La Funzione Drammaturgica Del Rumore Nel Dramma Attico
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Sapienza Università di Roma Dottorato di Ricerca in Filologia e Storia del Mondo Antico Curriculum filologico XXX Ciclo ‘Sentire’ sulla scena tragica del V secolo a.C.: la funzione drammaturgica del rumore nel dramma attico Candidata Dott.ssa Valentina Zanusso Tutor Prof. Massimo Di Marco Co-Tutor Prof.ssa Anna Maria Belardinelli Indice Premessa . 3 PARTE PRIMA 1. La centralità della dimensione acustica in Grecia 1.1 Uno sguardo alla letteratura sub specie sonituum . 6 1.2 La dimensione imitativa del suono: la cultura delle onomatopee . 12 1.3 Vasi ‘sonori’ . 15 1.4 Epiteti divini ‘sonori’ . 18 1.5 Un mondo di rumori . 19 1.6 Valenze divinatorie e apotropaiche dell’elemento sonoro . 22 1.7 La riflessione su udito e su suono/rumore presso i Greci . 24 2. Orizzonti critici attuali sulla dimensione sonora del mondo antico 2.1 Antropologia sonora . 38 2.2 Archeologia acustica . 42 2.3 Ricerche linguistiche e lessicali sulla dimensione sonora . 44 3. Il rumore a teatro 3.1 Status quaestionis sull’ ἀκοή e presupposti metodologici . 50 3.2 Riproduzione e riproducibilità: realismo e convenzione sulla scena antica . 59 3.3 Acustica e macchine del rumore in teatro . 77 4. I rumori: valori e funzionalità drammaturgica 4.1 Una cartina di tornasole: il silenzio come meccanismo drammaturgico . 99 4.2 Proposta per una classificazione fisica e drammaturgica . 102 4.3 Analisi complessiva delle diverse tipologie di rumore . 105 a. κοπετός . 105 b. Rumore di passi . 132 c. Rumori legati alla porta . 151 c.1 Bussare alla porta . 152 c.2 Rumori legati all’apertura della porta . 164 d. Tuoni e terremoti . 172 e. Altri rumori . 191 f. Rumori indefiniti . 198 g. Armi e cavalli: il caso dei Sette a Tebe . 202 4.4 Analisi della funzionalità drammaturgica complessiva . 207 PARTE SECONDA. Saggi di commento 1. I Sette a Tebe: un focus sulla πάροδος . 212 2. Il prologo del Prometeo Incatenato . 264 3. Il finale dell’Edipo a Colono . 286 PARTE TERZA. Lessico 1. αραγ- . 297 2. δουπ- . 301 3. κελαδ- . 311 4. κτυπ- . 320 BIBLIOGRAFIA . 334 Premessa È ben noto che per i Greci “gli occhi” erano “testimoni più fedeli delle orecchie”1. Un tópos che emerge a più riprese nella letteratura greca2, una concezione che ha un suo riflesso anche linguistico ed è divenuta proverbiale3. Quale orizzonte culturale si cela al di sotto di queste vestigia? Forse proprio in virtù di tale priorità della vista, la dimensione dell’udito anche in teatro risulta ad essa subordinata e le sue potenzialità meno sfruttate rispetto a quelle dell’ópsis? Questi gli interrogativi da cui ha preso le mosse la mia ricerca che si è poi concentrata su un aspetto particolare della dimensione acustica, quello del rumore. La mia indagine intende esplorare la valenza drammaturgica dell’elemento del rumore nel gioco scenico all’interno della produzione tragica tradita integralmente. La disamina si articola su diversi livelli e propone una focalizzazione sempre più circoscritta al dramma. Una Prima Parte del lavoro (capitoli 1-2) intende analizzare la centralità della dimensione acustica per i Greci su diversi piani (linguistico, religioso, antropologico, artistico) e la tendenza all’imitazione dei suoni/rumori (mediante canali diversi: linguistico e iconografico in primis) che emerge come dato intrinseco alla cultura antica. Una disamina che mostra un valore anche autonomo e di per sé significativo non solo per l’ambito tragico. I successivi capitoli 3-4 si concentrano sul dramma attico. La ricerca sugli elementi performativi del dramma si inserisce in un trend degli studi che ha conosciuto una parabola ascendente a partire dalla metà del secolo scorso con la nascita e la progressiva affermazione dei Performative Studies. Nell’ambito di questo filone di studi il dibattito tra la natura convenzionale o viceversa realistica del teatro antico ha riguardato diversi aspetti (stile della recitazione e gestualità, scenografia e messa in scena, uso di macchine): tra questi anche il riferimento al rumore può essere interpretato in modo del tutto realistico (e presupporre che la menzione del suono implicasse anche una sua riproduzione/percezione) o all’opposto convenzionale e anti-realistico (immaginando che il riferimento verbale al rumore ne sostituisse in toto una realistica riproduzione e qualsiasi forma di percezione da parte del pubblico). La disamina delle categorie acustiche attestate in tragedia (tenendo fermo il testo dei drammi come strumento principe per la ricostruzione della messa in scena), classificate attraverso un criterio improntato a parametri fisici e scenici, ha portato alla luce una 1 Heracl. fr. 6 Marcovich2, richiamato da Polib. 12,27,1. 2 Si pensi a Hdt. 1,8,2 rovesciato ma con identico significato: “le orecchie sono per gli uomini meno degne di fede degli occhi”; cfr. Luc. salt. 78; Dio Chrys. 12,71. 3 Apostol. 18,71. 3 quantità non scarsa di materiale sulla quale è stata condotta una analisi di ordine linguistico e drammaturgico: sono state individuate e proposte diverse funzioni per le tipologie acustiche attestate, che hanno legittimato talune osservazioni di ordine più generale sulla drammaturgia di Eschilo, Sofocle ed Euripide e hanno permesso di mettere in rilievo e confermare, anche attraverso il canale acustico, alcune evoluzioni nella messa in scena che percorrono il V secolo. La Parte Seconda è occupata da specimina di saggi di commento focalizzati su sequenze significative. Segue un Lessico che, senza pretese di esaustività, propone un’indagine sull’impiego di alcuni semantemi legati al rumore, classificandone sinteticamente le occorrenze da Omero al II sec. d. C.: una sezione strumentale ai precedenti capitoli, finalizzata a un commento più accorto e puntuale di alcuni termini chiave dei loci tragici esaminati, che ha condotto a riflessioni in parte divergenti rispetto a quelle degli (sporadici) studi in questo ambito. Questo lavoro vuole essere, tuttavia, solo uno specimen di una ricerca più completa e a tutto tondo sulla valenza del rumore all’interno dell’intera produzione teatrale superstite di Grecia e Roma. Incoraggiata dai risultati prodotti da questa prima fase, mi propongo in futuro di dar corpo e sostanza all’indagine arrivando a illuminare in modo più completo la funzionalità drammaturgica del rumore in teatro con una prospettiva più ampia e globale. 4 ‘Sentire’ sulla scena tragica del V sec. a.C. PARTE PRIMA 1.1. Uno sguardo alla letteratura sub specie sonituum Iliade, libro settimo. Gli Achei si affaticano per innalzare un muro atto a proteggere l’accesso alle navi, circondato da un fossato. Gli dei osservano la scena dall’alto. In una giornata l’opera è terminata, ma Poseidone si indigna: gli uomini hanno dimenticato di sacrificare ai numi e li hanno persino sfidati, costruendo un muro che acquisirà maggior fama di quello che proprio lui – assieme ad Apollo – costruì intorno alla rocca di Ilio per l’eroe Laomedonte. Zeus, tuttavia, lo rassicura: una volta terminato il conflitto, quando gli Achei torneranno in patria, Poseidone stesso potrà distruggere il muro con una tempesta, sommergendolo di sabbia. Monta l’ira di Zeus “raccoglitore di nubi” (v. 45: νεφεληγερέτα) per questo atto di hybris dei Greci. Ignari, i capi Achei ordinano di preparare un banchetto e viene loro portata un’ingente quantità di vino: mangiano, bevono e fanno festa. Zeus, però, è irato e medita mali per tutta la notte, tuonando terribilmente (vv. 478-79): παννύχιος δέ σφιν κακὰ μήδετο μητίετα Ζεὺς σμερδαλέα κτυπέων· τοὺς δὲ χλωρὸν δέος ᾕρει· «Per tutta la notte meditava per loro sciagure il saggio Zeus tuonando paurosamente: pallida paura li invadeva». [trad. F.Ferrari] All’udire il tuono che sconvolge il cielo tutti vengono presi da “verde terrore”, gettano il vino a terra e nessuno osa più alzare un calice senza prima aver libato al Cronide. In principio fu il tuono di Zeus, il terribile σῆμα del dio che poteva incutere timore immobilizzando all’istante chi lo avesse percepito e dissuadendo gli uomini dal compiere una qualsiasi azione (Il. 7,478-479; 8,75), oppure poteva viceversa dare un segnale positivo (Il. 8,170; Od. 21,413), espressione del placet del dio che incoraggiava a proseguire su una certa strada o, infine, essere interpretato in maniera ancipite dai due schieramenti in campo (Il.15,377; 17,595)1: tanta era per un verso l’indeterminatezza e per l’altro la forza di questo frastuono penetrante e non altrimenti spiegabile se non come espressione di una volontà divina. Una pluralità di interpretazioni per un solo segnale acustico che in ogni caso non avrebbe potuto essere ignorato. Basterebbe questo dato culturale, che trova 1 Sul tuono di Zeus e le sue valenze ominose e simboliche vd. Pretagostini 1992. 6 puntuale registrazione sin dagli albori della civiltà greca, per riconoscere all’elemento del rumore una valenza e una rilevanza del tutto peculiari. Un tratto che continua ad essere confermato e ribadito in numerosi brani di autori che hanno inserito nelle loro opere, forse a volte anche in via inconsapevole, notazioni acustiche di diverso tipo. Così Esiodo ritrae la vivacità delle Muse descrivendone il passo che risuona nella casa degli dei quando si recano gioiose dal padre Zeus (th. 69-72), ancora definito possessore del tuono (72: αὐτὸς ἔχων βροντὴν): περὶ δ’ ἴαχε γαῖα μέλαινα ὑμνεύσαις, ἐρατὸς δὲ ποδῶν ὕπο δοῦπος ὀρώρει νισομένων πατέρ’ εἰς ὅν· «La nera terra riecheggia tutto intorno, quando esse intonano il canto, ed un amabile suono si leva sotto i loro passi, mentre si avviano verso il padre loro». [trad. A. Colonna] in questo caso, del resto, il rumore si inserisce