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7 Le industrie della comunicazione

Agli occhi della gente comune tutto ciò che ha a che fare coi media appare In alcuni dei corsi che trattano pervaso da fascino ed emozione, da creatività e conflitto. Vi sono dei mo- media, le «industrie» sono menti in cui questi stati d’animo prevalgono (probabilmente più di quanto considerate nell’ambito delle lezioni sulle «istituzioni»; secondo non avvenga in altri tipi di attività). Ma, prima di tutto, le attività relative ai noi è meglio parlarne in separata media sono di natura industriale e commerciale. In questo capitolo prendia- sede. Delle istituzioni abbiamo mo in considerazione tali attività utilizzando alcuni degli strumenti propri già parlato nel Capitolo 4. dell’analisi economica. Dall’avvento, nell’Ottocento, della «rivoluzione industriale» il ruolo di set- tore trainante della economia, prima nei paesi dell’Occidente e, successiva- mente, negli altri paesi che via via si sviluppavano, è stato svolto in succes- sione da industrie di diverso tipo, come quella petrolifera, automobilistica, e così via. Ai nostri giorni, le industrie della «informazione» e della «comuni- cazione» sono al centro dell’attività economica e le industrie mediatiche rap- presentano elementi di grande importanza di questo settore oggi dominante. I media studies si sono prevalentemente occupati della produzione su larga scala di beni e servizi destinati al pubblico «di massa» e relativi all’intratteni- mento e alle informazioni destinate all’uso personale. Ma è difficile separare queste attività dalla comunicazione di informazioni destinate agli operatori economici e dalle tecnologie e dai sistemi che sono utilizzati a tal fine. Per chiarezza noi prenderemo in considerazione le industrie mediatiche (nelle quali includiamo anche le industrie della «creatività») e quelle della teleco- municazione che sono divenute importanti per la distribuzione (ce ne occu- peremo nel Capitolo 13) di beni e servizi relativi al mondo dei media. All’interno di ogni industria identificheremo i vari stadi del processo: la pro- duzione, la distribuzione, le modalità attraverso le quali si consente la frui- zione, e così via. Le attività economiche possono essere classificate (anche se in modo non rigido) in attività di produzione di beni e di servizi. L’adottare questo criterio di classificazione nel campo dei media presenta qualche difficoltà, dal mo- mento che in esso le industrie producono effettivamente beni (basta entrare in un negozio della HMV o in un megastore della Virgin per rendersi conto di quanti siano i CD, i DVD, i videogiochi, le riviste, eccetera, che si posso- no trovare). Ma tali «beni» sono pezzi di plastica relativamente poco costosi che servono a permetterci di fruire dei dati che ci daranno intrattenimento o informazioni. 178 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

«Nel suo complesso l’industria della creatività dà un gigantesco contributo alla no- stra economia, oltre che alla vita sociale e culturale: rispetto a ciò che avviene negli altri paesi, produce una parte molto più elevata della nostra ricchezza: l’8% del PIL. Gli 11,4 miliardi di dollari che si ricavano dalle esportazioni dei prodotti di tale in- dustria fanno sì che, da questo punto di vista, essa preceda l’industria delle costru- zioni, le assicurazioni e le pensioni e sono circa il doppio di quanto rendono i pro- dotti dell’industria farmaceutica. (Patricia Hewitt, ministro del commercio e dell’in- dustria del governo inglese, 29 aprile 2005, citato da Screen International).

Il produrre testi mediatici e distribuirli al maggior numero possibile di per- sone assomiglia di più a un’attività di «servizio». Alla luce di questa ambiguità, i vari settori delle industrie che si occupano dei media sono strutturate in modo diverso: alcune sono delle vere e proprie fabbriche, mentre altre assomi- gliano di più alle organizzazioni di servizio.

La produzione come processo industriale

Alcune delle attività che si svolgono nel mondo dei media possono essere con- siderate come forme particolari di attività industriali di tipo tradizionale, cioè come «fabbriche». La cosa può apparire strana, ma, possiamo spingerci sino a confrontare la produzione di un quotidiano con quella, ad esempio, dei fagioli in scatola. Troveremo che hanno molti elementi in comune: • hanno dovuto investire ingenti capitali per dotarsi di una sede e di macchi- ne: immobilizzazione di risorse; • hanno un’unità di «ricerca e sviluppo» (R&D) che ha il compito di pensare al futuro e di mettere a punto nuovi progetti, nuove ricette; • il loro prodotto è richiesto tutti i giorni, e questo comporta che la produzio- ne avvenga senza soste e richieda un flusso continuo di materie prime (carta, inchiostro e «notizie grezze» in un caso; fagioli e scatole nell’altro); • utilizzano lavoratori che hanno capacità particolari; • effettuano «controlli di qualità» sulla catena di produzione; • il loro prodotto deve essere distribuito in un territorio ampio; • stimolano la domanda e questo implica che svolgano ricerche di mercato che forniscono informazioni aggiornate sull’adeguatezza del prodotto e sul livello di soddisfazione dei consumatori; • fanno pubblicità perché il loro prodotto non perda di visibilità e sia capace di conquistare nuovi consumatori. Questi elementi in comune sono importanti, in quanto fanno sì che le im- prese che agiscono nel settore dei media prendano in genere le loro decisioni secondo le modalità proprie di tutte le imprese industriali e commerciali. Ma, per altri aspetti, le imprese mediatiche sono diverse dalle imprese manifattu- riere, e di questo (cioè della «specificità» delle industrie dei media) dovremo parlare in modo dettagliato in questo capitolo. Diciamo subito che gran par- te dell’attività relativa ai media consiste nel produrre un «originale» che poi viene duplicato o «riprodotto»: la possibilità di utilizzare diverse modalità di riproduzione è una delle caratteristiche più interessanti di tali attività. Ma torniamo ora al nostro esempio del quotidiano e vediamo quali ne sono le specificità: © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 179

• la «materia prima» non è omogenea: per poter scegliere gli eventi che posso- no essere venduti come «notizie», bisogna prendere decisioni che si basano sulla competenza professionale, sulla conoscenza della cultura prevalente, nonché su criteri estetici e politici; • le notizie non hanno sempre lo stesso prezzo (in qualche caso sono gratuite), mentre altre, ad esempio, quelle che riguardano le persone celebri, possono costare molto in quanto devono essere comprate oppure acquisite con attivi- tà che implicano notevoli spese oppure, nel caso di notizie di politica estera, sono frutto delle ricerche di giornalisti che incorrono in costi ingenti e de- vono essere tutelati; • il prodotto non è sempre un bene di prima necessità e la domanda può di- minuire se i gusti dei consumatori cambiano (le vendite dei quotidiani na- zionali in Gran Bretagna sta diminuendo); • i meccanismi di produzione e distribuzione non sono sempre gli stessi: è possibile, ad esempio, trasmettere il prodotto con strumenti elettronici e svolgere l’attività di riproduzione in sedi decentrate; • i costi relativi al personale saranno più elevati di quanto non avvenga in altri settori, perché il processo di produzione richiede competenze più ampie e diversificate di quelle richieste altrove; • il prodotto deve essere venduto nel giorno stesso in cui nasce (anzi, entro la stessa mezza giornata: un quotidiano del mattino diventa obsoleto quando escono i pomeridiani); • i ricavi derivanti dalla vendita del prodotto sono solo una parte dei ricavi complessivi che provengono anche (e in misura notevole) dalla vendita di spazi pubblicitari – e questo comporta che gli acquirenti di tali spazi siano molto importanti per il successo del prodotto. Tutto questo fa pensare che gestire e dirigere la produzione di mezzi di comu- nicazione di questo tipo sia cosa molto difficile (e tale da comportare rischi ele- vati). Per chi produce un giornale, le cose più importanti sono: Si veda il Capitolo 13 per • raccogliere e trattare le informazioni per trasformarle in notizie; un’ulteriore discussione sui • la distribuzione del prodotto finito. problemi relativi alla distribuzione dei quotidiani. La produzione in sé (cioè l’impaginazione e la stampa) è meno importante di quanto si possa pensare nel determinare il successo di un giornale. Non vi è dubbio che la qualità della carta e il «look» del giornale abbiano una loro im- portanza nel determinarne la reputazione nel tempo, ma non è detto che serva- no a far aumentare la tiratura quanto uno «scoop». Il successo dei prodotti me- Si osservi il «rilancio» di giornali diatici del genere giornalistico dipende da una mescolanza di fattori diversi, dal quali Guardian e Observer momento che il loro aspetto esterno e le notizie che contengono sono, quasi nel 2005-6. Hanno attratto nuovi lettori? sempre, le stesse, perché la tiratura delle varie testate e i ricavi dalla pubblicità sono tanto diversi da testata a testata? In parte la differenza che esiste tra i prodotti mediati e i prodotti di altre in- dustrie dipende dal tipo di target raggiunto: quello che conta non è tanto che il prodotto venga venduto a molti, ma a chi viene venduto e a come gli acqui- renti sono visti da che li vuole utilizzare per fare pubblicità. La tiratura di è circa il doppio di quella del Guardian, ma quest’ultimo può offrire a chi vuole farsi pubblicità gruppi di lettori ben definiti che hanno interessi par- ticolari e quindi, nonostante la circolazione minore, è più ricercato da chi vuol fare pubblicità per le maggiori possibilità che offre. Il caso di studio posto in fondo al Capitolo 8 tratta di alcuni modi in cui si può identificare da chi è composto il pubblico. 180 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

Si deve tenere presente che D’altro canto, se problemi di distribuzione impediscono al giornale di rag- il Guardian, rispetto ad altri giungere in tempo i propri clienti, tutto l’impegno profuso nella produzione quotidiani dello stesso livello, sarà stato inutile. I problemi relativi alla distribuzione sono importanti in tutti ha un prezzo più elevato e offre ingombri pubblicitari anche i settori, ma lo sono in modo particolare per molti tipi di prodotti mediatici. nei suoi supplementi specializzati (dedicati ai media, all’istruzione, ecc.) che attraggono chi vuole I media durevoli: un processo di diverso tipo? fare conoscere prodotti di settore. Nel caso dei film o della musica il processo di produzione ha caratteristiche di- verse, o, almeno, queste assumono importanza diversa, rispetto a quanto avviene per i quotidiani, per i programmi televisivi quotidiani o settimanali. L’acquisto di un CD o di un biglietto per il cinema richiede una decisione più meditata (cui corrispondono un prezzo più elevato e un impegno maggiore in termini di tempo e fatica). Il prodotto non può mai dirsi completamente «consumato», dal momento che sarà possibile tornare a rivedere lo stesso film e il CD viene ascol- tato più volte. Dato che il prodotto ha una durata che eccede lo spazio di una giornata, tipico dei quotidiani, esiste la possibilità di «costruire» un pubblico per un film o un concerto dedicandovi attività che si protraggono per più settimane ed è anche possibile sviluppare prodotti che possono considerarsi «accessori», in quanto si ricollegano al prodotto principale (il film o il concerto). Via col vento è stato, ed è tuttora, il È persino possibile che, col passare del tempo, il prezzo del prodotto, dive- film più redditizio (per ammontare nuto oggetto da collezionare, aumenti. Dal momento che nuove copie di un degli incassi depurato dagli effetti film o di un CD possono essere prodotte da uno stesso «originale», esiste sem- dell’inflazione) di tutti i tempi ed è stato rilanciato diverse volte. pre la possibilità di un «rilancio» che avrà costi molto ridotti e potrà conquista- Nel 1998 è stato rimesso in re una nuova generazione di acquirenti. Walt Disney è stato il primo a rendersi circolazione dalla New Line, una conto di questo e, sfruttando tale proprietà, è stato in grado di salvare la pro- «branca» autonoma della Warner pria impresa nei momenti di crisi e di farla crescere (all’inizio era un piccolo Bros. La Time Warner ha acquistato i diritti sul film quando produttore indipendente). Ha preso consapevolezza del fatto che i cartoni ani- si è fusa con la società di Ted mati, contrariamente ai normali film, non invecchiano praticamente mai e del Turner che, a sua volta, era venuta fatto che gran parte del loro pubblico è costituito da bambini e, sulla base di in possesso di Via col vento quando queste considerazioni, ha «rilanciato» ogni sette anni i suoi cartoni animati aveva acquistato l’archivio di pellicole della MGM e considerava classici, come Biancaneve e i sette nani (USA, 1937) e Pinocchio (USA, 1939), il film il bene più prezioso in suo conquistando ogni volta un pubblico nuovo. Questa strategia ha dovuto essere possesso. La nuova edizione modificata quando hanno cominciato a diffondersi le videocassette, ma conti- comprendeva 12 minuti di nua a essere importante ed è stata applicata anche ad altri classici del cinema, proiezione in più ed era stata riprodotta da un nuovo quali Via col vento (USA, 1939) e Guerre stellari (USA, 1977). Un prodotto «originale» ottenuto con mediatico riciclabile è anche un marchio (brand ) riciclabile e la Disney dei no- tecnologia digitale; ne sono state stri tempi ha beneficiato anche dal merchandising di prodotti collegati ai suoi messe in circolazione 200 copie. film. La Disney, come peraltro la Warner Bros, ha capito il valore dei marchi in (Screen International, 12 giugno suo possesso e ha aperto propri negozi al minuto per aumentare i profitti. 1998). Anche le imprese attive nel settore della musica si sono rese conto del fatto le «registrazioni classiche» potevano essere trasformate in «nuovi originali» pro- Il termine merchandising dotti con tecniche digitali e rimesse in circolazione per i collezionisti e il pub- significa mettere in vendita ogni sorta di oggetti decorati con blico della nuove generazioni con un nuovo packaging. immagini tratte da un determinato prodotto mediatico. È una I giornali hanno, in quanto prodotto di consumo, una vita molto breve, ma da sempre consuetudine esistente da molto tempo, ma la diffusione su larga conservano un valore elevato come materiale di archivio. Un tempo era necessario scala che si registra ai nostri giorni disporre di molto spazio per conservarli, ma ora possono essere sfruttati mettendo si può fare risalire al lancio di in commercio dei CD-ROM e permettendo di accedervi attraverso Internet. Guerre stellari avvenuto nel 1977. © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 181

I vari tipi di attività

Sinora abbiamo parlato in generale delle «industrie mediatiche» e in termini più specifici di determinate attività di produzione. Ma, almeno sino agli anni Novanta del secolo scorso, la produzione dei diversi mezzi di comunicazione richiedeva processi industriali diversi. Si distingueva infatti tra: • film; Bisognerebbe includere tra • televisione; le attività mediatiche anche • radio; l’editoria. Il prossimo film di Harry • Potter costituirà un evento molto quotidiani; importante nell’industria dei • periodici; media, ma altrettanto si può dire • registrazioni musicali; della comparsa del prossimo libro • videogiochi. della saga. Ai nostri giorni si parla in genere di convergenza dei vari processi produttivi, in quanto attività dello stesso tipo si ritrovano in più di una industria mediati- ca. Ciò si deve in gran parte all’adozione delle tecnologie digitali. In tutti i sette settori che abbiamo elencato poco sopra ci sono lavoratori che, seduti da- vanti a computer che si assomigliano molto tra di loro, sono intenti a mano- vrare un mouse e a maneggiare files, che possono contenere suoni, immagini o testi. All’altro estremo del processo produttivo, i modelli di proprietà e con- trollo prevalenti nel mondo dei media fanno sì che la maggior parte delle gran- di imprese che vi compaiono siano interessate ad almeno quattro delle catego- rie tradizionali previste nel nostro elenco, oltre che alla «nuova» industria dei mezzi di comunicazione elettronici (servizi per Internet, videogiochi, eccetera). Ma vale, comunque, la pena di prendere in considerazione le differenze che esistono tuttora tra i due raggruppamenti principali in cui possiamo classificare le attività nel settore dei media. Vi sono anche altre differenze, ma queste cin- que coppie di caratteristiche contrapposte pongono problemi di grande inte- resse. Entro certi limiti, le tecnologie nuove (o relativamente tali) introdotte negli anni Novanta (come i DVD e i CD-ROM) hanno ridotto le differenze (ad esempio, le registrazioni di programmi televisivi sono vendute in DVD come se fossero film) e si comincia anche a risentire del fatto che il pubblico è sempre più disposto a fruire dei prodotti mediatici in diversi modi (ad esem- pio, cercando le notizie su Internet).

FIGURA 7.1 Confronto tra la produzione di quotidiani/trasmissioni radiotelevisive e quella di registrazioni musicali/film. Quotidiani e trasmissioni in diretta Registrazioni musicali e film (radio e televisione) Produzione e distribuzione a ciclo continuo. Produzione intermittente, distribuzione Flussi di reddito costanti. regolare, ma non quotidiana, possibilità di interruzione dei flussi di reddito. Costi fissi elevati (per impianti di stampa Ogni produzione ha un proprio budget; o studi radiotelevisivi) i costi fissi possono essere evitati. Ricavi provenienti in misura elevata Ricavi che provengono da «noleggio», dalla vendita di spazi pubblicitari. merchandising e placement di prodotti. Distribuzione diretta a tutti gli abitanti Distribuzione estensibile, in teoria, a tutto di una stessa area geografica. il mondo. L’output è considerato intrattenimento L’output è considerato intrattenimento e informazione. e «arte». 182 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

Le imprese del settore cinematografico sfruttano ora i loro archivi di film gi- rati in passato mettendo in vendita copie su DVD con un nuovo packaging o concedendo a canali specializzati di televisione satellitare e via cavo i diritti di trasmissione. E, dal momento che attualmente i film producono dalla cessione dei diritti alla televisione o dalla vendita di videocassette o DVD un reddito pari (se non superiore) a quello che deriva dalla loro proiezione nelle sale cine- matografiche, ora anche le più importanti società che producono film possono contare su un flusso continuo di incassi, il che permette loro di sopravvivere anche nel caso in cui diversi film in successione diano risultati finanziariamen- te disastrosi. Senza questi aiuti provenienti dai film di successo prodotti nel passato anche colossi come la 20th Century o l’United Artists sarebbero falliti. Ma, contemporaneamente, anche le più importanti aziende televisive hanno smesso di produrre in proprio i programmi e ora hanno cominciato a com- prarli sempre più spesso da imprese «indipendenti» di dimensioni minori. è stato il primo canale televisivo inglese fondato sin dall’inizio come «editore ed emittente» (il che comportava che non produceva i propri pro- grammi, e non era appesantito dai costi necessari per tenere in piedi degli studi Le emittenti televisive britanniche televisivi). Le imprese televisive hanno altresì cercato di uscire dal mercato na- (compresa la BBC), in ossequio di zionale vendendo all’estero i loro programmi più riusciti e ricercati. Ma solo la quanto previsto dal Broadcasting Act del 1990, devono appaltare a BBC, tra le emittenti inglesi, ha dimensioni sufficienti a essere presente nell’e- produttori «indipendenti» almeno tere anche in altri paesi attraverso il canale televisivo BBC World, canali desti- il 25% dei programmi trasmessi. nati a paesi stranieri, come BBC America e la radio World Service.

BBC World può essere vista BBC America (si veda il sito www.bbcamerica.com) è «un canale destinato alla tele- in 256 milioni di case situate visione satellitare o via cavo che porta al pubblico una nuova generazione di pro- in paesi non appartenenti grammi televisivi premiati dalla critica tra i quali troverete satire pungenti, drammi all’Europa o all’America del Nord (si veda www.bbcworld.com). commoventi, proposte che cambieranno la vostra vita e notiziari che prendono in considerazione, più di quanto non facciano gli altri, eventi di tutto il mondo.» Trasmette anche programmi di altre televisioni inglesi e si finanzia attraverso la ven- dita di spazi pubblicitari dato che è proibito utilizzare i proventi del canone televisi- vo per trasmettere fuori dal paese.

Si veda al Capitolo 13 per una I quotidiani hanno cercato con maggiore o minor successo di sfruttare il trattazione dei problemi relativi loro marchio e di estendere il loro mercato ricorrendo alle nuove tecnologie: alla distribuzione del Guardian Unlimited. hanno, infatti, messo a disposizione del pubblico i loro archivi su CD-ROM e si sono corredati di testate elettroniche accessibili attraverso Internet. In tali at- tività il Guardian ha avuto un particolare successo, al punto che il suo sito «Guardian Unlimited» ha più lettori di quanti non ne abbia il quotidiano car- taceo (che viene distribuito anche in altri paesi europei e ha un supplemento settimanale, il Guardian Weekly, diffuso in tutto il mondo). Tali attività, non solo contribuiscono al prestigio del giornale presso i lettori, ma sono anche molto appetibili per gli acquirenti di spazi pubblicitari.

ATTIVITÀ 7.1 Sulla base di quanto abbiamo detto, come si possono classificare i periodici? Il fatto che an- ch’essi si basino sulla vendita di spazi pubblicitari fa sì che possano essere considerati ana- loghi ai quotidiani e alle televisioni? Oppure i costi relativamente elevati e il fatto che i loro prodotti sono raccolti e conservati nel tempo permette di trattarli come i film e la musica? © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 183

I sei stadi della produzione dei media

Qualunque sia la natura del loro prodotto e il settore industriale cui appar- tengono, il processo di produzione dei media presenta delle caratteristiche comuni ed è necessario riflettere sui vari stadi che tale processo segue e che sono elencati in ordine cronologico nel box grigio che presenteremo tra po- che righe. La terminologia utilizzata può essere diversa a seconda del settore preso in considerazione, ma la produzione cinematografica è quella che è sta- ta studiata più a fondo e pertanto, almeno in questa sede, ci avvarremo di quanto si sa in materia per illustrare i problemi relativi al processo di produ- zione; torneremo comunque a occuparci della produzione nel successivo Capitolo 11.

I sei stadi della produzione dei media

• Combinare un affare • Preproduzione e preparazione • Produzione • Postproduzione • Distribuzione e marketing • Proiezione/commercializzazione

Come si combinano gli affari nella Hollywood di oggi

L’industria cinematografica di tutto il mondo è dominata da un gruppo di di- mensioni estremamente ridotte di grandi imprese che continuano a essere chiamate «studi cinematografici», anche se non sono più proprietarie di veri e propri teatri di posa e si occupano in realtà solo del finanziamento e della dis- tribuzione di pellicole prodotte da imprese indipendenti di dimensioni minori. Il film nasce come un’«idea» che viene «venduta» (1) a uno dei grandi «studi». È concepito come un’iniziativa individuale e il compito del produttore è quello di mettere assieme un «pacchetto» che comprende un soggetto, degli attori, un regista e una squadra di professionisti. I fondi necessari possono essere reperiti in diversi modi, ma, quando sono necessari finanziamenti ingenti, in genere viene coinvolto uno dei grandi «studi».

Le sei major di Hollywood Gli studi o major di Hollywood esistono da più di 70 anni. • Le industrie che dispongono Warner Bros di marchi altrettanto noti sono • Sony Pictures poche ed è lo sfruttamento • Universal di tali marchi per la distribuzione • Disney nel mondo di film (e di video) ciò che conferisce loro un vantaggio • Paramount • rispetto al folto gruppo dei 20th Century Fox concorrenti di minori dimensioni.

(1) N.d.T. Il termine inglese è «pitch» e possiede molti significati, ma in questo caso va let- to come «offerto con insistenza, propagandato». 184 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

ATTIVITÀ 7.2 Le major Fate una breve ricerca su Internet cercando di ricostruire la storie delle attuali major. Cercate di trovare: • Quando è comparso per la prima volta il loro famosissimo logo e se da allora è stato più o meno cambiato; • Quali altri prodotti sono commercializzati con il loro marchio? • Avete visto qualche film in cui il logo sia stato modificato per adattarlo al tema o allo stile del film?

Nel luglio del 2005 è corsa voce Questi sei studi cinematografici, noti nell’ambiente del cinema come ma- che l’NBC/Universal si stesse jors, fanno tutti parte di conglomerati (2) attivi nel settore dei media e sono preparando a lanciare un’offerta per l’acquisto dello studio membri della MPAA (Motion Pictures Association of America, Associazione di produzione DreamWorks americana cinema). Questi studi sono tuttora molto potenti non perché giri- (Guardian, 29 luglio 2005). no film, ma, piuttosto, perché ne controllano la distribuzione e hanno nei loro magazzini una enorme quantità di film prodotti in passato (in prevalen- za tra il 1930 e il 1960, quando a Hollywood esisteva il cosiddetto «sistema degli studi»). L’MGM/UA è ancora considerata un studio a sé, ma è stata ac- quistata dalla Sony nel 2004. La DreamWorks, lo studio cinematografico fon- dato nel 1994 da Steven Spielberg, Jeffrey Katzenberg e David Geffen, è mol- to attivo nella produzione di film, ma ha una propria rete di distribuzione che copre solo l’America del Nord e non è quindi considerata tra le major dalla MPAA. La New Line, che ha prodotto film di grandissimo successo, come la trilogia de Il signore degli anelli è, come molti altri studi cinematografici con- siderati «indipendenti» dalla MPAA, di proprietà di una delle major (la Time Warner).

La MPAA e il suo «braccio» internazionale, la MPA (Motion Pictures Association, Associazione cinematografica) funzionano da «organo di rappresentanza di setto- re» per Hollywood e difendono gli interessi degli studi più importanti specie per quanto riguarda i possibili atti di pirateria; la MPAA gestisce anche il meccanismo che classifica i film e i DVD negli Stati Uniti. Il Presidente della MPAA è il «portavo- ce» ufficiale delle major. Negli Stati Uniti si girano ogni anno più di 600 film, dei quali non più di 200 o 300 sono prodotti da associati della MPAA; ciò nonostante, quasi tutti i dati statistici pubblicati a proposito della cinematografia statunitense riguarda solo questa minoranza di pellicole.

L’idea da cui parte un film può avere molte origini, ma perché possa destare l’interesse degli studi cinematografici, tenuto conto dell’atmosfera relativamen- te poco avventurosa che prevale a Hollywood, è molto probabile che debba es- sere in grado di ricollegarsi al successo ottenuto nel passato da uno degli ele- menti della proposta; ad esempio, può trattarsi:

(2) N.d.T. Un «conglomerato» è un gruppo di imprese dotate di personalità giuridica di- stinta e impegnate in attività diverse, ma controllate da uno stesso gruppo finanziario; in questo caso le attività hanno tutte a che fare con la produzione e il marketing di mezzi di comunicazione; ma esistono anche conglomerati che spaziano in settori industriali molto più diversificati. © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 185

• del seguito (sequel ) di un film che ha avuto un grande successo in termini di incassi (ne sono esempi i veri e propri seguiti, come Spiderman 2, USA, 2004), oppure nuovi episodi di una serie protetta da diritti d’autore (fran- chise), come quelle di Harry Potter o James Bond; • un remake di un film di successo prodotto in un altro paese: Ringu (Giap- pone, 1998) è stato rifatto negli Stati Uniti come The Ring (USA, 2002); • dell’adattamento di un grande successo editoriale (bestseller): ne sono un esempio i film basati sui romanzi di John Grisham; • della sceneggiatura originale di un autore che ha vinto un premio importante: come, ad esempio, Sofia Coppola che ha vinto l’Oscar per la migliore sce- neggiatura originale per Lost in Translation, L’amore tradotto (USA, 2003); • di una storia originale che proviene da una coppia formata da un regista e una stella di successo, quale quella costituita da Steven Soderbergh e George Clooney; • di una variazione innovativa a un ciclo di film di genere di grande popolari- tà: si pensi a film come Troy (USA/Malta/GB, 2004) che si colloca sulla scia de Il gladiatore (USA/GB, 2000); • di una qualsiasi combinazione degli elementi che abbiamo elencato in pre- cedenza. Non sempre è facile capire perché uno di questi affari «sembrava al momento essere una buona idea» (e ha invece portato a un insuccesso). Dal momento in cui si combina l’affare al momento in cui il film è finito possono passare anche due o tre anni e durante tale intervallo è possibile che la «stella di prima gran- dezza» coinvolta nel progetto sia scomparsa dalle luci della ribalta oppure che i gusti del pubblico siano cambiati. Chi produce film deve decidere, sulla base della sua esperienza, cosa piacerà al pubblico tra un anno o più e investire sulla sua decisione grandi somme di denaro. Si tratta in sostanza di una scommessa effettuata da finanzieri che agiscono in genere con grande prudenza, ma che, quando si tratta di film, sono dispo- sti a correre grandissimi rischi, anche se la probabilità di ottenere incassi ele- vati al botteghino delle sale cinematografiche sono scarse: la maggior parte dei film comporta una perdita al momento della proiezione. Complessivamente i costi dei nuovi film di Hollywood sono spesso di ammontare di poco inferio- Un altro termine per parlare ri ai ricavi di tali film al botteghino delle sale cinematografiche. Ma questo di questi film è tentpole (letteralmente «pali di sostegno non toglie che, per tutta un serie di buoni motivi, Hollywood continui ad del tendone») movie, avere profitti. probabilmente perché si spera Ognuno dei grandi studi cinematografici di Hollywood finanzia ogni anno che tra di essi ce ne sia uno sette o otto film «importanti», cioè film che costano 70 milioni di dollari o che incassi abbastanza per tenere più, con l’obiettivo che almeno uno si riveli un «successone» (smash hit) du- in piedi tutta la baracca, proprio come il palo di sostegno centrale rante le due «alte stagioni» che negli Stati Uniti vanno rispettivamente da è quello che tiene in piedi maggio ad agosto e dal Giorno dei ringraziamento (seconda metà di il tendone del circo. È uno dei Novembre) a Natale; alcuni studiosi li chiamano «film a budget super alto», termini gergali impiegati dalla ultra-high-budget (si veda Maltby, 1998). Ma, con ogni probabilità, ognuna famosa rivista Variety, dedicata al mondo dell’intrattenimento delle major metterà sul mercato anche all’incirca una dozzina di film di costo e dello spettacolo. medio (tra i 20 e i 30 milioni di dollari). Al costo vero e proprio della pro- duzione di ciascun film bisogna poi aggiungere un 50% circa di spese per Quando le major possedevano stampe e pubblicità (P&A, Prints and Advertising), il che significa che, in anche catene di sale cinematografiche negli anni Trenta media, il costo di ogni film a budget elevato si aggira sui 100 milioni di dol- e Quaranta del Novecento, gran lari. Complessivamente quindi i costi arrivano al miliardo di dollari e questo parte dei loro profitti derivava significa che almeno uno dei film prodotti deve essere un «campione di incas- da queste. 186 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

si», cioè «portare a casa» almeno 200 milioni di dollari, perché lo studio pos- sa coprire i costi. Se lo studio ha un colpo di fortuna e riesce a produrre un «recordman di incassi» (ad esempio, Titanic, che nel 1998 ha incassato un mi- liardo e 800 milioni di dollari) i profitti possono essere notevoli (i costi di produzione e di distribuzione di Titanic sono stati così elevati che si sono do- vute coalizzare due delle major). Ma molti film si rivelano un fallimento tota- le al botteghino: nel 2004 Catwoman con Halle Berry, prodotto dalla Warner Bros ha reso per vendita dei biglietti nel Nord America solo circa 40 milioni di dollari a fronte di costi per la produzione e il marketing di oltre 130 mi- lioni di dollari.

FIGURA 7.2 Illustrazione tratta da «The Business: Understanding Filmmaking» nel sito Web www.skillset.org./film/business a cura della Skillset e del UK Film Council’s Lottery Fund. Disegni di David Allcock. © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 187

Il noleggio dei film

Nell’industria cinematografica è molto diffusa l’abitudine di rendere note le cifre relative agli incassi che compaiono nella classifica dei primi dieci della settimana e che sono pubblicate sui quotidiani e diffuse su Internet (si veda www.boxoffice- guru.com). Ma tali cifre non rispecchiano fedelmente la redditività. Il «noleggio» (cioè il compenso che chi vuole proiettare il film paga al distributore) è molto ele- vato nelle prime settimane e diviene poi sempre più basso. Circa il 50% degli in- cassi resta alla sala e quindi un introito di 100 milioni di dollari al botteghino signi- fica che solo 50 milioni di dollari entrano nelle casse del distributore (in genere lo studio che ha prodotto il film). Questo spiega il motivo per cui solo con gli incas- si effettuati all’estero e quelli secondari (ancillary) il film può raggiungere il pareg- gio o produrre utili.

L’esempio più clamoroso di incassi fallimentari è stato l’epico western United Artists: la triste storia Heaven’s Gate uscito nel 1980. Le perdite sono state tali da provocare il crollo del declino di questo studio dello studio che lo aveva prodotto, l’United Artists, che ora è solo un vago ri- cinematografico è raccontata da un dei migliori libri dedicati cordo. Ma questo è successo quando le major erano ancora molto vulnerabili; alle major, Final Cut di Steven Bach oggi esse godono di maggiore stabilità e ciò si deve a due fattori che hanno in- (1985). cominciato a prendere piede negli anni Novanta: • l’accresciuta importanza del mercato internazionale delle proiezioni cinema- I grandi studi di produzione cercano di vendere i loro film tografiche dal quale oggi provengono ricavi sistematicamente maggiori di dovunque.A volte avere un attore quelli che provengono dall’America del Nord (il mercato nazionale); straniero aiuta a lanciare il film • lo sviluppo dei mercati secondari che si riferiscono agli incassi provenienti dove recita nel suo paese. dalla vendita o noleggio delle videocassette, dalla televisione a pagamento, dai La Warner Bros ha utilizzato Ken Watanabe come fulcro di una videogiochi e dal merchandising che oggi sono più importanti come criterio campagna di marketing effettuata per valutare il successo di un film di quanto non sia il metro tradizionalmente in Giappone dove i precedenti utilizzato e cioè gli incassi al botteghino nelle sale dell’America del Nord. film di Batman avevano reso meno Questo vale anche per i film prodotti in Gran Bretagna: al primo posto vengo- del previsto. no gli incassi provenienti dalla televisione satellitare o via cavo, poi quelli che provengono dalla vendita di videocassette o DVD. Negli ultimi tempi gli in- cassi delle sale cinematografiche sono tornati a crescere e ora hanno raggiunto un livello comparabile a quello che scaturisce dalla vendita o dal noleggio delle videocassette/DVD. Si vedano i dati riportati dal BFI Handbook, che viene pubblicato ogni anno, o i dati pubblicati dal Film Council inglese.

Fidarsi di Alexander

Agli inizi del 2005 la versione della storia di Alessandro Magno diretta da Oliver Stone è stata diffusa nell’America del Nord tra il dileggio dei critici. Il risultato di- sastroso di questo film molto costoso (155 milioni di dollari per costi di produzione a fronte di incassi nei botteghini americani di soli 35 milioni) ha inferto un colpo gravissimo al produttore indipendente anglo-tedesco, relativamente piccolo, che aveva rischiato molto per realizzare il film. Ma, invece di accettare la sconfitta, Intermedia lo ha lanciato sul mercato internazionale, sapendo che i film storici del genere epico (come Troy) rendono in genere di più nelle altre parti del mondo. Gli incassi complessivi sono stati di 168 milioni di dollari che hanno fatto del film, se non un grande successo, certo non l’insuccesso completo che ci sarebbe stato sen- za i mercati internazionali. 188 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

FIGURA 7.3 Cartelloni pubblicitari di film di Hollywood proiettati nell’estate del 2003 in una località di villeggiatura della Croazia.

Tutto questo fa sì che ora sia più facile che anche i film di budget elevatissi- mo possano finire in attivo. Richard Maltby valuta che, attualmente, circa la metà dei «grandi» film produca guadagni, mentre, prima che venissero intro- dotte le videocassette, ciò avveniva solo nel 10% dei casi. Dal punto di vista economico, questo comporta che attualmente gli studi cinematografici posso- no contare su incassi provenienti dai film di successo che si diluiscono in un periodo di tempo molto lungo e che garantiscono un certo «flusso» di ricavi anche negli anni in cui i film prodotti hanno reso molto poco. È questo che permette loro di sopravvivere e di spingere fuori dal mercato i concorrenti in- vestendo cifre sempre maggiori nella produzione. Ma questo riguarda solo i film che sono chiamati di «high concept» («di se- rie A»). Secondo Justin Wyatt (1994, pag. 8) si tratta di film il cui «stile di pro- duzione risente in modo particolare degli effetti dei fattori economici e istitu- zionali». Si parla di «high concept» quando: • il tentativo di vendere l’idea (pitching) al grande studio può dimostrare at- traverso ricerche di mercato che il film piacerà o, addirittura, può esibire dei dati di «prevendita»; • l’idea su cui il film si basa può essere riassunta in modo efficace in poche pa- role (al massimo 25, secondo Steven Spielberg); • viene condotta una campagna pubblicitaria «a tappeto» (si veda Branston, 2000, pag. 48). I sei punti che abbiamo elencato all’inizio di questo paragrafo si riferiscono a quelle che rappresentano le basi del processo di produzione (ad esempio, il fat- to che è necessario poter fare riferimento a un precedente successo) e, aggiun- gendo a quello che si può dedurre da essi, la scelta di star di primo piano e una buona dose di effetti spettacolari, voi dovreste a questo punto essere in grado di cercare di «vendere» le vostre idee. © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 189

ATTIVITÀ 7.3

La vendita dell’idea Questa attività è stata oggetto Avete un’idea per un film che abbia buone probabilità di suscitare l’interesse di uno di una brillante rappresentazione studio cinematografico di Hollywood? satirica nel film di Robert Altman I protagonisti (The Player, USA, • Rileggete tutto quello che abbiamo scritto nel corso delle ultime pagine e cercate 1992). di mettere a punto l’idea seguendo i suggerimenti dati; • Riflettete a lungo sugli attori che secondo voi sarebbero più adatti per il film e, si tratta della cosa più importante, cercate di sintetizzare la vostra proposta in non più di una riga (ad esempio: Alien = Lo squalo nello spazio); • Mettete alla prova il vostro progetto parlandone a un amico. Risulta convincente?

Questo strano mondo in cui i produttori si sentono più sicuri se il film è co- stoso comporta che i finanziatori diffidino dei film di basso costo. Pertanto può succedere che il budget previsto venga inflazionato in modo che si avvicini alla media del settore (una forma di «vincolo istituzionale»?) e che vengano ingaggia- te delle stelle che richiedono compensi elevati, anche se non ve ne è necessità. I film considerati «a budget elevato» in Europa (che prevedono costi tra i 10 e i 20 milioni di dollari) sono automaticamente considerati «piccoli» a Hollywood, e quindi tendono a essere trascurati dai distributori dell’America del Nord. Esistono piccoli produttori e distributori indipendenti che riescono ad avere successo anche senza cadere nelle mani dei grandi studi. A volte ciò avviene perché sono in grado di accorgersi dell’esistenza di nuovi mercati prima di que- sti, oppure perché sono disposti ad affrontare argomenti «scabrosi» o addirittu- ra a rivolgersi a pubblici «difficili». Ancora oggi è possibile produrre film a bas- so costo e venderli su mercati con caratteristiche particolari senza ricorrere alle costose attività di riproduzione e promozione utilizzate dalle major, ma la cosa sta diventando sempre più difficile. Alla fine degli anni Novanta la maggior parte dei produttori indipendenti di successo era stata «assorbita» dai grandi studi che hanno continuato a gestirli come se si trattasse di imprese autonome per sfruttare la loro reputazione di «indipendenza» e, forse, anche per utilizzarli come reparti di «Ricerca e sviluppo» (R&D) a loro beneficio (si veda Wyatt, 1998, a proposito della Miramax e della New Line).

«Ci sono due tipi di film che un “indipendente” può produrre oggi. Ci sono i grandi film, che si possono fare disponendo dei diritti e di un “pacchetto”, che interessano i grandi studi, e i film molto piccoli, quelli che costano meno di 20 milioni di dollari» (Moritz Borman di Intermedia, Screen International, 8 aprile 2005).

Tenuto conto di quello che abbiamo detto sinora, non è affatto strano che questa fase del processo possa essere anche molto lunga e che i soggetti passi- no per le mani dei dirigenti di molti studi cinematografici prima di essere ap- provati. A volte il periodo di gestazione di certi film si protrae per dieci anni o più. Durante tale periodo, è possibile che somme notevoli di denaro siano investite (e giustificate come «spese di sviluppo») da uno degli studi per ac- quistare un’opzione sui diritti relativi all’idea iniziale (quella che in gergo si chiama la «proprietà») prima ancora che sia stato girato un metro di pellicola. Ciò che gli autori temono di più è di finire «in riserva» (turnaround), cioè in una specie di limbo popolato da progetti per film che restano in sospeso sino a quando non si fa vivo un altro studio disposto ad acquistare l’opzione sui di- 190 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

Il produttore Andrew Eaton ritti (rimborsando al primo proprietario quanto questi ha già speso in attività e il regista Michael Winterbottom, di sviluppo). A volte ci si meraviglia che ci siano dei film che riescano a giun- suo socio, sono stati chiamati i «guerriglieri della produzione» gere sugli schermi. perché non tengono conto della maggior parte delle convenzioni della cinematografia di Hollywood: La preproduzione effettuano le riprese per strada, utilizzano squadre di tecnici ridotte al minimo e spesso Anche dopo che il progetto è stato accettato, chi si occupa della produzione ha improvvisano durante la ripresa; molte cose da fare prima che possano iniziare le riprese. Bisogna trovare gli at- la cosa sembra aver scandalizzato molto attori di Hollywood come tori (anche se i protagonisti sono stati, con ogni probabilità, già scelti al mo- Tim Robbins, scritturato per mento della stesura del progetto), scegliere le località dove il film sarà girato, Codice 46 (Code 46, GB, 2003). effettuare studi sui costumi di scena, ingaggiare dialoghisti (dialog coaches) e addestratori di animali (wranglers), prenotare camere d’al- bergo, e così via. Tutto ciò può richiedere molti mesi e du- FIGURA 7.4 Schema del budget di un tipico film di Hollywood. Le cifre sono quelle riportate da Premiere rante questo periodo di tempo si continua a mettere a pun- nel numero di luglio del 2000. to la sceneggiatura ed è anche possibile che si cambi il regi- Milioni sta. Viene poi fissata una data di inizio per le riprese che vie- di dollari ne diffusa dalla stampa specializzata (Hollywood Reporter, Costi diretti (ATL,above the line) Variety, ecc.) e finalmente entreranno in funzione le mac- Soggetto 1,00 chine da presa (anche se, a volte, tutto il progetto abortisce Retribuzione sceneggiatore 1,00 anche in questa fase). Retribuzione produttore 2,50 Questo periodo di preparazione è essenziale per la produ- Retribuzione regista 2,50 Retribuzione attori 26,00 zione di Hollywood e, secondo molti osservatori, l’attività Stuntmen 0,50 di messa a punto della sceneggiatura e di stesura dei copioni Vitto e alloggio 1,00 (storyboards) per le sequenze di azione che vi si svolgono Totale costi diretti 34,50 sono determinanti per la qualità del prodotto finale. Ma quello che abbiamo descritto non è l’unico modo per pro- Costi indiretti (BTL, below the line) durre un film. Molti film ben conosciuti girati in Europa o Comparse e figuranti 0,75 Guardaroba, trucco, ecc. 1,70 dai produttori indipendenti statunitensi sono stati prodotti Macchina da ripresa e pellicola 1,50 senza che esistesse una stesura definitiva della sceneggiatura. Scenari 3,00 A questo punto il produttore dovrebbe essere in grado di Attività di ripresa 1,00 calcolare quanto il film verrà a costare, e sarà possibile con- Illuminazione 0,50 Suoni 0,13 trollare che tale budget sia rispettato nelle fasi successive. Se Effetti speciali («fisici»: neve, ecc) 0,25 diviene evidente che i costi saranno superiori a quelli previ- Disponibilità di luoghi adatti (location) 0,60 sti, può succedere che la sceneggiatura sia cambiata. La Trasporto 1,75 Figura 7.4 mostra come si costruisce e presenta un budget: i Seconda unità di ripresa 0,90 «costi diretti» (below the line) sono i costi della produzione Vitto e alloggio indiretto 1,40 vera e propria, i «costi indiretti» (above the line) hanno a che Postproduzione Effetti digitali 0,10 fare con le risorse creative. Editing (taglio e montaggio) 1,50 Titoli 0,10 Musiche 1,20 La produzione Sonoro 0,60 Proiezioni preliminari (previews) 0,10 Laboratorio di sviluppo 0,25 Questo stadio viene spesso chiamato principal photo- Messa a punto e altri costi graphy (riprese principali) e con ogni probabilità è lo stadio Assicurazioni, diritti d’autore, royalties 0,40 di minore durata. Le riprese dei film di oggi si concludono Eventi pubblicitari 0,10 in circa 50 giorni (in ciascuno dei quali si girano due o tre Altre spese 0,10 minuti di azione) con variazioni che dipendono dalla esi- Totale costi indiretti 17,93 genze della sceneggiatura. I film girati in economia (low Totale generale 52,43 budget movies) cercano di dimezzare questo tempo, ricorren- © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 191 do a uno sfruttamento accurato delle scene e a una sceneggiatura molto detta- gliata e fatta rispettare accuratamente. I registi più efficienti sono quelli che riescono a rispettare il budget o addirittura a risparmiare. Fare restare la troupe nella località dove vengono effettuate le riprese (location) anche solo un giorno in più di quanto preventivato può rendere il film parecchio più costoso e, per- tanto, i registi e i tecnici che si sono dimostrati capaci di attenersi al calendario dei lavori sono quelli più ricercati. Le scene in cui sono previsti effetti speciali che coinvolgono attori possono creare difficoltà e quindi richiedere che si ricorra ai teatri di posa o ai laboratori specializzati; altre sono invece girate nei luoghi dove la manodopera è meno costosa o i costi per ottenere permessi (ad esempio, di utilizzare edifici famosi o località particolari) o le tasse sono minori. Gli studi di Hollywood hanno a più riprese girato i loro film negli stati della costa orientale degli Stati Uniti (Florida, Georgia, Alabama), nel Canada, in Europa e, negli ultimi tempi, nei paesi che si affacciano sull’oceano Indiano. Le riprese (shooting) sono l’aspetto più visibile di tutto il processo di produ- zione, e spesso sono loro stesse filmate in modo che possano essere utilizzate per ricavarne pubblicità indiretta (ad esempio, documentari televisivi su «come si fa un film» di frequente inseriti come «extra» sui DVD). Si tratta quindi del- la fase che interessa di più il pubblico. Durante le riprese molto denaro è speso nella località in cui si gira, e tutto questo fa sì che le autorità locali si diano molto da fare per attirare le produzioni degli studi di Hollywood.

I servizi necessari alla produzione

Il processo di produzione di un film richiede che sia possibile utilizzare molti servizi specializzati. Sia le riprese che le attività di postproduzione hanno bisogno di attrez- zature complesse dal punto di vista tecnologico (macchine da presa, obiettivi, riflet- tori e sostegni mobili per le prime e apparecchiature per l’editing e il montaggio per il secondo) e sono attività che richiedono forti investimenti e una stretta collabora- zione tra coloro che fanno il film e il personale tecnico. Gli studi più importanti han- no cercato di mantenere questi rapporti e, in molti casi, si sono spinti ad acquistare partecipazioni nelle imprese che si occupano della fornitura dei servizi. I servizi di questo tipo e di altro genere (finanziamento, assistenza legale, attività di promozione) sono disponibili in quantità a Los Angeles. Questo fa sì che le relati- ve attività continuino a svolgersi negli Stati Uniti, mentre il lavoro di produzione non specializzato tende a spostarsi nei paesi in cui il costo del lavoro è minore. Il fatto che molti servizi per la cinematografia siano concentrati a Los Angeles contribuisce a cementare l’appartenenza comunitaria a Hollywood (una cosa che non tutti gli addetti ai lavori apprezzano).

La postproduzione

Probabilmente si tratta della fase che richiede più tempo: fare il montaggio del film. Secondo alcuni è in questa fase che viene creata la «narrazione», cioè viene costruito ciò che il film ci racconterà. A volte i rapporti tra il regista e chi si occu- pa del montaggio (e/o dei tagli) sono relativamente scarsi, ma in altri casi la col- laborazione è continua e molto stretta: Martin Scorsese e Thelma Schoonmaker lavorano assieme molti mesi per mettere a punto un film. 192 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

Negli ultimi dieci anni si è attribuita sempre più importanza alla colonna sonora delle pellicole e questo ha ulteriormente allungato i tempi della fase di postproduzione: si spende più tempo nel mettere a punto i dialoghi attraverso il «looping» o la «sostituzione automatica dei dialoghi» (ADR, Automatic Dialogue Replacement: gli attori registrano più volte le loro battute osservando attentamente quello che fanno in una scena sino a quando non si registra una perfetta sintonia tra il movimento delle labbra e i suoni), e si aggiungono effet- ti sonori con lo studio Foley. Sempre in questa fase si aggiungono gli effetti speciali di tipo visivo. Una volta che la pellicola è completata, la si passa ai la- boratori specializzati per la messa a punto del colore e per ultimi ritocchi ne- cessari per ottenere una copia adatta alla proiezione. Oggi si ricorre sempre più spesso all’uso di tecnologie digitali il che permette di ridurre i costi, ma può anche richiedere molto lavoro per la «standardizzazione» necessaria per potere proiettare il film nella sale e costruire i DVD.

Distribuzione e marketing

Ognuna delle fasi del processo è importante. Il successo di un film può dipen- dere da come è trattato e da chi lo distribuisce almeno nella misura in cui di- pende dalla qualità del film stesso; anzi molti esperti del settore sostengono che coloro che controllano la distribuzione sono quelli che in realtà controllano l’industria cinematografica. I distributori svolgono attività di promozione e vendita dei film sul territorio di loro competenza, e contrattano con chi si oc- cupa della proiezione le modalità di diffusione dei film. La distribuzione della maggior parte dei film di budget elevato prodotti dalle major di Hollywood è curata direttamente dagli stessi studi. Nell’America settentrionale ciascuno dei grandi studi televisivi distribuisce le proprie pellicole. In Gran Bretagna, la La MGM/UA è stata comperata Paramount e la Universal, assieme alla MGM-UA, sono comproprietarie della dalla Sony nel 2005. Controllate principale catena di distribuzione, la UIP. Negli altri paesi del mondo impor- chi sta distribuendo attualmente tanti come mercati per i film, le major stringono accordi con uno o più distri- in Gran Bretagna i film della MGM/UA. butori locali, ma, con la crescente internalizzazione dei mercati, sempre più spesso aprono proprie filiali in ogni paese. Nel 2004 le major, attraverso le reti di distribuzioni controllate dai singoli studi o attraverso accordi di collaborazione, hanno coperto circa l’80% del mercato statunitense e canadese. Anche nel resto del mondo i film americani costituiscono la maggioranza di quelli che vengono proiettati; fanno eccezione la Cina e l’India, ma anche qui sta aumentando la penetrazione dei prodotti di Hollywood. Il moltiplicarsi delle sale cinematografiche, specialmente in Eu- ropa, nel Sud Est asiatico e nell’America del Sud, ha fatto sì che gli incassi dal- l’estero siano divenuti all’incirca equivalenti a quelli che provengono dal mer- cato interno. Per ulteriori dettagli sulla distribuzione, di veda il Capitolo 13. Per ciò che riguarda i dati che abbiamo appena riportato sui film distribuiti dalle major, è importante sottolineare che un film la cui realizzazione è costata 70 milioni di dollari e che ne richiede altre 30 milioni per la distribuzione, deve incassare a sufficienza per coprire anche i costi di chi lo proietta oltre che quelli di chi lo distribuisce, che può essere lo stesso proprietario dei diritti (si veda il box grigio dedicato al noleggio delle pellicole a pag. 187). Per realizzare profitti dalla vendita dei biglietti, un film che è costato 100 milioni di dollari dovrà avere incassi lordi ai botteghini di 200, o più, milioni di dollari. Nel © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 193

2004 i film che hanno incassato dalle proiezioni in tutto il mondo più di 200 milioni di dollari sono stati 23, ma alcuni di questi sono costati ben più di 200 milioni. Van Helsing ha incassato 300 milioni di dollari, ma ha avuto costi di oltre 200 milioni per la produzione e il marketing. Il processo di distribuzione comporta in genere che i film degli studi più importanti iniziano con una distribuzione allargata che copre contempora- neamente tutte le più importanti città dell’America del Nord (in media le sale coinvolte sono oltre 3000). Se il film ha successo, viene proiettato per diverse settimane. La maggior parte degli incassi sono conseguiti nel primo fine setti- mana, quando l’attività promozionale spinge il pubblico a vedere il film. Se il film avrà successo o meno spesso lo si capisce da quello che succede in tale pe- riodo. Per tradizione i film di Hollywood erano lanciati inizialmente solo nell’America del Nord, mentre il lancio negli altri paesi seguiva a distanza di qualche settimana, se non di mesi. Ma il pericolo che si diffondano copie «pi- rata» ha fatto sì che qualche film particolarmente importante sia stato lanciato in contemporanea praticamente in tutto il mondo. Il primo film per il quale si è ricorsi a questo è stato X2 (USA, 2003), uscito in molti paesi nei giorni inter- correnti tra 30 aprile e il 3 maggio. Nel 2004 la rivista Screen Intenational ha iniziato a pubblicare una «International Chart», che permette di seguire l’iter delle proiezioni nelle varie parti del mondo. La strategia di distribuzione alter- nativa a quella appena descritta è la distribuzione a piattaforma che prevede che il film sia proiettato all’inizio solo in alcune grandi città e successivamente A Hollywood si pensava, distribuito su mercati sempre più ampi sfruttando così il «passaparola» e le re- in un primo tempo, che censioni. Questa strategia si è rivelata vincente per molti film poco costosi e i registratori VCR avrebbero con pretese artistiche, come The Motorcycle Diaries (USA/Argentina/Cile/Ger- messo fuori causa l’industria cinematografica (Gomez, 1992). mania/Francia/GB, 2004), il film con dialoghi in spagnolo sulla giovinezza di Ma, già alla fine degli anni Ottanta, Che Guevara che alla fine ha incassato negli Stati Uniti 16,7 milioni di dollari, i ricavi provenienti dalla vendita in parte concentrando la distribuzione nelle città americane con una più ampia e dal noleggio dei video avevano popolazione di immigrati da paesi di lingua spagnola. superato quelli derivanti dalla vendita dei biglietti. Quando il film ha terminato il suo ciclo di proiezione nelle sale, si passa alla Oggi sappiamo che il pubblico commercilizzione dei DVD, che oggi avviene contemporaneamente su tutti i è talmente appassionato di cinema mercati sia per la vendita che per il noleggio. Per i DVD gli studi di produzio- che sono proprio coloro che ne avevano inizialmente cercato di effettuare una distribuzione scaglionata a comprano o noleggiano i video seconda delle diverse aree geografiche (ad esempio, prima la Regione 1 Ame- (oggi, ovviamente, più spesso i DVD) quelli che vanno al cinema rica Settentrionale, poi la Regione 2 Europa, e così via), ma la vendita attraver- più di frequente (Screen so Internet (e di copie «pirata») hanno reso inutile questo accorgimento. Segue International, 8 marzo 2002).

FIGURA 7.5 Gael Garcìa Bernal nella parte di Ernesto Che Guevera nel film I diari della motocicletta. Bernall, messicano, è riconosciuto come una star di livello internazionale e lavora sia in film commerciali che in film d’autore. 194 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

poi la trasmissione sui canali di pay-per-view e, infine, dopo che è trascorso un altro anno, la trasmissione sulla televisione «gratuita».

La proiezione

Il proliferare delle multisale, Negli Stati Uniti è stato impedito agli studi di produzione cinematografica di prima, negli anni Ottanta, possedere grandi catene di sale cinematografiche (conseguenza delle leggi per la negli Stati Uniti e successivamente tutela della concorrenza promulgate alla fine degli anni Quaranta; si veda nel resto del mondo hanno dato impulso ai film destinati al grande Maltby, 1995, per una descrizione molto particolareggiata dei mutamenti della pubblico e alla vendita struttura organizzativa degli studi di Hollywood tra il 1930 e il 1950), uno dei dei prodotti derivati; numerose motivi che ha portato al tramonto del «sistema degli studi». Sull’altra sponda multisale sono costruite dell’Atlantico la proibizione non esiste e negli ultimi anni la Warner Bros e la all’interno di centri commerciali. UCI (di proprietà della Paramount e della Universal) hanno costruito numero- se multisale in diverse nazioni, tra cui la Gran Bretagna, dove altre imprese americane, quali la Showcase (proprietà del gruppo National Amusement che controlla tra l’altro la Viacom/Paramount) provvedono a distribuire film ame- ricani. Attualmente, però, Warner Bros e la UCI hanno venduto le loro catene di sale in Gran Bretagna, considerando conclusa la missione di allargare il mer- cato dei film di Hollywood. La cultura americana che ama Il fatto di possedere o controllare tutte le fasi della produzione e della distri- frequentare i centri commerciali buzione è un esempio di integrazione verticale e costituisce un vantaggio per le situati molto lontano dal centro major che possono essere sicure che esisteranno sempre sale disponibili quando delle città ha creato seri problemi di urbanistica, se non altro per hanno film pronti per il lancio. Tale vantaggio non esiste per i produttori indi- il traffico automobilistico che pendenti che cercano di trovare uno sbocco per i loro prodotti. Assieme al costo ne deriva. Negli ultimi tempi, elevato della pubblicità e delle attività promozionali in genere, la difficoltà di in Gran Bretagna si è tornati trovare sale di proiezioni è uno dei fattori che scoraggiano coloro che vogliono a costruire sale cinematografiche nelle zone centrali delle città. impegnarsi nella produzione di film (si veda il successivo Capitolo 13 per ciò che concerne la distribuzione dei film specializzati nel nostro paese). Le modalità di distribuzione e proiezione delle pellicole cinematografiche in Gran Bretagna sono molto cambiate da quando hanno preso piede le catene di sale americane e ora ciò che avviene nel settore è molto più simile a quanto av- viene negli altri paesi europei e nell’America del Nord. Sono anche cambiate le abitudini degli spettatori. Per quanto gli schermi disponibili siano molti di più, ci sono meno cinematografi (le vecchie sale continuano a chiudere i bat- tenti, mentre le multisale sono sempre più numerose) e praticamente sono scomparsi dai sobborghi residenziali e dai piccoli centri. Persino nelle grandi città, è possibile che esista un solo cinematografo: la gente si è abituata a spo- starsi per vedere un film e la maggior parte di noi può recarsi in una multisala (con 10 o più schermi) se è disposto a guidare per una mezzoretta. Sempre più la proiezione di film si è globalizzata e gli addetti ai lavori si sono resi conto del fatto che la passione per il cinema è qualcosa che varia da paese a paese. La Gran Bretagna e l’Irlanda sono considerate parti di uno stesso mercato e pertanto le statistiche relative alle vendite di biglietti aggregano il dato relativo alle due nazioni: se si disaggregano i dati, tuttavia, ci si rende con- to del fatto che gli irlandesi vanno al cinema più spesso di quanto non facciano gli inglesi e, in conseguenza di ciò, si investe molto nella costruzione di nuove multisale in Irlanda. La Gran Bretagna ha quindi meno schermi rispetto a pae- si come la Francia (dove esistono più di 5000 sale, mentre in Gran Bretagna, la cui popolazione è pressappoco la stessa, ne ha solo 3400). © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 195

Il cinema in Irlanda

«La popolazione dell’Eire è di circa 3,9 milioni di abitanti che in media si recano al cinema 4,5 volte all’anno. L’Irlanda del Nord, invece, ha una popolazione di 1,7 mi- lioni di abitanti e vi si riscontra una frequenza media al cinema di 3,2 visite all’anno» (Screen International online, 5 febbraio 2004). «Sei nuove multisale saranno aperte entro l’anno in Irlanda e si calcola che per ef- fetto di ciò le vendite di biglietti potranno aumentare del 20%. L’Eire è uno dei pae- si europei nei quali si va più spesso al cinema […] e i centri di proiezione più im- portanti delle multinazionali del settore, UGC (Cineworld), UCI e Ster Century, vendono sistematicamente più biglietti in questo paese di quanto non facciano le corrispondenti sale inglesi» (Screen International online, 1 aprile 2005).

Per ciò che riguarda l’Italia si deve notare che le «prime» non avvengono, Al vertice della classifica come in altri paesi, in estate quando le grandi città si svuotano. È però possibi- della frequenza al cinema le che ciò sia destinato a cambiare, man mano che vengono costruite nuove si collocano l’Islanda, l’America del Nord e l’Australia, dove multisale dotate di aria condizionata destinate ad attirare una nuova generazio- si contano circa 5 visite al cinema ne di spettatori attratti dalle campagne pubblicitarie lanciate in tutto il mondo all’anno per ogni abitante di età per promuovere i grandi film di Hollywood che escono nella stagione estiva superiore ai 4 anni. In Europa (ma la tradizione di fare le vacanze d’estate continua a far sì che in agosto la le visite più frequenti (circa 3 all’anno) si riscontrano in Spagna maggior parte delle sale siano chiuse per ferie). e in Francia, mentre in Germania e in Italia ci si ferma spesso al di sotto delle 2 visite. ATTIVITÀ 7.4 La frequenza dell’andare al cinema Prendete in considerazioni i dati sulla frequenza delle visite al cinema riportati nelle pa- gine precedenti. • Se voi foste proprietari di sale di proiezione, quali fattori prendereste in considera- zione per cercare di spiegare le differenze in proposito che esistono tra l’Irlanda del Nord, l’Inghilterra, il Galles e la Scozia (meno di tre volte all’anno in media) da un lato e l’Eire dall’altro? • Quali mutamenti cerchereste di introdurre in Inghilterra? • Studiate una delle classifiche internazionali riportate da Screen International e cerca- te di capire quali siano i film che attraggono più pubblico in Gran Bretagna, Francia e Spagna. Si tratta degli stessi film o ci sono differenze?

Mutamenti di portata ancora maggiore si avranno quando si diffonderà la proiezione con metodologie digitali che richiederà a tutte le sale di proiezione di dotarsi di nuove apparecchiature. Quello che è avvenuto in passato quando è arrivato il CinemaScope (il nuovo formato dello schermo introdotto negli anni Cinquanta) e con il Dolby Sound (il nuovo sistema sonoro degli anni Ottanta) dimostra che i mutamenti del genere richiedono molto tempo e che è difficile convincere i gestori delle sale ad adeguarsi alle innovazioni. Anche la conversione alla proiezione digitale potrà quindi richiedere tempi lunghi, ma le nuove sale che verranno costruite saranno corredate sin dall’inizio delle ap- parecchiature necessarie. Nel marzo del 2005 un gruppo americano, l’Avica, ha annunciato di essere intenzionata ad aprire in Irlanda una catena di sale attrez- zate per la proiezione digitale, mentre progetti meno ambiziosi sono previsti in Gran Bretagna dal Film Council (Screen International, 30 marzo 2005). Gli 196 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

anni tra il 2006 e il 2010 è probabile siano determinanti per il processo di pas- saggio alle metodologie digitali delle proiezioni cinematografiche (si veda an- che il successivo Capitolo 13).

L’organizzazione della produzione

Dopo aver presentato il modello che descrive le varie fasi del processo di produ- zione, quali sono i problemi da trattare? Eccone alcuni che si presentano quando si prendono in considerazione le industrie mediatiche nel loro complesso.

ATTIVITÀ 7.5 Il modello del processo di produzione Per controllare se avete capito bene il modello a sei stadi, provate ad annotare le cose da fare per ciascuna delle fasi nel caso della produzione di: • una nuova rivista per gli appassionati del ballo; • la prima incisione di un nuovo gruppo musicale. Potrete avere delle difficoltà nel decidere a quale stadio assegnare una particolare atti- vità, ma la cosa non è preoccupante; il modello non serve a determinare quali siano le «risposte corrette», ma solo a verificare se lo avete capito. Svolgere questo esercizio dovrebbe esservi di aiuto sia nei vostri studi che, in seguito, se vi troverete a svolgere attività di produzione.

Struttura

Qual è l’influenza della struttura dell’industria (cioè come si distribuiscono nei diversi settori i modelli di proprietà delle imprese di grandi dimensioni e di quelle piccole) sulla produzione dei prodotti mediatici e su quelli che ne deri- vano? Due problemi molto importanti hanno a che fare con l’integrazione e la regolamentazione.

Le diverse forme che possono assumere le imprese

Per studiare le varie industrie attive nel campo dei media dovete capire, almeno a grandi linee, le strutture economiche. Le imprese che si occupano di media sono diverse tra di loro e possono assumere una qualsiasi delle seguenti forme. Settore privato (organizzazioni di proprietà di un singolo o di gruppi di azionisti): • Imprese individuali: svolge attività connesse ai media come freelance; è spesso un «libero professionista» che lavora da solo. • Società di persone senza personalità giurica: imprese di piccole dimensioni che si occupano di produzione, spesso di proprietà di due o più persone tra le quali esistono accordi di associazione. • Società di persone a responsabilità limitata (con personalità giuridica): imprese la cui proprietà fa capo ad azionisti spesso membri di una stessa famiglia. Si tratta di imprese delle quali è impossibile comprare in Borsa le azioni. Uno dei grandi gruppi mediatici, la Viacom,è di proprietà di una società di questo tipo. • Società per azioni: imprese la cui proprietà fa capo a gruppi di azionisti e le cui azioni possono essere liberamente comprate o vendute in borsa (sono cioè quotate); la maggior parte delle grandi organizzazioni che si occupano di media © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 197

sono oggi controllate in prevalenza da «azionisti istituzionali» quali i fondi pen- sione o le imprese di assicurazioni. • Holding: alcune imprese non svolgono attività industriali o commerciali ma hanno In questo capitolo e nel caso il solo scopo di possedere (o custodire, hold) azioni di altre imprese; l’industria di studio sulle major che lo segue, cinematografica inglese ha visto negli ultimi anni numerosi passaggi di proprietà spesso diremo che alcune imprese sono «possedute» o controllate della catene di sale cinematografiche a opera di società che hanno il solo scopo da altre imprese di dimensioni di investire il capitale a loro disposizione in modo da generare profitti (in altre maggiori. In molti casi, questo parole, non sono state costituite per produrre o commerciare beni o servizi). vuol dire solo che l’impresa più • Conglomerati: si tratta di società di grandi dimensioni che controllano svariate im- grande possiede una percentuale prese ciascuna delle quali agisce in un settore industriale diverso; le più impor- di azioni della più piccola sufficiente a esercitare influenza tanti tra le imprese attivi nel campo dei media sono conglomerati. sulle sue decisioni (spesso il 30% Settore pubblico: o poco più). • Imprese del «terzo settore» (volontariato e fondazioni): si tratta di organizzazioni che «non hanno scopo di lucro, spesso formate da volontari che godono di nu- merose facilitazioni dal punto di vista giuridico e fiscale (le organizzazioni locali che si occupano di arte appartengono sovente a questa categoria). La televisio- ne di servizio pubblico negli Stati Uniti riceve donazioni da parte di singoli e da fondazioni di beneficenza (oltre che aiuti finanziari del governo federale). • Pubblica amministrazione: alcune delle attività nel campo dei media erano in pas- sato svolte direttamente da funzionari e impiegati della pubblica amministrazione (in Gran Bretagna, ad esempio, faceva capo alla pubblica amministrazione la re- golamentazione delle trasmissioni radiotelevisive), ma oggi la cosa è divenuta piuttosto rara. • Imprese pubbliche: si tratta di organizzazioni costituite da un Royal Charter (BBC) o da una vera e propria legge (Channel 4) che non hanno scopo di lucro (gli eventuali guadagni devono essere reinvestiti nell’attività, dal momento che non esistono azionisti).

L’integrazione è la crescita delle organizzazioni attraverso l’acquisizione di altre organizzazioni della stessa industria. Si parla di integrazione verticale quando un’impresa che svolge la sua attività in un punto della catena della produzione acquista il controllo di altre fasi del processo di produzione: ad esempio, quando uno degli studi di Hollywood viene acquistato da una impresa che gestisce sale cinematografiche (ad esempio, quando la National Amusements ha comprato la Paramount dalla Viacom). Un’organizzazione mediatica completamente inte- grata sarebbe in grado di controllare ogni aspetto del processo di produzione. In passato ci sono stati casi di quotidiani prodotti da gruppi industriali che posse- devano persino gli alberi il cui legno era utilizzato per la produzione della carta. Si parla invece di integrazione orizzontale quando le organizzazioni attive nel settore dei media comprano altre imprese che sono loro concorrenti nella stessa fase del processo produttivo (in teoria, sarebbe possibile un’impresa ca- ratterizzata da un piena integrazione sia verticale che orizzontale, ma questo vorrebbe dire che tutta l’industria sarebbe controllata da una sola organizzazio- ne). Al termine di un processo di integrazione orizzontale è possibile che un’organizzazione si trovi a controllare una parte preponderante del mercato (si parla in questo caso di posizione monopolistica). In genere, però, esiste al- meno un concorrente (e questo dà origine ad un duopolio), come si è avuto per molto tempo in Gran Bretagna nel campo delle sale cinematografiche o in quello delle trasmissioni televisive sino agli anni Novanta, oppure può esistere 198 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

un numero ristretto di imprese, più o meno delle stesse dimensioni che si divi- dono il mercato; in quest’ultimo caso si parlerà di oligopolio. La maggior parte delle industrie mediatiche (anzi la maggior parte di tutte le industrie di una certa importanza) sono oligopoli. Gli economisti descrivono la situazione di oligopolio parlando di concorren- za imperfetta (per ulteriori considerazioni sulla concorrenza imperfetta e sul suo contrario, il «libero mercato», si veda il Capitolo 16). È infatti probabile che i diversi attori si mettano d’accordo sui livelli di qualità, i prezzi da praticare, i rapporti da intrattenere con i sindacati, e così via. Dal momento poi che il go- verno si preoccupa anche delle ripercussioni che può avere sul piano della politi- ca l’esistenza di un monopolio dei media, possono essere erogate sanzioni nel caso di «integrazione eccessiva». Le preoccupazioni sono divenute più serie man mano che settori un tempo separati, come l’editoria, le trasmissioni radiotelevi- sive e la cinematografia, si avvicinano sempre di più. Negli Stati Uniti, in passa- to, alcuni monopoli sono stati costretti a frammentarsi da sentenze della Corte Suprema o da decisioni del Department of Justice (l’equivalente del Ministero di Grazia e Giustizia italiano, N.d.T.). La Microsoft è stata accusata di pratiche monopolistiche a partire dal 1994 sia negli Stati Uniti che in Europa per la posi- zione che occupa nel mercato dei sistemi operativi per computer.

ATTIVITÀ 7.6 Ricerca sulla proprietà Consultate le raccolte di giornali che esistono nella biblioteca della vostra università o fate una ricerca su Internet per rintracciare i mutamenti che si sono verificati nella struttura di proprietà e di controllo dei media che hanno visto come protagonisti uno dei seguenti gruppi: Carlton, Pearson, EMAP. Questo dovrebbe farvi capire meglio la complessità del mondo degli affari in rapporto ai mezzi di comunicazione.

Per tenere sotto controllo la concentrazione delle varie industrie mediatiche e impedire pratiche oligopolistiche che riducono la concorrenza si può agire in due modi: • si possono costituire organizzazioni mediatiche finanziate e controllate dalla pubblica amministrazione e responsabili verso il pubblico. In quasi tutte le nazioni del mondo esistono emittenti (televisive e radiofoniche) pubbliche e in molte di queste vi sono enti pubblici che svolgono un ruolo importante nel finanziamento e nella distribuzione di film e di altri prodotti mediatici; • si possono regolamentare per legge o fare controllare da autorità indipen- denti le attività. Le leggi in materia riguardano spesso non solo il divieto di costituire posizioni monopolistiche mediante acquisizioni o fusioni, ma an- che la gamma e la «qualità sul piano tecnico» di prodotti e, a volte, persino i contenuti (si veda il Capitolo 16).

Collocazione territoriale e globalizzazione

La collocazione geografica delle industrie mediatiche è importante per due motivi: • dal momento che si tratta di un settore dell’economia che dà lavoro a molta gente (in alcuni paesi europei può essere addirittura il datore di lavoro più © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 199

rilevante), la localizzazione dei processi produttivi dei media è oggetto di discussione in molti paesi nei quali quello che viene speso dalle industrie mediatiche è un fattore molto importante nell’economia delle varie parti del territorio; • se tutti coloro che producono media sono collocati nella stessa regione, è probabile che i loro prodotti risentano dell’influenza della cultura prevalente in quella parte del paese che può non coincidere con quella dei consumatori dei media che risiedono altrove, anche all’interno della stessa nazione. Gli studi di Hollywood sono sempre stati orgogliosi del fatto che i loro prodotti erano apprezzati in tutto il mondo. Eppure, almeno per ciò che concerne le altre parti degli Stati Uniti, tali studi hanno sempre prestato grande attenzione ai contenuti dei loro prodotti, per evitare che risultassero offensivi per le regioni più conservatrici della nazione. Naturalmente ciò ha comportato che per molto tempo i film di Hollywood abbiano tollerato quella specie di apartheid che pre- valeva negli stati del Sud. Mantenere una posizione di equilibrio (tra le parti del paese dove prevalgono atteggiamenti progressisti e quelle a cultura più tradizio- nale) è difficile. I film e i programmi televisivi sono in genere finanziati da istitu- zioni che hanno sede a New York e sono prodotti a Los Angeles e questo asse bi- polare ha, da sempre, dominato i media americani. La comparsa di Ted Turner, un nuovo attore le cui attività (specialmente la CNN) erano localizzate ad Atlanta, è stata quindi molto importante. La fascia meridionale degli Stati Uniti, quella che si estende dalla Florida al New Mexico, è sia una regione che ha tassi di sviluppo economico molto elevati che atteggiamenti politici improntati al conservatorismo (oggi si parla di neoconservatorismo) e una parte rilevante della popolazione originaria da paesi di lingua spagnola. Il fenomeno dei talk show radiofonici condotti da shock jocks (si potrebbe tradurre con «cacciatori di scan- dali», N.d.T.) moralisti è un altro sintomo di quello che sta cambiando nella dis- tribuzione geografica dei media statunitensi. Per ciò che riguarda la Gran Bretagna, la concentrazione della produzione dei media a Londra e, più in generale, nel Sud Est del paese, ha causato molte accuse di «pregiudizio (bias) metropolitano». Lo sviluppo e la diffusione di un nuovo modo di parlare (il cosiddetto «inglese dell’estuario» [del Tamigi]) è sta- to attribuito alla prevalenza di commentatori residenti a Londra e questo ha comportato che, nel corso della ristrutturazione che ha riguardato sia la BBC che l’ITV, grande attenzione venisse posta nella distribuzione tra le varie regio- ni della attività di produzione. Qualcosa del genere si è fatto anche per i quoti- Il Guardian ha reagito alle critiche diani nazionali che un tempo avevano redazioni regionali di grande importan- cambiando la testata per l’edizione destinata all’Inghilterra za: Manchester, ad esempio, era la sede di molti grandi quotidiani, tra cui il settentrionale che, dal 2000, Manchester Guardian che si è poi trasferito a Londra. è divenuta The Guardian North. Per ciò che concerne la localizzazione dei media la preoccupazione più im- portante, però, è sempre stata quella che la produzione mediatica di un paese possa essere completamente controllata da un altro paese. Questo sarebbe gra- ve sia per i media dell’informazione che per quelli che sono considerati impor- tanti per l’identità culturale nazionale. È stato osservato che la diffusione dei «notiziari internazionali», come quelli della CNN, ha avuto effetti positivi in quei paesi dove esistono regimi dittatoriali che possono mettere il bavaglio ai mezzi di comunicazione nazionali, ma non possono impedire l’ingresso all’af- flusso d’immagini televisive trasmesse dai satelliti (o le trasmissioni radiofoni- che, come il World Service della BBC). D’altra parte, in molti paesi dell’Oc- cidente sono state espresse preoccupazioni per il fatto che esistono stranieri che 200 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

FIGURA 7.6 La nuova carta meteorologica digitale utilizzata dalla BBC a partire dal 2005 è stata immediatamente oggetto di critiche perché il rendering tridimensionale di una panoramica delle isole britanniche faceva sì che tutta la parte settentrionale delle stesse, e in particolare la Scozia, apparisse più piccola di quanto non sia in effetti.

FIGURA 7.7 La sede della BBC North in Oxford Road nel centro di Manchester. Nel piano di riorganizzazione della BBC annunciato nel 2004 è previsto che i programmi per l’infanzia, i programmi sportivi, la produzione di nuovi media e Radio 5 Live siano trasferiti a Manchester, dove la BBC ha già, assieme alla Granada, una sede. Nel settembre del 2005 il Lancashire aveva più squadre di calcio nella Premier League di quante non ne avesse Londra; vale la pena di ricordarlo alla luce del fatto che, quando sono state assegnate a Londra le Olimpiadi del 2012, i giornalisti londinesi hanno protestato per il trasferimento dei programmi sportivi alla nuova sede.

Si veda il Capitolo 15 per alcune possiedono imprese mediatiche attive sul territorio nazionale (ad esempio, interessanti novità nel giornalismo Rupert Murdoch ha dovuto prendere la cittadinanza degli Stati Uniti prima di televisivo trasmesso in tutto poter acquistare le sue reti televisive americane). Preoccupazioni del genere il mondo («global television news»). sono anche sollevate dall’esistenza di un mercato internazionale dei media «senza regole» al quale abbiamo accennato in precedenza. L’emergenza di Al Jazeera, Dal punto di vista economico, il riuscire ad attirare sul proprio territorio at- dopo l’11 settembre e l’invasione tività di produzione di mezzi di comunicazione può essere molto vantaggioso. in Iraq nel 2003, ha provocato Quando, durante i primi anni Novanta, la sterlina era molto più debole del un interessante caso di studio per quanto riguarda la ricerca dollaro, la scelta di trasferire in Gran Bretagna e in Irlanda la produzione di di una voce alternativa alla CNN film molto importanti degli studi di Hollywood ha contribuito a migliorare la e ad altre emittenti occidentali situazione economica di parti remote del Galles, della Scozia e, soprattutto, all’interno del mondo arabo dell’Irlanda, il cui governo si è fatto parte attiva nell’invitare le imprese di pro- (ma non necessariamente supportata da tutti i governi duzione, offrendo loro incentivi di ogni tipo (si veda al proposito il Capitolo arabi). 10). Ma, alla fine dello stesso decennio, il rafforzarsi della sterlina rispetto al dollaro ha fatto sì che molte attività di produzione da parte di imprese ameri- cane fossero trasferite a Vancouver, Toronto e Montreal (e, nel 2005, l’ulteriore indebolimento del dollaro americano ha spinto a scegliere altre località). © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 201

ATTIVITÀ 7.7 Le industrie dei media nell’economia locale Cercare di accertare qual è l’atteggiamento delle autorità locali (a livello di comune, provincia o regione) a proposito dei media. • Hanno un ufficio che si occupa di cinema? • Hanno una linea politica in materia di media? O preferiscono parlare di «industrie culturali»? • Che tipo di benefici economici si aspettano di ottenere da tali attività?

Modelli di lavoro e impiego

Il lavoro nei media è spesso considerato come un’attività affascinante e ben pa- gata. In realtà, ciò vale solo per una percentuale molto piccola della forza lavo- ro che è impiegata nel settore. Possiamo individuare nel mondo dei media di- verse categorie di lavoratori: • tecnici (addetti alla produzione, trasmissione, ecc.); • creativi (autori, attori, grafici, ecc.); • addetti all’organizzazione e alla direzione della produzione; • attività professionali di supporto (servizi finanziari, legali, ecc.); • attività ausiliarie di supporto (impiegati amministrativi, addetti ai servizi di mensa, ecc.). Il personale tecnico è fonte di gravi problemi per i datori di lavoro, dal momen- to che richiede una formazione iniziale, frequenta attività di aggiornamento e, quindi, una serie di costi aggiuntivi. Il passaggio alla tecnologia digitale è ora stato quasi completamente assorbito, ma il progresso della tecnologia continua. Le imprese attive in alcuni dei settori (e specialmente in quello cinematografi- co) non hanno mai brillato per le attività di formazione, dando per scontato che il personale potesse imparare il mestiere sul lavoro o, semplicemente reclu- tando personale già formato da altri (la BBC ha continuato a formare i tecnici necessari per le trasmissioni televisive, almeno sino a quando è sopravvenuta la deregolamentazione del settore). Questa «prospettiva di breve periodo» (cioè il non preoccuparsi del futuro) sembra in via di superamento, ma nel complesso continua a costituire un problema.

I contratti di lavoro nelle industrie dei media

In Gran Bretagna una delle caratteristiche tipiche del lavoro nelle industrie me- diatiche è il ricorso ai freelance. Nei quotidiani e nelle riviste gli autori di arti- coli di varietà sono spesso dei freelance cui vengono richiesti servizi determina- ti o coi quali vengono stipulati contratti a a termine (si veda anche il successivo Capitolo 11). Nelle produzioni cinematografiche e televisive gran parte delle at- tività sono appaltate a imprese di piccole dimensioni, che, a loro volta, utilizzano molto spesso freelance per i compiti di natura creativa e tecnica. La BBC costi- tuisce da questo punto di vista un’anomalia, in quanto conta di moltissimi di- pendenti fissi, ma anche in questo caso il ricorso ai freelance non è del tutto escluso. È necessario tenere distinti i freelance da coloro che lavorano a tempo parziale o sulla base di contratti di breve termine. In linea di massima i primi godono di una retribuzione più elevata sulla base di tariffe concordate a livello nazionale. Nei me- 202 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

I rapporti annuali di Skillset relativi dia non è infrequente neppure il caso di lavoratori che non chiedono e non ricevo- al censo sono utili per sfatare no salario. Dato il fascino esercitato da questo settore spesso, specie a Londra, ci il mito che alcuni di coloro sono persone disposte a lavorare senza essere pagate (ad esempio, come «fattori- che lavorano nell’industria dei media si improvvisano e ni» durante le riprese cinematografiche). che un titolo di studio in questo Per una panoramica molto completa del personale che lavora nella cinematogra- settore non è importante. Le cifre fia, nelle trasmissioni radiotelevisive e nel campo degli audiovisivi in Gran Bretagna si mostrano che la maggior parte possono consultare i «census reports» di Skillset (si veda la sezione «Research» del delle persone che lavorano sito www.skillset.org). in questo settore in Gran Bretagna hanno un diploma o una laurea nell’ambito dei media. Il fatto che il lavoro dei tecnici specializzati abbia costi molto diversificati ha fatto sì che molte imprese mediatiche abbiano trasferito alcune delle loro atti- vità in altri paesi: si tratta di uno dei più macroscopici effetti della globalizza- zione. La maggior parte delle stampe a colori sono ora effettuate nei paesi asia- Dove è stato stampato questo tici della costa del Pacifico che dispongono di un elevato livello tecnologico e libro? Controllate altri libri usciti di recente nella vostra libreria. di costi del lavoro ridotti (il materiale da stampare può essere trasmesso in for- ma digitale dalle redazioni che continuano a essere situate in Europa e nel- l’America del Nord). La produzione degli studi di Hollywood viene spesso spostata alla ricerca di personale che costi meno. Il concetto del «director’s cut» Per ciò che riguarda i creativi, gli studiosi di comunicazione se ne sono oc- è un esempio di come un autore, cupati dal punto di vista di come ci si possa esprimere liberamente in un siste- che è una star, ha un alto potere ma industriale. Ma esistono anche altri problemi che riguardano la proprietà contrattuale. Meno ovvio è invece il potere di alcune star che intellettuale e i diritti che ne derivano (si veda in materia il Capitolo 11). Le prendono una percentuale imprese cercano di stipulare contratti che ne garantiscano il più possibile il delle cifre lorde guadagnate possesso a loro beneficio. La maggior parte delle dispute giudiziarie relative a dal box office, ad esempio prima questa materia hanno a che fare con il settore della produzione di musica o con che un film ufficialmente cominci a rendere. quello del cinema, nei quali le stelle più celebri e i migliori registi hanno impa- rato a proteggersi con contratti particolari. Gli addetti alla direzione e alla gestione della produzione sono coloro che han- no il compito di far sì che il progetto venga realizzato e distribuito. Le imprese attive nel campo dei media cercano di concentrarsi sulla proprietà di beni e di- ritti lasciando volentieri ad altri il compito di svolgere il lavoro vero e proprio, anche se, ovviamente, mantengono il controllo su quello che fanno i freelance e le piccole imprese indipendenti cui affidano la produzione attraverso contrat- ti e incentivi finanziari. Chi è favorevole a questo tipo di organizzazione sostie- ne che le imprese che lo adottano divengono lean and mean (letteralmente «magre e cattive»), il che le rende molto concorrenziali in quanto non sono fre- nate da fenomeni di inerzia istituzionale. Esistono, però, anche delle conse- guenze negative, tra le quali il fatto che le iniziative di formazione e aggiorna- mento, e tutte le altre iniziative che richiedono la collaborazione delle imprese del settore, divengono più difficili da organizzare (in Gran Bretagna gran parte delle iniziative di Skillset sono dirette a far sì che le barriere frapposte alla for- mazione dei freelancer non siano insormontabili). Le attività professionali di supporto alle imprese che agiscono nel settore dei media richiedono una specializzazione molto accentuata, specialmente per ciò che riguarda i servizi legali e finanziari, e questo, ancora una volta, tende a favo- rire la loro localizzazione nei grandi centri metropolitani (dove i professionisti possono trovare clienti in numero sufficiente a garantire un flusso continuo di lavoro). Infine, le attività ausiliarie di supporto di carattere generale non compor- tano particolari problemi di localizzazione (si possono trovare dovunque). © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 203

L’innovazione tecnologica

L’innovazione tecnologica riguarda tutte le attività e non solo la fase della «pro- duzione» in senso stretto. Ad esempio, i «cavi a banda larga» e la possibilità di trasmettere «in tempo reale» prodotti mediatici digitalizzati in ogni parte del mondo riguardano in prevalenza la fase della produzione, ma permettono anche la fruizione dei prodotti direttamente in casa attraverso apparecchiature elettro- niche che possono essere collegate a un televisore o la realizzazione di sale di proiezione che si avvalgono di apparecchiature digitali. La messa a punto di pro- getti di film (specialmente quando coinvolgono persone e imprese di diversi paesi) può essere facilitata dal ricorso a videoconferenze, e la possibilità di acce- dere a Internet permette la diffusione di informazioni specialistiche e di materia- li utili nella fase di ricerca. Anche la fase di postproduzione può essere facilitata: l’editing di un programma di televisione digitale può essere fatto «on location» (cioè sul posto) e successivamente trasmesso «in tempo reale» allo studio.

L’ambiente in cui si svolgono gli affari relativi ai media

La proprietà e l’influenza che esercita sui prodotti mediatici

Negli studi sui media si presta attenzione anche a ciò che concerne la proprietà e il controllo delle imprese mediatiche perché si ritiene che la natura dei pro- dotti (e in particolare il contenuto dei notiziari e degli altri prodotti di infor- mazione oppure i vincoli di natura ideologica imposti a tutta una serie di pro- dotti) possa essere almeno in parte determinata dagli interessi economici o dai «capricci» dei massimi dirigenti. D’altro canto, il fatto che i produttori di mi- nori dimensioni e non guidati solo da fini di lucro abbiamo meno possibilità di svolgere la loro attività significa che al pubblico giungeranno solo prodotti di un certo tipo. Individuare chi possedesse cosa e quali conseguenze ne derivassero era rela- tivamente facile nel passato, quando i giornali erano controllati dai cosiddetti «baroni della stampa» (cioè dagli onnipotenti fondatori e proprietari delle te- state) e gli studi di Hollywood facevano capo a dirigenti dal potere assoluto («mogul (3)»). O almeno questi erano gli stereotipi che venivano utilizzati per descrivere tali personaggi. Ma davvero chi ha la proprietà di un mezzo di co- municazione esercita influenza sui prodotti di questo? Non vi è dubbio che al- cuni quotidiani a volte seguano una «linea» editoriale che può essere attribui- ta a un proprietario o a uno dei dirigenti di vertice: vi sono esempi molto evi- denti di ciò, come il controllo esercitato da Richard Desmond, il proprietario sul gruppo giornalistico Desmond Newspapers, o le note simpatie dei diri- genti della Fox News per il Partito repubblicano. Ma in genere la linea edito- riale emerge dopo molti anni e può restare la stessa anche se la proprietà cam- bia. È molto più probabile che lo stile e gli obiettivi dei dirigenti determini- no le caratteristiche generali di un’impresa attiva nel settore dei media (si ve- dano, ad esempio, gli effetti dell’acquisto da parte di Rupert Murdoch di quo-

(3) N.d.T. Il termine mogul (letteralmente «mongolo») designava i capi delle orde mongole che hanno invaso nel corso della storia molti paesi asiatici instaurandovi imperi; per traslato indica oggi un capo dal potere assoluto. 204 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

tidiani inglesi come il Sun o The Times). Nascosti dietro le grandi imprese impersonali che dominano il mercato dei media ci sono personaggi di grande spicco e spesso ciò che si scrive a proposito dei media si concentra su di essi (per ulteriori approfondimenti si veda il caso di studio sulle major in calce a questo capitolo). Chi possiede o controlla un’impresa è interessato soprattutto a problemi rela- tivi ai costi e allo share di mercato e, ovviamente, alla possibilità di profitto. Ed è alla luce di questi obiettivi che le imprese crescono attraverso acquisizioni e fu- sioni. L’integrazione verticale è conveniente se riduce i costi, in quanto permette di mantenere all’interno dell’impresa le varie fasi del processo produttivo, men- tre l’integrazione orizzontale comporta uno share maggiore del mercato e una ri- duzione dei costi medi. Se due imprese che si occupano di musica si fondono, potranno utilizzare lo stesso edificio per i loro uffici, avranno il personale di ven- dita in comune, possono ridurre i marchi e così via, pur continuando a vendere lo stesso numero di dischi che vendevano prima separatamente. Il prodotto sarà cambiato solo se questo diminuirà i costi di produzione o at- trarrà un numero maggiore di spettatori/lettori. In certi casi, tuttavia, il cambio di proprietà può comportare un trasferimento dell’impresa nel settore pubblico dell’economia e questo renderà possibile che essa si dedichi a prodotti «non commerciali», persegua obiettivi di carattere sociale o si attenga a direttive rego- lamentari (ad esempio, impegnandosi in progetti di carattere educativo). È molto probabile che le imprese mediatiche odierne siano parte di un con- glomerato. È possibile, quindi, che il gruppo da cui la singola impresa dipen- de sia impegnato in diversi settori dell’industria mediatica e in settori in qual- che modo connessi con tale industria, come quelli della tecnologia utilizzata dai media o quello delle telecomunicazioni (anche su questo si veda il caso di studio appena citato). Se si adotta una definizione molto generica del termine «media», si può arrivare alla conclusione che esso si riferisce a una gamma mol- to vasta di attività, alcune delle quali fanno capo ai settori industriali che cre- scono più rapidamente. Quando leggerete questo libro, alcune delle informa- zioni che esso fornisce saranno molto probabilmente già datate, ma la lettura risulterà probabilmente utile lo stesso per darvi un’idea di cosa sia il mercato internazionale. In particolare, tenete presente che: • gli studi di Hollywood hanno spesso il nome più conosciuto all’interno dei marchi di ogni gruppo; • i gruppi mediatici di maggiori dimensioni hanno attività che si svolgono nell’America del Nord, in Europa e in Giappone; • è ancora oggetto di dibattito se le imprese che producono computer o si oc- cupano di telecomunicazione possano essere considerate come appartenenti al settore dei media, ma le imprese come la Microsoft sono comunque di di- mensioni maggiori di quanto non siano i gruppi che si occupano solo di media in senso stretto.

Il controllo finanziario

Le imprese mediatiche moderne sono società per azioni e sono quindi di pro- prietà di azionisti. Specialmente in Europa, è molto diffusa la pratica delle «partecipazioni incrociate», cioè il possesso delle azioni di una impresa da par- te di un’altra impresa dello stesso settore. Gli azionisti più importanti sono in © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 205 genere «investitori istituzionali», cioè società di assicurazione o fondi pensione il cui fine sociale non ha nulla a che fare con le attività produttive che gene- rano i profitti. Migliaia di piccoli azionisti sono rappresentati dai gestori dei «fondi di investimento» e sono quasi del tutto tagliati fuori dalla possibilità di influire sulle attività di impresa. Il destino delle imprese è quindi prevalente- mente nelle mani di ragionieri e consulenti finanziari che, per valutare se va bene, si basano più sui bilanci e sui dividendi distribuiti che non sui prodot- ti. In ultima analisi, il destino di un’impresa mediatica è determinato dal suo valore di borsa. Quanto abbiamo detto vale per tutte le imprese, qualunque sia la loro attivi- L’annuncio, dato nel giugno tà, ma non deve essere interpretato come «prova» del fatto che la produzione di del 2005, del pensionamento media su base industriale non abbia un’importante componente creativa e che, di Laclan, il figlio di Rupert Murdoch, dalla News dal momento che si tratta di un’attività industriale, si svolge dovunque con le Corporation, è stato preso stesse modalità. Tuttavia, serve a dare un’idea di quale sia il tipo di considera- dai commentatori come un segno zioni che spingono un’impresa a comprare o vendere imprese ausiliarie oppure che la News Corporations a interrompere la produzione (cioè a chiudere un testata giornalistica o a ri- potesse sciogliersi quando lo stesso Murdoch avesse deciso nunciare a girare un film). Esistono alcuni personaggi che hanno ricchezze suf- di andarsene. Infatti, nemmeno ficienti a far sì che possano essere considerate in prima persona «protagonisti» il 30% delle azioni possedute del mercato dei media e solo un piccolo gruppo di dirigenti dell’industria dei dalla famiglia è sufficiente media ha una reputazione tale che la loro attività, o anche solo la loro presenza per assicurarsi una successione dinastica. in un’impresa, determini in misura notevole le sorti finanziare di un’impresa mediatica. In ogni modo, sono i ragionieri quelli che giudicano in ultima ana- lisi se vale la pena di intraprendere un progetto. La produzione dei media si svolge in un ambiente economico e finanziario ricco di contraddizioni. Una solida base finanziaria è, in linea di massima, più importante della creatività dei singoli, ma, attorno alla metà degli anni Novanta, un gruppo industriale dotato di immense risorse finanziarie (la Sony) ha gestito in modo disastroso e portato al fallimento due degli studi di Hollywood (Columbia e Tristar), mentre, nello stesso periodo di tempo, un’impresa che si trovava in difficoltà (Disney) è stata salvata e risanata da dirigenti di grande crea- tività. Ma anche una gestione particolarmente illuminata può cadere vittima di eventi assolutamente imprevedibili, come il collasso della cosiddetta economia delle dot.com (cioè delle imprese che cercavano di fare affari sfruttando Internet) che ha fatto sì che la fusione tra la Time Warner e l’AOL (America On Line, il più importante provider americano) risultasse un errore già nel 2004, pochi anni dopo che era stata effettuata. Si può sostenere che esistono strategie gestio- nali che sono in grado di creare un ambiente favorevole alla creatività. E possia- mo anche far notare che, ai fini della sopravvivenza delle imprese, è importante l’atteggiamento assunto nei loro confronti dai mercati finanziari. In quelli degli Stati Uniti si investe volentieri nelle imprese che si occupano di media (e special- mente negli studi di Hollywood), nonostante vi siano stati molti fallimenti cla- morosi. Nel bene e nel male, gli investitori statunitensi sembrano subire il fasci- no di Hollywood (basti pensare al grande interesse che suscita ogni anno la ceri- monia della consegna degli Oscar) e sono disposti a rischiare i loro capitali per esserne parte. In Gran Bretagna (e in Italia) la situazione è completamente diver- sa ed è molto difficile trovare istituzioni finanziarie disposte a investire nella pro- duzione di film o di media nel campo dell’informazione. Il mondo finanziario ed economico dei media è caratterizzato da tassi eleva- tissimi di mutamento e cambia quindi continuamente, se non altro perché i conglomerati continuano a comprare e vendere le singole imprese, nel tentativo 206 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

di salire (e restare a bordo) sul carro del vincitore, un carro che esiste e procede, anche se nessuno sa dove sia diretto. Il fatto che la «bolla» delle imprese dot.com sia clamorosamente scoppiata senza dare alcun contributo alla crescita economi- ca ha portato a un’ondata di realismo nel valutare le prospettive per il futuro, ma esistono ancora manager che parlano con entusiasmo di «nuovi prodotti» e «nuove opportunità». Abbiamo individuato quattro argomenti che sembrano acquistare importanza e che meritano, secondo noi, la vostra attenzione: gli ar- chivi (libraries), i marchi (brands), la distribuzione e le sinergie.

Gli archivi

I nuovi sistemi di distribuzione e la moltiplicazione dei canali televisivi causata dal passaggio alla tecnologia digitale hanno portato a una situazione in cui esi- stono mezzi di comunicazione, ma non esistono e non sono prodotti in misura sufficiente nuovi contenuti da trasmettere. Chiunque controlli un archivio o un «catalogo» di prodotti mediatici di una certa visibilità è ora in grado di sfruttare tali risorse in modo molto agevole e conveniente. Gli archivi di film di Hollywood, i diritti di riproduzione di canzoni molto note e gli archivi fo- tografici sono ricercati dalle grandi imprese mediatiche che si affrettano ad ac- quistarli a caro prezzo. Sono catalogati e presentati on line in diverse raccolte e permettono di far soldi, sia attraverso la vendita diretta, sia affittandoli, perché vengono utilizzati dai diversi media. Gli archivi sono altresì un’importante risorsa di riserva per le grandi imprese che operano in un settore rischioso, come quello della distribuzione di film. DreamWorks, uno studio di produzione relativamente «nuovo», ha una posi- zione precaria perché, se uno dei suoi film non ha successo sul piano finanzia- rio, non può disporre dei ricavi che derivano dallo sfruttamento di un grande archivio e che costituiscono un rivolo costante, la linfa vitale che tiene in vita le major consolidate.

I marchi

Man mano che il mercato dei media diviene sempre più internazionale e le im- prese cercano di essere attive in molti paesi diversi tra loro, il marketing dei nuovi prodotti diviene sempre più problematico. Se una impresa vuole farsi conoscere in Polonia, in Thailandia e nella Repubblica Sudafricana, avrà biso- gno di logo diversi, di una diversa immagine aziendale, per attirare clienti che provengono da culture tanto diverse? I marchi costano (si veda il Capitolo 9). Il potere del loro marchio (brand ) internazionale, che è riconosciuto istanta- neamente dovunque, è quindi un fattore molto importante nello spiegare la longevità degli studi di Hollywood. Non crediamo esistano molte regioni del mondo nelle quali lo scudo della Warner, la montagna della Paramount e il leone della MGM non sono riconosciuti subito dal pubblico (molti dei più fa- mosi film della MGM sono ora distribuiti dalla Time Warner, ma il leone resta tra le immagini di testa). Le iniziative di merchandising, che sfruttano a fondo il logo aziendale, sono prova di quanto importante sia oggi il marchio. I conglomerati prestano grande attenzione ai problemi relativi ai marchi e ai nomi della imprese. Quando il produttore di bevande alcoliche Seagram ha © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 207 comprato l’MCA, ha immediatamente cambiato il nome della branca dell’im- presa che si occupava di cinema, riesumando il suo nome tradizionale: Uni- versal Pictures. Ma quando la Disney ha acquistato la Miramax, ne ha mante- nuto il nome, dal momento che si trattava di un marchio «forte» nel campo della produzione indipendente. Il marchio Universal appartiene ora a due di- versi gruppi: la General Electric che ha comperato il settore della televisione e quello dei film per fonderli nella NBC e la Vivendi che possiede l’impresa di prodotti musicali MCA-Universal.

Le nuove forme di distribuzione

Il passaggio ai prodotti mediatici in formato digitale fa sì che oggi testi, imma- gini e suoni possano essere tutti trasmessi attraverso i cavi a banda larga e le tecnologie di trasmissione radiotelevisive digitali. Le imprese che controllano le reti di questi cavi e piattaforme digitali hanno quindi conseguito un grande potere. Anche in questo caso, il mercato mondiale è dominato dalle principali imprese dell’America del Nord che si sono sviluppate nel grande mercato delle telecomunicazioni esistente nel loro paese d’origine. In Europa sono previste grandi battaglie tra gli ex monopoli statali (in Italia, Telecom erede della Sip) e le nuove imprese sorte nel settore, come la Vodafone, ma l’esito dipenderà in gran parte da quello che succede sul mercato delle teleco- municazioni degli Stati Uniti dove si prospetta, da un lato, la fusione tra le impre- se che controllano le reti di cavi a banda larga e le imprese telefoniche e, dall’altro, fusioni, o almeno accordi di collaborazione, tra chi possiede le reti digitali, i for- nitori di software, come la Microsoft, e gli studi di produzione di Hollywood.

La sinergia

Sinergia è un termine che appartiene al gergo professionale dei media e si rife- risce all’«energia» in più che si produce quando due imprese o prodotti, che sono in qualche modo complementari, si uniscono. Il connubio fra la televisio- ne via cavo e il servizio telefonico ne è un buon esempio. La vendita di servizi telefonici serve a recuperare i costi dell’istallazione dei cavi e, un volta che i cavi sono installati, i servizi telefonici possono essere venduti a prezzi più con- venienti, e così via. Il concetto di sinergia è attraente, ma non sempre i vantaggi che ne derivano sono evidenti. La Sony ha dovuto lottare molto per potere trarre vantaggi eco- nomici dal fatto di possedere imprese che producono hardware e imprese che si occupano di sviluppare software: il fatto di produrre film infatti non aiuta necessariamente a vendere lettori di DVD. La Matsushita e la Philips, che han- no cercato di fare entrambe le cose, alla fine hanno rinunciato e venduto le partecipazioni azionarie di controllo che detenevano rispettivamente in MCA/Universal e Polygram ancora negli anni Novanta. In tempi più recenti il conglomerato Viacom ha incoraggiato tutte le imprese da lei controllate a svi- luppare idee originali e creative che potessero poi essere utilizzate dalle altre imprese del gruppo. Così Nickelodeon e MTV hanno prodotto film che sono stati distribuiti dalla Paramount, mentre i libri che si connettevano ai film era- no editi dalla Simon and Schuster. Ma già nel 2005 sono comparsi segnali che 208 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

fanno pensare che alla Viacom converrebbe concentrarsi sulle attività che sono più redditizie per i suoi azionisti, anziché cercare di ampliare la propria quota di mercato. Si tratta di una nuova tendenza che ha portato alcuni conglomerati a vendere parte delle imprese controllate per concentrarsi su altre. Le sinergie possono diventare un lusso quando il mercato dei media è poco vivace.

«Indipendenza» e «alternative» nell’industria dei media

Sinora, parlando della produzione e del consumo dei media, ci siamo limitati a quella che possiamo considerare la normalità (mainstream): attività su larga scala, prevalenza dello scopo di lucro e atteggiamenti consoni a quelli della maggior parte della società. È qui che troviamo i protagonisti principali del mercato, anche se in ciascuno dei settori tali protagonisti possono assumere ruoli diversi. Una delle major della televisione e del cinema, la Disney, è consi- derata una «indipendente» nel settore della musica (si veda il caso di studio in calce al capitolo). A volte i grandi gruppi riescono a far definire «indipendenti» alcuni dei propri prodotti, dando alla filiale che se ne occupa una veste giuridi- ca a parte o acquisendo una impresa «indipendente» (ad esempio, la Time Warner ha acquistato due produttori di film «indipendenti», la Fine Line e la New Line, ma ha fatto di tutto perché queste mantenessero la loro identità). Essere al di fuori della «normalità» significa spesso solo produrre in preva- lenza per un mercato locale contenuti di natura educativa o destinati alla for- mazione, bollettini parrocchiali, fanzine, ecc. Ma, a volte, essere «fuori dalla normalità» è frutto di una decisione consapevole da parte di un professionista della produzione (un tentativo di diversificare i propri prodotti o di offrire qualcosa che aspira a essere diverso da ciò che producono gli altri). Grazie all’ampiezza di trattazione Utilizzare il termine «indipendente» e legarlo alla produzione mediatica «al- dei film e della produzione ternativa» presenta dei problemi. La maggior parte della produzione di mezzi di su Internet e attraverso i materiali comunicazione richiede una stretta collaborazione tra attività creativa e attività extra in DVD è possibile scoprire molto di quanto succede di natura tecnica e necessita di un’organizzazione che sia in grado di distribuire i in merito alla realizzazione prodotti. Tutto ciò che concerne i media «dipende» dal ricorso a una tecnologia, di un film «indipendente». dai finanziamenti e da altro ancora. È necessario allora esaminare più da vicino in che modo i produttori possono far fronte a questa «dipendenza» ed evitare che essa li condizioni completamente. Esistono diverse possibilità. • Il maverick (termine che indicava nel Far West un bovino fuggito da una mandria e non marchiato) non vuole essere un «normale», perché, ad esem- pio, trova insopportabile la logica «di bilancio» delle attività condotte a sco- po di lucro e ciò che essa comporta in termini di vincoli all’assunzione di ri- schi o all’impegnarsi in attività che siano di interesse locale o riguardino in- teressi speciali. Questi produttori trovano il modo di svolgere la loro attività senza accettare, più di quanto non sia strettamente necessario, vincoli che compromettano il contenuto e lo stile del loro lavoro. Ciò può comportare rivolgersi a un pubblico di nicchia, accettando solo finanziamenti che pro- vengano da fonti particolari (ad esempio, un fondatore che condivida i valo- ri del produttore), oppure aggrappandosi al concetto di «arte» che può evo- care e consentire prassi diverse da quelle normali. • L’«artista» vuole mantenere il controllo su quello che fa, e lavora utilizzando un gruppo molto ristretto di collaboratori che restano sempre gli stessi, ma è disposto ad accettare che i prodotti del suo lavoro siano considerati «arte» e © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 209

FIGURA 7.8 La Mostra del Cinema di Venezia è uno dei festival cinematografici più antichi e prestigiosi. Il Leone d’oro è uno dei premi più ambiti e contribuisce a far conoscere i film che lo ricevono sui mercati di tutto il mondo.

pertanto circolino al di fuori dei normali canali commerciali. Il mercato dei prodotti «d’arte», nella cinematografia, nella televisione e nella produzione di video, è altrettanto istituzionalizzato rispetto a quello dei prodotti «nor- mali», ma comporta che il produttore agisca in modo diverso (ad esempio, partecipando a festival e mostre, fruendo di spazi particolari per le recensio- ni e la pubblicità) e ricorra anche a fonti di finanziamento particolari (spon- sorizzazioni, fondi pubblici o da fondazioni; si veda a proposito quanto det- to in precedenza nel Capitolo 4). • Il produttore «impegnato dal punto di vista politico» ha, invece, l’obiettivo di proclamare qualcosa o di lavorare con un gruppo ben delimitato di collabora- tori alla soluzione di problemi sociali e cercherà opportunità per fare questo, scegliendo canali di distribuzione non controllati dai grandi gruppi mediatici e cercando fonti alternative di finanziamento (enti pubblici, fondazioni, ecc.).

«Indipendenti» di successo

Dopo i tre film de Il signore degli anelli prodotto da una impresa di produzione «indi- pendente», ma controllata da uno degli studi, la New Line, i due produttori indipen- denti più importanti degli ultimi anni sono stati Mel Gibson e Michael Moore. Gibson Si veda il Capitolo 14 «i documentari» e la «reality tv» è notoriamente una delle stelle di Hollywood e lavora in genere in film «ordinari», ma e il secondo caso di studio il suo La passione di Cristo (The Passion of Christ), prodotto nel 2004 e distribuito in su Michael Moore. Gran Bretagna dalla Icon, di proprietà dello stesso Gibson, è stato il film prodotto da una indipendente che ha avuto il maggior successo da sempre. Michael Moore ha sempre cercato di produrre come «indipendente»; in un primo tempo, il suo Fahren- heit 9/11 doveva essere distribuito dalla Miramax, ma quando questa impresa si è tira- ta indietro, la produzione è proseguita a opera dell’«indipendente» Newmarket Films.

Alcuni produttori (non Mel Gibson, ma forse, da un certo punto di vista, Michael Moore) hanno svolto attività pioneristiche, creando prodotti mediatici innovativi dal punto di vista sostantivo o formale: sono stati cioè «di avanguar- dia». Solo dopo un certo periodo di tempo i «normali» recuperano il ritardo, ma spesso «incorporano» le innovazioni nella loro produzione (si veda quanto ab- biamo detto in precedenza su come i confini della «normalità» si estendano). Se 210 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

oggi esiste ancora un’«avanguardia» nella produzione mediatica è più probabile che essa si collochi nel campo dei «nuovi media» e che utilizzi la tecnologia digi- tale e, forse, adotti modelli propri della video art contemporanea.

La cultura alternativa

Mike Figgis è uno dei pochi registi La tecnologia digitale può essere utilizzata in nuovi tipi di attività mediatiche. I che abitualmente appartengono produttori di musica e video hanno evidentemente tratto vantaggi dal poter uti- alla categoria dei «normali» lizzare attrezzature di qualità elevata non eccessivamente costose. Se i grandi ad aver sperimentato la tecnologia digitale in alcuni film come gruppi non vogliono distribuire la musica attraverso i loro canali di distribuzio- Timecode (USA, 2000) ne o chiedono prezzi troppo elevati per farlo, è possibile fare ricorso a Internet. che rappresenta Non si tratterà di un mercato molto esteso, ma, se si riesce a mantenere bassi i contemporaneamente, costi, la cosa può essere ugualmente fattibile. Inoltre Internet consente ai pro- sullo stesso schermo, quattro scene diverse (in modo duttori che si trovano in parti remote del mondo di raggiungere pubblici nuovi. continuativo per 90 minuti), I mutamenti sopravvenuti nel mondo della politica, dove i partiti di tipo tra- girate in località diverse. dizionale sono in declino e fioriscono gruppi che si battono per obiettivi specifi- ci e nuovi tipi di coalizioni (spesso capaci di riunire gruppi e persone di naziona- lità diversa) ha fatto sì che siano stati creati una quantità enorme di siti web che presentano idee non convenzionali e lo fanno in forme innovative. Il far circola- re immagini, canzoni, barzellette e indirizzi ad altri siti è parte integrante della cultura di Internet. Sin dagli inizi, uno degli aspetti più interessanti (almeno per alcuni degli utenti) della rete è stato la possibilità di trovarvi notizie diverse dal solito, e tra questi i più popolari erano quelli che si definivano «alternativi» che, anche se non sempre, presentavano punti di vista diversi da quelli consueti. L’etichetta «alternativo» si è anche diffusa in altri media, cosicché oggi esiste una musica country «alternativa», nuovo genere musicale che vuole essere espli- citamente «non Nashville» (4). Ma, dal momento che anche nel country «altera- tivo» sono già nate le prime stelle, come, ad esempio, Ryan Adams, è possibile che molto presto anche i grandi gruppi cominceranno a occuparsene. Spesso si parla dell’insieme dei produttori indipendenti come di un mondo di simpatici ribelli che rifiuta ogni compromesso con le esigenze dettate dall’economia e dal- l’avidità del mondo dei «normali», ma forse, sfortunatamente, si tratta di una vi- sione troppo romantica; in ogni caso, farete bene a tenerne conto.

ATTIVITÀ 7.8 La cultura alternativa Passate in rassegna i vostri più recenti acquisti di prodotti mediatici. • Quanti di questi possono essere considerati «indipendenti» o «alternativi»? Rien- trano in una delle tre categorie (maverick, artisti e politicizzati) che abbiano elenca- to in precedenza? Ve ne sono alcuni che fanno sfoggio della etichetta «alternativo» (alt.) o «indipendente» (indie)? • È stato questo uno dei motivi per cui li avete acquistati? Usate uno dei motori di ricerca, ad esempio Google (si veda in materia il Capitolo 9) utilizzando come parole chiave «Alternative Music» o «Alternative Politics». • Che universo di siti trovate? Quello che avete trovato fa pensare che esista una «cultura alternativa» o che vi possano essere dei potenziali produttori alternativi?

(4) N.d.T. Nashville è la città del Tennessee in cui è collocato il «tempio» della musica «country», dove si esibiscono i gruppi e i cantanti più popolari del genere. © 978-88-08-19263-9 7 Le industrie della comunicazione 211

BIBLIOGRAFIA E LETTURE DI APPROFONDIMENTO Molti dei testi indicati sono adatti per letture di approfondimento. Bach, Steven (1985), Final Cut, Jonathan Cape, Londra. Balio,Tino (1998), «”A major presence in all of the world’s important markets”: the globalisation of Hollywood in the 1990s», in Steve Neale e Murray Smith (eds.), Contemporary Hollywood Cinema, Routledge, Londra. Branston, Gill (2000), Cinema and Cultural Modernity, Open University Press, Buckingham. Gomery, Douglas (1986), The Hollywood Studio System, BFI/Macmillan, Londra. Gomery, Douglas (1992), Shared Pleasures, BFI, Londra. Gomery, Douglas (1996), «Toward a new media economics», in David Bordwell e Noel Carroll (eds.), Post-theory: Reconstructing Film Studies, University of Wisconsin Press, Madison e Londra. Lacey, Nick e Stafford, Roy (2000), Film as Product in Contemporary Hollywood, British Film Institute, Londra. Maltby, Richard (1995, 2a ed. 2003), Hollywood Cinema, Blackwell, Oxford. Maltby, Richard (1998), «”Nobody knows everything”: post-classical historiographies and consolidated entertainment», in Steve Neale e Murray Smith (eds.), Contemporary Hollywood Cinema, Routledge, Londra. Miller,Toby, Govil, Nitin, McMurria, John e Maxwell, Richard (2001, 2a ed. 2004), Global Hollywood, British Film Institute, Londra. Neale, Steve e Smith, Murray (eds.) (1998), Contemporary Hollywood Cinema, Routledge, Londra. Wasko, Janet (2001), Understanding Disney, Polity Press, Cambridge. Wasko, Janet (2003), How Hollywood Works, Sage, Londra. Wyatt, Justin (1994), High Concept: Movies and Marketing in Hollywood, University of Texas Press, Austin. Wyatt, Justin (1998), «The formation of the “major independent”: Miramax, New Line and New Hollywood», in Steve Neale e Murray Smith (eds.), Contemporary Hollywood Cinema, Routledge, Londra.

STAMPA COMMERCIALE Broadcast Press Gazette Screen International

SITI INTERNET uk.imdb.com www.boxofficemojo.com www.mpaa.org www.skillset.org.uk 212 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

CASO DI STUDIO Gli attori principali nell’industria dei media

Le major smi pubblici e finanziamenti (ad esempio, in Gran Bre- tagna possono ricevere fondi dal Film Council). Nella maggior parte dei settori più importanti dell’indu- Ma, per quanto queste caratteristiche siano condivise, i stria, le attività economiche sono dominate da un gruppo gruppi hanno anche peculiarità individuali e vale la pena ristretto di «attori» principali. Dopo gli anni Novanta, con tracciare un breve profilo di ciascuno di essi. Ricordiamo la fine della guerra fredda e la privatizzazione di molte im- che non è facile rendere perfettamente comparabili i dati prese statali europee (specie nel settore delle telecomuni- economici dei diversi gruppi. Le cifre relative al fatturato cazioni), le opportunità di un’espansione in tutto il mondo hanno natura semplicemente indicativa e servono più che di tali attori principali (le major nel campo dei media) si altro a dare un’idea delle dimensioni di ciascuno. La maggior sono moltiplicate. La tendenza al consolidamento del mer- parte dei dati sono tratti dal sito www.hoovers.com che cato attraverso fusioni e acquisizioni viene spesso giudica- contiene un breve profilo di ciascuno dei gruppi più impor- ta inevitabile, e giustificata col ricorso a metafore molto tanti. Al fine di rendere i dati più agevolmente comparabili popolari, quale quella relativa alla libertà dei mercati. Ma i tutti i valori sono espressi in dollari degli Stati Uniti. mercati sono instabili e, per quanto siano congegnati in modo da favorire le imprese di maggiori dimensioni, non Time Warner (fatturato 2004: 42 miliardi di dollari) esistono garanzie (si veda Wheen, 2004). A partire dal www.timewarner.com/corp 1996 abbiamo aggiornato questo libro ogni tre anni e Considerato in genere il maggiore dei gruppi attivi nel set- spesso cose sorprendenti si sono verificate tra una edi- tore dei media, la Time Warner è stata fondata nella sua zione e quella successiva. forma attuale da Stephen J. Ross che ha comprato nel 1969 La Figura 7.9 riporta i dati fondamentali relativi agli otto la Warner Bros, all’epoca in pessime condizioni, e durante i conglomerati attivi nel mondo dei media; si tratta di gruppi venti anni successivi ha costruito un conglomerato media- le cui attività si svolgono in almeno tre diversi settori e na- tico fortemente integrato sul piano verticale, sia attraverso zioni. Questi gruppi condividono diverse caratteristiche: acquisizioni che fondando nuove imprese; nel 1990 ha final- • i marchi più forti e conosciuti in tutto il mondo sono i mente coronato la sua espansione con l’acquisto della logo degli studi di Hollywood: solo i due gruppi con sede in Europa non hanno la FIGURA 7.9 I principali conglomerati attivi nel campo dei media. possibilità di usarli; Proprietà Sede Capitale Fatturato Dipendenti • negli Stati Uniti tutti i principali network (azioni possedute complessivo (2004), televisivi sono di proprietà di uno dei da altri gruppi (2004), miliardi miliardi gruppi; mediatici) di dollari di dollari • con una sola eccezione (la Sony) si tratta Time Warner 4% Liberty New York 123,34 42,1 84 900 di gruppi che sono specializzati nel campo Media dei media e dei sistemi di comunicazione, Sony Tokyo 88,63 66,9 162 000 oltre che nella produzione di contenuti (2005) («software» e distribuzione) – da questo Viacom 71% National New York 68,0 22,53 38 350 punto di vista la situazione appare molto Amusements cambiata rispetto agli anni Settanta e Ot- Disney Burbank 53,9 30,75 129 000 tanta, quando numerose imprese mediati- (California) che facevano capo a conglomerati con in- News 17% Liberty New York 51,24 20,45 38 000 teressi diversificati; Corporation Media • a prima vista i gruppi possono sembrare NBC Universal 80% General New York n.d. 12,89 ca 16 000 in accesa concorrenza tra di loro, ma in Electric, realtà cooperano spesso in joint ventures e 20% Vivendi investono in imprese controllate dalle al- Vivendi 4% Liberty Parigi 58,64 29,03 38 000 tre attraverso «partecipazioni incrociate»; Universal Media • per quanto si tratti di imprese private, ri- Bertelsmann Gütersloh 25,82 23,21 76 200 cevono spesso la consulenza di organi- (Germania) © 978-88-08-19263-9 7 CASO DI STUDIO: Gli attori principali nell’industria dei media 213

Time Inc., l’impresa americana leader nella pubblicazione di stato ceduto il 50% della stazione di televisione via cavo riviste e proprietaria di una emittente televisiva via cavo. La Comedy Central. Warner Bros era stata una delle 5 major, cioè dei grandi La situazione esistente nel 2005 ha visto la Time studi cinematografici, e venne fondata nel 1923, ma, alla Warner, ormai consolidata come conglomerato di imprese fine degli anni Sessanta era finita nelle mani della Kinney mediatiche, con punti di forza nell’editoria, nella produzio- Enterprises, un gruppo che controllava imprese attive in ne di film e DVD e nei servizi online. I più importanti mar- una serie di settori che andavano da quello delle pompe chi che fanno capo al gruppo sono: funebri ai parcheggi. Dopo la morte di Ross, la politica del- • Time Inc., IPC e DC Comics per l’editoria; le acquisizioni è continuata e il gruppo ha assorbito prima, • Warner Bros per la produzione e distribuzione di film e nel 1996, l’impero mediatico di Ted Turner e si è fuso poi materiali televisivi; con America Online (AOL), il principale provider america- • New Line e Warner Independent (produttori cinemato- no, nel 2000. In questa operazione di fusione la Time grafici «indipendenti»); Warner ha agito come partner di minoranza rispetto ad • Il network televisivo WB; AOL il cui valore di borsa era all’epoca fortemente soprav- • HBO e Time Warner Cable, per la televisione via cavo; valutato per effetto della «bolla delle dot.com»; nel giro di • Warner Home Video; tre anni il nome del conglomerato (AOL Time Warner) era • CNN,TNT, Cartoon Network TMC e altri canali tele- tornato a essere solo Time Warner, dato il ridimensiona- visivi; mento della AOL. • AOL Online come provider Internet. Come la maggior parte degli studi cinematografici di Hollywood ha girato film anche in Gran Bretagna (nei suoi Sony (fatturato 2004: 66,9 miliardi di dollari) teatri di posa situati a Teddington). Nel 1945 la Warner www.sony,com/SCA/index.shtml Bros è divenuta l’azionista di riferimento dello studio cine- Rispetto agli altri gruppi dei quali ci stiamo occupando, la matografico britannico ABPC (Associated British Picture Sony è una impresa relativamente giovane dal momento Corporation), un’impresa a elevata integrazione verticale che è stata fondata nel 1946. Si distingue anche per il fatto che, tra l’altro, possedeva la catena di sale cinematografiche che è stata ed è tuttora prevalentemente un’impresa mani- ABC. Questa situazione si è protratta sino al 1969 ed è fatturiera che produce apparecchiature elettroniche sia stato il primo esempio di una tendenza che si è diffusa ne- per l’uso «domestico» che a scopi «professionali». La Sony gli anni successivi. La Warner Bros è tornata a essere attiva è una multinazionale nel vero senso del termine con pro- nella gestione di sale cinematografiche britanniche negli pri uffici, fabbriche e punti vendita in tutti i più importanti anni Novanta, quando si è associata alla catena di sale di paesi del mondo. I suoi prodotti, particolarmente innovati- proprietà dell’australiana Village Broadshow, che si trasfor- vi, sono molto conosciuti e i registratori VCR,i walkman, e mata in Warner Village Cinemas,assorbita, a sua volta, dalla così via, dovrebbero comunque essere citati in ogni libro catena inglese Vue nel 2004. Questo schema sarà seguito dedicato ai media. Ma con l’acquisto della CBS Records nel anche in altri paesi attraverso la Warner Bros International 1998 e della Columbia Pictures Entertainment nel 1989 la Cinemas (WBIC): attualmente esistono catene di sale della Sony ha cambiato radicalmente la propria strategia. As- WBIC in Cina, Giappone, Italia e Spagna. Nel 2001 la Time sieme all’acquisto effettuato dalla Matsushita (Panasonics, Warner ha anche acquistato il gruppo IPC leader nel cam- JVC, ecc.) della MCA-Universal questa mossa è stata un po della pubblicazioni di riviste dedicate al grande pubblico preciso segnale della forza dell’economia giapponese in sul mercato inglese. fase di forte espansione (in un momento in cui l’economia In America, la Warner Bros ha rafforzato la sua presenza americana segnava il passo).A questo punto la Sony poteva nel mondo della televisione creando nel 1995 «la WB», un disporre di archivi di film e di registrazioni musicali che le network destinato prevalentemente al pubblico giovanile. permettevano di sfruttare al meglio le tecnologie innovati- La Warner Bros Television può considerarsi l’impresa di ve che offriva ai consumatori. Ma le sinergie previste non produzione di materiali televisivi più importante per ciò sono state all’altezza delle previsioni, anche dopo il lancio che concerne le «serie destinate al prime-time» che sono di una nuova tecnologia, quella della Playstation effettuato vendute a tutti i sei network degli Stati Uniti e, nel biennio attorno alla metà degli anni Novanta. 2004-2005, ha prodotto ben 22 serie. Nel periodo succes- La Columbia Pictures, col suo caratteristico logo che sivo alla fusione con AOL il gruppo ha avuto notevoli pro- rappresenta una donna in costume della Grecia antica che blemi finanziari che lo hanno costretto alla vendita della solleva una torcia, risale agli anni Venti. Per tutto il periodo Warner Music Group, che attualmente è una impresa indi- in cui a Hollywood regnava il «sistema degli studi» ha fatto pendente (si veda il sito www.wmg.com). Sono state anche parte del gruppo dei «tre piccoli», cioè degli studi che non vendute attività di franchising nel campo dello sport ed è avevano il supporto finanziario derivante dal possesso di 214 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9 una propria catena di sale cinematografiche. Per quanto nel FIGURA 7.10 L’impegno dei conglomerati nei vari settori suo archivio vi fossero molte pellicole del periodo classico dell’industria dei media. del cinema, non c’erano tuttavia pezzi pregiati come quelli Time Warner Studi cinematografici, produzioni televisive, della Warner Bros. La Columbia, però, è stata la prima casa emittenti e network televisivi, fumetti, cinematografica a cimentarsi nella produzione televisiva sin riviste, editoria, servizi per Internet. dal 1948 e,nel 1982,ha messo in piedi (in società con l’HBO Sony Studi cinematografici, produzioni televisive, e la CBS) un secondo studio di produzione destinato in registrazioni musicali, videogame. modo particolare a produrre film da trasmettere sui canali Viacom Studi cinematografici, produzioni televisive, via cavo. Questo secondo studio è diventato la Tristar,che è emittenti e network televisivi, editoria, stata successivamente fusa con la Columbia e oggi fa parte affissioni. della Sony Pictures Entertainment. Un’altra mossa impor- Disney Studi cinematografici, produzioni televisive, tante e innovativa per un conglomerato giapponese è stata emittenti e network televisivi, stazioni la messa in atto di attività della Sony Pictures sui mercati radiofoniche, parchi a tema. asiatici e in particolare in Cina e in India dove vengono pro- News Corporation Studi cinematografici, produzioni televisive, dotti film e gestiti network televisivi. emittenti e network televisivi, editoria, quotidiani. Quello della Columbia Records è il marchio più antico nel campo delle registrazioni musicali in quanto risale al NBC Universal Studi cinematografici, produzioni televisive, emittenti e network televisivi, parchi a tema. 1888. L’impresa ha contribuito alla costituzione della Columbia Broadcasting System (CBS) nel 1927 ed è stata a Vivendi Universal Archivio di film, network televisivo (Europa), registrazioni musicali, videogame, telefonia. sua volta comprata nel 1938 dalla CBS, che l’ha ceduta alla Sony nel 1988. Subito dopo, la Sony ha acquistato i diritti Bertelsmann Produzioni televisive, emittenti e network televisivi (Europa), stazioni radiofoniche, relativi al marchio Columbia nel resto del mondo (di pro- editoria, registrazioni musicali, Internet. prietà della EMI) e ha lanciato il marchio su scala mondiale. Nel 2004 la Sony ha fuso le sue attività nel campo delle re- gistrazioni musicali con quelli della Bertelsmann (ne parle- ricano sono chiamate «closely held corporations» («custo- remo tra poco) formando la Sony BMG. dite con cura»). Originariamente la Viacom era una piccola impresa fondata dalla CBS, il grande network televisivo ATTIVITÀ 7.9 americano. Dopo averla acquistata, Redstone l’ha utilizzata per acquistare un ricco «portafoglio» di marche molto note Un profilo delle attività della Sony nel campo dei media come MTV, Blockbuster (successiva- nel campo dei media mente quotata in borsa e ceduta nel 2004), Paramount e Cercate su Internet informazioni utili a completare il suc- CBS, oltre a partecipazioni in case editrici, canali televisivi, cinto profilo della Sony appena delineato. Concentratevi stazioni radiofoniche e imprese di cartellonistica. sulle attività più propriamente mediatiche (ignorando, ad La Paramount Pictures era uno dei più antichi studi cine- esempio, tutto quello che riguarda la produzione di appa- matografici di Hollywood, fondato nel 1912 da un gruppo di recchiature): distributori e ben presto fuso con le catene di sale cinema- • Qual è l’organizzazione della Sony? Come raggruppa tografiche Famous Players e Lasky’s, guadagnando una posi- le sue attività, in quali paesi? zione di forza proprio su questo mercato; nel 1948 la Corte • Quali sono i marchi attraverso i quali presenta i suoi Suprema degli Stati Uniti l’ha costretta a vendere le sale e la prodotti? Paramount è sopravvissuta con la sola attività di produzione • Come agisce in Gran Bretagna? Come produce e dis- sino agli anni Settanta, quando controllata dalla Gulf + tribuisce in questo paese? Western ha prodotto grandi successi come Il padrino (USA, 1971). Da quando la Viacom ha acquistato la Paramount la Viacom (fatturato 2004: 22,8 miliardi di dollari) gestione di quest’ultima è stata improntata al modello «lean www.viacom.com and mean» («magra e cattiva»), ovvero, alla ricerca di siner- Viacom è l’unico tra gli otto grandi conglomerati che non è gie con altre imprese della Viacom,ma senza cercare di ot- quotato in borsa, in quanto è controllata completamente da tenere profitti da film molto costosi e destinati al grande una sola società, la National Amusements Inc., la cui pro- pubblico. Un esempio di come una strategia del genere pos- prietà fa capo a una famiglia. La National Amusements Inc. sa essere redditizia è il fatto che abbia guadagnato 300 o ha come presidente Summer Redstone e gestisce catene di 400 milioni di dollari, associandosi all’ultimo momento alla sale cinematografiche,tra le quali l’inglese Showcase,in mol- Fox, terrorizzata dall’aumento fuori controllo dei costi di ti paesi; si tratta di una di quelle imprese che nel gergo ame- produzione, nel lancio di Titanic. In genere i guadagni della © 978-88-08-19263-9 7 CASO DI STUDIO: Gli attori principali nell’industria dei media 215

Paramount provengono da film piccoli (poco costosi, ma ca- dale composto di 600 film, ma portando con loro il mar- paci di attirare molti spettatori al cinema) quali quelli della chio Dimension specializzato in film del genere horror. La serie dei Rugrats (prodotto dalla Nickelodeon) e Save the Disney ha anche tratto vantaggi dalla estesa collaborazione Last Dance (prodotto da MTV). avuta con l’impresa di produzione di cartoni animati di ta- Il punto di forza della Viacom è nel settore della televisio- glio innovativo Pixar (Toy Story, Gli incredibili, ecc.), ma tale ne dove possiede i network CBS e UPN (United Paramount collaborazione sembra cessata nel 2005. Networks) e canali via cavo come BET (Black Entertain- I parchi a tema Disneyland hanno preso vita negli anni ment Television),MTV,Nickelodeon,e così via.Se a questo si Cinquanta, quando è iniziata la produzione di cartoni ani- unisce Infinity Outdoor Advertising (affissioni e attività simi- mati per la televisione con i personaggi disneyani, che sono lari), si capisce come la Viacom possa affermare di essere il i protagonisti dei prodotti destinati al merchandising di cui gruppo che ha più spazi pubblicitari da vendere negli Stati si occupa il centro per i Consumer Products. Le attività Uniti (e con una presenza cospicua anche in altri paesi). della Disney si estendono in tutto il mondo, specialmente Nel 2005 ci si aspetta che Summer Redstone (nato nel per ciò che riguarda i parchi a tema; l’undicesima Disney- 1923) si ritiri e che la Viacom dia inizio a una strategia di land, situata a Hong Kong, è stata inaugurata nel settembre «de-fusione» per concentrarsi sulle attività più redditizie del 2005 (si veda in materia quanto diremo nel Capitolo per i propri azionisti. Due nuove imprese,Viacom Inc. e CBS 15 dedicato alla globalizzazione). Il profilo multinazionale Inc., sono state annunciate nel 2006. Controllate se questo della Disney si è completato quando il gruppo ha assunto il è effettivamente avvenuto, dato che alcuni analisti hanno compito di distribuire in Occidente i film prodotti dallo espresso dubbi al proposito (si veda il sito money.cnn.com, studio giapponese Ghibli, tra i quali i più noti sono Princess giugno 2005). Mononoke e Spirited Away. La Disney è stata oggetto di interesse, sia da parte dei Disney (fatturato 2004: 30,7 miliardi di dollari) giornalisti che da parte di studiosi, per la sua immagine forte- http://corporate.disney.go.com/indx.html mente caratterizzata come «impresa per famiglie» e per la Sul finire degli anni Novanta la Disney si è espansa acqui- conseguente «autocensura» esercitata nei confronti dei suoi stando ABC, il terzo per importanza tra i network televisi- stessi prodotti, e in parte per la personalità del suo pre- vi statunitensi. In tal modo ha esteso i propri possedimenti sidente, Michael Eisner,che nel 2004 ha annunciato il proprio nel campo della televisione, e ha altresì assunto il controllo ritiro dopo aver guidato il gruppo per oltre vent’anni. di diversi canali televisivi via cavo compresi nel marchio ESPN. La Disney è attualmente organizzata in quattro di- ATTIVITÀ 7.10 versi «centri di attività»: Studio Entertainment, Parks and A proposito della Disney Resorts, Consumer Products e Media Networks. Cercate su Google notizie sulla Disney Corporation e su In quanto studio cinematografico, la Disney ha origini Michael Eisner. meno prestigiose rispetto alle altre major. Lo studio per • Che tipo di notizie trovate sulla Disney? cartoni animati fondato da Walt Disney negli anni Venti era • Che tipo di «stile di lavoro» caratterizza questo con- inizialmente un piccolo «indipendente» i cui lungometraggi glomerato secondo tali notizie? sono stati distribuiti, a partire dal 1937, dalla RKO, una del- • Quanto importante è il fatto che il gruppo ostenti la le major dell’epoca. Solo nel 1955, una nuova impresa del propria «americanità» (si veda il Capitolo 9 e in parti- gruppo Disney, la Buena Vista, ha assunto il compito di dis- colare quanto detto a proposito dell’«effetto COE»)? tribuire in esclusiva i film della Disney, tra i quali, a questo punto, vi erano, oltre che i tradizionali cartoni animati, an- che film veri e propri. Negli anni Novanta la Disney ha fon- News Corporation (fatturato 2004: 20,45 miliardi di dato altri due studi cinematografici, Touchstone e Holly- dollari) wood Pictures, destinati a produrre film non ispirati al- www.newscorp.com l’ethos di «intrattenimento per le famiglie» tipico della Forse la più chiacchierata tra le organizzazioni mediatiche in Walt Disney Pictures, e ha acquistato anche la Miramax, Gran Bretagna,la News Corporation è il risultato degli sforzi uno studio «indipendente», cosa che ha creato molto im- dell’australiano, naturalizzato negli Stati Uniti, Rupert Mur- barazzo quando, nel 1994, il film Pulp Fiction, un grande suc- doch per costruire una major attiva nel campo dei media in cesso della Miramax, è stato giudicato da molti del tutto tutto il mondo. La News Corp possiede imprese attive in inconciliabile con l’immagine della Disney come produttri- tutti i settori dei media, eccezion fatta per quello delle regi- ce di materiali «adatti alle famiglie». Nel 2005, i fondatori strazioni musicali, ed è una vera multinazionale che occupa della Miramax, i fratelli Weinstein, hanno abbandonato il una posizione di rilievo in Australia, in Asia e negli altri paesi gruppo Disney, rinunciando al marchio e all’archivio azien- che si affacciano sulle coste del Pacifico, oltre che in Europa e 216 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9 in America settentrionale, partendo dalla proprietà di alcuni la Universal non ha mai posseduto catene di sale cinemato- quotidiani australiani. L’attenzione degli osservatori si è con- grafiche e quindi non ha mai conseguito l’integrazione verti- centrata su Murdoch, più di quanto non avvenga per altri cale che caratterizza altre major. In quanto una delle «tre «pezzi grossi» dell’industria mediatica, perché la News piccole» (la terza era la United Artists), la Universal è dive- International, l’impresa britannica che gestisce il Sun, News of nuta famosa per la produzione di cicli di film di genere, the World, The Times, ecc., controlla, nonostante il nome possa come quelli su Dracula e Frankenstein, di musical e comme- trarre in inganno, una grossa fetta del mercato dei media in die leggere. Nel 1952 lo studio è stato comperato dalla Gran Bretagna. E a questo si deve aggiungere che la News Decca Record Company che, a sua volta, è stata acquistata Corporation è azionista di maggioranza (al 35%) di British nel 1962 dalla MCA (l’impresa diretta da Lew Wasserman Sky Broadcasting. Ciò ha fatto sì che gli organismi statali che sviluppatasi dalle attività di questi come agente di molti at- in Gran Bretagna regolano i mezzi di comunicazione, preoc- tori, un chiaro sintomo di come l’equilibrio dei poteri a cupati per la possibilità che il potere esercitato da Murdoch Hollywood stesse cambiando). La Universal, in quanto pro- possa essere «eccessivo», abbiano cercato di impedirgli l’ac- duttrice e distributrice di film e televisione, ha continuato a quisto di emittenti televisive terrestri come Five. diventare sempre più importante negli anni Settanta e Ot- Negli Stati Uniti, l’acquisto della 20th Century Fox con tanta, ed è stata venduta nel 1986 alla giapponese Matsu- interessi nel campo della cinematografia e della televisione e shita e da questa al Seagram Drinks Group nel 1995. la creazione di Fox TV che è diventato il quarto network te- Successivamente la Seagram ha acquistato un’altra impresa levisivo nazionale hanno contribuito alla notorietà di Mur- aspirante a diventare una delle grandi nel campo delle regi- doch, soprattutto per gli atteggiamenti da «falco» (e cioè fa- strazioni musicali,la Polygram (originariamente una sussidia- vorevoli alla guerra) e improntati all’ideologia neoconserva- ria della Philips) per poi vendere il tutto al conglomerato trice che hanno sin dall’inizio caratterizzato le trasmissioni francese Vivendi nel 2000. Ben presto però la Vivendi è en- del canale Fox News. E ciò che ha indispettito i critici è sta- trata in crisi (per eccessiva espansione) e ha dovuto cedere to soprattutto il fatto che il canale proclami con un banner parte dei suoi interessi alla NBC, il network televisivo ame- che le notizie trasmesse sono «fair and balanced» (cioè «ve- ricano, a sua volta controllato dal gigante General Electric. ritiere ed equilibrate»). Fox News (e più in generale il pote- In conseguenza di questa operazione la Universal è stata re esercitato sulla politica dalle multinazionali dei media) è scissa in due parti: le imprese impegnate nella cinematogra- l’argomento trattato dal documentario Outfoxed (USA, fia e nella televisione sono passate alla NBC, mentre quelle 2004) il cui sottotitolo è «La guerra di Rupert Murdoch al che si occupavano di musica sono rimaste con la Vivendi. giornalismo». Ulteriori informazioni sul documentario si La NBC-Universal è posseduta per l’80% dalla General trovano nel sito www.outfoxed.org. Non vi è dubbio che Electric e per il restante 20% dalla Vivendi. Ne fanno parte Rupert Murdoch sia un personaggio molto combattivo, che studi di produzione cinematografica e televisiva, un net- spesso esprime lamentele e critiche nei confronti degli or- work televisivo e parchi tematici situati negli Stati Uniti e ganismi che regolano le comunicazioni in Gran Bretagna e in in altri paesi. altri paesi europei, ma esiste il pericolo che «demonizzare» il personaggio faccia dimenticare la necessità di studiare il Vivendi-Universal (fatturato 2004: 29 miliardi di dollari) funzionamento effettivo della News Corp. www.vivendiuniversal.com La 20th Century Fox era una delle 5 famose major di Il conglomerato francese Vivendi si è affacciato sulla scena Hollywood, divenuta celebre per avere per prima lanciato il come protagonista del mercato dei media nel 2000, quan- CinemaScope nel 1953. Spesso ha prodotto film molto do ha rilevato la Seagram Universal. La Vivendi è un’impre- spettacolari e costosi come quelli della serie di Guerre stella- sa molto vecchia perché è stata fondata nell’Ottocento per ri, L’alba del giorno dopo (The Day After Tomorrow) e Titanic, ma gestire acquedotti, ma negli anni Ottanta e Novanta del è nota anche per le tecniche raffinate di marketing con le Novecento ha approfittato dell’avvento delle «nuove tec- quali ha lanciato i film meno costosi prodotti dalla sua unità nologie» e della deregulation per lanciarsi nella televisione a dedicata ai film classici, la Fox Searchlight (ne è un esempio pagamento con Canal+ e nelle telecomunicazioni prima in The Full Monty, uscito nel 1997). Nel campo dell’editoria, la Francia e successivamente anche in Marocco. Il Presidente News Corp controlla la casa editrice Harper Collins. della Vivendi in quel primo periodo, Jean-Marie Messier, era caratterizzato da una politica molto aggressiva e da uno NBC-Universal (fatturato 2004: 12,8 miliardi di dollari) stile di gestione degli affari «all’americana» e nel 2002 la www.nbcuni.com Vivendi dopo una serie di acquisti è effettivamente diventa- La Universal è uno dei più antichi studi di Hollywood dal ta una protagonista nel mondo dei media. Ma la politica ag- momento che la sua fondazione risale al 1912. Come la gressiva non ha pagato e, di fronte a perdite sempre più Columbia, della quale abbiamo parlato in precedenza, anche pesanti, Messier è stato detronizzato. Dopo l’accordo con © 978-88-08-19263-9 7 CASO DI STUDIO: Gli attori principali nell’industria dei media 217 l’NBC e la dismissione delle attività relative agli acquedotti BBC (fatturato 2004: 5,1 miliardi di dollari) e al trattamento dei rifiuti che sono passate ad altri, la www..co.uk Vivendi mantiene il controllo di Universal Music (leader La BBC è un marchio importante sul mercato dei media co- nel settore delle registrazioni musicali) e di Canal+ una nosciuto in tutto il mondo, anche se forse corre il pericolo delle più importanti imprese europee nei settori della ci- di passare in secondo piano di fronte alla CNN, a Fox News nematografia e della televisione, che tra l’altro dispone di e agli altri marchi controllati dalle multinazionali con sede al un archivio di film che è considerato al terzo posto per di fuori della Gran Bretagna. Gode di notevoli vantaggi per il numero di titoli posseduti nel mondo (molti di questi sono fatto di essere un’organizzazione pubblica britannica, anche americani e inglesi). Restano poi anche interessi nel campo perché, attraverso il canone, ha un reddito garantito. Ma, al delle telecomunicazioni e nel settore dei videogiochi dove tempo stesso, ciò è un vincolo, dal momento che quello che compare come Vivendi Universal Games. guadagna vendendo i suoi prodotti (come i diritti sui pro- grammi prodotti o gli spazi pubblicitari disponibili su BBC Bertelsmann (fatturato 2004: 23,2 miliardi di dollari) America) dev’essere utilizzato a fini di servizio pubblico. La www.bertelsmann.com BBC non può fare concorrenza ai privati e quando ha mani- Anche la Bertelsmann nasce nell’Ottocento come casa festato l’intenzione di farlo con alcuni dei suoi servizi relati- editrice controllata da una famiglia tedesca, ma ha comin- vi alla tecnologia digitale è incorsa in severe critiche da par- ciato a espandersi solo a partire dagli anni Cinquanta del te del Ministero per la cultura, i media e gli sport. Novecento e si è quotata in borsa nel 1971. L’editoria re- sta, assieme alla vendita di servizi via Internet, un punto di BSkyB (fatturato 2004: 6,6 miliardi di dollari) forza del gruppo che ha acquistato nel 1998 la Random www.sky.com House la maggiore casa editrice al mondo per i libri desti- Attualmente è per ciò che riguarda i profitti l’emittente nati ai lettori privati, che si è aggiunta alla Gruner+Jahr, un più importante in Gran Bretagna; raggiunge più del 50% gruppo leader in Europa nella pubblicazione di quotidiani e delle famiglie inglesi e trasmette anche in Irlanda. BskyB è riviste rilevato negli anni Sessanta. controllata completamente dal suo fondatore e azionista di Il Bertelsmann Music Group (BMG) è stato costituito riferimento, la News Corporation di Rubert Murdoch, e un partendo dall’acquisto delle etichette americane RCA e figlio di questi, James, ne è diventato nel 2004 il Presidente. Arista e d’imprese in precedenza autonome come la Zomba La maggior parte degli abbonamenti a BSkyB riguarda i ca- Music. Nel 2004 la BMG si è fusa con la Sony Music forman- nali dedicati allo sport e ai film. Rispetto alla BBC e ITV do un’impresa a proprietà congiunta. produce in proprio o fa produrre da altri solo un numero Un altro importante settore di attività è quello radiotele- limitato di prodotti originali. visivo anche se la RTL (posseduta al 91% dalla Bertelsmann) agisce prevalentemente in Europa. Dal momento che con- ITV plc (fatturato 2004: 5,24 miliardi di dollari) trolla la RTL (una società che si è sviluppata da quella che era www.itvplc.com un tempo Radio Luxemburg) e la sua sussidiaria Fremantle Anche se non ufficialmente, in molti casi la tendenza alla (in precedenza Pearson Television), la Bertelsmann può van- concentrazione è stata incoraggiata dai governi e dagli or- tarsi di essere il più importante gruppo europeo nel settore ganismi di regolamentazione. In Gran Bretagna, le vecchie della televisione,con partecipazioni in canali attivi in numero- leggi restrittive in materia di proprietà delle licenze di tra- si paesi, tra i quali Five in Gran Bretagna (quest’ultimo, anzi, è smissione da parte di privati sono state gradualmente atte- attualmente completamente posseduto dalla RTL). La Fre- nuate e questo ha permesso finalmente la fusione di due mantle è conosciuta in tutto il mondo per le serie televisive e società private dell’ITV, Carlton e Granada, attive in Inghil- per i reality prodotti da Grundy e Thames,come Neighbours, terra e nel Galles, che sono diventate nel 2004 ITV plc. The Bill, Baywatch, Pop Idol, OK, il prezzo è giusto, e così via. Questo cambiamento nella politica seguita dal governo bri- tannico può essere interpretato come il riconoscimento Le major europee del fatto che le imprese inglesi relativamente piccole cor- revano gravi rischi di fronte alla concorrenza esercitata dai Oltre a Vivendi e Bertelsmann, in Europa vi sono altri im- grandi gruppi con ambizioni di dominio globale del merca- portanti protagonisti, specie nei settori della televisione e to. Il processo di fusione, che si è protratto per molto dell’editoria. Potete utilizzare quanto sarà detto in questo tempo, è iniziato con una fase nella quale sia la Granada paragrafo per approfondire le vostre conoscenze in mate- che la Carlton sono tornate a concentrarsi sulla televisio- ria di televisione e vi consigliamo di fare riferimento al ne, vendendo, nel 2000, la prima i propri interessi nel cam- caso di studio «la televisione come istituzione» (che trove- po del catering e la seconda le imprese impegnate in altri rete più avanti, nel Capitolo 16). settori, come Technicolor. Si è parlato di «dismissione delle 218 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9 attività non core», cioè delle attività non rilevanti per la ma- Fininvest e Mediaset (stima fatturato 2003: Fininvest teria di maggior interesse. L’ITV (in pratica la Granada e la 14,7 miliardi di dollari, Mediaset 3,9 miliardi di dollari) Carlton) ha commesso un grave errore quando si è inol- www.fininvest.it, www.gruppomediaset.it trata per la prima volta nel campo della televisione digitale Silvio Berlusconi ha dominato i media italiani ben più di con ONdigital che ha dovuto essere chiusa nel 2002, ma quanto non abbia fatto Rupert Murdoch in Gran Bretagna, ora sta lentamente recuperando con il successo riscosso aiutato in questo anche dal fatto di essere stato sino ad dai canali ITV2 e ITV3 che trasmettono sulla piattaforma aprile 2006 Presidente del Consiglio ed essere, tuttora, lea- digitale Freeview. ITV plc è ora il produttore privato più der del partito Forza Italia. I membri della famiglia Berlu- importante in Gran Bretagna di materiali per la televisione sconi sono i principali azionisti del Fininvest Group, una hol- terrestre (per conto della BBC, di Channel 4 e di Five ol- ding che è stata protagonista della diffusione delle televisio- tre che per l’ITV) e il più importante produttore straniero ne commerciale in Italia attraverso la creazione di Mediaset di contenuti per le televisione americane. Ha anche un ric- avvenuta nel 1980. Successivamente, la Finivest ha ridotto la chissimo archivio di titoli televisivi e fa concorrenza a sua quota azionaria in Mediaset che oggi è del 35%, ma ha Canal+ come archivio di film. costituito un ampio portafoglio di imprese attive nell’edito- ria, nella produzione cinematografica e nei servizi finanziari NTL e Telewest (fatturato 2004: NTL 3,8 miliardi di dol- e possiede persino la squadra di calcio del Milan.È anche so- lari,Telewest 1,27 miliardi di dollari) cia o titolare di «partecipazioni incrociate» con molti dei www.ntl.com, www.Telewest.co.uk gruppi europei che si occupano di media.Gli osservatori più Se Granada e Carlton hanno impiegato diversi anni per attenti hanno difficoltà nel valutare con esattezza sin dove giungere alla fusione, anche i due più importanti gestori in- giungano gli interessi economici di Berlusconi. glesi di televisione via cavo hanno deliberato la fusione, nel 2005, solo dopo aver impiegato alcuni anni ad assorbire una Emittenti pubbliche europee serie di operatori di minori dimensioni. Entrambe le impre- se hanno avuto una vita piena di luci e ombre come tutta la La maggior parte dei paesi europei hanno tuttora una televisione via cavo in Gran Bretagna, introdotta nel paese emittente che fa capo allo stato: in Germania ci sono da gruppi americani attivi nel settore delle telecomunicazio- l’ARD e la ZDF, in Spagna la TVE, in Francia ci sono le di- ni, attratti dalla politica di deregulation adottata dal governo verse Télévision, in Italia la RAI e così via. La tedesca ARD Thatcher negli anni Ottanta del Novecento. NTL era origi- è un caso particolare in quanto è, in realtà, un consorzio di nariamente una società americana che ha comprato una emittenti dei vari Land del paese, mentre la ZDK è «il se- rete inglese privatizzata;Telewest invece è nata dalla fusione condo servizio televisivo tedesco» (si veda il caso di studio di diverse iniziative d’imprese americane (tra le quali John «Televisioni e istituzioni»). Malone e Liberty Media, ne parleremo tra poco, che aveva anche una partecipazione nella NTL). Sia NTL che Telewest Lagardère (fatturato 2004: 18,2 miliardi di dollari) hanno patito molto la concorrenza delle operazioni via sa- www.lagardere.com tellite di BSkyB e hanno avuto notevoli difficoltà finanziarie. Questo gruppo non è molto conosciuto in Gran Bretagna e È possibile che la società nata con la fusione delle due possa negli Stati Uniti, ma i marchi controllati dalla Lagardère, tra i avere maggiori possibilità di sfruttare il potenziale della tec- quali quelli delle riviste Elle e Red e i libri di autori come nologia basata sull’utilizzo dei cavi. Telewest è anche pro- Stephen King, pubblicati da Hodder Headline, senza dubbio prietaria di Flextech (che potrebbe tuttavia vendere in pros- lo sono. Lagardère si occupa di «ingegneria delle tecnologie simo futuro) con i suoi canali via cavo come Bravo e Living spinte» (possiede il 15% della EADS, l’impresa aerospaziale TV,nonché dei canali UKTV (che diffondono via cavo ripre- che si colloca al terzo posto nel mondo, producendo tra se dei programmi della BBC). l’altro gli Airbus),della pubblicazione di periodici (si vanta di essere il primo editore al mondo di riviste dedicate al gran- Telefónica (fatturato 2004: 42,3 miliardi di dollari) de pubblico), quotidiani e libri, oltre che di radio/televisione, www.telefonica.com/home_eng.shtml nuovi media e distribuzione e vendite al dettaglio. Una delle compagnie telefoniche pubbliche successivamen- te privatizzate, è oggi il principale operatore di telefonia Pearson (fatturato 2004: 7 miliardi di dollari) nei paesi di lingua spagnola e portoghese. Nel 2000 la www.pearson.com Telefónica ha acquistato l’impresa di produzione per televi- La Pearson è un buon esempio di gruppo industriale che, sione Endemol, famosa per avere creato il format de Il invece di seguire la tendenza a divenire un «conglomera- grande fratello. Possiede anche una rilevante quota azionaria to», ha seguito il cammino inverso. Negli ultimi tempi la so- dell’emittente commerciale spagnola Antenna 3. cietà editrice del Financial Times e dei libri della Penguin, ha © 978-88-08-19263-9 7 CASO DI STUDIO: Gli attori principali nell’industria dei media 219 venduto le sue attività nel settore della televisione alla Gannet (fatturato 2004: 7,4 miliardi di dollari) Bertelsmann e i «parchi di divertimento» (tra i quali il ce- www.gannet.com lebre Museo delle Cere di Madame Tussaud e The London Impresa specializzata in «notiziari e informazioni»,la Gannet Eye) a un gruppo di venture capital (investimenti a elevato è il più importante gruppo americano di quotidiani: ne pos- rischio). La Pearson si concentra ora sull’editoria di «infor- siede o controlla 101 (il più importante è USA Today) parec- mazione e istruzione» (Pearson Longman Education). chi dei quali sono destinati ai militari americani.Possiede an- che una serie di stazioni televisive e molte imprese che rac- Altri gruppi americani presenti in Europa colgono e diffondono informazioni economiche e pubblicità diretta alle imprese (B2B). In Gran Bretagna, la Gannet ha Liberty Media (fatturato 2004: 7,68 miliardi di dollari) acquistato nel 1999 Newsquest, un gruppo che controlla www.libertymedia.com circa 300 testate di quotidiani locali, e si colloca al secondo «Liberty Media è una holding che possiede partecipazioni in posto tra gli operatori in questo settore. Anche se gli abi- una vasta gamma di gruppi attivi nella vendita al pubblico di tanti di Bradford (una città dello Yorkshire) non lo sanno, prodotti per l’elettronica, media, e affari connessi alle comu- tutti i quotidiani locali della zona sono di proprietà di un nicazioni e all’intrattenimento raggruppate in quattro unità: editore che ha la sua sede a McLean, in Virginia. Interactive, Networks,Tech/Ventures e Corporate». Questa frase, che figura nel sito web, è una descrizione sintetizzata Clear Channel (fatturato 2004: 9,4 miliardi di dollari) al massimo di un’organizzazione mediatica che agisce senza www.clearchannel.com mettersi in mostra, se non forse per il canale di televisione La Clear Channel è considerata il gruppo più importante via cavo dedicato allo shopping QVC. Ma la Liberty, guidata per la radiofonia americana, in quanto possiede, gestisce o dal suo presidente, il «mogul» John Malone, è considerata rappresenta ai fini della vendita di spazi pubblicitari più di dagli esperti un gruppo di grande importanza, anche perché 1200 emittenti statunitensi e 220 in altri paesi. Si occupa, è una delle imprese sorte negli anni Ottanta, quando la inoltre, di televisione, ma su scala minore, dal momento AT&T (in origine Bell Telephone Company) è stata costretta che le emittenti che possiede sono solo una quarantina. Gli da azioni legali tendenti a favorire la concorrenza nell’ambi- altri punti di forza del gruppo sono la promozione della to della lotta ai trust a dismettere molte delle sue attività. musica dal vivo e le affissioni. In Gran Bretagna, Clear Liberty Media è venuta alla ribalta nel 2001 per le sue attivi- Channel è presente in tre settori di attività, la SFX, tà nel campo della televisione via cavo (possiede, tra l’altro, un’agenzia che rappresenta protagonisti del mondo dello il 50% dei canali di Discovery). È inoltre uno dei principali sport, le affissioni e l’organizzazione di eventi promozionali azionisti della News Corporation (18%) e possiede quote di dal vivo (si veda il sito www.clearchannel.co.uk). Se vi inte- minore entità nella Time Warner e in Viacom. In Europa la ressa sapere i rapporti che intercorrono tra il mondo dei Liberty ha cercato di entrare a far parte di molti gruppi che media e quello dello sport, un buon punto di partenza è il si occupano di televisione. sito della SFX (www.sfxsports.co.uk) con le sue pagine de-

FIGURA 7.11 Questo è un tipico esempio di una moderna impresa mediatica molto diffusa nelle nostre

strade. O2, di per sé una delle maggiori imprese nel settore delle telecomunicazioni dopo la separazione dalla British Telecom, si fa pubblicità utilizzando uno degli spazi per le affissioni di proprietà di Clear Channel a Manchester (si veda il caso di studio sulle tecnologie della telefonia mobile). 220 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9 dicate ad Alan Hansen, Gary Lineker (golf) e Gaby Roslin, sono i prodotti a stampa o radiotelevisivi destinati ai mer- oltre che ai notissimi calciatori Michael Owen e Steven cati locali. In altre parti del mondo esistono protagonisti di Gerrard. Negli Stati Uniti, la Clear Channel è stata oggetto grande rilevanza nei media a stampa e nelle trasmissioni di critiche per il predominio eccessivo esercitato sulle ra- radiotelevisive, ma i mercati dei film, dei video e della musi- dio e sui concerti: alcuni personaggi o band sono stati ta- ca sono in genere dominati da filiali locali delle multinazio- gliati fuori dalle trasmissioni radiofoniche, perché si rifiuta- nali. Le dimensioni di alcuni di questi mercati fanno pensa- vano di esibirsi in concerti organizzati dal gruppo. Si è an- re che presto o tardi dall’India (dove c’è un nuovo «pubbli- che parlato molto (in termini negativi) di Clear Channel co della classe media» che si stima di oltre 300 milioni di quando ha messo al bando le Dixie Chicks, dopo che ave- persone) o dalla Cina (dove già si producono film con la vano parlato in termini molto negativi del Presidente Bush. collaborazione di capitali di Hong Kong,Taiwan e della Cina Sul sito web del gruppo vi sono pagine intitolate «know continentale) emergeranno sulla scena mondiale gruppi the facts» in cui si trovano dettagliate argomentazioni di importanti nel campo dei media. Alcune imprese inglesi difesa alle critiche. stanno già tenendo conto di questo nei loro investimenti: ad esempio, The Independent, il gruppo editoriale inglese, Un caso particolare sta partecipando alla fondazione di un nuovo quotidiano in lingua hindi e l’Associated Newspapers (Daily Mail, ecc.) Microsoft (fatturato 2004: 36,4 miliardi di dollari) vorrebbe lanciare un quotidiano per l’India (si veda Guar- www.microsoft.com dian, 6 aprile 2005). Apple (fatturato 2004: 8,28 miliardi di dollari) www.apple.com Se volessimo includere nel nostro quadro anche le imprese I gruppi industriali giapponesi più importanti nel campo delle telecomunicazioni, o nel- attivi sul mercato dei media l’«industria dell’informazione», dovremmo prendere in L’Asia orientale sarà ovviamente molto importante per considerazione anche molti altri gruppi. Ma queste due so- gli sviluppi futuri delle industrie dei media, dato che cietà che si occupano di informatica presentano un inte- nella Corea del Sud esiste già una industria cinemato- resse particolare per i loro rapporti con le industrie me- grafica consolidata e che in Giappone ci sono da mol- diatiche. I computer della Apple sono i preferiti da parte to tempo industrie mediatiche attive in tutti i settori. della maggioranza dei professionisti che si occupano della Alla luce di questo, è forse sorprendente che i gruppi produzione di disegni, musica, video (programmi come giapponesi attivi nel mondo dei media non abbiano Final Cut Pro sono molto usati dai produttori di video). La ancora assunto un ruolo importante in Europa e nel- Apple fa qualcosa di più, dal momento che cerca di vende- l’America settentrionale (fanno ovviamente eccezione re direttamente agli utenti una combinazione di hardware la Sony e la Nintendo nel settore dei videogiochi). Il e software che può fungere da centrale operativa unificata motivo di questo deve cercarsi nel fatto che il Giap- per combinare immagini e suoni, dotando i suoi computer pone per ben due volte (negli anni Trenta e Sessanta) della serie di programmi che chiama iLife e che comprende è stato al vertice dell’attività di produzione cinemato- iTunes,iPhoto, iMovie, e così via. La Microsoft spera di ven- grafica e possiede una tradizione in materia non dissi- dere una gamma più limitata di prodotti a una massa molto mile da quella esistente a Hollywood, ma gli studi cine- più imponente di utenti: quel 90% dei possessori di com- matografici giapponesi, contrariamente a quelli ameri- puter che usano il sistema operativo Windows. Per chi si cani, non si sono evoluti in conglomerati. occupa di media studies, i due gruppi sono particolarmente Per ciò che concerne la televisione, il sistema giap- importanti perché potrebbero in qualsiasi momento entra- ponese si è allineato ai modelli europei, con un’emit- re in rapporto con i grandi gruppi mediatici, cosa che com- tente pubblica, la NHK, e diverse emittenti private, porterebbe, in un mercato che è sostanzialmente un oligo- spesso collegate ai maggiori editori di quotidiani (i polio, un’alterazione dell’equilibrio di potere oggi esistente. quotidiani giapponesi sono quelli che hanno la più am- pia circolazione nel mondo: lo Yomiuri Shimbun ha una I gruppi attivi nel settore dei media tiratura di 10 milioni di copie). Si dà per scontato che al di fuori dell’America del Nord sia i quotidiani che le stazioni televisive abbiano un e dell’Europa preciso orientamento politico (si veda la voce sui me- dia giapponesi in Wikipedia). La televisione via cavo e Le major si occupano in genere solo di media che utilizza- quella via satellite si sono sviluppate in Giappone me- no la lingua inglese, anche se a questa generalizzazione no di quanto non sia avvenuto nel mondo occidentale sfuggono le imprese basate in Europa, i cui punti di forza © 978-88-08-19263-9 7 CASO DI STUDIO: Gli attori principali nell’industria dei media 221

I dibattiti sul consolidamento in atto e, per quanto riguarda l’editoria, esistono delle peculia- rità (i manga, fumetti o romanzi disegnati, sono la let- Ma è proprio tanto importante questo «consolidamento» tura preferita dai giapponesi di ogni gruppo d’età). dei gruppi mediatici del quale si parla tanto? Il dibattito tra Un’impresa mediatica che, più delle altre, sembra ade- gli studiosi dei media svoltosi su www.opendemocray.net guarsi al modello occidentale è la Kadokawa Shoten, tra il 2001 e il 2003 sembra dare una risposta positiva (per editrice, produttrice di film, video e di contenuti in for- un elenco completo degli articoli relativi al dibattito si può ma elettronica in genere, cui si devono, tra l’altro, i film fare una ricerca sul sito usando come parole chiave «Global del ciclo di Ringu (si veda il caso di studio in fondo al media ownership» o il nome di uno degli autori dei quali Capitolo 3). parleremo tra poco). James Curran (2002) ha riassunto alcune delle argo- L’altro modo in cui i produttori di media non europei o mentazioni emerse durante il dibattito partendo dalle ri- nordamericani possono essere presenti in tutto il mondo sposte date a due interrogativi: è attraverso prodotti nella lingua locale fruiti dagli emigrati • La concentrazione dei media sta effettivamente aumen- sparsi nel mondo e che possono, quindi, essere esportati in tando? mercati di altri paesi. • Tale fenomeno comporta conseguenze importanti? I due esempi più importanti di questo fenomeno sono: Per ciò che riguarda la prima delle due domande, Curran • I cosiddetti film di «Bollywood» i quali vengono sempre cita Benjamin Compaine, secondo il quale lo share com- più prodotti per gli indiani non residenti in India, emigrati plessivo delle più importanti cinquanta imprese presenti in Gran Bretagna o in America settentrionale. Gli studi di sul mercato non è cambiato di molto durante gli anni Hollywood sono, come era prevedibile, molto interessati Novanta: alcune imprese hanno perso posizioni, ma altre, a questo fenomeno ed è possibile che i produttori/di- come Amazon, si sono affacciate sulla scena. Ma molti al- stributori indiani si trovino presto a dover affrontare la tri autori condividono l’opinione di Bob McChesney, se- loro concorrenza. Il film Lagaan (India, 2002) candidato condo il quale «in tutto il mondo la concentrazione dei all’Oscar,è stato distribuito in molti paesi dalla Sony. media sta aumentando». Secondo Curran entrambi i pun- • Nell’America Latina la forma più popolare di fiction te- ti di vista sono entro certi limiti nel giusto. I cambiamen- levisiva è la telenovela, un tipo di serial televisivo, che as- ti verificatisi nella proprietà dei media durante gli anni somiglia molto alla soap, ma non è la stessa cosa. Le te- Novanta sono stati in alcuni casi atti di difesa nei con- lenovelas sono prodotte in molti paesi, in lingua spagno- fronti di nuovi concorrenti e alcuni dei tentativi di espan- la o portoghese, ed esportate in tutto il mondo iberofo- sione hanno avuto esiti negativi. Ma, sempre secondo no, compresi gli Stati Uniti, nonché in altri mercati dopo Curran, la tendenza a una concentrazione su scala globa- il doppiaggio. Lo stesso format esiste anche in Brasile le continuerà. dove il principale produttore è l’emittente televisiva A proposito della seconda domanda, Curran indica Globo; vista la grandezza del mercato brasiliano e l’esi- quattro motivi per cui la concentrazione dei media nelle stenza di altri paesi in cui il portoghese è la lingua prin- mani di un numero limitato di protagonisti può avere con- cipale, nonché il fatto che normalmente le telenovelas seguente importanti. del Globo sono doppiate in spagnolo, questi prodotti • La concentrazione del potere simbolico in mano a pri- hanno una distribuzione estremamente vasta. Silvio vati ha un forte potenziale discorsivo sul processo de- Waisbord, in un articolo dal titolo «Grandes gigantes: mocratico. media concentration in Latin America», pubblicato nel • Il potere che, almeno in potenza, è in mano ai mogul dei 2002 sul sito www.opendemocracy.net, sostiene che, media tende a essere utilizzato in modo da favorire de- benché non esistano gruppi multinazionali la cui base è terminate posizioni politiche. in America Latina, imprese come il Globo sono state in • La concentrazione del potere di mercato è nociva per grado di acquisire media di altri settori e stanno avvian- la concorrenza. dosi a divenire monopoliste sui mercati locali. Sono an- • Vi è una protezione solo parziale delle nostre libertà: è che possibili alleanze con multinazionali europee o ame- vero che siamo sempre in guardia nei confronti di pos- ricane (la Telefónica, della quale abbiamo parlato in pre- sibili abusi compiuti dallo stato sui media e che questo cedenza, è ora una delle protagoniste del mercato ar- ha portato allo sviluppo di una normativa di garanzia, gentino). Waisbord rileva anche che le trasmissioni ma lo stesso non si verifica, né per quanto riguarda la radiotelevisive di servizio pubblico che caratteriz- vigilanza, né per quanto concerne le garanzie, a proposi- zano l’Europa sono del tutto assenti in America Latina to dei possibili abusi del potere degli azionisti di riferi- (nel Capitolo 15 parleremo del lancio di Telesur). mento delle imprese sui media. 222 Parte I Concetti chiave © 978-88-08-19263-9

In questo Curran sembra non condividere l’opinione della ATTIVITÀ 7.11 maggioranza dei suoi colleghi che sono favorevoli alla liber- Il dibattito sulla concentrazione tà dei mercati (sull’argomento si veda soprattutto il Ca- Cercate di trarre delle vostre personali conclusioni sul di- pitolo 16). Molti studiosi, come David Hesmondhalgh che battito relativo al «consolidamento», rileggendo questo parla del mercato della musica, sostengono che, nonostan- caso di studio e consultando il Capitolo 16. te la concentrazione dei diritti di proprietà, nei prodotti • Fate una ricerca su uno o due gruppi mediatici impor- mediatici esistono ancora «contenuti molto diversificati» e tanti, cercando di determinare la quota del mercato diverse «voci alternative». Ma, risponde Curran, per ogni mondiale che controllano. serie satirica come quella dei Simpson della Fox, ci sono • Preparate una breve presentazione sul tema «L’impor- episodi come la pressione esercitata dalla News Corpo- tanza del potere di cui godono sui mercati i grandi ration sui giornalisti della carta stampata e delle trasmis- gruppi attivi nel settore dei media». sioni radiotelevisive perché si esprimano in consonanza con un’ideologia conservatrice. Gli oligopoli esistono per difendere gli interessi delle imprese che ne fanno parte: Bibliografia e letture di approfondimento non sono affatto accoglienti nei confronti dei nuovi venuti e non tollerano ideologie alternative. Sono invece capaci, Curran, James (2002), http://www.opendemocracy.net/ ove le ideologie alternative persistano, di assorbirle e pre- content/articles/PDF/37.pdf. sentarle in modo tale da farle sembrare parte dell’ideolo- Gomery, Douglas (1998), «Hollywood corporate business gia dominante. Coloro che vorrebbero un mercato diversi- practice and periodizing contemporary film history», in ficato sono propensi a elevare vibrate proteste quando lo Steve Neale e Murray Smith (eds.), Contemporary Hollywood stato interviene sui media, ma raramente protestano quan- Cinema, Routledge, Londra. do, come avviene in molti paesi, lo stato aiuta sul piano re- Hesmondhalgh, David (2001), http://www.opendemocracy. golamentare o con sussidi i grandi gruppi economici (si net/debates/article.jsp?id=8&debateld=24&article=46. veda Wheen, 2004) e raramente svolgono campagne con- McChesney, Robert W. e Herman, Edwards S. (1997), The tro lo strapotere delle organizzazioni private nel settore Global Media – The New Missionaries of Corporate dei media. Capitalism, Continuum, Londra e New York. Wheen, Francis (2004), How Mumbo-Jumbo Conquered the World, Fourth Estate, Londra. Conclusioni

Vale la pena di analizzare con attenzione il dibattito che si Siti Internet è svolto su opendemocracy.net. Dopo il 2003 sono acca- dute molte cose (si pensi alla copertura giornalistica della en.wikipedia.org guerra in Iraq e alle polemiche in Gran Bretagna sul modo www.hoovers.com in cui la BBC presenta le notizie) che hanno dato nuovo www.ketupa.net impulso al dibattito, ma il problema di fondo resta sempre www.opendemocracy.net quello della concentrazione della proprietà dei mezzi di www.peakpeak.com/~jking/media/mainplayers.html comunicazione. Nel 2005 sono corse voci che sosteneva- (attivo dall’11 giugno 2005) no che la Viacom avrebbe venduto alcune delle imprese controllate e che l’NBC stava cercando di comperare la DreamWorks, due mosse che avrebbero cambiato la si- DVD tuazione, l’una in un senso e l’altra in senso contrario. Outfoxed (2004) L’azienda informatica Google, quotata in borsa solo da quattro anni, ha una capitalizzazione superiore a quella Le operazioni delle multinazionali dei media sono seguite della Time Warner sommata a quella di diversi altri grup- da pubblicazioni commerciali per ogni industria. Screen pi, ma si ricordi che anche AOL, al momento della fusione International, Variety e Billboard sono particolarmente utili con la Time Warner, era sopravvalutata in modo incredibi- in quanto si occupano di un’ampia gamma di «media le, come lo scoppio delle bolla delle dot.com ha rivelato d’intrattenimento». Per una prospettiva più definita in merito dopo poco tempo. Le «major» sono tali perché capaci di alla Gran Bretagna leggete Broadcast, Media Week, UK Press sopravvivere per molto tempo. Quanti sono i logo di im- Gazette. Molte di queste pubblicazioni hanno dei siti web, prese che, come quelli della Warner Bros, della Paramount che probabilmente richiedono una iscrizione per avere e della Universal, sono conosciuti in tutto il mondo dopo informazioni dettgliate, ma che contengono anche articoli più di ottantanni? accessibili a tutti.