Lorenzo Lippi (Alias Perlone Zipoli) Il Malmantile Racquistato
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Lorenzo Lippi (alias Perlone Zipoli) Il Malmantile racquistato www.liberliber.it Questo e-book è stato realizzato anche grazie al sostegno di: E-text Editoria, Web design, Multimedia http://www.e-text.it/ QUESTO E-BOOK: TITOLO: Il Malmantile racquistato AUTORE: Lippi, Lorenzo (alias Perlone Zipoli) TRADUTTORE: CURATORE: NOTE: Con gli argomenti di Antonio Malatesti DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: Il Malmantile racquistato, di Perlone Zipoli [Lorenzo Lippi], Firenze, G. Barbèra, editore. 1861 CODICE ISBN: informazione non disponibile 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 14 gennaio 2000 INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Giulio Cappa, [email protected] Claudio Paganelli, [email protected] REVISIONE: Claudio Paganelli, [email protected] PUBBLICATO DA: Alberto Barberi Informazioni sul "progetto Manuzio" Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associazione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque voglia collaborare, si pone come scopo la pubblicazione e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito Internet: http://www.liberliber.it/ Aiuta anche tu il "progetto Manuzio" Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradimento, o se condividi le finalità del "progetto Manuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuo sostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente la nostra biblioteca. Qui le istruzioni: http://www.liberliber.it/sostieni/ 2 IL MALMANTILE RACQUISTATO di PERLONE ZIPOLI (Lorenzo Lippi) con gli Argomenti di Antonio Malatesti FIRENZE G. BARBÉRA, EDITORE ______ 1861. 3 AVVERTENZA. Quando Salvator Rosa lamentava il traviamento degl'ingegni poetici con quel suo celebre detto che le metafore avean consumato il sole , gli spiriti allegri dei veri begli umori toscani incominciavano a sentire non poco fastidio di certe svaporate piacevolezze e di un artifiziato modo di ridere e voler far ridere che ancor prevaleva. Gli anagrammi, i bisticci, i riboboli, i monnini, la lingua jonadattica, e la maccheronica, che per qualche tempo avean formato la delizia di molte menti volgari, se eran cose non ancora cadute in discredito, riconoscevansi tuttavia non esser la vera e natural fonte del ridicolo e del burlesco. In questo tempo Lorenzo Lippi scriveva il suo Malmantile, e dove pure avesse voluto, gli sarebbe stato impossibile tenere una via affatto nuova in questo genere. Egli dunque, abbandonate le scimunitaggini patenti, prese nel dettare il suo bizzarro poema, dei modi proverbiali più vulgati e più veramente ridevoli; ma non sì però che la sua lingua restasse affatto immune di quelle maniere artifiziose e convenzionali, che se sono accettate per qualche tempo, non giungono mai ad esser parte e patrimonio della favella nazionale. Questo fece che il Malmantile, per essere inteso in ogni sua frase, non dico già fuori di Toscana, ma fuori di Firenze, e forse anche in Firenze stesso, ebbe bisogno di commento, appena uscito alla luce. Principal ragione di ciò furono quei rimasugli (il nostro autore direbbe quei spiragli ) di lingua jonadattica che il Poeta non seppe o non volle o non potè del tutto evitare. Molti non sanno (e in questo non deploriamo davvero la loro ignoranza) che cosa sia questa lingua jonadattica. Onde, ci è forza darne una qualche idea, perchè siano più facilmente intese alcune espressioni di questo caro poemetto, le qual per buona ventura sono abbastanza rare. Consisteva pertanto questa pretesa lingua jonadattica nell'adoperare le parole più strane, o anche le comuni, in un senso affatto diverso da quello che hanno, senza che corra la minima analogia o attenenza tra l'idea espressa dalla parola adoperata, e l'idea che si vuole esprimere, purchè però una o due sillabe della voce che si adopra trovinsi anche nella parola che si dovrebbe adoprare se non si parlasse in lingua jonadattica. Citeremo un solo esempio che leggesi anche nel Lippi. Per dire che un tale aveva finito tutto il suo avere, cercavasi una parola che avesse la sillaba fi , e trovato Fillíde, si diceva: Il tale ha fatto Fillide. Lunghe scritture o cicalate, come gli autori stessi le chiamavano, ci restano ancora di queste scimunitaggini, le quali, benchè prestissimo cadessero in meritata dimenticanza, lasciarono tuttavia nel comune linguaggio una qualche orma di sè in certe locuzioni proverbiali universalmente accettate, del cui significato è impossibile rendersi una ragione. Tale è per esempio, il modo anche oggi comunissimo, Uscir del seminato. Noi lo adoperiamo come equivalente di Uscir di tèma: in origine però esso valeva, come può vedersi al c. I st. 28 Uscir di senno. E perchè mai aveva questo valore? Perchè seminato e senno cominciano con due lettere uguali. Men degna di derisione era certo la lingua furbesca o zerga, nella quale almeno fra la parola adoperata e la sua corrispondente in lingua comune correva una qualche analogia. Il Malmantile, dunque, altro di jonadattico non contiene che queste poche frasi proverbiali. Ma e per queste e per molte altre maniere di lingua, che sono o furono solo toscane, e alcune anche fiorentine soltanto, questo graziosissimo poemetto non potrebbe essere inteso in ogni sua parte per tutta Italia, se non fosse accompagnato di note e dichiarazioni. È celebre forse quanto il Malmantile, o almeno egualmente noto fra i letterati, il commento che ne fece il Minucci, accresciuto e talvolta rettificato dal Biscioni; e sparso qua e là di argute osservazioncelle del Salvini. Questo commento considerato in sè stesso è uno stupendo lavoro di arte filologica, ma considerato come dichiarazione del Malmantile è sproporzionato ed esuberante; è tale, che fa rifuggire dalla lettura del poema chiunque gli studi filologici non fa sua delizia, Mossi da questo pensiero, abbiamo creduto di provvedere al comodo di molti, ristringendo quanto era possibile il sullodato commento. Abbiamo seguíto quasi sempre l'interpretazione di quei due celebri espositori e dove lo credevamo opportuno, per ragioni che sarà facile intendere ad ogni luogo, abbiamo citato i loro nomi, spezialmente se riportavamo le loro stesse parole. Nel dichiarare voci e 4 maniere, ci è parso meglio essere abbondanti che scarsi; ma dico abbondanti nel numero non nella lunghezza delle dichiarazioni, A molti Toscani parrà strano che siansi spiegate certe parole e frasi che sono di uso comunissimo in Toscana: ma credo che mi bisogni appena di far considerare che ai non Toscani ho principalmente pensato di render servigio «nel dichiarare, (dirò colle modeste parole del Minucci) oppure confondere ed intrigare quello che nella presente opera ho stimato poco intelligibile fuori della nostra città di Firenze.» Precede al Poema la vita che scrisse del Lippi il Baldinucci; la quale sebbene, si diffonda in cose artistiche più che l'indole di questo libro non comporti, ha nondimeno, abbondanti notizie sul Malmantile , e ritrae, meglio di ogni altra la natura e l'ingegno del nostro Poeta; come quella che fu dettata da chi lo ebbe familiare amico. ANTELMO SEVERINI 5 VITA DI LORENZO LIPPI SCRITTA DA FILIPPO BALDINUCCI. —— Nacque Lorenzo Lippi, pittore e cittadino fiorentino, l'anno 1606. Il padre suo fu Giovanni Lippi, e la madre Maria Bartolini. Attese ne' primi anni della fanciullezza alle lettere umane; ma poi, stimolato da una molto fervente inclinazione che egli aveva avuto dalla natura alle cose del disegno, deliberò, senza lasciar del tutto le lettere, di darsi a quello studio: e per ciò fare, si accomodò appresso a Matteo Rosselli, pittore non solo di buon nome, ma altrettanto pratico nel suo mestiere, e caritativo nel comunicare a' giovani la propria virtù, ed insieme con esso ogni buon costume civile e cristiano. Era in questo tempo il giovanetto Lorenzo di spirito sì vivace e focoso, che con esser egli applicato a vari divertimenti, tutti però virtuosi e propri di quell'età, cioè di scherma, saltare a cavallo e ballare, ed anche alla frequenza dell'accademie di lettere; seppe contuttociò dare tanto di tempo al principale intento suo, che fu il disegno e la pittura, che in breve lasciatisi indietro tutti gli altri suoi condiscepoli, arrivò a disegnar sì bene al naturale, che i disegni, usciti di sua mano in quella età, stanno al paragone di molti de' principali maestri di quel tempo. In somma disegnava egli tanto bene, che se e' non fosse stato in lui un amor fisso, che egli ebbe sempre intorno alla semplice imitazione del naturale, poco o nulla cercando quel più che anche senza scostarsi dal vero può l'ingegnoso artefice aggiugner di bello all'opera sua, imitando solamente il più perfetto, con vaghezza di abbigliamenti, varietà e bizzarria d'invenzione, avrebbe egli senza fallo avuta la gloria del primo artefice che avesse avuto ne' suoi tempi questa patria, 6 siccome fu stimato il migliore nel disegnare dal naturale. A cagione dunque di tal suo genio alla pura imitazione del vero, non volle mai fare studio sopra le opere di molti gran maestri, stati avanti di lui, che avessero tenuta maniera diversa, ma un solo ne elesse, in tutto e per tutto conforme al suo cuore: e questo fu Santi di Tito, celebre pittor fiorentino, disegnatore maraviglioso e bravo inventore; ma per ordinario tutto fermo ancora esso nella sola imitazione del vero. Delle opere e disegni di costui fu il Lippi così innamorato, che fino nell'ultima sua età si metteva a copiarne quanti ne poteva avere de' più belli: ed io lo so, che più volte gli prestai per tale effetto certi bellissimi putti, alcuno de' quali (così buon maestro come egli era) non ebbe difficultà di porre in opera quasi interamente, senza punto mutarli. Ammirava il Rosselli suo maestro questo suo gran disegno accompagnato anche da un piacevole colorito: e frequentemente gli diceva alla presenza di altri: Lorenzo, tu disegni meglio di me.