale venne raccolta in una intervista a “Panorama” in cui egli parlò a tutto campo dei rapporti con la Libia, del caso di Ustica e di connivenze degli alti gradi dei servizi segreti con la massoneria.156 La lunga intervista di Carlo Rossella e Romano Cantore lancia molte accuse al potere politico, reo di avere favorito Gheddafi per i propri interessi economici e strategici, e parla dei rapporti tra Feltrinelli e i servizi russi, sollevando polemiche sulle operazioni segrete che si erano svolte in Italia. La moglie di Viviani, in sostanza, nell'intervista difende il marito come una persona che ha sempre fatto il proprio dovere. L'uso di questo tipi di interviste fa comprendere come si cerchi

153Alberto Bobbio, Sulle colline sopra Battipaglia è stata aperta una casa-seminario per militari. Ci vivono sei giovani che studiano teologia. Dove hanno maturato la loro scelta? Vocazioni in caserma. In “Famiglia Cristiana”, a.LVIII, 22 novembre 1989, pp.78-80. 154http://www.difesa.it/SMD_/CASMD/CAPISMD/Pagine/Generale_Lamberto_BARTOLUCCI.aspx 155Guglielmo Sasinini, Come sfuggire al ricatto atomico in “Famiglia Cristiana”, a. LIII, 5 agosto 1984 pp.36-37. 156 http://4agosto1974.wordpress.com/2014 aprile 26/gheddafi-figlio-nostro-panorama-18-05-1986- intervista-viviani-prima-parte/ e http://4agosto1974.wordpress.com/2014 aprile 27/gheddafi-figlio- nostro-panorama-18-05-1986-intervista-a-viviani-seconda-parte/

70 comunque, anche in caso di personaggi controversi, di lasciare spazio alla dimensione privata e più umana, in modo da non danneggiare troppo l'istituzione.157

Quello della P2 è stato uno scandalo che ha coinvolto molti quadri delle forze armate e ha destato, non solo nell'opinione pubblica di sinistra, dubbi sulla reale forza della democrazia italiana e sulla lealtà dei vertici delle istituzioni allo stato stesso. I militari hanno aderito massicciamente a un'associazione con finalità eversive, e analizzare come vengano visti dai settimanali in esame può essere molto interessante. In sostanza si tende a minimizzare ogni scandalo che abbia coinvolto le forze armate e i vertici istituzionali, da Gladio al caso de Lorenzo.

“Gente”, come abbiamo visto, classifica come meritoria l'azione del generale dei carabinieri e cerca di passare sotto silenzio, o almeno di minimizzare gli scandali. “Famiglia Cristiana” ha una posizione più sfumata e, a volte, parla di ingenuità dei militari coinvolti; ma non può ignorare che alla presidenza dalla commissione di inchiesta parlamentare c'è una delle esponenti di punta della Democrazia Cristiana, Tina Anselmi, che viene anche intervistata. “Oggi”, in un articolo, cerca di appagare la curiosità dei lettori con una spy story.158

Si può dire che in molti scandali i periodici, soprattutto “Oggi” e “Gente”, cerchino di minimizzare per veicolare l'immagine di uno stato fondamentalmente sano con qualche mela marcia. Questi periodici, non hanno interesse a favorire, mettendo dubbi ai lettori, le forze di sinistra e quindi il loro interesse è di minimizzare. I temi politici, poi, sono circoscritti in piccole rubriche o nei commenti del direttore o di editorialisti conservatori sul piano politico e che hanno instaurato un rapporto di fiducia con i lettori: Montanelli, Mattei, Cervi.

Come abbiamo visto, “Famiglia Cristiana” è più sfumata nelle sue posizioni perché al suo interno convivono varie anime: quella cattolico-democratica e vicina ai movimenti che vede con favore l'obiezione di coscienza, l'obiezione fiscale, il pacifismo, i limiti al commercio, anche legale, di armi; quella filo-governativa che cerca di presentare in buona luce ministri della difesa, capi di stato maggiore e che, in servizi di varia natura presenta bene le forze armate, anche nelle missioni internazionali e infine quella fortemente atlantista che auspica l'equilibrio nucleare per non far venire la tentazione

157Franca Zambonini, A colloquio con la moglie del generale Ambrogio Viviani, ex capo della sezione di controspionaggio del Sid, che ha lasciato l’Esercito lanciando durissime accuse. Mio marito agente segreto, in "Famiglia cristiana", a. LV, 5 novembre 1986, pp. 50-53. 158Stefano Jesurum , Gian Paolo Rossetti, Italia e le spie: parla il capitano la Bruna Io, il Sid, le stragi nere, in "Oggi", a. XXXVIII, 25 maggio 1983, pp 87-89 71 alle forze del patto di Varsavia di intraprendere un'avventura bellica in Europa occidentale.

Significativo è l'atteggiamento di “Gente” sull'affare Sifar- De Lorenzo: al principio del 1968 (lo scandalo venne divulgato da “L'Espresso” alla fine del 1967) la linea del giornale è quella di minimizzare dicendo che ha sbagliato una sola persona, mentre i vertici militari sarebbero sani. Lo scandalo, di minor dimensione rispetto a ciò che asserisce “L'Espresso”, sarebbe stato cavalcato dalle sinistre che intendevano servirsene per distruggere le forze armate e così prendere il potere instaurando una dittatura comunista.159

I due editoriali chiedono di processare De Lorenzo perché ha esagerato, ma che l'attività di dossieraggio di esponenti di forze politiche leali a potenze straniere come L'URSS da parte delle forze armate viene avvertita come legittima per proteggere gli interessi nazionali. Dagli editoriali emerge poi una vena antipolitica notevole in quanto si critica la sottomissione del potere militare, che dovrebbe essere indipendente almeno nella scelta degli uomini, dalla politica. In sostanza, “Gente” afferma che De Lorenzo è stato messo al suo posto non perché competente in materia, ma perché gradito ai socialisti, causando la scandalo con i suoi comportamenti. La soluzione auspicata, quindi, è quella di svincolare i criteri di scelta dei vertici militari dalla politica.

E' interessante, anche se parleremo più tardi dell'opera dei militari nei disastri, che nell'editoriale di Cavallotti, contemporaneo al terremoto del Belice del 1968, si chieda l'istituzione di una “difesa civile” che operi quando avvengono disastri naturali per non lasciare ai soli militari il compito di soccorrere i sopravvissuti. I compiti della difesa civile, però, non devono limitarsi a questo, ma devono comprendere anche quello di fornire una difesa popolare in caso di colpo di stato comunista. L'editoriale conclude affermando che è proprio per questo che i comunisti si oppongono al progetto, lasciando le popolazioni terremotate senza soccorsi per le loro manovre eversive.

Un'altra vicenda di cui si occupa “Gente” è il caso del Golpe Borghese, affrontato con cronache romanzate dell'accaduto e ricondotto ad un tentativo velleitario e da non prendere in seria considerazione. Ancora nel 1990, con la scoperta di Gladio, Cervi in un editoriale minimizza i casi di Gladio e del golpe Borghese come episodi di poco 159G. Pillon, Editoriale, in "Gente ", 24 gennaio 1968, pp.5-8 e G. Cavallotti, Editoriale, in "Gente" 31 gennaio 1968, pp. 5-8. Pillon è monarchico ed ha scritto un libro: I Savoia nella bufera, il Borghese, Roma 1958,(in precedenza un'inchiesta a puntate sul "Candido"), anche Cavallotti proviene dal "Candido". In seguito a Editoriale 07 febbraio 1968 ad opera del direttore Edilio Rusconi, Pillon ritorna anche in un servizio a puntate in "Oggi" sulla seconda guerra mondiale: G. Pillon. Le memorie postume del capo del controspionaggio italiano durante la seconda guerra mondiale. Così divenni il più fidato agente segreto del Duce in "Oggi", a. XXXVIII, 20 luglio 1983, pp.48-52. 72 conto e anzi, approva sostanzialmente il primo, con un'intervista ad Ambrogio Viviani. In sostanza Cervi nell'articolo Erano patrioti o golpisti? propende per la prima ipotesi giudicando legittima l'operazione sotto copertura. L'intervista a Viviani, poi, cerca di presentare, con uno dei più alti vertici del controspionaggio, la vicenda in chiave positiva. Interessante è anche un'intervista “dal basso” in cui un professionista, semplice gladiatore, rivendica con fierezza di avere fatto parte dell'organizzazione. Non si parla di compensi o favori, l'aderente dice di avere agito per patriottismo e che anche gli altri compagni erano come lui. L'immagine che si vuole dare di Gladio, non è quella di un golpe da operetta fatto da personalità isolate, ma quello di una struttura tutto sommato positiva, in tempi di una possibile e ben più pericolosa eversione di sinistra.160

“Oggi”, invece, negli anni '80 analizza le possibilità di golpe facendo riferimento a possibili e reali tentativi e intervistando personalità importanti della politica e della cultura, sia di governo che di opposizione, concludendo che la possibilità c'è, anche se i tentativi sono minimizzati.161

Va però detto che “Oggi” cerca, in qualche maniera, di informare i suoi lettori sulle possibilità di golpe e sulle possibili trame oscure nella storia del paese. In questo senso è da considerare l'intervista al capitano dei carabinieri, in realtà appartenente al servizio segreto, Antonio la Bruna, coinvolto in progetti di golpe e nel depistaggio successivo alla strage di Piazza Fontana. La Bruna e il suo superiore, Gianadelio Maletti, furono coinvolti nell'evasione dei terroristi neri sospettati della strage di Piazza Fontana. Il nome di La Bruna fu poi trovato nella lista degli appartenenti alla P2.162

Il capitano La Bruna torna anche in un servizio di “Famiglia Cristiana” del 2002, che raccoglie le confessioni di un suo sottoposto, appartenente a Gladio, incaricato di pedinare i terroristi rossi che si addestravano nei paesi dell'est. Antonino Arconte, questo il nome dell'intervistato, operava in una struttura parallela a Gladio con il compito di operare all'estero per pedinare terroristi, far scappare dissidenti e fornire passaporti falsi.163

Quella dei servizi segreti e delle spie è una delle note distintive di tutti i giornali: i film, i romanzi e i fumetti di spionaggio erano celebri e formavano una buona parte della letteratura di consumo e quindi la figura della spia era nota ai lettori. La cultura media

160Parla un appartenente a Gladio. così mi hanno arroulato ed addestrato. in "Gente", a. XXXIII, 25 ottobre 1990. 161Cfr. E' possibile fare un golpe in Italia, cit. 162Gian Paolo Rossetti Stefano Jesurum, L’Italia e le spie: parla il capitano la Bruna Io, il Sid, le stragi nere, in "Oggi", a.XXXVIII, 25 maggio1983, pp 87-89 163 http://www.stpauls.it/fc02/0221fc/0221fc34.htm 73 dei lettori, infatti, non era elevata, ma il fatto che leggessero abitualmente un periodico con servizi di approfondimento può fare pensare che leggessero anche romanzi di spionaggio o guardassero questo genere di film. La figura della spia e dell'agente segreto che lavora nell'ombra è quindi interessante e può generare curiosità nei lettori.

Riguardo a “Famiglia Cristiana” appare utile tornare sullo scandalo P2, menzionato in precedenza.

“Famiglia Cristiana” non nega la pericolosità della massoneria deviata, ma pensa più ad una associazione di malaffare finalizzata a vantaggi materiali e di carriera, che non a un'organizzazione con finalità eversive. Negli articoli è espressa la convinzione che molti militari aderirono alla P2 per avere una via privilegiata per la carriera, ma che, alla fine, coloro che erano veramente convinti furono pochi.164 Nell'articolo si deplora la mancanza di spirito di servizio delle forze armate e che la carriera sia più basata sulle raccomandazioni che sul merito, e questo fatto avrebbe come esito finale quello di trovare scorciatoie. Più interessante, invece, è l'intervista all'ammiraglio Giuseppe Torrisi (tessera P2 n°631), capo di stato maggiore della difesa, che si è dovuto dimettere per lo scandalo.

Il militare è di fede cattolica, e l'intervistatore ribadisce che si è dimesso solo a titolo cautelativo, senza essere stato coinvolto in fatti penali e quindi vi è una certa indulgenza per un personaggio, che se pur è risultato estraneo ad ogni inchiesta giudiziaria è stato coinvolto nelle indagini, oltre che della P2, sul disastro di Ustica sul golpe Borghese.165 In sostanza anche “Famiglia Cristiana”, come gli altri giornali, cerca di minimizzare gli scandali che hanno coinvolto la repubblica e che possono gettare discredito sulle forze armate.

Vi è però un'intervista alla presidente della commissione d'inchiesta sulla P2, Tina Anselmi, nella quale l'intervistatore spiega che nella P2 ci sono state anche persone che hanno aderito per interesse e per ingenuità; tuttavia, la scelta di intervistare l'onorevole Anselmi fa comprendere che questo settimanale, anche se pensa ad uno stato sano con

164 Quanti militari nella P2: cosa speravano da Licio Gelli, in "Famiglia Cristiana", a. L, 1 novembre 1981. 165Biografia dell'ammiraglio Torrisi sulla pagina della Marina Militare, senza alcuna nota sui suoi trascorsi http://www.marina.difesa.it/storiacultura/csmm/Pagine/GiovanniTORRISI.aspx, e un breve trafiletto sul suo funerale ad opera di "Repubblica": http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992 agosto 12/morto-ammiraglio-torrisi- coinvolto-nella-vicenda.html; http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/258464.pdf Deposizione dell'ammiraglio Torrisi sulla strage di Ustica alla commissione stragi, nei fatti molto reticente e su famiglia cristiana: Cenzino Mussa, Le amare confessioni dell’ammiraglio Torrisi, ex capo di stato maggiore della difesa. “Si può avere paura senza fare del male” in "Famiglia Cristiana", a. L, 13 dicembre 1981, pp. 44-47. 74 qualche impresentabile che magari aderisce ad una associazione per avere vantaggi illeciti, non voglia passare tutto sotto silenzio come gli altri quotidiani.166

Nel 1990 vi è una accenno alla P2 riguardo alla strage di Ustica in cui si parla di partito del “missile” e della “bomba”. In questo pezzo si dichiara che le uniche cause possibili per la sciagura aerea sarebbero un missile aria-aria o un attentato terroristico (la bomba); è interessante notare che l'ipotesi del cedimento strutturale è abbandonata dal settimanale. l'articolista afferma infine che è difficile fare luce sulla vicenda perché nel periodo molti militari erano iscritti alla P2. Anni dopo quindi si riconosce alla P2 la capacità di creare un cono d'ombra su alcune vicende del paese.167

L'atteggiamento dei settimanali, seppur con l'eccezione di “Famiglia Cristiana” che dà conto degli scandali e prova, pur giustificando in generale il paese come sano, a darne notizia è quello di giustificare o di minimizzare. “Oggi” e “Gente”, con il linguaggio familiare dei loro editorialisti, che sono infatti giornalisti con largo seguito e di cui i lettori si fidano, è di passare tutto sotto silenzio o far pensare, almeno fino al '90 quando è ancora plausibile il pericolo di una invasione comunista, gli scandali come problemi tutto sommato marginali ingigantiti da una sinistra antidemocratica che ha tutto il vantaggio a destabilizzare il paese.

L'accettazione delle forze armate italiane, che in alcuni momenti hanno dimostrato di non essere leali al potere politico tra progetti di golpe e copertura di alcuni episodi di terrorismo, per una parte di lettori passa in definitiva anche da quei giornali che, senza approfondire i contenuti ed occupandosi di tutt'altro, tra un ballo all'ambasciata e qualche consiglio per i ricevimenti serali, negli editoriali politici veicolano l'immagine di una paese tutto sommato con poche ombre, portate alla luce o ingigantite per interessi di bottega che si trovano a Mosca.

Le calamità naturali e gli incidenti

Fino a quando l'esercito è diventato composto di volontari, nel 2004, i militari di leva sono stati una presenza costante in caso di disastri naturali e l'esercito ha dato il proprio

166Franca Zambonini, Pier Michele Girola, Parla Tina Anselmi, presidente della commissione di inchiesta Un impegno: “sulla P2 non nascondere nulla” in "Famiglia Cristiana", a. LI, 31 gennaio 1982, pp. 42-43. 167Guglielmo Sasinini, Il dc 9 di Ustica. Si estende il “partito del missile”, ricompare con forti argomenti il “partito della bomba”, ma il mistero sulla sciagura di venti anni fa è sempre fitto. La verità è in fondo al mare in “Famiglia Cristiana”, a. XLIX, 11 luglio 1990, Pp. 40-41 75 contributo nei soccorsi. La protezione civile è stata istituita solo nel 1982 e, nonostante tutto, si è avvalsa, soprattutto nei primi momenti successivi alle tragedie, dell'opera dei militari di leva.168

La visione dei nostri periodici, in questo caso, è simile per tutti e tre: si parla dei militari come di giovani disinteressati che lavorano per portare conforto alla popolazione civile. È interessante che in questi casi quella del militare armato di pala che spala il fango di un'alluvione oppure scava tra le macerie sia una delle immagini più presenti. Da quando, nel 1966, con l'alluvione di Firenze, militari e giovani studenti universitari si sono uniti per salvare i capolavori dalla minaccia del fango i giovani militari diventano una presenza rassicurante in ogni calamità naturale.

Belice 1968

Il terremoto che ha colpito la Sicilia nel 1968 ha trovato, in “Oggi” e “Gente”, rispondenza in lunghi servizi pieni di testimonianze di sopravvissuti e soccorritori. Di solito queste corrispondenze cercano, come è logico, il lato emozionale, e quindi sono dense di testimonianze e di evidenze fotografiche in cui i militari compaiono sempre. Nell'articolo di “Oggi”, a firma di Neera Fallaci, sorella di Oriana, vi è l'intervista a un militare di leva che si è recato volontario a prestare soccorso, collocata all'interno di un più lungo servizio con interviste a amministratori locali e sopravvissuti.169 Il racconto è quello di una giornata tragica, in mezzo a morti e feriti, che finisce con un pianto di disperazione in caserma.

Lo stesso tipo di servizio si ha in “Gente”, dove i militari sono diventati una presenza anche nelle foto che ritraggono due volte i soldati: in una stanno portando, con le garze sul viso, il cadavere di una bambina, in un'altra il militare tiene una capretta trovata viva in mezzo alle macerie.

Il ruolo dei militari nei soccorsi è esemplificato chiaramente dal giornalista:

“Come al Vajont, come durante l’alluvione di Firenze, anche qui i militari non hanno risparmiato mezzi e fatica, hanno piantato le tende, hanno allacciato i fili

168 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_eve.wp;jsessionid=041B343E00CA414358ED36684 3A4DF26?pagtab=2&contentId=EVE30712

169Neera Fallaci, Ecco il significato della catastrofe che ha colpito la gente di Sicilia. Voglio morire tra i sassi, in “Oggi “, a XXIII, 1 febbraio 1968, pp. 20-25 all'interno del servizio Ho pianto come un bambino, ibid., p. 21. 76 del telegrafo; hanno soccorso i feriti e hanno impedito che gli ‘sciacalli’, immancabili purtroppo in queste tragiche occasioni, facessero man bassa delle cose abbandonate. “Dobbiamo ai soldati gratitudine immensa”, ha detto il commissario governativo di Cinisi. “Se non era per loro io starei ancora sotto un

ulivo” ha detto Antonio Minerba che a Montereale ha perduto la casa”.170

Questo standard rimane per tutti i disastri dove i militari sono visti dalla popolazione civile e dall'opinione pubblica come una presenza positiva, in grado di portare soccorso e aiuto e di ovviare, con il loro spirito di sacrificio a uno stato a volte non troppo presente. In un articolo già citato si lamentava la mancanza della Difesa Civile, che deve essere sia un possibile soccorso in caso di calamità naturale che una difesa in caso di attacco comunista allo stato.

Friuli 1976

Negli articoli di “Famiglia Cristiana” il terremoto del Friuli e il decennale dell'alluvione di Firenze occupano diversi servizi, e anche qui si può notare come la visione che predomina dei militari sia quella del soccorritore disinteressato: nei vari articoli sul terremoto le foto degli alpini che costruiscono case in legno, spalano e prestano aiuto ai soccorsi sono sempre presenti e, anche in questo giornale, vengono intervistati come presenza fissa nei disastri. I militari sono anche presenti nel servizio sul decennale dell'alluvione di Firenze, ma è significativo che, anche se l'articolo parla della situazione idrogeologica dell'area, la prima pagina del servizio sia occupata da una grande foto di militari che scavano.

Nella prima corrispondenza si trova infatti un'intervista al generale Mario Rossi, comandante della divisione Mantova, dove si parla della possibilità, per gli sfollati, di resistere in inverno sotto le tende.171 Il secondo servizio, Nel Friuli è già domani, esibisce la foto di un ufficiale degli alpini con la didascalia “un militare”, segno che l'esercito è percepito come una presenza fissa nei disastri.172

Qualche mese dopo, per i dieci anni delle alluvioni di Firenze e Venezia, il settimanale fa una serie di servizi in cui si denunciano il dissesto idrogeologico e l'incuria del

170 P. Capello, Terremoto in Sicilia, in "Gente", a.XI, 31 gennaio 1968, p. 20. 171Cenzino Mussa, Friuli il momento più difficile arriva adesso. Quanto può durare sotto la tenda? , in "Famiglia Cristiana", a.XLV, 3 giugno 1976, pp. 34-40. 172Giuliano Coacci e Vincenzo Maddaloni, Nel Friuli è già domani in "Famiglia Cristiana", a.XLV, 23 maggio 1976, pp.13-20. 77 territorio; il bilancio, nel novembre e dicembre 1976, viene aggravato dalle frane che colpiscono i comuni di Agrigento e Trapani, frutto della lottizzazione selvaggia e dell'abusivismo edilizio permessi da una classe politica che ha badato ad arricchirsi illecitamente, permettendo l'elusione dei controlli.173

In questi articoli, che denunciano l'incuria del territorio e la speculazione edilizia e, quindi, non parlano dei soccorsi e dei militari, è interessante notare come questi vi compaiano, senza alcuna correlazione con l'argomento del servizio. In sostanza, l'intervento dei militari nei disastri naturali diventa un corollario immancabile a questi servizi, e quindi l'esercito acquista una sua utilità. La vita di guarnigione ha fatto sì che, anche nelle lettere dei lettori, il periodo del servizio militare venga visto come un anno perso durante il quale si rimanda il lavoro o il matrimonio. La percezione, poi, del servizio militare come di una serie di attività inutili accentua il senso di disagio dei giovani nell'affrontare la naja. L'uso di foto di militari di leva o di interviste ad essi quando sono coinvolti in operazioni di soccorso certamente ha un effetto positivo nel rendere, tutto sommato, utili ed accettabili le forze armate.174

Irpinia 1980

Il terremoto in Irpinia del 1980 si è portato dietro molte polemiche: il ritardo dei soccorsi e le condizioni di un territorio dove povertà ed incuria avevano fatto sì che, già al momento del terremoto, le condizioni delle abitazioni fossero precarie; ciò aveva aumentato a dismisura il numero delle vittime (quasi 3.000) e dei senzatetto (250.000). Il presidente Pertini, pochi giorni dopo il terremoto, denunciò il ritardo nei soccorsi e i giornali si riempirono di polemiche per il mancato coordinamento. Nel 1982, infatti, venne istituita la protezione civile con il compito di predisporre piani per l'emergenza e coordinare le attività di soccorso. "Famiglia cristiana" si occupa quindi soprattutto delle polemiche, e i militari restano solamente uno sfondo iconografico. Non vi sono interviste ai militari di leva né si parla del ruolo dell'esercito come protezione civile, anche se vi sono due interviste interessanti: la prima al capo di Stato Maggiore dell'esercito Eugenio Rambaldi, che giustifica il ritardo dei soccorsi declinando ogni 173Cfr G. Crainz, Il paese mancato, Donzelli, Roma 2005. 174Vincenzo Maddaloni, Dopo tante speranze la ferita si è nuovamente aperta. Adesso piangono anche gli uomini in "Famiglia Cristiana", 3 ottobre 1976, sulle alluvioni di Venezia e Firenze del 1966; Cenzino Mussa Si cercano le responsabilità per la sciagura di Trapani. Possibile che la colpa non sia mai di nessuno?, in "Famiglia Cristiana", 5 dicembre 1976 pp.53-56; foto di militari che scavano in un trafiletto non firmato a pagina 79 di "Famiglia Cristiana" del 19 dicembre 1976; Vincenzo Maddaloni, Non deludere il Friuli, 30 maggio 1977. 78 responsabilità per quanto riguarda l'operato dell'esercito; la seconda, sullo stesso tema è al ministro dell'Interno Rognoni, le cui dimissioni, all'indomani del disastro, furono respinte da Pertini.175 Il grosso dei soccorsi, infatti, giunse in Irpinia solo cinque giorni dopo la tragedia, a causa della difficile conformazione geografica del territorio, della mancanza di infrastrutture, ma anche del mancato coordinamento delle operazioni di soccorso. Questo, come abbiamo visto, ha portato ad accelerare la nascita della protezione civile, una istituzione che si occupava del coordinamento dei soccorsi. Oltre all'intervista al capo di stato maggiore dell'esercito, i militari appaiono solo come immagini: vi sono ospedali da campo e militari, ma non la voce dei soldati di leva che spalano, nemmeno nell'articolo immediatamente successivo al terremoto Storie e uomini dal paese del disastro.176

Nella ricognizione di alcuni disastri naturali nei vari settimanali si comprende come anche qui la visione dei militari sia in qualche maniera convenzionale, e riporti quello che il pubblico si aspetta in questi casi: dei soccorritori non di professione che adempiono al loro compito con professionalità e che, essendo in divisa, sono parte del paese e contribuiscono all'immagine positiva dello stesso. L'identificazione tra soccorsi e militari prima del 1982, e della nascita della protezione civile, è infatti così forte che ogni servizio ha almeno una foto di essi, anche se poi questi non vengono menzionati nell'articolo.

Casalecchio di Reno 1990

Tra i disastri, ve ne è però uno che fece scalpore alla fine del 1990: la strage di Casalecchio di Reno. Il sei dicembre 1990 un aereo militare, un Aermacchi 326 pilotato dal tenente Bruno Viviani, per un guasto meccanico si schiantò su una scuola di Casalecchio, l'istituto tecnico-commerciale “G. Salvemini”, uccidendo sul colpo 12 dei 16 alunni della classe 2A, e ferendo gravemente gli altri 4 e l'insegnante in servizio. In seguito il carburante nel serbatoio si incendiò, causando un incendio e l'intossicazione di molti alunni dell'istituto e invalidità permanente per 84 di loro. Il processo lasciò una scia di polemiche in quanto il pilota, che si eiettò dall'aereo ingovernabile senza averlo prima tratto fuori dal centro abitato, e gli ufficiali

175Cenzino Mussa ,intervista al capo di Stato Maggiore dell'Esercito in "Famiglia Cristiana", a. XLIX, 14 dicembre 1980 e interviste sul dopo terremoto in Irpinia in "Famiglia Cristiana", a. LI, 8 novembre 1981, pp. 200-204. 176Franca Zambonini, Cenzino Mussa, Storie di uomini nei paesi del disastro. Il mese più lungo del profondo Sud, in "Famiglia Cristiana", a. XLIX, 21 dicembre 1980, pp. 55-60. 79 responsabili dell'esercitazione e della torre di controllo di Verona, furono condannati in primo grado e poi assolti in appello. Lo stato, però, difese l'aeronautica e non la scuola e le vittime, lasciando ai familiari di queste una sensazione di abbandono. Il pilota non perse la sua idoneità al volo e continuò la sua carriera in aeronautica. La tragedia fece scalpore e, poco dopo l'MB 326 venne ritirato dalle linee operative perché giudicato poco sicuro. La visione dei settimanali (“Gente” e “Famiglia Cristiana”) dell'avvenimento è simile e cerca, più che di far luce su cause e responsabilità, di offrire un pezzo di costume con testimonianze dell'accaduto: interviste ai familiari e agli insegnanti superstiti, ma non si parla del pilota e, si dice solo che ha avuto un collasso quando ha sentito di avere causato la strage, come detto nell'articolo di “Gente”.177 Sembra quindi che non vi sia nessuna accusa all'istituzione militare, nemmeno in questo caso, in sostanza la tragedia viene addebitata ad una tragica fatalità.

177Simonetta Pagnotta, La tragedia di Casalecchio di Reno: un aereo militare in avaria piomba contro una scuola. Una classe distrutta, in "Famiglia Cristiana", a.LIX, 19 dicembre 1990, p. 52 . Il settimanale intervista l'insegnante di religione dei ragazzi. Andrea Biavardi, La tragedia della classe dell’istituto “Salvemini” di Casalecchio, sterminata dalla morte arrivata dal cielo. Avevo paura di tutto ma pensavo che mia figlia fosse al sicuro almeno a scuola, in "Gente", a. XXXIII, 27 dicembre 1990. 80 Le donne nelle forze armate

Le donne nelle forze armate sono importantissime per il problema di fondo della ricerca: la visibilità dei soldati nella cultura popolare e quindi in giornali, film e fumetti. L'ingresso delle donne nelle forze armate è datato 30 ottobre 1999: con la legge 380178 di quell'anno, infatti, si è stabilito che le donne avrebbero potuto prestare servizio militare. L'Italia è stato l'ultimo paese Nato ad adeguarsi a questa eventualità, e quindi il servizio militare femminile ha subito destato la curiosità dei rotocalchi e i periodici si sono riempiti di foto di belle ragazze in uniforme. Si può dire, infatti, che il ruolo delle donne nelle forze armate sia, per l'opinione pubblica, positivo perché permette di associare le immagini di giovani donne in salute a una professione prettamente maschile, facendola diventare più appetibile, togliendole tutta la brutalità, di solito associata solo alle virtù virili. Il ruolo delle donne nelle forze armate è poi venuto a coincidere, alla fine degli anni '90, con un sempre maggiore impegno dell'Italia nelle missioni internazionali e la donna, come simbolo di maternità, ben si adatta a questa nuova visione dell'esercito che non ha più compiti solo strettamente militari, ma di aiuto ed assistenza a popolazioni disagiate nelle missioni di peace-keeping. Il problema delle donne nelle forze armate è quindi di primaria importanza per far accettare le missioni internazionali e il nuovo ruolo dell'esercito. Questo aspetto importantissimo è presente ed è sottolineato dagli stessi comandi militari che si avvalgono della diversità femminile nelle missioni di peace-keeping e ne sottolineano l'importanza.

La loro utilità si è rivelata importante, in particolare nei teatri afghano e iracheno, per l'effettuazione di attività nei confronti di personale femminile locale quale ad esempio: perquisizioni, ricerca di informazioni, interazione con donne autoctone, nonché interventi medici che hanno contribuito a migliorare la percezione della popolazione locale nei confronti dell'intero contingente

nazionale.179

Il ruolo della donna, quindi, prima limitato solo a comparsate più o meno ironiche in film e fumetti di gusto nazional-popolare, è diventato importante nelle forze armate e, nonostante la presenza femminile sia piuttosto bassa i termini assoluti, come tutte le

178http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1999;380. 179http://www.difesa.it/Primo_Piano/Documents/Approfondimenti/DIFESA_cap_10_%20le %20donne_B15new-14set.pdf 81 novità, genera una sovraesposizione mediatica. Le donne in Italia, dal 1999 possono prestare servizio in tutte le forze armate, ad eccezione dei corpi speciali e dei sommergibilisti; per i primi per le caratteristiche fisiche, per i secondi per lo scarso spazio disponibile che comporterebbe grossi problemi per fornire alloggi separati. Dopo un iniziale boom di domande per le volontarie femminili, oggi ci si è assestati all'incirca su un 20% di domande femminili per tutte le specialità. La presenza femminile è quindi in aumento via via che vanno in pensione i militari dell'esercito totalmente maschile. Nel 2009 la presenza femminile nelle forze armate era del 3% del totale.180 Nonostante la presenza femminile sia molto bassa nelle forze armate, l'esposizione nei giornali è certamente superiore al loro peso effettivo. Il problema della donna in un campo prettamente virile è stato a lungo dibattuto anche perché la nuova politica seguita alla rivoluzione francese ha finito per cristallizzare i ruoli maschili e femminili: ai primi spettava la difesa della nazione con le armi, alle seconde spettava il ruolo materno e l'educazione patriottica. La patria stessa, nelle immagini e nella pubblicistica nazionale, è diventata una donna da difendere a costo della vita.181 Il ruolo delle donne combattenti, è quindi in contrasto con la divisione della società che assegna la funzione di combattere solo agli uomini. In casi particolari, però, delle donne hanno imbracciato le armi e hanno così trasgredito al loro ruolo, suscitando spesso lo sgomento degli uomini. La letteratura scientifica ottocentesca, infatti, considerava le donne alla stregua delle razze inferiori, incapaci di controllare i loro istinti: la concessione delle armi avrebbe significato o l'abbandono a crudeltà incontrollabili, oppure l'incapacità di sopportare il compito. Le donne hanno preso parte, infatti, solo alle guerre civili e, anche in questo caso, vi sono state varie riserve dei maschi sul fatto che potessero prendere le armi e combattere in prima linea con altri partigiani. Secondo molti, infatti, la donne dovevano limitarsi al ruolo di vivandiere, staffette o portaordini, lasciando la guerra ai maschi. Se era comunque un caso eccezionale il servizio delle donne nei reparti partigiani combattenti, era impossibile che queste, passata l'emergenza, potessero servire nelle forze armate con i colleghi uomini.182 L'Italia arriva ultima tra i paesi occidentali ad ammettere le donne al servizio militare,

180http://www.difesa.it/Primo_Piano/Documents/Approfondimenti/DIFESA_cap_10_%20le %20donne_B15new-14set.pdf 181Cfr su tutti Georg Luis Mosse, la nazionalizzazione delle masse, Mulino, Bologna 2009 (ed or. 1975); Alberto Mario Banti, Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo, Laterza, Bari 2011 182Cfr. Joanna Bourke, op. Cit. pp. 269-299. 82 come detto solo nel 1999, mentre in altri paesi le donne erano accettate già dagli anni '70-'80 in quasi tutti i ruoli, ed anche nei corsi allievi ufficiali. Il problema delle donne nella vita militare, però, ha radici molto più profonde nella storia repubblicana italiana: la prima legge sull'arruolamento femminile nelle forze armate è stata proposta nel 1974 e, compresa la legge 380 dell'ottobre 1999, vi sono stati 15 tentativi di introdurre il servizio militare femminile. Le leggi variano nel tempo e per orientamenti politici. I sociologi che hanno preso in esame la questione hanno individuato per questo due componenti di fondo: quella segregazionista e quella integrazionista.183 La prima componente, quella segregazionista, propone di istituire corpi femminili separati, come avveniva all'epoca per la polizia di stato e la polizia penitenziaria, con mansioni di supporto totalmente diverse da quelle dei militari maschi. In sostanza si riproponevano i corpi femminili ausiliari che erano stati istituiti da vari paesi durante le guerre mondiali. E' interessante notare che queste proposte sono prevalenti nella prima fase dell'istituzione di un servizio militare femminile, e che i proponenti siano spesso esponenti dei partiti di governo, ma anche della destra neofascista (MSI DN e poi AN) che presentano quattro proposte sulle sette di questo tipo.184 La visione del servizio militare femminile in questo caso è subordinata a una visione molto tradizionale della donna: nella proposta del 1974 di Antonio Messeni Nemagna il requisito fondamentale è la “buona moralità” e, una volta coniugata, l'autorizzazione del marito a rimanere in servizio; ancora nel 1994, Adriana Poli Bortone apre il servizio militare solo a donne non coniugate. La maternità e il ruolo familiare della donna, creata per dare la vita e non per toglierla, sembrano quindi un ostacolo a un servizio militare femminile a tutti gli effetti. Questo pensiero si riscontra anche in una sentenza del Consiglio di Stato contro Diadora Brussani, che nel 1982 cercò di presentare domanda di ammissione all'Accademia di Livorno, tentando di sfruttare un vuoto legislativo del regolamento nel quale non era specificato il sesso dei candidati. Il Tar della Toscana diede ragione alla giovane, mentre il Consiglio di Stato ribaltò la sentenza con la motivazione di una supposta inferiorità femminile, oltre che sul piano fisico, anche sul piano caratteriale:

183Fatima Farina, Forze Armate femminile plurale, Angeli, Milano 2004, pp. 200-208. Una interessante analisi del servizio militare femminile in Italia è nelle pagine 200-299. 1841974 on. A. Messeni-Nemagna MSI, 1977 on. V Miceli, MSI, 1986 onn. Savio, Scaiola, Alberini, Fioret, Zaniboni MSI, 1994 On. A. Poli Bortone AN. Fonte F. Farina, op. cit., p. 202. 83 ma anche e soprattutto elementi caratteriali come la refrattarietà agli shock e la capacità di vincere la paura, non ché qualità che in condizioni normali sono considerate negativamente come l'istinto di sopraffazione e la propensione a

uccidere altri esseri umani.185

Se le prime proposte di legge sono improntate alla creazione di corpi armati separati con compiti di supporto logistico e assistenza ai combattenti maschi, in seguito prevale l'indirizzo integrazionista che pensa a una integrazione di uomini e donne nelle forze armate, con l'esclusione, spesso, dei ruoli combattenti. La prima legge sul servizio militare femminile di questo tipo ha la firma del deputato socialista Falco Accame, già noto alle cronache, ed è molto avanzata: si chiede di formare liste per il servizio militare volontario femminile separato da cui attingere per le scuole di formazione, in ragione del 50%, per creare la parità di genere nell'esercito; inoltre alle donne con prole sarebbe stata concessa una ridotta mobilità. Altre leggi, come quelle a firma Giovanni Spadolini, Lelio Lagorio, Salvo Andò e Cesare Previti prevedevano un servizio femminile volontario con esclusione dai reparti combattenti. Nel 1989, invece vennero presentate tre proposte di legge, due della maggioranza e una dell'opposizione, ma non vennero approvate. La proposta dell'opposizione, avanzata da Ugo Pecchioli (PCI), prevedeva una leva maschile ridotta e un servizio civile femminile e, in seguito, il passaggio ad un esercito di professionisti, formato anche da donne.186 Le due proposte di maggioranza sono state presentate da esponenti della DC: la prima ad opera della deputata Silvia Costa, all'epoca giornalista de “Il Popolo” e oggi europarlamentare PD, prevedeva il servizio di leva per le donne con l'opzione di scelta tra civile o militare con esclusione degli impieghi operativi; la seconda, dell'ex capo di Stato Maggiore dell'Esercito e senatore DC Luigi Poli, prevedeva il servizio militare volontario femminile senza alcuna limitazione, soluzione che sarà adottata poi nel 1999.187 L'iter per garantire la parità all'interno dell'ultimo baluardo del potere maschile in Italia ha avuto un cammino lungo e complesso, facendo però sì che il paese sia oggi dotato di

185In. F. Farina, op. cit, p. 206. 186Cfr .Alberto Chiara, Rambo non ci piace, in "Famiglia Cristiana", cit. L'articolo si oppone alla proposta Pecchioli di istituire un esercito formato da professionisti. 187Luigi Poli (1923-2013), ex capo di Stato Maggiore dell'Esercito è anche un protagonista della Resistenza nelle file dell'esercito cobelligerante, partecipando con gli Alleati alla liberazione di Roma e, precedentemente, agli scontri di Porta San Paolo. http://archiviostorico.corriere.it/2013/febbraio/14/Addio_Luigi_Poli_generale_senatore_co_0_201302 14_51c3de1a-7674-11e2-b84c-057caeee3d50.shtml 84 una delle legislazioni più avanzate sull'argomento (solo i paesi nordeuropei permettono alle donne il servizio nei sommergibili). Le donne militari sono, per la stampa periodica presa in esame, una curiosità interessante: e, a parte Famiglia Cristiana, sono confinate ai fenomeni di costume, come per l'unico sergente donna nella base Nato di Catania.188 Il dibattito sulle donne soldato è quindi interessante e, fino al 1992, anno di una singolare sperimentazione che ha consentito ad alcune donne volontarie di passare un giorno in caserma, gli articoli di “Famiglia Cristiana” sono molti e interessanti perché in due casi mettono a confronto opinioni differenti sul servizio militare femminile. Nelle due interviste nella rubrica “Opinioni a confronto” la persona favorevole al servizio militare femminile è Falco Accame, mentre le sue “antagoniste” sono sempre donne.189 Nei due articoli Accame sostiene che l'ingresso delle donne renderebbe il servizio militare più democratico e aperto alla società civile e che, sull'esempio degli altri paesi europei, si potrebbe pensare aprire alle donne il servizio civile. La risposta delle intervistate è simile in tutti e due i casi: le donne non sono fatte per le armi e, anzi, devono portare il loro contributo per il disarmo e non alla guerra. Questa risposta è simile a quella di molte femministe sulla questione del servizio militare femminile: le donne non sono fatte per le armi, anzi devono impegnarsi perché queste tacciano. Su questo fronte è interessante notare come molte associazioni femminili nel 1976 esprimessero disapprovazione sulla legge Accame, presentata nel 1979; questa contrarietà venne ribadita dall'UDI in un dibattito pubblico nel 1980.190 Vi era la convinzione, espressa dai gruppi femministi, che il servizio militare non fosse un modo di emancipare la donna, ma un modo di appiattirsi su posizioni maschili, confondendo l'omologazione con la parità. E' interessante notare come sia gruppi tradizionalisti che si battevano per un ruolo della donna subordinato all'uomo, sia certi gruppi progressisti, alla fine, protestavano contro il servizio militare femminile con le stesse motivazioni, ovvero la totale estraneità della donna, che dona la vita, rispetto alle armi che invece la tolgono. Se il pensiero dei gruppi progressisti, anche cattolici, è questo, il servizio militare

188 Sergente I love You serenate e fiori alla base Nato di Catania, in "Gente", a. XIV, 23 novembre 1971. 189 Cenzino Mussa, Opinioni a confronto: Anche le donne con le stellette in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, 30 maggio1977, p.15 che vede coinvolti Falco Accame e Immacolata Datti Mazzonis, del nucleo feminile questione cattolica e Franco Mazza, Donne soldato anche in Italia? Anna prendi il fucile, in "Famiglia Cristiana", a. XLIX, 30 marzo1980, pp.60-64 in cui ad Accame risponde Laura Remiddi, avvocato ed esponente del collettivo giuriste romane e dell'U.D.I., militante femminista. 190F. Farina, op. cit. pp.212-213. 85 femminile diventa comunque una curiosità, soprattutto quando riguarda altri paesi, e le foto di ragazze in uniforme possono suscitare l'interesse dei lettori. Gli articoli che riguardano gli altri paesi non hanno una visione di accettazione o di rifiuto del servizio militare femminile, ma diventano pezzi di colore. Nel 1978 vi è un servizio sulle donne soldato in Danimarca, e sulla prima donna diventata ufficiale di Marina: a questa è stato dato solo un pugnale per il giuramento e non la sciabola dei colleghi maschi, da qui il titolo.191 Il servizio, dopo le note di colore, come la difficoltà di confezionare uniformi per le soldatesse incinte, spiega però ampiamente la condizione delle donne soldato in Danimarca e il fatto che queste abbiano tutti i diritti delle altre lavoratrici, come gli asili e i congedi di maternità. Gli altri periodici, invece, si concentrano esclusivamente sulle note di colore: abbiamo visto come nel caso di transgender il servizio militare sia, in tutti e due i casi, ciò che qualifica come uomini persone che hanno deciso di divenire donne. “Oggi” nel 1982 scrive un articolo che denuncia la burocrazia e i suoi errori, ovvero quello di una cartolina precetto mandata, per errore, a una donna. Il pezzo contiene una lunga intervista alla ragazza, che vorrebbe, se avesse il coraggio, spogliarsi davanti alla commissione medica per provare di essere effettivamente una ragazza. Quello che però interessa al settimanale è dimostrare come gli errori burocratici possano costare fatica e soldi ai cittadini comuni.192 Curioso che una commedia scollacciata uscita nello stesso anno utilizzi uno stratagemma simile per fare sì che tra l'equipaggio di una nave della marina italiana entri la starlette di turno, e inizi poi a fare docce o vestirsi succinta. Il film, Il Sommergibile più pazzo del mondo di Mariano Laurenti, parla di una fortunosa esercitazione Nato in cui l'equipaggio improbabile della corvetta Gabbiano (in realtà un traghetto passeggeri nemmeno troppo modificato) riesce a scovare l'ultimo modello di sommergibile invisibile americano. Nel film Anna Maria Rizzoli si finge il fidanzato reduce da una operazione di cambio di sesso, per partire al posto del suo uomo alquanto timoroso. Il prodotto è uno dei peggiori della cinematografia italiana di quegli anni, e la presenza della Rizzoli come soldato “uomo” serve per aggiungere quel tocco “rosa” che non manca mai in questi film.

191Ettore Lolli, Le donne soldato: una realtà che dilaga in molti paesi: Lily-May vuole la sciabola, in "Famiglia Cristiana", a. XLVII, 19 febbraio1978. 192Enrico Pugnaletto, La burocrazia pretende di arruolare una ragazza. Soldato Claudia, marsc!. In "Oggi", a. XXXVII, 24 maggio 1982 , pp. 52-55. 86 Interessanti sono invece due articoli sul Medio Oriente, dove le donne, invece, sono costrette loro malgrado a combattere per l'instabilità della regione.193 Nel primo la protagonista, da soldatessa delle milizie cristiane, si è laureata in teologia e ha fondato un gruppo di donne laureate che cerca di battersi per la pace in Medio Oriente e nel secondo vi sono due interviste: una a Shira, soldatessa dell'esercito israeliano, e una a Ibrahim, ragazzo dei territori in cui tutti e due aspirano alla pace. In paesi devastati dalla guerra, come il Libano, Israele e la Palestina, la donna in armi diviene quindi una dolorosa necessità, ma è auspicabile un ritorno alla normalità. In altri casi il servizio militare femminile, e l'ascesa delle donne a ruoli prestigiosi, è confinato ai trafiletti di colore in alcune rubriche di fatti dal mondo, quali “Fatti del giorno” o “Come vanno le cose”. Queste due rubriche raccolgono le notizie dal mondo della settimana e, nel caso dei “Fatti del giorno”, vi sono curiosità varie e la notizia principale ha una pagina disegnata che la illustra; la seconda rubrica, invece raccoglie vari trafiletti e brevi articoli, non sempre firmati, sull'attualità. In queste rubriche vi sono notizie di colore che a volte riguardano i militari, come incidenti curiosi. Vi sono, però, due trafiletti non firmati sulle prime donne pilota, rispettivamente in Francia e in Gran Bretagna, la notizia è quindi ridotta a un fatto di costume.194 Tra le cose che, però destano curiosità vi sono due articoli interessanti: uno sulla prima donna chiamata a dirigere il controspionaggio inglese, Stella Rimington, e uno sul corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa, la cosiddette crocerossine, l'unico corpo militare femminile che ha una presenza in Italia fin dal 1908. Il primo articolo è abbastanza critico con la direttrice del controspionaggio inglese per la politica irlandese e per le operazioni sotto copertura in Irlanda del Nord, che hanno causato numerosi morti.195

193Una ragazza libanese, dopo dieci anni tra le milizie cristiane, ha fondato un gruppo di donne che si batte per la pace. Jocelyne ha posato le armi, in "Famiglia Cristiana", a, LVIII, 12 aprile1989, pp. 76-77 e Franca Zambonini, Le storie parallele di Shira, israeliana e Ibrahim, palestinese, che si chiedono perché la pace è ancora impossibile. Avere 20 anni in Palestina in "Famiglia Cristiana", a. LVIII, 12 maggio 1989, pp. 50-52. 194 La “bombardiera”, in "Famiglia Cristiana", a. LIV, 24 febbraio 1985 e Donne pilota sugli aerei della Raf, in "Famiglia Cristiana", a. LVIII, 16 agosto 1989, p. 31 195Carlo Cavicchioli, Per la prima volta sarà una donna a dirigere il controspionaggio britannico, che ha compiuto numerose stragi in Irlanda. Con la scusa di combattere il terrorismo. I terribili segreti di Stella, in "Famiglia Cristiana", a. LXI, 26 febbraio 1992, pp. 56-59. A titolo di curiosità Stella Rimington ha oggi sfruttato la sua esperienza nel servizio segreto in modo più redditizio, diventando un'autrice di spy stories. http://www.stellarimington.com/ Per la situazione in Irlanda del Nord invece: Carlo Cavicchioli, Protestanti e cattolici uniti nello sdegno dopo l’ennesima strage nell’Irlanda del Nord. Il padre di una della undici vittime lancia un appello alla riconciliazione. Tra le bombe un grido di pace, in "Famiglia Cristiana", a.LVI, 25 novembre 1987, pp. 40-41 87 “Famiglia Cristiana”, infatti, solidarizza con i ribelli nord irlandesi ed è molto critica con il comportamento degli inglesi nella regione. Nelle interviste degli articoli, per ragioni di affinità religiosa, si preferiscono gli irlandesi e di solito il settimanale è più vicino ai cattolici che ai protestanti. Quello delle infermiere volontarie della Croce Rossa è infatti il più antico corpo militare ausiliario italiano esclusivamente femminile. La loro organizzazione rispecchia quella dell'esercito, e i loro gradi sono modellati su di esso, anche come forma delle spalline. La comandante è l'ispettrice nazionale, equivalente a un generale di brigata, e le infermiere sono equiparate ad ufficiali, anche se i militari si rivolgono a loro con l'appellativo di sorelle e non con il loro grado. Nei romanzi rosa e nei film di avventura o di guerra le crocerossine sono una presenza costante e quindi sono sicuramente familiari al pubblico. Come per altri corpi delle forze armate come paracadutisti, alpini e carabinieri, “Famiglia Cristiana” dedica loro un ampio servizio celebrativo che mette in luce il loro impegno196 In sostanza si mette in luce la loro preparazione e si dà il resoconto dei corsi che seguono, e si sottolinea il fatto che siano volontarie e prestino la loro opera laddove ci sia bisogno, non sottraendo lavoro alle infermiere di professione perché volontarie, operanti quindi in altri ambiti rispetto alle infermiere professioniste. L'importanza delle crocerossine, però, è anche per quella che, a tutt'oggi, è la prima e l'unica vittima donna appartenente alle forze armate di un conflitto armato, l'infermiera volontaria Maria Cristina Luinetti, deceduta nella missione IBIS 2 in Somalia. Le circostanze che portarono alla morte Maria Cristina furono fortuite: un folle prese d'assalto un ambulatorio dove il personale somalo, assistito da due crocerossine tra cui la Luinetti, stava cercando di portare soccorso alla popolazione in guerra. Nel panico che è seguito l'altra infermiera riuscì a scappare, ma non Maria Cristina che venne uccisa senza una ragione. In realtà “Famiglia Cristiana” dedica meno spazio di “Oggi” e “Gente” alla morte della Luinetti, e questo è strano: la ragazza era molto religiosa e la sua scelta, dopo avere lasciato il liceo classico, di fare l'infermiera volontaria era maturata in quegli ambienti di volontariato cattolico che spesso hanno suscitato l'interesse della redazione; nel servizio comunque si dà conto del forte sentimento religioso della ragazza e dell'impegno in parrocchia.197 Poco dopo la morte della ragazza circolarono le ultime

196Renzo Giacomelli, Non è vero che ci sia “indifferenza per il male” Le crocerossine chi dice che sono sparite? , in "Famiglia Cristiana",a. XLIX , 3 febbraio1980, pp. 50-54. 197 Renata Maderna, La storia esemplare della giovane crocerossina italiana uccisa da un folle a Mogadiscio. Una scelta ad occhi aperti, in “Famiglia Cristiana", a. LXII, 22 dicembre 1993, p. 36. Il servizio è una pagina, con una sola foto della ragazza. 88 volontà, nelle quali c'era l'esplicita richiesta di non avere un funerale a Roma, ma nel suo paese. Il culto dei morti per la patria si è pian piano standardizzato e, pian piano vi è stata “l'invenzione della tradizione” che ha collocato a Roma, precisamente nella basilica istituzionale di santa Maria degli Angeli, i funerali delle vittime nelle missioni internazionali. La cerimonia del funerale di Filippo Montesi, caduto in Libano, si svolse infatti nel duomo della sua città natale, Pesaro. Maria Cristina, invece, ha scelto di avere un funerale a Saronno o a Cesate con spirituals e l'inno delle infermiere volontarie. Il funerale di Maria Cristina Luinetti si è così svolto nel paese natale della ragazza e, per suo desiderio è stato accompagnato da spirituals e dall'inno delle infermiere volontarie. Nonostante tutto la cerimonia ha visto la partecipazione di 10.000 persone e l'omelia dell'arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Maria Martini. Era però previsto un funerale pubblico nelle forme istituzionali: camera ardente nella sede centrale della Croce Rossa a Roma e cerimonia pubblica a Santa Maria degli Angeli, che è stato annullato per rispettare le ultime volontà della ragazza.198 Il servizio di “Oggi”, invece, è molto più ampio e, oltre alla storia di Maria Cristina, contiene anche un'intervista ai genitori, nella quale si accusano i soldati di non avere protetto abbastanza le infermiere.199 “Gente”, invece, si concentra sul testamento di Maria Cristina, che è contenuto in una delle ultime lettere mandate alla zia, e sul fatto che la morte di un'infermiera volontaria non avveniva dalla seconda guerra mondiale.200 Quello delle crocerossine è quindi un corpo particolare, che a volte incontra l'attenzione dei media, ma, per la morte di Maria Cristina Luinetti, lo spazio sui giornali non è stato diverso rispetto ai colleghi maschi morti nelle missioni umanitarie, con l'eccezione di Nassiriya (per l'elevato numero di morti) e di Filippo Montesi, che colpì un'Italia non abituata a vedere i propri soldati morire all'estero. Vi sono state, però, alcune celebrazioni per il ventennale della morte, avvenuta il 9 dicembre 1993, e al paese di Cesate le è stata dedicata la scuola elementare. Vi è un'unica strada dedicata all'infermiera a Mortara, vicino Pavia, dato in linea con quasi

198http://archiviostorico.corriere.it/1993/dicembreottobreMaria_Cristina_una_vita_spezzata_co_0_93121 015387.shtml 199Enrico Pugnaletto, La disperazione della madre della crocerossina italiana ammazzata a Mogadiscio da un folle Somalo. Ho un rimorso: non aver fermato la mia Cristina, in "Oggi", a. XLVIII, 27 dicembre 1993, pp. 14-20. 200Non accedeva dalla seconda guerra mondiale quello che è successo in Somalia alla giovane “missionaria” La dolce crocerossina, in una lettera alla famiglia, aveva scritto il suo triste destino, in "Gente", a. XXXVI, 20 dicembre 1993. 89 tutti i morti nelle missioni internazionali, secondo Google Maps. La Luinetti ha avuto, per il suo gesto, la medaglia d'oro della sanità pubblica ed è stata nominata Cavaliere dell'Ordine militare d'Italia, unica donna ad avere ricevuto questa onorificenza, anche perché unica donna di un corpo militare ausiliario a cadere in una missione umanitaria. “Gente” nel 1991 parla di una delle due soldatesse cadute nelle mani delle truppe irachene durante la guerra del Golfo, Melissa Rathbun Nealy. La soldatessa, e la sua collega Rhonda Carmun, furono le prime donne soldato americane prigioniere e quindi l'opinione pubblica si dedicò assiduamente a loro. “Gente” dedica un servizio a Melissa e, come per tutti i casi in cui vengono coinvolte donne soldato, il pezzo si concentra, più che sull'aspetto militare, su quello di costume: i motivi della sua scelta di fare il soldato, vi sono molte foto della ragazza in famiglia o in uniforme. 201 Di uguale tenore è il servizio di “Oggi”, che è più lungo e si apre con un'invocazione a Saddam Hussein, anche qui predominano gli elementi patetici e di costume202; mentre “Famiglia Cristiana”, che nei servizi sul Golfo cerca di dare una visione più equilibrata e non basata solo sugli elementi di costume, non parla di questa vicenda. Quella che si pensò essere, però, la testa di ponte per la definitiva entrata delle donne nelle forze armate fu però una prova organizzata per ventinove donne volontarie, che passarono una notte in caserma e vennero addestrate per due giorni. La notizia ebbe un certo rilievo nei media e si pensò che l'esperimento aprisse veramente alla parità sostanziale tra uomini e donne nelle forze armate. In realtà ci vollero ancora sette anni prima che alla donne fosse aperta la carriera militare, e quindi la speranza di queste ventinove aspiranti andò delusa. Tre di queste ventinove aspiranti, però, fondarono un'associazione, l'Anados (Associazione nazionale aspiranti donne soldato) che si occupò di fare pressione mediante iniziative, convegni, articoli di giornale e servizi televisivi, affinché le donne potessero intraprendere la carriera militare. Oggi l'associazione, ottenuti i suoi obiettivi, non esiste più e si è sciolta. In quello che una volta era il suo sito internet c'è un negozio on line di abbigliamento militare. L'Anados, però fu un meccanismo di pressione che agì di concerto con le forze armate, soprattutto l'Aeronautica, per la parità tra uomo e donna nel mestiere delle armi. La presidentessa dell'Anados, Debora Corbi divenne poi una delle prime sottotenenti

201Paolo Salom, Tutta la storia di Melissa, la donna soldato fatta prigioniera dagli iracheni nel Golfo. Saddam Hussein l’ha catturata: era in guerra per pagarsi l’università , in "Gente", a. XXXIV, 21 febbraio1991, p. 4. 202Gino Gullace Raguei, Lo sfogo della soldatessa prigioniera in Irak Saddam ti supplico: non fare male a Melissa, in "Oggi ", a. LVI, 20 febbraio1991, pp 18-21. 90 dell'aeronautica nel 2001 e la prima donna a comandare un plotone durante la sfilata del 2 giugno. Bisogna però ammettere che dopo la curiosità iniziale, le domande di volontarie per l'esercito sono calate molto: nel 2001,12700 donne presentarono domanda per entrare nell'Accademia ufficiali di Modena, ma furono solo 3000 l'anno successivo. Stando ai dati del 2007, contenuti in una tesi di laurea triennale, le donne soldato erano più di 9.000.203 L'esperimento del 1992 in realtà fu una trovata pubblicitaria dell'esercito, ma non ebbe alcun seguito: il tempo di addestramento era stato troppo esiguo e troppo il rilievo mediatico.

Per le 29 ragazze ammesse al breve stage militare, il vero percorso di guerra e' consistito nel rispondere contemporaneamente alle domande di dieci intervistatori e a posare in tuta mimetica davanti a centinaia di obiettivi. Loro magari avrebbero preferito che il primo approccio con le forze armate fosse più realistico. Ma gli ordini sono ordini e così sfilano diligentemente e interpretano il copione di femmine d' assalto. Si è mai visto un soldato alla guida di un carro blindato che, su cenno del capitano, rallenta e si sistema la frangetta bionda per meglio apparire nell'inquadratura? Si e' mai vista una recluta che esce sorridendo all'entrata della tenda comando e poi concede il bis alle telecamere?

A Montebello, sì204

Il rilievo, soprattutto mediatico dell'operazione, infatti è sottolineato, oltre che dai giornali, anche da “Famiglia Cristiana” il cui giudizio sull'operazione non è certo positivo. Nell'articolo infatti si denuncia il giorno di addestramento come un'operazione di facciata e si riportano i commenti perplessi dei soldati 205 Si riporta che la camerata in cui sono state alloggiate le ragazze è stata “tirata a lucido”, e che nel giorno di addestramento a queste era concesso tutto; mentre, come ha notato un soldato di leva, i maschi durante l'addestramento hanno sparato una sola volta. I nostri periodici danno risalto alla vicenda anche perché si nutrono di fatti curiosi e di costume che possano essere interessanti per i lettori. Queste riviste, poi, hanno il vantaggio di essere a colori , piene di inserti fotografici di ragazze giovani e carine con

203R. De Vita, La mimetica si tinge di rosa, tesi di Laurea in Sociologia Università degli studi di Siena, a.a. 2007-2008, p.34 204Ibid., p. 8. 205Barbara Carazzolo, Per la prima volta ventinove ragazze entrano in una caserma e imbracciano il fucile. Perché Francesca va alla guerra?, in "Famiglia Cristiana", a. LXI, 9 dicembre 1992, p. 43. 91 un fucile o su un carro armato hanno certo un riflesso positivo sulle vendite. “Oggi” non si fa scappare l'occasione e dedica alle donne soldato ben due servizi: uno, convenzionale, con le foto nella caserma, delle ragazze in divisa e l'intervista di rito a una delle soldatesse; un altro, invece ,parla di una ragazza, della provincia di Massa- Carrara, che è stata scelta, ma che ha dovuto rinunciare a causa della gravidanza.206 Di solito i morti nelle missioni umanitarie, tranne che in alcuni casi come quello di Montesi, la battaglia del Pastificio che vide tre militari italiani morti in uno scontro a fuoco nella missione Ibis in Somalia, e i caduti di Nassiriya, ebbero solo un articolo, in alcuni casi di una sola pagina. Questa trovata pubblicitaria dell'esercito ebbe quindi grande risalto, e il risultato fu la creazione dell'Anados, che riuscì a fare pressione mediatica negli anni successivi, fino all'ammissione delle donne alla vita militare. Nel 1993 “Oggi”, pensando all'imminenza dell'apertura del servizio militare alle donne, pubblicò un articolo in cui si ipotizzava, con l'aiuto di stilisti come potessero essere le uniformi delle donne soldato. La donna soldato, quindi, è un fenomeno di costume che viene trattato come una curiosità, che, però, appassiona i lettori e riceve più fotografie e servizi di quanto sia la presenza reale delle donne nelle forze armate.207 In seguito, con la presentazione della legge nel 1997 (verrà approvata solo nel 1999) “Oggi” in un servizio non si discosta dall'immagine che di questo avvenimento dà un giornale di costume con foto di ragazze in tenuta di volo e in uniforme un titolo accattivante208 Con il 1999 vi sono importanti riforme nell'appartato militare: un disegno di legge prevede l'abolizione della leva entro il 2005 e il passaggio ad un esercito di soli professionisti; contemporaneamente il disegno di legge Spini sul servizio militare femminile, fermo alla Camera dal 1997, arriva ad essere approvato. La legge sull'esercito di professionisti e progressiva abolizione della leva venne approvata nel novembre del 2000209, e quindi si ebbe in contemporanea il passaggio ad un esercito di professionisti e l'apertura al servizio militare femminile. “Oggi” dedica poco spazio alla vicenda, lasciando al solo generale Caligaris nelle sue

206Andrea Marchi, Una delle prime donne militari italiane racconta la sua naja. Farò la soldatessa per comandare i maschi in "Oggi ", a. XLVII, 7 dicembre 1992, pp. 114-118 e Mario Conti, Il racconto della ragazza incinta che ha detto “no” alla naia. Prima divento mamma e dopo metterò la divisa, in "Oggi", a.XLVII, 14 dicembre 1992, pp.45-46. 207Anna Checchi, Gli stilisti preparano il look delle donne con le stellette. Macché maschiaccio la soldatessa sarà chic, in "Oggi ", a. XLVIII, 18 gennaio 1993, pp.64-68.

208Maria Celeste Crucillà, Cambiano le forze armate. E soprattutto si tingono di rosa. Attenti soldati, le donne vi metteranno sull’attenti, in "Oggi", a. LII, 05 febbraio 1997, pp. 34-37. 209http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2000;331 92 “risposte” il parere sull'argomento. Il generale accenna solo in maniera fugace al problema delle donne soldato e di più a quello dell'abolizione delle leva in favore di un esercito professionale. La sua valutazione è critica perché egli pensa che, con l'abolizione della leva e il poco afflusso di volontari, l'esercito non possa più far fronte ai suoi compiti per carenza di uomini. Non sono registrate le impressioni del militare sul servizio militare femminile. Se poi quel governo avrà nonostante tutto il coraggio di porre fine alla leva, le forze armate, e soprattutto l’esercito, resteranno con un numero di soldati risibile, inaccettabile per uno dei quattro grandi paesi d’Europa.210

“Gente”, invece, dedica all'abolizione del servizio militare un servizio con una lunga intervista al ministro della Difesa Carlo Scognamiglio. La questione del servizio militare femminile è, però, secondaria rispetto a quella dell'abolizione della leva. L'intervistatore chiede al ministro come potrà funzionare un esercito di soli professionisti e la questione femminile viene inscritta nella più grande riforma delle forze armate.

Se non ci fosse la possibilità di reclutare anche le donne le possibilità di successo

dell’esercito professionale sarebbero molto inferiori211

In seguito, però vengono riportate le obiezioni di Caligaris e del generale Luigi Federici, comandante generale dell'arma dei carabinieri dal 1993 al 1997 ed ex alpino (i comandanti generali dell'arma dei carabinieri vengono scelti tra i generali di corpo d'armata dell'esercito), che lamenta una possibile scomparsa dei corpi alpini, che si basano su truppa di leva proveniente dall'Italia settentrionale. Con la “ristrutturazione” del 1975 e la riduzione numerica dell'esercito abbiamo visto come i rotocalchi si siano spesi in una battaglia contro la soppressione delle truppe alpine, chiamando in causa ex militari famosi come Giulio Bedeschi. L'argomentazione viene qui riproposta con l'abolizione della leva, segno di un certa visione conservatrice dei settimanali che temono, spesso, il cambiamento. Sull'abolizione della leva, però, “Gente” si dichiara d'accordo, anche perché la maggior parte del suo pubblico è costituita da donne sposate e con figli vicini all'età della leva e quindi si chiede al ministro se non sia possibile 210Luigi Caligaris, Come si riuscirà a fare l’esercito di professionisti se mancano i volontari, in "Oggi", a. XLIV, 8 dicembre 2001, p.6. 211Paolo Scarano, Dibattito su un problema che coinvolge tutte le famiglie italiane: il servizio militare. Tra 5 anni i ragazzi non andranno più sotto le armi: signor ministro, perché la legge non parte subito?, in "Gente", a. XLII, N40, 2 dicembre 1999, pp. 106-112. 93 abolire subito la leva. Il ministro risponde che non è possibile passare da un anno all'altro a due modelli di difesa completamente diversi. Interessante è poi che l'ultima parte del servizio sia dedicata a Debora Corbi, la presidentessa dell'ANADOS, che lamenta le lungaggini per il servizio militare femminile, essendo la legge ferma da due anni alla Camera (le legge sarà approvata pochi giorni dopo). Questi sono in sostanza i dibattiti che hanno luogo nei giornali popolari sulla figura della donna-soldato in Italia. Si nota come tutti e tre vedano l'effettiva partecipazione femminile alla vita militare come una curiosità da rilevare nei servizi e come, in servizi su altri paesi che permettono il servizio militare femminile, si cerchino spesso foto di donne in uniforme. Notevole risalto mediatico ha ottenuto anche lo stage militare del 1992, da cui è nata l'Anados. Si può affermare che l'esposizione mediatica della donna in uniforme abbia reso i lettori dei settimanali, di natura conservatori, più favorevoli all'accettazione di questo cambiamento epocale. In seguito, con le missioni internazionali in Iraq e Afghanistan, ci sono anche foto e interviste alle prime donne soldato che partono, viste come curiosità.

94 Le missioni internazionali

Introduzione

Le missioni internazionali rappresentano un punto di svolta nell'immagine del militare nella stampa popolare, e non solo: l'esercito esce dalle caserme, dove è contiguo alla vita civile, ma in qualche maniera nascosto, e sale alla ribalta in un palcoscenico fuori dal paese, contribuendo a veicolare l'immagine dell'italiano buono, del cittadino in armi, spesso povero ma generoso con chi è meno fortunato di lui. Quella del “bono taliano” è una mitologia, infatti, ancora oggi radicata nell'opinione pubblica, nonostante ormai da anni la storiografia sul colonialismo italiano ne abbia mostrato l'infondatezza.212 Le missioni internazionali in qualche modo perpetuano questa tradizione, nonostante periodicamente emergano scandali, quasi sempre tenuti nascosti all'opinione pubblica.213 L'unico scandalo che ebbe una certa rilevanza fu il cosiddetto “Scandalo Somalia” del 1997, generato da alcune foto di torture e da quella di uno stupro, consumati durante la missione in Somalia del 1992-1993. Per un certo periodo tutti i giornali pubblicarono le foto ottenute, che “Panorama” aveva comprato da due soldati di leva reduci dal servizio in Somalia.214 Questo portò i giornali di approfondimento, ma non solo, ad interrogarsi sui problemi di comportamento dei militari in missione all'estero e sulla reale opera di pacificazione. Va detto però che dopo la missione in Somalia vi furono molte accuse rivolte al comportamento dei militari della missione internazionale, che comportarono pesanti conseguenze giudiziarie per i soldati di altri paesi e, nel caso canadese, allo scioglimento del corpo dei paracadutisti. Gli altri scandali, ad esempio i giri di prostituzione con minorenni in Mozambico e nei Balcani, in cui furono coinvolti anche Caschi blu italiani, passarono sotto silenzio, nonostante fossero a conoscenza dei giornalisti. Spesso, infatti, a margine di articoli relativi allo scandalo Somalia, si parlava anche di altri abusi.

212Una rassegna dei crimini di guerra italiani sono contenuti in Angelo Del Boca, Italiani brava gente?, Neri Pozza, Venezia 2005, per quanto riguarda il colonialismo italiano si veda la bibliografia allegata a Nicola Labanca, Oltremare. Storia dell'espansione coloniale italiana, Il Mulino, Bologna 2007. 213 Elisabeth Rehn ,Ellen Johnson Sirleaf, Women, War and Peace: The Independent Experts’ Assessment on the Impact of Armed Conflict on Women and Women’s Role in Peace-building, United Nations Development Fund for Women, New York 2002. Il saggio parla delle violenze sulle donne e afferma che, in molti casi i militari impegnati in operazioni di peace-keeping hanno approfittato della loro posizione per avere favori dalle donne nei campi o usufruire di prostitute locali. In alcune di queste missioni, come quella in Mozambico e nei Balcani erano coinvolti anche militari italiani. 214Cfr. "Panorama", a. XXXV, 12 giugno 1997 e segg. 95 La messa in discussione dell'istituto del peace-keeping e anche del comportamento professionale dei militari italiani durò solo lo spazio dello scandalo e i successivi servizi dalle missioni non risentirono delle discussioni, che restarono temporalmente limitate. Le missioni internazionali, da quella in Libano, dove una truppa composta quasi interamente da militari di leva venne chiamata ad operare in un contesto di guerra civile, alle ultime in Iraq e Afghanistan, dove operano solo professionisti, contribuirono ad accrescere la mitizzazione delle virtù umane dei soldati italiani, e fornirono materiale interessante anche per la consacrazione del'immagine degli italiani come militari professionali e attenti. Il peace-keeping, rispetto alla guerra, pone diversi problemi sia militari che di comunicazione. Uno dei problemi militari, soprattutto se la missione si svolge in territorio con gruppi ostili, come ad esempio l'Iraq o la Somalia, è se sia da considerarsi una missione di pace o di guerra.215 Il generale Bruno Loi, comandante della Folgore e capo della missione Onu in Somalia, si è chiesto se nel contesto somalo il codice militare di pace, più adatto alla vita di guarnigione, fosse efficace. Nell'introduzione al suo libro Peace-Keeping pace o guerra? Una risposta italiana, l'operazione Ibis in Somalia, egli afferma che la questione è stata risolta con le missioni in Iraq e Afghanistan, che sono regolate dal codice penale militare di guerra. Soldati di pace, quindi, che agiscono come se fossero in guerra, e vengono però percepiti dall'opinione pubblica principalmente nel loro compito di pacificatori. Se, dopo l'operazione in Somalia, il contesto del peace-enforcement, ovvero dell'imposizione della pace, ha fatto pensare ai vertici militari a un impegno bellico, questo viene tuttavia passato sotto silenzio nei media e anche delle stesse forze armate, che preferiscono l'immagine dei costruttori di pace. Le guerre asimmetriche del '900 nella ricezione dell'opinione pubblica non hanno infatti vittime tra i nemici: i soldati che intervengono per pacificare fazioni e distribuire aiuti non fanno la guerra, e il numero delle vittime civili o militari che hanno causato resta sempre avvolto nel mistero.

Libano

In realtà le missioni in Libano sono due: la prima era una operazione di peace-keeping

215Cfr. Bruno Loi, Peace-Keeping pace o guerra? Una risposta italiana, l'operazione Ibis in Somalia, Vallecchi, Firenze 2004.

96 di tipo tradizionale, in cui militari di una forza multinazionale erano incaricati di scortare il ritiro dei palestinesi da Beirut, e durò il tempo necessario al ritiro (23 agosto- 11 settembre 1982); la seconda, quella che viene conosciuta come missione in Libano dall'opinione pubblica, venne organizzata dall'Onu poco dopo, a seguito della strage nei campi profughi di Sabra e Shatila e durò quasi due anni (24 settembre 1982-3 marzo 1984). Il compito delle truppe italiane era di:

Fornire concorso all’esercito libanese, proteggere la popolazione civile e

contribuire a restituire la sovranità al governo Libanese nel settore assegnato216

Come nota un addetto ai lavori come il generale Cirneco, che sarà protagonista di un'altra vicenda, quella della morte del parà Emanuele Scieri nel 1999 alla caserma della Folgore “Gamerra”, relativamente alla missione in Libano:

Altra considerazione è quella della percezione che l’opinione pubblica italiana ebbe (finalmente !!), dopo anni di disattenzione, della realtà della Difesa; cominciò ad interessarsi e parlare di essa superando il semplice e normale approccio limitato sino a quel momento ai problemi della leva e del servizio

militare.217

La missione in Libano ha certamente scosso l'opinione pubblica italiana e ha portato i militari italiani al centro delle cronache, non per gli avvenimenti della leva, del nonnismo e per le condizioni delle caserme, ma per essersi trovati a fianco di due paesi con importanti tradizioni militari senza sfigurare. Beirut, a causa della guerra civile, era divisa in due: la parte est, abitata da mussulmani (sunniti e sciiti), comprendeva i quartieri più poveri e i campi profughi di Sabra e Chatila e Borj El Brajneh, dove si trovavano i rifugiati palestinesi; la parte ovest era abitata da cristiani e drusi (una setta islamica eterodossa), e questi due gruppi religiosi detenevano il governo. La città era quindi divisa da una linea di armistizio, detta la linea verde, presidiata dai militari della forza multinazionale.

216 http://www.storiamilitare.net/Cirneco.pdf A p. 4 descrizione ad opera del generale Cirneco dell'intervento in Libano incentrato, come è ovvio, sui problemi militari, e pubblicato on line a cura dell'Università di Firenze. Una buona ricostruzione televisiva con interviste ai protagonisti e a semplici soldati di leva è stata effettuata dalla trasmissione "La storia siamo noi". http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/arrivano-i-bersaglieri/526/default.aspx

217Ibidem p.11 97 Le truppe italiane si stabilirono nelle zone più povere, in gran parte abitate da sciiti, dove era forte la presenza di guerriglieri integralisti, ovvero in uno dei settori più delicati della città. In tutta la missione si registrarono attentati e attacchi, ma, mentre americani e francesi persero rispettivamente 241 e 56 soldati; gli italiani ebbero la morte del solo Montesi. Da qui le accuse agli italiani (presenti anche nel romanzo Inschallah di Oriana Fallaci218), di venire a compromessi con i fondamentalisti sciiti e di garantire loro aiuti in cambio della neutralità. L'opinione pubblica italiana ha prestato più attenzione alle caratteristiche umane dei connazionali impegnati in missione, che, a differenza dei colleghi francesi e inglesi, erano ritenuti capaci anche di usare la diplomazia e non solo la forza.

Tutte queste considerazioni non sono fatte proprie dalla stampa popolare che pensa ad una immagine edulcorata dei militari e dei loro compiti ed è pronta a glorificare i militari italiani. Una parziale eccezione è quella di "Famiglia Cristiana" che è vicino ai cristiani del Medio Oriente e fa propri gli appelli papali per la pace. Interessante è a tal proposito un articolo datato all'inizio della missione Libano 2, e scritto probabilmente poco dopo il massacro di Sabra e Chatila, nel quale si tratta della situazione del paese. Si parla della missione Libano e di come, dopo il ritiro dei bersaglieri, si siano scatenate le milizie falangiste con la protezione israeliana. Ciò che è interessante è il paragone di Israele con il Sudafrica: tutti questi stati sarebbero generati da maggioranze perseguitate, i boeri e gli ebrei, e queste, per sopravvivere, devono fare ricorso a una legislazione repressiva nei confronti dei neri gli uni e degli arabi gli altri219 Tra la prima e la seconda missione in Libano il settimanale cerca di comprendere la situazione; non ci sono condanne dell'operato dei nostri militari e della nostra politica di equidistanza tra le fazioni, che, di fatto, non era ostile ai fondamentalisti islamici.

Il primo articolo che parla di una possibile missione in Libano è della fine di agosto del 1982: si parla della vecchia Beirut, una delle città più belle e tolleranti del Medio Oriente, devastata dalla guerra civile e del fatto che gli italiani potrebbero partire220

218Oriana Fallaci, Inschallah, Rizzoli, Milano 1990. 219 Guglielmo Sasinini, Un crimine che ha sconvolto il mondo. Beirut, i giorni del massacro, all'interno dell'articolo Beppe del Colle, Israele e Sudafrica, le affinità della storia in "Famiglia Cristiana", a. LI, 3 ottobre 1982, pp. 32-27. 220Guglielmo Sasinini, Beirut: così è morta la città del benessere in "Famiglia Cristiana", a. LI, 22 agosto 1982, p. 26. 98 La partenza delle truppe ottiene addirittura la copertina e un articolo alla settimana per tre numeri, segno della grande importanza che la missione assume per l'opinione pubblica.

Nel primo articolo si intervista un militare di leva che afferma che i soldati italiani non sono bravi come i parà della Legione Straniera, ma non faranno fare brutta figura all'Italia.221 Anche qui si assiste ad una visione dei soldati italiani come militari forse un po' improvvisati, ma non certo secondi agli altri; dotati soprattutto di quella umanità che possono avere solo dei soldati di leva, e grazie alla quale gli italiani sarebbero già entrati nelle grazie della popolazione palestinese.

Una nota distintiva è il colore bianco degli elmetti, scelto proprio dal comandante Angioni per fare capire che la presenza degli italiani è pacifica e le intenzioni non sono bellicose.

Se "Famiglia Cristiana" scrive articoli sulla situazione geopolitica, "Oggi", negli articoli sui bersaglieri appena arrivati si concentra sulle note di colore con interviste ai protagonisti che paragonano il capodanno a Napoli allo scambio di colpi di artiglieria a Beirut.

Anche queste interviste parlano di soldati che, pur se di leva e non professionisti, non sono secondi agli altri e hanno un surplus di umanità.222

E' interessante, però, un'intervista al colonnello Bruno Tosetti, uno dei comandanti della missione in Libano, che parla anche del bianco negli elmetti, che alcuni italiani vedono come segno di resa. L'ufficiale risponde che il bianco è parte della bandiera e che il moderato nazionalismo italiano è migliore di quello, più evidente, dei francesi che hanno subito issato la bandiera nazionale nell'edificio più alto della città, mentre gli americani si fanno proteggere dalla sesta flotta e dalla sua strabordante potenza di fuoco.

In seguito il giornale dedica due servizi alla missione. Uno, molto ampio sull'opera dei soldati in Libano e sul loro ruolo di costruttori di pace, nel quale si ventilano anche possibilità economiche per la ricostruzione e si dice che la vita di quella che era una delle più belle città del Medio Oriente sta riprendendo, anche grazie ai soldati del

221Guglielmo Sasinini, A Beirut tra i soldati italiani in missione di pace. Piume al vento nella città dei fantasmi, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 05 settembre 1982, pp. 32-35. 222Fabio Isman, Efficienza e simpati,a le armi con cui i Bersaglieri tra scene di entusiasmo, hanno conquistato Beirut ragazzi, ma qui pare di trovarsi a Piedigrotta, in "Oggi", a. XXXVII, 8 settembre 1982 , pp 14-17. 99 contingente multinazionale.223

In seguito vi è un articolo di costume su un bambino trovato nella città e adottato dai bersaglieri: in questo caso si assiste alla creazione del personaggio del soldato di pace, che opera in contesti difficili con l'arma interessante dell'umanità.224

"Famiglia Cristiana", però parla di come gli italiani si inseriscono tra le fazioni e quindi riporta che gli italiani fanno il presentat arm ai Fedayn quando questi cedono la posizione che verrà poi occupata dai nostri militari. La politica di non ostilità con i Fedayn e la popolazione musulmana a cui venivano elargite prestazioni mediche non è osteggiata dai giornalisti che, come nell'articolo su Israele e Sudafrica, sono più vicini ai palestinesi che agli israeliani.225

"Famiglia Cristiana" dedica al Libano molti articoli, e la visione della guerra, nella quale viene comunque sottolineato l'impegno e l'umanità dei soldati italiani, non è scontata ed è piena degli interrogativi propri di un giornale di approfondimento e non di un periodico di costume.

Certamente il ruolo importante della Chiesa cattolica in Terrasanta ha una influenza sulla capacità dei giornalisti del periodico di avere notizie di prima mano dal Libano e di avere chiaro il quadro della situazione, senza cadere nella cronaca di costume, come per "Oggi" o "Gente".

Quello che si nota è un primo abbozzo di costruzione della figura del peace-keeper italiano: il soldato che viene da un posto povero, ora di leva, in seguito professionista, che sa immedesimarsi nella realtà locale, che non giudica se stesso superiore, e che, se non è come i parà della legione straniera, ha sicuramente un lato umano migliore degli altri.

E' interessante come questo modo di vedere i soldati (in questo caso di leva per la maggior parte; in parte di leva e in parte professionisti per la Somalia e in seguito solo di professionisti) non cambi in tutte le missioni internazionali. I soldati di Beirut sono diversi da quelli che oggi sono in Afghanistan per addestramento e competenze, eppure l'attitudine morale del "buono italiano" resta in più di trent'anni di missioni umanitarie.

223La martoriata capitale del Libano rinasce dalle macerie anche con il sostegno del nostro paese, Dopo i soldati a Beirut manderemo i muratori , in "Oggi", a. XXXVII, 1 dicembre 1982. 224Fabio Galiani, Il bimbo di Beirut adottato dai bersaglieri Per farlo addormentare cantiamo fratelli d’Italia, in "Oggi", cit., a. XXXVII, 15 dicembre 1982, pp. 133-135. 225 Guglielmo Sasinini, Beirut, i giorni dell’esodo palestinese. Sono rimasti solo donne e bambini, in "Oggi", a. LI, 12 settembre 1982, pp. 32-37. 100 A dicembre del 1982 la copertina ritrae alcune persone, tra le quali un soldato, e la didascalia recita "Da Roma a Beirut, da Torino a Chieti. Un modo d’amare.“ 226 I soldati in missione umanitaria sono quindi accomunati nell'amore ai religiosi e ad altre persone che hanno fatto azioni importanti. Al momento di tracciare un bilancio dell'anno i volontari che assistono i disabili sono accomunati ai nostri soldati che, in Libano, assistono una popolazione martoriata.227

Il soldato italiano è presentato come diverso dai marines americani, che non si mescolano con la popolazione e stanno rintanati nelle basi per uscire solo di pattuglia: i nostri militari fanno di più degli altri e utilizzano l'ospedale da campo per la popolazione e non solo per le esigenze del contingente. Si racconta, poi, di doni che la popolazione elargisce alle truppe per ringraziarle del lavoro svolto.

In seguito, nella presentazione delle missioni umanitarie, vi saranno foto di soldati che giocheranno a pallone o faranno il girotondo con i bambini locali e che aiuteranno la popolazione. La costruzione retorica della figura del soldato umanitario inizia da qui, e i giornali di costume, insieme alla televisione, sono gli strumenti più potenti che costruiscono il mito.

Poco prima della morte di Montesi, Nantas Salvalaggio, editorialista di "Oggi", critica la nazionale di calcio italiana (che ha pareggiato in amichevole contro Cipro) per lo scarso impegno, paragonandola ai militari a Beirut, che avrebbero invece quello spirito di unità nazionale che è mancato ai calciatori.228Si parla della visita degli azzurri ai militari impegnati in Libano e alla giustificazione dei calciatori: se fossimo andati prima a Beirut avremo trovato quello spirito di unità che è mancato contro Cipro. La missione quindi viene vista come un momento nel quale emerge un senso di appartenenza nazionale che prima non c'era.

La morte di Montesi

La morte di Filippo Montesi è, per un paese che non era abituato alle missioni di pace e alla morte all'estero, una novità. I soldati in caserma, durante il servizio di leva,

226Cfr "Famiglia Cristiana", a. LI, 12 dicembre 1982. 227Con tanti fratelli nella barba di Aronne all'interno di questo, Guglielmo Sasinini, Con i soldati del contingente di pace che passano il natale nel Libano. Fra le macerie di Beirut gli “italiani bum- bum”, in "Famiglia Cristiana", a. LI, 12 dicembre 1982, pp. 34-39. 228Nantas Salvalaggio, Usiamo i Bonzi di Bearzot come fossero Bronzi di Riace, in “Oggi”, a . XXXVIII, 2 marzo 1983, p. 8 101 muoiono per suicidio, scherzi finiti male, incapacità della sanità militare, ma un militare morto nella lontana Beirut suscita la commozione generale.

"Gente" anche in questo caso cerca di far leva sul lato emozionale con interviste sia ai parenti di Montesi che di un suo commilitone; i servizi successivi alla morte sono due e offrono le ultime parole del marò e l'intervista ad un ufficiale ferito nell'azione.229

A seguito dell'agguato che costò la vita a Montesi, il generale Angioni, comandante delle truppe di ITALCON, decise di reagire e mandare gli incursori in un'azione notturna contro gli autori dell'attentato, suscitando addirittura l'ammirazione degli israeliani per il coraggio di un'azione notturna in un contesto di guerriglia. Nell'azione, però, gli incursori furono costretti a ritirarsi e lasciarono sul campo alcuni feriti, tra i quali un parà a cui è stata amputata la gamba.

Il parà della Folgore viene intervistato da "Famiglia Cristiana", ma il conflitto non finisce nel solo articolo di costume: gli articoli successivi alla morte di Montesi, infatti, si chiedono se la presenza della forza multinazionale in un paese nella completa anarchia sia ancora possibile e i giornalisti arrivano a conclusioni amare: si dice, infatti che in Libano qualcuno vuole la guerra230 e, in articoli successivi si accusano gli israeliani. Il sacrificio inutile ritorna anche nelle lettere al giornale da parte una madre di un soldato di leva: nonostante lei abbia aiutato, rischiando, i partigiani, non vede perché un figlio sia mandato a morire per una questione di prestigio internazionale.231

"Oggi" segue una linea di fondo simile a quella di "Gente", e dedica anch'esso due servizi al fatto, oltre alla copertina del numero del 30 marzo 1983232. Oltre al racconto dell'agguato da parte del giornalista di Oggi, il quale, essendo in Libano, dà una certa copertura alla notizia in loco. Nel dare la notizia "Oggi" è a metà tra "Gente" e "Famiglia Cristiana": la presenza dell'inviato fa sì che non ci si limiti ai soli resoconti di genere emozionale, ma non c'è il tentativo di offrire spiegazioni esaurienti sulla

229Parla il padre dell’ufficiale italiano ferito a Beirut è un soldato siamo fieri di lui, in "Gente", a. XXVI, 1 aprile 1983 Le ultime, commoventi parole del giovane marò del “San Marco” caduto per la pace in "Gente", a. XXVI, 8 aprile 1983 230Giorgio Romano, Chi spara a Beirut contro la forza multinazionale? Sangue italiano per una pace precaria, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 3 aprile 1983, pp. 20-23 231Lettere a "Famiglia Cristiana", Mio figlio parte per il Libano, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 13 giugno1983, p. 5. 232 Gianni Melli (foto di Paolo Rocca), L’inviato di “Oggi” racconta le drammatiche ore dell’attacco al corpo di pace italiano in Libano Ero con i nostri soldati la notte dell’agguato, in "Oggi", a.XXXVIII, 30 marzo1983, pp. 26-28; e La disperazione della madre di Filippo Montesi, il marinaio morto per le ferite riportate nel Libano. Mi aveva appena scritto: mamma sto per tornare, in "Oggi ", a. XXXVIII, 6 aprile 1983, pp. 22-24. 102 complicata situazione internazionale in Medio Oriente, come invece fa il settimanale cattolico.

“Gente”, non avendo un inviato sul posto, si concentra sulle lettere che Montesi spediva alla famiglia e intervista il padre di Marino Brognoli, ufficiale della Folgore a cui è stata amputata una gamba. “Oggi” e “Famiglia Cristiana”, invece, intervistano la madre di Montesi, bidella in una scuola di Fano e si avvalgono degli inviati in Libano per raccogliere testimonianze tra i commilitoni.

Ciò che è interessante è il funerale, descritto nel numero del 6 aprile, che si svolge a Pesaro alla presenza del presidente Pertini. Nelle corrispondenze non si usa la parola patria. Il soldato morto in Libano è di leva e le motivazioni che lo muovono non sono patriottiche. Si assiste quindi alla cerimonia di un morto sul lavoro, per quanto un lavoro particolare, e non di un eroe nazionale.

Il particolare a prima vista è infatti strano: saranno i soldati di professione ad essere onorati come morti per la patria e non i soldati di leva, cittadini in armi. Nelle interviste alla madre di Montesi non compare la parola patria: si parla di Filippo, come di un bravo ragazzo dall'infanzia sfortunata; il padre e un fratello sono morti e Filippo Montesi avrebbe voluto aiutare economicamente la madre lavorando come falegname. Per la sua situazione familiare chiese l'esonero dalla leva, che fu respinto, e venne mandato in Libano. La madre, mostrando le lettere del figlio, parla di lui come di una persona orgogliosa di aiutare donne, vecchi e bambini, ma non della missione come un dovere patriottico.

La patria italiana, infatti, venne messa al centro del discorso politico solo con il settennato di Carlo Azeglio Ciampi233e con la rivalutazione di questa idea si stabilizzano anche il cerimoniale e il modo di presentare le notizie dei periodici.Il concetto di patria è entrato nel lessico italiano tra gli anni '90 e il 2000, con il passaggio all'esercito di professionisti e quindi saranno i questi, e non i soldati di leva, a beneficiare del titolo di “morti per la patria”. Montesi, caduto in un'azione di guerra, ha avuto come medaglia solo la croce di guerra, a fronte di medaglie d'oro al valore dell'esercito concesse a morti per malaria solo 10 anni dopo.

I due articoli successivi, infatti, pongono pesanti interrogativi: i soldati, nonostante la professionalità, devono assistere impotenti a una guerra civile o farsi uccidere? Continuano inoltre le critiche a Israele che si è inserito nella guerra occupando parte del Libano e imponendo una specie di colonialismo economico nella zona occupata. Questi

233Cfr. Paolo Peluffo, La riscoperta della patria, Rizzoli, Milano 2008 103 tre articoli non sono da giornale di costume, rivelano una conoscenza abbastanza approfondita del territorio e delle fazioni in lotta, e prendono posizione in maniera netta contro la politica di potenza israeliana234

Ci si chiede, inoltre, se abbia senso la presenza di una forza multinazionale diventata ormai un bersaglio per le opposte fazioni e se sia necessario proseguire nello sforzo.

Nonostante la visione positiva della missione, il periodico esprime notevoli perplessità, ma dal giugno del 1983 si ha, sempre nel quadro di una missione che si pensa difficile, una svolta, che diviene ancor più funzionale alla creazione dell'immagine del soldato di pace. Viene intervistato un marò a Beirut, che, dopo essere stato al funerale del commilitone morto afferma:

ho capito che a Beirut ci dovevo andare, se non altro per capire dove e perché

avevano ucciso Filippo [Montesi]235

In seguito l'articolo parla anche di come viene alleviata la noia, e che l'indennità di missione è piuttosto alta (2000 dollari al mese), ed anche questo invoglia i militari alla missione.

Ci sono due articoli elogiativi sul contingente, capace di esprimere professionalità oltre che umanità. E' evidente anche qui la nascita del soldato di pace, il quale, oltre a possedere le caratteristiche di umanità del militare italiano, in fondo straccione tra straccioni, non superiore né giudicante è un serio professionista compreso nel suo ruolo.236

Dell'umanità degli italiani, popolo di emigranti, di contadini da poco prestati alla civiltà, si è scritto molto nella pubblicistica, anche se questo non ha corrisposto alla verità. Il soldato italiano, oltre che umano, diviene anche professionale e in grado di operare in

234Guglielmo Sasinini, Dopo l’ondata di retorica, la realtà della guerra. In Libano per la pace,ma a che prezzo, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 10 aprile 1983, pp. 44-42; Guglielmo Sasinini, L'ex “paese dei cedri” è diventato terra di nessuno. Libano: un crocevia di eserciti stranieri, in"Famiglia Cristiana", a. LII, 9 maggio 1983, pp. 72-79; Beppe Del Colle, I “nostri” a Beirut, un dovere e un limite, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 17 maggio 1983, p. 25. 235Guglielmo Sasinini, Perché il contingente italiano resta in Libano, “ Se lasciamo avviene un massacro” in "Famiglia Cristiana", a. LII, 08 giugno 1983 p. 47 236Guglielmo Sasinini, Il nostro inviato a Deir El Kamar, l’antica capitale assediata. I profughi raccontano l’agonia del Libano, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 2 ottobre 1983, pp. 35-41. E soprattutto: Guglielmo Sasinini, Bilancio (positivo) di un anno d’impegno nel tormentato paese. Italiani in Libano: che inaspettato esercito, in "Famiglia Cristiana",a. LII 09 ottobre1983, pp. 44-47. 104 contesti difficili. L'esercito con gli elmetti bianchi, che somiglia a un'armata di gelatai, con il tendone da circo che si riconosce dalle strisce bianche e rosse nel quartier generale, diventa un perfetto mix tra "l'italiano brava gente" e un soldato professionale.

Angioni viene intervistato nel novembre 1983, dopo l'attentato alla base dei marines, che costò 220 morti. Il militare risponde che il contingente, nonostante tutto, deve rimanere per assicurare la pace al paese, anche se la matassa è lungi dall'essere sbrogliata nonostante l'intervento di militari di quattro nazioni.237

Seguono alcuni articoli che danno conto della situazione del paese, ma che non chiamano in causa direttamente i militari italiani, anche perché il settimanale si era occupato del paese ed aveva lì un inviato prima della partenza della missione internazionale.238 La presenza dei giornalisti di "Famiglia Cristiana", diversamente da quella degli altri settimanali, non era direttamente collegata alla missione.

I soldati ritornano con le feste natalizie, come per l'anno precedente (1982), nel quale i militari erano additati come esempio di amore. Le storie edificanti ritornano anche nel Natale 1983, quando si raccontano le vicende dei militari in missione, e viene intervistata la madre di Filippo Montesi che ha ricevuto (con un sondaggio dei lettori) il premio intitolato alla memoria di Don Giacomo Alberione, primo direttore di Famiglia Cristiana.239

E' interessante notare come il premio Alberione venga dato a chi si distingue per la pace, quindi le truppe italiane che non sono più utili solo per difendersi dal nemico, ma per la pace.

Prima del ritiro dal Libano, tra il 19 e il 20 gennaio 1984, "Famiglia Cristiana" dedica altri due articoli a questa missione, nei quali si parla delle inutili trattative di pace, che, con le loro lentezze, fanno passare del tempo in cui i soldati della forza multinazionale e i civili libanesi muoiono.240

237Guglielmo Sasinini, Il nuovo ruolo della forza multinazionale dopo l’orrendo attentato di Beirut. A difesa di una pace impossibile?, in "Famiglia Cristiana ", a LII, 6 novembre 1983, pp. 42-45. 238Guglielmo Sasinini, Il Libano in una spirale di violenza che sembra senza uscita. Una follia che non risparmia nessuno, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 20 novembre1983, pp. 42-28. Editoriale di Beppe Del Colle, L’Europa, il Libano, una sfida planetaria, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 18 dicembre 1983, p.25. 239 Guglielmo Sasinini, Accanto alle famiglie italiane che vivono e soffrono il dramma del Libano. Come un natale di guerra, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 25 dicembre1983, pp. 36-39; Gugliemo Sasinini, Nel ricordo di Filippo Montesi, il giovane caduto per la pace in Libano. Il premio Alberione alla mamma del marò, in "Famiglia Cristiana", a. LIII, 22 luglio 1984. 240Guglielmo Sasinini,L’ennesima, inutile conferenza sulla Palestina. Mentre in Libano si muore a Ginevra si fa Accademia, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 18 settembre1983, pp. 21-23; e Beppe del Colle, Cristiani in Libano: le parole non bastano, in "Famiglia Cristiana", a. LII, 23 settembre 1983, pp.25-27 105 Con la fine della missione si assiste ad un articolo che elogia la presenza italiana, la quale darebbe prestigio al paese,

E di questo non diremo mai abbastanza grazie al generale Angioni e ai suoi ragazzi.241

nonostante i soldati lascino un paese balcanizzato e la missione non abbia raggiunto il suo scopo.

La guerra del Golfo

Tra il 1990 e il 1991 le televisioni di tutto il mondo si sono sintonizzate sull'Iraq, attaccato da una forza multinazionale dopo che il dittatore del paese aveva invaso il ricco emirato confinante del Kuwait. Il muro di Berlino era caduto da un anno e il blocco sovietico aveva cessato di far paura, poco dopo l'Unione Sovietica cessava di esistere e con esso un blocco con idee e stile di vita diametralmente opposto rispetto all'Occidente. Il pericolo comunista sembrava lontano e la storia marciava sicura verso una nuova pace mondiale.

La guerra del Golfo, anche rispetto alla missione in Libano, fu uno dei primi avvenimenti ad essere interamente seguito dalle televisioni che, almeno in Italia, diedero una visione univoca dell'accaduto: una coalizione multinazionale piena di buone intenzioni e determinata a non lasciar passare un affronto al diritto internazionale fatto da un sanguinoso dittatore.

Con la guerra in Iraq le immagini della contraerea e le telecamere degli aerei che sganciano le bombe intelligenti entrano in tutte le case. Come ha scritto Slavoj Zizek riferendosi all'undici settembre, si assiste ad un trionfo di una realtà mutuata da media, e la realtà stessa assume le caratteristiche di un film o di un videogame.242

Con la guerra del Golfo la realtà viene sopraffatta dalle immagini e dal bombardamento mediatico, prima ancora che militare. Ci si abitua, all'ora del telegiornale, a sentire i bollettini di guerra del corpulento Norman Schwarzkopf e alle immagini di portaerei e

241 Beppe dal Colle, Lasciamo con onore un Libano spezzato, in "Famiglia Cristiana", a. LIII, 26 febbraio 1984, p. 25. 242Cfr S. Zizek, Benvenuti nel deserto del reale, Meltemi, Roma 2002. 106 al cielo di Baghdad illuminato dai bengala della contraerea.

I giornali popolari si adeguano all'ampio spazio che viene concesso alla guerra dagli altri media: se alla missione in Libano solo "Famiglia Cristiana" dà ampio risalto, mentre "Oggi" e "Gente" si limitano ad alcuni servizi nei momenti di maggiore interesse, con la guerra del Golfo vi sono speciali formati da vari servizi, anche di una ventina di pagine.

Con la cattura del pilota Gianmarco Bellini e del navigatore Maurizio Cocciolone e la loro prigionia in Iraq la stampa di costume scopre due eroi popolari, che, anche dopo la liberazione, tengono banco in "Oggi" e "Gente" con le loro memorie a puntate. "Famiglia Cristiana", pur felice della liberazione, non segue però il coro della stampa popolare e sulla guerra del Golfo mantiene un certo equilibrio.

Anche se ritorneremo sulla vicenda in seguito con l'analisi che i periodici danno della notizia è bene illustrare subito la vicenda di Bellini e Cocciolone, che avrà grande rilievo mediatico e sarà il centro di molti articoli, soprattutto di "Gente" e di "Oggi". La notte del 18 gennaio 1991, in una difficile missione di bombardamento aereo di obiettivi della guardia repubblicana, il Tornado dell'aviazione italiana pilotato da Bellini procedette in solitaria sull'obiettivo, dopo che tutti gli altri aerei avevano mancato il rifornimento in volo e, dopo avere sganciato le bombe, venne colpito in coda e l'equipaggio fu costretto ad eiettarsi. Bellini e Cocciolone finirono vicino a una caserma della guardia repubblicana e quindi furono catturati quasi subito e separati; dopo due giorni che in Italia non si avevano più notizie riapparvero in video, con il volto tumefatto e l'aria stanca, forse drogati o sedati. Cocciolone parlò in inglese in un messaggio in cui ripudiava le ragioni della guerra, messaggio che venne trasmesso nel telegiornale delle 20. Gli antefatti della guerra del Golfo iniziano quando, il 2 agosto 1990 Saddam Hussein, dittatore dell'Iraq, invade il piccolo emirato del Kuwait per una questione di petrolio e debiti contratti per finanziare la guerra contro l'Iran. Da agosto a gennaio si tenta di risolvere il conflitto per vie diplomatiche, cercando, con sanzioni economiche, di convincere Saddam Hussein ad abbandonare l'emirato; tutte le soluzioni pacifiche sembrano non funzionare e il 29 novembre il Consiglio di Sicurezza dell'Onu autorizza l'uso della forza. Il rappresentante sovietico non pone il veto perché ha contrattato la sua neutralità in cambio di aiuti economici per il paese in bancarotta. A poco meno di due giorni dallo scadere dell'ultimatum del 15 gennaio, alle 2 della notte del 17, inizia l'operazione "Tempesta nel deserto", che si protrae fino al 28 febbraio, quando viene

107 annunciata la fine delle operazioni. Questi due mesi sono importanti per i settimanali perché, come detto, la guerra riceve molta più attenzione rispetto alla missione in Libano, e si assiste a una polarizzazione delle parti in campo in buoni e cattivi: da una parte Cocciolone e Bellini e dall'altra Saddam Hussein, dittatore che già da bambino voleva conquistare il mondo.

L'invasione del Kuwait in "Famiglia Cristiana" viene trattata in modo abbastanza esteso, con un servizio speciale di dieci pagine e un editoriale, e poi con un servizio nel numero successivo243; in seguito si parla anche dei vari conflitti che stanno nascendo in seguito alla fine della guerra fredda: si parla infatti di Somalia, con dei ritratti di Siad Barre, che sta cedendo il potere, dei conflitti che perdurano in Libano e della dissoluzione della DDR244

L'invasione del Kuwait è quindi uno tra i tanti conflitti che stanno scoppiando nel mondo e, anche se l'editoriale ammonisce a non prendere in considerazione l'odioso bluff di Saddam e ad agire con forza, la copertura della notizia è accanto alle altre. Con l'operazione Desert Shield, poi, truppe americane vennero dislocate nel Golfo in previsione di un'azione di forza. I pezzi di questo periodo sono brevi, e uno di questi è contenuto nella pagina dei fatti del giorno che usa una tavola disegnata per fornire notizie curiose ai lettori. In realtà riguardano aspetti prettamente di costume come il morale delle truppe a Natale o i ritardi postali.245 La guerra, quindi, viene mostrata ancora sotto un aspetto poco bellicista e si parla della noia e della nostalgia di casa dei militari. Tutti questi aspetti cambiano allo scoppiare della guerra: i giornali e i periodici provano a rivaleggiare con la copertura televisiva proponendo speciali lunghissimi in cui si contrappongono tre personaggi: Saddam come il cattivo, Bush e Scwarzkopf come i capi di una coalizione multinazionale volta a ristabilire il diritto, e Giovanni Paolo II

243 Pietro Radius, In poche ore gli iracheni hanno sconfitto le esigue forza armate del Kuwait e occupato il paese. “Satana” cerca petrolio, in "Famiglia Cristiana", a. LXIX, 22 agosto 1990, pp. 42-43. cfr Beppe del Colle, Attenti a calcolare l’odioso bluff di Saddam, in "Famiglia Cristiana", a. LIX, 29 agosto 1990, p. 23 244 Carlo Remeny, Il 3 ottobre con l’unificazione tedesca segna una data storica per l’Europa, che chiude il dopoguerra. Ma per gli abitanti dell’ex DDR è la dissoluzione di uno stato. Germania Est, la Svendita, in "Famiglia Cristiana", a. LIX, 3 ottobre 1990, pp. 80-88. Guglielmo Sasinini, Il Libano sempre più nel caos dopo la sconfitta di Michel Aoun da parte dei siriani, che massacrando tutti i suoi sostenitori hanno assunto il pieno controllo del paese. Caccia al cristiano in "Famiglia Cristiana", a.LIX, 7 novembre 1990, Pp. 50-52 La storia dell’uomo che per 21 anni ha governato da padrone la Somalia con l’aiuto di parenti e funzionari. Siad Barre, ultimo atto, in "Famiglia Cristiana", a.LIX, 16 gennaio 1990, pp. 30-33 245 La sabbia del deserto fa inceppare le poste americane (Tavola disegnata), in "Famiglia Cristiana", cit. a.LXIX 21 novembre 1990. Guglielmo Sasinini, E’ il momento della grande nostalgia per le truppe americane nel deserto saudita. Buon natale, marines, in "Famiglia Cristiana", a LXIX, 21 novembre 1990, p. 42. 108 come l'uomo che cerca di scongiurare inutilmente il conflitto con la preghiera e la pace. E' interessante notare che un settimanale come "Gente", che difende le ragioni della guerra e critica le motivazioni di pacifisti di sinistra, presenta l'impegno del papa come positivo. Abbiamo già visto nel paragrafo sul commercio delle armi e le manifestazioni sui missili a Comiso, che, anche a rischio di sembrare contraddittori,questi periodici hanno un atteggiamento diverso su posizioni simili, quando sono sostenute da diverse forze politiche: da una parte i pacifisti di sinistra in malafede e dall'altra il papa che interpreta fino in fondo il suo ruolo come uomo di pace. La diversa copertura mediatica si vede subito dal primo numero di "Gente" dopo lo scoppio della guerra, il 31 gennaio: vi sono molti servizi su vari argomenti, alcuni tradotti dall'inglese ("Gente" ha acquistato alcuni articoli di "Newsweek") sulla guerra. Ricordiamo che il settimanale durante la missione in Libano si occupava di più delle vicende relative ai parenti di Mussolini o dei Savoia che dell'impegno dei militari.246 Con la guerra del Golfo i giornali popolari si buttano sulla notizia cercando di coprirla con servizi di genere diverso: dalla biografia di Saddam, visto come il cattivo da film, ai piani militari, agli articoli di costume.

"Oggi", in sostanza, segue la stessa linea di "Gente", anche se prima della guerra vi è un'intervista a Gianni de Michelis in cui espone le ragioni sul perché il conflitto scoppierà ugualmente e un servizio su Roberto Formigoni che si era recato in Iraq, trattando con il regime di Saddam Hussein la liberazione di alcuni ostaggi.247 Per un momento il giovane onorevole della Democrazia Cristiana divenne un eroe che si batteva per la pace. "Oggi", come "Gente", ha paura del pacifismo di sinistra, ma non di

246Cfr. Speciale Golfo Persico in "Gente", a. XXXIV, 31 gennaio 1991, pp.4-19. All'interno: Ivan Lantos, Tutta la vita del dittatore iracheno che ha sconvolto il mondo. Saddam Hussein: il satana di Washington ci ha aggredito, però andrà all' inferno, pp. 4-7; D.H. Hackworth, Ecco tutti i segreti del piano militare americano Armi e uomini: così Bush ha attaccato nella notte, pp.8-9; Andrea Biavardi, Massimo Borgnis, Nicoletta Sipos e Luciano Verre, Tutto quello che è successo in ogni angolo della terra. Qualcuno, mentre si sparava, ha anche giocato i numeri al lotto, pp.10-11; Luciano Verre, Chi sono i soldati italiani presenti nelle zone del conflitto. Guardatelo: è soltanto un ragazzo, ma è già in guerra, p.12; Dino Cimagalli, Il sottosegretario alla difesa ha visitato i militari italiani nei paesi dove si spara I nostri soldati non sono solo nel golfo, ma anche in altre zone, sempre in guerra, pp. 14-15 (Il sottosegretario alla difesa intervistato è l'onorevole Clemente Mastella); Andrea Biavardi, Ivan Lantos, Costa trenta milioni, è dieci metri sotto terra e ospita intere famiglie. Il panico della guerra ha fatto scoppiare anche in Italia la “febbre del rifugio atomico”; all'interno dell'articolo: Paolo Salon, Le armi chimiche: perché fanno paura, pp. 16-18; Renzo Allegri, I giorni difficili del papa: ha lottato contro la guerra pregando, p.19; Mario Cervi, Bush ha atteso 168 giorni prima di bombardare (editoriale). 247Enrico Pugnaletto, L’onorevole Roberto Formigoni spiega come ha convinto il dittatore iracheno a rilasciare gli italiani Ho liberato io gli ostaggi e adesso impedirò la guerra, in "Oggi", a. XLV, 12 dicembre1990, pp-6-8; Indro Montanelli, Una pace favorevole a Saddam farebbe più danni di una guerra, in "Oggi", a. XLV, 12 dicembre 1990, p.5; Francesco Palladino, Il ministro Gianni De Michelis spiega perché appare inevitabile lo scontro armato con Saddam Hussein. Nessuno vuole la guerra, ma scoppierà ugualmente, in "Oggi", a. XLVI, 23 gennaio 91, pp.6-8. 109 quello di parte cattolica. Lo speciale miscellaneo di "Oggi" è simile a quello di "Gente", con pezzi sulla situazione a Baghdad e nella base del contingente multinazionale, articoli di costume o curiosità, interviste ai militari italiani e ai loro familiari.248 Si parla di quello che genera in Italia la guerra, ovvero del timore di attacchi terroristici e batteriologici che contaminino i campi e rendano impossibile mangiare il cibo, e quindi dell'incetta di cibi a lunga conservazione nei supermercati; delle profezie di Nostradamus e, come per "Famiglia Cristiana" e "Gente", viene creato il nemico: Saddam è il nuovo Hitler, l'uomo che a otto anni voleva dominare il mondo, un pazzo che persegue i propri progetti anche contro forze immensamente superiori. La creazione del nemico è importante per un altro personaggio mediorientale: Osama Bin Laden, lo sceicco del terrore, il principe nero che ha lasciato una vita di agi per dedicarsi anima e corpo al Jihad. "Famiglia Cristiana" non segue gli altri due periodici: la Chiesa cattolica si è mossa contro la guerra e quest'ultima è stata condannata dal papa È quindi impossibile per il settimanale cattolico appoggiare le ragioni del conflitto, anche se l'invasione del Kuwait viene condannata e certamente Saddam Hussein non incontra le simpatie dei giornalisti. In un numero uscito dopo la guerra, ma preparato prima perché si parla dell'ultimatum del 15 gennaio, si discute ancora della situazione in Medio Oriente e soprattutto del Libano, dove è ritenuta impossibile la pace senza la partenza dei soldati israeliani: la risoluzione del conflitto in Libano garantirebbe un po' di pace alla regione e la possibilità di evitare la guerra. Viene poi inserito in un articolo un messaggio papale in cui si chiede con forza la pace. Il settimanale, quindi, in questa vicenda si discosta dagli

248Copertina: Chi è l’uomo che sfida il mondo: Saddam nuovo Hitler, in "Oggi", a. XLVI, 30 gennaio 1991 Vari servizi da pag. 8 a 21 e da pag. 98 a 112 Mario Conti , Minuto per minuto la cronaca del primo giorno di guerra raccontata da un coraggioso giornalista TV. Qui Baghdad: vi parlo da un cielo pieno di bombe in "Oggi", a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp 8-11; Dopo l’attacco dei bombardieri e il discorso di Bush il dittatore sorprende tutti per la sua arroganza Saddam rispose non mi arrendo, arrendetevi voi, specchietto con cartina delle forze in campo: l’Irak contro tutto il mondo una guerra “impossibile” , in "Oggi", a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp. 12-15; Pino Aprile, Chi è Saddam Hussein, l’uomo che ha sconvolto il mondo e ama farsi chiamare l’Hitler del duemila. A otto anni disse: sarò il padrone della terra, in "Oggi", a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp.16-21; Mario Conti, Uno studioso spiega le profezie del famoso veggente Nel 1500 Nostradamus aveva già previsto tutto, in "Oggi", a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp. 21-25; Cesare Carassiti, Francesco Palladino, Lorenzo Vincenti, Terrorismo, svalutazione, scorte alimentari: come sconfiggere le conseguenze della crisi nel Golfo. Guerra: che cosa temere, in "Oggi", a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp. 98-103; N. Salvalaggio, Gli italiani hanno già combattuto: al supermercato, in "Oggi", pp. 98-99; In Italia polemiche con i pacifisti Combattiamo per la pace, in "Oggi", a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp 103- 105; Enrico Pugnaletto, Nei paesi direttamente interessati al conflitto la gente vive nel terrore di un attacco con i gas. Serpeggia un’altra grande paura: la morte silenziosa, in "Oggi", a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp. 106-108; Gabriella Montali, Il drammatico sfogo della moglie di un pilota dei tornado italiani in missione nel Golfo. Lino non morire: sto per darti il nostro bambino, in "Oggi" a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp.110-112. 110 altri, come se ne discosterà in seguito nel modo di presentare l'evento.249 Con la guerra la maggior parte dei servizi riguardano, appunto, la pace e la possibilità di risolvere il conflitto con metodi diversi da quelli della violenza. Il numero successivo del giornale è del 30 gennaio 1991: Bellini e Cocciolone sono già stati presi prigionieri, ma sono protagonisti di un solo servizio e non di lunghi speciali e, anche in seguito, il giornale non penserà a loro come eroi.250 Quello che invece contraddistingue il numero di Famiglia Cristiana sono i servizi sulla pace e su chi, in piazza e in Parlamento ne sostiene le ragioni. Interessante è poi uno specchietto, in un articolo su Israele bombardato dai missili scud, sulla spettacolarizzazione del conflitto in cui si condanna la copertura televisiva della guerra.

La vicenda di Bellini e Cocciolone

I soldati italiani di stanza nel Golfo vengono intervistati, ma sarà con la vicenda Bellini e Cocciolone che diventeranno eroi popolari, ciò di cui l'Italia, in una situazione di incertezza politica, ha bisogno. La creazione della figura dell'eroe non è scontata: i due piloti del Tornado abbattuto stavano bombardando una città nemica in una guerra per il ripristino del diritto internazionale in un paese lontano da casa. Per le televisioni e la stampa popolare, che si distinguono per un approccio emozionale alla guerra, i due italiani sono dei valorosi che sono caduti nelle mani di un tiranno mentre stavano facendo il loro dovere. A titolo di curiosità possiamo notare che fu Cocciolone, più fotogenico di Bellini, il quale era chiamato affettuosamente dalla moglie “puffo”, a comparire nella maggior parte dei servizi dei periodici come "Oggi" e "Gente"; i settimanali parlano dei "due

249Alberto Bobbio, Il papa “proscrizione assoluta per la guerra”, in "Famiglia Cristiana ", a.XLVI 23 gennaio 1991 p. 31;Carlo Remeny, In attesa della scadenza del 15 gennaio il golfo ha vissuto, per la prima volta dopo oltre cinquant’anni le angosce e i cupi presentimenti della vigilia di un conflitto.Tra guerra e speranza, in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, pp. 36-39; Guglielmo Sasinini, Si sentono abbandonati da quelli che consideravano amici, traditi in nome della guerra contro Saddam. Qualcuno sta pensando di organizzare la resistenza. Cristiani in Libano un popolo in ostaggio, in "Famiglia Cristiana ", cit., a.XLVI. pp. 40-42 . 250Ersilio Tonini, Colloqui col padre: pace un grido inascoltato, in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, 30 gennaio 1991, p.5; Beppe Del Colle, La guerra non risolverà nessun problema,in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, 30 gennaio 1991, p. 23; Mario Casari, Non ci sarà vera pace senza la libertà di non morire di fame, in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, 30 gennaio 1991, p. 33; Guglielmo Sasinini, L’operazione “tempesta nel deserto” per la liberazione del Kuwait costringe il mondo a riflettere sulla pace. Il prezzo della guerra, in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, 30 gennaio1991, pp. 34-37; Carlo Cavicchioli, Israele sotto i missili di Saddam, in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp. 37-39 (all'interno dell articolo: Per la tv è soltanto spettacolo; Umberto Venturini, Anche l’America prega per la pace,in "Famiglia Cristiana", a. XLVI, 30 gennaio 1991, pp. 39-40. sulle chiese cattoliche e protestanti che hanno pregato insieme per la pace; Alberto Bobbio, Quella luce rossa, accesa per tutta la notte, ibidem, pp. 41- 42; la coscienza dell’onorevole, ibidem, p.42-43 sui democristiani, tra cui Castagnetti, che hanno votato in parlamento contro la guerra. 111 piloti del Tornado", e mettono quindi sullo stesso piano i due aviatori, che in realtà erano uno pilota e l'altro navigatore, ed avevano anche gradi diversi: maggiore Belllini, soltanto capitano Cocciolone. Quest'ultimo per un po' cercò di sfruttare la sua popolarità e vendette l'esclusiva del suo matrimonio a un giornale di gossip, secondo il "Corriere della Sera".251 In questo caso si ha la creazione dell'eroe che diventa anche una merce senza che l'aeronautica, poco preparata a gestire un evento del genere, riuscisse ad arginare il fenomeno. Bisogna rilevare che l'aeronautica non è stata dello stesso avviso della stampa popolare quando ha deciso di concedere al solo Bellini la medaglia d'argento al valor militare per l'impresa ciò forse perché Cocciolone è apparso in video con un messaggio dettatogli dai suoi carcerieri, mentre Bellini no. Le motivazioni dell'eroismo popolare, ovvero essere fotogenici e di bell'aspetto, non hanno coinciso con le motivazioni per la concessione di una medaglia da parte delle forze armate. "Famiglia Cristiana", nella settimana successiva continua con la sua linea editoriale: si parla della guerra, ma soprattutto del pacifismo e delle manifestazioni contro la guerra, e dell'opinione pubblica cattolica, divisa tra favorevoli e contrari. Il periodico, per bocca del suo editorialista Beppe del Colle, si schiera contro tutto ciò che i giornali come "Oggi" e "Gente" stanno facendo nella costruzione dell'opinione pubblica: in altre parole, contro la costruzione del nemico, riprendendo come esempio e modello di paragone le descrizioni che i francesi facevano dei tedeschi nella prima guerra mondiale252 Nello speciale vi sono le foto dei bombardamenti su Israele e, ritornando alla polemica sul commercio di armi, dettagliati servizi con schemi di funzionamento di alcune apparecchiature difensive (come bunker e falsi bersagli) che alcune ditte italiane hanno fornito all'Iraq. Vi è poi un'intervista ai nostri marinai impegnati al largo del Golfo Persico per impedire che gli iracheni violino l'embargo imposto dalla coalizione. Nell'articolo si nota come i soldati in guerra, lontani dal luogo delle operazioni, siano informati della guerra stessa attraverso la CNN: il mezzo televisivo diventa parte integrante non solo del modo con cui il pubblico a casa si rapporta alla guerra, ma anche di quello dei soldati, creando così una visione comune data dai media, condivisa anche dai partecipanti. Un film esemplificativo sulla prima guerra del Golfo è Jarhead di Sam Mendes del 2005, nel quale un gruppo di Marines si reca in guerra passando il tempo tra

251 http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=COCCIOLONE+Maurizio

252Beppe Del Colle, E’ doveroso riflettere sui rischi della guerra, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 06 febbraio 1991, p. 23. 112 addestramento e noia. Quando vengono impiegati in azione, percorrono un'autostrada disseminata di cadaveri di iracheni (l'autostrada 80, via di ritirata delle truppe irachene dal Kuwait) senza sparare un colpo. In sostanza, pur essendo truppe di prima linea (il protagonista è un cecchino), partecipano alla guerra da spettatori.

Quello che invece diventerà un terremoto politico e militare è un'intervista di Guglielmo Sasinini al contrammiraglio Mario Buracchia, comandante della squadra navale nel Golfo Persico, che si dichiara contrario alla guerra e ammette che questa si poteva evitare, magari inasprendo l'embargo e cercando con più forza una soluzione pacifica. L'intervista rilasciata a "Famiglia Cristiana" occupa solo una pagina e ottiene lo stesso spazio di altri servizi, ma questa provoca l'immediata destituzione del comandante per avere espresso opinioni politiche che non competevano al suo ruolo. Queste le parole del contrammiraglio:

Che tutto questo si sarebbe potuto forse evitare con un po' più di saggezza, con una migliore valutazione di quello a cui si sarebbe andati incontro. In sei mesi nel Golfo abbiamo vissuto tutta l' escalation: prima l' embargo, poi i tentativi di mediazione e alla fine lo scoppio delle ostilità. Secondo me si sarebbe dovuti arrivare ad una soluzione pacifica, chissà, se avessimo continuato l' embargo per

più tempo.253

Le valutazioni di "Gente" sono diverse: si assiste ancora di più alla costruzione del nemico e dell'eroe, condividendo in sostanza le ragioni americane della guerra, anche se è presente, come terzo personaggio, il papa che si batte per la pace. I settimanali di costume badano molto di più all'aspetto emozionale e quindi vi sono lunghi servizi su Cocciolone e Bellini e sui prigionieri di guerra, sugli antagonisti Bush e Saddam e sul Golfo Persico allagato dalla marea nera. Interessante notare che le immagini degli uccelli acquatici incatramati che commossero tutta l'opinione pubblica mondiale e

253Guglielmo Sasinini, Intervista al comandante della nostra spedizione navale. Tutto sommato questo si poteva evitare, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 06 febbraio1991, p. 40 Gli altri servizi sulla guerra sono lettere: I nostri lettori sul conflitto del Golfo, p. 12; Renzo Giacomelli, Alberto Bobbio, Guglielmo Nardocci, I continui appelli del Papa perché tornino a trionfare “la pace e la giustizia” hanno avuto una larga eco nel mondo cattolico, che si è mobilitato. I cristiani di fronte alla guerra, pp. 34-37 Nell'articolo vi sono due interviste: una allo storico Pietro Scoppola che sostiene il pacifismo, e una al ministro della difesa Rognoni, favorevole alla guerra; Carlo Remeny, Continuano gli attacchi terroristici dell’Irak sui civili, cresce rapidamente il numero delle vittime, ma nel paese, nonostante tutto, regna la calma. Israele vivere con gli scud, pp 42-45; Carlo Cavicchioli, Dalla disfatta dell’Impero Ottomano il Medioriente non ha nai conosciuto un vero e proprio periodo di quiete. Per colpa, soprattutto, di inglesi e francesi. La pace è possibile…, pp. 46-47. Nell'ultimo articolo molte colpe della situazione in Medio Oriente vengono addossate alla dominazione coloniale europea. 113 contribuirono all'immagine di Saddam come di un dittatore che per i suoi scopi ha dichiarato guerra anche alla natura. Le immagini, in realtà, si riferivano alla guerra Iran- Iraq negli anni '80 ed alcune erano semplicemente costruite, come notato da alcuni ornitologi, dato che i cormorani sostano nel Golfo solo in primavera-estate.254 La Guerra del Golfo fu la prima guerra dell'età contemporanea e la prima davanti a un pubblico televisivo mondiale che otteneva le stesse notizie dalla CNN, che si è occupata di filtrare e rendere pubblica solo quella parte conveniente allo scopo di presentare gli Usa, come lo stato che può ripristinare il diritto internazionale violato e agire secondo giustizia, in collaborazione con una coalizione finalmente sotto le insegne dell'Onu. Con l'eccezione di "Famiglia Cristiana", i settimanali presi in esame si sono adeguati, pubblicando traduzioni di periodici di costume americani e abbellendo la guerra degli uomini simbolo dell'impegno italiano come gli aviatori Cocciolone e Bellini.255 Come si nota dai servizi, non si rinuncia agli articoli di gossip con Lady Diana, all'epoca una delle donne che erano più in vista sulle copertine delle riviste patinate, che fa da madrina alle truppe inglesi. Il fatto che lo speciale si apra con Bellini e Cocciolone, diversamente da "Famiglia Cristiana", fa notare come questi personaggi siano importanti e che questo cambia la visione del soldato italiano come valoroso combattente. "Oggi" è schierato più a sinistra, ma la copertura della notizia non si discosta dal tono di "Gente": c'è un'intervista alla moglie di Bellini con il figlioletto, una a un professore di Saddam nella quale si spiega la determinazione di quest'ultimo a fare del male; ci sono però anche gli sforzi per la pace e una parziale condanna della guerra, anche se vengono riprese le foto dei cormorani imbrattati di petrolio, la copertina ritrae Cocciolone

254 http://www.repubblica.it/esteri/2011/05 febbraio foto/photoshop_e_altri_falsi_quando_l_immagine_taroccata-15674719/15/

255Andrea Biavardi, Parla la moglie del maggiore Gianmarco Bellini, l’aviatore italiano disperso nella guerra all’Irak. Il mio bambino mi dice sempre: “Mammina, andiamo nel golfo a riprendere papà , in "Gente", a. XXXIV, 14 febbraio1991, pp. 4-5; Tony Clifton, Tom Mathews, John McCormick, Andrew Murr e Douglas Waller, Il mondo in ansia per Maurizio Cocciolone e per gli altri prigionieri alleati. Erano falchi del cielo ma li hanno fatti sentire formiche, in "Gente", a. XXXIV, 14 febbraio 1991, pp. 6- 8; Mimmo Pacifici, Paolo Scarano, Ecco le straordinarie testimonianze di due militari italiani rientrati dall’Irak “Sì, noi abbiamo visto l’inferno scendere dal cielo di Baghdad”, in "Gente", a. XXXIV, 14 febbraio 1991, pp. 8-10; Sharon Begley, Mary Hager, Melinda Liu, C.S. Manegold e Douglas Waller , Perché gli iracheni hanno inquinato con il petrolio le acque del golfo Persico. Per impedire lo sbarco Saddam ha dichiarato guerra alla natura, da "Newsweek", in "Gente", a. XXXIV, 14 febbraio 1991, pp. 11-12; Paolo Salom, Ecco come le maschere antigas difendono dale armi chimiche, in "Gente", a. XXXIV, 14 febbraio 1991, pp.12-13; Renzo Allegri, Il papa non soltanto vorrebbe andare a Baghdad ma ha anche avviato una intensa attività diplomatica. Senza armi, solo con la sua disperazione combatte ogni giorno per portare la pace, in "Gente", a. XXXIV, 14 febbraio1991, pp.14-16; George Bush: “vinceremo noi”, p.16 contrapposto a Saddam Hussein: “Dio ci aiuta”. p.17; Massimo Borgnis Paolo Salom e Luciano Verre, Fatti aneddoti e curiosità da tutto il mondo sul conflitto del golfo Persico E’ lady Diana la “mascotte” dei valorosi “topi del deserto” della Regina, a. XXXIV, 14 febbraio1991, p. 18 114 tumefatto e, in un'altra foto, accanto alla fidanzata.256 "Oggi" raccoglie le memorie di Cocciolone, mentre Bellini viene confinato nelle pagine interne in un sottotitolo: Ansia anche per Bellini. Nel numero successivo, la copertina ritrae Al Bano e Romina Power, ma all'interno è presente uno speciale sulla guerra, con un'intervista ad Achille Occhetto, segretario del principale partito di opposizione, dove si spiegano le ragioni del pacifismo del neonato PDS. Vi sono poi le lettere dei soldati, ma nessun servizio su Bellini e Cocciolone.257 Ciò che è interessante rispetto a "Gente" è la copertura data alla vicenda dell'ammiraglio Buracchia. "Oggi" dedica ben due brevi pezzi alla vicenda: uno specchietto neutro in cui si spiegano le sue dimissioni, e un articolo di Barbato dove ci si chiede se sia lecito allontanare un militare solo perché ha espresso la sua opinione, senza che questo sia andato a ledere le sue capacità operative. Tra i vari contributi ve ne è uno di Giuliano Ferrara che chiede polemicamente: “a che servono tre tg per dire una cosa sola?”. "Oggi" quindi, nonostante rientri nei modi con i quali la stampa popolare (e non) dà la notizia, cerca in questo caso di discostarsi dal semplice settimanale di costume e, per mezzo di alcuni suoi opinionisti di rilievo, propone alcune riflessioni sul ruolo dei media e sul pensiero unico.258 "Gente", invece, oltre ad appoggiare le ragioni della guerra nell'editoriale di Cervi e a rendere noti alcuni fatti di costume, continua con il dramma dei piloti prigionieri (in

256 copertina: è una sporca guerra, La copertina mostra la foto di Cocciolone tumefatto e quelle di lui con la fidanzata, in “Oggi”, a. XLVI, 6 febbraio1991, p.1. Operazione Golfo: Enrico Pugnaletto, Il nostro inviato nel Golfo Persico ha raccolto le confessioni e le amarezze degli aviatori italiani. Stiamo rischiando la vita ma ci sentiamo dimenticati, in "Oggi", a. XLVI, 06 febbraio 1991, pp. 10-14 con continuazione a pag 121; Gabriella Montali, L’ansia e il tormento della fidanzata di Cocciolone. Maurizio, dolce amore, cosa ti hanno fatto?, in "Oggi", a. XLVI, 06 febbraio1991, pp. 15-19 poi pag.121; Anna Checchi, Entriamo in casa di una famiglia israeliana che ci racconta come affronta la guerra giorno per giorno. Convivere con la paura è la nostra vera forza , in "Oggi", a. XLVI, 06 febbraio1991, pp 20-27; Mario Conti Aldo Padellani, Con computer, laser e missili ad alta precisione, nel Golfo si combatte in uno scenario da fantascienza. Ecco le armi: intelligenti o cretine tutte uccidono, in "Oggi", a. XLVI, 06 febbraio1991, pp.31-35; Duilio Tasselli, Il professore di Hussein, rifugiatosi in Italia, parla del leader che ha avuto come allievo all’Università. Saddam preferirà morire, piuttosto che arrendersi, in "Oggi", a. XLVI, 06 febbraio1991, pp.36-43. 257Francesco Palladino, Achille Occhetto, segretario del neonato PDS, ribadisce l’impegno pacifista del suo partito chiedendo la tregua. Ora mettiamocela tutta per far cessare il fuoco, in "Oggi", a. XLVI, 13 febbraio1991, pp. 10-15; Pino Aprile, Ecco come gli iracheni vivono il tragico conflitto. Così Saddam inganna il suo popolo affamato, in "Oggi", a. XLVI, 13 febbraio1991, pp. 17-22; Enrico Pugnaletto, Le toccanti lettere che i soldati italiani hanno spedito dal deserto alle loro famiglie. Tesoro caro, ho nostalgia dei nostri litigi, in "Oggi", a. XLVI, 13 febbraio 1991, pp. 22-24; all'interno, specchietto: L'ammiraglio nei guai sull'intervista a "Famiglia Cristiana" di Buracchia; Anna Cecchi, (Foto S. Bergamaschi), A colloquio con la prima vedova di guerra Mi ha ucciso il marito, ma io non voglio vendetta, in "Oggi", a. XLVI, 13 febbraio 1991, pp. 25-27. 258Giuliano Ferrara, A che servono tre tg per dire le stesse cose?, in "Oggi", a. XLVI, 20 febbraio 1991, p. 9; e Andrea Barbato: Ma che democrazia è se un ammiraglio non può più parlare? in "Oggi", a. XLVI, 20 febbraio 1991, p. 10. 115 questo caso la moglie di Bellini che rende nota una lettera del marito).259 La guerra, come noto, continuò fino al 28 febbraio, quando, ripristinata la situazione precedente al conflitto e liberato il Kuwait, le truppe della coalizione si ritirarono dal territorio iracheno lasciando Saddam Hussein a fronteggiare rivolte etniche e religiose. Con la fine della guerra si fanno i bilanci della vicenda, e quello di "Famiglia Cristiana" è certamente negativo: la guerra si poteva evitare, ci saranno ripercussioni soprattutto per il popolo iracheno e alla fine l'impegno bellico ha fatto sì che negli Usa gli obiettori di coscienza avessero subito processi, e che la guerra fosse pagata dai più poveri (come gli afroamericani, che hanno tra i soldati una precentuale più alta rispetto alla popolazione).260 Nel numero successivo, quando le operazioni sono ufficialmente concluse, non vi è l'entusiasmo degli altri giornali: Cocciolone e Bellini sono scomparsi o relegati in qualche foto a margine delle didascalie e si parla ancora della guerra come evitabile.261 In sostanza vi è una frattura tra la Dc che ha votato l'intervento, e una parte del mondo cattolico, Famiglia Cristiana in testa, che non l'ha approvato o almeno ha espresso forti

259Andrea Biavardi, Un documento commovente: l’ultima lettera che il maggiore Bellini ha scritto alla moglie dal Golfo. Prima di andare incontro al suo destino mi scrisse: “non posso vivere senza te”, in "Gente", a. XXXIV, 21 febbraio 1991, pp. 4-7; Dino Cimagalli, Il sottosegretario alla difesa risponde alle centinaia di lettere che riceve Dica, onorevole: sono una donna, posso andare in guerra?, in "Gente", a. XXXIV, 21 febbraio 1991 , pp. 8-12; Ivan Lantos, Dopo la strage di Baghdad si arroventa la polemica per gli aerei cisterna alla Malpensa. Questa settimana la guerra del golfo è arrivata alle porte di Milano, in "Gente", a. XXXIV, 21 febbraio 1991, p.13; Mario Cervi, L’Italia in prima linea: c’è pericolo? È giusto?, in "Gente", a. XXXIV, 21 febbraio 1991, p.14. 260Severino Dianich, Risponde il teologo. La guerra una barbarie indegna dell’umanità, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 20 febbraio 1991, p. 15; Un soldato americano su quattro nel Golfo è di colore, una percentuale doppia rispetto a quella della popolazione. Perché si arruolano? Una guerra “nera”, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 20 febbraio 1991, pp. 38-39; Nonostante la guerra, le aziende produttrici di armi sono in crisi. I primi a essere messi in cassa integrazione sono gli “obiettori professionali”, Il prezzo della pace, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 20 febbraio 1991 pp. 40-41; Fulvio Scaglione, Nei campi profughi al confine con l’Irak, tra migliaia di persone che hanno dovuto abbandonare ogni cosa fronte alla violenza della guerra. Fuga da Baghdad, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 20 febbraio 1991, pp. 42-46; Fulvio Scaglione, Uniti nel nome dell’Islam, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 20 febbraio 1991 , pp. 46-47. L'ultimo articolo è un'intervista di al capo dei fratelli musulmani in Giordania. Yudit Yiftach, La drammatica testimonianza di una mamma israeliana: come si vive sotto la continua minaccia degli Scud, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 20 febbraio 1991, pp. 48-49 (si tratta di una lettera di una cittadina israeliana). 261 Beppe Del Colle, Il tragico copione di una guerra voluta, in "Famiglia Cristiana", a.LX, 06 marzo 1991, p. 21; Vincenzo Maddaloni, I retroscena dello sforzo di Gorbaciov per far cessare le operazioni militari nel Golfo. La pace difficile, in "Famiglia Cristiana", a.LX, 06 marzo 1991, pp. 34-37; Renzo Giacomelli, La guerra non risolve, in "Famiglia Cristiana", a.LX, 06 marzo 1991, pp. 36-37 intervista al segretario della sezione pace e giustizia della Cei; Umberto Venturini, Migliaia di bambini negli stati Uniti sono affidati ai nonni, ai parenti o agli amici in attesa che i genitori, arruolati nell’esercito inviato nel Golfo, tornino a casa. “la mamma è in guerra”, in "Famiglia Cristiana", a.LX, 06 marzo 1991, pp. 38-40; Carlo Cavicchioli, Analizziamo come i quotidiani del nostro paese riferiscono le notizie dal Medio Oriente. Sulla crisi del Golfo una marea di inchiostro, in "Famiglia Cristiana", a.LX, 06 marzo 1991, pp. 42-44; Giancarlo Galli, L’economia mondiale dopo la guerra è destinata a profondi cambiamenti. Vacilla l’Europa comunitaria, Germania e Giappone diventano più aggressivi. E l’Italia? Nulla sarà come prima, in "Famiglia Cristiana", a.LX, 06 marzo 1991, pp. 46-47. 116 perplessità.262 In seguito, però, si descrive, con lo stile classico del soldato italiano bravo a fare la guerra, ma soprattutto la pace, la missione "Airone", che ha visto un migliaio di soldati italiani impegnati nel Kurdistan tra Turchia e Iraq, in seguito alle tensioni esplose nella regione dopo la guerra.263 "Gente" e "Oggi", invece, si adattano di più alla presentazione televisiva della notizia (comprese le trasmissioni "leggere"), fanno servizi a puntate con le memorie di Bellini e Cocciolone, e per il mese successivo alla guerra ne fanno degli eroi. I servizi riguardano per la maggior parte le memorie e le interviste dei due o dei familiari, anche se ve ne sono alcuni sulla situazione in Medio Oriente dopo la guerra. Interessante è però che i due settimanali usino la parola patria in relazione alla guerra e al comportamento dei soldati e dei prigionieri italiani. Per problemi relativi alla costruzione dell'identità repubblicana la parola patria è stata infatti associata con il regime fascista e i danni che esso ha provocato. L'impegno in una missione internazionale sembra tirarla fuori e anticipare uno dei cardini del settennato Ciampi, ovvero il tentativo di restituire un'identità agli italiani anche attraverso un nuovo concetto di patria, di cui le missioni internazionali sono parte integrante.264 Dei piloti tornati a casa si dice che l'Italia li ama e la “patria li riabbraccia con affetto” in "Gente", e Montanelli titola una sua stanza di inizio marzo: Evviva: fra i clamori di guerra si risente la parola patria. Da notare che qui il concetto di patria e patrioti è applicato anche agli aderenti a Gladio, la cui esistenza viene resa nota in quel periodo.

La guerra del Golfo, più della missione in Libano, contribuisce quindi a far sì che si crei una nuova immagine del soldato italiano, sia per il notevole spazio che viene dato all'evento dalla stampa di costume, sia per la creazione di due eroi nelle persone dei piloti prigionieri. Le memorie a puntate occupano un posto importante dopo la guerra del Golfo, mentre l'unico morto della guerra, il marinaio Cosimo Carlino, ucciso da estremisti islamici durante una libera uscita a Dubai ebbe solo un servizio da "Oggi" e uno da "Famiglia

262 Roberto Zicchitella, La Dc si spiega con i Cattolici, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 20 marzo 1991, pp. 39-40 e In disaccordo sulle accoglienze. In "Famiglia Cristiana", a. LX, 10 aprile 1991 p. 12 lettere dei lettori sull'accoglienza in patria a Bellini e Cocciolone 263Guglielmo Sasinini, I nostri inviati con i soldati italiani in missione in Kurdistan. Operazione Airone, in “Famiglia Cristiana”, a. LX, 29 maggio 1991, pp. 48-52. 264Indro Montanelli, Evviva: fra i clamori di guerra si risente la parola patria, in "Oggi", a. XLVI, 06 marzo 1991, p. 5 e dalle loro città e dalle loro case la cronaca dei giorni di attesa e dei giorni di festa e Renzo Allegri, Cocciolone e Bellini finalmente sono liberi: adesso tutta l’Italia li ama, in "Gente", a. XXXIV, 21 marzo 1991, p.4. 117 Cristiana".265 L'unico morto italiano, quindi, diventa molto meno importante dei prigionieri, forse perché le circostanze della sua uccisione sono avvenute durante una libera uscita in quello che, all'inizio, è sembrato un triste caso. Nel mese successivo alla guerra, invece, "Oggi "e "Gente" propongono speciali sulle memorie a puntate di Cocciolone e Bellini e al rientro contribuiscono a creare la loro immagine come quella di eroi Quando ancora sono prigionieri, il direttore di "Gente", Sandro Mayer, intervista a "Domenica In", una delle trasmissioni più seguite del palinsesto, la moglie di Gianmarco Bellini e ne ripropone il testo dell'intervista, con qualche foto della stessa, nel numero successivo della rivista.266 Con la fine di marzo e il ritorno a casa dei prigionieri, i due reduci sono disputati da giornali e televisioni e "Oggi" e "Gente" non fanno eccezione, tutti e due per vari numeri pubblicano le memorie della prigionia. A titolo di curiosità, sono da segnalare alcuni giornalisti che hanno intervistato i due piloti: "Gente" pubblica l'intervista a puntate ai due di Emilio Fede, e "Oggi" fa intervistare Cocciolone da Sergio De Gregorio, in seguito noto alle cronache giudiziarie per l'inchiesta sulla compravendita dei senatori del centro sinistra da parte di Berlusconi.267 In "Oggi" le memorie occupano vari giorni, fino a che l'interesse per la guerra si spegne: si parla delle condizioni nel carcere, delle percosse subite ad opera degli iracheni e di come Bellini, prima agnostico, avesse iniziato a pregare e a ritrovare la fede in Dio durante la prigionia. Il settimanale, pubblica poi anche un'intervista alla soldatessa Melissa Rathbun Nealy, prima donna soldato americana ad essere stata catturata in combattimento.268

265 Barbara Carazzolo, La breve vita di un ragazzo del Sud assassinato a Dubai, a pochi giorni dal rientro in Italia. Cosimo, l’ultima telefonata, in "Famiglia Cristiana", a. LX, 27 febbraio 1991, pp. 38-39; Crisostomo lo Presti, La toccante testimonianza del giovane marinaio assassinato in Arabia Saudita quando stava per rimpatriare. L’hanno ucciso mentre mi diceva “mamma ritorno”, in "Oggi", a.XLVI, 06 marzo 1991, pp 18-21. 266Massimo Borgnis, Pubblichiamo il testo della commovente intervista televisiva con Fiammetta Bellini. Gianmarco mi ha detto:”partirò per il golfo lunedì, domenica voglio sposarti” , in "Gente", a. XXXIV, 07 marzo 1991, pp.8-12

267Emilio Fede, Le memorie di Cocciolone e Bellini raccolte da Emilio Fede, direttore di studio Aperto, in "Gente", a. XXXIV, 28 marzo 1991, pp. 4-16; Emilio Fede ha raccolto in esclusiva per voi le avventurose memorie di Maurizio Cocciolone, pp. 4-10; Emilio Fede ha raccolto in esclusiva per voi le drammatiche memorie di Gianmarco Bellini pp.11-16 e Sergio De Gregorio, Maurizio Cocciolone ha raccontato i giorni drammatici della prigionia in Irak alla mamma e alla fidanzata. E’ stato terribile, siamo stati pestati e torturati, in "Oggi ", a. XLVI, 20 marzo 1991, pp. 18-21.

268Francesco Palladino, Enrico Pugnaletto, I piloti dei nostri Tornado rievocano 42 giorni 3 notti di fuoco, tra rischi e sentimenti di umana solidarietà Bombardavamo l’Irak ma avevamo pietà dei nemici, in "Oggi", a. XLVI, 20 marzo 1991, pp.12-13; Gabriella Montali, La gioia della signora Bellini dopo la 118 Nello stesso numero vengono quindi raccontate le memorie raccolte dai protagonisti, dense di avvenimenti avventurosi e emozionali, contribuendo a creare l'immagine del soldato buono, che bombarda avendo pietà dei nemici e rimane solido persino tra le torture e le percosse. L'immagine che della vicenda dà "Gente" non si discosta da quella di "Oggi": cercano di dare anche informazioni sugli aspetti politici e diplomatici, ma la parte fondamentale sono le memorie. "Gente" si sofferma sulle memorie raccolte da Emilio Fede e offre alcuni articoli sulla situazione in Iraq dopo la guerra, ma non vi sono pezzi su Melissa Rathbun Nealy.269 Per concludere, la guerra del Golfo segna un passo importante nella costruzione dell'immagine del militare: dopo il Libano non vi sono più state missioni di pace importanti che hanno interessato in maniera diffusa l'opinione pubblica e il modo di vedere l'esercito era ritornato quello consueto dei soldati di leva, della burocrazia per ottenere esenzioni e della tranquilla routine militare. Con il Golfo si ha un nemico chiaro (aspetto mancato nel Libano dove, nel contesto della guerra civile, era difficile distinguere tra buoni e cattivi) e una guerra che viene liberazione del marito. E adesso caro “puffo” faremo la luna di miele, in "Oggi", a. XLVI, 20 marzo 1991, pp.14-17; Sergio De Gregorio, Maurizio Cocciolone ha raccontato i giorni drammatici della prigionia in Irak alla mamma e alla fidanzata. E’ stato terribile, siamo stati pestati e torturati, cit; Gino Guillace Raugei, Il Racconto di Melissa, appena rilasciata, ai genitori. Papà stai tranquillo, mi hanno trattata bene, in "Oggi", a. XLVI, 20 marzo 1991 pp. 22-24. Andrea Biavardi ,Cesare Carassiti, In esclusiva mondiale a puntate il diario dei due piloti italiani che sono stati i prigionieri di Saddam Hussein. Trattati da bestie per sei settimane, in "Oggi", a. XLVI, 27 marzo 1991, pp. 12-22; Francesco Palladino, Dopo la guerra del Golfo il ministro degli esteri spiega il nuovo ruolo del nostro paese nella politica mondiale. Così l’Italia porterà la pace nel Mediterraneo, in "Oggi", a. XLVI, 27 marzo 1991 Pp.12-15 continuazione p136. Lunga intervista al ministro degli esteri Gianni de Michelis in cui si parla anche della situazione esplosiva in URSS, con il ministro che esprime riserve su Eltsin, all'epoca molto amato dalle cancellerie e anche dalla stampa occidentale; Gianmarco Bellini e Andrea Biavardi, I piloti Bellini e Cocciolone raccontano in prima persona i particolari dei loro drammatici giorni di prigionia in Irak. Per non diventare pazzo ho parlato con un ragno, in "Oggi", a. XLVI, 27 marzo 1991, pp.38-44; Maurizio Cocciolone Cesare Carassiti, Gianmarco Bellini, Bellini e Cocciolone, in esclusiva per “Oggi”, continuano il racconto della loro prigionia in Irak. Gridavano ti uccidiamo Sì, ho invocato la morte, in "Oggi", a. XLVI, 27 marzo 1991 pp.44-49; A. Biavardi e C. Carassiti, I piloti Bellini e Cocciolone concludono il drammatico racconto della loro prigionia nelle mani di Saddam. La liberazione? Un incubo? Le bugie mi hanno salvato, in "Oggi", a. XLVI, 27 marzo 1991 pp. 46-54 269Cocciolone e Bellini: il ritorno a casa, copertina di "Gente", a. XXXIV, 21 marzo 1991, p.1; Renzo Allegri, Dalle loro città e dalle loro case la cronaca dei giorni di attesa e dei giorni di festa. Cocciolone e Bellini finalmente sono liberi: adesso tutta l’Italia li ama, in "Gente", a. XXXIV, 21 marzo 1991, pp.4- 12; Mario Cervi, Adesso dal golfo un po’ di ossigeno per nostra economia, in "Gente", a. XXXIV, 21 marzo 1991, p.14; Jeffrey Bartholet, Margaret Garrard, Charles Lane, Melinda Liu, Rod Nordland, Douglas Waller, Mark Whitaker, Dopo la fine della guerra le diplomazie stanno preparando il futuro assetto del golfo Persico. Ecco come gli americani vogliono costruire un nuovo ordine in medio oriente, traduzione da "Newsweek", in "Gente", a. XXXIV, 21 marzo 1991, pp. 10-14. Le memorie di Cocciolone e Bellini raccolte da Emilio Fede, direttore di studio Aperto, in "Gente", a. XXXIV, 08 marzo 1991; diviso in: M. Cocciolone, E. Fede, La mia prigione in Irak era buia, fredda, piccola e dormivo per terra, pp.4-11; In prigione prima pregavo per paura, poi ho ritrovato le fede in Dio, pp.10-16; Massimo Borgnis, Amnesty internazionale ha raccolto in un “dossier” tutte le atrocità commesse dagli iracheni in Kuwait. Così i soldati di Saddam Hussein hanno torturato e stuprato un’intera nazione, in "Gente", a. XXXIV, 08 marzo 1991 pp16-20 119 combattuta per una causa giusta. È interessante notare però come "Famiglia Cristiana", che ha fatto propria l'opinione della Chiesa cattolica sull'argomento esprima perplessità sulla guerra e che non si uniformi al coro dei telegiornali e dei settimanali popolari, e che "Gente", che pure condivide le ragioni della guerra, esalti il papa come mediatore di pace.

La vicenda più importante in "Oggi" e "Gente" è rappresentata da Cocciolone e Bellini che divengono due eroi, nonostante vi sia un caduto nella missione, il marinaio Cosimo Carlino, che, invece, riceve poca attenzione. Con la guerra del Golfo l'immagine dei militari fa un salto di qualità e quindi il ritratto del soldato italiano, già abbozzato in Libano, si fa più definito. Dal 1992 in poi, con la dissoluzione dell'URSS, la comunità internazionale è legittimata ad intervenire in vari contesti internazionali e l'esercito italiano, sempre più composto da professionisti, partecipa alle missioni, suscitando l'interesse dei media e anche dei giornali popolari.

Somalia

La missione militare in Somalia inizia il 4 dicembre 1992, in quel breve intermezzo di fine secolo di grande fiducia nelle organizzazioni internazionali seguito alla guerra fredda, quando la fine dell’equilibrio del terrore aveva ridato speranza a soluzioni dei conflitti globali che non fossero dettati solo dagli interessi geopolitica delle superpotenze. Il successo della guerra del Golfo aveva contribuito a far nascere la certezza che, da quel momento, qualsiasi conflitto sarebbe stato risolto in modo multilaterale ed in seno all'ONU. Unsom-II, però, segnò anche il primo scacco di questa strategia, infatti nel 1994 la comunità internazionale si ritirò lasciando un paese allo sbando, divenuto in seguito un campo di addestramento per il terrorismo globale. La Somalia aveva raggiunto l’indipendenza nel 1960 dopo un periodo di dieci anni di amministrazione fiduciaria affidata in parte all’Italia, in parte all’Inghilterra; la costituzione democratica sul modello di quella italiana era, però, inadatta ad un popolo frazionato in clan che concepiva di più l'appartenenza al clan stesso che non quella alla nazione. Nel 1991 dopo la caduta del dittatore Siad Barre, che aveva governato il paese dal 1969, si arrivò alla guerra civile tra il presidente provvisorio Ali Mahdi ed il capo militare Farah Aidid.

120 Aidid divenne uno dei principali oppositori di Siad Barre, dopo essere stato un membro influente del suo esercito, e guidò la rivolta con la collaborazione di Ali Mahdi e il sostegno occidentale. I due collaborarono fino a quando Aidid, le cui truppe erano state determinanti nella caduta di Barre, si vide scavalcato da Ali Mahdi nella presidenza del governo provvisorio. Da allora Aidid decise di dichiarare guerra ad Ali Mahdi e il paese è imploso nella guerra tra fazioni. Mogadiscio era divisa in due dalla "linea verde" ai lati della quale stavano i quartieri controllati dai due signori della guerra e questi si contendevano gli aiuti Onu, paralizzandone la distribuzione ed aggiungendo alla guerra civile l'emergenza umanitaria. La situazione nel paese alla fine del 1992 era quindi insostenibile: i combattimenti avevano paralizzato la già povera vita economica del paese e l'emergenza umanitaria minacciava di fare migliaia di vittime a causa della denutrizione. La comunità internazionale decise quindi di intervenire per assicurare sostegno alle popolazioni somale e con la risoluzione 794 del C.S. fu deciso di utilizzare tutti i mezzi necessari, inclusa la forza militare per garantire l’invio di aiuti in Somalia. Il giorno dopo il presidente U.S.A. George Bush Sr. annunciò l’intenzione di dispiegare in Somalia 28.000 soldati; in seguito altri paesi O.N.U. annunciarono l’intenzione di voler impiegare in Somalia un totale di 10.000 soldati. La missione iniziava dunque sotto i migliori auspici: uno dei paesi i più poveri del mondo veniva aiutato dalla comunità internazionale nel suo complesso e le fazioni in lotta si trovavano di fronte ad una coalizione che avrebbe spaventato avversari ben più temibili. Tra l'otto ed il nove di dicembre del 1992 i Marines sbarcano in Somalia senza alcun incidente, e con loro stupore trovarono sulla banchina i giornalisti ad attenderli, in un clima quasi grottesco: i militari con truci pitture mimetiche sul volto erano fotografati dai giornalisti, già presenti in loco. A Bush subentrò, poi, Clinton, che voleva disfarsi al più presto della patata bollente ereditata dal suo predecessore, e maturò il proposito ridurre il numero di uomini in Somalia, mentre i compiti della missione Restore Hope erano aumentati: oltre a sovrintendere alla distribuzione degli aiuti, assicurare anche il disarmo delle fazioni. Anche se gli accordi prevedevano il disarmo, i capi delle milizie non erano disposti a cedere, e quando i caschi blu pakistani cercarono di distruggere alcuni depositi di armi di Aidid vennero dispersi con pesanti perdite: 24 morti, 50 feriti e 12 dispersi. I danni sarebbero potuti essere anche peggiori se non fosse intervenuto in loro difesa un reparto corazzato italiano. Da allora la missione Unsom-2, che era succeduta a Restore Hope ( la missione a guida americana incaricata di distribuire gli aiuti), si trasformò in un inferno per i militari del contingente multinazionale e le fazioni somale ripresero a

121 combattere lungo la linea verde (la linea che tagliava in due Mogadiscio tra i seguaci di Ali Mahdi e quelli di Aidid). I soldati dell'ONU vivevano in condizioni di stress, esposti al continuo pericolo di imboscate e una missione di pace si era trasformata in una guerra. Così il 31 marzo 1994 gli ultimi reparti americani ed italiani abbandonarono la Somalia, lasciando nel paese solo i contingenti di nazioni del terzo mondo, che si ritirarono anch’essi nel 1995, abbandonando definitivamente il paese al suo destino. Le truppe italiane operarono nell'ambito dell'operazione Ibis in collaborazione con le forze multinazionali, accolte dai somali con una certa diffidenza a causa del passato coloniale e dell'appoggio dato alla dittatura di Siad Barre, che era stata ben rifornita dai fondi per la cooperazione e lo sviluppo elargiti dal partito socialista.270 Le forze italiane ammontavano a circa 2300 uomini, 3200 se si aggiungevano quelli sulle navi a largo della costa, ed erano seconde solo a quelle statunitensi. Il contingente era più numeroso di quello impiegato per controllare l'ex Somalia italiana nel 1950 e gli era assegnato solo il compito controllare solo il medio Scebeli e una parte di Mogadiscio.271 All'inizio, quando la missione procedeva bene, gli italiani registrarono alcuni successi nella confisca delle armi ad alcune fazioni; in seguito, quando le tribù in guerra non accettarono più la tutela dell’O.N.U., si ebbero morti e feriti. Le fazioni in lotta, e soprattutto Aidid, volevano che l'O.N.U. non ledesse in alcun modo il loro potere per potersi così spartire così il paese; cercarono perciò, con una guerriglia feroce, di creare una situazione insostenibile per le truppe della coalizione. Gli Usa, intanto inaugurarono una caccia all'uomo contro Aidid che si concluse con un insuccesso ed esacerbò gli animi dei Somali. Il 2 luglio 1993 al check point “Pasta” avvenne l'incidente più grave della missione: in una scontro tra italiani, forze di polizia somale fedeli alla coalizione, e miliziani di Aidid ci furono tre morti italiani ed un rovescio militare con cui vennero persi tre posti di blocco, tra cui uno, quello del pastificio, di importanza cruciale. Il 9 luglio il check point veniva riottenuto per via diplomatica tra la disapprovazione degli americani e dei turchi (che comandavano la missione) che volevano una riconquista manu militari. A settembre i dissidi con il comando erano così forti che gli italiani preferirono allontanarsi da Mogadiscio in posizione defilata. La missione Restore Hope e poi UNSOM-2 iniziò con grandi speranze per la comunità internazionale e per i militari italiani, ma poi si trasformò in un teatro di guerriglia urbana in cui i contingenti erano sottoposti a fortissima pressione; non è un caso che

270Cfr Angelo Del Boca .(a cura di), Somalia e Italia una sconfitta dell'intelligenza in L'Africa nella coscienza degli italiani, Laterza, Roma-Bari, 1992. Secondo Del Boca si trattò di aiuti complessivi per 1.500 miliardi. 271Angelo Del Boca, L'Italia per la terza volta in Somalia, in "Studi Piacentini", a. XVI, n° 32, 2003. 122 non solo il contingente italiano, ma anche quelli belga, francese, americano, canadese siano stati posti sotto inchiesta per il trattamento dei prigionieri. La guerra civile somala aveva le peculiarità delle guerre civili africane nelle quali, oltre al surplus di violenza che si crea in ogni guerra civile per il terrore del nemico interno ed inafferrabile, vi era anche il problema alimentare. In un contesto come quello dell'Africa postcoloniale la guerra civile è connessa con il problema alimentare: le fazioni in lotta fanno a gara per controllare le scarse risorse alimentari e gli aiuti umanitari. Come scrive significativamente Alessandro Triulzi:

La manipolazione sul cibo e sui suoi produttori, è ciò che propriamente caratterizza la conflittualità in Africa nell'età contemporanea e le conferisce il carattere di guerra civile, anzi di guerra ai civili [...] La violenza sulle società rurali dell'Africa sottoposte in periodo coloniale a varie forme di costrizioni di carattere produttivo trova qui una sua sostanziale continuità, aggravata tuttavia dalla vasta crisi ecoambientale che ha colpito la zona saheliana e australe del continente negli ultimi venti anni. E' questa crisi, e la sua manipolazione, che ha reso i conflitti armati in Africa sempre più guerre ai civili e “la guerra al tempo della fame” non può che essere guerra attraverso la fame, come mostrano le

analisi più disincantate di questi conflitti.272

Alcune foto che documentavano abusi in Somalia diffuse nel 1993 dai settimanali “Epoca” e “Sette” e possono essere comprese nel contesto sopradescritto della guerra attraverso la fame.273 In queste foto si vedono dei somali incaprettati e dei militari italiani che bastonano persone (anche bambini) in coda per una distribuzione di aiuti. Le foto di "Sette" mostrano una distribuzione di aiuti in cui i militari italiani mantengono l'ordine con dei bastoni: anche se l'emergenza umanitaria era già passata quando furono scattate le foto, la popolazione faceva a gara per ripresentarsi più volte alle distribuzioni di aiuti, passare avanti, spintonarsi rischiando di finire nel filo spinato messo lì per disciplinare la coda. In effetti queste distribuzioni, che si svolgevano nel contesto evocato da Triulzi, erano dette "Odissee dai militari", perché questi ultimi dovevano mantenere l'ordine ed assicurare ad una popolazione affamata l'aiuto richiesto; questi episodi possono essere ricompresi tra gli abusi, anche perché la missione UNSOM-2, che non era di guerra, era regolata dal codice militare di pace, il quale prevedeva due anni di carcere per chi “Senza necessità o senza giustificato motivo, per

272Alessandro Triulzi, fame e guerra in Africa, in Gabriele Ranzato (a cura di), Guerre fratricide. Le guerre civili in età contemporanea, Bollati Boringhieri, Torino 1994. 273Cfr. "Epoca", a. XLIII, 19 giugno1993; "Sette" supplemento al "Corriere della Sera", a.VI, 24 giugno 1993. 123 cause non estranee alla guerra usa violenza contro privati nemici”274. Il ricorso al saccheggio ed all'accaparramento anche violento degli aiuti, aveva determinato questo panorama, sempre secondo Triulzi:

Così a Mogadiscio, la Beirut dell'Africa, finisce per essere “normale” andare a fare la spesa con un kalasnikov a tracolla e una generale “ubriacatura del saccheggio” pervade la società somala ripristinando la regola di fondo dei tempi di crisi: “Si mangia ciò che si trova”. Il risultato non è solo una città allo sbando ma qualcosa di più profondo e più abnorme, “un paese devastato tanto dai suoi civili che dai suoi militari” [...] Perché tra fame e dittatura, tra oppressione politica e penuria di risorse, le popolazioni originarie di queste regioni in armi hanno imparato una sola e

semplice lezione “che si vive meglio con un fucile accanto che senza”275

Questi sono, a grandi linee, il contesto, le finalità e le operazioni delle missioni Restore Hope e UNSOM-2: i nostri militari si trovarono ad operare in una missione regolata dal codice militare di pace in un contesto di guerra senza quartiere in cui non era facile distinguere gli amici dai nemici, ed è qui che maturarono le condizioni per le violenze poi documentate da "Panorama", che vennero poi a costituire lo scandalo Somalia del 1997.

Nonostante i problemi nella seconda parte della missione e le violenze documentate con le foto, rese pubbliche nel 1997, la missione, almeno all'inizio, però era iniziata con il favore dell'opinione pubblica, ben preparata dai media mondiali: prima della missione reti televisive come la CNN mandavano in onda nei notiziari immagini di bambini affamati e questo fece decidere il governo americano per un intervento che poteva avere ripercussioni positive sul consenso elettorale. Nella missione in Somalia i nostri militari ebbero il contingente più numeroso dopo quello americano, e le frizioni con il comando USA furono ben presto forti e difficilmente sanabili, tanto che, come detto, ad un certo punto della missione gli italiani abbandonarono Mogadiscio stabilendosi fuori dai confini cittadini. In quel periodo anche il papa arrivò a teorizzare, per l'ex Jugoslavia, l'ingerenza umanitaria per riportare ordine e distribuire aiuti a popolazioni sofferenti per la guerra civile, e quindi "Famiglia Cristiana", a differenza di quanto accaduto nel Golfo, approva le finalità della missione

274Giovanni Porzio, Gli italiani torturavano i prigionieri: ecco le prove, in"Panorama", a.XXXV, 12 giugno 97 p.28 275Alessandro Tiriulzi, Fame e guerra in Africa, in (a cura di) Gabriele Ranzato, Guerre fratricide, cit. 124 e loda il comportamento degli italiani, sposando così la linea diplomatica del comando italiano, il quale avrebbe voluto trattare con tutte le fazioni in lotta per arrivare a un cessate il fuoco. Gli USA preferirono invece identificare nel generale Aidid, uno dei principali signori della guerra di Mogadiscio, il nemico, e gli diedero una caccia spietata, che si concluse con numerose perdite nel contingente americano. Questa dottrina si basava sul fatto che non si facesse guerra, ma si impedisse una sopraffazione da parte di una popolazione armata su di un'altra disarmata.276 In un contesto come quello somalo, però, nonostante si parli di Aidid come di un signore della guerra e di un essere spregevole è difficile, come per la guerra del Golfo, costruire la figura del nemico: la guerra tra fazioni con motivazioni tribali e di controllo del territorio e dei traffici che vi si svolgevano non ha permesso ai media italiani la creazione di un nemico riconoscibile. Quindi in "Famiglia Cristiana" non c'è la condanna della missione umanitaria; in "Oggi" e "Gente" si assiste alla stessa approvazione, con la differenza sostanziale che le firme più importanti dei settimanali sono due giornalisti in là con gli anni e nostalgici, a loro modo, dei tempi che furono come Montanelli e Cervi. Nel dibattito sulla missione in Somalia, dove prevalgono i soldati che svolgono il loro compito di pace e per questo diventano scomodi ai signori della guerra, si assiste anche a una rivalutazione e a una assoluzione della presenza coloniale italiana, in Somalia soprattutto, ma anche nelle altre colonie. Queste sono quindi le differenze sostanziali tra i tre periodici, ma il compito e il ruolo dei soldati italiani non viene messo in discussione, e verrà solo scalfito anche dallo scandalo del 1997. La copertina di "Famiglia Cristiana" di inizio missione non potrebbe essere più beneaugurante: si ritraggono i Marines che arrivano a Mogadiscio con la dicitura: Somalia, la speranza è sbarcata. L'articolo all'interno, poi, riprende il titolo e si augura una ricostruzione del paese.277 Con la partenza delle truppe italiane il settimanale, però, fa propri alcuni problemi, primo fra tutti la frizione con il comando americano della missione. Tuttavia non vi è discussione sui compiti della missione, come dimostra la copertina del 6 gennaio 1992, con un parà che bacia un bambino somalo.278 276http://www.zenit.org/it/articles/la-santa-sede-e-la-giustificazione-morale-dell-ingerenza-umanitaria 277Somalia, la speranza è sbarcata, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 23 dicembre 1993, p1; L.S., La gente li ha accolti calorosamente. Ma ora per i marines inizia il compito più difficile: scortare migliaia di tonnellate di cibo per una popolazione stremata. Somalia quando sbarca la speranza, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 23 dicembre 1993, pp. 36-37. 278Il primo articolo non mette in discussione le finalità della missione, ma fa capire che il compito può essere difficile. cfr. Guglielmo Sasinini, Ha preso il via con difficoltà la spedizione dei nostri militari in Somalia. Prima gli ostacoli posti dagli americani. Poi, finalmente, l’arrivo. Tra urla di evviva e insulti. operazione Ibis. Partenza all’italiana, in "Famiglia Cristiana", a.LXI, 30 dicembre 1992, pp. 125 Già prima della missione, nelle lettere dei lettori, vi erano state delle foto dei bambini somali, e gli estremi di associazioni cattoliche che si occupano di volontariato, come peraltro in questi periodo fanno tutti i mezzi di comunicazione di massa. Anche se vi possono essere problemi, quindi, l'ingerenza umanitaria è doverosa e articoli descrivono l'emergenza seguita alla dissoluzione dello stato .279 Il secondo articolo è un'intervista al responsabile della Croce rossa in Somalia e all'interno viene auspicato l'intervento di una forza multinazionale per assicurare il disarmo e l'effettiva distribuzione degli aiuti. All'interno del settimanale, però, un articolo di Guglielmo Sasinini sembra presagire i futuri problemi della missione e i possibili motivi di frizione con i somali: l'articolo, scritto con fantasia, è un ipotetico dialogo tra due amici, un italiano e un somalo, che si sono incontrati all'aeroporto di Mogadiscio all'arrivo delle truppe del contingente multinazionale e scambiano qualche parola sulla situazione nel paese. In sostanza, il somalo, divenuto guerrigliero, rinfaccia all'amico parà le colpe passate dell'Italia, come il sostegno dato al regime di Siad Barre, soprattutto ad opera del PCI prima e del Psi in seguito, e che è difficile approvare chi viene per portare la pace con i carri armati.280 "Famiglia Cristiana", quindi, è conscia delle difficoltà della missione, anche se la approva. "Gente", invece, rivolgendosi forse ai suoi lettori anziani e nostalgici, insiste di più sulla dominazione coloniale e sull'Afis (Amministrazione fiduciaria Italiana della Somalia), approvando l'intervento, anche perché l'Italia ha il dovere di fare qualcosa per la Somalia per le sue colpe passate, non solo coloniali, ma soprattutto successive. Nei due taccuini di Cervi, infatti le atrocità italiane in Africa vengono liquidate con un commento sbrigativo:

A cominciare dalle responsabilità coloniali, che sono remote ed appartengono a

32-33. Nel numero successivo la copertina è: Buon anno Somalia, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 06 gennaio 1992, e in Colloqui col padre: Se cerchi la pace, n "Famiglia Cristiana", a. LXII, 06 gennaio 1992, p. 5. L'articolo si riferisce anche all'ex Jugoslavia. 279Come aiutare la Somalia, in "Famiglia Cristiana", a. LXI, 30 settembre 1992, p.9 Vi è anche una foto di bambino malnutrito con delle mosche intorno che viene imboccato. Fulvio Scaglione, Due fazioni della stessa tribù in lotta, decine di migliaia di morti, milioni di civili sotto la minaccia della carestia: chi fermerà la distruzione del paese africano? Somalia la rabbia padrona, in "Famiglia Cristiana", a LXI, 29 aprile1992 e L’olocausto di un popolo stremato dalla malnutrizione e dalle malattie: se l’Occidente non interverrà, 400 mila bambini moriranno di stenti nei prossimi mesi. Somalia, il saccheggio, in "Famiglia Cristiana", a . LXI, 16 settembre 1992, pp. 56- 60. 280Guglielmo Sasinini, Con i soldati italiani in Somalia. Storia di una missione di pace con le armi. E delle diffidenze di una popolazione che non ama più gli italiani. Son tornato Mohamed, in "Famiglia Cristiana", a . LXI, 16 settembre 1992, pp. 26-31. Per i rapporti tra Italia e Somalia dopo l'Afis si veda Angelo Del Boca, Somalia e Italia. una sconfitta dell'intelligenza, in l'Africa nella coscienza degli italiani, Laterza, Roma-Bari 1992. 126 un’epoca nella quale la dominazione europea in Africa, con le sue luci ed ombre,

era la norma.281

Le responsabilità più pesanti vengono invece dal sostegno dato a Siad Barre dall'Italia; colpa, per l'editorialista di "Gente", da imputarsi ai partiti progressisti che volevano elargire aiuti e non badavano se li concedevano a dittatori.282 Nel numero precedente Cervi rimarca le colpe italiane in Somalia, con una breve storia della presenza italiana nel territorio africano, e tuttavia assolve l'Italia attribuendo all'arretratezza africana la maggior parte dei fallimenti degli stati continentali, e affermando che l'unico governo efficiente è quello sudafricano.283 La “difesa d'ufficio” di "Oggi", si avvale invece di Indro Montanelli, forse il testimone più prestigioso ed ascoltato tra i reduci delle colonie. Già all'inizio del 1991, quando lo stato somalo era in via di dissoluzione per la caduta di Siad Barre, Montanelli si è schierato per la difesa dei funzionari coloniali prima e dell'AFIS poi, dando la colpa del fallimento al tribalismo locale.284 L'accettazione della missione da parte del pubblico passa anche da testimonial d'eccezione, che, come ambasciatrici dell'Unicef, sono andate in Somalia per portare aiuto alla popolazione: Audrey Hepburn, già malata di tumore, che morirà qualche mese dopo, e Sofia Loren. Le immagini dei media hanno contribuito molto all'intervento in Somalia, più che per la guerra del Golfo, anche perché lo stato africano non offriva risorse naturali importanti. L'intervento è stato dettato principalmente da scelte di politica interna e di consenso e un ruolo importante lo hanno giocato i vari servizi sull'emergenza umanitaria. Le interviste ai ministri e le foto dei parà in mezzo a bambini sorridenti, in "Oggi", sono vicine a quelle delle dive che si recano a portare conforto alla popolazione affamata. La missione quindi, come afferma Piero Ostellino285,è pienamente giustificata e i rischi sono minimi in quanto i guerriglieri sono poco organizzati, Gli articoli sui divi sono ben due: uno su Sofia Loren e Maria Pia Fanfani a Mogadiscio con la Croce Rossa, e uno su Audrey Hepburn, che morente, ha speso le sue ultime

281Mario Cervi, Perché i somali non vogliono gli italiani, in "Gente", a. XXXVI, 04 gennaio 1993, p.7. 282Mario Cervi, Perché i somali non vogliono gli italiani, in "Gente", cit. a. XXXVI, 04 gennaio 1993, p.7. 283Mario Cervi, Somalia: ecco perché le bandiere italiane tornano in Africa, in "Gente", a. XXXV, 21 dicembre 1992, p.7. 284Indro Montanelli, L’Italia non merita rimproveri per quello che ha fatto in Somalia, in "Oggi", a. XLVI, 23 gennaio 1991, p.5.

285 Piero Ostellino, E’ opportuno mandare i nostri soldati proprio in Somalia?, in "Oggi", a. XLVII, 21 dicembre 1992, p.6. 127 parole per i bimbi di della capitale somala.286 Altri due articoli riguardano la distribuzione di aiuti alla popolazione civile, e l'inviata Paola Fallaci, altra sorella di Oriana, assiste alla distribuzione in mezzo a foto di parà sorridenti con i bambini; lo stesso avviene con la visita del ministro della Difesa Salvo Andò al contingente.287 I tre settimanali, quindi, nonostante le perplessità, sono ottimisti riguardo alla missione e ne condividono i presupposti, anche se alcuni commentatori temono che il fatto che l'intervento in una ex colonia, ottenuta come mandato fino agli anni '60, possa generare problemi. L'intervento Onu diventa un simbolo della pace americana che si impone al mondo nei primi anni '90, quando, come detto in precedenza, la Russia, alle prese con l'iperinflazione e con al proprio interno una crisi economica e politica di vaste proporzioni, era dipendente dai finanziamenti stranieri e non poteva che approvare le scelte occidentali in politica estera. I caschi blu, nel 1992, sono gli eroi dell'anno per un articolo di Famiglia Cristiana288 ed è normale che l'opinione pubblica pensi che una coalizione di stati avanzati possa, nonostante le difficoltà, avere ragione di un'accozzaglia di tribù litigiose come quelle somale. Nonostante l'articolo esprima alcune valutazioni critiche, i caschi blu diventano il “simbolo degli anni '90”. Saddam Hussein era stato sconfitto e il diritto internazionale ripristinato da una coalizione sotto le insegne dell'Onu e quindi era possibile che lo stesso potesse succedere in ex Jugoslavia ed in Somalia. Ancora a settembre nel 1993, quindi dopo l'attacco al pastificio e in un momento in cui l'Onu era impotente a fermare la tragedia in ex-Jugoslavia, "Famiglia Cristiana", nel dedicare un servizio alla missione Onu in Mozambico (dove i militari sono presentati in modo favorevole), giustifica il principio di ingerenza umanitaria, anche se afferma che la fine della divisione del mondo in due blocchi, lungi dal portare la pace, ha fatto scoppiare conflitti in tutto il mondo.289

286Paola Fallaci, La nostra inviata ha seguito Sofia Loren “ambasciatrice” dell’Onu nella missione tra gli orrori dei profughi Somali. Poveri bambini, li vorrei portare tutti via con me, in "Oggi ", a. XLVII, 7 dicembre 1992, pp. 10-20; Lucio Buonanno, La scomparsa di Audrey Hepburn, morta per un male incurabile, nel commosso ricordo del vicedirettore di “Oggi”. Fino all’ulitmo ha detto: salvate quei poveri bimbi, in "Oggi", a. XLVIII, 8 febbraio 1993, pp.49-53,. 287Paola Fallaci, L’inviata di “Oggi” è andata a controllare se le medicine e il cibo inviati dall’Unicef arrivano ai bimbi affamati. Gli aiuti non bastano: in Somalia si muore ancora, in "Oggi", a. XLVIII, 11 gennaio 1993, pp. 25-29 con continuazione pag 121; Anna Checchi, Abbiamo accompagnato il ministro della difesa nella prima visita al contingente italiano a Mogadiscio. Siamo venuti in Somalia per far vincere la pace, in "Oggi", a. XLVIII, cit., 21 gennaio 1993, pp.10-14. 288Carlo Remeny, I caschi blu. L’esercito (inutile?) dell’Onu, in "Famiglia Cristiana", a. LXI, 21 ottobre1992, pp.60-63. 289 Alberto Bobbio, Fra i caschi blu dell’Onu inviati a garantire la pace e distribuire gli aiuti nel paese africano, da marzo sono impegnate mille “penne nere” della brigata Taurinense. Gli alpini in 128 Queste due missioni, però, hanno dimostrato come l'ingerenza umanitaria abbia dei limiti di fronte a nemici determinati che mettano a repentaglio la vita di militari mandati a rischiare la vita fuori dal proprio paese per questioni di prestigio internazionale. Le spese per le missioni e le pressioni dell'opinione pubblica non hanno fatto giudicare prudente rischiare altre vite umane in paesi di nessun interesse strategico come la Somalia e hanno fatto desistere da interventi massicci in altre zone di crisi, abbandonando la dottrina che vedeva nell'ONU una sorta di polizia internazionale. Nel 1992, alla vigilia dell'intervento in Somalia, il prestigio dei caschi blu, come si nota dagli articoli, era al massimo e, seppur con perplessità, si poteva pensare che si potesse intervenire in zone di crisi. La Somalia è stata la prova che una forza di guerriglieri poco organizzati, ma determinati a cacciare invasori che non avevano fondati motivi di restare se non quelli umanitari, poteva aver ragione di un contingente formato dalle nazioni militarmente più forti al mondo. Il primo segnale avvenne con l'uccisione di ventiquattro caschi blu pakistani il 5 giugno 1993 in una operazione di requisizione di armi; successivamente il 2 luglio 1993, nella già menzionata battaglia del pastificio, tre militari italiani vennero uccisi e uno, il tenente Gianfranco Paglia, rimase paralizzato. Infine, tra il 3 e il 4 ottobre del 1993, diciannove ranger statunitensi vennero uccisi in un'operazione che doveva portare alla cattura di Aidid. Se le truppe partono con il favore dei media e le immagini dei bambini sofferenti accompagnano il giusto intervento, le immagini dei corpi dei soldati americani trucidati sono la misura del suo fallimento e dell'impossibilità di pacificare il paese. I settimanali, quindi, danno conto dei problemi e si schierano, nella disputa tra Italia e Stati Uniti sul ruolo della missione, con l'Italia, e per bocca dei più autorevoli commentatori, come Montanelli o Cervi, criticano il poco tatto americano. Anche qui vi è una sostanziale differenza tra "Oggi" e "Gente", che sposano la visione dei “soldati di pace” caduti in una missione che non era di guerra per colpa della miopia americana, e "Famiglia Cristiana" che, nei servizi non si serve di biografie emozionali dei caduti, ma fa una critica circostanziata ad una missione Onu, trasformatasi in una missione a comando Usa. Già all'inizio del 1993 "Famiglia Cristiana", in un servizio, afferma che la città è preda di giovanissimi guerriglieri che si comportano da mercenari, uccidendo chi non li

Mozambico Rancio con aragosta, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 11 agosto 1993, pp. 62-64. 129 paga.290 E' però con l'uccisione dei caschi blu pakistani che emergono dubbi sui rischi della missione e i primi dissidi con il comando americano: dopo la morte dei ventiquattro militari, infatti, altri caschi blu pakistani restarono prigionieri nella vecchia manifattura tabacchi, e francesi e italiani inviarono una colonna blindata in soccorso, riuscendo a liberare i militari e a recuperare i cadaveri. Gli italiani, però, non spezzarono l'assedio manu militari, ma preferirono trattare con Aidid evitando ulteriori spargimenti di sangue. Questo modo di interpretare la missione venne ancora una volta disapprovato dal comando americano, che invece voleva una dimostrazione di forza e acuì i dissidi esistenti, che si manifestarono in modo massiccio con la battaglia del pastificio. In occasione dell'uccisione dei caschi blu pakistani "Famiglia Cristiana" esce con un articolo polemico sulla strategia Onu, accusata di consegnare il paese nelle mani dei guerriglieri mediante l'uso della forza e non della diplomazia.291 Per tutto luglio "Famiglia Cristiana" invia almeno una corrispondenza alla settimana dalla Somalia e arriva persino a intervistare Aidid, che accusa gli italiani di averlo tradito, per averlo prima appoggiato e poi abbandonato. Il principale accusato non è però il comando italiano, ma la gestione della missione da parte degli americani, troppo inclini a risolvere la questione con la forza. Gli articoli dedicati ai soldati italiani, invece ne magnificano le qualità come operatori di pace, pur nelle difficoltà della missione. Uno degli articoli, notizia ripresa anche da "Oggi", parla di “Bokassa”, questo il nome datogli dal contingente italiano, un bambino che è stato adottato dai militari.292 Con la battaglia del pastificio e i tre morti italiani, fin dal titolo "Famiglia Cristiana" si dissocia dal comando della missione e nell'articolo, più che dare particolari biografici dei caduti, accusa gli Usa di avere inasprito gli animi schierandosi apertamente con Ali Mahdi nella guerra civile. L'articolo si chiude con il ritrovamento di una reliquia in una chiesa cattolica di Mogadiscio, come augurio per il contingente.293

290Guglielmo Sasinini, Il nostro inviato per le strade di Mogadiscio, dove frotte di giovanissimi guerriglieri-predoni, armati di Kalashnikov dettano legge su tutta la città. Quei ragazzi da disarmare, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 20 gennaio 1993, pp. 38-39. 291Alberto Bobbio, Rapporto dall’inferno della città bombardata, tra i militari del contingente italiano in Somalia. La battaglia di Mogadiscio, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 30 giugno 1993, pp. 34-36. 292Alberto Bobbio, Dai nostri inviati. Sul fronte di Mogadiscio tra bombe e raffiche di mitra. Viaggio nel tormento di una città che cerca di rinascere con il contributo del contingente italiano. Tutto questo è Somalia, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 07 luglio 1993, pp. 70-76. 293Guglielmo Sasinini, L’intervento militare “umanitario” si è trasformato in una sorta di missione americana che ha alterato i buoni rapporti tra italiani e fazioni in lotta. I caduti di Mogadiscio, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 14 luglio 1993, pp. 36-37 e Alberto Bobbio, Operazione Reliquia,in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 14 luglio 1993, pp. 37-38. 130 In seguito il settimanale è molto duro con L'Onu e la conduzione delle operazioni in modo prettamente militare, diversamente dalle linee del contingente italiano. Con la battaglia del pastificio i dissidi tra americani e italiani si erano fatti insanabili: gli italiani persero il check point “Pasta” e venne chiesto loro dal comando Onu, in quel momento in mano ai turchi, di riprendere la postazione. Il generale Bruno Loi, comandante della Folgore e della missione, trattò con i capi locali e i militari italiani si recarono pacificamente al check point, scortati dai guerriglieri somali.Questo modo di condurre le operazioni, per il comando multinazionale, sembrò un cedimento inammissibile ed ebbe la conseguenza del ritiro del contingente italiano a Balad, fuori da Mogadiscio. Tutti i settimanali danno un resoconto favorevole alla diplomazia e al tatto italiani nel condurre le operazioni, come si vede dagli articoli di "Famiglia Cristiana", che pure, essendo schierata per la pace, è più dubbiosa su una missione armata.294

In seguito Beppe del Colle, editorialista di punta del settimanale e cattolico progressista, esprime condanna per il comportamento americano, elogiando gli italiani.295

La settimana successiva il settimanale esce con due interviste, una ad Aidid, in cui si accusano gli italiani e l'Onu di averlo tradito, facendogli rovesciare Barre e poi additandolo come nemico pubblico numero uno, e una al ministro degli esteri Beniamino Andreatta, che spiega i motivi per cui la missione deve continuare.296

"Gente" dedica un solo articolo ai morti del pastificio, senza proporre ricette per la missione in Somalia. Con un taglio da rotocalco, si parla della biografia dei militari, della loro vita, dei loro sogni, dei parenti. La copertina ritrae Stefano Paolicchi, uno dei tre caduti con Pasquale Baccaro e Andrea Millevoi, l'unico militare di carriera, appartenente al corpo scelto degli incursori paracadutisti “Col Moschin” e anche il servizio presenta più foto dell'incursore, probabilmente perché si stava per sposare (viene per questo motivo intervistata anche la fidanzata).297

294Barbara Carazzolo, Dopo il ripristino del dialogo tra il nostro contingente militare e le fazioni, cresce la speranza nella comunità del Paese africano residente a Roma. “Meglio la pace all’italiana” , in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 21 luglio 1993, pp. 39-40. All'interno: Alberto Bobbio, I carabinieri fanno scuola; sull'addestramento della polizia somala. 295Beppe del Colle, Ma la babele dell’Onu non salverà la Somalia, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 28 luglio 1993, p. 25. 296Guglielmo Sasinini, Raggiunto nel suo rifugio in Somalia, parla il principale “signore della guerra”, prima legittimato e poi diventato il nemico pubblico numero 1 dell’Onu. Aidid accusa: “gli italiani mi hanno tradito”, in "Famiglia Cristiana", a.LXII, 28 luglio 1993, pp. 26-30; Renzo Giacomelli, Un infame signore della guerra, in "Famiglia Cristiana", a.LXII, 28 luglio 1993, pp. 30-31. All'interno Intervista al ministro degli esteri Beniamino Andreatta. 297Gilberto Bazoli, Gaspare di Sclafani, La tragedia dei militari italiani che sono stati trucidati durante 131 La scelta delle prime pagine e della copertina denota una certa importanza data all'evento, forse per l'eco mediatico, ma in seguito non vi sono servizi sulla Somalia, anche perché il paese è distratto dalle inchieste giudiziarie e dai venti di guerra in Bosnia, che occupano molte corrispondenze.

"Oggi" invece dedica più spazio alla riflessione sulla missione, arrivando a conclusioni vicine a quelle di "Famiglia Cristiana": la missione si è evoluta in una guerra nella quale le truppe Onu hanno scelto con chi schierarsi. "Oggi", a differenza di "Gente", può vantare come opinionista Indro Montanelli, percepito, per la sua partecipazione volontaria alla guerra d'Abissinia, come un esperto di cose africane e di ex colonie, e il giornalista di Fucecchio non mancherà di far sentire il suo punto di vista polemico sull'argomento.

Dopo la strage dei caschi blu pakistani vi è un'intervista al ministro della difesa, Fabio Fabbri, in cui si spiegano le ragioni umanitarie della missione e il motivo per il quale il contingente italiano continua nella sua opera.298

Nel numero successivo, La stanza di Montanelli ha lasciato il posto a brevi interviste con il direttore Paolo Occhipinti, che hanno preso il nome di Dialoghi. Le tensioni in Somalia sono un modo per il giornalista toscano di rinverdire i fasti del passato e assolvere la sua generazione che aveva partecipato alle guerre coloniali e all'occupazione dell'Africa Orientale. Nel primo articolo sull'argomento Montanelli arriva a auspicare, per la Somalia, un mandato di tipo coloniale simile all'AFIS, e poi passa a ripercorrere le glorie della guerra e della sua medaglia di bronzo, guadagnata sul lago Ascianghi.299

In seguito vi è un'accusa al presidente Clinton che, da pacifista, si è trasformato in guerrafondaio per imporre l'ordine americano al mondo, opinione condivisa anche da altri giornalisti della testata.300

un’imboscata a Mogadiscio. Volevano essere angeli di pace ma in Somalia li hanno uccisi senza pietà, in "Gente", a. XXXVII, 19 luglio 1993, pp. 4-11.

298Francesco Palladino, Abbiamo accompagnato in Africa il nostro ministro della difesa, che parla del futuro del contingente italiano in Somalia. La strage non ci ferma: resteremo a Mogadiscio, in "Gente", a. XXXVII, 28 giugno 1993, pp. 10-14.

299Sulla partecipazione di Montanelli alla guerra d'Etiopia: Cfr. Marco Lenci, L'Eritrea e l'Etiopia nell'esperienza di Indro Montanelli, di "Studi Piacentini n° 33", a. XVI, 2003. Indro Montanelli, P. Occhipinti, Per la Somalia non serve l’ONU, ma una sola “nazione balia”, in "Oggi", a. XLVIII, 5 luglio 1993, p. 4.

300Cfr Indro Montanelli A. Occhipinti, dialoghi con il direttore, in "Oggi", a. XLVIII, 19 luglio 1993, p.4 132 Il numero del 19 di luglio, però, presenta anche il servizio sui morti del pastificio, che non si discosta da "Gente" nel modo di presentare la notizia: soldati di pace impegnati in una missione non di guerra, ma di aiuto alla popolazione e per questo uccisi da chi non vuole che il paese torni alla normalità. E' da notare come la dimensione dell'impegno umanitario sia preponderante e che solo quando si parla di uno dei tre caduti si tocchi la parola patria.301

La settimana successiva Montanelli continua la sua rievocazione storica nei Dialoghi affermando che la presenza italiana in Somalia è stata utile e diversa rispetto a quelle degli altri occupanti coloniali, e che gli italiani sono ancora amati dalla maggioranza della popolazione e odiati solo da pochi guerriglieri. Il pubblico di "Oggi" e "Gente" non era diverso da quello che, nelle colonne de "Il Borghese" si appassionava alle memorie del cameriere di Mussolini scritte da Longanesi e Montanelli, e i più anziani tra i lettori amano sentire articoli in qualche maniera assolutori delle loro esperienze. Montanelli può quindi dare libero sfogo alla sua retorica di reduce.302

In seguito il settimanale schiera le sue firme più prestigiose a difesa della linea italiana della missione: oltre a Montanelli, nella rubrica Risposte vi sono collaborazioni con grandi firme giornalistiche e non solo, che scrivono brevi pezzi come risposta ai lettori. Queste risposte sono spesso interessanti perché il giornale esce da trattare fatti di costume e si occupa di vicende di attualità e politica da un punto di vista abbastanza elevato. Nello stesso numero Giuliano Zincone osserva un mutamento che sta avvenendo nel paese, ovvero la notevole approvazione che ha riscosso l'intervento in Somalia in un paese in cui vi sono state proteste contro la leva e la guerra. Zincone attribuisce questo fatto alla fine della guerra fredda, ovvero al fatto che sia ormai anacronistico chiudersi in logiche oppositive per le quali le forze armate sarebbero agenti della parte nemica.303

Questo è probabilmente uno dei motivi per cui l'immagine dei militari, dopo le missioni internazionali, cambia e un giornale come "Famiglia Cristiana", contrario alla guerra del Golfo, loda l'impegno in Somalia.

La settimana successiva, ovvero il 23 di luglio, Montanelli accusa di faciloneria gli

301AA. VV., Il dolore e la rabbia dei familiari dei tre giovani italiani massacrati durante la missione umanitaria in Somalia. Poveri figli nostri, uccisi perché amavano la pace, in "Oggi", a. XLVIII, 19 luglio 1993, pp.10-19. 302Indro Montanelli, Paolo Occhipinti, A questo punto solo noi italiani potremo salvare la Somalia, in "Oggi", a. XLVIII, 26 luglio 1993, p.4. 303Giuliano Zincone, Ora soldato è bello, ma non eravamo tutti contro divise ed armi?, in "Oggi", a. XLVIII, 26 luglio 1993, p. 6. 133 americani, per il voler trovare un nemico sempre e comunque e per il pensare che esso sia la causa di tutti i problemi.

Per l’America. Il nemico è sempre uno solo. Per esempio Gheddafi. Oppure Saddam Hussein. Ora tocca ad Aidid, nella semplicistica convinzione che tutto il

problema della Somalia sia lui.304

Come detto per Saddam Hussein, la comunicazione di massa, soprattutto in televisione, ma anche nei giornali popolari, in questi casi costruisce un'immagine più o meno veritiera di un nemico che diviene la somma dei mali del mondo. Aidid in Somalia era il candidato a recitare questa parte, come lo era stato Saddam Hussein per la prima guerra del Golfo e lo sarà Bin Laden dopo l'undici settembre.

Nello stesso numero il generale Luigi Caligaris difende il collega Bruno Loi che ha preferito trattare per riottenere il checkpoint “Pasta” e si scaglia con il comando Onu. In uno specchietto l' ex ambasciatore Sergio Romano, firma del giornale, spiega come il comando sia in mano americane e nel numero successivo il diplomatico cerca di spiegare a un lettore la scelta, per il contingente italiano, di allontanarsi da Mogadiscio.305

In seguito si parla, come in "Famiglia Cristiana", di Bokassa, il piccolo somalo "adottato" dal contingente italiano in un articolo che, dopo le polemiche, propone la visione classica dei portatori di pace.306

E' interessante poi che un giornale cattolico e contrario alla guerra come "Famiglia Cristiana", in una delle sue rubriche più famose come i Colloqui col padre, definisca “artigiani della pace” i soldati del contingente italiano che non hanno reagito alle provocazioni e non si sono fatti prendere dalla logica delle rappresaglie.307

Con il ritiro delle forze Onu, "Famiglia Cristiana" intervista alcuni esponenti delle

304Indro Montanelli, Paolo Occhipinti, In Somalia abbiamo ragione noi, ma dobbiamo seguire l’ONU, in "Oggi", a. XLVIII, 2 agosto 1993, p.4. 305Anna Checchi, Gli italiani a Mogadiscio: il generale Caligaris “contrattacca” restiamo in Somalia: non siamo servi dell’ONU, in "Oggi", a. XLVIII, 23 luglio 1993, pp. 12-15 e Lasciamo Mogadiscio: non era più dignitoso tornarcene a casa? Risposta di Sergio Romano in "Oggi”, a. XLVIII, 30 agosto 1993, p.6 306Chiara Tudini, La commovente storia di un piccolo somalo orfano adottato dall’esercito iatliano in missione di pace. Ora Bokassa ha una famiglia: i nostri soldati, in "Oggi", a. XLVIII, 06 settembre 1993, pp. 20-21 e p. 85 . 307Colloqui col padre "gli artigiani della pace“, in "Famiglia Cristiana", a. LXII, 6 ottobre 1993, p. 5. 134 ONG che operano in Somalia e nell'articolo si dice che queste continuano ad operare nel paese, e che non hanno molto gradito i militari perché si muovevano con poco tatto tra le fazioni, con la parziale eccezione del contingente italiano.308

Con la Somalia, missione effettuata senza molti interessi strategici e in gran parte per la pressione mediatica e dell'opinione pubblica, si stabilisce il paradigma del peace-keeper italiano, soldato efficiente e in grado di difendersi come gli altri, ma dotato di umanità e di spirito di adattamento rispetto a soldati di altri paesi, magari dalle tradizioni militari più gloriose. Il contingente italiano opera con diplomazia, pazienza e un pizzico di quell'arte di arrangiarsi propria dell'immagine del paese, è generoso con la popolazione ed è amato, nonostante alcune minoranze vogliano ucciderlo. Dopo i morti, infatti, abbiamo articoli celebrativi sull'opera del contingente, come quello sul bambino “Bokassa”, e "Oggi" e "Famiglia Cristiana" rispondono con una levata di scudi alle critiche mosse all'operato del comando italiano dall'ONU.

Il funerale di Paolicchi, Baccaro e Millevoi, poi, si svolge a Santa Maria degli Angeli, la chiesa dove si celebrano i personaggi pubblici e istituzionali, scelta che verrà effettuata anche in seguito con gli altri caduti, ponendo le basi per una tradizione nelle celebrazioni rituali dei caduti italiani.

Lo scandalo Somalia

Come già detto nella presentazione dell'intervento in Somalia nel 1997, a tre anni dalla partenza del contingente, scoppia quello che viene definito lo “scandalo Somalia”, ovvero foto di atrocità commesse dai militari italiani alla popolazione civile. Le foto di una tortura con gli elettrodi su un prigioniero arrivano prima su un quotidiano locale e poi su un settimanale nazionale “Panorama” edito da Mondadori, in seguito vennero diffusi altri due serie di foto: una di una violenza su una ragazza con un razzo di segnalazione e di un autocarro esploso con dei cadaveri. La seconda sequenza si rivelerà poi falsa. Questa vicenda avrebbe potuto, in qualche maniera, demolire l'immagine che i militari si erano costruiti nei giornali popolari, ma in realtà dopo che questi cavalcarono la notizia, l'immagine dei militari non fu nemmeno scalfita, come non fu scalfita dal successivo caso di morte di un militare , Emanuele Scieri, nella caserma Gamerra di

308Luciano Scalettari, Il ritiro dei militari lascia una pesante eredità. E qualche rischio in più. Ma la nostra cooperazione non si fa intimidire. Somalia. I soldati tornano i volontari restano, in "Famiglia Cristiana", a. LXIII, 02 marzo 1994, pp. 42-43. 135 Pisa per un atto di nonnismo.

Il 12 giugno 1997 il settimanale "Panorama" pubblicò le foto di un ex parà, Michele Patruno, in cui era documentata una tortura con la corrente elettrica a un prigioniero somalo; poco dopo si fece avanti un altro ex militare, Stefano Valsecchi, che portò le foto di una violenza ad una donna, uscita nel numero del 26 giugno1997 di "Panorama". Vi furono in seguito le foto di Benedetto Bertini, poi rivelatisi false.309

I media e l'opinione pubblica reagirono con sdegno alla vicenda e alcuni partiti della sinistra radicale chiesero lo scioglimento della Folgore; il Parlamento e lo Stato Maggiore avviarono due commissioni di inchiesta che, però, si conclusero con una sostanziale assoluzione per i vertici della missione, affermando che le torture erano opera di militari isolati e che non era possibile provare che i comandanti sapessero ed avessero avallato o coperto i responsabili.

In seguito lo scandalo Somalia si arricchì del memoriale di un maresciallo dei carabinieri, Francesco Aloi, dove si affermava che l'uccisione di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin, inviati del Tg3 in Somalia, fosse stata commissionata da militari del contingente italiano perché i due giornalisti avevano visto una violenza ad una donna somala da parte di alcuni militari del contingente. "Famiglia Cristiana" può usare la testimonianze di Tina Anselmi, membro della commissione d'inchiesta presieduta dal giurista ed ex comandante partigiano Ettore Gallo, che viene intervistata proprio a proposito del memoriale Aloi, che la parlamentare giudica inattendibile.310

Lo scandalo Somalia viene visto come un avvenimento spiacevole, ma non tanto da scalfire profondamente l'immagine dell'esercito e, durante i giorni dello scandalo, vi sono servizi elogiativi sui militari in missione di pace, dove si accenna allo scandalo, ma in seguito si parla dei militari nei termini consueti.311

Lo scandalo affiora nei Colloqui col padre del 2 luglio, come uno dei sintomi, insieme all'omicidio di Marta Russo, della condizione del paese.312 Lo scandalo viene presentato come un danno di immagine e, anche se l'intervista a Cornelio Sommaruga (presidente

309Cfr "Panorama", a. XXXV, 12giugno1997, e sgg. 310Parla Tina Anselmi: i retroscena e gli sviluppi del “caso Somalia” “attenti al testimone”, in "Famiglia Cristiana", a. LXVI, 10 settembre 1997 . A titolo di curiosità: dopo la morte di Aloi il memoriale venne reso pubblico e si può consultare nel blog del giornalista Marco Gregoretti. http://www.marcogregoretti.it/wp-content/uploads/2014 marzo Diario-FA-bassa-def..pdf 311Cfr "Famiglia Cristiana", a. LXVI, 18giugno1997, dove si parla della missione in Albania; e Alberto Bobbio, Bosnia, i soldati della pace, in "Famiglia Cristiana", a. LXVI, 3 settembre 1997, pp.62-68 (dove si accenna allo scandalo Somalia all'inizio, ma non nel servizio). 312Il mal paese, in "Famiglia Cristiana", a LXVI, 2 luglio 1997, pp.5-7. 136 della Croce Rossa internazionale) mette in luce fatti di violenza in Somalia, non si parla specificatamente dei militari italiani, ma del contingente Onu in generale, in seguito viene fatta una requisitoria dei problemi dell'esercito.313

Sembrava ormai un ricordo da affidare, per competenza, a storici e sociologi. Invece, no. Quel senso di estraneità, spesso venato di diffidenza, con cui gli italiani hanno guardato a lungo le Forze armate, è tutt’altro che svanito. «Eppure», ha scritto Gian Enrico Rusconi su La Stampa, «negli anni scorsi, in coincidenza con le missioni delle nostre truppe fuori Italia, c’erano stati segnali di ripresa di attenzione, di simpatia. Ci si era accorti che le Forze armate

facevano sforzi per cambiare». 314

In sostanza si riconosce, come per la missione in Somalia, che l'atteggiamento verso le forze armate sta cambiando e che questo mutamento di atteggiamento del paese è da ricercarsi proprio nei primi anni '90, con l'impegno dell'Italia all'estero e anche i giornalisti di "Famiglia Cristiana lo notano. L'articolo prosegue dicendo che questo movimento di avvicinamento della popolazione ai militari può essere allontanato dall'inchiesta sulla corruzione nelle forze armate, e dallo scandalo Somalia. Alla fine dell'articolo, però, vi sono alcune dichiarazioni di Massimo Brutti, sottosegretario alla Difesa e membro del PDS, nelle quali si ribadisce la volontà di fare chiarezza e isolare i responsabili senza infangare le forze armate, con una chiara la visione degli impegni internazionali del paese:

gli Stati dalle economie più progredite hanno il dovere di prevenire le crisi, o di gestirle se già scoppiate, operando per neutralizzare i conflitti e per salvaguardare le vite umane. Come? Con la politica, la diplomazia. E, se

necessario, con l’uso controllato della forza.315

In sostanza anche un appartenente a un partito post-comunista come il PDS accetta la visione dell'ingerenza umanitaria e dell'intervento fuori dal confine in operazioni di

313Alberto Chiara, La pace arriva con troppa violenza, in "Famiglia Cristiana", , a. LXVI, 9 luglio 1997, pp. 21-22; Alberto Chiara, Più della Somalia potè militaropoli, in "Famiglia Cristiana", a. LXVI, 9 luglio 1997, pp. 22-23. 314Alberto Chiara, Più della Somalia potè militaropoli, in "Famiglia Cristiana", , a. LXVI, 9 luglio 1997, p. 22. 315Alberto Chiara, Più della Somalia potè militaropoli, in "Famiglia Cristiana", , a. LXVI, 9 luglio 1997, p . 24. 137 polizia internazionale. Gran parte dell'opinione pubblica ha quindi accettato un nuovo ruolo del paese e dei militari: lo scandalo Somalia, quindi è visto solo come una battuta d'arresto in un processo che coinvolge il paese, e a cui i periodici si adeguano.

"Famiglia Cristiana" pubblica due articoli sul memoriale Aloi: l'intervista a Tina Anselmi, che, come detto, si rivela scettica sul diario del carabiniere, ma che non esclude comportamenti deviati in Somalia e denuncia i problemi organizzativi e logistici a cui è andata incontro la commissione di inchiesta, e un'intervista ai genitori di Ilaria Alpi che, invece, credono in parte alle rivelazioni di Aloi.316

"Gente" dedica due articoli allo scandalo. In uno, di Mario Cervi, si parla dello scandalo e di come esso sia dovuto alla mancanza di disciplina nelle forze armate e alla educazione moderna dei giovani (seguendo la visione conservatrice del settimanale). Nell'altro cerca poi di cavalcare lo scandalo con un'intervista a Benedetto Bertini, autore di una serie di foto rivelatesi poi , come detto, false.

Nell'intervista Bertini fornisce cifre enormi sui somali uccisi e torturati, e afferma che era normale fare tiro a segno sui locali, fornendo le prove con la foto dell'autocarro. Vi è poi un articolo sul nonnismo, un modo di cercare notizie sensazionali sulle forze armate.317

"Gente" cerca di attribuire alla modernità e alla mancanza di disciplina lo scandalo e così facendo lo minimizza, dichiarando che, nonostante tutto, il sistema è sano.

"Oggi" in buona parte non si discosta dagli altri periodici: cavalca lo scandalo per avere visibilità e cerca di trovare nuove rivelazioni, ma il ruolo dei militari in missione di pace in Albania prima dello scandalo viene esaltato, e in seguito il modo di presentare i peace-keepers in Kosovo non cambia.318

Lo scandalo, quindi non cambia quello che è diventato un modo diffuso, sia a destra che

316Franca Zambonini, Parla Tina Anselmi: i retroscena e gli sviluppi del “caso Somalia” “attenti al testimone” , in "Famiglia Cristiana", cit., a. LXVI, 10 settembre 1997; Franca Zambonini, Parlano i genitori di Ilaria Alpi. “Chi ha paura della verità?”, in "Famiglia Cristiana", a. LXVI, 24 settembre 1997, pp. 70-74. 317Mario Cervi, I soldati italiani in Somalia: che cosa c’è dietro alle violenze, in "Gente", a. XL, 24 giugno1997, p 25; La sconvolgente testimonianza di un ex parà che ha partecipato alla missione in Africa Ero nell’inferno della Somalia e vi dico: ho visto i soldati italiani torturare donne e bambini, in "Gente", a. XL, 1 luglio 1997, cit., pp.4-8; Un soldato vittima del “nonnismo” . In caserma sono stati distrutti i miei sogni, in "Gente", a. XL, 1 luglio 1997.

318Enrico Pugnaletto , Abbiamo trascorso una giornata insieme ai nostri leggendari incursori, punta di diamante della spedizione di pace in Albania. Con i duri del Col Moschin sarà un “alba” tranquilla, in "Oggi", a. LII, 8 maggio 1997, pp 40-44 e Enrico Pugnaletto, Alla vigilia di Ferragosto siamo andati a vedere come lavorano i nostri militari della Forza Internazionale per far rinascere una terra distrutta. Nel Kosovo sono gli italiani i migliori “guerrieri di pace” , in "Oggi", a. LIV, 19 agosto 1999, pp.22-28. 138 a sinistra, di vedere i militari e che è radicato nell'opinione pubblica. Vi sono due servizi sullo scandalo: uno con parte del diario di Pasquale Baccaro, morto nella battaglia del pastificio, dove si afferma che i somali venivano picchiati senza pietà, e una risposta di Falco Accame a un lettore in cui si cita il memoriale Aloi, e si chiede di far emergere tutte le verità scomode da parte della commissione d'inchiesta319

Ciò che è però interessante è una smentita delle foto di Bertini, pubblicate da Gente, dove l'ex militare di leva viene presentato come un tossicomane che ha mentito per procurarsi i soldi per la droga. In effetti, Bertini, pasticciere disoccupato, faceva uso di eroina, e ricordandosi di avere scattato alcune foto di un autocarro caduto su una mina in Somalia, ha deciso di venderle inventandoci sopra una storia plausibile. "Panorama", infatti, pagò le foto di Bertini e le pubblicò, accorgendosi poi che la storia era poco verosimile; l'errore venne ripreso da altri settimanali come "Gente" ed "Oggi". La smentita di "Oggi" recita: "ha infangato la Folgore"320, presupponendo quindi che lo scandalo, per quanto doloroso sia espressione di un comportamento isolato e poco diffuso

La missione in Somalia, approntata per un'emergenza umanitaria in un paese povero di risorse, è stata certamente il primo fallimento della strategia post guerra fredda, ma è maturata in un contesto, almeno all'inizio, di ottimismo e ha permesso la creazione del paradigma del soldato di pace. Lo scandalo Somalia è stato, per la gran parte dell'opinione pubblica, una battuta d'arresto momentanea, ma in seguito l'immagine canonica del soldato italiano all'estero si è imposta e la fine della guerra fredda, con il processo di trasformazione della parte politica fino ad allora egemonizzata dal partito comunista, ha fatto sì che la visione dei portatori di pace visione si imponesse anche alla sinistra politica. Con i primi anni '90 l'esercito di pace diventa una delle eccellenze italiane nell'"immaginario collettivo" e, in seguito, questo ha permesso che divenisse uno dei pilastri del concetto di patria elaborato negli anni 2000.

Dopo l'undici settembre: Iraq e Afghanistan

La creazione del paradigma del soldato di pace non subisce variazioni nel corso degli

319 Toti Bellone, Esclusivo- nel diario di Pasquale Baccaro, ammazzato in un agguato a Mogadiscio, c’erano già i racconti delle violenze degli italiani sui civili. Li picchiamo senza pietà: così scriveva mio figlio in Somalia, in "Oggi", a. LII, 2 luglio 1997, pp. 100-105; Falco Accame,Torture in Somalia: si scoprono cose ancora più terribili? , in "Oggi", a.LII, 3 settembre 1997, p. 5. 320Ha infangato la Folgore, in "Oggi", a. LII, 9 luglio 1997, p. 34. 139 anni '90 con le missioni in Albania e Kosovo. L'interesse mediatico per l'intervento dei militari italiani è, però, minore, come si vedrà anche nel capitolo dedicato ai morti nelle missioni internazionali non contemplati n questo capitolo. I morti, eccettuati quelli di Nassiriya, ricevono dai settimanali popolari solo poco spazio, al massimo un servizio, a volte di una sola pagina o un trafiletto. Vi sono servizi sulle missioni, che ricalcano quelli già visti per la Somalia con i soldati di pace e che sono stati in parte citati.

Con l'undici settembre e l'invasione in Afghanistan e Iraq vi è un salto di qualità perché ritornano gli speciali sulla guerra, come per il Golfo. La guerra al terrore diventa di nuovo uno degli argomenti di maggiore interesse e si assiste ad una costruzione simile della notizia: viene creato il nemico nella persona di Osama Bin Laden, il "Principe del terrore", e vi sono servizi che prendono anche venti pagine sui diversi aspetti delle operazioni militari e sugli argomenti di costume legati alla guerra.

La conclusione di questa analisi, la vicenda di Nassiriya, è interessante perché avviene in un contesto di notevole risalto mediatico, la missione "Antica Babilonia"; soprattutto dopo che da più di un anno non succedevano incidenti nelle missioni di pace, e dopo quattro anni che non morivano militari in un conflitto a fuoco (l'ultimo, il tenente colonnello Carmine Calò, era morto in Afghanistan nel 1998).

L'Italia aveva ormai fatto proprio il paradigma del soldato di pace, e questo era accettato da tutte le forze politiche: alla partenza dei contingenti per le missioni i giornali e i telegiornali diffondevano immagini di militari sorridenti intenti a giocare a pallone con bambini locali altrettanto sorridenti, nulla sembrava presagire che i militari italiani, così bravi a immedesimarsi nella realtà locale, potessero essere percepiti come invasori.

Ciò che faranno i giornali popolari con i loro servizi, che per Nassiriya superano per estensione tutti i morti delle varie missioni, è veicolare l'immagine che si era creata nelle missioni precedenti, accettando le retoriche dell'eroico sacrificio e dell'attentato terroristico, che assolvono in sostanza chi aveva ordinato la missione.

L'undici settembre

L'undici settembre è vissuto dai media mondiali come un “evento” imprevedibile che ha cambiato la visione delle cose, e dopo il quale “niente sarà più come prima”: ciò ha fatto sì che sull'attentato si concentrassero le attenzioni della nostra stampa e che venisse creata un'immagine del cattivo funzionale alla presentazione.

140 "Famiglia Cristiana", al solito, si discosta dagli altri settimanali per il taglio meno scandalistico: vi sono alcuni servizi su Bin Laden, ma cercano di dare un profilo del personaggio e non di costruire un mito, e il settimanale predilige una scelta pacifista e contraria all'intervento sia in Iraq che in Afghanistan. Ciò che però avviene nei servizi sui militari è che, nonostante le missioni in Afghanistan e in Iraq non siano approvate, non c'è condanna per l'operato dei soldati e, dopo la strage di Nassiriya, questi diventano operatori di pace. "Gente", invece, è a favore dell'intervento, ma spesso si occupa, anche nelle corrispondenze dopo l'undici settembre, dei fenomeni di costume, come la corrispondenze sui cani che cercano i feriti tra le macerie delle torri o sulla partecipazione del fratello di Manuela Arcuri alla guerra in Afghanistan. "Oggi", infine, mantiene una posizione intermedia: ospita nelle sue pagine diverse interviste a Gino Strada, certamente contrario alla guerra, e ha come inviato speciale in Pakistan Antonio di Pietro, personalità di rilievo del centro sinistra; tuttavia non si discosta molto da "Gente" quando presenta i nostri soldati in missione.

L'undici settembre viene presentato come un fulmine a ciel sereno, che spiazza completamente l'America e il mondo occidentale, e che suscita l'indignazione di tutto il mondo.

"Oggi", nel primo numero in cui si parla dell'attentato alle torri gemelle, titola Forza America e all'attentato sono dedicate più di trenta pagine, che spaziano su tutto, dalla ricostruzione degli attentati alle testimonianze, come è normale in un settimanale di costume. Si inizia però a presentare la notizia dell'imminente guerra in Afghanistan come si era fatto per la guerra del Golfo: viene intervistato il ministro della Difesa Antonio Martino che dichiara che l'Italia è disposta a fare tutto ciò che le chiederà l'alleanza atlantica, e c'è un servizio su Osama Bin Laden, che viene definito come “belva”. Ciò che distingue "Oggi" dagli altri periodici è che vi sono molti servizi su Emergency e Gino Strada, all'epoca in Afghanistan, che viene presentato in modo positivo come un filantropo disinteressato. Senza entrare nel merito delle polemiche o del personaggio di Gino Strada la scelta di presentare sotto una luce positiva e intervistare un personaggio che incontra il favore di una parte dell'opinione pubblica, ma non di tutta, ed è politicamente schierato fa certamente, insieme alle corrispondenze di Di Pietro dal Pakistan, propendere il periodico per il centro-sinistra.321 Si nota come

321Il ministro della difesa Antonio Martino spiega la posizione italiana. Con Bush puniremo i colpevoli ma non sarà una “guerra santa”, in "Oggi ", a. LVI, 26 settembre 2001, pp. 14-16; Gino Guillace Raugei, Abbiamo ricostruito nei dettagli il complesso attacco terroristico per capire che cosa non ha funzionato, perché, e cosa sarebbe successo da noi. Eppure i caccia potevano almeno salvare il Pentagono, in "Oggi ", a. LVI, 26 settembre 2001, pp.18-27; Maria Celeste Crucillà, Maria Laura Giovagnini, I racconti dei sopravvissuti e gli ultmi tragici momenti di chi ha trovato la morte sugli aerei 141 alcuni approfondimenti siano fatti per un pubblico interessato più al gossip, ad esempio le interviste ai personaggi famosi, ma il settimanale cerca comunque di dare conto anche degli equilibri internazionali.

La settimana successiva lo speciale ha la stessa lunghezza, circa trenta pagine, con servizi di tutti i tipi: dall'analisi strategica della possibile guerra in Afghanistan, alle profezie che anticipavano l'attentato alle torri gemelle.322

Lo speciale ricalca anche qui quelli della guerra del Golfo con servizi seri sulla situazione mondiale, testimonianze dirette e curiosità (come quelle delle profezie) e, come tocco emozionale, i disegni dei bambini. Bin Laden è presente in tutti e due gli speciali, e la sua immagine è quella del cattivo da fumetto.

Lo speciale di "Gente" occupa una ventina di pagine e i servizi sono simili, la notizia è presentata praticamente nello stesso modo e anche alcuni articoli si somigliano molto, benché fatti da corrispondenti diversi: tra le testimonianze vi è quella di Dino Caputo, presente anche nell'altro settimanale e, la settimana successiva, un articolo sui cani che scavano tra le macerie. "Gente" si concentra di più sulla testimonianza diretta e sulle biografie di vittime e attentatori, e cerca di spiegare la religione islamica ai lettori; non manca nemmeno la solita biografia a tinte forti di Bin Laden.323 dirottati o intrappolati nelle torri del terrore. Ho sceso 78 piani d’inferno mentre attorno tutto crollava, in "Oggi “, a. LVI, 26 settembre 2001, pp. 28-38 (all'interno del servizio vi sono interviste di Cristina Pace a personaggi televisivi americani in Italia: Clarissa Burt, Romina Power, Wendy Windham e Sidney Rome); Mauro Suttora, Vita e segreti di Osama Bin Laden, il miliardario arabo accusato di avere organizzato dall’Afghanistan la strage di New York. Così vive la belva che oggi fa tremare il mondo, in "Oggi ", a. LVI, 26 settembre 2001, pp. 41-44 (all'interno, Indro Montanelli, Contro il terrore imparate da Israele); Mario Conti, Il fondatore di “Emergency” tra i disperati dell’Afghanistan. A Kabul combattiamo per salvare i bambini, in "Oggi ", a. LVI, 26 settembre 2001, p.47. 322Copertina di Oggi del 3 ottobre 2001 con soldato americano che abbraccia la famiglia prima di partire. Gino Guillace Raugei, Mentre la macchina militare Usa si muove per punire Bin Laden, un esperto delinea gli scenari del conflitto che preoccupa il mondo. Bush giura: batteremo il Male sferrando un attacco invisibile, in "Oggi", a. LVI, 3 ottobre 2001, pp 19-23; Gen. Luigi Calligaris, Ma i venti di guerra ci trovano disarmati, in "Oggi", a. LVI, 3 ottobre 2001, pp. 23-24 sulla possibile partecipazione italiana al conflitto; Gino Guillace Raugei, Trent’anni fa Golda Meir si trovò in una situazione simile a quella di Bush, E Israele ordino: Uccidete i terroristi di Settembre Nero!, in "Oggi", a. LVI, 3 ottobre 2001, pp 27-28, sull'uccisione dei terroristi responsabili degli attentati di Monaco del 1972; Foto esclusive: Nel covo di Bin Laden: ecco l’antro del diavolo, in "Oggi" , a. LVI, 3 ottobre 2001, pp 29-33, servizio fotografico con foto degli anni '80-90; Marina Cappa, Preti scrittori e cantanti avevano annuciato l’apocalisse. Ora tutti dicono: noi lo sapevamo, in "Oggi", a. LVI, 3 ottobre 2001, p. 34 ; Maria Laura Giovagnini, Là dove c’erano le rovine, anche i cani cercano il tesoro delle Torri, in "Oggi", , a. LVI, 3 ottobre 2001, pp 36-43; Maria Celeste Crucillà, Nei toccanti disegni degli alunni di una scuola elementare milanese, tanta angoscia, ma anche tanto desiderio di solidarietà. Grandi della terra, non fateci paura: piccoli vogliono la pace., in "Oggi", a. LVI, 3 ottobre 2001, pp. 43-48. 323Massimo Borgnis, Le foto del giorno, testimonianze allucinanti e un racconto in diretta. Un italiano racconta ero in quell’inferno, in "Gente", a. XLIV, 27 settembre 2001, pp. 20-28; Dino Cimagalli, Chi è Bin Laden, l’uomo che ha dichiarato guerra all’America e all’Occidente. Dicono: “Sì è lui che ha organizzato tutto”, in "Gente", a. XLIV, 27 settembre 2001, pp. 29-32. Isabella Mayer , Dagli aerei o dalle torri molti hanno telefonato a casa con il cellulare. Le voci della tragedia: muoio, ti amo ti dico addio, in "Gente", a. XLIV, 27 settembre 2001, pp. 33-39. 142 Nei servizi seguenti dello stesso numero il settimanale continua sullo stesso tono: vita di Bin Laden, testimonianze della tragedia, spiegazione dell'Islam ai lettori. Con la guerra in Afghanistan, però, spunta fuori di nuovo l'ex maggiore, ora colonnello, Gianmarco Bellini, che si dichiara pronto a partire di nuovo per l'Afghanistan. La guerra del Golfo riecheggia quindi anche nel richiamo a uno degli eroi del conflitto precedente.324

La settimana successiva, nel primo numero di ottobre, non ci sono molti cambiamenti, il taccuino di Cervi accusa gli Usa di non avere combattuto prima Bin Laden, e i servizi intervallano le biografie dei terroristi a quella di Bin Laden, definito il "Principe nero", con tanto di intervista a un parente acquisito dello sceicco, residente a Frosinone. Data la paura dell'antrace e di un attacco chimico è presente un articolo sulla difesa da questo tipo di armi, con la copertina di ragazzi con maschere antigas in Piazza Duomo a Milano.325

Nella biografia di Bin Laden è interessante notare come venga costruita la sua immagine da giovanotto ricco e spensierato, che trasgredisce all'Islam dandosi alla bella vita nella Beirut prima della guerra civile e che, dopo avere visto i disastri del Libano, cambia diventando un islamico radicale che si dedica anima e corpo al Jihad.

"Famiglia Cristiana" si discosta dalla linea degli altri periodici, ma dedica ugualmente la maggior parte del suo spazio all'avvenimento: non ci sono le biografie, più o meno romanzate di Bin Laden, ma si cerca di dare una visione globale dell'avvenimento (senza i cani che scavano le macerie e i voti delle elementari dei terroristi). Lo speciale sull'undici settembre esce, poi, il 23 e quindi è già nota la minaccia americana di colpire l'Afghanistan che ospita Bin Laden; quindi è anche netta la condanna dell'intervento militare, che, afferma l'editorialista Beppe del Colle, non serve contro un nemico con

324Dino Cimagalli, Mentre il mondo è in ansia, vediamo quali sono le origini del fanatismo religioso dei terroristi musulmani Il vero Islam non è quello di Bin Laden, in "Gente", a. XLIV, 3 ottobre 2001, pp.16-28. Isabella Mayer, Le storie dei cani che hanno aiutato a cercare le persone sotto le torri. Tra le macerie i poliziotti a 4 zampe, in "Gente", a. XLIV, 3 ottobre 2001 pp.29-32; Alexandra Williams, Eccezionale intervista con la madre del terrorista che pilotava uno degli aerei bomba. Ecco il volto di uno di quei kamikaze, in "Gente", a. XLIV, 3 ottobre 2001, pp. 38-40 325Mario Cervi, Un colpevole ritardo. Perché Bin Laden non è stato combattuto prima, in "Gente", a. XLIV, 11 ottobre 2001, p. 17; Massimo Borgnis, Bin Laden, il principe nero. Come è cresciuto e come da “nababbo”, si è convertito al terrorismo: la vita allucinante dell’uomo più ricercato del secolo, in "Gente", a. XLIV, pp.19-24; Così un infermiere italiano è stato “esiliato” da Kabul. Sono stato cacciato dai talebani, in "Gente", a. XLIV, pp. 25-34; Stefano Faticoso, Allarme terrorismo: tutto ciò che è utile sapere per ridurre eventuali rischi. Come agire contro le armi chimiche, in "Gente", a. XLIV, , pp. 34-38; Chris Grieve e Louis Debordes, Siamo andati in Egitto dai genitori di Mohamed Atta, uno dei terroristi di New York. Da bravo bambino a kamikaze c’è anche una lettera di Bin Laden agli attentatori, in "Gente", a. XLIV, pp 39-40. 143 organizzazione diversa da quella statale come AlQaeda.326

Il titolo dello speciale è Il mondo non sarà mia più come prima e viene data una spiegazione di questo da Guglielmo Sasinini, che si occupa anche delle missioni all'estero e delle corrispondenze di guerra. Il settimanale cerca di dare gli umori di un paese, gli Usa, colpito, e si discute anche sui problemi che l'attacco ha portato, sia per la libertà di stampa che potrebbe essere imbrigliata in nome del patriottismo, sia nel rapporto con gli arabi residenti.327

Le corrispondenze sono molte di più di quelle di altri giornali e anche la qualità se ne discosta: vi sono interviste e testimonianze, ma si cerca di spiegare l'evento nelle sue linee principali, anche geopolitiche, e si mette in guardia da possibili derive autoritarie in Usa. Data la connotazione religiosa della testata vi è un intervista al patriarca di Gerusalemme e, nell'articolo sulle reazioni nel paese, a un cappellano militare americano.

Il trenta di settembre, quando ormai si preannuncia l'attacco all'Afghanistan, i resoconti della tragedia avvenuta l'undici settembre passano in secondo piano, mentre ci si concentra sulla tragedia che sta per avvenire, sulla guerra al terrore e sull'attacco all'Afghanistan. Si comprende il dolore e lo sgomento, ma la guerra è vista come un'opzione non praticabile, anche perché viene dichiarata contro un nemico che non possiede città e non ha un territorio.328 Le corrispondenze sui paesi del Medio Oriente,

326Beppe del Colle, La guerra non risolve i problemi, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, p. 17. 327Paolo Romani, L’America rialza la testa, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, pp. 18-20; Bruno Marolo, L’ira di Bush e il suo piano contro il terrorismo. Un popolo alle armi, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, pp 20-23; Alberto Chiara, Parla il ministro della difesa Antonio Martino. “Non andremo in guerra”, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, pp. 23-25; Guglielmo Sasinini, Perché alcuni paesi arabi temono lo sceicco. La “minaccia” Bin Laden, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, pp. 26-28; Guglielmo Sasinini. Cesare Pavoncello, Dopo il fallimento dei sistemi di Intelligence. Il ritorno degli 007, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, pp. 28-30; Fulvio Scaglione, Usa e Russia sono ormai sulle stesse posizioni. Afghanistan nel mirino, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, pp. 30-31; G.S. e Davide Silvera, I paesi arabi di fronte all’ipotesi di un conflitto. L’incognita Medio Oriente, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, pp.31-32; Silvano Guidi, Come reagirà alla crisi l’economia mondiale? Ce la faremo, ma non tutti, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, p. 33; Maurizio Turrioni, Come la paura di attentati ci cambierà la vita. Viaggeremo in internet, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, pp. 34-35; Franca Zambonini, Lo scrittore israeliano David Grossman Nutrire la speranza, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, pp. 36-37; Renzo Giacomelli, Parla il patriarca di Gerusalemme Michel Sabbah “il cerchio dell’odio”, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, p. 39; Walter Cronkite, l’anchorman più ascoltato d’America. “Giornalisti vigilate”,in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 23 settembre 2001, p. 41 328 Beppe del Colle, Il rischio terrorismo e il Medio Oriente, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 30 settembre 2001, p. 17; Bruno Marolo, Vivo o morto, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 30 settembre 2001, pp. 27-28; Fulvio Scaglione, Il grande risveglio sulla via della seta, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 30 settembre 2001, pp. 29-30; Fulvio Scaglione, Gli italiani e la guerra “tutto giusto però…” , in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 30 settembre 2001, pp. 30- 31; Guglielmo Sasinini Davide Silvera, Islam: un mare 144 poi, sono diverse e si occupano di tutte le forze in campo, dalla destra israeliana al segretario della lega araba, Bin Laden compare solo nell'articolo Vivo o morto, ma non viene riferita la sua biografia, bensì solo le difficoltà di una sua cattura in un paese come l'Afghanistan. E' interessante che nell'articolo il possibile fallimento nella cattura venga paragonato al fallimento della missione somala nella quale diciannove rangers avevano perso la vita nel tentativo di catturare Aidid.

Il numero alla vigilia della guerra in Afghanistan si apre con un editoriale di Beppe del Colle in cui si parla della scelta a favore della pace e dell'eguaglianza tra tutte le civiltà. Il frontespizio del settimanale recita infatti: Tutti gli uomini nascono liberi e uguali in arabo. Il giornalista, poi, non condivide "l'invettiva antislamica" di Oriana Fallaci e la pretesa di una civiltà di essere superiore ad un'altra; più in là nella rubrica Il commento, affidato allo storico Franco Cardini, dichiara che non esistono civiltà superiori. I vari articoli parlano sia della cronaca dell'attacco che della situazione in Israele e Medio Oriente. Vi è poi una serie di articoli su come cambia la vita nell'era del terrorismo globale: pezzi sulle code ai check in agli aeroporti o sulle minacce di attacco batteriologico.

Interessante è un articolo di Fabio Colombo, docente della Università Cattolica di Milano, sul ruolo dei media nella tragedia, i quali, con la creazione del nemico e l'esagerazione delle paure, spingono verso l'intervento armato.329 agitato dall’Egitto al Pakistan, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 30 settembre 2001, p. 32; La lega araba: “mai con Israele”, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 30 settembre 2001, pp. 33-34; Cesare Pavoncello, G.S., “Pronti a collaborare anche con gli arabi”, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 30 settembre 2001, pp. 34-35; Alberto Chiara, L’ex ambasciatore italiano all’Onu. “Gli Usa non vogliono freni”. Intervista a ex ambasciatore italiano negli Usa, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 30 settembre 2001, pp.35-36. 329 Beppe del Colle, I cattolici, il conflitto e le ragioni dell’etica. La nostra scelta tra la guerra e la pace, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, p. 27; Bruno Marolo, L’ora dell’attacco, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp. 29-38; Alberto Chiara, Alessandro Minuto Rizzo, vicesegretario generale Nato. “Ma non spareranno soltanto le armi”, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp. 31-32; Guglielmo Sasinini, Davide Silvera. Dopo l’incontro tra Shimon Peres e Yasser Arafat. Israele e palestinesi sperano e tremano, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp. 33- 34; Fulvio Scaglione, La crisi internazionale e il mercato del petrolio. Niente paura, i pozzi non c’entrano, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp. 35-36; Silvano Guidi, Chi sono e come lavorano gli 007 finanziari Agenti molto speciali a caccia di conti cifrati, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp. 37-38; Alberto Bobbio, La “guerra” dei cattolici, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp. 40-46; Renzo Giacomelli, Il papa in Kazakhstan e Armenia. Dialogo, rispetto e soprattutto pace, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp. 44-45; Renata Maderna, Fratello terrorista, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp. 46-47; Franco Cardini, Occidente Islam e opposti estremismi. Non esistono civiltà superiori, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, p. 49 e una serie di servizi sulla vita di tutti i giorni: AA.VV., Paura nemico invisibile, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp 53-61 con all'interno: Alberto Bobbio, “C’è un arabo a scuola, fate uscire i bambini”, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, p. 55; Guglielmo Sasinini, “Allarme Rosso in quattro metropoli”, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, p.56; Matteo Prioschi, C’è coda al check-in, ma nessuno si lamenta, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, p. 57, Giuseppe Altamore, Rallentano i consumi, ma non troppo, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, pp. 58-59; Luciana Saibene, Allarme bioterrorismo, perché parlarne?, in 145 I media, nelle guerre seguite alla fine della guerra fredda, hanno l'effetto di portare l'opinione pubblica più o meno consapevolmente verso l'intervento armato. Anche se non si schierano direttamente con la guerra, con la creazione della notizia, e soprattutto con l'immagine del nemico che propongono, spingono verso una risoluzione in linea con il potere politico. E' da ricordare che gli anni dopo il 1989, con la scomparsa del pericolo sovietico, hanno visto l'Occidente cercare nuovi oppositori, più o meno dannosi, contro i quali intervenire.

Per l'attacco alle torri gemelle si attua lo stesso processo avvenuto con la guerra del Golfo: l'avvenimento è definito epocale anche per lo spazio che gli viene dedicato nei media, molto maggiore rispetto a qualsiasi altra missione umanitaria precedente o successiva, anche nel caso della Somalia, e viene creata l'immagine del cattivo.

Con l'undici settembre e l'attacco all'Afghanistan si assiste in "Oggi" e "Gente" e "Famiglia Cristiana" allo stesso modo di presentare la notizia: l'avvenimento epocale dopo il quale "niente sarà più come prima", l'attacco imprevisto ed imprevedibile al cuore della democrazia. Anche se il settimanale cattolico segue l'avvenimento con speciali di moltissime pagine e fa propria l'idea dell'avvenimento epocale, si discosta dagli altri periodici nel modo di presentare la notizia. "Famiglia Cristiana" è fortemente impegnata per la pace, ribadita con forza dalle parole del papa e non pensa ad uno scontro di civiltà, né presenta Bin Laden come un cattivo da fumetto con caratteristiche grottesche.

L'attacco in Afghanistan

Le cronache della guerra proseguono con speciali della stessa lunghezza che descrivono le operazioni militari e la vittoria delle truppe della coalizione: vi sono articoli sulla situazione globale ma, soprattutto in "Oggi" e "Gente", pareri di persone appartenenti a diversi ambiti sulla guerra e sui messaggi di Bin Laden. "Gente" continua con speciali piuttosto lunghi fino a dicembre dove c'è l'ultima lunga serie di servizi sull'argomento.

Sono da segnalare alcuni articoli che si rivelano interessanti per far capire come la guerra al terrore possa venir fatta accettare dietro fatti di costume: vi sono due pezzi di Isabella Mayer, figlia del direttore, sulla partenza di Mario Arcuri, ufficiale della Marina italiana, per il Golfo Persico. Come si capisce dal cognome il tenente Arcuri è il fratello "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, p. 60; Piero Negri, Sindrome da guerra e ansia da talk show, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 07 ottobre 2001, p. 61. 146 della showgirl Manuela Arcuri, che viene intervistata sulla guerra ed esprime le sue preoccupazioni. In questo modo l'avvenimento viene in qualche modo addomesticato e ridotto a un fatto di costume, come una qualsiasi festa in Costa Smeralda.330

Tra le altre notizie interessanti da segnalare c'è un servizio in cui si chiede a dei vip che non sono esperti di guerra e di strategie della comunicazione se sia meglio censurare o diffondere i comunicati video di Osama Bin Laden. Le personalità intervistate, da Simona Ventura a Margherita Hack, dicono la loro opinione in proposito e si dichiarano al favore della libertà di informazione.331

Sulla guerra al terrore e su una questione come quella della presenza di Bin Laden in televisione si intervistano persone che non hanno particolari competenze per esprimersi, a parte il fatto di essere conosciute. L'avvenimento epocale "dopo il quale niente sarà più come prima viene presentato come una notizia di costume e così viene accettato nella forma in cui lo si vuole confezionare.

La creazione dello stereotipo del nemico dietro l'angolo si ha quando, nell'ottobre 2001, vengono arrestati alcuni fondamentalisti islamici a Milano: anche in questo caso, come per Osama Bin Laden, si assiste alla creazione del cattivo, o almeno della persona incapace a vivere in società.

La vicina di casa, intervistata dal settimanale ha detto che i terroristi vicini non si sentivano e che, prima di vederli di persona ne aveva in mente un'immagine precisa

io mi immaginavo che i terroristi avessero la barba come Che Guevara, il mitra

sulle spalle e fossero aggressivi332

In seguito, però si viene a sapere, sempre grazie alla vicina, che l'arabo non pagava l'affitto, aveva l'appartamento pieno di taniche di benzina e aveva ucciso il gatto: comportamenti sicuramente sospetti. In sostanza si crea anche qui l'immagine del cattivo da fumetto, funzionale a una strategia di comunicazione ben precisa.

330Isabella Mayer, Il tenente di vascello Mario Arcuri tra i 1.400 marinai salpati verso le zone calde Il conflitto Afghano in casa di Manuela Arcuri. Mio fratello è andato in guerra, in "Gente", a. XLIV, 29 novembre 2001, pp. 34-37; Isabella Mayer, Arcuri: “Mio fratello è partito per la guerra” "Gente", a XLIV 15 dicembre 2001, pp. 29-31. 331Antonio Fortichiari, Isabella Mayer, Le responsabilità di Tv e giornali nel riportare i discorsi di Bin Laden Dobbiamo ascoltarlo o imbavagliarlo? , in "Gente", a.XLIV, 25 ottobre 2001, pp. 36-43. 332Riccardo Morante, Una denuncia dall’America. Milano la base del terrore? , in "Gente ", cit., a. XLIV, ,pp 45-46; Luciano Verre, Una donna di Gallarate racconta: Ho vissuto porta a porta con un terrorista, , in "Gente ", cit., a. XLIV, pp. 49-50 147 "Oggi" segue una linea diversa: come detto, nei giorni della guerra collabora con il giornale mandando corrispondenze dal Pakistan Antonio di Pietro, già come magistrato ed ex ministro dei lavori pubblici. Egli iniziò quindi una collaborazione con "Oggi" con dei servizi dalle zone di guerra. Come abbiamo visto lo schieramento del settimanale Rizzoli è abbastanza chiaro, vi sono infatti articoli di Di Pietro e con il diario di Gino Strada, fondatore di Emergency, che viene pubblicato in 4 numeri.333

"Gente", schierato per il centro-destra, pubblica la stessa foto di Di Pietro che, da inviato di "Oggi", assiste a una manifestazione pro Bin Laden, affermando che Di Pietro manifesta con i talebani.334

Anche se non approva alla guerra, come dimostrano queste corrispondenze, "Oggi" non si discosta dal presentarla come un fatto di costume, anche se con personaggi differenti rispetto ai divi di "Gente".

Tra i personaggi che fanno presa sul pubblico prevalentemente femminile di queste pubblicazioni c'è la regina Rania di Giodania, che per la sua bellezza e l'essere una donna in vista in un paese islamico ha attirato i servizi dei rotocalchi; una copertina è dedicata anche alla moglie di Marco Tronchetti Provera, Afef Jnifen, in cui la modella prendeva le difese dell'Islam accusato di fanatismo.335

Il settimanale, che occupa la maggior parte delle sue corrispondenze in servizi e interviste a divi, ritorna in seguito sulla regina Rania in un servizio fotografico sulla famiglia reale di Giordania, dove si afferma, che, nonostante i progetti di attentato, i

333Antonio Di Pietro, La preoccupante scoperta del nostro “inviato” Antonio di Pietro, che in Pakistan ha indagato sui legami tra mafia e politica. Ma la sconfitta dei talebani potrebbe inondarci di eroina, in "Oggi", , a. LVI, 24 ottobre 2001, pp. 37-41; all'interno Qui si respira aria di Guerra Santa, in "Oggi", a. LVI, 24 ottobre 2001, pp. 39-41. Su Gino Strada: Salvatore Giannella, Il diario del chirurgo Gino Strada, “missionario” nel paese dei Talebani Sul fronte dell’Afghanistan lotto per far vincere i bambini, in "Oggi", a. LVI, 10 ottobre 2001, pp. 29-30. Maso Notarianni, Salvatore Giannella, Gino Strada, “papà di Emergency, lancia un appello di pace. Nel nome dei suoi piccoli malati. Ma queste bombe faranno male ai miei bambini, in "Oggi",a. LVI, 17 ottobre 2001, pp. 22-31; Maso Notarianni, Dopo aver chiuso l’ospedale di Emercgency nella capitale afghana, gli “studenti islamici” chiamano il dottor Strada. Sotto le bombe, da Kabul mi implorano: italiani, aiutateci! , in in "Oggi", , a. LVI, 23 ottobre 2001, pp. 26-29; Maso Notarianni, Salvatore Giannella, In Afghanistan, l’epopea dell’avvocato piemontese che ora aiuta i mutilati. Italiano ti diciamo grazia perché fai camminare la vita. in "Oggi", , a. LVI, 30 ottobre 2001, pp. 36-41; Maso Notarianni, Ancora il diario di Gino Strada, in "Oggi", a. LVI, 6 novembre 2001, pp. 24-26 . 334L’intervista all’ex senatore e giudice di mani pulite sul clamoroso documentario che lo riguarda e di cui tutti parlano. La foto che scotta Di Pietro che applaude Bin Laden, in "Gente", a. XLIX, 12giugno2003. 335Viaggio nell’Islam d’Italia. Dalla bella Afef, la più famosa musulmana di casa nostra, ai tanti fedeli di Maometto, tutti dicono: no al terrorismo Non odiateci, noi figli di Allah non vogliamo guerre sante, in "Oggi", , a. LVI, 10 ottobre 2001, pp. 24-29; Michela Auriti, Svelato il piano di Osama Bin Laden, che nell’estate del 2000 stava per attentare nel Mediterraneo allo yacht della famiglia reale di Giordania. Il mostro voleva far a pezzi la bellezza “pericolosa” di Rania, in "Oggi", a. LVI, 17 ottobre 2001, pp 36-39. 148 coniugi sono felici.336

La guerra, Bin Laden, e gli attentati sono, una volta di più, un fatto di costume, con parti assegnate: la bella Rania che è sfuggita alla “belva”, al “principe nero” del terrore.

Anche in "Oggi" quindi la guerra viene depotenziata e le corrispondenze drammatiche dalla Kabul assediata di Gino Strada si trovano accanto alla guerra vista da modelli e divi come Afef.

L'affermazione di Afef è una risposta di una donna di religione islamica ad una dichiarazione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che dichiarava che l'Islam era fermo al medioevo. Mario Cervi, editorialista di "Gente", ha cercato di difendere Berlusconi nel suo Taccuino.337

Un' altra paura ricorrente che ha colpito l'opinione pubblica dopo l'undici settembre è stata quella,come accennato, di un possibile l'attacco batteriologico: poco dopo l'attentato, infatti, buste contenenti antrace sono state recapitate in alcuni edifici pubblici americani. Il mondo occidentale, già scosso dall'undici settembre, ha temuto un nuovo possibile attacco su vasta scala, anche perché le buste causarono la morte di cinque persone e il contagio non mortale di altre diciassette. Nel 2008 venne arrestato un tecnico di laboratorio del settore bioricerche della difesa, Bruce Ivins, che si suicidò prima del processo.338

Nel 2001, però, nessuno poteva sapere che le buste di antrace erano opera di un pazzo isolato, e si pensò fossero l'avanguardia di un più vasto attacco, anche perché le lettere inneggiavano all'undici settembre, ad Allah e alla distruzione di America ed Israele. I settimanali dedicano quindi molto spazio all'argomento, con il risultato di aumentare la percezione di rischio di un possibile attacco chimico.

Anche qui possiamo notare una certa differenza tra "Oggi" e "Gente", e il settimanale cattolico: se i primi due si gettano sulla notizia cercando di far leva sulla paura per vendere più copie, il terzo ammonisce che il vero nemico non è il terrorismo chimico, ma il panico che si sprigiona in questi casi.

Nella creazione della notizia è interessante vedere come, senza che vi sia un piano imposto, tutti i media che hanno uno stesso target vadano a insistere sugli stessi dettagli, fornendo eco e moltiplicandone gli effetti..339

336Bin Laden guarda: Rania ha una famiglia felice! In "Oggi", a. XLVI, 14 novembre 2001, pp. 56-57. 337Cfr. Mario Cervi, Taccuino, in "Gente", a. XLVI, 25 ottobre 2001, p. 20. 338http://www.fbi.gov/about-us/history/famous-cases/anthrax-amerithrax/amerithrax-investigation 339Luciana Saibene, Bioterrorismo: come ci stiamo preparando La vera epidemia? Il panico, in 149 Un ultimo articolo, questa volta di Bruno Marolo, ex inviato speciale in Libano e corrispondente ANSA per il nord America parla delle conseguenze del panico provocato dalle buste di antrace. Il giornalista ha uno strano doppio incarico: scrive infatti corrispondenze dagli Usa per due testate, "Famiglia Cristiana" e l' "Unità". Nell'articolo si parla del fatto che il panico degli Usa per l'antrace ha paralizzato per qualche giorno l'attività del Congresso e alcune buste sono state recapitate nelle sedi di CIA e FBI, già sotto accusa per non avere impedito gli attacchi dell'undici settembre.340

"Oggi" e "Gente", invece, cavalcano la paura dell'attacco chimico e vi dedicano alcuni articoli e trafiletti in altri pezzi, alla ricerca di notizie sensazionali che possano impressionare i lettori.

"Gente", come detto, inizia la serie sull'antrace con una foto di piazza Duomo a Milano con ragazzi con maschere antigas, dove si dice come difendersi341; nell'articolo già citato sui terroristi di Gallarate, che già sono mimetizzati tra la gente comune, vi è uno specchietto con i possibili pericoli dell'antrace.342

L'inserto mensile di "Gente" ("Gente mese"), che di solito si occupa di fatti di costume e di cronaca leggera, nel dicembre 2001 esce con il racconto fotografico della tragedia; i servizi sono fotografici e corredati da ampie didascalie che illustrano i momenti salienti della tragedia e del successivo attacco all'Afghanistan. L'ultimo servizio del supplemento riguarda l'antrace e parla di una lettera indirizzata alla popolare attrice Jennifer Lopez.343

L'approfondimento politico o gli articoli sugli avvenimenti mondiali sono confinati in poco spazio. Ciò che è interessante è la presentazione della guerra come un fatto di costume non differente dalle cose di cui si occupa il telegiornale. "Gente", per la strage di Nassiriya, dedicherà un servizio ai vip presenti, per motivi personali, al funerale.

"Oggi" nei suoi servizi non parla di possibili contagi ad attori e persone del mondo dello spettacolo, ma cavalca la paura per incrementare le vendite: vi sono interviste a persone colpite e sopravvissute e ai biologi che lavorano in laboratori specializzati contro le malattie infettive. I servizi dell'antrace si chiudono quando viene annunciato che non è

"Famiglia Cristiana", a. LXX, 21 ottobre 2001, pp. 40-43; Luciana Saibene, Antibiotici sì, contro la la paura, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 28 ottobre 2001, pp. 42-47. 340 Bruno Marolo, L’America sotto assedio, in casa e in Afghanistan. Il buio oltre l’antrace, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 04 novembre 2001, pp. 22-24. 341Cfr, Come agire contro le armi chimiche, cit. 342Cfr "Gente", Una denuncia dall’America. Milano la base del terrore?, cit. 343Cfr Da ottobre a dicembre, "Gente Mese", a.XV, n. 12, dicembre 2001. 150 opera di terroristi islamici, ma di un nemico interno, forse gruppi neonazisti.344

Quando i soldati italiani partono per l'Afghanistan l'opinione pubblica mondiale è stata sottoposta a una strategia comunicativa globale, non si sa quanto preordinata, che ha creato i nemici nel terrorismo islamico attribuendogli determinate caratteristiche, proprie anche di Saddam Hussein per la guerra del Golfo. Ricordiamo che durante la guerra del Golfo i notiziari e i telegiornali hanno spesso messo in guardia l'opinione pubblica per un possibile attacco chimico o batteriologico su Israele. L'arma chimica sarebbe, per sua natura, un'arma infida che viene utilizzata solo da dittatori senza scrupoli o terroristi. Anche se i giornali popolari non prendono posizione a favore della guerra, con la creazione di un nemico subdolo e pronto ad abbandonare tutte quelle regole di civiltà che caratterizzano gli scontri tra popoli, si alimenta il panico e quindi si invoca un diritto all'intervento militare.

L'invasione dell'Iraq

Dopo l'undici settembre gli Usa hanno iniziato quella che è stata definita la “guerra al terrore” invadendo prima l'Afghanistan, rifugio di Osama Bin Laden, e poi l'Iraq perché sospettato di avere armi di distruzione di massa, chimiche e batteriologiche. Scopo di questa tesi non è quello di addentrarsi nelle motivazioni geopolitiche della guerra, e nemmeno di seguire gli avvenimenti militari, ancora in corso e difficili da determinare al momento, ma di osservare come queste due missioni si inseriscano in una creazione, quella del soldato italiano portatore di pace, che si sviluppa a partire dagli anni '90, dopo la fine della guerra fredda.

L'Italia non partecipa alle invasioni di Afghanistan e Iraq, ma manda i propri soldati dopo l'invasione come forza di peace keeping per stabilizzare il paese. Secondo le intenzioni del governo Berlusconi, quindi, i soldati non fanno la guerra, ma contribuiscono a stabilire la pace e nel contempo il governo italiano mantiene buoni rapporti con l'alleato americano partecipando all'occupazione.

Anche se "Famiglia Cristiana" è contraria alla guerra e non parla, come in Somalia, di

344Gino Guillace Raugei, Ora il germe dell’antrace contagia di paura l’America e Siamo entrati nel bunker degli acchiappavirus, in "Oggi", a. LVI, 24 ottobre 2001, pp 43-58; Maria Celeste Crucillà, Il messaggio di speranza di una americana colpita dal terrorismo biochimico. Con l’antidoto del coraggio batterò il virus dell’antrace, in "Oggi", a. LVI, 31 ottobre 2001, pp. 30-33; e Salvatore Giannella, Mentre l’America va in caccia di Bin Laden, il giornalista dello scandalo Watergate scopre che quello batteriologico forse è un incubo “made in Usa”. I demoni dell’Antrace sono i nazisti americani?, in "Oggi", a. LVI, 5 novembre 2001, pp. 20-22. 151 una missione di pace, ma di guerra, loda il comportamento dei soldati e parla di una differenza tra loro e gli americani. Le missioni internazionali degli anni '90 hanno creato un paradigma che mescola elementi vecchi e nuovi: la supposta diversità del soldato italiano partecipe delle sofferenze altrui perché si può mettere allo stesso livello delle persone che assiste portando loro conforto e una carica umana, in sostanza una riedizione dell'”italiano brava gente” aggiornato alla fine del millennio; a questo sostrato che si perde al tempo delle imprese coloniali si aggiunge poi quello dei seri professionisti adatti al loro compito.

Nei tempi andati il mito dell'italiano brava gente comportava che i soldati italiani fossero umani e comprensivi con le popolazioni locali, ma decisamente poco marziali e inadatti a combattere. Con l'intervento internazionale nelle missioni viene aggiunto, fin dal Libano, a quello dei bravi ragazzi, anche quello dei bravi soldati, capaci di destreggiarsi al livello degli altri anche nelle cose militari. Con la guerra del Golfo e la prigionia di Bellini e Cocciolone, che non erano in missione di pace, questo secondo aspetto, sconosciuto nella visione dell'italiano soldato, si arricchì di due eroi popolari, in grado di sopportare la prigionia in Iraq e le torture, ma anche di bombardare in solitaria un obiettivo ben difeso. Cocciolone e Bellini furono infatti gli unici che riuscirono a effettuare il rifornimento in volo previsto e proseguirono soli sull'obiettivo, senza la scorta di altri cacciabombardieri (l'Italia non comprò mai Tornado da caccia, ma solo per l'attacco di precisione).

Con i primi anni '90 e le prime missioni, quindi si stabilirono le caratteristiche del soldato italiano del terzo millennio, funzionali al tentativo di ristabilire un senso di appartenenza al paese e alla rivalutazione del concetto di patria che è stato avviato e portato avanti dagli ultimi due presidenti della Repubblica.

Le missioni in Iraq e Afghanistan, pur avversate da una certa parte dell'opinione pubblica e da gran parte di quella cattolica, non hanno fatto registrare alcuna perplessità sull'operato dei militari e la loro morte a Nassiriya non ha suscitato alcun dibattito sullo status delle truppe (se occupanti o liberatrici).

Un partito appartenente all'estrema sinistra, Rifondazione Comunista, espulse un esponente della corrente di minoranza quando questi definì Nassiriya una forma di resistenza all'occupante straniero. L'espulsione di Marco Ferrando era dettata da logiche politiche, ma è interessante che, anche un partito di estrema sinistra in prima fila nelle manifestazioni per la pace e contro gli interventi militari, abbia espulso un dissidente appoggiandosi su una valutazione, certamente contestabile ma legittima, di questo

152 attentato.

Con la partenza delle truppe italiane per l'Afghanistan, votata dai parlamentari di maggioranza e opposizione, si apre un dibattito interno al paese molto forte: se il Parlamento è compatto nelle votazioni e solo alcuni dissidenti di centro-sinistra votano no all'intervento, la piazza e l'opinione pubblica lo sono meno, come dimostra un sondaggio SWG commissionato da "Famiglia Cristiana" e allegato nell'articolo di Alberto Chiara contro l'intervento armato.345 Il settimanale si schiera nettamente contro l'intervento. Nel numero del 18 novembre 2001 vi sono tre interventi di giornalisti di un certo peso: il già citato Alberto Chiara, che si occupa anche di volontariato e obiezione di coscienza; Beppe del Colle, che ribadisce la sua contrarietà alla guerra nell'editoriale e Monsignor Diego Bona, vescovo di Saluzzo e presidente di Pax Christi346

Il giornalista Bruno Marolo in un articolo del 6 gennaio 2001, non parla di missione di pace quando vengono inviati gli alpini in Afghanistan come contingente di supporto per gli americani, ma non esprime alcuna condanna verso il contingente italiano, l'articolo parla anche, in un breve specchietto di una possibile nuova missione a Mogadiscio e delle navi militari mandate in missione nel Golfo in appoggio alle truppe di terra in Afghanistan. Viene riferita parte del messaggio del presidente Ciampi ai soldati (“Non avremo sicurezza fino a che non avremo sradicato il terrorismo”) e viene dato conto in modo neutro delle navi impiegate347

Nello stesso numero vi sono alcuni servizi sulle guerre, come quella somala, dimenticate dall'opinione pubblica, in cui si accusano i giornalisti che diventano un meccanismo di trasmissione di ordini fabbricati dall'alto quando il loro scopo è costruire narrazioni funzionali alle logiche del potere politico:

Oggi la narrazione non disturba più il potere, anzi spesso è utilizzata per costruire alibi internazionali.[ ...] Chi riesce a uscire dalla trappola? Chi riesce a smontare questa macchina narrativa semplice e sbagliata, e a ragionare in termini di sistema: distribuzione e forme dei poteri, flussi finanziari, ruolo del commercio,

345Alberto Chiara, Partiamo anche noi, con 2.700 soldati professionisti e un discreto numero di mezzi, aerei e navi. Ma l’opinione pubblica è divisa, italiani all’attacco, in "Famiglia Cristiana", a.LXX, 18 novembre 2001, pp.28-33. 346Danilo Bona, E' il Vangelo che dice no alla guerra, in "Famiglia Cristiana", a.LXX, 18 novembre 2001, p.5 e Beppe del Colle, L’esito (involontario) del corteo della maggioranza di piazza. L’Italia si divide, in "Famiglia Cristiana", a.LXX, 18 novembre 2001, p. 17. 347Bruno Marolo, I soldati italiani diventano subito operativi. Gli alpini in Afghanistan, in "Famiglia Cristiana", a.LXXI, 06 gennaio 2002, pp. 30-33. 153 effetti delle dipendenze?348

Il settimanale, quindi, si schiera con forza contro la guerra in Afghanistan e la condanna viene ribadita anche il 24 febbraio, con un articolo di Don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele, che protesta contro una possibile modifica alla legge sul commercio delle armi, faticosamente approvata nel 1990 anche grazie ai gruppi di pressione cattolici, in primo luogo Pax Christi.

Da allora la pace ha guadagnato molti e bugiardi sinonimi (sino alla bestemmia delle "guerre umanitarie"), ma ha perso parecchio terreno; e a ogni palmo di

terreno perduto corrispondono sangue e stragi, bombe e bombardamenti. 349

La condanna alla guerra non potrebbe essere più netta, eppure il settimanale dedica un lungo servizio ai militari di stanza a Kabul, in cui si loda la loro opera di ricostruzione del paese e la loro professionalità.350

All'inizio si afferma che il soldato italiano è diverso per umanità da quello americano, e che ormai i nostri soldati impegnati fuori da confini sono circa 10.000 e siamo secondi solo agli Usa in questa classifica. Come in molti articoli di stampa a grande diffusione la gran parte del pezzo è costituita da testimonianze della vita dei nostri militari a Kabul con le interviste a vari ufficiali, un sottufficiale e l'ambasciatore italiano in Afghanistan Domenico Giorgi.

Le interviste sono molto interessanti perché veicolano quell'immagine del soldato italiano che si è affermata al tempo delle missioni internazionali: un tenente del nucleo comunicazioni parla della tecnologia del reparto, che non ha nulla da invidiare a quella americana; nel paragrafo Manca il cuoco faccio il minestrone viene intervistato Maresciallo capo Flavio Napoli, che si occupa di ogni questione pratica della base e, in mancanza del cuoco, lo sostituisce cucinando per la truppa. Le ultime due interviste riguardano il comandante della missione, colonnello Giorgio Battisti, che esemplifica le linee guida:

348AA.VV., Dossier guerra dimenticate, in "Famiglia Cristiana", a.LXXI 06 gennaio 2002, pp.45-46. 349Don Luigi Ciotti, Non ritornino i mercanti di morte, in "Famiglia Cristiana ", a. LXXI, 24 febbraio 2002, p. 3. 350Fulvio Scaglione, La difficile missione dei soldati di pace a Kabul. La pace con l’elmetto, in "Famiglia Cristiana", a. LXXI, 17 febbraio 2002, pp.43-46. 154 Gli uomini sono dei veterani delle missioni: in questa missione, sia militare che politica che umanitaria. L’Isaf rappresenta la comunità internazionale, ora impegnata a mostrare all’Afghanistan e agli afghani che siamo qui solo per

aiutare il paese a rinascere e il popolo a ricominciare a vivere351

Infine viene intervistato il tenente Stefano Moretti del reparto NBC (nucleare- batteriologico-chimico), e si dice che l'Italia è l'unica ad avere portato reparti del genere, mentre le altre nazioni hanno riso quando, al G8 di Genova, è stata schierata la contraerea, ma l'undici settembre ha mostrato che la previdenza italiana era giustificata.

Queste interviste sono interessanti perché riescono a dare un'immagine completa di quello che sono i militari nella stampa popolare in un settimanale che, per i suoi servizi e il suo schierarsi contro la guerra con forza, popolare non è.

Vi è la professionalità e l'umanità dei soldati, impegnati in un compito che non è solo militare e che sono in grado di svolgere perché diversi dagli americani, e infine l'arte di arrangiarsi tipicamente italiana quando il maresciallo fa da cuoco perché questo è assente.

Nonostante la contrarietà all'intervento, quindi, i soldati impegnati in Afghanistan non possono che agire bene.

La notizia in "Oggi" è invece più tipica dei giornali di costume. Montanelli è morto a luglio del 2001 e il giornale, per qualche mese, ripropone vecchi pezzi nella sua Stanza, e nelle risposte del generale Caligaris.

Quello che, invece, i lettori vogliono sapere dell'Afghanistan sono le storie degli italiani e ottenere risposte che confermino l'immagine che essi hanno dei nostri soldati. È interessante notare come, per la partenza del contingente della Marina nel Golfo, il servizio parli in termini positivi della nostra marina e illustri le sue migliori unità, come fanno anche altri settimanali, ad esempio "Famiglia Cristiana".352 Il servizio si chiude con l'intervista a due esperti Franco Angioni e Luigi Caligaris, entrambi ex militari e politici, il primo per l'Ulivo e il secondo che è stato eurodeputato per Forza Italia.

La nota di colore è rappresentata dall'unica donna pilota di F-14 Tomcat, nome di

351Fulvio Scaglione, La difficile missione dei soldati di pace a Kabul. La pace con l’elmetto, in "Famiglia Cristiana", a. LXXI, 17 febbraio 2002, p. 45. 352Francesco Palladino, Dopo il via libera all’intervento italiano in Afghanistan, andiamo alla scoperta della portaerei gioiello tecnologico del nostro contingente. Ora partono i Mille con la nuova “Garibaldi”, in "Oggi", a. XLVI, 21 novembre 2001 155 battaglia Mumbles, che prende parte alle operazioni in Afghanistan.353

L'intervista ad Angioni non era casuale: due mesi dopo, quando vengono schierate le truppe di terra, l'articolo diventa un paragone tra la missione in Libano e quella in Afghanistan. Nel servizio si intervista un colonnello che ha partecipato alla missione in Libano e che vede somiglianze tra la missione a Beirut e quella in Afghanistan, soprattutto nell'accoglienza riservata ai militari da parte dei bambini.

L'infanzia violata e costretta a subire la guerra costituisce il corollario indispensabile a giustificazione dell'impegno dei militari nel peace keeping e, in alcuni casi, viene annoverata tra le motivazioni dell'intervento. Era già avvenuto per la Somalia, dove le foto dei bambini in preda alla denutrizione hanno costituito uno dei fattori determinanti nella pianificazione della missione.

Il maresciallo Valerio Ercole, l'uomo che nello scandalo Somalia si vede applicare elettrodi ai genitali di un prigioniero, aveva riempito i suoi rullini di foto con bambini somali, e aveva espresso, al ritorno a casa, il proposito di adottarne uno.354

I bambini costituiscono, con il ruolo di vittime innocenti, una potente legittimazione all'intervento. Tra i morti nelle missioni di pace, argomento del prossimo capitolo, vi è il sergente maggiore Marco di Sarra degli incursori paracadutisti. Egli scortò una missione umanitaria della croce rossa italiana, guidata da Maria Pia Fanfani, per portare soccorso ai civili ruandesi colpiti dalla guerra civile. Al ritorno venne contagiato da una grave forma di malaria che lo portò alla morte. Il titolo di "Oggi", corredato da una foto commovente del soldato con una bambina ruandese, fu: Marco si è sacrificato per salvare questa bambina.355

L'articolo è poi posto dopo un pezzo in cui il ministro della Difesa Antonio Martino prospetta un possibile intervento umanitario in Ruanda; quindi, anche se i servizi vengono messi vicini perché di argomento simile, l'effetto potrebbe essere quello di spingere verso una missione di pace in Ruanda.356

L'intervento in Afghanistan riprende quello del Libano, e ciò segnala che esiste una costruzione del ruolo del soldato di pace, e lo riprende proprio con il ruolo dei bambini,

353Intanto la bella Mumbles bombarda l’Afghanistan, in "Oggi", a. XLVI, 21 novembre 2001 354 Cfr. Andrea Chicca, La costruzione delle retoriche coloniali. Lo scandalo Somalia del 1997, Corso di Laurea specialistica in Storia e Civiltà, Università di Pisa, aa. 2005-2006, relatore prof. F. Dei. 355Cesare Carassiti, Marco si è sacrificato per salvare questa bimba, in "Oggi ", cit, a. XLIV, 18 luglio 1994, pp 15-16. 356Francesco Palladino, Il ministro Martino spiega il nuovo ruolo italiano nel mondo. Dico no alla Bosnia, ma aiuteremo il Ruanda, in "Oggi ", a. XLIV, 18 luglio 1994, pp 12-14. 156 che già comprendono, come quelli di Beirut vent'anni prima, l'umanità del soldato italiano.357

Il pezzo si chiude infatti con un'intervista a un ufficiale italiano, già presente a Beirut, che rievoca la missione e istituisce un parallelo tre le due. Il peace-keeping, quindi, è costruito a partire dai miti passati, ricordati dai lettori, che istituiscono una tradizione e una storia. Si può dire che, tra gli anni '90 e 2000 venga “inventata la tradizione” del soldato di pace, e del comportamento dei soldati italiani, uguale in tutti i fronti di guerra.

Le missioni in Libano e Afghanistan sono però diverse, come ha fatto notare il generale Franco Angioni, perché nella prima si trattava di interporsi tra due forze in lotta che avevano accettato una forza multinazionale pur di mantenere la pace, nella seconda i talebani non accettano la pace e non è possibile imporla agendo solo come forza di interposizione.358

Le missioni in Iraq e Afghanistan sono regolate dal codice penale militare di guerra, quindi i soldati sono considerati dei combattenti e hanno maggiori possibilità di usare le armi senza incorrere in pesanti sanzioni. Il dubbio sulla natura delle missioni di peace- keeping è proprio anche dei comandi militari e infatti il generale Bruno Loi ha intitolato il resoconto della missione in Somalia, di cui è stato il comandante, Peace-keeping pace o guerra? Nell'introduzione egli parla del fatto che il codice militare di pace sia stato poco adatto a una missione come quella somala, che si svolgeva in un contesto di guerriglia urbana, e che i comandi militari hanno agito giustamente regolando le missioni in Iraq e Afghanistan come missioni di guerra.359

"Gente" dedica, come abbiamo visto, ben due servizi alla guerra della famiglia Arcuri, facendo sì che la guerra sia vicina ai fatti di cronaca rosa e di costume raccontati nel settimanale. Nel periodico della Rusconi, però, non c'è l'identificazione con le vecchie missioni umanitarie, ma la parte più grande è occupata dalle donne soldato, che hanno preso servizio nell'esercito dal 2000.

Le donne soldato conoscono un'esposizione mediatica nella carta stampata e in televisione certamente superiore alla loro percentuale effettiva nell'esercito. L'Italia e il

357Francesco Palladino, Dopo numerosi ritardi sono arrivati nella capitale afghana i 350 militari italiani. E i ragazzi li hanno accolti con alcune parole nella nostra lingua. I bambini di Kabul dicono già ciao ai nostri primi soldati, in "Oggi", a. LVII, 23 gennaio 2002, pp. 16-18. 358http://www.deputatids.it/Select.aspSection=Arguments&Table=Documents&LeftBar=0&Argument= &DocumentType=&Search=&ID=9035&Mode=Edit&KeyName=ID&Page=1&Sort=&KeyValue=90 35 359Bruno Loi, Peace-Keeping pace o guerra? Una risposta italiana, l'operazione Ibis in Somalia, cit. 157 pubblico dei settimanali, che non sono abituati alla vista di donne in uniforme, sono portati a vederle come curiosità e quindi questo spiega la loro sovraesposizione, già in occasione dello stage del 1992.

Per l'Afghanistan si scelgono le donne soldato in foto e nelle interviste, fornendo anche quel tocco di femminilità che è certamente funzionale in un periodico di costume. In "Gente", quindi, la missione umanitaria si arricchisce del particolare delle donne soldato.360 Il settimanale aderisce alle motivazioni fornite dagli Usa e pensa che il paese sia liberato dalla presenza dei talebani che sono stati fino a quel momento mal tollerati. In un servizio, infatti, l'entrata dell'alleanza del nord a Kabul viene paragonata a quella degli alleati in Italia nel 1945, con foto di Bologna liberata e di Kabul361

"Oggi", invece, fa un servizio sulle prime donne soldato in missione per il Kosovo, nel quale si parla delle prime bersagliere che partiranno per i Balcani. Nella foto c'è una ragazza giovane e carina in uniforme, che viene anche intervistata; in seguito si intervistano i colleghi maschi sul comportamento delle donne soldato, che ricevono attestazioni positive.362

Le donne soldato diventano quindi un corollario quasi indispensabile dei servizi di guerra dei settimanali di intrattenimento e, portando valori tipicamente femminili, un elemento in più nella costruzione dell'identità del peace-keeper. Le donne, brave nelle cose militari (vi sono interviste a guidatrici di blindati), sono anche donne e sono un'arma in più per rapportarsi alla popolazione in compiti non bellici come quelli che l'esercito deve svolgere.363

Il lungo dibattito che ha portato, anche in Italia, all'istituzione della figura della donna soldato diventa per le forze armate un'arma importante di marketing spendibile per il nuovo ruolo dell'esercito nelle missioni internazionali. I giornali di intrattenimento come "Oggi" e "Gente", ma anche "Famiglia Cristiana", contribuiscono, con le molte immagini delle donne soldato, a veicolare questa immagine funzionale ai nuovi compiti delle forze armate.

L'ultima missione presa in esame e con cui si conclude questo percorso è l'operazione

360 Riccardo Morante, Ecco chi sono le donne soldato italiane: anche loro si preparano alla guerra. Il rossetto sul fucile , in "Gente", a.XLV, 10 gennaio 2002, pp. 49-53. 361Si sono viste in Afghanistan quelle scene che… in Italia si videro nel 1945, in "Gente Mese", Ottobre-dicembre 2001, pp. 26-29. 362Matilde Amorosi, Le donne soldato “con le piume” non vedono l’ora di entrare in azione Noi, le prime bersagliere, andremo di corsa in Kosovo, in "Oggi", , a. LVI, 22 agosto 2001, pp. 58-61. 363Cfr. http://www.difesa.it/Primo_Piano/Documents/Approfondimenti/DIFESA_cap_10_%20le %20donne_B15new-14set.pdf 158 Antica Babilonia, che ha portato i militari italiani ad essere presenti in Iraq dopo l'invasione delle truppe anglo-americane che ha portato alla destituzione di Saddam Hussein e all'occupazione del paese. La strategia militare americana si è rivelata efficace nel distruggere ciò che rimaneva dell'esercito regolare di Saddam Hussein, ma di meno a governare e garantire pace e tranquillità al paese. Alla fine della guerra numerosi gruppi armati rimanevano sul territorio e il paese era spaccato, come oggi, in raggruppamenti su base etnica e religiosa, appoggiati dai vari stati confinanti come Siria o Iran.

L'intervento in Iraq dei soldati italiani era quindi volto a garantire pace e la transizione del paese ad un governo democratico, e contemporaneamente all'addestramento di un nuovo esercito e di una nuova polizia irachena in grado di mantenere il controllo del paese autonomamente al ritiro delle truppe della coalizione internazionale.

Tra gli aspetti interessanti della missione c'è, come già detto, che questa è regolata dal codice penale militare di guerra e non da quello di pace. Lo Stato Maggiore, quindi, considera la presenza militare in Iraq come in un ambiente ostile e con possibilità di scontri a fuoco e conflitti.

Paradossalmente la prima guerra del Golfo, non intesa come una missione di pace, ma come una operazione di polizia internazionale volta a ripristinare la sovranità violata del Kuwait, non venne considerata dagli stati maggiori come una guerra a fini di carriera militare, come ricorda l'ex prigioniero in Iraq Gianmarco Bellini:

L'Italia all'epoca non era ufficialmente in guerra con l'Iraq e dunque,

semplicemente, non esistono prigionieri o feriti di guerra italiani.364

Il pilota continua affermando che finalmente si è posto rimedio a questo problema considerando le missioni in Iraq e Afghanistan come di guerra:

Le cose stanno cambiando, forse grazie proprio alla nostra esperienza: in Afghanistan non si parla più ipocritamente di missione di pace, i soldati laggiù sono tutelati dal codice penale militare di guerra ed io sono convinto che anche a

364 http://www.larena.it/stories/Home/218662_parla_il_pilota_gianmarco_belliniper_lo_stato_non_ho_co mbattuto_in_iraq/ in" L'Arena di Verona", 17 gennaio 2011 159 tutti quelli che hanno operato nel Golfo verrà dato il giusto riconoscimento365

Con la creazione del paradigma del soldato di pace siamo arrivati ad un apparente paradosso: la guerra del Golfo del 1991 non era considerata una guerra dagli stati maggiori, ma lo era dall'opinione pubblica, anche se per giusta causa; le missioni in Iraq e Afghanistan sono considerate una guerra dagli stati maggiori (con il plauso di alti gradi dell'esercito come Gianmarco Bellini o il generale Bruno Loi), ma non dall'opinione pubblica che le considera come missioni di pace.

L'atteggiamento della gran parte dell'opinione pubblica sulla missione in Iraq quindi soffre di una certa schizofrenia che viene risolta con la strage di Nassiriya e la battaglia dei ponti: l'illusione, fino a novembre del 2003 di operare in un contesto pacifico, di essere amati e benvoluti dalla popolazione irachena, protetti da quella umanità che è propria del soldato italiano all'estero; a questa illusione, però, non crede lo stato maggiore quando decide di far regolare la missione dal codice penale militare di guerra. Con la strage di Nassiriya anche l'opinione pubblica, e non solo gli stati maggiori, si accorgono che la missione invece ha caratteristiche belliche.

La soluzione adottata nei tre periodici presi in esame sarà di attribuire l'attentato a poche frange estremiste che hanno avversato gli italiani per ragioni di potere nell'area, quando invece la maggior parte degli iracheni ama la presenza italiana e ne trae giovamento.

La guerra in Iraq viene seguita con servizi speciali, come era avvenuto per l'undici settembre o la guerra in Afghanistan. Essi occupano una buona parte dei settimanali con le diverse fasi di avanzata della guerra e i vari articoli di costume correlati, sempre presenti in questo genere di stampa: testimonianze dei soldati, degli inviati, servizi sugli animali impegnati con la truppe.

"Famiglia Cristiana", fedele alla linea pacifista nei suoi speciali, oltre a rendere conto degli avvenimenti militari sul campo parla delle iniziative per la pace in tutto il mondo, e definisce false e costruite le prove della guerra in Iraq portate da Bush e Blair per giustificare l'intervento.

Abbiamo quindi tre giornali che hanno opinioni diverse sulla guerra e che, però, si ritrovano uniti nel presentare la notizia della morte dei militari italiani a Nassiriya, inserendola (anche "Famiglia Cristiana") nel ruolo di quella dei “soldati di pace”.

365 http://www.larena.it/stories/Home/218662_parla_il_pilota_gianmarco_belliniper_lo_stato_non_ho_co mbattuto_in_iraq/ in" L'Arena di Verona", 17 gennaio 2011 160 Gli speciali di "Oggi" e "Gente" non sono quindi molto diversi da quelli che hanno caratterizzato la guerra del Golfo o l'undici settembre, e si muovono su una formula collaudata.

"Gente", all'inizio della guerra, quando unità di Marina sono state dispiegate nel Golfo, anche se non parteciperanno ai combattimenti, richiama l'attenzione sulla prima guerra del Golfo intervistando il Generale Mario Arpino, ex Capo di Stato Maggiore dell'aeronautica, e a capo dell'unità di combattimento schierata nel Golfo nel 1991; si parla anche di Bellini e Cocciolone.366

I servizi speciali sulla guerra durano quattro numeri e destano un certo interesse perché vi sono elementi contraddittori: da un lato si chiede pace, come nella copertina con un bambino che piange con lo sfondo di un pozzo petrolifero in fiamme con la didascalia: Se c'è ancora un po’ di umanità gridiamo tutti come lui… pace 367

I servizi occupano le pagine dalla 18 alla 33, che sono raggruppate in un unico contenitore dal titolo I nostri servizi sulla guerra.368

Il primo servizio parla dell'ex capo del programma nucleare iracheno in esilio a Londra, che offre una mappa dei siti in cui è probabile che Saddam Hussein abbia stoccato armi proibite. Poi vi sono degli estratti dei discorsi dei due leader, Saddam e Bush. Ciò che è interessante è che il periodico, con l'intervista al capo del programma nucleare iracheno, avvalora il pretesto usato da Bush e Blair per la guerra.

I servizi successivi, però, mostrano la guerra nel suo volto umano: vi sono le foto della benedizione di alcuni soldati americani da parte di un sacerdote e, nell'ultima corrispondenza, vi è l'immagine di un militare americano che dà la sua borraccia a un soldato iracheno ferito.

Foto di questo tipo, che mostrano i soldati americani intenti a sollevare gli sconfitti e dar loro conforto, sono presenti in tutti i servizi successivi sulla guerra, a significare una guerra diversa e condotta con rispetto e umanità. In questo modo si avvalora la visione di una guerra umanitaria e senza alcun accanimento sui nemici.

366Roberta Pasero, Il generale Mario Arpino, protagonista dell’attacco all’Irak del 1991, parla del probabile nuovo conflitto. La guerra a Baghdad: “io so già cosa è”, in "Gente", a. XLVI, 06 marzo 2003, pp. 21-26. 367 Cfr "Gente", a.XLVI, 03 aprile 2003, p. 1. 368Massimo Borgnis, Antonio Fortichiari, Giovanni Gola, Patrizia Rusconi, Paolo Scarano, L.A, Le cronache dal fronte, le foto più drammatiche, le testimonianze più esclusive sui giorni più lunghi. I nostri servizi sulla guerra, in "Gente", a. XLVI, 06 marzo 2003, pp. 18-33: Eccezionale intervista con l’ex capo del programma nucleare iracheno che vive in esilio a Londra. Saddam ha armi proibite ecco quali sono; Saddam: Bush tu vuoi solo il mio petrolio; Bush: Saddam, i prigionieri non si umiliano; in "Gente", a. XLVI, 06 marzo 2003 161 Il secondo speciale guerra ricalca il primo, ma le foto di solidarietà tra ex nemici sono molte di più: il settimanale pensa di avere trovato un filone interessante e che incontra il favore dei lettori e vuole sfruttarlo, in questo modo la guerra viene nobilitata e resa accettabile. 369

Il primo servizio riguarda il comandante in capo, il generale Tommy Franks dei marines, presentato in quell'ottica di personalizzazione della guerra e mitizzazione delle figura più importanti già vista durante le prima guerra del Golfo, quando da una parte vi erano i buoni Schwrzkopf e Bush e dall'altra Saddam Hussein.

La maggior parte delle corrispondenze, però, parla dell'umanità dei soldati americani che, dopo aver combattuto, salvano la vita e si prodigano in gesti di solidarietà verso gli ex nemici: tre foto, inserite nel servizio Per fortuna la fraternità esiste ancora mostrano soldati americani e inglesi che stringono la mano, offrono borracce e addirittura portano in spalla gli ex nemici.

Appare utile ricordare che le foto sono strumenti ambigui per lo storico, come afferma giustamente Susan Sontag:

Per i militanti l’identità è tutto. E ogni fotografia attende di essere spiegata o

falsificata da una didascalia.370

"Gente" utilizza quindi le foto e le didascalie, che recitano: Da lontano lo ha ferito, da vicino lo aiuta, L’unica arma che serve per diventare amici è una stretta di mano, L’immagine della speranza: i nemici sono diventati fratelli. Questa operazione ha lo scopo di avvalorare l'immagine di una guerra combattuta con umanità e senza risentimenti tra le parti. L'ultimo servizio sulla guerra, poi, si occupa dei medici di guerra americani, che con i loro equipaggiamenti sofisticati salvano la vita

369Cfr. Le nostre cronache speciali e le fotografie dimostrano come l’umanità per fortuna non è scomparsa, in "Gente", a.XLVI, 10 aprile 2003, p.1 (copertina); Angelica Amodei, Massimo Borgnis, Antonio Fortichiari, Giovanni Gola, Isabella Mayer, Mimmo Pacifici, Patrizia Rusconi, Storie di guerra dal fronte, in "Gente", a.XLVI, 10 aprile 2003, pp. 18-38. All'interno: Chi è il capo dei marines americani p-18-20; per fortuna la fraternità esiste ancora, in "Gente", a.XLVI, 10 aprile 2003, p 21-22; I medici americani al seguito delle truppe in Irak hanno un equipaggiamento d’avanguardia per il pronto soccorso. Li chiamano diavoli in camice bianco, in "Gente", a.XLVI, 10 aprile 2003, Pp. 26-28, Una nostra inchiesta; perché i telegiornali hanno inviato a Bghdad soltanto donne. Lilli e le altre al fronte, in "Gente", a.XLVI, 10 aprile 2003, Pp. 30-34, E’la mamma più coraggiosa e amata d’Inghilterra. I miei figli, i veri soldati Ryan, in "Gente", a.XLVI, 10 aprile 2003, pp. 34-38 370Cfr. Susan Sontag , Davanti al dolore degli altri, Mondadori, Milano 2003, p. 9. Sull'uso della foto come documento storico, cfr anche: Giovanni De Luna, Il corpo del nemico ucciso, Einaudi, Torino 2006; Giovanni Fiorentino, L’occhio che uccide, Meltemi, Roma 2004; Adolfo Mignemi, Lo sguardo e l'immagine. La fotografia come documento storico, Bollati Boringhieri, Torino 2003. 162 indifferentemente a iracheni e compatrioti. Di seguito vi sono servizi su una madre inglese che ha quattro figli al fronte e sul perché tutti gli inviati speciali dei tg italiani siano donne.

Gli ultimi due speciali non si differenziano dagli altri, l'immagine ripresa dal giornale del marine con il soldato iracheno ferito sulle spalle viene definita dal presidente Bush come l'immagine simbolo della guerra, ovvero di due popoli nemici che non aspettano altro che di diventare amici. Gli speciali riportano corrispondenze, foto curiose come quella del dragone scozzese che fa il bucato vicino al suo blindato e, con il passare della guerra e la ricerca di elementi maggiormente emozionali, entrano un gioco gli animali, un modo sicuro e collaudato di intenerire i lettori. I servizi che riguardano cani all'interno di quelli sulla guerra i Iraq sono infatti due, uno su un cane addestrato a scovare le mine, e uno su un soldato inglese che ha adottato dei cuccioli trovati a Bassora dopo la liberazione.371

"Oggi" si schiera per la pace e non pensa al fatto che le motivazioni della guerra siano insufficienti: così non inserisce nei suoi speciali le immagini di fraternità tra nemici che sono state il leit motiv delle corrispondenze di "Gente". Tuttavia vi sono dei punti in comune. Vi sono servizi sui protagonisti della guerra, sulle donne soldato, come Jessica Linch (la cui storia di prigioniera di guerra venne romanzata per creare un'eroina in modo da far accettare l'idea della guerra agli americani).

Prima degli speciali sulla guerra il settimanale non è diverso dal suo concorrente: vi sono servizi sul possibile conflitto, e "Oggi" insiste sul fatto che gli Usa abbiano armi tecnologicamente molto avanzate, in grado di sconfiggere il nemico in poco tempo. In seguito, come "Gente", intervista il capo delle truppe americane, il generale Franks e, nel servizio sulle armi tecnologiche in dotazione alla coalizione si parla di cani e di leoni marini addestrati a scovare le mine.372

Un aspetto diverso è che si insiste di più sulla pace, e vi è infatti un servizio dal palco dell'Ariston dove alcuni cantanti hanno aderito a una iniziativa per la pace promossa dal

371Con il suo fiuto questo cane dell’esercito ha salvato la vita a oltre 200 soldati. Il suo nome è Buster E’ un eroe di guerra, a quattro zampe, in "Gente", a. XLVI, 17 aprile 2003, p. 31; Dopo la guerra la vita ricomincia da questi cuccioli, in "Gente", a. XLVI, 23 aprile 2003, pp. 30-32. 372 Mario Suttora, Scenari di guerra: il conflitto con L’Iraq segnerà una svolta nella storia militare, per l’uso massiccio di nuove armi e dell’elettronica. Durerà tre giorni e sarà un inferno veramente intelligente, in "Oggi", , a. LVIII, 05 marzo 2003, pp. 18-24; Mario Suttora, Chi è Tommy Ray Franks, al comando dei 250 mila americani pronti ad attaccare l’Iraq con la più imponente macchina bellica della storia. Con questi mostri da fantascienza sono obbligato a una vittoria lampo, in "Oggi", a. LVIII, 26 marzo 2003, pp.106-113. 163 settimanale, che con il numero del 17 marzo 2003 regalava una colomba della pace.373

Il primo speciale sulla guerra occupa venticinque pagine del settimanale e la copertina riporta la stessa foto di "Gente", con un soldato americano che dà da bere a un iracheno ferito. Il titolo recita Pietà per l'Iraq. Questa foto viene però spiegata in modo diverso dal settimanale contrario alla guerra: si parla di un soldato che dà da bere a un altro mentre lo tiene sotto tiro, e nelle altre foto si vedono prigionieri iracheni che si arrendono. Le fotografie quindi in uno o in un altro contesto possono cambiare, anche pesantemente, di significato.

I primi due articoli, uno sull'attacco a Bagdad e una corrispondenza dell'inviato speciale non sono interessanti, ma il terzo riguarda Condoleeza Rice, presentata come “dolce colomba” nell'amministrazione di falchi pro-guerra di Bush, e come la mediatrice tra Powell, incline alle trattative diplomatiche, e Donald Rumsfeld e Dick Cheney, che vogliono spingere la guerra al terrore fino in fondo.374 In realtà Condoleeza Rice era di solito classificata nell'amministrazione tra i falchi favorevoli a spingere la guerra fino in fondo, ma il settimanale non esce dalla classificazione consueta dei ruoli femminili e maschili.

Il secondo speciale in copertina ha una foto di Lilli Gruber e parla delle donne al fronte, sia come inviate che come militari. Il giudizio sulla guerra, almeno per il momento, è critico, e il settimanale pensa che la strategia americana sia fallimentare, a causa dei problemi climatici e di impostazione delle operazioni.Ne "La guerra delle donne", il servizio sulla presenza femminile, c'è una somiglianza con "Gente", ma si parla di soldatesse, guerrigliere e delle donne irachene che, nelle zone liberate dagli americani, vengono impiccate perché salutano i soldati occidentali. Tra le soldatesse della coalizione si parla delle prigioniere, soprattutto di Jessica Linch, che all'epoca era ancora dipinta come una delle eroine del conflitto. "Oggi" ritorna sulla soldatessa americana con un servizio sulla sua liberazione e, in seguito, quando si scopre che la sua storia è stata abbellita ad arte per ragioni propagandistiche.375

373 Mario R. Conti, Mentre i venti di guerra infuriano sul festival, dalle pagine di “Oggi” i big lanciano un messaggio di civiltà e pace. Sul palco dell’Ariston cantiamo: mettete dei fiori nei vostri cannoni, in "Oggi", a. LVIII, 17 marzo 2003 , pp. 56-61. 374Gino Guillace Raugei, Due velivoli in cielo, il primo missile, un boato: così alle 5:35 di giovedì 20 marzo, è scattata l’ora X. Obiettivo: distruggere Saddam. L’attacco, in "Oggi", a. LVIII, 17 marzo 2003, pp. 22-37; Mario R. Conti, Qui Baghdad – I testimoni oculari dell’attacco americano alla capitale irachena ci raccontano le drammatiche notti di paura. MI affaccio sul balcone e vedo la morte che arirva dal cielo, in "Oggi", a. LVIII, 17 marzo 2003, pp. 38-43; Chi sono i dieci personaggi chiave al fianco di George W. Bush. Tra i falchi della guerra c’è anche una dolce “colomba”, in "Oggi", a. LVIII, 17 marzo 2003, pp. 45-48. 375 Un avvocato di Nasiriah è un eroe per gli americani. Il soldato Jessica? L’ha salvata un iracheno, in 164 I due settimanali hanno due opinioni molto diverse sulla guerra, ma il modo di presentarla è simile: vi sono servizi su testimonianze e curiosità e la creazione di personaggi come quello del generale Tommy Franks e, nel caso di "Oggi", di Jessica Linch. Quello che colpisce è che la presenza femminile nella guerra è sempre più importante, e che quindi la donna, anche militare, assume un ruolo di primo piano. "Oggi", anche se non fa servizi su Saddam Hussein, trova il cattivo nella figura del figlio Uday, l'asso di cuori del mazzo di carte che diviene un drogato, un violento e uno stupratore.376

Diverso, al solito è il caso di "Famiglia Cristiana" che si schiera, come in ogni conflitto in questi anni, nettamente contro la guerra e ribadisce dalle colonne del settimanale una condanna netta dell'intervento armato, ospitando un editoriale del presidente emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, molto duro sull'Unione Europea la quale, perseguendo politiche autonome, fa l'interesse americano e non riesce a fermare la guerra 377; vi sono poi altri editoriali molto critici, tra cui quello di Beppe Del Colle che fa riferimento all'articolo 11 della Costituzione, che è

quanto basta per chiudere ogni discussione su che cosa debba fare o non fare l’Italia in questo frangente, ed è quanto il presidente Ciampi ha ricordato nei

giorni scorsi al Governo378

La copertina, poi, ha un ritratto a tutta pagina di Giovanni Paolo II, ormai debilitato, con la didascalia: fermiamola.379

La condanna all'intervento è quindi nettissima e viene ribadita nei numeri successivi. In un editoriale di Igor Man viene di nuovo offerta un'altra interpretazione dell'immagine del soldato con che dà da bere al prigioniero iracheno.

"Oggi", a. LVIII, 16 aprile 2003, pp. 34-38. Pino Aprile, Allora era tutta una finzione l’operazione salvate il soldato Jessica?, in "Oggi", a LVIII, 11giugno2003, p.6. 376Cristina Rogledi, Le eccezionali immagini ritrovate nella nella casa di Uday Hussein svelano il volto segreto dello spietato figlio di Saddam. Sesso Droga, armi: ecco il covo dell’asso di cuori, figlio del Raìs, in "Oggi", a. LVIII, pp. 28-31. 377"Famiglia Cristiana" dal 1997 è disponibile, negli articoli più importanti, on line gratuitamente. Oscar Luigi Scalfaro, La delicata posizione dell'UE nei confronti della guerra voluta da Bush. L'Europa non può essere serva degli USA, in "Famiglia Cristiana", a. LXXII, n.12 27 marzo 2003, http://www.stpauls.it/fc03/0312fc/0312fc33.htm 378Beppe del Colle, Non ci sono dubbi, l'Italia ripudia la guerra, in "Famiglia Cristiana", a. LXXII, 23 marzo 2003 http://www.stpauls.it/fc03/0312fc/0312fchp.htm 379Il sommario del numero è disponibile alla pagina http://www.stpauls.it/fc03/0312fc/0312fchp.htm 165 Il vero volto della guerra è in quella fotografia: un marine tiene la canna del mitra sulla tempia d’un prigioniero iracheno, un altro offre la sua borraccia al nemico (la pubblichiamo a pagina 13). Violenza e pietà. Il dito sul grilletto che basta spingerlo lievemente e a quell’inerme soldato gli va in pezzi la testa; le

gocce, centellinate, d’una sorta di acqua lustrale.380

La guerra al terrore è stata la prima guerra dell'era di internet e, nonostante la diffusione di numerosi media che possono trasformarsi in fonti di informazione indipendente, il grande pubblico riceve informazioni da poche fonti, che possono orientare quindi in modo molto forte l'opinione pubblica. La presenza di una molteplicità di blog, giornali on line, siti pubblici e privati molto spesso fornisce al potere una cassa di risonanza invece di un contraltare.

Nella guerra dell'era della globalizzazione paradossalmente diventa più facile manipolare l'informazione e adattarla alle varie esigenze, anche perché non è necessario un consenso totale.

La foto del prigioniero a cui viene dato da bere diventa un simbolo della guerra e viene riprodotta dai nostri tre periodici in modo diverso: "Gente" la usa come uno dei simboli di una guerra combattuta senza odio, contro un dittatore e non contro un popolo, come nelle intenzioni del presidente Bush; "Oggi" e "Famiglia Cristiana" riconoscono la violenza e il gesto di sopraffazione, ma anche la pietà e la prendono come un augurio del fatto che la situazione possa normalizzarsi.

L'arrivo dei soldati italiani in Iraq

Dopo avere preso in esame le motivazioni relative all'intervento in Iraq è interessante mostrare come i settimanali vedano l'arrivo dei nostri soldati e poi in seguito l'attentato a Nassiriya.

Le tre testate hanno opinioni e target differenti. "Oggi" e "Gente" sono pubblicazioni di costume, e presentano la guerra come un avvenimento non dissimile da una festa o da un ricevimento vip: le biografie dei personaggi salienti, le note di colore hanno una parte molto importante; "Famiglia Cristiana", come rivista cattolica, ha una posizione

380Igor Man, I morti innocenti, l'informazione censurata. La verità è la prima vittima della guerra, in "Famiglia Cristiana", a. LXXII, 30 marzo 2003. il sommario completo del numero è disponibile su http://www.stpauls.it/fc03/0313fc/0313fchp.htm 166 molto forte e chiara, e non indulge, nel presentare la notizia, in fatti di costume, mentre i commenti e gli editoriali spesso discutono del ruolo dei media e della falsificazione della notizia nell'era di internet.

Nonostante quindi la diversa presentazione della notizia con la partenza dei soldati e la strage di Nassiriya, il paradigma del soldato di pace si impone e anche il settimanale cattolico si adegua nel dare motivazioni alla presenza dei soldati in Iraq, dicendo che hanno a che fare con la pace e non con la guerra.

Alla partenza degli italiani per l'operazione antica Babilonia, "Oggi" e "Gente" offrono il ritratto classico dei soldati in operazioni di pace: umani ed efficienti.

"Gente", il 26 giugno 2003, intervista due militari in Iraq: il colonnello Luciano Portolano, detto "Rambo", e una bersagliera autista dei blindati. Si vede come le donne, in un ruolo come quello della guida dei carri armati, siano un elemento che può colpire la fantasia dei lettori e per questo siano inserite nell'articolo. L'articolo di "Gente", presenta una ragazza che guida blindati per usare un accostamento che può sembrare inusuale; la ragazza comunque parla del desiderio di guadagnare qualche soldo da portare a casa come motivo che l'ha spinta ad andare in missione all'estero.

Un libro dello scrittore Paolo Giordano, Il corpo umano, parla della guerra in Afghanistan e il personaggio della soldatessa “Zampa” ha come compito proprio quello della guida dei blindati.381

Il romanzo di Giordano, per quanto non sia materiale di questa tesi, è l'unico volume di narrativa e grande successo commerciale che parli delle missioni di pace e del nuovo ruolo dei soldati: nel libro sono presentati con le loro fragilità, che, a volte, mettono a rischio il risultato della missione.

L'altro personaggio interessante, simbolo della preparazione e dell'efficienza dei militari italiani, è Luciano Portolano, oggi generale. Il militare è pluridecorato ed è stato ferito in azione in Kosovo, quando ha portato il suo blindato, danneggiato dallo scoppio di una mina, in salvo con tutto l'equipaggio. Oggi è uno degli ufficiali più decorati dell'esercito italiano, e quindi i rotocalchi lo hanno trovato un personaggio interessante fin dalla guerra del Golfo, alla quale ha partecipato con il grado di capitano.382 Portolano, come

381Paolo Giordano, Il corpo umano, Mondadori, Milano 2012.

382Pietro Radius, Anche se l’occupazione militare degli iracheni è costata circa venti miliardi di dollari, il paese resta ancora immensamente ricco. Il Kuwait non ha fretta, in "Famiglia Cristiana", a.LXI, 12 febbraio 1992, pp. 72-80; Mario Suttora, Siamo entrati coi soldati italiani a Pec e li abbiamo seguiti nel pericoloso lavoro di sminamento, che permetterà ai profughi di tornare a casa. Cancelliamo la sporca guerra ripulendo il Kosovo dalle mine, in "Oggi ", a. LIV, 30 giugno1999, pp. 16-19; Paolo Scarano, I 167 soldato dei corpi corazzati si è occupato, fin dal 1992, del lavoro di sminamento, e in seguito ha tenuto sotto controllo, con la sua unità, regioni particolarmente difficili.

Le missioni internazionali si nutrono di personaggi che che possono essere interessanti, e le donne soldato e Luciano Portolano sono tra questi.

"Oggi" invece si avvale di una formula collaudata per parlare dell'arrivo del contingente italiano in Iraq: i bambini già pronti ad applaudire i soldati italiani.La rivista, che nelle sue pagine ha fatto molti servizi su Emergency e Gino Strada, collega l'arrivo dei militari italiani in Iraq alla ricostruzione del paese tramite le ONG e, all'interno del numero del 23 aprile 2001 si parla di come si può contribuire alla ricostruzione383

Due mesi dopo si parla, negli stessi termini, della missione in Afghanistan e compaiono nel servizio anche le donne soldato, che hanno per loro uno dei paragrafi in cui è suddiviso il servizio.

Di donne soldato si parla in termini di personale più addetto alla pace che alla guerra, pur conservando le caratteristiche di militari pronti a combattere.384 Si parla anche delle soldatesse che fanno servizio in un orfanotrofio vicino al comando: in questo modo alle donne militari spettano compiti femminili, come quello della cura dei bambini. Ciò rimane tutavia nel quadro di una missione all'estero, e rafforza il paradigma con l'immagine della maternità armata. Infine il servizio parla dei cani adddestrati, uno dei modi, come notato più volte, con cui i rotocalchi catturano facilmente l'attenzione dei lettori facendo leva sulla tenerezza.

"Famiglia Cristiana", invece, è contraria alla guerra e, anche quando dà conto dell'intervento, pensa a motivazioni economiche, ovvero la svendita dell'Iraq e delle sue risorse naturali alle aziende dei paesi che partecipano alla sua occupazione.

Si calcola che per aver appoggiato gli Usa, all’Italia tocchi subito un assegno di due miliardi di dollari in ricostruzione, che vuol dire aumentare dello 0,1 per nostri soldati verso le zone di guerra. Irak partono gli italiani, in "Gente", a.XLVI , 26 giugno 2003, pp. 54-61. 383In Iraq la vera emergenza ora è quella umanitaria: le organizzazioni e gli indirizzi per contribuire in concreto alla sopravvivenza della popolazione. La battaglia degli aiuti possiamo vincerla noi, se arriviamo primi, in "Oggi ", cit., , a. LVIII, 23 aprile 2003 e G di Stefano. S Giannella , Dopo le bombe è il momento delle organizzazioni umanitarie e dei soldati italiani. Con un obiettivo: portare la pace E ora arrivano i nostri per aiutare i tanti piccoli Alì,in "Oggi " , a. LVIII, 23 aprile 2003, pp. 18-25. 384Gino Guillace Raugei, I grandi servizi di “Oggi”. Viaggio in Afghanistan dove i nostri soldati combattono contro la gravissima emergenza umanitaria. Siamo angeli in mimetica: combattiamo con il cuore, in "Oggi", a. LVIII, 25 giugno 2003, pp 18-24. All'interno del servizio: C’è un’infermiera in mimetica con il mitra a tracolla. 168 cento il nostro Pil. L’Italia vanta crediti verso l’Irak pari a 1,4 miliardi di dollari. Non li prenderemo più, ma avremo la nostra fetta di business nel "nuovo" Irak.

385

Solo alla fine dell'articolo si dà conto delle truppe italiane, limitandosi a elencare i reparti che partiranno.

Il 19 aprile 2003 si parla delle difficile situazione nella zona di Bassora, città tenuta dagli inglesi, sotto il cui comando opereranno gli italiani, e si presentano i militari britannici come poco propensi al peace-keeping e più inclini alla guerra. Durante l'assedio della città, infatti, l'acquedotto è stato sabotato dalle truppe della coalizione e la popolazione soffre di una difficile emergenza idrica che perdura nonostante il ripristino avvenuto da poco.386

Il 10 di agosto viene intervistato il capo di Stato Maggiore dell'esercito, Guido Fraticelli, ex addetto militare di Kofi Annan all'Onu, al quale viene chiesto della lotta al terrorismo globale. Si parla dei soldati in Iraq e vi è una foto di essi mentre scendono da un elicottero mettendo in sicurezza il perimetro; ma si parla solo di sfuggita dell'operazione Antica Babilonia e come semplice resoconto delle truppe impiegate.387

Fedele alla linea editoriale, la redazione di "Famiglia Cristiana" non fa scrivere alcun articolo sul contingente; vi è tuttavia un pezzo sullo sminamento operato da una ONG, Intersos, a cui partecipano anche ex militari delle missioni internazionali e nelle foto gli sminatori sembrano essere carabinieri dell contingente italiano. Si parla comunque in modo positivo degli ex-militari con esperienze in missioni umanitarie.388

"Famiglia Cristiana" preferisce concentrarsi sulle organizzazioni umanitarie, e il ruolo dei militari italiani in Iraq viene solo accennato nell'intervista a Maurizio Scelli, commissario della Croce Rossa, che parla dei finanziamenti governative dice che non condizionano in alcun modo l'operato della Croce Rossa, e del fatto che gli operatori devono essere protetti dai carabinieri perché cittadini italiani, come di un prezzo, pur piccolo, da pagare per operare in Iraq.389

385Alberto Bobbio, Mentre si prepara la partenza dei nostri soldati. Anche agli italiani il “premio di guerra”, in "Famiglia Cristiana", a. LXXII, 04 marzo 2003 in http://www.stpauls.it/fc03/0318fc/0318fc36.htm 386Fulvio Scaglione, Bassora, dove arriveranno i carabinieri italiani. Tante lacrime e niente acqua, in "Famiglia Cristiana ", a. LXXII, 19 aprile 2003 in http://www.stpauls.it/fc03/0320fc/0320fc24.htm 387A. Chiara, Forze Armate, il nuovo capo di stato maggiore dell'esercito. Difendiamo la pace, in “Famiglia Cristiana”, a. LXXII, 10 agosto 2003 http://www.stpauls.it/fc03/0332fc/0332fc32.htm 388Fulvio Scaglione, Irak una giornata con gli sminatori italiani di “Intersos”. Angeli tra le bombe, in "Famiglia Cristiana ", cit., a. LXXII, 19 ottobre 2003. http://www.stpauls.it/fc03/0342fc/0342fchp.htm 389Fulvio Scaglione, Gli interventi della croce rossa italiana in Irak. quelli che non se ne vanno, in 169 Il settimanale, quindi, per precisa linea editoriale, non produce servizi sulla presenza militare italiana, alla quale è accennato solo di sfuggita, ma preferisce concentrarsi sulle ONG, alle quali sono dedicati anche altri articoli, oltre a quelli citati. Tuttavia con l'attentato di Nassiriya vi sarà un allineamento agli altri settimanali.

Nassiriya

E la strage di Nassiriya è il punto di arrivo di questa tesi: questa scelta è stata effettuata poiché si è trattato della strage di più ampie proporzioni mai verificatasi in una missione di pace italiana. La strage è stata il punto di arrivo di una ricerca che ha tentato di vedere come si formi l'immagine dell'operatore di pace e come se ne sia costruita la visione.

"Gente" parla per due numeri della vicenda: nel 27 novembre 2003 e nel numero successivo. La copertina reca l'immagine di un militare nella notte sullo sfondo della base distrutta e la dicitura: Edizione speciale: addio Carabinieri.390

I servizi speciali vanno da pagina 18 a pagina 45; nessun morto, nemmeno quelli della battaglia del pastificio, aveva portato ad un interessamento nei periodici superiore a un numero del settimanale, e mai con vari servizi che prendano quasi trenta pagine.

Anche per questa ragione si è scelto di terminare questa indagine con Nassiriya: l'avvenimento è infatti la massima espressione della costruzione dell'immagine del soldato di pace. Ogni tentativo di mettere sotto una luce diversa la vicenda non trova posto nel dibattito a caldo, e la convinzione che si tratti di un attentato terroristico è univoca. Esponenti politici che hanno affermato, in partiti di sinistra, che le truppe italiane erano in Iraq erano una forza di occupazione e che l'atto, per quanto non convenzionale, potesse essere letto come resitenza all'occupante e non come semplice terrorismo, sono stati sommersi di critiche dai loro stessi compagni di militanza.

Tutti i giornalisti più importanti di "Gente" partecipano allo speciale, che è una presentazione minuziosa delle vittime, sia militari che civili, con le loro biografie e i compiti pacifici che stavano svolgendo in Iraq.391 "Famiglia Cristiana", a.LXXII, 9 novembre 2003. http://www.stpauls.it/fc03/0345fc/0345fc28.htm#1 390Edizione speciale: addio carabinieri, "Gente", a.XLVI, 27 novembre 2003 (copertina). 391Mario Cervi, Massimo Borgnis, Antonio Fortichiari, Giovanni Gola, Achille Mezzadri, Mimmo pacifici, Giorgio Rossani, Patrizia Rusconi, Paolo Scarano, Carabinieri addio, in "Gente", a.XLVI, 27 novembre 2003, pp. 18-45 All'interno, Mario Cervi, L'Irak sta diventando un nuovo Vietnam che però coinvolge tutto il mondo?, pp.18-19. 170 Il successivo "Gente Mese", lo speciale con gli avvenimenti più importanti del mese appena trascorso, è dedicato quasi per intero ai carabinieri morti, con le immagini del funerale e delle vittime dell'attentato, ed ha per titolo: L'album dei caduti. I servizi sono composti quasi esclusivamente da foto con brevi didascalie e riguardano sia i momenti dopo lo scoppio, sia i funerali e il ricordo delle vittime.392

Il secondo speciale riguarda i funerali; è importante notare che una seconda ripresa dei funerali si era avuta solo per il caso Montesi. Per i morti nella strage di Nassiriya troviamo ancora immagini e una corrispondenza dal comando della base in Italia, dove viene intervistato il padre confessore dei carabinieri morti.

Quello che è però interessante è che, oltre alla lunga intervista al padre confessore, si parla della presenza di Paola Saluzzi e Zeudi Araya alle esequie e se ne chiarisce il motivo: una era amica di Massimo Ficucello, tenente della brigata Sassari morto nell'attentato, e l'altra di Stefano Rolla, il regista rimasto ucciso con i militari; di una delle vittime si dice poi nel titolo della biografia che la moglie è un ex ballerina della televisione.393

L'avvenimento della strage viene quindi ricompreso nelle molte corrispondenze di costume del settimanale, con il servizio e le foto dei personaggi famosi al funerale. La narrazione è quindi presentata in modo da essere funzionale al pubblico, con testimonianze e foto toccanti.

Non è dissimile il modo con cui la vicenda viene presentata da "Oggi", anche se lo spazio dato alla vicenda è minore. Il settimanale della RCS sceglie però in copertina la foto del funerale dei carabinieri, con bambini che mettono fiori vicino alla camera ardente. Il titolo del numero del settimanale è Fratelli d'Italia394

L'editoriale di Occhipinti sui caduti, oltre ad esprimere cordoglio, si augura che le truppe si ritirino da una missione di pace che in realtà si sta rivelando di guerra395

I servizi sono di Gino Guillace Raugei che, da inviato in Iraq, sostiene di aver conosciuto alcune delle vittime; cosa probabile perché il tenente Ficucello, analista finanziario e ufficiale della riserva, era incaricato di tenere i rapporti tra il contingente e

392Edizione speciale Viva l'Italia, "Gente Mese", a. XVI, dicembre 2003. 393Roberta Pasero Molten, Padre Mariano, il cappellano militare della base italiana di Nassiriya, ricorda i soldati che sono caduti in Irak Parla il frate confessore dei carabinieri, in "Gente ", a. XLVI, 04 dicembre 2003, pp. 20-30; Isabella Mayer, Durante le esequie di Stato si sono viste in chiesa due donne dello spettacolo. Due volti famosi tra la folla ai funerali: ecco perché, in "Gente ", a. XLVI, 04 dicembre 2003, pp. 31-35. 394Copertina l’Italia piange i suoi eroi , in "Oggi", a. LVIII, 26 novembre 2003. 395Cfr. A. Occhipinti, Editoriale, in "Oggi", a. LVIII, 26 novembre 2003, p. 3. 171 la stampa. Vi sono alcune foto dell'inviato con le vittime e i vari profili biografici, ma non c'è alcuna traccia della presenza di personaggi famosi ai funerali.

La missione in Iraq, però, viene definita di pace e l'attentato sarebbe stato possibile proprio perché gli italiani, a differenza degli americani, hanno regole di ingaggio molto strette, e hanno sparato proprio quando non potevano farne a meno.396

Tra le foto vi è quella, a tutta pagina, del tenente Ficucello che offre una lattina di coca- cola a un ragazzino iracheno con la didascalia: La gente di Nassiriyah chiede: “Italiani per favore non andate via!”397

Anche un periodico che è contrario alla guerra come "Oggi", quindi, definisce i militari come operatori di pace e non parla del loro ruolo di soldati, ma solo di persone che mantengono la pace e per questo sono colpiti.

"Famiglia Cristiana" non ha mandato corrispondenze sui soldati in Iraq, come aveva invece fatto per l'Afghanistan: la sua contrarietà alla guerra ha fatto sì che, diversamente dal passato, le sue corrispondenze siano incentrate sulle ONG e non sui militari in servizio. Si potrebbe quindi pensare che i servizi su Nassiriya risentano di questa scelta, come abbiamo visto, molto netta.

La copertina recita Grazie, ed è del picchetto d'onore dei carabinieri al funerale. I Colloqui col padre hanno come argomento la strage: sia il titolo (Operatori di pace) sia il modo con cui sono presentati i soldati italiani sono esemplificativi dell'allinearsi agli altri periodici.

Ma tutte le testimonianze, anche quelle dei nostri inviati che li hanno incontrati a Nassiriya, ci dicono che erano e si sentivano "operatori di pace". Pattugliavano le strade, ma distribuivano razioni di cibo alla poverissima gente dell’Irak; rastrellavano i quartieri alla ricerca di possibili terroristi, ma accompagnavano anche i bambini a scuola; arrestavano i trafficanti di armi, ma intanto ripristinavano gli acquedotti distrutti dalla guerra. Convinti che la pace si costruisce persino con un pezzo di pane e una scuola che riapre. Erano soldati un po’ "speciali", perché portavano con sé quel bagaglio di umanità che contraddistingue da sempre i militari italiani impegnati in missioni di pace nel

396Gino Guillace Raugei, Il dolore e il ricordo. Dopo aver dato l’estremo saluto alle 19 vittime della strage di Nassiriyah, tanti si chiedono se sia giusto restare in Iraq. L'Italia piange i suoi eroi, in "Oggi", a. LVIII, 26 novembre 2003, pp. 16-27. 397Gino Guillace Raugei, Il dolore e il ricordo. Dopo aver dato l’estremo saluto alle 19 vittime della strage di Nassiriyah, tanti si chiedono se sia giusto restare in Iraq. L'Italia piange i suoi eroi, in "Oggi", a. LVIII, 26 novembre 2003 pp.26-27 172 mondo .398

Gli altri servizi riguardano le biografie dei militari e i loro compiti, che sono comunque principalmente pacifici: mettere a posto gli acquedotti e salvare i reperti archeologici presenti.399

Il settimanale cattolico, quindi, aderisce alla visione del militare italiano come soldato speciale e operatore di pace, anche nel caso in cui è schierato contro la guerra e contro la missione in Iraq.

Interessante il fatto che si ponga l’accento sul fatto che i carabinieri proteggano i reperti archeologici. Molte sono le foto con bambini. L'articolo di Scaglione Bravi soldati e poi bravi ragazzi infatti parla del maresciallo Fregosi (56 anni e il più vecchio a morire a Nassiriya) che si occupava della protezione dei reperti archeologici.

Scaglione nel suo articolo, poi, parla esplicitamente della retorica degli “italiani brava gente”, come di una cosa di cui i caduti sarebbero infastiditi, perché sono anche militari professionali impegnati

A loro la retorica dell’italiano "brava gente", tirata in ballo anche per motivare i successi raccolti sul campo, avrebbe dato fastidio. E certe polemiche di questi giorni sulle misure di sicurezza prese per proteggere le sedi operative di Nassiriya li avrebbero fatti arrabbiare, perché se un orgoglio avevano era proprio quello di essere buoni soldati, professionisti sperimentati da tante missioni all’estero e dalla lotta alla criminalità organizzata in Italia400

Il funerale delle vittime e il dibattito sul ritiro occupa gran parte del numero successivo. "Famiglia Cristiana" è per il ritiro dall'Iraq, anche per evitare altre vittime. Interessante che il responsabile di Pax Christi, nel suo editoriale, parli di amor di patria e amor di pace che vanno di pari passo, e che il soldato in missione umanitaria non può essere

398 Grazie, in "Famiglia Cristiana", a.LXII, 23 novembre 2003, citazione in D.A., operatori di pace, ibidem, p. 6, 399 Beppe del Colle, Dopo gli ultimi attentati, la necessità di una strategia comune. Tutti uniti contro il nemico invisibile, in "Famiglia Cristiana", a.LXII, 23 novembre 2003, p.11; Fulvio Scaglione, Come lavoravano sul campo i carabinieri caduti. Bravi soldati e poi bravi ragazzi, in "Famiglia Cristiana", a.LXII, 23 novembre 2003, pp. 12-18: Delia Parrinello, Messina: dolore e sgomento nella famiglia di Alfio Ragazzi. Il motoscafo seminuovo del “signor Acqua”, in "Famiglia Cristiana", a.LXII, 23 novembre 2003, pp. 19-20. 400Fulvio Scaglione, Come lavoravano sul campo i carabinieri caduti. Bravi soldati e poi bravi ragazzi, in "Famiglia Cristiana", a.LXII, 23 novembre 2003 in "Famiglia Cristiana", a.LXII 23 novembre 2003, p. 12. 173 diverso da colui che manifesta per la pace.

E se a un tornante coloro che marciano per la pace contro le guerre incontrassero dei militari impegnati in un’azione di supporto umanitario, dovranno proseguire per sentieri diversi, ognuno con il suo vessillo? I giorni appena trascorsi ci hanno forse insegnato il contrario. Come è stato già detto, la tragica vicenda di Nassiriya costituisce «il fondamento di una sostanziale unità tra amore di pace e amore di patria», sentimenti che nessuno deve strumentalizzare al fine – ancora una volta – di argomentare contrapposizioni ineliminabili.401

Con Nassiriya la visione dei soldati come operatori di pace non si impone solo alla stampa generalista, ma anche a una parte di coloro che operano nelle lotte pacifiste, come il presidente di Pax Christi. Viene detto, in un altro articolo, che stiamo occupando un paese e che corriamo dei rischi, ma l'opera dei soldati non è quella di militari tradizionali, e le corrispondenze di Oggi, dove si dice che i soldati non hanno sparato fino a che il camion non era troppo vicino e che le regole d'ingaggio erano severissime, lo dimostrano. I nostri soldati sono considerati a tutti gli effetti soldati particolari, addetti alla pace più che alla guerra, ma anche seri professionisti in grado di difendersi dagli attacchi, ma non da quelli portati a tradimento come quello del novembre 2003.

Questa visione del peace-keeper e del soldato italiano è funzionale, come ho già detto, alla visione di patria e ai suoi interessi al di là dei nostri confini, e viene veicolata nei media con l'immagine dell'italiano buono a far la pace oltre che la guerra.

Con il 2003 anche l'identificazione del paese con le forze armate è pressochè totale, e questo è servito a legittimare la presenza italiana in molti teatri internazionali.

I morti nelle missioni internazionali e il caso Scieri

I morti nelle missioni umanitarie dal 1968 fino a Nassiriya sono cinquantotto, molti di più di quanti possa pensare l'opinione pubblica. Alcuni sono morti per incidenti o per imperizia, altri in azione di guerra, ma i rotocalchi spesso non li ricordano o li ricordano solo con un breve articolo. I caduti che hanno avuto più risalto sono stati menzionati nel precedente capitolo per mostrare in che modo siano stati funzionali alla creazione di un

401Monsignor Tommaso Valentinetti. Vescovo di Termoli-Larino e presidente di Pax Christi, Il difficile sentiero degli operatori di pace, in "Famiglia Cristiana", cit, a.LXXII, 30 novembre 2003, p. 5. 174 mito, quello del soldato italiano portatore di pace, che si è costruito tra gli anni '80 e '90.

La morte di Carlo Olivieri ha portato a un solo articolo di una pagina di "Gente", e la medaglia d'oro al valore dell'esercito venne concessa solo nel settembre 1991402, quando le missioni Onu godevano di maggiore popolarità.

Nel 2005 la Presidenza della Repubblica ha creato una medaglia apposita per coloro che sono morti o hanno subito invalidità permanente durante le missioni di pace: la "Croce d'Onore alle vittime di atti di terrorismo o di atti ostili impegnate in operazioni militari e civili all'estero". Questa onorificenza connette il problema dell'impegno fuori dal territorio nazionale con quello del terrorismo. È da segnalare che esiste un'altra medaglia, la “Medaglia d'oro di vittima del terrorismo” che a volte viene assegnata a coloro che muoiono o riportano ferite in azioni umanitarie.

Riunire quindi nel generico contenitore di terrorismo i morti in azione legittima le missioni umanitarie e rende i conflitti a fuoco non un fatto bellico, ma un'azione di polizia, confinando i resistenti sotto la generica etichetta di “terroristi” e quindi corpi estranei in una popolazione locale contenta dell'opera dei nostri militari. Alcuni caduti di Nassiriya hanno ricevuto entrambe le medaglie, come è accaduto a Gianfranco Paglia, rimasto invalido a seguito della “battaglia del pastificio” di Mogadiscio. La medaglia per le missioni all'estero è stata creata dopo la strage di Nassiriya, nel 2005, ma dal 2007 ne sono stati insigniti anche i morti o gli invalidi di missioni precedenti a quella in Iraq. Le prime persone decorate con tale medaglia, secondo il sito del Quirinale, sono proprio i caduti di Nassiriya.403

Con il passare del tempo e il maggiore impegno internazionale, quindi, vi è una maggiore sensibilità istituzionale e una codificazione delle morti all'estero, che ricevono un'onorificenza ad hoc, proprio a seguito della strage. Filippo Montesi, caduto in Libano, ebbe la croce di guerra al merito dell'esercito, il grado più basso dei riconoscimenti al valor militare, tanto da non essere nemmeno nel database del sito della Presidenza della Repubblica. Il funerale di Montesi venne officiato a Fano, sua città natale, anche se alla presenza del ministro della Difesa, del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica. Oggi i funerali dei caduti seguono un copione più preciso e il luogo loro deputato è la basilica di Santa Maria degli Angeli, nel centro di Roma, già usata per i funerali dei caduti nella “battaglia del pastificio” del 1993. Le

402 http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=313996 403 http://www.quirinale.it/elementi/Onorificenze.aspx? pag=1&qIdOnorificenza=68&cognome=&nome=&daAnno=1800&aAnno=2014&luogoNascita=&tes to=&ordinamento=2 175 bare, avvolte nel tricolore, vengono sbarcate all'aeroporto di Ciampino alla presenza delle autorità e viene allestita una camera ardente, di solito all'ospedale militare del Celio. Il rito funebre dei caduti di Nassiriya, invece, si è svolto nella chiesa di San Paolo fuori le mura, probabilmente perché è la chiesa più grande della città (escluso il territorio Vaticano).404

A questo proposito, per i dieci anni dalla strage di Nassiriya, il generale Alberto Ficuciello, padre di uno dei caduti di Nassiriya ha dichiarato a “La Stampa” di Torino:

Quando si avvicina l’anniversario della morte di Massimo le giornate si fanno pesanti. Le emozioni sono fortissime. L’affetto è sempre più apprezzato. La strage è stato uno spartiacque: dopo quei morti, l’Italia ha preso coscienza che il suo ruolo internazionale può fornire benefici ma anche eventi traumatici. Si è sviluppato nuovamente un sentimento patriottico dimostrato dal numero di

lapidi, strade, piazze dedicate alle vittime 405

I periodici presi in esame sono solo una parte del modo con il quale si è sviluppato un sentimento patriottico che ha coinvolto i caduti nelle missioni militari all'estero e la creazione di un paradigma; vi è anche un aspetto istituzionale, la creazione di medaglie ad hoc, e la dedica di strade e piazze che non è da sottovalutare, ma che per questioni di spazio esula da questa ricerca.

I morti nelle missioni internazionali

I primi morti dopo la guerra del Golfo sono i membri di un equipaggio di un elicottero Ab-205 dell'esercito in volo in missione di monitoraggio per la comunità europea al confine della Jugoslavia in via di dissoluzione. Un Mig 21 serbo fece fuoco abbattendo uno dei due elicotteri, mentre l'altro riuscì ad atterrare indenne in una radura. I caduti italiani in questa operazione furono quattro, più un francese che li accompagnava; il processo ai responsabili dell'abbattimento ha in seguito chiarito che l'intento di abbattere

404Un elemento interessante, che però non è oggetto di questa tesi, è quello delle strade intitolate ai morti nelle missioni internazionali. Da una ricerca su Google Maps, necessariamente incompleta, risulta che i caduti di Nassiriya, nonostante siano più recenti, nel 2011 avevano otto strade e piazza a loro dedicate, più di quanto ne fossero dedicate a Filippo Montesi, secondo in questa graduatoria, e più delle strade e piazze totali dedicate a ogni singolo caduto. 405R. Lodigiani, Nassiriya dieci anni dopo “Mio figlio mi manca sempre di più”, "La Stampa", 11 novembre 2013. 176 l'elicottero della comunità europea era deliberato e non casuale.

"Gente" dedica, come per tutti i morti in missione, un articolo alla vicenda. Il pezzo, al solito, riprende il cliché con le biografie dei caduti e la loro qualifica di operatori di pace.406 "Oggi" propone un servizio simile, anche se preferisce concentrarsi sulla moglie di uno dei caduti, il maresciallo Silvano Natale.407 "Famiglia Cristiana", infine, dedica un servizio, concentrandosi sul tenente colonnello pilota Enzo Venturini, e in seguito vengono descritte le biografie dei vari soldati di pace, che vengono presentati in modo celebrativo, differentemente da Bellini e Cocciolone, che avevano avuto poco spazio nel settimanale cattolico, contrario alla guerra.408 L'equipaggio venne decorato della medaglia d'oro al valor militare e non fu decorato in seguito con la medaglia per le missioni all'estero.

Il 3 settembre 1992 un G 222 da trasporto della 46a aerobrigata con a bordo quattro aviatori italiani venne abbattuto da un missile terra aria mentre trasportava un carico di coperte per la popolazione di Sarajevo assediata dall'esercito serbo. Vi furono polemiche sulla sicurezza del vettore e sul fatto che l'aereo, che doveva sorvolare a bassa quota una zona con presenze ostili, non avesse protezione antimissile.

"Gente" riferisce del funerale (svoltosi a Pisa, città sede del reparto) con interviste ai familiari e si dilunga sul fatto che alcuni operatori avessero partecipato anche alla guerra del Golfo e fossero sentiti più sicuri in Iraq. Le vittime vengono chiamate martiri di pace.409 "Oggi" segue la stessa linea di "Gente" e intervista i familiari al funerale. Vi è anche qui l'accento sulla missione di pace.410 "Famiglia Cristiana" si inserisce nello stesso registro, parlando di un'azione vigliacca di chi spara contro un aereo disarmato in missione di pace, ma, allo stesso tempo, riporta alcune polemiche sul mezzo non

406Gaspare di Sclafani, Renzo Magosso, L’agghiacciante tragedia dei nostri ragazzi abbattuti nei cieli della Jugoslavia devastata dalla guerra civile. Ce li hanno uccisi mentre volavano sull’inferno come angeli di pace, in "Gente", a. XXXV, 20 gennaio 1992, pp. 8-13. 407Andrea Biavardi, Il dolore dei familiari dei nostri militari caduti in Croazia. Spero che la sua morte porti finalmente la pace, in "Oggi", a. XLVII, 20 gennaio 1992, pp. 10-12. 408Alberto Laggia, Chi erano i soldati italiani osservatori della Cee uccisi in Croazia da un mig serbo mentre erano a bordo del loro elicottero. Il colonnello portava la pace, in "Famiglia Cristiana", a. LXI, 22 gennaio 1992, pp. 36-37. 409Antonella, Cimagalli, La tragedia dei nostri aviatori abbattuti in Bosnia mentre erano impegnati in una missione umanitaria. Volavano per portare aiuto e pace ma in quel cielo hanno trovato la guerra, in "Gente", a. XXXV, 21 settembre 1992, pp. 18-19. 410Andrea Biavardi, Il padre ricorda il pilota italiano abbattuto con 3 colleghi. Mio figlio è morto perché difendeva la pace, in "Oggi", a.XLVII, 21 settembre 1992, pp. 29-30. 177 modernissimo che non ha difesa contro questo genere di attacchi.411

Il funerale si svolge alla presenza del Presidente della Repubblica Scalfaro e del Presidente del Senato Spadolini, e quindi il cerimoniale che vede esequie solenni a Roma e l'omaggio da parte delle autorità alle bare avvolte nel tricolore all'aeroporto di Ciampino non è ancora stato formalizzato. L'equipaggio del velivolo ha ricevuto la medaglia d'oro al valor militare, come per i morti di Podrute.

Gionata Mancinelli, di guardia all'ambasciata italiana di Mogadiscio, muore il 3 agosto 1993 per un incidente con la sua arma da fuoco. Il militare fece fuoco accidentalmente colpendo se stesso e restando ucciso. Un altro incidente, che causò la morte di Giovanni Strambelli, ucciso da un colpo partito da un commilitone che prestava servizio con lui, non ha avuto servizi.

"Gente" dedica a Gionata Mancinelli un servizio di una pagina, in cui si dice che il militare è morto in un incidente; non se ne trova traccia negli altri settimanali.412 Gionata Mancinelli e Stefano Strabelli non hanno ricevuto onorificenze.

Giorgio Righetti e Rossano Visioli vennero uccisi da cecchini il 15 settembre 1993 in Somalia mentre facevano ginnastica nel porto di Mogadiscio durante una pausa della missione.

Solo "Gente" dedica un articolo ai due soldati, mentre "Oggi" se ne occupa solo nelle risposte alle lettere dei lettori, che si chiedono se non sia una ingenuità morire facenndo jogging disarmati in una zona piena di cecchini. La risposta è di Luigi Caligaris, che, come detto, si occupa di cose militari per il settimanale.413

I due caduti sono stati insigniti di medaglia d'oro al merito dell'esercito (diversa da quella al valor militare) nel 1995 con la seguente motivazione, uguale per entrambi:

411 Guglielmo Sasinini, Dopo la tragedia dell’aereo militare italiano in missione umanitaria abbattuto forse da un missile nei cieli della Bosnia. Il prezzo più alto, in "Famiglia Cristiana", a. LXI, 16 settembre 1992. 412Antonio Fortichiari, Il paracadutista morto in un incidente Il destino lo ha fermato a Mogadiscio, in "Gente", a. XXXVI, 23 agosto 1993, p.81. 413Gilberto Bazoli, La tragedia dei due soldati italiani a Mogadiscio, trucidati dai cecchini mentre facevano ginnastica. Erano andati per trovare la pace però in Somalia hanno trovato solo odio e guerra, in "Gente", a. XXXVI, 4 ottobre 1993, pp.4-9; Luigi Calligaris, Perché i nostri parà muoiono in modo così ingenuo?, in "Oggi", a. XLVIII, 4 ottobre 1993, p. 6. 178 In una situazione operativa altamente rischiosa spesso si offriva volontario per operazioni di rastrellamento per ricerca e confisca di armi e per scorta a convogli. Durante la sua permanenza in Somalia ha sempre assolto con zelo, professionalità e spirito di sacrificio i compiti assegnatigli meritando sempre il consenso dei propri superiori e la ammirazione dei commilitoni. Durante un momento di pausa dal servizio, mentre effettuava all'interno del porto nuovo di Mogadiscio attività ginnico sportiva, veniva fatto segno a colpi d'arma da fuoco proditoriamente sparati da cecchini somali. Mortalmente ferito, immolava la sua giovane vita per un ideale di pace e di solidarietà fra i popoli. Chiarissimo esempio di soldato che ha dato lustro all'Esercito Italiano, facendogli riscuotere unanime ammirazione dalle Forze Armate Internazionali impiegate in

Somalia.414

La medaglia d'oro al merito dell'esercito viene concessa a chi ha esposto la propria vita per salvare una o più persone in difficoltà, o per impedire o attenuare un disastro. Altre medaglie vennero concesse per decessi in Somalia: a Roberto Cuomo, maresciallo telefonista, morto a causa della malaria, e Vincenzo Li Causi, dipendente del Sismi, morto in un agguato a Mogadiscio il 12 novembre 1993. I settimanali non riportano le due notizie, come non riportano quelle di Tommaso Carrozza, morto in un incidente alla guida del suo blindato Centauro, e del tenente Giulio Ruzzi, deceduto in un agguato poco prima della partenza del contingente. Giulio Ruzzi ha ricevuto la medaglia d'oro al valore dell'esercito.

Marco di Sarra morì a causa della malaria, dopo una missone in Ruanda. Della sua vicenda in "Oggi" e "Gente" si è già parlato, perché una foto, pregevole dal punto di vista artistico, lo ritrae con una bambina ruandese mentre la prende in braccio e la guarda con tenerezza. Gli incursori facevano da scorta a una missione della Croce Rossa guidata da Maria Pia Fanfani, moglie dell'esponente Dc, molto attiva in opere umanitarie. L'incursore venne colpito da malaria al rientro dalla missione e morì poco dopo. A causa della foto commovente "Oggi" e "Gente" dedicarono un servizio a questa vicenda, presentando il militare come angelo dei bambini. La morte di Di Sarra e la sua foto sono interessanti perché fanno comprendere come stia emergendo un'immagine dei militari italiani come operatori di pace. Di Sarra, come incursore paracadutista era stato in Somalia ed era stato decorato con una medaglia di bronzo al valore dell'esercito per il

414 http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=324842

179 suo ruolo nella battaglia del pastificio; non ebbe ulteriori onorificenze.415

Il maggiore dei carabinieri Ermanno Fenoglietti morì il 27 dicembre 1995 a Mostar in un incidente d'auto dovuto al maltempo. "Oggi" riporta la notizia in un articolo più ampio sul contingente Onu schierato in Bosnia ad opera di Sergio de Gregorio. L'articolo è interessante perché vi sono tutte quelle caratteristiche del peace-keeping e il richiamo alla prima missione umanitaria, quella libanese, che sarà proprio anche di altre corrispondenze del settimanale. Il generale Pedone, che comanda le operazioni, viene definito "l'Angioni di Bosnia" e vi sono i pareri di Gianfranco Paglia, che ha chiesto di ritornare in servizio attivo ed è partito per la missione, e un intervista al generale Pedone che rassicura una madre dicendo: “lo tratterò come figlio mio”. Per Fenoglietti vi è la foto e una didascalia: Ucciso dal maltempo.416

Il caporalmaggiore Gerardo Antonucci morì per una tragica fatalità nella missione in Bosnia. Alcuni soldati portoghesi avevano raccolto un ordigno inesploso e, invece di segnalarlo agli artificieri, l'avevano portato in camerata e mostrato ai commilitoni. Il caporale Antonucci era il più vicino al momento dello scoppio e per questo perse la vita.

La morte di Antonucci è anche questa volta in un servizio più ampio di "Oggi" sulle lettere che i soldati del contingente di pace in Bosnia mandano alle famiglie e di cui si dà conto, con qualche polemica, della preparazione frettolosa della missione. Le lettere parlano di pace e di bambini da aiutare, segno che l'immagine simbolo del peace- keeping, quella dell'infanzia in pericolo che deve essere aiutata, fa parte anche dell'autorappresentazione che i soldati, influenzati anche loro dai media.417 Gerardo Antonucci ha ricevuto la medaglia d'oro al valore dell'esercito.

Carmine Cerza, morto in un incidente d'auto durante la missione in Bosnia nel gennaio 1997 non ha articoli, né ha ricevuto medaglie, ma ha una piazza dedicata nel suo paese natale.

Non vi sono articoli per gli altri morti: Roberto Petrucci, Daniele Forner, Massimo

415Cesare Carassiti, L’assurda tragedia di un parà italiano reduce dal Ruanda. Marco si è sacrificato per salvare questa bimba, in "Oggi", a. XLIX, 18 luglio 1994, pp 15-16; Paolo Salom, Era il simbolo dell’impegno umanitario italiano. La malaria ha portato via l’angelo dei bambini, in "Gente", a. XXXVII, 18 luglio 1994, pp. 63-64. 416 Sergio De Gregorio, La promessa del generale che comanda i soldati in Bosnia. Li riporterò a casa sani e salvi da Sarajevo, in "Oggi", a. LI, 10 gennaio 1996, pp. 14-16. 417 Enrico Pugnaletto, Emozione e rabbia nelle lettere dei nostri ragazzi a Sarajevo, cara mamma solo qui ho scoperto cos’è la vita, in "Oggi", a. LI, 07 febbraio 1996, pp. 12-15 (continua p. 120). 180 Gatti,Giuseppe Parisi e Antonio Sgrò, morti in seguito al maltempo con il loro elicottero in Libano, e Lorenzo Lazzereschi, morto per un incidente durante un'immersione nel porto di Valona. Questi militari non hanno ricevuto medaglie.

È probabile che l'interesse per le missioni umanitarie, dopo la stagione dei primi anni '90, venga meno e quindi per militari morti per imperizia o incidenti fortuiti non ci siano molti servizi. "Gente" e "Famiglia Cristiana" (solo in un trafiletto in una rubrica) ricordano però Diego Vaira, morto nel porto di Valona mentre stava cercando di tagliare un ordigno inesploso con una sega elettrica.418 Vaira non ha ricevuto medaglie.

Il colonnello Carmine Calò, in servizio con le Nazioni Unite a Kabul, morì in un agguato a un posto di blocco, mentre viaggiava con un collega francese, il 22 agosto 1998.

"Famiglia Cristiana" dedica un lungo articolo intervista alla figlia dell'ufficiale, che definisce il padre "un uomo di pace", che partecipava a molte missioni perché credeva fortemente in quello che faceva. Nell'articolo si accusano i comandi americani di avere bombardato l'Afghanistan in cerca di Bin Laden come rappresaglia agli attentati alle ambasciate, senza tenere conto di possibili vendette sul personale Onu in loco.419 Calò ha ricevuto la medaglia d'oro al valor militare e ha una caserma intitolata a suo nome a Napoli.

Non esistono articoli per Pasquale Dragano, morto per un incidente con la sua arma da fuoco il 24 giugno 1999 in Kosovo, nonostante "Oggi" dedichi molti articoli alla guerra e alla missione. Dragano non ha ricevuto alcuna medaglia.

Non ci sono articoli su Pasquale Nardone, morto per suicidio il 2 agosto 2001 in Kosovo, ma "Famiglia Cristiana" accenna, in un editoriale, a un avvenimento di pochi giorni dopo, la morte di Giuseppe Fioretti e Dino Paolo Nigro, caduti in una voragine col loro mezzo in Kosovo il 9 agosto del 2001.

L'articolo è l'editoriale di Beppe del Colle in cui si parla anche del rovescio delle missioni umantarie: oltre alla morte dei due militari caduti in un incidente su cui si stanno svolgendo indagini, si parla anche del coinvolgimento di un sottufficiale in un traffico di prostitute con meno di 14 anni nella missione in Eritrea.

418Paul Lomsa, La storia di Diego Vaira l’alpino dilaniato da un’esplosione a Valona. Albania crudele, ha rubato tutti i sogni di mio figlio, in "Gente", a. XL, 22 luglio 1997, pp.14-15 e detto fatto, in "Famiglia Cristiana", , a. LXVI, 23 luglio 1997, p.50. 419Luciano Scalettari, Parla la figlia del tenente colonnello Carmine Calò, Mio padre, uomo di pace, in "Famiglia Cristiana ", a. LXVII, 06 settembre 1998, in http://www.stpauls.it/fc98/3598fc/3598fchp.htm 181 Nonostante tutto si parla della missione impegnata in Macedonia con il compito di raccogliere le armi dei guerriglieri in termini positivi, e l'articolo si conclude con:

buona fortuna uomini della Sassari il paese è con voi.420

Anche dando conto dei problemi che si sono verificati in precedenti missioni, quindi, vi è una fiducia nei militari come operatori di pace.

Il capitano Stefano Rugge morì l'8 maggio 2002 in Macedonia in un'operazione di disinfestazione dalle mine quando la camionetta su cui viaggiava saltò su un ordigno posto sulla strada. "Famiglia Cristiana" è l'unico settimanale a dedicargli un accenno, in un più vasto articolo sulla riforma dell'esercito e sul ruolo dei professionisti, in particolare delle donne che stanno iniziando ad entrare in servizio dopo l'addestramento.

Viene accennato al capitano Rugge in un articolo di Alberto Chiara sugli effetti della riforma delle forze armate e la sua vicenda è narrata in un paragrafo quando si parla dell'addestramento che può fare la differenza tra la vita e la morte; lo si definisce addestrato ed esperto in bonifica degli esplosivi e si definisce l'ordigno esploso “forse una trappola”.421

Stefano Rugge ha ricevuto la Croce d'Onore alle vittime di atti di terrorismo o di atti ostili impegnate in operazioni militari e civili all'estero, ed è l'ultimo morto in missione prima della strage di Nassiriya.

Molte delle motivazioni delle medaglie dei morti in missione internazionale recano le parole l'ideale di pace e solidarietà fra i popoli: vi è quindi, anche da parte del Quirinale, l'interesse a che i morti non siano considerati militari in missione di guerra, ma che le motivazioni per il loro sacrificio siano ideali pacifici e non bellici.

Il caso Scieri

Uno dei casi più importanti che ha visto la morte di un militare, non in missione internazionale ma in patria, ha avuto come protagonista il paracadutista di leva Emanuele Scieri morto a Pisa per un episodio di nonnismo. Emanuele Scieri, laureato in giurisprudenza, aveva svolto il suo servizio di leva nei paracadutisti presso la brigata

420Beppe del Colle, La missione Nato in Macedonia. È difficile fermare le armi con le armi, in "Famiglia Cristiana", a. LXX, 09 settembre 2001. http://www.stpauls.it/fc01/0135fc/135fchp.htm 421Alberto Chiara, Inchiesta: come cambiano le forze armate, il libro bianco 2002 C'era una volta “marmittone”, in "Famiglia Cristiana", a. LXXI, 19 maggio 2002 http://www.stpauls.it/fc02/0220fc/0220fc40.htm 182 Folgore di Pisa. Egli fu trovato morto alla base di una torre di addestramento della caserma “Gamerra” il 16 agosto 1999. L'inchiesta che ne seguì appurò che le cause del decesso erano dovute ad una caduta dalla torre, probabilmente in seguito ad un episodio di nonnismo. Il cadavere venne trovato in avanzato stadio di decomposizione e quindi è possibile che il paracadutista fosse morto due giorni prima. La magistratura, ad oggi, non ha trovato alcun colpevole per la vicenda, anche per l'omertà diffusa tra i commilitoni. In margine alla vicenda, il generale Enrico Celentano, comandante della Folgore, venne destituito poco dopo la morte di Scieri perché si era diffuso un suo “Zibaldone”, inviato ai diversi comandanti sottoposti, nel quale erano raccolte alla rinfusa citazioni e battute, anche molto volgari, contro meridionali e africani e, in alcune pagine, un resoconto dettagliato di tutte le azioni di nonnismo che potevano verificarsi. Nella tabella a pagina 91 dello "Zibaldone" si definisce "Cane Morto" o "Cagnaccio" chi, nei reparti paracadutisti,

non accetta le tradizioni logiche e sociali e tenta di sottrarvisi, di fatto emarginato.422

Il comandante Cirneco, citato precedentemente in uno studio sull'operazione in Libano, comandante della caserma Gamerra, venne anch'esso rimosso dal comando; in seguito tutti e due continuarono la loro carriera militare. Il caso Scieri viene a turbare un esercito che, solo due anni prima, ha dovuto fronteggiare lo “Scandalo Somalia”, che ha visto come protagonisti dei militari delle Folgore. Il caso Scieri, quindi, riapre il dibattito sui corpi speciali e sulle regole di sopraffazione e di omertà che vigono al loro interno.

I periodici affrontano il problema in maniera diversa. "Gente" intervista i genitori del ragazzo che si augurano che, prima o poi, emerga la verità sulla vicenda tragica. Abbiamo quindi la consueta forma della testimonianza che fa valere di più il momento emozionale.423

Sono però "Oggi" e "Famiglia Cristiana" a offrire i contributi più interessanti: nei servizi la vicenda viene minimizzata, così come gli episodi di nonnismo, fornendo in questo caso un alibi alle forze armate.

Il settimanale cattolico intervista prima Accame che ammette che vi siano episodi tollerati da ufficiali e sottufficiali su cui è bene fare chiarezza. Il militare in pensione chiede anche le dimissioni di Massimo Brutti (DS), presidente della commissione

422 http://www.repubblica.it/misc/zibaldone/5/imma.html#inizio 423Gaspare di Sclafani, Il dolore dei genitori del paracadutista morto a Pisa “Nostro figlio era un ragazzo felice: vogliamo la verità sulla sua fine”, in "Gente", a. XXXII, 4 settembre 1999, p.19-21. 183 Difesa. Le due interviste successive, però, sono istituzionali e certamente favorevoli al corpo: la prima è al cappellano militare della caserma "Gamerra", don Battista Pellegrino, e la seconda al già menzionato capitano Gianfranco Paglia, medaglia d'oro al valor militare.424

Il primo articolo di Alberto Chiara, che si è occupato per il settimanal dei casi dell'obiezione di coscienza e del volontariato, oltre che dei problemi relativi al servizio militare ed è un'intervista ad Accame, che giudica il problema come serio. Il sindaco Fontanelli, timoroso che l'allontanamento della caserma privi la città di un indotto economico, non si sbilancia sulla vicenda. I due militari intervistati successivamente, invece, dicono che il nonnismo è un fenomeno che l'esercito sta cercando di debellare con tutte le sue forze, e che ci sono pochi casi isolati perché i superiori sono pronti ad intervenire nel caso gli atteggiamenti di goliardia degenerino in comportamenti violenti.

Episodi di nonnismo?

Alla Gamerra esistono due forme di nonnismo tradizionale: il blocco e la pompata. Il blocco consiste nell’ordinare a un compagno di immobilizzarsi all’improvviso; la pompata non è nient’altro che il costringere a fare flessioni. Non ho mai assistito ad atti di violenza. Ogni volta che qualcuno ha oltrepassato il limite del consentito, è scattata la denuncia».

 Vuole dire che nessuno, in due anni, si è rivolto a lei per denunciare forme di nonnismo violento?

Esattamente. In qualche raro caso sono intervenuto di persona oppure ho riferito a chi di dovere. In questi giorni ho telefonato ad alcuni ragazzi in congedo, con i quali avevo stretto rapporti d’amicizia, e nessuno ha rivelato

niente di eclatante425

"Oggi"pubblica un articolo sulla vicenda in cui vengono intervistati i genitori. Nell'articolo si parla poi del nonnismo, riprovato dall'autorità solo a parole, ma ampiamente tollerato nei fatti. Sembra quindi che il settimanale sia quello più incline a definire la vicenda uno spiacevole un incidente provocato da un modo di fare abituale

424Attenti al nonno, in "Famiglia Cristiana", a. LXVIII 5/9/1999 (copertina); Alberto Chiara, Dal caso Folgore alla riforma dell’esercito. Attenti al “nonno”, in "Famiglia Cristiana", a. LXVIII, 5 settembre 1999, pp. 18-20; Paolo Perazzolo, Don Pellegrino, cappellano alla Gamerra. Siamo un'isola felice, in "Famiglia Cristiana", a. LXVIII, 5 settembre 1999 p. 21; Paolo Perazzolo, I pareri del sindaco e dei cittadini di Pisa. Tutto bene coi parà, in "Famiglia Cristiana", a. LXVIII, 5 settembre 1999, p. 22; Giuseppe Altamore, Il tenente Paglia medaglia d'oro al valore. Ecco la mia Folgore, in "Famiglia Cristiana", a. LXVIII, 5 settembre 1999, p. 23. 425Paolo Perazzolo, Don Pellegrino, cappellano alla Gamerra. Siamo un'isola felice, cit. 184 nelle caserme italiane.426 All'interno dell'articolo vi è poi uno specchietto di Enrico Triani sul nonnismo.

Chi, però, minimizza il caso Scieri è Montanelli; in uno dei suoi dialoghi con il direttore Occhipinti coglie l'occasione per parlare della sua esperienza militare in Etiopia e del suo addestramento durante il quale, a causa del suo carattere testardo, era sempre condannato dai nonni a “pulire i cessi”. Con l'atteggiamento consueto di conservatore illuminato pensa a chi strumentalizza un brutto episodio per chiedere l'abolizione o il ridimensionamento dell'esercito e dà la sua personale ricetta contro i nonni.

Il nonnismo non è un invenzione del disumano e crudele mondo odierno. C’è sempre stato in tutte le caserme” [...]“Chi accetta di pagarne i pedaggi (io ero regolarmente condannato a pulire i cessi) senza protestare, e soprattutto senza denunziare, chi glielo imponeva, diventa uomo di rispetto, te lo assicuro, anche

per i nonni.427

In sostanza l'editorialista di "Oggi" formula un invito all'omertà e riduce il nonnismo a goliardia.

Il caso Scieri è stato un episodio importante perché ha riguardato il nonnismo, una forma di vessazione tipica del servizio di leva, quando questo stava per sparire. Si pensava che ormai il nonnismo fosse quasi estirpato dalle caserme italiane o ridotto a goliardia. I settimanali presi in esame, pur consci della gravità del fenomeno, cercano di rimetterlo sui binari della normalità e così facendo lo minimizzano, cercando, nonostante i servizi di denuncia, di farlo apparire come un caso isolato ed irripetibile.

426Enrico Pugnaletto, La morte del parà. La disperazione dei genitori, i retroscena del . Date giustizia al nostro Lele o lo ucciderete un’altra volta, in "Oggi", a. LIV, 02 settembre 1999, pp.31-34. 427Indro Montanelli, Andrea Occhipinti, L’esercito non va liquidato per i brutti episodi di nonnismo, in "Oggi", a. LIV, 22 settembre 1999, p. 17. 185 Capitolo 5: I film, i fumetti e le serie Tv

Oltre ai periodici, i film di consumo o impegnati si sono occupati del servizio militare: sono molti i film dove la naja è presentata in modo umoristico o caricaturale. La cinematografia impegnata, invece, ha preferito soffermarsi sugli aspetti più duri della vita del soldato di leva come il nonnismo o la sopraffazione da parte di superiori ottusi e tirannici. Anche i fumetti si sono occupati del servizio militare in chiave umoristica: alcuni prodotti, come l'ultima burba di Leo Ortolani o Sturmtruppen di Bonvi, nonostante non siano destinati ad un pubblico di elite, producono una satira intelligente e corrosiva sulle forze armate; altri fumetti, come le varie collane di argomento militare sulla seconda guerra mondiale con materiale inglese. e i fumetti di carattere licenzioso sulla vita in caserma, sono da annoverare nelle produzioni di consumo a basso costo, con sceneggiature, quando ci sono, decisamente grossolane. Film e fumetti sono un genere molto popolare: pochi in Italia leggono libri e la letteratura sul servizio militare in tempo di pace ha prodotto pochi libri (per lo più di memorie; sulle missioni internazionali si possono ricordare Inschallah di Oriana Fallaci e Il corpo umano di Paolo Giordano, già menzionati). La gran parte della popolazione italiana, però, legge poco; tuttavia, una parte di coloro che non leggono libri sono consumatori di fumetti e, soprattutto negli anni '60-'70, vanno al cinema. Con gli anni ottanta la maggiore offerta televisiva e l'invenzione del VHS hanno ridotto l'affluenza nei cinema, che resta sempre comunque altissima. I fumetti e i film, quindi, formano inconsapevolmente un'immagine del servizio militare e dell'esercito che raggiunge una grande parte della popolazione. Per questa ragione la presente analisi, oltre che i periodici di costume, riguarda i film e i fumetti come due dei modi con cui gli italiani si sono rapportati al servizio militare.

I film e i fumetti fino alla metà degli anni '70

All'inizio del periodo preso in esame le sale cinematografiche erano di due tipi: quelle di prima visione, nei grandi centri, e quelle di seconda visione, nelle periferie o nei paesi. Nelle seconde arrivavano i film che erano già passati nei grandi centri, ma c'erano anche film prodotti apposta per un pubblico più rozzo e meno acculturato.

186 Il pubblico, quindi, era diviso in due: nelle grandi città vi era un circuito che comprendeva anche film colti e d'autore, in periferia e nei piccoli centri una serie di piccoli cinema avevano commedie o film o di guerra a basso costo, su imitazione dei modelli americani. Per quanto riguarda questi film di guerra trovano un loro parallelo nei fumetti distribuiti riproducendo materiale inglese, a cui hanno partecipato molti autori italiani e sudamericani perché più economici. La casa editrice più famosa che si occupa di questi fumetti è la Dardo che pubblica la collana "Eroica", e "Superoica storie di cielo di terra e di mare", materiale inglese della Fleetway, una casa editrice inglese specializzata in fumetti di consumo (principalmente western o di guerra).428 Questi fumetti, economici e in piccolo formato, erano concepiti appositamente per essere un genere di consumo: venivano letti mentre la gente si recava a scuola o al lavoro, sui treni o negli autobus e in seguito abbandonati o non collezionati. Le storie venivano riproposte in collane e ristampe ed avevano una trama tutto sommato simile: eroici soldati inglesi, più raramente americani, si scagliavano contro tedeschi o giapponesi, valorosi sì, ma malvagi e inumani. Gli italiani non comparivano spesso, ma erano anch'essi nemici, anche se più umani dei tedeschi. La donne erano ovviamente escluse da questo ambito bellico esclusivamente maschile e destinate a ruoli di poco conto. La casa editrice Fleetway, poi IPC, per risparmiare, subappaltava le tavole a disegnatori italiani e sudamericani, più economici, dato che questi albi puntavano sulla quantità e non sulla qualità; paradossalmente, proprio per questo hanno visto storie disegnate da maestri come Hugo Pratt, Ferdinando Tacconi e Guido d'Antonio. Negli stessi anni, nei cinema di seconda visione, attori e registi di secondo piano producevano a basso costo. La maggior parte, poi, non sono recensiti nei manuali di cinema, né hanno avuto circolazione successiva. Nell'elenco figurano vari titoli, che rievocano i più famosi titoli americani. Ne sono un esempio: Commando suicida429 che fece 246.000 milioni di incasso nel 1968 e che è diretto da Camillo Bazzoni, usualmente direttore della fotografia di film conosciuti come Pensavo fosse amore, invece era un calesse , del Caso Moro e de La

428Cfr. I classici del Fumetto di Repubblica. Serie Oro. Superoica, inserto di "Repubblica", Gruppo editoriale Repubblica l'Espresso in collaborazione con Panini Comics, Roma-Bologna 2004 429Tra ma del film, http://www.comingsoon.it/film/commando-suicida/11399/scheda/

187 Bonne.430 La trama è avventurosa: si parla di un commando di soldati americani, eroici ma indisciplinati, che viene paracadutato nei pressi di un aeroporto tedesco in modo da mettere fuori uso le piste e i caccia tedeschi, e far così paracadutare senza danni le truppe speciali che hanno il compito di minare un viadotto e impedire il passaggio dei nuovi carri "Super Tigre" (sic!). In mezzo sono presenti conflitti a fuoco, falsi agenti segreti e moltissime esplosioni. Da segnalare, inoltre, la Battaglia d'Inghilterra di Enzo G. Castellari, uno dei più famosi registi di film di serie B italiani, recentemente rivalutato da . Il film è uscito nello stesso anno del più famoso I lunghi giorni delle aquile, titolo italiano per Battle of Britain di Guy Hamilton, con Laurence Olivier nella parte di Sir Hugh Dowding, comandante in capo della Raf. Il film di Castellari ha un titolo che riecheggia il suo concorrente più famoso, ma in realtà parla di un commando tedesco penetrato in territorio inglese che ha lo scopo di distruggere le stazioni radar che permettono alla Raf una pronta risposta agli attacchi della Luftwaffe. A titolo di curiosità il film di Guy Hamilton dovette essere intitolato in Italia I lunghi giorni delle aquile proprio per l'uscita contemporanea del film di Castellari. Il film incassò più di ottocento milioni, il dizionario del cinema Morandini gli assegna una valutazione di *1/2431 Un altro film di questi anni è da segnalare: La battaglia del Sinai di Maurizio Lucidi del 1969, un instant movie uscito solo due anni dopo la guerra dei sei giorni. Il film narra le avventure di un gruppo di eroici soldati israeliani che, mandati in avanscoperta, riescono a distruggere una colonna di carri egiziani, una base missilistica e a resistere all'interno di questa contro preponderanti forze nemiche.432 Il film ha incassato nel 1969 302.000.000 di lire, e ha visto tra gli attori Assi Dayan, figlio del generale Moshe Dayan, ancora oggi attore e regista. Altri titoli di questo tipo di film, spesso in coproduzione con Francia e Spagna, dove, si immagina, seguissero lo stesso circuito di seconda visione sono: Quella dannata pattuglia di R. B. Montero, incasso 250 milioni circa, non recensito (la trama prevede esplosioni conflitti a fuoco travestimenti da tedeschi e nemici feroci); La battaglia

430Scheda di Camillo Bazzoni: http://www.comingsoon.it/film/cast/?key=8576 431Morandini Morando, Morandini Luisa, Morandini Laura, Il Morandini 2014. Dizionario dei film e delle serie televisive, Zanichelli, Bologna 2013. 432Trama del film http://www.comingsoon.it/film/la-battaglia-del-sinai/8980/scheda/

188 dell'ultimo panzer di J. M. Merino, dove un comandante di un carro tedesco, restio ad arrendersi, lega all'esterno del carro alcuni cittadini francesi come ostaggi e finisce ucciso per sbaglio dai suoi stessi commilitoni. E' verosimile che trame del genere non potessero soddisfare un pubblico colto e che questi film, girati al risparmio, puntassero a spettatori di "bocca buona" che non badavano alla recitazione o alla trama. Gli anni '60 - 70 sono gli ultimi che vedono questi film di guerra a basso costo, girati ad imitazione dei modelli americani. Anche nei fumetti si registra lo stesso fenomeno: molte collane sulla seconda guerra mondiale, probabilmente su materiale Fleetway riprodotto su licenza, cessano di esistere nei primi anni '70. La casa editrice Dardo, specializzata in fumetti di guerra, continua con le sue storie fino ai primi anni '90, ma certamente l'interesse per questi fumetti di consumo scema nel tempo, come per i film di guerra a basso costo che terminano gradatamente con l'inizio degli anni '70. Probabilmente vi è una nuova sensibilità e il pubblico, anche il meno preparato, non accetta più film di questo genere, anche nei cinema più fuori mano. Come per i fumetti i militari italiani, che nella seconda guerra mondiale hanno offerto una prova non esaltante per i fatti d'arme, questi film, nonostante fossero diretti da registi italiani, spesso con nomi americanizzati, hanno come protagonisti militari tedeschi o americani. Questi film sono comunque significativi perché gli atti di eroismo dei protagonisti non trovano rispondenza nella sonnolenta vita di guarnigione delle caserme italiane. Gli adolescenti e i giovani si emozionavano con film certamente pieni di azione, anche se dalle trame improbabili e con una recitazione non molto buona, ma il servizio militare era un'altra cosa. Dopo l'addestramento al C.A.R. le unità venivano assegnate alle caserme di riferimento, e i giorni di naja passavano uno uguale all'altro tra corvées e turni di guardia. Sono quindi più interessanti per la nostra analisi i film che parlano della vita militare in Italia e di come questa sia vista in film comici e drammatici. Per quanto riguarda i fumetti sulla vita militare vi è una corrispondenza tra le commedie un po' scollacciate che negli anni '70-'80 riguardano la vita militare: fumetti, abborracciati come disegno e trama, che narrano le avventure erotiche di giovani durante il servizio militare. Per quanto riguarda invece i fumetti ambientati nella seconda guerra mondiale, e in

189 seguito anche in Vietnam, esiste un parallelo materiale erotico con fumetti di ambientazione bellica, basata su fantasie violente e perversioni sadomaso, che non rientrano in questa analisi. Alla fine degli anni '60 vi sono dei film sul servizio militare in cui sono presenti alcune caratteristiche, che edulcorate e messe in burla, portano a un'accettazione delle piccole storture e dei problemi della vita militare. Un esempio è Gli attendenti (1961) di Giorgio Bianchi, che è interessante perché parla dell'abitudine, per gli ufficiali in servizio, di avere degli attendenti che provvedevano alle loro necessità. Questa figura, incompatibile con il servizio militare, si occupava, spesso, di fare la spesa o di accompagnare a scuola i bambini degli ufficiali, ed era un retaggio di altri tempi, di quando il servizio da ufficiale era riservato ai nobili. Un articolo di "Oggi" del 1968 parla di questo incarico e lo definisce anacronistico, e nell'articolo, in realtà in un'intervista al Ministro della Difesa Tremelloni, si dice che è in discussione un provvedimento di abolizione, e che intanto il numero di attendenti è già diminuito.433 Un'istituzione come quella degli attendenti aveva dunque suscitato polemiche e si pensava alla sua abolizione. I film, in maniera probabilmente inconsapevole, presentano alcuni problemi della vita militare in chiave comica, rendendo accettabili comportamenti e istituzioni discutibili quando non al limite della legalità. Il film sugli attendenti è uno degli esempi: in un condominio di ufficiali, amministrato dal colonnello in pensione de Sica, vengono mandati alcuni attendenti, le cui vicende comiche si concludono con tre matrimoni e quindi il lieto fine. La pellicola, nonostante ottimi interpreti come De Sica, Gino Cervi, Renato Rascel (strana figura di soldato epigrafista), secondo i dizionari cinematografici, non è particolarmente riuscita. Gli attendenti sono giovani spaesati, alle prime armi nella vita, e gli ufficiali fanno loro da padri, dando loro consigli e risolvendo i loro problemi.434 Un altro celebre film, del 1964, è In ginocchio da te435 di Ettore Maria Fizzarotti, che ha come protagonista Gianni Morandi, e che vede l'anno dopo il seguito Non son degno di te. La vicenda è semplice: Gianni, cantante alle prime armi, viene mandato a fare il servizio militare a Napoli, dove si innamora della figlia del maresciallo. Dopo alcuni sbandamenti, dovuti a una ragazza nobile, Gianni torna "In ginocchio da te" cantando la

433Cfr. Tribuna politica in "Oggi", a XXIII, 01 febbraio 1968 p.12 434 http://www.comingsoon.it/film/gli-attendenti/21032/scheda/ 435http://www.comingsoon.it/film/in-ginocchio-da-te/11010/scheda/

190 canzone a “Radio Gavetta”, la radio dei militari, e la ragazza lo perdona. Il film appartiene al genere dei "musicarelli", film fatti per lanciare le canzoni di cantanti amati dal pubblico, e composti da una parte recitata e da varie parti cantate, con i successi del momento. Lo stesso Gianni Morandi ha dovuto, all'inizio della sua carriera, fare il servizio militare e si pensava che lo stare un anno lontano dalle scene potesse troncare sul nascere la sua carriera. I rotocalchi si occuparono della leva di Gianni Morandi, nell'anno 1967-1968; tre anni dopo arrivò il film In ginocchio da te. "Oggi" dedica addirittura al suo ritorno a casa del cantante la copertina del numero del 09 maggio 1968. Nel servizio vi sono foto di Morandi e della Efrikian in casa.436 Il film, come altri con protagonisti cantanti giovani come Little Tony (Donne botte e bersaglieri, Marinai in coperta) cercano di sfruttare la loro popolarità e il momento del servizio militare, condito, al solito, con una storia romantica. Ciò che è interessante del film è però il modo in Gianni e Carla, la protagonista femminile, si conoscono. Il maresciallo Todisco (Nino Taranto), addetto agli approvvigionamenti, è il padre di Carla, e la moglie ha una sartoria accanto alla caserma, dove lavora la ragazza. Il maresciallo, con la complicità degli altri graduati, assegna divise molto più grandi della taglia necessaria ai soldati, cosicché questi ultimi le adattino nella bottega della moglie. Gianni, andato ad aggiustare la divisa, di innamora di Carla Todisco, ma ha un momento di debolezza con un'altra ragazza di alto ceto sociale, Beatrice di Bassano, sorella di Giorgio, un nobile che fa la leva a Napoli, vicino a casa. Beatrice porta in vacanza Gianni nell'isola di proprietà della famiglia: essendo stati da soli insieme, si devono quindi sposare, come pensano gli zii di Gianni, contadini dalla morale tradizionale. In realtà Beatrice ha una concezione della morale molto più elastica e non pensa minimamente a Gianni, che è visto solo come un momento di evasione. Gianni può ritornare in ginocchio da Carla, cantando la sua nuova canzone in un'audizione Rai. Il film, come si vede, deve molto alla popolarità dei fotoromanzi, certamente più alta negli anni ’50, ma ancora forte negli anni ’60.437 Il film li riprende in modo consapevole ne ripercorre la trama tipo, fino al lieto fine. La morale del fotoromanzo è tradizionale: le segretarie, le sartine, le operaie riescono a 436Mi avevi promesso una vacanza, invece… in "Oggi", a XXIII, 09 maggio 1968, pp.116 118 437Sui fotoromanzi cfr. Anna Bravo, Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003.

191 coronare il loro sogno d'amore, spesso con il loro datore di lavoro o con una persona di una classe sociale più elevata. In altri contesti è il ricco che contrasta l'amore di due giovani poveri, ma onesti. In ginocchio da te si muove quindi in questa morale tradizionale: vi è approvazione per l'amore casto di Carla e Gianni, mentre Beatrice passa per una ragazza volubile con cui è impossibile un vero coinvolgimento. Analizzando più nel dettaglio gli episodi interessanti, si capisce che il film, e quindi il pubblico a cui è destinato, non è disposto a transigere sulla morale sessuale: Gianni deve sposare Beatrice anche se è innamorato di Carla per una questione d'onore. Tuttavia la stessa intransigenza non si ritrova per le piccole sopraffazioni che caratterizzano il servizio di leva. Il maresciallo Todisco dà appositamente divise più larghe ai suoi soldati perché le adattino nella sartoria della moglie, che si premura di consigliare loro. Quello che egli fa è profittare della posizione di potere per ottenere un vantaggio personale, comportamento che sarebbe passibile di reato. Il film, quindi, che non mostra attenuanti sui costumi sessuali, transige sulle piccole furberie del maresciallo Todisco. L'unico militare che fa il servizio vicino a casa, poi, è Giorgio di Bassano, nobile napoletano, perché raccomandato e di ceto sociale più alto di quello dei suoi compagni di leva. La raccomandazioni per avere il servizio di leva vicino a casa sono un cruccio nelle famiglie italiane, che spesso desiderano questo privilegio e che conoscono persone che lo hanno ottenuto con mezzi più o meno legali; questo modo di fare può essere un problema, ma, se si conoscono i canali giusti, può essere anche una risorsa. In questo modo esistono, nei vari film, le persone che hanno ottenuto vantaggi indebiti per conoscenze di ufficiali e graduati. Così i piccoli vantaggi sono messi in burla e questo riduce molto il loro impatto sulla vita delle persone. Il servizio militare è quindi costellato di ingiustizie e piccole furberie, che, però, vengono presentate in modo simpatico e, tutto sommato, indolore. A questo proposito si possono fare due ipotesi: la prima è che, tutte queste storture del servizio di leva, che avvenivano veramente, siano rese accettabili se presentate in modo simpatico e inevitabile, come una cosa tutto sommato innocua e possibilmente goliardica; la seconda è che agli italiani piaccia un volto del potere non impersonale, ma con il quale trattare a determinate regole.

192 Chi ha fatto il servizio militare, in seguito, lo ricorda con un alone di nostalgia, e tutte quelle piccole sopraffazioni, l'autoritarismo e anche la disonestà, diventano parte di esso e, alla luce della nostalgia, tutto sommato caratteristiche da ricordare con affetto perché parte della propria giovinezza. In questo modo, anche i film ricordano in modo edulcorato tutto ciò che succede nella naja rendendone le storture accettabili. Il periodo del servizio militare a causa delle sue difficoltà diviene una tappa fondamentale della trasformazione degli adolescenti in uomini e proprio per questo un’esperienza positiva. In questo senso, come vedremo in seguito, la creazione di stereotipi, più o meno simpatici, è utile perché fa entrare il servizio militare nel mito, con tutti i problemi ad esso connessi. La seconda ipotesi è che in un paese come l'Italia, con scarsa etica pubblica, dove le posizioni di potere spesso sono usate per vantaggio personale e si è imposto un modello di comportamento volto a massimizzare i profitti, a proteggere il proprio entourage e ad evitare guai, fosse comodo che il rappresentante del potere fosse una persona con cui all'occorrenza “trattare” La maggior parte dei cittadini del paese sono a conoscenza di persone che hanno cercato, con conoscenze o con piccoli favori di ottenere alcuni vantaggi ed un potere, come quello del maresciallo Todisco, con cui si può trattare e che segue determinate regole può rivelarsi un vantaggio per chi è disposto a seguirne le direttive informali. Questo potere illegale, poi, deve limitarsi solo a piccoli vantaggi che, alla fine, non nocciono in modo importante ai cittadini e alle istituzioni. Nessuno dubiterà del comportamento in guerra dei nostri militari o che questi agiscano in modo imparziale in conseguenza di atti gravi, nella condotta di tutti i giorni si possono ottenere dei vantaggi da simpatici corrotti come quelli dei film sulla leva.

Arrivando al 1970, un film che ha un certo interesse è Uomini contro di Francesco Rosi, un film certamente con intenti più elevati dei film sui soldati di leva e dei musicarelli. Il film è ispirato ad Un anno sull'altopiano di Emilio Lussu e tratta di una parte delle memorie di guerra del tenente di complemento Lussu, che servì da volontario nella prima guerra mondiale. Il film, in buona parte, riprende il libro, ed ha lo stesso valore di denuncia dei comandi militari e dei loro ordini assurdi che costarono centinaia di migliaia di morti. Vi sono scene toccanti di decimazione di reparti colpevoli di non andare all'assalto, o di rientrare nei rifugi prima che fosse stata ordinata la fine

193 dell'assalto. Il film va oltre tutta la retorica sulla prima guerra mondiale e propone una versione più vicina alla realtà dell'avvenimento.

Nello stesso anno, però, nei cinema di periferia venivano proiettate pellicole come: I lupi attaccano in branco, nel cui cast figura addirittura Rock Hudson, unico americano, con la regia di Franco Cirino e un incasso di 448.479.000, e Rangers attacco ora X con la regia di Roberto Bianchi Montero e un incasso di novanta milioni circa, costruiti su trame improbabili a imitazione di film più famosi.438 Il secondo, ad esempio, parla di un tentativo di evasione da un campo di concentramento mediante un tunnel, come per la Grande Fuga del 1963. A complicare un po' le cose interviene però il sabotaggio di un impianto atomico tedesco.

Quindi, come detto, in questi anni sono presenti film di guerra su imitazione di modelli europei per il mercato dei cinema di seconda visione e film impegnati per i cinema delle città. Titolo di curiosità il film di Rosi ha incassato 824.141.000, solo il doppio o il triplo dei prodotti che hanno avuto più successo tra i B movies.

Uno degli aspetti di questi film è il dialetto e le varianti regionali d'italiano che sono parlate. Nel film di Rosi i soldati parlano con un marcato accento dialettale, mentre gli ufficiali parlano in italiano.

Come noto, le varietà regionali dell'italiano e l'unificazione linguistica sono stati uno dei grandi problemi dell'Italia postunitaria, e la scuola e l'esercito uno dei veicoli di cui si è servito il nuovo regno d'Italia per dare un'unità linguistica e un sentimento comune al popolo.

L'Italia è caratterizzata da vari dialetti, e coscritti che venivano dalle più disparate parti d'Italia parlavano dialetti diversi, spesso incomprensibili tra loro. Gavino Ledda, narra in Padre padrone che imparò l'italiano proprio nell'esercito, nel quale si era arruolato volontario per sfuggire alla miseria dell'esistenza dei pastori sardi.439

I diversi dialetti, quindi, sono una componente essenziale dei film sui militari, soprattutto per le commedie che si avvalgono delle notevoli possibilità rappresentate dal dialetto in chiave comica.

Tra i libri che trattano anche dell’esercito italiano Inschallah della Fallaci è un tentativo

438 http://www.comingsoon.it/film/i-lupi-attaccano-il-branco/10293/scheda/ e http://www.comingsoon.it/film/rangers-attacco-ora-x/9234/scheda/ 439Cfr. Gavino Ledda, Padre padrone. L'educazione di un pastore, Feltrinelli, Milano 1975.

194 di restituire, con frasi in lingue straniere subito tradotte in italiano nel periodo successivo, il caos linguistico della Beirut degli anni '80 quando c'erano arabi e soldati e civili di varie nazionalità. Il libro risulta composto, spesso, dal dialogo in ligua originale che viene tradotto subito dopo. Questo espediente, però, viene adottato anche per i dialoghi dei soldati italiani che, anche nel caso degli ufficiali, parlano fiorentino, livornese, genovese, veneto napoletano, siciliano e il libro dà l'idea della mescolanza dialettale dell'esercito, espediente di cui si servono soprattutto i film.

Un fumetto d'autore come Aficionados di Andrea Pazienza prova a utilizzare la diversa provenienza geografica nel rappresentare i militari italiani impegnati nel conflitto in Africa durante la seconda guerra mondiale. Il tenente Amedeo Stella, istruttore di tennis a Livorno e più preoccupato del trofeo Maestrelli che della guerra, comanda un carro con un caporale abruzzese. Il fumetto, surreale prova a rendere l'atmosfera dei dialetti e si conclude, dopo rocambolesche avventure, con i due militari che disertano e si rifugiano in una fattoria in Marocco.

Questo tipo di rappresentazione dei soldati di leva è simile in un lasso di tempo piuttosto lungo: anche nelle serie TV Classe di Ferro e Aquile, tra gli anni '80 e i '90, vi è una caratterizzazione dei militari come di persone che provengono da varie parti d'Italia e che parlano dialetti diversi. In questi film, alla fine, si assiste a una cooperazione tra le varie reclute per raggiungere un obiettivo.

Quello delle provenienze regionali, simboleggiate dai vari dialetti, è uno dei luoghi comuni usati nel cinema per caratterizzare il servizio militare di leva ed è, per conformazione territoriale e storia nazionale, tipicamente italiano.

Anche nei pochi film sulle missioni di pace viene riscontrata questa tendenza.

Nel film Donne botte e bersaglieri440. del 1968, un altro con protagonista Little Tony, ci sono tre amici, che vivono a Roma una giovinezza scanzonata e senza preoccupazioni per il futuro. Sognano, con il loro gruppo musicale, di arrivare al successo. Il film vede nella parte dei militari di leva, oltre a Little Tony due attori famosi nelle commedie, all'epoca già vicini alla quarantina, come Feruccio Amendola e Renzo Montagnani. Il primo è caratterizzato dalla parlata romanesca, mentre il secondo da uno spiccato accento fiorentino.

440http://www.comingsoon.it/film/donne-botte-e-bersaglieri/10124/scheda/

195 Tony decide di arruolarsi, nonostante sia riuscito a farsi riformare, a differenza dei suoi amici, per la sua ragazza, discendente del generale Lamarmora, che accetta di sposare solo un bersagliere.

Prima di partire per il servizio militare i due passano davanti a una manifestazione contro il divorzio, descritta in toni caricaturali, e la ragazza chiede a Tony le sue idee in proposito.

Marisa:"Tu sei per il divorzio?"

Tony: "Per me il problema non esiste, se due si amano e decidono di stare insieme tutta la vita devono pensare bene a quello che fanno..."

I film, quindi, come i periodici di costume e a larga diffusione, sono portatori di una morale comune funzionale al potere e alla conservazione. Tony, anche se per amore, non si sottrae al servizio militare che era riuscito ad evitare con dei trucchi e gli altri vengono scoperti. Il servizio è presentato in modo goliardico, ma non vi sono episodi di nonnismo: i sergenti e i marescialli alla fine sono umani e permettono, ai soldati che si esibiscono nello spettacolo per il reggimento, di avere dieci giorni di licenza. La vita militare è un intermezzo, tutto sommato abbastanza felice e senza traumi, da trascorrere con simpatia e goliardia. Il film è stato diretto da , poi affermatosi come direttore di horror a basso costo, ed ha incassato poco meno di 500.000 milioni nelle sale italiane. Il film è preceduto da Marinai in coperta di Bruno Corbucci del 1967, nel quale Antonio (sempre Little Tony) fa il servizio militare in marina tra risse, guai e canzoni. Interessante è che egli dà uno schiaffo alla fidanzata e che questo, nel film, venga approvato dal padre di quest'ultima perché così la ragazza aveva trovato un uomo con personalità e capace di starle dietro.

I film comici dell'epoca, quindi, presentano un'immagine dei militari per molti versi simile a quella dei periodici: si rappresentano solo gli aspetti goliardici e farseschi, la solidarietà tra compagni e non tutti quegli aspetti segnalati come disturbanti.

Gli stessi superiori diretti come tenenti, marescialli e sergenti sono burberi e comicamente severi, ma mai sleali e, alla fine, comprensivi con le esigenze dei sottoposti.

196 Questi film diventano una satira della vita militare che mette alla berlina i personaggi grotteschi che vi si incontrano; un esempio è la serie di film con Franco Franchi Il sergente Rompiglioni441 a cui segue Il sergente Rompiglioni diventa… caporale. Il film è una parodia, almeno nei titoli, del più famoso Colonnello Buttiglione, già protagonista degli show radiofonici di "Alto gradimento". Il colonnello Buttiglione, infatti, è stato protagonista di due film: Il colonnello Buttiglione (Un ufficiale non si arrende mai nemmeno di fronte all'evidenza, firmato Colonnello Buttiglione) e Il colonnello Buttiglione diventa generale. In tutti e due l'improbabile ufficiale passa da una gag all'altra con altrettanto strani sottoposti. I film del colonnello Buttiglione, interpretati dall'attore francese Jacques Dufilho, abile caratterista e buon attore comico, non avevano la voce dell'attore francese, ma di Elio Pandolfi, doppiatore professionista e non di Mario Marenco, la voce del colonnello nel programma radiofonico.

I film del colonnello Buttiglione sono decisamente surreali, come surreale era la trasmissione Radio "Alto gradimento", volutamente fatta senza alcun filo logico. I nastri della trasmissione, purtroppo, sono bruciati negli archivi Rai e ne rimangono sul web solo pochi spezzoni.

La trasmissione derideva il mondo militare con l'invenzione di due personaggi di ufficiali stupidi, che parlavano un italiano burocratico e telefonavano in trasmissione pensando di chiamare la fureria, o altri uffici della caserma: il colonnello Buttiglione e il generale Damigiani, suo diretto superiore. Questa comicità surreale e la presentazione di ufficiali oltre il limite della stupidità ha però incontrato le resistenze degli ufficiali e delle associazioni d'arma che hanno ottenuto, per un breve periodo del 1971, la sospensione degli sketches del colonnello (secondo un articolo di "Oggi").442

Gli sketches sono stati interrotti solo per poco e sono ripresi. Il personaggio del colonnello Buttiglione, però, si differenzia un poco da personaggi contemporanei perché, anche grazie alla mimica facciale di Jacques Dufilho e all'ambientazione surreale vi sono delle differenze rispetto alle commedie scollacciate di quegli anni. Ne Il colonnello Buttiglione diventa generale443 la bandiera della caserma è quella italiana con due fucili incrociati nel centro e gli ufficiali e i soldati, pur se riconoscibili come soldati italiani per il colore della divisa e la torre con le tre stelle sulla spallina che identificano

441http://www.comingsoon.it/film/il-sergente-rompiglioni/11064/scheda/ 442Tanassi ha fatto silurare Buttiglione, in "Oggi", a. XXVI, 18 novembre1971, p.17 443 http://www.comingsoon.it/film/il-colonnello-buttiglione-diventa-generale/16160/scheda/

197 con precisione il grado di colonnello, hanno nei cappelli e in alcuni particolari delle differenze con le divise italiane, forse per non incorrere in azioni legali da parte dell'esercito.

I due film Un ufficiale non si arrende nemmeno di fronte all'evidenza firmato il colonnello Buttiglione444 e Il colonnello Buttiglione diventa generale si avvalgono della sceneggiatura di due veterani della commedia all'italiana come Castellano e Pipolo, e della regia di Mino Guerrini, altro specialista; direttore della fotografia del secondo film è Aristide Massacesi, più conosciuto come Joe d'Amato, uno dei più famosi registi di B- movies italiani dall'horror all'erotico al poliziottesco.

I film sono seguiti da Buttiglione diventa capo del servizio segreto, e da Von Buttiglionen Sturmtruppenfuhrer di ambientazione nazista sul genere delle sturmtruppen, popolari strisce a fumetto di Bonvi che hanno avuto anche riadattamenti cinematografici, tutti sceneggiati da Castellano e Pipolo (tranne l'ultimo).

Nel film il colonnello Buttiglione con la sua incapacità sabota le grandi manovre Nato e alla fine esplode a causa di un candelotto di dinamite nella sua torte di compleanno finendo all'inferno con dei diavoli che hanno le sembianze delle reclute che ha vessato. Nel primo film, invece, egli finisce in paradiso, dove ordina a Gesù di tagliarsi i capelli fuori ordinanza.

Qui, a differenza che nelle commedie contemporanee le grandi manovre non si risolvono in una bella figura per l'esercito, e sono rese difficili dall'incapacità del colonnello. I finali surreali con Buttiglione nell'aldilà, poi, fanno sì che i film, che pure si iscrivono nel filone militare, abbiano una certa differenza rispetto agli altri. Nei film di Buttiglione, inoltre, iniziano a comparire ragazze poco vestite, a volte soldatesse di altri paesi Nato.

Nel film Il generale Buttiglione diventa capo del servizio segreto vi è il lieto fine per l'istituzione militare: Buttiglione e il sergente Mastino, suo fedele sottoposto, riescono a catturare il famoso agente segreto nemico Dollaro, che si nasconde sotto le mentite spoglie del loro superiore, generale Latanica.445 Alla fine brindano con champagne al cianuro e finiscono, come da programma, all'inferno.

444 http://www.comingsoon.it/film/un-ufficiale-non-si-arrende-mai-nemmeno-di-fronte-all-evidenza- firmato-colonnello-buttiglione/4582/scheda/ 445 http://www.comingsoon.it/film/buttiglione-diventa-capo-del-servizio-segreto/16159/scheda/

198 Nel film di Franco Franchi, il sergente Rompiglioni è un graduato che ha il compito di addestrare diverse reclute, spesso giovani capelloni e appassionati di musica Rock. Egli ha due pallini: la disciplina militare e il melodramma, e cerca di formare le sue reclute con un'interpretazione spietata e letterale del regolamento e i canti lirici.

Il notevole interesse, però, non è nella trama del film, abbastanza inconsistente e degna della peggior farsa, ma nel modo con cui viene presentato il sergente: inflessibile con gli inferiori, accondiscendente con i superiori, e portato a trasgredire il regolamento, su cui è inflessibile nella maggior parte dei casi, quando si tratta di se stesso.

La satira della vita militare (regolamenti, burocratizzazione..) ha un certo realismo nella presentazione di questi soldati di carriera dediti a strane manie, che vengono imposte per regolamento (come quella del melodramma del sergente Rompiglioni).

E' possibile che nelle caserme degli anni '60-'70 vi fosse questo genere di superiori, e che questi comportamenti fossero in qualche maniera tollerati, come, di fatto, era tollerato nella maggior parte dei casi il nonnismo che, invece, non viene presentato in questi primi film.

Nel secondo film, Il sergente Rompiglioni... diventa caporale,446 Franco Franchi vessa un cuoco suo sottoposto, e fa amicizia con un cuoco cinese, che conduce in caserma facendogli fotografare le installazioni militari. Il cuoco cinese è in realtà un agente segreto che lo stesso Rompiglioni dovrebbe catturare e che, ignaro di tutto, accompagna nei vari luoghi segreti dell'installazione. Il film si risolva alla fine con la cattura dell'agente segreto, che sta per impadronirsi dell'arma segreta della Nato, un raggio che provoca una feroce dissenteria. Il seguito del film, nonostante il buon successo al botteghino del primo, non ebbe una accoglienza positiva, e la pellicola, diretta da Mariano Laurenti, uno specialista della commedia scollacciata, incassò solo 41 milioni di lire.

La satira della vita militare, però, non incide sui veri comportamenti illegali o pericolosi e, in un certo senso li rende simpatici ed accettabili. Per i ragazzi di leva paragonare il proprio superiore rompiscatole a Rompiglioni o al colonnello Buttiglione può essere stato un modo di affrontare il servizio militare con ironia, e ridurre tutte quelle piccole prevaricazioni a goliardia senza alcun risvolto pratico sulle loro vite.

446 http://www.comingsoon.it/film/il-sergente-rompiglioni-diventa-caporale/15535/scheda/

199 Gianfranco D'Angelo, uno dei protagonisti dei film del filone militare, mette in relazione il fatto che si potesse scherzare sul servizio militare proprio perché c'era il servizio di leva e quindi tutti sapevano di cosa si stava parlando. I film sui militari di leva quindi nascevano dalle esperienze di registi e sceneggiatori nella loro vita militare, che poi esageravano i comportamenti di superiori e soldati per ottenere un effetto comico.

I sergenti di questi film sono sempre autoritari, parlano dialetti più o meno incomprensibili, di solito meridionali, puniscono per sciocchezze, spesso finiscono beffati, ma al momento giusto sono umani e comprensivi con le esigenze dei sottoposti o comunque tollerabili.

Diverso è il caso di una commedia di quegli anni, Il generale dorme in piedi di Francesco Massaro, del 1972, girata con più larghezza di mezzi e che si avvale di un cast decisamente più prestigioso che ha per protagonisti Ugo Tognazzi e Mariangela Melato. Il film ha incassato un miliardo e duecento milioni nelle sale italiane e in questo caso la satira militare è meno farsesca e più corrosiva, anche se la critica definisce il film non molto riuscito.

La pellicola narra di un capitano veterinario, Umberto Leone, che in tempo di guerra si trova, a causa della morte del medico militare, a operare uomini e a diventare infine un medico militare a tutti gli effetti, pur non avendo mai preso la laurea in medicina. Il titolo è dato dal fatto che l'ufficiale, che ha un fratello anarchico, se dorme sdraiato, urla insulti alle forze armate ed è costretto a dormire in piedi.

Per sfogarsi della mancata promozione a generale, l'ufficiale, divenuto colonnello, redige un memoriale caustico nei confronti dell'esercito, il quale tiene nei suoi ranghi generali con demenza senile e i cui alti gradi talvolta preparano colpi di stato e vengono promossi.

Dopo aver fatto leggere il memoriale ai propri superiori e averne minacciato la pubblicazione in caso di mancata promozione, il protagonista riesce ad ottenere finalmente il grado desiderato e diventa affetto da tutte quelle paturnie che aveva denunciato nei suoi superiori.

I deliri del colonnello Leone nel sonno sono interessanti perché mentre dorme egli dice ciò che pensa in modo sincero dell'esercito e della monarchia: nel tragitto in nave che porta il re da Pescara a Brindisi egli afferma che il re è un fifone, e durante un

200 internamento di sovversivi in un'isola della Sardegna che si sta preparando un colpo di stato.447

Ugo Tognazzi compare anche in un breve episodio di argomento militare in Signori e signore buonanotte, un film collettivo del 1976 che, con registi di alto livello, simula un palinsesto televisivo con vari programmi. Nell'episodio La ritirata del generale il generale Tognazzi nell'espletare un bisogno perde le proprie medaglie nel bagno proprio prima della parata del due giugno, dove deve comandare la sua colonna corazzata. Nel tentativo di recuperarle imbratterà tutta l'uniforme e, impossibilitato e sfilare, si ucciderà con la pistola d'ordinanza. Il breve episodio è muto e si basa tutto sulla bravura e l'espressività dell'attore. Si tratta di un tipo di comicità surreale, più fine della maggior parte dei film in circolazione sull'argomento militare.448 Il film, intero, però è una satira abbastanza corrosiva dei costumi italiani con politici corrotti, la povertà dei bassi di Napoli e un sociologo che fa propria la "ragionevole proposta" di Jonathan Swift per risolvere il problema della mancanza di cibo. Ovviamente questo genere di film risente anche del clima della contestazione e della dissacrazione dei miti, come quello militare, non presenti nelle commedie come In ginocchio da te, Donne botte e bersaglieri o Gli attendenti.

Il generale dorme in piedi è certamente più incisiva di altri prodotti a basso costo ed alla fine le forze armate ne escono piuttosto male. A fianco di film di serie B come "quattro marmittoni alle grandi manovre" vi sono film comici più interessanti, che presentano alcuni problemi in forma ironica, ma non farsesca.

Quattro marmittoni alle grandi manovre di con Gianfranco d'Angelo e Lino Banfi del 1974 invece si inscrive nel filone farsesco: quattro soldati totalmente imbranati e diversi per provenienza geografica sono comandati da un sergente, impersonato da Lino Banfi, anche lui inetto.

Tra questi quattro vi è un napoletano molto raccomandato, e Serafino, impersonato da Gianfranco d'Angelo, un pastore ciociaro che ha tratto ispirazione dal film Serafino di Pietro Germi con Adriano Celentano del 1968. Nel film di Germi, Serafino viene chiamato militare ed è così estraneo all'istituzione da essere riformato dopo breve tempo e tornare al paese.

447 http://www.comingsoon.it/film/il-generale-dorme-in-piedi/8773/scheda/ 448 http://www.comingsoon.it/film/signore-e-signori-buonanotte/13605/scheda/

201 Il Serafino di Gianfranco D'Angelo riprende il personaggio di Celentano in chiave farsesca. Alla fine l'improbabile plotone, alle grandi manovre, riesce a sconfiggere gli eserciti americano inglese e tedesco in una gara militare.

Nei film farseschi, quindi, l'istituzione militare, pur se messa alla berlina, esce alla fine vincitrice grazie a quelle caratteristiche che si attribuiscono agli italiani: inventiva e arte di arrangiarsi.

Questo espediente delle grandi manovre con gli italiani vincitori su paesi con eserciti di maggiore tradizione militare viene sfruttata in varie occasioni fino alla fine degli anni '80 con Classe di ferro, una serie fatta in collaborazione con l'esercito su alcuni giovani di leva.

L'espediente viene sfruttato anche ne Il sommergibile più pazzo del mondo di Mariano Laurenti, un veterano dei B Movies: qui l'equipaggio italiano, formato da militari decisamente atipici, riesce, in una gara con gli Usa, a individuare un sottomarino invisibile.

I militari italiani, indisciplinati, comici, inadatti alla vita militare, formati da macchiette, sono vincenti grazie al loro modo di pensare fuori dagli schemi. Le capacità belliche del soldato italiano quindi non sono messe in discussione, nonostante le dotazioni dell'esercito non siano all'altezza. I film, nonostante mettano alla berlina la vita militare hanno spesso un finale orientato ad una morale fondamentalmente conservatrice. La ridicolizzazione di singoli uomini quindi può coesistere con il sentimento patriottico e la buona riuscita, nonostante tutto, delle operazioni.

I film farseschi, quindi, sono stranamente vicini all'istituzione e alle sue finalità: presentare superiori come "simpatiche canaglie" dedite a severità e piccoli ladrocini, ha l'utilità di banalizzare e presentare come semplici goliardate (tutto sommato accettabili) i veri comportamenti dei militari di carriera.

Il "lieto fine" che in molti film vede alla fine trionfare i soldati italiani è una prova di questo modo di ragionare: l'istituzione militare non viene messa in discussione e alla fine sono proprio gli italiani a trionfare su tedeschi e americani.

Le commedie con intento polemico, come Il generale dorme in piedi, vengono prodotte e sono surclassate, almeno in quantità, dai B movies che in certi casi raggiungono incassi di tutto rispetto: Il sergente Rompiglioni al botteghino nel1973 raggiunge la

202 rispettabile cifra di 772.000.000, poco meno de Il colonnello Buttiglione, meno di un film culto di Monicellli come Vogliamo i colonnelli riedizione in chiave comica del golpe Borghese.

Questi film arrivavano a un pubblico più vasto di prodotti comici più sofisticati nei, oltre alla berlina della vita militare, è presente una satira più pungente.

Vogliamo i colonnelli449 del 1973 di Mario Monicelli con Ugo Tognazzi nella parte del deputato missino Tritoni, è una riedizione in chiave comica del golpe Borghese: il deputato vuole, con la complicità dei settori più reazionari delle forze armate, organizzare un colpo di stato. I militari, dai sommozzatori paracadutisti, con il loro capo comicamente temerario, al generale dalla voce tremula incaricato di leggere il programma del governo, sono quasi tutti macchiette e, rispetto ai soldati dei film di serie B, sono anche pericolosi.

Il film ironizza su una questione molto seria: la possibilità che in Italia si verifichino colpi di stato che riescano a trasformare il paese in una dittatura. Il fallimento della compagine raccogliticcia di Vogliamo i Colonnelli è dovuto anche alla pessima prova dei militari che inviano il segnale di occupazione dell'aeroporto di Fiumicino perché disturbati da un cane di guardia al pollaio sul quale si erano paracadutati per sbaglio.

In questo caso, come ne Il generale dorme in piedi, esiste una presa in giro dell'istituzione militare che gratta un po' più sotto la superficie della farsa, e prende spunto da fatti di attualità ed il finale è amaro. Venuto a conoscenza del progetto ad opera di due deputati il ministro degli interni Li Masi lascia che il colpo di stato prosegua per sventarlo e, con la popolarità conseguita per avere salvato la patria, attuare davvero un progetto reazionario.

Il film si conclude con Tritoni, ormai in bolletta, che propone il suo progetto a un dignitario stato africano e viene allontanato dalla polizia per contravvenzioni alle nuove disposizioni sulla razza.

Nonostante sia un film comico pienamente riuscito, la pellicola di Monicelli ha un finale serio: la possibilità, mai scomparsa durante la guerra fredda, che in Italia venisse instaurato un regime dittatoriale di destra in caso di vittoria comunista alle elezioni.

Il tema del colpo di stato è affrontato anche da un film di Luciano Salce in cui si ipotizza

449 http://www.comingsoon.it/film/vogliamo-i-colonnelli/9254/scheda/

203 proprio che i comunisti vincano le elezioni politiche. La pellicola si intitola, appunto, Colpo di stato, e venne fatta bersaglio di una critica feroce a destra e a sinistra: il film si risolveva con i comunisti che, nonostante la vittoria alle elezioni, preferivano non riconoscere il risultato, al pari dei colleghi democristiani, e che rifiutavano quindi l'alternativa di governo. I progetti di colpo di stato quindi, venivano a cadere, anche se il risultato democratico delle elezioni veniva falsato.

La comicità più evoluta quindi si avvale dei possibili colpi di stato come di una fonte di ispirazione per fare una satira, questa volta più corrosiva, sull'effettiva fedeltà dei militari alla Repubblica e alla democrazia.

Abbiamo visto che servizi sui possibili golpe di destra hanno occupato le pagine dei periodici presi in esame e che, alla fine, questi progetti (il piano Solo, il golpe Borghese, Gladio) sono stati demitizzati e fatti passare come tentativi da operetta in un paese dalle radici solide. "Gente" è persino ostile alla rivoluzione dei garofani in Portogallo nel 1975: a quasi un anno dalla sommossa che ha portato alla fine della dittatura, sotto una foto di militari che protestano nel paese inserisce la didascalia: "verso la dittatura comunista".450 Il clima in Portogallo in quei giorni era di tensione tra le fazioni più moderate e quelle apertamente marxiste delle forze armate, e "Gente" sfrutta la paura dei lettori per titoli a sensazione, non presenti quando si tratta dei tentativi di colpo di stato di destra. Il golpe Borghese viene presentato dal periodico come un tentativo velleitario e farsesco, e condito con particolari di colore.

Il golpe, come sappiamo, non ebbe luogo e lo stesso Borghese, poche ore dopo l'inizio del piano, diede ordine ai cospiratori di ritirarsi. Tra le versioni che circolavano sul motivo del ritiro ci fu quella secondo la quale Borghese sarebbe venuto a conoscenza che il suo tentativo di colpo di stato sarebbe stato sfruttato da esponenti governativi per emanare leggi repressive approfittando dell'emergenza. Lo spunto è stato sfruttato da Monicelli producendo un film che, nonostante vi siano macchiette e personaggi volutamente caricaturali si occupa di un problema presente nella vita del paese.

gli anni '70 e i primi anni '80: La commedia erotica sui militari e i fumetti sulla leva

450Federico Orlando, La lezione del Portogallo, in "Gente", a. XVIII, 31 marzo 1975, p.16-17

204 Nel 1976 si inaugura con La dottoressa del distretto militare451 il filone della commedia a luci rosse con argomento i militari di leva: questo genere di film ha avuto un notevole successo in Italia nei circuiti di seconda visione nelle periferie e nei piccoli centri, con un pubblico più portato alla farsa grossolana e desideroso di vedere le varie bellezze che, con la scusa della visita militare o dell'infermeria, mettevano in mostra le loro grazie.

A questo film seguirono l'anno successivo: La soldatessa alla visita militare del 1977, La soldatessa alle grandi manovre del 1978, La dottoressa ci sta col colonnello con Nadia Cassini al posto di Edvige Fenech, del 1980. Altri titoli simili, assegnati per sfruttare il filone nazional-popolare della soldatessa, sono La dottoressa preferisce i marinai con Paola Senatore del 1981, e L'infermiera nella corsia dei militari del 1979, sempre con Nadia Cassini, che però raccontano di vicende diverse: il primo è ambientato in un albergo con diverse coppie clandestine e ufficiali di marina, e il secondo è ambientato in un ospedale psichiatrico con tre matti che credono di essere Napoleone, Rommel e Moshe Dayan.

Questo genere di commedia trova un parallelo in ambito fumettistico: dagli anni '80 infatti vi sono vari fumetti di tipo erotico-pornografico sulla leva militare che, però, sono interessanti, non certo per le trame banali e triviali, ma per la visione, nonostante tutto, sorprendentemente conservatrice della vita militare. Il filone della commedia a luci rosse e del fumetto presentano infatti gli aspetti più truci della vita da caserma come una tappa indispensabile. Compare inoltre il nonnismo, prima evitato, con alcuni degli scherzi, anche tra i peggiori.

Il nonnismo è una forma di prevaricazione classica del servizio di leva e scompare con l'adozione dell'esercito di professionisti. La gerarchia dei nonni si basa su un'anzianità informale dettata dai giorni che mancano all'"alba", ovvero la fine del servizio militare. I soldati da più tempo in caserma, che conoscono meglio le regole, si rifanno con scherzi sui primi scaglioni di leva per ottenere alcuni privilegi. Il termine deriva dal modo con cui sono chiamati gli anziani,"nonni" appunto, e che si possono esentare dai servizi più faticosi, o possono ordinare alcune cose ai più giovani (ad esempio, come rifar loro il letto così che i nonni abbiano più tempo per dormire).

Quelli che invece avvengono soprattutto nei reparti scelti e di professionisti, sono da

451 http://www.comingsoon.it/film/la-dottoressa-del-distretto-militare/13656/scheda/

205 considerarsi come rituali di iniziazione, talvolta anche cruenti o violenti, alla fine dei quali il soldato è ammesso nel gruppo dei pari. Il nonnismo in senso stretto quindi è un'espressione del servizio di leva ed esclude i militari di carriera, che non hanno alba.452

Di solito gli scherzi, più o meno pesanti, sono sopportabili, ma in determinate condizioni possono avere pesanti conseguenze fisiche e psicologiche, come nel caso Scieri, già descritto nella parte relativa ai periodici.

Gli scherzi più comuni sono: il carro armato(la vittima munita di elmetti sui piedi e i gomiti e fatta scivolare nella camerata insaponata), il juke box (la vittima viene chiusa in un armadietto e viene inserita una monetina e deve cantare le canzoni ordinate dai nonni), la sbrandata (ovvero il rovesciamento della branda a volte senza avvertire il malcapitato); il gavettone (anche con rifiuti organici)il block o il muto (la recluta deve arrestarsi o tacere agli ordini del nonno), la veglia notturna (la recluta viene svegliata ripetutamente); la schiumata (che consiste nel cospargere il corpo di un dormiente di lucido da scarpe o schiuma da barba).

Nel caso in cui la recluta "marchi male" ovvero non si sottoponga alle vessazioni e cerchi di reagire, scatta la punizione che può consistere nella reiterazione di alcuni scherzi, o in vere e proprie aggressioni fisiche come i pestaggi.453

La violenza del nonnismo, a differenza di quella dei corpi scelti di professionisti non è controllata istituzionalmente e può essere prolungata e reiterata nel tempo, causando sofferenze alle vittime designate.

Il nonnismo era quindi una cosa comune del servizio di leva e, se non era trattato in film più "buonisti", come In ginocchio da te, altre pellicole, che intendono far ridere anche con espedienti piuttosto grossolani, lo trattano come una burla tutto sommato simpatica.

Ne Il colonnello Buttiglione diventa generale una delle reclute riempie un gavettino d'acqua e lo mette sopra un commilitone che sta dormendo, svegliandolo di soprassalto: la recluta colpisce il gavettino e si bagna. Questo scherzo è abbastanza innocuo e viene prontamente interrotto dall'arrivo in camerata del sergente Mastino.

Il primo film del filone La dottoressa del distretto militare non è molto interessante: la vicenda si svolge infatti lontano dalla caserma, in un distretto militare dove sono mandati i soldati convalescenti. Il personaggio del colonnello medico Farina, 452Cfr. Fabrizio Battistelli, Anatomia del nonnismo, cit. 453Cfr FabrizioBattistelli, Anatomia del nonnismo, cit., pp. 20-25.

206 impersonato da Mario Carotenuto, vorrebbe andare in pensione e cerca, con gli stessi trucchi delle reclute, di farsi riformare. Il medico civile addetto all'idoneità, dottor Frustalupi, impersonato da Gianfranco d'Angelo, è dell'avviso di dichiarare simulatori tutti i soldati che gli si parano davanti, anche quelli veramente ammalati.

Il personaggio del medico civile, però, oltrepassa i limiti dell’illegalità generalmente consentiti da questo tipo di film: direttore di una clinica privata cerca di far lavorare e dare poco da mangiare ai suoi ricchi degenti, in modo da risparmiare e accumulare soldi. Il medico propone al colonnello Farina di piazzare alcune protesi di gamba amputando arti sani. Il colonnello Farina, che pure voleva truffare il sistema per farsi riconoscere un'invalidità per causa di servizio ed ottenere così la pensione privilegiata, rifiuta questo affare.

Il potere, in Italia, spesso non assume un volto impersonale, ma quello personalissimo della raccomandazione (malcostume piuttosto diffuso, e accettato da buona parte della popolazione): un potere con cui trattare e che soffriva delle stesse debolezze dei suoi sottoposti era utile perché vi si poteva trattare secondo alcune regole. Quando si propone di andare oltre, però, il non integerrimo colonnello Farina declina l'offerta.

Ne La soldatessa alle grandi manovre esistono vari scherzi che la recluta Alvaro Vitali e un compagno giocano al sergente, come sostituire la carta igienica con carta vetrata e mettere petardi nelle scarpe. Il film segue il solito cliché: viene nominato per prova un tenente medico donna, impersonato da Edvige Fenech, che porta scompiglio in una caserma di reclute ed ufficiali in preda a ormoni fuori controllo. Vi sono, però, alcuni scherzi da caserma come quelli descritti e nel corso del film l'affascinante raccomandato riesce ad avere una storia con la dottoressa; e insieme, per caso, arrestano il generale nemico nelle grandi manovre, garantendo la vittoria alla scassatissima squadra del colonnello Renzo Montagnani, che, deciso a perdere per evitare la promozione a generale, ha sabotato le apparecchiature in un attacco di sonnambulismo.454

Nel film è interessante, al di là della farsa di grana grossissima, il personaggio del colonnello Fiaschetta, impersonato da Renzo Montagnani, costretto per tradizioni di famiglia e da una mamma oppressiva, alla carriera militare quando in realtà voleva diventare ostetrico a causa della sua passione per le donne. Egli, di notte, da sonnambulo, urla cose contro la vita militare e il suo destino di ufficiale per cui non si

454http://www.comingsoon.it/film/la-soldatessa-alle-grandi-manovre/13654/scheda/

207 sente portato, riprendendo in qualche modo Il generale dorme in piedi.

L'atto di nonnismo più importante, però, si trova ne La soldatessa alla visita militare e si tratta di uno di quegli scherzi molto pesanti che erano soliti avere luogo in caserma: il gavettone condito con rifiuti organici (detto "alla napoletana").

La recluta Alvaro Vitali deve refrigerarsi dai suoi bollenti spiriti e mette per errore la testa in un secchio d'acqua riempito con i bisogni dei commilitoni; alla fine della sequenza questo gli viene vuotato in testa e tutto finisce in una risata.

In caserma uno scherzo del genere, tra i più pesanti,di solito viene riservato solo a quelle reclute che "marcano male", ovvero si sottraggono alle piccole vessazioni dei nonni. Per non perdere d'autorità questi intervengono con scherzi ancora più pesanti, e infine con pestaggi che possono portare a conseguenze serie e a memomazioni permanenti.

Questi film, secondo le parole di chi li interpretava, erano fatti su sceneggiature spesso deficitarie o inesistenti, affidandosi alle gag di una serie di caratteristi, che spesso utilizzavano come materia prima il loro servizio militare.

Questi film, di un circuito di seconda visione e per un pubblico che voleva ridere con battute triviali presentavano in forma burlesca tutti gli accadimenti della caserma, anche quelli non ufficiali, come appunto gli scherzi pesanti.

Si possono analizzare questi comportamenti sotto due aspetti: per prima cosa ciò che avveniva in caserma e che, pur taciuto o minimizzato dai vertici militari, era in realtà ben presente al pubblico (il quale avrebbe potuto divertirsi solo conoscendo il retroterra in cui questi scherzi prosperavano); il secondo aspetto fa pensare che presentare in forma di burla scherzi pesanti in qualche modo contribuisca ad una loro maggiore accettazione da parte del pubblico dei militari di leva.

La cosa interessante è che su tutto ciò che accade nelle caserme (comportamenti interessati e deviati, piccoli furti, furberie per far carriera, inettitudine e nonnismo) non è presente la censura in questi film, che danno quindi un ritratto, anche se umoristico, veritiero del clima che si poteva incontrare in caserma.

Questi film, girati con pochi mezzi e un gruppo di attori anche capaci, ma costretti a gag volgari e spesso poco divertenti se guardate oggi, avevano però il pregio di essere modellati sull'attualità e di essere degli instant movies dei peggiori comportamenti del paese, amplificati e restituiti in chiave comica. I superiori quindi sono inflessibili con i

208 sottoposti, portati a interpretare il regolamento a loro vantaggio, ma alla fine riescono, anche loro malgrado, a vincere le manovre contro gli altri eserciti Nato. Il nonnismo e gli scherzi triviali sono tra questi comportamenti e vengono presentati, non come una vessazione sistematica dei più deboli, ma come un semplice scherzo.

Questo tipo di comportamento si riscontra anche nei fumetti triviali sulla naja di argomento erotico pornografico che sono, per qualità delle battute e quantità di nudi femminili, stretti parenti del cinema erotico. Le strisce sono state pubblicate su differenti testate che, molto spesso, ristampavano i numeri con nomi diversi in raccolta. La modalità di pubblicazione sono per certi versi simili a quelle delle storie sulla seconda guerra mondiale edite da case editrici e subappaltate a disegnatori italiani o sudamericani, e poi rivendute a varie testate. Si tratta di fumetti a bassissimo costo, con disegni privi di qualsiasi valore artistico e dalle sceneggiature triviali, destinati a un pubblico probabilmente coincidente con quello dei cinema di seconda visione.

I fumetti erotici erano poi diffusi nelle caserme, come dimostrano sia i film sulla leva, che i resoconti e le inchieste dei periodici, soprattutto di "Famiglia Cristiana" (ovviamente molto attenta alle questioni di morale sessuale). È interessante notare che questo tipo di fumetto pornografico, di ambientazione militare, diventa un genere a sé tra gli altri fumetti di genere erotico, cui vengono dedicate pubblicazioni specifiche. Uno dei più famosi tra questi, "Primo Fiore", edito dalla Publistrip, è stato pubblicato dal 1974 al 1990 (più o meno gli anni in cui al cinema erano presenti le commedie scollacciate, che terminarono con la metà degli anni '80). Il fumetto narra le vicende della recluta Primo Fiore (che "si riconosce dal gambo") e dei suoi compagni di naja, un siciliano e un veneto gigantesco. I due compagni di Primo parlano un italiano regionale con coloriture dialettale, e così anche il siciliano sergente Tonsille, diretto superiore e nemico, al quale giocano ogni genere di scherzi. La trama è alquanto semplice: i tre fanno scherzi, risse cercano di guadagnare la libera uscita e, durante questa, di provarci con ragazze procaci.

Nel numero 28 del fumetto il sergente Tonsille viene sostituito dal sergente Molluschi, aiutato dal caporale Gentilini: essi simboleggiano l'esercito democratico e attento alle esigenze dei soldati che vorrebbero gli stati maggiori. Primo e i suoi compagni ingaggiano una lotta furibonda con i due graduati, che hanno le sembianze di Stanlio ed Ollio, per cacciarli e rimettere in ruolo l'autoritario sergente Tonsille, che offre più

209 divertimento.455

Nonostante gli scherzi e la presa in giro della vita militare, il motivo di fondo è estremamente conservatore: le tradizioni dell'esercito non devono cambiare, ed è meglio un sergente autoritario di uno gentile e attento alle esigenze dei sottoposti.

Uno dei modi con cui i protagonisti del fumetto cercano di cacciare i due graduati è il gavettone dentro il quale scaricano i loro bisogni. I due graduati rispondono però con un'alzata di spalle, affermando che è una scherzo innocente e che le reclute vanno capite (nella gerarchia del nonnismo scherzi del genere erano di solito riservati alla recluta che si opponeva alle vessazioni quotidiane e doveva essere punita ed è quindi, come detto, un fatto di notevole gravità).

Come la commedia a luci rosse, di cui il fumetto erotico non nasconde nessuna delle trivialità e degli scherzi pesanti che avvengono in caserma, presentandoli, però, in un contesto conservatore e di difesa, forse inconsapevole, dell'istituzione in cui sono ambientati.

Questo genere di pubblicazioni, infatti, nasce in un ambito ben preciso, quello del mondo e del gergo dei militari di leva a cui fanno riferimento le battute e i comportamenti dei protagonisti.

Di solito, in un'istituzione, il potere maggiormente vessatorio è quello che sta immediatamente sopra: nel caso della gerarchia militare, con una catena di comando ben chiara, le reclute sono sottoposte prima all'autorità dei graduati e poi a quella degli ufficiali. I sergenti autoritari, dediti alla pignoleria e alla disciplina, sono sempre presenti nei film e nelle commedie e sono dipinti come macchiette che subiscono a ripetizione scherzi dai loro sottoposti.

E possibile che nei film o nei fumetti, dato il loro carattere di documenti fatti su un'esagerazione di ciò che era la naja in realtà, si cercasse una vendetta, almeno nella finzione scenica, su superiori troppo autoritari. I sergenti quindi non fanno mai una buona figura e sono l'oggetto principale delle prese in giro nei film e nei fumetti.

I film, basati su un copione abborracciato, come dichiara Gianfranco d'Angelo intervistato su Quattro marmittoni alle grandi manovre:

455Destinazione Santuzza, "Primo Fiore" a. III n°28, Publistrip, Roma 1977.

210 Si facevano le sceneggiature, si correggevano, si mettevano le battute, poi si

andava sul set e... si cambiava tutto.456

I film del filone militare, come tutte le commedie del periodo, sono simili alla commedia dell'arte, con il dialetto a caratterizzare il personaggio particolare: il napoletano, spesso di alto ceto sociale, è il raccomandato che fa la doccia in accappatoio e se ne sta sulla branda a leggere le riviste mentre gli altri faticano; il veneto è spesso un sempliciotto contadino, come il ciociaro; il siciliano ha atteggiamenti paramafiosi ed è gelosissimo della fidanzata; i sardi sono rozzi e primitivi; i toscani simpatici; i sergenti autoritari sono molto spesso meridionali e parlano l'italiano in modo incomprensibile, generando confusione nei sottoposti che devono obbedire agli ordini.

I film quindi si basano su personaggi abbastanza stabili, spesso impersonati dagli stessi attori: Lino Banfi e Renzo Montagnani sono spesso i poco marziali colonnelli, anche se Renzo Montagnani, senza barba e con molto trucco è un'improbabile recluta in Donne botte e bersaglieri; come abbiamo detto, Gianfranco d'Angelo è il medico, ma in Quattro marmittoni alle grandi manovre è Serafino, il contadino sempliciotto ciociaro; Alvaro Vitali è il romano o il siciliano, spesso maniaco sessuale, ed è sempre una recluta e mai un ufficiale o un graduato.

Un'altra figura che viene presa di mira, oltre ai sergenti, è quella del medico miliare: nei film il medico, spesso Gianfranco D'Angelo tratta tutti come simulatori o prescrive cure sbagliate o poco appropriate, spesso il medico è un esaltato o un incompetente; ne La dottoressa del distretto militare, il capitano medico, impersonato da Carlo delle Piane, scambia per errore thè e urine. In un altro film della serie il medico è Leo Gullotta, che inventa un portentoso cocktail di ormoni per trasformare le reclute in supersoldati. Dato che nella caserma, in un'isola della Sardegna, viene mandata anche il sottotenente di complemento Eva Marini, Edvige Fenech, è facile immaginare che gli ormoni non abbiano l'effetto di trasformare i soldati in macchine belliche, ma in maniaci sessuali.

Vi sono, nei periodici, alcuni articoli che denunciano la sanità militare per inadempienze, e per la tendenza a trattare tutte le reclute, anche quelle veramente ammalate, come possibili simulatori. Periodici di denuncia distribuiti in forma semiclandestina nella caserme come "Proletari in Divisa", che venne edito dal 1969 al

456 http://www.youtube.com/watch?v=6V90eF-n0Lo 6 agosto 2014.

211 1976 e che era collegato al periodico "Lotta continua", denunciano, nei loro numeri, varie morti durante la leva, spesso attribuite all'incapacità dei medici militari. I medici dei film, tranne la dottoressa impersonata da Edvige Fenech, non sono assolutamente in grado di svolgere i loro compiti, ma, nonostante tutto, risultano simpatici.

Un altro personaggio presente in molte commedie è il raccomandato, di solito napoletano. I dialetti sono un punto forte della rappresentazione del servizio militare e, oltre al cinema anche i fumetti e persino i libri cercano di dare conto di questo. I dialetti, poi, identificano personaggi simili a quelli della commedia dell'arte. Secondo gli stessi attori la sceneggiatura veniva spesso stravolta o era solo abbozzata, consentendo ai caratteristi di esprimersi al meglio. I film si reggevano spesso sulle performance dei singoli attori e sulla loro capacità di far ridere il pubblico.

Il raccomandato Giorgio di Bassano è un nobile napoletano che fa il servizio militare vicino casa in In ginocchio da te; Eduardo de Carolis è il napoletano raccomandato in Quattro marmittoni alle grandi manovre.457

In In Ginocchio da te esiste un conflitto tra Gianni Traimonti, il protagonista, e il raccomandato Giorgio di Bassano, e il motivo riguarda una diversa visione dei rapporti interpersonali. Gianni è deciso a sposare la sorella di Giorgio a causa della vacanza alle Eolie che hanno passato insieme e Giorgio gli ride in faccia dicendo che se la sorella dovesse sposare tutti quelli che ha portato in vacanza, si sposerebbe per un mese intero. Gianni a quel punto aggredisce il napoletano e vengono divisi dal sergente. Il conflitto non è per l'essere stato raccomandato, ma per una diversa visione della morale sessuale (e del mondo da questa è rappresentato): fondamentalmente tradizionale e contadina di Gianni, cittadina e spregiudicata di Giorgio.

Il raccomandato, però, non è un essere abietto e cattivo, anzi spesso è un personaggio positivo, che risolve la vicenda e che, alla fine, non è diverso dagli altri commilitoni e spesso li aiuta o comunque non li ostacola. Nei primi due film della serie della dottoressa con Edivige Fenech, è presente ed quello che, alla fine, riesce a conquistare la dottoressa (sogno erotico di tutte le reclute). Il raccomandato, infatti, è di solito di bell'aspetto e con modi più civili rispetto alle altre reclute, poiché proviene da un ambiente sociale più elevato; è quindi, nella commedia sexy, quello che ha più possibilità di conquistare la bellona di turno.

457http://www.comingsoon.it/film/4-marmittoni-alle-grandi-manovre/15733/scheda/

212 Nei film con la Fenech, però, perde la sua connotazione di aristocratico napoletano e, caso strano, parla in italiano, elemento che comunque lo distingue dagli altri che parlano in vernacolo.

Il maresciallo addetto alla fureria è spesso presente, ed è inequivocabilmente un ladro che sfrutta, anche con minacce, la sua posizione per avere vantaggi. In In ginocchio da te il maresciallo Todisco, come già ricordato, consegna appositamente divise più larghe per far lavorare la moglie, che, pretende poi una cameriera a tutto servizio, anche perché è impegnata per tutto il giorno nella sartoria.

In questo caso la parlata napoletana del maresciallo si adatta molto bene al personaggio del meridionale "simpatica canaglia" e trafficone. Egli consegna l'ordinatissimo "Venezia" perché sospetta sia lui il corteggiatore della figlia dicendo che ha una divisa troppo ordinata.

In sostanza nell'ideologia conservatrice di sottofondo al film si prova a raggiungere un sogno borghese di elevazione sociale: la cameriera a pieno servizio, la figlia virtuosa che contrarrà un buon matrionio, anche grazie ai piccoli vantaggi derivati dal proprio ruolo.

Ne La soldatessa alla visita militare458 il maresciallo arriva alla minaccia se non si acquistano le dotazioni aggiuntive al prezzo che egli chiede.

Maresciallo: "Due piatti rotti due, addebito lire 480, due piatti rotti due, addebito lire 480"

soldato: "Ma li ho rotti io?"

M: "No"

S: "E li debbo pagare io?"

M: "Sì" [...]

M: "Sacco igienico opzionale tremila lire si paga a parte [...]"

S: "Ma questa roba non si può rifiutare?"

M: "E tu provace!"459

Gli ufficiali sono spesso impersonati da attori che hanno poche caratteristiche marziali, 458http://www.comingsoon.it/film/la-soldatessa-alla-visita-militare/13655/scheda/ 459La soldatessa alla visita militare regia di Nando Cicero, 1977 .

213 anche fisiche come Lino Banfi e Renzo Montagnani o come Mario Carotenuto (molto spesso ufficiale medico). In quest'ultimo caso vi è il personaggio del napoletano trafficone sovrapposto a quello del colonnello, tutto sommato bonario, più interessato alle proprie passioni che alla disciplina militare.

Diverso è il caso del colonnello Buttiglione, interpretato da un buon caratterista e attore di teatro francese, Jacques Dufilho. La farsa sulla leva in questo caso è più surreale: Buttiglione muore alla fine di ogni film e viene clonato grazie a sofisticatissime tecniche mediche. L'ufficiale improbabile ha comunque piglio marziale, ovviamente esagerato, così da dare al personaggio una caratterizzazione grottesca. La sigla finale del colonnello Buttiglione ironicamente afferma che del colonnello:

Fai tremare ogni soldato lavativo e fannullone,

col tuo occhio perforante per trovare il capellone,

lo fai rapare a zero e lo sbatti poi in prigione,

ma per il soldato bravo nutri affetto e comprensione

tu sei bravo come un padre Buttiglione.460

La presa in giro degli ufficiali non arriva a far pensare che ci sia troppa malafede nei loro comportamenti. Si è già accennato al fatto che il medico militare de La dottoressa del distretto militare voglia andare in pensione da privilegiato ed sia disposto ad accentuare i suoi acciacchi; non è tuttavia disposto a vendere cacciabombardieri usati per le forze armate, o ad aumentare le amputazioni per piazzare una fornitura di gambe.

I soldati italiani, tranne nel caso de II colonnello Buttiglione diventa generale, poi, escono sempre vincitori dalle grandi manovre con eserciti Nato e riescono, alla fine, ad arrestare pericolosi criminali o spie infiltrate nella caserma.

La visione di fondo esprime l'idea che le risorse e l'inventiva tipiche degli italiani possano tornare utili in ogni caso, anche in quello militare e, in fondo, si riesca ad arrivare all'obiettivo, anche se in maniera poco ortodossa.

Elemento importantissimo in un mondo totalmente maschile fino al 1999, quale quello

460Castellano, Pipolo, Boncompagni, Colonnello Buttiglione, Rca 1973

214 dell'esercito italiano, sono le donne soldato di altri paesi o italiane, come nel caso della serie della soldatessa con Edvige Fenech.

Ne Il sergente Rompiglioni diventa... caporale è presente una donna soldato americana di colore, molto più alta di Franco Franchi, che impersona una sergente dell'esercito americano; il protagonista cerca di conquistarla in modo non volgare, con una certa galanteria e con le smorfie proprie dell'attore. Si tratta, in questo film, dell'immagine di una bella ragazza, molto al di sopra delle possibilità del sergente Rompiglioni, il quale alla fine non viene trattato come un pappagallo molesto, ma come una persona tutto sommato affettuosa e gradevole. Ovviamente le donne soldato sono spesso presenti come soldatesse di altri paesi Nato con la scusa delle grandi manovre o di esercitazioni congiunte. Un altro sergente donna, il sergente Callahan, è impersonato da Fiammetta Baralla, caratterista nota per avere un'altezza e un peso molto superiori alla media. La donna militare, di solito, è bella e affascinante e suscita i desideri dei colleghi maschi; in questo caso, però, vi è anche una donna dai tratti mascolini nel fisico, autoritaria, con la quale si scontra il nostro Rompiglioni.

Ne Il colonnello Buttiglione diventa generale è presente una coppia di ufficiali inglesi che partecipano insieme alle grandi manovre e che sono bombardati per errore dal colonnello, il quale ordina di aprire il fuoco sulla loro tenda. In un'altra scena il sergente Mastino vede una bella ragazza che fa il bagno nuda e cerca di avvicinarla. Quando le avrà passato i vestiti scoprirà l'uniforme da tenente dell'ufficiale inglese, si metterà sull'attenti, girerà i tacchi e scomparirà a passo di marcia.

Negli altri casi, però, la donna in uniforme è competente: quando è medico è l'unica che capisca veramente qualcosa di medicina, e parla italiano, caratteristica che nei film è assegnata solo ai personaggi più seri. Nel primo film della serie della soldatessa con la Fenech, La dottoressa del distretto militare, la protagonista femminile è un medico civile che deve sostituire un collega al distretto militare, e quindi non una donna in uniforme come nei film successivi: è comunque seria, scrupolosa e ligia al proprio dovere.

Ne La soldatessa alle grandi manovre il sottotenente di complemento Eva Marini aiuta don Pagnotta, il parroco del paese impersonato da Lino Banfi, a prendersi cura degli orfanelli del paese, visitandoli gratis fuori dall'orario di servizio e fornendo loro cibo e

215 medicinali.

La donna con l'uniforme quindi spesso non è una macchietta, ma, a differenza dei colleghi maschi, è l'unico personaggio serio e con un certo senso del dovere nel film. Alla fine, stranamente, in una messa alla berlina del mondo militare l'unico personaggio che, di solito, interpreta una parte quasi seria (togliendo i falsi specchi, le docce e i buchi della serratura da cui guardano le reclute) è proprio quel personaggio inesistente nelle caserme, ovvero la donna soldato.

L’immagine della donna, nonostante sia indipendente e svolga una professione superiore come quella del medico mantiene caratteri affini alla mentalità consevatrice: la dottoressa Marini aiuta gli orfanelli da buona madre, e di solito la donna militare viene sedotta dal bello di turno, che si impone su di lei con una certa forza.

Interessante a questo proposito è il film Il sommergibile più pazzo del mondo di Mariano Laurenti, uno degli ultimi del filone militare, girato nel 1982 in Croazia. La bellona di turno, Anna Maria Rizzoli, si finge il fidanzato Giovanni Cassiodoro per essere congedata, ma viene lo stesso arruolata. I militari di leva, richiamati per dare la caccia a un sommergibile fantasma americano nel quadro di esercitazioni Nato, sono combattuti sul fatto di apprezzare le grazie della ragazza e di considerarla un uomo.

Il film si risolve ovviamente con la vittoria dell'equipaggio italiano. Per mancanza di fondi il film fu girato su un piccolo traghetto di linea spacciato in modo molto grossolano come nave militare e il sottomarino fu creato con un modellino in acquario.

L'espediente del richiamo alla leva consente di avere nel cast soldati fuori tempo massimo come Enzo Cannavale, Bombolo e Giorgio Ariani, molto al di là dei quaranta.

Il sommergibile più pazzo del mondo461 introduce il tema dell'omosessualità in caserma con il personaggio del soldato Giovanni Cassiodoro, che, per quasi tutto il film si pensa essere un transessuale. Il personaggio omosessuale, come macchietta è presente perché è un possibile bersaglio delle battute facili dei commilitoni. L'orientamento sessuale è un modo sicuro per strappare le risate di un pubblico rozzo, che si esaltava con suoni gutturali e volgarità.

Negli anni '70 il politicamente corretto non era ancora entrato nel lessico e quindi gli omosessuali erano descritti in termini dispregiativi. Gli omosessuali sono ufficiali o 461http://www.comingsoon.it/film/il-sommergibile-piu-pazzo-del-mondo/34270/scheda/

216 soldati di leva pettinati in modo corretto, sono vestiti piuttosto bene e parlano in modo effeminato.

In Quattro marmittoni alle grandi manovre il tenente è omosessuale e, ogni volta che si avvicina a colleghi o a reclute, questi cercano di scappare: il sergente impersonato da Lino Banfi, quando questo è nella stanza con il tenente, trova una scusa dicendo che suona il telefono in ufficio.

Il soldato Serafino, Gianfranco D'Angelo, al passaggio del tenente commenta:"San Camillo da Milano a me me pare un poco strano!". Durante le docce, quando una saponetta cade in mezzo al corridoio, nessuno si china a raccoglierla, nemmeno il sergente.

Questi film si nutrivano di luoghi comuni, che spesso si ritrovavano durante il servizio di leva, dove il machismo e la dimostrazione di virilità in un mondo maschile sono un modo per non essere etichettati come diversi.

Va detto che Quattro Marmittoni alle grandi manovre, nonostante un'avvenente e procace infermiera (al secolo Lisa Leonardi), non si inscrive nel filone della commedia sexy, ma nelle commedia sulla leva con gag un po' surreali, come quella in cui il sergente Merode e il sergente Porceddu si scontrano con i rispettivi plotoni e discutono di precedenze.

Nella commedia erotica l'omosessuale o la battuta sull'omosessualità sono presenti in forma macchiettistica e triviale e con termini dispregiativi e adatti al pubblico di riferimento.

Ne Il sommergibile più pazzo del mondo il soldato omosessuale Macchi Ernesto (impersonato da Ernesto Thole, figlio dell'illustratore Karel Thole, noto già al pubblico per alcuni sketches in cui impersonava un omosessuale), pur se con la stereotipizzazione solita non è presentato in modo negativo, e anzi, una foto del suo amante, a bordo del sommergibile americano, serve a Cannavale e Bombolo per localizzare il sommergibile americano.

Questi film e i fumetti mettono in luce il servizio militare come una iniziazione sessuale, come avvenne in realtà per molti giovani. La comunità della naja era maschile e si trattava, come già detto, per molti giovani, del primo lungo periodo lontano da casa in un clima certamente goliardico riguardo alle donne. Per molti il servizio fuori casa,

217 lontano dai genitori e in un ambiente maschile era, durante le libere uscite, uno dei momenti dell'iniziazione sessuale, con prostitute o con ragazze del luogo che si sarebbero spesso abbandonate alla fine della ferma. Un altro modo con cui i soldati venivano a contatto con il sesso era con i film, con i primi cinema a luci rosse e con i giornali e le riviste pornografiche che giravano di nascosto in caserma. Le commedie scollacciate e i fumetti pornografici hanno una certa consonanza dei linguaggi e nascono nello stesso periodo, a metà degli anni' 70: è quindi possibile ipotizzare che siano figli della contestazione che stava avvenendo a tutti i livelli e che rende possibile parlare di sesso e dei problemi della vita militare, anche legati a questo ambito. Nonostante vi siano aperture su alcuni temi, alla fine, la morale di fondo è conservatrice e funzionale al sistema, ma la novità rappresentata da questi film era che si poteva parlare di cose che venivano taciute dalle pellicole precedenti.

Nei musicarelli come In ginocchio da te, Donne botte e bersaglieri e Marinai in coperta l'amore è assolutamente casto e vi sono solo scene di baci. Si è già trattato questi film e di quale morale sottintendano, ma è interessante notare che i film degli anni '60 vedano la leva come un periodo romantico lontano da casa in cui cercare il vero amore o riuscire a trovare la donna giusta.

Ciò che non viene taciuto sono i piccoli furti o l'autoritarismo dei superiori, ma vi sono riserve sul nonnismo e sul sesso. Le gite in macchina nelle licenze si risolvono solo in qualche bacio in Donne botte e bersaglieri; in In ginocchio da te il bacio viene concesso solo dopo qualche uscita, e sembra una promessa che leghi per la vita.

Con le commedie sexy la caserma come iniziazione sessuale entra di diritto nell'immaginario cinematografico italiano, e non abbiamo più Gianni Morandi che canta nella doccia: è sostituito sotto l'acqua da Edvige Fenech e Nadia Cassini.

I militari della commedia erotica non cercano più solo l'innamoramento, ma principalmente il divertimento sia esso a pagamento o gratuito e si mettono a fantasticare sulle misure delle donne e a leggere riviste pornografiche.

Si può dire che con questo genere di film la vita militare assuma un contorno meno edulcorato e più realistico: i ragazzi di leva sono ventenni con ormoni da sfogare in qualche maniera e hanno le donne, gli scherzi e l'ostentazione della loro virilità come chiodo fisso.

218 I fumetti erotici hanno lo stesso intento: presentano una caserma che non ha censure riguardo alle prevaricazioni, al nonnismo, agli scherzi pesanti, al gergo e alle battute che sono presenti realmente tra persone di tutti gli strati sociali.

Come già detto, questi film sono instant movies sulla vita militare e il sesso ha giocato certamente un ruolo importante in essa, e quindi non viene più escluso, ma incluso a pieno titolo nell'immaginario del militare di leva. L'esagerazione comica, poi, ha fatto sì che i comportamenti fossero ridondanti, ma certamente in essi vi era un fondo di reali esperienze di leva. Vi sono incontri con prostitute, sempre fallimentari e con donne bruttissime, spesso attori maschi travestiti, come ne La soldatessa alle grandi manovre o dei tentativi di approccio a ragazze locali.

In conclusione, con i film degli anni '70-'80, a parte alcune produzioni serie, si hanno due fasi: la prima fino a metà anni '70 in cui vi erano limitazioni su alcuni aspetti della naja, come il sesso, ma vi era comunque la caratterizzazione di alcuni personaggi che agivano al di là del consentito. La morale, soprattutto sessuale, poi, era orientata alla castità e a una visione piuttosto rigida dell'onore e del matrimonio. Con la seconda fase e quindi con la commedia sexy non viene solo messo in luce l'aspetto della caserma come di una iniziazione sessuale che coinvolge milioni di giovani, ma sono mostrati, anche perché le trame sono più volgari e gli espedienti per la risata più facili, anche quei comportamenti devianti che sconfinano nel nonnismo.

Il filone della commedia sexy quindi ha due aspetti contraddittori: da un lato rende pubblico ciò che della caserma si dice e che è taciuto dai comandi; dall'altro queste cose, pure ammesse, vengono presentate in modo poco nocivo per l'istituzione in quanto non sono considerate alla fine che delle burle.

Ciò che però è interessante è che tutto questo venga comunque ammesso e che si possa scherzare, anche in modo pesante e poco politicamente corretto, sul servizio di leva.

Da segnalare infine un film a episodi surreale di uno dei maggiori comici italiani, Roberto Benigni, Tu mi turbi462 del 1983: l'episodio finale, il quale dà il titolo al film, vede due militari annoiatissimi, uno dei quali è Benigni, di guardia all'altare della Patria.

L'inizio dell'episodio è già fa comprendere come Benigni, aiutato nella sceneggiatura da Giuseppe Bertolucci, prenda in giro la retorica nazionale:

462http://www.comingsoon.it/film/tu-mi-turbi/13955/scheda/

219 Questa storia è dedicata a due giovani italiani, due eroi, oscuri e sconosciuti, muti come il marmo, montano la guardia ad un altro eroe muto e sconosciuto immobili come statue vegliano affinché la fiamma della patria mai si spenga, due

sono gli imperativi non muoversi e soprattutto non parlare.463

I due militi giocano a provocarsi con insulti sottovoce per vedere chi si muove prima e intanto conversano. Dal film si capisce che sono stati dimenticati, Benigni infatti dice:"mercoledì ti movesti, l'ho visto".

Alcuni dialoghi prendono in giro il patriottismo e la retorica come ad esempio:

Benigni: "Ma questa fiamma non si spegne mai?"

Soldato: "Mai è la fiamma eterna della patria!"

B: "E se piove?"

S: "Non c'è verso di spegnere la fiamma eterna della patria!"464

Alla fine la conversazione verte su Dio e ne viene dimostrata l'esistenza con un miracolo.

Un altro modo di fare satira: Sturmtruppen e L'ultima burba

"Sturmtruppen", fumetto creato da Franco Bonvicini, in arte Bonvi, esce per gran parte del periodo preso in esame in questo lavoro poiché le strisce iniziano nel 1968 e finiscono nel 1990. Durante gli anni vi è stata un'evoluzione del disegno e della storia: verso la fine cominciano ad apparire storie più elaborate che travalicano i confini della semplice striscia di tre o quattro vignette.

Le storie sono spesso strisce autoconclusive, come quelle dei fumetti che venivano messi in pagine dei giornali, ma hanno spesso rimandi ed attinenze ad altre precedenti. Il

463Roberto Benigni, Tu mi Turbi, 1983. 464ivi

220 fumetto si basa su personaggi fissi: ufficiali e graduati sadici e imbranati, soldati che cercano di sopravvivere con furbizia e ingenuità.

L'ambientazione è quella della seconda guerra mondiale e i soldati sono tedeschi, anche se alcuni personaggi sembrano essere della prima, come il giovane studente volontario che viene mutilato in varie missioni e poi ucciso.

La comicità di "Strumtruppen" è leggibile a più livelli, con battute immediatamente comprensibili a tutti e citazioni nascoste che fanno comprendere come la satira della vita militare sia più profonda.

Bonvicini fece il servizio militare in un reparto di carristi come sottotenente di complemento e spesso nelle strisce compaiono improbabili carri armati che dovrebbero annientare i nemici e invece annientano solo i malcapitati soldati.

Il linguaggio è un italiano germanizzato di facile comprensione e di effetto comico: in pratica si mettono delle "en" alle finali delle parole.

Anche se tratta di un'esperienza precedente a quella presa in esame come la seconda guerra mondiale "Sturmtruppen" ha a che fare con la naja perché l'universo descritto non è solo quello bellico, ma anche quello dei militari di leva con le sue assurdità.

Tra i personaggi abbiamo infatti il sergenten, autoritario, ossessionato dalla disciplina e sadico, che manda i suoi soldati al massacro.

I soldati cercano di sopravvivere alla guerra come possono, arrangiandosi e cercando di non rimanere uccisi. Tra i personaggi ve ne sono alcuni che fanno comprendere un certo approfondimento, come il soldaten Sigfrid Von Nibelungen, giovane studente di liceo idealista e volontario (che finirà ovviamente ucciso), e i soldaten del 27° battaglionen di discplinen, criminali costretti ad arruolarsi nell'esercito, richiamo ai romanzi bellici di Sven Hassel.

Ciò che invece caratterizza la naja in "Sturmtruppen" è che i soldaten, gli uffizialen e il sergenten sono sempre impegnati a fare cose assurde, inutili e ripetitive, spesso con risultati catastrofici.

"Sturmtruppen" è un fumetto che parla dei soldati tedeschi nella seconda guerra mondiale, ma quello che è proprio dell'autore è l'esperienza di leva e non quella della guerra. I tipi sono caratterizzati allo stesso modo di quelli della commedia: i soldati sono

221 inetti e ufficiali e graduati sono autoritari e incapaci. Il mediken militaren, figura del dottore, è simile a quello della commedia, ed è incapace di operare per il bene dei soldati, come i due eroiken portaferiten, i barellieri che spesso uccidono o mutilano permanentemente il ferito che devono soccorrere.

Il prigioniero ebreo, che deve essere tassativamente fucilato, non viene mai fucilato per un impedimento o un altro, e alla fine familiarizza con il plotone di esecuzione.

Come fumetto sulla naja in “Sturmtruppen” non vengono taciuti nemmeno quei due aspetti che nei film degli anni '60 erano assenti: gli scherzi e il sesso. In alcuni strisce si fanno gavettoni ad alcune reclute ed è presente il personaggio della mignotten pubbliken, la prostituta del reggimento, di cui si innamora il soldato Otto, con risultati ovviamente catastrofici, e che per trenta marchi dice anche parole d'amore.

Gli ufficiali, anche se con indubbia comicità, sono decisamente più sadici di quelli della commedia nella quale, alla fine, l'autoritarismo e le vessazioni non arrivano fino a fare volontariamente male alle truppe. In una striscia un ufficiale inferiore che vi sono poche porzioni di rancio rispetto al numero dei soldati e l'ufficiale superiori consiglia di "ordinare un attakken prima del pranzo"465

La visione del servizio militare in "Sturmtruppen" è quindi diversa rispetto a quella dei fumetti erotici presi in esame, proprio perché la sua comicità, irriverente e corrosiva, non tende a presentare gli ufficiali e i graduati come "simpatiche canaglie", ma come persone sadiche e senza rispetto per la vita umana e le sofferenze che causano ai sottoposti.

Un soldato prova a fare un gavettone al commilitone che deve dargli il cambio nel servizio di guardia, ma colpisce inavvertitamente un ufficiale e, in conseguenza di ciò, quest’ultimo lo fa fucilare.466

In una striscia si parla del comma 22467, un paradosso contenuto in un racconto di Joseph Heller. Nella striscia il soldato protagonista parla con alcune creature immaginarie (prodotto della sua pazzia) dicendo che non è possibile che sia esentato, e che quindi il colloquio con lo psichiatra è inutile. La striscia si conclude con l'originale comma 22, in

465Sturmtruppen, I classici del fumetto serie oro, supplemento a "Repubblica", gruppo Repubblica l'Espresso, Roma 2005. 466Bonvi, Sturmtruppen a striscen, Rizzoli, Milano 1997 p. 35 467Il comma 22 nella sua formulazione originale recita: solo chi è pazzo può essere esentato dalle missioni di guerra, chi chiede l’esenzione dalle missioni di guerra non è pazzo.

222 tavole come i dieci comandamenti, e gli ufficiali che discutono dell'essere superiore che ha creato tutto questo.

"Sturmtruppen" è quindi un fumetto di largo consumo che può essere letto sia come un semplice diversivo, sia come un prodotto comico sulla vita militare dei soldati di leva, che una satira su alcuni aspetti della società. In una delle strisce viene rilasciata per sbaglio tra le truppe l'arma finalen del dottor Goebbels, la televisione: i soldati e gli ufficiali si ipnotizzano a guardare la televisione e non fanno nient'altro venendo annientati. Alla fine della striscia vi sono solo i due ufficiali davanti alla televisione in un paesaggio di rovine.

I soldati non sono padroni nemmeno delle loro emozioni e infatti viene loro ordinato di essere felici dall'esperto di propaganda. Poco dopo viene dato il contrordine perché si sono divertiti anche troppo. I soldati commentano: "se non ci fossere kueste pause di relax la vita militare sarebbe proprio insopportabile"468

La satira di Bonvi, le strisce iniziano nel 1968 ha come bersaglio anche la contestazione sotto le armi: in una striscia del '70 un militare che vuole differenziarsi dalla massa perché "la vita militare annulla l'individuo" sceglie di avere stivali più lucidi di tutti gli altri.

Tutti questi esempi di strisce, ma ve ne sono molti altri, fanno sì che "Sturmtruppen", nella satira militare, sia oltre la presa in giro generica e volgare dei film e dei fumetti erotici con argomento di leva, nonostante la facile accessibilità: i riferimenti sono spesso a racconti o libri, come Un anno sull'altipiano di Lussu, in cui si dice che i soldati non hanno voglia di andare all'assalto perché la grappa è finita.

La satira di Bonvi non risparmia nulla, nemmeno Dio (autore del comma 22), il milite ignoto, (oggetto dell'attenzione irriverente anche di Benigni, soldato di leva di guardia all'altare della patria in Tu mi turbi del 1981). Nel fumetto il milite ignoto si lamenta che la patria non dimentica mai i nomi dei propri caduti e non può far sapere alla famiglia del proprio eroismo.

I bersagli di Bonvi sono quindi a 360 gradi e la comicità irriverente verso tutto fa di Strurmtruppen uno dei prodotti commerciali per il grande pubblico più interessanti da questo punto di vista. La guerra, l'istituzione militare, il servizio di leva vengono presi in

468Bonvi, Sturmtruppen a stiscen, Rizzoli, Milano 1997 p.5

223 giro senza alcuno sconto, e in modo da essere comprensibili ad un pubblico molto ampio.

Il successo commerciale delle strisce di Bonvi ha portato alla creazione di quattrofilm ispirati ad essi: Sturmtruppen469 di Salvatore Samperi; Sturmtruppen 2 tutti al fronte470, sempre di Samperi; Kakkientruppen di Marino Girolami, uscito tra i due film "ufficiali", e Von Buttiglione Sturmtruppenfuhrer471 di Enrico Guerrini, con il personaggio del colonnello Buttiglione nelle vesti di ufficiale nazista.

I film presentano quella comicità surreale presa dalle strisce, e nel primo film lo stesso Bonvi ha fatto una comparsata, nella parte del prigioniero da fucilare. I film e i fumetti delle sturmtruppen sono diversi dalla commedia sexy e dai fumetti erotici che giravano nelle caserme, anche se i film condividono con questi i registi: Salvatore Samperi e Marino Girolami fanno parte del cicuito dei B movies; attori come Enzo Cannavale, Giorgio Ariani, Leo Gullotta, Umberto Smaila (presente con "I gatti di vicolo miracoli" nel primo film del colonnello Buttiglione). Il film apocrifo Kakkientruppen, invece, si avvale del cast della commedia sexy con Lino Banfi, Gianfranco d'Angelo, Mario Carotenuto.

La produzione dei film a basso costo in Italia ha prodotto una generazione di attori e registi, spesso non disprezzabili, che si sono dedicati a questo genere perché facile e redditizio. Nei vari film, quindi, di solito, compaiono gli stessi attori, che spesso interpretano le stesse macchiette. In Kakkientruppen, però, Banfi e D'Angelo sono due reclute e non due ufficiali o sergenti.

I prodotti sono quindi solo di poco superiori alle commedie coeve; il dizionario Morandini dà al primo film una valutazione di due su cinque, mentre gli altri ritornano all'uno su cinque che caratterizza anche gli altri prodotti sulla leva. Le Sturmtruppen come fumetto sono un prodotto antimilitarista e poco accondiscendente con l'esercito, che non si nutre solo di gag volgari e stereotipate. Affidare la realizzazione dei film ad attori, registi, sceneggiatori che hanno militato nella commedia sexy, compresa quella d'ambiente militare ha avuto il risultato di limitare la carica corrosiva che potevano avere sul grande schermo, appiattendo le strisce sui vari film come Quattro marmittoni alle grandi manovre o Il Colonnello Buttiglione.

469 http://www.comingsoon.it/film/sturmtruppen/14636/scheda/ 470 http://www.comingsoon.it/film/sturmtruppen-2-tutti-al-fronte/14628/scheda/ 471 http://www.comingsoon.it/film/von-buttiglione-sturmtruppenfuhrer/13046/scheda/

224 Il primo film, che ha collaborato alla sceneggiatura e ha alcuni spunti interessanti: un generale cocainomane che se la prende con il pupazzo di Marx e Bonvi che appare con la maglietta "L'8° giorno creò la marjuana" e il soldato Tonto (Renato Pozzetto) spesso fuma giganteschi spinelli, riprendendo alcune strisce.

Quello della droga in caserma era un problema serio, che non è trattato nemmeno nella commedia coeva di quegli anni; secondo le denunce dei periodici trattati nella prima parte spesso vi era un elevato consumo di droghe di vario genere, argomento anche di alcune lettere che dei militari di leva inviano a "Famiglia Cristiana".

Vi sono il dottore che rende abili anche i mutilati, e non i raccomandati, sono presenti anche il messia e il medico vampiro, che sono personaggi delle strisce del fumetto, anche se quella che il medico sia un vampiro è un'ossessione del capitano, ammiratore di Van Helsing.

Il film ironizza su se stesso nel momento del teatrino delle reclute: un soldato parla di un gruppo di

disperati tiranneggiati da un generale cocainomane, insidiati da un caporale

pederasta e da un sergente fallito e rincoglionito che tiranneggia le reclute472

La rivolta che ne segue viene calmata con alcune esecuzioni sommarie e l'attore commenta

con voi tiranni film di impegno sociale non se ne possono fare.

Nell'ultima scena il fantasma del milite ignoto, con la voce del doppiatore professionista Pino Locchi, porta un messaggio di pace da parte di Dio da leggere ai soldati. Il fantasma viene rimpallato nella catena di comando fino al papa, che lo uccide con un ostia avvelenata e annuncia con gioia che la guerra continua. Il film, in alcune scene, conserva l'irriverenza e la causticità verso tutto e tutti del fumetto.

Sturmtruppen 2 scade invece maggiormente nella barzelletta, con più interpreti presi dalla commedia dell'epoca, anche se Bonvi collabora alla sceneggiatura come nel primo film: nel secondo episodio si può notare la comparsa del soldato volontario (alto giovane e biondo) Sigfrid von Nibelungen, che è in realtà il conduttore Giancarlo Magalli con 472Sturmtruppen, regia di Salvatore Samperi, 1976

225 parrucca bionda, e il fedele alleato Galeazzo Musolesi, personificazione dell'italiano vile con il nemico e profittatore, interpretato da Enzo Cannavale.

Il film finisce con dei giocatori di calcio che tirano palloni sulle trincee, e con il sergente e l'ufficiale che affermano che il finale è poco serio.

Il film non autorizzato Kakkientruppen, invece, è più vicino alle farse di ordine militare classiche e si avvale di Lino Banfi e Gianfranco D'Angelo come protagonisti; è una riedizione del filone militare, con alcune ausiliarie giovani e belle per dare un tocco sexy al film.

Ci sono comunque i soliti stereotipi: il medico militare uccide tutti i soldati e le parti amputate vengono date al cuoco per il rancio. Vi sono però delle scene interessanti, ad esempio quando le dame di carità visitano i soldati portando doni e uccidendone una quantità con il loro comportamento, i personaggi delle signore che visitano le truppe al fronte, infatti, non sono presenti nei film ufficiali. Alla fine della visita chiedono le frattaglie dei morti per i gatti. Il film si conclude con Hitler che, dopo aver provocato la guerra, scappa vestito da Charlot. Quest'ultimo film si colloca nella commedia di argomento militare e l'ambientazione surreale in una guerra inesistente permette di far vedere morti e uccisioni senza motivo, come nel fumetto, ma per battute e recitazione si colloca nel filone della commedia sulla leva.473

Continuazione ideale di "Strumtruppen" è "L'ultima burba" di Leo Ortolani, uno degli autori più noti ed interessanti del panorama fumettistico italiano. Leo Ortolani è conosciuto al grande pubblico per il personaggio di Rat-man, all'inizio una parodia di Bat-man, che ha poi iniziato ad avere vita propria. Il personaggio di Ortolani è un topo, senza alcun superpotere e alquanto stupido che vorrebbe assomigliare ai supereroi. Con il passare del tempo il personaggio di Rat-man ha assunto un'esistenza autonoma dalla parodia dei fumetti americani per cui è nato. Ortolani ha preso la cultura popolare dagli ultimi anni (film, fumetti, libri, serie televisive) e ne ha fatto parodie colte e dissacranti, spesso con protagonista Rat-man. Queste parodie, come detto, acquistano vita autonoma rispetto alle opere da cui sono tratte, divenendo qualcosa di diverso. Durante il suo servizio militare, tra il 1992 e il 1993, Ortolani ha creato la serie "L'ultima burba": in questa serie l'autore utilizza proprio le sue qualità umoristiche per fare satira sul mondo militare. Purtroppo non esiste un volume unico del fumetto, ma questi sono distribuiti in

473 http://www.comingsoon.it/film/kakkientruppen/13121/scheda/

226 appendice ai vari numeri di Rat-man. Recentemente l'autore ha voluto continuare la pubblicazione delle strisce, inventandone di nuove su insistenza dei lettori, molti anni dopo la fine del servizio militare di leva.

"L'Ultima Burba" è una continuazione delle Sturmtruppen anche perché Ortolani, dopo la morte di Bonvi nel 1995, per un periodo collaborò ad una riedizione di strisce con i famosi soldaten per "Il Giornalino", curandone le sceneggiature, con i disegni di Clod (Claudio Onesti).

"L'ultima Burba" è, con "Sturmtruppen", il prodotto più interessante sul servizio militare in forma di fumetto: si tratta di una satira colta, a cui non sfugge il senso di inutilità, ripetitività e frustrazione della vita militare. Protagonista è Leo, un soldato laureato (personificazione dello stesso Ortolani, laureato in geologia) che si trova ad interagire con un mondo, quello militare, di cui non capisce le regole.

Le vignette prendono in giro tutto il mondo militare, ad esempio i furti in caserma:

Vignetta 1“Perché il maresciallo addetto alla mensa ha caricato tutte quelle cose da mangiare nella sua macchina?”

V2“perché adesso esce dalla caserma?”

V3: “Perché questo paese va a rotoli?”474

In un'altra vignetta un graduato afferma che le mura spesse servono per non far entrare l’intelligenza in caserma. Quando Leo chiede perché l’intelligenza dovrebbe entrare in caserma, il superiore risponde: "allarme, è entrata!". I nonni esistono e c'è una recluta che si rifugia in un armadietto per sfuggire a un pestaggio; in un altro numero Leo chiede al nonno cosa abbia lui di più, dato che hanno una brandina e un armadietto come tutti. Il nonno allora aziona un telecomando che attiva l'armadietto, lasciando di stucco Leo. Come per tutti i fumetti di Ortolani vi è una rielaborazione di tutto il materiale oggetto del fumetto in una parodia, e nessun aspetto viene trascurato: omofobia e machismo quando Leo chiede il trasferimento quando si accorge di essere andato in libera uscita con un omosessuale; il sesso con la prostituzione e visita ai cinema a luci rosse; i diversi dialetti (un soldato di Catanzaro e

474Leo Ortolani, "Tutto Rat-Man" n 13, febbraio 2004, Panini Comics, Bologna 2002.

227 uno di Bolzano parlano con l'interprete). Alcune battute (come in "Sturmtruppen"), sono fulminanti, in altre vi è la censura dei comportamenti di superiori e graduati. L'ultima burba è quindi uno dei fumetti sulla vita militare più riusciti che siano mai stati prodotti in Italia. Come per "Sturmtruppen" la capacità di fare satira intelligente non presuppone una circolazione elitaria: "Rat-Man" è un vero e proprio culto per molti ragazzi adolescenti fino ai trentenni, adolescenti durante i primi numeri, e "L'ultima Burba", in appendice ai suoi numeri, ha così una grande circolazione, principalmente nella generazione che non ha fatto il servizio militare e ignora totalmente questa esperienza. Nonostante tutto il fumetto è assolutamente leggibile e comprensibile anche per la generazione dei ventenni degli anni '2000.

Alcune commedie con argomento militare che non coinvolgono i soldati di leva: Attenti a quei P2, Teste di quoio, Finché c’è guerra c’è speranza

Tra gli altri film ne sono da segnalare due, che non parlano dei militari di leva, ma nei quali i militari sono presenti e che cercano, con pochi risultati, di strappare risate su argomenti di attualità: Teste di Quoio del 1981 di Giorgio Capitani, e Attenti a quei P2 di Pierfrancesco Pingitore del 1982.

Il primo film ironizza sul terrorismo islamico e sulla possibilità che questo possa compiere attentati in Italia. Lo schema è diverso da quello della commedia solito, ed è più creativo: un gruppo di terroristi prende in ostaggio un condominio, prima sede dell'ambasciata di un paese nemico, pensando che la rappresentanza diplomatica sia ancora lì. Il palazzo è occupato da diverse persone: un comandante Nato che si traveste da ballerina di danza classica, una coppia clandestina, un'infermiera che vuole che la sua assistita muoia per trasferirsi in un posto più redditizio e altro.

Il palazzo viene circondato da improbabili teste di cuoio, comandate dal comandante Bartoli (Philippe Le Roy, lo Yanez della sarie Sandokan). A metà del film i terroristi si accorgono di avere sbagliato indirizzo e vogliono tornare a casa, e mandano il loro capo a comprare i soldi del biglietto. L'interprete, Leo Gullotta, non capisce il budustano, la lingua dei terroristi le traduce in richieste impossibili da mantenere, simili a quelle dei film e conclude con la promessa canonica di uccidere un ostaggio all'ora. In effetti

228 l’interprete, in realtà un sarto, si è fatto assumere come interprete al ministero, e non sa una parola della lingua dei terroristi, pensando che non ci sarebbe mai stato bisogno di lui. A questo punto al comandante non resta che ordinare il blitz. L’azione di forza si interrompe quando si scopre che una rivoluzione nel Budustan ha nominato presidente proprio il capo dei terroristi.

La commedia Teste di Quoio è certamente diversa per impostazione dalle altra, ma la presentazione dei militari non cambia: c'è il soldato mammone, il comandante è abbastanza incompetente e il bravissimo artificiere ha vari arti artificiali a causa dello scoppio delle bombe. Le teste di cuoio offrono una prova non all'altezza, anche se la commedia è superiore, almeno per inventiva, alle precedenti.

Attenti a quei P2 è un tentativo di satira politica nello stile del "Bagaglino", come si vede dal regista, Pingitore, e del cast che comprende: Pippo Franco, Leo Gullotta, Oreste Lionello e Martufello. La trama parla di un commendator Licio Belli (Oreste Lionello), capo di una setta segreta che vorrebbe far credere di avere convinto il presidente del consiglio (onorevole Forlotti) ad aderire alla setta stessa. Egli quindi trova un sosia nel venditore di giocattoli Tonio Tatarella (Pippo Franco). La mistificazione si risolve con risvolti comici e, alla fine, un poliziotto di servizio all'hotel riesce a far scoppiare lo scandalo P2, ma il fascicolo viene chiuso insieme a quelli su altre inchieste urgenti come quella Sindona, del terremoto nel Belice ed altre.

Nel film il capo dei servizi segreti, appartenente alla setta, deposita fascicoli nell'ufficio del commendator Belli; in una sauna i generali aderenti alla setta si riconoscono perché nudi con il cappello e preparano un colpo di stato, la battuta finale di Lionello recita:

Il colpo sarebbe facilissimo, è lo stato che non c'è.

Come film d'attualità, pur nella collaudata forma di satira politica del "Bagaglino", la pellicola parla di tutti quei timori che potevano esserci nei primi anni '80: sette segrete che influenzavano fortemente la vita nazionale, dossieraggio su avversari, insabbiamento, coinvolgimento degli alti vertici politici, finanziari e militari in affari poco chiari. I nomi dei personaggi del film sono quelli dei personaggi politici lievemente cambiati.

229 Anche qui non vi è alcuna censura su quello che stava succedendo e il film è anch'esso un instant movie su una questione di attualità. Il finale è però abbastanza confortante: se non si riesce a scoprire tutta la verità, le inchieste vengono insabbiate, il presidente del consiglio è estraneo alla vicenda e i piani eversivi vengono sventati.

Una parte di questa tesi è dedicata al commercio d'armi: il film più famoso sull'argomento è Finché c'è guerra c'è speranza (1974) di Alberto Sordi, in cui l'attore romano interpreta un rappresentante, costretto a commerciare armi per soddisfare la sete di denaro della famiglia.

Pietro Chiocca, commerciante di armi, fa il suo lavoro con indubbia abilità e senza scrupoli: corrompe deputati del terzo mondo perché non facciano votare leggi sull'agricoltura, imbroglia i concorrenti, è amabile con i compratori. La parte del piccolo borghese in ascesa è tagliata su misura per le caratteristiche di Sordi, capace di essere simpatico nonostante il suo ruolo.

Il film non mette troppo sotto accusa il trafficante di armi, che pure è presentato come un uomo amorale e dedito al suo lavoro, che però cerca la tranquillità borghese con un rapporto con i familiari, rapporto che può essere basato solo sulle cose materiali. L'accusa del film è al sistema che costringe una parte del mondo, per mantenere la sua prosperità, a tenerne un'altra in miseria. Il lavoro di Chiocca, denunciato da un giornalista, causerà lo sdegno dei familiari del trafficante. Quando poi questi scoprono che la sua professione ha permesso loro il lusso a cui sono abituati, preferiscono continuare a ignorare ciò che fa il padre pur di vivere nella prosperità.

Questa commedia, pur non parlando dei militari italiani, si occupa di un tema che è stato uno degli argomenti, collegato al mondo militare, che hanno trattato i periodici e, nonostante alcune banalità e il fatto che si regga molto sulle qualità recitative di Sordi, ha certamente dei meriti nel presentare con ironia una questione seria, senza scadere nella macchietta o nella farsa.

Film drammatici: Profumo di donna , Marcia Trionfale e Soldati 365 giorni all'alba

Vi sono anche tre film sulla leva, usciti a una decina di anni di distanza l'uno dall'altro: Profumo di Donna di (1974) Marcia Trionfale di Marco Bellocchio (1976),

230 Soldati 365 giorni all'alba di Marco Risi (1987).

Profumo di donna475 , poi ripreso da Hollywood con un celebre remake del 1992 con Al Pacino, è un film drammatico con protagonista un militare. Il film parla di un giovane militare di leva Giovanni Bertazzi (Alessandro Momo), che deve accompagnare il capitano Fausto Consolo, reso cieco da un incidente e impersonato da Vittorio Gassman, che ricevette la palma d'oro a Cannes per l'interpretazione.

Il viaggio per la penisola si rivela una iniziazione per il giovane militare, con il capitano, uomo maturo e con una grande esperienza di vita, che sarà un mentore per l'ingenua recluta. Alla fine del viaggio, dopo essersi tolto varie soddisfazioni, come l'incontro con una prostituta (Moira Orfei), il capitano, ha intenzione di suicidarsi, ma alla fine, accetta l'aiuto che gli viene offerto da Sara, una giovane ragazza innamorata di lui.

In questo caso abbiamo un film drammatico nel quale la naja è un pretesto per mettere in scena un romanzo di formazione: un uomo adulto che conosce molto bene la vita si trova a stretto contatto con un giovane ingenuo e, dopo alcune incomprensioni, nasce un'amicizia che farà bene a entrambi.

Il film, tratto dal romanzo di Arpino il buio e il miele, descrive il passaggio dall'adolescenza all'età adulta ed è significativo che questo sia simboleggiato dalla leva militare. Nel remake americano, infatti, il ragazzo che accompagna Al Pacino è un semplice studente che cerca di arrotondare la sua borsa di studio e non un giovane di leva.

L'ambiente militare, quindi è solo un pretesto con cui far incontrare il giovane soldatino: ritorna qui la naja come una sorta di rito di passaggio che fa uomini, con il vecchio capitano disilluso "una carta buona per nessun gioco", come si definisce.

Gli altri due film trattano della leva in modo diverso: cercando di riferire il clima di sopraffazione, straniamento e solitudine che caratterizza i giovani militari di leva lontano da casa.

In tutti e due i film gli ufficiali sono sadici e al limite della turba psichica, abusano del loro potere instaurando un regno di terrore tra i sottoposti. L'idea di film seri sulla leva non ha preso molto piede in Italia e, scorrendo i titoli dei film prodotti se ne trovano solo due, a fronte di una copiosissima produzione di commedie di basso livello.

475 http://www.comingsoon.it/film/profumo-di-donna/15664/scheda/

231 L'incasso di Marcia trionfale476 è inferiore a quello di pellicole contemporanee come Il sergente Rompiglioni o Il colonnello Buttiglione. Mentre i film di Lino Banfi e Gianfranco d'Angelo erano destinati ai piccoli centri e alle periferie, ovvero ai cinema di seconda visione, il film di Bellocchio cercava di far breccia in un pubblico più colto e politicamente impegnato.

Il film parla del servizio di leva del soldato Paolo Passeri (Michele Placido), laureato in filosofia, ma la cui domanda per diventare ufficiale di complemento è stata respinta. Nella caserma Stevago, comandata dall'autoritario e complessato capitano Asciutto () conosce i soprusi dell'ufficiale e dei nonni, fino a che non decide di ribellarsi all'ultima angheria e aggredisce il capitano. L'ufficiale, vedendo in lui delle possibilità, lo elegge allora a suo protetto e cerca di formarlo come uomo secondo un modello machista e autoritario. Ossessionato dalla fedeltà della moglie, che tratta con brutalità, Asciutto ordina a Passeri di pedinarla e il soldato di leva ne diviene l'amante. Il film si conclude in modo tragico, con Asciutto che, cercando di disarmare una sentinella per coglierla in fallo, viene ucciso, con Passeri che afferma falsamente che la sentinella ha prima sparato in aria.

Gli interpreti e la recitazione, a detta della critica, sono di buon livello e il film riesce nel suo intento di presentare l'esercito come un'istituzione autoritaria e repressiva. È interessante come nel film i vari dialetti, il pugliese di Placido, il napoletano dei nonni, gli altri dialetti delle reclute, il toscano dell'ufficiale amante della moglie di Asciutto nella prima parte del film, riescano a dare una coloritura drammatica e rendere bene la dispersione e lo spaesamento dei militari, giunti da ogni parte d'Italia.

Gli scherzi dei nonni sono quelli soliti da caserma e sono presentati in modo brutale: i nonni orinano sui "rospi", nome con cui sono designate le reclute, li lasciano sotto la pioggia perché si devono servire prima alla mensa, prendendo il cibo migliore, fanno gavettoni e tiranneggiano in tutti i modi i sottoposti. Il capitano è a conoscenza degli scherzi e non li denuncia, anzi avverte Passeri quando gli viene fatto il gavettone in modo che possa vendicarsi dei nonni ripagandoli con la stessa moneta. Le libere uscite finiscono spesso con prostitute e ci sono scene di masturbazione in camerata e addirittura nel turno di sentinella.

Il film, quindi, non esclude niente della vita militare e non presenta tutti gli avvenimenti

476 http://www.comingsoon.it/film/marcia-trionfale/16134/scheda/

232 della leva come una burla, anzi è esplicito nella sua denuncia di comportamenti devianti. I tratti del capitano Asciutto sono autoritari e sadici: pone domande impossibili per non far andare in libera uscita le reclute, disarma le sentinelle con tutte le scuse possibili per consegnarle, picchia la moglie, conosce il ruolo dei nonni e lo tollera perché secondo lui il servizio militare "deve trasformare le bambole in uomini".

A titolo di curiosità in una parte del film le reclute protestano per il rancio buttandolo via e sparpagliandolo per terra, prendendo a pretesto Passeri che cerca di buttare via il cibo per risultare debilitato e farsi riformare. Questo genere di proteste erano diffuse nell'epoca della contestazione e tipiche del movimento dei "Proletari in divisa", il già ricordato foglio distribuito clandestinamente nelle caserme ed edito da "Lotta Continua".

Soldati 365 giorni all'alba477 di Marco Risi è un film che parla della leva quando il periodo delle commedie sull'argomento è finito, e quando si pensava che un film serio sull'argomento della naja potesse essere poco interessante. Il film di Risi è ben riuscito anche grazie a un buon cast che vede Massimo Dapporto nel ruolo del complessato tenente Armando Fili, Claudio Amendola la recluta ribelle Claudio Scanna, e Alessandro Benvenuti nel ruolo del "nonno" Buzzi. Anche qui la presentazione della caserma è claustrofobica, le reclute spaesate e le angherie di ufficiali e nonni quasi quotidiane.

Quando Scanna, che ha irritato i nonni per il fatto che non è disponibile a farsi mettere sotto, subisce scherzi pesanti come il juke box e il gavettone alla napoletana, cerca il tenente Fili per denunciare l'accaduto, questo ha abbandonato il suo posto perché ossessionato dal fatto che la moglie (Agostina Belli) lo tradisca. Scanna ritorna, si fa giustizia da solo e subisce un pestaggio; la questione diventa oggetto di un inchiesta dove si appura che il tenente Fili non era al suo posto. L'ufficiale per questo non verrà promosso e sfogherà il suo rancore e la sua frustrazione su Scanna.

Alla fine, dopo un'ultima provocazione, Scanna aggredisce il tenente e nell'inchiesta che ne segue, dove Fili si prende tutta la responsabilità, il colonnello lo costringe a prendersi un lungo periodo di riposo. Il film finisce con i militari che partono per una missione il giorno del congedo e, alla domanda di Scanna se tutto questo sia una esercitazione o la guerra, Fili risponde con un sorriso amaro.

La scena dell'atto di nonnismo è molto brutale e certamente realistica, come è interessante la denuncia alla sanità militare: il soldato Cabiddu, che durante le manovre

477 http://www.comingsoon.it/film/soldati-365-all-alba/5250/scheda/

233 si asserraglia in un ovile per un momento di esaurimento, viene ricoverato nell'ospedale militare e ridotto a un vegetale per eccesso di psicofarmaci.

Nonostante vi siano sequenze certamente drammatiche, in mezzo al film ci sono anche delle concessioni alla commedia sulla leva, soprattutto durante le grandi manovre, dove vi sono battute tra le opposte fazioni, e quando il soldato Cabiddu si asserraglia in un ovile e il colonnello (Ivo Garrani) va a prenderlo, si ha un dialogo con un caporale sardo che traduce in italiano le richieste della recluta e c'è il personaggio del soldato omosessuale, classico nella commedia.

Il film risulta quindi tragicomico, ma abbastanza ben distribuito nelle sue parti con le scene drammatiche interessanti nella costruzione dell'immagine di un servizio di leva che è anche un modo per fare amicizia e per creare legami, ma è un'esperienza che può riservare gravi problemi.

Il personaggi degli ufficiali sono ambivalenti: il tenente Fili è severo, ossessionato dalla disciplina e turbato dalla gelosia nei confronti della moglie, ma è, alla fine disposto a riconoscere i suoi errori e anche che le sue ossessioni non gli consentono obiettività di giudizio; il personaggio del sergente, Ugo Conti, è alla fine bonario, come il colonnello interpretato da Ivo Garrani; il soldato omosessuale non è preso in giro e bistrattato con battute da caserma, e balla con il sergente in una festa della compagnia.

Soldati 365 giorni all'alba è quindi un prodotto particolare: a metà tra il film di denuncia e la commedia all'italiana nella sua migliore accezione, presenta aspetti della vita militare come il nonnismo: questo non è dipinto come una burla, ma come un fenomeno serio. Si dice, però, che le istituzioni possono farvi fronte, e solo perché il tenente Fili non era presente si è arrivati ad un pestaggio. Il servizio di leva e l'istituzione militare nel film hanno quindi una duplice valenza: da una parte non sono taciuti i problemi, e dall'altra l'istituzione stessa non è considerata totalmente repressiva al di fuori delle regole del mondo civile.

Il periodo di mezzo: film e serie Tv tra la seconda metà degli anni '80 e i primi '90

A cavallo tra gli anni '80 e i '90 ci sono due film che generano altrettante serie tv: Soldati 365 giorni all’alba di Risi è stato la fonte di ispirazione per Classe di ferro,

234 serie tv nata nel 1989 e proseguita fino al 1991, vero seguito del filone della commedia di leva, e College, che ha prodotto l'omonima serie tv in 14 puntate. College è stato anche in parte fonte di ispirazione per Aquile, prima fiction rai seria sui militari, con la regia di Ninì Salerno, coautore con Smaila della sigla di Soldati di Risi.

College è una commedia di argomento militare che parla della storia d'amore tra il cadetto Marco Poggi e Arianna Silvestri, che si iscrive al collegio femminile vicino all'accademia dove il cadetto presta servizio. Vi sono poi numerosi parsonaggi di contorno come gli altri cadetti e le altre ragazze del collegio e i rispettivi direttori delle scuole. Il film, una versione molto adolescenziale di Ufficiale e gentiluomo, con i cadetti dell'aeronautica e le ragazze del collegio nella parte delle ragazze del paese. Arianna fa parte dell'alta borghesia, come Marco, e entrambi questi rinunciano ai loro privilegi, lui per fare l'allievo ufficiale, lei per frequentare il college femminile vicino all'accademia.

La visione dei militari nel film e nella serie tv è decisamente convenzionale: il capitano addetto alla sorveglianza prende il posto del sergente burbero, mentre il colonnello Madison, comandante dell'accademia, è il superiore severo, ma alla fine bonario. Castellano e Pipolo quindi adattano la commedia di argomento militare, di cui sono stati spesso sceneggiatori, al filone dei film romantici adolescenziali. Ufficiale e gentiluomo è uscito infatti nel 1982 e College vide la luce nel 1984.

Il film si conclude con il lieto fine della storia tra Arianna (Federica Moro) Marco (Keith van Horn), coppia leader dei cadetti e delle aspiranti signorine, che per tutta la storia si fanno dispetti e ripicche in stile amore adolescenziale.

La serie tv del 1990 riprende il film ed alla regia vede Lorenzo Castellano e Federico Moccia, figli di Castellano e Pipolo, che sono i supervisori alla regia.

La serie è una mescolanza in chiave comica del filone romantico adolescenziale, con elementi presi dalla fortunata serie di film comico-demenziale Scuola di polizia, molto amata dal pubblico adolescenziale. I cadetti riprendono alcuni personaggi dei film come il cadetto ultrasportivo Roccia; vengono inoltre reclutati alcuni attori della serie I ragazzi della 3aC come Frabrizio Bracconeri, il cadetto Staccioli, e Fabio Fabbri, il capocamerata Baldan. Il prodotto, confezionato ad arte per la platea degli adolescenti degli anni’80 e poco interessante per l'immagine del militare, qui abbastanza convenzionale e modellata sui telefilm romantici americani. Cosa interessante è che i personaggi parlano, a parte il romano Staccioli (Fabrizio Bracconeri) italiano e non le

235 varianti regionali

Vi sono alcuni scherzi nella caserma, soprattutto quando una ragazza del collegio si infiltra per dimostrare di essere alla pari dei cadetti: viene messo del lucido da scarpe sul cuscino e viene fatta una zuppa con rifiuti vari. La ragazza, poi, viene portata ad un cinema a luci rosse. La cucina dell'accademia è tirata a lucido, il tenente medico è un bell'uomo paterno e non ci sono quelle macchiette che caratterizzano le commedie sul servizio di leva.

Molto più interessante è la serie Classe di ferro, andata in onda per tre stagioni dal 1989 al 1991 che parla delle vicende di un gruppo di soldati di leva. Ciò che è più interessante nella serie, è che questa venne fatta con la collaborazione dell'esercito, in una "operazione simpatia" riguardante il servizio militare, criticato in quegli anni per episodi nonnismo e suicidi in caserma.

Classe di ferro vede alla regia un altro dei veterani dei B-movies, Bruno Corbucci, regista e sceneggiatore di western e , ed è una prosecuzione, tra anni '80 e '90 della commedia sulla naja degli anni '70, depurata di alcune delle battute volgari e dell'incompetenza di reclute e sottufficiali. La serie conserva molte caratteristiche della commedia sexy, comprese le numerose ragazze poco vestite sotto la doccia e la caratterizzazione dei personaggi.

Se le commedie degli anni '70, essendo degli instant-movies sulla leva, cercavano di caratterizzare i personaggi come poco marziali, con sergenti autoritari e incompetenti, ufficiali ugualmente incompetenti e dediti a piccoli ladrocini Classe di ferro, nonostante gli scherzi e l'umorismo, dà un immagine molto positiva dell'esercito e del servizio di leva.

La trama della serie è semplice: uno scaglione di leva, dopo il Car a Firenze, viene trasferito nella caserma di Castelvecchio d'Adige e qui fa il servizio militare. La provenienza sociale, economica e geografica delle reclute è delle più disparate, ma ciò nonostante essi fanno amicizia e affrontano la vita militare con complicità e in modo scanzonato fino al congedo.

I personaggi riflettono quelli della commedia degli anni '70: il soldato toscano Giampiero Montini (Giovanni Reale), nobile con tre quarti di sangue reale è un personaggio "alla Amici Miei", dedito alle donne e agli scherzi; il siciliano Antonio

236 Scibetta (Gianpiero Ingrassia) è fidanzato, anche se cerca ad ogni occasione di tradire la sua ragazza; il caporale Melloni (Rocco Papaleo) è il contadino lucano sempliciotto; il sergente maggiore Scherone (Adriano Pappalardo) è il veneto contadino, dedito alla disciplina militare e al regolamento, appassionato di sport e grande atleta, bersaglio degli scherzi dei ragazzi, ma a cui alla fine questi ultimi si affezionano; il tenente di complemento Ulderico dell'Anno (Mario Cuomo) napoletano è il meridionale trafficone e dedito agli scherzi; il prete (Maurizio Mattioli) è ciociaro ed è il classico uomo di buon cuore.

Gli interpreti, alcuni bravi attori e dei caratteristi in linea con la parte che devono svolgere, un veterano come Corbucci alla regia hanno creato un prodotto certamente gradevole e godibile, funzionale a una visione dei militari modellata su quella degli stati maggiori.

La visione è quella di una caserma con persone che non perdono la loro individualità e non vengono modellati e destrutturati dall'istituzione. La sigla della prima serie, infatti, recita:

Allora poi alla fine e' tutto come un gioco l'unica cosa che, e' che si dorme poco ci trovi proprio tutti, son tutti regolari tutti sono qualcosa,

tranne che militari. 478

Il servizio militare è visto come un gioco, dove la complicità e l'amicizia possono far superare situazioni scabrose: il nonni vengono ridotti alla ragione grazie alla prontezza di spirito dei ragazzi che rivolgono gli scherzi su di loro. I protagonisti affermano "Il nonnismo è abolito" quando, nella prima puntata della seconda serie, devono accogliere le "spine", e si limitano solo a qualche scherzetto innocente. La scena delle grandi manovre, poi, è modellata sulle commedie all'italiana con i ragazzi della compagnia "Tigre" che vincono sugli altri grazie ad alcuni stratagemmi poco ortodossi. Nel

478Lorenzo Cherubini (Jovanotti) Claudio Cecchetto, Asso, 1988.

237 frattempo, però, salvano un pulmino di bambini che sta cadendo in un burrone. La scena, a differenza della comicità delle grandi manovre, è seria e si vede quanto i militari siano efficienti quando le circostanze lo richiedano.

In un'altra puntata c'è una competizione con un reggimento scozzese in visita alla caserma: i militari scozzesi sono arroganti e ricevono ogni genere di scherzo; i militari italiani, poi, per vincere truccano le mappe facendo finire gli scozzesi tra contadini veneti nerboruti e maneschi. Le libere uscite sono dedicate alla caccia di ragazze che spesso sono inquadrate poco vestite.

Le differenze rispetto alla commedia però sono evidenti: se ne utilizzano lo schema e i personaggi, e anche alcuni espedienti come le grandi manovre e la competizione con il reggimento degli scozzesi, vinto grazie all'arte di arrangiarsi; ci sono gli scherzi ai superiori, ma il sergente Scherone non è una macchietta come Lino Banfi ed è di solito bravo nel suo compito e umano con i sottoposti.

Nonostante quindi condivida gli assi portanti della commedia degli anni '70, Classe di ferro, modellato sulle esigenze degli Stati Maggiori, presenta un'immagine della vita militare come di un'esperienza che livella tutti: vi sono ricchi, poveri, laureati e ignoranti, ma si creano amicizie vere e durature. L' uniformazione delle reclute non conosce confini razziali ed è più evidente quando i protagonisti, al principio della seconda stagione, accolgono in camerata un commilitone nero che le nuove reclute non volevano perché razziste. In questo caso il sergente Scherone interviene facendo presente il grado e minacciando punizioni se il ragazzo non verrà accolto.

Classe di ferro, pur essendo una serie comica figlia della stagione della commedia anni '70, inaugura una visione piuttosto seria e responsabile dei militari, giocosi e scherzosi, sempre a caccia di ragazze, ma, quando serve seri e in grado di svolgere i loro compiti.

La trasformazione definitiva si ha con Aquile, serie Tv del 1989 con la regia di Ninì Salerno, ex gatto di vicolo Miracoli, in onda quindi negli stessi anni di College e Classe di Ferro; pur rimanendo lo stile della commedia degli anni '70, la vicenda qui è assolutamente seria e i militari professionali e perfettamente in grado di svolgere il loro compito. La vicenda, ambientata nell'accademia aeronautica di Pozzuoli, è poi uno spot per i moderni mezzi dell'aeronautica, che vengono presentati e magnificati come macchine ad altissima tecnologia (compreso il non più moderno F-104, ritirato in Usa dal 1965 e in ancora in servizio all‘epoca come spina dorsale delle nostre unità da

238 caccia).

La vicenda è una riedizione del film College di Castellano e Pipolo, che, però, non hanno collaborato alla sceneggiatura. Mauro Rossetti (Alessandro Piccinini), rampollo di una ricca famiglia, vuole iscriversi, per la sua passione per il volo, all'Accademia aeronautica di Pozzuoli. La sua fidanzata Adriana, Federica Moro, lo lascia, ma, dato che in fondo lo ama ancora, si iscrive a una scuola di modelle vicina all'Accademia. Tra amore, odio e ripicche si arriva fino al fidanzamento finale. Nell'Accademia, però, c'è Stefano Zucchi (Lorenzo Flaherty), invidioso della naturale predisposizione al volo di Rossetti. In tutto il corso i due si scontreranno con scherzi e sfide ad alta quota, fino alla riconciliazione finale.

La trama è quella Top Gun con l'aggiunta di College; ad oggi, è quasi dimenticata eccezion fatta per gli appassionati di aerei, perché le sequenze più belle sono proprio quelle dell'addestramento e dei combattimenti simulati, anche grazie alla collaborazione dell'aeronautica militare.

La serie è in pratica un manifesto di arruolamento dell'aeronautica, e ripercorre fedelmente il percorso per arrivare a pilotare aerei da caccia; in questo senso interessante perché presenta con realismo e un tocco di romanticismo la vita del pilota. La serie, andata in onda nel 1989, poi, precede il periodo dell'impegno internazionale dell'Italia ed anche la guerra del Golfo. I compiti dell'aeronautica, in quel periodo, erano essenzialmente di pattugliamento del territorio e non aveva effettuato interventi oltre confine. Presentare quindi la vita dei piloti come affascinante in America era possibile, ma era ben più difficile farlo in Italia.

Il prodotto, quindi, si avvale delle rivalità e degli amori incrociati tra le ragazze della scuola per modelle e i piloti, e della rivalità tra Rossetti, nome di battaglia "Aquila" e Zucchi "Nullius Secundus" che si sfidano in varie acrobazie in addestramento.

All'arrivo in Accademia vengono definiti da un anziano "pinguini", il termine informale con cui in aeronautica si definiscono le reclute. Il significato del termine è il seguente: sono uccelli, ma non hanno le ali. Le ali vengono conquistate con duri sforzi: Rossetti è un talento naturale, ma è psicologicamente fragile e basta un litigio con la capricciosa fidanzata perché il suo rendimento cali a livelli bassissimi; Zucchi è un indefesso lavoratore, meno dotato di Rossetti, ma più costante nelle prestazioni. I due sono aiutati dalle rispettive spalle: Coleman "Congo" per Rossetti, un figlio illegittimo di un pilota

239 americano di colore cresciuto a Napoli, che fa la parte del meridionale pronto all'intrallazzo, ma alla fine buono di cuore e generoso; e del secondo di Zucchi, "Cucciolo" che si rivela anch'egli infido e supponente.

Prima di ogni prova di volo dell'accademia vi sono degli spezzoni in cui gli istruttori spiegano dettagliatamente le manovre, come se fosse un vero addestramento, di cui vengono riprese passo passo tutte le fasi: la preparazione fisica, i primi voli su aerei ad elica per l'addestramento basico, il volo sugli aerei a reazione, il volo strumentale, l'addestramento alle manovre di combattimento.

La serie è in sette puntate e quindi, rispetto a Top Gun concepito per il grande schermo, c'è tempo per mostrare il vero addestramento nell'accademia aeronautica, per vantare gli alti livelli nella preparazione e l'umanità degli ufficiali. Quando Rossetti, in preda ai momenti di scoramento che seguono l'ennesima litigata con Adriana, ottiene una valutazione insufficiente in una prova di volo, l'istruttore ottiene di poter rifare la prova, così da dimostrare le qualità del "migliore pilota dell'Accademia". Inutile aggiungere che alla seconda possibilità Rossetti ottiene risultati strabilianti surclassando Zucchi.

La fiction è interessante, come detto, oltre che per il fatto di essere la prima serie non umoristica sulla vita militare, per il ruolo dell'aeronautica e dei suoi materiali. Nella serie vengono magnificati velivoli in dotazione alle forze armate italiane, in particolare il Lockeed F-104 Starfighter, tanto affidabile da essere soprannominato "bara volante" in Italia e "fabbrica vedove" in Germania. Rossetti, infatti, alla fine dell'addestramento sceglie l'F-104, più adatto alla sua personalità di cacciatore solitario; Zucchi, invece, con il suo navigatore "Cucciolo", sceglie il Panavia Tornado, l'altro gioiello dell'aeronautica, all'epoca il velivolo più moderno dell'aeronautica se si esclude il fallimentare AMX consegnato ai reparti nell'88.

Nella fine della serie Rossetti, divenuto pilota, è costretto ad ammarare per un guasto e le ricerche sembrano infruttuose. Coloro che riusciranno a trovarlo, mettendo a rischio la propria vita per mancanza di carburante, saranno proprio "Nullius secundus" e "Cucciolo". La serie si conclude con una stretta di mano e la fine della rivalità, per la stima professionale e perché tutti e due parte della comunità militare. Aquile è interessante anche perché presenta soldati professionisti, piloti dell'aeronautica, e non di leva, come saranno poi i militari in futuro.

Aquile è il punto d'arrivo di un processo che usa lo stile e le trame delle varie commedie

240 per presentare i militari in modo efficiente e serio: in questo modo, con le stesse trame che mettevano la vita militare alla berlina, si crea un modello di soldati adatti al compito.

Con gli anni '90, quindi, le serie Tv hanno plasmato l'immagine di una vita militare vista come uno scherzo innocente che livella le differenze sociali e geografiche in un'unica comunità. Infine, con l'ultima serie presa in esame si possono fare film sui militari che li presentino seriamente e non siano di denuncia.

Con la fine degli anni '80 quindi si assiste a un cambiamento importante che, però, viene effettuato con gli stili del passato e si avvale di un format, quello della commedia sulla leva, e lo trasforma, adeguandolo al nuovo sentire della popolazione e alle esigenze politiche e al nuovo ruolo dell'esercito.

Il paradigma del soldato di pace: Nassiriya per non dimenticare e Le Ali

Con l'impegno dell'Italia all'estero si abbandona lo stile della commedia e alcuni prodotti, soprattutto fiction prodotte sia per Rai che per Mediaset, parlano delle missioni internazionali. Il modo con cui questi prodotti presentano il soldato italiano è simile a quello dei periodici: soldati efficienti, umani con la popolazione e in grado di far fronte ad ogni evenienza. Le fiction e le serie tv negli ultimi anni hanno avuto un ruolo importante nel formare il comune sentire del paese. Vi sono fiction sui diversi eroi nazionali: Falcone e Borsellino, ad esempio, che hanno, oltre ad essere prodotti godibili, intenti pedagogici. In Italia la televisione è in pratica un duopolio e, direttamente o indirettamente è controllata dalla politica e quindi il palinsesto risente anche die programmi politici. Le fiction sulle missioni internazionali oggetto della ricerca sono due: Le Ali, che narra la storia del tenente Gianfranco Paglia, ferito in Somalia; e Nassiriya per non dimenticare, sulla strage di Nassiriya, con Raul Bova. La prima fiction è stata mandata in onda dalla Rai e la seconda da Mediaset. Si tratta di due produzioni che parlano in modo positivo dell'impegno degli italiani e, per essere state mandate sulle televisioni generaliste in prima serata, hanno avuto un ascolto superiore a molti film creati per il grande schermo, raggiungendo un gran numero di ascoltatori. La

241 presenza nelle fiction di attori che si sono specializzati in questi prodotti, come Raul Bova in "Nassiriya per non dimenticare" li rende prodotti di sicuro successo commerciale, in grado di veicolare un messaggio che sarebbe rimasto meno ascoltato se portato con media più tradizionali come i giornali, i telegiornali e anche i film per il grande schermo.

Le serie Tv sui militari fanno la loro comparsa tra anni '80 e anni '90 e tutte hanno avuto un sicuro successo commerciale, più grande di quello dei film da cui sono stati tratti, con l'eccezione di Aquile che non ha lasciato molti ricordi nella generazione nata tra gli anni '70 e '80.

College e Classe di ferro sono stati riproposti per anni dopo la prima messa in onda e ancora oggi sono visionabili gratuitamente sul sito Mediaset.

Con gli anni 2000 si abbandona lo stile della commedia all'italiana e si può parlare di soldati con le forme proprie della fiction in poche puntate. Un primo esempio è Aquile, di sette puntate; ma le fiction degli anni 2000 ne hanno di meno, di solito tre o quattro. Le fiction sono state uno dei veicoli più potenti del concetto di patria e grandezza nazionale: se ne fanno su magistrati e religiosi uccisi dalla criminalità, su eventi del nostro passato come le foibe e l'esodo dei profughi giulio-dalmati, su eroi partigiani e italiani illustri in ogni campo, da Fausto Coppi a Salvo d'Acquisto.

La creazione di fiction da vedere a casa, comodamente in poltrona, e trasmesse nelle ore di maggiore ascolto, è quindi importantissima per mostrare il modo in cui i soldati italiani vengono presentati al grande pubblico.

Nassiriya per non dimenticare479 è stata girata nel 2006 e trasmessa nel 2007 su Canale 5, ottenendo un buon risultato in termine di ascolti. Si tratta di un prodotto fatto a soli tre anni di distanza dalla tragedia e con la memoria del paese ancora fresca dell'attentato. Il film racconta la storia romanzata dell'attentato a Nassiriya con Raul Bova che interpreta il maresciallo Carboni, comandante della stazione di Nassiriya che si adopera per rimettere in sesto la caserma disastrata, ricostruire l'acquedotto, coopera con Simona Berti (Claudia Pandolfi), membro di ONG di stanza in Iraq, e si fa benvolere dalla popolazione, garantendo lo svolgimento di libere elezioni a dispetto dei capi locali. Gli italiani nella fiction sono benvoluti dalla popolazione e solo alcuni ex notabili locali, a cui hanno tolto il potere, li odiano. Alla fine riescono anche a farsi benvolere anche dai

479 http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=55949

242 corrotti ex seguaci di Saddam, ma non possono nulla contro Al Qaeda, che prepara l'attentato.

La presenza italiana in Iraq nella fiction è oleografica; i soldati italiani, anche se all'inizio non si tace la motivazione economica, sono consapevoli del loro ruolo umanitario e sono capaci di farsi benvolere dalla popolazione e assisterla, mettendosi in contrasto con il comando inglese a Bassora.

Il film si apre con un'introduzione del maresciallo Carboni sul notevole impegno degli italiani in Iraq e sul fatto che essi abbiano mantenuto tutte le promesse fatte all'arrivo, facendo arrabbiare i potenti locali.

E' interessante che il carabiniere Costa, il più giovane del gruppo, all'inizio domandi: "che vuol dire codice penale militare di guerra?". La risposta dell'anziano Spinozzi è "lascia perdere, solo burocrazia".

I militari italiani entrano in contrasto con gli inglesi, che vorrebbero mettere un ex notabile di Saddam corrotto come sindaco di Nassiriya, ripristinano l'acquedotto per convincere la gente a votare, salvano i reperti archeologici, aiutano i bambini e la popolazione.

Tra le cose interessanti vi sono il personaggio di Simona Berti, medico dell'ospedale civile che all'inizio ha dei contrasti con i carabinieri e poi collabora con loro.

Quando, dopo un iniziale contrasto i due collaborano, il maresciallo Carboni afferma: "le nostre posizioni non sono così distanti", a significare la vicinanza tra militari e operatori umanitari.

L'unico personaggio femminile in armi è una comparsa, una giovane Marine graziosa, che si invaghisce del giovane carabiniere Costa e ha una breve relazione con lui durante la missione. La donna, bionda e giovanissima, è abbastanza aggressiva e praticamente trascina l'ingenuo Costa in un container. Il militare italiano, grazie alla soldatessa, riesce a ottenere un container con il quale il contingente italiano sfamerà i bambini.

Come si capisce, il film è a tratti retorico, e certamente presenta un'immagine convenzionale della presenza dei soldati italiani in Iraq, con i militari presentati come tutti consapevoli della loro missione, e felici di aiutare la popolazione.

Nonostante questo, il prodotto, affidato alla regia di Michele Soavi, veterano dell'horror

243 a basso costo, è godibile e capace di tenere interessato lo spettatore. Vi è una certa cura nella caratterizzazione dei personaggi e nel presentare i carabinieri in missione è interessante, a differenza di alcune serie come College e Aquile, il ritorno della recitazione in varianti regionali dell'italiano, a simboleggiare l'unità che rappresentano le forze armate, con effetti anche apprezzabili e non comici.

Le ali, invece, è stato girato e trasmesso nel 2008, anch'esso con discreti risultati di share, da Rai uno. Esso narra la storia romanzata di Gianfranco Paglia, già citato più volte nella tesi. La guerra in Somalia prende solo la prima parte della fiction, mentre la seconda parte riguarda i coraggiosi tentativi di riabilitazione e la storia d'amore del tenente Paglia con la fidanzata, allietata dalla nascita di una figlia.

Le ali è ambientato solo per la prima parte in Somalia, dove il tenente Paglia, da poco arrivato partecipa al rastrellamento d'armi che poi diventerà la battaglia del pastificio. La scena della battaglia è coinvolgente e ben fatta, si notano anche, nella concitazione, i nomi degli altri morti Millevoi e Baccaro; nell'ultimo discorso viene citato anche il terzo morto, Paolicchi.

La cronaca è certamente ripresa dai resoconti dei testimoni e la storia, a differenza di Nassiriya per non dimenticare si concentra sulla riabilitazione e sulla forza di volontà mostrata dal tenente Paglia e sulla storia (tormentata per i problemi fisici) con la sua fidanzata, sull'amico che diventa fisioterapista per seguirlo passo passo e sulla famiglia che supporta gli sforzi del tenente.

In sostanza si costruisce un prodotto che ha a che fare con la presenza italiana nella missioni solo per la prima parte, e non in seguito.

Nella scena in cui gli italiani combattono al pastificio sono efficienti come militari e attenti alla popolazione civile: non sparano per non colpire i civili dietro ai quali i cecchini si riparano. Secondo i resoconti della missione questa fu la politica del comando italiano e cioè quella di usare minor forza possibile nelle operazioni. Concentrandosi su una vicenda privata, ovvero la successiva vita del tenente Paglia, la fiction non prende posizione sulle polemiche con il comando americano a seguito della battaglia. Si vede, però, come il reintegro nell'esercito sia dapprima osteggiato da alcuni ufficiali per motivazioni burocratiche e logistiche: barriere architettoniche, incapacità di garantire la sicurezza in impieghi operativi. Paglia, infatti, non chiese di essere assegnato ad impieghi amministrativi e partecipò alla missione in Kosovo.

244 La miniserie, infatti, nella parte conclusiva vede il tenente Paglia impegnato in operazioni di Peace-Keeping in Kosovo mentre conversa con alcuni bambini albanesi mutilati da mine antiuomo, prendendo posizione contro la loro fabbricazione ad opera di aziende italiane. La fiction termina con Paglia che riesce, grazie ad una nuova tecnologia americana, ad alzarsi dalla sedia a rotelle, ma lo tiene nascosto.

La fiction Le ali, più intimista di Nassiriya per non dimenticare è anch'essa un prodotto ben confezionato e, nonostante qualche scadimento nella retorica, prevedibile con un tema simile, risulta piacevole a vedersi e con buoni interpreti nelle parti di Paglia (Ciro Esposito), della fidanzata Giovanna (Raffaella Rea) e degli attori di contorno.

Queste due fiction sono i prodotti "ufficiali" delle due maggiori aziende televisive sulle missioni umanitarie e presentano un'immagine dei militari molto vicina a quella dei periodici: sono escluse, nonostante ve ne fossero già durante la missione in Iraq del 2003, le donne soldato italiane, ma vi sono ruoli femminili: la marine e il medico impersonato da Claudia Pandolfi in Nassiriya per non dimenticare.

La direzione è affidata a registi esperti, che vengono dal cinema, ma si sono in seguito specializzati in film televisivi e conoscono le regole per tenere attaccato il pubblico di riferimento alla poltrona. Presentando quindi esempi del giusto comportamento da tenere e le virtù nazionali le fiction svolgono un'azione pedagogica importante perché arrivano dove giornali, libri e scuola spesso non giungono, e quindi sono importantissime per formare la coscienza nazionale.

Due commedie sulle missioni internazionali: Ci sta un francese, un inglese e un napoletano e Missione di pace

Esistono due commedie sulle missioni di pace, Ci sta un inglese un francese e un napoletano di Edoardo Tartaglia del 2007 e Missione di pace di Francesco Lagi del 2011.

Il primo film è una commedia, diretta e interpretata da Edoardo Tartaglia, attore di teatro napoletano in cui l'esercito è solo un modo per far partire la vicenda. Salvatore Esposito, maresciallo dell'esercito, è in missione in un paese straniero non identificato e in seguito a un sorteggio è costretto ad una missione eroica: sposare una ragazza indigena in

245 gravidanza, compagna di un tenente inglese morto in missione, per salvarla dalla morte ad opera dei connazionali. Fin qui la trama è molto debole ed un pretesto per far venire in Italia Majena, la bella Elian Khan, quest’ultima infatti attirerà le attenzioni di tutti i maschi della famiglia Esposito e causerà discussioni a non finire tra Salvatore e la fidanzata Nunzia (Veronica Mazza, moglie del regista anche nella vita) con la quale si sarebbe dovuto sposare al termine della missione. Il soggetto è dei collaudati fratelli Vanzina e la sceneggiatura dello stesso Tartaglia, ma dell'esercito italiano si vede ben poco e la commedia è un'esibizione di luoghi comuni sui napoletani.

Più interessante è invece Missione di pace di Francesco Lagi del 2011, che tratta della missione umanitaria in Kosovo. Il capitano Vinciguerra (Stefano Orlando) ha problemi con il figlio pacifista e anarcoide (Francesco Brandi), che combina disastri mettendolo in cattiva luce con i superiori, ma ha la sua grande occasione: catturare un pericoloso criminale di guerra serbo che è stato visto nella sua zona di competenza. Suo figlio, però, ha intenzione di piantare un albero della pace proprio nella zona dove opera il criminale, che gli ruba la macchina e lo abbandona. Giacomo Vinciguerra, il figlio del capitano, è trovato e riportato alla base comandata dal padre, dove i due dovranno iniziare una forzata convivenza che si concluderà con la loro collaborazione e la cattura del pericoloso latitante.

Il film rappresenta l'unico tentativo di fare umorismo sulle missioni di pace e per questo ha una sua importanza; vi è poi un soldato donna italiano Maria Pettariello (Alba Rohrwacher), escluso dagli altri film presi in esame.

Il personaggio di Giacomo Vinciguerra rappresenta classico ragazzo pacifista imbottito di slogan preconfezionati, che sogna di diventare un grande politico e di guidare la rivoluzione. Spesso, nella sua mente, si consulta con Ernesto Che Guevara (Filippo Timi), sua fonte di ispirazione. Che Guevara si diverte a prenderlo in giro e a parlare di stupidaggini, invece che di rivoluzione.

Il film, quindi, prende in giro in modo bonario anche il pacifismo ingenuo che si nutre di slogan; il personaggio di Giacomo, con il suo confidente Che Guevara è ben riuscito.

I soldati sono veramente poco marziali e l'ambientazione è volutamente lasciata indefinita: i capelli del soldato Pettariello, ad esempio, sono lunghi e sciolti, certamente fuori ordinanza. Il capitano Vinciguerra è il personaggio del soldato italiano bravo a cooperare con il villaggio, ricostruendone il campanile, e in una scena gioca a risiko col

246 prete ortodosso, ma imbranato nelle missioni belliche. Quando, a causa delle stupidaggini del figlio è trasferito in un'altra zona, pianta la tenda su un fiume venendo travolto da una piena e trovandosi isolato proprio con suo figlio.

Il soldato Pettariello è invece un personaggio di soldato donna, che, essendo orfana, vede l'esercito come una sua famiglia. Non vuole rientrare e si fa convincere da Giacomo ad una dimostrazione contro il suo rientro sequestrando un carro armato e puntandolo sulla base.

La comica dimostrazione, con abbattimento del campanile, si risolve solo con un richiamo verbale e non con un deferimento alla corte marziale. Pettariello è ingenua, giovane e vede il capitano come un padre. E' il soldato che lega di più con Giacomo.

I militari sono bravi a far la pace e non la guerra: il soldato Gravina (il musicista Bugo, autore delle musiche) passa la maggior parte del suo tempo con la chitarra, il caporale Tessitore non abbandona mai la sua pipa e, come gli altri, è bonario.

Quando, dopo l'ennesimo litigio con il figlio, il capitano elenca i suoi compiti, non ve ne sono di bellici:

Io ho comandato il battaglione logisitico "Scorpione" in Somalia, ero a cappo del reggimento semovente "Burrasca" in Afghanistan. Ho salvato donne, bambini, ho portato l'acqua nel deserto, ho costruito ponti, steso strade dove c'era soltanto fango, ho guidato 25 ore nel deserto senza fermarmi, sono stato due anni in Kossovo al comando del generale Micciariello.

Non si sa fino a che punto gli sceneggiatori abbiano volutamente inserito comandi per ufficiali superiori (battaglione, reggimento) che non potevano essere diretti da un semplice capitano come Vinciguerra per far sì che l'ambientazione risultasse volutamente non aderente alla realtà dell'esercito; un'altra ingenuità è che Silvio Orlando è troppo anziano per essere un semplice capitano, ruolo di solito assegnato a militari molto più giovani. Questo ultimo problema viene risolato grazie all’espediente, debole, che il comportamento del figlio nuoce alla carriera del padre.

Missione di pace è quindi un film atipico: l'immagine dei militari italiani umani, ingenui, disorganizzati, capaci di combinare disastri, ma sempre rispettosi degli altri, è

247 diversa da quella dei soldati di pace delle fiction. Alla fine il film si risolve positivamente, e il generale Pavlevic, pericoloso criminale di guerra serbo, viene convinto a consegnarsi agli italiani perché più rispettosi dei diritti umani degli americani.

Film drammatici per il cinema: Radio West e Venti sigarette a Nassirya

Vi sono due film interessanti sulle missioni di pace, fatti con intenti non celebrativi, ma più realistici, che presentano i soldati come esseri umani, con le loro paure e le loro debolezze, al di fuori di un'immagine celebrativa che il vedrebbe perfetti sia in pace che in guerra. Questi due prodotti sono interessanti, ma non hanno avuto, incassi e un'attenzione paragonabile a quella delle fiction; Venti Sigarette ha avuto 250.000 mila euro circa di incassi, molti di più di Radio West. A volte questi film sono nei palinsesti televisivi, ma molto spesso vengono trasmessi su canali non generalisti come Raimovies o Rai 4.

Radio West480 di Alessandro Valori è un film sulla missione italiana in Kosovo che racconta di tre soldati con temperamento molto diverso, che si trovano bloccati in una casa con una ragazza serba, Ileana (Kasia Smutniak), prelevata in un villaggio di albanesi per impedire che questi ultimi la uccidessero. Ileana era una ragazza normale prima della guerra, e nel film ha voglia di tornare ad esserlo e per questo a volte entra i conflitto con i soldati. Con la guerra ed è stata violentata da albanesi e costretta a convivere con uno di loro, ed è lì che la incontrano i nostri soldati. Dalle violenze ripetute nasce un bambino, che viene usato come esca dagli albanesi del villaggio per trarre fuori i soldati isolati e ucciderli.

I tre soldati sono Fabiani (Piergiorgio Bellocchio), giovane e irresoluto; Bertoni (Massimo Bosi), che fa la parte della persona ligia al dovere e con le idee chiare su cosa fare; Rizzo (Pietro Taricone) il meridionale allegro, spensierato e incline a innamorarsi, nonostante il contesto bellico. Il cast dà buona prova, anche chi viene dalla televisione e dai reality. Marco Bellocchio, padre di Piergiorgio, ha collaborato alla sceneggiatura e la storia che ne è uscita non è affatto banale e scontata.

480http://www.comingsoon.it/film/radio-west/42135/scheda/

248 Ciò che è interessante è lo scavo dei personaggi, che qui non sono soldati tutti d'un pezzo, che riescono in modo perfetto ad essere efficienti macchine da guerra e persone che sanno sempre cosa fare, ma semplicemente uomini catapultati in una missione di pace, che cercano di prendere decisioni anche difficili in un contesto di guerra civile e odio etnico.

Come soldati sono all'altezza del loro compito, ma commettono alcune ingenuità quando si fidano di Ileana, che consiglia loro di prendere una strada alternativa, e saltano su una mina. Rizzo, il più umano del gruppo, ha un coinvolgimento sentimentale con Ileana che finisce male, con lei che gli spara e scappa. Nel finale i tre soldati, dopo la notte nella casa, vengono prelevati da un elicottero e Rizzo, ferito, si salva.

In questo film, vi sono dei normali ragazzi come potrebbero essere quelli di ogni parte d'Italia, che sono costretti a prendere decisioni difficili e spesso non sanno cosa fare, fanno scelte sbagliate. Alla fine agiscono per il meglio, ma ciò costa loro fatica e si infilano in vicoli ciechi.

Radio West tra i prodotti sulle missioni di pace è quindi uno dei film migliori poiché l'immagine dei soldati non è quella consacrata dai media popolari e dalle fiction, ma è più realistica e fondata.

L'ultimo film sulle missioni internazionali è Venti sigarette a Nassiriya481, di Aureliano Amadei, e si tratta dell'unico prodotto fatto da un testimone della strage, con tutto quello che in termini di partecipazione e scrittura della storia ciò può comportare.

Il film, presentato alla mostra di Venezia, ha avuto un certo successo, ma non è uscito dal circuito del cinema impegnato e, in un certo modo, di elite rispetto ad alcuni lungometraggi che sono stati oggetto della tesi.

La storia è quella vera di Aureliano Amadei (Vinicio Marchioni, nel film), regista alle prime armi, appartenente all'area antagonista, che sogna di girare documentari sui centri sociali. La sua grande occasione lavorativa arriva quando il regista Stefano Rolla lo chiama come aiuto in un film che intende girare a Nassiriya. La trama del film di Rolla è convenzionale e celebrativa dei militari italiani. La decisione di partire all'inizio incontra l'ostilità dell'amica Claudia (l'attrice Carolina Crescentini), anche lei anarchica e antagonista. Aureliano ha una situazione particolare in casa, egli ha una relazione molto

481http://www.comingsoon.it/film/20-sigarette/47809/scheda/

249 disinvolta con Claudia e, al contempo, ha una fidanzata brasiliana che non ha il coraggio di lasciare, e parte per l'Iraq per lasciarsi alle spalle la sua vita fatta di precariato sentimentale e lavorativo.

Le venti sigarette del titolo sono quelle che Aureliano fa in tempo fumare, con un pacchetto portato dall'Italia, prima che tutto precipiti con l'attentato in cui muoiono Rolla, il regista, i militari della brigata Sassari che scortavano la troupe e i carabinieri della base "Maestrale". Amadei nell'attentato rimane zoppo e parzialmente sordo e inizia a soffrire di attacchi di panico, ma mette ordine nella sua vita lasciando la fidanzata e mettendosi stabilmente con Claudia, che sarà poi la madre di sua figlia.

Come racconto di un protagonista, Amadei riesce, con il suo film, a presentare i militari in modo poco retorico, senza fare sconti sulle polemiche successive alla strage e sull'ondata di retorica che caratterizza i funerali.

I militari vengono presentati come uomini in mezzo ad altri uomini, con i loro sentimenti e non sono visti come guerrieri invincibili o aiutanti disinteressati.

Ciò che però è interessante è che il film, uscito ben otto anni dopo, polemizza con la ricostruzione che dell'avvenimento danno i giornali e i periodici, anche quelli presi in esame nella tesi, ed elenca tutti i problemi di sicurezza della base: dall'assenza di serpentine al posizionamento di una riservetta di munizioni proprio in una zona scoperta e alla portata di veicoli che avessero dato assalto alla base.

Tra i superstiti alla strage vi è poi un soldato, deciso a sfruttare la popolarità che può derivare da un simile avvenimento, che dà un resoconto della strage in cui fa la parte dell'eroe. Nel film il soldato, con simpatie fasciste, entra in forte contrasto con Amadei. Il quale cercherà poi, con altri, di ristabilire la verità sulla strage.

Il monologo finale si svolge alla presentazione del libro Venti sigarette a Nassiriya di Amadei, da cui è il film è tratto. L'ultima parte del film è interessante perché, oltre a definire tutti i presenti "carnefici" in quanto parte di un sistema (compresi i militari), accusa l'ondata di retorica che è seguita ai funerali e il fatto che in essi domini l'apparenza:

L'intera città si era riversata per le strade, sembrava che tutti quanti avessero bisogno di partecipare a un dolore privato che era divenuto pubblico. Tutti quanti

250 i politici si sono messi davanti alle bare come se i figli li avessero ammazzati a loro, e i genitori sono rimasti dietro e qualcuno in piedi. Nell'omelia non una sola frase contro la guerra, la parola più usata è stata Dio [...] 17 volte. Eroismo solo undici menzioni, patria cinque, però si rifarà più avanti quando a parlare sarà un militare. Ficucello zero, Olla zero, Rolla zero, bambini iracheni morti nell'attentato zero.482

A questo punto il monologo viene interrotto da un antagonista che contesta a Aureliano il paragone tra bambini e militari occupanti e gli dice che è cambiato.

In quest'ultimo prodotto, destinato certamente a un pubblico diverso da quello delle fiction abbiamo una delle testimonianze meno retoriche e più vicine alla realtà dell'impegno dei soldati e del clima che ha seguito la strage di Nassiriya.

Come quando Marcia Trionfale però faceva meno incassi de Il sergente Rompiglioni questi prodotti restano confinati a un mercato diverso, fuori dalle televisioni generaliste, senza grossi battage pubblicitari; sono stati mandati in onda su canali come Raimovie e restano confinati in un universo che supera di poco i cineamatori. La cultura popolare si muove non su prodotti interessanti come Radio West o Venti sigarette, ma su fiction che danno degli italiani una visione stereotipata, convenzionale e poco interessante.

482 Venti sigarette a Nassiriya, regia di Aureliano Amadei, 2011

251 Conclusioni

Alla fine del percorso si è cercato di dimostrare come il cambiamento dell'immagine dei militari, da soldati di leva spaesati poco militareschi, cittadini in armi che conservano le abitudini della vita civile, a portatori di pace, sia lento e abbia un cammino diverso nei periodici di costume e nel cinema. Il mutamento di atteggiamento coincide con le missioni all'estero nel caso dei periodici, ma inizia poco prima, alla fine degli anni '80, per i film e le serie tv. La leva è, dall'inizio dello stato unitario, uno dei grandi problemi dei giovani uomini (se ne trovano esempi anche in alcuni romanzi ottocenteschi). Anche dopo la fine della monarchia il servizio militare è stato un problema che ha coinvolto milioni di giovani che hanno dovuto lasciare progetti lavorativi, fidanzate, genitori e il loro luogo d'origine per trovarsi in un ambiente sconosciuto e con regole diverse da quelle della vita civile. I periodici presi in esame, con la parziale eccezione di "Famiglia Cristiana", si occupano di questo periodo in termini simili a quelli della maggioranza di governo della quale sono sostenitori occulti. Ne risulta una raffigurazione della naja nella quale esisterebbero delle storture, ma il sistema sarebbe nel complesso sano; chi lo contesta è sospettato di essere al soldo di una potenza straniera. La leva sarebbe quindi un momento fondamentale della vita dell'individuo ed eventuali problemi nell'esercito (tentativi di golpe compresi) sarebbero dovuti a poche persone isolate. I militari si comporterebbero bene durante i disastri e in questo caso le caserme e i suoi occupanti, fino ad allora isolati dal resto della popolazione, scenderebbero tra la gente per portare aiuto e conforto.

I primi morti in missione all'estero non sono quelli degli anni '90, ma quelli dell'eccidio di Kindu, fuori dal periodo preso in esame. In seguito, la morte del capitano Carlo Olivieri, soldato disarmato a guardia dei confini tra Israele ed Egitto, viene praticamente ignorato della stampa e dell'esercito , che gli conferirà una medaglia solo nel 1991. La stampa periodica con la guerra del Golfo inizia una costruzione del nemico, Saddam Hussein, presentato in toni quasi macchiettistici; inizia inoltre a celebrare i suoi eroi nella persona degli aviatori Bellini e Cocciolone, decritti come piloti dalle qualità eccezionali, capaci di bombardare da soli un obiettivo senza paura, e in seguito prigionieri indomiti nelle segrete del tiranno. All'unico morto italiano della guerra,

252 Cosimo Carlino, toccheranno solo dei brevi trafiletti. La costruzione del nemico sarà utile anche in occasione di un'altra guerra, quella in Afghanistan, dove lo "sceicco del terrore", Osama Bin Laden, verrà presentato in modo analogo a Saddam Hussein. Con le missioni di pace le caratteristiche del soldato italiano diventano quelle del militare in armi che riesce meglio degli altri a mescolarsi con la popolazione in ragione di una sua supposta maggiore umanità. Con l'inizio degli anni '90 e la missione in Somalia il paradigma del soldato di pace ha assunto le sua caratteristiche definitive: efficiente in pace perchè "italiano brava gente", ma, a differenza dei soldati del secondo conflitto mondiale, efficiente anche in guerra. Il mito del peace-keeper italiano si nutre quindi di elementi presi dalla nostra divulgazione storica , ovvero quelli dell'italiano umano con i sottoposti e capace di essere partecipe della sofferenza altrui. A questa costruzione si aggiunge però l'elemento dell'efficienza bellica, difficile da sostenere in un contesto come quello della seconda guerra mondiale. L'italiano è ritenuto ora capace di battersi e di rischiare la vita in azioni eroiche, di fare il suo dovere a fianco degli operatori umanitari, e diventa quindi uno dei pilastri su cui si fonda l'idea nazionale. Gli episodi di possibile crisi di questa vulgata, come lo scandalo Somalia o il caso Scieri, sono solo momentanei e vengono minimizzati. Con il caso Scieri le interviste a favore del corpo militare della "Folgore", in un periodico come "Famiglia Cristiana", superano gli articoli sul nonnismo e i suoi pericoli. Con Nassiriya si giunge al culmine di questa rappresentazione: il dolore delle famiglie diviene quello di un popolo intero, che canonizza come martiri nazionali i carabinieri e i soldati morti e ne fa un esempio funzionale ad un mito nazionale usato dal potere per perpetuarsi, eliminando alcune contraddizioni. La stampa presa in esame non parla delle misure di sicurezza carenti, né del fatto che la missione fosse regolata dal codice penale militare di guerra e si allinea alla retorica dei costruttori di pace. I film a grande diffusione tendono a dare un'immagine dei militari italiani corrispondente a quello stereotipo costruito negli anni '90 e solo pochi prodotti cercano di presentare i militari come meno stereotipati nei gesti e negli atteggiamenti, ma questi ultimi restano confinati in un ambito ristretto.

253 Bibliografia

Periodici

"Oggi", Rizzoli, Milano 1945 annate rilevanti: XXIII, XXV, XXVI, XXVII, XXIX, XXXVI, XXXVII, XXXVIII, XLV, XLVI, XLVII, XLVIII, XLIX, L, LI, LII, LIII, LIV, LV, LVI, LVII, LVIII

"Gente", Rusconi, Milano, 1957 annate rilevanti: XI, XII, XIV, XV, XVII, XXIV, XXV, XXVI, XXXIII, XXXIV, XXXV, XXXVI, XXXVII, XXXVIII, XXXIX, XL, XLI, XLII, XLIII, XLIV, XLV, XLVI

"Famiglia Cristiana", San Paolo, Alba 1931 annate rilevanti: XLIV-LXI, LXII, LXIII, LXIV, LXV, LXVI, LXVII, LXVIII, LXIX, LXX, LXXI, LXXII

"Gente Mese" Rusconi, Milano 1986 annata: XVII

I classici del Fumetto di Repubblica. Serie Oro, Gruppo editoriale Repubblica l'Espresso in collaborazione con Panini Comics, Roma-Bologna 2004

"Primo Fiore" n°28, Publistrip, Roma 1975

Leo Ortolani, "Tutto Rat-Man" n° 1-52

Altre opere periodiche consultate

"Panorama", Mondadori, Milano 1962. annata: XXXV

"Epoca", Mondadori, Milano 1950 annata: XLIII

"Sette", Rizzoli, Corriere della Sera 1987 annata: VI

254 255 Monografie

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Militari http://www.difesa.it http://old.grnet.it/allegati/Sotto_le_stellette.pdf http://www.storiamilitare.net/Cirneco.pdf http://www.marina.difesa.it/ http://www.vecio.it/

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Legislativi http://www.normattiva.it/ cinematografici http://www.comingsoon.it/ http://www.mymovies.it/

Altri siti consultati http://www.stellarimington.com/ http://www.fbi.gov/about-us/history/famous-cases/anthrax-amerithrax/amerithrax- investigation http://www.ossigenoinformazione.it/ http://www.swissinfo.ch

259 filmografia

Film per il cinema

Aureliano Amadei, Venti sigarette a Nassiriya, 2011 Marco Bellocchio, Marcia Trionfale, 1976 Roberto Benigni, Tu mi Turbi, 1983 Giorgio Capitani, Teste di Quoio, 1981 Castellano e Pipolo (Franco Castellano e Giuseppe Moccia), College, 1984 Enzo Castellari, Quel maledetto treno blindato, 1978 Nando Cicero, La dottoressa del distretto militare, 1976 Nando Cicero, La soldatessa alla visita militare, 1977 Bruno Corbucci, Marinai in Coperta, 1967 Ruggero Deodato, Donne botte e bersaglieri, 1968 Pier Giorgio Ferretti, Il sergente Rompiglioni, 1973 Ettore Maria Fizzarotti, In ginocchio da te, 1964 Enrico Guerrini, Von Buttiglionen Sturmtruppenfuhrer, 1978 Mino Guerrini, Il colonnello Buttiglione (un ufficiale muore, ma non si arrende nemmeno di fronte all'evidenza firmato colonnello Buttiglione), 1973 Mino Guerrini, Il colonnello Buttiglione diventa generale, 1974 Mino Guerrini, Buttiglione diventa capo del servizio segreto, 1976 Mariano Laurenti, Il sergente Rompiglioni diventa... caporale, 1975 Mariano Laurenti, L'infermiera nella corsia dei militari, 1978 Mariano Laurenti, Il sommergibile più pazzo del mondo, 1982 Franco Martinelli (Marino Girolami), Quattro marmittoni alle grandi manovre, 1974 Franco Martinelli (Marino Girolami) Kakkientruppen, 1977 , la polizia spara, il servizio segreto uccide, 1975 Mario Monicelli, Vogliamo i colonnelli, 1973 Giuliano Montaldo, Got mit Uns, 1969 Pier Francesco Pingitore, Attenti a quei P2, 1981 Dino Risi, Profumo di donna, 1974 Marco Risi, Soldati 365 all'alba, 1987 Marco Risi, Il muro di gomma, 1991

260 Francesco Rosi, Uomini contro, 1970 Salvatore Samperi, Sturmtruppen, 1976 Salvatore Samperi, Sturmtruppen 2, tutti al fronte!, 1982 Alberto Sordi, Finché c'è guerra c'è speranza, 1974 Steno (Stefano Vanzina), Gli attendenti, 1961 Michele Massimo Tarantini, La dottoressa ci sta col colonnello, 1980 Michele Massimo Tarantini, La dottoressa preferisce i marinai, 1981 Alessandro Valori, Radio West (fm 97), 2006

Serie TV

Lorenzo Castellano e Federico Moccia, College, 1990 Bruno Corbucci, Classe di ferro, 1989-1991 Ninì Salerno, Aquile, 1989 Michele Soavi, Nassiriya per non dimenticare, 2006

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