GNGTS – Atti del 22° Convegno Nazionale / 08.12

F. T. Gizzi

Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali – Sezione di Studi Federiciani,

EFFETTI DEL TERREMOTO IRPINO DEL 1930: CAUSE GEOLOGICHE DEL DANNO NELL’AREA DEL

Riassunto. Un’analisi, se pur rapida, dei danni indotti dai terremoti sull’edificato evidenzia come le caratteristiche geologiche di sito siano spesso causa o concausa di un incremento locale degli effetti. Avere un quadro più articolato del ruolo svolto dalle variabili geoterritoriali, specie per terremoti storici, contribuisce ad identificare l’insieme dei rischi geologici di un sito ed implica valutazioni di pericolosità sismica locale più aderenti al contesto sismotettonico regionale. Partendo da questa premessa, il presente contributo analizza le relazioni tecniche a suo tempo compilate dal Genio Civile in seguito al sisma irpino del 1930 e relative ai centri urbani del Vulture. I report evidenziano le relazioni di causa- effetto tra terremoto e danno strutturale alle abitazioni, così come mediate dalle caratteristiche geologiche di sito. In particolare, emerge il ruolo svolto da fenomeni franosi, anche incipienti, e dagli interventi antropici indiscriminati sul territorio.

EFFECTS OF THE 1930 IRPINIA EARTHQUAKE: GEOLOGICAL CAUSES OF THE DAMAGE IN THE VULTURE AREA

Abstract. A short analysis of the earthquake-induced damage on buildings highlight that the site geological features are often directly or indirectly responsible of an increase of effects. A more detailed picture of these site geological features in relationship with earthquake damage, can lead to an understanding of the site geological risks and a better analysis of local seismic hazard. Starting from this point of view, this paper analyses the technical reports drawn by Ufficio del Genio Civile, after the 1930 Irpinia earthquake. The reports, relative to the urban centres of the Vulture area (, Southern ), highlight the cause-effect relationship between earthquake and buildings damage. Landslides and man-made intervention on the territory are the main causes of the ‘observed’ damage.

INTRODUZIONE

La correlazione tra caratteri geologici del territorio e distribuzione dei danni ha occupato nei loro ruoli istituzionali, specie dall’inizio del XX secolo, studiosi e sismologi impegnati soprattutto nella stesura delle normative edilizie antisismiche conseguenti il grande sisma del 1908 di Reggio Calabria e Messina (es.: Novarese,1909; Baratta, 1910). Estendendo l’esame ad un più ampio spettro di fonti storiche, emerge che l’analisi dei fattori di danno geo-territoriali è di norma condotta per motivi strettamente legati alla ricerca o per ragioni politico-amministrative di programmazione territoriale. In questa seconda categoria si inseriscono i rilievi effettuati, in conseguenza del terremoto irpino del 23 luglio 1930, nell’area gravitante attorno al vulcano Vulture, dove sono situati alcuni centri di importante valenza storico-architettonica come , , Rapolla. In questi siti affiorano principalmente depositi vulcanici i cui caratteri geomorfologici e geotecnici sono potenzialmente in grado di condizionare la distribuzione del danno cosismico. Infatti, in conseguenza del sisma irpino, un esame preliminare della distribuzione dei danni effettuata nei comuni dell’area nord-orientale lucana, stimolò il Regio Ufficio Geologico ad eseguire approfondimenti mirati, nell’ambito dell’attività di coordinamento della fase di ricostruzione svolta dall’Ufficio del Genio Civile di Melfi, sorto proprio dopo il terremoto. GNGTS – Atti del 22° Convegno Nazionale / 08.12

Partendo da questo punto di vista, nel presente contributo vengono discussi i dati desunti dalle relazioni compilate a suo tempo dall’Organo tecnico, ed attualmente costituenti parte del Fondo Genio Civile conservato presso l’Archivio di Stato di Potenza.

Il terremoto del 23 luglio 1930

Il terremoto del 1930 può considerarsi per estensione e distruttività dell’area colpita uno dei più disastrosi eventi sismici del XIX secolo. L’evento, valutato del Io = X MCS, colpì alle ore 00:08 GMT un’area estesa circa 6.500 kmq e causò i maggiori effetti su di un territorio compreso tra Melfi ed Ariano Irpino, provocando la morte di 1404 persone, quasi tutti nella provincia di Avellino, dove vi furono 1.052 morti, mentre nella provincia di Potenza vi furono 214 morti (Boschi et al., 2000). L’area epicentrale si estese per circa 180 kmq mentre l’elongazione generale di tutto il campo macrosismico fu in direzione appenninica, in accordo con l'orientazione della faglia sismogenetica responsabile dell'evento, individuata grazie alla buona risoluzione spaziale del campo macrosismico e ad informazioni di carattere geologico (Valensise e Pantosti, 2001).

Quadro geologico dell’area del Vulture

L’area in esame, localizzata a Nord-Est della Basilicata è condizionata, dal punto di vista geologico, dalla presenza dell’apparato vulcanico quaternario del Monte Vulture, l’unico a caratterizzare il versante orientale dell’Appennino, nel cui contesto il Vulcano si inserisce. La catena appenninica deriva dalla deformazione, a partire dall’Oligocene terminale, di unità progressivamente più esterne appartenenti al paleomargine africano. Queste sono costituite da depositi carbonatici di piattaforma e da sedimenti pelagici di bacino (D’Argenio et al., 1973; Casero et al.,1992; Pescatore et al., 1999) (Figg. 1 e 2). Durante il Pleistocene medio, in contemporanea con la deformazione più recente della parte frontale della catena sudappenninica (Scandone et al., 1992; Cinque et al., 1994), inizia la storia evolutiva del vulcano composito del Vulture (Schiattarella et al., 2002). Infatti, l’età delle vulcaniti, in prevalenza costituite da piroclastiti a chimismo potassico, è compresa tra 674 ± 7 ka e 132 ± 12 ka (Principe C. e Giannandrea P., 2002). A partire dal Pleistocene medio fino al Pleistocene superiore, il tratto frontale esterno della catena appenninica fu interessato da estesi sollevamenti (Ciaranfi et al., 1983). Riguardo l’aspetto più strettamente litologico, funzionale alla ricerca svolta, nell’area del Vulture affiorano prodotti vulcanici piroclastici a chimismo potassico, raggruppati da La Volpe e Principe (1994) in sei distinte unità vulcano-stratigrafiche (UVS) (Fig. 3) che in successione temporale sono: 1) Unità di Fara d’Olivo (piroclastiti pomicee giallastre), 2) Unità di Masseria Boccaglie (prodotti messi in posto secondo meccanismi di pyroclastic flow, surge e fall), 3) Unità di -Rionero (depositi di caduta), 4) Unità di Vulture San Michele (depositi di flusso piroclastico seguiti dalle colate dell’haüynofiro di Melfi), 5) Unità di Case Lopes-Masseria Granata (surge), 6) Unità dei Laghi di Monticchio (pyroclastic surge).

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Fig. 1 - Schema tettonico dell’Appennino meridionale (il rettangolo individua approssimati-vamente l’area di studio. La traccia della sezione A-A’ è individuata dalla Fig. 2. 1 = sedimenti plio-quaternari e vulcaniti quaternarie; 2 = Sedimenti sinorogeni miocenici; 3 = Unità Liguridi cretaceo- oligoceniche; 4 = Carbonati meso-cenozoici della piattaforma Appenninica; 5 = Depositi triassico- miocenici del Bacino di ; 6 = Depositi cartonatici della Piattaforma Apula; 7 = Edifici vulcanici; 8 = Fronte esterno della catena (da Pescatore et al., 1999, modificato).

Fig. 2 - Sezione geologica A-A’ di Figura 1. C-01 = Successioni cretacico-oligoceniche (argille varicolori e flysch Rosso); M1 = Quarzareniti numidiche (Miocene inferiore-medio; M2 = Formazione di Serra palazzo (Miocene superiore); P = Depositi pliocenici; P-Q = depositi plio-quaternari; Q = vulcaniti e sedimenti epiclastici quaternari (da Schiattarella et al., 1999-modificato).

Nell’area presa in esame nel presente lavoro affiorano principalmente i depositi appartenenti alle prime tre unità. In particolare, le ignimbriti costituenti l’Unità di Fara d’Olivo affiorano a Foggianello, frazione di Melfi. Caratterizzano, invece, l’area di Barile e Rionero in Vulture i prodotti appartenenti all’Unità Masseria Boccaglie ed a quella di Barile-Rionero. Mentre la prima è costituita da prodotti piroclastici depostisi prevalentemente secondo un GNGTS – Atti del 22° Convegno Nazionale / 08.12

meccanismo di flusso (pyroclastic flow), al contrario la seconda è composta da una fitta alternanza di strati di ceneri più o meno grosse, da scorie e pomici, secondo un meccanismo prevalente di caduta (fall).

Fig. 3 - Carta geologica del Vulture – a sinistra – (da La Volpe e Principe, 1994, modificato) e colonna stratigrafica schematica dei depositi vulcanici – a destra – (da Brocchini et al., 1994 – modificato)

Temporalmente susseguenti alle unità precedenti sono le colate laviche che formano parte dell’Unità di Vulture-San Michele. Proprio durante questa fase dobbiamo inserire la formazione di centri secondari come quello di Melfi, responsabile della costruzione della collina di haüynofiro sulla quale sorge l’omonima città. Si ritiene che la piastra rocciosa sia una conseguenza di effusioni laviche concentrate in un condotto localizzato in prossimità dei piedi del rilievo (Hieke Merlin, 1964). In quest’area la presenza di una cava largamente utilizzata per estrarre materiale da costruzione, evidenzia una caratteristica fessurazione colonnare della roccia. Anche la formazione di travertino caratterizzante il centro abitato di Atella è da ascriversi, anche se indirettamente, all’attività del Vulture. Infatti, esaurita la fase effusiva, le sorgenti minerali responsabili della deposizione del carbonato di calcio, hanno subito una progressiva migrazione assecondante la variazione del reticolo GNGTS – Atti del 22° Convegno Nazionale / 08.12

idrografico in rapida evoluzione dopo il termine dell’attività vulcanica (La Volpe e Rapisardi, 1977).

Le fonti tecnico-storiche analizzate

Come è stato già detto, le fonti utilizzate per eseguire le ricerche sulle cause geologiche del danno sismo-indotto sono state le relazioni geologico-tecniche redatte dai funzionari del regio Ufficio Geologico, inviati dal Ministero dei LL.PP. nei comuni colpiti. Tale attività si inquadrò nell’ambito del ruolo istituzionale dell’Ufficio Speciale del Genio Civile di Melfi, sorto subito dopo l’evento sismico con lo scopo di sovrintendere alla ricostruzione dei comuni della zona del Vulture fortemente danneggiati. Sotto la giurisdizione dell’Ufficio ricadevano otto comuni: Melfi, Atella, Barile, Rapolla, Rionero in Vulture, Monticchio, , , in provincia di Potenza. L’intera documentazione prodotta da questo Ufficio è attualmente conservata presso l’Archivio di Stato di Potenza (ASPZ, Fondo Genio Civile, Terremoto del 1930, BB. varie). I rapporti, che furono redatti tra il mese di settembre ed ottobre 1930, furono il frutto di una sensibilità scientifica maturata in seno al Comitato geologico prima ed al Regio Ufficio Geologico poi, principalmente sotto l’impulso dello statista e professore di mineralogia Quintino Sella (Gortani, 1960). Gli autori delle relazioni geologiche furono gli autorevoli esperti Camillo Crema e Vittorio Novarese, quest’ultimo Ispettore dell’Organo regio. In particolare, il Crema si occupò in modo approfondito del sisma del 1930 (Crema, 1933) mentre il Novarese studiò con dettaglio il terremoto di Reggio e Messina del 1908 in occasione del quale contribuì ad identificare i provvedimenti tecnici atti a designare le zone più adatte per la ricostruzione degli abitati, successivamente promulgati con il R.D. 15/07/1909 (Novarese, 1909). Queste condizioni al contorno hanno limitato le difficoltà interpretative delle descrizioni sia a carattere più generale che strettamente geologico-tecnico. Purtroppo degli stralci cartografici o del corredo fotografico indicato nelle relazioni come allegati, non sono più presenti tracce nella documentazione originale.

Danno cosismico nel contesto della vulnerabilità territoriale

Come precedentemente osservato, i caratteri geomorfologici e geologico-tecnici degli affioramenti rocciosi dei comuni del Vulture sono principalmente dettati dalla presenza di depositi vulcanici. Questi sono, molto spesso, in condizioni di instabilità soprattutto ai margini degli abitati ove sono presenti fenomeni di decompressione o di richiamo verso il vuoto – appelau vide – legati a naturali processi di evoluzione geomorfologica dei pendii o ad interventi antropici indiscriminati protrattisi nei secoli (es.: escavazioni). L’insieme dei fenomeni ha determinato, ed in parte continua a determinare condizioni di elevata vulnerabilità territoriale (Tab. 1). Dall’esame delle relazioni tecniche compilate in seguito al sisma emergono danni correlati a:

• instabilità dei terreni per fenomeni franosi s.s. o per movimento relativo di blocchi lungo giunti rocciosi, specie in prossimità della porzione periferico- marginale degli abitati; GNGTS – Atti del 22° Convegno Nazionale / 08.12

• piano di posa delle fondazioni non sufficientemente profondo, attestato in terreni alterati e,quindi, con scarsa capacità portante; • costruzione di abitazioni su terreni con caratteristiche geotecniche differenti; • problemi di erosione dei terreni di fondazione, con appoggio in falso delle strutture fondali; • instabilità dei terreni per presenza di ipogei non consolidati, adibiti a pertinenza delle abitazioni, e spesso situati in prossimità del piano campagna. • effetti di sito.

Tab. 1 - Fenomeni di dissesto occorsi in alcuni centri abitati del Vulture nei primi decenni del XX secolo. Gli eventi sono quasi sempre avvenuti nelle stesse aree più danneggiate dal sisma del 1930 (ASPZ, Fondo Prefettura, 1913-32). B. 1443; ASPZ, Fondo Prefettura (1933-52). B. 310-973; ASPZ, Fondo Commissariato Civile. Bb. 1443-1451).

COMUNE DATA EVENTO TIPO EVENTO TOPONIMO DANNI Zona Sud abitato compresa Minaccia stabilità di diverse 1929 Franosità diffusa tra Torrente Acquasanta-S. abitazioni Pietro e SS delle Murge Crollo di n° 1 casa. Lesioni diffuse su molte case 3-07-1929 Frana Vallone Acquasanta prospicienti Vallone Acquasanta Riviera Vallone Minaccia stabilità di diverse 12/13-05-1934 Frana Fosso S. Pietro e Barile case che furono sgombrate Acquasanta Fosso S. Pietro- C.da S. 16-01-1938 Frana Nessun danno ad abitazioni Nicola- Via XX Settembre e Via S. 04-11-1938 Crollo grotte Crollo di alcune abitazioni Giorgio Frana per crollo di 17-04-1940 Fontana del Fico - n.3 grotte Vallone S. Pietro-C.da Minaccia di crollo diverse ??-??-?? Frana Pantoni abitazioni Lesioni e crolli ad alcuni 11-02-1911 Frana Rione castello fabbricati Frana Rimobilitazione ??-11-1911 Rione castello Lesioni in alcune abitazioni. lungo vecchia sup. scorrimento 19-03-1912 Frana Rione Castello Nessun danno 27-06-1912 Frana Rione Castello Crollo muro di sostegno Frana-Crollo C.da Borgo di Fronte (Fosso ??-??-1917 Danni ad alcune abitazioni grotte S. Biagio) Rapolla Gravissimi danni a numerose abitazioni. Già nel mese di 26-02-1919 Rione S. Sofia gennaio tre abitazioni crollarono. Frana Rimobilitazione 24-02-1922 Rione Santa Sofia Crollo di n°2 alcune abitazioni lungo vecchia sup. scorrimento Frana Rimobilitazione Crollo n° 8 case. Pericolo di 04/05-03-1922 Rione S. Sofia lungo vecchia crollo per altre otto abitazioni. sup. scorrimento Località Le Forche (sopra 17-02-1915 Frana Crollo di n° 2 edifici strada Largo Luigi La Vista) Rionero 02-04-1922 Crollo grotte Vico Afflitto e Fontanelle Lievi danni ad una abitazione Autunno 1929 Crollo grotte Largo Taverna Penta Nessun danno 19-01-1931 Crollo grotte Largo Taverna Penta -

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Tab. 2 - Cause geologiche del danno documentate nel territorio del Vulture per il sisma irpino del 1930.

Comune Cause geologiche del danno Atella Presenza di grotte, lesioni nel travertino, variazioni di caratteristiche geologico-tecniche del travertino. Barile Probabili fenomeni di amplificazione sismica per “effetto bordo”, diffusa fratturazione e sgrottamento dei tufi. Foggiano e (Frazione di Melfi): abitazioni in forte pendio, presenza di grotte superficiali, Foggianello disarticolazione della massa rocciosa per presenza di fratturazioni nella porzione periferico-marginale del pendio, legate anche alla franosità delle argille sottostanti. Melfi Fenomeno franoso innescatosi circa otto giorni dopo il terremoto in prossimità del rione Calcinaia. Disarticolazione dei blocchi rocciosi. Probabile fenomeni di amplificazione sismica per effetto litologico, nella parte meridionale del paese. In base al R.D.L. 1065/1930 furono trasferiti i tre rioni più danneggiati:Bagno, Calcinaia e Cappuccini. Rapolla Le condizioni di stabilità dell’abitato destavano preoccupazione già prima del sisma. Si ebbero maggiori danni per gli immobili costruiti sul ciglio di strapiombi formati da tufi vulcanici disarticolati e/o attraversati da diffusi sgrottamenti. Molte case furono fortemente danneggiate perché situate in prossimità delle frane di Santa Sofia e San Giovanni, già mobilizzate prima del sisma, il giorno 26 febbraio 1919. Rionero in Presenza di grotte anche in prossimità del p.c.. Disarticolazione dei blocchi tufacei e Vulture movimento relativo durante il terremoto con instabilità fondazionale delle costruzioni sopra fondate. Fondazioni superficiali poste spesso nella porzione alterata della roccia. In base al R.D.L. 1065/1930 tre contrade maggiormente danneggiate furono trasferite. Ripacandida Fondazione di edifici su terreni con caratteristiche geotecniche diverse (conglomerati e terreno di riporto). Problemi di erosione dei terreni di fondazione per mancata sistemazione e regimazione delle acque meteoriche, con conseguenti appoggi in falso delle fondazioni.

L’abitato di Atella, esteso su di un altipiano posto tra due fossi, poggia su una piastra di travertino. In corrispondenza delle balze morfologiche periferiche all’altipiano erano diffusamente presenti grotte anche se non sempre spinte al di sotto delle abitazioni. I danni in questo comune, pure se furono ugualmente ripartiti nel territorio, furono messi in correlazione, oltre che alle tecniche costruttive ed allo stato di manutenzione degli edifici, al differente grado di compattezza del travertino, alla presenza di fratture e di grotte che indebolivano la resistenza d’insieme dell’ammasso roccioso. Sostanzialmente diversa e più grave fu la situazione riscontrata nel comune di Barile, situato su due distinte dorsali. Il maggiore danno cosismico in alcune aree (Figg. 4 e 5) anche in presenza di abitazioni ben costruite, fu imputato alla capillare presenza di escavazioni nei depositi piroclastici. Le grotte, risalenti ai tempi del primo insediamento albanese, penetravano per decine di metri all’interno del versante e spesso erano sovrapposte su più livelli. Ciò comportava l’indebolimento della resistenza geomeccanica complessiva della piroclastite. Altra causa di danneggiamento fu annoverata nella presenza di diffuse fratturazioni della roccia. Queste discontinuità, in alcuni casi, proseguivano dal terreno all’interno della muratura. Analoghi problemi furono riscontrati nell’abitato di Rionero in Vulture, dove i maggiori danni si ebbero nella Contrada La Costa, al rione dei Morti, dove alcune abitazioni erano costruite su terreni di riporto, ed in minor misura al quartiere Calvario (Figg. 6, 7 e 8). La gravità dei danni verificatisi nel Rione La Costa determinò il vincolo di trasferimento delle abitazioni in altra area geologicamente stabile.

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Fig. 4 - L’abitato di Barile da una foto di fine ’800. Si può notare un paesaggio urbano fortemente contrassegnato da grotte sottoposte ed in stretta connessione fisica con il complesso edilizio abitativo. Oggi la maggioranza delle cavità è consolidata.

Fig. 5 - Aree maggiormente danneggiate nell’abitato di Barile in conseguenza del sisma del 1930.

Le cause dei problemi di stabilità riscontrati in seguito al terremoto erano conosciute già prima dell’evento nel comune di Rapolla. In questo paese, i danni materiali e le vittime furono concentrate soprattutto in tre Rioni, quello Santa Sofia, Castello e San Giovanni. Gli scadenti parametri geologico-tecnici complessivi dell’ammasso roccioso suggerirono già prima del 1930 lo spostamento dell’abitato in un nuovo Rione. Infatti, la contrada Santa Sofia il 26 febbraio 1919 fu interessata da un vasto movimento franoso (Figg. 9 e 10). Parte delle case a monte di quest’area subirono gravissimi danni in conseguenza dell’evento sismico del 1930. Ben più complesso fu il ruolo svolto dalla geologia nel centro abitato di Melfi. Da un esame dello scenario di danno relativo al terremoto del 1930 (Gizzi e Masini, 2004, in stampa) si evince che esso è concentrato principalmente lungo l’area meridionale della città, coincidente con il Rione Bagno, Calcinaia e Cappuccini, GNGTS – Atti del 22° Convegno Nazionale / 08.12

oltre alla quasi intera area perimetrale della collina su cui sorge l’abitato ed a parte dell’area centro orientale della città. Peraltro, il maggior danno riscontrato in queste zone rappresenta un fattore costante anche per altri terremoti, come documentato sia per il sisma autoctono del 1851 sia per quello più recente del 1980.

Fig. 6 - Fenomeni di instabilità della piroclastite costituente il substrato di Rionero in Vulture (foto a sinistra) e presenza di cavità nel sottosuolo in prossimità del piano campagna (foto a destra). In particolare, nella foto a sinistra, sono evidenziate le principali fratture visibili che disarticolano la massa rocciosa. Sono evidenti anche fenomeni di erosione differenziale legati ad alternanza di livelli prevalentemente cineritici (a) con orizzonti prevalentemente pomicei (b). Nella foto a destra alcune delle cavità residuali non consolidate presenti nel centro abitato.

a

b

Fig. 7 - Stralcio di mappa catastale (fine ‘800) di Rionero in Vulture. Sono indicati i Rioni dei Morti (a) ed il Rione La Costa (b) dove le cause geologiche del danno cosismico furono più rilevanti a causa della presenza diffusa di grotte e fratturazioni nelle piroclastiti.

La presenza di queste tre diffuse aree di danneggiamento determinò, con decreto del MM.LL.PP., il loro spostamento in due nuove sedi, situate a sud ed est rispetto al centro abitato (rispettivamente Piano regolatore Cappuccini e Chiucchiari). Ciò fu stabilito dopo l’accertamento delle problematiche geologico-tecniche dei tre rioni. GNGTS – Atti del 22° Convegno Nazionale / 08.12

Fig. 8 - Rionero in Vulture. Una delle zone maggiormente danneggiate dal sisma del 1930, corrispondente in parte all’area b) di Fig. 7.

Fig. 9 - L’abitato di Rapolla da una fotografia precedente il sisma del 1930 (da Crema C., 1928). È indicato il Rione Santa Sofia che, già interessato da fenomeni franosi nel 1919, subì maggiori danni per instabilità fondazionale dei terreni e rimobilitazione parziale della frana pregressa. Il comune di Rapolla fu oggetto di due provvedimenti di trasferimento per fenomeni franosi. Il primo è datato al 1908, il secondo, del al 1922, cioè tre anni dopo la frana di Santa Sofia. Analoghi provvedimenti furono probabilmente presi per instabilità legata a cavità non consolidate. In particolare, i sopralluoghi effettuati nell’area Calcinaia-Bagno, imputarono la responsabilità del danneggiamento locale ad una presenza indiscriminata di grotte:” in questa pendice da gran tempo vennero aperte grotte senza alcun riguardo per la stabilità del terreno e distribuendole disordinatamente a varie altezze…su questa falda, per quanto acclive, esisteva un intero rione…” (ASPZ, FGC,Relazione…1930). La presenza delle escavazioni contribuì anche all’innesco di un fenomeno franoso cosismico: “…le scosse telluriche inoltre provocarono l’apertura in prossimità delle mura…di un’importante fessura la quale andò sempre più allargandosi, finché otto giorno dopo il terremoto si verificò il crollo di una grandiosa lama di tufi” (ASPZ, FGC, Relazione…1930). Il cumulo di frana determinò un danno indiretto alle abitazioni sottostanti.

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Fig. 10 - Planimetria, di inizio XX secolo, relativa ad una zona (Largo Castello) interessata da fenomeni franosi e crolli di grotte nell’abitato di Rapolla. L’area di Largo Castello fu tra quelle maggiormente danneggiate dal sisma del 1930. Le linee tratteggiate indicano il percorso planimetrico delle grotte, strettamente interconnesse con il tessuto urbano (ASPZ, Commissariato Civile, B. 1443)

Per quanto concerne il maggiore danno riscontrabile nell’area perimetrale della collina ed in quella centro-orientale, le relazioni compilate all’epoca non si soffermano sulle cause. Tuttavia è probabile che il prevalente danno “gravissimo” presente ai bordi della collina sia imputabile a fenomeni di disarticolazione dei blocchi rocciosi lavici a fratturazione colonnare o concentrica, già posti in condizioni di instabilità per fenomeni di decompressione del versante a causa dell’erosione torrentizia operata dal circostante torrente Melfia. Per quanto concerne la porzione centro-orientale della città, è da notare come nel centro urbano affiorino rocce laviche ad elevata compattezza note come haüynofiro di Melfi. Su questa roccia è sovrapposta una copertura detritica discontinua mascherata dal tessuto urbano e, quindi, non facilmente cartografabile. Tuttavia, la presenza di numerose grotte consente di avere un quadro, se pur orientativo, della copertura grazie alla ubicazione di numerosi ipogei alternativamente scavati nel detrito e nella lava. Quest’alternanza testimonia uno spessore della copertura molto variabile che in alcuni punti, dove il tetto delle lave non è raggiunto, evidenzia una potenza minima di sei metri. Alla coltre superficiale, di natura piroclastico-scoriacea, può essere imputato il maggior danno locale a causa di fenomeni di amplificazione sismica.

CONCLUSIONI

Sono state evidenziate le cause geologiche responsabili del maggiore danno nei comuni del Vulture colpiti dal terremoto del 23 luglio 1930. Ciò è stato possibile analizzando le relazioni geologiche compilate a suo tempo dagli ingegneri incaricati dal Ministero dei Lavori Pubblici. Le deduzioni derivanti dai sopralluoghi, insieme a valutazioni di carattere urbanistico, furono utilizzate per: GNGTS – Atti del 22° Convegno Nazionale / 08.12

1. identificare, con appositi decreti del MM.LL.PP, le aree soggette a trasferimento e/o divieto di ricostruzione. In particolare, fu prevista, in base alle norme tecniche allora vigenti (R.D.L. 682/30), una più rigida applicazione dell’art.3 che vietava le ricostruzioni o le riparazioni specialmente nelle zone situate in forte pendio; 2. identificare le aree idonee ad accogliere le “casette asismiche” o la ricostruzione di abitazioni “dichiarate distrutte”.In generale le nuove aree sorsero in prossimità dei nuclei abitati, dove già si registrava la presenza di infrastrutture stradali e/o ferroviarie; 3. individuare aree nelle quali effettuare interventi di riduzione della pericolosità geologica di sito, come opere di sistemazione idrogeologica, consolidamento di grotte.

La presenza di danni indirettamente collegabili al terremoto pone il problema, ai fini di una corretta valutazione dell’intensità macrosismica di sito e quindi della pericolosità, della separazione tra le differenti categorie di causa-effetto, così come previsto, ad esempio, dalla scala MCS. Sotto questo punto di vista, una pericolosità di sito valutata senza questo filtro e sulla base dei dati macrosismici di sito può considerarsi variabile temporalmente. Infatti, la pericolosità sismica “indiretta” è suscettibile, mediamente, a diminuire là dove gli interventi di riduzione della vulnerabilità territoriale operati nel corso del tempo superano, in efficacia, gli interventi antropici irrazionali.

BIBLIOGRAFIA

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