Exibart.Onpaper N.56
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Sped. in A.P. 45% art. 2. c. 20 let. B - l. 662/96 Firenze Copia euro 0,0001 20 c. 2. art. 45% A.P. in Sped. free | anno nono | numero sessantacinque | aprile - maggio duemiladieci | www.exibart.com La bulimia da fiere è una patologia che sta falsando il mercato dell’arte in Italia e sta conducendo il nostro sistema delle gallerie verso una deriva priva di prospettive. C’è già il network delle fiere internazionali, impegnativo ma necessariamente selettivo; a questo si aggiunge non una - come sarebbe normale - bensì un numero imprecisato di fiere d’arte italiane, di cui almeno quattro o cinque con velleità da evento imprescindibile. Abbiamo una fiera per ogni città, in nome del più smaccato campanilismo italico. Tutto ciò che conseguenze ha? Conseguenze economiche evidenti anche all’osservatore più distratto: i galleristi, in uno scenario come questo, sono indotti a investire considerevolmente nella partecipazione agli eventi fieristici. Una galleria di medie dimensioni oggi in Italia spende anche 100mila euro all’anno in stand, trasporti, assicurazioni, cene, voli e alberghi. Non sempre, peraltro, con riscontri economici soddisfacenti o comunque tali da giustificare l’investimento sia finanziario che in termini di energia. Non si vuole qui mettere in discussione il ruolo fondamentale delle kermesse fieristiche, si vogliono invece sottolineare i danni che una parcellizzazione di queste ultime può generare. Danni, sì, perché quei 100mila euro annui di risorse per pagarsi stand, pareti in cartongesso e faretti da cosa sono distolti? Innanzitutto dagli investimenti sugli artisti, sulla produzione delle opere, sulla loro formazione e sul pagamento stesso del loro lavoro. Poi dal personale (assistenti, direttori artistici), che vivacchia sottopagato e costretto al doppio lavoro. Poi ancora dalla promozione diretta dell’attività della galleria e, di conseguenza, dalle inserzioni sulla stampa specializzata, che dunque si vede sottratta il suo principale strumento di sostentamento. Il rischio è insomma avere gallerie che non pagano i collaboratori, investono troppo poco sugli artisti, non pubblicizzano il loro lavoro sulle riviste, ma non battono ciglio quando si tratta di girare agli organizzatori delle fiere una cospicua percentuale del fatturato. Vi sembra un mercato sano, questo qui? Vi sembra, soprattutto, una situazione sostenibile nel tempo? Non potendo qui discettare sul riassetto mondiale del comparto fieristico, proveremo a suggerire un’utopia riguardo al mercato italiano. Dove un grande aiuto nella riqualificazione del settore potrebbe venire da una santa alleanza (a quattro, a cinque...) delle principali fiere del paese. Magari con la creazione di una holding “a monte”, alla quale parteciperebbero in quote da definirsi tutti gli attuali organizzatori impegnati singolarmente (Fiera Milano, l’Associazione Artissima, R-evolution e gli altri). Questo ente - finalmente con massa critica, finalmente competitivo, finalmente in grado di spendersi sul mercato mondiale - realizzerebbe una grande fiera internazionale e la allestirebbe ogni anno in una città diversa del paese: Torino, Milano, Bologna, Verona, Roma. Un evento di richiamo mondiale, a rotazione. Milano, per fare un esempio, avrà la sua fiera d’arte ogni cinque anni, ma l’impatto dell’evento sarà tale da superare la somma di cinque eventuali MiArt. Tutto il settore ne uscirebbe rafforzato, il paese avrebbe finalmente una fiera grande e completa, i musei avrebbero un interlocutore unico e autorevole e così sarebbe anche per i curatori internazionali. Il mercato italiano, insomma, diventerebbe un po’ meno schizofrenico. Ecco perché abbiamo la sensazione che questa utopia non si realizzerà mai. (m. t.) 4retrocover Il sommario di questo numero è a pag. 28 sondaggi valerio berruti sondaggi.exibart.com Cosa hai votato alle sCorse elezioni? pdl 19,20% pd 36,46% lega 4,60% idv 14,78% sel 6,81% i perche del mese radicali 5,49% DOPO PAOLO, NIENTE altri 12,65% Non è che vogliamo mettere bocca nelle beghe degli amici del Gruppo Repubblica-Espresso, ma la sensazione che abbiamo è vignetta che si fatichi a garantire alle parti salienti del giornale (e per noi la rubrica cultural-artistica è una pagina saliente, anche se a sexybart qualcuno parrà strano) un opportuno ricambio generazionale. E la che si fatichi a farlo anche quando questo ricambio è forzato da lutti e scomparse premature. Insomma, in soldoni la domanda ATSUshi TANI E POI CI LAMENTIAMO... di ferruccio giromini è la seguente: perché dopo la morte di Paolo Vagheggi non si è Massimiliano Gioni, Francesco Bo- provveduto a una sostituzione di rilievo? nami, Lorenzo Fusi. Beh? Vi dicono qualcosa? Certo, certo, sono tre L’ESEMPIO DEI GIARDINIERI curatori, ma sforzatevi ancora di È nata l’Aicu, associazione italiani curatori. Con tanto di sito: più. Ok, bravi, sono tre curatori italiani. E poi? Bingo: sono http://curatori.blogspot.com... Lo sappiamo, lo sappiamo che OK tre curatori italiani che stanno lavorando all’estero in grandi non c’entra niente con l’arte e i nostri argomenti. Ma senz’altro e grandissime istituzioni, ai più alti livelli possibili ai quattro avete capito dove vogliamo andare a parare. E certo che lo avete angoli del mondo (Gioni a Gwangju, Bonami a New York, capito: vogliamo domandarvi e domandarci perché, se i curatori Fusi a Liverpool). Ma non eravamo il paese che non riesce di orti e giardini botanici riescono a consorziarsi, ad associarsi, a imporre all’estero i suoi professionisti? a farsi lobby, ad avere rappresentanza, a mettersi a sistema, lo stesso non deve succedere con i curatori d’arte. Per carità, RI-BIRNBAUM non diciamo di creare un sindacato, ma costruirsi un minimo di Non siamo stati tra quelli che si sono strappati i capelli rappresentanza è il minimo per... esistere! dall’entusiasmo a favore della sua Biennale dello scorso anno. Tuttavia, lo confessiamo, non ci dispiacerebbe se PER CHI SUONA IL CAMPANILE si concretizzassero le voci che danno per plausibile un bis Abbiamo evitato di tediarvi sul nostro sito. Abbiamo fatto a meno alla direzione della Biennale d’Arte di Venezia per Daniel di trascinare su Exibart.com il dibattito, di linkare petizioni, di farvi Birnbaum. Visti i chiari di Luna anche a livello governativo e esprimere nei commenti sull’ovvio. Ovvero sulla meschinaggine viste le nomine al Padiglione Italia che hanno superato ogni di avere tolto le tariffe postali agevolate per l’editoria. È un fantasia, il curatore svedese sarebbe - per lo meno - una provvedimento (a sorpresa) che ci danneggia moltissimo e garanzia di continuità per la kermesse del 2011. E senz’al- come noi danneggia molti altri giornali piccoli e piccolissimi. È tro di qualità. Allora, lo si ufficializzi subito senza portare, un provvedimento che si è reso necessario, guarda un po’, per al solito, i tempi all’estremo. appianare la rinunzia ai tagli verso i giornali di partito. Per il buon Giulio Tremonti Il Campanile dell’Udeur di Clemente Mastella - SE BOLOGNA SI... SISTEMA zero copie distribuite, de facto - deve essere sovvenzionato con Non sarà forse tutto merito di Granfranco Maraniello, ma un milione e trecentomila euro, Exibart invece... Retoricamente i risultati ci paiono ben visibili. A partire dalla ZonaMam- ci chiediamo: perché? bo nata intorno al museo bolognese, con una manciata di Atsushi Tani - Senza titolo - 2009 gallerie giovani e storiche che fanno della ricerca il centro Trovato l’erede di Hans Bellmer? Potrebbe essere della loro attività. E poi c’è la stretta collaborazione fra la un artista fotografo 44enne nipponico di Osaka, Cineteca e lo stesso Mambo. Ma non finisce qui: proprio Atsushi Tani (o Tani Atsushi, detto alla giapponese), al museo è stato presentato in questi giorni il festival di che ama soprattutto mettere sulla sua scena corpi musica Angelica, giunto alla 20esima edizione e di scena femminili disarticolati, qui umani e lì di manichino, vedodo piop a maggio. Insomma, Bologna fa sistema. Sarà la fine del disposti acrobaticamente scomposti sul pavimento, tunnel? Ce lo auguriamo con tutto il cuore e con un bell’OK! o in mezzo a paraphernalia di chissà quali riti innominabili: ritorti strumenti chirurgici, pezzi di do piop ritratto TROVATE L’INTRUSO Sgarbi alle elezioni, Sgarbi con la sua lista cassata dal Tri- mobilio, stoffe e tendaggi barocchi, grandi lenti bunale, Sgarbi con la sua lista riammessa dal Tar, Sgar- d’ingrandimento, o qualcos’altro di indefinito che bi che vuole rimandare le elezioni perché non ha avuto il emerge dall’ombra o piuttosto nell’ombra si immerge. tempo di fare sufficiente campagna elettorale, Sgarbi sui Questo morboso surrealista ha già esposto un paio cartelloni elettorali in giro per la città, Sgarbi che conside- di volte a Roma da Mondo Bizzarro ed è ormai ra ovvio beccarsi l’assessorato alla cultura della Regione quasi più celebre in Occidente che in Oriente. Il suo Lazio, Sgarbi che forse si piglierà l’assessorato alla cultura universo di riferimento, in effetti, si direbbe molto della Regione Campania, Sgarbi sui giornali a fare pubblici- più europeo, e francese in particolare, che asiatico. tà al Cepu, Sgarbi che cura il Padiglione Italia alla prossima Ma insomma, insomma, diciamo a metà strada. Nel Biennale di Venezia, la più importante rassegna artistica guardare le sue immagini, per la verità, a noi con gli mondiale. occhi a noce vengono in mente subito le bambole sensuali di Bellmer, appunto, incubi di sogno precisi come orologi svizzeri; o le eleganti dominatrici DELLA RECENSIONE E LA SUA MANCANZA C’è una questione, in Italia, che non abbiamo mai affron- dominate del magnifico perverso Gilles Berquet; tato troppo di petto. Ma è una questione importante per- c’è chi parla persino delle ambiguità in tutti i toni l’artista Urs LüThI nel 1971 MAICOL BERTI del Grande Fratello ché attiene all’atteggiamento stesso che la stampa ha nei soffici del grigio di Pierre Molinier; o, spostandosi confronti del mondo delle mostre, dei musei, delle gallerie oltreatlantico, di certe interpretazioni cadaveriche e degli artisti.