Giacinto Diano E La Decorazione Murale a Napoli Nella Seconda Metà Del Settecento
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ALESSANDRO D’ALFONSO GIACINTO DIANO E LA DECORAZIONE MURALE A NAPOLI NELLA SECONDA METÀ DEL SETTECENTO (FIGURE 166-198) a decorazione di alcuni palazzi nobiliari napoletani della seconda metà del Set- L tecento rappresenta una delle tappe più interessanti della carriera di Giacinto Diano (Pozzuoli 1731 - Napoli 1803). Approfondire questo aspetto della sua attività è un’occasione utile per rimarcare la pluralità delle maestranze artistiche impegnate nella progettazione di una dimora gentilizia. Per inquadrare correttamente l’opera del Diano è opportuno prendere in esame gli affreschi da lui realizzati non separa- tamente, ma come un tassello di una visione più ampia, dove gli stucchi, le quadrature e le parti ornamentali sono partecipi di un progetto complessivo. In questi termini l’analisi degli affreschi del Diano può ritenersi paradigmatica di ogni indagine che si proponga di ripercorrere tutte le fasi dell’allestimento decorativo di un palazzo partenopeo settecentesco. L’indagine critica può partire dalle parole di Aldo De Rinaldis, che definì Gia- cinto Diano “un fantasioso e leggiadro decoratore di aristocratici ambienti casalin- ghi”1. Connotato da ampie scenografie, il linguaggio del Diano è sensibile all’influenza di più voci e rinnova i modelli pittorici di Francesco De Mura, suo maestro e costante punto di riferimento della sua carriera. Giacinto Diano esordisce nel 1755, quando lavora all’interno della Biblioteca del Seminario del Palazzo Vescovile di Pozzuoli, affrescando una Figura allegorica al centro del soffitto, decorato con finte prospettive architettoniche (Figg. 166)2. L’immagine, ancora legata al gusto tardobarocco, è inserita in un’ampia e articolata decorazione quadraturistica, opera di un artista ancora anonimo della metà del Set- tecento3. La decorazione suddivide la volta in tre sezioni e simula un’alternanza di balaustre, cornici aggettanti e vari altri elementi architettonici, che suggeriscono spazi ulteriori e introducono alla macchina scenica del riquadro centrale, che proietta in alto la raffigurazione simbolica. Cartigli, conchiglie e motivi vegetali incorniciano lo stemma sopra il quale poggia il galero vescovile (Fig. 167). Vediamo come già a partire da questa fase giovanile il Diano faccia ricorso alle quadrature, tipologia de- corativa spesso impiegata dall’artista anche in futuro. GIACINTO DIANO E LA DECORAZIONE MURALE A NAPOLI 167 Di tutt’altro spessore è la prova di Giacinto Diano nel Palazzo Serra di Cassano di Napoli, che offre uno dei migliori esempi della varietà e ricchezza decorativa delle dimore patrizie napoletane del tempo. L’artista inscena una visione arcadica della storia antica, come appare nelle opere realizzate nella Sala dei Capitoli, già nota in passato come Sala dell’Udienza. Al centro del soffitto, firmato e datato 1770, troviamo l’affresco con l’episodio di Massinissa e Sofonisba che rendono onori a Scipione l’A- fricano (Fig. 168), raccordato agli angoli dai quattro monocromi con Storie della vita di Scipione (Fig. 170-173). Nella stessa stanza l’artista è autore anche dei sei dipinti a olio su tela che decorano i sovrapporta con Storie dell’Africano (Figg. 174-178). Spettano al Diano anche i quattro sovrapporta con Allegorie delle Stagioni in un altro ambiente del palazzo, risalenti ai primi anni settanta del Settecento (Fig. 179- 182). Giova ricordare che l’alta qualità di queste sue opere non è sfuggita alla critica e, nell’elogiare l’artista, Aldo De Rinaldis ha asserito che Giacinto Diano “nel palazzo Serra di Cassano in Napoli lasciò forse le più congrue testimonianze dello spirito che lietamente informò la sua pittura”4. Più recentemente, grazie al ritrovamento di un documento datato 7 giugno 1770, Teresa Leone ha potuto chiarire come l’opera del Diano sia legata ad alcuni ampliamenti di un’ala del palazzo, condotti all’indomani delle nozze del marchese Luigi Serra di Cassano con Giulia Carafa della Spina, prin- cipessa di Roccella: “A Giacinto Diano pittore (…) sono in conto così delle figure fatte nella Camera prima della Galleria come di diversi sopraporti fatti all’altre stanze del quarto Nobile del suo palazzo grande di Pizzofalcone, ove dovrà abitare il Mar- chese di Strevi don Luigi Serra, suo figlio, in occasione del suo sposalizio e per lui uso (…) - 100 ducati”5. L’influenza di De Mura, già più volte evidenziata dalla critica6, è palese nell’orchestrazione delle figure e nelle scelte cromatiche. Gli eroi del Diano sono modellati da luci chiare e hanno una gestualità aulica, come se par- tecipassero ad una rappresentazione teatrale. Spinosa confronta i sovrapporta del Diano con quelli del De Mura raffiguranti Storie di Alessandro, di Cesare e di antichi romani, risalenti al 1758 e destinati al Palazzo Reale di Torino7. Il mondo demuriano, popolato da figure che sembrano statuine di porcellana, rivive con efficacia ad opera di Giacinto Diano e gli otto modelli per arazzi con Storie di Enea, sempre del De Mura e realizzati intorno al 1768 per la reggia torinese, aggiungono un altro tassello al mosaico delle fonti dianesche8. Un’attenta osservazione dei sovrapporta dipinti nel 1735 da Corrado Giaquinto per la Villa della Regina a Torino raffiguranti Storie di Enea9 concorre a far comprendere le origini della leggerezza pittorica di Giacinto Diano, che forse poté trovare nel ciclo piemontese spunti per la morbidezza della sua gamma cromatica10. Il momento più originale di Giacinto Diano nel Palazzo Serra di Cassano può essere individuato nell’affresco al centro del soffitto con Massinissa e Sofonisba che rendono onori a Scipione l’Africano (Fig. 168), scena allestita disponendo sullo sfondo architetture scorciate di gusto veneto. La proiezione dello spazio, moltiplicato in più piani prospettici, è inoltre prossima alla calibrata lucidità dell’architetto Luigi Vanvitelli. Il modello preparatorio di questo episodio è conservato nel Rijksmuseum di Amsterdam (Fig. 169), dove era stato assegnato al De Mura11 e poi correttamente 168 ALESSANDRO D’ALFONSO ricondotto al Diano da Nicola Spinosa12. Presenze esotiche come quella degli otto- mani, la ricchezza delle suppellettili, le composizioni di armi e di bandiere e le co- lonne avvolte da un drappeggio sono elementi caratteristici del linguaggio giovanile del Diano, che nel 1776 li utilizzerà anche nella sagrestia della chiesa napoletana di Sant’Agostino alla Zecca, summa della sua arte sacra13. Di notevole livello anche i monocromi con Storie della vita di Scipione (Fig. 170-173), che con delicati passaggi chiaroscurali ravvivati da leggeri tocchi di dorature, sembrano dar vita a una romanità atemporale. Gli stucchi poco rilevati e dorati che abbelliscono la sala non sono un semplice corollario ma parte integrante degli interventi del Diano (Fig. 183). Verosimilmente terminati entro il 1770, sono stati eseguiti da un anonimo maestro stuccatore della seconda metà del Settecento. Un documento rinvenuto da Vincenzo Rizzo permette di ipotizzare la paternità di “Rocco Cantone maestro stuccatore”, che il 15 novembre 1769 fu pagato per “lavori di stucco nelle Stanze del (…) Palazzo grande di Pizzo- falcone (…) e proprio nel Quarto che dovrà abitare il Marchese Don Luigi Serra (…)14”. La nota di pagamento è interessante perché segnala la presenza di un artista attivo nel palazzo in prossimità del 1770, anno in cui Giacinto Diano aveva già ter- minato i suoi lavori, e perché indica la medesima ala dell’appartamento in cui lavora il Diano, ma non fornisce dati più precisi che permettano un collegamento sicuro con questi stucchi. È lecito immaginare che l’eventuale “maestro stuccatore” Rocco Cantone sia stato coadiuvato da un doratore, figura di non minore peso nella distri- buzione dei compiti della decorazione. La leggerezza degli ornati è frutto di una se- quenza di ritmi sinuosi e motivi floreali che sembrano propagare un moto ondula- torio. Gli stucchi acquistano una valenza architettonica soprattutto sulle pareti laterali, dove compongono grandi specchiature rettangolari. Un documento menzionato da Nicola Spinosa informa che all’interno del can- tiere di Palazzo Serra di Cassano, negli anni tra il 1770 e il 1772, l’ornatista Filippo Pascale “collaborò col Diano percependo 290 ducati”15, ma non precisa quale tipo di lavori egli avesse condotto. La natura di questa collaborazione sarà da ritrovare nell’esecuzione di quadrature e ornamenti, campo specifico di Filippo Pascale in al- cune residenze napoletane e nella reggia di Caserta16. A dimostrazione della sua abilità scenica, si ammiri la prospettiva architettonica a trompe-l’oeil eseguita a Napoli nel 1767 su committenza di Trojano Spinelli duca di Laurino. L’opera decora la volta di una sala del Palazzo Spinelli di Laurino ed è stata attribuita all’artista da Vincenzo Rizzo, che la definisce un “autentico capolavoro del genere”17. Sul soffitto è simulata una cornice ottagonale, che è impostata su mensoloni arricchiti da volute, medaglioni e vasi pieni di fiori e lascia intravedere un quadriportico che, anche grazie ad un sapiente chiaroscuro, asseconda la verticalità illusiva, in una successione di archi e cupole culminanti in una finta lanterna. Proseguendo sulla scia del binomio pittore-stuccatore, è opportuno menzionare la decorazione del Palazzo Sangro di Casacalenda di Napoli18, dove il pittore Fedele Fischetti lavora in più ambienti a fianco dei quadraturisti Gaetano e Giuseppe Ma- gri19 e con la supervisione dell’architetto Luigi Vanvitelli. Limitandosi alla volta del GIACINTO DIANO E LA DECORAZIONE MURALE A NAPOLI 169 salone principale del piano nobile